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Alcuni atti, saranno alcune decisioni di quei determinati organi, saranno
immediatamente efficaci, avranno immediatamente forza vincolante, vincoleranno
immediatamente, potranno porre degli obblighi in capo agli stati membri
immediatamente, oppure potranno avere valore vincolante, porre degli obblighi solo
se accettati, oppure ancora non avranno questo tipo di valore, per cui saranno, si
fermeranno, rimarranno unicamente delle norme di indirizzo, delle norme esortative,
ma che non potranno, non porranno delle vere e proprie norme di diritto, delle vere
e proprie obblighi giuridici in capo agli stati. Proprio perché la fonte, quindi
l'origine di queste norme è prevista in un trattato internazionale, quindi in un
accordo tra alcuni soggetti dell'ordinamento internazionale, queste fonte, queste
norme che derivano dalle fonti previste da accordi, hanno efficacia, quindi saranno
vincolanti solo ed esclusivamente nei confronti di quei soggetti che hanno firmato
l'accordo all'origine, perché? Perché nel momento in cui un soggetto, uno Stato
firma un trattato internazionale che prevede che un determinato organo, che un
determinato soggetto abbia il potere di disciplinare determinate materie, di
prendere determinate decisioni, di imporre determinati obblighi in una qualche
materia, automaticamente accetta di essere poi vincolato a quelli che saranno poi
gli atti di questo organo, quindi io accetto firmando il trattato internazionale,
accetto che se l'organo di quell'organizzazione internazionale prenderà delle
decisioni, io poi sarò tenuto a rispettarle, quindi io Stato, ratificando il
trattato istitutivo dell'ONU, accetto di rispettare e quindi che sarò poi
successivamente vincolato a quelle che saranno le decisioni che il Consiglio di
sicurezza dell'ONU potrà prendere in determinate materie. C'è una domanda, prego.
Sì, buongiorno. Guardi, volevo chiedere, è nel caso in cui queste norme non vengano
rispettate dagli Stati che fanno parte della comunità internazionale? Perché
comunque abbiamo parlato di alcuni diritti fondamentali come il principio di pietra
di aggressione, tutte queste norme, che però come stiamo vedendo negli ultimi anni
non vengono proprio rispettate. Allora, il principio è che se un determinato Stato
non rispetta una di queste norme fondamentali, compie un illecito internazionale.
Compie un illecito internazionale, è un argomento che vedremo poi verso fine corso,
però un illecito internazionale è semplicemente una violazione di una qualsiasi
norma internazionale. Il compimento di un illecito internazionale fa sì che gli
altri Stati possano reagire all'illecito, possono reagire secondo delle procedure,
anche queste previste dal diritto internazionale. Prima e fra tutti le procedure di
reazione previste dalla Carta delle Nazioni Unite.
Quello che però sta avvenendo in questo periodo storico ed è un po' in realtà
emblematico di quello che è il diritto internazionale, di quello che è il sentire
degli Stati rispetto al diritto internazionale. Quindi sentirsi vincolati, perché
abbiamo detto che il diritto internazionale è un diritto, ed è un po' anche il
limite in realtà, del diritto internazionale. Il diritto internazionale è un
diritto fondato sulla semplice volontà degli Stati di rispettare una determinata
norma.
Quindi detto così, sembrerebbe dire che nel momento in cui gli Stati, non essendoci
una entità sovraordinata, non essendoci un'autorità superiore che può imporre il
rispetto del diritto internazionale, fino a che gli Stati va bene rispettare una
determinata norma, la rispettano, nel momento in cui decidono di non rispettarla
più non la rispettano, nessuno può dirgli niente se non reagire anche lì appunto
nel rispetto del diritto internazionale. Questo sì, e questo è il grosso limite del
diritto internazionale. Quello che però è invece la forza del diritto
internazionale sesto, è che anche in questi episodi che stiamo vedendo appunto nel
periodo storico che viviamo, gli Stati cercano comunque di trovare una
giustificazione nel diritto internazionale di quelli che sono i propri atti.
Cercano di trovare una giustificazione per quelli che sono i propri atti, perché?
Per non incorrere un illecito internazionale, che comporterebbe la possibilità poi
dopo degli altri Stati di reagire. Banalmente mica tanto, l'invasione russa in
Ucraina, la Russia in realtà giustifica il proprio intervento sulla base del
diritto internazionale, cioè quello che sostiene la Russia è in realtà di aver
reagito ad un pericolo alla propria integrità e sovranità nazionale, cioè quello
che sostiene la Russia è comunque di aver agito in difesa di un proprio territorio,
quindi in difesa di una propria integrità territoriale, e nello stesso tempo.
Quindi vedete che anche in queste situazioni gli Stati cercano di giustificare,
cercano una giustificazione alle proprie condotte, si sentono in dovere di
giustificare nei confronti della comunità internazionale i propri atti.
Il problema ed è appunto il limite del diritto internazionale è che non c'è una, se
non sono gli stessi Stati a deciderlo, non c'è un'autorità sovraordinata che possa
imporre, che possa decidere chi ha ragione e chi è torto fondamentalmente, come
invece accade negli ordinamenti nazionali. E quindi anche in questo caso possono
esserci degli atti esortativi delle organizzazioni internazionali di cui quello
Stato fa parte, sì ad esempio in questo caso ci sono stati degli atti
dell'Assemblea delle Nazioni Unite che però per loro natura non hanno potere
vincolante, ci sono stati degli atti di adesso da ultimo del Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite, il problema è che... Perché è una cosa che non riesco a capire
bene, lasciando perdere la questione russa-ucraina è che sì ci sono state fatte
sanzioni alla Russia per aver invaso il territorio ucraino. Le sanzioni sono
un'altra cosa, cioè vede quel è un altro metodo di reazione da parte degli altri
componenti della comunità internazionale di reazione a quello che da una parte
viene percepito come un illecito internazionale e invece dall'altra parte viene
tentato di giustificare come un atto invece lecito di difesa.
Quindi c'è tutto un sistema di azione e di azione in supporto di quello che si
suppone essere, si ritiene essere lo Stato offeso e di contrasto a quello che è lo
Stato offensore che però a sua volta... Il problema di tutte queste situazioni è
che non c'è un giudice o un'autorità sauroordinata che possa dire chi ha ragione e
chi ha torto possa imporre il rispetto di una determinata norma. Quindi finché non
sono le parti che volontariamente decidono di portare la controversia davanti a un
organismo giurisdizionale e poi decidono di sottoporsi al rispetto, a rispettare la
decisione di quel determinato organismo, non c'è un metodo se non una reazione tra
soggetti posti sullo stesso piano formalmente. Sì però adesso facciamo breve perché
magari sto prendendo troppo tempo, però dal mio punto di vista totalmente ignorante
su quello che è il diritto internazionale, per quanto riguarda il conflitto
Israele-Palestina io vedo che questo illecito internazionale commesso da Israele è
stato comunque anche appoggiato dalle Nazioni Unite che hanno alcuni stati, come ad
esempio l'Italia, sempre appoggiato Israele e cercato di aiutarlo inviando mezzi,
armi e insomma altre cose.
Quindi in questo caso se tutte le nazioni o la maggior parte delle nazioni decidono
che l'illecito internazionale commesso da un altro Stato è legittimo, che cosa
succede? Cioè va bene quello che sta facendo? Io lo sto dicendo in modo forse un
po' spiccio, però non so se mi capisce. Sì, fondamentalmente sì, perché l'unico
metodo di reazione ad un eventuale illecito internazionale è che gli altri stati
decidano di reagire, decidano di reagire nell'ambito delle organizzazioni
internazionali di cui gli stati fanno parte, nell'ambito appunto delle Nazioni
Unite in questo caso, oppure decidano di reagire a livello internazionale anche
appunto in aiuto dello Stato offeso e in contrasto dello Stato offensore. Però
anche lì come punto fermo è che prima venga individuato uno Stato offensore da
parte di tutti o comunque della maggior parte in questo caso, quindi ad esempio che
all'interno dell'Organizzazione delle Nazioni Unite ci sia una posizione se non
unanime, quantomeno maggioritaria, che decida, che ritenga che quel determinato
atto è un illecito internazionale che quindi decida di reagire in maniera compatta
come organizzazione nei confronti dello Stato offensore, perché comunque poi lo
vedremo, il problema è che anche a livello ONU, anche a livello Nazioni Unite non
c'è un sistema di imposizione obbligatoria, coercitiva del diritto, quindi il
Consiglio di sicurezza ha la possibilità di emanare questi atti che sono
vincolanti, però poi non c'è un corpo militare, sostanzialmente un esercito che
possa imporre il rispetto di quella determinata decisione, proprio perché la
struttura dell'Organizzazione non lo prevede, è proprio perché in realtà anche la
struttura dell'Organizzazione non è nient'altro che il riflesso della volontà degli
Stati, che si accettano di limitare la propria sovranità in parte cedendola alle
organizzazioni internazionali, ma che comunque mantengono lo stesso e sempre una
grossa fetta di appunto di questa sovranità e di questa indipendenza.
Ma quindi a questo diritto internazionale è vincolato anche a quelli che sono
interessi politici e economici degli Stati che accettano di rispettarlo?
Fondamentalmente sì, proprio perché è un diritto volontario, è un diritto legato
anche a quelli che sono gli interessi dei soggetti che decidono appunto da un lato
di porre determinate regole e dall'altro di rispettarle e quindi è il fatto di
volerle rispettare. Poi ci sono dei deterrenti appunto, ci sono proprio perché
alcuni Stati hanno sottoscritto determinati trattati, hanno anche accettato di
essere eventualmente sottoposti a determinati deterrenti, di dover rispettare
determinate regole, però anche lì si tratta comunque sempre di trattati, si tratta
comunque sempre di accordi, si tratta comunque quindi sempre di situazioni da cui
lo Stato come estrema razio potrebbe anche decidere di uscire, sempre ovviamente
valutando tutta una serie di ripercussioni a livello di opinione pubblica, rapporti
internazionali, rapporti economici, rapporti politici, assolutamente. Però
fondamentalmente sì, cioè portato all'estremo sì, questo discorso e il suo discorso
è corretto.
Poi infatti non è proprio così perché appunto ci sono tutta una serie di rapporti
internazionali, necessità di mantenere determinati rapporti internazionali,
interessi economici e politici che quindi pongono un po' dei freni da una parte
dall'altra dei contrapesi, però sostanzialmente sì. Sì però come ha detto lei sono
sempre interessi economici e politici e non da una morale diciamo comune che
implica magari a non fare determinati atti offensivi e essere legittimi perché
appunto su basi di interessi economici e politiche. Sì, cioè la morale generale c'è
perché appunto ci sono... Giusto ego per tutti, comunque non in tutti i popoli.
Certo, assolutamente. Cioè le norme, i principi generali, la morale generale c'è,
sono appunto le norme di Euskogens che sono i principi generali, i principi
astratti. Si applicano a tutti sì, rimane sempre il problema poi di chi fa
applicare questi principi a tutti e quindi l'unico modo per far rispettare tutte le
norme, possano essere appunto dai principi generali, dalla morale generale alla
regola più specifica, l'applicazione è sempre solo rimessa all'eventuale reazione
degli altri stati.
Però è tutto lì, è proprio appunto questo è il grande limite e poi in realtà la
struttura di tutto il diritto internazionale, di tutto l'ordinamento
internazionale. Purtroppo sì, è così, cioè in estrema, portato all'estremo è come
dice lei, anche i principi fondamentali se uno Stato decidesse di non rispettarli
lo può fare, non legittimamente perché violerebbe comunque una norma a cui il
rispetto è tenuto, ma si esporrebbe semplicemente tra virgolette alla reazione
della comunità internazionale. Ok capisco, volevo sapere se magari la violazione a
questa norma appoggiata da tutti gli altri stati significava cambiare la norma come
ha detto lei e in questo caso magari sì è possibile.
Sì, forse quello è un po' forte, cioè pensare che possa andare ad incidere su
quelle che poi fondamentalmente sono i valori fondamentali, autodeterminazione dei
popoli, divieto d'aggressione, divieto di uso della forza armata, insomma sono
principi molto radicati all'interno della comunità internazionale, quindi è
difficile adesso ipotizzare addirittura una desuetudine o un cambio della norma.
Però è possibile? In attratto sì, in concreto poi di fatto quello che viene fatto è
appunto tentare di giustificare in un modo o nell'altro secondo il diritto
internazionale, cioè non ci sarà mai nessuno Stato che ammette di aver violato
espressamente una norma di questo genere di diritto internazionale, cioè comunque
c'è sempre un tentativo di giustificare, perché anche in un certo senso la reazione
di Israele viene giustificata come una reazione ad un pericolo terroristico,
comunque ad un pericolo legato alla sopravvivenza stessa del proprio Stato, quindi
vede che anche qui, anche questo tipo di atti, si cerca di dare una veste formale
di giustificazione sulla base del diritto internazionale come reazione ad un
pericolo, quindi non come atto di aggressione pura e semplice, ma come reazione ad
un pericolo. Concludiamo invece, quindi ritorniamo al sistema delle fonti, quindi
abbiamo visto le fonti previste d'accordo, rimangono poi ancora da vedere delle
fonti sussidiarie, che non sono vere e proprie fonti del diritto internazionale, ma
sono appunto più che altro dei metodi di integrazione delle norme del diritto
internazionale, che appunto servono per interpretare, per risolvere le controversie
internazionali nel modo migliore quando la norma internazionale da sola non basta.
Le prime due insomma di queste fonti sussidiarie, questi strumenti di
interpretazione che sono citate dall'articolo 38 dello statuto della CIG, sono la
dottrina e la giurisprudenza. Appunto abbiamo visto che sono solo dei metodi di
interpretazione, per cui anche lo stesso statuto della CIG li prevede come ultimo
strumento da utilizzare e servono appunto per dare una migliore interpretazione,
per adattare al caso concreto una determinata norma internazionale. Nell'articolo
38 abbiamo visto che c'è poi un'ultima modalità attraverso la quale l'accordo
internazionale può dirimere una controversia internazionale, che è quella della
decisione seconda equità, le cosiddette decisioni ex aequo et bono.
Sicuramente è una modalità residuale, è una modalità che è applicabile solo ed
esclusivamente se espressamente richiesto dalle parti in causa e che cosa comporta?
Comporta che la Corte possa giudicare non applicando le norme di diritto
internazionale, ma applicando al caso concreto dei parametri, diciamo in senso lato
di buonsenso, di opportunità, dei criteri di generale giustizia, che sono volti a
equilibrare, a contemperare le varie pretese delle parti in causa. In ogni caso
appunto questo contemperamento delle ragioni delle parti in causa non è libero,
quindi l'equità non vuol dire liberi tutti, il giudice può decidere come meglio
crede senza nessun parametro, ma le decisioni seconda equità non potranno mai
essere né contra l'EGEM, quindi comunque non potranno mai essere in contrasto con
delle norme consuetudinarie o pattizie, né preter l'EGEM, cioè l'equità non può
colmare eventuali lacune del diritto consuetudinario o pattizio, per cui una
decisione seconda equità non potrà andare a disciplinare quelle zone d'ombra delle
norme internazionali, perché? Perché anche qui si parte dal principio per cui se
gli stati non hanno voluto disciplinare una determinata materia, un determinato
ambito tra di loro, è perché volevano lasciarlo libero, volevano lasciarsi la piena
libertà di azione in quel determinato ambito e quindi non potrà essere il giudice a
porre delle norme vincolanti in quell'ambito lì. Una fonte un po' particolare,
l'ultima che andiamo a vedere, è un po' controversa perché non tutti gli autori la
individuano come vera e propria fonte del diritto, anche perché in realtà non pone
espressamente e direttamente delle norme giuridiche, sono le dichiarazioni di
principi dell'Assemblea Generale dell'ONU, sono appunto degli atti dell'Assemblea
Generale, l'Assemblea Generale per espressa previsione dello statuto non ha poteri
vincolanti, non ha potere di emanare norme vincolanti per gli stati membri, ma solo
dei poteri di indirizzo dell'attività degli stati membri.
Queste dichiarazioni di principi però vengono prese in considerazione quasi come
fonti del diritto internazionale, perché sono atti molto strutturati che contengono
dei principi talmente generali, di portata talmente ampia e riguardano questioni
talmente importanti, che hanno comunque una forte valenza, un forte effetto
esortativo nei confronti degli stati membri. Quindi sono delle dichiarazioni
appunto degli atti, delle risoluzioni dell'Assemblea Generale che enunciano in modo
tra l'altro particolarmente solenne i principi relativi a queste materie, materie
fondamentali, materie importanti, ed esortano con questi atti gli stati membri alla
discussione su quelle determinate materie. Ad esempio, appunto, molto importante è
la dichiarazione di principi relativa ai diritti umani, quindi capite che gli
argomenti, le materie trattate sono molto alte e quindi l'Assemblea Generale, pur
essendo un organo senza poteri vincolanti, ha un forte peso in queste materie,
perché? Proprio perché è l'Assemblea Generale, quindi è il luogo, l'organo
all'interno del quale siedono i rappresentanti di tutti gli stati mondiali, cioè di
tutti gli stati membri, scusate, gli stati membri.
Gli stati membri dell'ONU in sostanza rappresentano la totalità di quella che è la
comunità internazionale e quindi dire che l'Assemblea Generale esorta la
discussione, pone dei principi, propone dei principi cardine, la base per la
discussione tra gli stati equivale a dire che sostanzialmente si stanno ponendo le
basi per la formazione quanto meno di una consuetudine internazionale, perché?
Perché se tutti gli stati partecipano alle riunioni e alle deliberazioni
dell'Assemblea Generale, l'Assemblea Generale esce sostanzialmente con un
determinato atto, vuol dire che quell'atto è espressione della volontà della
maggioranza della comunità internazionale, ok? E quindi quel determinato atto,
quella determinata norma rappresenta un punto di partenza per un comportamento
condiviso, la famosa prassi condivisa della consuetudine internazionale e che
proprio perché viene visto come un comportamento dovuto, molto probabilmente si
trasformerà in una consuetudine internazionale, perché appunto nascerà all'interno
degli stati che sono gli stessi che hanno emanato le dichiarazioni di principi,
l'idea che il rispetto di quel determinato comportamento sia dovuto, sia
giuridicamente dovuto e quindi si formerà la relativa consuetudine internazionale.
Vi è poi un'ulteriore e ultima davvero tipologia di atti che non hanno valore
giuridico, quindi non sono anche questi delle vere e proprie fonti del diritto
internazionale, ma hanno solo valore esortativo e che sono anche questi come le
dichiarazioni di principi dell'Assemblea Generale dell'ONU, sono però di stimolo
alla formazione, sono gli antecedenti logici alla formazione poi delle norme
internazionali e sono i cosiddetti atti di soft law, non sono atti tutti uguali,
non sono una singola categoria di atti, ma sono tutto un insieme di atti eterogenei
che hanno in comune appunto questo valore esortativo o dichiarativo nei confronti
della condotta degli stati, quindi che portano gli stati pur non avendo efficacia
obbligatoria, stimolano la discussione a livello internazionale, stimolano gli
stati su determinati temi, stimolano gli stati a o trovare un accordo tra di loro e
quindi a creare un trattato internazionale, oppure ad adottare una determinata
pratica internazionale che poi col tempo diventerà una una consuetudine
internazionale. Quindi in questo modo abbiamo visto tutte quelle che sono le varie
tipologie di atti da cui nascono le norme giuridiche, sostanzialmente le varie
tipologie di norme giuridiche internazionali, ci manca e vedremo nella prossima
lezione l'altra fonte primaria insieme alla consuetudine internazionale.
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