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Le Monarchie Assolute Nell'europa Del 600

Il documento analizza l'Antico Regime in Francia, evidenziando la struttura sociale divisa in clero, nobiltà e terzo Stato, e il concetto di assolutismo che emerse come risposta alla crisi del Seicento. Sotto Luigi XIV, l'assolutismo si consolidò attraverso una burocrazia centralizzata e riforme economiche promosse da Colbert, miranti a rendere la Francia una potenza economica e coloniale. Inoltre, il re cercò di controllare anche la sfera religiosa, affermando l'autonomia della Chiesa francese rispetto al Papa.

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Le Monarchie Assolute Nell'europa Del 600

Il documento analizza l'Antico Regime in Francia, evidenziando la struttura sociale divisa in clero, nobiltà e terzo Stato, e il concetto di assolutismo che emerse come risposta alla crisi del Seicento. Sotto Luigi XIV, l'assolutismo si consolidò attraverso una burocrazia centralizzata e riforme economiche promosse da Colbert, miranti a rendere la Francia una potenza economica e coloniale. Inoltre, il re cercò di controllare anche la sfera religiosa, affermando l'autonomia della Chiesa francese rispetto al Papa.

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CAPITOLO 1

L’espressione antico regime si riferisce alla storia della Francia ma poi si riferirà per analogia anche quella di
tutta Europa occidentale. Nasce nel 1789 durante la rivoluzione francese e fa riferimento a tutto ciò che
apparteneva al passato, ovvero tutto ciò che si voleva abolire per costruire una società nuova.

Nell’antico regime la sovranità spettava esclusivamente al re al quale faceva capo l’intera struttura
amministrativa e di governo oltre all’apparato militare. A livello sociale vi era una divisione in tre Stati: il
clero, la nobiltà e il terzo Stato; quest’ultimo era composto dalla gran maggioranza della popolazione.
L’appartenenza a un determinato ordine era considerata immutabile.

Il clero garantiva al re la legittimazione del suo potere.si riteneva che i sovrani governassero in base a
un’investitura divina che avveniva tramite rito dell’incoronazione.

Il clero si divideva in:

 clero secolare che esercitava le funzioni sacerdotali nelle parrocchie e dipendeva dal vescovo
 Clero regolare che viveva in comunità come monasteri e conventi obiettiva ai superiori dell’ordine
religioso

Il clero rappresentava il 2% della popolazione e non aveva solo un ruolo religioso ma anche politico e
culturale in quanto orientava i comportamenti delle persone.
Inoltre gli uomini di chiesa godevano di molti privilegi dette anche immunità:

 immunità reale riguardava il possedimento di edifici, terreni, oggetti di preziosi che non erano
vendibili cedibili se non con il consenso del Papa
 Immunità personale ovvero la possibilità di sottrarsi alle leggi dello Stato infatti in caso di reato essi
venivano giudicati da un tribunale speciale
 Immunità locale secondo il quale il clero poteva ospitare e proteggere chiunque si fosse rifugiato in
un luogo sacro

I membri della chiesa erano considerati prima sudditi del Papa e secondariamente cittadini di uno Stato

E la nobiltà invece costituiva circa l’8% della popolazione e si erano abili per diritto di nascita ovvero perché
si apparteneva a casa di antiche e prestigiose (nobiltà di sangue) o perché vantavano di origini feudali e
militari (nobiltà di spada).

Per entrare a fare a parte della nobiltà avveniva la nobilitazione per lettera che si otteneva tramite le
cosiddette lettere patenti ovvero provvedimenti emanati dal sovrano i cui beneficiari erano per esempio
banchieri che prestavano soldi alla corona, oppure mercanti che avevano accumulato molte fortune e
quindi potevano essere di aiuto lo Stato in tempo di guerra e di crisi economica. La nobilitazione per carica
invece era legata alla vendita privati di cariche pubbliche attraverso il quale v veniva conferito un titolo
nobiliare alle persone interessate in seguito ai loro eredi. Ciò si diffuse in Francia dando origine alla nobiltà
di toga grazia Enrico Quarto che aveva emanato una legge che sanciva l’eredità delle cariche di funzionari
statali in cambio di una tassa annuale: la paulette.

Anche i nobili avevano dei privilegi tra cui l’esenzione parziale o totale delle tasse e un’esclusiva nella
selezione delle cariche di rilievo nell’esercito e nell’amministrazione. Anche essi venivano giudicati da
tribunali speciali in caso di reato, avevano il diritto di portare la spada e di avere uno stemma nobiliare.
Inoltre avevano un abbigliamento raffinato, servitore, cavalli, carrozze e il loro stile di vita era ispirato a
valori e codici morali condivisi e usavano precise regole di condotta (buone maniere).

Del terzo Stato faceva parte la borghesia all’interno delle quali esistevano forti differenze di reddito a
differenza del clero e nobiltà che invece erano eterogenei. La borghesia era formata da grandi mercanti,
banchieri, funzionari di Stato, ma anche artigiani e commercianti che aspiravano all’ascesa sociale e ciò li
spingeva ad acquistare titoli, cariche e proprietà per poter poi vivere una vita simile a quella di nobili.

Il settore più ampio del terzo Stato era composto dei contadini che costituivano più dei due terzi della
popolazione e godevano di una scarsa considerazione sociale. La maggior parte erano braccianti privi di
proprietà che si mantenevano vendendo ai possidenti terrieri la propria opera attraverso contratti
stagionali. troviamo anche i contadini proprietari di piccoli o medi appezzamenti di terra che ricavavano il
necessario per sfamare la famiglia e a volte ottenevano anche un’eccedenza da vendere al mercato.

La maggior parte delle tasse ricadeva sul terzo Stato e soprattutto sui contadini, in particolare questi ultimi
pagavano dazi e pedaggi ai nobili mentre il clero versavano la 10ª ovvero una parte dei prodotti della terra.
Lo Stato imponeva ai contadini molte imposte sulle persone, sulle proprietà (dirette) e indirette (tassa sul
sale), oltre a chiedere prestazioni di lavoro gratuito i servizi militari.

Si organizzavano attraverso assemblee in cui esponenti dei tre ordini discutevano consultandosi tra loro e
controllavano l’operato del monarca e limitavano anche il suo potere. Questa tripartizione caratterizzava gli
Stati generali francesi e anche le Cortes spagnole. Nelle diete degli Stati tedeschi ICE di rappresentanti erano
invece quattro: clero, nobiltà, piccola nobiltà (cavalieri) e contadini liberi. Il parlamento inglese invece la
nobiltà il clero erano rappresentati dalla camera dei Lord mentre gli esponenti delle città e delle contee
trovavano posto nella camera dei comuni. Un caso a parte invece era costituito dagli Stati generali delle
province unite che erano invece un organo sia consultivo sia di governo

Il contenuto delle immagini descrive e spiega il concetto dell'assolutismo, il contesto storico in cui si è
sviluppato, e le sue sfide pratiche e teoriche.

L’ORIGINE E I CARATTERI DELL’ASSOLUTISMO MODERNO


L'assolutismo emerge come una risposta politica alla crisi che ha caratterizzato la prima metà del Seicento in
Europa. Questo periodo è stato segnato da guerre (come la Guerra dei Trent'anni), rivolte (come la Fronda
in Francia), e disordini diffusi. In risposta a questa instabilità, diversi paesi europei hanno adottato un
sistema di potere centralizzato, per affrontare la necessità di stabilità e ordine. In particolare, il modello di
assolutismo si è affermato prima in Francia e poi è stato imitato da altri paesi.

L'assolutismo si riferisce a un modello di governo in cui il sovrano cerca di concentrare tutto il potere nelle
proprie mani. Questo concetto è associato principalmente alla Francia della seconda metà del XVII secolo e
si riferisce a una "monarchia assoluta", dove il re è considerato legibus solutus, cioè sciolto dalle leggi. In
questo sistema, il sovrano non è vincolato dalle norme o consuetudini precedenti e dichiara che la fonte del
suo potere deriva direttamente da Dio.

Sebbene l'assolutismo aspirasse al totale controllo, nella pratica c'erano dei limiti. Le intenzioni del sovrano
spesso non corrispondevano alla realtà dei fatti, e i sovrani dovevano comunque confrontarsi con norme
fondamentali. Per esempio, in Francia c’erano leggi di successione ereditaria e la necessità di mantenere i
privilegi di enti potenti come il Parlamento di Parigi, che non potevano essere facilmente ignorati.

Anche in un sistema assolutista, il sovrano francese era soggetto a controlli, soprattutto dal Parlamento di
Parigi. Questo organismo aveva il potere di registrare ed esaminare gli editti reali, e, se ritenuti contrari
all'interesse pubblico, poteva rifiutarsi di ratificarli. Questo processo era chiamato diritto di rimostranza.
Anche se il sovrano poteva bypassare questa opposizione, l'esistenza del Parlamento costituiva un limite
pratico al potere assoluto.

Il progetto di assolutismo si scontrava anche con ostacoli pratici derivanti dall'organizzazione della società
dell'Antico Regime. Per esempio, la Francia era divisa in regioni con normative diverse, e la frammentazione
linguistica e giuridica rendeva difficile l'imposizione di un potere centralizzato uniforme. Le infrastrutture,
come i trasporti e le comunicazioni, erano carenti, e ciò rallentava l'efficienza del governo centrale
nell'esecuzione degli ordini. Di conseguenza, i tentativi di centralizzazione spesso fallivano, e il sovrano
doveva trovare compromessi con le autorità locali.

L’ASSOLUTISMO NELLA FRANCIA DI LUIGI XIV

Luigi XIV divenne re di Francia nel 1643, a soli cinque anni, dopo la morte di suo padre Luigi XIII. Data la
giovane età, la madre, Anna d’Austria, esercitò la reggenza con l’aiuto del cardinale Giulio Mazzarino. Luigi
non si interessò inizialmente alla politica, ma alla morte di Mazzarino nel 1661, a 22 anni, assunse
direttamente il controllo del governo. Convocò i suoi ministri e annunciò che avrebbe governato senza un
primo ministro, affermando l’intenzione di mantenere tutto il potere nelle sue mani. Espresse la sua visione
assolutista con la celebre frase “Lo Stato sono io”, dichiarando così la centralità della sua figura nel governo
della Francia.

Per consolidare il potere assoluto, Luigi XIV istituì una struttura burocratica centralizzata, creando il
Consiglio del Re. Questo Consiglio era composto esclusivamente da ministri di sua fiducia, incaricati di
gestire i principali settori di governo come la Guerra, la Marina, gli Affari Esteri e la “Casa del re”. La politica
finanziaria e fiscale era sotto il controllo del controllore generale delle finanze. Luigi XIV mirava a governare
“da solo” e rafforzare il suo potere esecutivo, assicurandosi che solo i più fidati collaboratori partecipassero
alle decisioni di Stato.

Luigi XIV rafforzò il ruolo degli intendenti, funzionari nominati direttamente da lui con l’obiettivo di applicare
le leggi e rappresentare il potere del re nelle diverse province della Francia. Inizialmente, gli intendenti
avevano incarichi a termine, ma Luigi li trasformò in cariche stabili, selezionando una trentina di uomini
fidati tra le famiglie borghesi del paese, escludendo la nobiltà. Gli intendenti avevano compiti estesi:
amministravano la giustizia, riscuotevano le tasse e presiedevano i consigli comunali. Inoltre, dovevano
informare il re su tutto ciò che accadeva nelle loro aree di competenza e riportare gli ordini centrali nelle
periferie del regno, rafforzando così una struttura amministrativa omogenea e centralizzata.

Il testo descrive le strategie economiche, coloniali e legislative del ministro Jean-Baptiste Colbert durante il
regno di Luigi XIV, evidenziando il suo ruolo nel rafforzamento dell’economia e dell’influenza della Francia.

Dopo la Guerra dei Trent'anni, la Francia si trovava in una situazione economica difficile, con elevate spese e
risorse statali limitate. Colbert, nominato controllore generale delle finanze, sviluppò una politica
economica basata sul **mercantilismo**, con l’obiettivo di rendere la Francia autosufficiente e competitiva
a livello internazionale. Il mercantilismo di Colbert era fondato sull’idea di accumulare ricchezza nazionale
riducendo le importazioni e aumentando le esportazioni.
Tra le misure adottate:

 Protezione doganale**: Colbert introdusse alti dazi sulle importazioni per proteggere i prodotti
francesi dalla concorrenza estera.
 Sostegno alle manifatture**: Colbert promosse la creazione di industrie nazionali (come armi,
tessuti, vetro, ecc.) e istituì le “manifatture reali”, tra cui Saint-Gobain per la produzione di vetro e
Beauvais per gli arazzi, per produrre beni di alta qualità destinati all’esportazione.
 Infrastrutture**: Per facilitare il commercio interno, Colbert incentivò la costruzione di strade e
canali; un esempio notevole fu il Canale del Midi, che collegava l’Atlantico con il Mediterraneo e
migliorava i trasporti nazionali.
Colbert mirava anche a estendere l’influenza della Francia attraverso l’espansione coloniale, contrastando le
potenze commerciali come Olanda e Inghilterra. Fondò compagnie commerciali monopolistiche:

- **Compagnia delle Indie Occidentali**: questa compagnia aveva il compito di sviluppare il commercio
francese nelle Americhe, con territori come la Guyana, le Antille, il Canada e la Florida.

- **Compagnia delle Indie Orientali**: rivolta al commercio in Asia, le fu concesso il monopolio


commerciale nelle aree dell'Oceano Indiano e del Pacifico, mirato a garantire un controllo esclusivo sui
prodotti di quelle regioni.
Colbert promosse anche la **riforma della giustizia**, introducendo un sistema di leggi codificate per
limitare l’arbitrarietà delle interpretazioni giuridiche regionali. Fino ad allora, il diritto consuetudinario
permetteva ai giudici locali interpretazioni soggettive delle leggi; Colbert sostituì questo sistema con un
**corpus di leggi scritte**, valide in tutto il regno, che portò a una maggiore coerenza legislativa.
Con queste riforme, Colbert contribuì a rendere la Francia una potenza economica e coloniale, oltre a
rafforzare la centralizzazione dello Stato sotto il governo di Luigi XIV.
Per limitare ulteriormente le autonomie locali, Luigi XIV decise di nominare i sindaci e gli altri amministratori
delle principali città, selezionando anche le forze di sicurezza, i cui costi dovevano essere sostenuti
direttamente dalle città. In questo modo, il re garantì una maggiore fedeltà alla Corona, riducendo
l’influenza dei poteri locali e mantenendo un controllo diretto sulle diverse parti del regno.

La politica di Luigi XIV era volta a consolidare il controllo del sovrano anche sulle questioni religiose. Il
"gallicanesimo" rappresentava la dottrina che sosteneva l’autonomia della Chiesa francese rispetto
all’autorità papale, affermando il diritto del sovrano di controllare i vescovi e i beni ecclesiastici in Francia.
Nel 1682, Luigi XIV ottenne dal clero francese la **Dichiarazione dei Quattro articoli**, che riaffermava
l’indipendenza della Chiesa gallicana e confermava il diritto del re di nominare i vescovi e amministrare i
beni ecclesiastici, riducendo così il potere temporale del papa sul territorio francese. Questa dichiarazione
provocò tensioni con papa Innocenzo XI, che non accettò di riconoscerla. Tuttavia, nel 1692 si raggiunse un
compromesso: Luigi XIV accettò di non nominare vescovi senza l’approvazione papale, pur mantenendo la
gestione degli aspetti amministrativi della Chiesa gallicana.

Il giansenismo, basato sulle dottrine di Cornelius Jansen, criticava la corruzione nella Chiesa e enfatizzava la
grazia divina come fondamentale per la salvezza. Luigi XIV considerava il giansenismo una minaccia alla sua
autorità, poiché spesso era associato a un atteggiamento critico verso la Chiesa ufficiale. Nel 1653, papa
Innocenzo X condannò alcune dottrine gianseniste come eretiche, e Luigi XIV ordinò l'eliminazione dei
conventi e degli istituti giansenisti. Nel 1708, Luigi XIV intensificò la repressione distruggendo l'abbazia di
Port-Royal, uno dei principali centri giansenisti, soffocando così uno dei simboli di questo movimento.
Gli ugonotti, seguaci del calvinismo, godevano di una relativa libertà di culto garantita dall'editto di Nantes
del 1598. Tuttavia, Luigi XIV riteneva che l'unità religiosa fosse essenziale per consolidare il suo potere e
iniziò una campagna contro i protestanti. Negli anni 1680, impose una serie di limitazioni e pratiche
discriminatorie contro di loro, come le **"dragonnades"**: le famiglie ugonotte erano obbligate a ospitare
soldati cattolici, detti "dragoni", incaricati di persuadere o costringere alla conversione.
Nel 1685, Luigi XIV revocò ufficialmente l’editto di Nantes con il **editto di Fontainebleau**, proibendo il
culto protestante e ordinando la distruzione dei templi protestanti. La conversione al cattolicesimo diventò
obbligatoria; in caso contrario, gli ugonotti rischiavano la confisca dei beni, la separazione delle famiglie e la
prigionia. Questa persecuzione causò l'emigrazione di circa 300.000 ugonotti, che fuggirono verso Paesi
come la Prussia, l'Inghilterra e le Province Unite, portando con sé competenze preziose e causando un
danno economico alla Francia.
Tra gli ugonotti che rimasero in patria, alcuni organizzarono insurrezioni armate. Una delle più significative
fu quella dei **Camisards** nel 1702, composta principalmente da contadini e artigiani del sud della
Francia, che si opposero militarmente alla persecuzione cattolica. Gli scontri proseguirono fino al 1709,
quando l’esercito regio riuscì a reprimere l’ultima resistenza.
Queste azioni di Luigi XIV miravano a garantire un'uniformità religiosa in Francia, rafforzando il potere
assoluto del re.

IL CULTO DEL RE SOLE E LA SUA STRATEGIA ESPANSIONISTICA


Luigi XIV utilizzò attivamente la comunicazione per consolidare il suo potere. Le azioni repressive contro i
protestanti, come gli ugonotti e i giansenisti, furono accompagnate da una strategia di immagine volta a
legittimare le sue decisioni e a presentare il re come il difensore dell’ordine religioso e politico. Fu creata
una "politica dell'immagine" per ispirare sentimenti di devozione, reverenza e obbedienza verso il sovrano.
Questa politica si basava sulla metafora del "Re Sole", dove Luigi XIV si presentava come la fonte di luce e
ordine che guidava la Francia. Il re utilizzava strumenti di propaganda, come l'arte e le cerimonie, per
rafforzare la sua immagine di sovrano assoluto e accentuare il suo ruolo centrale nella vita politica e
culturale del paese.

Per consolidare ulteriormente la sua immagine, Luigi XIV fece costruire la reggia di Versailles, a partire dal
1661. Versailles divenne un simbolo di potere e un centro della vita politica e sociale francese, dove la
nobiltà era costretta a vivere sotto il controllo diretto del re. Questa vicinanza al sovrano era percepita come
un privilegio, e la partecipazione alla vita di corte divenne un indicatore di prestigio. Luigi XIV riuscì a
centralizzare ulteriormente il potere riducendo l’autonomia dei nobili, che ora dipendevano
economicamente e politicamente dal sovrano. Versailles fu anche un centro di produzione artistica e
manifatturiera, con numerose fabbriche che producevano beni di lusso per la corte e l’esportazione.

Luigi XIV portò avanti una politica estera aggressiva e espansionistica. Inizialmente, con la pace dei Pirenei
(1659), la Francia aveva già consolidato il suo ruolo di potenza in Europa. Luigi XIV cercò di espandere
ulteriormente i confini francesi, sia attraverso la diplomazia che attraverso le campagne militari. Colbert,
ministro delle finanze, costruì una potente marina militare per sfidare le flotte inglesi e olandesi,
rafforzando la posizione della Francia nel commercio e nelle guerre navali. Il marchese di Vauban sviluppò
un sistema di fortificazioni lungo i confini francesi per proteggere il regno da invasioni esterne. La politica
espansionistica di Luigi XIV culminò nella creazione di un esercito di 200.000 soldati nel 1700, uno dei più
potenti d’Europa.

Luigi XIV intraprese numerose campagne militari per estendere i confini della Francia. Le principali guerre
furono:

 La Guerra di devoluzione (1667-1668), che vide la Francia contro la Spagna per il controllo delle
Fiandre.
 La Guerra d’Olanda (1672-1678), che cercò di ridimensionare la potenza olandese, ma si concluse
con la pace di Nimega.

 La Guerra della Grande Alleanza (1688-1697), durante la quale la Francia combatté contro una
coalizione di potenze europee.

 La Guerra di successione spagnola (1702-1714), che segnò il declino del potere francese e causò
gravi difficoltà economiche. Sebbene la guerra fosse in parte vinta, portò alla rovina economica del
paese e alla morte di molti francesi. Luigi XIV morì nel 1715, lasciando la Francia indebolita
economicamente e militarmente.

LE MONARCHIE ASSOLUTE NEL RESTO D’EUROPA

Pietro il Grande salì al trono in un contesto che presentava analogie con l'assolutismo francese. Figlio dello
zar Alessio I Romanov, fu designato come successore nonostante non fosse il primogenito, e dovette
affrontare resistenze interne, in particolare da parte dei boiari, l'aristocrazia russa. Durante la sua ascesa al
potere, dovette condividere il trono con il fratellastro Ivan. Dopo la morte di quest'ultimo e il ritiro della
sorella Sofia Alekseevna Romanov, che aveva tentato di mantenere il controllo, Pietro ottenne il pieno
controllo nel 1696. La sua reggenza segnò l'inizio di una serie di riforme e modernizzazioni che
trasformarono la Russia in una grande potenza europea.

Una volta salito al comando, Pietro si concentrò su due obiettivi principali: rafforzare la Russia come
potenza europea e modernizzare il paese sul piano tecnologico, economico e militare. La prima grande
conquista fu nel 1696, quando prese la piazzaforte di Azov, che consentiva un accesso strategico al Mar
Nero e al Mediterraneo. Tuttavia, per poter sfidare le potenze europee e ottomane, Pietro comprese la
necessità di modernizzare l’esercito e l'economia del paese, soprattutto grazie all'influenza occidentale. Per
acquisire queste competenze, viaggiò in incognito in Europa nel 1697-1698, visitando le principali nazioni
come l’Olanda e l’Inghilterra per apprendere nuove tecniche militari, navali e industriali.
Al suo ritorno, Pietro avviò una serie di riforme, tra cui la creazione di nuove flotte, arsenali, laboratori
scientifici e manifatture, necessari per rendere la Russia competitiva con le potenze europee. Sconfisse poi
una rivolta dei boiari nel 1698 e consolidò ulteriormente il suo potere con una politica di tolleranza zero
verso l'opposizione.

Pietro il Grande si impegnò anche nell'espansione territoriale della Russia. Nel 1700 iniziò una guerra contro
la Svezia (nota come Grande Guerra del Nord), che terminò con la vittoria russa nella battaglia di Poltava nel
1709. Questo conflitto portò alla firma del trattato di Nystad nel 1721, che consolidò il dominio russo su
diverse aree strategiche, tra cui la Finlandia e le coste baltiche, contribuendo così al declino della Svezia
come grande potenza.Una delle principali conquiste di Pietro fu la fondazione di San Pietroburgo nel 1703,
che divenne la nuova capitale della Russia. La città fu concepita come una fortezza militare e un porto
commerciale, rafforzando ulteriormente le relazioni della Russia con l’Europa occidentale. San Pietroburgo
si trovava in una posizione strategica, con accesso diretto al Baltico, e divenne il centro politico ed
economico del regno.Oltre all’espansione verso ovest, Pietro intraprese anche campagne verso est,
spingendo le frontiere russe fino all’Asia. La Russia iniziò a consolidare il controllo sulla Siberia e la penisola
del Kamchatka, spingendosi fino alle isole Curili. Queste conquiste posizionarono la Russia come una
potenza eurasiatica dominante, rafforzando la sua influenza non solo in Europa, ma anche in Asia.

Pietro il Grande, nel suo intento di trasformare la Russia in una potenza europea, realizzò una serie di
riforme interne che toccarono sia l'istruzione sia la nobiltà. L'obiettivo principale era quello di creare una
classe dirigente competente e fedele al sovrano. Tra le misure prese per migliorare l'istruzione, Pietro fondò
scuole tecniche, facoltà di ingegneria, e accademie scientifiche, come l'Accademia delle Scienze di San
Pietroburgo, che si avvalse di alcuni dei più illustri rappresentanti del mondo culturale europeo.Un aspetto
cruciale delle riforme riguardava la nobiltà, che Pietro voleva rendere meno potente per limitarne
l'influenza, poiché la tradizionale aristocrazia dei boiari aveva sempre rappresentato un ostacolo
all’assolutismo. Per ridurre il loro potere, Pietro abolì la Duma dei boiari, l'assemblea rappresentativa della
nobiltà, sostituendola con un Senato formato da uomini di sua fiducia.
Nel 1722 Pietro introdusse la **"Tavola dei ranghi"**, un sistema innovativo che assegnava titoli nobiliari e
posti di comando militare e amministrativo in base al merito e al servizio reso allo Stato, anziché in base alla
nascita. Questa misura fu volta a garantire l'ascensione sociale a chiunque servisse il sovrano con lealtà e
capacità, indipendentemente dalle origini nobili. La Tavola dei ranghi contribuì a ridefinire la struttura
sociale e politica russa, favorendo la creazione di una nuova nobiltà più vicina al potere centrale e quindi più
devota alla monarchia.
Oltre alle riforme amministrative, Pietro il Grande intervenne pesantemente anche nelle questioni religiose.
Per la prima volta, il potere della Chiesa fu subordinato a quello dello Stato, e Pietro si arrogò il diritto di
nominare i vescovi e gestire le proprietà ecclesiastiche. Nel 1721, fondò il **Santo Sinodo**, un organismo
ecclesiastico statale che sostituiva il patriarcato, e che era sotto il controllo diretto di un funzionario
nominato dal sovrano. Questa istituzione segnò una totale subordinazione della Chiesa russa al potere
imperiale, che ora era incaricato di gestire anche gli affari religiosi.
In parallelo, Pietro adottò una politica repressiva contro il dissenso. Chiunque si opponesse alle sue riforme,
politiche o religiose, veniva brutalmente punito. Un esempio di questa repressione fu il trattamento
riservato al figlio Alessio, accusato di cospirazione contro il padre. Alessio venne torturato fino alla
confessione di tradimento e successivamente giustiziato per ordine dello zar. Questo atto dimostrò la ferocia
con cui Pietro difendeva la propria autorità e la volontà di eliminare qualunque forma di opposizione, anche
all'interno della sua stessa famiglia.

L'assolutismo prussiano seguì un modello simile a quello francese, ma con caratteristiche specifiche legate
alla geografia e alla frammentazione politica della regione. L'evoluzione dello Stato prussiano iniziò con la
dinastia degli Hohenzollern, in particolare sotto Federico Guglielmo, il quale fu principe elettore del
Brandeburgo dal 1640 al 1688. A differenza della Francia, la Prussia era una regione disomogenea,
frammentata e con una popolazione multietnica e multireligiosa, il che rese il processo di centralizzazione
particolarmente complesso.
Federico Guglielmo si concentrò su un rafforzamento dell'autorità centrale e sulla costruzione di un esercito
professionale. Il reclutamento obbligatorio, unito alla creazione di una burocrazia solida, permise di formare
un forte Stato militarizzato. Inoltre, accolse molti ugonotti fuggiti dalla Francia dopo la revoca dell'Editto di
Nantes, che contribuirono allo sviluppo economico del Brandeburgo grazie alle loro competenze nel settore
manifatturiero e commerciale.
Nel 1701, il titolo di re di Prussia fu concesso a Federico Guglielmo da Leopoldo I, l'imperatore del Sacro
Romano Impero. Da quel momento, la Prussia poteva competere come potenza emergente in Europa,
nonostante le sue dimensioni ridotte.
Federico Guglielmo I, figlio di Federico Guglielmo, salì al trono nel 1713 e governò fino al 1740. Fu
soprannominato il "Re Soldato" per il suo grande interesse nella militarizzazione dello Stato. Le sue riforme
riguardarono principalmente l'unificazione e la centralizzazione della Prussia, per creare una macchina
statale efficiente e ben organizzata.
Federico Guglielmo I rafforzò l'esercito, introducendo il reclutamento obbligatorio e rendendo i figli dei
nobili obbligati a servire nell'esercito come ufficiali. Stabilì una disciplina rigorosa, e l'esercito prussiano
divenne noto per la sua efficienza e organizzazione. Questa disciplina fu imposta anche alla burocrazia, e il
sovrano assunse il controllo diretto delle finanze, riducendo le spese della corte e aumentando il gettito
fiscale.
Le riforme amministrative e militari permisero alla Prussia di diventare una delle potenze militari dominanti
in Europa nel XVIII secolo. Il soprannome "re sergente" sottolinea il suo rigore e la sua dedizione alla
costruzione di uno Stato efficiente e militarizzato.

Nel contesto dell'Europa centrale, gli Asburgo divennero una delle principali dinastie assolutiste, con
Leopoldo I che governò come imperatore del Sacro Romano Impero dal 1640 al 1705. La sfida principale di
Leopoldo I fu governare un impero vasto e frammentato, composto da numerose etnie e regioni, come la
Boemia e l'Ungheria, ciascuna con le proprie leggi e privilegi locali.
Leopoldo I cercò di centralizzare il potere e consolidare l'autorità della corona, ma incontrò molte
resistenze. In particolare, i nobili ungheresi si opposero strenuamente al suo progetto di rafforzare il potere
centrale e di imporre la religione cattolica. Le rivolte contro il dominio asburgico, soprattutto in Ungheria,
furono violente e destabilizzanti, ma Leopoldo I riuscì comunque a mantenere il controllo, anche se non
riuscì a unificare completamente il regno sotto un'autorità centralizzata.
Nonostante le sfide, Leopoldo I riuscì a mantenere l'unità dell'impero e a rafforzare la sua posizione contro
le potenze rivali, come l'Impero Ottomano e la Francia. Tuttavia, il suo governo fu costantemente minato
dalle tensioni interne, dovute alla natura multietnica e multiculturale dell'impero.

Nel contesto dell'Europa centro-meridionale, gli Asburgo emersero come protagonisti insieme a dinastie
come i Romanov e gli Hohenzollern. Gli Asburgo, sovrani dell'Austria, Boemia e Ungheria, miravano a
rafforzare il loro potere, specialmente attraverso la politica imperiale del Sacro Romano Impero.
Leopoldo I, salito al trono nel 1658, si trovò a governare un vasto territorio etnicamente eterogeneo, che
comprendeva popolazioni di lingua tedesca, italiana, ungherese e croata. Il suo progetto politico mirava a
centralizzare il potere e consolidare il dominio asburgico, riducendo l'autonomia locale, specialmente in
Boemia e Ungheria.
Una delle sfide principali per Leopoldo I era contrastare la diffusione del protestantesimo, diffuso in molte
aree sotto il controllo asburgico. Leopoldo rafforzò il controllo sull'Ungheria, imponendo l'unità religiosa con
il cattolicesimo attraverso una politica repressiva che portò a ribellioni, come quella della nobiltà magiara,
contribuendo a un diffuso malcontento.

Leopoldo I ottenne notevoli successi anche in ambito militare, in particolare nella guerra contro l'Impero
ottomano. Nel 1683, l'assedio di Vienna da parte delle forze ottomane fu respinto con l'aiuto di alleati come
la Polonia di Giovanni Sobieski, portando a una serie di vittorie che culminarono nella conquista di Buda,
capitale dell'Ungheria, nel 1686.
La battaglia decisiva fu quella di Zenta nel 1697, in cui l'esercito ottomano fu definitivamente sconfitto sotto
la guida di Eugenio di Savoia. Queste vittorie consolidarono la supremazia asburgica nella regione. Con la
pace di Carlowitz del 1699, l'Austria ottenne importanti territori come l'Ungheria, la Transilvania, la Croazia
e la Slavonia.
Anche gli alleati degli Asburgo ottennero benefici territoriali: la Polonia ottenne parte dell'Ucraina, Venezia
acquisì la Morea e la Dalmazia, mentre la Russia confermò la conquista di Azov. Questi successi
aumentarono il prestigio della dinastia asburgica, che si affermò come una delle principali potenze europee.
Questa espansione rafforzò il ruolo degli Asburgo nella difesa della cristianità contro la minaccia ottomana,
ampliando al contempo il loro potere territoriale e politico in Europa centrale.

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