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Completed Notes of The Course

Il documento tratta delle proiezioni ortogonali e del ciclo di sviluppo di un prodotto, evidenziando l'importanza della comunicazione tra le fasi progettuali e di produzione attraverso il disegno tecnico. Viene presentata la classificazione dei disegni tecnici e le norme relative ai formati e alle scale di rappresentazione, nonché le caratteristiche delle proiezioni ortogonali rispetto ad altre tipologie. Infine, si discute l'uso di tagli e sezioni per rappresentare l'interno di oggetti complessi, con indicazioni su come eseguire correttamente queste rappresentazioni.
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Il documento tratta delle proiezioni ortogonali e del ciclo di sviluppo di un prodotto, evidenziando l'importanza della comunicazione tra le fasi progettuali e di produzione attraverso il disegno tecnico. Viene presentata la classificazione dei disegni tecnici e le norme relative ai formati e alle scale di rappresentazione, nonché le caratteristiche delle proiezioni ortogonali rispetto ad altre tipologie. Infine, si discute l'uso di tagli e sezioni per rappresentare l'interno di oggetti complessi, con indicazioni su come eseguire correttamente queste rappresentazioni.
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LEZIONE 1 – PROIEZIONI ORTOGONALI

Il ciclo di sviluppo di un prodotto (Product Development Cycle)

Il ciclo di sviluppo di un prodotto è un diagramma di flusso composto da varie fasi (i rettangoli) che hanno un flusso di informazioni in arrivo ed
uno in uscita. In ciascuna di queste fasi vengono svolte determinate attività. Ci sono due fasi piuttosto grandi: una progettuale e una di produzione.
In queste fasi, essendo diverse tra loro, logicamente lavorano persone che hanno ruoli e compiti diversi. Pianificare un processo significa
sostanzialmente definire una serie di passi che devono essere svolti: per farlo c’è bisogno di avere un’idea del prodotto finito che si vuole realizzare.
Persone che si occupano di processi diversi (di progetto o di produzione) hanno la necessità di poter comunicare tra loro e per farlo bisogna
utilizzare linguaggi adeguati e comprensibili (magari convenzionali). Per comunicare tra persone che si occupano di processi diversi, tuttavia, non
c’è bisogno di avere le stesse competenze.

Il disegno tecnico

Il linguaggio per comunicare tra le varie fasi di sviluppo di un prodotto deve avere tre caratteristiche: completo, univoco e chiaro.

Un complessivo meccanico è un corpo formato da diverse componenti (non scomponibili) e nella sua rappresentazione tecnica non è necessario
fornire tanti dettagli (misure, utilizzi, scopi) come nel caso dei particolari (ad esempio un giunto a bussola come in presentazione). Nel disegno
non solo ci sono le classiche viste, ma ve ne sono alcune chiamate “di dettaglio” dove si mostrano aspetti che nelle rappresentazioni standard (o
base) sarebbero rimasti poco chiari oppure evitati. Il disegno ha delle convenzioni molto precise ed un codice da rispettare.

È evidente che il disegno tecnico non è fatto solo di tavole, ma anche di rappresentazioni 3D che sono molto importanti nel processo di produzione.

La normazione stabilisce ed applica regole per ordinare e razionalizzare un determinato campo di attività. L’unificazione invece è una forma di
normazione che riunisce prescrizioni dimensionali, procedurali o di altra natura, in modo da ottenere prodotti equivalenti e intercambiabili, in
numero relativamente ridotto di tipi e varianti.

Classificazione dei disegni tecnici

I disegni possono essere classificati in base al livello di strutturazione dell’oggetto rappresentato e alla collocazione nel ciclo di fabbricazione.

I disegni di complessivi, ed esempio il riduttore delle slide precedenti, rappresentano oggetti scomponibili. Viceversa, i disegni di particolare
rappresentano oggetti scomponibili. I disegni di gruppo e di sottogruppo rappresentano complessivi parziali e la differenza tra essi sta nel fatto
che, sebbene siano entrambi composti da più parti insieme, quelli di gruppo rappresentano anche la funzione specifica dell’oggetto disegnato
mentre quelli di sottogruppo no.

• Un disegno di complessivo definisce una macchina o un oggetto completo in modo da specificarne ingombro e funzione;
• Un disegno di gruppo rappresenta un insieme di particolari aventi una funzione propria autonoma;
• Un disegno di sottogruppo rappresenta un insieme di particolari che non hanno una funzione specifica;
• Un disegno di un componente o di un particolare rappresenta un pezzo non ulteriormente scomponibile.

La classificazione dei disegni tecnici può avvenire anche in base alla collocazione nel ciclo di fabbricazione.

1. Disegno di concepimento o avanprogetto: viene redatto nella fase di


conceptual design, ad esempio uno schizzo;
2. Disegno costruttivo: riporta in modo completo tutte le prescrizioni
funzionali (dimensioni, tolleranze, finiture superficiali, materiali);
3. Disegno di fabbricazione: riporta tutte le indicazioni per la fabbricazione, il
controllo ed il montaggio del complessivo;
4. Disegno del pezzo costruito: illustra le caratteristiche dell’oggetto o del
pezzo finito.

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Supporti per la rappresentazione (norme su fogli e scale)

Formato dei fogli (UNI 936) → Aggiornata, UNI EN ISO 5457:2010

Designazione unificata Dimensione in mm Margini e squadratura


A0 (Formato base, rapporto tra i lati: √2) 841 × 1189 20 mm
A1 594 × 841 20 mm
A2 420 × 594 10 mm
A3 297 × 420 10 mm
A4 210 × 297 10 mm

Scale di rappresentazione (UNI 938) → Aggiornata, UNI EN ISO 5455:1998

Scale di rappresentazione normalizzate (UNI 3967)

Quando non è possibile eseguire i disegni tecnici al naturale, si possono eseguire in scala ridotta o ingrandita secondo la tabella seguente:

Categoria Scale
Scale di ingrandimento 50:1 – 20:1 – 10:1 – 5:1 – 2:1
Scala al naturale 1:1
1:2 – 1:5 – 1:10 – 1:20 – 1:50 – 1:100 – 1:200 – 1:500 – 1:1000 –
Scale di riduzione
1:2000 – 1:5000 – 1:10000

Piegatura dei fogli (UNI 938)

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Metodi di proiezione

Le proiezioni trasformano punti in un sistema di coordinate 3D in punti in un sistema di coordinate 2D. La proiezione di un oggetto 3D si ottiene
tramite dei raggi di proiezione (proiettori) che partono da un centro di proiezione, passano attraverso ciascun punto dell’oggetto, e intersecano un
piano di proiezione generando la proiezione.

Le proiezioni prospettiche hanno un proiettore ad una determinata distanza, mentre le proiezioni parallele sono a distanza infinita. Le proiezioni
prospettiche non vengono utilizzate nel disegno tecnico perché non sono complete e non univoche: inoltre sono molto laboriose rispetto al risultato.

La differenza tra le proiezioni parallele oblique e quelle ortogonali è la seguente: le proiezioni parallele oblique hanno un piano di proiezione non
perpendicolare al proiettore, mentre le proiezioni ortogonali hanno un piano di proiezione ortogonale ai raggi di proiezione.

La differenza tra le proiezioni assonometriche e quella ortografica è che quest’ultima permette di fornire misure vere degli oggetti, o comunque
proporzionate ad esse. Nella proiezione assonometriche gli oggetti vengono inclinati rispetto ai piani di proiezioni e le misure sono “alterate”.

Caratteristiche delle proiezioni ortogonali e assonometriche

Le proiezioni ortogonali (rappresentazione ortografica) permette una corrispondenza biunivoca tra elementi geometrici giacenti su piani paralleli
al piano di proiezione e la loro rappresentazione.

Le proiezioni assonometriche invece mantengono il parallelismo ed i rapporti semplici, prevedono la distorsione degli angoli e delle curve e tutto
ciò consegue una rappresentazione unica dell’oggetto in questione.

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Proiezioni ortogonali nel disegno tecnico (UNI 3970 → ISO 128-30)

Le viste si possono disporre secondo: metodo europeo (E), metodo americano (A) e metodo delle frecce.

Metodo delle facce

Viene utilizzato solo nel caso in cui c’è una faccia inclinata rispetto al piano di proiezione. La vista realizzata in questo modo è detta “ausiliaria”.

Le viste, in questo caso, devono essere scelte in modo da descrivere il particolare senza ambiguità e con il numero minore possibile. È molto
importante, inoltre, evitare la necessità di rappresentare gli spigoli nascosti ed evitare la ripetizione di dettagli di rappresentazione.

Segni grafici (norme per le linee)

Tipi e grossezza delle linee (ISO 128-24)

I disegni devono essere eseguiti utilizzando solo due grandezze di linea: grossa e fine. La grossezza della linea fine non deve superare la metà di
quella della linea grossa. La serie delle grossezze è la seguente (in mm): 0,18 – 0,25 – 0,35 – 0,5 – 0,7 – 1,0 – 1,4 – 2,0.

Se due o più linee si sovrappongono, deve essere osservato il seguente ordine di prevalenza:

• Linea continua grossa;


• Linea a tratti grossa;
• Linea mista fine e grossa;
• Linea mista fine;
• Linea mista fine a due tratti brevi;
• Linea continua fine.

Tutti gli spigoli in vista vengono rappresentati con una linea grossa continua, mentre gli spigoli ed i profili nascosti con linea fine tratteggia

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LEZIONE 2 – TAGLI E SEZIONI

Introduzione

Utilizzando il metodo delle proiezioni ortogonali l’interno di un pezzo cavo non può essere visto, ma può essere rappresentato tracciandone i
contorni con linee a tratti. Nel caso di un pezzo con cavità di forma complessa e ricco di dettagli potrebbero esserci problemi di comprensione. La
soluzione a questi problemi è rappresentata dai tagli, che permettono di osservare all’interno un corpo. Così facendo, ovviamente, si sposta il punto
di vista dell’osservatore da un piano posto all’infinito dietro l’oggetto, ad un piano in corrispondenza del pezzo. Questo punto di vista è
“privilegiato”, in quanto si trova all’interno del pezzo e permette così di osservare al meglio il corpo in esame. La rappresentazione del taglio
richiede ovviamente un codice adeguato, che prevede l’utilizzo della campitura. Le superfici non interessate direttamente e che quindi non toccano
la superficie di taglio non vengono “campite”.

Tagli e sezioni, definizioni e indicazioni convenzionali

Il piano di sezione è il piano immaginario che taglia l’oggetto, mentre la traccia del piano di sezione è la linea che indica la posizione del piano o
dei piani di sezione. La sezione, invece, è la rappresentazione che mostra solo i contorni dell’oggetto che giacciono su uno o più piani di sezione.
Infine, un taglio è una sezione che mostra, in aggiunta, i contorni disposti posteriormente al piano di sezione.

La traccia del piano o della superficie secante deve essere indicata con una linea mista fine con gli estremi ingrossati. In corrispondenza dei tratti
ingrossati vengono poste due frecce che devono essere perpendicolari alla traccia ed orientate secondo il verso di proiezione, inoltre a fianco delle
frecce devono essere scritte lettere maiuscole uguali. Le zone sezionate vengono messe in evidenza mediante tratteggio (campitura): il tratteggio
viene eseguito con linee continue sottili, parallele, a passo costante, inclinate di 45 rispetto assi del pezzo o con linee di contorno più significative.
La sezione, infine, deve essere contrassegnata dalla scritta: X-X, dove “X” è la lettera maiuscola posta agli estremi della traccia.

Tagli e sezioni, come si eseguono

È molto importante riportare la traccia del piano di sezione con una linea mista fine con estremi ingrossati. Il piano viene rappresentato soltanto
su una vista, in modo da evitare errori e/o ambiguità inutili.

Nel disegno tecnico è possibile costruire una sezione date due viste. Per fare ciò bisogna, innanzitutto, tracciare le linee di proiezione (per poi
cancellarle) e successivamente identificare gli spigoli interessati.

Attraverso i tagli, i corpi cavi o le cavità in corpi massicci vengono descritti in modo semplice, univoco e di immediata comprensione, con la
possibilità di sopprimere anche qualche vista. Il piano di sezione è un piano ideale con il quale si immagina di tagliare il pezzo che rimane integro
e come tale deve essere rappresentato nelle viste. Il taglio è ottenuto immaginando di asportare la parte di pezzo compresa tra piano di sezione ed
osservatore e proiettando sul piano di proiezione scelto la rimanente parte del pezzo. Per distinguere un taglio da una vista è necessario mettere in
evidenza la superficie piana tagliata dal piano di sezione.

Se nel disegno, oltre al taglio, sono presenti delle viste, la traccia del piano di sezione su di esse va indicata con linea mista contraddistinta da
estremità ingrossate; la direzione ed il verso secondo i quali è effettuata la sezione devono essere indicati mediante frecce, con lettere maiuscole
identificatrici. Quando si disegna un pezzo in sezione, gli spigoli nascosti possono essere rappresentati solo se indispensabili alla comprensione.
Le sezioni vengono proiettate secondo le norme alle quali sono assoggettate le viste, mentre per la disposizione possono sostituire una vista oppure
essere traslate, ma non ruotate.

Quando si rappresentano i tagli è importante evitare gli spigoli nascosti, specialmente se posizionati in prossimità di una campitura. Un altro errore
tipico è quello di non rappresentare gli spigoli posteriori di un corpo “tagliato”: senza gli spigoli posteriori si ha una sezione e non un taglio.

I piani di sezione devono essere scelti per dar luogo a sezioni quanto più possibili rappresentative. In particolare sono da evitare sezioni che non
aggiungono nuove informazioni al disegno. Inoltre, nelle sezioni, gli spigoli nascosti devono essere rappresentati solo se indispensabili alla
comprensione dell’oggetto in esame.

Tagli e sezioni, tratteggio

Il tratteggio deve essere sempre inclinato a 45° rispetto agli assi principali o rispetto alle linee di contorno della sezione. Nel caso di due pezzi
distinti bisogna utilizzare delle campiture diverse, o meglio ancora con inclinazioni diverse. Per oggetti molto piccoli si preferisce colorare
totalmente di nero la figura piuttosto che realizzare la campitura, e questo vale anche per piccoli pezzi diversi di dimensioni diverse (per distinguerli
bisogna lasciare un piccolo spazio tra essi). Al contrario, per figure molto grandi da campire, è possibile omettere il tratteggio (disegni edili).

Utilizzando puntini in una campitura, solitamente, si vuole indicare una sostanza aeriforme mentre utilizzando linee miste si rappresentano i liquidi.
Vi sono inoltre alcuni materiali che hanno una campitura ben definita in base al materiale scelto.

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Tagli e sezioni, classificazione

Secondo l’elemento secante Secondo l’estensione Secondo la posizione


Un solo piano
In loco
Semisezioni
Due o più piani paralleli
In vicinanza
Piani concorrenti
Sezioni parziali
Sezioni successive
Con una superficie

Secondo l’elemento secante

Il taglio realizzato con un unico piano prevede che la traccia del piano di taglio sia rappresentata con una linea mista fine avente i due estremi
inspessiti ed accompagnati da due lettere. Laddove vi è una intersezione tra il solido sezionato ed il piano di sezione, questo spazio viene campito.

Per rendere completa la rappresentazione di un pezzo più complesso (più fori sfalsati) si possono utilizzare più piani paralleli in modo da far
passare i piani di sezione nelle zone che interessano. Nel caso della piastra (L2_44) vengono utilizzati 2 piani orizzontali (nello specifico tre
semipiani, due laterali ed uno centrale): i due piani verticali non sono piani di taglio, ma cambi di direzione dei 2 piani di taglio orizzontali paralleli
e servono, quindi, solo a congiungerli. Per indicare i cambi di direzione si usa una linea mista fine, anche se non è più necessario per le norme più
attuali. Un’altra osservazione riguarda gli inspessimenti alle estremità delle tracce del piano di taglio: ora gli inspessimenti vengono riportati anche
nei cambi di direzione (inspessimenti ad angolo).

Nella piastra (L2_45) ci sono tre tipologie di fori: lamato, svasato e svasato ribaltato. Si nota inoltre una certa discontinuità tra le campiture: nelle
porzioni riferite allo stesso semipiano la campitura segue sempre la stessa direzione di campitura, mentre se ci si sposta su un altro semipiano la
campitura viene sfalsata (abbassata o alzata) di una quantità pari alla metà del passo, ovvero la distanza tra le linee di campitura.

Potrebbe esserci un dubbio tra linea d’asse e linea del cambiamento di direzione (L2_46). Nel taglio A-A viene rappresentata una linea di
cambiamento di direzione e non una linea d’asse: se fosse stata una linea d’asse essa non sarebbe stata lunga tanto quanto il taglio ma come i fori.

Nel caso di tagli realizzati con due piani consecutivi o concorrenti essi non sono più paralleli ma incidenti. Con questa tipologia di taglio si ha una
vista di sintesi composta da due semipiani distinti uniti.

Il ribaltamento (vera grandezza) viene adottato per rappresentare gli elementi caratteristici. Ad esempio nel taglio (L2_49) non è importante
rappresentare la vera lunghezza del tubo e quindi non viene adottato il ribaltamento.

Nel taglio (L2_52) la porzione T3 non viene ribaltata in quanto non possiede elementi degni di nota, quindi viene semplicemente proiettata tre le
porzioni T2 e T4: questo è il classico esempio di scorcio.

Nel taglio (L2_53) la porzione centrale è una cavità asolata non degna di nota e quindi viene semplicemente proiettata. Una cosa importante è
sicuramente quella di segnare la presenza di un’asola passante mediante una linea mista.

È possibile inoltre realizzare un taglio attraverso una superficie di forma qualsiasi, come ad esempio in (L2_54): questa tecnica ci permette di
osservare se effettivamente lo spessore del pezzo rimane costante oppure se vi sono delle strizioni in corrispondenza di radicali cambi di direzione.
Si può, inoltre, utilizzare una serie di piani di taglio distinti in sequenza per mostrare chiaramente come cambia la grandezza di un corpo lungo di
esso, come ad esempio nel taglio (L2_54).

Secondo l’estensione

I semitagli ci consentono di vedere un pezzo laddove vi è già una simmetria particolare per cui è possibile condensare in un’unica vista informazioni
per l’interno e l’esterno: senza il semitaglio bisognerebbe realizzare due rappresentazioni invece di una. Il piano di taglio, in questo caso, non
“tocca” tutto il pezzo ma solo una frazione, solitamente la metà.

Nel caso in cui il pezzo in esame non fosse simmetrico si può effettuare un taglio parziale (irregolare). È molto più elegante rappresentare un perno
con un foro passante attraverso un taglio parziale piuttosto che con gli spigoli nascosti.

Secondo la posizione

La rappresentazione del taglio viene fatta in loco quando si sceglie di ribaltare la sezione stessa rispetto al proprio asse di 90°. La rappresentazione
del taglio in vicinanza non viene effettuata all’interno del taglio ma separatamente. È importante notare che nei tagli rappresentati in loco la sezione
deve essere delimitata da linee sottili, a differenza delle altre tipologie.

Le sezioni successive sono utili per pezzi che presentano variazioni lungo di essi, ad esempio un albero.

Tagli e sezioni, convenzioni sugli elementi delle macchine

Devono essere rappresentati in vista esterna


Ribattini, chiodi, viti (e relative teste), dadi, rosette e alberi di trasmissione
anche se il piano li attraversa:
Non devono essere sezionati elementi intersecati
Nervature, pareti sottili, chiavette e linguette
longitudinalmente dal piano di sezione
Non devono essere sezionati elementi i cui piani di sezione
Sfere, rulli, rullini di cuscinetti a rotolamento, maniglie o impugnature
passano per i loro assi longitudinali o sono paralleli ad essi

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LEZIONE 3 – PARTICOLARITÀ DI RAPPRESENTAZIONE

L’asse di simmetria di una figura piana è una retta che divide la figura stessa in due parti specularmente uguali e viene rappresentato da una linea
misto fine. Gli assi vengono utilizzati anche per piccole simmetrie locali, come ad esempio i fori. Quando una figura ammette più assi di simmetria,
per convenzione se ne rappresentano due ad angolo retto tra loro con una linea mista fine. Non si disegnano, invece, gli assi nel caso dei raccordi,
come in (L3_6), dove il profilo rettilineo centrale diventa curvo alle due estremità. Invece, i centri dei cerchi disposti lungo una circonferenza
vengono individuati dall’intersezione di una linea d’asse radiale con una circonferenza su cui stanno i centri stessi: anche in questi casi si utilizza
una linea mista fine e le tacche di centratura, ovviamente, non saranno più perpendicolari.

Le viste ausiliarie

Il problema nella visualizzazione dell’oggetto rappresentato in (L3_9) è che il foro circolare non è possibile vederlo in vera grandezza. La faccia
che si vuole rappresentare viene indicata con una freccia perpendicolare ad essa ed inoltre viene rappresentata la traccia del piano perpendicolare
alla faccia inclinata. Così facendo è possibile rappresentare in vera grandezza una parte dell’oggetto. Si può pensare anche di sostituire una delle
facce del cubo di proiezione con un piano ausiliario: ovviamente in questo caso i raggi di proiezione si muovono perpendicolarmente rispetto al
piano ausiliario e non rispetto al piano perpendicolare come al solito.

I ribaltamenti

III passo

Raccordi e tangenze

Esistono due tipologie di raccordi: concavo, in cui il pezzo è scavato internamente, e convesso, in cui avviene l’esatto opposto. Osservando un
singolo, o un doppio, raccordo dall’alto esso viene rappresentato come uno spigolo, ovvero come una linea continua. Nel corpo in (L3_17) la
nervatura “entra” in maniera più morbida nel pezzo attraverso un raccordo e quindi non viene rappresentato lo spigolo. Solitamente, in questi casi,
vengono riportati due spigolini leggermente curvati.

Spigoli convenzionali

Nel caso della figura (L3_19) bisogna rappresentare i raccordi con delle linee continue più brevi rispetto alla larghezza del pezzo (le tre linee blu
in foto), in quanto le tre facce sono incidenti tra di loro ma non perpendicolari e quindi gli spigoli non sono marcati. Questa tipologia di
rappresentazione viene chiamata “spigolo fittizio”: tali raccordi non “esistono” ma vengono riportati per semplificare la comprensione del pezzo.

Viste parziali

È possibile rappresentare oggetti simmetrici in maniera ridotta riportando i simboli di uguaglianza agli estremi degli spigoli delle facce.

Facce piane

Le facce piatte vengono contrassegnate con una croce formata da due linee incidenti a 45° l’una rispetto all’altra.

Contorni

Vengono utilizzate linee di tipo “K” per rappresentare parti contigue di un pezzo accoppiato ed il contorno di un elemento prima di una lavorazione.

Altre particolarità di rappresentazione

Alcuni particolari di un corpo possono essere rappresentati in scala ingrandita, mentre alcuni elementi ripetitivi possono essere non rappresentati
tutti, basta evidenziare che si tratta di parti identiche e “ripetute” a distanti uguali. Inoltre un oggetto di grande lunghezza può essere rappresentato
in frammenti se tra di essi non vi sono parti degne di nota.

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LEZIONE 4 – QUOTATURA

Linee di quotatura e quote

La quotatura è l’insieme delle informazioni che definiscono le dimensioni di un oggetto o di un componente. Ne esistono di tre tipologie:

• Quotatura funzionale (per il montaggio dei particolari);


• Quotatura tecnologica (per la lavorazione dei particolari);
• Quotatura di collaudo (per la verifica dei particolari prodotti).

Graficamente una quotatura (UNI 3974 ed UNI 3975) viene rappresentata con due linee di riferimento, una linea di misura tracciata con linea
continua fine e frecce terminali. Le quote, generalmente, vengono indicate in millimetri o in pollici. Le norme più recenti (ISO 128-22 ed ISO
128-23) forniscono informazioni sulla tipologia di linea e sulle caratteristiche che possono essere indicate attraverso le linee.

Disposizione linee di quotatura

Gli assi di simmetria e le linee del contorno non devono mai essere utilizzati come linee di misura, ma possono essere utilizzati come linee di
riferimento. A livello pratico, bisogna evitare di sovrapporre linee di contorno e linee di misura, ed anche evitare di sovrapporre linee di contorno
e linee di riferimento: è importante distanziare linee in modo uniforme. Le linee di quotatura devono essere disposte preferibilmente all’esterno e
nel limite del possibile non devono attraversare zone sezionate. Le linee di rifermento non devono essere riferite ad elementi non in vista. Le linee
di riferimento devono sporgere oltre la linea di misura per circa 2 mm: eccezionalmente si possono disegnare inclinate per motivi di leggibilità.

In presenza di raccordi o smussi le linee di riferimento sono tracciate con l’origine nell’intersezione dei due elementi adiacenti lo smuso/raccordo.
È molto importante evitare di quotare il pezzo nelle viste di scorcio: la linea di misura deve avere la stessa lunghezza della distanza da quotare.
Nel caso di oggetti simmetrici disegnati solo per metà o un quarto bisogna prolungare di poco oltre l’asse le linee di misura.

Disposizione e leggibilità delle quote

• Criterio A

Tale criterio prevede che le quote siano sempre leggibili con la tavola orientata frontalmente rispetto al lettore (alto-basso, sinistra-destra). Per
quanto riguarda gli angoli, essi vengono rappresentati in due modi diversi: cifre orizzontali o posizionate esternamente lungo l’arco, sopra la linea
orizzontale, e ed internamente quando si è sotto la linea orizzontale (L4_20).

• Criterio B

Esso è identico al precedente se non che per le linee non orizzontali la quota viene riportata a metà della linea di misura.

I valori delle quote sono scritte con un tratto fine e in un disegno devono seguire tutte lo stesso criterio (centrati o meno, sopra o sotto, linea
spezzata o continua, grandezza cifre, colore cifre). Quando possibile bisogna evitare di sovrapporre i valori delle quote con assi ed altri elementi.

Dimensioni lineari

Le dimensioni lineari, in mancanza di spazio, vengono riportate esternamente, il più vicino possibile, insieme alle frecce che punteranno le linee
di riferimento dall’esterno. È possibile riportare le quote modificate senza adattare il disegno e sottolineandole.

Quote di angoli, archi e corde

Le corde vengono quotate con linee di misura rettilinee, mentre angoli ed archi vengono rappresentate con linee di misura curve: la differenza tra
queste ultime due è che gli angoli vengono quotati in gradi mentre gli archi in mm o pollici e sopra le cifre è disegnato un archetto.

Quotatura di cerchi e cilindri

Quando si hanno a disposizione più viste si cerca di effettuare le quotature in modo da non intersecare i contorni delle varie viste. Inoltre le
grandezze circolari vengono riportate con il simbolo “Ø” solo quando non è chiara la forma circolare: ad esempio nelle viste in alto a sinistra e in
basso a destra in (L4_28) non è chiaro che si tratta di grandezze circolari. Nella vista in basso a sinistra vi è una palese misurazione di diametro.

Nelle asole le due circonferenze interrotte vengono quotate come se le frecce fossero dei raggi, indicando però la misura del diametro. Per le figure
con circonferenze quasi totalmente “tagliate” vengono rappresentati due frammenti di circonferenza simmetrici rispetto ad una linea di misura.

Quotatura di raggi

Per i raggi le quote vengono rappresentate con il valore della misura preceduta dalla lettera “R”: è molto utile per misurare raggi di raccordo o
spigoli stondati, come ad esempio in (L4_30). La freccia con cui si misura il raggio deve essere tangente alla misura circolare, deve “puntare”
verso il centro della linea curva, dopo la lettera “R” non deve esserci il simbolo “=” e la lettera “R” non deve essere minuscola.

Quotatura di smussi

Lo scopo degli smussi è quello di facilitare l’accoppiamento tra superfici cilindriche e di eliminare spigoli vivi. Oltre alla misura degli spessori
degli smussi viene riportata anche la misura degli angoli se questi sono di 45° (𝑆𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜𝑟𝑒 × 45°): nel caso di angoli diversi da 45°, questi vengono
indicati esternamente alla quotatura dello spessore dello smusso. È possibile indicare le misure degli smussi in tre modi differenti (L4_34).

Quotatura di sfere

Nel caso delle sfere le diciture “Ø misure” ed “R misure” sono riportate dalla lettera “S” proprio per indicare che si tratta di una sfera.

Quotatura di elementi ripetitivi

Per gli elementi ripetitivi vengono sfruttate le distanze interasse e le misure specifiche di elementi ripetuti: l’obiettivo è quello di riportare il
maggior numero di misure possibili con il minor numero di quotature sfruttando le simmetrie, rese esplicite dagli assi di simmetria.

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Classificazione delle quote

Punto di vista geometrico Sistemi di quotatura In base allo scopo

In serie
Quote di grandezza Funzionale

In parallelo

Combinata
Quote di posizione Tecnologica

Con quote sovrapposte

Quote di accoppiamento Di collaudo


In coordinate

Quotatura in serie

Questa tipologia di quotatura viene utilizzata quando si vuole dare importanza predominante alla distanza tra due elementi contigui e gli errori
costrutti, ed il loro accumulo, non hanno grave influenza.

Quotatura in parallelo

Essa differisce dalla precedente nella scelta di un unico riferimento per un gruppo di quote nella stessa direzione: il vantaggio principale di questa
scelta è quello di evitare l’accumulo di errori costruttivi. È molto importante la scelta del riferimento, anche in un ottica di sequenza di passaggi
nel taglio di un pezzo (taglio prima la parte inferiore, quindi determino un primo riferimento, e successivamente effettuo un altro taglio). Nel caso
dell’albero (L4_45) viene scelto un unico riferimento in modo da garantire una determinata misura sia a sinistra che a destra della linea arancione.
Ragionamento analogo può essere effettuato con la figura a destra, dove però le misure scelte sono due (lunghezza di “a” e lunghezza di “b”).

Effetti dei due sistemi di quotatura

Utilizzando la quotatura di serie i singoli errori di ogni misura vengono sommati: ad esempio in (L4_46) l’errore nella misura totale è ± 0,08.
Utilizzando la quotatura in parallelo, invece, vi è una minore propagazione di errori: ad esempio in (L4_46) l’errore nella misura totale è ± 0,02.

Confronto serie e parallelo

Quotatura in serie Quotatura in parallelo


Nessun riferimento in comune Un unico riferimento
Ciascuna dimensione è importante Gli errori non si accumulano
Il riferimento tiene in considerazione le caratteristiche tecnologiche e
L’accumulo di errori non compromette la funzionalità
funzionali del pezzo.

Quotatura a quote sovrapposte

È possibile effettuare una quota in successione avendo un unico riferimento (L4_48) ed è possibile usare sia il criterio “A” che il criterio “B”.

Quotatura combinata

Questa tipologia di quotatura combina elementi della quotatura in serie ed in parallelo: di conseguenza è presente un maggior numero di riferimenti.

Quotatura in coordinate

In (L4_50) è stata adottata la quotatura in coordinate (cartesiane, polari e polari con rullo di misura), in particolare sono state riportate in basso a
sinistra le coordinate dei centri degli otto fori nella piastra.

Quote funzionali Quote non funzionali Quote ausiliarie


Esse sono essenziali alla funzione del pezzo Necessarie per definire completamente il pezzo Ottenibili da altre quote

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LEZIONE 5 – MATERIALI ED ELEMENTI DI TECNOLOGIA

Proprietà dei materiali

In generale, i materiali per le costruzioni meccaniche vengono selezionati in base a caratteristiche fisiche, chimiche, meccaniche e tecnologiche
(ad esempio: conduttività elettrica e termica, dilatazione termica, elasticità, fragilità, colabilità, lavorabilità all’utensile, plasticità, saldabilità, ecc).
La scelta dei materiali per particolari meccanici è basata su cinque punti:

• Carico unitario massimo a trazione e compressione;


• Carico unitario al limite di snervamento;
• Allungamento percentuale a rottura;
• Durezza;
• Resilienza.

Caratteristiche meccaniche, possibili stati tensionali (sollecitazioni)

Caratteristiche meccaniche, verifica sperimentale

Il dispositivo per effettuare verifiche sperimentali per le caratteristiche meccaniche dei materiali ingegneristici lavora su un piccolo pezzettino di
metallo con una forma identica a quella rappresentata a sinistra in (L5_6), dove le due estremità servono per “agganciare” il pezzo alla macchina.

Un allungamento, come conseguenza, non ha solo quella di aumentare la lunghezza del campione di metallo ma anche quella di ridurre il diametro
dello stesso fino ad un punto, chiamato strizione, in cui avviene la rottura definitiva del pezzo. I provini non devono avere per forza sezione
circolare ma possono avere anche sezione quadrata, rettangolare, ecc.

Caratteristiche meccaniche, diagramma sollecitazione/allungamento (sforzo/deformazioni)

• Limite proporzionale (Rp): esso è il punto della curva sollecitazione-


allungamento dal quale essa comincia a deviare dalla proporzionalità;
• Limite elastico: è la massima sollecitazione alla quale può essere sottoposto il
materiale perché, se liberato dal carico, ritorni alla sua lunghezza originale;
• Limite di snervamento (Rs): è il punto sulla curva sollecitazione-allungamento
nel quale si ha un incremento in allungamento senza un corrispondente incremento
nella sollecitazione (N.B. Non tutti i materiali hanno un punto di snervamento (es.
ghisa) e tali materiali vengono chiamati fragili. Gli altri sono detti tenaci;
• Limite di rottura (R): è il massimo valore di sollecitazione ottenibile sulla curva
sollecitazione-allungamento;
• Allungamento percentuale a rottura (A%): è il rapporto fra l’allungamento del
provino a rottura e la sua lunghezza iniziale (moltiplicato per 100) ed è un indice
della deformabilità del materiale.

Caratteristiche meccaniche, sforzi e deformazioni

• Carico unitario (tensione): 𝜎 = 𝐹/𝑆0;


∆𝐿 𝐿𝑓 −𝐿𝑖
• Allungamento unitario (deformazione): 𝜀 = = ;
𝐿0 𝐿0
∆𝑑
• Contrazione trasversale unitaria: 𝜀𝑡 = ;
𝑑0
• Modulo di elasticità o di Young (E): è il coefficiente di proporzionalità tra il
carico unitario e l’allungamento unitario fino al limite di proporzionalità, per
sollecitazione di trazione e compressione;
• Coefficiente di Poisson (v): è il rapport tra contrazione trasversale unitaria ed
allungamento unitario.

10
Caratteristiche meccaniche, durezza dei materiali

La durezza è la resistenza che un materiale oppone alla penetrazione da parte di un penetratore standard. Per calcolare i valori della durezza ci si
basa sull’impronta lasciata sul pezzo.

• Durezza Brinell: il penetratore è una sfera in acciaio temprato (per durezze HB non maggiori di 450);
• Durezza Vickers: il penetratore è un diamante a forma di piramide retta a base quadrata;
• Durezza Rockwell (scale B e C): il penetratore è una sfera in acciaio (scala B) o un diamante a forma di cono (scala C);

Caratteristiche meccaniche, resilienza dei materiali

La resilienza è la capacità di un materiale di resistere a sollecitazioni dinamiche (urti). La prova di resilienza consiste nel rompere con un solo
colpo, con una mazza a caduta pendolare (pendolo di Charpy), una provetta intagliata nella sua metà e poggiante su due sostegni. La resilienza è
data dal rapporto fra lavoro di rottura in Joule e sezione della provetta in mm 2 (K, KCU) oppure dal valore dell’energia assorbita in J (KV).

Designazione convenzionale degli acciai

Acciai designati in base alle loro caratteristiche fisiche Acciai designati in base alla loro composizione chimica
Acciai non legati
In base alle caratteristiche meccaniche
Acciai debolmente legati
In base ad altre caratteristiche
Acciai legati

Acciai designati in base alle loro caratteristiche meccaniche

Simbolo di base Cifre distintive Elementi di lega Qualità Tenori massimi P,S Rif. UNI
Idoneità alla
Limite di rottura o limite
saldatura (A,B,C,D) Lettera Y, V, U,… F per
Fe di snervamento Simbolo chimico UNI…
e/o altri criteri di tenori decrescenti di P ed S
(preceduto dal simbolo E)
qualità (1,2,3…)

𝑬𝒔𝒆𝒎𝒑𝒊: 𝐹𝑒 430 𝐿, 𝐹𝑒 𝐸360 𝑀𝑛, 𝐹𝑒 510 𝐵 𝑈𝑁𝐼

Acciai designati in base ad altre caratteristiche

Simbolo di base Cifre distintive Elementi di lega Qualità Tenori massimi P,S Rif. UNI
Due lettere, la prima
Lettera caratterizzante la indicante lo stato
Lettera Y, V, U,… F per
Fe proprietà seguita da un - della superficie, la UNI…
tenori decrescenti di P ed S
numero a due cifre seconda lo stato di
trattamento

𝑬𝒔𝒆𝒎𝒑𝒊: 𝐹𝑒 𝑃 03 𝐵𝐶, 𝐹𝑒 𝑊 𝑈𝑁𝐼

Acciai non legati

Simbolo di base Tenore medio di C Tenori massimi P,S Rif. UNI


Lettera Y, V, U, …, F per tenori
- Valore in % moltiplicato per 100 UNI…
decrescenti di P ed S

𝑬𝒔𝒆𝒎𝒑𝒊: 𝐶 35, 𝐶 40 𝐾

Acciai debolmente legati

Simbolo di base Tenore medio di C Elementi di lega Tenori elementi di lega Tenori massimi P,S Rif. UNI
In % moltiplicato per:
Simboli chimici
• 4 (Co, Cr, Mn, Ni, Si, W)
Non hanno un degli elementi di Lettera Y, V, U,… F
Valore in % • 10 (Al, Be, Cu, Mo, Nb,
simbolo di base lega che per tenori decrescenti di UNI…
moltiplicato per 100 Pb, Ta, Ti, V, Zr)
principale caratterizzano P ed S
• 100 (N, P, S)
l’acciaio
• 1000 (B)

𝑬𝒔𝒆𝒎𝒑𝒊: 20 𝑀𝑛 5, 18 𝑁𝑖 𝐶𝑟 16, 35 𝑁𝑖 𝐶𝑟 𝑀𝑜 15
Acciai legati

Simbolo di base Tenore medio di C Elementi di lega Tenori elementi di lega Tenori massimi P,S Rif. UNI
Simboli chimici
degli elementi di Lettera Y, V, U,… F
Valore in %
X lega che Valore in % per tenori decrescenti di UNI…
moltiplicato per 100
caratterizzano P ed S
l’acciaio

𝑬𝒔𝒆𝒎𝒑𝒊: 𝑋12 𝐶𝑟 13 𝑈𝑁𝐼 6900 − 71, 𝑋 38 𝐶𝑟 𝑀𝑜 16 𝐾𝑈

11
Designazione convenzionale dei materiali non ferrosi

Le leghe leggere hanno come elemento base l’alluminio e come principali elementi di lega rame, silicio, magnesio, manganese, zinco e nichel.

Le leghe del rame che contengono come elemento di lega principale lo stagno prendono il nome di bronzi, quelle il cui elemento principale di lega
è lo zinco prendono il nome di ottoni.

Le leghe ultraleggere hanno come elemento di base il magnesio con aggiunta di elementi leganti quali alluminio, zinco e manganese.

Per tutte le leghe si fa la seguente distinzione: leghe da fonderia (G) e leghe da lavorazione plastica (P).

Leghe leggere

Impiego Simbolo di base Elementi di lega e tenore dei principali Rif. UNI
Simbolo chimico degli elementi di lega, i
P (lav. Plastica) o G (fonderia) Al UNI…
principali seguiti dalla percentuale

𝑃 − 𝐴𝑙𝑆𝑖1𝑀𝑔𝑀𝑛 𝑈𝑁𝐼 9006/4 , 𝑃 − 𝐴𝑙𝐶𝑢4, 4𝑆𝑖𝑀𝑛𝑀𝑔 𝑈𝑁𝐼 9002/3 (𝐴𝑣𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙), 𝐺 − 𝐴𝑙𝑆𝑖2𝑀𝑛𝑀𝑔 𝑈𝑁𝐼 𝐸𝑁 1706 (𝐴𝑛𝑡𝑖𝑐𝑜𝑟𝑜𝑑𝑎𝑙), 𝐺 − 𝐴𝑙 𝑀𝑔10

Processi di lavorazione

Processi di lavorazione: Formatura – Fonderia

Stampi a perdere Stampi permanenti


Fusione in sabbia
Colata in conchiglia per gravità
Fusione in guscio di sabbia e resina
(pezzi pieni, oppure pezzi cavi mediante anime) Getti centrifugati Colata e fucinatura
termoindurente
Fusioni in gesso Pressofusione
Microfusione o fusione a cera persa (tramite pistone)

12
Lavorazione per asportazione di truciolo

Tornitura – Tornio

Per questa tipologia di lavorazione viene utilizzato un utensile monotagliente, a cui viene assegnato un moto di alimentazione (o di avanzamento).
Inoltre viene assegnato un moto di taglio al pezzo, quindi è questo ultimo a ruotare.

Fresatura – Fresatrice

L’utensile, in questo caso, è politagliente ed è chiamato “fresa”. Il moto di taglio viene assegnato all’utensile e può avere un asse di rotazione
orizzontale oppure verticale. Il moto di avanzamento viene assegnato al pezzo, che è a sua volta fissato ad una tavola. Le operazioni possibili
attraverso questa tecnica sono la realizzazione di superfici piane o spianatura, la spianatura di più facce contemporaneamente e la realizzazione di
scanalature e cave ad assi rettilinei e curvi.

Foratura ed alesatura

Il movimento viene lasciato interamente all’utensile che ruota e penetra contemporaneamente il materiale. Vi sono sei possibili lavorazioni: i fori
passanti, i fori ciechi, l’allargatura, la svasatura, la lamatura e l’alesatura.

Lavorazioni di finitura superficiale – Rettificatura

La rettifica viene realizzata mediante una mola su macchine, dette rettificatrici, che si distinguono in rettificatrici in tondo per esterni, rettificatrici
in tondo per interni e rettificatrici in piano. Di seguito sono riportati alcuni accorgimenti per il disegno di organi da rettificare.

• Utilizzare mole di grande diametro e se possibile mantenere il rapporto lunghezza/spessore inferiore a 20;
• In caso di rettificazione interna bisogna prevedere lo scarico della mola;
• Evitare, se possibile, conicità superiori a 8-10°;
• Prevedere scarichi sufficienti, soprattutto per la rettificatura degli spallamenti che è meno agevole di quella dei perni;
• Non fare scanalature troppo sottili;
• Lavorare con mole più grandi possibili e prevedere lo scarico delle mole anche per rettificature interne;

13
LEZIONE 6 – TOLLERANZE DIMENSIONALI

Errori di realizzazione

In fase di progettazione le quote vengono indicate in termini ideali (nominali), che poi in fase di realizzazione diventano dimensioni reali.

𝑅𝑒𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑜 𝑚𝑜𝑑𝑒𝑙𝑙𝑖 𝑔𝑒𝑜𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖𝑐𝑖 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 → 𝑈𝑡𝑖𝑙𝑖𝑧𝑧𝑜 𝑖𝑛𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑛𝑜𝑚𝑖𝑛𝑎𝑙𝑖 𝑒𝑑 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑎𝑛𝑛𝑜𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑜

In base alla funzione del prodotto vi sono dei limiti entro i quali le varie inesattezze sono accettabili: l’errore concesso in costruzione è la tolleranza.
Queste inesattezze possono essere causate da numerosi fattori, ad esempio le vibrazioni, la temperatura, i materiali e gli strumenti utilizzati.

Tolleranze e rugosità

A causa delle inevitabili imperfezioni insite in qualunque procedimento tecnologico, i pezzi ottenuti presentano dimensioni e forme reali che si
discostano da quelle ideali riportate sui disegni. L’obiettivo del progettista non è la costruzione della macchina perfetta, ma la costruzione di una
macchina che risponda ai requisiti di funzionalità, durata ed economicità previste dal progetto.

La differenza tra macchina ideale e quella reale non deve pregiudicare la funzione del pezzo.

Errori di realizzazione

Geometrici
Dimensionali
Macro geometrici Micro geometrici
Tolleranze dimensionali Tolleranze geometriche Rugosità

Tolleranze e processi costruttivi

Siccome nessuna delle tecnologie consente di ottenere risultati perfetti, ci possiamo aspettare che la produzione, rispetto alle dimensioni nominali,
si concentri intorno ad un valore principale e che poi si discosti da questo seguendo un andamento “a campana”. Maggiore è il range di possibilità
che si lascia aperto per la produzione di un pezzo in termini dimensionali, più facile sarà che questo venga considerato adatto all’assemblaggio
con altri componenti: maggiore è la tolleranza ammessa, minore sarà al quantità di pezzi non adatti all’assemblaggio.

Tolleranze dimensionali

• Dimensione nominale (D): quota assegnata dal progettista riferita a superfici geometriche ideali;
• Dimensione nominale (De): dimensione reale del pezzo;
• Dimensioni limite (S, I): valori massimo e minimo entro i quali può variare la dimensione effettiva senza pregiudicare la funzione del pezzo;
• Tolleranza (t): differenza tra le due dimensioni limiti;
• Linea dello zero: nella rappresentazione grafica delle tolleranze è la linea che rappresenta la dimensione nominale;
• Scostamenti (s, i): differenza fra le dimensioni limite e la dimensione nominale. Per convenzione si considerano positivi gli scostamenti
sopra la linea dello zero e negativi quelli situati al di sotto.

𝑇𝑜𝑙𝑙𝑒𝑟𝑎𝑛𝑧𝑎 → 𝐷𝑖𝑚𝑒𝑛𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑖𝑚𝑎 − 𝐷𝑖𝑚𝑒𝑛𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑚𝑖𝑛𝑖𝑚𝑎 = 𝑆𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑠𝑢𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑟𝑒 − 𝑆𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑖𝑛𝑓𝑒𝑟𝑖𝑜𝑟𝑒

𝑃𝑒𝑟𝑐ℎè 𝑖𝑙 𝑝𝑒𝑧𝑧𝑜 𝑠𝑖𝑎 𝑎𝑐𝑐𝑒𝑡𝑡𝑎𝑏𝑖𝑙𝑒: 𝐼 < 𝐷𝑒 < 𝑆

La necessità di rispettare i campi di tolleranza deriva sempre dalla necessità di montare il singolo pezzo, cioè di accoppiarlo ad un altro o a più
pezzi con le caratteristiche di accoppiamento previste dal progetto. I due pezzi accoppiati vengono definiti in due modi.

• Foro: pezzo, non necessariamente cilindrico, del quale viene considerata la dimensione interna;
• Albero: pezzo da accoppiare al precedente, del quale viene considerata la dimensione esterna.

Si fa sempre riferimento al foro con lettere maiuscole (Es, Ei) e all’albero con lettere minuscole (es, ei).

Il sistema ISO di tolleranza (UNI EN 20286/1-2) ha unificato, per ogni dimensione nominale, una gamma di qualità di tolleranza (ampiezza di
tolleranza) e una gamma di posizioni di tolleranza rispetto alla linea dello zero. Il sistema ISO prevede 20 diverse qualità di tolleranza che
definiscono l’ampiezza della zona di tolleranza. Tale ampiezza è funzione della dimensione nominale. A parità di grado di precisione, ad esempio
a parità di lavorazione, si ottengono infatti variazioni crescenti all’aumentare della dimensione del pezzo. La qualità di tolleranza è indicata dalle
sigle IT 0, IT 1, IT 2, …, IT 18, con precisione decrescente.

Ad ogni grado di tolleranza normalizzato corrispondono una lavorazione meccanica ben precisa, applicazioni e classi di tolleranza specifiche.

Lavorazioni e classi di tolleranza

Nella celta della qualità di tolleranza si deve tener presente l’enorme influenza che ha sui costi di lavorazione.

14
Scostamento fondamentale

La posizione della tolleranza rispetto alla linea dello zero è definita da uno dei due scostamenti detto “scostamento fondamentale”. Lo scostamento
fondamentale, funzione della dimensione nominale, è quello che definisce il limite più vicino alla linea dello zero. L’altro scostamento si ottiene
sommando o sottraendo il valore della tolleranza.

Scegliendo le ampiezze delle classi di tolleranza si può stabilire, attraverso la tabella riportata in (L6_20), un sistema di riferimento rispetto alla
linea dello zero. La posizione è designata da una lettera maiuscola per i fori e minuscola per gli alberi. Le posizioni di tolleranza sono sempre
riferite alla dimensione nominale (linea dello zero). Le posizioni contraddistinte con la stessa lettera (maiuscola per fori e minuscola per alberi)
sono solitamente disposte simmetricamente rispetto alla dimensione nominale (nelle lavorazioni si allarga il foro o si diminuisce l’albero). La
posizione di tolleranza base, contraddistinta dalla lettera “h” per gli alberi ed “H” per i fori, è quella con scostamento fondamentale nullo.

Si noti che la “regola speciale” riportata in basso a sinistra nell’immagine vale sia per gli alberi che per i fori.

𝐸𝑠 = −𝐸𝑖 + ∆ 𝑒𝑠 = −𝑒𝑖 + ∆ ∆ = 𝐼𝑇(𝑛) − 𝐼𝑇(𝑛 − 1)

Qualità di lavorazione standard (consigliate)

In generale, la classe di tolleranza per tutte le dimensioni interne (fori) dovrà essere di un indice di una qualità superiore (non in termine di
precisione ma di numero) rispetto a quello delle dimensioni esterne (alberi).

15
Serie e catene di tolleranze

Serie nello stesso verso

Per le serie nello stesso verso basta calcolare la quota risultante ed i relativi scostamenti. Il valore nominale della quota risultante è uguale alla
somma dei valori nominali parziali.
𝑅𝑚𝑖𝑛 = 𝐴𝑚𝑖𝑛 + 𝐵𝑚𝑖𝑛
Con 𝐴 + 𝐵 = 𝑅 si hanno le seguenti relazioni: 𝑅 = ∑ 𝑄𝑢𝑜𝑡𝑒 𝑃𝑎𝑟𝑧𝑖𝑎𝑙𝑖 → {𝑅𝑚𝑎𝑥 = 𝐴𝑚𝑎𝑥 + 𝐵𝑚𝑎𝑥 → 𝑡𝑅 = 𝑡𝐴 + 𝑡𝐵
𝑡𝑅 = 𝑅𝑚𝑎𝑥 − 𝑅𝑚𝑖𝑛

Ragionamento analogo vale per gli scostamenti parziali: 𝑠𝑅 = 𝑠𝐴 + 𝑠𝐵 ed 𝑖𝑅 = 𝑖𝐴 + 𝑖𝐵 .

In generale, la tolleranza risultante è data dalla somma dei valori assoluti delle tolleranze delle quote parziali mentre gli scostamenti globali
superiori ed inferiori sono dati rispettivamente dalla somma algebrica degli scostamenti parziali.

𝒕∗ = ∑|𝑡| 𝒔∗ = ∑ 𝑠 𝒊∗ = ∑ 𝑖

Serie con versi opposti

Il valore nominale della quota risultante è uguale alla somma algebrica dei valori nominali parziali.
𝑅𝑚𝑖𝑛 = 𝐴𝑚𝑖𝑛 − 𝐵𝑚𝑎𝑥
Con 𝐴 − 𝐵 = 𝑅 si hanno le seguenti relazioni: 𝑅 = ∑ 𝑄𝑢𝑜𝑡𝑒 𝑃𝑎𝑟𝑧𝑖𝑎𝑙𝑖 → {𝑅𝑚𝑎𝑥 = 𝐴𝑚𝑎𝑥 − 𝐵𝑚𝑖𝑛 → 𝑡𝑅 = 𝑡𝐴 + 𝑡𝐵
𝑡𝑅 = 𝑅𝑚𝑎𝑥 − 𝑅𝑚𝑖𝑛

In generale, la tolleranza globale è uguale alla somma dei valori assoluti delle tolleranze parziali. Gli scostamenti superiori ed inferiori della quota
risultante sono dati, indicando con Q e Q’ rispettivamente le quote con segno positivo o negativo, dalle seguenti relazioni.

𝒕∗ = ∑|𝑡| 𝒔∗ = 𝑠𝑄 − 𝑖𝑄′ 𝒊∗ = 𝑖𝑄 − 𝑠𝑄′

Catena di quote tollerate

Una catena di quote tollerate è un insieme di quote tollerate relative a pezzi diversi in un gruppo o complessivo. L’analisi delle catene di tolleranze
è fondamentale per l’analisi di montaggio, funzionamento ed intercambiabilità dei singoli organi di un meccanismo.

In questo caso il calcolo è identico a quello delle serie in quote.

𝒕∗ = ∑|𝑡| 𝒔∗ = 𝑠𝑄 − 𝑖𝑄′ 𝒊∗ = 𝑖𝑄 − 𝑠𝑄′

Accoppiamenti

L’accoppiamento tra due pezzi può essere diverso in funzione dei rispettivi valori delle dimensioni limite.

maggiore di quella dell’albero;


amente entrambi i casi;
ro sempre maggiore di quella del foro.

Essendo le tolleranze riferite ad una temperatura di riferimento di 20°C, la temperatura di funzionamento può influenzare le caratteristiche
dell’accoppiamento. Il carattere di mobilità o stabilità dell’accoppiamento dipende inoltre dalla qualità della lavorazione e quindi dalla finitura
superficiale dei due elementi (rugosità).

Il sistema ISO prevede per gli accoppiamenti la seguente designazione.

𝟒𝟓 𝑯𝟖 / 𝒈𝟕
Posizione
Dimensione nominale Posizione del foro Qualità del foro Qualità dell’albero
/ dell’albero
45 H 8 g 7

Accoppiamento con gioco

• Gioco minimo: differenza tra la dimensione minima del foro e la dimensione massima dell’albero;
• Gioco massimo: differenza tra la dimensione massima del foto e la dimensione minima dell’albero.

Accoppiamento con interferenza

• Interferenza minima: differenza tra la dimensione minima dell’albero e la dimensione massima del foro;
• Interferenza massima: differenza tra la dimensione massima dell’albero e la dimensione minima del foro.

Accoppiamento incerto

• Gioco massimo: differenza tra la dimensione massima del foto e la dimensione minima dell’albero;
• Interferenza massima: differenza tra la dimensione massima dell’albero e la dimensione minima del foro.

Cambiando gli alberi ed i fori previsti dal sistema di tolleranza ISO si otterrebbe un numero enorme di possibili accoppiamenti. La ISO prescrive
allora due sistemi di accoppiamento:

• Albero base: combinando forti con diverse posizioni di tolleranza con un albero in posizione base h, ad esempio 𝐺7/ℎ6 e 𝑃6/ℎ5;
• Foro base: combinando alberi con diverse posizioni di tolleranza con un foro in posizione base H, ad esempio 𝐻7/𝑔6 e 𝐻7/𝑟6.

16
Accoppiamenti mobili

Accoppiamenti stabili

17
Indicazione delle tolleranze

Pezzi singoli

• Mediante il simbolo di tolleranza ISO riportato sopra la linea di misura;


• Mediante gli scostamenti limite, con lo scostamento superiore sempre sopra quello inferiore;
• Con entrambe le indicazioni precedenti;
• Mediante le dimensioni limite.

Accoppiamenti

• Mediante il simbolo di tolleranza ISO riportato sopra la linea di misura;


• Mediante il simbolo di tolleranza ISO riportato sopra la linea di misura e gli scostamenti limite (scostamento superiore sopra quello inferiore);
• Mediante le dimensioni limite ed eventuali riferimenti (nomi dei componenti oppure numeri associati ad essi).

Per non appesantire la quotatura, senza lasciare indefinite alcune tolleranze, la norma UNI 22768/1 stabilisce le tolleranze generali per le
dimensioni prive di indicazioni specifiche.

L’utilizzo di questa tabella deve essere indicato nei pressi o all’interno del riquadro delle iscrizioni, precisando la classe di tolleranza scelta: ad
esempio ISO 2768 – m. La norma prescrive tabelle apposite per smussi, raccordi e dimensioni angolari.

18
LEZIONE 7 – TOLLERANZE GEOMETRICHE E RUGOSITÀ

Tolleranze geometriche

La valutazione di un accoppiamento considerando solo le tolleranze dimensionali porta a trascurare gli effetti della forma. Un accoppiamento
previsto scorrevole (ad esempio h/H ) nel rispetto delle tolleranze dimensionali, può divenire forzato se non vengono imposti limiti sulla cilindricità
e rettilineità.

Principio di indipendenza

Ciascuna prescrizione dimensionale o geometrica specificata su un disegno deve essere rispettata in se stessa in modo indipendente, salvo, non sia
prescritta, sul disegno, una relazione particolare. Pertanto, in mancanza di indicazioni specifiche, le tolleranze geometriche si applicano senza tener
conto delle dimensioni dell’elemento, e le sue prescrizioni (dimensionali e geometriche) devono essere trattate come esigenze tra loro indipendenti.

Tolleranze
Di forma Di orientamento
Stabiliscono i limiti di
Stabiliscono i limiti di
variazione di una superficie
variazione di una superficie
o una singolarità rispetto ad
o una singolarità dalla
uno o più elementi assunti
forma ideale
come riferimento
(Es. rettilineità).
(Es. parallelismo)
Di posizione Di oscillazione
Stabiliscono i limiti di
Stabiliscono i limiti di
variazione di una superficie
variazione di una superficie
o una singolarità rispetto ad
o una singolarità rispetto ad
una forma stabilita nel
una posizione ideale e ad
disegno durante una
uno o più elementi assunti
rotazione della parte attorno
come riferimento
ad un elemento di
(Es. concentricità)
riferimento.

Indicazione delle tolleranze geometriche

Le tolleranze geometriche vengono rappresentate attraverso un riquadro suddiviso in due o tre celle, in cui vengono riportati:

• Simbolo della tolleranza geometrica;


• Il valore della tolleranza;
• Elementi di riferimento.

L’errore di planarità è definito dalla minima distanza e tra due piani paralleli che comprendono la superficie in esame. L’errore di circolarità è
definito dalla metà della differenza dei raggi di due circonferenze concentriche che comprendono il contorno reale del pezzo.

19
Indicazioni di rugosità

Definizioni

La rugosità è l’insieme delle irregolarità superficiali che si ripetono con passo relativamente piccolo, lasciate dal processo di lavorazione e/o da
altri fattori influenti. La superficie geometrica, o ideale, è la superficie teorica rappresentata sul disegno, mentre la superficie reale è la superficie
effettiva ottenuta con la lavorazione. Il piano di rilievo è il piano ortogonale alla superficie nominale del pezzo. Il profilo ideale è la linea risultante
dall’intersezione del piano di rilievo con la superficie geometrica, mentre il profilo reale è la linea risultante dall’intersezione del piano di rilievo
con la superficie reale.
|𝑦1||𝑦2||𝑦3|+⋯+|𝑦𝑛| 1 𝐿
𝑅𝑢𝑔𝑜𝑠𝑖𝑡à(𝑀𝑒𝑑𝑖𝑎) = 𝑅𝑢𝑔𝑜𝑠𝑖𝑡à(𝑀𝑒𝑑𝑖𝑎) = ∫0 |𝑦|𝑑𝑥
𝑛 𝐿

Indicazione della rugosità

Indicazione rugosità Segni grafici solchi di rugosità

Solchi paralleli al piano di proiezione


a) Segno grafico di base; = della vista sulla quale è applicato il segno
b) Superficie lavorata per grafico.
asportazione truciolo;
c) Superficie da non lavorare
con asportazione;
d) Caratteristiche specifiche;
e) Tutte le superfici con lo Solchi perpendicolari al piano di
stesso stato. ┴ proiezione della vista sulla quale è
applicato il segno grafico.

a) Valore della rugosità in


micrometri, preceduto dal
Solchi incrociati in due direzioni oblique
simbolo Ra;
x rispetto al piano di proiezione della vista
b) Lavorazione, trattamento;
sulla quale è applicato il segno grafico.
c) Altezza dell’ondulazione in
micrometri preceduta dalla
lunghezza di base in
millimetri;
Solchi approssimativamente circolari
d) Irregolarità della superficie;
C rispetto al centro della superficie alla
e) Sovrametallo di lavorazione;
quale è applicato il segno grafico.
f) Valore di rugosità diverso da
Ra preceduto dal simbolo.

Solchi approssimativamente radiali


Indicazione valori in micrometri R rispetto al centro della superficie alla
quale è applicato il segno grafico.

Per precisare un limite inferiore ed


M Solchi multidirezionali.
uno superiore

Indicazione di caratteristiche
particolari dello stato delle
superfici
Solchi senza direzioni particolari e non
• Lavorazione alle macchine P
sporgenti.
utensili;
• Trattamento superficiale
(prima e dopo il trattamento).

Il segno grafico deve poter essere letto dal basso o da destra.

20
Conversione dei vecchi simboli di rugosità nei valori Ra

Criteri per la scelta della rugosità

Rugosità Ra in
Applicazione
micron
0,025 Piani di appoggio di micrometri, specchi e blocchi di riscontro
0,050 Facce di calibri da officina e piani di appoggio di comparatori.
Facce di calibri a corsoio, perni di articolazione, utensili di precisione, cuscinetti superfiniti, accoppiamenti stagni ad
0,10 alta pressione in moto alternato, superfici accoppiate di parti in moto alternativo a tenuta di liquido sotto pressione e
superfici levigate di tenuta senza guarnizione.
Supporti di alberi a gomito e alberi a camme, perno di biella, superficie di camme, diametro cilindri pompe idrauliche,
0,2 cuscinetti lappati, perni di turbine, accoppiamenti stagni mobili a mano, guide tavole macchine utensili, reggispinta alte
velocità, perni di alberi di rotori turbine, di riduttori, ecc.
Alberi scanalati, cuscinetti di alberi motore, diametro esterno stantuffi, diametro cilindri, perni grandi macchine
elettriche, accoppiamenti alla pressa, gambo valvola, superfici di tenuta di seggi ed otturatori di valvole e saracinesche,
0,4
perni di alberi a gomito e portate di linee d’alberi, cuscinetti di metallo bianco, superfici di parti scorrevoli come pattini
e relative guide.
Tamburi, freni, fori brocciati, cuscinetti in bronzo, parti di precisione, denti di ingranaggi, cuscinetti rettificati, superfici
0,8 di tenuta di flange senza guarnizione, perni di alberi a gomito e portate di linee d’alberi, cuscinetti di metallo bianco,
superfici di parti scorrevoli come pattini e relative guide, superfici di tenuta dei seggi valvole motore
Facce particolari di ingranaggi, alberi e fori di ingranaggi, teste cilindro, scatole di ingranaggi in ghisa, faccia pistone,
1,6
superfici di tenuta di flange con guarnizioni metalliche.
Perni e cuscinetti per trasmissioni a mano, superfici di accoppiamento di parti fisse smontabili
3,2
(flange di accoppiatoi, imposte di centramento, ecc).
6,3 Superfici di tenuta di flange con guarnizioni comuni.

21
LEZIONE 8 – ELEMENTI DELLE MACCHINE: COLLEGAMENTI FILETTATI

Classificazione dei collegamenti

L’obiettivo è quello di partire da componenti singoli ed ottenere un insieme (cioè un gruppo funzionale) che svolga la propria funzione nel modo
migliore possibile con: minor costo, maggior sicurezza, maggiore facilità d’impiego e semplicità di manutenzione.

Esempio: Sistema di montaggio della ruota


Collegamenti smontabili
di bicicletta sulla forcella
Prima classificazione
Esempio: Sistema di montaggio dei tubi
Collegamenti fissi
componenti il telaio della bicicletta

Collegamenti filettati

I collegamenti si dicono smontabili, o temporanei, quando le parti unite si possono separare l’una dall’altra con
semplici operazioni. Il vincolo tra le parti può essere dovuto all’attrito o ad un ostacolo fisico. Questi
collegamenti vengono impiegati nelle costruzioni meccaniche con funzioni di collegamento, di arresto, di
registrazione e di manovra.

La filettatura (o filetto) è un risalto, o profilo che varia rispetto alla forma classica del cilindro o cono. Quando
il filetto è avvolto ad elica sulla superficie di un elemento cilindrico o conico prende il nome di vite. Se invece
il filetto è sulla superficie interna di un elemento analogo esso prende il nome di madrevite. La filettatura
permette il collegamento smontabile di due parti diverse.

Le forze scambiate tra vita e madrevite, in corrispondenza della filettatura, si annullano a vicenda ma è molto
importante analizzare lo schema delle forze. La componente verticale verso il basso ha il compito di
comprimere i due oggetti collegati, ed è chiaramente la forza che la testa della vite esercita sulla superficie della
piastra a contatto con essa. Il risultato è che la piastra sottostante, la numero 2, comincerà a spingere verso l’alto
e ciò comporterà ad un allungamento della vite in corrispondenza della filettatura.

Gli elementi filettati assolvono due compiti principali: funzione di collegamento, la più frequente, e di trasmissione (viti di manovra). Il sistema
composto da vite e dado viene chiamato bullone, ed è utilizzato come vite di collegamento. La vite di manovra ha la funzione di trasformare un
moto rotatorio (quello della vite) in un moto di avanzamento.

Un collegamento filettato segue il profilo di un’elica, che può essere concepito come la somma lineare di due moti: il moto rotatorio e traslatorio.
Il moto risultante è quello di un’elica che si svolge intorno ad una superficie cilindrica o conica. Trattandosi di uno sviluppo cilindrico anche le
viti hanno un asse. Un’elica è caratterizzata da un angolo di inclinazione e da un “passo”, ovvero la lunghezza tra due massimi o due minimi.

Un profilo può avere diverse forme a seconda delle esigenze. I profili


trapezoidale, a dente di sega e tondo sono utilizzati maggiormente per funzioni
di trasmissione (viti di manovra) mentre il profilo triangolare per funzioni di
collegamento.

In una filettatura con profilo triangolare i fondi sono raccordati e le creste sono smussate. Una filettatura è caratterizzata da un triangolo generatore
di altezza H, dall’angolo del filetto, dalla cresta (che congiunge i due fianchi di un filetto), dal fondo (che congiunge i fianchi di due filetti
consecutivi) e dal passo (ovvero la distanza tra due punti omologhi lungo il profilo della filettatura). Ragionamenti analoghi valgono per la
madrevite: l’unica differenza è che l’altezza non si calcola sul triangolo generatore ma sul pezzo reale.

• Il diametro esterno viene misurato sulla cresta del filetto della vite o sul fondo del filetto della madrevite;
• Il diametro di nocciolo è misurato sul fondo del filetto della vite o sulla cresta del filetto della madrevite;
• La linea media è contenuta in un piano assiale tale che le intersezioni con i fianchi siano equidistanti;
• Il diametro medio è misurato sulla linea media;
• Il diametro nominale corrisponde al diametro esterno della vite e quello corrispondente della madrevite.

Le filettature possono essere “allargate” in modo da contenere più filettature (prima scanalatura di filettatura, seconda, terza, ecc).

Esistono due tipologie di filettature: destrorsa (avvitamento in senso antiorario) e sinistrorsa (avvitamento in senso orario).

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Tipi di filettature

Per definire univocamente una filettatura bisogna specificare: tipo di profilo, diametro, passo, numero di principi e senso di avvolgimento.

Filettatura metrica ISO

La differenza tra profilo ISO e profilo ISA riguarda la zona in cui il fondo della vite e la cresta della madrevite si toccano: nel profilo ISA questa
zona è più “profonda” rispetto a quella del profilo ISO. Di conseguenza, i fianchi del profilo ISA sono più lunghi di quelli del profilo ISO.

Designazione da descrivere nel seguente ordine, in caso di filettatura metrica ISO


Passo preceduto da segno di moltiplicazione
Lettera “M” Diametro nominale in mm Se:
(obbligatorio per passo fine)
a più principi M18 – 3 fil
… M16 M10 x 0,75
elica sinistra M20 x 1,5 sin

Filettature Whitworth

Questa tipologia di filettatura è caratterizzata da un valore “z” che indica il numero di filetti per pollice e che a sua volta determina il valore “P”.
In questo caso l’angolo di profilo è fissato a 55° e non a 60° come nella filettatura metrica ISO. Le Whitworth garantiscono maggior tenuta rispetto
alle filettature metriche ISO.

Designazione da descrivere nel seguente ordine, in caso di filettature Whitworth


Lettera “W” Diametro nominale in pollici o frazioni di pollici
… ¾ W, oppure 4 W
Designazione da descrivere nel seguente ordine, in caso di filettature Whitworth non unificate
Diametro nominale in pollici Segno x di moltiplicazione seguito dal numero di filetti per pollice Lettera “W”

Filettature Gas

Esse derivano dalle filettature Whitworth e hanno passi ancora più fini: ciò significa che viene garantita una tenuta ancora maggiore.

Classificazione
Per tubazioni non a tenuta stagna sul filetto Per tubazioni a tenuta stagna sul filetto
Vite e madrevite cilindrica Vite conica
Ermeticità affidata a guarnizioni Madrevite conica o cilindrica
Designazione:
Designazione:
• Filettature interne cilindriche: Rp <diametro nominale> Rp ½
• G <diametro nominale>;
• Filettature interne coniche: Rc <diametro nominale> Rc ½
• Classe di tolleranza A o B (se si tratta di filettatura esterna)
• Filettature esterne coniche: R <diametro nominale> R ½

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Rappresentazione degli elementi filettati

In generale, la regola è le linee grosse della vite vadano sulle linee fini della madrevite e viceversa.

Nel caso riportato sopra la vite non viene filettata interamente, sia perché non è necessario farlo, sia per motivi “strutturali” e di resistenza del
pezzo. È molto importante notare che la parte filettata della vite deve essere più corta della parte filettata della madrevite: innanzitutto perché la
madrevite e la vite devono essere ingranate completamente ma anche perché il foro realizzato dal trapano non garantisce lo stesso diametro in tutto
il foro. La parte finale di questo ultimo, infatti, è più stretta rispetto al tratto che la precede (perché la punta del trapano è più stretta).

Quotatura delle filettature

Bisogna considerare sempre il diametro nominale, ovvero il più esterno (sia per la vite che per la madrevite). Se il tratto della filettatura non è
passante, ovvero se non è una barra completamente filettata, bisogna anche dire quanto è lungo il tratto utile della filettatura. Il tratto filettato e
quello non filettato è separato da una linea continua grossa trasversale.

Le gole di scarico UNI ISO 4755 ed UNI ISO 5710 servono a separate la testa dal corpo della vite, in maniera tale da non danneggiare la parte
inferiore della testa durante la procedura di filettatura. Così facendo è possibile rappresentare la filettatura completa (circonferenza piena).

Errori di rappresentazione

• Il foro è troppo aguzzo, troppo a punta: l’inclinazione deve essere pari a 120°, circa;
• Il foro è troppo corto, oppure la filettatura utile è troppo lunga;
• Lo spessore del foro deve essere grosso, mentre lo spessore della vite è rappresentata con linea fine;
• La campitura non copre la parte di filetto.

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Organi di collegamento filettati

Vite Dado Bullone Vite prigioniera


Gambo filettato Elemento
Cilindro filettato Raccordi
esagonale o Insieme di vite e Inserti filettati Norme UNI
Testa (elemento da entrambe le filettati
quadrato con dado
di manovra) parti
foro filettato

Dadi

Essi sono caratterizzati dalla filettatura (tipo, dimensioni e lunghezza) e dalla forma esterna (prisma retto a base quadrata o prisma esagonale retto).
I dadi non devono essere sezionati in una rappresentazione d’assieme.

Viti

Esse sono caratterizzate dalla filettatura (tipo, dimensioni e lunghezza), dal gambo, dalla testa e dall’estremità.

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Collegamento con vite passante e dado

Collegamento con vite mordente

Collegamento con vite prigioniera

Innanzitutto bisogna distinguere tra foro cieco (la prima delle due figure sopra a destra) e foro passante (la seconda delle due figure sopra a destra).

Nel collegamento con vite prigioniera la parte “e” del lato radice viene forzata, in modo da inserire anche la parte non filettata: questa operazione
comporta una deformazione-limite (sforzando ulteriormente si ha una deformazione plastica). Stringendo il lato gambo con rosetta e dato viene
deformata solo la parte superiore della vite prigioniera.

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Designazione bulloneria

• Tipo di organo filettato;


• Filettatura;
• Lunghezza (sotto testa, ove questa esista);
• Tabella UNI di riferimento;
• Categoria (A, B o C) basata sulle tolleranze di lavorazione;
• Classi di resistenza che indicano le caratteristiche meccaniche.

Esempi di errori di rappresentazione

Nel collegamento a vite prigioniera non vi è forzamento: la linea orizzontale di tratto utile deve essere sotto la linea del corpo inferiore ed anche
la filettatura incompleta deve compiere lavoro sul pezzo.

Nella seconda rappresentazione c’è bisogno di una testa cilindrica con un esagono incassato in modo che la brugola possa effettuare il serraggio.

L’ultima rappresentazione è una vita mordente e lo si capisce dalla presenza della testa e dalla mancanza del dado. Una vite passante con un dado
è sempre mordente, ma sul dado e non direttamente sul pezzo. In questo caso la filettatura deve cominciare nella piastra superiore e non in quella
inferiore come nel collegamento a vite prigioniera.

Inserti filettati

Essi vengono utilizzati per “ridefinire” dei fori filettati che si sono rovinati e che non possono essere più utilizzati come erano stati progettati.

Dispositivi di appoggio

Le rosette sono dei dispostivi di appoggio che permettono di diminuire la pressione per effetto di serraggio. Per materiali teneri vengono utilizzate
le piastrine, che vengono posizionate tra dado o testa della vite e la superficie del pezzo.

Dispositivi di antiallentamento

Le rosette elastiche sono interposte tra dado o testa della vite e la superficie di appoggio.

• Rosette spaccate;
• Rosette dentate.

Le rosette di sicurezza sono interposte tra dado o testa della vite e la superficie di appoggio e sono caratterizzate dalla presenza di una linguetta.

I controdadi vengono utilizzati anche come dispositivi di antiallentamento oltre che per far scorrere la vite prigioniera. Il controdado, dovendo
sopportare uno sforzo maggiore, deve avere uno spessore maggiore.

Il sistema formato da dado ad intagli e copiglia impediscono lo svitamento: affinchè si verifichi questo scenario la vite deve essere forata.

27
Esempi di applicazioni e designazioni

Cenni sui collegamenti non smontabili: Saldatura

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LEZIONE 9 – ELEMENTI DELLE MACCHINE: COLLEGAMENTI ALBERO-MOZZO

Trasmissione del moto

Si parla di “trasmissione del moto” ogni qualvolta vi sia una sorgente


di energia meccanica disponibile e la si voglia utilizzare in un punto
diverso da quello dove è stata generata. L’obiettivo è quello di trasferire
energia da un punto all’altro facendo in modo che il percorso sia il più
breve ed efficiente possibile, in modo da evitare dispersioni energia.

Le ruote dentate permettono di trasferire energia da un albero ad un


altro: tali alberi possono ruotare perché sono appoggiati su delle sedi
che permettono la rotazione. Le ruote dentate sono tipicamente
accoppiate a due a due: una ruota piccola trasferisce energia ad una
grande, in modo tale da ridurre la velocità. Questa tipologia di
collegamento è sicuramente la migliore da effettuare quando si tratta di
unire tratti paralleli tra loro. Vengono utilizzate delle ruote dentate con
profilo conico per collegare alberi, o altri elementi di movimento,
perpendicolari tra loro. Nel caso di alberi o altre componenti sghembe
tra loro vengono utilizzati dei giunti: elastici, flessibili e rigidi. Anche
utilizzando la cinghia (puleggia) vi è una riduzione di velocità durante
il collegamento di assi paralleli.

Ovviamente ogni albero deve essere supportato dai carter, ovvero i supporti d’albero. Per ridurre il rumore di questi meccanismi vengono preferite
ruote a denti elicoidali. Ove possibile viene preferito il trasferimento mediante ruota dentata, molto più precisa e resistente rispetto ad un sistema
cinghia-puleggia, ma che è anche più costosa.

Linguette, chiavette
Mobili Profili scanalati
Albero mozzo
Attrito
Fissi Forzamento
Ruote dentate
Tra alberi Cinghie
Giunti
Cuscinetti volventi
Supporti d’albero
Cuscinetti radenti

Pompa ad ingranaggi

Vi sono due alberi, ovvero le componenti 3 e 5 dell’immagine riportata.


Per confrontarli bisogna innanzitutto capire come mai l’albero n°3 non
ha gli oggetti n°15 e n°6 come nell’albero n°5. Il moto viene trasferito,
probabilmente da un motore, all’albero n°5 mediante il corpo n°15. I
due “cerchi” nella figura a destra rappresentano le ruote dentate,
indicate con il n°4 nella figura in alto a sinistra. Esse sono a contatto
tra loro mediante i fianchi. Questa pompa non ha il compito primario
di trasferire energia, e nemmeno quello di aumentare la pressione del
liquido, ma piuttosto quello di regolare il flusso in uscita dalla pompa
dato un flusso irregolare in entrata. Il liquido entra dalla parte inferiore
ed il flusso viene ridotto dirottando il liquido negli spazi tra due denti
contigui. L’oggetto che permette di trasferire il moto dall’albero n°5
alla ruota n°4 è il pezzo n°6. La circonferenza tratteggiata, riportata tra
le due ruote dentate nella vista principale, serve ad indicare la zona
investita dal fluido. Trattandosi di una pompa le filettature in ingresso
ed in uscita dovranno essere di tipo “Gas”, in quanto garantiscono
maggiore tenuta rispetto alle altre. Gli elementi n°15 e n°6, in funzione
di come sono fatti, verranno chiamati “linguetta” oppure “chiavetta”.

L’elemento n°8 viene chiamato “spina” e serve a bloccare il coperchio inferiore ed il coperchio inferiore. Questo collegamento avviene tramite il
meccanismo a vite bullonata e non a vite prigioniera, in quanto la vite ha la testa in basso. Inoltre, nel caso di vite prigioniera, dovrebbe essere
impegnato anche il tratto di filetto incompleto, cosa che in questo caso non avviene.

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Collegamenti albero-mozzo

Questi collegamenti permettono di trasmettere una coppia tra un albero ed un


mozzo. Il vantaggio di questa tipologia di collegamento è quello di avere un
collegamento smontabile a bassi costi di produzione: è molto importante anche la
standardizzazione dei componenti singoli e la facilità di montaggio e smontaggio.

Chiavette

Esse sono prismi a sezione rettangolare a larghezza costante e


spessore decrescente da una estremità all’altra. Esse vengono inserite
in parte nel mozzo ed in parte nell’albero in apposite scanalature,
dette “cave”.

In questo caso il prisma non viene posizionato perfettamente parallelo


all’albero (o al mozzo) ma tende ad essere inclinato. È molto
importante, inoltre, evitare che vi sia contatto tra i fianchi del mozzo
e la chiavetta.

Il lato negativo di questo meccanismo è un potenziale disassamento


tra albero e mozzo. Chiaramente, a causa della chiavetta, non vi potrà
mai essere un allineamento tra asse dell’albero e del mozzo.

Chiavette Chiavette ribassate Chiavette concave


Diritte (Forma A) Forma A o B con cava solo nel mozzo e
Cava sul mozzo e di appoggio sull’albero
Con estremità arrotondate (Forma B) sull’albero spianatura

Ovviamente ogni chiavetta ed ogni cava devono essere scelte seguendo alcune regole e convenzioni basandosi sul diametro dell’albero.

Designazione: Chiavetta – Forma – (Larghezza x Altezza x Lunghezza) e riferimento alla norma. Esempio: Chiavetta A – (𝑏 × ℎ × 𝑙) UNI6607.

Chiavette tangenziali

Esse vengono realizzate in coppia perché parti di esse vengono inserite tra albero e mozzo contemporaneamente: ciò che si fa è sfruttare due
“mezze chiavette” per facilitare la rotazione in entrambe le direzioni e per evitare, o quantomeno ridurre, il disassamento tra albero e mozzo.
Queste chiavette non vengono impiegate per carichi particolarmente onerosi. L’attrito viene scambiato tra le due “mezze chiavette” e le due
superfici del mozzo.

Nel caso di chiavette dritte la sede viene realizzata con una fresa a disco avente spessore maggiore o uguale rispetto a quello della chiavetta
destinata a tale cava, mentre nel caso di chiavette con estremità arrotondate la sede viene realizzata con una fresa a candela.

Chiavette con nasetto

Si tratta di una chiavetta classica ma con un risalto che non verrà inserito nella cava ma rimarrà esposto esternamente, in modo da facilitare
l’estrazione della chiavetta in un secondo momento.

Linguette

Esse sono simili alle chiavette ma hanno tutte le facce a due a due parallele (a sezione costante). Il principio di funzionamento è esattamente
l’opposto del caso precedente: non vi è contatto tra le superfici “superiori” ma tra quelle laterali, quindi il passaggio di energia avviene attraverso
pareti laterali. Anche in questo caso vi è una classificazione in base alla forma: dritta, arrotondata e mista.

Profili scanalati

Le due categorie di imbiettamenti visti (chiavette e linguette) permettono di trasmettere momenti “piccoli” rispetto al massimo momento torcente
trasmissibile dall’albero: per rispondere a tale requisito vengono realizzati profili scanalati, come se ci fossero tante linguette una dietro l’altra.
Estendendo il modo di funzionare della linguetta a molte linguette si ottiene l’innesto scanalato, che è in grado di trasmettere ovviamente più
potenza di una semplice linguetta.

Collegamenti per attrito smontabili

Si utilizza il principio del cuneo per generare pressione (forza distribuite su


una superficie) tra albero e mozzo e quindi rendere disponibile una forza
d’attrito per la trasmissione della potenza.

Nei casi da “b” a “d” serrando la ghiera si genera uno spostamento assiale
relativo tra mozzo (tronco-conico) e albero (tronco-conico): così facendo
l’albero tende a spostarsi a destra ed il mozzo a sinistra. Nei casi da “e” ad “h”
si sfrutta lo stesso principio con un particolare in più: si ha il vantaggio di avere
mozzo o albero cilindrici.

Collegamenti per attrito non smontabili

Albero e mozzo sono tollerati con interferenza: quando sono montati, il


principio di funzionamento è ancora per attrito. A seconda del grado di interferenza, il montaggio avviene alla pressa o scaldando un pezzo rispetto
all’altro, sfruttando quindi la dilatazione termica.

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LEZIONE 10 – ELEMENTI DELLE MACCHINE: CUSCINETTI

Alcune definizioni

Si definiscono supporti gli elementi funzionali destinati a sorreggere gli elementi rotanti e a vincolarne la posizione degli assi. I cuscinetti, invece,
sono le parti di supporto a contatto con gli elementi rotanti costruite con materiali diversi da questi ultimi e che riducono l’attrito di contatto.

Esistono cuscinetti a strisciamento, o radenti, e cuscinetti a rotolamento o volventi. Nell’immagine (L10_8) solo i cuscinetti in alto a sinistra sono
radenti, o a strisciamento, mentre gli altri sono tutti volventi.

In generale, i problemi che i cuscinetti devono risolvere sono tre: ridurre l’attrito tra albero e supporto, supportare le reazioni generate dai carichi
trasmetti dall’albero ed assorbire e/o recuperare disassamenti e/o disallineamenti dei supporti.

Possono esserci quattro ipotetici scenari.

• Direzione assiale del carico sull’albero (scenario C);


• Direzione radiale del carico sull’albero (scenario A);
• Direzione assiale mista del carico sull’albero (scenario B);
• Non perfetto allineamento tra le sedi dei supporti e l’asse dell’albero.

Cuscinetti radenti

Classificazione cuscinetti a strisciamento


Radiali
Direzione del carico
Assiali
Boccole (in un solo pezzo)
Morfologia
Gusci o bronzine (in due parti)
A secco
Parziale
Attrito al contatto tra le superfici
Con lubrificazione Idrodinamica
Idrostatica

Nel caso del componente rappresentato in (L10_11) possono essere effettuati dei tagli sulla superficie esterna in modo da “contenere” possibili
deformazioni dovute ad un’eccessiva forzatura delle viti bullonate. Il componente in alto, che arriva fino alla bussola in acciaio, è un ugello di
ingrassaggio e serve ad inserire il lubrificante nell’ambiente della bronzina.

Le bronzine solitamente vengono realizzate con materiale più debole di quello dell’albero: ciò è dovuto puramente ad una ragione economica.

Cuscinetto radiale idrodinamico

Per garantire che l’albero possa muoversi all’interno della bronzina viene sfruttata la portanza idrodinamica: i due aspetti da controllare e regolare
sono il gioco tra albero e cuscinetto e la velocità di rotazione. Chiaramente il fluido deve muoversi in uno spazio ben definito.

Cuscinetto assiale idrostatico

Seguendo lo stesso criterio si può pensare di “mettere in pressione” del fluido in modo da garantire la facilità di rotazione tra due oggetti.

Cuscinetti radenti
Pro Contro
Basso costo Ingombro assiale (pv, L/D) → (prodotto pressione-velocità, rapporto tra lunghezza e diametro)
Basso ingombro radiale Sistema di lubrificazione
Bassa rumorosità Potenza dissipata in attrito
Adatti per altissime velocità Registrazione per usura

Confronto tra vari tipi di cuscinetti

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Cuscinetti volventi

Essi possono lavorare basandosi su sfere o rullini e su carichi assiali o radiali. Nei cuscinetti volventi, o a rotolamento, il movimento è facilitato
dall'interposizione tra parte fissa e perno di elementi volventi (sfere o rulli). Lo scopo è quello di ridurre l’attrito tra due superfici: con le sfere la
superficie di appoggio è quasi puntiforme, mentre per i rulli è lineare. La gabbia, realizzata in materiale antiattrito, ha il ruolo di tenere insieme le
sferette o i rulli. Vi è poi uno schermo, metallico per polveri o plastico per liquidi, il cui compito è quello di proteggere il cuscinetto da agenti
esterni ed infine i due anelli (esterni ed interni) in cui è realizzato il canale di scorrimento, o pista, per sfere o rulli. È necessario che vi sia un gioco
tra i due anelli al fine di evitare malfunzionamenti in caso di surriscaldamento, e quindi deformazione, oppure di movimento assiale o radiale. Gli
anelli (esterni ed interni) vengono campiti mentre gli organi volventi (sfere e rulli) no.

Il corpo volvente può avere forme diverse:

• Sfere;
• Rulli cilindrici;
• Rulli conici;
• Rulli a botte;
• Rullini;
• A doppia corona.

Cuscinetti radiali a sfere Cuscinetti radiali a rulli cilindrici

Cuscinetti radiali orientabili Cuscinetti obliqui

Cuscinetti assiali Cuscinetti speciali

Cuscinetti a rullini senza anello

A destra delle rappresentazioni schematiche sono state riportate, rispettivamente, la rappresentazione semplificata e la rappresentazione simbolica.

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Spallamenti d’appoggio

Esse sono delle variazioni di sezione all’interno di un elemento cilindrico, quindi è possibile averlo sia sull’albero che sul supporto del cuscinetto.
È importante che gli spallamenti vengano realizzati in maniera tale che vi sia una raggiatura di raccordo maggiore rispetto a quella del cuscinetto
stesso: se il raggio di raccordo fosse maggiore per il cuscinetto non si avrà mai un buon appoggio. Ovviamente lo spallamento non deve
oltrepassare, in altezza, l’anello esterno e l’anello interno.

Supporti d’albero

La ghiera è un elemento cilindrico cavo e filettato internamente: esso viene avvitato intorno all’albero ed ha quindi una madrevite interna. Esistono
ghiere normalizzate, definite dimensionalmente, ed è prevista la realizzazione di cavità utili al serraggio delle stesse. La rosetta antisvitamento è
una componente molto utile nel fissaggio di una ghiera, in quanto quest’ultima, ruotando, ha buone probabilità di svitarsi. Esistono ghiere per
esterni, ovvero con filettatura interna (madrevite), e ghiere per interni, ossia con filettatura esterna. Un altro dispositivo che garantisce il bloccaggio
assiale per componenti posizionati su un albero è l’anello elastico, che viene posizionato in gole con un diametro appena maggiore rispetto al suo.
Il carattere elastico gli permette di allargarsi fino a toccare le pareti della gola ed effettuare così il bloccaggio. Anche in questo caso esistono anelli
per esterni ed anelli per interni. Le guarnizioni hanno una funzione protettiva e devono evitare che impurità, solide e/o liquide, finiscano all’interno
dei cuscinetti. È possibile che alcune guarnizioni abbiano anime in gomma al fine di conservarne la forma e/o ad agevolarne la funzione.

Procedura per la scelta dei cuscinetti

Quando si sceglie un cuscinetto per un'applicazione, sostanzialmente, si vuole essere certi di ottenere il livello di prestazioni richiesto, al minor
costo possibile. Anche la robustezza è importante, perché le condizioni in cui le macchine vengono montate, utilizzate e manutenute possono non
essere esattamente note e, in effetti, cambiare nel tempo. Oltre alla durata di base del cuscinetto, si devono considerare altri fattori chiave quando
si definiscono le specifiche per una determinata applicazione, tra cui:

• Lubrificante e sistema di erogazione;


• Accoppiamenti con albero e alloggiamento;
• Classe di gioco del cuscinetto;
• Materiale e guida della gabbia;
• Stabilità dimensionale;
• Requisiti di precisione;
• Sistema di tenuta per il cuscinetto;
• Metodo di montaggio e manutenzione.

Montaggio di cuscinetti radiali

I due cuscinetti non vengono fissati entrambi tramite spallamento: l’anello a sinistra è libero, poiché in caso di surriscaldamento deve consentire
all’albero di allungarsi liberamente al fine di permetterne il movimento.

Montaggio ad X (convergente)

In tal caso l’albero sarà capace di reggere carichi non solo radiali ma anche assiali, in modo che le forze possano trasferirsi lungo l’asse.

Montaggio ad O (divergente)

Questo tipo di montaggio supporta maggiormente i momenti ribaltanti rispetto al montaggio ad X.

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Montaggio di cuscinetti volventi di spinta Montaggio di cuscinetti volventi di spinta a rulli conici

Montaggio di cuscinetto assiale

Montaggio di cuscinetti assiale e radiale – Cuscinetti reggispinta

Se si vuole anche il centraggio dell’albero si deve usare anche un cuscinetto


radiale che non assorba il carico assiale.

Nel caso “B” viene utilizzata anche una base che consente l’allineamento
verticale.

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