Copia Di PROMESSI SPOSI PDF
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CARATTERIZZAZIONE PERSONAGGI
FRA CRISTOFORO
E’ un frate cappuccino che risiede nel convento di Pescarenico. Ci viene presentato
nel IV capitolo quando si sta per recare presso la casa di Lucia e Agnese. Fra
Cristoforo è un uomo sulla sessantina, con un piccolo cerchio di capelli attorno alla
testa, la barba lunga e bianca che ricopre il suo viso, degli occhi vivaci e inquieti
(riflettono la sua personalità) che sono perlopiù rivolti a terra in segno di umiltà. Fra
Cristoforo non è sempre stato un frate, nel passato ha condotto una vita che va
completamente contro l’etica di un frate finché un fatto molto grave lo ha portato a
prendere questa strada.
In passato si chiama Lodovico ed era figlio di un ricco mercante di tessuti che,
essendosi arricchito a sufficienza con il lavoro, decide di iniziare a vivere la sua vita
nel lusso e nell’ozio. Il padre si vergognava profondamente della vita che aveva
condotto in passato così cercava in tutti i modi di dimenticarlo: organizzava spesso
e volentieri pranzi dove erano invitati nobili uomini che si limitavano a mangiare e
star lì come se fossero parassiti, o educando il figlio alla vita da nobile. Lodovico si
sente sempre un po’ lontano da questo mondo, ma non appena prova a integrarsi
con i suoi coetanei viene rifiutato per via del suo passato: possiamo dire che venisse
quasi considerato un sangue sporco, non aveva sangue o stirpe nobile ma lo era
diventato per mezzo dell’ossessione del padre che si può definire sotto tutti gli
aspetti un arrampicatore sociale. Dunque Lodovico prova contemporaneamente
disgusto e rancore per i suoi coetanei, ripudia quel modo di vivere ma vuole in
qualche modo farne parte. Provava un odio profondissimo per le ingiustizie e ad un
certo punto della sua giovinezza decide di diventare una sorta di paladino della
giustizia andando a fermare quanti più crimini possibili. Ha tuttavia un grande peso
sulla coscienza: capisce infatti che non può raggiungere il suo scopo senza servirsi di
ciò che i malfattori usavano per perpetrare i crimini contro cui lui stesso stava
combattendo, i bravi appunto. Si circonda di brutta gente, spende moltissime
ricchezze per la sua causa, si crea molti nemici, ma spesso e volentieri risulta tutto
vano, ragion per cui più d'una volta pensa di farsi frate. Il motivo che però lo
spingerà a farsi frate è un litigio scoppiato con un nobile noto per essere un
attaccabrighe: il litigio fondava le basi su un'incomprensione nata tra due
consuetudini seguite dai nobili. Il litigio ha una fine tragica: il nobile uccide
Cristoforo, il servo di Lodovico a cui lui era molto affezionato, e per via del suo
carattere impulsivo Lodovico senza pensarci uccide a sua volta il nobile. Tutto ciò
era accaduto davanti a una chiesa di cappuccini, dove Lodovico viene ospitato e
decide di farsi frate con il nome di Fra Cristoforo.
Fra Cristoforo passa tutta la vita a cercare il perdono di Dio: è un uomo buono che
non essendo riuscito a frenare la sua indole irruenta ha compiuto un gesto che non
si perdona mai. Un esempio di questo atteggiamento di sottomissione lo possiamo
notare quando, sempre nel capitolo 4, Fra Cristoforo prima di partire verso il
convento di Pescarenico, si reca dal fratello del nobile ucciso per ottenere il suo
perdono.
Altri tratti del suo carattere sono come già citata l’enorme bontà, che lo porta a
prendere fortemente a cuore la causa di Lucia; la determinazione: nel colloquio con
Don Rodrigo non si fa intimidire dal signorotto, tuttavia cerca in tutti i modi di
persuaderlo finché decide di rispondere a tono alle sue provocazioni; la
sottomissione a Dio di cui si fida ciecamente ed invita anche Renzo e Lucia ad avere
fede in lui perché convinto che risolverà il loro problema ed infine l’eterna lotta tra
la sua nuova persona e la vecchia indole di Lodovico: nel colloquio con Don Rodrigo
questo aspetto emerge in modo particolare. Fra Cristoforo, nonostante si impegni ad
essere sempre calmo ed avere un atteggiamento remissivo, dovrà per tutta la vita
fare i conti con quella parte di sé irruenta e sconsiderata che talvolta riesce a
prevalere e a fargli perdere il controllo. Sebbene dunque provi a sopprimere questo
suo lato del carattere, non potrà mai farlo del tutto perché è pur sempre parte del
suo essere.
DON RODRIGO
Don Rodrigo è l’antagonista della storia e il signorotto del paese di Lecco: un uomo
sulla quarantina, molto ricco, soprattutto temuto e dall’indole crudele, basti pensare
che solo nominare il suo nome fa tremare dalla paura moltissime persone. Ci viene
solo nominato nel primo capitolo ma scopriremo nel secondo capitolo che lui aveva
già avuto contatti con Lucia: egli infatti aveva cercato di attirare l’attenzione della
giovane con atteggiamenti tutt’altro che signorili per terminare poi con la
scommessa con il cugino Attilio dove diceva che sarebbe riuscito a impedire il
matrimonio di Renzo e Lucia. Come già citato è un uomo molto ricco che però vive
in un palazzo che non riflette per nulla il suo status sociale: ha poche finestre rotte,
è posto in una collina isolata, circondato dal silenzio, e collocato in un luogo dove
per arrivarci, bisogna passare fra molti bravi. Sebbene abbia un rapporto di gran
rispetto con i frati cappuccini, con fra Cristoforo si comporta in tutt’altro modo: lo
schernisce, fa finta di non saperne niente di ciò di cui il padre gli sta parlando e fa
gravissime insinuazioni su di lui. E’ molto presuntuoso proprio perché sa il timore
che provoca nelle persone e che può sempre violare le leggi senza subire
conseguenze perché è appoggiato da chi le leggi le fa, come l’amministratore di
Lecco o lo stesso avvocato Azzeccagarbugli, che vediamo seduti per esempio alla sua
tavola quando fra Cristoforo va da lui per parlargli. Come da prassi in quel periodo,
essendo lui un signorotto e dunque più potente, esercitava la legge del più forte sui
più deboli, e ciò gli assicura la possibilità di servirsi di chiunque per fare ciò che
vuole e di mantenere alto quello che è il suo orgoglio da uomo nobile. Non serve che
Don Rodrigo sia sempre coinvolto in prima persona per comprendere quale peso ha
la sua esistenza sulle vite degli altri attori del romanzo perché egli riesce a esercitare
sempre il potere di cui gode anche quando non è fisicamente presente. Di lui
possiamo dire anche che è molto prepotente e che usa appunto la sua posizione
sociale e la prepotenza per prendersi ciò che vuole, la vita di Lucia compresa. E’
senza pudore: non gli importa di nessuno se non di sé stesso e si permette
addirittura di minacciare a morte fra Cristoforo, un uomo di Dio.
AGNESE
Agnese è la madre di Lucia e ci viene presentata nel primo capitolo. E’ senz’altro un
personaggio positivo: vedova del marito cresce Lucia facendola diventare una donna
buona e dandole sempre buoni consigli. E’ molto protettiva nei confronti di sua
figlia e di Renzo basti pensare appunto che pur di vedere i due sposi felici e il loro
sogno realizzarsi, cerca innumerevoli soluzioni. E’ una donna vissuta e molto saggia
che fa tesoro degli insegnamenti che la vita e l’esperienza le hanno dato e li usa per
dare ottimi consigli a Renzo e Lucia. E’ inoltre molto furba e degli esempi possono
essere la soluzione del matrimonio segreto che propone ai due sposi, che è un modo
per risolvere il loro problema aggirando per così dire il sistema, o quando risponde
falsamente ai bravi vestiti da mendicanti che fingendo di voler fare la carità
ispezionano la sua casa. Proprio per quest’ultimo episodio potremmo dunque
aggiungere che è molto coraggiosa e forte rispetto al prototipo di donna povera che
l’epoca del 1600 ci pone davanti. E’ un po’ goffa, ma di buon cuore: una donna che
vuole molto bene a sua figlia, che è una seconda mamma per Renzo, rimasto orfano
di entrambi i genitori. Un suo difetto è che è molto pettegola e dunque Lucia le tiene
nascosto l’incontro con don Rodrigo per paura che si venisse a sapere. Infine la cosa
che la collega a un tema portante del romanzo è per l’appunto la fede in Dio e nella
Provvidenza. Tuttavia, al contrario di Lucia, capisce che per quanto possa avere
fiducia in Dio e nella Provvidenza per risolvere il problema di Renzo e Lucia deve
agire in prima persona e in modo concreto ricorrendo a metodi che vanno un po’
contro la morale religiosa.
LUCIA
Lucia Mondella è una dei protagonisti più importanti del romanzo: una dei due
“Promessi Sposi” appunto. Ci viene presentata in due modi: in modo indiretto
attraverso i pensieri di Renzo per cui rappresenta ragione di calma e di sicurezza, il
solo pensiero della sua amata lo allontana da qualsiasi pensiero poco puro. Questo
concetto può essere riassunto nel termine di “Donna Angelo”: Lucia infatti riesce a
allontanare chiunque le stia intorno da pensieri cattivi. Il secondo modo in cui ci è
presentata è in modo diretto dall’autore che mette in evidenza la sua bellezza e la
sua semplicità: è semplicemente una contadina dei ceti bassi che però è ben voluta e
scatena l’interesse persino di un personaggio negativo come don Rodrigo. Rimasta
orfana del padre cresce con Agnese a cui è molto legata. Ha un carattere molto
calmo e molto timoroso delle insidie della vita. Elemento che la distingue dagli altri
personaggi è sicuramente la fortissima fede in Dio e nella Provvidenza: lei affida la
sua vita e i suoi problemi a Dio e piuttosto che risolverli in modo concreto preferisce
farsi aiutare appunto da fra Cristoforo o di aspettare perchè convinta che Dio abbia
un piano più grande per lei e Renzo e che avrebbe risolto la situazione. Si rifiuta
infatti di ricorrere alla soluzione della madre, ma in seguito ad un litigio dove Renzo
preso dalla collera insinua che lei non l’abbia mai amato, per placarlo cede andando
contro la sua etica personale. Aggiungo inoltre che i tratti che la distinguono sono la
purezza, la compassione, l’innocenza e la sensibilità. Detto ciò deduciamo che Lucia
rappresenti un personaggio statico: infatti le caratteristiche che ci vengono
presentate dall’inizio della storia si conserveranno fino alla fine.
RENZO
Renzo Tramaglino è un altro dei protagonisti del romanzo e il “Promesso Sposo”. E’
un ragazzo di vent’anni, orfano di entrambi i genitori e che di mestiere fa il filatore
di seta, ma possiede un poderetto che gli consente di vivere in una condizione più
agiata rispetto a quelli del suo stesso status sociale. E’ un ragazzo buono, che ama
moltissimo Lucia, considera Agnese una seconda madre e tende a evitare la violenza
per risolvere i problemi. Infatti il solo pensiero di Lucia riesce ad allontanare la sua
mente da pensieri considerabili impuri. E’ tuttavia impulsivo e spesso perde la
ragione quando è vittima di ingiustizie, come possiamo ben vedere nel colloquio con
don Abbondio o nel momento in cui gli viene comunicato da fra Cristoforo che non è
riuscito a persuadere don Rodrigo. Questa impulsività lo porta a pensare di fare
azioni che potrebbero metterlo in pericolo o nei guai con la legge. Potremmo dire
che Renzo è caratterizzato dalla praticità: è infatti sempre in prima linea per cercare
concretamente di risolvere la situazione come il colloquio con Azzeccagarbugli, la
proposta a Tonio, lo scontro con don Abbondio. E’ un uomo forte, coraggioso e
orgoglioso che è disposto a mettersi spesso e volentieri a rischio pur di ottenere il
suo obiettivo. Al contrario di Lucia, Renzo è un personaggio che nel corso del
racconto subisce una crescita.
RIASSUNTI CAPITOLI
CAPITOLO I
Alessandro Manzoni apre il suo romanzo presentando i luoghi che faranno da sfondo
alle vicende principali dei Promessi Sposi: il lago di Lecco, i monti che lo circondano, i
campi e le stradine, il fiume Adda, la città di Lecco ed i paesini circostanti. La città di
Lecco dà subito all’autore lo spunto per accennare con ironia alla dominazione
spagnola, ed ai soldati stranieri che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del
paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul
finir dell’estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l’uve, e alleggerire
a’ contadini le fatiche della vendemmia, intendendo chiaramente gli stupri, le violenze, i
furti ed i soprusi commessi da loro commessi.
Lungo una di quelle stradine, il giorno 7 Novembre dell’anno 1628, Don Abbondio, al
termine della sua passeggiata quotidiana, sta tornando verso casa leggendo il breviario.
Ad un bivio obbligato, nei pressi di un tabernacolo che riporta raffigurate le anime e le
fiamme del purgatorio, il curato vede fermi due uomini e dai loro comportamenti
capisce subito che sono lì per lui. L’aspetto dei due uomini indica chiaramente che si
tratta di ‘bravi’: hanno capelli lunghi raccolti in una reticella, dalla quale esce solo un
grande ciuffo che ricade loro sulla fronte, e sono equipaggiati con spadone, coltelli e
pistole. A quel tempo personaggi simili erano molto comuni. Numerose grida avevano
tentato in ogni modo di porre fine allo loro esistenza, senza però avere alcun successo,
tanto erano potenti le caste e le fazioni per cui tali individui operavano.
I due malviventi si incamminano verso Don Abbondio, che prima valuta possibili vie di
fuga, poi cerca di ricordare eventuali torti fatti a uomini potenti, infine accelera il passo
correndo quasi loro incontro. Non potendo evitare il pericolo cerca almeno di ridurre
l’angosciante attesa.
I bravi non nascondono la loro missione: obbligare con minacce Don Abbondio a non
celebrare il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Celebre la frase: questo
matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai. Il curato è terrorizzato dai due uomini,
ad incutere in lui una paura ancora maggiore (come un fulmine durante un temporale) è
il nome del loro mandante: Don Rodrigo. Don Abbondio per sua natura non può quindi
che dichiararsi disposto all’obbedienza. Cerca però almeno di farsi dare suggerimenti su
come agire, ma i due bravi hanno però ormai svolto la loro missione, salutano il curato e
lo lasciano solo con la sua disperazione.
Vivendo in una società spietata ed essendosi reso subito conto d’essere, in quella società,
come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro, non
essendo nato nobile, né ricco e né tanto meno coraggioso, Don Abbondio aveva da
giovane ubbidito di buon grado ai parenti, che lo volevano prete. La sua non era stata
pertanto una vocazione, ma solo la necessità di entrare a far parte di una classe forte e
riverita.
Durante tutta la sua vita aveva quindi cercato di tenersi fuori da ogni contesa, di cedere
in quelle che doveva inevitabilmente affrontare, di non prendere mai posizione, se non
al limite, quella del più forte, senza però esporsi troppo. Si può quindi ben capire quale
fosse la disperazione e lo sconforto di Don Abbondio in quel momento, inveisce prima
contro Renzo e poi contro Don Rodrigo.
Giunto infine a casa, il curato non riesce a nascondere il proprio stato Giunto infine a
casa, il curato non riesce a nascondere il proprio stato d’animo alla sua serva, Perpetua,
che subito cerca in ogni modo di conoscere il suo segreto (i bravi l’hanno minacciato
anche di non dir niente a nessuno). La volontà di trovare conforto in una persona fidata
è troppo grande nel curato ed anche la volontà di Perpetua di conoscere gli avvenimenti
lo è altrettanto, dopo aver più volte fatto giurare alla donna di non dire niente a
nessuno, Don Abbondio finisce quindi per confessare tutto. Perpetua suggerisce al suo
padrone di chiedere l’intervento dell’arcivescovo. Don Abbondio non accetta il
consiglio, temendo sempre più che il suo segreto diventi di dominio pubblico. Lascia la
sua donna e si rifugia nella sua camera da letto, non prima di aver chiesto ancora una
volta alla serva di mantenere il silenzio.
CAPITOLO II
Gli avvenimenti della giornata hanno sconvolto Don Abbondio, che trascorre quindi
una notte agitata. Il curato è tormentato dalla paura per le minacce ricevute, dal
pentimento per la confessione fatta a Perpetua, dalla disperazione di dover trovare
subito un modo per non celebrare il matrimonio e quindi anche dalla paura per la
possibile reazione di Renzo. Don Abbondio decide infine di usare a suo vantaggio la
sua esperienza ed autorità per ritardare con una scusa il matrimonio di almeno
cinque giorni, fino ad arrivare al periodo proibito per le nozze (dall’Avvento
all’Epifania) che gli avrebbe dato quindi più ampio respiro.
La mattina dopo, Renzo si reca da don Abbondio di buon ora per definire gli ultimi
aspetti della cerimonia, che avrebbe dovuto svolgersi quello stesso giorno. I modi
incerti e misteriosi con cui viene accolto insospettiscono subito il giovane. La
sensazione che ci sia sotto qualcosa di strano cresce poi durante tutta la
conversazione. Don Abbondo finge inizialmente di non essersi ricordato della data,
dice poi di non sentirsi tanto bene ed infine sostiene che manchino ancora delle
formalità da sbrigare prima di poter celebrare le nozze. Per confondere il ragazzo
l’uomo condisce il suo discorso con citazioni latine, ma Renzo lo interrompe subito
ogni volta; famosa la sua frase Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?. Il curato
propone infine di rimandare il matrimonio di almeno quindici giorni. Renzo accetta
con amarezza la proposta, saluta e se ne va.
Una volta all’aperto, Renzo, vista passare Perpetua, spinto dal presentimento che il
curato non gli abbia detto tutto, si avvicina alla donna con l’intenzione di scoprire
qualcosa di più. Le parole della serva di Don Abbondio rendono certezze i sospetti
del ragazzo, che subito si precipita in casa del curato con l’intenzione di farlo
parlare ad ogni costo. Renzo entra nel salotto dove si trova l’uomo e chiude la porta
a chiave, mettendola poi in tasca. L’atteggiamento minaccioso del ragazzo spinge il
curato a confessare tutto ed a fare quindi il nome di Don rodrigo. Don Abbondio
vorrebbe che il giovane permettesse almeno di non farne parola, senza però aver
successo.
Una volta libero e rimasto solo, Don Abbondio accusa Perpetua di aver parlato (lei
però nega tutto). Le ordina poi di sprangare la porta, comunicando a tutti che il
curato è ammalato, ed infine si ritira in camera da letto, colto realmente dalla
febbre.
Uscito dalla casa di Don Abbondio, Renzo cammina infuriato verso casa. Vorrebbe
punire Don Rodrigo e vendicarsi con il sangue del torto subito, il ricordo di Lucia lo
raddolcisce però subito. Nasce in lui anche il dubbio che la ragazza sapesse di Don
Rodrigo ma non avesse detto niente a lui.
Con questi pensieri per la testa, il ragazzo si reca a casa dell’amata, la fa chiamare, e,
nel mentre che aspetta, racconta tutte le vicende ad Agnese, madre di lei. Sentita la
storia, Lucia subito si dispera, lasciando intendere che il gesto di Don Rodrigo non
era proprio un fulmine a ciel sereno: qualcosa era già successo.
CAPITOLO III
Lucia confessa a Renzo ed alla madre di essere stata avvicinata un giorno da Don
Rodrigo e da un altro nobile (il conte Attilio, cugino di Don Rodrigo) che aveva
tentato di trattenerla con chiacchiere non molto belle. Affrettato il passo, aveva poi
sentito i due uomini scommettere tra di loro. La scena si era ripetuta anche il giorno
dopo e Lucia, capito di essere l’oggetto della scommessa, aveva deciso quindi di
raccontare l’accaduto a fra Cristoforo, che le aveva suggerito di affrettare le nozze.
Terminata la lettura delle grida, il dottore commenta anche il fatto che Renzo non
porti il ciuffo. Si complimenta con il giovane per esserselo prudente tagliato, gli dice
però che non c’era bisogno di farlo, vantandosi così di aver tirato fuori dai guai
malviventi responsabili di ben maggiori misfatti. Comunica infine apertamente
come intende agire verso il prete e verso gli sposi che hanno subito il torto,
mostrandogli il modo per togliere anche lui dai guai.
Mentre Renzo è impegnato a Lecco, Agnese e Lucia decidono di operare per ottenere
anche un secondo aiuto, quello di padre Cristoforo. Mentre stanno ancora decidendo
come riuscire ad informare il frate cappuccino, bussa alla loro porta fra Galdino,
incaricato dal convento di Pescarenico, lo stesso di fra Cristoforo, di raccogliere le
noci offerte dai fedeli.
Mentre Lucia viene a prendere le noci, Agnese, per evitare l’argomento nozze,
chiede al frate come procede la raccolta, ed i due iniziano così a parlare di carestia. Il
frate racconta alla donna un fatto miracoloso avvenuto nel passato, volendo
mostrare che l’elemosina può far tornare l’abbondanza.
Lucia dona al frate un gran numero di noci, così che non debba andare alla ricerca di
altre offerte ma possa invece tornare subito al convento, incaricando quindi l’uomo
di chiedere a fra Cristoforo di recarsi il prima possibile da loro. Il cappuccino è più
che felice di poterla accontentare.
Renzo torna dalle donne, si congratula subito ironicamente con Agnese per il buon
consiglio che gli ha dato, e racconta quindi la sua vicenda. La donna vorrebbe poter
difendere la sua posizione, ma Lucia interrompe subito la discussione tra i due,
dicendo di sperare nell’aiuto di padre Cristoforo.
Le donne salutano infine Renzo che torna così, con il cuore in tempesta, alla propria
casa.
CAPITOLO IV
Il sole sta ancora sorgendo quando fra Cristoforo esce dal convento di Pescarenico,
un piccolo villaggio di pescatori posto sulla riva sinistra dell’Adda, per recarsi a casa
di Lucia. Il suggestivo paesaggio autunnale non può che dare gioia, guastata però da
ogni figura d’uomo incontrata: l’aspetto ed i gesti di ognuno lasciano trasparire una
profonda sofferenza, causata dalla povertà e dalla carestia di quel tempo, ed il frate
cappuccino non può che provare una profonda tristezza e un crescente
presentimento di dover andare a sentire una sciagura.
Prima di partire per raggiungere il luogo del suo noviziato, fra Cristoforo ottenne di
poter incontrare la famiglia del nobile e chiedere il loro perdono. Il fratello
dell’ucciso organizzò una vera e propria festa per celebrare il proprio orgoglio
ripagato, credeva infatti che Ludovico si fosse fatto frate per paura. Il contegno
umile di fra Cristoforo mosse però a commozione tutti i presenti, convinse tutti che
la conversione era sincera, gli fecero ottenere il perdono del fratello e quasi quasi
molto di più.. quasi quasi gli chiedevo scusa io, che mi abbia ammazzato il fratello
penserà l’uomo al termine della giornata. Come simbolo del perdono ottenuto,
padre Cristoforo ricevette in dono dal fratello del nobile un pane, del quale
conserverà un pezzo come ricordo perpetuo del suo peccato.
La nuova condizione di vita non spense la sua volontà innata di difendere gli
oppressi, né l’impeto antico con cui affronta i problemi di giustizia.
Intanto il frate, giunto all’uscio della casa di Lucia e Agnese, viene accolto con gioia
dalle due donne.
CAPITOLO V
Il palazzo di Don Rodrigo ed il villaggio abitato dai suoi contadini sono piene di
immagini simbolo della tirannia e della violenza: armi ovunque, uomini e donne
nerboruti, vecchi pronti a digrignar le gengive, urla di mastini, avvoltoi posti sui due
battenti del portone.
Un vecchio servitore, che si mostra subito stupito per la presenza di padre Cristoforo
e spera che possa essere lì per fare del bene, conduce il religioso nella sala da
pranzo, dove si trovano Don Rodrigo, il cugino conte Attilio, l’avvocato Azzecca-
garbugli (prossimo ad essere ubriaco), il podestà (colui che avrebbe dovuto far
rispettare le grida) ed altri due commensali. Attilio ed il podestà stanno discutendo
animatamente una questione di cavalleria. Padre Cristoforo, pur fermo nei suoi
intenti e nel suo disprezzo per il padrone di casa, non può però fare a meno di
provare soggezione e rispetto ora che si trova alla sua presenza nel suo regno. Don
Rodrigo dal canto suo è seccato e preoccupato dalla presenza del frate e durante
tutto il pranzo non manca di provocarlo. Lo forza di fatto a bere del vino e ad unirsi
così alla sua combriccola, e lo nomina poi giudice della contesa sulla cavalleria,
schernendo poi le sue risposte umili richiamando alla memoria il passato mondano
del religioso.
Don Rodrigo, stanco della disputa tra il cugino ed il podestà, rivolge poi il tema della
discussione sulla guerra per la successione al ducato di Mantova e sulle relative
manovre politiche di Spagna, Francia, Germania e del Papa. Cambia l’argomento ma
non cambia il modo di discuterne. Il conte Attilio ed il podestà riprendono il loro
battibecco e don Rodrigo è infine costretto ad intervenire prima con un'occhiataccia
al cugino per farlo tacere, poi proponendo un brindisi così da interrompere
gentilmente anche l’altro ospite.
Infine Don Rodrigo, visto che padre Cristoforo non mostra alcuna intenzione di
volersene andare, decide di affrontare subito la seccatura per liberarsene: chiede ai
suoi il permesso di assentarsi, si dichiara pronto ad ascoltare il religioso e lo
conduce quindi con sé in un’altra stanza.
CAPITOLO VI
Padre Cristoforo viene condotto da Don Rodrigo in una sala appartata ed inizia
quindi il dialogo tra i due uomini.
Mentre sta uscendo dal palazzo, il frate viene avvicinato dal vecchio servitore che
l’aveva accolto nell’abitazione. L’anziano uomo, già servitore del padre di Don
Rodrigo (ben diverso dal figlio), ha ascoltato di nascosto il dialogo tra i due uomini,
e si dichiara intenzionato ad aiutare il religioso: promette di raccogliere
informazioni sui piani del padrone e di recarsi il giorno dopo al convento per
informare il cappuccino.
L’aiuto inaspettato del servitore rende molto meno amaro il fallimento della
missione di padre Cristoforo che, con l’animo un po ' più sollevato, si dirige verso la
casa delle donne per informarle dei fatti.
Renzo si reca dall’amico Tonio, lo invita a pranzo all'osteria del paese e gli espone il
suo piano, proponendogli quindi di fargli da testimone e offrendogli in cambio il
denaro che l’uomo deve al curato. Tonio è più che contento di accettare e propone
suo fratello Gervaso come secondo testimone. I due si accordano per la sera del
giorno dopo e Renzo fa infine ritorno dalle donne.
CAPITOLO VII
Fra Cristoforo comunica ad Agnese e ai due promessi sposi di non essere riuscito a
convincere Don Rodrigo ad abbandonare i suoi intenti. Dice loro di avere comunque
trovato un aiuto, senza però entrare nei particolari e raccontare quindi dell’anziano
servitore. Il religioso chiede poi a Renzo, dopo averne calmato l’ira, di presentarsi di
persona o di mandare il giorno successivo una persona fidata al convento per
ricevere notizie, ed infine lascia l’abitazione.
Il giorno dopo Agnese e Renzo si ritrovano per definire gli ultimi dettagli del piano,
valutare ogni possibile intoppo e trovare subito la migliore soluzione. Dal momento
che Renzo preferisce non andare di persona al convento, temendo che il piano venga
smascherato da padre Cristoforo, dopo che il ragazzo se ne è andato, Agnese esce di
casa per trovare Menico, un ragazzino suo parente, ed incaricato della missione.
Per tutta la restante mattina, dei loschi figuri travestiti da viandanti e da pellegrini
si aggirano nelle vicinanze della casa di Lucia ed Agnese. Uno di loro (con un’umiltà
affettata, che stenta a collocarsi nei lineamenti duri di quella faccia) entra anche
all’interno dell’abitazione per chiedere l’elemosina e ne approfitta, fingendo di
sbagliare porta, per curiosare in giro. Per capire chi fossero questi uomini è
necessario tornare indietro di un giorno.
Don Rodrigo, furibondo per aver lasciato che il frate cappuccino lo aggredisce
verbalmente ed ancora turbato dalla maledizione che aveva appena rischiato di
ricevere, lascia il palazzo, scortato dai suoi bravi, per fare una passeggiata trionfale
tra gli inchini dei suoi sottoposti e ricomporre così il proprio orgoglio ferito. Tornato
al palazzo, cena poi con il conte Attilio, dal quale viene anche deriso per essersi
fatto convertire dal religioso. In tutta risposta Don Rodrigo propone di raddoppiare
la posta in palio della scommessa.
La mattina dopo ogni timore è stato cancellato. Don Rodrigo è di nuovo Don
Rodrigo, fa chiamare il Griso, capo dei suoi bravi, e gli chiede di organizzare tutto
quanto necessario per rapire Lucia e consegnargliela la sera stessa, per imporre il
silenzio ad Agnese e far infine passare a Renzo ogni pensiero di ricorrere alla
giustizia. Il resto della mattina viene speso dai bravi e dal Griso a perlustrare,
travestiti da pellegrini e viandanti, la casa di Agnese e Lucia, così da farsi un'idea del
luogo dove avrebbero dovuto agire. Tornato al palazzo, il Griso dà le ultime
istruzioni ai suoi compagni così da fissare definitivamente il piano.
Dopo essere riuscito a ricostruire pezzo per pezzo le intenzioni dei bravi di Don
Rodrigo, il vecchio servitore lascia il palazzo e si avvia verso il convento per
informare padre Cristoforo. Nel frattempo, uno dopo l’altro, i bravi guidati dal Griso
vanno ad occupare un casolare abbandonato, posto poco fuori dal paese e poco
lontano dalla casa delle donne, scelto come quartier generale per la missione della
sera. Tre uomini vengono anche inviati all’osteria con l’obiettivo di tenere d’occhio
la situazione in paese.
Renzo, assieme a Tonio e Gervaso, si reca all’osteria ed incontra qui i tre bravi di
Don Rodrigo, che non esitano a squadrarlo dalla testa ai piedi ed a mostrarsi
minacciosi. Il ragazzo cerca di ottenere informazioni sui tre uomini chiedendole
all’oste, ma costui finge però di non conoscerli e rimane molto vago nella risposta.
La stessa domanda viene poi posta anche da uno dei tre bravi ed in questo caso la
risposta dell’oste è molto precisa. Finita la cena, consumata velocemente per
volontà di Renzo, inquieto ed infastidito dai modi dei tre sconosciuti, il promesso
sposo ed i suoi due compagni lasciano l’osteria. Due bravi sono inizialmente
intenzionati ad inseguire il giovane, si arrestano però subito dopo, vedendo che
Renzo si è fermato a fissarli e che le strade si stanno popolando della gente di
ritorno dal lavoro.
I tre passano a chiamare Agnese e Lucia, che deve aggrapparsi alla madre ed al
fidanzato per riuscire a muoversi, e insieme si recano alla canonica. Tonio bussa alla
porta e chiede a Perpetua di poter incontrare il curato per saldare il vecchio debito.
CAP. VII
Fra Cristoforo comunica ad Agnese e ai due promessi sposi di non essere riuscito a
convincere Don Rodrigo ad abbandonare i suoi intenti. Dice loro di avere comunque
trovato un aiuto, senza però entrare nei particolari e raccontare quindi dell’anziano
servitore. Il religioso chiede poi a Renzo, dopo averne calmato l’ira, di presentarsi di
persona o di mandare il giorno successivo una persona fidata al convento per
ricevere notizie, ed infine lascia l’abitazione.
Il giorno dopo Agnese e Renzo si ritrovano per definire gli ultimi dettagli del piano,
valutare ogni possibile intoppo e trovare subito la migliore soluzione. Dal momento
che Renzo preferisce non andare di persona al convento, temendo che il piano venga
smascherato da padre Cristoforo, dopo che il ragazzo se ne è andato, Agnese esce di
casa per trovare Menico, un ragazzino suo parente, ed incaricato della missione.
Per tutta la restante mattina, dei loschi figuri travestiti da viandanti e da pellegrini
si aggirano nelle vicinanze della casa di Lucia ed Agnese. Uno di loro (con un’umiltà
affettata, che stenta a collocarsi nei lineamenti duri di quella faccia) entra anche
all’interno dell’abitazione per chiedere l’elemosina e ne approfitta, fingendo di
sbagliare porta, per curiosare in giro. Per capire chi fossero questi uomini è
necessario tornare indietro di un giorno.
Don Rodrigo, furibondo per aver lasciato che il frate cappuccino lo aggredisce
verbalmente ed ancora turbato dalla maledizione che aveva appena rischiato di
ricevere, lascia il palazzo, scortato dai suoi bravi, per fare una passeggiata trionfale
tra gli inchini dei suoi sottoposti e ricomporre così il proprio orgoglio ferito. Tornato
al palazzo, cena poi con il conte Attilio, dal quale viene anche deriso per essersi
fatto convertire dal religioso. In tutta risposta Don Rodrigo propone di raddoppiare
la posta in palio della scommessa.
La mattina dopo ogni timore è stato cancellato. Don Rodrigo è di nuovo Don
Rodrigo, fa chiamare il Griso, capo dei suoi bravi, e gli chiede di organizzare tutto
quanto necessario per rapire Lucia e consegnargliela la sera stessa, per imporre il
silenzio ad Agnese e far infine passare a Renzo ogni pensiero di ricorrere alla
giustizia. Il resto della mattina viene speso dai bravi e dal Griso a perlustrare,
travestiti da pellegrini e viandanti, la casa di Agnese e Lucia, così da farsi una idea
del luogo dove avrebbero dovuto agire. Tornato al palazzo, il Griso dà le ultime
istruzioni ai suoi compagni così da fissare definitivamente il piano.
Dopo essere riuscito a ricostruire pezzo per pezzo le intenzioni dei bravi di Don
Rodrigo, il vecchio servitore lascia il palazzo e si avvia verso il convento per
informare padre Cristoforo. Nel frattempo, uno dopo l’altro, i bravi guidati dal Griso
vanno ad occupare un casolare abbandonato, posto poco fuori dal paese e poco
lontano dalla casa delle donne, scelto come quartier generale per la missione della
sera. Tre uomini vengono anche inviati all’osteria con l’obiettivo di tenere d’occhio
la situazione in paese.
Renzo, assieme a Tonio e Gervaso, si reca all’osteria ed incontra qui i tre bravi di
Don Rodrigo, che non esitano a squadrarlo dalla testa ai piedi ed a mostrarsi
minacciosi. Il ragazzo cerca di ottenere informazioni sui tre uomini chiedendole
all’oste, ma costui finge però di non conoscerli e rimane molto vago nella risposta.
La stessa domanda viene poi posta anche da uno dei tre bravi ed in questo caso la
risposta dell’oste è molto precisa. Finita la cena, consumata velocemente per
volontà di Renzo, inquieto ed infastidito dai modi dei tre sconosciuti, il promesso
sposo ed i suoi due compagni lasciano l’osteria. Due bravi sono inizialmente
intenzionati ad inseguire il giovane, si arrestano però subito dopo, vedendo che
Renzo si è fermato a fissarli e che le strade si stanno popolando della gente di
ritorno dal lavoro.
I tre passano a chiamare Agnese e Lucia, che deve aggrapparsi alla madre ed al
fidanzato per riuscire a muoversi, e insieme si recano alla canonica. Tonio bussa alla
porta e chiede a Perpetua di poter incontrare il curato per saldare il vecchio debito.
CAP. VIII
Tonio e Gervaso entrano nell’abitazione del curato e quindi nello studio dove si
trova Don Abbondio. Anche Renzo e Lucia, approfittando della distrazione di
Perpetua, entrano nell’abitazione e si appostano subito fuori dalla porta dello
studio, in attesa del segnale concordato con i due fratelli.
All’interno della stanza Tonio salda il suo debito consegnando le monete al curato,
che le esamina con cura, restituisce quindi la collana d’oro data in pegno dall’uomo
e inizia, su richiesta espressa di Tonio, a compilare una ricevuta. Mentre il religioso
è concentrato a scrivere il documento, i due promessi sposi, ricevuto il dovuto
segnale, entrano nella stanza e si mostrano a Don Abbondio. Renzo riesce a
pronunciare l’intera formula, Lucia viene invece interrotta violentemente dal
curato, che riesce anche a scappare, si rinchiude a chiave in un’altra stanza, si
affaccia ad una finestra e chiede urlando aiuto. Il suo grido disperato fa svegliare il
sacrestano Ambrogio, che si precipita a suonare le campane della chiesa per
richiamare gente dal paese in soccorso del curato.
Tornando a raccontare della spedizione del Griso e del suo seguito, i tre bravi
incontrati da Renzo all’osteria, dopo essersi accertati che fossero rincasati tutti gli
abitanti del paese, si dirigono verso il casolare dove è appostato il resto della
combriccola. Tutti insieme, coordinati dal Griso travestito da pellegrino, si muovono
poi verso la casa di Lucia ed Agnese, che trovano però completamente vuota. Il Griso
inzia quindi a pensare ad un tradimento, alla presenza di una spia all’interno del
gruppo.
Intanto la gente si raduna in piazza. Don Abbondio li ringrazia dalla finestra per
essere subito accorsi e si limita a dire loro che degli sconosciuti, ormai fuggiti, erano
entrati nella sua abitazione con cattive intenzioni; chiude poi le imposte e riprende
a bisticciare con Perpetua. Arriva nel frattempo la notizia che degli uomini armati
volessero uccidere un pellegrino che si era rifugiato nella casa di Lucia ed Agnese.
Gli abitanti più coraggiosi e volenterosi si precipitano verso l’abitazione e la trovano
completamente vuota. Inizialmente si pensa che le donne siano state rapite e si
fanno progetti per inseguire i malviventi, giunge però poi la notizia che le donne
sono riuscite a mettersi in salvo ed ognuno ritorna infine nella propria casa.
Il giorno dopo il console del paese verrà avvicinato da due bravi di Don Rodrigo che
gli chiederanno, con minacce, di non riferire nulla al podestà riguardo agli
avvenimenti della notte precedente.
Renzo, Lucia, Agnese proseguono la loro fuga attraverso i campi verso il convento di
Pescarenico. Si fermano un momento solo per ascoltare la terribile esperienza di
Menico, che viene quindi poi rimandato subito a casa. Giunti al convento di
Pescarenico, padre Cristoforo, vinte le resistenze di fra Fazio, il sacrestano, grazie ad
una frase in latino pronunciata in modo solenne (Omnia munda mundis – tutto è
puro per i puri), li fa entrare nella chiesa del convento ed illustra loro i piani di fuga
che ha predisposto.
Dopo aver pregato tutti insieme per don Rodrigo, i tre salutano e ringraziano
calorosamente padre Cristoforo, lasciano quindi il convento e si dirigono verso il
lago dove li aspetta una imbarcazione. Preso il largo, Renzo e le due donne danno
silenziosamente addio ai monti e ai luoghi natii. Lucia si appoggia al bordo della
barca ed inizia a piangere in segreto.
CAP. IX
Il frate chiede ed ottiene di poter parlare alla signora Gertrude, una monaca di
nobile e potente famiglia. Lucia ed Agnese vengono quindi introdotte nel parlatorio
del monastero e incontrano così la monaca di Monza.
La religiosa ha circa venticinque anni e il suo viso mostra una bellezza sfiorita, quasi
scomposta. Il suo sguardo e le sue labbra rivelano una stato d’animo molto agitato: a
volte superbo, altre iracondo, altre volte timido e spaventato ed altre ancora
tormentato. Anche il portamento ed il suo modo di indossare il saio hanno qualcosa
di strano e misterioso.
Gertrude vuole conoscere meglio la storia delle due donne. Agnese non fa in tempo a
completare la prima frase che viene subito zittita con lo sguardo dal padre
guardiano, che racconta poi di persona le vicende senza entrare nei particolari. La
curiosità della monaca non viene però soddisfatta e, dopo aver sentito che un uomo
prepotente aveva perseguitato Lucia con lusinghe, senza troppo celare un dubbio
maligno, interroga anche direttamente Lucia per avere la conferma dei fatti. La
ragazza è bloccata dall’imbarazzo e non riesce a parlare, la madre le viene subito in
soccorso ma viene ancora una volta zittita, questa volta in malo modo da parte della
stessa monaca. La promessa sposa trova infine la forza di parlare e convince così
definitivamente Gertrude a concedere loro la sua protezione. La monaca dà
indicazioni per fare eseguire la sua volontà e si congeda infine dal frate e dalla
donna, rimanendo così sola con la ragazza.
Gertrude era l’ultima figlia del principe feudatario di Monza. L’uomo, risoluto a
conservare unito il proprio patrimonio, così da poter riuscire a sostenere il decoro
del titolo familiare, fece prendere i voti a tutti i figli cadetti ed a tutte le figlie
femmine. L’unico erede doveva essere il figlio primogenito.
Il futuro di Gertrude era stato quindi già irrimediabilmente stabilito dai suoi
genitori: doveva essere una monaca. Durante tutta la sua infanzia, genitori e parenti
avevano cercato in ogni modo di inculcare nel cervello l’idea della vita consacrata,
senza mai rendere manifesta la loro volontà: riceveva in regalo solo bambole vestite
da monaca e santini, ogni rimprovero o complimento era fatto alludendo ad un
futuro da badessa. A sei anni venne mandata al monastero di Monza per essere
istruita, e la badessa ed alcune altre monache di quel tempo, capendo quanto fosse
importante avere i favori del principe, proseguirono l’opera iniziata dalla famiglia,
concedendole ogni tipo di privilegio con l’intenzione di renderle gradita la vita nel
chiostro. I discorsi delle sue compagne su matrimoni, feste e godimenti mondani,
distolsero però la ragazza dalla strada lungo cui era stata indirizzata. Gertrude
mostrò i primi segni di rifiuto della vita religiosa e volle quindi informare con una
lettera il padre della sua nuova posizione; non ricevette alcuna risposta, solo la
badessa le fece intendere che il principe era infuriato per un certo suo errore.
Prima di vestire l’abito monacale, a Gertrude venne fatto trascorrere un mese nella
casa paterna. La ragazza voleva poter vivere almeno in parte i godimenti mondani
tanto sognati, non potè però assaporare altro che una nuova clausura, ben più triste
di quella del monastero: nessuno le rivolgeva la parola o le mostrava affetto, non
poteva uscire di casa e durante i ricevimenti era costretta a mangiare con la servitù.