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Notizie Storiche Intorno L Invenzione Della Bussola

Il documento descrive un libro di pubblico dominio digitalizzato da Google, conservato per generazioni in una biblioteca. Viene sottolineata l'importanza dei libri di pubblico dominio come patrimonio culturale e la necessità di utilizzarli legalmente, evitando usi commerciali e query automatizzate. Inoltre, Google Ricerca Libri è presentato come uno strumento per scoprire e accedere a questi materiali storici.

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Phys. sp.

421

m
Magliozzi
Phys.s
p.

421m
sp .

421

NOTIZIE STORICHE

INTORNO

L'INVENZIONE E L'USO DELLA BUSSOLA

PRESSO TUTTI I POPOLI

ANTICHI E MODERNI

RACCOLTE

DA

MONTANO MAGLIOZZI

Pilota della Real Marina

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Bussola Cinese Bussola del Gioia


NOTIZIE STORICHE

INTORNO

L'INVENZIONE E L'USO DELLA BUSSOLA

PRESSO TUTTI I POPOLI

ANTICHI E MODERNI

RACCOLTE

DA

MONTANO MAGLIOZZI

3. Pilota della R. Marina

NAPOLI

STABILIMENTO TIPOGRAFICO DEL SERVIO TULLIO

Vico Ss. Filippo e Giacomo N.° 26.

1859 .
BIBLIO

MON

Bayerische
Staatsbibliothek
München
Acc Bccellentissimo Signore

MARCHESE D. GIROLAMO DE GREGORIO

RETRO AMMIRAGLIO E DIRETTORE DEL MINISTERO DELLA MARINA


GRAN CROCE DELLA CORONA DI FERRO D'AUSTRIA
COMMENDATORE DELL'ORDINE DI S. SILVESTRO DI ROMA
E DECORATO DELLA MEDAGLIA PER LA SPEDIZIONE DI ROMA
CAVALIERE DELL'ORDINE DI S. FERDINANDO E DEL MERITO
CAVALIERE DI DRITTO DELL'ORDINE MILITARE DI S. GIORGIO
COMMENDATORE DELL'ORDINE DI FRANCESCO I.
GRAN CROCE DELL'ORDINE DI S. STANISLAO DI RUSSIA
DECORATO DELLA MEDAGLIA D'ORO PER LA SPEDIZIONE DI SICILIA
DECORATO DELLA MEDAGLIA DI RRONZO PEL RITORNO
DELLA SICILIA NEL 1815

Signore

ALei, che arreca tanto lustro edecoro alrispettabile

CorpodellaRealMarina; aLei, in cui tutti riconoscono

laprofonditàdelsapere, io ardisco dedicarequesto tenuesforzo

deldebolissimo ingegno mio, che sotto laprotezione di un si


non
chiaro nome ottenerpotrà quelmerito che inaltraguisa
giammaipotuto sperare.
avrebbe

Di Vostra Eccellenza

Il subordinato

Montano Magliozzi
POCHE PAROLE D'INTRODUZIONE

Non credo esserci stato mai , nè un punto dello scibi-

le umano , nè una scoperta , tra le utilissime apportate al


progresso ed alla industria , contrastata e discussa tan-

to , punto lungamente agitato tra uomini i più insigni ,

e tra nazioni le più incivilite , e per ben lungo tempo ;

quanto quello intorno al Bossolo da navigare .

Questo prezioso ritrovato della mente umana , questo

artificioso congegno , a cui par avervi dato mano la na-

tura e l'arte , ha cominciato ad esser contrastato , fin da

quando , può ciò ben dirsi , non era neanche assicurato

il giorno della sua invenzione . E questa è una delle tan-


te pruove di cui va ricca la umana ambizione ; arrovel-

landosi mai sempre vicendevolmente gli uomini fra lo-

ro, per pretendere a far prevalere ciascuno la propria o-

pinione su quella degli altri ; e sforzandosi a stabilire su

di effimere basi , su di false ipotesi , anacronismi , e so-

fistiche investigazioni , la decisiva approvazione di quel-

la idea che cadauno vagheggia nella sua mente , dal-

l'amor proprio suggerita .

Intimamente son convinto di questa sciagurata , e pur

troppo riconosciuta verità , cioè che le nazioni , e per

esse alcuni cittadini imprendono , or gli uni , or gli altri ad

oppugnare l'esistenza di alcuni fatti , da se già troppo chia-


6 ――

ri , volendo giugnere invece con ogni sforzo , e per ogni

via, a conchiusioni le più strane ; e ciò in virtù di argo-

menti , che Dio sa bene spesso , dove sian mendicati , o

meglio , in qual modo interpetrati , conducenti tutti a con-

chiusioni , io sostengo e ripeto , le più strane o assur-

de , tirate a forza ed illusorie , urtando spesso col retto

raziocinio , al dir del Vico .

Ora da questa malnata passione , da questa mania ,

da cui uomini , e nazioni di tutti i tempi sono stati pre-

si , si è veduto sorger man mano coi tempi , coll ' inci-

vilimento delle Nazioni , e quindi con la loro crescente


ambizione , un ammasso enorme d'idee , di congetture ,

distese ed affastellate in copiosissimi libri , ed in immen-

si volumi , la cui sola quarta parte formerebbe tal mole ,

d'esser di troppo per la più grande Biblioteca . Quello

però che è il più rilevante , si è : il positivo nocumento

all'umano intellettuale sviluppo , poichè con le molti-

plici contraddizioni che incontransi in cotali opere , pro-

ducesi nella mente di chi legge una caligine , una con-

fusione , un tenebrio tale , da confondere chiunque a-

vrebbe e lena , e core a svolgere quelle pagine , in cui

l'ambizione , l'amor nazionale , o la perfidia , in ogni

tempo abbia tentato di oscurare quella chiarissima e lu-

cidissima via , per laquale invece ogni uomo avrebbe di ·

ritto di raggiungere fin là , dove risiede l'unica e fulgida


luce del Vero .

Or questo malanno che al detto umano intellettuale

sviluppo tutto di arrecasi , l'umana sapienza contaminan-



do , fin dalla più remota antichità , avealo già osservato
7 -

il dottissimo Diodoro Siculo , dolendosi con quell'aureo

suo detto : che le Nazioni Greche o Barbare abbiano avu-

to tale boria, di avere esse , prima d'ogni altra , ritrova-


to i comodi della vita , e conservata memoria delle loro

cose fin dal principio del mondo ; e così questa trista

conseguenza della vana gloria della umana specie , dopo

essersi osservata da tanti pregiatissimi ingegni , venne

deplorata benanche e rilevata da quell'insigne storico .

E colui che sopra gli altri come Aquila vola » 9


Giambattista Vico , allorchè surto nel mezzo di quel

secolo , ingombro , più ch'ogni altro , di grossolani er-


rori delle scolastiche dottrine , vide a che mal governo

i filosofici studî erano ridotti ; e così le speculative disci-

pline , che oggidi , la Dio merce , in virtù dell'amore al ve-

ro , e dell'intellettuale sviluppo , veggonsi ben progredire .

Anche egli , dico , osservò questo difetto , direi quasi

inerente alla umana natura ; allorchè negli elementi del-

l'immortale sua Scienza nuova , disse » è altra proprietà

» della mente umana che , ove gli uomini delle cose lon-

» tane , e non conosciute , non possono fare niuna idea ;

» le stimano dalle cose ad essi conosciute e presenti » .

Questa dignità addita il fonte inesausto di tutti gli er-

rori presi dalle intere nazioni , e da tutti i dotti , d'intor-

no i principi dell'Umanità .

Epperò, in forza di quanto in prima mi è piaciuto e-

sporre , ecco le mie preliminari idee ; e di più assistito dal-

le dotte parole del chiarissimo nostro concittadino testè


menzionato , voglio detrarne , come legittima conseguen-

za, che io mi son fatto uno scrupoloso dovere , di esporre


8

quelle opere scorse , ed in questo opuscolo accennate

che si son da me lette e discusse con quella imparzialità

e coscienza , che ogni uomo ha debito di tener per nor-


ma, quando è guidato dall'amor del vero e dell'onesto .

Questo , in quanto che metterò da banda qualsiasi

idea , che come mia propria opinione potrei vagheggiare ;

e che per quella innata tendenza pel patrio suolo potes-


se deviarmi a trascendere : mi valga questa ingenua e ve-

ra confessione di autore , presso i miei benigni lettori , co-

me unica ed ampia professione di fede .

Esporrò io prima le opinioni degli autori a favore ,

nazione per nazione , a pro de' più celebrati inventori ; e

poi quelle degli autori che si sono affacciati in contrario .

Indi mi farò ad esporre le mie idee ed osservazioni ,

scortate da'lumi della Storia , e di quella critica che io


modestamente adoperar mi sappia.

Esposti così delle varie nazioni , e di tanti uomini

d'ingegno gli svariati pensieri ; mi sarà facile condurre

il benevolo lettore a quelle conseguenze , che le maggio-

ri probabilità potranno far sorgere e confermare : e così

col mezzo de' più convincenti e stretti sillogismi , scor-

tato mai sempre dalla sana ed incorrotta critica , non

mirando , io replico , ad altro che allo scoprimento del


vero , per quanto per altro alle debolissime mie forze

sarà dato ; potrò rimaner pago , nell'aver praticato quan-

to erami lecito , di esaminare con imparzialità , discor-

rendo con chiarezza , intorno alla importante e difficile

quistione propostami .
NOTIZIE STORICHE

CONSIDERAZIONI GENERALI

Intorno alla invenzione della Bussola nautica,


secondo diversi scrittori , antichi e recenti .

Prima di venire a parlare dei tanti popoli dell'antichità che han


figurato su la grande scena del Mondo nelle vetuste età , parmi con-
veniente assai , affin di correr diritto alla mia meta , di rammentare
in pria al lettore di queste poche mie pagine una breve e chiara
notizia dello stato delle nazioni commerciali in quei remoti tempi
e della posizione che teneva ciascuna di esse , l'una rispetto all'al-
tra , nella grande scala sociale . Quindi di slancio , a rapido volo ,
traccerò in poche linee , nell'ampiezza di un sì gran quadro , ciò che
basterà a fare scorgere al lettore , se i dati da cui io parto siano au-
tentici , indagando la veracità di fatti contestati dall' immutabile

monumento della Storia delle già passate generazioni , e delle loro


pratiche nelle cose marittime .

Le prime genti , surte in mezzo di una natura per quanto fertile


da se, altrettanto rustica e selvaggia , allorchè a pochi bisogni pochi
mezzi bastavano ; mostravan che l'uomo , crescendo i bisogni , non
era per riprodursi nelle generazioni che succedevansi , in uno stato
stazionario : nè si stette a lungo che colla scintilla della ragione di
cui nell'anima sentivasi lo slancio e la potenza , ei si spinse a mi-
gliorar la sua condizione , a misura che un istinto , una forza e-
sterna qualunque sentire gli faceva nuovi e svariati bisogni .
1*
10 -

Egli in fatti , mercè esperimenti continuati , e pratiche ripetute ,


ed a forza di raziocinio , potè in fine giugnere ad un altro stadio
che potè chiamarsi principio di una civile società .
La grande catastrofe mondiale distrusse la prima famiglia degli
uomini ; e con essi ogni cognizione di società e d'incivilimento .
A quella sola famiglia liberata per volere dell' Eterno era dato di
ripopolare questo Mondo , propagando la specie dell' umana razza
che spargendosi dipoi sopra i tanti punti del Globo , e crescendo
in grandi famiglie , dovevano divenire l'una all'altra straniere , ed
anche tra loro nemiche , l'una delle altre .
In seguito però , nel grembo della pace e della concordia , ces-
sato il cozzare delle passioni , degli odii , e delle guerre , dovea ri-
fulgere di nuovo la vittoria dell' ingegno sull' idiotismo , e dello
spirito sopra la materia , manifestandosi in opere speciose di scienza
e d'industrie , di commercio e di arti la divina scintilla . Ma quando
questi vantaggi sursero , quando si conobbero e si perfezionarono ;
allora si ammirarono e gustaronsi i beni che pel dono della ra-
gione Dio preparava alla umana società .
Questo e non altro è il Problema delle investigazioni che i dotti ,
e che le generazioni seguenti si sforzarono e si sforzano tuttodì
di risolvere , dilatando il velo gittato dal tempo , e penetrando nei
più riposti segreti , studiandone e presentandone la soluzione al co-
spetto della luce , a pro dell'odierna civiltà .

A quanto ho già tanto rapidamente discorso sui primitivi sforzi


della umana famiglia , mi piace far seguire quanto il Signorelli , no-
stro dotto concittadino , ha scritto su tale idea, nella sua dissertazio-
ne sulla invenzione della Bussola nautica ( 1 ) .
E ben ei scrivea propriamente . « Egli è certo che a forza d'inu-
« tili tentativi ed infruttuosi , l'antichità si avvide della insufficienza

<< dei mezzi per navigare , e quindi per spaziarsi e correre sulla
<< immensità dell'Oceano . Di questa verità ci fa fede il silenzio de-
<«< gli antichi naturalisti e filosofi , Aristotile , Teofrasto , Eliano e

(1) Atti della Soc . Pontaniana, tom . II , p. 51 e seg.


11

<< Plinio nulla rinvenghiamo nei libri che di loro ci rimangono ,


« da poter rilevare presso di essi la conoscenza della Bussola » .
L'Abate Trombelli anch' egli è di questa idea , cioè , che gli an-

tichi ignorarono la Bussola ; mentre il Padre Collina tiensi a dimo-


strare , che gli antichi avessero potuto conoscerla (1 ) . Rendesi in-
dubitabile la conoscenza della calamita presso gli antichi : ben vero
però , la conoscenza della sua minore proprietà , cioè quella di atti-
rare ; poichè quella dell' altra interessantissima per la navigazio-
ne , non trovasi registrata presso alcun autore . Platone , Lucrezio e

Plutarco parlano anche essi della proprietà della calamita , nel-


l'attrarre il ferro ; ma questa conoscenza è ben lontana dal poter
farci supporre in essi l'altra conoscenza , quella cioè della polarità
della Calamita .

Altri autori , per fare ammettere la conoscenza della Bussola


presso gli antichi , adducono per pruova i lunghi viaggi a grandi
distanze , operati dai medesimi ; volendo così obbligarci a penetrare
nei luoghi dalla favola , assistiti per tutt' autorità da qualche pas-
saggio di pochi ed incerti scrittori.

Per questa falsa induzione troviamo essere stati tanto esagerati


i viaggi dei Greci , dei Cartaginesi , ed il tanto esteso commercio
dei Fenici ( come scrive Collina nella sua Memoria inserita negli
Atti dell'Accademia di Bologna ) .
Oltre di chè Tucidide , scrittore tanto accreditato tra le Greche

Nazioni , il quale potrebbe fare stato circa il modo , ed i luoghi della


loro navigazione , non trovasi d'accordo coi poeti del suo paese ;
de' quali non è da tenersi conto , in quanto a narrazione di avveni-
menti , e di storie , comunque rivestiti del sublime carattere di tra-
mandare ai posteri le gesta dei loro concittadini . E confermasi que-
sta osservazione nel leggere in Tucidide il numero delle navi che
formarono la spedizione di Troia , che non è punto simile e confor-
me a quello che si legge nei Poeti Greci . Ed altri passaggi men
considerevoli incontransi ancora che non sono conformi a quelli

(1) Comment. Acad . Inst. Bonon, tom. II . part. 13 .


12

di altri scrittori . Questo continuo cozzo di opinioni contraddittorie ,


unite alle tante altre contraddizioni , figlie di quelle ragioni che po-

c'anzi ho di già esposte , fanno , come faranno sempre , insormonta-


bili ostacoli a raggiungere la lucidissima sede della verità de'fatti .
Una idea molto chiara appoggiata , all'universale delle opinioni
sui Greci , possiamo rilevarla , come osserva il dotto M. Huezio , dal
sapersi che dagli Egizî i Greci la navigazione appresero , come dai
Sidonii le scienze necessarie a praticarla , tali che l'Astronomia e
l'Aritmetica .

Che poi la conoscenza della pietra calamitata fosse bastante-


mente diffusa presso i popoli dell' antichità , dimostrasi all'eviden-
za , come tanto dottamente osserva il signor Klaproth ; per la co-
mune origine cioè della parola , in quanto al significato tratto dalla
sua principal proprietà ; per quanto d'altronde , sia ben diverso il
suono della parola fra i medesimi popoli , e per quanto questi sia-
no situati , a lontanissime distanze tra di loro.

Ed il Tiraboschi , ragionando su tal proposito , egregiamente os-


serva , che la navigazione istessa presso gli antichi , lungi dal farci
scorgere che essi conoscevano la direzione polare della calamita ,
ci prova invece ch'essi la ignoravano del tutto ; dappoichè quando

loro mancavano il Sole e le Stelle , non sapevano più ove volgere


la prora , come largamente ci prova Virgilio , e quindi il suo se-
colo , ove scrisse , che Enea, trovandosi colla sua flotta malmena-

to nel mezzo mare , il peritissimo suo pilota Palinuro , non era


più nello stato di distinguere sui segni celesti il giorno dalla
notte , nè di ricordarsi della via da tenersi a salvamento :

Ipse diem noctemque negat discernere caelo ,


Nec meminisse viae media Palinurus in unda.
Aen . III , 201 .

Come all'opposto risulta ben chiaro che niuno mai dei primi po-
poli in genere abbia avuto precisa cognizione della sua più inte-
ressante proprietà , nè adottata una bussola tal quale noi attual-
13 ―

mente l'abbiamo che se taluni di essi abbiano in un certo tal mo-

do usato , o inventato un istrumento , col quale le direzioni princi-


pali potessero conoscere ; egli è ben certo però che il medesimo
era ben lungi dal potersi rassomigliare al congegno che molti se-
coli dopo , una gloriosa nazione , ed un più glorioso individuo eb-
be il genio e l'abilità di conoscere , e mettere a profitto compo-
nendone un congegno cotanto maraviglioso.
Ma per fissare l'epoca di cotesta invenzione , conoscendo cioè a
quale tra le tante nazioni dell'antichità , l'umanità ne vada debitri-
ce , non abbiamo, come in tutti i punti di dubbio , alcun autore che
sia in grado di cavarci da questa incertezza , e sulla cui autorità
noi possiamo riposare la nostra curiosità , mossa ed agitata dall'in-
stancabile ardenza della continuata investigazione . Solo presso un

autore di una geografia della Nubia , per quanto mi è stato dato di


leggere e rinvenire , trovasi scritto che la probabilità del perfezio-
namento della bussola credesi esser avvenuto inver il secolo unde-

cimo , dal perchè in tal epoca o in quel torno la sua conoscenza ,


come il medesimo asserisce , era generalmente diffusa , e che se
ne servivano per mare .

Il Fournier a tal riguardo , nelle sue generali considerazioni sulla


invenzione di tale instrumento , confessa , che egli non trova alcun
dato su cui fondare una idea precisa circa l'epoca , non della cono-
scenza della calamita , ma della perfezione di essa , quale oggi
l'abbiamo ; cioè della sospensione dell' ago calamitato ad un per-
no , tenendovi superiormente un quadrante di cartone . E ciò tanto
maggiormente che non si trova alcun autore antico che ne avesse
chiaramente scritto . Altra supposizione fa a tal riguardo il Kircher
desumendola dalla geografia di quell' autore Nubbiese , che io po-
c' anzi ho citato , e che ei dicea conservarsi nella Biblioteca del
Vaticano << dalla quale chiaramente risultava , che avevasi conoscen-
<< za della bussola fin d'allora , cioè alla metà del secolo XI . E que-

«< sto geografo Nubbiese vien citato puranche dal Fournier e dal
Riccioli , diverso nondimeno dal notissimo Eldrisi , la cui ope-
«
< ra fu pria pubblicata in Roma in Arabo , e poi in Parigi , tra-
14 ----

<«< dotta in Latino ; perciò conchiude il Tiraboschi , che la bussola ,


«
< come la polvere e la carta , si devono ripetere dagli Orientali .

EGIZIANI

Questo popolo, dopo l'Ebreo , depositario della prima civiltà del-


le prime genti , e che a più giusto titolo d'ogni altro potrebbe se-
dere sui primi gradini della scala cronologica delle culte nazioni
più antiche che vissero su questa terra , anch' esso , è forza ch' io
ponga tra quelli che potrebbero aver qualche diritto alla gloria
dell' invenzione della bussola , almeno in quanto a quello slancio
primiero , che in seguito poi , come sempre avviene , mercè reite-
rate applicazioni di principî e di esperienze , avrà potuto perfe-
zionarne il trovato .

Ed egli è indubitato , che niun popolo mai potrà documentar la


sua civiltà , le sue istituzioni , la sua storia progressiva infine , me-
glio che l'Egiziano , dopo le ultime scoperte de'dotti Francesi .
Ed infatti questa sua prisca civiltà , a cui pare avessero le altre
nazioni incessantemente attinto , è documentata da pruove sì valide
e grandiose , quanto le sue piramidi gigantesche e secolari ; di tal
modo che l'Egiziana gente potrebbe ben distinguersi tra le altre
tutte col nome di nazione monumentale .

La sua lingua geroglifica , i suoi obelischi , veri volumi di gra-


nito , le sue piramidi , le periodiche inondazioni del suo Nilo , la
sua ignota sorgente istessa , non forma forse di questa nazione un
popolo monumentale? I suoi venerandi Sacerdoti , i loro mistici riti ,
le occulte dottrine ,, par che porgano ragioni sufficienti ad appog-
giare buone congetture in favore di tal popolo ; ma troppo io veg-
go di già essermi allontanato ; e torno al mio proposito , senza aver
trovato un documento a proposito , che ciò stabilisca .
I. La prima notizia che noi abbiamo di essi , in quanto alla cono-
scenza che avevano della proprietà dell' attrazione della Calamita ,
- 15

lo ricaviamo in un passaggio di Manetone sacerdote di Eliopoli ,


secondo cita Plutarco , nella sua opera d'Iside ed Osiride ; dal quale
pare che col nome Osdi Horus la calamita volessero dinotare , e col
nome di Osde Thiphon il ferro ; considerando in una certa guisa la
natura nel doppio stato , di decomposizione , ed indi di unione , sotto
i simboli di Horus e di Thiphon ; con che credevano vedere una
immagine di questi due stati , secondo che la detta pietra attirava ,
o respingeva il ferro .
II . Molti altri autori favorevoli agli Egiziani , e che io qui non

novero, perchè sono moltissimi , rassegnano altre ragioni , per fare


degli Egiziani gl' inventori della bussola ; scrivendo che i medesi-
mi , assieme ai Fenicii ed ai Tirii , essendo stati i primi che intra-
prendessero lunghe navigazioni , avessero eziandio i primi cono-
sciuto l'uso della Calamita , colla cui guida , in alto mare dirigen-
dosi per parti lontanissime od ignote , a scoprire nuove terre fosse-
ro pervenuti .
III . Giovanni Federico Ervato , nel suo libro intitolato Admiran-
da Ethnicae Theologiae Mysteria , sostiene che gli antichi sacerdoti
Egizii , sotto le figure ed i geroglifici degli Dei e delle Dee , aves-
sero celato la grande invenzione della bussola , detta Pyxis ; e che
di poi , coll'andar del tempo , se ne fosse perduto affatto l'uso e la
conoscenza. Su ciò siaci permesso osservare :
1.° L'ipotesi a favore degli Egizi , tratta dal citato passaggio di
Manetone , non trovasi rigettata da alcun autore .

2.º L'induzione poi dell'uso della bussola presso i medesimi , de-


sunta dalle lunghe navigazioni che essi facevano , viene contrastata
del tutto dal Grimaldi , appoggiandosi ad un passo di Strabone , in
cui è parola che gli Aborigeni Egizî , non solo non la conosceva-
no , ma neanche fu loro permesso l'uso della navigazione : e
questa asserzione Strabone l'appoggia , in quanto che i primi Re
d'Egitto , contentandosi , pel mantenimento dei loro popoli , de'frutti
che produceva una cotanto vasta regione , qual'è l Egitto , avessero
proibito alle navi straniere di approdarvi colle loro merci . Ma in

seguito poi , conosciutone il vantaggio , permisero un tale commer-


- 16

cio. Così il Grimaldi con questo argomento pretende togliere ogni


speranza al merito di una tale invenzione , in favore degli Egizi.
3.º L'argomento di G. Federico Ervato di poi , riportato nel nu-
mero III, trovasi combattuto dal dotto Paschio ; dicendo che la bus-

sola non potea essere un' invenzione Egiziana , dipoi sperduta per
l'antichità dei tempi , entro i misteri della dottrina dei Sacerdoti ; e
che tale perdita potea verificarsi nel fatto di una invenzione che
avesse servito alla voluttà , al lusso ; ma non già al commercio , e
di un uso tanto continuo , anzi necessario al traffico di un popolo
intero , ed in particolar poi , in una nazione che intorno al com-
mercio , ed alla industria tanto si era versata .

CINESI

La Cina, questo fantastico gigante dell' Asia , che si sforzò mai


sempre d'imporre nella mente de' popoli lontani è vicini , e di tutte
le generazioni , che dessa abbia la sua base coeva colla formazione
di questo mondo , e la sua testa che si nasconde nelle regioni dei
Cieli ; come che gli uomini dei Cieli non veggono , nè immagina-
no i confini . Ed il prestigio volendo diffondere ovunque , i suoi So-
vrani , figli del Sole , e del Cielo non li appella forse e gli onora ?
Apriamo le pagine della sua storia , e vi leggeremo che essa o-
stenta sopra quasi tutte le nazioni , ad onta ancora d'ogni vero ve-
ramente storico , un' antichità anteriore ai Caldei , agli Assirî , agli
Egizî medesimi , fondando una fastosa osservazione astronomica ,
per il pomposo periodo di trenta mila anni ; nonchè l'esercizio di

molte arti pria d'ogni altro popolo : e quel che è più, per la scover-
ta di tanti altri ritrovati , la nobiltà , e l'utile de quali sono stati in
seguito dall' universo intero riconosciuti .
Eppure , malgrado questa loro tanto ostentata e vanitosa preten-
sione , d'aver essi efficacemente cooperato allo incremento delle
umane conoscenze , non v' ha un solo scrittore che delle cose loro
17 -

abbia ragionato ; senza poter dubitar forte , anzichè asserire , al dire


del celebre Robertson . « Ch'essi non hanno notizie superiori a
quelle de' Greci , de' Romani , e degli Arabi ; tanto , che nel viag-
« gio ch'essi facevano da Canton a Siras , seguivano la costa per

« arrivare a Ceilan ; prendevano poscia il Capo Comorin, e prose-


«< guivano così , lungo la costa Occidentale , fino all'imboccatura del-
« l' Indo , e di là si dirigevano sempre costeggiando » .
Non pertanto , non pochi autori dichiaransi per accordare questa
preminenza alla nazione di Confucio ; e tra i tanti mi contento no-
verare Martino Martini , Menagio , Huet , Mailack , Vossio , e le
Gendre .

Or, come è qui subbietto in queste pagine della bussola magne-

tica ; così degli autori che favorevolmente ne hanno parlato , verrò


qui osservando i loro ragionamenti ; ed in seguito di quegli scrit-
tori che contra ne pensarono , parlerò del pari .
I. Martino Martinio , il primo nella sua Historia Sinica , asseriva
che 3000 anni prima degli Europei , i Cinesi inventato avevano la
bussola nautica ; e Ludovico le Comte affermava , che da ben lun-

go tempo conoscevansi nella Cina , la polvere da sparo , la stampa ,


l'ago calamitato .

II . Vossio in prima , facendosi contro alle opinioni di tanti autori


contrarî ai Cinesi , sostiene che ai Cinesi , si deve l'invenzione della
bussola ; poggiando il suo ragionamento alle asserzioni di Huezio
in quanto che il territorio della Cina fu da gente Egizia inondato
fin da primi tempi e popolato . E quando questi v' andarono , erano
affatto privi di ogni idea riguardo a un tale istrumento ; ma che poi
i Cinesi ebbero il vanto di una tale scoverta .

È tale il numero degli autorevoli scrittori che si professano con


ogni loro sforzo per la parte de'Cinesi , che basterebbe solo la metà
di essi, perchè ogni uomo , anche il più diffidente, non debba senza
più esitare , e debba anzi credere e convenire che ai Cinesi l'onore
di questa scoperta si debba .
Troppo ardua , e noiosa cosa sarebbe qui di tutti i suddetti au-

tori riportare le idee ed i ragionamenti ; come troppo del pari sa-


2
18 -

rebbe rischiosa impresa ed indoverosa , di alcun altro non riferire


quanto su ciò abbia scritto .

III. Fra questi adunque io sceglierò il dotto signor d'Hager pro-


fessore di lingue Orientali , ed accurato scrittore della Orientale
letteratura . Ed in prima, egli dice , essere la nautica bussola , di orien-
tale invenzione ; e nell' Impero Celeste pria d'ogni altro , conosciuta
ed adoperata, quasi da 3000 anni avanti Cristo.

IV. Hager soggiugne , la medesima consistere in un carro (su cui


è una movibile statuetta) che addita sempre il meriggio , da qualsiasi
banda si volga: e che i Cinesi usanla ne' loro viaggi pe' deserti .
Fonda il medesimo autore la sua asserzione su quanto leggesi ne-

gli Annali Cinesi ; ma però egli à la lealtà di confessare, che non


può negare quanto autorevolmente riferiscono , e più dimostrano il
Missionario Cibot e l' accademico de' Guignes , cioè che i detti
Annali abbondano di racconti favolosi e menzognieri . Indi ripiglia

scrivendo che il corpo d'annali il meno sospetto sia quello di Scing-


King , nel quale invero , scrive lo stesso d'Hager , non si fa parola
nè di ago , nè di bussola ; e solo vi si accenna che i Cinesi hanno
due carri , volti ( o volgenti ) al mezzogiorno .

V. Più osserva lo stesso autore, la bussola Europea si volge al


settentrione , volgendosi la Cinese al mezzodì ; dal che si può con-
chiudere scientemente chè i Cinesi , mai dagli Europei han potuto
la bussola ricevere ed usarla.
VI. Come anche scrive , che l'attuale bussola Cinese non rasso-

miglia affatto all' antico loro carro , dappoichè nella loro bussola
d'oggidì trovasi disegnata e rappresentata l'intera loro mitologia ,
il Cielo , le stelle , gli Elementi , un'estratto infine della loro scienza
magica ed astronomica.

VII. Opinione che trovasi pienamente confermata in un'opera


d'un moderno viaggiatore Europeo , che l'antico carro era tutt'altro
dalla moderna bussola Cinese , poichè questa è una specie di talis-
mano , mercè del quale operano varî sortilegii .
VIII. Ora una bussola così fatta induce il medesimo signor d'Ha-
ger ad opinare che non potendo ritenersi assolutamente i Cinesi
- 19 ---

soltanto come gl'inventori di essa ; volgesi ai popoli dell' Oriente


in generale ; tanto più che si ferma ad una tale asserzione su quan-
to si trova registrato nell' opera di Bailak Al . Kiptehaki , tuttora
inedita, intitolata Tesoro de' mercatanti , ove scrivesi , che i padroni
de'vascelli nei mari delle Indie , invece dello ago calamitato adope-
rano un picciol pesce di ferro , vuoto al di dentro , che si fà andare

a galla nell'acqua , in un vaso attaccato ad una festuca ; e che questo


pezzo di ferro , mercè la sua virtù , si rivolge verso il mezzogiorno .
IX . Il già nominato Professore di lingue Orientali crede provare
viemaggiormente la sua opinione dal rilevare che Vasco di Gama

nel 1498 si valse d'un pilota indiano che si abbandonò seco lui sul-
l'immensità dell'Oceano .

X. Le parole di taluni uomini sono talmente autorevoli nelle


confutazioni di dubbie quistioni , che parmi dovere questa volta

doverle mettere in luce . Quello di cui attualmente intendo parlare ,


è il dotto Klaprotth a cui , e non ad altri il dottissimo Humboldt
chiedeva de'ragguagli e schiarimenti sulla bussola.
Nella eruditissima di lui lettera , in quanto ai Cinesi , leggesi che

nella Cina conoscevasi la proprietà della Calamita , di attrarre il ferro-


fin dall'anno 700 dell'Era volgare , come si legge in Tehheinthsang,
Bhi, autore di una istoria naturale ove scrive « la Calamita attira il

<< ferro , come una tenera madre attira a se i suoi figli , ed è perciò
«< che à ricevuto questo nome di thsuchy . Come del pari leggesi
«< quasi lo stesso nel celebre naturalista Lilici (15 80) ove dice : se

« questa pietra non avesse amore pel ferro , non lo tirerebbe a se.
Dippiù anche , seguendo la medesima idea , scrive Klaproth , vi ha
un altro nome presso i Cinesi per dinotare la Calamita che letteral-
mente spiegato significa Pietra che dirige e muove.
Ed i Tunchinesi , avvicinandosi dippiù col nome alla indicazione
della sua maggior proprietà , chiamano la Calamita d'à nomtham ,
-
cioè pietra che indica il Sud ; perchè d'à , significa pietra , e
tham , Sud .
Dopo di che, il medesimo Klaproth viene a discorrere della mag-
gior proprietà della Calamita di cui è quistione , e dice :
20

<< I Cinesi i primi tra tutt'i popoli , a conoscere la polarità di cui


« è dotata la Calamita , l'hanno i primi applicata , costruendo dei
<< Carri magnetici che indicavano il Sud. Secondo i medesimi , il
<< polo antartico è il principal punto , verso il quale si dirige la
<< Calamita ; la quale direzione viene indicata dalla figura d'un uo-
«
< mo ( non dice di che materia ) la cui mano allungata , la indica
༥ volgendosi al Sud . E ciò, mercè un pezzo di Calamita nascosta nel-

« la parte superiore del corpo , verso la mano » .


<< I medesimi hanno puranco una bussola astrologica che chia-
« mano Lo King. In generale i popoli tutti orientali considerano il
«< polo Sud il più importante e ragguardevole ; tanto che lo chiama-
« no Anteriore ; e sappiamo , che il trono , la facciata principale de-
<
a gli Edifizii religiosi e civili , la banda verso la quale pregano , è
« sempre il mezzodì .

XI. A terminare quanto da'suddetti autori si è scritto in favore


de'Cinesi , credo quasi necessario il riportare quanto dall ' Hager si
è detto, in riguardo alla certezza di esser la bussola nota ai Cinesi .
benchè non l'avessero usata per mare , come gli oppugna il Signo-
relli .

In tal riguardo egli dimostra , che se i Cinesi , ad onta della cono-


scenza della bussola , non sanno discostarsi dalle coste ; ciò deve at-
tribuirsi solo alla costruzione delle loro navi che atte non sono a
resistere in alto mare, essendo le medesime troppo alte , ed in ge-

nerale mal proporzionate ; e che perciò non resistono agl'impeti de-


gli uragani colà chiamati Tifoni , da rendere pericolosissimi i mari
della Cina. Fatto che viene comprovato dall'asserto di Barrow.

Se vi sono stati autori che a tutt' uomo sforzaropsi a persuadere


che la gloria dell' invenzione dell' ago calamitato doveasi ai Cinesi ;
non sono stati pochi gli autori d'altronde che accanitamente simile

opinione abbiano combattuto . E qui tra questi ultimi e de' più auto-
revoli e degni esporrò le opinioni .

I. Contro Le Compte N. ° I. il chiaro Tiraboschi scrive : se ben


seguendo i tanti autori che favorevolmente ai Cinesi hanno scritto ,
- 21

si potrebbe dire che i Cinesi conoscevano, ed usino ancora al pre-


sente l'ago Calamitato ; ella però è tal cosa , non solo da dubitarne ,
ma che si può anche negare con certezza qui . E giù allega in ap-
poggio di questa opinione , la preponderante assertiva de celebri
Autori Inglesi della Storia universale che osservano , e recano in
testimonio una lettera del P. d'Entrecolles, missionario alla Cina e te-
stimonio di veduta , avere i Cinesi bensì una bussola ; ma che il
loro ago non è altrimenti calamitato , sebbene tinto con un cotal
loro empiastro , di cui si annoverano gl' ingredienti , il quale pure
communica al ferro la virtù di volgersi al Settentrione . Dal che , di-
ce il detto Tiraboschi , in prima è chiaro che i Cinesi ignoravano la
Calamita, ed in secondo , che mai gli Europei dai Cinesi l'avreb-
bero potuto apprendere ; e perciò le opinioni a loro favore non han
alcuno fondamento, ove poggiarsi possano .

II. E qui parmi pregio di questo mio tenue lavoro, specificare


questo Cinese empiastro che si legge appunto nella commendevole
Istoria degli eruditi Inglesi ( 1 ) , i quali attenendosi alla lettera sur-
riferita del Padre d'Entrecolles , scrivono : imperfetta malintesa è la
bussola dei Cinesi : e per quanto la Cina sia abbondantemente prov-
veduta di Calamite , non è calamitato il loro ago ; ma animato in-
vece da un singolar empiastro fatto di cinabro , di orpimento , di
sandaracca e di limatura di ferro, il tutto a polvere ben fina ridot-
to: ne fanno poi una specie di pasta col sangue di cresta di gallo
bianco . In questo empiastro intingono poi un mazzetto di venti o
trenta aghi , i quali vengono poscia riscaldati in un fornello , e quindi
applicati per alcuni giorni all'immediato contatto della carne uma-
na. E così come credono , viene comunicato a ciascuno di questi aghi
la virtù di mostrare la direzione dei poli . In tal modo si confezio-
na la Bussola Cinese.

III. Mi compiaccio avere messo a conoscenza del lettore la natu-


ra ed il modo di sì strana composizione ; dal perchè il medesimo
giudicherà meglio la confutazione dell' Andres fatta su tal riguardo

(1) Let. Edific. XXII. Recucil . 1736. et Hist. uuiv. tom. XX .


22 --

(N. ° precedente) Egli non dubita dire : Lascio a'fisici ed ai chimici

l'osservare la virtú di un cotal empiastro ; solo osservo che ancora


quando i Cinesi da tanti secoli conosciuto avessero una simile bus-
sola , non poteron però mai trasmettere l'idea dell'ago Calamitato .
Da una sì complicata composizione potea mai nascere l'idea del-
l'attual bussola, pel semplice, contatto del ferro con la Calamita ?
E poi qual uso ne han saputo essi trarre? però non vedesi che pro-
fittato ne avessero nelle loro navigazioni , mentre sappiamo che
mai dalle coste si discostarono navigando .
IV . In comprova di queste ultime parole , allega una lettera di
Wairau « I Cinesi , scrive , sì poco scostansi dalle coste nelle loro
»> navigazioni che neppure all'isola Formosa , distante soltanto quin-
>> dici o venti leghe, ardivano inoltrarsi , come nè anche all' Isola di
» Ponghon più vicina ancora al Continente » .
V. Il Signorelli , commendando la medesima idea , riflette , se lo
scopo , e l'effetto maggior della bussola , è di giovare la navigazione ;
e se questa à per scopo alla sua volta il commercio : e questo tro-
vando il suo maggior vantaggio nella brevità di tempo . e quindi
nel minor cammino possibile ; come si spiega , che costeggiarono
sempre per arrivare da un punto ad un altro i tanto lodati Cinesi
che pur erano , e manifatturieri e trafficanti?

VI . All'asserzione di Vossio (N.º II . ) il Grimaldi risponde, facendo


capo alle medesime parole di Huezio , dicendo : il ragionamento del-
l'Huezio è all'intutto contrario ad ogni ragione storica , ad ogni prò-

babilità ed all'autorità dei più celebri scrittori della antichità . Hue-


zio medesimo , citato dal Vossio , dice che tribù ed orde di Egiziani
si recarono dalla più remota antichità a popolare le regioni orienta-
li , e fondarono l'antichissima nazione de' Cinesi, per quella innata di-
sposizione de' primitivi popoli , di muoversi dall'Occidente , e trasfe-
rirsi all'Oriente . Or poggiato d'accordo questo fatto ; parmi che fu co-
sa provata , quasi all'evidenza , che gli Egizî idea alcuna della nau-
tica bussola non avevano : e quindi nulla può inferirne il Vossio a fa-
vore de' Cinesi ; poichè , se gli Egiziani non la conoscevano , quanto
meno avranno potuto saperne i Cinesi che da'primi discendevano ?
23

VII . Circa alla decisa assertiva dell'Hager ( N.º III . ) , dell' esser
cioè la bussola in uso appo i Cinesi 3000 anni A. l'E. V.; troviamo
prima Fournier anteriore all'Hager , è vero , ma che fortemente si
leva contro ogni probabilità a favore de'Cinesi .
VIII. E dopo di esso il celebre Plinio Francese che confuta con
animo degno di lui l'opinione dell' Hager ( medesimo N. III ) . Se
i Cinesi , egli scrive , conobbero la bussola ; perchè non la usarono
nei loro viaggi per andare alla Concincina , chè invece prende-
vano una strada più lunga , quando anche lor si volesse conce-
dere poi che la conoscevano. È però per mille ragioni certa cosa ,
che ne ignoravano il suo maggiore vantaggio , qual l'è l'uso per la
navigazione . Lo stesso autore , volendo provare la impossibilità di
una tal conoscenza appo i Cinesi , dallo stato rozzo di tutte le al-

tre dottrine , dice : Si conosce da tutti ch'essi lasciarono sempre


bambine ed imperfette le arti medesime ch'essi inventarono , la
pittura , la stampa , la musica : basta darvi uno sguardo per scor-
gere, a quale punto d'imperfezione e goffagine sieno esse rimaste.

IX. Il Signorelli , riguardo alla relazione del Carro magnetico


N.º III , incomincia dal porre in dubbio la sua esistenza , poggian-
dosi su quanto gli uomini più eruditi hanno giudicato , e che lo
stesso Hager non nega affatto ; cioè che gli Annali , nei quali è
parola d'un tal carro , sono libri tali , che ogni uomo sennato à
diritto di dubitarne , per le tante fole e menzogne che contengono .
X. Meno oppugnante e più indulgente del Signorelli , il Ge-
suita Andres ammetter vorrebbe la esistenza della bussola fatta a
carro, come è parola nel N.º IV ; ma però osserva dottamente le
seguenti cose . Primieramente non è universale affatto un' opinio-
ne a favore de' Cinesi , ed in secondo che gravissimi testimoni in-
vece depongono in contrario . Tra gli altri Kirker nel suo Magnes
desume francamente in contrario , dappoichè nessun erudito , tra i
tanti nelle cose Cinesi versati , à saputo mai dargli contezza certa
che essi ne fossero stati gl' inventori .
XI. Quanto è illogica l'opposizione al N. ° V , nella presente op-
posizione fatta dal Signorelli lo vedrà il lettore medesimo . La bus-
24

sola Cinese altro non è , egli dice , che un carro ; ora gli Euro-
pei se avessero da' cinesi appreso questo istrumento , avrebbero
dovuto trasformare questo stranissimo carro in una bussola ve-
ramente magnetiea , e di più sorger loro la grande idea , che in-
vece di servirsene per terra , addattarla dovessero per farne uso,
come direttrice e guida di ogni navigazione .
XII . Un anonimo autore di schiarimenti sulla bussola , dopo
aver confutato quasi tutti gli argomenti a favore dei Cinesi , rispon-
de all' Hager N.º 5 : se i Cinesi non han potuto aver idea della
bussola dagli Europei a causa che la loro bussola si volge al Mez-
zodì , mentre che quella degli Europei si dirige al Settentrione ;
questo istesso argomento , dice l'autore , volto al contrario , regge
per gli Europei , provando cioè che questi mai da' Cinesi avranno
appreso il meccanismo della bussola.

XIII. All ' Hager, poi che crede di porre in pregio l'attuale bus-
sola Cinese , dicendo che essa è un compendio della loro astrono-
mia , come nel N.º 6 , 7. il Signorelli vi fa questa riflessione . Te-
nendo la loro bussola così complicata e stranamente foggiata ; è

segno che l'avevano per tutt'altro uso che non il principale ed il


vero ; e che può ben dirsi ch'essi la consideravano più come cosa
magica e miracolosa , che per la sua scientifica e pratica impor-
tanza . In appoggio di che si adduce , quanto si trova scritto nella
Bibliografia Antiquaria del Fabricio . « La bussola cinese (è scritto)
« non era magnetica e nautica ; ma soltanto magica, come avea
(( già ei notato : quando scriveva : Pixis quoque, cujus a ter mille an-

« nis usum fuisse ajunt apud Sinenses, non magnetica , sed sorti-
« lega est, ut Martinus Martinius in epistolis adnotavit » .
XIV . La Storia Universale degli autori inglesi fornisce una pruo-
va anche più sicura di quanto à detto già il Signorelli ; nella me-
desima si legge . « La superstizione Cinese è tale , che non sola-
<< mente regalano la loro bussola con profumi ed incensi , ma con
<< vivande ed altri sagrifizii . Ora può mai essere oggetto di uti-
« lità e di scienze un oggetto soltanto idolatrico »? Le quali parole
parmi sieno anche esse di confutazione ai N.º VI e VII dell'Hager.
25

XV. All' argomento N. ° VIII. IIl Signorelli risponde con poca


urbanità dicendo , che l' Hager , non potendo sostenersi assolu-
tamente pei Cinesi , si và barcamenando or pe' Cinesi , or per gli
Arabi , or per gli Orientali in generale ; e questo fa vedere , quanto
scarse e non solide prove abbia ei trovato per sostenersi .
XVI . Al proposito di Vasco di Gama N.º IX . Il Signorelli di-
ce : non è gran cosa che Vasco di Gama si fosse avvalso d'un
Pilota indiano nel 1498. Flavio Gioja l'avea già resa celebre da
quasi dugento anni . Tutto ciò che il Klaproth à scritto in favore
de' Cinesi , non ha trovato fin' oggi , almeno che io sappia , oppo-
sitore alcuno che gli avesse contrastato quanto scrisse .
XVII. Ed in ultimo , anche ciò che dice , l'Hager al N.º X , tro-

va una confutazione presso il Signorelli , dicendogli : « Ciò mostra


<«< alla evidenza quanto abbiamo detto di sopra , cioè che i Cinesi
<< hanno formato a caso , o hanno copiato senza oggetto una bus-
< sola straniera , divenuta quindi nelle loro mani infruttuosa del
«
<< tutto . Strana cosa ! Temendo i Cinesi di smarrirsi nei deserti ,

<«< fabbricarono un carro con onori di bussola , per non perdere di


<< vista il meriggio , intanto che avevano inventata , o adottata una
<< bussola senza sapersene ; mentre , sarebbe bastato a vantag-
<< gio della loro navigazione , fare le loro navi meno alte , modi-
«< ficandole infine , da potersene servire pel loro traffico » .
XVIII . Non credo fuor di proposito dire qualche parola circa
le opinioni che si sono agitate intorno ai Cinesi , e Marco Polo ;
e se questi avesse da quel popolo attinto conoscenza della bussola ,
o che i Cinesi da esso lo avessero copiata . È così che Paschio os-
serva, che se i Cinesi avessero dato una tale invenzione alla luce

del mondo ; quei che hanno composto i di loro Annali l'avrebbero


rapportato , siccome molto gloriosa ad una tal nazione ; oltre di

che il P. Alfonso Castaldo saviamente avvisa , che se pur fosse stata


vera l'opinione che Marco Polo Veneziano , avesse portato dalla
Cina un tale istrumento , l'avrebbe egli nelle storie dei suoi viaggi
narrato ; ed accuratamente il detto autore osserva che se mai l'Im-
peratore Chimingo , celebre astrologo Cinese che visse nel XI se-
2*
26

colo prima della venuta di Cristo , avesse avuto cognizione di tale


istrumento , l'avrebbe sicuramente scritto , come eziandio Maffer ,
Trigoldi ed altri che hanno citato le invenzioni più minute di que-
sta nazione . Il Grimaldi , rigettando ogni idea che Marco Polo dai
Cinesi avesse la calamita portata in Europa , scrive . « Il Padre della
>> Compagnia di Gesù Attanasio Kircherio , assicura che avendo

» egli diligentemente osservato tutti quei che scrivono i loro viag-


>>>> gi della Cina , siccome gli altri che registrano gli Annali Cine-

» si , non avea potuto mai da loro ricavare che questi avessero


>> avuto cognizione della bussola . Sembrami da ciò ( conchiude il
>> Grimaldi ) che non possa reggere a martello l'opinione del Vos-
» sio , del P. Lomiet, e di altri autori che hanno voluto attribuire
» ai Cinesi la gloria di una tale invenzione » .

EBREI

Non vi sono mancate opinioni , e per conseguenza autori , che


tra la farragine di tante altre opinioni più o meno stravaganti ,

più o meno verosimili , abbian voluto , o preteso almeno sostenere


che agli Ebrei l'onore della invenzione del nostro istrumento in
quistione si deve . Epperò il rassegnare qui i tanti autori che in
questa schiera trovansi campioni di tale opinione , e di altri tanti
militanti per un sentimento opposto , grazie alla pazientissima bri-
ga che già si è preso l'eruditissimo Grimaldi , potrò io assai facil-
mente o nel modo come già io ho accennato fin da principio , di-
sbrigarmene .
I. Primieramente Levino Lennio , Follero , Gio . Pineda , ed altri
sono d'opinione che Salomone avesse nella superiore sua scienza
inventata la bussola . Anzi Follero spinge tanto oltre la fiducia nella
sua opinione , da poter asserire che i Fenicii ,riguardati quasi i pri-
mi nella navigazione , non da altri che da Salomone , avessero ap-
preso l'invenzione e l'uso della bussola. Più , che oltre i Fenicii ,
27 ----

anche i Tirii da Salomone medesimo l'arte del navigare avessero

apparato.
II. Altri autori , riferiti dal P. Castaldo , sostengono alquanto più
ragionevolmente , come osserva il Grimaldi , la medesima opinio-
ne, rapportandosi , secondo loro , a quanto nella S. Scrittura tro-
vano scritto ; cioè i lunghi viaggi che per mare faceva la grande
armata navale di Salomone fino ad Ofir ; e poichè Ofir hanno cre-
duto che fosse il Perù , così han detto che come erano questi viag-
gi condotti a sì grande distanza , in qual modo mai potevano con-
durvicisi , senza l'aiuto della bussola ?
III. Altri sostengono che Ofir sia posta nell'America , e che fosse
l'isola spagnola , poichè Cristofaro Coloinbo , allorchè il primo la
scovrì , gli piacque chiamarla l'Ofir di Salomone , avendovi trovate
miniere che si distendevano per 16 miglia.

Ma in antitesi a queste poche opinioni favorevoli ai popoli della


Giudea, hanvene altre molte alle prime contrarie , adducendosi ar-
gomenti tratti da pruove che il lettore giudicherà di qual tempra
essi sieno .

I. In primo luogo il dotto Arrigo Kippingio osserva che tutto il


detto di Livino Lennio , Follero , ed altri è talmente gettato così

alla buona , e senza esame alcuno , che questi autori non han
quasi diritto a confutazione alcuna ; e che quando lo osserviamo ,
non potrebbe trovarvisi altro che mere congetture , tanto che disse
loro , divinant potius quam probant.
II. In quanto poi che Salomone doveva conoscere la virtù della
Calamita , mercè la immensa sua scienza ; solo o principale ragio-
ne cui i primi autori fondano questa cognizione presso gli Ebrei ;
il P. Castaldo risponde che se Salomone avesse dovuto avere que-
sta cognizione , una a tante altre , che per sicuro non ha avuto ,
avrebbe al certo inventata la polvere , la stampa , ed altre utili
scoperte .
III. D'altronde osserva Huezio , essere indubitato che avanti che

nascesse Salomone , gli Ebrei , assai prima , avessero notizia piena


28

della navigazione ; e poichè è naturale che essendo stato un po-


polo che visse tanti anni nello Egitto , avessero ivi appresa que-
st'arte . Il Grimaldi riconferma questa opinione , scrivendo che niu-
no ignora il commercio che questa gente faceva col mar rosso , e
nel Levante . Oltre di che , il medesimo scrive che allorquando alcuni
delle tribù degli Ebrei stabilironsi nelle Provincie di Chanaan , ben
potettero studiare dai Fenici , loro vicini questo mestiere , e scor-
gere qual provvento ne ritrarrebbero . E ciò è tanto più probabile ,
in quanto alle tribù prossime al mare , come quella di Zabulon , che
stendevasi dalla riva fino alle porte di Sido ; la quale , osservando
il gran commercio de' Sidonii , par che si fosse ad essi unita per par-
teciparne i vantaggi . E qui sebbene Giuseppe Ebreo , scrivendo con-
tro Appione , avesse detto , che la Giudea non era sul mare , e che i
suoi abitanti , non eran mica versati al commercio ; Huezio all' op-
posto osserva , che Iapper serviva di porto alla Giudea ed a Geru-
salemme ; e che Salomone , in seguito , se ne servì per far appro-
darvi materiali occorrenti nella costruzione del Tempio . E David
anche dispose il suo popolo al commercio , tanto che solo col traf-
fico , egli potè riunire i 3000 talenti d'oro , che destinava al compi-
mento del Tempio .
Circa poi la posizione topografica di Ofir , il detto Huezio scrive
che Ofir era un nome generale di tutta la costiera orientale dell'Af-
frica, e specialmente del paese di Sofala , molto abbondante di mi-
niere d'oro .

IV. « Eziandio il P. Castaldo , dice Grimaldi , si uniforma al sen-

>> timento di detto autore ( Huezio ) , e saviamente avvisa che non


>> deve recar meraviglia se i Vascelli che Salomone mandava in

>> Ofir , ritornavano dopo lo spazio di tre anni , imperocchè ciò non
>> avveniva perchè forse essi avessero avuto a valicare per mezzo
>> l'Oceano ; ma perchè anticamente dopo l'autunno per fino alla
primavera che vi è lo spazio di sei mesi , niuno si esponeva a na-
>> vigare in mare ! Onde tutt' i tre anni descritti nella S. Scrittu-

>> ra , riduconsi a soli 18 mesi , i quali erano appena bastanti a


>> compiere la navigazione per la costiera dell'Africa , in fino allo
29

>> stretto di Gibilterra ; tanto più che non essendovi allora l'inven-
» zione della bussola , erano obbligati i naviganti a costeggiare la
» terra , oltre di chè , non essendovi allora l'uso delle vele , era loro
>> di bisogno spesse volte di approdare al lido , per provvedersi
>> delle robbe necessarie a vivere , le quali in maggior copia abbi-
» sognavano a quei sulle navi inviate da Salomone ch'erano mol-

>> te : e saviamente osserva il detto autore che prima della inven-


» zione della bussola , gli antichi , navigando di notte , avevano
» per loro guida la Stella polare e la piccola Orsa , onde a tal pro-
>> posito cantò Virgilio , Clavumque ec. >>
V. Calmet del pari ne'suoi Commenti al Sacro Testo , con somma
critica prova all'evidenza con autorità degli scrittori antichi e mo-
derni la vera topografica situazione del Paese di Ofir , e scrive << Giu-

> seppe Ebreo vuole che fosse esso (Ofir) posto nelle Indie , e venisse
>> chiamato Paese dell'Oro , e si crede che il dotto autore avesse in-

>> teso di parlare del Chersoneso d'oro , in oggi (chiamata Walacca


>> all'incontro dell'Isola di Sumatra.

» Altri autori , qui va continuando il Grimaldi, cercano porla nel-


» l'Africa , col dire che gli abitanti di Melinda ovvero Safala, nella
>> costiera orientale dell'Etiopia ritengono per tradizione , e mostra-
>> no libri i quali riferiscono che Salomone in ogni tre anni man-
» dava le sue navi a ricavarne oro .

Giovanni Dos Laridos del pari racconta che nel Monomatapa vi


è una montagna che ha nome Fura, abbondante di ricche miniere,
e che sull'alto della stessa osservansi ancora i ruderi di torrite mu-

ra, e che una popolar tradizione ritiene , essere stata la dimora del-
la Regina Saba, e che ivi presso fosse l'Ofir degli antichi .
Ma dopo tanto battagliare di opinioni diverse , pare che Huezio
appoggiato a'sentimenti di dotti autori , conchiude che Osiri figlio di
Sutan popolò coi suoi fratelli una regione a cui egli medesimo die-
de il nome , tra il monte Safar presso l'Armenia , alle sorgive dei fiu-
mi Tigri ed Eufrate .
Dietro di che, scrive in ultimo il Grimaldi « sono varie e molte
>> le opinioni intorno gli Ebrei ; e niente se ne può desumere di cer-
30 ―

» to , poichè gli stessi autori che han voluto che tale navi fossero
>> andate nelle più lontane regioni , non si son sognati però di dire ,
>> che si fossero i di loro conduttori guidati colla Bussola » .
Non voglio però ommettere di riferire quello che il tanto cono-
sciuto Venanson a tal riguardo ne pensa . «< Mi limiterò ad osservare
» (ei scrive) che è quasi dimostrato al giorno d'oggi , in seguito alle
» dotte ricerche del geografo d'Anville che Ofir , ben lungi dal tro-
>> varsi alle estremità delle Indie , era piuttosto situato in Africa nel
>> Regno di Cefala : aggiungerò che questa opinione è accreditata
» da' rapporti pervenuti dal celebre viaggiatore Bruce , che à pro-
» vato fino all'evidenza , che il paese di Ofir non poteva essere si-
» tuato in una regione delle Indie , opinione convalidata dal dottis-
» simo Galliani ; il quale pel primo ha osservato che anche oggi le
» più ricche miniere che trovansi lungo le coste di Cefala , chia-
» mansi le miniere di Ophir.

FENICI , TIRI , e CARTAGINESI

Questi popoli , che secondo leggiamo nei due scrittori più accre-
ditati , Diodoro ed Erodoto , posson ben considerarsi come rami
da un tronco solo provvenienti , sebbene talun di questi rami più vi-
goroso e più grande del tronco istesso . Ed infatti lunghesso il medi-
terraneo, quante città, quasi come sorte dalle tirrene viscere , si vi-

dero? Cartagine , Malta , Tiro , Utica , Tunisi , Ippona , Labda, Adru-


mento non riconobbero tutte da genti Fenicie e nascimento e gran-
dezza? D'altra parte i Fenici abitavano le più belle coste dell' Afri-
ca e dell' Asia ; del che ce ne fan fede la placidezza de' costumi , e
l'ubertosità delle loro campagne .

E quanto queste condizioni naturali influiscano allo incremento

delle scienze e delle arti , non è mestieri che io ne tenga parola , e


perchè ognun lo conosce pur troppo, e perchè i più grandi filosofi
sociali l'anno dimostrato ; fra quai tanti basta ricordare un Monte-
34

squieu . E pruova del suo clima buono e temperato di que❜luo-


ghi , è la bellezza delle forme degli uomini e delle donne .
Tito Livio parla d' un giovine estremamente bello , fatto pri-
gioniero da Scipione ed a chi è ignota la tradizionale bellezza
della Cartaginese Sofonisba di Asdresbale figlia , pria di Siface mo-
glie , poi di Massinissa .

« L'abbondanza è la madre delle arti : niuno ignora ciò che


<< i profeti han detto della opulenza e magnificenza di Tiro , » scri-
ve , Winkelman Ma io osservo , che se l'abbondanza è la madre
delle arti, essa però è figlia del profitto delle scienze ; e mi com-
piaccio che nel caso di cui io parlo, trovo convalidata la mia
opinione da quanto leggo in Pomponio Mela (1) , che i Fenicii
erano laboriosissimi , istruiti negli affari in materia di guerra e

di pace, ed in generale godevano grande rinomanza di Sapien-


za. Al qual riguardo parmi aver letto un giorno in Strabone che
Mosco di Sidone abbia insegnato il sistema degli Atomi in epo-
ca anteriore alla guerra di Troia . Il certo si è che le scienze
fiorirono presso di loro in tempi , che nella Grecia neanche per
nome eran note ; ed in fatto di navigazione stesero il loro com-
mercio su tutti i punti della terra , recandovisi per i più lonta-
ni mari . Ed in ultimo , per riconoscergli , se non ànvi documenti
fra gl' inventori dell'aritmetica e dell' Astronomia ; non può farsi
a meno però , io conchiudo , di porli tra i popoli del primo ran-
go , in quanto ad influenza morale, ricchezza, potenza e scienza .
Troppo però veggo , che come semplice espositore troppo mi
sono dilungato ; e rientra quindi nell' angustissima sfera, cui mi
son da principio circoscritto , per esporre ciò che nelle opere al-
trui trovo scritto a riguardo dei popoli Fenici , lasciando a parte
le congetture , comunque ragionevoli .
I. Questi popoli secondo osserva il Grimaldi , furono i primi
ad esercitare la navigazione ; e come essi navigavano , è proba-
bile a' medesimi potersi attribuire l'invenzione , della Bussola.

(1) Le. 27. c. 19


32 -

II. Gl'inventori delle bussola , pare che fussero stati i Fenici ,


scrive il Fuller ; poichè essi disputarono l'impero del mare a
qualsiati altra nazione dell'antichità la più remota , nonchè agli
Egizi medesimi : tanto che Erodoto scrive ch'essi facevano l'in-
tero traffico delle mercatanzie dell'Egitto e della Siria , e che i
medesimi furono gl' inventori del commercio ; e che non solo scor-
sero i porti ed i lidi del Mediterraneo ; ma andarono benanche
nell'Oceano per lo stretto di Gibilterra , fondando molte colonie .
III. Il Signorelli riporta una dotta osservazione di Monsignor
Huezio ; nella quale dice , che allorchè Plinio parlava di quei po-
poli che i Latini chiamavano Poeni , erano stati gli autori del
commercio ; egli non già intese parlare de' Cartaginesi , ma dei
Fenici , da' quali quei dopo molto tempo discesero .
IV. Fuller pretende che i Fenici fossero stati i primi a cono-
scere la Calamita , poichè il nome che dai Greci a questa pie-
tra fu dato di Nereat, fosse stato preso dal nome dell'Ercole Fe-
nicio.

I. Si trova un'obbiezione a quanto dice il Grimaldi N.º 1. ad-


dotta dal Bochart, il quale scrive non esservi affatto ragione a
costituire i Fenicî inventori della Bussola , nè i Tiri . poichè que-

sti non potevauo tenerla per sempre celata , senza tramandarla


agli Assirî, ai Persi , ai Romani , da' quali essi furono in ultimo
soggiogati .
II. Anche quanto dice il Fuller nel N. II . viene contradetto
dal Fournier, il quale osserva , seguito dal P. Andres , che affatto
i Tiri ed i Fenici non potevano esser popoli che adopravano la
Bussola, dappoichè essi per andare a Sofala in Africa ed a Ma-
lacca in Asia v' impiegavano un tempo tale , che non sarebbe af-
fatto occorso , se avessero usato la bussola , tenendo cioè una ret-
ta via ,

III. Samuele Bochart confuta quanto dice il Fuller al N. IV .


che la parola Hɛpaλ che in latino suona Eraclion , non è affatto
provvenuta dall'Ercole Fenicio ; ma bensì da una città della Lidia
33

a nome Eraclea , dove una calamita fu da Greci la prima fiata


rinvenuta .

ARABI

L' Arabia, come tutte le altre nazioni dell' antichità , affaccia pur
essa le sue pretensioni , per levarsi ad inventrice di una tale sco-
perta e quello che coscienziosamente discerno nel merito di que-
sta pretensione , si è che se mai una nazione antica si presentò
sulla scena , del manto rivestita del nobile paludamento di regi-
na, e dispensatrice delle scienze , niun' altra più che l' Arabia "
diritto maggiore avrà mai , per essere come tale riconosciuta ed
ammirata .

Ligio pur troppo all'obbligo , che col lettore , con meco , e più
coll'ordine stesso toltomi a legge , ò già contratto , non aggiun-

gerò una sola altra linea spettante al mio pensare ; limitandomi


invece a riportare solo quello che in opere di tanti uomini in-
signi trovasi depositato , in di loro favore .
Due insigni storici filosofi , due riputati exgesuiti , il Cav . Gi-
rolamo Tiraboschi Italiano , e l'Abate Giovanni Andres Valenzia-
no , troviamo sostenitori invitti dell'Arabica Letteratura ; agli Arabi
in preferenza d'ogni altro popolo accordando l'onore della in-
venzione della bussola. Presso a poco , così scrive il Signorelli ,
allorchè passa a rassegna i diversi scrittori che degli Arabi han-
no scritto , e specialmente a riguardo di questa invenzione .
«< Allorchè io mi sono fatto a leggere le opere dei prelodati
<

« due ex-gesuiti , ho visto con quanto acume e fondamento di sto-


<< ria e di fatti i medesimi si sono accinti all' assunto tolto . >>

I. Il primo posa per fondamento della sua ipotesi , l'alacre stu-


dio a cui in quei tempi l' araba gente si era data , e come in
ispecial modo nei bassi tempi gli Arabi , coltivando caldamente le
scienze e la filosofia in particolar modo , eransi posti nel primo
rango fra le persone culte in quella civiltà .
II. Di questa preminenza se ne ha un ampio attestato nei tanti
3
34

codici manoscritti che si conservano nella gran Biblioteca del-


l'Escuriale , come ebbe l'agio il dotto Tiraboschi di rilevare dal
1
non men erudito che ricco catalogo del Casiri che gli era stato
trasmesso da Madrid.

III . Egli è ben vero però , che il presente autore si limita a


rassegnare come argomento in favore del suo assunto , che la fi-

losofia tra noi neppure di nome si conservava nei secoli X e XI,


mentre che presso gli Arabi , con ogni studio si coltivava. D'al-
tronde è incontrastabile che nella citata biblioteca dell'Escuriale

tra gli altri libri che vi si trovano, havvene due appartenenti alla
navigazione , al dire dell' Abate Andres : uno di arte nautica, di
autore anonimo , e l'altro di Thabet. Ber - Corrak - De sideri-
bus, eorumque occasu ad artis nauticae.

IV. L'altro campione degli Arabi , e di questa opinione , è il


testè nominato , e presso noi di tanto chiara rinomanza , P. Andres .
Il medesimo, volendo sostenere la istessa asserzione , scrive che

gli Arabi erano i soli che coltivavano le scienze naturali , come


da' libri dell' Escuriale egli à visto ; e del citato Catalogo può
ciascun rilevare . Per ciò benissimo hanno potuto essi ritrovare la
calamita , ed esserne stati gli inventori ; tanto più ch'era neces-
sario l'uso di essa alle loro navigazioni .

V. E quì il nostro Abate Valenziano spinge la sua asserzione


sino a dire che gli unici libri , presso i quali trovasi parola del-
la bussola , sono libri Arabi . Dipoi , vedendo essersi spinto forse
troppo oltre colla sua opinione , ristringe la sua idea, confessando
che questa invenzione non abbia in vero prove positive , per istal-
larsi tra le antichissime degli Arabi , poichè se ne trova la pri-
ma volta menzione nelle tavole Kachmite di Ebn- Innis , autore
del secolo XI . Infatti l' altro autore Bailak - Al-Kiptehaki che
1
parla del pesce di ferro , il quale , mediante il volgersi della te-
sta , o della coda , indica il settentrione o il mezzogiorno , cono-
scesi avere scritto nel secolo XIII .

VI. L'altra prova , su cui forte fondasi il Tiraboschi , è il pas-


saggio di un libro attribuito ad Aristotile , citato da Alberto Ma-
35

gno , nel suo trattato dei minerali , di cui io già ne ho abba-


stanza parlato , quando de' Greci si è tenuto discorso . Non farò io

quì dunque che esporre tutte le ragioni , che su tal proposito


il Tiraboschi ed altri credono rassegnare a favore degli Arabi .
In prima , il Tiraboschi scrive , che questo trattato attribuito ad
Aristotile esser può benissimo un'opera di Arabo autore , sebbene
la medesima trovisi scritta in greco ; poichè è da sapersi che

nel secolo XIII frequenti furono simili traduzioni che dall'Arabo


recaronsi nel latino idioma ; e che quindi quest'opera di Aristo-
tile , citata da Alberto Magno , o da chi ne prese il nome , fosse
venuta dall ' Arabo .

VII . Tale opinione era stata sostenuta già prima dal Cabbeo
nel suo trattato de Magnete ove dice , che , un traduttore dall' Ara-
bo ben ha potuto aggiugnere ed inserire nel libro attribuito ad
Aristotile la notizia dell' ago calamitato ; come del pari ha cer-
cato di mostrare il P. Trombelli negli atti dell'accademia di Bo-
logna I. M.

VIII . Il già prelodato Tiraboschi procura di convalidare que-


sta opinione , tanto da lui vagheggiata , ponendo in campo ragio-
ni di analogia nelle parole , pescate nel pelago senza fondo dei
radicali etimologici . Egli sostiene quindi, che le voci Zoron ed
Aphron non sono certamente nè greche nè latine ; dunque nè
greco nè latino era il libro da cui furono tratte : e come tre sole
erano allora le lingue in cui scrivevansi i libri filosofici ; così
solo in lingua Araba esser doveva scritto il libro che trattava del-
la Calamita .

IX . In convalida di quanto ha scritto , il P. Andres nella sua


dottissima opera su tale argomento , in sì fatta guisa ce ne par-

la » Le voci Zoron ed Aphron non sono troppo lontane dalle


» arabiche che hanno il medesimo significato , perchè non possa

>> credersi che sieno da queste con qualche non insolita alterazio-
» ne derivate » e dopo poco » io credo che parole messe in realtà
» dagli Arabi furono Gioron che vuol dire vento caldo , e però
>>> prendesi per mezzoggiorno , ed Aphron che significa settentrione .
36 -

» Gli Arabi avranno detto che per avere la calamita virtù di


» attrarre al suo polo meridionale , d'uopo è applicare il ferro ,
» od il corpo magnetico dal Settentrionale ; e gli scolastici han-

>> no poi confuso il polo di un corpo col polo dell'altro, cioè il


>> Settentrione col mezzoggiorno , l'aphro col gioron .
>> Scorgesi questa medesima confusione in Vincenzo Bellova-
cense , autore coetaneo , ma un poco più antico di Alberto : e
quì riporta un lungo tratto di detto autore in latino , dal quale,
come in quello di Alberto Magno , si scoprono le tracce a mio
giudizio , dell'alterazione della dottrina degli Arabi , fatta dagli
scolastici ; ed in amendue manifestamente si vede che nè Vin-
cenzo , nè Alberto intendevano punto ciò che scrivevano . Ma

come intenderlo , se eglino stessi confessano non averlo letto? Vin-


cenzo nel Prologo Cap : X , apertamente dice che generalmente
di tutt'i libri di fisica e matematica di Aristotile, non colse egli
per se stesso i fiori che sparge nel suo specchio . Ed Alberto Ma-
gno , segnatamente del libro di cui or ragioniamo , esplicitamente
dice: De his autem libris non vidimus, nisi excerptas per partes.

Qual meraviglia dunque , che facessero sì madornali alterazioni ?


Ad ogni modo però , dagli stessi loro abbagli ravvisasi che in
quella opera , detta di Aristotile , lasciarono gli Arabi sicuri ve-
stigii della loro notizia della magnetica proprietà , di guardare cioè
ai poli , ond'è certamente nata la bussola .
X. Soggiungerò che il Falcomet in una dissertazione sopra la
calamita (Acad. des Inscript. Tom. 6) sostiene con quanti argomen-

ti sa e può , che il passo , ove è parola della calamita , sia stato


dagli Arabi aggiunto all' opera di Aristotile ; e che da qualche
copia così falsificata avessero Alberto e Beavvais tratto il passo
che poi ha menato tanto rumore .
Klaproth in seguito , quale profondo filologo , non men che filo-
sofo , entrando anch'egli in questa sottilissima erudita quistione ,
opina che non si può negare , dopo un accurato esame logico
Gramaticale , che le voci zoron ed aphron non sieno genuina-

mente arabe . In prima è facile stabilire che il libro attribuito


37

ad Aristotile sia un'ingegnosa invenzione , un'altra favola di quei


indotti tempi ; dappoichè il dotto Barone di Sacy , paragonando
questa traduzione col trattato delle pietre , l' uno di Tei Fachi , e
l'altro di Beilak - kiptehaki , ha pienamente riconosciuto , esser
‫ ין‬opera citata da Alberto Magno , e da Vincenzo di Beauvais , sot-
to il nome di Aristotile , non altro che uno estratto dei lavori

dei due citati autori arabi : di che egli n'è più che pienamente
convinto , dopo che l' istesso traduttore nella sua prefazione lo con-
fessa . E quando questa assertiva non valga, soggiunge Klaproth,
basti confrontar l'esemplare arabo , con quello che dicono di Al-
berto Magno e Beauvais , riportandolo ad Aristotile , tutto ciò man-
ca affatto nella copia che si possiede dalla Biblioteca del Re a
Parigi . Dunque anche sotto questa considerazione , risulta che non
sarà stato altro che un' aggiunzione del traduttore Arabo .
XI . E liminando in ultimo non pertanto con ogni sottigliezza
di ragionamento , e con ogni altra logica investigazione al pun-
to ; par che voglia conchiudere il già ripetuto Klaproth , che re-

sta ben fermo e deciso , che in un' epoca anteriore ad Alberto Ma-
gno e Beauvais , gli Arabi erano in conoscenza della Bussola , e
che gli Europei, non da altri che dagli Arabi , la stessa avessero
conosciuta.

Quale opinione il citato autore la fonda e stabilisce , dietro la


certezza che gli Arabi avessero contezza della Bussola fin dal-
l'anno 1007 ; sebbene egli dica inoltre , la prima opera Araba ,
che discorre dell' uso che di essa nella navigazione facevasi , es-

sere stata di un Arabo di Kaptchaki , che scrisse nell' anno 681 ,


dell'Egira ( 1282 di Cristo ) al Cairo in Egitto, in un trattato sulle
pietre ed i minerali : ed ecco il passo in cui n'è parola :
>> Al novero delle proprietà della Calamita è a rimarcarsi che
>> i Capitani che navigano , allorchè la notte è talmente oscura , che
» essi non possono osservare alcuna stella , per dirigersi secondo
>> la determinazione dei quattro punti cardinali ; prendono un vaso
» pieno d'acqua , lo riparano dal vento , mettendolo nell'interno del
> bastimento; poi prendono un'ago che mettono in un pezzetto di
38

>> legno , di maniera che abbia la forma di una croce ; e buttano


>> il tutto nell'acqua, dove galleggia . Prendono poi una calamita
>> grande abbastanza per riempire la palma della mano , o anche

più piccola; l'avvicinano alla superficie dell'acqua ; danno alla


>> mano una rotazione verso la dritta , di maniera che l'ago abbia
» a girare sulla superficie dell'acqua. Ritirano poi tutto d'un col-
>> po la mano ; e di certo allora l'ago dalle sue punte stà diretto
>> verso mezzogiorno o settentrione . Ho veduto coi miei occhi que-
>> sti Capitani adoperare questo metodo ; durante il nostro viaggio
>> da Tripoli di Siria ad Alessandria nell'anno 640 ( cioè 1242 di
» G.C. ) : si dice ancora che i Capitani , facendo viaggi nei mari delle

>> Indie, rimpiazzano l'ago ed il pezzetto di legno , con una specie


di pesce fatto di ferro sottile e vuoto, disposto di maniera che

» galleggi sull'acqua ; ed indica col capo e colla coda i due punti


>> di mezzogiorno e tramontand . >>
XII . Klaproth , non stanco ancora di difendere gli Arabi , come
gl'inventori della bussola , attacca gli oppositori , in quanto alla
difficoltà da essi allegata , cioè che gli Arabi non abbiano una
parola tutta loro , che equivalga alla Italiana Bussola ; poichè
egli dimostra esservi termini Arabi , Turchi , e Persiani , i quali
equivalgono letteralmente alla parola bussola . Basta per ora dire
che i Turchi adoperano la parola Ponsola , avendola adottata dai
marinai Greci . Dippiù i Turchi ed i Persiani danno diversi nomi
alla bussola : i più comuni , trasportati in lingua nostra , equival-
gono ad indicatore del Polo , specchi della intelligenza, ago per ec-
cellenza , tuttociò che è innanzi Kchibel ;per la quale parola è da

sapersi che Kchelbert o Kchibel indica la parte meridionale , cioè la


parte più onorevole pei Musulmani , ed ove essi volgonsi per fare le
loro preci .

XIII. Il dotto Professore di lingue Orientali Hager, dopo molte


e molte ragioni in parte dello istesso conio delle precedenti , dice ,
che una pruova per attribuire la invenzione della bussola agli Arabi
sia il silenzio di Eben-Innis , astronomo Arabo il quale non fà men-
zione dell'ago nelle sue tavole Katumitis , come cosa già nota ( ! ) Al-
39

tro argomento dallo stesso addotto , è l'ignoranza di Polidoro Vir-

gilio sull'invenzione della bussola (!! ) Dopo però aver posati tali
argomenti ( non so invero quanto logici) , viene anch'egli a dare il
suo contingente di prove , come Klaproth , per dimostrare che hanvi
due parole originali in Arabo che a quella di bussola rispondono
pienamente . Allega egli aver letto nel Lessico Turchesco , Arabo , e
Persiano , che la parola bussola era designata con Killynuma , ed ora
Kutub - numa.
XIV . Poscia che hanno esposto , con quanto sapevano d'inten-

dimento ed acume tutti gli anzidetti argomenti e pruove, i dottissimi


Tiraboschi ed Andres , e loro aderenti , vengono a trincerarsi dietro
un altro baluardo di prove d'incontrastabili asserzioni fondate su
storici avvenimenti . E posto il Tiraboschi nel primo rango , trovo
presentarglisi alla mente le seguenti ragioni storiche .
Gli Arabi , avendo corso tutti i mari , come le istorie tutte ne fan
fede , è naturale della bussola essersi serviti ; senza di che lunghi
viaggi ben ardua, se non impossibil cosa , era per loro intraprender-
gli . Ed ove ad essi non si voglia l'invenzione di una cotal bussola
accordare, nei primi secoli del loro incivilimento ; negar al certo loro
non puossi , allorchè dell'Italia tutta dominatori e padroni per ogni
verso si resero essi soli : e più specialmente quando del reame di
Napoli s'impadronirono . E così spiegherassi che essendo gli Amalfi-
tani grandi e provetti molto nelle marinaresche faccende ; gli Arabi
che dovettero trovarsi non poche volte in commercio con essi , è pro-
babile che appena dagli Arabi fosse messo in uso il loro nuovo ri-
trovato , gli Amalfitani i primi avendone fatto uso , dipoi si sparse
presso la generalità che da questi la detta bussola fosse rinvenuta.
XV . Il Padre Andres , piazzato subito dietro il suo Duce , rafforza il
detto di lui, dicendo non solo esser incontrastabile la dominazione
Araba in tante diverse regioni , e quindi la necessità di lunghi viag-
gi ; mentre leggonsi presso non pochi autori antichi le descrizio-
ni de'viaggi che in quei tempi intraprendevano gli Arabi . Ne rasse-
gna le sequenti pruove 1.º nella prefazione alla Storia de' viaggi si
legge , che gli Arabi non solo aprirono i punti di levante e dell'Egit-
40

to , con tutti i canali ch' erano stati chiusi per secoli e che portaro-
no il commercio dall' Arabia e dalla Persia , dov'erano padroni nel-
le Indie e nella Cina , particolarmente dal porto di Sirag fino al por-
to de'Gomrum. 2.º Ben Alonardi , autore d' un' opera geografica ( ri-
portata da Guignes nel Journal des savans an. 1758 ) , dice che otto
Arabi di Lisbona , curiosi di conoscere che cosa eravi al di là del
mare che noi chiamiamo Atlantico , e ch'essi chiamavano tenebroso ;

equipaggiarono una nave con molte provvisioni , ed intrapresero un


viaggio , risoluti di giungere all'estremità del mare , o alle terre oc-
cidentali ; nè ritornarono indietro , se non dopo molti giri , e molti
accidenti quivi narrati . 3.º In Leonida Calcondida si legge la descri-
zione che ei fà de' viaggi che per vaste estensioni di sabbia gli Ara-
bi fecero , per giungere alla Mecca , regolando il loro cammino colla
direzione della Calamita.

Al quale proposito l'Andres fa osservare due cose ; la prima che


gli Arabi facevano uso della Calamita , non solo per mare ; ma ezian-
dio per terra , la 2.ª che il Calcondila non usa qui la voce generica

Isen (? ! ) che pure viene da' Greci adoperato per significare anto-
nomasticamente la calamita, come la pietra la più nobile ; ma nomi-
na la Calamita con nome tutto Arabo .

XVI . Altra ragione a favore è la 1.ª addotta contro de' Greci .

I. Contro i Numeri I. II . III . IV . e V. il Signorelli dice : sebbene


in prima nulla , sinceramente parlando , si rinviene nella Biblioteca
dell'Escuriale che possa darci indizio , neppure remoto ed esclusivo
a vantaggio degli Arabi , per una tale scoverta : secondo , e quando
che da tutti i libri , e dagli argomenti si potesse desumere , che gli
Arabi sieno stati i più grandi filosofi del mondo; non certo per que-

sto potrassi conchiudere che avranno cooperato ad una tale scoverta


nè punto, nè poco . . . .
II. Due altri argomenti , mossi a smentire l'autenticità del libro es-
sere d'autore Arabo , portata sotto i Numeri VII . VI . X. e XII ; at-
tribuendolo invece a'Greci , trovansi nei Numeri VI . VII . delle ragio-
ni addotte a favore di questi , contro degli Arabi .
-- 41

III. Ribatte poi il Signorelli lo argomento del Tiraboschi numero


VIII , quello del Padre Andres, numero IX, ed il cominciamento del
ragionamento del Klaproth , numero X .; dicendo , che affatto le pa-
role Zoron ed Aphron sono Arabe ; e che poi in ultimo , ancorchè que-
ste parole sieno Arabe : che si può conchiudere da ciò ? Non al-
tro che gli Arabi al secolo XIII , si servivano di quelle due voci ,
per indicare il Nord ed il Sud , parlando della Calamita .
IV. La medesima opposizione la muove il Sig. Hager , dicendo che
gli Arabi non han mai adoperato la parola Giorum per meriggio .
V. Nessuno autore posteriore a Klaproth però ritrovasi ch' abbia
potuto , o voluto confutare la detta opinione , quella cioè data in
ultimo da questo a favore degli Arabi ( numero XI. )
VI. Il dotto Plinio francese , confessa ingenuamente , essergli sem-
pre apparso del tutto strana ogni opinione a vantaggio degli Arabi,
dappoichè egli non ha trovato nè in Turco , nè in Arabo , nè in

Persiano parola alcuna , che equivalga nel significato alla parola bus-
rola: argomento , come scorgesi, contro il numero XII.
VII. Contro del medesimo Numero XII trovo che il Signor Re-
naudot, insigne uomo ed esperto nell'araba letteratura , afferma non
aver trovato alcun passo nell' Araba dottrina, ed in tutte le opere
di quella nazione , in cui facciasi parola dell'uso della bussola , nè
della sua invenzione,

VIII. Il dottissimo Istoriografo Robertson è della stessa opinio-


ne , contro del numero XII. , come ivi ho accennato , ove nell'erudi-
tissima discussione sull' India antica , osserva che le lingue degli
Arabi , dei Turchi , e dei Persiani non hanno originalmente alcun

termine proprio che dinoti il compasso di mare : tanto vero è ciò ,


che tali popoli servonsi del vocabolo italiano bussola , e ciò con-
vince che la cosa è straniera appo loro , come la parola .
IX. Non voglio tralasciare di dire , che anche contro il numero
XII si trova esser il Signor Azuni , nel suo Dizionario in cui dot-

tamente di questa quistione s'intrattiene , ma che io tralascio per


solo dovere di brevità.

X. Credo però riportare quanto, contro sempre il numero XII ,


3*
42 -

l'accanito nemico della gloria Araba , sorge ad oppugnare scriven-


do , che invece di provare che vi sieno in quel lessico voci che
significano bussola , sarebbe stato meglio provare , se tali voci sono
state introdotte nelle lingue orientali , prima o dopo dell' invenzio-
ne della bussola . Più, se vennero usate prima che la bussola fosse
inventata , perchè si servivano da principio della parola Bussola
che è Italiana , avendo essi la nativa? E perciò conchiude il Signo-
relli , senza neanche stare a quante altre ragioni incontrario siano
state addotte dal Renaudot, dal Robertson , dal Buffon , e da quanti
altri viaggiatori e missionarii ne abbian discorso . E perciò dice in
ultimo il detto Signorelli , si può ben conchiudere che gli Arabi , es-
sendosi serviti della parola bussola ch'è e sarà italiana , per dinotare
• questo istrumento ; è naturale bensì che dall'Italia essi abbiano ri-

cevuta la bussola .

XI. Contro dipoi i dotti , storici , ed eruditi argomenti svolti


nei numeri XV. XVI . da'chiarissimi Tiraboschi , ed Andres; non

trovo che queste esili , non ragionate , ed azzardate parole del pa-
dre Collina , poggiandosi a quanto avea gia scritto l'anonimo ,
cioè che quegli Arabi progredirono nei loro viaggi , molto dopo
che gli Europei si erano avanzati nei mari in coraggiose ed az-
zardate escursioni .

GRECI

Si trova menzione della Calamita presso gli antichi Elleni fin


da un'epoca , in cui i fatti più semplici o naturali venivan ma-
scherati ed adulterati sotto il meraviglioso dei miti . Ed invero,
se v'è mai stata nazione che dopo gli antichissimi Egizi aves-
se tra le antiche coltivato eminentemente le scienze e le arti , io
credo che non v' ha dubbio nell' asserire quella essere stata la
Grecia .

Rincrescevol nondimeno per me si è che non possa io rinve-


nire prove sì chiare e manifeste, da porre la Grecia in quel po-
43

sto, per tale scoverta , che a me per gratitudine piacerebbe as-


segnarle .
I. In prima, abbiamo nei popoli Elleni un'antica testimonianza
che ricorda la cognizione della pietra calamitata appo loro . Ed essa
rinviensi in un'antica tradizione di S. Isidoro nel 24 Lib . Origi-
num ; nella quale è parola che il Pastore Magnes , mentre era pa-
scolando la sua gregge di pecore , a piè di un monte che trova-
si nella Lidia , si trovò istantaneamente preso un bel giorno , col-
le sue scarpe a delle pierre ch'erano colà alla rinfusa alle basi

di quel monte. Data quindi da un tal avvenimento , secondo quella


tradizione , che ad una simil pietra venne apposta la parola di
Magnes , come tratta dal primo , che non volendo , avesse sperimen-
tato la sua stranissima proprietà .
Nicandro ripete il medesimo fatto di S. Isidoro, circa questa an-
tica tradizione .

II. Come del pari Vincenzo di Beauvais nel suo Specchio del mon-
do , nel 1250 riporta il medesimo fatto, con tutta la buona fede
del mondo : racconto , che senza mentovar altri , lo troviamo an-
che riferito dall'eruditissimo Humboldt, e Klaproth .

III. Questa meravigliosa pietra la troviamo intanto presso gli


antichi Greci scrittori , sotto il nome di Pietra Eraclea , ch' era

una Città situata a piè del inonte Issipile nella Lidia; e più tardi
questa città si denominò Magnesia; e così puranche una cotal pie-
tra subì il cangiamento di nome , di Eraclea in quello di Magnes,
ed è questa presso a poco l'opinione del già citato Klaproth .
IV. Eschilo in vero la chiamò Pietra di Lidia , perchè tal mi-
nerale nella Lidia fosse stato la prima volta ritrovato ,
Marcello Empirico , medico di Teodosio il grande , la chiamò
Antiphison , che vuol dire Calamita , perchè attira o respinge il
ferro; e questo passaggio prova che al quarto secolo la proprietà
della Calamita , non era più un segreto , come lo prova la eti-
mologia della parola medesima.
V. Un trattato su i minerali , scritto da Alberto Magno , nel qua-
le in varî luoghi è parola della calamita , in mezzo a molte fa-
44

vole che ne racconta , parla della proprietà di questa , di volgersi


al polo ; e reca in appoggio un passo di un libro ch' egli dice
scritto da Aristotile, intorno le pietre , e che ha per titolo περὶ
zɛpi
Tão do ossia de Lapide .

Questa opera viene anche riferita da Diogene Laerzio , e dal-


l'anonimo antico autore Greco di una vita di Aristotile , •
ed in ultimo dal Tiraboschi, come vedremo . Il

passaggio intanto che ha fatto tante quistioni agitare, è il seguen-


te. « Angulus magnetis eiusdem , et cuius virtus est convertendi

>> ferrum ad Zorum , (idest septentrionem) : hoc utuntur nautae ; an-


» gulus vero alius trahit ad Aphron (polum meridionalem) .
VI. Di una tal opera però credo dovere di verità il dire , non
trovarsi alcun esemplare in Greco , nè tampoco in latino ; solo il
P. Cabbeo cita un codice manoscritto di un'opera de Gemmis ,
tradotto in lingua araba .
Se questa opera è la stessa che l'altra de Lapide , osserva
giustamente il Signorelli ; forse gli Arabi la trasportarono alla loro
lingua , siccome fecero delle altre opere di Aristotile .
VII . In quanto poi alle obbiezioni mosse contro l'autenticità
di quest'opera , e del suo autore , volendosi da molti eruditi , ad
altri , che agli Arabi in preferenza attribuire un tale trattato , re-
putandola una sempltce traduzione dall'Arabo ; ecco quello , che
in difesa de' Greci , dice il Signorelli ; essere questa un'ipotesi
mancante di logica , e di qualsiasi sano fondamento di giudizio;
dappoichè qual ragione v'era nel traduttore , di falsificare il testo
a proprio svantaggio , e togliere il merito d'una invenzione a'suoi
concittadini , e darla ad un Greco , almeno dodici , o tredici secoli
di lui più antico ; a qual prò questo instinto falsario? Il Tirabo-
schi gli soggiunge , o doveva negare che un tal libro venisse da
un originale Greco d'Aristotile , o combattere contro lo stesso che
avea negato agli antichi ogni conoscenza della bussola , e della
polarità della Calamita. Nè avrebbe potuto difendersi , con affer-
mare che non il disse in effetto Aristotile , ma l'Arabo col di lui

nome, per dar peso alla moderna invenzione de'suoi . Era per lui
- 45

una semplice opinione che abbisognava di un gran nome : men-


tre d'altronde si ricava , che assai prima di quel secolo , più di
un popolo ne avea notizia ; e lungi dal dubitarne , ciascuno se ne
appropriava la scoverta.

I. D'altra parte, non sono mancate opinioni anche alle sin qui
addotte contrarie , e totalmente opposte .

Fra gli altri , il sopra citato Grimaldi , dotto Accademico di Cor-


tona , fa osservare che se Aristotile avesse conosciuto questo i-
strumento , non solo l'avrebbe insegnato ai suoi concittadini ; ma
spiegato ad Alessandro il Grande suo scolare . Dippiù, continua lo
stesso : Tucidide ci rappresenta i primi abitatori della Grecia , sen-
za alcun commercio ed utili e civili conoscenze .

Dappoichè , quei che erano in riva al mare , esercitavano il cor-


seggiare , avendo preso di ciò l ' esempio da' Carî, dai Fenici e
da Minos Re di Creta ; il quale dopo , rendutosi padrone del-
l'Arcipelago , e delle sue Isole , represse questo pirataggio ; è sta-
bilì i suoi figli per governatori in tali Isole , i quali fabbricarono
delle Città , specialmente a lido di mare ed allora quei popoli
da selvaggi ch'erano , divennero socievoli e virtuosi , sotto il freno
della ragione .

H. Huezio , quel profondo indagatore dello stato sociale e po-


litico de'primitivi popoli , osserva che sebbene dagli Egizi , e dai
Sidonii avessero i Greci le scienze tutte apprese : non pertanto
presso alcuno autore trovasi , che i Greci avessero appreso puranco
colla navigazione , l'aritmetica e l'astronomia , l'uso della bus-
sola. E più , che di essi chiaramente si conosce che guidavano
il corso delle loro navigazioni coll'Orsa Maggiore . Oltre di che
i viaggi de' Greci in parola , pria di Alessandro il Grande , non
erano che radente la terra: oltre di che 600 anni dopo la spe-
dizione degli argonauti nella Colchide , solo allora Coleo della
Città di Samas vide pel primo l'Oceano ; e ciò non pertanto gli
scrittori che scrissero di lui ogni impresa , non hanno mai fatto
parola ch'essi ed i suoi si fossero avvalsi della Calamita, ad on-
― 46 --

ta che i medesimi corsero le tante fiate, non che il mediterraneo ,


l'Oceano ancorą.

III. Un'altra ragione viene adottata , alquanto logica parmi , dal


Campione degli Amalfitani, il napolitano avvocato ; ed è la seguen-
te: se i Greci fossero stati padroni di questa scoperta , in segui-

to i Romani che da essi presero quanto di utile , di bello , di


voluttuoso rinvenivasi nelle scienze , nelle arti , nei costumi dei
primi; i medesimi , non ne avrebbero fatto tesoro , e menato al-
ta la voce , se l'uso della Calamita presso le vinte genti vi aves-
sero appreso?
E specialmente , e con più probabilità , quando s'impadronirono
delle Città lunghesso le costiere del nostro reame , ed in parti-
colar modo della bella Napoli , in quei dì, tutte Colonie di gente
Greca?

ROMANI .

I discendenti di Enea, la gente di Quirino , i fondatori di quel-


la nazione , la di cui capitale esser dovea un giorno la capitale
dell'impero della forza , non che della oppressione ; ed un altro
poi la capitale della luce evangelica, e della fede vera ; nell'uno
e nell'altro periodo , essendo però sempre la dominatrice del-

l'Universo , prima su la materia , poi su l'anima e la mente; par-


mi obbligo , anch'essi avessero dritto all' esame di cui in queste
pagine è parola . Epperò un popolo che sì grandiosa parte ebbe
a svolgere que' secolari avvenimenti mondiali , non poteva rima-
nere inconsiderato affatto dalla turba di tanti dotti , nelle sottilis-

sime investigazioni della scattola magnetica.


E comecchè egli è ben universalmente noto , che i Romani , por-
tando nella Grecia le conquiste e la vittoria legata dietro le lo-
ro legioni ; così della Grecia conquistata riportarono nelle patrie
mura quanto di scienze , e di arti formavano il ricco e nobile ap-
pannaggio della vinta gente Achea. Dal che i più valenti archeo-
47 -

logi , e sapienti della antichità , non si ristanno dal dire, che la


conoscenza dell'ago Calamitato da ' Greci , e non da altri , il po-
polo Romano, avesse potuto apprendere .
I. I medesimi ritennero la tradizione dell'origine di questa co-

noscenza dall'avvenimento del Pastore Magnes , tanto che essi a-


dottarono ed usarono il medesimo nome di Magnes , al dire del-
l'Humboldt , come i Greci da cui l'avevano appreso .

II. Viene contestata questa opinione dal dotto Naturalista del-


l'antichità , Plinio nel libro XXXV . c . 16. riportando chiaramen-
te quanto su tal riguardo avea già detto Nicandro ; ed anche da due
versi di Lucrezio de rerum natura si ricava la stessa comune ori-

gine della tradizione Greca.


III. Molti autori in seguito , bramosi , a qualunque costo di pro-

vare presso i nostri antichi lu conoscenza della bussola , hanno as-


serito che i Romani non solo avevano conoscenza della pietra ca-
lamitata , ma anche della sua principale proprietà , cioè della po-
larità della stessa.

IV. Alla testa di questo partito vi è il dottissimo Padre Col-


lina Camaldolese che a tutt'uomo sforzasi per gli antichi, ed in par-

ticolare modo pei Romani . Il Padre Collina medesimo , ed altri


fautori pretendono addurre, fra gli altri loro ragionamenti a favo-
re , due passaggi di Planto , in cui si fa menzione della parola vor-
soriam, per la quale essi vorrebbero intendere , essersi adattato
questo nome ad una materia , che ha la virtù di volgersi ai poli ,
cioè la Calamita nella sua principale proprietà . Questa opinione
fu in primo avvalorata dalle parole di Lemnio ; indi da quasi tut-
t'i fautori degli antichi .

I. Signorelli all'opposto sostiene, che i Romani dovevan ignora-


re interamente la esistenza della Calamita , e delle sue proprietà,
almeno fino ai tempi di Claudiano ; dappoiché è il primo auto-
del Lazio , presso cui nel suo V. Idilio ne troviamo fatto paro-
la : Lapis est cognomine magnes Decolor, obscurus, vilis . . . .
E che anzi da questo passo , sufficientemente chiaro emerga, ch'e-
― 48 -

gli ed i suoi concittadini ignorassero la principale proprietà della


pietra magnetica : dappoichè , se dessa gli fosse stata a conoscen-
za, non solo non l'avrebbe sprezzata e tenuta a vile , ma gran-
de ne avrebbe menato il rumore , anzichè per soprappiù caratte-
rizzarla coll' aggiunto di vilis .
II. In quanto poi all' ipotesi, poggiata sulla parola versoriam ;
Signorelli , Klaproth, Venancon , oltre Adriano Turnebo , Giorgio Pa-
schio, e tanti altri dimostrano logicamente, quanto tale supposizio-

ni sia falsa: dappoichè versoriam presso gli antichi è stata riscon-


trato, non significare altro che una vela la quale, mercè delle cor-
de , raccomandata a' suoi estremi , si volgeva a piacimento .
III . Il Grimaldi, che era entrato nella stessa spiegazione di tal
voce , nel senso su indicato, ed in ciò seguito dal Signorelli , è per
provare che i Romani non potevano essere stati padroni della co-
noscenza in quistione , poggiando il suo ragionamento sopra isto-
rici fatti ; scrive quasi in questi termini . Se i Romani avessero per
poco avuto conoscenza della Bussola , nella prima guerra Punica ;
Tito Livio che narrando questa, si estende a dettagliare che i Ro-
mani furono soccorsi dalle navi dei Napolitani , e che da questi l'arte
del remigare appresero, dal perchè erano molto in tale arte esperti :
ora, se i Romani avessero adoperato , o almeno avessero visto ado-
prare la bussola, non ne avrebbe menato gran rumore questo auto-
re? Dippiù Polibio, autore di somma fede, attesta ingenuamente che
i Romani , solo dalla prima guerra punica, pensarono alla naviga-
zione : e la Sicilia fu la prima terra a cui essi giunsero per mare,
affine di soccorrere i Mamertini , servendosi a ciò de' vascelli loro
a tal uopo ad essi improntati da quei di Taranto , e di Locri,
E che di più i Romani, avendo in detta isola preso una galera ai
Cartaginesi, tolsero questa a modello di molte altre che a diversi

ordini di remi costruirono . E da tutto ciò conchiuder pretende


il Grimaldi , che i Romani non potevano conoscere la bussola , e
perchè il detto Polibio non ne fa menzione affatto , e perchè i Car-
taginesi medesimi , come a suo luogo parlossi , tampoco avevano
notizia di essa ,
49

VI. Ed in ultimo, avrei un altro ragionamento fatto da molti au-


tori, per abbattere ogni probabilità al favore dei Romani . Indubi-
tabilc egli è ', almeno fino a'tempi di Plinio (essi dicono) , che i
Romani ignorassero l'uso della Calamita , dappoichè un uomo che
avea letto quanto potea leggersi di autori antichi e moderni , un
uomo che avea da essi raccolto quanto avevano osservato ; un uo-

mo a cui nulla sfuggì , e nulla singolarmente di ciò che vi hạ


di più meraviglioso nella natura ; un uomo per ultimo che vi parla
più volte della Calamita , e descrive leggiadramente l'attrazione
che ha pel ferro ; ci avrebbe egli taciuto quest'altra ammirabile
proprietà , se ne avesse avuto notizia , o indizio presso qualche
autore ?

L'autore della detta lettera ad Humboldt, dice lo stesso ,

VII . Più generalmente di quanto scrive il chiaro Tiraboschi or


riportato , il dottissimo Klaproth, facendo la medesima considera-
zione , scrive :
>> Egli è certo, che ad onta degli inauditi sforzi di molti scrit

» tovi, nel riunire quanto da autori Greci e Romani si sia scritto


>> sulla navigazione degli antichi , non è riuscito ai primi di rin-

>> venire presso questi una sola linea che basti a far supporre
>> che gli antichi conoscevano la più interessante delle proprietà
>> della Calamita . » Talchè , conchiude il medesimo Klaprotth , es-
ser egli chiaro, che i marini sì Greci che Romani , nelle loro na-
vigazioni non poteano avere altra guida che le stelle nella notte

e la conoscenza delle coste, durante il giorno .

AMALFITANI

Tra le tante antichissime e potenti nazioni delle vetnste età ,


tra i tanti popoli de'tempi di mezzo , e tra alcune ancora d'oggi-
dì, in mezzo di tutte queste insieme , è già molti secoli , che sopra
di un castello posto a cavaliere d'una ridentissima costiera che
50 -

si specchia sulla più limpida ed azzurra marina del reame di Na-


poli , vi nacque un uomo il cui mandato dall'alto, venuto in lui
con la scintilla del genio , era di recare e nel progresso sempre

avanzante delle fisiche scienze , e della navigazione in particola-


re, il maggiore degli slanci , e de'progressi ; nel dar così ad un
brano di marini coraggiosi ed intraprendenti, suoi concittadini ,
una di quelle glorie, le più giuste e durature cui antichissime e
potenti nazioni , uomini e popoli han incessantemente ambito d'ar-
rogarsi.
Questo uomo di Genio, fu Flavio Gioia, cui debbesi l'invenzione
della bussola, a gran decoro degli Amalfitani , suoi concittadini .
Su di un tal nome elevansi le idee di letterati non pochi del
nostro paese, che tratti dall' amor giusto e santo del patrio suolo ,
han cercato a tutto potere di confermarle , fondandosi sopra argo-
menti più o meno verisimili , per giungere a dimostrare che la
invenzione della bussola debbasi all' Amalfitano Gioia . Nonchè
autori stranieri sieno mancati che ugualmente avessero avvi-
sato di pensare e scrivere . Tra i primi intanto che si hanno
assunto questo lodevole incarico , và annoverato in primo luogo
il chiarissimo avvocato Napoletano Antonio Grimaldi , il quale con
nna eruditissima dissertazione , inserita negli Atti dell'accademia
di Cortona, rassegna quanti argomenti può e sa , per giungere a
dichiarare Flavio Gioia inventore della bussola . E quì, come da

principio ho accennato , che mio pensiero è di esporre succinta-


mente, quanto ogni autore su questo argomento abbia scritto ; co-
sì accennerò quanto il Grimaldi , come uno de'primi e più valen-
ti sostenitori della Gloria amalfitana , abbia pensato .
Alla sua dissertazione fà da introduzione in poche parole sul-

l'origine delle prime navi , e della navigazione ; poi de'primitivi


navigatori e dei nomi di essi che si contengono sotto i miti del-
la favola; e chiude questa specie d'introduzione con delle ricer-
che , per scorgere a qual nazione potrebbe darsi la preferenza di
essersi data la prima alla navigazione .
In seguito vienè a confutare tutte le opinioni a favore di tut-
51

t'i popoli dell' antichità , che vorrebbero arrogarsi la invenzione


della bussola.

Dopo di che passa a parlare di tutte le probabilità , anzi della


salda pruova, a favore dell'Amalfitano , scrivendo :
I. » Dal che all'incontro ne sorge una chiara pruova a favore
>> del mio sentimento , che Flavio Gioia nel Castello di Positano
>> in Amalfi , abbia intorno al 1300 , inventata la bussola , poichè
>> gli Storici di detto tempo comunemente danno a lui la glo-
» ria d'una tale invenzione ; oltre di che questa non gliel'ha ne-
» gata la miglior parte degli autori , ancorchè oltramontani , che
>> hanno scritto della Calamita e della bussola: onde per avvaler-

» mi del sentimento di Giorgio Paschio , questa è la più sincera


» e comune opinione >> .

II. Indi egli dichiara, che gli Storici più celebri , e quei che
circa il tempo di Flavio Gioia vissero , e gli altri che dipoi fio-
rirono , comunemente il Gioia per inventore d'uno strumento co-
tanto utile attestano. Ed in comprova di ciò le autorità di tut-
t'i seguenti autori rassegna .
1. Antonio da Bologna (scrive il Grimaldi) , detto il Panormitano
che nacque nella Città di Palermo nel 1393 , e di poi si morì in
questa di Napoli nel 1471 , siccome rapporta Antonio Mongitore :
il quale scrivendo non molto tempo dopo che Flavio Gioia , nella
Città di Amalfi avesse inventato la bussola ; in un suo verso rap-

portato dal Paschio , in tal guisa una tal verità attesta: Prima de-
dit nautis usum magnetis Amalfis.
2. Il Guazzi autore molto antico , riferito da Ferdinando Ughelli ,
dà cotanto dovuta gloria a Flavio Gioia , come che dica per er-
rore Flavio Giosia.

2. Il padre Angelo della Noce , nelle note che fa alla celebre

Cronaca dell' Ostiense , riporta principalmente le parole di detto


Autore ; il quale scrive che Flavio Gioia fosse l' inventore della

Bussola ( Pyxis ) , stantechè prima di lui non era noto un tale


strumento, e la navigazione era cattiva ed infelice , e che non a-
vevano per dirigersi che l'Orsa Maggiore ; e che quando eravi
52 -

caligine , i naviganti il luogo ove fossero , non più conoscevano .


4. Bozio, riportato da Camillo Borrello ; il quale dice che in-
credibile è l'utilità dell'uso della Calamita, che fu ritrovato da Fla-
vio Gioia Amalfitano .

5. Giovanni Summonte , Luigi Contarini , istorico straniero , e


Scipione Mazzella, riportano lo stesso .
6.º » Lilio Gregorio Giraldi da Ferrara, la cui opera fu im-
>> pressa nel 1580 , dice doversi al Gioia l'invenzione di cotanto

>> utile strumento » e quì ne cita il passo il Grimaldi .


7.º Guglielmo Gilberto lo stesso eziandio afferma ; e qui ripor-
tatone il passo , aggiunge il Grimaldi » devesi nondimeno avver-
» tire che due abbagli prende questo autore , in cui altri inciam-
>> parono , equivocando Amalfi , per Melfi , e Flavio per Giovanni » .
8.º » Guido Panciroli, celebre autore , il medesimo sentimento
» espone, prendendo lo stesso errore degli altri .
9.º Il Padre Attanasio Kirkerio , da me altrove riportato , dopo
aver riferite le varie opinioni degli autori, intorno all'invenzione
della bussola, confessa che la gloria si debbe a Flavio Gioia .
10. L'erudito critico Arrigo Brekmanno , minutamente una ve-
rità cotanto certa sostiene ; e dopo d'aver riportato molti autori che
qui ho sopra citato , soggiunge una considerazione molto chiara:
» Ella si è che gli Amalfitani han per loro impresa una bus-
sola, in contrassegno d'averla Flavio Gioia, loro concittadino, inven-

tata : e quì ne cita il passo latino .


11. Guglielmo Dheram inglese, ad onta del suo amore pel pro-
prio paese , pure riporta le parole del Dottor Gilberto il quale
dice che i naviganti del Regno di Napoli furono i primi che
usarono la bussola ; dell'uso di questa istruiti da un certo Fla-
vio Gioia che visse nel 1300 .

Io qui poi ne ommetto molti altri, perchè con sì lunga ripeti-


zione arrecherei inutile noia al paziente lettore , se mi avrà segui-
to fin quà . Ma come ogni cosa terrena che ha principio , è forza
che abbia un fine ; così finirò con la conchiusione del Grimaldi

medesimo , ove scrive che essendo la sopracitata opinione soste-


53

nuta da tanti autori patrii e stranieri ; ed essendo le opinioni a

vantaggio degli altri popoli fondate in congetture più o meno fal-


se; così egli è di sentimento , se mai un amore troppo spinto e

giusto d'altra parte , pel proprio paese non lo ingannò , » di aver


>> con chiarezza addimostrato, che si dovrebbe a Flavio Gioia un'
>> invenzione cotanto utile alla navigazione , ed al commercio ;
» senza di che nè Vasco di Gama , nè Cristofaro Colombo , nè A-

>> merico Vespucci , nè tanti altri in seguito avrebbero potuto sco-


» prire tante vaste e ricche regioni , il di cui utile apportato non
>> evvi al certo chi non ravvisa »> .
Non facendo io qui seguire a tutti questi argomenti in vantag-
gio del Gioia , quei dei dotti che diversamente l'han pensato , a
riguardo del Gioia medesimo ; farei chiaro vedere al lettore ch'io
vorrei inorpellare la verità della storia dei fatti, occultandone quel
che contro di ciò , su tal subietto , da tanti uomini si è scritto , e
togliere implicitamente al lettore la coscienza di giudicarne da se .

E qui dunque il luogo, ov'è mi è dovere aggiungere le opinio-


ni de' su menzionati , addetti in contrario del Gioia.
Ma volendo ciò fare , altrettante pagine , che quelle qui da me

scritte , basterebbero all' uopo? Crediamo , o amico lettore , che più


anche del doppio non compirebbe la bisogna . Basta però farti co-
noscere che gli argomenti , le opinioni tutte , da tanti scritti, a fa-
vore delle altre nazioni , sono altrettante armi impugnate contro
la gloria del nostro Amalfitano ; e per dir tutto in uno , e dartene
una mostra , riporterò qui quanto scrisse il dottissimo Istorico

della Italica letteratura : il quale collo stabilire l'età del Gioia al


principio del XIV secolo , distrugge interamente la principale idea
del suo assunto , di essere cioè il Gioia l'inventore della busso-

la, poichè la medesima fino dalla metà del XIII secolo era già no-
ta per tutta Europa.
54

TEMPI DI MEZZO , DEL SECOLO XV,

ed in particolare de' Francesi

Le tante nazioni dell'antichità hanno preteso , fin da' tempi i più


remoti , aver diritto alla gloria della invenzione della Calamitata
bussola; quando è più ben naturale d'aspettarsi che nazioni ve-
nute di poi sulla scena del Mondo , come generazioni più a noi
vicine , lo hanno anche esse fastosamente ambito , inorgogliendosi
di una cotanto utile invenzione .

È quindi , che avendo io di già cennato le opinioni tutte deʼtanti


autori sui popoli delle vetuste età : venga qui sullo stesso tenore
esponendo quanto uomini , e popoli hanno pensato a prò e contra
di popoli più a noi vicini .
Come in parlare di un periodo de ' tempi andati , non v'è più si-
curo mezzo a non errare , che scorrere le pagine che di que'tem-
pi han ragionato, e su di esse studiare , investigare, ricavando quan-
to a ciascnn proposito si acconviene; è così che, percorrendo l'im-
mane complesso di tanti volumi , di cui si compone la nostra , e
straniera letteratura antica e moderna, lo stesso sia praticato .

È così che in essa i tanti eruditi che si han preso l'assunto di


vedere, presso qual popolo si trovasse pel primo menzione della
bussola, vi han rinvenuto non pochi e differenti passaggi , i quali
han poi dato ragione a'medesimi di credere , che ad un qualche
popolo , in preferenza di altri , si dovesse accordare la invenzione
di un tanto utile ed interessante strumento .

I. Ed in prima, passando oltre le opinioni di coloro che vor-


rebbero attribuire tale invenzione agli Inglesi , o ai Tedeschi , in

forza di ragioni mitologiche, ricavate dal radicale Box, (scattola)


nella parola bussola: troveremo che i Francesi , attaccandosi te-
nacemente ad alcuni versi attribuiti a Guyot di Provenza , secon-
55

do riporta il Montucla , pretendono di mostrare che ad essi si


deve una tale invenzione , o che alcuni la conoscevano , l'usavano

fin da quei tempi , fissandone l'epoca nel seguente modo . Guyot


di Provins visse nel secolo XII , poichè nell'anno 1187 trovava-
si in Magonza, alla Corte di Federico I. In tali versi la bussola

vien portata sotto il nome di Marinetta, come il lettore qui vede :

Icelle estoille ne se omuet :

Un art sont , qui mentir ne puet


Par vertù de la Marinette .

Così, conchiude il Montucla , è chiaro che i Francesi usarono


della Calamita fin dall'anno 1187, cioè nel secolo XII, sotto il no-
me di Marinetta .

II. Questi medesimi versi che convalidano l'opinione a favo-


re de' francesi, vengono riportati di nuovo dal Montucla ; ma at-
tribuiti invece ad Ugo di Berus , monaco al tempo del Re S. Lui-
gi, e che fiorì alla metà del secolo decimoterzo . Gli autori pe-
rò dell'Enciclopedia sono d'idea che i citati versi sono piuttosto
di Guyot di Provenza ; come nella medesima idea concorre anche
il Sabatier.

III. Fournier vien dopo di essi , e pubblica una lettera di un


anonimo di Ginevra, in cui tacciansi di errore tutte le parole de-

gli Enciclopedisti , perchè abbiano detto quei versi leggersi in un


romanzo , chiamato della Rosa , scritto da Guyot de Provenza ,
mentre essi si trovano in un altro più antico romanzo, il di cui
autore è Ugo di Barey , e da quel tempo si conosceva la ma-
rinetta .

VI. Dopo questo primo periodo , circa la conoscenza della bns-


sola presso i Francesi , e che da essi medesimi è stato tanto di-
scusso, circa l'epoca in cui trovasene parola la prima volta ; ne
troviam fatta menzione senza alcun dubbio da molti altri autori ,

tra i quali citerò Apollinare Sidonio , la geografia della Nubia ri-


riportata dal Fournier, Pietro Pellegrino , Cabeo, ed altri simili .
V. Il Fournier, quel dotto autore della Storia della marina Fran-
56 -

cese, e che delle cose di mare ha tanto scientemente scritto , an-

che dà la sua opinione a favore de'Francesi , scrivendo al pro-


posito dell'invenzione della bussola , che come gli argomenti che
ricavansi da monumenti , da'sepolcri , da medaglie ec . ec . sono
i più veridici ed autentici di quei che ricavansi dalle assertive di
autori , i quali facilmente possono ingannarsi , o per amore , o
per antipatia così è che, consultando le più antiche rose di ven-
ti , si veggono tutte fregiate da un giglio, ad uno degli estremi
dell'asse . Ora, come l'arma di Francia è un giglio ; così dalla Fran-
cia deve tenersi, esser venuta una tale invenzione , almeno in quan-
to al suo perfezionamento : altrimenti i Danesi , gli Alemanni ,
gl'Inglesi , e tanti altri avrebbero adottato un'arma Francese, a
preferenza di una delle loro? Dippiù, le parole Nord e Sud sono
anche francesi, trovandosi usate fin da'primi tempi di Carlo Ma-
gno . Perciò conchiude il Fournier , non ha potuto tampoco es-
sere un cotal Giovanni o Flavio Gioia nativo di Melphe , picco-
la città presso Salerno ; nè tanto meno è stato il viaggiatore Mar-
co Polo , poichè quando questi tornò dall'Asia , i Francesi l'aveva-
no già introdotto e servivansene .
VI. Scorsa questa Lacuna d'incertezza di dubbi e di contrad-
dizioni , tanto rilevanti ; si giunse ad un'epoca infine , in cui au-
tentiche chiare e valide testimonianze , debbono da noi ritenersi
come fatti . Una nelle quali si legge nella Storia Hierosolimitana
scritta dal Cardinale Iacopo di Vitry che morì nell'anno 1241
nella quale ei scrive : » Adamas in India reperitur . ... Fer-

>> rum occulta quadam naturâ ad se trahit. Acus ferrea , post-


>> quam ad adamantem contigerit, ad stellam septentrionalem ...
>> semper convertitur : unde valde necessarius est navigantibus
>> in mari .

Al quale proposito in vero si direbbe che il cardinale di Vi-


try, non conosceva bene la Storia naturale ; dal perchè attribui-
sce al diamante la virtù della Calamita : ma in qualsiasi modo
ei fissa la conoscenza della bussola, ci basta che sappia dichia-
rare, che ei ne scrive come di cosa nota , e di già in uso,
57

VII . E quì, oye mai sorgesse dubbio dell'identità tra le parole


Adamas quì sopra recata, e Calamita : farò osservare che infuori
che Beavais e Brunetto Latino l'hanno ugualmente chiamato , nel
medio Evo vero è in generale , che la parola Adamas fosse usata in
luogo dell'altra, Calamita ; e che poi tradotta, sia venuta diaman-
te. Ed io ho trovato questa transizione di Adamas, in magnes ,
o calamita nel seguente modo . Ducange fa derivare Adamas dal
verbo latino ad- amare , mentre Klaproth , riportandosi alla dotta
opinione di Charpentier che ha fatto il Supplemento al Ducange ,
scrive , vedersi esser la parola magnes, di origine francese, e non
greca; e che è vero in prima, che l'aimant ( Calamita ) dicevasi
adamas , che si chiamerebbe diamante ; e che l'uno e l'altro ,
vengono dal Verbo adamare .

VIII. II P. Riccioli è d'opinione che si può esser certo , che


ai tempi del Re S. Luigi conoscevasi in Europa l'ago Calami-
tato ( an. 1226 ) .
IX. Klaproth è quasi sicuro d' avvisarsi , che gli Europei in Pa-
lestina, ai tempi della prima Crociata, avessero appreso l'uso del-
la Bussola .

X. In Islanda era conosciuto l'ago Calamitato fin dall' anno


1148 , scrive il professore Kysten, poggiandosi a quanto leggeva

in un ragguaglio di Landnarnabok , parlando di Flocke Vilgedor-


son , che fu quello che scoprì l'Islanda per la terza volta nel-
1'868 , raccontando che il detto Flock condusse seco a bordo del

suo Legno tre corvi per servirgli di guida , poichè gli antichi
usavano tali uccelli in alto mare , facendoli volare di modo che
se essi ritornavano , si presumeva che non avevano questi sco-
perto alcuna terra : e se poi si allontanavano, essi gli seguivano :
per tal che Flock offrì, onde consacrare tali uccelli , un gran sa-
crifizio al Dio Smorzemi ; poichè a questa epoca i navigatori del-
le contrade Settentrionali non avevano ancora calamita . Dunque
si credè chiaro che Landuarnabock ed il suo secolo conosceva-
no nel Nord la Calamita . L'istesso Nisten confessa però che que-
4*
58

sto libro in cui n'è parola, fu rifatto nel XIII. secolo ; e quindi
potrebbe esservi una cosa aggiunta in tal epoca.
XI. L'erudito Klaproth , all' infuori de ' versi di Guyot e di Be-
rus , riporta questi altri di Gauthier d'Espinoy, canzoniere al tem-
po del Conte dl campagne , Thibond VI , che visse circa la metà

secolo XIII , per consolidare l'opinione che a quei giorni l'uso


della Calamita era comunissimo .

Tous autresi (1) come l'amante decoit, L'aiguilete (2)


A ma dame tol mont (3) etennue .
Qui sa beaute connait et apercoit.

XII. Ho già parlato de'due dotti domenicani che nella metà


del XIII. hanno scritto in più luoghi delle loro opere della Cala-
mita. L'uno è Alberto Magno , l'altro Vincenzo di Beanvais , i
quali entrambi parlano della proprietà di questa , di volgersi a
poli , citando quel tal passo di Aristotile , di che io a lungo ho di-
scorso : dal quale che che si dica , emerge chiaro che a quell'epo-
ca , era ben nota la calamita , quale che si fosse stato il suo con-
gegno . Quale mia opinione è appoggiata dal chiarissimo Tira-
boschi , citando un codice manoscritto dell'anno 1303. Nei qua-

li tempi ( scrive quel dotto ) , scrivendone coloro in buona fede ,


fa chiaro vedersi che ne parlavano , come di cosa conosciuta an-
ticamente , al secolo XIII.

XIII. Ove tali pruove non fossero sufficienti , a constare che a


tal epoca conoscevasi la bussola: mi fo a riportare quanto trovo
scritto nel tesoro di Ser Brunetto Latino , che visse nell'anno

1294 » Les gens qui nojent a celle du midy, et que ce soit la Ve-
ritè, prenez une pierre de yàmant , ce est calamite . Vous trouverez
qu'elle a deux faces: l'une git vers une tramontaine . Vers qui cet-

(1) Ainsi.
(2) Betvarne.
(3) Monde.
59 -

te face gisait, et pour ce seraient les mariniers decens , se ils ne pris-


sent garde: dalle quali parole, sebbene non molto tecniche , pure
è chiarissimo che a quella epoca , non era cosa affatto nuova l'ago
calamitato , e tutt'i suoi vantaggi per la marineria .

La confutazione di queste moltissime opinioni , a vantaggio dei


tempi di mezzo , non la trovo , che solo in quanto o riguarda al-
l'assurda pretensione de' Francesi , come gl'inventori , o perfezio-
natori di un tale istrumento , cioè :

Il Tiraboschi dapprima , non ammette come pruove valide in


fatto di cronologia le citazioni diverse riportate da' Francesi , per
farsene gl' inventori , in virtù dell'epoca in cui quei versi o i loro
autori fiorirono . Dal chè il detto Tiraboschi conchiude , scriven-
do >> Io prego i Francesi d'accordarsi prima tra loro intorno al-
» l'età in cui vissero questi autori e poeti , ed intorno ai loro
» nomi . In tanta discordanza di sentimenti , che cosa possiamo
>> far noi , se non aspettare che gli eruditi francesi stabiliscano fi-

» nalmente , di chi sieno quei versi , ed in qual tempo sieno


>> stati composti ? Ê allora che noi potremo giudicare in loro
>> riguardo . >>
II. L'altro argomento a favore de' Francesi , addotto dal Fou-
rier , in quanto al giglio sull'asse dell'ago (N.º V) trovasi ragio-
nevolmente combattuto dall'egregio Accademico , e degno nostro
concittadino ; la cui estesa erudizione , fa onore non men che a
lui, al nostro paese intero . Il decano de' nostri scienziati , Vincen-
zo de Ritis , infine , allegando il medesimo, come ragioni in con-
trario , che all'epoca degli Angoini in Napoli , tutte mercature ,
ornamenti e fregi , venivano decorati , a guisa di fiordaliso , arma
interamenti della casa di Angiò, dice che , come il gran perfezio-
namento, introdotto all' antica marinetta , fu giusto , durante la do-
minazione Angioina ; così quelle prime rose di venti , ornate si vi-
dero da quell'ornamento in voga.
MIA OPINIONE

Raggiunto il punto da cui era io partito , avendo cioè esposto


l'una dopo l'altra , per tutt'i popoli , le opinioni de'varî autori , che
a seconda della loro convinzione , o prevenzione , hanno scritto ,
pro o contra di quelli : così io dico , mi corre ora l'obbligo di
dare il mio giudizio , come già promisi .
Sia però ben persuaso il benigno lettore , che io non vi attac-
co alcuna pretensione , o predilezione, in quanto formerà discorso
del mio convincimento . Ma qualche siasi il valore del mio giu-
dizio in simile quistione ; pure io il farò, poggiandomi su di tre spe-
ciali ragioni .

La prima, per esser ligio a quanto promisi adempiere : la se-


conda, poichè ogni uomo che espone le opinioni altrui su qualche
punto controverso , e si leva fino a giudicarne del merito , gli
corre, io credo , scrupolosamente l'obbligo , di esporre in seguito
la sua , qualunque essa siasi , adducendo le ragioni che a quella
in preferenza di altre lo hanno condotto: e la terza , che tante
opinioni di uomini distintissimi , agitate e cribrate da altri , anche
di più valido ingegno , essendo state da me in queste poche pa-
gine poste a disamina , potran forse recar frutto ; se altri , più che
io nol sono , di vaglia e polso , giunga forse un giorno a porre
nella sua luce il vero ciò che , dopo il pensare di tanti preclari
ingegni , anche del debolissimo mio è stato l'obbietto .

EGIZIANI

Per quanto possiamo esser noi certi della civiltà in cui l'E-
gitto rattrovavasi fin dalle rimotissime età del mondo ; ciò non
62

ostante nulla havvi per noi di sicuro , da potere azzardarci ad


accordare una qualche gloria all'Egitto , in quanto alla invenzione
della Bussola , propriamente detta, sotto qualunque forma e manie-
ra. Mi conviene formalmente dichiarare in questo luogo , doversi
posare la nostra quistione sulla invenzione soltanto , o conoscenza
della Bussola , in riguardo agli Egiziani ; dapoichè per quanto ho
potuto trarre dalle opere dei più antichi autori , rilevo che un tal
esame deve logicamente aggirarsi sulla Bussola congegnata in
virtù di un indice calamitato . e non sulla semplice conoscenza
della calamita , o di alcun altra delle sue proprietà; potendo ben
io affermare che pochissime delle nazioni le più antiche ed anche
le più culte avessero interamente ignorato l'esistenza di essa. Que-
sta necessaria , e semplice distinzione ad un tempo , mi valga per
tutti quei popoli, de'quali quì n'è ragionamento .
In conferma di che , possiamo starci a quanto troviamo scritto
nelle opere del Sacerdote D'Eliopoli , il filosofo Manetone , il quale
viene anche citato da Plutarco nella sua opera d'Iside ed Osi-
ride: nella quale chiaramente è parola della proprietà della cala-
mita in verso al ferro , considerando la loro attrazione e repul-
sione, comechè si consideri un simbolo della composizione delle
forze in natura. Teoria che ho per esteso esposto nel numero 1 ,°
degli argomenti favorevoli .
D'altra parte, non venendo combattuta da alcun autore una tale

assertiva, almeno per quegli che io mi sappia; così posso in un


certo modo qui dire, che il popolo dell'Egitto aveva una chiara
idea della calamita , in quanto però io credo, riguarda la sua vir-
tù attrattiva , e non altro . Una volta posata così , senza prevenzione
alcuna, una tale conoscenza presso gli Egiziani ; parmi ben inu-
tile di ragionare o commentare tutto ciò che si è voluto dire con-
tro degli Egizii , sotto un tal rapporto ; come anche su qualche fa-
cile invenzione di taluni altri , di voler travedere , in mezzo dei
simboli dell'Egizia Teogonia , e dei suoi geroglifici , una chiara es-
pressione della conoscenza della bussola, presso di loro.
- 63 -

CINESI

In prima intendo quì fare alta protesta , in quanto che , ove le


mie ragioni mi facessero condurre il lettore a delle induzioni fa-
vorevoli pel popolo Cinese ; non perciò intendo înferire , nè punto
nè poco, che altri popoli abbiano dovuto da'Cinesi trarre le pri-
me nozioni della Calamita - Per diverse vie , sel sà ben ognuno ,

si giunge spesso allo stesso punto.


Dalle tante obbiezioni prò e contra, riguardo la conoscenza della
Bussola presso questo popolo , parmi risultare che la più rilevante
sia nell'ammettere che il loro Carro fosse stato magnetico , o no;

ed il dichiarare quale uso essi ne facevano .


In prima, è da tenersi per certo , che i Cinesi fin dai primi tem-
pi della loro civile costituzione , avevano conoscenza della po-
larità della pietra calamitata , e per autorità di Ludovico le Com-
pte , e del Professore d' Hager
- e di Klaproth, che ne fissano

l'epoca fin dal 700 anno dell'Era volgare , come leggesi negli An-
nali di Tehkin-thsang-Bhi .

Ma non perciò oso io neanche supporre che tale cognizione


li avesse menati a formarsi una Bussola in qualsiasi modo: pe-
rò ch'essi avessero avuto un carro sormontato da una statuetta ,

da un automa , avente proprietà di volgersi sopra mobile base


costantemente verso il mezzo dì , questo è un fatto che si è re-
so innegabile . Fatto ; di cui non possiamo punto dubitarne per la

contestazione di autorevoli scrittori e documenti ; e sopra ogni

altro , per l'autenticità irrefragabile degli Annali di Cheng-nosmg ,


terzo Imperatore , dei quali io riporterò all' ultimo di questo pa-
ragrafo , letterale traduzione , per veritiera e semplice conferma
di quanto ho qui asserito .
Le altre ragioni intanto, precennate a quest'ultima , sono :
Il passaggio degli Annali di Scing-King, che sono i meno fa-
volosi di ogni altro ; nel quale parlasi di due carri volgentisi al
mezzo dì , in uso presso i Cinesi .
64

La dottissima dissertazione del Klaproth , da me rapportata sot-

to il numero IX degli argomenti favorevoli a’Cinesi , nella quale


prima è parola della antichità , circa la conoscenza detta polarità
della Calamita presso di essi , e poì dell'applicazione che avevan
saputo farne nella costruzione di certi carri che si volgevano al
mezzo dì ; ed in ultimo la collezione di antichi disegni di cose
Cinesi, che tanto rigorosamente conservansi nei musei di Parigi
di Londra ed altrove.
Assodata una volta , almeno a mio credere , la esistenza di que-

sti carri , da epoche remotissime presso i Cinesi ; resta ad esami-


nare , s'erano essi magnetici oppur nò , tralasciando che bastereb-
be riposarsi su quanto ha scritto il dottissimo Klaproth a tal ri-
guardo , e da me riportato al N° X (arg: fav:) , dal che chiara-
mente emerge , che i Cinesi , conosciuta , per essi i primi la po-
larità della Calamita , costrussero dei carri magnetici , sorregenti
delle statuette le quali , mercè un pezzo di Calamita, che aveva-
no nascosto verso la mano , additarono la banda del mezzo dì.
Ciò non ostante, pure voglio venire ad una critica disamina .

Tutti gli oppositori dei Cinesi , e Tiraboschi , e gl'Enciclopedisti


Inglesi , ed Andres, e Signorelli , ed altri senza numero , si sfor-
zano a dire , e a gridar forte , che ancorchè avessero avuto i Cine-
si un carro , una bussola ; e che si fosse lungi dal considerarsi
un tal loro congegno , come dotato dalla proprietà magnetica , do-
vendosi invece soltanto tenere come il risultato del ciarlatanismo ,

combinato in un empiastro di materie le più strane . Del quale


empiastro in prima ne ho riportato letteralmente la composizio-
ne, acciò il lettore sia anche egli nel grado di giudicare su quan-
to io vado ad osservare .

Ed in prima osserverei , che se un tal empiastro sembra esse-


re composto di materie le più strane e inconcludenti ; pur non-
dimeno , chi ci assicura che una tale limatura che in essa in gran
parte vi si contiene , non sia stata precedentemente magnetizzata
e quindi divenuta anche essa una calamita pura e semplice , ac-
quistandone tutte le proprietà di cui essa è capace ? ma che poi
65

i Cinesi , volendo dare del prestigio e del meraviglioso ad ogni


loro cosa, e specialmente a questo istrumento , non avessero i lo-
ro dotti una cotal miscela inventata ? Fatto che trova una con-

ferma in quello che scrive il Professore Hager , cioè , che anche


oggidì nell'attual bussola che discende ad un'epoca ben più il-
luminata di quella ; eppure trovavisi disegnata e rappresentata
l'intera loro mitologia , il Cielo , le stelle , gli elementi ; uno e-
stratto infine della loro scienza magica e astronomica: son cose
tutte che vengono convalidate da quanto scrissero gli autori della
Storia Universale , da me riportate al N° XIV degli argomenti
contrarii , ove è parola de'profumi , degl'incensi e delle vivande
che regalano la loro bussola , quale oggetto idolatrato . Dal che
tutto insieme io conchiudo , essere ben naturale d'ammettere che
i Cinesi , essendo propensi tanto pel prestigioso e lo straordinario ,
non contentandosi , che una sostanza semplice e grezza contenesse
sì rilevante proprietà , la loro fantasia l'abbia voluto unire e com-
porre con delle altre le più disparate e stranissime , senza però
d'altronde alterare menomamente le proprietà della principale
sostanza .

In secondo luogo , chi si fermasse attentamente a leggere l'ul-


time parole della relazione sulla natura di questo empiastro , tan-
to malmenato , e deriso, farebbe meco la seconda osservazione ; e

precisamente , là dove leggesi che in questo empiastro intingono


poi un mazzetto di venti o trenta aghi , i quali vengono poi ri-
scaldati in un fornello, e quindi applicati per alcuni giorni all'im-
mediato contatto della carne umana . E così viene comunicato a

ciascuno di questi aghi la virtù di mostrare la direzione dei poli .


Ora chi può assicurarci , che tutte queste sostanze insieme com-
binate , e che oggi a noi sembrano stranissime e ridicole , non aves-
sero avuto virtù di animalizzare il ferro , col quale trovavansi com-
binate; e che anzi lo stesso , invece di trovarsi in un pezzo solo ,
erà ridotto in finissima polvere, per vie meglio acquistare la pro-
prietà delle congiunte sostanze ? E l'animalizzare il ferro tro-
vo anzi che sia stata una condizione necessaria per porsi in ma-
5
- 66 -

gnetico contatto con la carne umana , e da essi in fine acquista-


re le proprietà di una sostanza magnetica. Chè al certo , non vi
ha chi pone oggi più in dubbio la virtù communicativa del flui-

do magnetico tra due sostanze animali o animalizzate ( 1 ) .


E così , che a qualunque di queste due supposizioni volessimo
attenerci , parmi dover risultare che questi aghi presso i Cinesi
erano puramente e semplicemente magnetici , anche in virtù di
questo impiastro da loro adottato : ove non si voglia ritenere , co-
me ben meglio sarebbe , che questi aghi o questa statuetta fos-
sero magnetizzati con la semplice e naturale calamita.
Chè poi, come ha voluto sostenere il Signorelli , non vi sia af-
fatto relazione tra il carro Cinese e l'attual bussola Europea ; io
lo trovo essenzialmente illogico e fuori senso .
Dappoichè, qual'è il congegno del carro ? Un fantoccio , una
piccola massa movibile su di un perno , avendo la libertà di di-
rigersi con un suo estremo verso uno dei Poli della Terra . Qual
è il meccanismo della bussola attuale ? Quello di un asse me-
tallico , libero nel suo centro di dirigersi con le sue punte ver-
so uno dei due poli : dunque tanto il fantoccio che la spranga ,
hanno entrambi la libertà di muoversi e dirigersi verso di un

punto della Terra , come sempre hanno praticato ; che poi il pri-
mo si reggesse su di un carro , ed il secondo sia racchiuso in una

galante scatoletta di metallo , pure uno è il principio , uno è il


meccanismo guardato in grande proporzione ; uno è infine lo sco-
po cui veniva destinato . Adunque parmi essersi dimostrato , avere
i Cinesi posseduto una bussola prima di ogni altro popolo , e che
questa era naturalmente magnetica.
Non resta ora a risolvere della primitiva quistione , fuor che ,
quale uso sapevano trarre i Cinesi da cotesta bussola o carro?

(1) Possiamo, d'altronde esser certi che in Germania ed in Francia , ove questa
branca delle fisiche scienze è maggiormente e più dottamente coltivata , siasi per-
venuto, mercè un processo di poco dissimile da questo antichissimo cinese , qui su ri-
portato , a magnetizzare qualunque ferro o altra materia , anche la meno dotata na-
turalmente delle proprietà magnetiche.
67

Egli è vero che il Plinio Francese , Mairan , e Signorelli, come


leggesi nei nameri IV. V. e VIII , sostengono che i Cinesi , mai
abbiano saputo scostarsi dalla Terra , nè dirigersi da un punto
ad un altro , se non che costeggiando , o seguendo il corso dei lo-
ro fiumi . Il Professore Hager ha preteso difendere i Cinesi , co-
me si osserva nel numero XI , degl'argom . favorevoli , attribuendo

alla cattiva costruzione delle loro navi l'impossibilità di lunghi


viaggi ; e che il Signorelli pretende sciogliere tal quistione col
dire, se navi mal costrutte gl'impedivano di viaggiare , l'avesse-
ro migliorate . Gran bella idea ! quante volte ci avvertiamo della
imperfezione dei nostri mezzi , senza senza saperli migliorare !
gran bella umana condizione sarebbe , conoscendo un male , ap-
porvi sempre il suo rimedio ! E poi , quello che più calza , che
se neanche i Cinesi siano giunti a manovrare un legno conve-

nevolmente : come è da pretendersi che i medesimi avessero mi-


gliorato una costruzione in una epoca tanto remota , ed in cui
le arti vaggivano ancora bambine per tutti ?
Egli è perciò più naturale attenerci a quanto troviamo scritto ;
che l'uso della bussola presso i Cinesi era solamente per Terra,
adattato su di un carro , del quale se ne servivano pei loro viag-
gi nei deserti ; e ciò appoggiato a validi documenti che qui inseri-
sco , come promisi , tratti dagli Annali , sotto Cheng-nomag — 3.º
Imperatore , l'anno del mondo 1695 , secondo il P. Foresti , e che
ora sono in originale in mio potere , mercè l' affabile cortesia dei
Padri Cinesi . Il primo è un passaggio in cui vien descritta la mor-
te di Chi-yeon, ribellatosi contro il suo imperatore Yen-ti . Quale
periodo, tradotto letteralmente da' prelodati Padri Cinesi , suona
così :

« In quel frangente , Hien-ynen figlio di un Re feudatario, di poi


succedette a Yen-ti , sotto il nome Hoang-ti , mossosi a pietà del suo

imperatore , raduna i suoi , le armate degli altri Re feudatarî ,


ed assalisce Chy-yon nelle terre di Icho-lu . Questi , per confon-
dere le tante nemiche armate , oscura maggiormente il Cielo di

fosche nubi ; le armate infatti si sparpagliarono e si smarrirono .


- 68 -

Allora fu che Hien-ynen, il suddetto feudatario , inventò e riuscì


a costruire delle bussole rivongentisi verso il mezzodì , mercè le
quali, messe su carri da guerra , si liberarono tutti da' prestigi del
loro nemico , che fu preso ed ucciso .
La seconda e più valida pruova , che qui trascrivo , concernen-
do la costruzione dell'antica bussola Cinese , tradotta del pari ,
è la seguente ,
<< La pietra tshe ha leggiera la sua lanugine ; la pietra tshe, es-
>> sendo scabrosa la sua superficie , può attrarre e ritenere il fer-
>> ro ; per il che vien volgarmente chiamata hie thiene-che , va-

>> le a dire pietra assorbente del ferro . » La pietra hiueng è una


specie di quella tshe , ma essa è di colore nero ,
» La punta del ferro aguzzata sulla pietra tshe, riguarda il mez-
>> zodì ; ma non mai perfettamente , poichè s' inclina sempre un
>> poco al levante . Il modo si è , di prendere un filo di nuovo
>> drappo , e con tanto di cera , quanto una mezza sementa di

>> senape, legarlo alla metà del ferro : sospendasi quindi in un


luogo nemico a'venti ; ed allora la punta di quell'ago messo a
>> traverso, rivolgesi sempre verso il mezzodì .

Il terzo argomento che qui riporto, è uno estratto dagli Annali


sotto Teheng-wang, terzo Imperatore della dinastia Teheon , l'an-
no del mondo 2885, secondo l'accennato padre Foresti . Le se-
guenti linee trovansi in quel capitolo, dove vien narrato l'atto
di adorazione fatto da Hing-tehang a quell'imperatore . >> I tredici

>> messaggi si smarrirono per la strada : ciò saputosi da Teheon-


» honug, loro regalò un carro costruito in tal modo che riguar-
» dava sempre il mezzogiorno . Questo carro sempre gli prece-
» dette , e li condusse alla patria . >>
Parmi adunque aver esposti argomenti tali e di una solidità
immensa , cui ceder dee qual siasi ragionamento ; tanto più che
contro di essi nulla mai varrà il discettare ; dappoichè, come os-

serva quel sommo critico Francese , vale molto più la semplice e-


sposizione di un fatto , che un volume di ragionamenti .
69

Egli è perciò, che arrestandomi a questo punto, e data come mi


corre l'obbligo, la mia opinione : lascio all'amico letterato la cura
e la coscienza di giudicare su quanto pensai e scrissi.

EBREI.

Entrare in una disamina storica, non altro avendo per guida

che la ragione filosofica , e sforzandoci d'aver per iscopo il solo


vero storico , conforme a ciò che quel dotto nostro storico filosofo
insegnava ; e lasciando , io soggiungo , ogni riguardo ogni pre-
venzione: non significa nè punto nè poco voler denigrare , in me-
noma parte o addentare in qualsiasi modo, la vetustà , la stima ,
la gloria d'una nazione , o d'un individuo qualunque .
E dovendo qui ragionar intanto , di questa nazione , la prima
che ci appare a rappresentar l'umana razza ; di questa nazione ,
cui il Supremo Fattore istesso si benignava rivelarne l'origine e
le prime sue gesta ; di questa nazione infine , dalla quale nacque
quanto abbiamo di più sacro , di più prezioso : non ho creduto
del tutto estraneo qui premettere queste pochissime mie parole,
in protesta di quanto di essa sarò per dire .
In quanto alla istruzione e scientifiche conoscenze ; gli Ebrei
non ci danno argomenti tali, da poter far nascere la probabilità
che qualche nozione avessero potuto aver della bussola .
Almeno, per quanto nelle sacre carte leggiamo , e per quanti
altri autori profani avessi potuto riscontrare ; nulla favorevole ad
una tal nazione io trovo infatti d'ingegno e di scientifico, meno
qualche conoscenza nelle arti, assai imperfettamente . Quindi per
induzione di analogia , non v' ha nulla di favorevole per gli
Ebrei.

Le sole probabilità storiche, da cui vorrebbero desumere qual-


che cosa di certo e Levinio Lennio, e Fallero , e Giovanni Pineda ,
e molti altri ; sino le conoscenze profonde di cui era pieno il
― 70

più sapiente uomo di quella nazione , il Re Salomone : ma nes-


sun documento storico in tutto questo ; oltre la smania di voler
pescar l'uso della bussola in mezzo della gente Ebrea. Altro fon-
damento di ragioni, come a suo luogo il lettore ha già visto , è
pei propugnatori di questa opinione , la estesa ( e controversa
insieme) navigazione degli Ebrei fino ad Ofir , fino all'America ec .

Viaggio messo ad esame , se vogliamo , anche troppo sofistico e


noioso .

Ma da tutto ciò, e da altre mille simili ragioni havvi mai niente


di storico, in quanto alla bussola , o qualche documento che possa
farci balenare una tale conoscenza, appo gli Ebrei ?
Certo di nò, potrà ben dirsi .
Per tanto, fino a che non sorga un qualche ingegno del mio più
forte , che penetrando a traverso il velame delle passate età, vi
sappia scrutare ardito, e trarne valevoli e nuovi argomenti, in con-
valida di quanto si piace da tanti asserire ; io per me m'accon-
tenterò ripetere col Grimaldi ; che benchè » sieno molte le opi-
» nioni intorno agli Ebrei ; niente » si può desumere di certo
>> poichè gli stessi autori che ha voluto che tali navi fossero

>> andate nelle più lontane regioni , non si sono sognati però di
» dire giammai , che si fossero i di loro conduttori guidati col-
» la bussola.

FENICI , TIRI , E CARTAGINESI.

Ecco presentarsi al nostro esame popoli antichissimi, del pari


degli Ebrei ; ma navigatori e commercianti , padroni insieme dei
mari assai più di quelli . Al certo , ricchezza , fasto , città costrui-
te infin l'attestano : eppure, ad onta di tutto ciò, quanto scarse, fal-
laci , e poche pruove abbiam noi, per poter una tal nazione piaz-
zare tra quelle che han qualche giusto titolo alla gloria di una
tale invenzione?
- 71 -

È un indubitabil fatto, in quanto alla estesa e cospicua navi-


gazione di essi, che pei mari esercitavano : ma , come per gli E-
brei già fui costretto a dire, ripeter debbo questa fiata pei Fe-
nicî ancora .

È pur vero , che di tutto ciò , e di altre mille simili ragioni,


non avvi mai niente di storico, in quanto alla bussola , o qualche
documento almeno che possa farci balenare alla mente l'idea di
una tal conoscenza presso di loro .

ARABI.

Sugli Arabi, non meno che su’Cinesi, è un indubitabil fatto che

le dispute più accanite , le investigazioni più accurate si sono


mai sempre agitate da uomini i più chiari e più distinti nel-
la Repubblica letteraria . Egli è perciò, che il lettore permetterà
che anche io mi distenda un pò più del solito a ragionar su le
probabilità che una tale nazione assista , circa l'invenzione in

parola .
E volendo ordinatamente ed a seconda del modo con cui le

opinioni altrui già io esposi , rispondere e dare il mio parere :


incomincerò dall'osservare dapprima che le ragioni fondamentali
su di che istallar vogliono la preminenza a cui può aspirare l'A-
raba nazione , sono da'principali sostenitori di questa gloria svol-
te, come il lettore ha letto nei numeri I. II. III. IV. V. e tutte

quasi ad un modo , fondate sulle stesse e profonde conoscenze


della dottrina ed immenso studio che gli Arabi in quei tempi
di tenebre ed ignoranza, soli professavano . Di che all'opposto
in seguito, il Signorelli cerca a tutt'uomo di confutare, non poten-
do però , a dire il vero , che restringersi a dubitare che gli
Arabi, ad onta della riconosciuta loro supremazia in tutte le scien-
ze fisiche : pure, non trovandosene neanche una linea ne'codici del-
la biblioteca dell' Escuriale, potrebbe ben esser avvenuto che i
72

medesimi non avessero cooperato nè punto nè poco ad una tale


scoverta.

Per noi questa fiata ci è facile persuadere e convincere, quan-


ta probabilità mai accompagna l'Araba nazione . E ciò , in due
modi che mi riserbo svolgere all'ultimo , insieme ad altre mie idee,
in confutazione dei seguenti dispareri di diversi autori . Mentre
intanto qui mi piace presentare, per comodo del lettore, la qui-
stione in un sol quadro , in poche linee forti e marcate , per mi-
gliori forme risultare la opposizione ; così , dopo la riferita impo-
nente mostra dell'Araba letteratura, si fa capo all'altra prova , co-

me scorgesi nel N.º VI , di un libro , attribuito ad Aristotile ; ma


che sostiensi essere un'opera di Arabo autore . Opinione soste-
nuta dal Padre Cabbeo al N. ° VII , trattato De magnete.
E che a sua volta cerca convalidare il Tiraboschi nel N.º VHI

così delle voci radicali Zoron ed Afron, volendoli derivare dal-


l'Arabo , a cui subito dopo , il Padre Andres cerca nel N. ° IX
di dimostrare, quante sieno logiche , e grammaticali tali conget-
ture , ed alle quali opinioni vi si tiene inseguito saldamente del
pari il Falconet , come è accennato al N. ° X. Tutte queste opi-
nioni poi, veggonsi oppugnate da molti autori e dal Signorelli alla
testa, sostenendo che una tale opera, meno che agli Arabi, a più
buon diritto deve ritenersi, come opera Greca . Quale opinione vie-
ne raccomandata ai lunghi e forti argomenti che in parte nei N.
II . III , IV. degli argomenti contrarii, sono da me rapportati.
Propugnatori degli Arabi , dopo i due dotti Gesuiti , l'Hager ,
ed il Falconet, si presenta il profondo filosofo Klaproth , il quale
ragionando assai validamente, combatte la causa degli Arabi con
studiate ragioni , e storici documenti che compendiatamente ho
esposto ai N. XI . XII . per dare una chiara idea al lettore dello
scientifico , e sociale che in quei tempi gli Arabi occupavano. In
appoggio di che un'altro argomento negativo in conferma ce la
forniscono tutti gli oppositori (posteriori al Klaproth) col loro si-
lenzio .

Segue a dimostrare una tale probabilità , a favore degli Arabi


73

nel N.º XIII il Professore di lingue orientali 1. ° nel dire che


nell'opera di Eben Iunis non si fa parola della bussola , per-
chè tengasi come già ben nota . 2.º Perchè Polidoro Virgilio , nel-
la sua opera delle invenzioni , non parla affatto della bussola , e

3.º Perchè egli , nel Lexicon Turchesco, Arabo e Persiano trova


ben chiaro la parola bussola , sotto il nome Hillynunna ; ma
però Buffon , Renaudot , ed il dottissimo Robertson, sono nello sta-
to di confessare , che , benchè versati nell'araba letteratura , pure
non hanno mai rinvenuto , nè in qualsiasi opera Araba , nè nel
Lessico Arabo Turco e Persiano , su citato , alcuna parola che
riveli l'uso della bussola, presso quei popoli ; nè tampoco dover-
si a loro una simile invenzione : tanto vero che i medesimi ser-

vonsi della parola tutta Italiana , bussola . Eppure questa obbiezio-


ne, contro degli Italiani , ci vien fatta da un italiano ( il dotto Stra-
tico ) , mentre dobbiamo ad un inglese le parole anzi addotte , fa-
vorevoli all' Italia ,

Il Signorelli sostiene un'eguale opinione, poggiando la sua idea


sulla mancanza totale che hanno gli Arabi di una tal parola .
In ultimo nei N. XIV e XV svolgonsi distesamente altre ra-
gioni della quasi certezza sugli Arabi, addotte dal Tiraboschi e
dall' Andres , che essendo sparse di storiche tradizioni , malamen-
te in iscorcio qui presenterei , ed alle quali trovo opposizioni
mosse dal P. Collina , nel sostenere che una cotal pretesa domi-
nazione non fu esercitata dagli Arabi , che solo dopo essersi in
Europa intera di già diffuso l'uso della bussola . Scorsi così di

volo gli argomenti , pro e contra d'una tal nazione : fo quì av-
vertire al lettore , che le indagini , i giudizî di analogia , le lon-
tane supposizioni non entreranno al certo in ciò che formerà ba-
se del mio parere ; poichè il far ciò non sarebbe che alle tan-
te altrui supposizioni aggiungere anche le mie . Egli è quindi , ben-
chè sieno esse scarse , sieno poche ; io non mi starò che alle pro-
ve di fatti , circa quanto occorremi a produrre il mio parere .

Che un rispettabile corpo di opere Arabe, sì ben custodite nel-


la real Biblioteca dell' Escuriale , attestino lucidamente la gloria
5*
---- 74

scientifica , a cui può aver ben diritto l' Araba Nazione , è una
prova talmente incontrastabile, che io non saprei come dubitarne .
Non vi fu ramo di letteratura , di scienza o di arte che gli
Arabi non avessero estesamente coltivato . Fin da quando compar-

ve l'Islanismo , essi già possedevano una splendida letteratura e


una completa istituzione scientifica , e tale che sola l'Araba sa-
pienza potè la prima opporsi alla crescente invasione delle dot-
trine di Maometto . Le opere di Ali-Aba-Taleb , di Abu-Alasua-
deo , di Ebu-Alhageb , e di altri molti , in quanto agli studi filo-
logici, le opere di Vake , di Abu-Abdalla , di Atir Azzedi, di Ba-
rih di Duttabi e cento altri , in prova degli estesissimi loro studì

sulla storia le opere di tanti altri illustri scrittori arabi si ci-
tano con lode nelle altre facoltà diverse , specialmente nelle scien-
ze fisiche e matematiche , applicate ai principali usi della vita.
Nè mancano , tra tanti scritti degli Arabi autori , superstiti in quel
copioso tesoro , in conferma delle loro conoscenze sulle scienze
naturali , fisiche e Mediche ; nonchè le opere di tant' illustri uo-
mini che versaronsi nelle matematiche discipline , e quanto altro
qui taccio : lo che forma un complesso tale di prove , da poter ben
dire che l'occidente deve all'oriente quanto mai in quei tempi

di cognizioni possedeva, in virtù di quanto gli arabi importarono


nel progresso dello scibile umano .
L'occidente deve ad essi la conservazione , e le prime cogni-

zioni della maggior parte dei monumenti dell'antica sapienza Gre-


ca e Romana , dalle reliquie dei quali germogliarono le scien-
ze fisiche e matematiche . Deve ad essi del pari la celebrità di
quei pochi uomini che fra le tenebre di quell ' epoca risplende-
rono , fra i quali un Ruggiero Bacone che aveva a gloria di te-
nersi, come scolaro degli Arabi : devesi ad essi infine , senza il-
lusione , l'introduzione della carta , della polvere , della busso-
la ; forse anche pur di essi è parola , l'arte nautica ridotta a prin-
cipî matematici ; come anche forse l'uso del pendolo per la mi-
sura del tempo , l'attrazione nevvtoniana . I molini a vento , l'ar-
te di fabbricare i tappeti , insegnata ai Franchi , l'uso della ce-
- 75

ra mostrata ai Veneziani , lo zucchero in canna, la clepsidra che


poi con modifiche successive , si tramutò nella forma degli oro-
logi , che si videro introdotti dagli Arabi in Europa , verso il se-
colo XIII , gli osservatorî astronomici , i collegî di educazione ,
le accademie letterarie e scientifiche : sono questi trovati tutti ,
e vantaggi che l'Europa ed il mondo intero dall'Araba gente ri-

peterà sempre con riconoscenza . Questo non pertanto imponente


irrefragabile attestato dell' Araba civiltà e scientifica suprema-
zia , non diviene nel caso mio un testimone di fatto , mercè il qua-
le io potessi condurmi alla conseguenza che una tale invenzione
debbe ad essi attribuirsi? 1.º perchè un giudizio di probabilità e

di analogia, come piacerà chiamarlo , non si eleva per me fino


alla certezza di una prova di fatto .
2.º La contraddizione in cui trovansi i due propugnatori degli
Arabi , l' Andres e l' Hager -il primo col dire che la prima vol-
ta che trovasi menzione della calamita , sia nelle tavole Kachmi-

tes di Ebn-Junis autore del secolo XI , come ho riportato nel N. V.


mentre il 2.º, versato in quella lingua , assicura al N. XIII . che
nell'opera del detto Junis non ne sia affatto parola . Tali elemen-
ti , sì divergenti or dunque tra loro , potran mai formar la base di
un fatto tanto rilevante ?

Egli è per ciò, che per me non potrò conchiudere, che coll'u-
nirmi al nostro Signorelli , cioè di esser ben certo che gli Ara-
bi siano stati i più gradi filosofi del mondo ; senza però che per
questo potrassi conchiudere , che avranno cooperato ad una tale
scoverta, nè punto nè poco .

Circa alla autenticità in seguito dell'opera de Lapide , attribui-


ta ad Aristotile ; ma che si vorrebbe non essere che una tradu-
zione Araba : io oso produrre le seguenti osservazioni in contra-
rio . Tutte le induzioni dei difensori , in quanto a quest' opera ;
non sono fondate che sull' asserzione di Alberto Magno , il qua-

le , sia detto ad onore del vero , era del tutto ignaro del libro
che prendeva a giudicare , com'egli stesso confessa . D'altronde
chi può mai ignorare che gli Arabi , amanti , com'erano di ac-
- 76 —

crescere le loro cognizioni, non abbiano trasportato nel loro idio-


ma tutte le opere di Aristotile che lor capitaron man mano? Ed
in ultimo , ove fosse da porsi in dubbio come si è preteso , se
avesse Aristotile scritto una tale opera ; io potrò bene assicura-
re il lettore che fu ben Aristotile l'autore di un' opera che avea
per titolo ( De Lapide ) , come ci viene assicurato da Diogene
Laerzio . Perciò , io conchiudo da ciò , che una tale opera può ben

esser d' Aristotile, e poi tradotta in arabo , come oggidì si trova.


In quanto a me , per torre via ogni discussione , di cui non ne so-
no affatto vago , mi limiterò ad esporre , che l'Autore Arabo il più
antico , presso cui trovasi parola della calamita , è un certo Bai-
laknel-Kaptachaki , vale a dire nativo di IIaptachak , che ha scrit-
to nell'anno 684 dell'Egira ( 1282 di G. C. ) , al Cairo in Egitto, un
Trattato sulle pietre e i minerali , del quale ne esiste un mano-
scritto nella Imperial Biblioteca a Parigi. Il passo , relativo all'uso
della Bussola , è stato pubblicato in Arabo e Francese dal Klaprott;
ed io l'ho riportato al N. XI degli argomenti favorevoli .
Questo è l'unico, ed il primo punto certo, da cui ci è lecito
partire , per stabilire la conoscenza effettiva della Bussola , presso
gli Arabi .

L'ultimo e più ragionevole argomento che Tiraboschi , Andres ,


Hager, e loro alleati , pongono in campo, a comprovare la gloria di
preminenza per gli Arabi, vien poggiato sulla vasta dominazione
degli Arabi sui punti più lontani del globo ; e che arditamente com-
municavano tra questi , da padroni assoluti , e da audaci marini,
percorrendo la immensa vastità dei mari .
Egli è per qual siasi uomo versato nella storia delle vicende del-

le passate nazioni , un fatto questo troppo vero incontrastabile , e


comprovato dalla parlante imponenza dei monumenti , esistenti an-
cora che ricordano appieno , l' araba dominazione d'esser giun-
ta nei bassi tempi , a distendersi su tutti i punti del mondo cono-
sciuto di allora. Ognuno sentiva il peso di tutti questi dominato-
ri ; come bensì ognuno , anche non volendo , fruiva dei vantaggi del-
la loro civiltà . Ciò fermo , ha dovuto esser per essi un bisogno a-
77

dunque il darsi a lunghissime e difficili navigazioni , come lo


prova benanche il fatto di Vasco di Gama , il quale superato il
Capo di Buona Speranza , ed entrato il primo in quei mari, trovò
che i Piloti Arabi servivansi già hene delle carte marine , e del-
l'ago calamitato l'anno 1290 ; e che anzi il medesimo si servì
degli stessi Piloti , per scorrere le Indie .
Dippiù aggiungo, che trovò esistere nella Biblioteca del Vaticano

un antichissimo Geografo della Nubbia , anteriore assai di Kaptte


Kackimed , nel quale si descrive il modo con cui si servono gli
Arabi dell'ago calamitato , per la navigazione . Il di cui autore
secondo scrive egli stesso, visse ai tempi di Ruggiero , di quel
Ruggiero che conqnistò Tripoli , e che per me sta , non poter es-
sere altro che Ruggiero primo , il quale fece tale conquista : ma
come costui morì l'anno 1151 ; così ecco nozioni della Bussola
tra gli Arabi fin da quel tempo .
Ora, riunite queste ultime prove incontrastabili di fatto , mi si
permetta alla mia volta una sola supposizione , la quale nel tempo
istesso , per non più dilungarmi in ulteriori dispute , porrò io qui
come conchiusione della mia opinione .
A fronte di sì ardimentosi tragitti , e difficili traversate ; assi-
stiti d'altra parte da una civiltà che illuminava il sentiero delle
più dotte scienze , ed utili ritrovati ; può mai supporsi che que-
sti uomini arditi e baldi non fosser diretti che dal semplice ca-
so? io per me , son ben lungi dal supporlo : e ritengo all'opposto
che uomini siffatti , a forza d'investigazioni , poterono forse i pri-
mi penetrare nei segreti della natura , ed impadronirsi di essi , giu-
gnendo i primi a porre in luce la importante scoverta della cala-
mita , fin da quando i loro dominî al bisogno congiunti , ed as-
sistiti da un crescente sviluppo intellettuale , si videro spinti a
solcare l'Oceano da per ogni verso.

Non sono però , in menoma parte , nell'idea d'indurre il lettore


nella credenza, che il congegno da essi inventato , mercè l'ago ca-
lamitato, fosse paragonabile all'attuale Bussola Amalfitana ; quale
78

diversità rilevasi chiaramente dalla storia di Geronimo Ossorio ,


Storico di Portogallo .

GRECI

È sufficiente per una nazione aver dritto alla riconoscenza ed


al rispetto d'un mondo intero, per esser stata la fonte da cui sca-
turiscono , come da larga sorgente , le arti tutte che poi ingen-
tilirono , popolando il mondo ; senza sforzarsi gli amici di essa a
volerle allogare puramente la gloria della invenzione della Bussola .
Tanto più, quando non vi sono argomenti tali , da potersi va-
lidamente sostenere .

Il primo così , in favore della Grecia , è stabilito sulla tradizio-


ne del magnete , pretendendo asserire , nella conoscenza della vir-
tù d'attrazione della calamita implicarsi quella della polarità della
stessa; e quindi la conoscenza della virtù della direzione , presso gli
antichi Greci . Così anche tutte le erudizioni svolte nei N. II . III.

e IV . circa i diversi nomi , con cui veniva designata nella Grecia


la calamita , neanche mena a niente, per la stessa ragione detta a-
vanti, cioè che la conoscenza del semplice minerale , o di una del-
le sue virtù , non importava menomamente che dovevansi cono-
scere le altre .

Intanto però una tale ignoranza regge per me , fino ai tempi


di Aristotile , perchè costui in quel libro che ha menato tante
discussioni fra i Greci , e gli Arabi Tep Tw dw , chiaramente
fà parola della polarità della calamita e come è provato , che
questa opera , è , o può essere un genuino originale di Aristoti-
le ; così è molto probabile, che da quel tempo in poi , i Greci
regolarono le loro navigazioni colla calamita, congegnata in un
qualsiasi modo .
E perciò, d'altra parte è insussistente quell'idea , di cui vorreb-
besi farne un argomento , in appoggio de' Greci , delle navigazioni
cioè che questi facevano per l'Arcipelago , e per le colonie da es-
79

si stabilite ; dal perchè facilmente si può assicurare , seguendo


Uezio, che mai essi intrapresero lunghe navigazioni ; e che, se

talune ne intrapresero , fu sempre lunghesso le coste . Più è un


fatto stabilito , che i Greci erano sì poco esperti nell'arte del na-
vigare , che nemmeno alla cinosura si rivolgevano : Ma che essi
sono stati ben sovente confusi con altri popoli , coi Tirreni , cioè ,
e coi Pelasgi , popoli che arditamente si spinsero mai sempre a
navigare .
Ora, ritornando ai Greci , sarebbero stati essi mai tanto timi-
di , se mai qualche direzione , o conoscenza della calamita aves-
sero avuto?

E ove tutti questi argomenti non fossero sufficienti a torre via


ogni dubbio , sulla primitiva ignoranza de' Greci, in quanto alla
bussola ; basterà osservare che tanti autori di quella nazione , che
si sono tolti l'incarico di descrivere tutto della loro navigazione,
ed ogni avvenimento, ed ogni innovazione , veruno non ha mai scrit-
to una parola su questo istrumento .
Ora Tucidide , autore tanto minuzioso ed esatto , nel noverare
delle glorie del suo Paese , avrebbe trascurato ciò?

ROMANI

Per quanto poco favorevole sia stata la mia opinione , intor- 1


no i Greci ; quanto maggiormente dovrà esserlo pei Romani che
quanto mai ebbero, di culto , di bello , e di magnifico , non lo ri-
peterono che da quella nazione , la prima che fu la conservatri-
ce dell'antica sapienza . E prendendo a ragionare , incomincio dal
porre sotto l'occhio del lettore ciò che contiensi nel primo ar-
gomento in favore , cioè che i Romani dovevano aver conoscen-
za dell'ago calamitato , sol perchè ne ammettono l'origine , dal-
l'istessa tradizione , da cui la ritengono i Greci . Quanto sia scar-
sa , poco logica e fallace una tal prova, parmi rilevarsi ben fa-
80

cilmente da quanto ho ragionato pocanzi sui Greci . Avendo noi


dimostrato , che avere i Greci, in virtù di una tradizione , conoscen-
za della attrattazione della calamita semplicemente , non implicava
in verun modo ciò , che i medesimi avessero dovuto aver quella
della polarità ; e tanto vieppiù , dell'uso dell'ago calamitato per la
nautica. Egli è perciò , che ancorche i Romani fossero eglino stati
a giorno del fatto più semplice della calamita ; non è questa una
buona ragione , per istallarli tra quei primi popoli, che avessero
saputo trarre dalla sua polarita il principale e più interessante
vantaggio per la navigazione .
In secondo luogo , vuolsi ammettere la conoscenza dell'ago ca-
lamitato presso i Romani , per poche parole riportate da Plinio ,
circa la ripetuta tradizione del Magnes dei Greci . Se un tal ar-
gomento sia valido , è inutile dimostrarlo al lettore , mentre d'al-

tra parte Claudiano , parlando di questa pietra , fra gli altri epi-
teti che egli vi affibia , vi è quello di vilis .
Questo solo fa vedere , che nè Claudiano, nè con esso il suo se-
colo , in Roma , conoscevan la più interessante proprietà della ca-
lamita . Or dunque , se Claudiano , quel classico Poeta che per la va-

stità del suo sapere circa l'Egiziana Dottrina , per la sna estesa
conoscenza della storia dell' uomo fisico e del mondo naturale ,

si meritò l'amicizia degl'Imperatori Teodosio il Grande , e de' suoi


due figli Arcadio ed Onorio, neppure egli aveva alcuna conoscen-
za precisa sull' interessante minerale della calamita : come mai
potrem noi , ove senza prevenzione si vorrà ragionare , che Pli-
nio , vivendo circa due secoli , avanti il Poeta Claudiano , e in un
secolo, in cui le scienze vaggivano ben bambine , ancora potè
aversi mai dall'Universale un ' idea, sulla proprietà principale del-

l'ago calamitato? e servirsene , additandola da Storico ?


Il terzo argomento anche in favore , trova la sua confutazione
in quanto abbiamo già detto .
L'ultima gomena , a cui si attaccano intanto i fautori dei Ro-
mani , il di cui capo viene portato dall'Abate Collina, sono alcu-
ne parole di Plauto: cape versoriam , recipe te ad herum.
81 ―

In esse, come già esposi, credono vedere una chiara allusione

alla proprietà di divergere , della calamità . Ma io però son lungi


dall'affibiarmi ad una tale opinione ; dal perchè nuova, e staccata

da qualunque fondamento io la ritrovo . Mi fo lecito quindi so-


stenere , essere quel passaggio oscuro , a segno , da far ribattere
ogn'ipotesi a favore dei Romani . Mentrechè tutti gli uomini , i
più scevri da prevenzione , e tutti nel tempo istesso sono lonta-
nissimi dall'ammettere tal vaga supposizione , i quali hanno fin
dimostrato che quella parola non può indicare altro che una ve-
la, la quale mercè delle corde raccomandate ai suoi estremi , fa-
cevano volgere la vela medesima a Tramontana , ed e Mezzo-
giorno, a piacimento dei naviganti ; quale opinione mi reputo ad
onore dividerla coi dotti Klaproth, Venanzón , Signorelli ed altri
molti.

Il ultimo , il terzo argomento addotto dal Grimaldi , ed il IV pro-


pugnato dal Tiraboschi , e dal detto autore della lettera sulla Bus-
sola ; neanche il quinto, come conchiusione degli altri recati da

questo ultimo , sono ragionati con tale sodezza di logica , e con


prove attinte da fatti sì ineluttabili ; che parmi stranezza , o alme-
no oziosità, non dico confutare ed opporvi argomenti in contra-
rio ; ma neanche commentare ; perchè essi son denudati di quel-
la conoscenza di fatti, che in qualsiasi altro modo io potrei ribat-
tere o appoggiare .

TEMPI DI MEZZO SIN AL SECOLO XV.

ED IN PARTICOLAR DEI FRANCESI.

Egli è pur troppo vero , che doversi intrattenere in questo


punto di alcune Nazioni dell'Europa , in un tempo in cui que-
sta parte del mondo incominciava ad essere , per quel fatto del-
lo incessante avvicendarsi dei popoli , il grande focolare della in-
6
-

telligenza e dell'incivilimento, si rende per me , io dico ; uno di


quegli esami, se non il più difficile , il più interessante almeno
ed il più risponsabile ad un tempo . È certo infatti , scorrendo a
volo un tal periodo, debbo dire .
La scoperta della Bussola , della stampa , il passaggio all'India
pel Capo di Buona Speranza, la scoverta dell ' America che dà
alla Spagna paesi immensi, e tesori che sarebbero stati inesau-

ribili , se la cupidigia , e la ferocia di quei conquistatori non li


avessero affogati nel sangue di quegl'infelici : la gloriosa emu-
lazione di quasi tutti i popoli dell'Europa , i di cui arditi navi-
gatori , per bande opposte, ognuno si spinge ardito alla ricerca
di terre ignote , al di là dei mari . La caduta dell'Impero di O-
riente , invasione di Orde di barbari , piombate dai deserti del-
l'Africa , e dai geli del Nord , pongono in fuga le muse dalla cor-
te di Costantinopoli ; che , timide e derelitte poggiano il piè sul suo-
lo d'Ausonia , ove l'amore e lo zelo di un Pontefice e di un Prin-

cipe le ricoverò amiche sotto il padiglione della liberalità e della


pace . D'allora la gloria delle arti riede a risplendere sulle spon-
de del Tebro e dell'Eridano ; e così , in mezzo a contese tra Prin-

cipi e nazioni , l'Italia vede sorgere dal suo grembo uomini che
ognun di essi fà la gloria di un secolo. Un Guicciardini che i

posteri appellarono il Tucidide d'Italia ; un Macchiavelli a cui tut-


t'i politici, come a fonte inesauribile attingono incessante; un Ga-
lileo che il primo formolò la scienza dell' equilibrio ; un Torquato
il di cui genio e sventura non avrà mai secondo ; un Pico del-
la Mirandola , un Ariosto, un Polo, un Vico , e mille e mille altri

che mi è forza tacere , perchè troppo dal mio subbietto lontani ;


mentre il lettore mi condonerà il fin qui detto, in grazia di quel-

l'amore che prende ognuno , quando gli vien fatto a dire della
sua terra Batale .

Imponente però non è solo il quadro che ci presenta Italia .


Se per poco scorriamo l'Europa, vedremo che al tempo in cui il
pensiero dell'uomo sì forti scosse riceveva , e sì vivide scintille
di genio balenavano l' una dopo l' altra, l'Europa fin d'allora non
83

era più l'arena che di continuo veniva inaffiata di sangue dei


cittadini, e contese e dissensi dei feudali Baroni ; ma lottando a tut-

ta oltranza , e distruggendosi a vicenda ; possenti e grandi mo-


narchie sorgevano sulle rovine di feudi e castella, fino a che Lui-

gi XI poi solo giunse a fondare la sua sovranità sopra il vacil-


lante potere feudale .
Più , mentre d'un'altra parte Ferdinando di Castiglia non per-
viene a curvare la baldanza degli Aragonesi ; Carlo il temerario
della sua audacia e valore empie la Borgogna , e l'Elvezia dei
suoi fasti guerrieri, con terrore e prestigio . Nel tempo stesso che
Luigi XI ingrandiva i limiti della Francia ; i Veneziani , fatti ar-
diti da uguali successi sul mare , e profittando della rovina dei
Greci : strappano di mano ai musulmani alcune contrade impor-
tanti . S'impadroniscono della Morea , di Candia . di parecchie iso-
lo dell'Arcipelago ; e le loro squadre incrociano sicure lo stretto
de'Dardanelli , umiliando così la superbia della mezza Luna . Ar-
ricchita così col traffico del mare Rosso , e delle Indie Venezia ,

salva l'Italia , e per due secoli diviene il baluardo della Cristia-


nità . Vasco di Gama, alla testa di arditi Portoghesi, s'aprono una
via, non solcata ancora in mezzo agli abissi e vortici dell'Ocea-
no fino alle Indie Orientali , ed acquistano a loro volta immensi
tesori, o nuove contrade.

La Francia e l'Inghilterra armano navigli , cercando anch'es-


se loro parte di sì ricche prede . Intanto lotte sanguinose ed ac-
canite distruggono la potenza di Venezia : essa perde le sue pos-
sidenze in quelle lontane contrade , e rientra nella sua medio-
crità , d'onde era uscita ..

Nel mentre però che avvenivano coteste grandi lotte ; l'intel-


letto unano scuote le sue catene , e sorge dal suo torpore ; vuol
conoscere, esaminare , convincersi prima di credere . Questa agi-
tazione degli uomini è così generale ; che la causa di tale feno-
meno morale sembra quasi che dipenda dalla natura , e da un bi-
sogno sempre crescente di spingersi al nuovo , allo straordinario .
E nel mezzo di questa gran rete di movimenti politici e scien-
- 84 -

tifici , che lo spirito delle scoverte si fa più imponentemente sen-


tire : ogni uomo di genio , ogni nazione che si sente più incivi-
lita, agogna all ' onore di una qualche scoverta, e chi non ha la

fortuna di raggiungerne una , tenta allora a rapirne la gloria a


qualche altra ; e come al primo periodo del tempo di mezzo , la
scoverta che più occupava la mente di tutti , ed invadeva con
prestigio l'intelligenza di tutt'i dotti , non era che la bussola nau-
tica, condotta alla sua perfezione ; è così che noi vediamo l'Ale-
magna , la Francia e l'Inghilterra disputarsi una cotal invenzio-
ne , e la sua gloria.
Ma, come ho già esposte le di loro pretenzioni e le confuta-
zioni che si son fatte ; così dunque a me non resta che veder-
ne, qual dritto e ragione assista loro ; cosa che sarà il soggetto
di questo ultimo mio esame ed opinione .
Dietro tutto ciò che abbiamo esposto, in rapporto alle altre na-
zioni e in ispecialità degli Amalfitani , riesce del tutto infruttuo-
so a mio credere qualsiasi confutazione , o disamina sul primo
degli argomenti in favore dei Tempi di Mezzo, avanzati dagl'In-
glesi , sotto l'auspicio della parola Box , da cui pretendono far de-
rivare quella di Bussola : al qual riguardo farò osservare , sol di
passaggio , che questa parola Box non proviene che da Buxos
dello antico Latino , e che noi conserviamo ancora nella parola
Bosso , del quale legno è ben presumibile che si costrussero le
prime scatole delle bussole ; come anche la tanto sostenuta tesi
dal Fournier e da molti altri autori , cioè che ai Francesi, fin dal
principio del secolo XIII ed anche nel secolo XII , come rivela-
si dai Poeti di quella nazione , l'uso della calamita non era igno-
to . E qui , come poco fa ho già detto , essere inutile la confu-
tazione sotto tali argomenti , soggiungerò essere stata del pari su-
perflua la dotta osservazione del Tiraboschi , di non potersi de-
terminare , se debbasi ai francesi una tale preminenza , se prima

i loro eruditi non si siano accordati sull'epoca , in cui tali Poe-


ti fiorirono . È inutile ogni discussione , per la semplice e natu-
rale ragione , che nel darsi dall'Universale la gloria all'Amalfita-
85

no Gioia, non è certo per la invenzione radicale della Bussola ,


ma sì ben pel perfezionamento scientifico, a cui egli ha saputo
condurla ; ritenendosi per chiunque non sia cieco d'amor muni-
cipale, dirò : che l'uso della calamita era adottato da quasi tut-
t'i marini dell'Europa , da circa mezzo secolo, avanti il perfezio-
namento del Gioia . E che questa mia idea , può , e deve essere
appoggiata da fatti , è cosa che facilmente far potrò . Che la Bussola
avanti del Gioia , fosse tutto altro di quella che noi usiamo , si
rileva dalla descrizione di Vincenzo di Beavais , e delle parole di
Ser Brunetto Latino , entrambe da me riportate, e più da un os-
servazione etimologica sulla parola calamita , la quale in france-
se significa una rana verde ; poichè in quel tempo la Bussola Ma-
gnetica, non essendo altro che un pezzo di calamita , ( natural-
mente verde) , sospesa in una fiola raccomandata ad un filo ; ed
avendo così in un certo qual modo l'aspetto di una rana galleg-
giante , ecco come per analogia , più che altro , la antica Bussola de'
mezzi tempi , chiamavasi calamita.
Resta così dimostrato, risultare inutile ogni quistione , se sia-
no di date anteriori i versi dei Poeti Francesi all'invenzione del

Gioia , o viceversa questa a quelli ; soltanto addurrò due prove


di fatti , la prima che verso la metà del secolo XIII facevasi uso
generalmente della ranetta , o della calamita in Europa , come ri-
cavasi dall'epoca , in cui visse Ser Brunetto ' Latini .
Se ben fosse egli vero , che presso alcuno scrittore Italiano tro-
vasi menzione della nascita di Brunetto Latini ; Ricordano Mala-

spino però che gli era coetaneo, parlando di Alfonso Re di Castiglia ,


dice che quando costui si mosse verso Firenze, per abbattere la
superbia di Manfredi , i fiorentini gli mandarono incontro per am-
basciatore Ser Brunetto Latino ; ma prima di compiere questa am-
basciata, i fiorentini erano stati già rotti a Monte aperto . In al-
tro luogo il medesimo Malaspina , parlando della cacciata dei fio-
rentini , avvenuta nel medesimo anno , nomina fra i tanti Ser Bru-
netto Latino e suoi ; e questa cacciata ognun ben sà , essersi ef-
fettuita nello anno 254. Più nel suo Tesoro medesimo parla , es-
86

sere stato , bandito da Firenze , per cagione della guerra la quale


fu tra le parti di Firenze , bandito da essa : allorchè la sua par-
te Guelfa si teneva coi Papi , e con la Chiesa di Roma, che av-
venne l'anno 1260 ; in oltre sappiamo che Ser Brunetto Latini
fu Sindaco di Fiorenza nell'anno 1284, ed in ultimo presso Gio-
vanni Villani leggiamo , che nell'anno 1294 , presso il giovine Am-
mirato , che morì in Firenze un valente cittadino , il quale ebbe
per nome Messer Brunetto Latini.

Da tutto questo è ben chiaro adunque , che Brunetto Latini fos-


se fiorito tra gli anni 1250. e 1300 : dunque è incontrastabile
che nel XIII secolo non solo era conosciuta la Bussola , ma quan-

to generalmente adottata da tutti : ed ove tutti questi documenti


non fossero anche sufficienti , a dimostrarlo ; basta por mente ad un
punto solo , onde convincersene .

Esso Brunetto è stato, maestro all' immortal Alighieri : e ci è a


tutti noto, essere vissuto questo ingegno più che umano tra gli
anni 1265 e 1321. Ora Dante è stato tale luminare in mezzo ai

secoli già scorsi ; che la sua esistenza , la sua vita , e la sua glo-
ria , splendono e splenderanno mai sempre, a traverso il tenebrio
e la caligine degli andati tempi ; qual non potrebbe luminosissi-
mo Faro nell'immensità delle dense tenebre , e nel più procelloso
dei turbamenti tutti di tempestoso mare.

L'altra prova , per dimostrare che qualche secolo avanti il XIII ,


l'uso della calamita era matematicamente sconosciuto in Europa,
ricavasi da un passaggio di Landaaranbok in cui si vede , che
al IX secolo i navigatori , per scovrire la terra , (e perciò cono-
scerne la direzione) altro mezzo non avevano che a fidarsi ai
Corvi che in alto mare slanciavano .

L'altro argomento addotto al N.º V. dal Fournier, volendo soste-


nere la voluta preminenza dei Francesi pel giglio del qual veg-
gonsi fregiate le rose dei venti più antiche , le carte geografiche
e simili , come che il giglio è un' arma araldica del tutto francese .

Al quale frivolissimo argomento, dopo di ripetere quel che già


scrisse l'insigne de Ritis , che in quei tempi tutto ornamento sì
87 ―

civile che militare e fino i merli delle Torri raffazzanavansi a modo

di giglio , o fiordaliso : farò osservare che , prêmettendo , che que-


sti cartoni scompartiti colla rosa dei venti , non si videro che da
Flavio Gioia in poi ; così, se quest' uomo straordinario non fregid
tale rosa, o Bussola, non altrimenti che con un giglio , non fu
che , per adulare l'albagia di Carlo d'Angiò secondo , che in quei
tempi tenevasi Signore di questo Reame .
Di più, le parole N. e S. usate nella divisione dei Rombi , fan

credere al Fournier , essere qneste del pari francesi .


Io però trovo presso moltissimi autori d'altre nazioni , e del pa-
ri antichissimi , che usavansi le medesime parole N. S .; e quel che
è più, presso i dotti quadri dei venti , esposti dal de Ritis , veggo
che le nazioni antiche facevano uso indistintamente dei vocabo-

li Teutonici . Nord , Sud, Est , Ovest.


Ecco come così io ho inteso dimostrare , che le nazioni tutte dei
mezzi tempi, avevano conoscenza d'una bussola , avanti anche che
il Gioia avesse apportato quella gran modifica che glie ne ha me-
ritato il sommo ed onomastico onore , quale se fosse stata quella
d'una completa invenzione .

AMALFITANI

Dopo di essermi intrattenuto a discorrere delle più gloriose e


vetuste nazioni che son vissute sulla terra , venendo a tempi più
a noi vicini, e seguendo l'ordine da me tenuto; veggendomi ora
impegnato in un obbligo più difficile , e più caro ad un tempo ,
quello cioè di esaminare , se ben fondata e vera sia la gloria
che da tanti secoli va congiunta in un nome solo, cioè quello di

Bussola, e Gioia . Per quanto svariati siano gli argomenti addotti


in favore del Gioia intanto, e per quanti moltissimi siano stati
gli autori che di esso han discorso : per una naturale coinciden-
za si riassumono, pressochè alle seguenti parole : che un uomo
88

di genio , a nome Flavio Gioia , nato in un piccolo paese del Rea-


me di Napoli , vivente nel secolo XIII , abbia inventato il Bos-
solo di navigare . Ciò premesso , pare che il nostro esame non do-
vrà consistere che, se a quell'epoca conoscevasi il menzionato Bos-
solo ; se conoscevasi , in qual modo era congegnato ; ed in ultimo,
qual si fosse la vera invenzione apportata dal Gioia .
In primo , indubitabil materia di fatto si rende per chiunque
siasi per poco versato nelle Istorie de' fatti, degli avvenimenti,
e delle invenzioni , che nella metà del secolo XIII , non solo
conoscevasi il fenomeno di rivolgersi al polo l'ago calamitato ,

ma un tal fenomeno applicato all'arte del navigare , era divenu-


to di tanta popolarità che i trovadori d'Italia e di Provenza ne
parlavano assai di frequente nelle loro canzoni . Quando i navi-
ganti , dice Vincenzo di Beauvais , conoscer non possono la strada
che li conduca al porto ; una punta d'ago stropicciata alla calamita
conficcano trasversalmente ad una piccola festuca, e in un vaso pie-

no d'acqua soprappongono ; poi la calamita portano in giro per


l'orlo del vaso, e subitamente a seconda di quel modo , la punta
dell' ago all'intorno si volge . Rotando così rapidamente la pietra,
in un subito la ritirano ; ed allora la punta dell'ago , rimosso il con-
duttore , immantinenti in ver la stella si dirige , e là si ferma . I
naviganti in tal guisa, a seconda di quella indicazione , si avviano .
Così nello Spec . Doctr . lib. XVI , (il di cui autore fioriva nella me-
tà del secolo XIII ) . E con questo ed altri mille passaggi si hanno
lucidissime e semplici pruove , che a quell'epoca era ben nota la
polarità della Calamita ; come può leggersi ben anche nel Ray-
nevald, il quale ha fatto una raccolta dei poeti provenzali di quel-
‫ יך‬epoca ; non che molti altri esempii se ne rivengono nei nostri

poeti del primo secolo , pubblicati dal Valeriani .


Anche tra gli autori Arabi si trovano squarci della conoscenza
della polarità della calamita ; Bailag El Kaptachk , autore del XIII
secolo, ne fa precisa menzione , e in altri autori , come al luogo de-
gli arabi ho fatto parola : così dunque resta per noi provato , che
prima della nascita di Flavio Gioia , era già di una conoscenza e-
89 -

stesissima, l'esistenza della Calamita , e dell'uso che di essa già sa-


pevasi trarre nella navigazione , nonchè del modo , in cui era con-

gegnata .
Non resta quindi a dimostrare , che qual fosse la invenzione , 0
per meglio dire la interessante modifica , dal predetto Amalfitano
arrecata alla Bussola . Osserviamo in prima che egli , Pilota e Ca-
pitano di mare, ebbe l'agio di studiare la Bussola imperfetta ed
incommoda, atteso il movimento delle navi sul mare , e della cala-
mita adattata in un vaso aperto, come in quei tempi si avevano nel
navigare. Quindi a lui, più che ad altri, fu dato rilevarne i difetti ,
ed escogitare un congegno tale che gli avesse emendati , tal che a-
vesse potuto perciò corrispondere pienamente all'effetto che si pro-
ponevano di ottenere . Modifica tale , che ha fatto cangiare intera-
mente la faccia del mondo . E se leggiamo nell'opera di Antonio
Panormitano , quasi contemporaneo , quel verso : prima dedit nau-
tis usum magnetis Amalfis ; ei non vuole alludere che a questo
senso : dal quale verso parmi risultare, che lungi dal doversi ri-
tenere il Gioia, come inventore della Bussola ; dovesse solo consi-

derarsi , come colui che grandemente avesse contribuito a per-


fezionarla , per farsene il retto e proficuo uso .
La timidezza dei nostri Piloti del XII e XIII secolo , allorchè

non avevano che la primitiva Bussola acquatica ; e l'audacia spie-


gata di poi , muniti che furono della Bussola di Amalfi , attestano
coi fatti la grande innovazione , apportata da questo benemerito
uomo di genio , alla marina intera.
Fu egli che bilanciò l'ago calamitato sopra un perno . Fu egli
che divise un cartone in 32 parti eguali, per la distribuzione dei
venti , mettendo un giglio all'estremo , per adulare Carlo d'Angiò
Re di Napoli . Fu egli infine , che la rinchiuse in una scattoletta , so-
spesa in modo, che per qualunque agitazione di mare , non per-
desse la sua orizzontale posizione . Così , e non altrimenti avvenne
che il mondo tutto si ebbe il primo ed il più utile degli strumenti
per traversare quei mari che fin'allora , l'azzardo e l'audacia sola-
mente avean potuto far valicare .
6*
90 -

Questa opinione mi trovo dividerla con mille altri autori di


sommo valore , che nel più ragionevole modo avendola esaminata,
la innalzarono al grado di verità istorica, presso l'universale .
Ciò è vero da una parte ; ma comprovarono essi con documen-
ti, e con prove di fatti , quanto asserivano ? Hanno essi ragionato
su ciò che hanno addotto ? Può ben dirsi di no . Essi altro non

hanno avuto , che la smania di dire tutti lo stesso ; gli uni sulle
parole degli altri , senza però addurre un solo argomento di fat-
to . Ed è così, che essi han creduto d'innalzare un monumento du-

raturo ed eterno alla gloria dell'Amalfitano . E tanto ciò è vero , che


nel copiarsi che han fatto , l'uno sulle parole dell'altro ; così Melfi ,
Amalfi , Gora , Gioia o pur Giaia ec . ec .: da tutto ciò trassi lampante
pruova che essi non sono andati mai al fonte , per pesċarvi le ve-
rità semplici e sole : verità che avrebbero dovuto essere il loro
unico scopo . Mentre io all'opposto ò la coscienza di assicurare il
lettore , d'aver fatto il possibile , per attinger al suo fonte quel vero
che le mie deboli forze mi permisero di toccare, provando in ul-

timo quella soddisfazione che ogni uomo onesto ha dritto di sen-


tire, quando pone nella sua giusta luce un luminare delle vetuste
età; e vede che innanzi a questo si prostrano rispettose e rive-
renti , con consentimento unanime, tutte le generazioni che dopo
di esso vennero e verranno .

Or mentre , rendendo agli antichi popoli , ed ai più recenti ,


ciò che ha ben meritato ciascuno di essi , dopo l'anzi esposto e-
same fattone ; ci facciam un debito di conchiudere ben volentieri :
Che dobbiam alla Cina la prima invenzione del meccanismo ,
comunque imperfetto , di conoscere la direzione del polo Nord ,
mentre tendevano essi al polo opposto (Sud.) :

Che dobbiamo ai sapienti ed industriosi Arabi l'aver adotta-


to ed immegliato siffatto meccanismo per gli usi marittimi, col-
locando in un bussolo acquatico , oltre il mezzo della direzione
al Nord , anche quello della indicazione del rombo opposto ; e
nelle due braccia intermedie quella dell' Est , e dell' Ovest, che
naturalmente presentandosi , da loro adottavasi :
91

Che dobbiamo agli eruditi Greci la divisione della rosa de' venti
in otto parti eguali , e quindi in 32 rombi , come cel dimostra-
no Tolomeo e Strabone :

Che duolci di non poter , ad onor d' Italia , e del regno nostro
il non avere sufficienti notizie dalla Colonna de' venti , di cui un

celebre antico monumento trovavasi eretto nel porto di Formia ;


al che gioverà consultare l'erudita dissertazione del ch . Vincenzo
de Ritis ( Annali Civili , 1835. pag. 83. e seg. ) (1 ) :
E che al nostro compatriotto Amalfitano Gioja intanto , or dob-
biamo il perfezionamento della bussola , sì bene adattata agli usi
marittimi , nella retta situazione dell'ago calamitato, sottoponen-
dolo alla rosa de' venti , ed appoggiandolo su di un perno , come
vedesi chiaramente nell'istromento : che felicemente adoperasi nel-

l'attuale uso pratico de'marini , generalmente adottato ed applau-


dito , e coronato de'più fausti e sicuri successi . Alla memoria del
di lui nome adunque , gloria, onore, e gratitudine universale !!!
Dopo aver noi percorsa la parte storico-critica , spettante all'ori-
gine della Bussola nautica ; crediamo pregio dell'opera l'aggiunzio-
ne di un' Appendice , nella quale , brevemente descrivendo questo
preclaro istromento , di cui abbiamo abbozzato , a gloria del Ch.
Gioja il disegno : intendiamo provvedere alla istruzione de'marini .
Così sarà più utilmente ottenuto il frutto dell'opera nostra , e reste-
ranno meglio appagate le nostre intenzioni , di servire alla pubbli-
ca utilità , in questo nobilissimo oggetto scientifico- pratico , a per-
petuo decoro della gloria marittima napoletana.

(1) De Ritis. Della Colonna de' venti ecc . Benchè da taluni sia messa in dubbio
l'autenticità di tal monumento ; mentovato dal CAPACCIO ( L. 2. c . 18. ) , e riportato
dal Grutero ( Inscr. ant. p . 137. ) : Ci giova di quì rammentare questa nostra an-
tica gloria marittima , nella nostra distrutta Formia , già patria del gran VITRUVIO,
eccitando i vicini e fiorenti Gaetani a far ricerca tra le anticaglie , condotte già, e
collocate tra le loro mura , del nobile frammento, riportato dal Grutero , che ivi ve-
devasi e leggevasi nel secolo XVII .
APPENDICE

DELLA BUSSOLA , AD USO DELLA MARINA

La bussola serve a dirigere i vascelli nel loro cammino ;

l'ago non vi è libero ; lo si carica di un cartone leggiero , o di


un pezzo di talco circolare , incollato fra due carte . Questo ago
così caricato , muovesi per lo più sopra un perno posto alla me-
tà della sua lunghezza , che è anche il centro del disco che so-
stiene . Siccome nei suoi movimenti esso porta seco tale disco ;
così questo perno arresta , o almeno modera tali oscillazioni . Sul

disco è segnata una rosa dei venti . Ogni divisione ha il suo no-
me ; le linee Nord e Sud hanno un fiore di Giglio ; e l'ago è
attaccato al disco , su questo diametro .
La bussola è ritenuta in un doppio telaio , che ha due movi-
menti , dietro principio di sospensione di cordame , intorno agli
assi A. B. R. S. , perpendicolari fra loro ; cosicchè la bussola ri-
mane sempre orizzontale , quali che siano le agitazioni della nave .
La scattola della bussola è quadrata : nel suo interno essa pre-
senta un segno verticale che chiamasi Capo ; il raggio che vi
corrisponde dev' essere esattamente paralello all' asse longitudi-
nale del vascello ; il Capo è all'estremità di questo raggio , dal
lato dell' innanzi o della prua.

Questa bussola ponesi in una custodia chiamata Chiesola che


è aperta , e situata vicino al timoniere , affinchè questi possa ve-
dere la Rosa , e mantenere il timone nella situazione necessa-

ria . Secondo che il segno del Capo corrisponde all'uno o all'al-


tro punto della Rosa , la Chiglia ha una diversa direzione : se
per esempio, il Capo è sul raggio Est della Rosa ; la Chiglia è
rivolta perpendicolarmente al meridiano , comincia dallo stabilire
il Rombo da seguirsi , ed ordina al timoniere di mantenere la
93

nave in quella direzione : questi tiene il timone in modo che

il Capo corrisponda sempre al rombo che gli venne prescritto .


Si ha la cura di allontanare dalla Chiesola il ferro , e l'acciaio ,

affinchè questi metalli non abbiano influenza sull' ago . D' ordi-
nario questo armadio è diviso in tre parti : in quella di mezzo
ponesi un lume , per illuminare le due laterali , dalle quali non
è diviso che con vetri ; in ciascuna di queste vi è una busso-
la , acciò il timoniere possa avere sott' occhio l'una o l'altra
di esse . Tale disposizione ha però un inconveniente , perchè i
due aghi sono troppo vicini , per non avere qualche poco d'in-
fluenza , l'uno sull'altro . Un certo Grant Preston inglese ottenne
fin dal 1814 dell' Era volgare una medaglia d'argento dalla So-
cietà d' incoraggiamento di Londra , per una nuova maniera di
collocare la bussola nella Chiesola.

La principale innovazione consisteva nell' aver posto il lume


al di sopra della bussola , facendovi cadere sopra la luce , con
un riverbero. Questo lume era al coperto da tutte le intemperie ,
nè poteva vedersi da un'altro vascello . La luce diffusa nella bus-

sola era molto vivace , senza che però fosse tale , da stancare la
vista del timoniere . Questo modo di rischiarare le bussole nelle
chiesole , venne adottato con ottima riuscita.
Si è già detto , che questa differenza forma ciò che dicesi la de-
clinazione dell'ago calamitato . Così , in qualsivoglia luogo , quest'a-
go fa un angolo col meridiano terrestre ; ed anzi la sua direzione
varia secondo i paesi . Interessa di determinare quest'angolo con
la maggior cura.

Questo si è sopra un punto stabile : basta segnare da lungi un


punto nel meridiano ; dirigervi il cannocchiale d'una bussola ; e ve-
dere nel lembo , di quanti gradi , e per qual corso l'ago si allontani
dalla linea del Nord e Sud . Adoperasi anche a tal uopo la bussola
di declinazione : ma in mare , ove i movimenti del vascello sono
bene spesso assai forti e rapidi , ed ove non si conosce la dire-

zione del meridiano ; il metodo che abbiamo descritto, sarebbe im-


possibile. Interessa però sommamente , di conoscere questa decli-
94

nazione, poichè lo strumento che deve indicare la direzione da


tenersi , vi è sensibile ; si sa dall' altra parte che questa decli-
nazione cangia coi luoghi .
Anche l'inclinazione dell' ago non conserva sempre lo stesso

valore negli stessi siti : onde evvi luogo a conchiudere che i


poli magnetici siano soggetti ad uno spostamento periodico ; dal
quale dipendono appunto i cambiamenti periodici summentovati ,
della declinazione ed inclinazione dell' ago .
La declinazione , di fatti , non si mantiene costante nello stes-
so luogo; ma è soggetta ad un periodico e lentissimo cambiamen-
te . Nell'anno 1550 il suo valore a Parigi era di 18.º 10.º al-
l' Est: diminuì poscia ; finchè nell' anno 1663 si ridusse a 00.º
Passò in seguito all' ovest, e raggiunse nel 1814 il valore di 22.°
34.º che pare fosse il massimo ; poichè nel 1825 diminuì nuo-
vamente , riducendosi a 22. ° 22. ° : e nel 1835 a 22.° 04. Così la

linea, senza declinazione, che passava nel 1663 per la città di Pa-
rigi , ora invece attraversa l' America .
L'astronomia somministra mezzi di ottenere questo angolo ;

mezzi però che non potremo qui esporre , senza uscire dall'og-
getto propostoci , come ne parla la monografia di Francoeur , au-
tore di questo articolo , ai numeri 428 e 239 della terza edizio-
ne . Ci limiteremo a dire, che in generale sostengono nell' osser-
vare un' astro, specialmente quando questo è vicino all'Orizzonte.
È questa una bussola marina comune , il cui orlo tiene due tra-
guardi A. B. , nei quali mirasi l'astro , girando convenientemen-
te la scatola , servendosi di una bussola portatile , chiamata com-
passo di variazione . Esaminasi subito , a quale punto corrispon-
da il fiore di giglio sul lembo ; cioè , misurasi in tal guisa il
numero di gradi , di cui si allontana dal Nord e Sud della Bus-
sola la direzione della mira : e siccome , secondo l'ora delle os-
servazioni , il calcolo fa conoscere l'azzimutto dell'astro ; si sa di
quanto questa direzione si allontani dal meridiano : la differen-

za di questi due angoli è la declinazione ricercata. Per tali o-


perazioni scegliesi a preferenza il levare ed il tramonto del Sole ;
95 -

mirasi il suo orlo inferiore , al momento in cui tocca l'orizzon-

te ; poichè a motivo della rifrazione è lo stesso , come si miras-


se al suo centro , al momento in cui si leva : allora i calcoli so-

no più facili , e le osservazioni più precise .


Nulla però vieta di prendere l'astro a qualche distanza da
questo piano ; mirasi con la bussola l'orlo inferiore del Sole ;

e si nota a qual' aria di vento corrisponda : il calcolo dà poscia


la declinazione dell'ago . Ma siccome questa osservazione è dif-
ficile a farsi , nè conduce , che ad una valutazione incerta ; così
aggiungesi sulla scatola della bussola un cerchio di legno o di
rame , una metà del quale è divisa in quattro parti . Ognuna di
queste parti vale due : ma non si misurano gli angoli che han-
no il loro vertice sulla circonferenza : vi è un' alidada mobile
che ha un braccio verticale , ed una fessura che fa le veci di
traguardo . Un filo, teso obbliquamente , serve a stabilire la linea

di mira dell'astro ; poichè questo filo quando ponesi l'occhio sul


traguardo , deve vedersi sull'astro . Se si osserva il Sole , l'om-
bra del filo deve cadere sulla fessura del traguardo . Questo stru-

mento dicesi compasso azzimuttale . Il traguardo può essere ste-


so sul piano del circolo , e girare sopra una cerniera. In que-
sto circolo sono segnate varie circonferenze , come pure alcune
linee traversali che servono a valutare le varie parti di grado .
Due fili sono tesi in croce ; l' uno dietro il diametro che passa

per lo zero , e l'altro in direzione ad esso perpendicolare : que-


sti fili servono ad orizzontare il calcolo , relativamente alla rosa
dei venti , facendoli coincidere con alcuni segni rettangolari , se-
gnati sopra quesť ultimo .

Il Capitano Hater immaginò di porre dietro al foro oculare


alquanto al di sotto , uno specchio d'argento inclinato , che riflet-
te le divisioni del lembo , e la punta dell' ago verso una lente ,
posta subito sotto questo ferro ; così lo stesso occhio mira un
oggetto lontano , e legge sul lembo ingrandite le divisioni sul pun-
to in cui fermasi l'ago . Questo apparato può adattarsi a qualsi-
voglia sorta di bussola. Dopo avere fissata questa coincidenza
96 -

facendo corrispondere il piede A. dell'alidada al punto Est , od


Ovest della Rosa , secondo che l'osservazione si fa verso l'Ovest
o l' Est : mirasi l'astro facendo girare l'alidata , fino che sia diret-
ta esattamente verso di esso allora il numero di gradi segnati
fra la linea e l'alidada della lontananza dell' astro , riguarda al-
la linea Est od Ovest della bussola . Quantunque questo stru-
mento sia molto comodo ; le ondolazioni del bastimnnto ne ren-
dono però molto incerti i risultamenti .
Il compasso di variazione serve principalmenie a dare la pre-
cisa direzione del cammino , che fa il naviglio . La bussola della
chiesola non istabilisce , fuorchè la situazione della chiglia rela-
tivamente al meridiano ; e serve a mantenere questa direzione ,
a ricondurvi il bastimento : ma questa linea differisce dalla stra-
da indicata , a motivo della deriva . Il vascello , soggetto all'azio-
ne del vento , viene spinto lateralmente , e percorrendo una strada
obbliqua alla chiglia , ci lascia dietro a se un segno ben lungo ;
il quale ; essendo prodotto dal suo cammino , è la linea precisa da
esso seguita ; questa linea dicesi la traccia , o l'angolo ch'essa
forma con la chiglia prolungata verso la poppa e la deriva . Là
si misura con bastante esattezza , mirando la traccia pe' traguar-

di del compasso di variazione ; il grado che esso indica , dà la


reale direzione del vascello , relativamente al Meridiano magneti-
co : donde si deduce facilmente l'angolo, che fa questa linea con
quella dal Nord al Sud , corrigendo la declinazione dell'ago ca-
lamitato .

Questo grado , confrontato con quello della bussola che è nel-


la chiesola , da' quindi la deriva . Quest' ultimo angolo dipende
dalla forza del vento , dalla direzione delle vele , dalla qualità
del vascello , dallo stato del mare ec . ec . È quindi necessario
osservarla di frequente , per dirigere il timone nel rombo, che con-
duce al luogo cui vuolsi arrivare .

FINE.
- 97

Errori Correzioni

pag. 13. v. 6. profitto componen- profitto , componendone


done.
30. v. 1. tale navi tali navi
31. v. 5. Asdresbale. Asdrubale
32. v. 3. qualsiati qualsiasi
35. v. 17. Accademia di Bo- Acc. di Bologna ( tom. II. p. 3 )
logna.
39. v. 25. con essi è con essi è probabile
v. 26. nuovo ritrovato nuovo ritrovato : gli Amalfitani
43. v. 9. delle pierre delle pietre
49. v. 1. VI. IV.
v. 14. VII . V.
53. v. 18. addetti addotti
55. v. 1. riporta riportagli
58. v. 15. a poli ai poli
v. 20. constare constatare
59. v. 24. fa onore ecc. fa onore, non meno a lui , che al
nostro paese
v. 25. in contrario in contrario , aggiugne che
v. 28. interamenti interamente
98

Traduzione italiana de' testi latini , citati


nella precedente Memoria

Pag. 10. Ipse diem etc.


» Lo stesso Palinuro dichiara, di non saper egli più discerne-
re sul cielo, il dì della notte ; e di non aver memoria della via
da seguirsi, in mezzo alle tempestose onde . »>
p . 24. Pixis quoque etc.
>>> La bussola ancora, di cui dicono essersi fatto uso , presso
i Cinesi , da 3000. anni , non è già magnetica , ma sortilega
(magica), come osserva Martino Martinio , nelle sue Lettere.
pag. 27. divinant potius, quam probant.
>> Essi fanno piuttosto da indovini , anzichè diano pruove di
ciò che dicono .
pag. 34. De sideribus, eorumque occasu etc.
» Intorno alle stelle , ed al loro tramonto , per servire all'uso
dell'arte, e dell' esercizio nautico .
- De his autem libris etc.
pag. 36
» Di questi Libri (ossia di quello di Aristotele, che cita) per
altro non abbiamo altro veduto , che gli estratti parziali .
pag. 44. Angulus magnetis ejusdem etc.
» L'angolo della stessa calamita ; la cui proprietà è quella
di rivolgere il ferro in faccia al Zoro (ossia al settentrione ) :
di tale pietra servonsi i marini : l'angolo opposto poi lo attrae
all' Afro ( ossia polo del mezzodì ) .
pag. 47. Lapis est cognomine Magnes etc.
» Vi ha una pietra, che appellasi Magnete, senza colore, oscu-
ra, e vile.
pag. 51. Prima dedit nautis etc.
» Amalfi fu la prima (città) , che regalò ai marini il mezzo di
far buon uso della calamita .
pag. 80. Cape vorsoriam etc.
>> Afferra la versatile vela : ricoverati presso il tuo padrone in
propria patria ossia in sicuro porto.

pag . 58. ult . versi - « Les gens qui nojent etc.

» Le persone, che navigano nella parte del mezzo giorno ,


e che sanno la verità ; prendete una pietra di diamante , ossia
la calamita. Voi troverete che la stessa ha due facce: l'una che
rivolgesi verso la tramontana . Verso la quale questa faccia ri-
volgesi ; e per ciò sarebbero i marinai accorti , se vi prende-
ranno attenzione .
Prezzo Grana 60.

vela rico torati presso


porto.

fent etc.

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