riassunti geografia sociale e
culturale fabio amato unior
Geografia Del Turismo
Università degli Studi di Napoli L'Orientale (UNIOR)
56 pag.
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Geografia umana
La geografia umana studia come le popolazioni, le culture, le società e le economie con le loro
manifestazioni materiali (città, strade, campi, fabbriche, ecc.) si diversificano nello spazio terrestre , in
relazione al variare delle condizioni ambientali e storiche.
Natura e cultura
I geografi distinguono due fattori fondamentali nello sviluppo delle società umane:
• Natura: Tutto ciò che è estraneo alla storia e alla creazione umana;
• Cultura: Costruzione sociale fatta di pratiche e credenze condivise che non è fissa ma varia nel
tempo e funziona come un sistema dinamico complesso, plasmato dalle persone e dalle collettività,
che ne vengono a loro volta plasmate. Si diversifica su base territoriale ma crescono le ibridazioni tra
culture diverse, la cultura si trasmette ‘’verticalmente’’ da una generazione all’altra ed
‘’orizzontalmente’’ sulla superfice terrestre grazie anche allo sviluppo tecnologico e dei mezzi di
comunicazione e trasporto.
Il dualismo tra natura e cultura ha svolto un ruolo importante nello sviluppo di diversi modi di considerare
le differenze sociali e culturali. Nell’età moderna si credeva che la cultura fosse ciò che permetteva all’uomo
di porsi al disopra della natura, questa linea di pensiero è stata poi estesa a giustificare le gerarchie sociali e il
colonialismo, portando ad esempio a considerare i popoli non occidentali come inferiori perché più vicini e
più soggetti alla natura rispetto agli occidentali, definiti “civili e acculturati”.
Oggi si va affermando un pensiero che rifiuta il dualismo, ovvero “la cultura viene considerata come parte
della natura stessa.”
Determinismo ambientale
Il determinismo ambientale consiste nel far derivare direttamente dall’ambiente le differenze fisiche che
culturali degli esseri umani.
Le teorie del determinismo ambientale ideate da Friedrich Ratzel (1844-1904) ebbero grande diffusione tra i
geografi per poi essere subito abbandonate poiché 1) non erano dimostrabili scientificamente le relazioni di
causa-effetto alla base della teoria, 2) fattori ambientali identici non danno luogo a pratiche culturali o
comportamenti umani simili, 3) queste teorie sembravano solo una giustificazione per il colonialismo.
Possibilismo
Il possibilismo geografico ritiene che ogni ambiente naturale offra una gamma di alternative più o meno
vasta e che in uno stesso ambiente naturale società e culture possano modellarsi in modi diversi a seconda
delle scelte umane, basate sulle conoscenze e sulle capacità tecniche di cui dispongono.
Idealizzato da Vidal de la Blanche (1843-1918) questo pensiero considerava la creatività umana per reagire
all’ambiente e alle sue costrizioni. Non rifiutava l’idea di un condizionamento da parte dell’ambiente, ma
non pensava che esso fosse la principale forza che plasma le società e le culture. Il possibilismo diffonde la
consapevolezza del ruolo dell’azione umana nei cambiamenti dell’ambiente, tale azione ha modificato i
paesaggi naturali, trasformandoli in paesaggi culturali.
La terra come sistema dinamico
La visione umana che ha superato il sistema dualistico si può conclamare in diversi fattori:
• La terra funziona come un sistema costituito da diverse componenti naturali e culturali, che
interagiscono con modalità complesse, non riducibili a rapporti lineari di causa-effetto e quindi poco
prevedibili;
• La terra è soggetta a continui cambiamenti, che derivano sia da eventi naturali, sia dall’azione
umana;
• Il sistema culturale umano è un sottoinsieme di quello terrestre.
Paesaggi culturali
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La visione della cultura come l’insieme delle linee delle pratiche e dei manufatti che caratterizzano i territori
è ormai parte della geografia umana.
Il concetto di paesaggio geografico è stato introdotto dal tedesco Alexander Von Humboldt. Il suo approccio
riconosceva percezioni soggettive e realtà oggettive. Il paesaggio geografico veniva considerato come un
entità puramente oggettiva.
Il paesaggio per Humboldt poteva essere una fonte importante di conoscenza scientifica, e le espressioni
della cultura sono leggibili ne paesaggio.
L’analisi regionale è in parte diversa dalla lettura del passaggio. Essa va oltre la semplice osservazione della
superficie per indagare i fattori, sovente non visibili che determinano la diversità dei territori e suggeriscono
la loro suddivisione in regioni.
Tipi di regioni
Le regioni sono una costruzione mentale, esistono tanti tipi di regioni a seconda delle caratteristiche
considerate.
La regione formale è un’area definita in base a una o più caratteristiche fisiche o culturali omogenee, cioè
presenti nella regione e non in quella confinante, sono un esempio le Alpi caratterizzate dall’altura o la
regione di Bolzano caratterizzata dal bilinguismo italo-tedesco.
La regione funzionale invece è un’area in cui i luoghi sono connessi tra loro da relazioni più intese di quelle
che questi i luoghi intrattengono con l’esterno. Riconosciamo:
• Regioni funzionali urbane (formate da una grande città e dai centri minori che gravitano su di essa)
• Distretti economici (caratterizzati dalle forti relazioni che legano tra loro le imprese)
• Regioni istituzionali (stati, unioni di stati e le unità politico-amministrative)
Tutti i tipi di regioni si basano su caratteri oggettivi, ci sono anche regioni individuate in base a criteri
soggettivi, dette regioni percepite.
Il luogo
Il termine luogo fa riferimento ad una località contraddistinta da specifiche caratteristiche fisiche, culturali e
sociali. Un luogo può essere identificato in base alla sua posizione geometrica, misurata per mezzo della
latitudine o longitudine e altitudine sul globo terrestre oppure in base al sito e o posizione geografica.
Per sito intendiamo le caratteristiche fisiche di un luogo, come forma del suolo, vegetazione, acque ecc.
Le caratteristiche dei luoghi sono importanti, perché contribuiscono al funzionamento sociale, politico ed
economico.
Per posizione geografica s’intende la posizione che un luogo occupa in un contesto più ampio con
riferimento alla rete delle comunicazioni e alle possibili relazioni del luogo con tale contesto.
I luoghi sono importanti perché offrono un riferimento alle identità umane. Il senso del luogo può avere un
complesso di attaccamento emozionale che le persone sviluppano nei confronti di determinate località.
Spazio
Per spazio intendiamo l’estensione della superficie terrestre di dimensioni non definite. In geografia
facciamo riferimento a diversi tipi di spazio:
• Lo spazio assoluto, cioè un entità geometrica le cui dimensioni, distanze, direzioni e contenuti
possono essere definiti e misurati con precisione con la metrica corrente. L’idea è rafforzata con
l’uso della carte geografiche.
• Lo spazio relativo, cioè uno spazio le cui proprietà variano a seconda dei contenuti, cioè dei
fenomeni che accadono.
Lo spazio relazionale è uno spazio definito dalle interazioni umane e dalle percezioni degli eventi. Esso è
mutevole e definito dalle contingenze, cioè il risultato delle interazioni e delle percezioni umane a seconda
degli oggetti che vengono coinvolti.
Quando due paesi avviano degli scambi avviano uno spazio relazionale commerciale, che esiste fino a
quando vengono soddisfatte queste condizioni contingenti.
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Lo spazio geografico è sempre uno spazio relativo e relazionale, in quanto le sue proprietà dipendono dalle
relazioni e dalle interazioni che vi sono tra soggetti e oggetti presi in riferimento.
Il fatto che la quantità e la tipologia dei cambiamenti considerati accettabili cambi da uno spazio all’altro,
suggerisce che le nostre percezioni relative allo spazio possono essere influenzate in modo significativo da
molti fattori, compresi i rapporti di potere. Il francese Michael Focault (1926-1984) ha mostrato come le
relazioni di potere associate allo spazio regolino e controllino il comportamento umano.
Adottare un prospettiva spaziale significa prestare particolari attenzioni da un luogo all’altro dello spazio e
alle dinamiche della società e nei rapporti ambiente società.
La variazione spaziale e la correlazione spaziale sono concetti chiave basati sullo studio distribuzione
spaziale.
• Distribuzione spaziale è la disposizione dei fenomeni sulla superficie terrestre.
• Variazione spaziale sono i cambiamenti nelle distribuzione di un fenomeno da un luogo all’altro.
• Correlazione spaziale è il grado in cui due o più fenomeni condividono una stessa distribuzione e
variazione spaziale.
Diffusione spaziale
La diffusione spaziale è il movimento di persone, idee, mode, malattie ecc. da un luogo all’altro con tempi
e modalità differenti a seconda del fenomeno considerato. La diffusione può essere di differenti tipi:
• Diffusione per rilocalizzazione: tipologia più diffusa sono le migrazioni;
• Diffusione per contagio: quando un fenomeno si diffonde per contatto;
• Diffusione gerarchica: essa avviene dall’alto verso il basso;
• Diffusione per stimolo: si verifica quando la diffusione di un idea, una pratica o fenomeno, serve a
generare una nuova idea.
I diversi tipi di diffusione possono essere fermate o rallentate da due tipi di barriere:
• Barriere assorbenti: bloccano la diffusione.
• Barriere permeabili: che rallentano la diffusione.
Interazione Spaziale e Globalizzazione
La globalizzazione in senso generale si ha quando fenomeni naturali (es. la circolazione atmosferica) o
umani, come le reti di infrastrutture (strade, ferrovie, cavi telefonici e telematici, rotte aree e navali), o come
comunicazioni virtuali (flusso di notizie, innovazioni tecnologiche, operazioni finanziare ecc.) coprono
l’intero globo terrestre, permettendo a tutti i luoghi della terra di interagire tra di loro.
In senso ristretto si intende il dominio che le relazioni di mercato a scala mondiale hanno su tutte le altre
attività ed espressioni sociali e culturali.
Parliamo di globalizzazione solo negli ultimi decenni, cioè dopo che l’informatica, le telecomunicazioni e
connessioni aree intercontinentali hanno permesso una circolazione di persone, merci, denaro e informazioni
estese ormai ad ogni località del pianeta.
La globalizzazione è quindi l’interconnessione e l’interdipendenza tra le persone e luoghi in tutto il mondo,
è il risultato del progressivo dilatarsi a tutto il pianeta dell’interazione spaziale.
L’interazione spaziale è la relazione tra due o più soggetti nel corso della quale essi si scambiano idee merci
servizi e modificano le loro azioni in relazione alle idee e ai comportamenti reciproci.
L’interazione spaziale è influenzata da tre fattori:
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• Complementarietà: si è verifica quando un luogo o una regione trovano altrove una risposta alla
propria esigenza di beni e servizi, creando una interazione spaziale che si sviluppa in distanze più o
meno lunghe;
• Trasferibilità: che è inversamente proporzionale all’energia necessaria, il costo, per lo spostamento
di un bene. I beni tangibili hanno un alto livello di trasferibilità quelli di valore elevato. Al contrario
i beni di poco valore hanno bassa trasferibilità.
• Opportunità alternativa: ovvero l’esistenza di un luogo che, a parità di costi di trasferimento, possa
offrire un bene a condizioni più vantaggiose. Esse possono essere dovute dall’accessibilità.
La distanza è il fattore più importante dell’accessibilità di un luogo.
Spazi relativi diversi, danno origine a misure e valutazione diverse dalla distanza.
La connettività dei luoghi rappresenta il numero di e il tipo di connessioni che caratterizzano un
luogo.
L’intensità dell’interazione spaziale, quando richiede contatto fisico tra le persone, di regola diminuisce con
la distanza. Anche l’interazione complessiva tra soggetti è influenzata dalla distanza tra essi.
E’ massima nelle aree centrali delle grandi città e decresce con la densità demografica man amano che ci sa
allontana da esse.
L’effetto decrescente della distanza, quindi, può rappresentare un importante variabile nelle decisioni
relative alla localizzazione di un impresa.
Compressione spazio temporale
Il processo di compressione spazio-temporale, mette in luce l’importanza della distanza relativa, misurata
in termini di tempo, costo altre modalità. La globalizzazione non modifica la distanza assoluta tra i luoghi,
ma può cambiare la loro accessibilità e renderli più interagenti tra di loro. La globalizzazione riduce l’attrito
della distanza, cambiando la percezione delle distanze relative facendo sembrare luoghi distanti vicini.
Territorio
Il territorio è lo spazio delle interazioni tra soggetti (individui e collettività), correlato con l’insieme delle
interazioni tra gli stessi soggetti e l’ambiente esterno. Si concretizzano nello spazio geografico umanizzato (o
antropizzato) e nella varietà dei suoi paesaggi.
La parola proviene dal latino e può essere intesa con due significati: il primo significato riguarda il rapporto
difensivo nei confronti di altri, quando intendiamo escluderli da uno spazio considerato nostro. Il secondo
significato pensiamo allo spazio che produce ciò che necessitiamo.
Le relazioni tra i soggetti non sono sempre quelle di esclusione, ma anche di cooperazione, scambi e
reciprocità che permettono l’utilizzo delle risorse territoriali; qualsiasi interazione sociale ha sempre un
legame diretto o in diretto con il territorio.
Lo spazio relazione della geografia umana è fatto di relazioni intersoggettive territorializzate. Fenomeni che
sembrano puramente culturali sono legate ai rapporti di territorialità.
Scala cartografica e scala geografica
L’idea di scala è applicata allo spazio, è ciò che permette di rappresentare la Terra, o una sua parte, in
dimensione ridotta.
La scala cartografica esprime il rapporto tra le distanze sulla carte e le distanze reali sulla superfice
terrestre; i geografi distinguono, i questo senso tra le arte a grande scale e carte a piccola scala. Trattandosi di
un rapporto aritmetico, la distanza metrica misurata al terreno è al denominatore, più grande lo spazio è
rappresentato, più piccola è la scala, e viceversa.
• Piccola scala: rappresenta continenti o insiemi di stati, con un livello di dettaglio basso;
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• Grande scala: rappresenta un’area più piccola, con un dettaglio maggiore;
• Grandissima scala: è circa venti volte superiore, è rappresenta con molto dettaglio l’area circoscritta.
La scala geografica indica invece il livello di analisi utilizzato per un determinato studio progetto. La scala
d’osservazione è piccola quanto più spazio esaminato è ristretto e il livello di analisi è dettagliato.
Gli strumenti della geografia
Le carte sono gli strumenti più comunemente associati alla geografia. Oggetti semplici, che permettono di
rappresentare e visualizzare le diverse parti del mondo.
Le carte geografiche
Sono rappresentazioni della terra o di sue parti in dimensioni ridotte. Esse sono anche dette simboliche
perché i diversi oggetti sono rappresentati da simboli, per esempio città con i cerchietti, infine sono
approssimante, non soltanto perché è impossibile rappresentare in piano la superficie curva della terra, ma
anche perché tutti gli oggetti presenti su di essa ne vengono riprodotti solo alcuni più importanti.
Le carte geografiche sono dotate una leggenda, cioè spiegazione dei simboli usati, e una scala che indica
quanto è stata ridotta la superfice rappresentata. La maggior difficoltà nelle costruzione delle carte sta nel
rappresentare il piano di una superficie curva deformandola il meno possibile. A tal modo si ricorre a
trasformazioni geometriche dette proiezioni cartografiche. Le proiezioni possono variare:
• Le proiezioni che mantengono le proporzioni tra le distanze e vengono dette “equidistanti”:
carte stradali.
• Possono invece mantenere proporzionali le aree e in questo caso sono dette “equivalenti”: carte
politiche ed economiche.
• Oppure possono mantenere esatti gli angoli tra meridiani e paralleli, allora sono dette
“isogone”: carte nautiche.
Le deformazioni sono maggiori quanto più è vasta la superficie rappresentata, mentre quelle che
rappresentano territori piccoli la deformazione non è avvertibile. A seconda delle porzioni delle superfici
possiamo avere:
• Mappamondi o planisferi: rappresentano il mondo intero.
• Carte geografiche: che rappresentano un continente o un paese, o una vasta regione. La scala varia
da 1:50 milioni a 1:100.000.
• Carte topografiche: che rappresentano molto dettagliatamente una porzione di territorio più
limitata. La scala varia tra 100.000 e il 10.000.
• Mappa: rappresenta una porzione di territorio molto dettagliata. La scala è inferiore a 10.000. Se
rappresentano una città vengono chiamate piante.
Le carte si distinguono in:
• Fisiche, che rappresentano tratti naturali fondamentali,
• Politiche, che, oltre a pochi tratti fisici, riportano confini degli stati, vie di comunicazione, le
città è quanto opera dell’uomo.
Le carte tematiche rappresentano cose che non si vedono nel paesaggio, come caratteristiche sociali o
economiche della popolazione.
Le carte possono servire per rappresentazioni particolari come cartogrammi, in cui i dati numerici,
opportunamente elaborati su una carta e rappresentati da colori diversi o da figure geometriche. Le
possibilità offerte dai cartogrammi sono vastissime e affascinanti: possono rappresentare le attività umane.
Telerilevamento
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Il telerilevamento è acquisire informazioni a cose che si trovano a distanza dal punto di visione. Affidandosi
a sensori montati su satelliti, la distanza tra il soggetto studiato e i sensori che lo rivelano possono essere
anche diverse migliaia di chilometri. Le prime applicazioni di telerilevamento riguardano soprattutto lo
studio delle condizioni dell’ambiente naturale, in particolare nel settore della meteorologia.
GPS: Global Positioning Sytem
Il sistema di GPS utilizza una costellazione di satelliti artificiali e i segnali radio da essi trasmessi per
determinare la posizione assoluta di persone, luoghi o elementi della superficie terrestre, misurando il tempo
che il ricevitore GPS impiega per ricevere un segnale dal satellite e calcolando, di conseguenza la distanza
del satellite dal ricevitore. E’ possibile applicare i principi geometrici della geometria per calcolare latitudine,
longitudine e altitudine del punto dove ci si trova.
GIS: Geographic information system
Il sistema GIS è dovuto alla necessità di migliorare la funzionalità delle carte e delle analisi spaziali di dati
georeferenziati, cioè dei dati a cui è attribuita una precisa localizzazione sulla superficie terrestre.
Le georeferenziazione dei dati può avvenire in modo diretto indiretto: il primo riferito alla latitudine e
longitudine, mentre il secondo deriva le coordinate geografiche da altre informazioni di tipo spaziale. Il GIS
è quindi costituito da una combinazione di hardware e software. I dati sono immagazzinati in diversi strati.
Il GIS, può effettuare analisi statistiche e calcoli complessi, consentendo per esempio di selezionare la strada
migliore.
Il GIS ha grandi potenzialità per facilitare la risoluzione di problemi, costruire modelli relativi alle
condizioni sociali e ambientali e contribuire alle decisioni nel campo della pianificazione.
Il GIS però è un software a pagamento e necessita di apparecchiature hardware adeguate. Questo permette
l’accessione unicamente ad istituzioni con risorse e conoscenze tecniche sufficienti. Inoltre, il GIS, la visione
del mondo che propone è molto legata all’Occidente a scapito delle altre parti del globo.
GLOBALIZZAZIONE
La globalizzazione è l’insieme dei processi che contribuiscono a incrementare l’interconnessione e
l’interdipendenza tra le persone in tutto il mondo.
La globalizzazione era già presente nel XV secolo, mediante gli scambi commerciali e le rotte
intercontinentali. Ma la globalizzazione contemporanea si è andata ad affermarsi negli anni 60’ del secolo
scorso. Ciò che distingue la globalizzazione contemporanea da fattori precedenti è l’alto livello di
interdipendenza finanziaria, politica e culturale.
La Globalizzazione vede due modelli di espansione:
• Orizzontale, da luogo a luogo attraverso afflussi di beni;
• Verticale, da soggetti locali alle grandi organizzazioni mondiali, che rafforza i legami;
Essa può essere vista come un processo che rende le reti più lunghe, e allo stesso tempo più dense e
costrittive. La globalizzazione è stata favorita da cinque fattori:
• L’affermazione del capitalismo (sistema economico, il cui capitale produttivo è detenuto dai privati,
che lo utilizzano per ottenere dei profitti , dalla vendita di beni servizi prodotti da lavoratori
dipendenti, per poi rinvestirli in attività produttive e finanziare e far accrescere il capitale stesso);
• Innovazioni tecnologiche, in campo di trasporti e comunicazioni;
• Riduzione dei costi e dei tempi dei trasporti e comunicazioni;
• Aumento dei flussi di capitale finanziario (Per capitale intendiamo l’insieme dei mezzi di
produzione, che combinandosi con il lavoro salariato, permettono la produzione di beni e servizi.
Comprende i denaro (capitale finanziario) e beni produttivi);
• Diffusione di politiche e assetti istituzionali a favore dei fattori precedenti;
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Nel 1995 nasce l’organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization, WTO) il cui scopo è
quello di istruire regolamentazioni di commercio internazionale.
Un ruolo nella globalizzazione è svolto principalmente dalle imprese multinazionali.
Le multinazionali traggono i propri ricavi da operazioni che avvengono in paese diverso da quello della sede
centrale, e quindi esse hanno sedi dislocate. Per finanziare le proprie attività le multinazionali trasferiscono
denaro proprio o prendono in presto dalle banche verso i paesi stranieri dove hanno sedi o interessi mettendo
in atto quelli che vengono definiti investimenti diretti all’estero (IDE). L’utilizzo dell’IDE è controverso,
da una parte abbiamo l’aumento di flussi capitali rivolti verso paesi specifici e quindi di conseguenza
promozione di nuove attività economiche e aumento dell’occupazione, ma dall’altra si ha una limitazione
delle imprese locali che non hanno le stesse risorse finanziare. Inoltre, le multinazionali rimpatriano i profitti
senza lasciare alcuna garanzia al paese che le ha ospitate.
La globalizzazione irrompe nella diversità culturale e s’impone sulla cultura di massa. (Pratiche, attitudini,
preferenze condivise da un gran numero della popolazione e considerata modello dominante)
Sono stati rilevati tre tesi o concetti chiave sugli effetti della globalizzazione:
• Omogeneizzazione: la globalizzazione tende a far convergere i gusti le convinzioni e le pratiche
culturali rendendole simili in tutto il mondo.
Una delle conseguenze dell’omogeneizzazione è la formazione dei luoghi non luoghi. Spazi locali
simili in tutto in mondo senza identità specifica. I paesi più avanzati nell’economia capitalista hanno
influenza economica e culturale sul resto del mondo.
• Polarizzazione: è il fenomeno per il quale tutte le relazioni tra i centri fanno capo ad un nodo
centrale, dal quale dipendono totalmente. La globalizzazione, proprio perché tende a creare un'unica
cultura di massa, contribuirebbe, per reazione, ad aumentare il senso di identità nelle diverse culture.
La globalizzazione è colpevole della creazione di forze più separatiste e fondamentaliste,
aumentando rischi per la sicurezza degli individui e stati.
• Glocalizzazione: il processo per cui gli attori globali e quelli locali interagiscono influenzandosi a
vicenda. Uno degli effetti della globalizzazione è la competizione tra i vari territori, in quanto sedi di
risorse potenziali che possono essere valorizzate utilizzando denaro e tecnologie. I soggetti
territoriali che hanno un identità territoriale comune, si mettono insieme combinando le risorse locali
con quelle globali. L’insieme di potenzialità è detto milieu territoriale. Si tratta di risorse naturali
originare che nel corso del tempo si sono combinate a prodotti di cultura materiale, immateriale, e di
capitale sociale e istituzionale locale. L’insieme di questi elementi forma il sistema locale
territoriale. (Un sistema formato da una rete locale di soggetti che cooperano per valorizzare
risorse specifiche del loro contesto territoriale interagendo con le reti globali della finanza della
conoscenza e delle grandi imprese che operano su scala globale)
Nella tesi glocalizzazione il rapporto delle reti globali con i sistemi locali non è sempre e soltanto
un rapporto di dominanza-dipendenza che porta fatalmente a cancellare le specificità e le identità
locali. Le reti globali funzioni attraverso i loro nodi, cioè le differenti sedi. Le reti globali hanno
dunque bisogno dei sistemi locali: esse li vedono come serbatoi potenziali di risorse localizzate che
assicurano loro dei vantaggi competitivi sul mercato mondiale. I sistemi locali valorizzano il proprio
patrimonio culturale e artistico per attrarre flussi e investimenti esterni.
La glocalizzazione è quindi il risultato di una relazione dinamica tra forze globali e locali, per cui le
forze globali si localizzano mentre quelle locali si globalizzano. l problema dei sistemi locali
competono tra di loro e dovranno trasformare le proprie risorse identitarie in vantaggi competitivi
per attrarre investitori globali, quindi ciò li porterà indubbiamente a differenziarsi.
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MERCIFICAZIONE DELLA CULTURA
La cultura materiale include artefatti, strumenti e strutture tangibili e visibili creati dalle persone. Le
relazioni sociali sono influenzate dai beni materiali a causa dei significati che possono trasmettere.
La cultura immateriale invece, non è tangibile ed è legata alle tradizioni orali e alle pratiche di
comportamento.
La geografia culturale è una branca della geografia umana che attribuisce particolar importanza alle idee e
attività, e del relazionarsi delle persone con il territorio.
La mercificazione della cultura è la trasformazione in merce delle espressioni culturali materiali e
immateriali.
La pubblicità è una delle principali forze che influenzano i modelli di consumo, sia alla scala locale, che
globalmente. La pubblicità è studiata per influenzare il comportamento dei consumatori. I diamanti hanno un
prezzo molto elevato a causa di un lungo processo economico, geografico e di marketing. (Anello con
diamante è diventato un rito diffuso e standardizzato, esempio il Giappone) . Il mercato non ha solo
influenzato le culture materiali, ma coinvolge con forza sempre maggiore anche le culture immateriali delle
comunità indigene. La mercificazione della cultura viene contestata soprattutto perché da essa le persone ne
derivano parte della loro identità, e inoltre solleva problemi di confini culturali. (Questione Haka in nuova
Zelanda)
L’industria del patrimonio, le imprese che gestiscono o traggono profitti dalle eredità del passato come
tradizioni musicali, musei, monumenti o siti storici e archeologici. La trasformazione del patrimonio, o
Heritage, in un’attrazione, spesso implica una mercificazione del passato. Ciò può essere fonte di tensioni e
conflitti quando a uno stesso bene culturale è attribuito un diverso significato.
Con patrimonio mondiale si indicano quei siti ai quali viene attribuito un valore eccezionale d universale per
tutta l’umanità. Le campagne per la protezione del patrimonio mondale si sono intensificate sotto la guida
dell’unisco. Per patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, s’intendono quei luoghi specifici che sono stati
riconosciuti a livello internazionale come sito di eccezionale qualità culturale o naturale.
L’Unesco l’organizzazione delle nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura fu fondata nel 1945
per incoraggiare la collaborazione tra le nazioni nelle aree dell’educazione, scienza, cultura e comunicazioni.
Le è stato riconosciuto un importante ruolo nell’aumento della consapevolezza riguardo le risorse culturali
globali e, in alcuni casi lo sviluppo di destinazioni turistiche. In realtà il vero patrimonio mondiale è la
diversità culturale (il contrario dell’omogeneità culturale, ovvero malgrado i cambiamenti diversi gruppi
umani continuano a conservare le loro differenze culturali) di cui i siti dell’Unesco ne sono un’espressione.
L’UNESCO ha dovuto contrastare la WTO che vedeva un limite alla mercificazione dei beni e servizi
culturali.
GEOGRAFIA CULTURALE E SAPERI LOCALI
Il folklore si riferisce a particolari gruppi di persone i cui membri condividono gli istessi tratti culturali e
vivono prevalentemente in aree rurali, con meno occasioni di contatto con l’economia di mercato
globalizzata. Si è passati al concetto di cultura popolare per indicare quella parte di cultura tradizionale,
propria delle classi subalterne, non ancora completamente trasformata che si oppone alla cultura colta delle
classi dominanti. Oggi preferiamo parlare di cultura locale. (pratiche, fenomeni e preferenze condivise dai
membri di una comunità che interagisce con le caratteristiche naturali e storie di un certo ambiente locale)
Il sapere locale s’indica la conoscenza collettiva di una comunità, che ne deriva dalle attività e dalle
esperienze quotidiane dei suoi membri con milieu sociale e territoriale in cui è inserito. Le sue caratteristiche
sono:
• Viene tramandato oralmente;
• E’ dinamico e in continua evoluzione e si modifica in seguito a nuove scoperte;
• Non è un’entità unica e monolitica;
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In passato i saperi locali erano considerati inferiori, per un’ottica di colonialismo. Ciò contribuì alla nascita
del diffusionismo, secondo cui la scienza e la tecnologia europea avrebbero aiutato altri popoli ad evolvere.
Le conoscenze locali spesso offrono strumenti per la risoluzione dei problemi individuali che collettivi, nel
lungo tempo, come la creazione di modelli di sviluppo sostenibile (Sviluppo che soddisfa i bisogni del
presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri).
Medicina
La medicina tradizionale , pratiche mediche derivate da conoscenze e credenze antiche sul funzionamento
del corpo umano, utilizzate per mantenere la salute o guarire dalle situazioni di malessere.
La medicina tradizionale rappresenta la più antica forma di medicina praticata dal genere umano,
contrapposta quella allopatica (pratiche mediche che cercano di curare o prevenire le malattie attraverso
farmaci testati e sperimentati secondo procedure scientifiche) talvolta chiamata medicina moderna o
occidentale che si è sviluppata in seguito alle scoperte biologiche e scientifiche.
Acqua
Quello di gestire l’acqua è un compito fondamentale svolto dagli uomini anche se in modo diverso e a
seconda del luogo e della scala d’osservazione.
Architettura
L’architettura tradizionale (strutture architettoniche di uso comune, abitazioni, edifici pubblici, presenti in
determinato luogo periodo storico o comunità), per più di un secolo ha avuto rapporti molto stretti con la
geografia umana, in virtù delle prospettive che riesce ad offrire sull’utilizzo dello spazio da parte dell’uomo
e del rapporto con il sito. Essa risponde ai specifici bisogni, in accordo con i valori, le economie e i modi di
vita delle culture che le producono.
Le popolazioni
17 Miliardi di persone che vivono sulla terra sono distribuite in maniera disomogenea. Per calcolare la
pressone della popolazione sulla terra si utilizzano:
• “Densità aritmetica”: rapporto tra la superficie di un area e il numero dei suoi abitanti (ab/km2);
• “Densità fisiologica”: rapporta tra la superfice agricola produttiva di un determinato territorio e il
numero dei suoi abitanti;
La popolazione mondiale tende a concentrarsi in territori caratteri stazzati da specifiche condizioni naturali,
coste, pianure, ricchezza di acque. Il 70% vive entro 400 chilometri dalle coste.
La fertilità (o fecondità) fa riferimento al numero di nascite all’interno di una determinata popolazione
(natalità). I cambiamenti demografici sono dovuti al numero di nascite (natalità) e di morti (mortalità)
condizionati da fattori biologici, sociali, economici politici e culturali.
La fertilità si misura principalmente con due fattori:
• Tasso di natalità: numero annuo di nati vivi ogni mille abitanti
• Tasso di fecondità: numero media annuo dei nati vivi per donna in età feconda
Fattori che influenzano la fertilità
La fertilità tra diverse regioni geografiche è condizionata da fattori biologici, culturali, sociali economici e
politici. In molte società in via di sviluppo le discriminazioni pongono le donne in posizione subordinata, e i
figli vengono considerati come un investimento.
Spesso alla povertà vengono associati alti tassi di fecondità, dal fatto che le persone con un reddito inferiore
hanno un grado di istruzione più basso. Istruzione elevata spesso correla tassi di fecondità inferiori. A causa
di questi diversi fattori, i tassi di fecondità sono molto variabili nelle diverse parti del mondo.
I governi possono controllare la fertilità inducendo politiche nataliste o anti-nataliste, mirate a incentivare il
tasso di fecondità (es. Francia con sgravi fiscali, protezione all’occupazione, sostegno logistico) oppure a
limitare la crescita ( es. Cina con la politica del “figlio unico”).
Mortalità
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La mortalità è il rapporto tra il numero delle morti di una certa popolazione in un dato periodo di tempo (di
solito un anno) e l’ammontare medio della popolazione dello stesso periodo.
Anche la mortalità ha una grande variabilità geografica che dipende fai fattori sia naturali che sociali. Tra i
primi si annoverano i disastri naturali, che possono portare ad un improvviso incremento del numero di
decessi. Un fattore naturale di variabilità spazio-temporale della mortalità che nel passato ha giocato un ruolo
preponderante è rappresentato dalle epidemie.
I fattori politico-sociali che incidono sui tassi di mortalità di un determinato territorio sono le guerre e le
guerriglie locali, presenti tutt’ora in molti paesi soprattutto nel Sud del mondo. Una forte variabilità deriva
dalle caratteristiche dei sistemi sanitari nazionali. Nei paesi più poveri non sono disponibili strutture e risorse
per prevenire o guarire molte malattie.
I tassi di mortalità non sono indicatori della qualità di vita o della salute della popolazione. Per indagare si
preferisce ricorrere a dati come la speranza di vita e la mortalità infantile.
La mortalità infantile
La speranza di vita indica la lunghezza media della vita delle persone, in base ai tassi mortalità correnti del
paese dove vivono. La speranza di vita media, sommando quella degli uomini e quelle delle donne (29 anni
dal 1900 ai 67 anni di oggi). La speranza di vita può variare molto a seconda della crescita/decrescita
economica, o dai fattori socio-politici.
Un secondo importante indicatore della qualità di vita di una popolazione è il tasso di mortalità infantile
ovvero il numero di nati, ogni mille, che muoiono prima di compiere un anno di età. Alti tassi di mortalità
infantile sono segno di cure sanitarie inadeguate.
Composizione della popolazione
Ogni popolazione è caratterizzata da una specifica composizione, data dalle caratteristiche dei gruppi che la
compongono. L’analisi della composizione di una popolazione fornisce gli strumenti utili per prevedere in
che modo questa popolazione potrà variare in futuro. Le abitudini di una popolazione determinano le
variazioni nelle caratteristiche dei servizi. Uno degli strumenti più diffosi per rappresentare la composizione
di una popolazione è la piramide delle età.
Piramide delle età
La piramide delle età è un istogramma che rappresenta la composizione di una popolazione divisa per classi
di età e per genere (M e F). L’asse verticale raffigura le classi di età (coorti) della popolazione rappresentata,
ovvero la percentuale di persone nate in un determinato periodo di tempo, a partire dalla classe più giovane.
La piramide suddivide la componente maschile da quella femminile di ciascuna classe di età , collocando
solitamente la prima sulla sinistra dell’asse verticale e la seconda alla sua destra. Si possono individuare tre
categorie di piramidi della popolazione, alle quali corrispondono popolazioni a forte fattore crescita,
popolazioni a crescita lenta o in declino.
Indice di dipendenza
La popolazione di età inferiore ai 15 anni e superiore ai 65, è composta da soggetti definiti dipendenti.
L’indice di dipendenza è il rapporto tra la popolazione in età lavorativa con meno di 15 e più di 65 anni.
Esso permette di fare previsioni sui cambiamenti ai quali la società di un paese andrà in contro nel futuro.
Gli stati con una popolazione giovane, si preoccupano di avere strutture scolastiche e abbastanza posti di
lavoro. Al contrario, quelli percentuale di anziani maggiore, oltre a servizi specifici ad essi dedicati possono
far prevedere la necessita di incrementare l’immigrazione da altri paesi di fronte l’offerta di manodopera.
Il tasso di crescita naturale
Il tasso di crescita naturale è la percentuale annua di crescita di una popolazione senza considerare i flussi
migratori. Viene calcolata sottraendo il tasso di mortalità a quello di natalità e convertendo il risultato finale
in percentuale.
Quando il tasso di mortalità e superiore a quello di natalità, viene determinato un leggero decremento della
popolazione complessiva. I tassi di crescita naturale servono per calcolare il tempo di raddoppio della
popolazione, ovvero il numero di anni necessario affinché questa duplichi le proprie dimensioni. Questi
calcoli sono delle previsioni, perché con gli anni possono cambiare i tassi di crescita. Nei prossimi anni si
avrà un progressivo avvicinamento del tasso di crescita naturale della popolazione con i cambiamenti sociali
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derivati dai progressi della medicina, dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione.
Questo modello descrive il percorso che porta un paese a passare, nel corso del tempo, da tassi di natalità e
mortalità elevati, a valori molto inferiori.
La transizione demografica è il passaggio di un paese nel corso del tempo, da tassi di natalità e mortalità
elevati, a valori inferiori. Questo modello però non prende in considerazione le migrazioni, quindi offre solo
una rappresentazione parziale dei cambiamenti demografici.
Quando un paese entra nella transazione demografica, si verifica un cambiamento nella tipologia di malattie
che determinano la mortalità della popolazione. (Transazione epidemiologica)
Differenze di sesso
Il concetto di ruolo di genere indica le aspettative sociali, le responsabilità o i diritti che spesso vengono
associati all’essere uomo o donna. La sessualità è l’elemento fondamentale dell’identità sociale ed
individuale, che deriva da orientamenti attitudini, desideri e pratiche di tipo sessuale. Il genere sono le
caratteristiche culturali o sociali che nel pensare comune di una società vengono attributi all’appartenenza al
sesso maschile o femminile.
Ripercussioni geografiche in termini di utilizzo di certe tipologie di spazio, in particolare gli spazi pubblici,
che dovrebbero essere aperti ed accessibilità a tutti, ma che la rigida applicazione delle norme eterosessuali
rende di fatto non realmente pubblici.
L’indice di mascolinità è la percentuale tra il numero di maschi e il numero di femmine di una popolazione.
In codizioni normali, nascono leggermente più maschi che femmine, determinando un indice di mascolinità
105/100. Sono diversi i fattori che possono determinare la disparità tra il numero di donne e quello di uomini
in una popolazione, in particolare i tassi di mortalità , superiori dei maschi di tutte le classi di età e la
maggiore durata media della vita delle donne.
Diseguaglianza di genere
In molte parti del mondo, i ruoli di genere sono influenzati da tradizioni antiche, che ancora oggi
condizionano la vita delle famiglie delle comunità. La persistenza di questi ruoli tra uomini e donne, possono
generare in barriere sociali o in disuguaglianze di genere.
Le disuguaglianze di genere sono le disparità tra uomini e donne per quanto riguarda opportunità, dirtti,
benefici, comportamenti e status sociale.
La teoria malthusiana della popolazione
L’economista inglese Thomas Malthus nella sua opera del 1798, intitolata “Saggio sul principio della
popolazione”, giunge la conclusione che la causa principale della povertà fosse l’eccessivo aumento della
popolazione. Di fronte ad una crescita demografica, il numero di persone che vivono in un paese supera
presto la dimensione massima sostenibile dalle risorse alimentari di quel paese. L'apparizione di ostacoli
repressivi come le carestie o le epidemie aumentano la mortalità riducono la popolazione rendendo di fatto le
dimensioni della popolazione di uno Stato direttamente collegate la sua capacità produttiva alimentare. Le
persone avrebbero dovuto volontariamente mettere in atto ostacoli preventivi, come i matrimoni tardavi e
l’astinenza sessuale.
Si affermò l'idea che ogni territorio il mondo intero abbiamo una certa capacità di carico, dovuta alla
limitatezza delle sue risorse e quindi dal numero di persone possono viverci in condizioni di vita accettabili.
L’ambiente viene visto come principale fattore che determina la possibile produzione di risorse alimentari e
quindi la dimensione della popolazione.
Povertà e insicurezza alimentare
L’insicurezza alimentare è l’impossibilità fisica o economica, di alcune persone ad accedere al cibo a causa
di fattori come povertà sovrappopolazione, guerre conflitti, scarsità di risorse degrado ambientale o disastri
naturali. La fame è il bisogno fisiologico di mangiare. La denutrizione consiste in un alimentazione
insufficiente. La malnutrizione consiste in un alimentazione carente di alcuni alimenti indispensabili come
proteine, vitamine e ferro.
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La disponibilità mondiale di alimenti nel complesso è aumentata grazie soprattutto al miglioramento delle
tecniche agricole e alle nuove varietà di cerali con alte rese per ettaro introdotte dalla “rivoluzione verde”,
ma in alcuni paesi, soprattutto quelli africani, la situazione di sotto alimentazione è peggiorata.
Migrazioni
La migrazione è spostamento permanente o di lungo termine di un individuo o di un gruppo di persone dal
proprio luogo di origine ad un altro luogo. Ogni migrazione prevede un emigrazione, la partenza da un
luogo, e un immigrazione, l’arrivo in un altro luogo. Il calcolo del saldo migratorio netto considera i
cambiamenti della popolazione di un determinato luogo in seguito alle immigrazioni e alle emigrazioni. Il
cambiamento demografico di un territorio, quindi, può essere calcolato attraverso l’equazione demografica,
che considera la crescita naturale di una popolazione e il saldo migratorio in un determinato periodo di
tempo.
La circolazione invece è lo spostamento temporaneo spesso ciclico di un individuo di un gruppo di persone
dal proprio luogo di origine ad un altro luogo. Comprende le migrazioni temporanee ei movimenti pendolari.
La migrazioni possono essere:
• Forzate: si verificano quando una persona, gruppo sociale, un governo o altro costringono un
individuo o un gruppo di persone a cambiare luogo di residenza , senza che questi ultimi abbiano
alcuna voce in capitolo;
• Volontarie: sono invece trasferimenti di lunga durata, o permanenti, effettuati in seguito ad una
scelta, anche se spesso queste dovuta situazioni particolarmente difficili in patria, che offrono la
possibilità di scelta molto limitata;
Le maggior parte delle migrazioni hanno in comune il movimento da paesi poveri e soggetti a guerre e a
regimi dispotici, verso paesi ricchi e sicuri, i flussi delle campagne alle città è la maggior propensione degli
uomini rispetto alle donne a lasciare il proprio paese per destinazioni lontane.
Fattori di attrazione
Fattori di spinta (push factors) e fattori di attrazione (pull factors), che contribuiscono alla scelta di
emigrare determinata dalla percezione che ciascun individuo ha di queste variabili complesse e dai mezzi di
cui egli dispone per realizzarle. Le migrazioni volontarie, la cui scelta è necessitata da condizioni di estrema
povertà, e di insicurezza e quelle in cui la scelta parte dal desiderio e dalle opportunità di migliorare le
condizioni di vita.
Tendenze globali delle migrazioni
Si parla di migrazione internazionale quando un individuo si trasferisce in maniera permanente per un
lungo periodo di tempo in uno Stato diverso da quello di origine. Il 3% della popolazione mondiale
appartiene ai migranti internazionali. Le migrazioni internazionali sono molto più difficili da organizzare e
da portare al termine con successo rispetto a quelle nazionali. Negli ultimi anni le migrazioni internazionali
sono state soggette regole più stringenti quanto lo siano mai state in passato.
Sta cambiando la direzione dei flussi, che non è più principalmente dal Sud al Nord del mondo, ma anche
sempre di più tra paesi del Sud. I fattori principali sono: la crisi economica che ha investito i paesi
economicamente più avanzati, lo sviluppo economico di alcuni paesi del Sud ei cambiamenti climatici. I
flussi in entrata si sono ridotti e sono attivati anche flussi in uscita. In pratica la crescita di questi paesi
emergenti, fa si che i lavoratori dei paesi vicini li scelgano come meta preferita anche per maggior facilità nel
raggiungerli.
Profughi ambientali
Vengono definiti profughi ambientali quanti lasciano il loro paese perché eventi climatici legati al pianeta
hanno reso invivibile loro terre. Abbiamo uno sradicamento definitivo di milioni di persone dalle loro terre.
Le migrazioni nell’America settentrionale
Negli Stati Uniti immigrati si sono ridotti da 1.800.000 nel 2008 a 1.400.000 nel 2010. Stati Uniti e il
Canada fissano delle quote massime al numero di immigrati che possa essere accolti ogni anno. Immgration
and Nationality act, quote erano tarate in base al paese di provenienza, mentre oggi le quote sono basate
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sulle categorie di migranti, rappresentate ad esempio dai migranti lavoratori o da chi trasferisce per un
ricongiungimento familiare.
America Latina
L'America Latina era una delle principali destinazioni per l'Immigrazione, questa tendenza s’invertì
soprattutto a causa dell'instabilità economica e politica. Negli anni ‘80 i rivolgimenti politici in molti paesi
dell'America Centrale portarono ad un netto aumento dei tassi di emigrazione da quell'area.
Europa
L’Europa storicamente è stata sempre terra di emigrazione, ma negli ultimi sessant’anni questa tendenza si è
invertita, trasformando il continente europeo in una delle principali mete di migranti di tutto il mondo.
Nel dopo guerra gl’immigranti avviavano una una catena migratoria che portò altrimenti della loro famiglie
della loro comunità raggiungerli.
Negli anni ‘80 e ‘90 queste tendenze migratorie hanno visto grandi cambiamenti causati due importanti
eventi la caduta del blocco sovietico e la guerra nei Balcani. Alcuni migranti hanno chiesto asilo politico e lo
status di rifugiati in altri paesi europei.
Il rifugiato è chi fugge in un paese diverso dal proprio di origine per garantire la sicurezza personale e per
scampare ad una persecuzione.
L’asilo politico è la protezione dalla persecuzione garantita da uno Stato ai rifugiati provenienti da un paese
straniero.
Chi fugge dalla persecuzione nel proprio paese di origine ha diritto di richiedere asilo politico quando fa
ingresso in un altro stato. Negli anni Novanta la Germania ha ricevuto più richieste di asilo di tutti gli altri
paesi europei, a causa dei generosi sussidi che la legge tedesca prevedeva per i rifugiati.
La Germania ha così applicato la politica del “paese sicuro”, le richieste di asilo vengono rifiutate a chi sia
passato attraverso un altro paese sicuro.
In Europa arrivano 300.000 e 500.000 nuovi immigrati ogni anno, e oggi la maggior parte dei pesi europei ha
un saldo migratorio positivo che va a compensare il naturale decremento di popolazione.
Il tasso di variazione naturale negativo è di -0,3% saldo migratorio che si è assestato sull’1,2% quindi ad un
incremento della popolazione europea, dovuto alle migrazioni.
Questo tipo di immigrazione crea diversi problemi. IL primo è la diseguaglianza spaziale dei flussi di
immigrati, che si concentrano prevalentemente nei paesi dell’Europa meridionale più facilmente accessibili.
I flussi migratori non saranno sufficienti a risolvere il problema del decremento della popolazione europea.
Italia
Nel XX secolo, l’Italia fu esportatrice di manodopera. Tra il 1861 e il 1975 sono emigrati 29 milioni di
italiani e circa 9 milioni sono rimasti definitivamente all’estero. All’inizio del XIX secolo la maggior parte
degli emigrati si recava in America, Brasile e Argentina. Un’altra grande ondata migratoria si ebbe dopo la
seconda guerra mondiale, verso l’Europa centro-occidentale, Canada e Australia.
Negli anni ’70 l’emigrazione verso l’estero diminuì notevolmente e l’Italia da pese di emigranti diventò
paese di immigrazione. I flussi in entrata riguardavano i migranti diretti verso l’Europa centrale. Da luogo di
passaggio, diventò paese ospitante.
In vicinanza alle sponde meridionale e orientale del mediterraneo porta l’ingresso dell’Europa, la differenza
socioeconomica tra l’Italia e i paesi di provenienza degli emigranti. Nel 2010 l’Italia, con 4,3 milioni di
stranieri era il quarto pese europeo.
Il 7,5% della popolazione italiana è composta da emigrati. Gli extracomunitari, sono coloro non appartenenti
all’unione europea. Nel XXI secolo gli extracomunitari si sono aggiunti approfittando della libera
circolazione della manodopera tra i paesi della comunità europea. L’arrivo di migliaia di immigrati, in gran
parte profughi ha colpito le coste meridionali italiane, specialmente nel 2011 durante gli anni della
“primavera araba”.
Africa
Gli africani costituiscono il 9% di tutti i migranti internazionali e sono molto numerose le migrazioni tra gli
stati all’interno del continente. Gli europei nelle colonie hanno sfruttato la forza lavoro africana , gettando le
basi per flussi migratori che durano tutt’ora. In Sudafrica, per esempio, le miniere hanno attirato e attirano
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flussi di forte crescita di lavoratori migranti provenienti dai paesi circostanti. Gli immigrati intercontinentali
africani si sono rivolti soprattutto all’Europa occidentale e nord America, con percorsi anche della storia
coloniale.
Profughi interni sono persone costrette ad abbandonare le proprie località d’origine per migrare verso
un’altra regione dello stesso paese.
Asia
L’Asia è il continente che registra le percentuale maggiore di migranti di tutto il mondo, circa il 25% del
totale, la maggior parte si sposta tra un paese dello stesso continente.
L’economia israeliana si è arricchita di manodopera straniera dopo l’Intifada del 1987. Migrazioni asiatiche
dovute a rifugiati da paesi come l’Afghanistan e l’Iraq. Nell’asia migrazioni vengono all’interno dei confini
dello stesso paese. La Cina calcola 130 milioni di migranti interni. Maggior numero di cittadini che vivono
all’estero sono i cinesi 40 milioni, e gli indiani 20 milioni. In alcune zone dell’Asia il traffico di esseri
umani, spesso usato per rifornire il mercato della prostituzione, o per ottenere forza da lavoro da sfruttare,
coinvolge tra i 2 e 4 milioni di persone ogni anno.
Il transnazionalismo
Il transnazionalismo è il processo mediate il quale i migranti costruiscono reti di interazioni che legano il
paese d’origine e quello d’insediamento.
Le rimesse degli emigranti sono somme di denaro inviate alla madrepatria.
Il linguaggio
L’interconnessione e l’interazione di chi vive in una stessa regione avviene mediante il linguaggio.
Il Linguaggio è sistema di comunicazione basato su simboli quali vengono attribuititi significati condivisi.
Il rapporto tra linguaggio e la cultura è molto stretto. Quando due o più persone parlano la stessa lingua
s’innesca un interazione comunicativa, basata su segni e parole in grado di costruire concetti complessi.
Ogni lingua poi al suo interno presenta diverse varianti geografiche e sociali dette dialetti.
Dialetto: varietà linguistica (o idiomi) usata tra loro da abitanti originari di una particolare area geografica,
aggiunta ala lingua ufficiale.
Diversi da i dialetti sono le lingue minoritarie.
Lingua minoritaria è una lingua tradizionalmente usata nel territorio di una lingua ufficiale da un gruppo di
persone meno numeroso del resto della popolazione.
Tipi di linguaggi
Le lingue hanno una prima distinzione tra lingue naturali e lingue artificiali:
• Lingua naturale: nata ed evoluitasi nel corso delle comunità umane;
• Lingua artificiale: inventata intenzionalmente dall’uomo per facilitare la comunicazione tra parlanti
di lingue diverse.
Si calcola che nel mondo oggi ci siano 6.900 lingue diverse. Quello che conosciamo del linguaggio e delle
lingue deriva dai manufatti storici o dai testi sopravvissuti finora e, per questo, che esistono molti punti
oscuri nella ricostruzione storica del loro percorso. La conoscenza sull’evoluzione della lingua occorre per
darci informazioni sul nostro passato, e sulle relazioni tra le società antiche.
La famiglia linguistica è un insieme di lingue che condivide un origine comune. Metà degli abitanti della
terra, parla una lingua che appartiene alla famiglia indoeuropea. Le altre sono il cinese, l’arabo e il
giapponese.
I geografi solitamente ostruiscono mappe limitate alla rappresentazione della diffusione delle lingue più
comuni. Lo sviluppo dell’agricoltura e le migrazioni delle popolazioni che la praticavano fu un momento
chiave per la trasformazione della distribuzione delle lingue e delle famiglie linguistiche in tutto il mondo.
Nella maggior parte dei casi, questi processi si sono sviluppati nel corso di migliaia a di anni.
Le lingue indoeuropee, sono suddivise in diversi gruppi, rappresentano la famiglia linguistica con il maggior
numero di parlanti, circa la metà degli abitanti della terrà, e la più vasta diffusione geografica.
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Minoranze linguistiche
Le minoranze linguistiche sono comunità storicamente insediate in un territorio, che oltre alla lingua ufficiale
del paese, parlano una lingua minoritaria. In Europa, vi sono 60 lingue minoritarie, 10% della popolazione. Il
Consiglio europeo difende le lingue minoritarie.
Diffusione delle lingue e globalizzazione
Lo sviluppo delle tecnologie e la mobilità dell’uomo ha contribuito in modo significativo ad aprire spazi alla
diffusione delle lingue. Ma tale diffusione, è condizionata anche da forze politiche, economiche e religiose.
Le forze politiche hanno influito molto in passato e influiscono tutt’ora nello sviluppo e nella diffusione delle
lingue. Esempio c’è dato dal colonialismo. Esso è stato uno dei fattori principali nella diffusione delle lingue.
Le forze economiche possono influenzare in diversi modi la diffusione delle lingue, esempi ci vengono dati
dal turismo e dagli affari con l’estero. Per espandere la proprio economia un paese dev’essere disposto ad
aprirsi ad altre lingue.
Anche la religione rappresenta un importante fattore di diffusione delle lingue. Esempio con la religione
mussulmana strettamente correlata all’arabo.
La geografia linguistica non studia solo la diffusione delle lingue, ma anche il modo in cui esse vengono
adoperate in diversi contesti.
Dominanza linguistica
La dominanza linguistica è una situazione in cui una lingua si trova ad essere più fluente e importante
rispetto ad un’altra.
La lingua ufficiale è i la lingua indicata dalla costituzione dello stato, che viene utilizzata per le questioni
politiche ed amministrative. Anche le istituzioni economiche e politiche internazionali scelgono una o più
lingue ufficiali.
Il prestito linguistico è la parola che entra a far parte del vocabolario di una lingua pure provenendo da una
lingua diversa.
Lingue pidgin
La lingua pidgin è una lingua che mescola termini e pratiche grammaticali di due o più lingue che sono
venute in contatto.
La lingua creola è una lingua che si sviluppa a partire da un pidgin e che viene insegnata come prima lingua.
La lingua franca è una lingua che viene usata per favorire gli scambi commerciali o gli affari tra le persone
che parlano lingue diverse. Secondo molti il fatto che oggi l’inglese venga utilizzato per comunicare da
miliardi di persone in tutto il mondo e sia la lingua prevalente in molti contesti internazionali, non significa
che sia destinato a diventare lingua universale. Le forze della globalizzazione generano effetti diversi a
seconda dei contesti locali.
Lingua in pericolo è una lingua che non viene più insegnata ai bambini dai loro genitori ne utilizzata nelle
conversazioni quotidiane in famiglia.
Lingua estinta è la lingua senza più parlanti in vita. Vengono chiamate anche lingue morte.
Il metodo che i geografi e i linguisti usano per stabilire la diversità linguistica di una regione si basa
sull’indice di diversità, che mette in relazione le dimensioni della popolazione di un paese con il numero di
lingue che vengono parlate al suo interno. E’ importante tener presente che l’indice di varietà linguistica non
esprime direttamente il numero di lingue parlate in un paese.
Dialetti e toponimi
La lingua non è solo un mezzo di comunicazione, ma anche un espressione dell’identità culturale e persona l
di un individuo o di un gruppo. E proprio la lingua, infatti, il principale criterio che indentifica i moltissimi
gruppi culturali presenti nel mondo. I dialetti, varianti diverse della stessa lingua, offrono informazioni
importanti per la costruzione dei confini linguistici e per capire il rapporto tra la lingua e identità.
I dialetti sono idiomi subordinati ad altri, generalmente affini che in un certo momento della storia si sono
imposti come lingue sovraregionali. In Italia il dialetto toscano è stato scelto come lingua principale.
Le persone tra le diverse regioni hanno accenti diversi, ovvero un modo diverso di pronuncia delle parole.
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La geografia linguistica comprende un ramo chiamato geografia dialettale che studia la distribuzione
spaziale dell’uso dei diversi dialetti. In paesi dove la lingua ufficiale e dominante è di formazione
relativamente recente, le differenze dialettali sono principalmente date dalla pronuncia.
L’italiano deriva dal toscano, lingua scelta perché si ricollegava al latino. Fu scelta nel 1861 alla vigilia della
nascita del regno d’Italia. Era parlata da una minima parte della popolazione, ma poi grazie alle tendenze
istituzionali e culturali si è sviluppata nell’intera penisola. Appartiene alle 27 lingue ufficiali dell’UE.
Idiomi e lingue standard
Quando nello stesso paese si parla più di un idioma, uno di questi può venire considerato, o in alcuni casi
riconosciuto ufficialmente, come quello in base al quale si definisco le norme della lingua standard.
La scelta dell’idioma standard rispecchia la dominanza linguistica di certo modo di parlare, oppure il fatto
che ad utilizzare la lingua in quel modo siano le classe più elevate dal punto di vista socio-economico,
culturale o politico, facendo di una specifica variante della lingua un dialetto di prestigio. Esempi si trovano
nel Regno Unito, Cina, USA. La consapevolezza del fatto che ciascun dialetto elevato al rango di standard è
stato selezionato per motivi, culturali, politici può dare l’errore di pensare che sia quella la lingua più giusta,
a scapito di altri dialetti, che verranno considerati negativamente e stereotipati. Gli stereotipi negativi creano
barriere sociali e segregazione di gruppi etnici.
I toponimi
Il toponimo è il nome di un luogo. I geografi studiano toponimi per le informazioni che possono fornire
sulla presa del territorio e sul potere politico, sia perché testimoni della storia del insediamento umano in un
certo luogo. La scelta dei toponimi esprime in modo chiaro il senso di appartenenza ad un luogo.
Razza
Il concetto di razza deriva dall’idea scientificamente errata ma storicamente diffusa che si possono utilizzare
i tratti somatici per suddividere gli esseri umani. In realtà:
La razza è un gruppo umano individuato in base ad apparenze somatiche che di regola non sono correlate
con differenze genetiche rilevanti.
Oggi nel dibattito scientifico la razza viene considerata una “costruzione sociale”, cioè un’idea o fenomeno
che non esiste in natura, ma che viene creato dalle persone.
Il razzismo è l’intolleranza nei confronti di persone considerate geneticamente inferiori.
Il razzismo ha assunto spesso le caratteristiche di un ideologia:
L’ideologia è un sistema di idee e di valori che giustifica le opinioni, pratiche e gli orientamenti di un
gruppo.
In Europa tra XVII e il XVIII queste teorie hanno permesso di giustificare il fenomeno del colonialismo e
delle disuguaglianze sociali dei popoli costretti alla schiavitù dalla loro egemonia. La “razza bianca” era
diventata uno standard per misurare gli altri popoli.
Geografia della razza e del razzismo
La discriminazione istituzionale è la limitazione dei diritti di una parte dei cittadini di uno stato in base a
loro caratteri naturali o sociali.
Esempio di discriminazione istituzionale è il Sudafrica, dove, nei decenni successivi alla seconda guerra
mondiale, è stata messa in atto una delle manifestazioni più estensive di questa pratica, l’apartheid. Il partito
nazionalista salito al potere dopo la fine della seconda guerra mondiale, attuò una serie di politiche per
accentuare la separazione razziale, favorendo la minoranza bianca a scapito .
L’apartheid è una politica di discriminazione istituzionale e spaziale sulla base di caratteri razziali o etnici.
Etnicità
L’etnicità è la componente personale e comportamentale dell’identità di un individuo, basata sul senso di
appartenenza sociale a un gruppo che si differenzia dagli altri per i suoi caratteri culturali.
Gruppo etnico o etnia è l’aggregato di persone che condividono un identità culturale collettiva, che può
derivare da antenati, storia, lingua o religione comune, in base alla quale si sviluppano consapevolmente un
senso di appartenenza al gruppo. Viene anche usato come sinonimo di cultura locale.
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Questo concetto va differenziato da quello di nazionalità, cioè l’affiliazione di una persona ad uno stato che
solitamente avviene attraverso la cittadinanza.
L’ideologia di uno stato basata sull’omogeneità etnica ha portato in passato a numerosi casi estremi, le
politiche di “pulizia etnica” che hanno causato lo spostamento e lo sterminio d’individui.
Un ambito particolare per lo studio dell’etnicità è quello riguardante le popolazioni indigene. Infatti, esse
sono considerate come gruppi etnici sulla base di aspetti culturali, storici e politici.
Con la razza anche l’etnicità è una costruzione sociale soggettiva, che sfugge ad una rigida suddivisione
delle persone in categorie fisse, eppure i governi di molti stati insistono nel cercare di identificare
quantificare i diversi gruppi etnici o razziali nei loro confini per un maggior controllo.
Il concetto di etnia è indicato come sinonimo di cultura. Più complesso è invece il rapporto tra il concetto di
etnica è quello di civiltà.
Per civiltà s’intende un’etnia o cultura diffusa su un ampia area geografica, che presenta forme di un
organizzazione tecnica e sociale considerate evolute in base ai criteri di giudizio prevalenti nel mondo
occidentale.
Etnicità del paesaggio
La geografia etnica è un filone della geografia umana che studia le migrazioni e la distribuzione spaziale dei
gruppi etnici, l’interazione e le reti etniche e i segni dell’etnicità nel paesaggio, che contribuiscono a formare
i cosiddetti “paesaggi etnici”.
I geografi fanno riferimento al modello dell’assimilazione che descrive il risultato dell’interazione tra i
membri di un gruppo etnico e soggetti esterni come una graduale perdita dei tratti culturali delle credenze
delle pratiche che caratterizzavano la comunità di partenza. Le culture si mescolano e fondano tra esse.
In altri contesti invece, si parla d’integrazione, cioè progressiva accettazione da parte delle culture storiche
locali e quelle degli immigrati in un unico modello culturale.
Diverso è invece il modello del multiculturalismo, dove il gruppo etnico tende a resistere all’assimilazione
e mantenere i propri tratti culturali, credenze e pratiche distintive. “Enclavi etniche” dal punto di vista delle
aree geografiche.
L’eterolocalismo fa rifermento al mantenimento da parte dei componenti di un gruppo etnico disperso la
propria identità comune, anche se essi risiedono in luoghi diversi.
Insediamenti etnici
I geografi hanno individuato differenti tipi di insediamenti etnici, i cui i più importanti sono:
• Le isole etniche: aree rurali con dimensioni variabili;
• Quartieri etnici: tipici delle aree urbane;
• Ghetti: caso particolare di quartiere etnici, solitamente poveri e discriminati socialmente su base
razziale.
Al polo opposto dei ghetti si forma una segregazione sociale volontaria costituita da quartieri residenziali
ricchi con servizi esclusivi, recintati e controllati.
Per confrontare che peso ha un gruppo etnico in una regione con quella della stessa etnia sull’intero territorio
nazionale si usa il quoziente di localizzazione, che viene calcolato mediante un frazione che pone al
numeratore la popolazione di una determinata area in riferimento al gruppo etnico, mentre al denominatore la
percentuale totale della popolazione con stessa etnia.
Impronte etniche
Le impronte etniche nella società possono essere nascoste, oppure visibili, come nel caso della cultura italo
americana.
L’etnicità simbolica, è il modo in cui l’identità dei componenti di un gruppo etnico può venire trasmessa
attraverso una serie di simboli.
Conflitti etnici
Sotto l’etichetta dei conflitti etnici vengono fatti passare eventi molto diversi come:
• Crisi del Darfur: regione instabile a causa di rivalità etniche e tribali;
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• Disgregazione della Jugoslavia: odio etnico tra serbi, croati, bosniaci;
• Disordini nello Sri Lanka: conflitti tra singalesi e tamil;
Considerare questi conflitti uguali, anche se molto diversi da loro, potrebbe significare che l’unica causa sia
conclamata nell’odio tra la etnie . In realtà la maggior parte di questi conflitti è dovuta principalmente:
esclusione dal sistema politico da una parte della popolazione, dispute legate al controllo del territorio o
accesso alle risorse.
Giustizia ambientale
Il movimento della giustizia ambientale nato negli anni ottanta, che si prepone un trattamento equo e un serio
coinvolgimento delle persone nello sviluppo e nell’attuazione di leggi, regole e politiche relative
all’ambiente senza discriminazioni di razza colore, origine e reddito.
Le religioni
Le religioni sono sistemi di idee regole pratiche, normalmente organizzate in strutture di servizio e di potere,
che rispondono all’esigenza delle persone di dare un senso al mondo e al proprio ruolo al suo interno,
solitamente attraverso la devozione nei di una o più entità divine o comunque entità che si pongono al di la
della nostra esperienza nel mondo sensibile.
Si distinguono diversi tipi di religioni:
• Monoteistica: religione che venera un solo dio o una sola divinità;
• Politeistica: religione che venerà più divinità;
• Ateismo: convinzione dell’assenza di qualunque forma di divinità;
• Animismo: fede religiosa che crede nella presenza di divinità ed entità spirituali e nelle
manifestazioni della natura;
• Sincretismo: mescolanza di credi e pratiche religiose dovuta al prolungato contatto tra fedi diverse
in una certa area.
Esempio della fusione della tradizione africana con il cattolicesimo, o la “santeria” cubana.
I comportamenti religiosi comprendono dei rituali, come preghiere, certi modi di vestire o la celebrazione di
determinate festività.
Il rituale è un comportamento ripetuto regolarmente al quale le persone attribuiscono un significato
simbolico.
Un’ulteriore divisone religiosa avviene tra:
• Religioni universali: sistemi religiosi con una portata mondale che accetta chiunque come
potenziale fedele che spesso opere attivamente per acquisire nuovi convertiti.
Esse sono caratterizzate dalla presenza di un fondatore, che rappresenta un riferimento spirituale peri
fedeli.
• Religioni etniche: sistemi religiosi del quale salvo poche eccezioni fanno parte solo i membri di un
certo gruppo etnico e culturale. Esse sono caratterizzate da un’appartenenza determinata per nascita,
tanto che raramente esse usano dei missionari per diffondere il proprio credo e aumentare il numero
di fedeli.
Distinguiamo le religioni in abramitiche: Ebraismo, Cristianesimo e Islam; e religioni vediche: Induismo e
Buddismo.
Ebraismo
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Religione che conta 13 milioni di fedeli, distribuiti la maggior parte tra Israele e gli USA. E’ una religione
monoteista che riconoscono in Abramo il proprio profeta. La Torah, una delle sacre scritture narra e descrive
gli episodi più importanti della tradizione ebraica.
Cristianesimo
Il cristianesimo è la religione più diffusa al mondo con oltre 2,3 miliardi di fedeli, si basa sulla tradizione
contenuta nei libri sacri dell’Antico Testamento e dei quattro vangeli che raccontano la vita di Gesù e degli
apostoli. Il cristianesimo presenta tre divisioni:
• Cattolicesimo romano;
• Cristianesimo ortodosso che si divide tra Chiesa ortodossa Greca e Russa;
• Protestantesimo, in seguito alla riforma protestante nel XVI secolo;
Islam
L’islam è la seconda religione più diffusa al mondo, dopo quella cristiana, nonché quella che cresce con la
maggiore velocità. Il profeta dell’Islam è Maometto, il Corano è il libro Sacro peri mussulmani che contiene
la parola di Dio rivelata al profeta. L’islam presenta due correnti, riguardo la successione della morte di
Maometto, opposte:
• Sciti, coloro che ritenevano che il successore dovesse risiedere nella famiglia del profeta;
• Sunniti, coloro che ritenevano che il successore non dovesse risiedere nella famiglia del profeta;
Induismo
Gli induisti chiamano la proprie religione sanatama dharma, che significa “verità eterna”, mentre il termine
induismo, come la parola India è usato da chi non è induista. In tutto il mondo ci sono circa 900 milioni di
induisti, la maggior parte in India e nel Sud-Asia.
Buddismo
La religione buddista è legata alle culture dell’Asia orientale. Cina, Giappone, Taiwan, Singapore, dove si
mescola con altre tradizioni locali, quali il confucianesimo. Il fondatore del buddismo, Siddharta Gautama,
principe induista che rinnegò le proprie ricchezze per mettere fine alle afflizioni umane e diffondere la sua
illuminazione.
Sikhismo
Religione composta da 23 milioni di fedeli, è la più piccola delle religioni universali del mondo.
Focolai e diffusione delle religioni
Il focolaio è il luogo di nascita di una religione, solitamente rappresenta il suo centro simbolico, anche se in
molti casi la maggior parte delle persone che vivono in quel luogo praticano fedi differenti.
Il termine diaspora nasce per indicare la dispersione della popolazione ebraica avvenuta nel IV sec. A.C.
Dopo la fine del secondo conflitto mondiale e dell’olocausto nel 1948 venne fondato lo stato d’Israele in
Palestina.
Il cristianesimo diffuse la propria dottrina attraverso i discepoli per contagio e rilocalizzazione. Nel 313,
infine, l’Imperatore Costantino ne fece la religione ufficiale dell’impero romano contribuendo per diffusione
gerarchica.
Il colonialismo europeo e l’attività dei missionari hanno contribuito a diffondere il cristianesimo.
L’Islam che ha avuto origine nell’area della penisola araba. L’origine e la diffusione iniziale dell’Islam, sono
strettamente correlate all’ambiente urbano. All’Islam contribuirono le conquiste arabe e l’attività degli
studiosi mussulmani che fondarono biblioteche e università. La diffusione si è avuta soprattutto per
rilocalizzazione grazie ai viaggi dei commercianti islamici.
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Focolaio nel mondo indico
Il focolaio d’origine dell’induismo risale circa 4000 anni fa, tra il confine di Pakistan e India. L’induismo si
è diffuso in modo gerarchico, parallelamente alla diffusione dei testi di Veda.
Il buddismo più recente, risale al VI secolo. Esso è nato in india, per poi propagarsi nel resto dell’Asia.
I luoghi sacri
Un luogo sacro è un luogo al quale viene attribuito un particolare sbigonciato religioso e che per questo
motivo gli occhi dei fedeli diviene oggetto di devozione e rispetto. In alcuni casi il riconoscimento e
l’utilizzo dei luoghi può creare disaccordo e conflitti. Gerusalemme, è il luogo più sacro del mondo.
Pellegrinaggi
Il pellegrinaggio è un viaggio compiuto da un fedele verso un luogo sacro per motivi religiosi.
Comunità identità e scala
La religione offrere una base fondamentale per l’identità di un individuo o di una comunità.
Religioni e Insediamenti
La religione può far sviluppare un forte senso di attaccamento tra le persone e un territorio, che talvolta può
portare a conflitti alla rivendicazione di tali aree e come debbano essere esse adoperate. Mormoni americani,
o Israele è l’aspirazione ebraica al movimento sionista.
Tradizione e cambiamento
IL termine modernismo indica quella corrente intellettuale che incoraggia i pensiero scientifico, la
diffusione della coscienza e la fiducia nel progresso. Le radici risalgono all’Illuminismo della fine del
Settecento, potenziale contributo alla secolarizzazione della società, che ridurrebbe l’importanza l’influenza
della religione.
Nell’induismo vige ancora il sistema sociale delle caste, una forma gerarchica della stratificazione sociale.
Le resistenze nei confronti del cambiamento viene espresso attraverso il fondamentalismo religioso, che si
esprime attraverso diverse forme, richiede che la fede venga posta prima di qualsiasi altra cosa.
Il tradizionalismo islamico, è un movimento che si oppone all’occidentalizzazione e alla diffusione della
fede. Esso auspica il concetto di jihad, ovvero guerra santa contro gli infedeli.
Leggi religiose e spazi sociali
La componente ha una grande funzione nel funzionamento quotidiano della società, non solo per quanto
riguarda la sua presenza nella dimensione privata, ma anche gli spazi pubblici, nelle istituzioni, nel sistema
legale educativo e il governo possono essere influenzati dalla religione prevalente nel territorio.
Religione natura e paesaggio
Esistono molte connessioni fra la religione e il paesaggio naturale. Questo rapporto viene espresso con il
termine geo-pietà, per esprimere la devozione che alcune persone possono sviluppare nei confronti della
terra.
Si possono annoverare gli edifici religiosi per svolgere funzioni pratiche e simboliche, con diversi ruoli tra le
religioni.
La geografia politica
La geografia politica è quella branca della geografia che studia le relazioni di potere nello spazio geografico
con particolare riguardo agli enti istituzionali che esercitano controllo sui territori, popolazioni e risorse.
Il potere è la relazione di domino di soggetti invidiali o collettivi, pubblici o privati su altri soggetti.
Territorialità e sovranità
Nella geografia si fa rifermento a due concetti molto importanti, territorialità e sovranità:
• Il territorio è lo spazio dove avvengono le interazioni che possono essere di due tipi: esclusione di
individui e occupazione del territorio (territorialità negativa), e quella rivolta a cooperare con altri
(territorialità attiva);
In Europa in seguito alla pace di Westfaila (1684) gli uni organismi a cui è riconosciuto il diritto di esercitare
la completa sovranità sono gli stati.
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• La sovranità è l’autorità competa ed esclusiva di uno Stato sul suo territorio, sui suoi cittadini e sui
propri affari interni.
Lo stato
Lo stato esiste se presenta le seguenti caratteristiche:
• Possiede e controlla un territorio delimitato da confini definiti e riconosciuti da altri Stati;
• Sul suo territorio risiede stabilmente una popolazione che riconosce nelle leggi e nel governo dello
Stato;
• La sua esistenza viene riconosciuta dagli altri Stati;
• Ha un governo che si occupa degli affari interni e delle relazioni internazionali.
La sovranità costituisce un elemento fondamentale nell’esistenza di uno Stato.
Lo stato quindi è un’unità politica riconosciuta internazionalmente, caratterizzata da una popolazione stabile,
confini definiti e un governo con la completa sovranità sul territorio, sugli affari interni e le relazioni
internazionali.
Stato e Nazione
La nazione è una popolazione con aspirazioni politiche condivise, la cui identità collettiva richiama una
storia e un patrimonio culturale comuni e l’attaccamento allo stesso territorio.
Stato e nazione spesso vengono considerati sinonimi: ma la nazione è in riferimento al popolo, mentre lo
stato è un entità politicamente riconosciuta.
Gli stati multinazionali stati con una popolazione appartenente a due o più nazioni, come per esempio la
Svizzera, o l’ex Jugoslavia.
Gli stati nazione sono stati in cui i confini coincidono con quelli di una nazione, il cui popolo condivide un
senso di unità politica.
Imperialismo e colonialismo
L’imperialismo e il colonialismo sono processi legati, che hanno contribuito alla nascita degli stati
multinazionali.
L’imperialismo è il controllo diretto o indiretto esercitato da uno stato nei confronti di un altro stato o di
un'altra entità politica territoriale.
Il colonialismo è una forma di imperialismo in cui lo stato dominante prende possesso di un territorio
straniero occupandolo e governandolo direttamente.
L’istituzione delle colonie europee in africa è un degli eventi storici più evidenti di appropriazione
territoriale. La conferenza di Berlino (1884-1885) diede inizio al processo che portò alla definizione formale
dei moderni confini politici degli Stati del continente africano. Il tracciamento dei confini non tenne conto
minimamente della distribuzione dei diversi gruppi etnici che vivano in quelle terre, causando numerosi
conflitti successivamente.
Dopo la seconda guerra mondiale i popoli sollevarono e lottarono per ottenere l’indipendenza e
l’autodeterminazione, ovvero la possibilità di scegliere autonomamente il proprio stato politico.
I confini
Il confine è il piano verticale, solitamente rappresentato sulle carte come una linea, che definisce il territorio
di uno stato.
I confini oltre ad essere tracciate sulle carte vengono descritti attraverso documenti legai, segnati anche
fisicamente sul territorio, attraverso segnali, postazioni di controllo, barriere o demarcazioni. Quando non
viene segnalato è probabile che si tratti di un confine conteso.
I confini possono essere di differenti tipologie:
• Confini fisiocratici, sfruttano le caratteristiche fisiche di un territorio (Alpi, in Italia);
• Confini geometrici, sono tracciati lungo linee rette che spesso seguono il percorso dei meridiani e
dei paralleli. (Stati Uniti e Canada o Africa nel Congresso di Berlino 1884-1885);
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• Confini etnografici, tracciati a partire da uno o più trattati culturali come religione, lingua o etnia
(India e Pakistan);
• Confini relitti, tracce di antica di separazione di due entità territoriali che non sono più riconosciute
territorialmente, a causa di un evoluzione;
Estensione e forma degli stati
Gli stati sono caratterizzati da una grande differenza di forme e dimensioni. La frammentazione del territorio
di uno stato può generare delle enclave o delle exclave.
L’enclave è un territorio completamente circondato da uno stato ma non controllato da esso (San Marino o
Città del Vaticano).
L’exclave è un territorio separato dallo Stato al quale appartiene da uno o più stati. (Gibilterra, Falkland per
il Regno Unito)
La forma e la dimensione ha particolare importanza per quanto riguarda la coesione territoriale, specie per i
trasporti e la logistica. Importanti sono le identità nazionali, le tensioni economiche e la veste istituzionale.
Forze centripete e forze centrifughe
Gli stati devono confrontarsi con forze che possono mettere in discussione l’assetto unitario. Queste forze si
dividono in:
• Forze centripete (coesive), un evento o una circostanza che contribuisce a rafforzare il sentimento
unitario e quindi la coesione, della popolazione di uno stato (11 Settembre 2001 per gli USA);
• Forze centrifughe (disgregatrici), un evento o una circostanza che contribuisce a indebolire il
sentimento unitario della popolazione di uno stato e può portare alla sua disgregazione (Lega Nord,
nazionalismo in Jugoslavia);
Separatismo e decentramento
Il separatismo è il desiderio di una nazione di staccarsi dallo stato a cui appartiene. Il separatismo può
essere assecondato con una maggiore autonomia o all’autogoverno regionale.
Il decentramento avviene quando lo stato centrale trasferisce una parte dei poteri a una comunità o una
parte del territorio presente al suo interno.
Le divisioni territoriali interne. Centralismo, federalismo, sussidiarietà.
Nei sistemi federali, lo Stato delega parte del proprio potere alle entità politico-amministrative di scala sub-
nazionale. Esse hanno organi elettivi che possono darsi proprie leggi e attuare politiche indipendenti.
Il riconoscimento delle autonomie alle comunità territoriali delle scale inferiori, risponde al principio di
sussidiarietà, secondo cui un ente sotto-ordinato è in grado di fare qualcosa, l’ente sovra-ordinato deve
lasciargli questo compito.
Nei sistemi centralisti, il potere è concentrato esclusivamente nelle mani del governo nazionale che occupa
si occupa della produzione e dell’applicazione delle leggi e delle politiche in ogni parte del territorio,
lasciando alle autorità locali competenze unicamente amministrative.
Geografia elettorale
La geografia elettorale studia gli aspetti spaziali dei sistemi elettorali le caratteristiche della divisione del
territorio in distretti elettorali e le variazioni spaziali del voto.
Istituzioni internazionali e sovranazionali
L’internazionalismo è lo sviluppo di strette relazioni politiche ed economiche tra stati, esso è rappresentato
da organizzazioni sovranazionali.
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Un organizzazione sovranazionale consiste nell’unione di più Stati che decidono di lavorare insieme per
raggiungere specifici obbiettivi economici, militari, culturali o politici (ONU, CSI, NATO, UE)
L’Organizzazione delle nazioni unite (ONU), fu un istituita nel 1945, con lo scopo di promuovere la pace nel
mondo e mediare tramite l’uso della diplomazia tra i diversi stati. Tutti gli stati del mondo fanno parte
dell’ONU. La sede centrale è a New York, e al suo interno si collocano differenti agenzie con diverse sedi,
OMS a Ginevra, FAO a Roma, Corte di giustizia internazionale all’Aia.
L’assemblea generale è composta da tutti gli stati e controlla gli aspetti e le branche.
Il lavoro di mantenimento della pace e sicurezza internazionale è materia del Consiglio di Sicurezza.
L’unione europea, che comprende 28 paesi membri indipendenti e democratici del continente europeo, nasce
con l’obbiettivo di favorire la cooperazione economica tra i paesi dell’Europa Occidentale. La storia si
forma di diversi passaggi:
• Istituzione, nel 1944, dell’unione doganale di Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo;
• Attuazione piano Marshall per la ricostruzione europea;
• Istituzione della CECA, comunità europea del carbone e acciaio, che unì Germania Ovest, Francia e
Italia per rimuovere le barriere doganali;
• Trattato di Roma nel 1957, che istituì la Comunità Economica Europea (CEE);
• Trattato di Fusione, firmato nel 1967 che sostituì quello di Roma.
I dodici stati membri siglarono il trattato di Maastricht nel 1992, dando vita alla principale istituzione
sovranazionale europea.
Il rescaling
Il rescaling rappresenta la modifica delle aggregazioni politiche alle diverse scale territoriali, ad esempio con
la globalizzazione si è assistito ad un indebolimento dei poteri alla scala culturale e statale, a cui ha
corrisposto un loro rafforzamento alla scala, sovracomunale, regionale e sovrastatale.
La geopolitica
La geo-politica è lo studio delle relazioni tra attori politici che si contendono il possesso o il controllo di un
territorio.
La Geografia politica studia il rapporto tra spazio e potere così come storicamente si presenta, mettendolo
in relazione con l’insieme dei fenomeni fisici , demografici, culturali, sociali ed economici compresenti sulla
superficie terrestre. La geo-politica è una riflessione sui fatti al fine di orientare l’azione politica,
individuandone le leggi spaziali.
Tradizione Geopolitica
La geopolitica tradizionale si occupa di studiare i vari metodi in cui gli Stati acquistano il proprio potere
territoriale, le relazioni spaziali tra id diversi e stati e le loro strategie di politica estera.
La Geopolitica è legata a F. Ratzel (1844-1904) che nel 1897 “Teoria dello Stato come Organismo” dove
paragonava lo stato ad un essere vivente. Fu il primo a coniare la teoria del Lebensraum o “Spazio vitale”,
secondo il quale l’annessione di nuovi territori possa permettere lo stato di svilupparsi e cresce.
R. Kjellen (1864-1922) fu il primo coniatore del termine geopolitica, utilizzando le tesi di Ratzel affermava
che i stati con maggiori dimensioni avrebbero potuto continuare ad esistere e l’obbiettivo dello stato era
ampliare i propri confini. Karl Haushofer utilizzo queste teorie per giustificare l’espansione della Germania
nazista.
Teoria dello Heartland
Il geografo inglese H. Mackinder (1861-1947) sviluppo la teoria geopolitica dello Heartland. La teoria dello
Heartland mette in relazione la stabilità geopolitica con il mantenimento di un equilibrio di potere tra i
diversi stati, la cui rottura avrebbe potuto portare al predominio, su scala mondiale, di uno più stati. Chi ha il
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comando dell’Heartland comanda il mondo intero. Secondo questa tesi quindi la base territoriale degli stati è
un elemento fondamentale per definire il ruolo geopolitico.
Giulio Douhet (1869-1930) affermava che chi avrebbe dominato l’aria avrebbe comandato anche la terra,
teoria molto attuale con lo sviluppo tecnologico odierno.
Dalla Geopolitica della guerra fredda alla Contemporanea
Il termine “guerra fredda” è il clima di ostilità tra USA e URSS che caratterizzo il secondo dopo guerra fino
gli anni Ottana. Il punto di vista geopolitico era visto in maniera bipolare. La fine della guerra fredda segnò il
termine della contrapposizione politica tra Occidente capitalista e Oriente comunista. Ma, il mondo continua
ad essere caratterizzato dalla contrapposizione Nord e Sud, divisi da grande differenze di sviluppo benessere.
Questa visione sviluppata da Richard Huntigon con “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine
mondiale” (1996). Il mondo è caratterizzato da una configurazione multipolare, costituita dalle diverse
civiltà esistenti. I conflitti futuri saranno di natura economica, e geostrategica tra potenze rivali per il
controllo delle risorse energetiche e strategiche.
I paesaggi del potere centrale
Lo stato esercita il proprio controllo politico attraverso il governo che per mezzo delle sue leggi, può
influenza l’aspetto delle città e delle campagne. Finanziando la progettazione e la costruzione di
infrastrutture. Lo stato crea paesaggi che rispecchiano le scelte del proprio potere centrale. Esso è importante
per il processo di costruzione dello stato stesso, in quanto attraverso le infrastrutture collegate in tutto il
paese, esso si rafforza e da autorità al governo statale. I
Il paesaggio della sicurezza protegge il territorio, la popolazione, le strutture e le infrastrutture da interventi
esterni.
L’impronta dell’autorità centrale può venire rivelata anche dalle sue politiche e dalle sue leggi, che possono
favorire scoraggiare determinatati comportamenti portando alla creazione di alcuni specifici paesaggi
politici e all’esclusione di altri. Politiche di sviluppo rurale che incentivano la coltivazione di determinati
prodotti.
L’iconografia politica intendiamo le immagini, edifici o simboli che veicolano un messaggio politico e che
affermi la presenza del potere.
Città e Urbanizzazione
Le città rappresentano i luoghi principali dell’interazione sociale, dello scambio, della produzione culturale.
Sono i motori dell’economia globale. Le città svolgono funzione di località centrale al servizio di un proprio
hinterland o area gravitazionale.
Le località centrali sono delle località in cui è concentrata l’offerta di beni e servizi rivolta a una domanda
di utenti distribuita nel territorio circostante, detto hinterland o area gravitazionale.
Le città condividono caratteristiche di base:
• Un elevata popolazione;
• Una certa dimensione demografica che la distingue dagli insediamenti rurali;
• Una complessità di funzioni culturali, sociali, economiche a cui corrispondono usi del suolo
specializzati;
• L’essere centri di poteri connessi all’esercizio queste varie funzioni;
• L’essere ambienti dinamici e creativi;
• L’essere connesse ad altri luoghi urbani e rurali attraverso una fitta rete di relazioni e di flussi di
persone, beni, servizi, informazioni e denaro;
• L’essere luoghi di grandi contraddizioni e di conflitti.
La dimensione dipende inoltre dai confini entro cui calcoliamo la popolazione. Le città possono essere di due
tipi:
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• Città nucleari: addensamenti urbani i cui confini coincidono con i confini municipali. (Che nel
tempo sono andate ampliandosi fino a comprendere tali municipalità e formando sistemi territoriali
multicentrici).
• Città estese: sistemi territoriali di vario tipo, per lo più multicentrici, formati da più municipalità
vicine (Esse rappresentano la dimensione moderna delle città, con chilometraggio che può variare).
La citta vecchia, corrisponde al cuore della città estesa, detta città centrale. Essa di solito ospita il
quartiere finanziario, gli uffici amministrativi, e alcuni servizi come musei e teatri. Nelle corone
periferiche troviamo gli spazi industriali, commerciali e servizi intercalatati alle vaste aree
residenziali.
Le città estese prendono nomi diversi:
• Agglomerato urbano, se la zona urbanizzata si è formata dall’espansione a macchia d’olio di un
centro urbano
• Conurbazione, è l’espansione a macchia d’olio di più agglomerati urbani vicini che si sono fusi tra
di loro.
• Le aree metropolitane sono più agglomerati vicini, separati da spazi non urbanizzati, che hanno
intense relazioni
• Megalopoli, insieme di aree urbane e metropolitane prossime e collegate tra di loro.
Reti urbane e aree metropolitane
Le città intrattengono con l’esterno scambi di materia, energia, popolazione, beni, servzi e denaro e
informazioni. Esse formano delle reti che funzionano da tessuto connettivo dei territori. I beni e i servizi
prodotti da una città non sono solo destinati ai suoi abitanti, ma ad un territorio circostante, che è servito
dalla città che si serve di essa, detto area gravitazionale urbana, ad altre città e ad altri territori sparsi per il
mondo.
I flussi determinati da tali interscambi formano sul territorio delle reti, detti reti urbane (o reti di città) nelle
quali le città costituiscono i nodi. Tali reti, possono avere delle maglie più o meno larghe secondo l’economia
dei paesi e delle aree considerate
Nelle città-rete i nodi, strettamente interconnessi, funzionano nel loro insieme come se fossero un'unica
grande metropoli. Esempio più noto è quello del Randstand Holland, che forma l’armatura urbana dei Paesi
Bassi. In alcuni sono state incentivate forme di cooperazione e di coordinamento, mentre in altri sono stati
istituiti dei nuovi enti territoriali sovracomunali, dette aree metropolitane.
Crescita e decrescita della popolazione urbana
Il termine urbanizzazione viene usato in due significati diversi:
• Il processo che porta imprese e popolazione a concertarsi nelle aree urbane;
• L’estendersi a sempre più vasti territori delle caratteristiche e dei modi di vita delle città;
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Il grado di urbanizzazione di una regione o un paese, ci si riferisce alla percentuale della popolazione
residente nelle città, o popolazione urbana.
Il tasso di crescita urbana si riferisce in vece all’incremento annuo percentuale della popolazione urbana.
In linea di massima i paesi sviluppati hanno un grado di urbanizzazione più elevato rispetto ai paesi in via di
sviluppo, una media di 75% per i primi mentre di 44% per i secondi. Il tasso di urbanizzazione mondiale è
del 3,5%. Nei paesi più economicamente sviluppati questa tendenza ha subito un rallentamento e poi una
tendenza di inversione.
Per contro-urbanizzazione si intende il processo di deconcentrazione urbana.
Dalla semplice contro-urbanizzazione si è passati alla disurbanizzazione, ovvero l'abbandono massiccio dei
centri urbani principali.
Urbano, rurale e città diffusa
Il termine urbano sta d indicare gli spazi limitati in cui la popolazione si concentra.
Il termine rurale viene riferito a tutti gli altri spazi abitati che hanno una bassa densità abitativa (campagne).
Nei paesi ad economia avanzata l’urbanizzazione si espande verso le zone rurali.
Il termine rurbano indica un territori un tempo rurali e ora urbanizzati, periurbano, se si supera una certa
densità.
La città diffusa, quando l’espansione dell’area urbanistica di tipo residenziale, economico o commerciale,
supera il numero della popolazione, è un urbanizzazione dispersa (sprawl). La città diffusa soddisfa esigenze,
ma scarica i costi sulla collettività.
Le mega città sono agglomerati urbani con più di 10 milioni di abitanti.
Funzioni della città
Per funzione della città si intende un’attività che risponde sia a esigenze interne della città, sia soprattutto
esterne ad essa.
Il raggio d’azione (portata) di tali funzioni può avere diversa ampiezza territoriale. Numero maggiore o
minore di persone, possono interessare tutti o solo certe categorie.
A seconda delle funzioni della città esse possono essere:
• Le città commerciali, che vanno dai grandi centri del commercio e delle finanza internazionale,
come Milano, NY, Francoforte, fino alle piccole città mercato che servono un modesto territorio
rurale;
• Le città portuali sono un particolare tipo di città commerciale, come Genova, Rotterdam, Shangai;
• La città-capitale hanno funzione politica pubblica dedita unicamente alle funzioni di governo;
• Le città fortezze hanno forme di potere militari;
• Le città sacre con funzione religiosa, come Città del Vaticano e La Mecca;
• Le città minerarie, città della pesca, città industriali che hanno funzioni industriali;
• Le città universitarie con funzioni di conoscenza e cultura;
• Le città del turismo che hanno funzioni turistiche, sebbene comprendano più specializzazioni;
Dal punto di vista geografico le funzioni delle città svolgono un duplice ruolo. Il primo rivolto al territorio
circostante e consiste nel fornire servizi e valorizzare le risorse locali. Il secondo consiste da fare da tramite
tra il territorio circostante e i circuiti internazionali.
Il modello delle località centrali
Il raggio d’azione di un centro abitato dipende dalla portata delle funzione che esso svolge, cioè deal suo
ruolo di località centrale. La relazione tra un località centrale e la propria area gravitazionale è molto
importante in quanto dimostra l’esistenza di una gerarchia.
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La gerarchia urbana è la suddivisione delle località centrali in ranghi (o livelli) in base alle funzioni centrali
che esse svolgono, perciò dalle dimensioni della loro area di gravitazione espresse in termini di soglia e di
portata.
La portata esprime la distanza massima che un consumatore è disposto a percorrere per fruire di un bene o
un servizio. E’ maggiore quando i beni sono dotati di particolare valore.
La soglia contribuisce invece a spiegare quali beni e quali servizi sia probabile reperire al suo interno.
La gerarchia di città, quindi si fonda una classifica delle località centrali, al cui vertice su scala globale ci
sono le città globali, dove è possibile reperire la maggior parte dei beni dei servizi specializzati esistenti.
Verso il basso si trovano le città di rango inferiore, fino ad arrivare ai centri abitati minori, che offrono pochi
beni e servizi elementari.
Motori economici della crescita urbana
Per capire i processi di crescita e decrescita urbana occorre pensare alle attività economiche come motori
della crescita. Vi possono essere due tipi di categorie:
• Attività locali il cui raggio d’azione non va oltre l’immediato intorno territoriale, assicurano la
sussistenza.
• Attività esportatrici con raggio d’azione da regionale a internazionale. Sono queste che fanno
crescere le città.
Se si conosce la crescita delle attività esportatrici, si può calcolare la crescita delle attività locali e dell’intera
popolazione urbana in base ad un rapporto detto moltiplicatore urbano, che fa dipendere queste due
variabili. Perciò le attività esportatrici sono dette attività di base.
Le fluttuazioni della popolazione urbana dipendo dal fatto che nel luogo periodo ogni attività di base motrice
dello sviluppo urbano prima cresce e poi decresce per essere sostituita. Esempio dello sviluppo industriale,
industria tessile → siderurgica → chimica → elettrotecniche → biotecnologie, aerospaziale.
L’attività urbana si è spostata sempre di più verso attività terziarie ed esportatrici di servizi. Ciò ha portato ad
una riduzione della popolazione, poiché tali servizi richiedono impiegati più qualificati.
Città globali
Le città globali sono centri principali del potere economico mondiale, in grado di esercitare un’influenza e
un controllo sul resto del mondo.
Esse collegandosi tra loro a scala mondiale, formano una rete urbana globale, che ospita funzioni pregiate,
prestigiose di alto livello (Es. Borse valori).
Se si considera il complesso delle attività che formano le leve di comando dell’economia mondiale
(prettamente alla sfera economica), il numero si restringe a poche grandi città veramente globali.
Secondo alcuni esiste una seconda fila di città globali, tra cui troviamo città europee e nord-americane, e
numerose città di paesi emergenti.
E’ importante notare che poche mega-città sono città globali. La dimensione demografica non è dunque
decisiva, anche se le città globali corrispondono ad agglomerati di parecchi milioni di abitanti. Le funzioni
rare che esse ospitano sono solo l’apice della base dei vasti lavori che esse svolgono, e in particolare è
sempre presente in esse una base industriale di un certo peso.
Le città globali sono luoghi emblematici e di conflitto sociale, poiché abbiamo nel loro interno presenza di
classi di élite, pochi individui con stipendi molto alti, contrapposte alla massa di lavoratori meno qualificati,
precari e disoccupati, molto poveri.
La centralità territoriale è stata sostituita dalla centralità di rete. Essa consiste nell’ospitare attività di
rango elevato appartenenti a reti globali nel campo della finanzia, del commercio internazionale, ricerca,
sviluppo ecc.
Uso del suolo urbano
La centralizzazione indica le forze che portano la popolazione e le attività economiche a concentrarsi nei
quartieri più centrali della città.
La decentralizzazione si riferisce al fenomeno opposto, ovvero la tendenza degli abitanti o delle attività a
spostarsi verso gli spazi periferici.
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L’agglomerazione in un’area di determinate attività incidono sulla struttura tanto delle aree centrali, quanto
di quelle periferiche.
Una struttura policentrica, o multipolare, è quando una città ha tanti servizi come ad esempio ospedali,
attività commerciali.
La zonizzazione funzionale è la suddivisone del territorio di una città in zone caratterizzate da specifiche
attività ed usi del suolo.
Il valore dei terreni è una delle forze economiche che incidono sull’uso del suolo all’interno dei confini di
una città. Solitamente è legato ai fattori come: accessibilità e desiderabilità dei terreni.
Le curve valore del suolo permettono di visualizzare queste forze economiche, mostrando la disponibilità di
un potenziale acquirente a pagare per un certo terreno.
La zonizzazione sono le leggi che regolano l’uso del suolo urbano e il suo sviluppo (Istituzioni).
Geografia interna delle città nei paesi economicamente avanzati
All’interno delle città dei paesi avanzati gli abitanti e le diverse attività economiche non si distribuiscono in
modo casuale, ma secondo geografia legata a fattori soprattutto economici e socio-culturali.
Il valore del suolo e, quindi, il costo degli affitti e dell’acquisto di fabbricati, crescono di regola dalla
periferia verso il centro. Questo fa si che nelle città si localizzino:
• Il centro degli affari (CBD), localizzato al centro città;
• Le industrie manifatturiere, localizzate in periferia, per motivi economici e ambientali;
• La popolazione con redditi medi e bassi, si distribuisce in quartieri più o meno distanti a seconda del
reddito. Nella scelta non dipende solamente la prossimità dal centro, ma anche la valutazione di tipo
ecologico e di qualità della vita;
Modelli di forma e di evoluzione della struttura urbana
Il modello delle zone concentriche di E. Burgess è stato il primo a descrive la struttura spaziale delle città.
Vi è una separazione dei gruppi sociali lungo confini economici ed entici, che delimitano le nicchie del
territorio urbano occupate da ciascuna comunità.
H. Hoyt formulo un nuovo modello chiamato modello dei settori, esso attribuisce grande importanza al
ruolo dei mezzi di trasporto nella divisione dei cerchi concentri nei settori radiali.
C. Harris e E. Ullman, proposero il modello dei nuclei multipli, dove affermano che vi siano molteplici
nuclei centrali non solo economici, a seconda delle città, che possono includere porti, quartieri
amministrativi, zone universitarie e industriali.
Città europee
Molte città europee presentano ancora tracce della loro conformazione medioevale. Le caratteristiche
principali sono:
• Conformazione particolarmente adatta alla circolazione pedonale e ciclistica, con un centro cittadino
chiuso al traffico automobilistico;
• Trasporto privato più costoso che in altri continenti, a causa del prezzo elevato delle automobili,
carburante, tasse e assicurazioni;
• Mezzi di trasporto pubblico economici e diffusi;
• Forte attaccamento nei confronti degli edifici storci ha favorito la loro conservazione, rendendo
impossibile il rinnovamento urbano;
• Quartieri centrali occupati da residenze, oltre che da uffici e servizi;
Città nordamericane
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Le città nordamericane si distinguono da quelle europee. Si caratterizzano per la rapidità dello sviluppo: nate
spesso come città pioniere, hanno avuto una rapida evoluzione, rinnovandosi costantemente; pochissime
conservano edifici storici del passato paragonabili ai centri storici europei.
Piante a scacchiera ed edifici elevati (grattacieli); in periferia si trovano vasti quartieri di villette e abitazioni
unifamiliari, intervallati da ampi spazi verdi che si sviluppano in cerchi concentrici.
Città dell’Ex Unione sovietica e dei paesi socialisti
Le principali caratteristiche di questi centri urbani era la proprietà pubblica dei terreni, che impediva
qualunque fenomeno di competizione per il loro utilizzo. Spesso le funzioni residenziali venivano
concentrate in grandi edifici con centinaia di appartamenti.
Funzioni commerciali limitate, e presenza di grandi piazze e parchi ad uso pubblico. Dopo la caduta dei
regimi socialisti si è visto un grande processo di globalizzazione.
Città del Sud e dei paesi emergenti
La differenza principale tra le città del Nord e quelle del Sud del mondo, sono dettate in ottica occupazionale
a favore delle prime a differenza delle seconde. Le tipologie dei grandi centri urbani hanno aspetti comuni:
• Forte crescita della popolazione dovuta all’immigrazione e al tasso di natalità;
• Struttura urbanistica disordinata, non regolata, se non i quartieri ricchi;
• Tendenza a formare grandi agglomerati che comprendono una zona centrale moderna ed estesi
quartieri periferici.
• Forte disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze tra la popolazione;
Nel centro si trova il quartiere degli affari e degli uffici pubblici, che rispetto a quelle delle grandi città dei
paesi sviluppati ha un’estensione più limitata. I quartieri della periferia sono abitati dai più poveri
(baraccopoli), detti Favelas in Brasile o Bidonvilles in Africa. Quelli destinati ai ricchi, ossessionati dalla
sicurezza, sono delle enclave di lusso chiuse all’esterno.
Gated community ovvero quartieri recintati e sorvegliati giorno e notte da guardiani a cui interno possono
accedere soltanto i proprietari delle case, il loro personale di servizio e gli ospiti.
Nei paesi di più antica civiltà urbana o paesi ex-colonie europee hanno un centro storico.
Città islamiche
Le città islamiche hanno un centro religioso, un mercato centrale, e quartieri residenziali. Prendendo in
considerazione la umma, ovvero la comunità globale dei fedeli mussulmani, la città islamica è quella che
permette ai fedeli locali di rimanere in contatto con la comunità mussulmana interazionale.
Residenti e non residenti
La popolazione urbana si divide in tre categorie principali:
• I residenti, coloro che risiedono nella città;
Le altre due che “usano” la città senza risiedervi chiamati “city users”
• I pendolari, provenienti da aree peri-urbane;
• Gli utenti di servizi, costituita da quanti si recano in città per acquisti, per partecipare ad attività di
tipo culturale;
Il numero dei city users, varia a seconda della città, e dei servizi e delle offerte che essa offre (Es. in Italia vi
sono 11 milioni di pendolari). L’afflusso di popolazione non residente condizione lo sviluppo urbanistico
delle città per quanto riguarda le reti di comunicazione e i mezzi di trasporto.
Composizione sociale e la gentrification
Nella città convivono persone con livelli di istruzione e tipi di occupazione diversi che ne definiscono la
posizione socio-professionale, dalla quale derivano redditi e tipi di consumi diversi. Nelle città dei paesi
economicamente avanzati vi è una numerosa presenza di imprenditori e liberi professionisti. La domanda di
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servizi di questa categoria di cittadini abbienti ha un effetto moltiplicatore sull’occupazione meno
qualificata. Questo ha portato un flusso di popolazione povera e di lavoratori dequalificati immigrati. Negli
ultimi quarant’anni nei paesi di vecchi industrializzazione la situazione è cambiata, le aree di degrado dei
quartieri centrali si sono ridotte per la costruzione di nuovi edifici, portando l’aumento dei prezzi del
quartiere e quindi la conquista delle classi più ricche. Questo fenomeno ha preso il nome di gentrification
(getry, classe elevata).
Baraccopoli
La baraccopoli è un quartiere urbano caratterizzato da sovrappopolamento, dalla presenza di case auto-
costruire o molto degradate e da scarsità o assenza di servizi ed infrastrutture di base, come acqua corrente e
la raccolta dei rifiuti.
Politica urbanistica
Le politiche urbane sono delle politiche pubbliche, in cui agiscono anche i privati, in grado di risolvere
problemi e attuare progetti in materia urbanistica.
L’urbanistica è la regolazione dello sviluppo spaziale e fisico delle città, è una disciplina che studia le
trasformazioni dello spazio urbano ed è al tempo stesso una tecnica che elabora i pani e detta le regole di tali
trasformazioni, traducendo nello spazio fisico gli indirizzi delle politiche urbane.
L’obbiettivo principale è lo sviluppo economico in un’arena competitiva nazionale e internazionale condotta
soprattutto da organizzazioni private. La riqualificazione delle periferie e riequilibrio di servizi per attrarre
nuovi investimenti dalle attività in industriali in declino.
Lo strumento principale per l’attuazione di tali scopi è la pianificazione strategica.
In tale direzione vi sono progetti per la rigenerazione urbana che consistono in azioni e interventi che
hanno oggetto per parti della città caratterizzate da situazioni di degrado fisico e sociale, allo scopo di
migliorare le condizioni degli edifici e del contesto urbano.
Paesaggi del potere centrale
Le città sono costruzioni umane inserite in uno specifico contesto ambientale locale in cui intrattengono con
esso determinate relazioni.
Il sito è il luogo in cui sorge il centro urbano, con le sue caratteristiche fisiche e storiche.
Il rapporto della città è importante per i valori e le opportunità ambientali, estetiche offerte dalle componenti
naturali, alla pianificazione e la progettazione urbana.
Il paesaggio urbano
Le caratteristiche del sito contribuiscono a formare il paesaggio urbano assieme ai vari componenti della
città opera dell’uomo.
L’idea di paesaggio è associata in origine alla campagna, ma oggi viene stesa a tutto il territorio, città
compresa.
Città come ecosistema
La città può essere considerata come un ecosistema molto particolare, un ecosistema urbano.
L’ecosistema è l’insieme della flora e della fauna , collegati tra di loro e al loro ambiente da una trama di
relazioni necessarie alla loro sopravvivenza.
La città per realizzarsi e riprodursi ha bisogno di continui scambi di materia ed energia con l’ambiente
naturale terrestre. L’ecosistema urbano è caratterizzato da un costante squilibrio energetico con l’ambiente
esterno.
L’impronta ecologica è un indice statistico da la misura di quanta superficie in termini di terra e acqua la
popolazione urbana necessita per prodotta, con la tecnologia disponibile le risorse che consuma e per
assorbire i rifiuti prodotti. Esso perciò deve organizzarsi per limitare i rifiuti, smaltirli e riciclarli. Lo studio
degli ecosistemi urbani serve a progettare l’ambiente artificiale urbano tendendo conto dei cicli naturali
(acqua, assorbimento rifiuti, energie rinnovabili) al fine di adattarsi alle loro leggi e farne supporto del suo
sviluppo funzionale: questo tipo di sviluppo prende il nome di sostenibilità ambientale urbana. Un
indicatore per sapere in che misura ogni città si adatta a questo tipo di sviluppo è quello dell’impronta
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ecologica urbana, che è un “termometro ambientale” che ci dice quante risorse naturali ogni città richiede
per i suoi consumi e per assorbire i rifiuti che produce.
L’ecosistema urbano è un ecosistema artificiale, da ciò ne si deduce che le sue caratteristiche naturali sono
modificate spesso incidendo gravemente sulla salute umana. La situazione odierna è migliorata nei paesi
ricchi, ma situazioni analoghe si trovano ancora oggi in molti agglomerati dei paesi poveri.
SVILUPPO
Per sviluppo intendiamo i processi che determinano cambiamenti positivi nel benessere economico, nella
sua distribuzione tra le classi sociali e nella qualità della vita degli abitanti e dei lavoratori.
Lo sviluppo organico sulla terra è molto diversificato: ogni specie biologica, ogni organismo vivente ha le
sue forme e le sue modalità di sviluppo. I sistemi territoriali si presentano geograficamente molto diversi, ciò
ha inciso sulla diversificazione culturale dando vita a sviluppi distinti tra le diverse popolazioni.
Abbiamo due tipi di geografia che studiano lo sviluppo:
• Nel primo caso: abbiamo la geografia delle diversità, in cui l cammino di ogni territorio è un caso
particolare non interpretabile alla luce di leggi generali;
• Nel secondo caso: non abbiamo una geografia delle diversità, ma sono delle diseguaglianze, degli
scostamenti da un unico modello, del ritardo in cui i territori arretrati inseguono quelli più avanzati
lungo un percorso di sviluppo obbligatorio;
Gli stati e le regioni della terra vengono confrontate in base ai loro livelli di sviluppo, ottenendo
classificazioni differenti. I termini Primo e Terzo Mondo, sono termini che rafforzano il punto di vista
secondo cui alcuni paesi sono meno sviluppati degli altri.
Oggi lo sviluppo viene distinto tra paesi del Nord e del Sud del mondo:
• Nord del mondo: comprende l’insieme di paesi più ricchi, perché economicamente sviluppati
compresi quasi tutti nell’emisfero Nord;
• Sud del mondo: comprende l’insieme dei paesi meno ricchi o decisamente poveri, a causa di minor
sviluppo economico, situati per la maggior parte nell’emisfero Sud;
Il concetto di sviluppo associato ad un futuro desiderabile, implica un miglioramento delle condizioni
economiche, sociali e ambientali. Vengono definite due tipologie di sviluppo, perseguibili:
• Sviluppo convenzionale: privilegia la crescita economica e anche il benessere sociale, dedicando
scarsa attenzione all’uso delle risorse, ai consumi e allo stato dell’ambiente;
• Sviluppo sostenibile: privilegia invece una crescita economica e sociale ottenuta senza
compromettere le diversità culturali, le risorse naturali o le condizioni dell’ambiente per le
generazioni future.
Gli indicatori riconosciuti sono di diverso tipo e vengono raggruppati nelle seguenti categorie: economici,
socio-demografici e ambientali. Scarsa considerazione si dedica ancora alla sostenibilità culturale.
Gli indicatori possono essere adoperati per descrivere aree molto piccole. Gli indici sono la combinazione di
due o più indicatori. Sono usati per darci il livello nazionale o internazionale.
Indicatori economici
Gli indicatori economici più importanti sono:
• Il PIL (Prodotto Interno Lordo), valore monetario dell’insieme dei beni e servizi prodotti in un
paese in un anno.
• Il PIL pro capite, che si ottiene dividendo il PIL per numero di abitanti, riflette la produzione media
per persona.
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• La parità di potere d’acquisto (PPA) è un tasso di cambio utilizzato per comparare la produzione,
reddito o prezzi fra paesi che utilizzano valute diverse. Esso si basa sull’idea che il prezzo di un bene
o un servizio in un paese dovrebbe eguagliare il prezzo dello stesso bene o servizio in un altro paese
quando viene convertito in una valuta comune.
Il prodotto interno lordo è utilizzato come misura di sviluppo economico. Tuttavia questo indicatore ha tre
limiti importanti:
• Riflette soltanto il valore monetario delle entrate ufficiali generate dall’economia formale;
• Non fornisce informazioni sulla uniformità o sulla diseguaglianza di distribuzione della ricchezza
all’interno di un paese;
• Questo indicatore non tiene in considerazione i costi sociali ed ambientali associati al consumo delle
risorse utilizzate.
Un altro fattore legato allo sviluppo è la povertà, fenomeno estremamente complesso che raramente ha una
sola causa e che può essere considerato una condizione sia economica sia sociale.
Il tasso di povertà è il numero di persone povere sul totale della popolazione. La povertà assoluta si ha
quando è impossibile soddisfare i bisogni umani fondamentali che includono acqua potabile, nutrizione,
sanità, scuola vestiario e riparo. La povertà relativa consiste nella mancanza di un livello socialmente
accettabile di risorse o di reddito ad altri all’interno di una società. La banca mondiale ha classificato le due
soglie di povertà, la povertà estrema, pari a 1,25 dollari al giorno, e la povertà moderata, pari a 2 dollari al
giorno.
Gli indicatori socio-demografici
Gli indicatori socio-demografici forniscono informazioni sullo stato sociale di una popolazione. Essi sono
complessi ed interconnessi, poiché possono determinare le condizioni di salute, le quali a loro volta, incidono
sulla capacità di lavorare.
Il tasso di alfabetizzazione è la percentuale di popolazione di un paese sopra i 15 anni di età in grado di
leggere e scrivere. Supera il 90% nelle aree sviluppate, mentre cala del 60% nelle zone in via di sviluppo.
L’aspettativa di vita che esprime il numero medio di anni della vita di un essere vivente a partire da una
certa età, all'interno della popolazione indicizzata.
Il tasso di mortalità infantile è un indice statistico applicato in demografia per calcolare il tasso di mortalità
entro il primo anno di vita.
Gli indicatori ambientali, la vulnerabilità e lo sviluppo
Gli indicatori ambientali si occupano di monitorare i problemi ambientali, come l’inquinamento e la
riduzione della biodiversità e sono utilizzati per indicare la frequenza dei rischi connessi all’ambiente.
(Es. allagamenti, siccità e terremoti e la riduzione della biodiversità e l l’accesso all’acqua potabile).
Le differenze di sviluppo sono il risultato di condizioni variegate e interconnesse, che comprendo anche le
condizioni geografiche, oltre a quelle economico strutturali e istituzionali. Si parla di questo proposito della
dotazione “geografia di un paese”. (Es. Africa Sub-sahariana condizioni difficili allo sviluppo).
Hanno importante impatto anche le condizioni istituzionali. La cattiva gestione di risorse può avere impatto
sul benessere umano e ambientale.
La vulnerabilità si riferisce quanto un paese o un gruppo si incline a subire shock economici, ambientali o
di altra natura.
La resilienza si riferisce alla capacità di resistere o opporsi agli shock.
Per valutare tali aspetti è utile utilizzare degli indici, uno dei quali è l’indice di vulnerabilità ambientale.
Indice di sviluppo umano ISU e il BES
Il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) adottò l’indice di sviluppo umano nel 1990.
L’indice di sviluppo umano (ISU) serve a misurare lo sviluppo al livello mondiale al fine di proporre
strategia di miglioramento, esso include informazioni sul benessere, la salute e l’istruzione della popolzione
di un paese, in un'unica misurazione. L’indice di sviluppò umano si compone di quattro indicatori:
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• PIL Pro Capite;
• Speranza di vita;
• Tasso di scolarizzazione fra gli adulti;
• Tasso lordo i partecipazione scolastica (totale d’iscrizioni scolastiche rispetto alla percentuale della
popolazione in età scolare).
Lo sviluppo umano riguarda la creazione di un ambiente in cui le persone possono sviluppare pienamente il
proprio potenziale e condurre una vita produttiva e creativa, anche in accordo con i propri bisogni e
interessi. Sviluppo significa quindi ampliare la possibilità di scelta delle persone nel condurre lo stile di vita,
partendo dal concetto di “qualità della vita”. Per individuare i parametri bisogna coinvolgere i cittadini.
Il benessere equo e sostenibile (BES) integra indicatori economici, sociali e ambientali con misure di
diseguaglianza e sostenibilità.
Sviluppo e genere
Per analizzare la disparità di genere nello sviluppo, l’UNDP ha creato e utilizzato altri due indici di sviluppo:
• L’indice di sviluppo di genere (ISG) consiste nell’indice di sviluppo umano modificato per
rendere conto delle ampie disuguaglianze nella situazione delle donne e degli uomini,
penalizzano i paesi nei quali questo divari è maggiore. Esso utilizza il reddito percepito stimato
per uomini e donne al posto del prodotto interno loro pro-capite.
• La misura della capacitazione di genere (MEG – Empowerment) valuta il livello di
partecipazione delle donne al processo decisionale di una pese, sotto il profilo politico ed
economico.
Sviluppo e disuguaglianza del reddito
La distribuzione del reddito è il modo in cii l reddito è suddiviso fra differenti gruppi o individui.
La disuguaglianza di reddito è il rapporto fra i redditi dei più ricchi e i redditi dei più poveri.
La geografia dello sviluppo esamina la distribuzione del reddito e la diseguaglianza di reddito a vari livella
e tra diversi raggruppamenti della popolazione. L’OCSE fu creata per incrementare lo sviluppo,
promuovendo gli standard di vita e dei suoi stati membri.
A livello globale la disuguaglianza di reddito è molto alta. Esiste un numero ristretto di individui ricchissimi
e diversi miliardi di persone che vivono nella povertà. Per misurare la disuguaglianza di reddito, spesso si
ricorre, come strumento statistico al coefficiente di Gini. I valori di tale indicatore vanno da 0 a 100 (verso
100 più disuguaglianze).
La globalizzazione e la distribuzione del reddito
Sulla globalizzazione ci sono due scuole di pensiero opposte, la teoria neoliberista della distribuzione
capillare e la teoria critica dell’ampliamento del divario tra ricchi e poveri.
I sostenitori teoria neoliberista ritengono che il mercato globale determini una convergenza o un
uguaglianza del reddito, richiamando ad esempio Europa e USA negli scambi commerciali. Il commercio è
essenziale poiché conduce alla specializzazione all’aumento della concorrenza e alla crescita economica.
Al contrario coloro che sostengono la teoria dell’ampliamento del divario tra ricchi e poveri, affermano
che la globalizzazione agisce contro le condizioni di parità. Chi non ha istruzione più specializzata ha
blocchi lavorativi molto forti.
In molti casi la globalizzazione può determinare quindi disoccupazione, la quale a sua volta influisce sulla
distribuzione del reddito. La disuguaglianza di reddito è associata ad un incidenza sulla povertà, che a sua
volta può scoraggiare gli investimenti e lo sviluppo. Infine, essa può generare tensioni che possono
sconvolgere la stabilità sociale
Modelli di sviluppo
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Rostow propose un modello di sviluppo a 5 fasi – dette stati dello sviluppo. Egli credeva che i paesi meno
sviluppati fossero fondati su economie agricole e che con l’avvento dello sviluppo, la struttura dell’economia
dovese cambiare per lasciare spazio alle attività industriali e terziarie. La crescita economica avveniva con
l’investimento in queste attività. Questo modello ha subito tre critiche principali:
• La teoria presuppone che ogni paesi cominci il processo di sviluppo dallo stesso punto di partenza;
• Essa funziona partire da una comprensione molto ristretta dello sviluppo, fondata su uno schema di
crescita economica lineare;
• Il modello è fortemente eurocentrico.
La teoria della dipendenza
La teoria della dipendenza sosteneva che lo sviluppo potesse essere compreso meglio come processo
relazionale piuttosto come serie di fasi, e che questo processo fosse connesso al commercio internazionale.
Lo studio del sistema di commercio internazionale rivelava l’esistenza di due tipi di stati: dominanti e
dipendenti. I primi sono sviluppati, stati industrializzati dell’Europa, Nord America, Giappone che
controllano le risorse economiche e hanno il potere di condizionare le politiche e le pratiche del commercio
internazionale. Gli stati indipendenti mancano di risorse, la dipendenza deriva dai modelli di commercio
internazionale e si riduce in bassi livelli di sviluppo dei paesi che si collocano in una posizione di
dipendenza.
Teoria del sistema mondo
La teoria del sistema mondo spiega la dipendenza e il sottosviluppo. Wallerstein sosteneva che la causa
della dipendenza e sottosviluppo fossero causate dal sistema capitalista mondiale. Per lui c’era un solo
mondo connesso (nessun terzo mondo) da e attraverso la rete del capitalismo, detto sistema mondiale. Il
sistema mondiale di Wallerstein è formato da stati centro (militarmente forti, forza-lavoro qualifica,
economia basata su sistema di produzione), aree semiperiferiche (forza lavoro meno qualificata, sistema di
produzione basato su lavoro più intensivo, politicamente deboli) e aree periferiche ( caratterizzate da una
produzione manifatturiera e capitale intensivo e da una economia diversificata. Il capitalismo crea un
rapporto di scambio che va a sfavore degli stati periferici, a scapito degli stati centrali che accumulano
sempre più capitale e ricchezza.
I modelli di sviluppo neoliberista
Il neoliberismo è una teoria politica ed economica basata sui diritti di proprietà e sulla libertà individuale
che sostiene un mercato libero e la rimozione di tutti gli ostacoli al movimento di beni, servizi e capitali.
Il sottosviluppo sarebbe un segnale del fatto che le scelte politiche ed economiche mal concepite possano
essere di ostacolo al funzionamento efficiente del capitalismo ed impediscano la crescita economica. Il
sottosviluppo potrebbe essere risolto attraverso i programmi di aggiustamento strutturali (PAS)
I programmi di aggiustamento strutturali sono specifiche politiche economiche di un paese, basate su
principi neoliberisti finalizzati a promuovere la crescita economica e lo sviluppo.
I programmi di aggiustamento strutturale sono diventate le basi del modello di sviluppo neoliberista.
Questi modelli hanno influenzato le politiche del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e Banca Mondiale.
I FMI aiutano i paesi ad evitare crisi finanziarie e la Banca Mondiale a favorire lo sviluppo a lungo termine.
Critiche all’aggiustamento strutturale
Le critiche mosse ai PAS sono rappresentabili in 5 punti:
• I PAS richiedono minori spese statali e tagli nei servizi pubblici, il sistema sanitario subisce un
impatto negativo;
• Favoriscono l’eliminazione delle convenzioni all’agricoltura in un ottica di riduzione della spesa
pubblica. L’eliminazione dei sussidi fa aumentare il prezzo delle derrate alimentari;
• Spesso i PAS richiedono svalutazione della valuta locale che provoca aumento di beni e servizi:
• Non fa diversificare la propria economia;
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• Rappresentano le ingerenze della Banca Mondiale e del Fondo Monetario.
La teoria della riduzione della povertà e gli obbiettivi di sviluppo del millennio
La teoria di riduzione della povertà si basa sullo sviluppo ed è incentrata specificamente sul diminuire
l’incidenza della povertà nei paesi in via di sviluppo.
Le strategie di riduzione della povertà sono spesso definite in accordo con gli Obbiettivi di sviluppo del
millennio, concepiti dalle Nazioni unite riunite per il Summit del Millennio.
Gli obbiettivi del millennio, identificano il 2015 come scadenza temporale per raggiungerli:
• Eliminare la povertà estrema e la fame;
• Raggiungere l’istruzione elementare universale;
• Promuovere l’uguaglianza fra i sessi e conferire potere e responsabilità alle donne;
• Diminuire la mortalità infantile;
• Migliorare la salute materna;
• Combattere l’HIV/AIDS, la malaria e altre malattie;
• Assicurare la sostenibilità ambientale;
• Sviluppare una collaborazione globale per lo sviluppo.
La riduzione della povertà è fondamentale per il raggiungimento degli obbiettivi del Millennio. Vi sono
quattro principi chiave nella riduzione della povertà:
1. Richiede un approccio comprensivo;
2. Gli obbiettivi ricercati devono provenire dal paese in via di sviluppo;
3. C’è bisogno di partnership tra le agenzie nazionali e internazionali;
4. Richiede una prospettiva a lungo termine;
I settori dell’economia
Le attività economiche si possono raggruppare in tre settori: primario, secondario e terziario.
Il settore primario
Il settore primario raggruppa tutte le attività che producono i beni tratti direttamente da risorse naturali e
destinati poi al consumo alimentare e alla trasformazione industriale: comprende l’agricoltura la silvicoltura,
l’allevamento, la pesca e le attività estrattive.
Siccome le risorse non sono equamente distribuite, lo scambio è diventato una componente estremamente
importante nell’economia globale. Si possono individuare tre tipi di connessioni tra le attività economiche e
il loro insediamento nel territorio:
• Collegamenti a valle: sono quelle che trattano le materie prime, per quanto riguarda il loro
trasporto o gli impianti di prima lavorazione;
• Collegamenti a monte: sono invece quelle attività economiche che favoriscono l’accesso e
l’estrazione alle materie prime. Aziende produttrici di strumentazioni, mezzi e condizioni per poter
svolgere le attività;
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• Collegamenti ai consumi locali: si riferiscono alla richiesta e all’acquisto di beni di consumo da
parte degli abitanti dell’area e di eventuali turisti.
La produzione di materie prime può avere diverse conseguenze economiche e sociali. Secondo alcuni esperti
lo sviluppo di un’economia basata sulle materie prime generebbe un ulteriore sviluppo industriale, mentre
altri ritengono che fare affidamento sulle materie prime inibisca la crescita economica e contribuisca alla
dipendenza dell’economia locale da pochi beni.
Un ruolo determinate è giocato dalle politiche economiche e dalle capacità tecnologiche di finanziare dei
vari paesi. Da un punto di vista economico la forte dipendenza dell’esportazione commerciale di materie
prime è problematica per almeno tre ragioni:
• I prezzi di questi beni sono volatili e mutabili nel tempo;
• Il valore delle materie prime non cresce con particolare rapidità nel lungo periodo, se paragonato ai
prezzi dei prodotti industriali;
• L’alta dipendenza dall’esportazione di materie prime è spesso associato ad una scarsa
diversificazione dell’economia.
I paesi che fanno pesante affidamento all’esportazione di materie prime sono detti commodity-dependent
developing country (CDDC).
Il settore secondario
Il settore secondario è l’insieme delle attività che trattano, assemblano convertono le materie prime in
semilavorati e in beni finiti.
Viene fatta una distinzione all’interno del secondo settore tra:
• Manifattura pesante: la produzione di prodotti come l’acciaio, combustibili, prodotti chimici greggi
o anche beni durevoli di grandi dimensioni (motori, navi, armamenti ecc.);
• Manifattura leggera: la produzione di beni rivolti al consumo finale (abiti, elettrodomestici,
alimenti, automobili ecc.)
La geografia del settore secondario è stata fortemente influenzata dalle innovazioni tecnologiche, e dalla
Rivoluzione Industriale inglese alla fine del XVIII secolo.
L’espressione modo di produzione si riferisce al metodo dominante con cui viene organizzata e coordinata
la produzione di beni. Precedentemente l’attività industriale era caratterizzata su piccola scala. Con l’arrivo
della Rivoluzione Industriale, i sistemi di questo tipo vennero sostituiti da quelli dell’impresa capitalistica
che introdusse innovazioni straordinarie nell’organizzazione del lavoro. Tale evento ebbe luogo in Inghilterra
grazie a tre elementi:
• Posizione dominante nel sistema del commercio globale, grazie alle colonie;
• Disponibilità di manodopera sotto-occupata nelle campagne;
• Innovazioni tecnologiche, che hanno aumentato la produttività.
L’industrializzazione è stata fortemente associata allo sviluppo dell’urbanizzazione. La geografia
dell’industrializzazione inglese era correlata alla distribuzione delle risorse sul territorio, le fabbriche, infatti,
erano localizzate vicino tali fonti e ciò ha visto una massiccia immigrazione da parte dei lavoratori.
La diffusione della rivoluzione industriale
La diffusione globale dei sistemi di produzione dovuti alla Rivoluzione Industriale si verificò lentamente
attraverso tre grandi fasi:
• Prima fase (1760 – 1880): che ha visto lo sviluppo nei paesi dell’Europa Centro-Settentrionale;
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• Seconda fase (1880 – 1850): che ha visto lo sviluppo in Russia, Giappone, Canada e Italia;
• Terza fase (1950 – Oggi): che vede lo sviluppo tutt’oggi di paesi asiatici;
Il settore terziario
Il settore terziario è l’insieme delle attività che forniscono servizi per altre attività economiche e/o bisogni
per i bisogni degli individui e delle collettività. Comprende anche le attività di comando e direzione, dette
quaternarie.
Per capire le regole di questa distribuzione occorre adottare una classificazione funzionale in servizi per le
famiglie, servizi per la collettività, servizi per le imprese e attività quaternarie.
I servizi per le famiglie sono quelli destinati alla vendita e rivolti al consumo finale, come il commercio al
dettaglio, i servizi detti para-commerciali, i servizi di cura della persona, quelli di riparazione. La
distribuzione geografica di questi servizi si modella sulla distribuzione della domanda.
I servizi per la collettività (detti di consumo collettivo) sebbene vengano distribuiti anch’essi fruiti dalle
persone, sono gestiti e distribuiti spazialmente con criteri diversi. Questo perché essi non rispondo soltanto
all’interesse individuale di chi ne fruisce, ma anche a quelli generali della comunità (Città, paesi, regioni). Le
condizioni minime necessarie e non rinunciabili, sono gestite dallo stato o da privati sotto il controllo dello
stato. Essi riguardano le funzioni dello stato stesso (difesa, sanità, istruzione giustizia ecc.), condizioni
genarli della mobilita (trasporti) e della comunicazione (TV, radio, telecomunicazioni).
Questi servizi oltre a soddisfare esigenze etico-sociali, creano delle condizioni base per il funzionamento
dell’economia. Essi non dipendono solo dalla domanda, ma deve ricoprire tutto il territorio. Ovviamente,
questa distribuzione incontra limiti nelle risorse pubbliche disponibili.
La distribuzione spaziale dei servizi per le imprese è regolata dal mercato, ma obbedisce sol in parte al
modello delle località centrali, perché questi servizi non seguono solo la domanda, ma la loro presenza in
una città o una regione è un fattore di attrazione per le imprese che hanno bisogno di quei servizi (Es. servizi
di consulenze).
Nelle attività terziare occupano una particolare posizione le attività quaternarie, cosi dette per sottolineare il
fatto che esse vanno oltre il normale terziario. Esse svolgono ruoli di comando (Es. Governo Politico,
Direzione delle Maggiori imprese, Borse ecc.).
Fa infine parte del settore terziario anche quello che viene definito terzo settore, o no profit, che comprende
una serie di attività di servizio svolti da privati, che perseguono scopi sociali. Si sostituiscono in attività dove
lo stato è carente.
La localizzazione delle attività manifatturiere
La scelta del luogo in u cui collocare le fabbriche era fortemente influenzata dai costi di trasporto delle
materie prime. Oggi la scelta del luogo in cui localizzare i propri stabilimenti è definita dalla possibilità di
reperire mano d’opera a basso costo, come è la regola dei paesi più poveri, oppure molto specializzata e
qualificata nelle maggiori metropoli. Un altro importante fattore è dato dalle economie di agglomerazione.
Le economie di agglomerazione sono vantaggi che le imprese ricavano collocandosi vicine a numerose altre
con cui hanno scambi di informazioni materiali e servizi.
A volte tuttavia la crescita urbana può determinare un aumento delle tasse, del costo del lavoro o dei costi di
trasporto, creando al contrario diseconomie di agglomerazione.
Le politiche nazionali hanno un potere molto forte sulla localizzazione delle industrie, poiché possono
stabilire legislazioni favorevoli tale sviluppo. Tali politiche, spesso possono dare origine a forme di
sfruttamento e danni ambientali.
Il fordismo
Il termine fordismo si riferisce ad un sistema di produzione industriale progettato per la produzione di massa
e influenzato dai principi di gestione scientifica dell’organizzazione del lavoro.
Il fordismo ha determinato tre conseguenze principali:
• Dequalificazione del lavoro, frammentando la produzione in una serie di mansioni concentrate;
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• Ha rafforzato la rigida gerarchia e la netta separazione tra i lavoratori e i dirigenti
(sindacalizzazione);
• Ha contribuito alla crescita delle imprese multinazionali;
La produzione fordista
La catena di montaggio fordista oltre a essere efficiente è anche molto produttiva. Tutta via presenta tre
limiti:
• Richiede una fornitura regolare e immediata di materie prime, semilavorati, e servizi di trasporto;
• Si è legati alle quantità e ai gusti dei consumatori. Infatti, il fordismo per funzionare deve fondarsi su
un mercato di massa in grado di consumare una ristretta gamma di prodotti.
• Il lavoro alla catena di montaggio può essere molto alienante per gli operai.
Sebbene le strategie siano specifiche tra le diverse aziende, si possono individuare pratiche comuni nel
sistema fordista:
• Acquisto di grandi quantità di materiali e i loro immagazzinamento nei depositi;
• Garantire pronta assistenza ai macchinari della catena di montaggio, in modo da prevenire guasti;
• Applicare salari relativamente elevati e contratti a lungo termine per ridurre al minimo il turnover;
L’integrazione verticale dell’impresa, è il controllo da parte della stessa di due o più passaggi nella
produzione o nella distribuzione di un bene, o in maniera diretta o per mezzo di accordi contrattuali.
Una filiera (o catena) di produzione (definita anche filiera del valore aggiunto) è una sequenza di operazioni
collegate fra loro, che vanno dall’ideazione del prodotto, alla sua produzione e distribuzione. Di solito sono
le grandi imprese multinazionali ad integrazione verticale a controllare queste filiere, influenzando le scelte
produttive.
Il post fordismo: la produzione flessibile
I principali mutamenti che contribuirono alla crisi del fordismo furono: la crisi energetica degli anni Settanta,
che fece aumentare i costi di produzione e trasporto; le diseconomie di agglomerazione; i gusti dei
consumatori che non s’accontentavano più di una gamma ristretta di modelli e soprattutto i miglioramenti nel
campo dell’elettronica e dell’informatica che cambiavano il modo di organizzare la produzione industriale e
la distribuzione dei prodotti. Questi
cambiamenti hanno dimostrato che il fordismo è un sistema di produzione poco flessibile, che non si adatta
facilmente ne rapidamente al variare delle condizioni economiche o di mercato.
La prima risposta alla crisi del fordismo venne dal Giappone, la Toyota, sperimentò per prima la produzione
flessibile, che utilizza le tecnologie informatiche, come i computer di rete e l’automazione per rendere la
produzione dei beni più varia.
La produzione flessibile si basa su una catena produttiva dettata dal consumatore, la cui domanda determina
la quantità ed il tipo di prodotti da realizzare, risparmiando i costi del magazzino e aumentando la gamma di
modelli. Uno dei principi è quello di promuove il continuo miglioramento del prodotto.
Due strategie principali per il successo della produzione flessibile sono:
• La pronta consegna (Just in time): riferita al modo in cui un impresa gestisce il suo inventario e
ottiene i materiali;
• L’esternalizzazione (outsourcing): quando le imprese subappaltano un’attività che precedentemente
veniva realizzata internamente (lavorazione di componenti, imballaggio, servizio clienti) ad un’altra
azienda;
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La delocalizzazione consiste nel trasferimento di un’attività d’impresa, interna o esternalizzata, dal territorio
dello stato in cui ha sede l’impresa, ad un paese straniero.
La delocalizzazione ha modificato notevolmente la struttura mondiale nelle attività industriali, e ha
contribuito ad are forma all’attuale globalizzazione dell’industria, fondamentale per la geografia di
produzione.
Evoluzione dell’industria nel resto del mondo
L’attività manifatturiera trasforma i prodotti e ne accresce il valore attraverso il cosiddetto valore aggiunto
di produzione. E’ possibile quantificare questo valore sottraendo al costo del prodotto finito il costo dei
fattori produttivi necessari per produrlo.
Negli anni ’70 il Giappone sperimentò un rapido aumento del valore aggiunto di produzione delle imprese
presenti sul suo territorio e cominciò a competer con i centri di produzione industriali euro-americani.
Successivamente si vide una crescente importanza dei centri di produzioni di alcune aree semiperiferiche
dell’Asia.
Nuove economie industrializzate dell’Asia
Il successo giapponese ne determinò una rapida crescita economica e migliori condizioni della vita, oltre che
riduzione della povertà. Esso ispirò altri quattro paesi, definiti poi quattro “tigri asiatiche”, Hong Kong,
Singapore, Corea del Sud e Taiwan. La trasformazione economica di queste nuove potenze deriva da tre
fattori:
5. Iniziative promosse dai governi per incrementare la produttività industriale e migliorare il
commercio;
6. Passaggio graduale da una produzione caratterizzata da lavoro intensivo e ripetitivo da una a più alto
valore aggiunto tecnologico;
7. Presenza di forza lavoro scolarizzata e qualificata, a basso costo e poco socialmente protetta;
Con la loro progressiva affermazione, i paesi emergenti asiatici hanno iniziato a competere tra loro per
attirare le attività manifatturiere. La Cina ha vissuto una crescita più tardiva, ma anche più rapida nella
realizzazione di prodotti ad alta tecnologia, e sta attuando tutt’ora uno sforzo enorme per aggiornarsi dal
punto di vista industriale.
Le zone economiche speciali
Le zone economiche speciali ZES sono zone nelle quali le imprese possono disporre di un adeguata
dotazione di terreni, infrastrutture e servizi, di un regime fiscale agevolato e di forza lavoro non
sindacalizzata.
La creazione delle zone industriali votate all’esportazione è stata promossa come strategia in grado di aiutare
i paesi ad industrializzarsi, per il suo potenziale ruolo nell’attirare gli investimenti internazionali. Tuttavia
sono state oggetti di pesanti critiche: esse possono creare, dal punto di vista geografico, divari nello sviluppo
concentrando risorse ed infrastrutture a discapito di altre regioni. Inoltre, la manodopera viene gravemente
sfruttata: salari bassi, lunghi turni di lavoro e assenza di protezione sociale.
Le ZES della Cina
Le prime ZES furono istituite in Cina negli anni 70’ come parte di una politica nazionale per creare una
politica più aperta al mercato. Esse rappresentavano un forte cambiamento nel funzionamento economico del
paese. Due caratteristiche che le differenziano da quelle di altri paesi sono:
• Dimensione, esse tendono ad essere più grandi;
• Esse tendono ad essere percepite in maniera più integrale. In aggiunta alla produzione di beni per
l’esportazione, vengono promossi altri aspetti economici, come ricerca e sviluppo o turismo.
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Le maquiladoras
La maquiladorsa è un impianto manifatturiero spesso di proprietà straniera, che importa materiali esenti da
dazi doganali; li assembla, li tratta e infine li esporta. Essi sono tipici nelle zone del Messico, a seguito
dell’accordo nord americano per il libero scambio (NAFTA).
Questi impianti hanno subito un forte ridimensionamento a seguito della crisi del 2000, che ha visto la loro
delocalizzazione a causa della mancanza di legami e legislazioni e a riguardo.
La delocalizzazione
La creazione di zone industriali di esportazione è legata alla delocalizzazione di alcuni segmenti delle filiere
produttive nei paesi in svia di sviluppo. La delocalizzazione ha avuto tre conseguenze particolarmente
rilevanti:
• La produzione ha un carattere molto più globale;
• Una divisione internazionale del lavoro;
• Importante effetto sulla geografia del profitto generato dalle attività produttive;
Le trasformazioni strutturali dei sistemi produttivi
La composizione strutturale di un economia, si riferisce all’importanza dei settori a generare prodotto
interno lordo e creare occupazione. Tra i paesi sviluppati, il percorso più comune dell’evoluzione strutturale
dell’economia prevede che inizialmente sia il settore primario ad essere quello più importante, seguito poi
dalla crescita industriale e dall’ampliamento del settore terziario.
Deindustrializzazione e globalizzazione
La crisi del fordismo ha segnato un periodo di cambiamento strutturale nei paesi industrializzati, che ha
portato all’aumento della disoccupazione. Il processo di deindustrializzazione può essere ricondotto a tre
cause generali:
• Maggiore incremento della produttività del lavoro nell’attività manifatturiera rispetto a quella dei
servizi. Differenze collegate all’adozione di nuove tecnologie che automatizzano il lavoro;
• Cambiamento della disponibilità delle risorse;
• Globalizzazione economica, che ha trasferito i posti di lavoro delle attività produttive nei paesi in via
di sviluppo;
Servizi, genere e società post-industriale
La rapida crescita dei servizi ha determinato un cambiamento significativo nella struttura economica globale.
La percentuale dei lavoratori legati al settore terziario è cresciuta rapidamente.
Il settore terziario costituisce una percentuale più elevata del PIL nei paesi sviluppati (71%), rispetto a meno
del 50% del PIL dei paesi in via di sviluppo. La crescita del settore terziario e quaternario indica non sol
importanti cambiamenti nei modelli occupazionali, ma è anche sfociata all’emergere delle società post-
industriali, distinte in cinque caratteristiche principali:
• Alti livelli di urbanizzazione;
• Prevalenza del settore dei servizi e delle attività d’ufficio;
• Prevalenza dei “colletti bianchi”(liberi professionisti, funzionari, impiegati) nelle forza lavoro;
• Infrastrutture fortemente basate sull’informatica e le comunicazioni (ICT);
• Un’economia basata sulla conoscenza. La conoscenza diventa infatti una risorsa produttiva che
compete con i fattori produttivi tradizionali come la terra e il lavoro.
Uno dei migliori indicatori di un economia basata sulla conoscenza è la quantità di denaro spesa in ricerca e
sviluppo. Una delle espressioni paesaggistiche della ricerca e dello sviluppo è il tecnopolo (tecnopoli),
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un’area nella quale si concentrano imprese che si occupano di ricerca, progettazione o sviluppo e produzione
in settori di alta tecnologia (Es. la Silicon Valley in California). Vengono fornite tre informazioni per quanto
riguarda lo sviluppo delle tecnopoli:
■ Reindustrializzazione;
■ Sviluppo regionale;
■ Sinergia, ovvero benefici ottenuti attraverso l’arricchimento reciproco;
L’agricoltura: origini e rivoluzioni
L’agricoltura rappresenta la base della nostra civiltà. Essa è implicata in un continuo processo di selezione
delle specie vegetali e animali in base a specifiche caratteristiche e il controllo della loro riproduzione. Fino
a pochi anni fa la maggioranza della popolazione mondiale era impiegata nell’agricoltura.
Questa riduzione di forza lavoro è espressione della crescente urbanizzazione, quanto ruolo sempre più
rilevante della meccanizzazione e industrializzazione.
Origini dell’agricoltura
La caccia degli animali selvatici, la pesca e la raccolta dei vegetali spontanei sono i metodi più antichi
attraverso la quale l’uomo si è procacciato il cibo. La maggior parte dei gruppi di cacciatori e raccoglitori
conduceva una vita nomade. Le società di cacciatori, pescatori e raccoglitori non possono essere considerate
agrciole. Dal punto di vista storico, il passaggio da società basate sulla caccia e raccolta a società agricole,
costituisce la prima delle tre radicali rivoluzioni che hanno trasformato la nostra civiltà umana.
La prima e la seconda rivoluzione agricola
La prima rivoluzione agricola corrisponde alla nascita della stessa agricoltura, che ebbe inizio con i primi
episodi di selezione delle piante e addomesticamento degli animali circa 11000 anni fa. Questo fu il più
antico caso di invenzione dell’agricoltura, poiché comparve in tempi diversi e in diversi luoghi del mondo,
senza relazioni reciproche.
Le radici della seconda rivoluzione agricola risalgono invece alle nuove pratiche agricole, probabilmente di
origine cinese, che si diffusero in Europa occidentale durante il Medioevo, aumentando notevolmente la
produttività. Le due innovazioni principali furono:
• L’utilizzo di aratri dotati di vomeri metallici;
• La sostituzione dei buoi con i cavalli, animali da lavoro molto più efficienti;
Nel XVII e XVIII secolo venne introdotta un ulteriore innovazione, la rotazione delle colture.
La rotazione delle colture è l’alternanza della coltivazione di diverse specie nello stesso campo al fine di
evitare l’impoverimento del suolo.
La rivoluzione industriale, inoltre, porto ulteriori innovazioni, che resero l’agricoltura ancora più efficiente.
La terza rivoluzione agricola
La terza rivoluzione agricola, tutt’ora in corso è il frutto delle innovazioni tecnologiche e delle nuove
pratiche colturali che si diffusero nel XX secolo, come la meccanizzazione estensiva, il massiccio utilizzo
dell’irrigazione artificiale, la diffusione di fitofarmaci e fertilizzanti chimici e le biotecnologie.
La meccanizzazione (trattori) hanno facilitato il passaggio dalla policoltura alla monocultura,
determinando grandi trasformazioni del paesaggio e dell’ambiente; infine eliminarono quasi del tutto gli
animali da lavoro.
La monocultura è la coltivazione di un’unica specie vegetale su vaste estensioni di terreno. E’ contrario
della policoltura, che consiste nel suddividere il terreno tra coltivazioni differenti.
Un secondo elemento della terza rivoluzione industriale è l’uso dei prodotti chimici di sintesi per aumentare
le quantità di raccolto, combattere i parassiti e le piante infestanti e facilitare il lavoro degli agricoltori. Il
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costo di questi prodotto ha favorito le aziende maggiori e gli agricoltori dei paesi più ricchi a svantaggio
delle piccole aziende e degli agricoltori dei paesi più poveri.
L’irrigazione ha consentito di coltivare aree considerate un tempo troppo aride, portando ad un raddoppio
delle aree irrigate e coltivabili. Tuttavia, ha portato a degli inconvenienti facendo aumentare i contenuti salini
dei terreni, rendendoli meno fertili.
Un ulteriore aspetto della terza rivoluzione agricola è rappresentato dalle biotecnologie agrarie, che mira a
migliorare la qualità della produzione attraverso tecniche di ingegneria genetica. Occorre a questo proposito
distinguere tra “rivoluzione verde” e “rivoluzione genetica”.
La rivoluzione verde è stato il grande aumento della produzione di cereali verificatosi tra il 1965 e il 1985
in Asia ed America Latrina, grazie alla diffusione di varietà di grano, riso e granoturco ad altra produttività
all’uso di fertilizzante dell’irrigazione.
L’ingegneria genetica è l’applicazione di tecniche genetiche all’agricoltura a partire degli anni Ottanta con
il coinvolgimento di grandi imprese private nel controllo della ricerca nello sviluppo di organismi
geneticamente modificati (OGM) o transgenici e sottoposti alla protezione di brevetti internazionali.
Sulla rivoluzione genetica sono in corso dibattiti molto accesi sulle conseguenze di tale rivoluzione.
I possibili utilizzi di animali o virus per modificare i patrimoni genetici delle specie vegetali, andando così
contro i processi naturali. Gli OGM, vengono considerate dai loro promotori il messo per superare molti
problemi ambientali e garantire una maggiore produttività dell’agricoltura, anche se le conseguenze a lungo
periodo sono ancorai ignote.
I sistemi agricoli
L’agricoltura può essere vista come un sistema per produrre cibo, ovvero una strategia umana per la
sopravvivenza. Per sistema intendiamo solitamente un insieme di elementi che interagiscono comportandosi
come un'unica entità. Quindi vengono compresi degli input (es. lavoro), e gli output (prodotti agricoli), i
consumatori e diversi flussi mettono in relazione tutte queste componenti. Anche se esistono molte
classificazioni, si concordano in due principali:
• Agricoltura di sussistenza: sistema agricolo indipendente dalle richieste del mercato globale i cui
prodotti vengono in gran parte consumati dai produttori e dalle loro famiglie e in piccola parte
scambiati o venduti sui mercati locali;
• Agricoltura commerciale: sistema agricolo fondato sulle richieste del mercato, i cui prodotti
vengono venduti per un consumo che spesso avviene lontano dai luoghi di coltivazione;
L’agricoltura di sussistenza
Nel mondo sono milioni di persone che sopravvivono grazie all’agricoltura di sussistenza, soprattutto in
Africa, Asia ed alcune zone dell’America latina. Vi sono quattro tipologie di agricoltura di sussistenza
ciascuna delle quali è adatta ad un diverso clima, ambiente e tipo di terreno.
Agricoltura itinerante
L’agricoltura itinerante è un sistema agricolo che il fuoco per ripulire i terreni dalla vegetazione spontanea,
rendendoli adatti ad essere coltivati per un certo periodo, al termine del quale si passa a fare lo stesso con un
altro terreno.
Le principali critiche mosse a questo tipo di agricoltura sono mosse al processo di deforestazione.
Essa però, se praticata secondo certi principi può essere considerata sostenibile dal punto di vista ambientale.
Purtroppo i cicli dei tempi di riposo non vengono rispettati a causa dell’aumento della popolazione e della
mancanza di ulteriori territori da coltivare. A fronte di questi problemi sono sempre più diffuse pratiche
alternative, per restituire fertilità ai terreni. L’agroforestazione è un sistema di coltura promiscua dove
vengono piantate determinate specie di alberi, utili per controllare i livelli di fertilità.
La coltivazione irrigua del riso
Il riso costituisce il primo prodotto agricolo ed una delle principali fonti di amido, esso viene coltivato con
tecniche di coltivazione irrigua, che rappresentano uno dei primi esempi di agricoltura intensiva.
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La coltivazione irrigua è una coltivazione basata sui sistemi di acque superficiali o sotterranee,
distinguendosi così dalla coltivazione asciutta, basata unicamente sugli apporti idrici atmosferici.
L’agricoltura intensiva è un sistema agricolo caratterizzato da un elevata quantità di forza lavoro, capitali e
attrezzature in relazione alla superficie coltivata.
Nel mondo la maggior parte del riso viene prodotta e consumata in Asia, dove la coltivazione irrigua di
questo cereale è stata profondamente influenzata dagli effetti della Rivoluzione Verde. I principali paesi
esportatori sono Tailandia, Vietnam, India e Stati Uniti. Nell’ultimo caso anche grazie ad una produzione
meccanizzata su superfici ridotte.
Le piccole aziende agricole e l’allevamento
Le zone dell’Asia non offrono condizioni adatte alla coltivazione del riso, prevale un sistema agricolo
fondato sull’allevamento e su aziende di piccole dimensioni secondo una combinazione diffusa in molte
regioni dei paesi in via di sviluppo, anche se molto differenti tra di loro.
• Nelle regioni più aride dall’Asia i cereali più diffusi sono il mais e il frumento;
• In medio oriente e nel nord Africa, sono diffusi il frumento per l’alimentazione umana, il foraggio,
orzo – e legumi, lenticchie e ceci. Tra gli animali allevati vi sono gli ovini, i caprini, e i bovini.
• Nell’Africa subsahariana il ruolo fondamentale è svolto dalla coltivazione della cassava, un tubero
diffuso.
La policoltura praticata da piccole aziende famigliari ha caratterizzato l’agricoltura europea, specie quella
mediterranea lasciando un impronta nel paesaggio.
La pastorizia
La pastorizia è l’allevamento del bestiame all’aperto. La pratica della pastorizia è diffusa soprattutto nelle
regioni aride e semiaride e nelle zone montane. La mobilità è un aspetto fondamentale della pastorizia, dal
momento che i pascoli non sono in grado di nutrire gli animali per tutto l’anno, costringendo gli allevatori
alla transumanza, ovvero spostamenti stagionali in cerca di nuovi pascoli e fonti d’acqua.
I governi di alcuni paesi ritengono che la vita pastorale nomade non sia compatibile alla modernità, poiché
essa interferisce con le attività fondamentali dello stato, come raccolta d’informazioni censuarie, offerta
d’istruzione e servizi sanitari e l’istituzione di aree protette a riserve naturali.
L’agricoltura di mercato
L’agribusiness è un sistema di interconnessione tra i contadini che producono, le industrie di lavorazione dei
prodotti agricoli, la loro distribuzione commerciale.
Una delle caratteristiche tipiche di questo settore è l’integrazione verticale, che prevede che una singola
azienda controlli due o più fasi della produzione e distribuzione di un bene. Le industrie quindi di
trasformazione di alimenti agiscono come intermediari tra i veri produttori e i consumatori.
Le piantagioni
Le piantagioni sono grandi coltivazioni, tipiche dell’area tropicale subtropicale, specializzate in produzioni
destinate all’esportazione sui mercati internazionali.
Le prime piantagioni furono quelle di canna da zucchero, create in africa dai portoghesi nel XV, la cui
manodopera veniva affidata agli schiavi. Tutt’oggi la cura, il raccolto e la lavorazione di questo tipo di
coltivazioni vengono affidate ad una manodopera scarsamente retribuita. Inoltre, questo elemento
contribuisce a marcare una società fortemente dualistica, con la manodopera povera, e i ricchi gestori.
Spesso le piantagioni sono di proprietà di società multinazionali europee o nordamericane.
L’orticultura commerciale, l’agricoltura specializzata e l’agricoltura mediterranea
L’orticultura commerciale è la produzione intensiva di frutta non tropicale, ortaggi e fiori destinati alla
vendita sul mercato.
In precedenza queste attività si collocavano nei pressi dei mercati urbani a causa del deterioramento dei
prodotti. Oggi questi sistemi sono cambiati, grazie allo sviluppo delle reti infrastrutturali ed al potenziamento
del settore degli autotrasporti, che consento di consegnare i prodotti a centinaia di chilometri di distanza nel
giro di poche ore. Il truck
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farming, è una forma di agricoltura caratterizzata da grandi aziende agricole, solitamente specializzate in un
solo prodotto, spesso distanti dai propri mercati di riferimento che fanno affidamento su manodopera
stagionale.
Le regioni che si affacciano sul mediterraneo sono focolaio dell’agricoltura mediterranee, che nella sua
forma tradizionale può essere considerata una varietà di agro forestazione, fondata sull’integrazione
dell’allevamento di bestiame, la coltivazione di un cereale e quella di alberi da frutto (agrumi, viti, ulivi).
Esse spesso fanno leva su immigrati clandestini dell’Africa, come l’agricoltura mediterranea americana
fondata su manodopera di origine messicana.
L’allevamento commercial e di animali da latte
L’allevamento commerciale di animali da latte è l’allevamento di bestiame per la produzione di latte,
burro e formaggi destinati ad essere venduti sul mercato.
La produzione del latte si è evoluta di pari passo con la crescita delle città e nelle sue vicinanze soprattutto a
causa del fatto che il atte fresco è un prodotto altamente deperibile, che deve essere consumato
immediatamente, oppure trattato o trasformato entro pochissimo tempo.
Le aziende agricole miste, con produzione di foraggio e allevamento
Tra i sistemi agricoli più diffusi nella storia, sono quelli che integrano la produzione di foraggio con
l’allevamento del bestiame al questo è destinano e dal quale proviene solitamente la maggior parte dei ricavi
dell’azienda agricola, attraverso la vendita e la trasformazione di prodotti di origine animale.
Le factory farm (fattorie-fabbrica) sono aziende agricole intensive, caratterizzate da un altissima
concentrazione di bovini, suini o pollame, in strutture realizzate per ottimizzare il processo di alimentazione
del bestiame.
La cerealicoltura commerciale e l’allevamento estensivo di bestiame
La cerealicoltura commerciale è un sistema agricolo che prevede una monocultura di cereali altamente
meccanizzata e su vasta scala..
L’allevamento estensivo di bestiame è una forma di agricoltura che prevede l’allevamento brado di grtandi
mandrie di bestiame o greggi di pecora, destinate al macello.
Agricoltura estensiva è un sistema caratterizzato da uno scarso uso di forza lavoro, capitali e macchinari per
unità di terreno coltivato.
Le variazioni spaziali dell’agricoltura
Un altro aspetto che interessa lo studio di questa materia è quelle delle decisioni relative agli usi del suolo,
che costituisce un elemento fondamentale per la geografia dell’agricoltura.
J. H. von Thunen (1783-1850) studioso tedesco, si rese conto che il tipo di coltivazione variava in base alla
distanza dei centri di mercato. Elaborò un modello, modello di Von Thunen, con il quale intendeva
descrivere le virazioni spaziali dell’agricoltura di mercato. Egli ipotizzò che i costi di trasporto verso i centri
di mercato rappresentino una variabile fondamentale nel definire quanto possa essere redditizio l’utilizzo del
terreno agricolo, in base al principio economico secondo il quale anche le decisioni relative all’uso dei
terreni siano improntante al perseguimento del maggior profitto possibile.
Anche se il modello si basava su una rappresentazione molto semplificata della realtà, i principi che propone
hanno ancora rilevanza. Alle città persistono colture orticole e vivaistiche e latte che provengono dalle zone
rurali ad esse adiacenti. I prodotti di pascolo e cerealicoltura sono nelle zone periferiche.
Agricoltura, ambiente e globalizzazione
L’agricoltura e l’ambiente sono sfere della realtà molto connesse. Le caratteristiche del suolo e le condizioni
climatiche di un area possono influenzare le decisioni relative all’utilizzo dei terreni o alla scelta delle
coltivazioni. Inoltre, l’agricoltura ha un forte impatto con l’ambiente.
Desertificazione
La desertificazione è il grave isterilimento dei terreni in zone non naturalmente desertiche, a causa delle
attività mane o per motivi naturali.
L’eccessivo sfruttamento dei pascoli danneggia la vegetazione, mentre la cattiva gestione dei cicli colturali
può produrre un impoverimento dei suoli. Perfino l’irrigazione, può avere effetti deleteri per l’ambiente e la
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fertilità. Nelle regioni aride, dove i tassi di evaporazione sono molto elevati un ulteriore problema è
rappresentato dalla salinizzazione.
La salinizzazione è l’accumulo di sali sulla superficie del terreno o nel solo.
Un altro problema è rappresentato dall’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti chimici che inquinano i terreni e le
falde circostanti.
L’agricoltura sostenibile
I pesanti impatti ambientali dell’agricoltura, in particolare quella commerciale di tipo estensivo, hanno
messo in dubbio la capacità di questo settore a provvedere alle necessità delle generazioni future.
L’agricoltura sostenibile è formata da tecniche agricole che permetto un’accurata gestione delle risorse e
riducono al minimo gli impatti negativi dell’agricoltura sull’ambiente, senza compromettere la sua
redditività.
L’agricoltura sostenibile alterna colture a filare, e culture erbacee o la creazione di fasce tampone.
Lavorazione del terreno con mezzi che favoriscono l’erosione dei suoli. Fa anche utilizzo di tecniche
avanzate come GPS, per dosare i fertilizzanti e calcolare la fertilità geografica del suolo. Anche se sono state
avanzate numerose critiche, a causa del dispendio di energie che esse richiedono andando comunque a
discapito dell’ambiente.
L’agricoltura biologica è un tipo di agricoltura sostenibile che si basa su cicli e processi naturali compatibili
con la conservazione degli ecosistemi locali. Costituisce il settore agricolo con maggiori tassi di crescita,
anche se oggi produce solo una minima percentuale del totale ei beni agricoli presenti sul mercato.
Agricoltura e globalizzazione
La possibilità di poter scegliere tra una vasta gamma di cibi nei negozi, non reperibili nel nostro paese, è
sintomo che l’globalizzazione ha modificato profondamente l’agricoltura. Uno degli obbiettivi del WTO è
quello di liberalizzare il più possibile gli scambi commerciali, attraverso l’abolizione dei dazi doganali e di
tutte quelle politiche che limitano la piena liberazione del mercato. Un fattore specifico di distorsione dei
mercati agricoli, sul quale la WTO ha impiegato molto tempo prima di esprimersi con chiarezza è quello
degli aiuti governativi agli agricoltori. Gli agricoltori dei paesi più poveri, in mancanza di questi aiuti, sono
affrontano spese di produzione maggiori, che si traducono in prezzi più elevati.
La globalizzazione ha influito sulla dieta della maggior parte dei cittadini del mondo, portando ad un
cambiamento dei modelli di consumo alimentare dovuto soprattutto alla maggiore varietà di cibo disponibile.
La globalizzazione dell’agricoltura sostenibile
La globalizzazione dell’agricoltura non è solo trainata dal mercato, dalle multinazionali e dalla grande
distribuzione commerciale. L’agricoltura sostenibile sotto l’aspetto ambientale, sociale e culturale si è
organizzata a scala globale in vari modi. Uno è quello del commercio equo e solidare e il secondo dato da
due associazioni:
• Slow food: un associazione che contrasta il dilagare ai fast food, promuovendo cibi sani;
• Terra Madre: un associazione che riunisce coloro che vogliono difendere l’agricoltura, la pesca e
l’allevamento sostenibile per preservare le biodiversità.
La crisi alimentare globale
Nel 2007-2008, il prezzo del cibo è aumentato del 43%, innescando una crisi alimentare globale. I motivi di
questa crisi sono stati ricondotti a due principali:
• Nel 2006 si verificarono contemporaneamente siccità fuori stagione nei principali paesi produttori di
cereali;
• Aumento del costo del petrolio, che determinò un incremento dei prezzi dei fertilizzanti e carburanti;
• Aumento della produzione di biocarburanti, come l’etanolo prodotto dal granoturco;
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La crisi ha colpito soprattutto le popolazioni più povere, che spendono la maggior parte del proprio reddito
per alimentarsi. Questa crisi ha sollevato numerosi dubbi sulle strategie e la sostenibilità di alcune pratiche
agricole. L’agricoltura urbana, coltivazioni in terrazzi e aree dismesse della città, sarà uno strumento che
potrà contribuire a migliorare la sicurezza alimentare in futuro.
L’agricoltura in Europa e la politica agraria comunitaria
La metà della superficie dell’UE è adibita all’agricoltura, ciò dimostra l’importanza che l’attività agricola
rappresenta per l’Europa, in campo economico, come fonte di reddito, ma anche per l’ambiente naturale.
Il legame tra agricoltura e ambiente è molto profondo. Nell’ultimo decennio parve chiara la necessità per
l’Unione Europea di affrontare i problemi ambientali, con interventi mirati.
La PAC (Politica Agraria Comunitaria) è una politica dell’UE che si propone di conciliare un adeguata
produzione alimentare con la salvaguardia economica delle comunità rurali e la risposta alle sfide ambientali.
Il documento delinea tre opzioni principali:
• Produzione alimentare economicamente redditizia (La fornitura alimentare deve rispondere al
fabbisogno crescente di domanda);
• Gestione sostenibile delle risorse naturali e azione a favorire il clima (Gli agricoltori devono far
prevalere le considerazioni ambientali su quelle economiche);
• Mantenimento dell’equilibrio territoriale e della diversità delle zone rurali (L’agricoltura rimane un
motore economico e sociale di grande importanza);
Trasporti e telecomunicazioni
• La circolazione delle persone, idee e notizie si svolgeva entro determinati limiti geografici, mentre le
lunghe distanze venivano percorse solo da beni rari. In seguito all’esplorazione e alle conquiste, si
fecero sempre più numerosi gli scambi su scala planetaria. Nel XX le nuove tecnologie correlate ai
mezzi di trasporto aumentarono enormemente le velocità, riducendo tempi e le comunicazioni più
agevoli.
• La telematica, ovvero l’applicazione dell’informatica alle telecomunicazioni, ha ridotto le distanze
funzionali, misurate sui tempi e costi di trasmissione delle informazioni.
Essa ha reso possibile la trasmissione di dati, notizie, immagini in tempo reale a scala planetaria e di
svolgere operazioni finanziare, commerciali e produttive in sedi molto lontane tra loro, come se
queste si trovassero nello stesso luogo.
Le strade
• Gli umani hanno sempre avuto necessità di spostarsi. I percorsi e i sentieri vennero resi stabili
quando si iniziarono ad utilizzare gli animali per il trasporto delle merci. La scoperta rese necessario
il tracciamento delle strade. I romani furono i primi a creare una rete continentale di comunicazione
terrestre tra le varie regioni dell’impero. Le strade romane furono usate anche nel medioevo e
tutt’oggi molte nuove strade ne seguono il loro tracciato.
La costruzione delle strade ebbe un notevole impulso nel XX secolo con la diffusione
dell’automobile. Con il crescente numero delle auto durante le guerre mondiali, si vide la
costruzione delle autostrade. Infine, nel secondo dopoguerra avvenne la rivoluzione dei trasporti.
• La rivoluzione dei trasporti è stato il grande cambiamento nei trasporti verificatosi nella seconda
guerra mondiale del secolo scorso, legato ai miglioramenti tecnologici dei mezzi e delle vie die
comunicazione, che ha portato a una forte riduzione dei costi e ad un enorme aumento dei flussi.
• Si è passati dai 62 milioni di automobili nel 1950, nel mondo, a 250 milioni nel 1970. Nel 2010 è
stato superato il miliardo di automobili circolanti.
Le ferrovie
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• Le prime linee ferroviarie nascono in Inghilterra nel 1800. La costruzione delle ferrovie fu
strettamente legata alla rivoluzione industriale. Infatti, le ferrovie oltre a favorire gli spostamenti
delle persone hanno ridotto i costi di trasporto di prodotti finiti e materie prime.
• Le ferrovie di penetrazione sono ferrovie che collegano un porto a una regione interna che produce
beni per l’esportazione da piantagioni, miniere ecc.
• L’evoluzione del terno fu un metodo per estendere i confini e collegare posti lontani. La costruzione
delle linee ferroviarie e la massificazione dell’offerta di trasporto hanno contribuito in maniera
determinate alla mobilità delle popolazione e delle merci. Successivamente però, negli anni ’60, i
trasporti stradali e in aereo divennero più competitivi sostituendo quelli ferroviari. Esso, ha
mantenuto la sua posizione unicamente per i trasporti merci su lunghe distanze e nelle zone più
densamente popolate e urbanizzate per il trasporto passeggeri.
• La comparsa dei treni superveloci ha riproposto la ferrovia come mezzo competitivo. Basta pensare
ai treni ad alta velocità TAV che raggiungono i 400 km orari, Freccia Rossa Italiano, oppure treni a
lievitazione magnetica in Cina.
I trafori
• I trafori detti anche tunnel sono gallerie costruite forando le montagne per farci passare strade,
ferrovie, autostrade.
• I treni necessitavano di un tracciato più lineare e non potevano superare agevolmente forti dislivelli,
pertanto per far superare le montagne si rese necessario ricorrere ai trafori. Oggi, i trafori si sono
adattati anche le autostrade, per facilitare i passaggi.
Il traforo del San Gottardo che sarà ultimato nel 2017 è importante per i collegamenti Italia-
Svizzera. Esso avrà una lunghezza di 57 Km, diventando il traforo più lungo del mondo. I lavori,
però, decisi senza la partecipazione degli abitanti della Val di Susa, zona pesantemente interessata
nell’opera, sono contestati dal movimento No TAV contrario al progetto, a cui si sono uniti
rappresentanti di altri movimenti antagonisti.
Le vie d’acqua interne
• I corsi d’acqua fin dall’antichità furono utilizzati come vien di comunicazione. Per fare testa ai
numerosi ostacoli, e alle dimensioni delle imbarcazioni furono effettuati interventi di drenaggio,
regimazione delle portate, rettificazione e i percorsi e costruzione di chiuse per superare i dislivelli.
• Le chiuse dal latino Aqua Exclusa (acque serpate). Si tratta di opere idrauliche che premettono alle
imbarcazioni di superare dislivelli lungo i corsi d’acqua. Consistono in una vasca, con due porte
tramite le quali si può variarne il livello, immettendo o asportando l’acqua, permettendo così alle
imbarcazioni di superare un dislivello dell’alveo fluviale (rapida o cascata).
• Oggi il trasporto via acqua, lento e poco costoso, è adoperato solamente per merci pesanti e non
reperibili. Per il trasporto di persone è usato soltanto in regioni al Sud del mondo, mentre per scopi
turistici al Nord.
I porti e le rotte marittime
• I porti sono i nodi di traffico in cui convergono le rotte marittime, strade e sovente ferrovie, canali e
vie fluviali. Sono un infrastruttura fondamentale importanza per i collegamenti tra mare e terraferma.
• La rivoluzione dei trasporti ha imposto profondi cambiamenti ai porti, molti dei quali funzionavano
da secoli come porti polivalenti, in grado di caricare e scaricare oltre ai passeggeri, qualunque tipo
di merce. Lo sviluppo navale ha ridotto il numero di porti polivalenti a poche unità di grande
importanza (Rotterdam, Anversa, Amburgo ecc.). Gli altri porti si sono specializzati, concentrandosi
nel trasporto di uno o pochi prodotti. La necessità di maggior estensione è stata risolta in molte aree
portuali con nuove strutture offshore (Es. Genova).
• I terminali offshore impianti portuali costruiti in mare aperto, molto spesso per lo sbarco-imbarco
del petrolio e della sua lavorazione.
• I “fronti” marittimi più importanti sono quelli dell’Europa Atlantica, quelli del Giappone orientale e
quelli degli USA orientali e del Golfo Messico, che insieme gestiscono circa il 60% del traffico
mondiale. Il 40% fa capo ai paesi del Sud, specializzati nell’imbarco di uno solo o pochi tipi di
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merce. Golfo del Persico ha un importante traffico per il petrolio. Solo alcuni casi hanno un traffico
diversificato: come Hong Kong e Shangai (porti cinesi che stanno emergendo), l’ultimo il quale ha
raggiunto il primo posto al mondo come volume di merci.
• I porti moderni, oltre ad avere un importanza fondamentale per il commercio, rivestono ruolo sempre
maggiore nell’organizzazione del territorio. Infatti, funzionano come gateway (punto d’entrata) tra
le vie di comunicazione sulla terraferma, condizionando così la localizzazione industriale. Un ruolo
importante è quello dei porti di porti di trasbordo.
• I porti di trasbordo sono porti che hanno il compito di smistare i container dalle navi
transoceaniche a navi di stazza minore.
• Per poter gestire tutti i tipi di merci si gestisce alla creazione di sistemi portuali, ovvero
l’integrazione tra più porti di una stessa fascia litoranea, ognuno specializzato in una o più funzioni
(porti petroliferi, carboniferi, ecc.).
Il trasporto aereo
• Il vantaggio dei trasporti arei è dato dalla loro velocità rispetto ad altri mezzi, mentre il limite viene
dettato dai costi. Secondo il sistema del deposito centralizzato, viene ritenuto utile mantenere le
scorte all’interno di magazzini e spedirle ogni volta se necessario per via area. L’uso della spedizione
è usato per la consegna di acquisti online.
• Un aeroporto intercontinentale è di primaria importanza per lo sviluppo economico di una regione
ei lso collegamento con il resto del mondo, esso funge da nodo da cui dipendono gli aeroporti minori
non direttamente collegati con il resto del mondo.
Le telecomunicazioni
• Le reti di telecomunicazione e le relative tecnologie (ITC Information and Communication
Technologies) supportano un intensa rete di informazioni, sotto forma di denaro, dati, notizie e
immagini. Le attività economiche e finanziare utilizzano le reti per collegare tra di loro i vari punti
nei quali articolano le aziende, trasferendo dati, denaro e sviluppano l’e-commerce.
Le ITC hanno fondamentale importanza anche in altri campi:
• Campo della Salute: fornendo aggiornamenti sulle nuove tecniche e farmaci al personale sanitario;
• Campo della cultura: pubblicando scritti, articoli, libri, commenti e discussioni e dando accesso
alle biblioteche;
• Campo della ricerca: con la condivisione di esperienze e di conoscenze e dati;
• Campo dell’istruzione: con insegnamenti a distanza e la possibilità di accedere alle conoscenze;
• Vi sono notevoli differenze nella possibilità di accesso alle telecomunicazioni tra i paesi e Nord e
Sud del mondo.
• Il divario digitale è il divario esistente tra chi ha accesso ai mezzi della comunicazione
informatizzata (PC e simili) e chi ne è escluso. Pertanto coloro che non sono a disposizione di tali
mezzi sono condannati ad una perifericità che ne limita lo sviluppo.
La circolazione delle merci e il commercio internazionale
• Negli ultimi decenni l’aumento delle merci è stato molto rapido, a seguito degli scambi commerciali
a scala mondiale legati alla globalizzazione. Si è reso quindi necessario creare un insieme di attività
organizzative.
• La logistica è l’insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che governano i flussi di
materiali dalle origini presso i fornitori di materie prime fino alla consegna dei prodotti finiti ai
clienti e al servizio post-vendita.
Trasporti e logistica
• Un primo compito della logistica consiste nel razionalizzare i trasporti merci, sia in entrate che in
uscita dall’azienda per ridurre i costi. Fondamentale fu l’invenzione del container.
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• Il container è il contenitore metallico di misura standard per il trasporto di merci, in particolare in
trasporti intermodali marittimo-terrestri.
• Con il container vengono velocizzate le operazioni di carico e scarico delle merci, ma viene reso
possibile un sistema di trasporto multimodale.
• Il trasporto multimodale è un metodo di trasporto utile a far percorrere lunghe e lunghissime
distanze alle varie merci effettuato con una combinazione di mezzi diversi (Es. nave, treno, camion).
• Le piattaforme logistiche sono vaste aree nelle quali convergono reti di trasporto diverse le cui
merci vengono ricevute immagazzinate, tratte e poi smistate.
Queste piattaforme sono in grado di ricevere, immagazzinare, trattare le merci in grande quantità,
come nel caso del porto do Rotterdam e quello di Genova.
• Anche il trasporto di passeggeri ha seguito la stessa logica. La rete dei trasporti veloci (aeri, treni) ha
alcune piattaforme di interconnessione (hub aeroportuali) dove sono presenti contemporaneamente
terminali arei, stradali e ferroviari (nazionali e internazionali) e di ferrovie e metropolitane.
• Oltre questa maggiore interazione tra i luoghi si è anche verificata una differenziazione economica
tra regioni, i quanto alcuni assi di trasporto detti corridoi plumodali – Valle del Reno in Germania o
Asse Parigi – Lione – Marsiglia in Francia – acquistando importanza rispetto ad altri, con relative
rilevanti conseguenze sullo sviluppo economico dei territori attraversati.
• Una seconda trasformazione che si ebbe con la rivoluzione dei trasporti, fu la crescita a dismisura
della quantità di merci in circolazione con l’aumento della velocità e quindi la riduzione dei prezzi.
Il WTO ha calcolato una crescita dei traffici annua del 7,4% dopo il secondo conflitto mondiale, per
poi raggiungere il 8,6% negli anni sessanta.
• Un’ulteriore crescita dei commerci internazionali e della loro importanza è dovuta alla
globalizzazione. Il commercio è basato infatti sul processo di interdipendenza delle economie di
tutti gli stati del mondo.
• Altri fattori che hanno influito sull’enorme crescita del commercio sono:
• La divisione internazionale del lavoro: un tempo consisteva nella ripartizione della produzione di
beni e servizi tra i diversi paesi specializzati in determinate tipi di attività. Con delocalizzazione
delle imprese se ne è affermata una nuova, tra i paesi con bassi salari e gli altri: primi offrono
manodopera par lavori poco qualificati, i secondi si riservano i lavori più qualificati.
• La progressiva liberalizzazione del commercio: legata alla nascita di associazioni internazionali
per l’abbattimento delle barriere al trasferimento di beni e servizi (GATT, 1948 poi in seguito WTO).
• Da allora sono stati avviati accordi regionali per il commercio come il NAFTA (Canada, USA e
Messico), ASEAN (Est Asiatico) e MERCO-SUR (America latina).
Nel 1957 con la Comunità Europea, che nel 1975 con la convenzione di Lomè strinse accordi per
facilitare scambi con l’Africa, Caraibi e paesi dell’Oceano pacifico. Con la globalizzazione sono
mutate anche le direzioni dei flussi.
• I manufatti e i semilavorati seguono percorsi più complessi, rispetto le risorse primarie, in quanto la
loro produzione subisce una scomposizione verticale del processo, delocalizzata dalle
multinazionali dei paesi dove i prezzi della manodopera sono minori.
• La scomposizione verticale del processo produttivo si verifica quando una grande impresa è
proprietaria di stabilimenti localizzati in diverse parti del mondo, collegarti tra di loro, ciascuno dei
quali rappresenta una fase della filiera produttiva.
• La globalizzazione del commercio ha investito non soltanto il mondo della produzione, che localizza
le varie fasi del ciclo produttivo dove maggiore è la sua convenienza, ma ha intuito anche
notevolmente i consumi della popolazione e, in parte i suoi stili di vita. Il polo più importante è
rappresentato dall’Europa seguita dagli USA, in particolar modo dove le importazioni superano le
esportazioni. Terzo polo dell’Asia dove i flussi in uscita superano quelli in entrata. I paesi del Sud,
gestiscono una minima parte dei commerci internazionali. L’area commercialmente più attiva è
quella del Pacifico, che ha superato l’Atlantico.
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Turismo
• Il turismo è lo spostamento del luogo di residenza in altre località per svago, interessi culturali,
salute, riposo o desiderio dia conoscere nuovi luoghi è esistito fin dall’antichità (Romani e Gran
Tour).
• Con la rivoluzione industriale e il formarsi di una ricca classe borghese il turismo ebbe forte
sviluppo. Si diffuse l’uso di trascorrere periodi di riposo in stazioni termali, località balneari, laghi e
montagne. Si trattava ancora di un turismo di élite, legati alle classi con redditi alti.
• Il turismo d’élite è il turismo riservato a persone con reddito elevato, che frequenta località
rinomante e lussuose.
• Dopo la seconda guerra mondiale, a partire dagli anni 50, si sviluppo un turismo anche per le classi
inferiori, e con redditi più bassi, ovvero un turismo di massa.
• Il turismo di massa è praticato da larghi strati di popolazione, con servizi diversificati a prezzi
convenienti.
• Oggi è un turista, secondo l’organizzazione Mondiale del Turismo, “chiunque viaggi in paesi
diversi da quello in cui ha la sua residenza abituale, o al di fuori del proprio ambiente quotidiano,
per un periodo che intercorre tra una notte e minore di un anno, per motivi che non siano di
lavoro”.
I flussi turistici e l’impatto sul territorio
• Tra le attività del settore terziari il turismo è quella con maggior numero di addetti a livello mondale,
che continua a crescere anche in periodi di crisi. Secondo l’organizzazione mondiale per il Turismo
esso cresce di circa 4% all’anno.
• Il continente privilegiato del turismo internazionale infatti è sempre l’Europa, il cui richiamo è legato
soprattutto alle sue città ricche di storia e di monumenti del passato, al suo patrimonio artistico e d
anche al buon livello di infrastrutture e servizi. In Europa, l’Italia si situa tra i primi paesi per
numero di visitatori stranieri, grazie alle spiagge, al patrimonio artistico e alle sue città d’arte.
• Città d’arte è una città ricca di storia, musi e monumenti, che valorizza con esposizioni e altre
manifestazioni culturali.
• Il turismo se da un lato rappresenta una forte fonte di reddito notevole (13% del PIL italiano),
dall’altro ha un impatto non sempre positivo sul territorio, provocando profonde trasformazioni
funzionali e paesaggistiche.
Il turismo e il viaggio
• Oggi il turismo si lega sempre più al viaggio che consiste nel visitare per proprio piacere un luogo
diverso da quello di residenza abituale. Molto spesso invece esso è l’immagine parziale che deriva
da idee comuni diffuse sulla località. (es. Colosseo e Torre di Pisa in Italia). In secondo luogo
l’immagine è legata ai servizi, come comfort degli alberghi, accoglienza o tipo d’intrattenimento
offerto, e rapporto qualità prezzo. La pubblicità turistica fornisce attraverso i medi immagini e
informazioni che attraggono maggior numero di turisti.
Il turismo culturale
• Il turismo culturale è l’interesse verso ciò che riguarda l’identità di luoghi e paesi, che comprende sia
le testimonianze di ciò che nella storia ha fornito tale identità, cioè i suoi monumenti, sia lo stile di
vita, la cucina e il folklore. Il turista motivato culturalmente, non si limita solo alla vista dei
monumenti, ma anche ad altri tipo di manifestazioni culturali che riguardano più propriamente gli
usi, i costumi, le tradizioni ecc. alla ricerca di un esperienza completa non solo dal punto di vista
culturale ma anche di quello che riguarda il modo di vivere. Lo stile di vita italiano, è molto ambito,
non solo per il patrimonio culturale e paesaggistico, ma anche a quello delle tradizioni ed
enogastronomico. L’Italia è il 5° destinatario di turisti al mondo.
Gli ecosistemi
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• L’ambiente si riferisce a ciò che circonda un soggetto, cioè a tutti quei fattori biotici ( viventi) e
abiotici (non viventi) con le quali le persone interagiscono.
• L’ecosistema è un insieme di organismi viventi, delle interazioni tra di essi e con l’ambiente fisico
in cui vivono dei flussi di energia nutrienti che li attraverso (la terra è un esempio di ecosistema).
• La biodiversità è la quantità di specie contenute in un ecosistema.
• La biosfera è l’insieme degli ecosistemi della Terra, che interagiscono a scala globale.
I concetti chiave dell’ecologia
• Per mettere in evidenza i rapporti che interagiscono tra l’ambiente naturale e le società umane viene
introdotto il concetto di capitale naturale.
• Il capitale naturale comprende i beni e servizi offerti dalla natura ed è composto da quattro elementi
fondamentali:
• Le risorse rinnovabili;
• Le risorse non rinnovabili;
• La biodiversità terrestre;
• I “servizi” resi dagli ecosistemi;
• I primi tre costituiscono i beni o le riserve di risorse naturali, mentre la quarta componente si
riferisce all’opera attiva dei processi naturali nell’offrire i servizi come il ciclo nutritivo degli
ecosistemi.
• Le risorse naturali si dividono in:
• Risorse non rinnovabili che vengono considerate esaurite quando vengono meno le condizioni per
la loro rigenerazione, oppure questa necessiti tempi lunghi;
• Risorse rinnovabili che si rigenerano in tempi ragionevoli, sia naturalmente, sia con l’intervento
umano, ad esempio attraverso la riforestazione.
• L’esaurimento economico si verifica quando il costo per l’estrazione della risorsa supera il valore
economico della stessa, in base alla previsione dei ricavi futuri.
• Il concetto di rendimento sostenibile è la massima quantità di una risorsa che può essere sfruttata e
utilizzata senza mettere in pericolo la sua capacità di rinnovarsi e rigenerare se stessa.
• La produzione di una particolare risorsa, ritenuta sostenibile, potrebbe nuocere al funzionamento
dell’intero sistema. Quindi si preferisce utilizzare il termine rendimento ecologicamente
sostenibile, che offre una visione d’insieme dell’impatto dell’estrazione o della raccolta di risorse
rinnovabili.
Degrado ambientale
• Il degrado ambientale è dovuto alle attività umane, esso può essere:
• Diretto quando costituisce un pericolo immediato per le persone e la natura (Es. Estrazione
petrolifera);
• Indiretto quando costituisce un pericolo non immediato, ma non vengono calcolati gli impatti
ambientali (Es. costruzione d’infrastrutture in zone montuose o collinari);
• Riflettendo sul degrado secondo la prospettiva della sostenibilità e del rendimento ecologicamente
sostenibile, è possibile offrire una definizione più ampia di questo termine, legata a tre condizioni
principali. In quest’ottica vi è il degrado ambientale quando si verificano una o più delle seguenti
condizioni:
• Quando la risorsa viene sfruttata a ritmi più rapidi di quelli della sua rigenerazione;
• Quando le attività umane danneggiano la produttività a lungo termine o la biodiversità di un luogo;
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• Quando le concrezioni di sostanze inquinanti superano il massimo del livello consentito.
• Il limite di questa definizione non e che riconosce alcune attività umane siamo benefiche per
l’ambiente. La nuova visione vede il degrado ambientale dovrebbe mettere insieme tutti i processi
degradanti, sia naturali che umani, e successivamente sottrarre da questo totale la rigenerazione
naturale e tutti i modi in cui le attività umane hanno contribuito a ripristinare l’ambiente.
Le risorse di proprietà comune
• Le risorse di proprietà comune sono risorse naturali, attrezzature o strutture condivise da una
comunità di utilizzatori chiaramente identificabile (Es. foreste, pascoli, acque e zone di pesca).
• Le risorse di libero accesso sono beni sui quali nessun singolo individuo ha presente di esclusività
e che sono disponibili a chiunque (Es. aria, energia solare, parchi nazionali).
• Un argomento che è stato oggetto di dibattito è la relazione tra beni comuni, il libero mercato e il
degrado ambientale.
• Hardin afferma che la proprietà privata provvede solo in parte alla soluzione della tragedia dei beni
comuni, in quanto questa può prevenire il degrado ambientale dei terreni, ma non ad altri problemi,
come per esempio l’aria. Per questo Hardin nel saggio “The tragedy of the commons”, 1968,
incitava in politiche governative, incluse le tasse e regolamentazioni per prevenire la tragedia dei
beni comuni.
• Ostrom, premio Nobel, affermava invece nel saggio “Governare i Beni collettivi”,1990, affermava
che le proprietà comuni erano invece in accordo alle leggi all’interno delle singole comunità di
utilizzatori, che sono inoltre chiare e definite, distinguendo ulteriormente questi beni dalle risorse a
libero accesso. I diritti di uso garantiti ai singoli individui possono variare anche
all’interno delle comunità di utilizzatori, in base a sesso età, stato sociale.
Le risorse energetiche non rinnovabili
• Le risorse energetiche non rinnovabili comprendo i combustibili fossili e l’uranio.
• I combustibili fossili derivano dai residui sepolti di piante e animali vissuti migliaia di anni fa. Essi
sono stati trasformati in carbone, petrolio o gas naturale mediante trasformazioni chimiche e fisiche.
Il petrolio
• Il petrolio, non rinnovabile, è una fonte di energia versatile per i paesi industrializzati che hanno
strutture necessarie per poterlo estrarre, raffinare e trasportate. Esso viene adoperato perla
produzione di elettricità, carburante, e di materie plastiche.
• Nell’ambito delle risorse non rinnovabili le riserve certe sono costituite dalla quantità stimata di una
risorsa che potrebbe essere estratta in futuro, in base alle attuali condizioni finanziarie, tecnologiche
e geologiche.
Il futuro del petrolio
• Il rapporto riserve/produzione (rapporto R/P) è una stima ottenuta dalla divisone delle riserva
totali rimanenti nel globo per la percentuale annuale della produzione di petrolio. Il rapporto R/P per
il mondo è 41,6; ciò significa che, ai ritmi attuali, senza considerare eventuali nuove scoperte di
giacimenti, l’’intero petrolio del mondo dovrebbe durare poco più di quattro decenni. Un altro
problema è relativo al picco di produzione del petrolio nel mondo, sviluppato dall’ecologista King
Hubbert, il quale afferma che l’estrazione del greggio si innalzerò nel breve periodo, raggiungendo
un picco, per poi declinare rapidamente, a causa dell’aumento dei costi di estrazione. Il suo lavoro,
inoltre, si p focalizzato su una prevedibile transizione energetica, egli segnalo che produzione di
petrolio sarebbe scemata e ciò avrebbe costretto la popolazione ad usare differenti fonti di energia,
con una serie di conseguenze gravi sull’economia qual ora non ci si fosse preparati.
La produzione e il consumo di petrolio
• I maggiori produttori di petrolio a scala globale sono i paesi del Golfo Persico, che ospitano enormi
riserve di greggio e che appartengono all’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio).
L’OPEC provvede a coordinare la produzione petrolifera tra i suoi vari membri, funzionando come
un cartello: cioè un intesa che controlla la fornitura di un bene e quindi il suo prezzo.
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• Buona parte dell’efficacia di un cartello dipende dalla sua capacità dei suoi membri a coordinare le
proprie produzioni. L’OPEC ha fatto uso per molti anni d quote di produzione, con l’obiettivo di
regolare la fornitura di greggio, ma ha incontrato grosse difficoltà ad applicare questa politica e
renderla efficace.
• Esistono significative disparità geografiche nei modelli di produzione e consumo di petrolio. Gli
USA sono al terzo posto come produttori, ma sono i primi al mondo come consumi. Di contro
l’Arabia che pur essendo il principale produttore al mondo, è quinto per consumi. I paesi
industrializzati sono i principali responsabili della sproporzione nella distribuzione del consumo
quotidiano globale di petrolio. Stiamo assistendo ad una massiccia trasformazione nella domanda e
nel consumo di petrolio a livello globale che secondo certe stime, sono destinati a cresce più del 60%
nei prossimi tre decenni.
Il carbone
• Il carbone deriva da depositi legnosi di alberi e piante parzialmente decomposte accumulatesi tra
300 e 400 milioni di anni fa.
• Il carbone è il combustibile fosse più abbondante più diffuso al mondo. Il rapporto R/P (riserva/
produzione) del carbone, indica che al livello globale le riserve potranno durare ancora 133 anni, in
base ai ritmi di produzione attuali.
Problemi del carbone
• Il carbone pur essendo più abbondante dei combustibili fossili, l’estrazione e l’utilizzo di questa
risorsa rappresentano una serie di gravi problemi, ambientali e sociali.
• La miniera a cielo a aperto, o miniera in superfice, è il metodo più controverso per i pensati impatti
ambientali.
• Anche se in molti paesi esistono oggi leggi per un ripristino accettabile del terreno, spesso per motivi
di costi alti tali regole vengono ignorante e applicate solo parzialmente.
• Il carbone brucia in maniera meno pulita di altri combustibili fossili, contribuendo all’inquinamento
atmosferico. La sua combustione rilascia una certa quantità di mercurio, che i processi atmosferici,
come le precipitazioni, depositano sulla terra o nell’acqua, mettendolo in circolo nei fiumi e nei
laghi, da dove può penetrare nei tessuti dei pesci e immettersi quindi nella catena alimentare.
Nuove tecniche come depuratori o speciali operazioni che ne eliminano la presenza.
Piogge acide
• Le piogge acide sono precipitazioni significativamente più acide del normale, a causa di attività
umane, che possono danneggiare gli ecosistemi terrestri e acquatici. Oltre a rilasciare mercurio,
infatti, la combustione del carbone produce anidride solforosa e l’ossido di azoto che interagiscono
con l’acqua
Uranio e Energia nucleare
• L’uranio è un elemento naturalmente radioattivo che si trova in alcuni minerali. Non è un
combustibile fossi le ma si tratta comunque di una risorsa non rinnovabile che costituisce il
principale elemento per la produzione di energia nucleare e armi atomiche.
La capacità di fornire energia nucleare risale agli anni Cinquanta quando la ricerca era però
maggiormente concentrata sulla creazione di armi atomiche. Nel 1957 nacque l’Associazione
Internazionale dell’Energia Atomica.
• L’energia nucleare costituisce una piccola frazione (circa 6%) dell’energia consumata in tutto il
modo e la distribuzione geografica delle centrali nucleari è altamente irregolare e fortemente
concentrata nei paesi industrializzati. I motivi sono dovuti ai costi e alle competenze specializzate
richiesti. Il nucleare viene visto come una fonte di energia alternativa, ma molti esperti non la
considerano tale, in quanto dipende comunque dall’estrazione di minerali radioattivi.
Inoltre, l’energia nucleare è soggetta rischi catastrofici, che potrebbero causare scioglimenti del
nocciolo, innescando incidenti e catastrofi ambientali (Es. Chernobyl 1986, Fukushima 2011).
Infine, un ulteriore problema è dato dalle scorie radioattive, materiali di scarto radioattivo, prodotte
dopo l’utilizzo energetico.
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• In Italia ha la presenza nel suo territorio di diverse centrali nucleari ormai chiuse. Sono stati varati
diversi referendum nel corso degli anni sulla presenza delle centrali nucleari tra il 1986 e il 2011,
dove hanno visto la definitiva chiusura di tali impianti.
Le risorse energetiche rinnovabili
• Le risorse energetiche rinnovabili comprendono l’energia solare, quella eolica, l’idroelettrica, la
geotermica, e le biomasse.
• Quando pensiamo ai differenti sistemi di produzione di energia nel mondo è utile distingue tra
energia commerciale e non commerciale:
• L’energia commerciale è stata storicamente sempre prodotta da combustibili fossili, nucleari o da
impianti idroelettrici di vaste dimensioni. I consumatori hanno accesso e acquistano tale energia
commerciale attraverso le reti di infrastrutture, come la rete elettrica. Essa viene consumata lontana
dal luogo di produzione;
• L’energia non commerciale soddisfa il bisogno energetico quotidiano i centinai di milioni di
persone nelle aree rurali di gran parte dei paesi in via di sviluppo e comincia ad essere significativa
anche nei paesi ricchi. Consumate localmente e su scala regionale.
• Le energie rinnovabili, chiamate anche energie alternative, hanno costituito fino a poco tempo fa la
maggior parte della cosiddetta energia non commerciale. L’unica risorsa rinnovabile utilizzata in
maniera massiccia per produrre energia commerciali è infatti l’acqua, che genera energia
idroelettrica.
• Energia da biomassa
• La biomassa è l’insieme del materiale organico di un ecosistema, che comprende la massa animale
e vegetale, i suoi scarti e suoi residui.
• A differenza dei combustibili fossili l’energia delle biomasse può essere considerata rinnovabile, fino
a quando la risorsa che la genera non viene gestita in una maniera sostenibile.
• Vi sono due modi per ottenere energia dalle biomasse: una diretta e una indiretta:
• Diretta: che consiste nel bruciare il materiale non trattato e usare l’energia per il riscaldamento;
• Indiretta: che comporta la conversione della biomassa in gas (biogas) o combustibile liquido
(biocarburante) con l’ausilio di microbi specifici esistenti in natura (Es. l’etanolo liquido è un tipo di
carburante ottenuto da residui di colture che può essere utilizzato come carburante).
• La biomassa è la principale risorsa rinnovabile utilizzata nel mondo. Una delle principali tecnologie
che consentono di utilizzare le biomasse, di solito letame e materiale vegetale, è costituita dai
fermentatori di biogas o metano, strumenti abbastanza facili da costruire, che possono essere sati, in
aree urbane rurali per fornire energia su scala domestica o industriale.
• Energia idroelettrica
• L’energia idroelettrica proviene da fonti rinnovabili e non inquinanti. Essa è sfruttata a livello
mondiale per meno di un terzo del suo potenziale, concentrandosi prevalentemente in Asia e Sud
America e in regioni montuose. L’idroelettrico si afferma come terza risorsa per la produzione di
elettricità, dietro al carbone e ai gas naturali e già oggi circa il 15% dell’energia proviene da questa
fonte.
• Gli impatti negativi di questa fonte superano di gran lunga quelli positivi e diversi casi hanno portato
ad un irreversibile perdita di specie animali ed ecosistemi, oltre all’impatto fisico sull’ambiente, la
costruzione delle dighe ha pesanti conseguenze per le popolazioni. Oggi le piccole strutture
idroelettriche (PSI) vengono preferite ai grandi impianti, ai quali rappresentano un’alternativa più
sostenibile.
• L’energia solare ed eolica
• L’energia del sole può essere sfruttata in due modi: passivamente e attivamente.
• L’accumulo passivo di energia solare sfrutta il design di un edifico per catturare la luce del sole;
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• L’accumulo attivo di energia solare: fa uso di diversi strumenti, tra i quali i pannelli solari, gli
specchi e le celle fotovoltaiche che catturare, immagazzinano e/o utilizzano l’energia del sole.
• Le celle fotovoltaiche permettono la conversione della luce solare direttamente in elettricità, mentre
altri sistemi utilizzano il calore del sole per scaldare l’acqua.
Le barriere tecnologiche ed economiche hanno limitato la capacità di massimizzare l’uso di questa
fonte di energia rinnovabile.
• Nonostante ciò, la crescita del settore dell’energia solare negli ultimi anni è stato molto rapida, in
particolare per quanto riguarda l’istallazione delle celle fotovoltaiche, anche grazie a sussidi
governativi.
• L’energia eolica utilizza i venti generati dal riscaldamento irregolare della superfice terrestre da
parte del sole. Le turbine eoliche sfruttano l’energia prodotta dallo spostamento delle masse d’aria
convertendole in elettricità.
• Lo sfruttamento di questa risorsa ai fini commerciali prevede la costruzione di parchi eolici, che
concentrano numerose pale i una particolare area. E’ ciò potrebbe generare problemi per quanto
riguarda la tutela dei paesaggi. Attualmente però l’energia eolica contribuisce solo minima parte
della produzione globale di energia. Tuttavia l’industria dell’energia eolica sta crescendo grazie alla
sua sicurezza energetica e per poter spezzare la dipendenza dell’importazione dal petrolio.
• L’energia geotermica
• L’energia geotermica deriva dall’interno della terra. Alte pressioni combinate al lento decadimento
radioattivo di elementi nel nucleo del pianeta, producono enormi quantità di calore, che vengono
assorbite da materiali rocciosi circostanti (Es. Islanda).
• L’energia geotermica viene sfruttata scavando pozzi in profondità, al fine di raggiungere le riserve
sotterranee di acqua riscaldata. Se l’acqua sotterranea viene convertita in vapore, può essere usata
per generare turbine e generare energia elettrica.
Le interazioni tra società e ambiente
• L’effetto serra è un processo naturale in cui alcuni gas dell’atmosfera lasciano passare le radiazioni
a onda corta dal sole alla terra e assorbono le radiazioni a onda lunga ri-emesse dalla superficie
terrestre, provocando il riscaldamento.
• Le preoccupazioni riguardo l’effetto serra riguardano l’innalzamento delle concentrazioni di gas
serra nell’atmosfera a causa delle attività umane. Dati storici affidabili confermano che la
concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera rilasciata dalla combustione die materiali fossili
e vegetali è aumentata sproporzionatamente dopo la Rivoluzione Industriale. Come per l’anidride
carbonica (CO 2) anche le concentrazioni di metano e protossido d’azoto (N 2O) nell’aria sono
aumentate dopo la rivoluzione industriale. Oltre alla combustione, anche l’allevamento di bestiame
contribuisce al rilascio di metano nell’aria. A differenza dagli altri gas serra, gli idrofluorocarburi
non si formano tramite processi naturali, ma vengono prodotti tramite processi di sintesi artificiali
(Es. refrigeranti, condizionatori).
• Il surriscaldamento globale è l’aumento della temperatura globale attribuito almeno in parte alle
attività umane che hanno incrementato la concentrazione dei gas nell’atmosfera.
• Il grave aumento della temperatura ha gravi conseguenze su tutto il globo e sugli ecosistemi. Infatti,
il surriscaldamento potrebbe sciogliere le calotte polari provocando un innalzamento del livello dei
mari, generando situazioni catastrofiche. Diverse specie animali potrebbero essere messe a rischio
da temperature più calde. Inoltre, anche le frequenze delle precipitazioni sarebbero interessate dal
surriscaldamento globale, facendo sorgere preoccupazioni e possibili impatti sul campo agricolo.
Impronta di carbonio
• Il concetto di impronta di carbonio indica la quantità di anidride carbonica emessa dalle attività
umane, che rende evidente come le emissioni di determinati paesi sovrastino quelle di altri.
I cambiamenti nell’uso e nella copertura del suolo
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• Gli scienziati riconoscono che un altro fattore d’impatto sul clima globale è rappresentato dai
cambiamenti nell’uso della copertura del suolo (Es. bonifica di zone boschive per adibirle
all’agricoltura). Non sempre questi cambiamenti sono attribuibili direttamente alle attività umane.
Però in certi casi tali attività sommate a fattori ambientali sommano i propri effetti.
Questi fenomeni non riguardano solo le condizioni ambientali, ma anche la sostenibilità in generale
(Es. deforestazione determina temperature più calde).
L’obbiettivo della riduzione del gas serra
• I paesi sviluppati hanno contribuito in modo sproporzionato alla concentrazione di CO2 e di altri gas
nell’atmosfera; per questo motivo, molti ritengono che essi sono obbligati a riconoscere il loro ruolo
storico attuando misure e finalizzate a stabilire e a ridurre tali emissioni.
Il protocollo di Kyoto impiega la maggior parte dei paesi sviluppati a ridurre entro il 2020,
precedentemente nel 2012 prima degli accordi di Doha, le proprie emissioni dei gas serra del 5%
rispetto al livello del 1990. Tra i Paesi non aderenti figurano gli USA, i responsabili del 36,2% del
totale delle emissioni di biossido di carbonio.
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