L'ITALIA GIOLITTIANA
La fine dell'Ottocento per l'Italia fu un periodo di crisi politica e sociale. L'avventura coloniale
aveva subito una battuta d'arresto con la sconfitta di Adua (1896) e in politica interna
l'obiettivo del pareggio di bilancio aveva spinto i governi ad aumentare le tasse, causando un
incremento degli scioperi e delle manifestazioni di protesta, represse dalle autorità con
estrema brutalità. Ma il culmine dello scontro sociale fu raggiunto con l'assassinio nel 1900
del re Umberto I; sul trono salì il figlio Vittorio Emanuele III, che affidò la presidenza del
governo al leader della sinistra liberale Giuseppe Zanardelli, che nominò ministro degli Interni
Giovanni Giolitti.
Il governo Zanardelli introdusse una nuova legislazione sociale, più attenta nei confronti del
lavoro minorile e femminile, e consentì la diffusione delle Camere del lavoro, di ispirazione
socialista, e delle Leghe bianche, di ispirazione cattolica.
Nel 1903 Giolitti divenne capo del governo, carica che ricoprì quasi ininterrottamente fino al
1914.
Dopo il conflitto tra interventisti e neutralisti,con vittoria dei primi,Giolitti fu emarginato
perché neutrale rispetto ai conflitti sociali.
Giolitti è convinto della necessità di 2 cose nella sua politica:
1.INTEGRAZIONE DELLE MASSE=non si può agire in maniera repressiva verso le masse bensì
bisogna aumentare i diritti e migliorare le condizioni di vita,e bisogna inserirle nella società in
maniera graduale.Se le masse non vengono integrate,c'è il rischio di scatenare rivolte o
rivoluzioni.(metafora del sarto e del gobbo:"un sarto che deve vestire un gobbo deve tener
conto della gobba").
2.MODERNIZZAZIONE DEL PAESE=investe nell'industria chimica,elettrica e
siderurgica.Contribuisce al "decollo industriale"(l'Italia diventa più moderna).Si rafforza il
triangolo industriale:Torino,Genova e Milano.
Giolitti,inoltre,cerco di coinvolgere socialisti e cattolici nell'attività di governo.(Il partito
socialista italiano era nato nel 1892 su iniziativa di Filippo Turati e divenne il principale
riferimento politico per le masse operaie.Si crearono ben presto 2 correnti:riformista=guidati
da Turati,volevano partecipare alla vita parlamentare insieme ad altri gruppi politici per fare
importanti cambiamenti politici e sociali,come il suffragio universale,l'obbligo d'istruzione... e
rivoluzionaria=guidati da Arturo Labriola,a loro avviso la visione socialista avrebbe potuto
trovare realizzazione solo attraverso un programma massimo,ovvero con una rivoluzione
armata. Dopo che Papa Leone XIII ha pubblicato un documento chiamato "Rerum Novarum"
nel 1891, i cattolici hanno iniziato a organizzarsi politicamente. C'erano diversi gruppi di
cattolici: alcuni erano contrari a essere coinvolti con lo Stato, altri erano più aperti e volevano
partecipare alla politica per contrastare i socialisti).
Il suo tentativo di apertura verso l'ala riformista del Partito socialista si risolse in un
fallimento, mentre l'alleanza con i cattolici in funzione antisocialista, con il cosiddetto patto
Gentiloni, permise nel 1913 a Giolitti e ai liberali di vincere le elezioni, dopo che nel 1912 era
stato introdotto il suffragio universale maschile che aveva allargato la base elettorale dal 9 al
24% della popolazione.
Nell'età giolittiana si assistette a un forte sviluppo industriale, grazie anche all'intervento
statale e alla fondazione della Banca d'Italia. Si rafforzarono i comparti della siderurgia, della
meccanica, dell'elettricità e della chimica(ma l'espansione industriale fu limitata all'Italia
settentrionale ed escluse il Sud).
La "questione meridionale", cioè la condizione di arretratezza in cui versavano le regioni del
Sud, secondo il socialista Gaetano Salvemini era dovuta alla mancata attuazione di una
riforma agraria.Ciò non avvenne poiché Giolitti nel Meridione necessitava dell'appoggio dei
latifondisti e dei notabili locali per ottenere consensi; perciò durante l'età giolittiana le
manifestazioni contadine furono represse con estrema durezza. Si aggravò il divario di
sviluppo e di ricchezza fra Settentrione e Meridione.
IL COLONIALISMO ITALIANO IN AFRICA
In politica estera Giolitti mantenne l'alleanza con Germania e Austria-Ungheria (Triplice
alleanza), ma,incalzato dai nazionalisti, decise di riprendere una politica imperialista verso
l'Africa.Pertanto nel 1911 l'esercito italiano attaccò la Libia, un possedimento dell'Impero
ottomano, ottenendo la vittoria. La firma nel 1912 della pace di Losanna permise all'Italia di
entrare in possesso non solo della Libia, ma anche, nel mar Egeo, delle isole del
Dodecaneso.(La Libia fu divisa in due colonie:la Tripolitania e la Cirenaica).Nel marzo del
1914 Giolitti rassegnò le dimissioni e fu sostituito dal liberal-conservatore Antonio Salandra;
quest'ultimo tra il 7 e il 14 giugno 1914 dovette affrontare un'ondata di scioperi e di violente
proteste nell'Italia centro-settentrionale (la cosiddetta "settimana rossa").