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Storia-Capitolo 7-10

Il XIV secolo in Europa è caratterizzato da una crisi profonda causata da carestie, epidemie come la peste bubbonica, guerre come la guerra dei cent'anni e crisi finanziarie. Questi eventi portarono a trasformazioni economiche, come l'aumento della biodiversità agricola e l'emergere di nuovi imprenditori agricoli, ma anche a tensioni sociali e rivolte significative tra contadini e lavoratori urbani. Inoltre, il papato di Avignone segnò un periodo di spostamento del potere papale, consolidando la sua autorità nonostante le tensioni con le monarchie europee.

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Storia-Capitolo 7-10

Il XIV secolo in Europa è caratterizzato da una crisi profonda causata da carestie, epidemie come la peste bubbonica, guerre come la guerra dei cent'anni e crisi finanziarie. Questi eventi portarono a trasformazioni economiche, come l'aumento della biodiversità agricola e l'emergere di nuovi imprenditori agricoli, ma anche a tensioni sociali e rivolte significative tra contadini e lavoratori urbani. Inoltre, il papato di Avignone segnò un periodo di spostamento del potere papale, consolidando la sua autorità nonostante le tensioni con le monarchie europee.

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LA CRISI DEL 300

Il XIV secolo è stato per gli storici un periodo di crisi per diversi motivi:
●​ tutti i paesi europei avevano un’economia prevalentemente agricola. L’alimentazione della
popolazione dipendeva da come andavano i raccolti. La prima causa di crisi è il susseguirsi di
carestie, raccolti pessimi molti diffusi, non è possibile importare cibo. Il motivo di questo
avvenimento è climatico, nel 1300 iniziò infatti la piccola era glaciale, sconvolgimenti climatici
interessarono l’intero globo terrestre, portando a un clima più freddo e instabile.
●​ un motivo igienico-sanitario, nel 1300 infatti arrivò in Europa la peste bubbonica che ne uccise circa
⅓ della popolazione. Ritorna ad ondate ogni circa 10 anni, colpendo zone “a macchie”. è
un’infezione batterica, incurabile senza antibiotici. Le scarsissime possibilità di sopravvivere alla
malattia erano ridotte dal fatto che le condizioni igieniche nel Medioevo erano estremamente
precarie o pressoché nulle. Per far fronte all’epidemia in molte città aumentarono le norme igieniche
(i rifiuti dovevano essere portati al di fuori delle mura, i possedimenti degli infettati defunti venivano
bruciati, gli appestati venivano isolati…). Sorsero inoltre i lazzaretti, ospedali in cui i malati venivano
affidati all’assistenza di religiosi o laici, costituirono le prime forme di controllo sanitario pubblico,
con conseguenze positive nel lungo periodo. L’epidemia ebbe un risvolto psicologico sull’intera
popolazione, la morte che prima era considerata un evento naturale divenne qualcosa di temuto e la
piaga venne interpretata come una vera e propria punizione divina. Presero vigore le flagellazioni
pubbliche e l'organizzazione di processioni, in cui i fedeli chiedevano perdono a dio (non fecero che
aumentare il contagio). La popolazione, cercando una spiegazione all'epidemia, si scagliò sulle
minoranze, accusate di aver causato il contagio, in particolare sugli ebrei, i musulmani, i lebbrosi e
le cosiddette streghe.
●​ un motivo politico, in questo secolo si svolse infatti la guerra dei cent’anni, combattuta tra Inghilterra
e Francia. Durò più di un secolo e devastò l’Europa, non è continua, ci furono dei momenti di tregua
tra uno scontro e l’altro, quando le nazioni non erano più in grado di pagare i mercenari che in
questi periodi vivevano nelle campagne, distruggendo e saccheggiando interi villaggi. La guerra
contribuì alla diffusione della peste da parte degli eserciti.
●​ un motivo economico, ci fu infatti una crisi finanziaria. Nel Trecento crebbe la spesa militare perché i
governi erano sempre occupati nell’ampliamento e nella difesa dei propri confini. I sovrani si
facevano prestare soldi dalle banche, non avevano poi possibilità di restituirli e dichiaravano
bancarotta senza risarcire il debito. Fallirono numerose banche e l’economia crollò.

Le trasformazioni economiche
Il crollo demografico dovuto alla crisi ridusse drasticamente la domanda di beni alimentari in particolare di
cereali. Provocò un allentamento della pressione delle attività agricole sulle campagne: favorì un aumento
della biodiversità e rese possibile un aumento delle terre destinate all’allevamento, con la conseguente
maggiore disponibilità di alimenti di origine animale (aumentò l’apporto di proteine e grassi anche nella
dieta dei più poveri). Per far rendere maggiormente i terreni, in particolare nel centro Italia i grandi
proprietari terrieri introdussero il contratto di mezzadria che garantiva sempre una rendita al proprietario.
Prevedeva la cessione di un terreno a un contadino o a una famiglia che lo lavorava per un anno e ripagare
il proprietario dividendo a metà con lui il raccolto a fine anno. Questo contratto risultava assai ingiusto per il
contadino che non aveva altre risorse oltre che al proprio raccolto che poteva essere distrutto da condizioni
metereologiche avverse. Alla fine dell’anno di contratto il padrone era inoltre libero di cercare un altro
mezzadro, rendendo così molto incerto il destino del contadino che rimaneva dipendente dalle volontà del
padrone.
Molti proprietari scelsero di vendere i terreni non più redditizi, nacque così la figura dell’imprenditore
agricolo che li acquistava, sostituendosi agli antichi proprietari e adottando nuove strategie di produzione
più redditizie. Si diffuse così la coltivazione di olivo, frutta, piante industriali, canapa, lino, luppolo e gelso.
Anche il settore manifatturiero fu investito da importanti cambiamenti, la diminuzione della manodopera
disponibile portò ad un generale aumento dei salari.
Il contrarsi dei consumi ridusse la richiesta di panni pregiati, aumentò quella di panni “grezzi” (di lana e
cotone). Nuovi settori si specializzarono, come quello della seta, del vetro, della carta, delle armi e
l’apertura di nuovi passi alpini favorì lo svilupparsi di nuove tratte commerciali in Europa. Dopo la crisi si
diffuse la figura del mercante-imprenditore che acquistava le materie prime per poi distribuirle ad artigiani
salariati, pagati a cottimo (in base alla quantità di materiale prodotto). Una volta finito il mercante si
occupava di mettere il prodotto in commercio.

Tensioni sociali e rivolte


Il 1300 è un’epoca di grandi rivolte:
●​ contadine→ la più grande avvenne nel 1358 in Francia, la jacquerie. I contadini chiedevano di
limitare i diritti signorili, fecero strage di aristocratici e distrussero molti castelli. La repressione fu
molto feroce, vennero uccisi circa 20.000 contadini.
●​ urbane (operaie)→ la rivolta dei ciompi, avvenuta a Firenze nel Luglio del 1378. I ciompi erano i
lavoratori salariati dell’arte della lana. I proprietari delle fabbriche reagirono alle insurrezioni con la
serrata, vennero chiuse tutte le fabbriche e i negozi. Gli operai, senza più soldi, vennero ridotti alla
fame e furono costretti a cedere. Questa rivolta ebbe motivazioni economiche ma anche una
politica: i ciompi volevano avere più peso nel governo della città durante il governo popolare.
Riuscirono ad ottenerlo e tentarono di avviare riforme per migliorare le retribuzioni e trovare un più
equo equilibrio di potere a Firenze, anche attraverso l’istituzione di nuove corporazioni composte dai
salariati più sfruttati. L’esperimento fallì e molti dei capi della rivolta vennero condannati a morte.
●​ miste→ in Inghilterra nel 1351 era stato emanato nel regno uno statuto dei lavoratori che fissava un
tetto massimo ai salari dei contadini, suscitò grande malcontento. Nel 1277 venne introdotta una
nuova tassa, la poll tax che serviva alla monarchia inglese per finanziare la guerra contro la Francia,
ritenuta ingiusta perché uguale per tutta la popolazione. La situazione divenne sempre più tesa e
nel 1381 scoppiò una rivolta tra i contadini nel Sud-Est dell’Inghilterra, presero in assalto i castelli
chiedendo una riforma fiscale e l’abolizione della servitù. Alcuni di essi andarono a Londra per
parlare con il re, a loro si unirono molti operai. Il re finse inizialmente di accogliere le loro richieste
ma li fece disperdere con la violenza.

La crisi dell’impero
Dopo la morte di Corradino di Svevia, che pose fine alla casata degli Hohenstaufen, in Germania si
aprì una lunga fase di vuoto di potere, detto “Grande interregno" (1254-1273). In questo periodo si
consolidarono le autonomie tedesche. Il periodo si chiuse con l’elezione di Rodolfo I d’Asburgo.
Attuò un progetto di germanizzazione dell’impero, disinteressandosi dell’Italia (in questo periodo i
comuni si espansero e svilupparono molto) e stilando accordi con i principi tedeschi.
A lui successe Enrico VII di Lussemburgo che tentò di riottenere, dopo lungo tempo, l’investitura
imperiale a Roma. Scese in italia per pacificarla nel 1310 schierandosi con la fazione ghibellina,
questo portò a un inasprimento degli scontri tra i comuni. Questo per molti storici fu un errore,
invece che schierarsi con una fazione avrebbe dovuto infatti assumere una posizione di neutralità,
cercando un accordo. Si mise a capo dei ghibellini e nel 1312 riuscì a farsi incoronare imperatore a
Roma ma nel 1313 morì all’improvviso.
A lui successe Ludovico IV di Baviera detto “Il Bavaro”. Discese in Italia due volte, nel 1323 e nel
1327. Durante la prima spedizione si schierò contro papa Giovanni XXII e fu scomunicato, riuscì a
farsi incoronare imperatore sul Campidoglio nel 1328 a seguito della seconda spedizione, non dal
papa ma dai rappresentanti del popolo romano. Riuscì a farsi incoronare scavalcando il potere
papale sfruttando la storia: nell’antica Roma gli imperatori venivano infatti eletti per acclamazione
dal popolo. Questo gesto ha un’importante valenza simbolica: l’imperatore non aveva più bisogno
della legittimazione papale. Era inoltre in sintonia con la riflessione di Marsilio da Padova, un
filosofo che nel trattato Defensor pacis sosteneva che qualsiasi autorità suprema, sia quella
imperiale sia quella papale doveva essere legittimata solo dal consenso dei cittadini e delle loro
rappresentanze. Il potere deriva da Dio che però lo dà agli uomini che hanno perciò il diritto di dare
la sovranità a un rappresentante laico. Ludovico IV fece leva su questa teoria per stabilire, nella
dieta di Rhens del 1338 che il titolo imperiale spettava di diritto al re di Germania e doveva essere
sottoposto solo all'approvazione di principi elettori, ovvero dei grandi nobili tedeschi. Questa
decisione prosegue il processo di germanizzazione dell’impero. Nel 1346 proprio i principi elettori
tedeschi deposero l’imperatore.
Come suo successore venne eletto Carlo di Lussemburgo che divenne imperatore nel 1355 come
Carlo IV. Nel 1356 emanò un importante documento, la bolla d’oro che pose fine alla questione
della successione imperiale: l’elezione dell’imperatore era affidata a sette principi chiamati “grandi
elettori”, quattro laici e tre ecclesiastici. Da questo momento gli imperatori non sarebbero più riusciti
a imporre la loro autorità senza compromessi ma sarebbero stati costretti a cercare costanti
mediazioni con le grandi dinastie nobiliari.

Il papato di Avignone
Nel 1294 salì al soglio pontificio un monaco eremita, Pietro Morrone, con il nome di Celestino V.
Questa elezione suscitò molte speranze in coloro che invocavano una riforma spirituale della chiesa
ma fu duramente osteggiato da quella parte del clero che non intendeva rinunciare alle prerogative
acquisite, tanto che, sentendosi inadeguato al compito, dopo pochi mesi Celestino decide di
abdicare.
Gli succedette il cardinale Benedetto Caetani adottando il nome di Bonifacio VIII. Appartenente a
una famiglia romana molto influente, promosse un nepotismo sfrenato, fu un uomo di grande
personalità e fiero sostenitore del programma teocratico. Nel 1300, con lo scopo di dimostrare la
preminenza spirituale del papato, indisse il primo giubileo, proclamando il 1300 come anno santo.

Bonifacio VIII si scontrò con il re di Francia Filippo IV il Bello. Con la crescente affermazione delle
monarchie, infatti i sovrani europei non erano più disposti a riconoscere al pontefice il diritto di
intervenire nelle faccende politiche dei propri territori. Il conflitto fu innescato quando, nel 1296
Filippo il Bello ordinò che anche il clero francese che da sempre godeva di immunità fiscali e
giuridiche, dovesse pagare le tasse al re, come tutti gli altri sudditi. In risposta il pontefice emanò
una bolla, Cleis laicos, in cui proibiva ai clerici di pagare le tasse. Filippo il Bello emanò allora una
legge che proibì l’uscita di oro e argento dal regno in modo che il denaro riscosso dal papa non
potesse raggiungere Roma. Il pontefice emanò allora la bolla Unam Sanctam in cui ribadì la
superiorità del potere spirituale da quello civile. A questa mossa Filippo il Bello rispose convocando
gli stati generali (assemblea che riunisce i tre stati sociali, i nobili, il clero e il terzo stato), venne
deciso l’invio di una spedizione armata con l’obiettivo di arrestare il papa. Bonifacio VIII si rifugiò nel
castello di Anagni dove i cavalieri lo raggiunsero. In questa occasione, secondo il racconto, il
pontefice sarebbe stato schiaffeggiato: anche se Bonifacio VIII fu subito liberato grazie all’intervento
degli anagnini, il grave insulto l'avrebbe segnato profondamente, tanto che l’anziano pontefice morì
da lì a pochi giorni.

Poco dopo la morte di Bonifacio VIII Filippo il Bello riuscì ad ottenere l’elezione a papa del vescovo
francese Bertrand de Got che prese il nome di Clemente V. Nel 1309, poiché la situazione politica a
Roma era esplosiva, il pontefice trasferì la sede papato da Roma ad Avignone, in Francia. Questo
trasferimento, che doveva essere temporaneo, durò quasi settant’anni, dal 1309 al 1377. Questo
evento sollevò un grande scandalo in Italia, questo periodo è noto come “cattività avignonese”
richiamando la prigionia degli ebrei a Babilonia.
Secondo delle teorie storiografiche questo avvenimento ebbe degli effetti positivi per il papato:
permise il consolidamento del potere papale. Nella città francese il papato continuò il percorso di
rafforzamento della natura monarchica del suo potere. L’organizzazione della curia pontificia fu
migliorata e ruotava intorno a cinque grandi uffici: la cancelleria apostolica che si occupava delle
ricchezze della chiesa, la Dataria che esaminava le suppliche e le connessioni di grazia, la sacra
penitenzieria, ovvero il tribunale religioso e infine la Sacra rota cioè il tribunale civile. Lo stato
pontificio venne diviso in cinque province al cui governo furono posti dei cardinali vicari scelti
personalmente dal pontefice.

La guerra dei cent’anni


Scontro tra Francia e Inghilterra che durò, con interruzioni, per cento anni, dal 1337 al 1453. In
seguito alla battaglia di Bouvines l’Inghilterra aveva perso tutti i suoi territori in Francia, tranne la
Guienna, Per questo motivo il re inglese era formalmente vassallo del re di Francia anche se si
rifiutava di prestargli omaggio. Questa condizione rendeva molto instabili i rapporti tra le due
monarchie. Inoltre gli inglesi avevano forti interessi economici nella ricca regione delle Fiandre e
sostenevano l’autonomia dalla Francia del ducato di Bretagna.

Nel 1328 morì Carlo IV di Francia senza lasciare eredi. Si accese così uno scontro per la
successione al trono tra i nobili francesi e il re d’Inghilterra Edoardo III che avanzava pretese sulla
corona in quanto figlio della sorella di Carlo IV. Le sue pretese non vennero rispettate perché la via
femminile non era considerata in grado di trasmettere discendenza legittima (era figlio della sorella)
e perché la Francia avrebbe perso la sua autonomia. Venne eletto come re il cugino di Carlo IV,
Filippo VI di Valois. Edoardo III inizialmente omaggiò il nuovo sovrano ma nel 1337 sbarcò in
Francia, a Calais, intenzionato a rivendicare il trono di Francia e dando inizio alla guerra, divisa in
quattro fasi:
●​ in un primo momento furono gli inglesi ad avere la meglio, vincendo nel 1346 a Crécy e nel
1356 a Poitiers. Sono superiori militarmente, anche grazie all'utilizzo dell’arco lungo. Ad
aggravare la situazione francese arrivarono una grande epidemia di peste e lo sviluppo di
rivolte e agitazioni a Parigi. Si giunse alla pace di Brétigny nel 1360 con la quale il re di
Francia riconosceva le conquiste di Edoardo III che doveva però rinunciare alle pretese sulla
corona francese. Il conflitto aveva favorito l’espansione del potente ducato di borgogna.
Filippo l’ardito, che aveva ricevuto il ducato in feudo dal re francese successore di Filippo VI
Giovanni il Buono, rimase alleato del regno di Francia. Non altrettanto fece il figlio Giovanni
Senza Paura che si coalizzerà con il re inglese per ampliare i suoi territori.
●​ nel 1369 la guerra riprese, il nuovo re Carlo V riuscì, attraverso azioni di guerriglia contro gli
eserciti inglesi, a recuperare gran parte dei territori perduti. Agli inglese rimasero solo alcune
città. Carlo V morì molto giovane.
●​ Nel frattempo il nuovo re di Francia Carlo VI iniziò a mostrare segni di forte squilibrio
mentale ma ebbe comunque diritto di regnare, la politica interna si indebolì. Enrico V di
Lancaster approfittando della crisi ricominciò la guerra alleandosi con i Borgognoni, che non
sostengono più il re francese. Nel 1415 la cavalleria francese venne sconfitta nella battaglia
di Azincourt. Con il trattato di Troyes del 1420 il sovrano inglese ottenne ⅔ del territorio
francese e in sposa Caterina di Francia, sorella dell’erede al trono e la reggenza della
corona non appena Carlo VI fosse morto. Carlo VI e Enrico V morirono però nello stesso
anno e la reggenza fu assunta da suo figlio Enrico VI, di appena un anno.
●​ la sconfitta di Azincourt acuì la spaccatura tra coloro che sostengono la legittimità della
reggenza inglese e coloro che vedevano come legittimo erede al trono Carlo di Valois, figlio
di Carlo VI. Carlo governava is territori a sud della Loira ed era intenzionato a riconquistare i
territori persi a Nord. In questa fase si rivelò fondamentale la figura di Giovanna d’Arco, figlia
di contadini e analfabeta. A sedici anni ebbe una crisi mistica e sentì di avere una missione
affidatagli da Dio da compiere: salvare la città di Orléans, assediata dagli inglesi, cacciare gli
inglesi da Parigi e da tutta la Francia. Venne esaminata e interrogata e in modo stupefacente
fu capace di rispondere meglio di un teologo. Carlo le affidò la conduzione dell’esercito
francese. Nel 1429 Carlo venne incontro a Reims come Carlo VII. Giovanna fu fatta
prigioniera da un cavaliere borgognone e consegnata agli inglesi che la condannarono per
stregoneria e misero al rogo nel 1431. Nel 1435 Filippo di Borgogna, figlio di Giovanni senza
paura, si riavvicinò al re di Francia con il trattato di Arras. Nel 1453 gli inglesi vennero
scacciati dalla Francia, l’unico possedimento che gli rimase fu il porto di Calais. La guerra si
concluse senza una pace ufficiale tra francesi e inglesi. Nel 1456 Carlo VII chiese la
riabilitazione di Giovanna d’Arco, la Chiesa gli concesse che il processo e la sentenza di
condanna fossero annullati. La giovane aveva contribuito a far nascere un nuovo sentimento
di coesione interna nel paese che si strinse intorno al re di Francia, simbolo unanimemente
riconosciuto da tutti i francesi.
Gli stati nazionali
Inghilterra
Dopo la sconfitta nella guerra dei cent’anni si impoverì. Durante lo scontro finì la dinastia plantageneta a cui
seguì quella Lancaster nel 1399. Con l’ascesa al trono di Enrico VI nel 1422, di appena un anno si scatenò
una lotta di potere tra i Lancaster e gli York. Questa lotta che durò circa trent'anni fu chiamata guerra delle
due rose, perché i lancaster avevano come stemma una rosa rossa mentre gli York una rosa bianca. Alla
fine venne scelto un candidato comune, Enrico Tudor (figlio illegittimo Lancaster), che sposò Elisabetta da
York. Il suo obiettivo è accentrare il potere nelle sue mani, togliendolo alla nobiltà: incamerò le loro
proprietà, introdusse il reato di tradimento nei confronti della corona e istituì un tribunale speciale per
questo reato, la camera stellata. Tolse ai nobili le loro prerogative e assunse dei funzionari pubblici, gli
sceriffi scelti tra i borghesi colti e non salariati. Venivano ricompensati con il prestigio e pagati direttamente
da chi aveva bisogno di loro. Per un periodo tolse alla popolazione indebolita dalle guerre l’obbligo di
pagare le tasse. Avviò un deciso espansionismo commerciale sviluppando una potente flotta.
Portogallo
Nel 1400 salì al potere la dinastia Aviz con Giovanni I. La nuova casata favorì i commerci via mare per il
controllo delle spezie e le esplorazioni geografiche lungo le coste nord-occidentali africane, arrivarono a
raggiungere l’India circumnavigando l’Africa. Sotto Enrico il navigatore la flotta venne potenziata.
Spagna
Nacque un nuovo stato nazionale dal matrimonio di Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona eredi al
trono dei rispettivi regni. Anche se ufficialmente non li fusero mai dal 1479 assunsero il governo di tutta la
Spagna. I due, fanatici cattolici, perseguitarono le minoranze religiose, nrl 1492 conquistarono Granada,
l’ultimo baluardo musulmano nella penisola che resisteva da più di settecento anni. Nel 1512 l’esercito
castigliano-aragonese conquistò anche il regno di Navarra, l’unificazione della Spagna fu conclusa. Alla
morte di Isabella anche il trono di Castiglia passò nelle mani di Ferdinando.

La pace di Lodi
A metà quattrocento la situazione politica estremamente scomposta dell’Italia si stabilizzò. Ciò fu possibile
grazie alla pace di Lodi del 1454: su iniziativa di papa Niccolò V gli stati italiani sottoscrissero un accordo
che ne definiva rispettivi confini. Il documento sanciva il dominio di Venezia sulle città lombarde di
Bergamo e Brescia, a lungo contese con Milano e la costituzione di una lega italica che riuniva tutti i
principali stati italiani. Infine, proclamava Francesco Sforza come legittimo duca di Milano. Questo accordò
creò una situazione di equilibrio politico e militare destinata a durare per circa quarant'anni, essa era
fondata sulla volontà comune di tutti gli stati italiani di limitare le guerre e di non assumere una posizione di
predominio sugli altri. Custode di tale equilibrio fu Lorenzo de' Medici, signore di Firenze dal 1469 che
riuscì a controllare le ambizioni dei diversi stati della penisola, in particolare perseguendo l’alleanza con
Milano e Napoli. Ottimi furono anche i rapporti con il papato: diede in sposa sua figlia al figlio del papa
Innocenzo VIII che designò i Medici banchieri della santa sede e che nominò cardinale il secondogenito di
Lorenzo, futuro papa. Lorenzo meritò inoltre l'appellativo di “Magnifico” per il grande sostegno dato alle arti
e alla letteratura, la sua corte divenne un centro culturale.
L’equilibrio creato dalla pace di Lodi si ruppe nel 1494 quando morirono Lorenzo de’ Medici e Innocenzo
VIII che più di tutti l'avevano sostenuto. Si aprì per l’Italia una fase difficile. Nel 1494 Carlo VIII, re di
Francia, rivendicò il trono del regno di Napoli e lo raggiunse attraversando l’intera penisola. Anche questo
avvenimento ruppe la pace: Milano lo accolse senza opporre resistenza, a Firenze Piero de Medici si
arrese a lui. Dopo la resa i Medici vennero cacciati da Firenze che si autogovernò come una repubblica.
Papa Alessandro VI Borgia so accordò con lui facendolo passare in cambio di un ducato per il figlio
Cesare. Arrivato a Napoli conquistò la città. Quando nel 1495 tornò in Francia gli stati italiani gli si
rivoltarono contro formando una lega antifrancese. L’esercito francese si scontrò con quello italiano a
Fornovo sul Taro dove entrambi gli schieramenti affermarono di aver vinto. Carlo VIII morì poco dopo in
Francia.

L’umanesimo
Nel 1453 l’impero Bizantino cadde per opera dei turchi che conquistarono Costantinopoli, la loro
espansione continuerà fino a Vienna. Molti dotti cristiani fuggirono da Bisanzio rifugiandosi in Italia e
portando con sé libri, manoscritti, l’arrivo dei libri è molto importante in Italia dove stava nascendo una
nuova corrente culturale: l’umanesimo. Fu un movimento culturale fondato sulla riscoperta dell’antichità
classica, si trattò di un fenomeno laico che ruppe la plurisecolare egemonia della chiesa. Nacque e fiorì in
Italia, i primi umanisti li troviamo a metà del duecento a Padova. Erano notai e magistrati che composero
scritti in stile classicheggiante e conoscevano un sorprendente numero di autori classici. Gli scrittori classici
venivano percepiti come rappresentanti di una civiltà grandissima ormai passata capace di mostrare
esempi illustri al presente. Si consumò non solo un mutamento del gusto letterario ma un disinteresse a un
abbandono dei tradizionali valori medievali. Questione fondamentale per gli umanisti fu la ricerca delle
opere dell’antichità classica per poterle studiare in modo analitico, correggendo eventuali errori di
trascrizione e lacune testuali: furono così iniziatori di una nuova disciplina, la filologia, attraverso la quale fu
possibile recuperare il significato originario delle opere classiche.

Il fondatore degli studi umanistici fu Francesco Petrarca, fu un uomo fuori dal suo tempo, infaticabile
ricercatore e studioso degli antichi testi latini, raccolse una biblioteca unica per estensione e rarità. Al suo
sguardo ormai fuori dal medioevo gli antichi scrittori e poeti venivano spogliati dell’aura cristiana in cui
erano stati avvolti per restituirli alla loro dimensione storica di uomini in carne ed ossa, proprio per questo
immutabili. Il latino recuperato da Petrarca, inizialmente giudicato difficile e oscuro si sarebbe affermato
come lingua internazionale degli intellettuali.

Centro culturale italiano degli umanisti fu Firenze, dove era altissimo il tasso di alfabetizzazione e i testi
degli autori classici erano già noti attraverso traduzioni in volgare fiorentino. A Firenze si svilupparono tre
filoni di studi: l’umanesimo civile, nacque un nuovo impegno politico basato sui valori dell’età classica,
l’umanesimo filosofico che esaltava la dignità dell’uomo, l’individualismo e una visione laica del mondo e
l’umanesimo volgare.
Il Rinascimento
Il termine Rinascimento viene usato per indicare il periodo della storia e della cultura italiana a cavallo tra
XV e XVI secolo, caratterizzato da una mentalità nuova e dallo straordinario fiorire delle arti e delle lettere.
Ora l’uomo è posto al centro del mondo, scopre la propria individualità ed è fautore del suo destino.
Questa nuova visione condizionò in particolare l’arte. L’artista medievale creava per la gloria di Dio, i temi di
pitture e sculture erano religiosi e, quasi sempre, gli artisti rimangono anonimi: firmare le opere era un atto
di superbia in quanto esse dovevano riportare la gloria di Dio e non di chi le aveva eseguite. Durante il
rinascimento l’artista non creava più soltanto per celebrare Dio ma anche per se stesso e per amore della
bellezza. Si diffusero i temi profani nell’arte e gli artisti divennero delle vere e proprie celebrità. Nacque il
mecenatismo moderno: i principi ritenevano che ospitanti pittori e intellettuali avrebbero conferito prestigio
alla loro corte e quindi al loro operato politico grazie alla propaganda che ne derivava. Si svilupparono
l’architettura, la pittura, la scultura, le arti figurative e l’artigianato.

Nacque la scienza politica: Niccolò Machiavelli fu uno dei padri fondatori del pensiero politico moderno.
Lavorò come segretario della seconda cancelleria della Repubblica fiorentina e quando i Medici rientrarono
a Firenze fu costretto all’esilio, tagliato fuori dalla vita politica si dedicò alla scrittura. Il suo lavoro più
celebre fu il tratto Il principe, scritto nel 1513 in cui propose una nuova visione politica della storia: la vita
degli stati per Machiavelli non è governata dalla provvidenza divina ma da due fattori esclusivamente
secolari, la virtù e la fortuna.

Lo sviluppo scientifico
Con il rinascimento la natura venne riconsiderata, non più vista come un riflesso imperfetto della realtà
celeste ma positivamente, questo portò a un nuovo interesse e a uno studio dei fenomeni naturali.
Il desiderio di rappresentare la realtà così come appare all’occhio umano portò gli artisti a cercare nelle loro
opere la rappresentazione della profondità. Un nuovo modo di rappresentare il mondo si apriva agli uomini
del rinascimento per cui lo spazio diviene più razionale, rappresentabile tramite le idee della matematica.
La prospettiva fu teorizzata dall’architetto Leon Battista Alberti nel trattato De pictura.

La passione per la raccolta e la classificazione di piante e animali portò alla nascita dei primi orti botanici e
dei primi musei naturalistici di animali imbalsamati. Nel 1453 con l'opera de revolutionibus orbium
coelestium l’astronomo polacco Niccolò Copernico dimostrò che è la terra a ruotare con gli altri pianeti
intorno al sole, negando la teoria tolemaica: fu la cosiddetta "rivoluzione copernicana”.

Alcuni medici osarono praticare la dissezione anatomica dei cadaveri per meglio comprendere la struttura e
il funzionamento del corpo umano, contravvenendo così il divieto della Chiesa, per la quale il cadavere va
rispettato in vista della risurrezione finale. Leonardi da Vinci praticò la dissezione sia per curiosità sia per
scopi artistici. Finalità puramente scientifiche mossero il medico fiammingo Andrea Vesalio che pubblicò il
de humani corporis fabrica libri septem, primo trattato di anatomia della storia.

I progressi della tecnica


L’inventiva degli uomini rinascimentali si applicò alla tecnica. Le manifatture tessili si giovarono del torcitoio,
un macchinario che intrecciava fibre di diversa qualità in tempi più rapidi e permetteva quindi di produrre a
prezzi più economici. Nei meccanismi vennero molto utilizzate la forza dell’uomo e quella idraulica. Venne
perfezionato il meccanismo di funzionamento degli orologi, che permise di controllare più accuratamente il
tempo.Si registrò un aumento dello sperimentalismo nella ricerca creativa. Fu questo il caso di Leonardi da
Vinci, geniale inventore di meccanismi e macchine di ogni tipo. Nel 1455 venne inventato il torchio da
stampa da Johannes Gutenberg, con lo sviluppo della stampa a caratteri mobili rese possibile un forte
aumento delle copie prodotte riducendo i costi. Il costo dei libri diminuì sensibilmente e smisero di essere
un articolo di lusso, iniziarono a essere utilizzati in ambito scolastico come materiale didattico. Venne inoltre
perfezionato l’utilizzo della carta, già conosciuta dal 1200 e essenziale per l’utilizzo del torchio da stampa.
Nacquero stamperie in tutta Europa, a Venezia fu celebre quella di Aldo Manuzio.

Un’altra invenzione fu quella delle armi da fuoco, create grazie alla polvere da sparo, scoperta molto tempo
prima in Cina dove veniva utilizzata per i fuochi d’artificio. Grazie ai progressi della metallurgia si iniziarono
a produrre cannoni più robusti, proiettili di metallo. I cannoni costituirono la prima artiglieria. Per resistere ai
colpi delle nuove amrmi si iniziarono a costruire fortezze rinforzate con torrioni corti e larghi e mura basse.
A completare la “rivoluzione militare” intervenne l’uso delle armi da fuoco portatili, come l’archibugio.
Questo antenato del fucile aveva un funzionamento macchinoso ed era molto lento da ricaricare. I suoi
proiettili erano in grado di perforare le armature. Nonostante la loro scomodità le armi da fuoco finirono per
affermarsi, l'arte della guerra smise di essere patrimonio quasi esclusivo dei nobili, gli unici che fino ad
allora potevano permettersi fin da bambini l’addestramento, si ebbe una democratizzazione della guerra. Ci
fu un aumento delle dimensioni degli eserciti e della durata delle battaglie, a causa dei lunghi tempi di
ricarica delle armi.

Contesto politico e sociale


Con la fine delle guerre si aprì un periodo di relativa pace e crescita per l’Europa. Francia, Spagna e
Inghilterra si andarono definendo sempre di più come moderne monarchie accentrate. Il potere della
dinastia regnante non si basava più soltanto sulla nobiltà ma in modo sempre più consistente su rinnovati e
funzionali strumenti pubblici: gli eserciti, la diplomazia, la burocrazia e le magistrature.
A causa della frequenza e della lunghezza delle guerre i sovrani avvertirono il bisogno di dotarsi di eserciti
regolari e decisero quindi di affidarsi al reclutamento militare. L’evoluzione della guerra portò anche a un
perfezionamento degli strumenti di pace e collaborazione tra stati. Aumentò la consapevolezza dei sovrani
di quanto fosse utile promuovere reti di rappresentanze diplomatiche. I re cominciarono perciò a inviare
costantemente presso le corti straniere persone di fiducia in qualità di ambasciatori con il compito di
difendere i loro interessi all’estero e trovare compromessi per mantenere la pace. Attorno ai sovrani si
formarono consigli e collegi di segretari e funzionari per coordinare le decisioni di governo (stati generali in
Francia, parlamento in Inghilterra, Cortes in Spagna). Tali organi avevano il compito di consigliare il
sovrano in merito all’amministrazione della giustizia e talvolta all’approvazione di alcune tasse.
Le città divennero i centri indiscussi della vita politica ed economica degli stati.

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