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Pentecoste. Diodoro Vescovo Di Foticea

Diadoco di Foticea, vescovo del V secolo, è noto per la sua opposizione all'eresia monofisita e per le sue opere sulla spiritualità, tra cui il 'Capita centum de perfectione spirituali'. La sua vita riflette l'influenza del monachesimo orientale e il suo pensiero ha avuto un impatto duraturo sulla spiritualità cristiana. Venerato come santo dalla Chiesa ortodossa, la sua memoria è celebrata il 29 marzo.

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Pentecoste. Diodoro Vescovo Di Foticea

Diadoco di Foticea, vescovo del V secolo, è noto per la sua opposizione all'eresia monofisita e per le sue opere sulla spiritualità, tra cui il 'Capita centum de perfectione spirituali'. La sua vita riflette l'influenza del monachesimo orientale e il suo pensiero ha avuto un impatto duraturo sulla spiritualità cristiana. Venerato come santo dalla Chiesa ortodossa, la sua memoria è celebrata il 29 marzo.

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Redazione

26 maggio 2023

Pentecoste. Diadoco, vescovo di


Foticea: “La luce della vera
conoscenza…”
Ù

Diadoco, fu vescovo di Foticea, nella provincia romana dell’Epirus Vetus nella diocesi civile
di Macedonia che, fino a metà circa dell’VIII secolo faceva parte del patriaAll Post
Templatesrcato di Roma e che poi fu sottoposta sotto la giurisdizione del patriarcato di
Costantinopoli.
Diadoco di Foticea

Della vita di Diadoco, che nacque nel 400 circa, conosciamo relativamente poco,
malgrado sia uno dei maggiori maestri di spiritualità del V secolo greco. Le notizie ci sono
pervenute attraverso tre testi: una menzione del patriarca di Costantinopoli Fozio (810-893),
che nomina Diadoco tra gli avversari dei monofisiti al Concilio di Calcedonia nel 451.
L’eresia monofisita, elaborata nel V sec. dal monaco Eutiche (378-454), archimandrita di
un monastero di Costantinopoli, nega la duplice natura divina e umana di Cristo, sostenendo
che la natura umana di Gesù era assorbita da quella divina e quindi in lui era presente solo
la natura divina. Questa eresia fu condannata dal Concilio di Calcedonia con la
proclamazione che in Cristo sussistevano due nature, l’umana e la divina; nella lettera
indirizzata nel 461 all’imperatore Leone I (Mansi, 7,619) per informarlo della morte di
Proterio, vescovo di Alessandria, avvenuta nel Giovedì Santo del 457 a causa di un
linciaggio organizzato da gruppi di monofisiti, tra i firmatari della lettera appare anche il suo
nome, ma non possiamo escludere che sia egli stesso l’autore; infine, dal prologo
della Historia persecutionis Africanae Provinciae, temporibus Geiserici et Hunirici regum
Wandalorum), scritta dal vescovo Vittore di Vita (430 ca. – + dopo il 484), nella
provincia africana della Bizacena, appartenente al clero di Cartagine ricaviamo anche il
nome di Diadoco. L’Historia persecutionis Africanae è la principale testimonianza
contemporanea delle politiche anti-nicene del regno ariano dei Vandali. Il vescovo Vittore in
quest’opera loda Diadoco per la sua difesa del dogma cattolico contro gli eretici monofisiti.
Questo testo fa supporre che Diadoco fosse stato deportato dai Vandali dalla sua sede
episcopale che, in base a due iscrizioni, è stata identificata con Limboni, a nord-ovest di
Paramythia, oggi Ajdonat, in Tesprozia, in Epiro, e condotto a Cartagine. Diadoco
probabilmente morì in Africa. In ogni caso, la sua vita rispecchia quella dei monasteri
d’Oriente; nel V sec. c’erano ancora in Grecia dei cenobiti, degli eremiti e dei solitari, ma
soprattutto in Egitto egli poté conoscere il monachesimo attraverso il suo maestro, il diacono
Evagrio Pontico (345 – 399), che si era ritirato nel deserto egiziano, dapprima a Nitria, ad
una cinquantina di chilometri a sud-est di Alessandria per due anni, poi, per il resto della
sua vita, a Kellia (“le celle”) situato nel deserto più interno e riservato ai monaci più
“sperimentati alla vita nel deserto”. Il diacono Evagrio è stato un importante esponente della
teologia monastica origenista .
Di Diadoco restano le seguenti opere: il suo capolavoro, Capita centum de perfectione
spirituali o Capita gnostica centum (Cento capitoli sulla perfezione spirituale: PG 65,1167-
1212, che è una guida alla perfezione spirituale, i cui temi trattati sono: Dio e la Grazia, il
discernimento degli spiriti e la vita spirituale; un Sermo contra Arianos (PG 65,1140-1166)
in cui il vescovo di Foticea inserisce una Horasis, cioè un dialogo con Giovanni Battista,
avvenuto in sogno, che tratta dei problemi relativi alla visione di Dio, bellezza senza forma
in cielo; nell’Homelia Ascensione D. N. Iesus Christi (PG 65,1141-1148) Diadoco rigetta il
monofisismo. La polemica, così rappresentata alla fine dell’Homilia, è ancor più evidente
nei Capita centum in cui Diadoco attacca costantemente l’eresia del messalianismo delle
omelie pseudo-macariane. Gli aderenti a questa eresia, che fu condannata dal Concilio di
Efeso nel 431, consideravano la preghiera continua come unico modo di esorcizzare la
presenza di Satana, coabitante insieme alla Grazia nell’anima del cristiano. Diadoco però
non nega l’efficacia della preghiera, al contrario, egli raccomanda la reiterata invocazione
del nome di Gesù ma, nello stesso tempo, proibisce la ripetizione del Battesimo, che colma
la grazia dell’anima e ne scaccia il demonio. Una tale polemica, tuttavia, non spiegava da
sola il successo del Capita centum; l’influenza da essi esercitata sui monasteri della
Grecia e dell’Oriente deriva dall’equilibrio della loro dottrina spirituale; essi, inoltre, con le
parti consacrate al discernimento degli spiriti, hanno preparato l’insegnamento di
sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) e di santa Teresa del Bambin Gesù (1873 – 1897).

Gerusalemme – Il Cenacolo, oggi convertito in moschea, è il luogo dove la tradizione colloca l’avvenimento
della Pentecoste. Nella foto: eccezionale celebrazione solenne dei Vespri di Pentecoste

Il vescovo Diadoco nel Capita centum de perfectione spirituali, scrive: <<La luce della vera
conoscenza consiste nel discernere senza errore il bene dal male: allora la via della
giustizia, che conduce lo spirito a Dio, sole di giustizia, lo introduce anche nella illuminazione
infinita della conoscenza, perché ormai esso si è posto arditamente alla ricerca della carità…
E’ necessario che quelli che combattono si mantengano sempre con la mente al di sopra
del fluttuare delle passioni; così lo spirito potrà discernere i pensieri che l’attraversano e
affiderà quelli che sono buoni e vengono da Dio alla custodia della memoria, mentre
rigetterà da questo deposito naturale i pensieri cattivi e diabolici. Infatti quando il mare è
tranquillo, i pescatori possono penetrare con lo sguardo fino al fondo, tanto che non sfugge
loro quasi nessun movimento degli esseri che lo popolano; ma quando è sconvolto dai venti,
nasconde con la sua tempestosa agitazione quello che lascia ampiamente scorgere nella
tranquillità della calma. E’ evidente, allora, quanto sia inutile la fatica di coloro che si danno
da fare con le arti della pesca… Solo lo Spirito Santo può purificare lo spirito, perché se lui,
il potente, non entra a strappare al ladro la sua preda (cfr. Lc. 11, 22) nessuno gliela potrà
più togliere. Dobbiamo dunque cercare in tutte le cose, mediante la pace dell’anima, di offrire
ospitalità allo Spirito Santo, per avere in noi sempre vivida la luce della conoscenza. Infatti
se essa splende ininterrottamente nell’intimo dello spirto, le suggestioni maligne e tenebrose
dei demoni non solo si fanno evidenti, ma perdono gran parte della loro forza, messe così
allo scoperto da questa luce santa e gloriosa. Per questo l’apostolo Paolo dice: <<Non
spegnete lo Spirito>> (I Tess. 5, 19), cioè: non rattristate lo Spirito Santo con le vostre cattive
azioni e i vostri cattivi pensieri, perché egli non vi privi dell’aiuto del suo splendore. Non che
la luce eterna e vivificante dello Spirito Santo si possa spegnere: ma la sua tristezza, cioè il
suo allontanamento, lascia lo spirito avvolto nella più densa oscurità, privandolo della luce
della conoscenza…

Il senso spirituale è il gusto sicuro con cui si è capaci di


discernere le diverse realtà. Come infatti il senso corporale
del gusto, quando stiamo bene, ci fa distinguere senza errore
le cose buone dalle cattive, e ci fa desiderare quello che è
gradevole, così il nostro spirito, quando comincia a muoversi
nel pieno delle sue forze e in assoluta libertà dalle
preoccupazioni, può gustare pienamente la consolazione
divina, senza mai essere sedotto da ciò che le si oppone…
E, attraverso l’azione della carità, conserva di questo gusto
una memoria indefettibile, così da saper discernere il meglio
secondo quello che dice l’apostolo: Questa è la mia
preghiera: che la vostra carità cresca sempre di più nella
conoscenza e nella finezza del senso, perché sappiate
discernere il meglio (Fil. 1,9-10)>> (Diadoco di Foticea, da Capita
centum de perfectione spirituali, 6,26,28,30: P.G. 65,1169 B, 1175 A. C-
D, 1176 B-C.).

Diadoco, che muore probabilmente nel 474 circa, è venerato come santo dalla Chiesa
ortodossa che ne celebra la memoria il 29 marzo.
Diac. Dott. Sebastiano Mangano

Già Cultore di Letteratura Cristiana Antica


nella Facoltà di Lettere dell’Università di Catania

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