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Studi Biblici Benedetto Prete La Passione e La Morte Di Gesù Nel

Benedetto Prete, docente di Nuovo Testamento, analizza la narrazione lucana della passione e morte di Gesù, evidenziando la preghiera di Gesù e il suo abbandono fiducioso al Padre. Il secondo volume dell'opera approfondisce il valore soteriologico della morte di Gesù, sottolineando come gli eventi del ministero di Gesù mostrano il suo ruolo salvifico. La pubblicazione fa parte della collana 'Studi Biblici' e include vari capitoli che trattano dettagliatamente il processo, la crocifissione e le reazioni alla morte di Gesù.

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Studi Biblici Benedetto Prete La Passione e La Morte Di Gesù Nel

Benedetto Prete, docente di Nuovo Testamento, analizza la narrazione lucana della passione e morte di Gesù, evidenziando la preghiera di Gesù e il suo abbandono fiducioso al Padre. Il secondo volume dell'opera approfondisce il valore soteriologico della morte di Gesù, sottolineando come gli eventi del ministero di Gesù mostrano il suo ruolo salvifico. La pubblicazione fa parte della collana 'Studi Biblici' e include vari capitoli che trattano dettagliatamente il processo, la crocifissione e le reazioni alla morte di Gesù.

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BENEDETTO PRETE, dell'Ordine dei Predicatori, dopo aver

insegnato Filologia ed esegesi neotestamentaria all'Università


di Padova, è professore di Nuovo 'I;estamento nello Studio
Domenicano di Bologna. Autore di numerosi saggi e com­
menti, a Luca - oltre a un commc;:nto in due volumi (1961) -
ha dedicato.' in particolare L.�i)p(!ra di Luca. Content�ti e pro­
spettive (19�6). Per i tipi della Paideia Editrice ha pubblicato
Il primato e la missione di Pietro (1969) e Matrimonio e conti­
llenza nel-cristiimesiino d'elle origitti (1979).

ll secondo volume dell'opera di Benedetto Prete approfondi­


.sce ulteriormente gli aspetti peculiari della narrazione lucana
della passione e morte di Gesù rispetto ai paralleli in Marco
e Matteo. La preghiera di Gesù al Monte degli Ulivi trova
una spiegazione unitaria nel motivo della volontà del Padre,
cosl. come l'ultima preghiera di Gesù morente - come ogni
giusto, anche Gesù muore pregando - e�prime l'abbandono
fiducioso nelle mani del Padre, nella piena accettazitme del
piano salvifìco divino. n capitolo dedicato al valoresoteriolo­
gico della morte di Gesù mostrl!. come in Luca la funzione
salvifìca dell�operato di Gesù consegua .dalla teologia rtàtì:ati­
:va propria dell'evangelista: nel V!!.ngel() lucano la parc;>la è la­
sciata agli eventi .stessi del ministero di Gesù. Sono questi,
non le parole di Gesù o le riflessioni dell'evangelista, che ne
mostrano il ruolo salvi6co.

Nella collana «Studi Biblici» sono usciti ultimamente:

109. H. HOBNER, La legge in Paolo


xxo. RA. Ho.RSLEY- ].S. HANSON, Banditt: profeti e messia
ux. A. ROFÉ, bJtr.O.duz.ione alla letteratura pro/etica
II2. B. PRETE, La passione e la morte di Gesù
nel racconto di Luca I
riJ. F. (;ARCfA Mh�TfNEZ- ]. TREBQLLE BARRERA,
'Gli uomini dtQumran
n4. W.H. ScHMIDT, I dieci comandamenti
e l'etica veterotestilmentaria

STUDI BIBLICI N. II5

Collezione diretta da Giuseppe Scarpat


BENEDETTO PRETE

La passione
e la morte di Gesù
nel racconto di Luca
vol. 2. La passione e la morte

PAIDEIA EDITRICE
Con approvazione ecclesiastica
Tutti i diritti sono riservati
© Paideia Editrice, B rescia 1997 ISBN 88.394.0546. 1
INDICE

Parte seconda
La passione e la morte
Cap itolo dodicesimo: Il processo di Gesù davanti a Pi-
lato (Le. 23,1-2 5 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I3
1. Dati caratteristici dei racconti evangelici del processo davan-
ti a Pilato . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 14
n. La prima comparizione di Gesù davanti a Pilato (Le. 23, 1 - 5 ) . IS
111. La comparizione di Gesù davanti ad Erode Antipa (23,6-u) . 11
IV. Seconda comparizione di Gesù davanti a Pilato (Le. 23 ,13-2 5) 17
1. Pilato dichiara l'innocenza di Gesù davanti ai capi ed al po-
polo (vv. 13 - 1 6) . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2 . La reazione dei capi e del popolo giudaici alla decisione di Pi-
lato (vv 1 8 -z s ) . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. 31

Capitolo tredicesimo: Gesù è condotto al Calvario (Le. 2 3 ,


26-32). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
1. Simone di Cirene porta la croce (v. 26) . . . . . . . .. . . . . . . . . . . 37
II. Oracolo di Gesù contro Gerusalemme ( vv 27 -3 1 ) . . . . . . . . . . 42
1 . La forma letteraria dell'oracolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
2. Contenuto e senso dell'oracolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . so
I II. Gesù è condotto alla crocifissione insieme con due malfattori
(v. 32) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . SS

Capitolo quattrodicesimo: La crocifissione di Gesù (Le. 2 3 ,


3 3- 3 5 a) · · · · · · · · · · · 59· · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · ·

1. Gesù è crocifisso in mezzo a due malfattori . . . . . . . . . . . . . . . 6o


11. La preghiera di perdono di Gesù per i crocifissori (v. 34a) . . . 61
III. Divisione e sorteggio delle vesti di Gesù (v. 34b) . .... . . . . .. 70
IV. «11 popolo stava a vedere» (v. 3 5 a). .. . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . 72

Capitolo quindicesimo:Gesù in croce è deriso. L 'iscrizio-


ne sulla croce (Le. 2 3 ,3 sh-38) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
I. Gli scherni dei «capi» . . . . . .. . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
11. Il gesto dei soldati e le loro derisioni. . . . . . . . . . . . . ... . . . . . 78
III. L'iscrizione sulla croce. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

7
Capitolo sedicesimo: Il buon /adrone (Le. 2 3 ,39-43) . . . 85
I. Caratteristiche del racconto del buon l adrone . . . . . . . . . . . . . 85
11. Il comportamento del ladrone pentito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
1. Il malfattore pentito rimprovera il compagno i mpenitente . 90
2. Il malfattore pentito dichiara pubblicamente l'innocenza di
Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
3· La fiduciosa richiesta del ladrone pentito . . . . . . . . . . . . . . . 93
111. La risposta di Gesù alla richiesta del ladrone pentito . . . . . . . . 97
1. Le affermazioni più caratteristiche del Salvatore al malfatto-
re pentito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . 97
a ) «Oggi» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . 98
b) «Sarai con me» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
c) «In paradiso» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
2. Le prospettive dottrinali aperte dalla solenne promessa fatta
da Gesù al malfattore pentito . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . 103
a ) La teologia della salvezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
b) La condizione di Gesù Cristo dopo la sua morte . . . . . . . I04

Capitolo diciassettesimo: La morte di Gesù in croce (Le.


2 3 ,44-46) . . . . . ... .. .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I II
I. Alcune premesse di carattere letterario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 I1
n. I fenomeni straordinari verificatisi prima della morte di Gesù

{vv. 44 -45 ) . . . . . . . . . .....


. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . • II 2
III. La preghiera di Gesù morente al Padre (v. 4 6) . . .. . . . . . . . . . I 17

Capitolo diciottesimo: Le reazioni dei presenti alla mor-


te di Gesù (Lc. 2 3,47-49) . . . . . .. . . . . ... .. . . . . . . . 121
I. La reazione del centurione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
II. La reazione delle folle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125
III. La reazione dei «conoscenti» di Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

Capitolo diciannovesimo: La sepoltura di Gesù (Le. 23,


5 0- 5 6) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IJ I
I. Osservazioni di carattere generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I3 1
n. Le iniziative di Giu seppe di Arimatea (vv. so-54) . . . . . . . . . . 133
III. Le donne osservano la tomba e preparano gli aromi (vv. 55 s.) 13 8

Capitolo ventesimo: Valutazioni storico-teologiche del


racconto della passione secondo Luca . . . . .. . .. I 47 . . . . .

1.La messianicità di Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I4 7 .

I. L'incomprensione delle sofferenze del Messia e la rivelazio-


ne del loro significato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I4 8
2. La messianicità di Gesù è affermata in momenti significativi
del racconto lucano della passione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
3· Il nesso tra le sofferenze di Gesù e la sua messianicità . . . . . I5 7
n. Il dato parenetico del racconto lucano della passione . . . . . . . I5 8
1. La prospettiva parenetica dell'intero racconto . . . . . . . . . . . 15 9

8
2. La prospettiva parenetica i n ampie sezioni del racconto del-
la passione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 60
a) L, agonia di Gesù al Monte degli Ulivi . . . . . . . . . . . . . . . 1 60
b) L,aspetto parenetico delle preghiere di Gesù sulla croce . 161
c) L'intenzione parenetica nel comportamento dei personag-
gi del racconto della passione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 63
d) Gli avvenimenti della passione di Gesù diventano norme
di vita per i discepoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. 1 64
e) La riflessione parenetica sugli avvenimenti della passione
nel Nuovo Testamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 64
111. Il dato salvifico del racconto lucano della passione . . . . . . . . . 165
I. La prospettiva di teologia o di soteriologia narrativa del rac­
conto lucano della passione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. 1 67
2. La predicazione degli apostoli sulla passione e morte di Gesù
nel libro degli Atti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 72
3· Il valore salvifico della morte di Gesù nell'opera di Luca
(Vangelo-Atti). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175
Rilievi conclusivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 79

Indice analitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 83
Indice delle parole greche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 85
Indice dei passi citati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
PARTE SECONDA
LA PASSIONE E LA MORTE
CAPITOLO D ODICES IMO
IL PROCESSO DI GESÙ
DAVANTI A PILATO
(Le. 2J,I-2 S )

Secondo i quattro racconti evangelici il processo di Gesù da­


vanti a Pilato segue immediatamente quello davanti al sine­
drio.
Il racconto lucano del processo di Gesù davanti al procu­
ratore romano comporta tre comparizioni del Maestro: una
prima comparizione si svolge davanti a Pilato (Le. 2 J , I -5 ),
una seconda ha luogo davanti ad Erode Antipa (vv. 6- 1 2) e
una terza nuovamente davanti a Pilato (vv. 1 3 -2 5 ). Il modo
con il quale il terzo evangelista presenta la successione di
questi avvenimenti non rispecchia la loro successione stori­
ca, ma i suoi interessi narrativi.
Nel racconto infatti si notano degl i elementi non bene in­
quadrati in una successione cronologica degli episodi, come
ad esempio in Le. 2 3,4 non si spiega come Pilato possa mo­
tivare la dichiarazione d'innocenza di Gesù per il fatto che il
testo non ricorda nessuna indagine giudiziaria compiuta dal
procuratore sulle accuse contestate all'imputato.1
Prima di esaminare le tre comparizioni di Gesù durante il
processo presso il procuratore romano, occorre richiamare
in alcune premesse i dati caratteristici dei racconti evangelici
concernenti il processo di Gesù davanti a Pilato.

1 . La proclamazione dell'innocenza di Gesù da parte di Pilato risponde ad

un•istanza teologica di Luca. L•evangelista d'altronde vuole sottolineare


che i veri responsabili della crocifissione di Gesù sono i giudei, come ripe­
tutamente annoterà negli Atti (cf. Atti 2,23; 3 , 1 3 - 1 s ; 4, Io; 5,30; 7,52; I 3,27-
29), mentre i romani sono semplicemente gli esecutori materiali e strumen­
ti di essi; cf. G. Rossé, Luca, 943·

IJ
I. DATI CARATTERISTICI DEI RACCONTI EVANGELICI
D EL PROCESSO DAVANTI A PILATO

Particolarmente due dati caratteristici emergono dal con­


fronto dei racconti evangelici sul processo di Gesù davanti a
Pilato: un primo dato è costituito dal fatto che il racconto di
Le. 23 , 1 -5 sembra derivare da Mc. 1 5, 1 b-5 ; infatti il testo d i
Le. 2 3 , 3 riproduce quasi verbalmente il versetto di Mc. I 5,2;
i due testi sono così formulati:
Mc. I 5,2 Le. 23,2
Allora Pilato prese ad interro­ Pilato lo i nte rrogò: Sei tu il re
gar! o: Sei tu il re dei giudei? Ed dei giudei? Ed egli rispose: Tu
egli rispose: Tu lo dici. lo dici. 1
Tuttavia vari critici ritengono che in Le. 2 3 , I -2.4-5 appa­
iono informazioni che vanno attribuite a una fonte propria
a Luca, indipendentemente da Marco; ma è difficile stabilire
i n quale misura Luca si attenga a una fonte propria, oppure
rielabori dati tradizionali imprimendovi le sue caratteristi­
che linguistiche. In tal modo l'espressione generica che ri­
corre in Mc. 1 5,J : «I sommi sacerdoti frattanto gli muove­
vano molte accuse (xa't l) yopo•J\1 ... 7toÀÀa)» poté essere stata
sviluppata e articolata in termini più concreti da Le. 2 3,2.3
Il secondo dato è offerto dal confronto della narrazione lu­
cana con quella giovannea; infatti Luca come Giovanni ri­
portano per tre volte la proclamazione di Pilato dell'inno­
cenza di Gesù, anche se queste proclamazioni sono poste in
contesti differenti (cf. Le. 2J,4. I 4.22; Gv. I 8 ,J 8b; I9,4.6).4
2. Mc. 15,2 ha il composto tirYIPW'rY!<re:v; mentre Le. 23,2 ha il semplice -r,pw­
'tYiae:v accompagnato dal participio pleonastico: ÀÉywv {lucanismo); cf. J.A.
Fitzmyer, Luke II, 1471.
3· È quanto prospetta J.A. Fitzmyer quando afferma: «Though v. 2 ( Le. =

23,2) has no counterpart in any of the other Gospel trial scenes, it clearly
spells out the polla, 'many things' of Mark I 5,3, putting the accusations be­
fore Pilate's question in order to provide psychological background for the
question ... In Mark 15,3 Pilate's question comes like a bolt from the blue;
the Lucan preparation makes it more understandable» (Luke II, 1472).
4· Cf. P. Benoit - M. É . Boismard, Synopse I I, 413; da notare che Luca per
esprimere che Pilato non trova nessuna colpa in Gesù usa la formula: où-
La dichiarazione d'innocenza di Gesù da parte di Pilato, ri­
petuta tre volte nel corso del processo davanti all'autorità
romana, rivela un profondo convincimento della primitiva
comunità cristiana, la quale si rifiuta di ammettere che nel­
l'insegnamento e nell 'operato di Gesù vi si potesse trovare
una colpa nei confronti d eli ' autorità civile che ne giustificas­
se la pena capitale decretata da essa. Si tratta indubbiamen­
te di un profondo convincimento dell 'innocenza di Gesù da
parte dei primi credenti, infatti il testo evangelico si limita a
riportare la dichiarazione di Pilato dell'innocenza di Gesù
senza motivarla con una inchiesta condotta personalmente
dal procuratore romano nei confronti dell'imputato. 5

II. LA PRIMA COMPARIZIONE DI GES Ù


DAVANTI A PILATO (Le. 23,1- 5)

Con stile solenne e ieratico, Luca, dopo aver narrato il pro­


cesso di Gesù davanti al sinedrio (Le. 22,66-7 I), scrive: «Tut­
ta l'assemblea si alzò, lo condussero da Pilato e cominciaro­
no ad accusarlo>> (2 J,I -2a); l'evangelista segnala che «tutta
l'assemblea dei sinedriti si alzò» (&'Ja<J'tà'J a1tCl'J 'tÒ 7tÀ i)-Bo�
aÙ'tw'J) per condurre Gesù da Pilato. Luca è consapevole
della gravità dell'iniziativa presa dalla autorità del sinedrio
di condurre (�yayo'J) Gesù presso la suprema autorità civile
e militare; il Maestro, come appirirà meglio in seguito, è
consegnato all'autorità degli uomini e dei pagani, realizzan­
do in tal modo la sorte che lo attendeva.
L'evangelista riconosce che la decisione presa dal sinedrio
di deferire Gesù al tribunale del procuratore romano impli­
ca un giudizio di grave colpevolezza nei confronti del Mae­
stro, ma rifugge dal presentarlo come un malfattore o un cri-

ÒÈv tuptaxcd al·dov (Le. 23,4), mentre Giovanni ha ]a formula oÙÒt(J-tav tU­
p(axw al-tiav (Gv. I8,38).
5. I commentatori concordano ne] rilevare che il racconto evangelico non
dice come Pilato sia giunto alla conclusione che l'imputato presentatogli
dai sinedriti sia innocente.
minale che «incatenato» o «legato» (cf. Mc. I 5 , I ) è condotto
dal giudice; Luca ritiene irriverente questo elemento descrit­
tivo e si limita a dire: «lo condussero da Pil ato» (2J, I ). 6
Quando Gesù fu davanti a Pilato, i sinedriti «comincia­
rono ad accusarlo» (v. 2a). Mentre secondo Marco e Matteo
è Pilato che interroga direttamente Gesù domandandogli se
egli è il re dei giudei (cf. Mc. I 5,2; Mt. 27, I I ), secondo Luca
invece sono i sinedriti a prendere l'iniziativa di accusare Ge­
sù ed a formulare i principali capi di imputazione; essi in­
fatti dichiarano davanti a Pilato: «Abbiamo trovato costui
che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Ce­
sare e affermava di essere il Cristo re» (v. 2 b). Non bisogna
pensare che i sinedriti abbiano inteso formulare tre distinte
specie di accuse; queste accuse infatti sono generiche e in
parte si ricoprono a vicenda, come appare dal modo con il
quale esse sono riformulate e proposte al v. 5. D'altronde le
accuse elencate al v. 2b sono confermate dai tentativi com­
piuti dalle autorità giudaiche di impossessarsi di Gesù per
metterlo a morte o di comprometterlo con domande-tranel­
lo presso il procuratore romano (cf. Le. I 9,48; 20,6. I 9.26; 22,
2). Particolarmente l'accusa mossa contro Gesù di opporsi
al pagamento del tributo a Cesare richiama la domanda cap­
ziosa che gli informatori, inviati dalle autorità giudaiche, ave­
vano rivolto al Maestro per conoscere se, a suo giudizio, fos­
se lecito o no ad un ebreo pagare il tributo a Cesare; ovvia­
mente l'accusa riportata al v. 2b stravolge l'esplicito inse­
gnamento proposto da Gesù in quella circostanza (cf. Le.
20,20-2 5).7

6. Il particolare che Gesù «in catene» è condotto da Pilato è posto in evi­


denza nei racconti di Marco e Matteo; infatti Mc. I 5, 1 scrive: « Al mattino
i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver
tenuto consiglio, misero in catene (ò�aav'teç) Gesù, lo condussero e lo con­
segnarono a Pilato» (cf. Mt. 27, 1 -2); da parte sua Luca lo omette; per l'e­
vangelista Gesù è colui che agisce liberamente e che liberamente va incon­
tro alla morte; osserva E. Schweizer: « Gesù rimane colui che agisce libera­
mente («Jesus bleibt der frei Handelnde»)» (Luk as, 2 3 3 ).
7· Cf. J.A. Fitzmyer, Luke II, 1 475.

16
La terza accusa è così resa dalle versioni: «e affermava di
essere il Cristo re»; il testo greco che suona: xat ÀÉyov-r:a
&au-r:Òv 'X,Ptcr-ròv �acrtÀÉa dvat non è di facile traduzione a
motivo delle sfumature del concetto che intende esprimere;
certamente la traduzione «e affermava di essere un unto re»
è inesatta e non rispetta l'idea di fondo della dichiarazione;
probabilmente il sostantivo �acrtÀÉa è una spiegazione di
"''.P tcr-r:ov e la dichiarazione deve avere il senso seguente: «e
affermava di essere il Messia ('X,pLcr-roc;), cioè il re». 8
Dopo che i sinedriti hanno presentato i loro capi di accu­
sa contro Gesù a Pilato, questi si rivolge direttamente all'im­
putato domandandogli: «Sei tu il re dei giudei ?» (v. 3 ). N o n
si comprende immediatamente il motivo per il quale Pilato
rivolga direttamente a Gesù la domanda: «Sei tu il re dei giu­
dei?». Probabilmente il magistrato romano porta subito l'in­
terrogatorio sull'argomento che maggiormente doveva inte­
ressarlo; egli infatti quale rappresentante del potere imperia­
le doveva preoccuparsi che il dominio di Roma non corres­
se dei rischi a motivo di insurrezioni provocate da ribelli e
da agitatori delle popolazioni sottomesse che reclamavano
la loro indipendenza e sovranità; per questo motivo Pi lato
con la sua domanda vuole accertarsi se Gesù fosse uno di
questi agitatori e ribelli che reclamavano la sovranità del pro­
prio popolo.9
8. Anche le versioni risentono delJ'imbarazzo di rendere la formulazione
greca con termini appropriati, fedeli al pensiero dell'evangelista; così G.
Schneider rende il testo nel modo seguente: «und sich als Messias und
Konig ausgibt» (Lu kas n, 471); E. Schweizer rende il testo: «und sagt, er
sei der Messias-Konig» (Lukas, 232) e ].A. Fitzmyer traduce: «and even
claiming to be an anointed king» (Luke n, 1471). La difficoltà del testo
greco è l'appellativo 'X,PtO"'toc; che indica l'unto del Signore, cioè il Messia;
ma per un pubblico pagano l'appellativo giudaico x,pto-'toc; non diceva mol­
to, allora bisognava spiegarlo con un altro termine come �ao-tÀtuc;; quindi
l'accusa va così tradotta: «e affermava di essere il Messia, cioè il re»; cf. J.
Howard Marshall, Luke, 8 53.
9· Qualche commentatore pensa che la domanda rivolta da Pilato a Gesù,
«Sei tu il re dei giudei ?», sia stata posta da Luca a motivo del titolo che sa­
rà affisso sulla croce, nel quale è indicata la causa della condanna del Mae­
stro: «Questi è il re dei giudei» (Le. ·23,38), cf. J.A. Fitzmyer, Luke n, 1472.

17
Alla domanda di Pilato, Gesù risponde: «Tu lo dici)) (aù
ÀÉ')'€tc;, v. 3); la risposta, che ricorre in tutti e tre i racconti
sinottici, è estremamente concisa e non lascia sufficiente­
mente intravedere l'accento con il quale è pronunziata. Pro­
babilmente Pilato nel domandare a Gesù se egli è re dei giu­
dei non prende seriamente questa domanda, poiché uno che
pretende di essere il re dei giudei non può presentarsi come
Gesù, abbandonato da tutti e posto sotto accusa; per questo
motivo la risposta di Gesù: «Tu lo dici)) non può essere di
conferma, ma di sospetto, nel senso cioè che Gesù a sua vol­
ta interroga Pilato se gli abbia rivolto quella domanda di sua
iniziativa, perché pensa che Gesù possa essere re, oppure
perché gli è stata suggerita dai suoi accusatori. Ad ogni
modo è certo che il breve dialogo tra Pilato e Gesù non rie­
cheggia un dialogo realmente avvenuto nei termini riportati,
ma lascia intravedere che Luca tralascia dei particolari e si
limita a riferire quanto dice Marco nel testo parallelo (cf.
Mc. I 5,2).10
Il dato caratteristico delle accuse addotte contro Gesù (cf .

. Le. 2 3,2b) è il loro accento marcatamente politico; mentre


nel racconto di Giovanni le accuse mosse contro Gesù so­
no compendiate nell'unica espressione: «malfattore» (xaxòv
7tOtwv, Gv. I 8,3o), la quale designa una persona che si è resa
colpevole di delitti comuni, in Luca si afferma esplicitamen­
te che Gesù ha commesso dei delitti politici, sobillando il
popolo, impedendo di pagare il tributo a Cesare e procla­
mandosi re.
È difficile stabilire da dove Luca abbia desunto queste ac­
cuse politiche contro Gesù, poiché ess e non compaiono nei
testi paralleli; si può pensare che l'evangelista abbia richia­
mato queste accuse per preparare e introdurre la domanda
che Pilato rivolgerà subito dopo a Gesù allo scopo di cono­
Io. Circa Le. 13,1 l. Howard Marshall osserva: «lt is not clear whether the
statement is to be regarded as a denial or whether Pilate simply refuses to
take it seriously; probably the latter is to be understood . But the train of
thougt is not crystal clear, and it looks as though Luke has omitted some­
thing at this poim, preferring to use Mark's wording)) (Luke, 8 53).
scere se egli ha avanzato delle pretese di essere re; infatti
tutte queste accuse inducono a pensare che il Maestro si sia
proclamato re e con questa pretesa regale abbia fomentato
movimenti di ribellione e di insurrezione contro l'autorità
romana occupante.
Per noi le accuse di carattere politico che i sinedriti fanno
valere contro Gesù davanti a Pilato rientrano in una visione
teologica della storia della passione. Infatti la passione di
Gesù, che si avvicina alla sua fase conclusiva, mostra che si
sta compiendo il rifiuto del Figlio dell'uomo da parte degli
anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi (cf. Le. 9,22), che
«il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato in mano degli
uomini>> (9,44) e che il Figlio dell'uomo «sarà consegnato ai
pagani» ( 1 8,3 2). Queste accuse politiche formulate dalle
autorità giudaiche contro Gesù nascondono il loro rifiuto
di accettare la persona e l'insegnamento di Gesù e il loro
proposito di causarne la morte.
Luca, con il modo con il quale narra la prima compari­
zione di Gesù davanti a Pilato, fa emergere il marcato con­
trasto tra la volontà accusatrice dei sinedriti e la proclama­
zione dell'innocenza di Gesù da parte del procuratore ro­
mano. Pilato infatti, dopo aver ascoltato le accuse mosse con­
tro Gesù da parte dei giudei e dopo aver domandato all'im­
putato se egli è re, pronuncia davanti ai sommi sacerdoti e
alla folla questa dichiarazione d'innocenza nei confronti di
lui: «Non trovo nessuna colpa in quest'uomo» (23,4). Co­
me si è già osservato, Luca non ama tanto seguire lo svolgi­
mento dei fatti, quanto invece indicare il loro significato. I
sinedriti rifiutano Gesù, accusandolo di reati politici che non
ha commesso; Pilato invece, senza addurre motivazioni, di­
chiara pubblicamente che Gesù è innocente. In questo sfon­
do si comprende tutta la drammaticità dell'ultimo atto della
passione di Gesù che sta per iniziare.1 1
I I . Questi aspetti del problema sono illustrati particolarmente da J.A. Fitz­
myer, Luke II, I47J- I 474· L'autore, fra l'altro, sottolinea come Luca è in­
teressato a porre in luce la conclusione a cui giunge Pilato; egli infatti, no-
L'aperta dichiarazione dell'innocenza di Gesù è fatta da
Pilato «ai sommi sacerdoti e alla folla ( 7tpÒ<; -roùç oxÀouç)»
• • •

(v. 4); nel presente versetto, come nel v. 1 J, la folla è associa­


ta con le autorità giudaiche (i sommi sacerdoti); l'abbina­
mento non implica necessariamente che la folla o il popolo
si sia associato con i capi giudaici o i membri del sinedrio per
accusare Gesù davanti al procuratore romano; infatti Luca
in genere distingue l'atteggiamento delle autorità giudaiche
da quello della folla o del popolo nei confronti di Gesù (cf.
Le. 19,47-48; 20,I.6.9. 1 9.26.4 5 ; 22,2.6; 23, 5 ). In Le. 23,4 i sa­
cerdoti e la folla sono associati perché si tratta della procla­
mazione di Pilato sull'innocenza di Gesù che riguarda indi­
12
stintamente le autorità giudaiche e il popolo (cf. 2 J, 1 3).
La dichiarazione dell'innocenza di Gesù compiuta da Pi­
lato davanti ai sommi sacerdoti ed alla folla (ot oxÀot), de­
termina in essi una forte e sdegnata reazione; infatti le au­
torità religiose giudaiche e la folla gli replicano: «Costui sol­
leva il popolo (-ròv Àcxov) 1 3 insegnando per tutta la Giudea,
dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui» (v. 5 ) Le ac­ .

cuse non sono formulate in forma articolata come al v. 2b,


ma sono fatte convergere su un dato politico comune; Gesù
infatti è presentato come uno che solleva ed agita il popolo
con il suo insegnamento.14
nostante le accuse dei sinedriti nei confronti di Gesù, ne proclama l'inno­
cenza ( «The evangelist is interested only in the conclusion reached by Pi­
late» ) : op. cit., 1474.
u. Cf. J.A. Fitzmyer, Luke II, 1476; il passo di Le. ZJ,I8 presenta alcune

difficoltà, perché associa il popolo con i sommi sacerdoti e le autorità nel


richiedere a Pilato la morte di Gesù; l'evangelista infatti, dopo aver ricor­
dato che il procuratore riunisce «i sommi sacerdoti, le autorità e il popo­
lo» (zJ,IJ) per proclamare davanti a loro l'innocenza del Maestro, rileva
che essi reagirono mettendosi «a gridare tutti insieme: A morte costui! Dac­
ci libero Barabba!» (zJ,I8). L'espressione: «essi si misero a gridare tutti in­
sieme» (v. I8) può essere interpretata come una formula associativa che ai
sommi sacerdoti ed alle autorità unisce non tutto il popolo ma quella par­
te di esso subornata dai capi giudaici.
13. Si noti che Luca al v. 2 indica il popolo con l'espressione -tÒ &.Svo� lJ!J-WV
e al v. 5 con il sostantivo Àao�.
14. Nel racconto della passione Luca fa intervenire più personaggi e grup-

20
Le indicazioni geografiche: Giudea e Galilea ( «insegnan­
do per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea»,
v. 5 ) non risultano i nteramente chiare per i commentatori,
poiché il termine Giudea può essere inteso come la terra abi­
tata dai giudei, oppure come la regione della Giudea dove
sorge Gerusalemme; nel primo caso significa che Gesù ha
insegnato per tutto il paese dei giudei iniziando dalla Galilea
e terminando a Gerusalemme nella Giudea; nel secondo ca­

so invece si afferma che Gesù ha insegnato in ambedue le


regioni della Palestina: la Galilea e la Giudea incominciando
dalla prima; in questa seconda interpretazione è omessa la
menzione della Samaria che non interessava particolarmente
Luca, per il fatto che Gesù non ha operato in Samaria, come
in Galilea e in Giudea. A nostro giudizio l'evangelista non si
preoccupa tanto di dare delle indicazioni geografiche ben
precise, quanto invece di sottolineare la diffusione dell'inse­
gnamento di Gesù per tutta la Giudea dopo averlo iniziato
in Galilea e di stabilire per mezzo dell'accenno alla Galilea
un nesso con l'episodio seguente. 15

I I I . LA COMPARIZIONE DI GESÙ
DAVANTI AD ERO D E ANTIPA (2J,6-I2)
Luca ha inserito nel racconto marciano del processo di Ge-

pi di persone, segnalandone anche i sentimenti; così nel cap. 23, che stia­
mo illustrando, sono segnalati i seguenti personaggi: anav 'tÒ 7tÀ i)-8 o� (tut­
ta la moltitudine; 23' l ) , 'tÒ e�Svoc; �IJ.Ù)V (la nostra gente; IJ ,2), o l àpxte:ptt�
KCXL ol oxÀot (i sommi sacerdoti e le folle; 13,4), b Àao� (il popolo; 13,s), Ot
cipxovnc; (i capi; 23,13), 7t À ij�.9o� -tou Àaou Kat yuvatKwv {una moltitudine
di p opolo e di donne; 23,27), ot a'tptx'ttW'tat (i soldati; 23,36), ol O"X.ÀOt {le
folle; 23,48), miv'ttc; ol yvcùa'tot (tutti i conoscenti; 23,49); nel corso delle
nostre spiegazioni ricorderemo gli atteggiamenti di questi vari personaggi;
cf. E. Schweizer, Lukas, 233·
15. La formula Ka8'oÀ11� -rij� 'louòatac; ricorre in Atti 9,31; 10,37· Per l.
Howard Marshall il testo di Le. 23,5 ha il senso seguente: «In its context
the whole phrase expresses how Jesus· influence has spread the length of
Judaea, and at the same time i t provides Pilate with his cue for sendingJesus
to Herod Antipas» (Luke, 8n-8s4).

.21
sù davanti a Pilato quello della comparizione di Gesù davan­
ti ad Erode Antipa, tetrarca della Galilea (cf. Le. 9,7-9 ). 16
Il fatto che questo racconto è conosciuto soltanto da Lu­
ca ha sollevato il dubbio circa la sua storicità; vari studiosi
ritengono che esso sia una invenzione di Luca, fondata so­
prattutto sul motivo del Sal. 2, 1-2 richiamato da Atti 4,2 5 -
28.17
In genere gli studiosi non condividono questa posizione
radicale che l'episodio sia un'invenzione di Luca, ma riten­
gono che tale episodio conservi un ricordo storico; quello
cioè che Erode abbia avuto un ruolo, anche se di semplice
consulenza, nel processo di Gesù. 18
Certamente, sotto il profilo letterario, l'elemento che ha
determinato Pilato ad inviare ad Erode Gesù è stata la cono­
scenza del fatto che Gesù aveva iniziato il suo ministero in
Galilea, regione che apparteneva alla tetrarchia di Erode
Antipa. Pilato, il quale desiderava, per quanto possibile, non
entrare in problemi che riguardavano tensioni interne del
popolo giudaico, approfittò di questa circostanza per invia­
re Gesù da Erode.19 Il magistrato romano prese questa deci-
I6. Erode Antipa, figlio di Erode il Grande, alla morte del padre fu tetrar­
ca della Galilea e della Perea dal 4 a.C. al 39 d.C.; il tetrarca risiedeva a Ti­
beriade, città che egli aveva fondato neWanno I 8 d.C. in onore dell 'impe­
ratore Tiberio.
17. Cf. l. Howard Marshall, Luke, 8 54; particolarmente J.M . Creed, nel suo
commentario, non ammette la storicità dell'episodio e pensa che l'episo­
d io derivi dal teseo del Sal. 2, 1 -2 in cui si parla di re della terra e di prin­
cipi che congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia; cf.
A tti 4,2 5 -26. L'autore rileva anche che se l'episodio fosse fondato su una
tradizione antica non si spiegherebbe il motivo per il quale Marco lo abbia
omesso; inoltre egli osserva che non sembra verosimile che Pilato invii un
prigioniero politico, che rientrava nella sua giurisdizione, ad Erode Anti­
p a per essere giudicato; cf. Luke, 28o.
I 8. t: stato osservato che Vespasiano si comporterà in modo analogo in un
tempo successivo; egli infatti nel 67 d.C. ha inviato ad Erode Agrippa i ga­
lilei presenti nei 34000 prigionieri che aveva catturati; cf. D. Romano, Il
processo di Gesù, 303: questo autore richiama le fonti, ma spesso non le ci­
ta, oppure le cita senza l'indicazione esatta del luogo {ad es.: Filone, Lega­
tio ad Caium, cf. p. 302; oppure: Eusebio, Storia Ecclesiastica, cf. p. 305 ) .
I 9· Certamente Pilato, inviando Gesù da Erode Antipa, mostra un certo di-

2.2.
sione non tanto perché considerava che Erode avesse un'au­
torità superiore alla propria, quanto invece per conoscere il
giudizio di un'autorità giudaica; Erode Antipa, che risiede­
va a Tiberiade, per la solennità della pasqua era venuto a Ge­
rusalemme.10
Si rileva immediatamente come la comparizione di Gesù
davanti ad Erode non offre degli elementi nuovi per lo svi­
luppo del processo; cioè nell'incontro di Gesù con Erode
non emergono nuove accuse e nuovi capi d'imputazione nei
confronti di Gesù; Luca tuttavia lo considera una nuova fa­
se del processo condotto contro GesÙ.11 Infatti nel raccon­
to lucano sono messi in evidenza gli aspetti giuridici del­
l'episodio; tra l'altro si rileva che Pilato viene a sapere che
Gesù «apparteneva alla giurisdizione di Erode» (2 3,7), che
anche presso Erode i sommi sacerdoti e gli scribi accusava­
no Gesù con insistenza (cf. 2J, I o) e che Pilato ricorda che
nemmeno Erode ha trovato in Gesù nessuna colpa di quelle
di cui era stato accusato (cf. 2 J, I 4-1 5 ) .

Si è rilevato che il racconto lucano della comparizione di


Gesù davanti al tetrarca Erode non soltanto non segnala dei
dati nuovi, ma in esso vengono ripres i dei motivi e dei par­
ticolari già noti dal racconto della passione di Marco, come
il silenzio di Gesù, le accuse dei sinedriti e lo scherno, ed
anche dei dati già ricordati da Luca. Così è detto che Erode

sinteresse per il caso che gli presentano le autorità giudaiche; egli infatti
«dovette subodorare che si mirava a coinvolgere la sua autorità in un pro­
cesso odioso, in quanto non rientrava certo nella norma che dei giudei por­
tassero al suo cospetto un giudeo reo contro le leggi di Roma, e colse al vo­
lo il primo cavillo giuridico che gli si presentò: in quanto galileo, Gesù era
soggetto alla giurisdizione di Erode Antipa, per cui lo fece tradurre alla
presenza del re», D. Romano, Il processo di Gesù, 302-303 (era meglio di­
re: alla presenza del tetrarca).
20. Cf. l. Howard Marshall, Luke, 855·
1 1. Secondo alcuni studiosi, Luca considera la comparizione di Gesù da­
vanti ad Erode come un processo a sé, cioè come un terzo processo contro
Gesù (il primo processo: davanti al sinedrio; il secondo: davanti a Pilato; il
terzo: davanti ad Erode e il quarto: nuovamente davanti a Pilato); cf. J.
Neyrey, Passion according to Luke, 79·

23
nel vedere Gesù «si rallegrò molto, perché da molto tempo
desiderava vederlo ... e sperava di vedere qualche miracolo
fatto da lui» (2 3,8); questi particolari richiamano e sviluppa­
no quanto l'evangelista aveva già accennato in precedenza a
proposito di Erode Antipa (cf. Le. 9,9). 22
Parimenti l'espressione: «(Erode) lo interrogò con molte
domande, ma Gesù non gli rispose nulla» (23,9) riprende un
dato segnalato da Mc. I 5 , 5 durante il processo di Gesù da­
vanti a Pilato; infatti in Mc. I 5,4-5 è detto: «Pilato lo inter­
rogò di nuovo: No n rispondi nulla? Ved i di quante cose ti
accusano? Ma Gesù non rispose nulla, sicché Pilato ne restò
meravigliato»; il silenzio, che, secondo Marco, Gesù man­
tiene davanti a Pilato nei confronti delle molte accuse rivol­
tegli dai sinedriti, è trasferito da Luca al silenzio che Gesù
ha mantenuto davanti alle «molte domande» rivoltegli da
Erode (cf. Le. 23,9).
Infine l'annotazione di Luca che presso il tetrarca c'erano
anche �<i sommi sacerdoti e gli scribi e lo accusavano con in­
sistenza» (23,Io), vuole accentuare il ruolo che Luca attri­
buisce ai sommi sacerdoti ed agli scribi presentandoli come
gli accusatori più tenaci e irriducibili di Gesù. 2 3
Il problema più importante che interessa il racconto della
comparizione di Gesù davanti ad Erode, tradizione propria
di Luca, è quello di stabilire quale senso esso abbia nel qua­
dro del processo di Gesù; poiché è tale senso che ha deter­
minato l'inserimento dell 'episodio nella narrazione lucana
del processo. Quanto è detto in Le. 23,9-Io pone bene in
evidenza il fatto che sia l'interrogatorio di Gesù da parte del
tetrarca, sia anche le insistenti accuse dei sommi sacerdoti e
degli scribi non hanno avuto come esi to la condanna di Ge­
sù; infatti queste accuse non sono state prese in seria consi-
22. L'espressione, che ricorre in Le. 9,9: «(il tetrarca Erode) cercava di ve­
derlo», intende preparare il racconto deWincontro di Erode e di Gesù di
Le. 23,8-12: osserva opportunamente J. Ernst: «Luca ha preparato da lon­
tano l'incontro fra Gesù ed Erode attraverso l'osservazione, inserita per
inciso, sull'interesse ai miracoli da parte del principe territoriale galileo
(9,9)» (Luca 11, 879). 23. Cf. J. Ernst, Luca n, 88 I
derazione, né ritenute valide per una condanna dell'imputa­
to. Erode e i suoi soldati si sono limitati ad insultare ed a
schernire l'imputato. 2 4
Il racconto del giudizio di Gesù davanti ad Erode si con­
clude con la segnalazione di due particolari: Gesù, ricoperto
con una veste di scherno, è inviato a Pilato e l'amicizia con­
tratta in quella circostanza tra Erode e Pilato.
Il testo dice: «Erode, con i suoi soldati, lo (Gesù) insultò
e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo riman­
dò a Pilato» (23, I I); il versetto presenta una formulazione
ampia che andrebbe meglio tradotta in italiano; noi propor­
remmo la seguente versione: «Erode con i suoi soldati mo­
strò a Gesù il suo disprezzo (è�ou.Stv�craç òè: aÙ'tov) e scher­
nendolo gli mise addosso una veste splendente (xat È(J.7tat�aç
7ttpt�aÀwv ècr.Sil-ra Àa(J.7tpav) e lo rimandò a Pilato». Erode
considerò Gesù una persona meritevole di profondo disprez­
zo (i�ou.SevÉw) e di scherno (é(J.7tal�w); la scena può essere
considerata la trasposizione di quella narrata da Mc. I 5, I6-2o
e omessa da Luca, nella quale si ricordano gli scherni e gli
insulti rivolti a Gesù dai soldati di Pilato nel pretorio; infatti
questi soldati rivestono Gesù di porpora, gli intrecciano una
corona di spine, gli rivolgono il saluto: «Salve, re dei giudei»
e lo scherniscono inginocchiandosi davanti a lui.25
Lo scherno caratteristico che Erode comandò ai soldati di
infliggere a Gesù fu quello di mettergli addosso «una veste
splendente» (v. II); il testo non precisa il colore di questa
veste, limitandosi a qualificarla come veste splendida {7ttpt­
�aÀwv icr-8-ij-ra Àap.7tpav ); si è cercato di precisare il colore
di questa veste pensando che si tratti di un mantello bianco
o di un mantello color porpora, poiché di un mantello di por­
pora parlano Mc. I 5, I7 e Gv. I9,2; ma qui ci si addentra nel

24. Cf. I. Howard Marshall, Luke, 8 5 6.


2 5 . La presenza dei soldati e la loro partecipazione agli scherni contro Ge­
sù nel palazzo dove risiedeva Erode Antipa fanno logicamente pensare che
Luca abbia trasferito qui )a scena degli scherni narrata da Mc. 1 5 , 1 6-zo ed
attribu ita da lui ai soldati romani di Pilato; cf. G. Schneider, Lukas II, 475·
campo delle congetture. N o n sembra che Luca abbia voluto
presentare Gesù come un re da burla che, con la sua veste
rosso porpora richiamava la porpora imperiale. Lo scherno
rivolto a Gesù fu quello di rivestirlo con un manto splen­
dente, mostrando così il disprezzo verso di lui.1 6
Luca conclude il racconto della comparizione di Gesù da­
vanti ad Erode con la seguente annotazione: «In quel gior­
no Erode e Pilato diventarono amici (È:yÉvov'to òè: cptÀot •. .

(.J.E't' àÀÀ �Àwv), prima infatti c'era stata inimicizia tra loro»
(v. I 2); questa annotazione per noi rimane assai vaga, perché
non indica il motivo che in passato aveva determinato l'ini­
micizia tra Erode e Pilato, né la vera causa della loro nuova
amicizia. Certamente l'iniziativa di Pilato d'inviare Gesù dal
tetrarca Erode dovette essere molto apprezzata da quest'ul­
timo e ritenuta da lui un gesto di deferenza per la sua per­
sona da parte del rappresentante dell'autorità romana. Per
noi tuttavia non si può valutare l'annotazione di Luca sul
piano psicologico e della loro reciproca amicizia, ma su quel­
lo della storia della salvezza. Con tale annotazione l'evan­
gelista considera le due autorità; quella di Pilato e quella del
tetrarca Erode come strumenti dell'attuazione del piano del­
la salvezza; ambedue le autorità sono coinvolte nella storia
della passione e morte di Gesù, tuttavia esse riconoscono
l'innocenza di Gesù, mentre i sinedriti con le loro ostinate,
violente e false accuse sono quelli che determineranno la
morte di Gesù.17
26. Per questo motivo abbiamo tradotto il testo: «e schernendolo gli mise
addosso una veste splendente», mentre la versione a cura della CEI ha: « poi
lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato» (v. I 1 ) .
27. Cf. G. Schneider, Lukas n, 475 . Questa amicizia tra Erode e Pilato in
prosieguo di tempo è giudicata alla luce del Sal. 2, 1 -2 e in essa si vede la
realizzazione di quanto dichiara il salmo; Erode e Pilato rappresentano i re
e i principi che si radunano insieme contro il Signore e contro il suo Cri­
sto. Gli apostoli, appena liberati dalla prigione, dove li avevano rinchiusi
le autorità giudaiche, dichiarano: «Davvero in questa città si radunano in­
sieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e
Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele, per compiere ciò che la tua
mano e la tua volontà avevano p reordinato che avvenisse» (Atti 4,27-28).
IV. SECONDA CO MPARIZI ONE DI GESÙ
DAVANTI A PILATO (Le. 23,1 3-2 5)

La nuova comparizione di Gesù davanti a Pilato (Le. 2 J,


IJ-25) si articola in tre scene od episodi: I . in un primo epi­
sodio (vv I J-I6), Pilato, davanti ai sommi sacerdoti, alle
.

autorità ed al popolo, dichiara di non aver trovato nulla in


Gesù di quelle colpe di cui è accusato e conferma la sua di­
chiarazione dell'innocenza di Gesù informando le autorità
giudaiche e il popolo che anche per Erode il Maestro non ha
fatto nulla che meriti la morte; egli quindi conclude che rila­
scerà Gesù dopo averlo severamente castigato.
2. Il secondo episodio (vv I 8-2 3) ricorda la violenta re­
.

azione dei capi e del popolo giudaici, i quali, sentendo che


Pilato intende rinviare libero Gesù, prendono a richiedere
con forti grida la morte di Gesù e la liberazione di Barabba.
3 · Nel terzo episodio (vv 24-25) Pilato rinnova la sua pro­
.

posta di rimettere in libertà l'imputato; ma i giudei conti­


nuano a richiederne la morte per mezzo della crocifissione.
Il procuratore dichiara nuovamente che Gesù è innocente e
che lo rinvierà dopo averlo duramente punito. I presenti non
si placano e insistono a gran voce nel volere la condanna a
morte di Gesù; il magistrato romano, sopraffatto dalla folla,
decide che sia attuata la loro richiesta di morte.1 8

r. Pilato dichiara l'innocenza di Gesù


davanti ai capi ed al popolo (vv. IJ-16)
L'evangelista richiama in termini essenziali ciò che Pilato
pensa di Gesù e la decisione che intende prendere nei con­
fronti di lui. Il testo dice: «Pilato, riuniti i sommi sacerdoti,
le autorità e il popolo, disse: Mi avete portato quest'uomo
28. Per la divisione in tre episodi del racconto, cf. l. Howard Marshall,
Luke, 8 5 7-8 5 8 ; altri autori dividono il racconto in due parti: vv. 13-16 e
vv. I 8 -2 5 di cui ognuna è caratterizzata dalla dichiarazione dell'innocenza
di Gesù, fatta da Pilato; cf. G. Rossé, Luca, 954·
come sobillatore del popolo; ecco l'ho esaminato davanti a
voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui
lo accusate; e neanche Erode, infatti ce l'ha rimandato. Ec­
co, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò dopo
averlo severamente castigato lo rilascerÒ».
L'evangelista segnala l'iniziativa di Pilato di riunire i som­
mi sacerdoti, le autorità ( 'tOÙç apxov'taç) e il popolo ('tÒV Àa­
ov) per comunicare loro che l'imputato deferito al suo tri­
bunale, dopo l 'interrogatorio processuale da lui condotto,
non risultava colpevole delle accuse contestategli. Luca se­
gnala questa iniziativa del magistrato romano di riunire le
varie componenti che formano il popolo giudaico, non già
perché ritiene che sia stato necessario convocare l'intero
popolo giudaico con i suoi rappresentanti, ma perché vuole
ricordare che Pilato comunica direttamente al popolo ed ai
suoi rappresentanti i risultati del suo interrogatorio e la de­
cisione a cui è giunto; infatti non si può pensare che i capi
giudaici, co sì decisi nel far condannare Gesù, una volta con­
segnatolo all'autorità romana, si siano ritirati ed abbiano
atteso che la giustizia del procuratore facesse il suo corso;
essi invece volevano seguire da vicino le varie fasi del pro­
cesso per ottenere dal procuratore romano la condanna a
morte dell'imputato.
Si è già accennato alla difficoltà d 'interpretazione che pre­
senta il testo di Le. 23,13/9 poiché l'inclusione del popolo
(Àaoç) tra coloro che Pilato riunisce fa pensare che esso con­
divida l'ostilità e l'accanimento accusatorio dei capi nel ri­
chiedere la morte di Gesù (cf. 23,r 8), mentre Luca dissocia
l'atteggiamento del popolo da quello dei capi e delle autori­
tà giudaici e considera il popolo in una luce favorevole. Que­
sta constatazione ha indotto alcuni commentatori a modifi­
care il testo, nel quale, secondo questa correzione, non sa­
rebbero indicati tre distinti gruppi di persone, cioè: i sommi
sacerdoti, le autorità o i capi (apxov'te:ç) e il popolo (Àaoç),

29. Si veda la nota I 2.


ma soltanto due: i sommi sacerdoti e le autorità o i capi del
popolo (&pxo"'teç 'tou Àaou).Jo
Il magistrato romano comunica ai giudei riuniti davanti a
lui il risultato della sua inchiesta; egli dichiara di aver inter­
rogato ed esaminato l'imputato e di non aver trovato in lui
nessuna colpa (v. 1 4). Qui Luca non fa che richiamare quan­
to aveva detto in precedenza sull'interrogatorio di Gesù (cf.
v. 3) e mette bene in risalto una seconda dichiarazione d'in­
nocenza di Gesù da parte di Pilato, la quale ha una formula­
zione solenne; secondo l'evangelista, Pilato così si esprime:
«Ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in
lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate» (v. 14).
Il magistrato romano per dare maggior peso e forza alla
sua dichiarazione sull'innocenza di Gesù si richiama a quan­
to ha compiuto Erode rinviandogli Gesù senza aver formu­
lato contro di lui nessun capo di accusa.
Le. 23,15 è così tradotto: «e neanche Erode, infatti ce l'ha
rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la mor­
te»; il versetto è attestato diversamente dai codici; la lettura
più coerente al racconto è quella che abbiamo riportato.3 1
30. La congettura di correggere il testo con l'espressione 't'OÙ� ap·x,ov-tcx�
-rou Àcxou (i capi del popolo) non ha nessun fondamento testuale; l'inclu­
sione del popolo neWelenco dei gruppi giudaici che sono davanti a Pilato
concorda con i dati segnalati in Le. 2J,4.18 . Probabilmente Luca, ricor­
d ando il «popolo», si aggancia alla tradizione di Mc. q,8 -q, secondo la
quale la folla chiede la liberazione di Barabba e la condanna di Gesù. Si può
anche pensare che nel testo viene indicata la presenza del popolo {Àcxo�),
poiché esso è considerato come testimonio della dichiarazione dell'inno­
cenza di Gesù, fatta da Pilato. Con l 'indicazione dei tre gruppi giudaici,
davanti ai quali il magistrato romano pronunzia la dichiarazione dell'in­
nocenza di Gesù, Luca intende sottolineare che tale dichiarazione è fatta
davanti a tutto il popolo giudaico; cf. I. Howard Marshall, Luke, 8 5 8 ; G .
Schneider, Lukas II, 476-477.
3 1. Vari codici leggono: « perché io ho mandato voi (up.ac;) a lui ( ad
•.. =

Erode)»; altri codici e versioni invece hanno: « ... perché io ho mandato lui
(= Erode) a voi»; queste versioni non fanno altro che complicare il testo e
mostrano di essere preoccupate di dare una spiegazione all'invio di Gesù
ad Erode da parte di Pilato; così la lettura: «perché io ho mandato voi a lui
(= ad Erode)» cerca di spiegare che il gruppo dei sommi sacerdoti e degli
scribi, i quali avevano accusato ostinatamente Gesù davanti ad Erode (cf.

29
Il richiamo al fatto che Erode non aveva formulato nes­
suna accusa contro Gesù e che lo aveva rinviato a Pilato con
una veste di scherno e di disprezzo indica che il magistrato
romano voleva appellarsi a una autorità che presso i giudei
era più credibile della sua, poiché veniva da un loro correli­
gionario, il quale meglio di lui conosceva la loro sensibilità
religiosa. Inoltre questo accenno ad Erode mostra come la
comparizione di Gesù davanti al tetrarca faccia parte del pro­
cesso di Gesù davanti al procuratore romano.
La dichiarazione d'innocenza di Gesù da parte del magi­
strato romano, dopo che l'imputato era stato inviato da Ero­
de, riguarda soprattutto l'imputazione rivolta contro di lui
dai sinedriti di essere «sobillatore del popolo» (v. 3);32 ora
questa accusa contro Gesù dai sinedriti fu fatta valere anche
davanti ad Erode, ma il tetrarca, molto più di Pilato, era in
grado di valutare l'infondatezza di essa; per questo motivo
tale accusa non ebbe seguito presso l'autorità giudicante,
cioè presso Pilato.
Il magistrato insiste nel proclamare l'innocenza di Gesù e
dice: «Ecco, egli non ha fatto nulla che merita la morte» (v.
1 5 ). L'insistenza di Pilato sull'innocenza di Gesù è determi­
nata dal fatto che Erode gli ha rinviato Gesù senza indi­
cargli nessuna accusa a carico dell'imputato. H
Il magistrato romano dopo aver dichiarato l 'innocenza di
Gesù a seguito dell'interrogatorio dell 'imputato e averla con-
23 , 1 0), erano ora tornati p resso Pilato e potevano attestare che Erode non
aveva formulato nessun verdetto di condanna contro Gesù; cf. J .A. Fitz­
myer, Luke II, 148 5 .
32. I n Le. 23,2 come già sappiamo, l e accuse rivolte contro Gesù sono più
particolareggiate: «Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo,
impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re», invece
in Le. 23 , 1 3 contro Gesù è presentata un'unica accusa; Pilato infatti dice ai
sinedriti: «mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo».
3 3 · I commentatori hanno richiamato l'attenzione sulla formulazione gre­
ca della frase: XaL tÒoÙ oÙÒÈ:v a�tOV ..9ava'tOU €a'tLV 7te:7tpay(J-ÉVOV aù'tct> (Le.
23 , 1 5 ); nella proposizione il pronome aÙ't� è un dativo di agente secondo
la costruzione classica del perfetto passivo del verbo r.paaaw; cf. l. Howard
Marshall, Luke, 8 5 9.

)O
fermata con quanto gli aveva fatto conoscere Erode decide
di rinviare Gesù, dopo averlo esemplarmente castigato. Il te­
sto attribuisce a Pilato queste parole: «Perciò dopo averlo se­
veramente castigato lo rilascerò» ( 7tatòeucraç o�v aÙ'tÒv à7to­
Àucrw) (v. 1 6); il testo greco è di una estrema concisione; è
quasi una formulazione giuridica.
La conclusione a cui giunge il procuratore sorprende la
nostra mentalità, secondo la quale chi è ritenuto innocente
non può subire dei castighi, ma questa non era la mentalità
del magistrato romano, il quale poteva infliggere delle pu­
nizioni a persone che avevano provocato dei disordini e che,
di conseguenza, avevano reso necessario l 'intervento dell'au­
torità per tutelare l'ordine. Pilato quindi decide di lasciar li­
bero Gesù, ma in pari tempo ordina anche di infliggere una
punizione all'imputato allo scopo di placare i suoi accusa­
tori e di rendere più guardingo Gesù per il futuro. L'espres­
sione: «dopo averlo severamente castigato» rende il partici­
pio aoristo 7tatòeucraç; il verbo 7tatòeuw in sé significa edu­
care, istruire; ma siccome presso gli antichi l'educazione e
l'istruzione implicavano anche dei mezzi coercitivi, come le
percosse con le quali l'educatore obbligava il giovinetto ad
applicarsi e ad apprendere, il verbo indicò anche l'esercizio
di forme punitive. H

2. La reazione dei capi e del popolo giudaici


alla decisione di Pilato (vv. 1 8-2 5)
Alla decisione di Pilato di rimettere in libertà Gesù, do­
po averlo severamente punito, i giudei presenti reagiscono
34· Mc. 1 5 , 1 5 presenta diversamente i fatti; egli scrive: «E Pilato, volendo
dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto
flagellare (q>paye:ÀÀwaac;) Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso•; in
Marco si ha la scena della crudele flagellazione praticata dai soldati una volta
che il condannato veniva consegnato loro per l'esecuzione capitale; i n
Marco la flagellazione costituiva la grave punizione del condannato prima
dell'esecuzione della condanna; in Le. 2 3 , 1 6 invece la punizione di Gesù
era più blanda, poteva consistere in una semplice fustigazione e rappresen­
tava una alternativa alla crocifissione; cf. I. Howard Marshall, Luke, 8 59.

31
con inaudita ostinazione; essi si misero a gridare chiedendo
la morte di Gesù e la liberazione di Barabba (Le. 2 3 , 1 S).H
La richiesta dei giudei di volere la liberazione di Barabba
(«Dacci libero Barabba!», v. 1 Sb) dopo che Pilato aveva pro­
clamato l'innocenza di Gesù, sorprende i lettori; infatti Pila­
to, una volta assolto Gesù da ogni colpa punibile con la mor­
te doveva lasciarlo libero; egli invece «parla di nuovo» con i
giudei (cf. v. 20) . Probabilmente i giudei, nonostante le pa­
role di assoluzione del magistrato romano, continuavano ad
accusare Gesù e a dichiararlo meritevole della condanna ca­
pitale; Pilato allora, per placare i giudei che non cessavano
di accusare Gesù, si vide costretto ad appellarsi all'atto di
clemenza che egli doveva compiere in occasione della ricor­
renza della pasqua liberando un prigioniero. Quest'atto di
clemenza e di amnistia pasquale (privilegium paschale; cf.
Gv. 1 8,39), a giudizio di Pilato, doveva placare gli animi de­
gli accusatori, poiché dimostrava la sua benevolenza nei lo­
ro confronti. I giudei invece capirono che l'atto di clemenza
di Pilato era ordinato a liberare Gesù invece di Barabba, per
questo essi reclamavano a gran voce la liberazione di que­
st'ultimo. 3 6
A questo punto, l'evangelista, anche se tardivamente, è ob­
bligato a dare alcune informazioni su Barabba; egli infatti
annota: «questi era stato messo in carcere per una sommos­
sa scoppiata in città e per omicidio» (v. 1 9).
Si rileva immediatamente che Luca nel suo racconto della
passione, in confronto con gli altri evangelisti, riduce di mol-
3 5. Vari codici e versioni antiche, prima di indicare la reazione dei giudei
davanti alla sentenza di assoluzione di Gesù hanno la seguente annotazio­
ne: «Ma eg1i (Pilato} doveva rilasciare loro qualcuno in occasione della fe­
sta)) (Le. 2 J , I J); l'annotazione ha tutto l'aspetto di essere una glossa espli­
cativa, suggerita dai testi di Mc. 1 5 ,6 e Mt. 27, 1 5, per rendere comprensibi­
le la seconda richiesta rivolta dai giudei a Pilato di rimettere in libertà Ba­
rabba (cf. Le. 2 } , 1 8b). Pur riconoscendo che quanto dice il v. 17 rende più
comprensibile la seconda richiesta dei giudei a Pilato di lasciar libero Ba­
rabba, questo versetto interrompe il filo narrativo e rende meno scorrevo­
le il racconto; cf. l. Howard Marshall, Luke, 8 5 9; G. Rossé, Luca, 9 5 6.
36. Si vedano le osservazioni di I. Howard Marshall, Luke, 86o.

32
to il discorso su Barabba; egli invece concentra la propria
attenzione sull'ostinazione dei giudei nel richiedere a Pilato
la crocifissione di Gesù (cf. Le. 23 ,20-2 5 ). Soprattutto Luca
elimina dalla sua narrazione quel patteggiamento tra Gesù e
Barabba, al quale Pilato è stato costretto a scendere per pla­
care la folla; l'evangelista infatti non ricorda la proposta di
scelta tra la liberazione di Gesù e quella di Barabba, avanza­
ta da Pilato alla folla, come la narra Matteo scrivendo: «Al­
lora il governatore domandò: chi dei due volete che vi rila­
sci» (Mt. 27,2 1 ). Nella sua affinata sensibilità religiosa Luca
non può pensare che Gesù possa essere confrontato con un
famigerato sobillatore di sommosse e con un omicida; egli
invece pone in risalto l'importanza della morte di Gesù nel
piano della salvezza, anche se essa è dovuta all'ostinata vo­
lontà dei giudei nel richiedere la morte di Gesù, come fa ri­
levare in questo suo passo: «Essi (i giudei) insistevano a gran
voce, chiedendo che venisse crocifisso e le loro grida cresce­
vano» (2 3,2 3).
L'evangelista intende porre in evidenza il dato che il pro­
curatore romano «vuole rilasciare Gesù» (cf. v. 2o); egli quin­
di mostra come Pilato cerca di parlare con i giudei. Luca qui
istituisce un serrato confronto tra l'atteggiamento dei giudei
e quello di Pilato nei riguardi di Gesù; i giudei chiedono osti­
natamente che Gesù venga crocifisso, mentre Pilato dichiara
l'innocenza dell 'imputato.
Luca vuole sottolineare l'atteggiamento benevolo di Pila­
to nei confronti di Gesù in marcato contrasto con quello
dei giudei; infatti l'evangel ista descrive così l'atteggiamento
del magistrato romano: «Ed egli, per la terza volta, disse lo­
ro: Ma che male ha fatto costui? non ho trovato nulla in lui
che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rila­
scerÒ>> (v. 22).
Indubbiamente questo modo di presentare Pilato nell'e­
sercizio del suo potere giudiziario sorprende il lettore, ma
esso risponde alla prospettiva nella quale si sono posti alcu­
ni evangelisti; così secondo Matteo e Luca, differentemente
33
da Marco, il magistrato romano non appare un giudice che
esercita la giustizia in modo indipendente ed autonomo (cf.
Mt. 27, 1 9-26); per Luca poi Pilato più che giudice è testi­
mone dell'innocenza di Gesù.3 7
Gli studiosi pensano che la benevolenza con la quale Pila­
to giudica Gesù, difendendolo dalle accuse che i giudei gli
muovono contro, rispecchia la prassi alla quale, al tempo in
cui Luca scriveva, si attenevano le autorità romane nei con­
fronti degli apostoli e dei missionari cristiani, consentendo
loro la libertà della predicazione. Di questo atteggiamento
dei governatori romani verso gli apostoli e i missionari cri­
stiani accusati dai giudei di «fomentare continue rivolte tra
tutti i giudei che sono nel mondo» (Atti 24, 5) offrono ampie
testimonianze gli Atti, quando narrano i vari giudizi ai quali
fu sottoposto l'apostolo Paolo (Atti 24, 1 0-2 1 ; 26,2-23; cf.
I J ,7. 1 2; 1 8 , 1 2-1 6).3 8
Nel suo racconto Luca mostra come non già la volontà
del magistrato romano, bensì quella dei giudei determina la
morte di Gesù; infatti «essi insistevano a gran voce (O t oè È-
7tÉxe:t v't o q>wvatç (J-e:ya Àatç), chiedendo che venisse crocifis­
so; e le loro grida crescevano (xa-rtcr-x,uov )» (v. 2 3); i giudei
con le loro grida facevano pressione su Pilato (È7ttxe:t(J-at; cf.
Le. 5 , 1 ) e queste grida diventavano sempre più forti (xa'ttcr­
xuw) per piegare la resistenza di Pilato. Questi allora decide
che la richiesta dei giudei venga eseguita (È7tÉxpt ve:v ye:vécr.Sat
'tÒ a't't l) (J-CX aù-rwv, v. 24) L'evangelista evita di dire espressa­
mente che Pilato ha emesso la condanna capitale contro Ge-

3 7· A proposito del testo di Le. 2 3 , 2 0 - 2 4 è stato giustamente osservato: « A n­


lich wie bei Mt (und im Unterschied zu Mk) ist nach dieser Darstellung
Pilatus gar nicht der se1bstandigentscheidende Richter. Fu r Lukas wird er
zum Zeugen fur die Unschuld Jesu» (G. Schneider, Lukas II, 478).
3 8 . Gli studiosi rilevano che un motivo apo1ogetico è soggiacente al rac­
conto di Luca (23,20-25), nel qua]e si nota la tendenza delJ'evangelista a
discolpare ] 'autorità romana e a incolpare que11a giudaica, la quale, nono­
stante ]e dichiarazioni di Pi1ato sulJ'innocenza di Gesù (23,4. 1 4- 1 5.22), chie­
de ostinatamente che questi sia crocifisso; cf. J.A. Fitzmyer, Luke II, 1488;
G. Schneider, Lukas II, 478.

34
sù,39 come anche di scrivere che egli «lo consegnò perché fos­
se crocifisso» (Mc. I 5 , 1 s; Mt. 27,26; Gv. 19, 1 6).
Luca conclude il racconto del processo di Gesù davanti a
Pilato con una proposizione con la quale pone in forte con­
trasto la sorte di Barabba e quella di Gesù; egli infatti scrive:
«Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa
e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla lo­
ro volontà» (7tapÉÒwxe:" 't� -8-e:À�(J.�X'tt aÙ'tw'J, v. 2 5 ).40 Que­
sta espressione dell'evangelista fa pensare che la crocifissio­
ne sia stata eseguita dai giudei. 4 1 Va notato che la formula
usata da Luca («abbandonò Gesù alla loro volontà») pone
in risalto un'istanza cristologica e letteraria di Luca, quella
cioè della colpevolezza dei giudei nell'aver consegnato Gesù
a Pilato, nell'averlo rinnegato davanti a lui e nell'aver chie­
sto a lui di graziare un assassino e di mettere a morte l'auto­
re della vita.41
Secondo Luca, Pilato consegna Gesù alla volontà dei giu­
dei; con questa espressione l'evangelista intende sottolineare
che soltanto i giudei sono colpevoli della morte di Gesù.
Ciò concorda con quanto afferma Gv. 1 9, 1 6; i due evange­
listi inoltre convengono nel mostrare come Pilato ceda alle
pressioni dei giudei, come anche nel segnalare che il magi­
strato romano per tre volte proclama l'innocenza di Gesù
39· Cf. W. Grundmann, Lukas, 427.
40. La traduzione dell'aoristo 1tetpÉÒwxEv con «abbandonÒ» è inesatta e
svuota il verbo della sua pienezza di contenuto teologico; il verbo va
meglio tradotto con «consegnò». È stato osservato infatti: «Le ultime pa­
role (del v. 25) sono importanti : 'consegnare' non è solo un terminus tech­
nicus della terminologia giuridica ebraica (cf. Atti 21,1 1; 28,17), ma anche
un motivo teologico, che deve esprimere la realizzazione della volontà di­
vina (cf. /s. 5J ,12; Le. 24,26 s.; Atti 2,23; 3,18; 13,27; 26,23). L'accenno alla
'loro volontà' sottolinea l'i ntenzione letteraria di Luca (cf. A tti J , I J - q ),
più volte osservata» (J. Ernst, Luca n, 88 s -886).
41. Cf. G. Schneider, Lukas n, 478; concludendo in tal modo il racconto
del processo di Gesù davanti a Pilato, Luca omette gli scherni subiti da
Gesù da parte dei soldati romani (cf. Mc. I 5, r6-2o).
42. Questa istanza cristologica e letteraria trova la sua espressione più com­
piuta nel discorso di Pietro, dopo la guarigione dello storpio avvenuta alla
porta del tempio (cf. A tti J , I J - I S)·

35
(cf. Le. 2J,4. 1 4- 1 5.22; Gv. 1 8,3; 1 9,5 . 1 2); ovviamente questi
accordi sono dovuti alle tradizioni evangeliche, non già a di­
pendenze letterarie.43
Matteo, più degli altri evangelisti, ha sottolineato in ter­
mini marcati la colpevolezza del popolo giudaico (cf. Mt. 27,
24-2 5 ); anche Luca ha posto in evidenza la colpevolezza dei
giudei, ma probabilmente il suo principale intento era di sot­
tolineare la politica di tolleranza delle autorità romane nei
confronti della diffusione del messaggio cristiano. 44
43· Cf. W. Gr und mann Lukas, 426-427.
,

44· Cf. G. Schneider, Lukas n, 478.


CAPITO LO TREDICESIMO
GESÙ È CONDOTIO AL CALVARIO
(Le. 23,26-3 2)

In Luca il racconto del processo di Gesù davanti a Pilato è


seguito immediatamente da quello del cammino di Gesù ver­
so il luogo della crocifissione; l'evangelista infatti non narra
gli scherni e i maltrattamenti inflitti a Gesù da parte dei sol­
dati romani, come fa Mc. I 5 , I 6-2o (lo rivestono di porpora,
gli pongono una corona di spine, lo scherniscono salutan­
dolo re dei giudei, lo percuotono, gli sputano addosso e si
inginocchiano davanti a lui), ma, dopo aver detto che Pilato
consegnò Gesù alla volontà dei giudei, ricorda che il Salva­
tore fu condotto via, verso il luogo della crocifissione.
Il Maestro costituisce la fi gura centrale del racconto del
cammino verso il Calvario, infatti su di essa convergono i tre
episodi, oggetto del presente capitolo, ricordati dall'evange­
lista nel corso di detto racconto; cioè: I. Simone di Cirene
porta la croce di Gesù lungo il cammino verso il Calvario
(v. 26); 1 1 . il Salvatore rivolge un oracolo contro Gerusalem­
me alle donne che facevano lamenti su di lui (vv. 27-3 I ); la
spiegazione dell'oracolo, data la sua importanza e la sua com­
plessità, richiederà una certa ampiezza e rappresenterà la
parte più interessante del presente capitolo; e III. il Maestro
è condotto al Calvario insieme con due malfattori (v. 32).

I. SIMONE DI CIRENE PO RTA LA CRO CE (v. 26)


Luca, nel suo racconto, si limita a dire: «Mentre lo (Ge­
sù) conducevano via, presero un certo Simone di Cirene che
veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da por­
tare dietro di Gesù» (v. 26).
Il testo non appare interamente chiaro, perché Luca non
37
si preoccupa tanto di segnalare tutte le fasi degli avvenimen­
ti, quanto invece di indicarne la continuità.
Come già sappiamo, Luca non ricorda, come ha fatto
Marco (cf. Mc. 1 5 , 1 6-2o), che Gesù una volta consegnato da
Pilato ai soldati perché lo crocifissero subì da essi percosse,
maltrattamenti e scherni; egli invece si affretta a narrare che
il Salvatore, dopo essere stato consegnato da Pilato ai giu­
dei, fu condotto al luogo della crocifissione.
Nel v. 26 i due verbi usati dall'evangelista non contengo­
no l'indicazione del loro soggetto; Luca infatti scrive: «men­
tre lo conducevano via» (&7t�y(lyov) e: «gli misero addosso
la croce» ( È7tÉ,9.l)X(lV aÙ'tqJ ); se ci si attiene rigorosamente
alla formulazione dei vv 2 5 e 26 bisognerebbe intendere le
.

due espressioni nel modo seguente: Pilato consegnò Gesù ai


giudei, questi lo condussero al luogo della crocifissione e im­
posero la croce a Simone di Cirene; Luca tuttavia conosce
molto bene che sono i soldati romani a condurre Gesù al luo­
go della crocifissione, come egli stesso lascia chiaramente in­
tendere nel seguito del racconto (cf. Le. 2 3 ,36-47). 1 Come si
constata, Luca è più interessato ai fatti in sé che alle modali­
tà con cui si svolgono; il fatto consisteva nel segnalare che
Gesù fu condotto al luogo della crocifissione. La presenza
dei soldati romani spiega l'unico particolare indicato da Lu­
ca, cioè che essi misero addosso a Simone di Cirene la croce
d i Gesù.
L'evangelista in questo versetto modifica notevolmente il
testo di Marco dal quale dipende, come appare manifesta­
mente dal loro confronto:
Mc. 1 5,2 1 Le. 23,26
Allora costrinsero un tale che Mentre lo conducevano via,
passava, un certo Simone di presero un certo Simone di Ci­
Cirene che veniva dalla cam- rene che veniva dalla campa-

1. Luca poteva lasciare indeterminato il soggetto dei due verbi del v. 26


(«conducevano» e «misero addosso»), poiché tutti conoscevano che !,ese­
cuzione della crocifissione era riservata ai soldati romani; cf. l. Howard
Marshall, Luke, 862.
pagna, padre di Alessandro e gna e gli misero addosso la
Rufo, a portare la croce. croce da portare dietro a Ge­
sù.

Come sappiamo, Luca, avendo omesso il racconto della


flagellazione e degli scherni inflitti a Gesù dai soldati roma­
ni dopo la sua condanna alla crocifissione da parte di Pilato,
non lascia più capire il motivo per il quale i soldati romani
prendono Simone di Cirene e gli mettono sulle spalle la
croce di Gesù. Normalmente è il condannato che porta la
croce fino al luogo dell'esecuzione, come risulta anche dal
racconto di Gv. 1 9, 1 7. Soltanto dal testo di Mc. 1 5 , 1 6-20 si
deduce che, dopo la crudele flagellazione, la resistenza di
Gesù ne esce molto provata, per cui non è più in grado di
portare la croce.2 Tuttavia mentre è legittimo cercare il mo­
tivo per il quale una persona è obbligata a dare aiuto a Ge­
sù, portandogli il patibulum (la trave trasversale) della cro­
ce, non si può necessariamente concludere che l'evangelista
abbia avuto presente tale spiegazione, poiché egli, nel narra­
re l'episodio, può essersi prefisso un altro scopo.3
2 . Indubbiamente si tratta di portare il patibulum, cioè la parte trasversale
della croce, poiché il tronco verticale si trovava sul luogo dell'esecuzione;
cf. G. Rossé, Luca, 967; G. Schneider, Lukas II, 48 1 ; l'autore parla di « ...
de n Querbalken des Kreuzes tragen,. .
3 · A l riguardo riportiamo l a seguente osservazione d i J.A. Fitzmyer, nella
quale l'autore, precisando il suo pensiero, dichiara: « Luke gives no him why
or how Simon was pressed into service for such a job. 'lt must therefore
be presumed t hat J esus was breaking down under the weight, so that the
soldiers found it necessary to force Simon to aid him'>> (1. Howard Mar­
shall, Luke, 863). That may be a valid presumption for Stage I of the gos­
pel tradition, in which Jesus was presumably scourged; but we know noth­
ing of that in the Lucan story, and there has not yet been any mention of
'soldiers'» (Luke II, 1 497). Lo «Stage I» indica il primo stadio della tradi­
zione evangelica, quella cioè che si è formata al tempo di Gesù, o al tempo
degli avvenimenti evangelici. L'autore si richiama all'insegnamento della
lnstructio de historica evangeliorum veritate della Pontificia Commissio­
ne Biblica ( 2 1 aprile 1964), nella quale si dice: «L'esegeta, per affermare la
fondatezza di quanto i vangeli ci riferiscono, badi con diligenza ai tre stadi
attraverso i quali l'insegnamento e la vita di Gesù giunsero a noi» (lnstructio
2 ) ; i tre stadi sono: quello del tempo di Gesù, quello del tempo degli aposto­
li (loro predicazione e istruzione), quello del tempo degli evangelisti (scrit-

39
È quanto pensano vari commentatori, i quali rilevano che
l'episodio di Simone di Cirene che, di ritorno dal campo, è
obbligato a portare la croce, diventa un esempio tipico della
sequela di Gesù; in tal modo si vede che Luca ha reinterpre­
tato il dato evangelico in chiave simbolica facendo portare a
Simone la croce «dietro a Gesù».4 Luca quindi ha modifica­
to il dato evangelico offertogli da Mc. 1 5 ,2 1 per fare di Si­
mone di Cirene un'immagine ideale della sequela di Gesù,
cioè del discepolo di Gesù che porta la croce «dietro» a lui.
L'evangelista aveva già tratteggiato la figura del discepolo
di Gesù, quando aveva riferito il logion sulla sequela di Ge­
sù che suona: «Se qualcuno vuoi venire dietro a me, rinne­
ghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua>>
(Le. 9,23); i due testi di Le. 23,26 e 9,23 contengono la stessa
idea, anche se espressa diversamente, quella cioè di mettersi
al seguito di Gesù portando la croce.5
Questa idea rivela una prospettiva e un'istanza lucana. 6
L'evangelista, nel narrare l'episodio di Simone di Cirene, ha
come interesse primario quello di presentare questo perso­
naggio come immagine tipica del discepolo ideale che porta
la croce dietro a Gesù; di conseguenza egli omette alcuni
particolari che lo riguardano, i quali non rivestivano nessun
interesse per lui.7
ti degli autori sacri); cf. Dei Verbum 1 9 (promulgata il r 8 novembre 1 965).
•· Cf. J. Ernst, Luca II, 8 8 7.
s . I n Le. 2 3 ,26 si ha l'espressione: "tÒv a"tcxupòv cp épEt v o7tta8Ev "tou 'I 11aou
(gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù); e in Le. 9,23 l'idea
di portare le croce è formulata in modo più articolato e particolareggiato;
infatti il testo dice: d "tt� ·.9 ÉÀEt Òitta(J) (J.OU 'ip-x.Ea-Bat . . . àpci"tw "tÒv a"tcxupòv
tZÙ"t'ou. . xcxt àxo),ou-8d"ttd (J. O t (se qualcuno vuoi venire dietro a me ... pren­
.

da la sua croce ... e mi segua»); indu bbiamente la formula di Le. 23,26 è mol­
to concisa e sintetica concentrando l'idea della sequela di Gesù nel portare
la croce dietro a lui. Il testo di Le. 23,26 andrebbe meglio tradotto nel mo­
do seguente: « ... gli misero la croce addosso e gliela fecero portare dietro a
Gesù »; cf. G. Schneider, Lukas 11, 48 1 .
6. Riguardo all'espressione che ricorre in Le. 23 ,26: «dietro a GesÙ» (o7tta-
8E.v "tou I 11aou) è stato osservato: «The Lucan touch is evident in the addi­
'

tion of 'behind Jesus'» (J.A. Fitzmyer, Luke n, 1 494).


7· Mc. 1 5,2 1 ricorda che Simone di Cirene era «padre di Alessandro e Ru-

40
L'azione dei soldati romani nei confronti di Simone di
Ci rene è indicata differentemente da Marco e da Luca; Mc.
I 5 ,2 I infatti (seguito in ciò da Matteo) usa il verbo «costrin­
gere» (àyyapEuw); Le. 23,26 invece ha «mettere addosso,
imporre» (È7tt'tt.SYJ!J.t); ambedue i verbi esprimono una for­
ma di costrizione esterna; il verbo àyyape:uw significa co­
stringere ad un lavoro ed è un verbo non di origine greca,
ma straniera (cf. latino angariare); il verbo È7tt-tt.SYJ!J.t ha il
senso di imporre o porre sopra; probabilmente Luca ha usa­
to questo verbo per evitare di servirsi di un termine d'ori­
gine straniera e di uso volgare, qual è àyyapEuw; infatti È7tt­
'tt.SYJIJ.t è un verbo di pura grecità. 8
Ciò che sorprende nel breve episodio di Simone di Cire­
ne è il modo con il quale Luca lo vede e lo valuta. Egli si di­
stacca dal racconto di Marco per scoprire altri aspetti del­
l'avvenimento; da un episodio casuale e irripetibile Luca ha
saputo trarre un'immagine tipica del discepolo di Gesù da
proporre al lettore del vangelo di ogni tempo; ad ogni au­
tentico discepolo di Gesù è imposto di portare la croce die­
�ro a lui. Veramente Luca nel narrare la passione del Salva­
tore ha inteso redigere «il vangelo del discepolo».9

fo» ; Luca non ha bisogno di riprendere questa indicazione di carattere ana­


grafico, perché non gli serve a presentare Simone di Cirene come fi gura ti­
pica del discepolo di Gesù; l'elemento che caratterizza il discepolo di Ge­
sù è indicato nella precisazione presente soltanto in Le. 23 ,26, che Simone
portava la croce «dietro a Gesù» (Le. 2 3,26).
8. Nel logion sulla sequela di Gesù Luca usa il verbo atpw (portare, solle­
vare [la sua croce]): Ò:pa'tcù 'tÒv a'taupòv aÙ'tou (Le. 9,2 3 ).
9· Cf. A. Vanhoye, I racconti della passione nei vangeli sinottici, in La Pas­
sione secondo i quattro vangeli, 49· Per quanto riguarda il nostro testo (Le.
23 ,26), quest'autore osserva: « A proposito di Simone, Luca evita di parla­
re di 'costrizione' (cf. Mc. 1 5 ,2 1 ; Mt. 27,3 2); sceglie un termine dal senso
più generale (gli imposero di . , 23 ,26) che può anche essere utilizzato per
. .

una missione di fiducia oltre che per una pena. Il resto della frase è la for­
mula dell'impegno cristiano: 'portare la croce' dietro a Gesù (23,26; cf. 9,
23; 1 4,27). La figura di Simone rappresenta quindi agli occhi di ogni disce­
polo un invito a seguire veramente Cristo, perché questa è la sua vocazio­
ne» (ibid. ).

41
II. ORACOLO DI GESÙ CONTRO GERUSALEMME
(VV. 27-3 1 )

Luca, dopo aver ricordato i l breve episodio di Simone di


Cirene (2 3, 26) narra che una grande folla di popolo e di
donne seguiva Gesù, che si avvia al luogo della crocifissione
(v. 27); questa folla di popolo era composta dagli abitanti di
Gerusalemme ed anche da molti pellegrini giudei, venuti
nella città santa per la festa di pasqua. L'evangelista ricorda
la presenza del popolo, poiché esso assisterà alla crocifissio­
ne di Gesù (vv. 3 5 .48) e con questa annotazione egli distin­
gue nettamente l'atteggiamento del popolo nei confronti del
Salvatore da quello dei suoi capi; questi ultimi infatti scher­
niranno beffardamente Gesù appeso sulla croce, mentre il
popolo lo starà a guardare (cf. Le. 2 3 ,3 5 ) . 1 0
Riguardo alle donne Luca segnala che «si battevano il pet­
to e facevano lamenti su di lui (Gesù)» (v. 27). 1 1 Queste
donne non sono discepole di Gesù, di cui l'evangelista farà
una menzione esplicita più avanti (cf. vv. 49. 5 5 - 5 6), ma don­
ne che facevano lamenti sulla crudele sorte dei condannati;
esse anche «s'incaricavano di preparare per i condannati un
vino aromatizzato ... che li stordisse e attenuasse la loro sof­
11
ferenza». Alle donne, che piangendo facevano lamenti sul­
la sorte di Gesù, questi rivolge un oracolo che rivela loro,
con il linguaggio dei profeti, la tragica sorte che attende in
futuro la loro città. Luca infatti così si esprime: «Gesù, vol­
tandosi verso le donne, disse: Figlie di Gerusalemme, non
piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.
Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i
grembi che non hanno generato e le mammelle che non han­
no allattato» (vv. 28-29).
10. Cf. J.A. Fitzmyer, Luke II , 1497.
1 1 . Le espressioni battersi il petto e fare lamenti possono essere un motivo
letterario che si ispira a Zacc. 1 2, 10-14. Osserva G. Rossé: «<l versetto è re­
dazionale e riposa non tanto su ricordi storici, quanto piuttosto su una ri­
flessione propria dell" evangelista, con una possibile reminiscenza di Zacc.
12, 10- 1 .2.» (Luca, 968). 1 2. P. Benoit, La passione e risurrezione, 24 5 .
Nel definire la natura e la finalità di quest'oracolo gli stu­
diosi non sono concordi e propongono interpretazioni di­
verse.13 Le posizioni possono essere ricondotte fondamen­
talmente a due: per un gruppo di studiosi le parole profeti­
che di Gesù alle figlie di Gerusalemme esprimono una for­
ma di compassione e contengono un invito al pentimento;
per un secondo gruppo di commentatori invece queste stes­
se parole sono un oracolo profetico di giudizio o di castigo
contro Gerusalemme, colpevole della condanna di Gesù.14
La posizione del primo gruppo di studiosi può essere co­
sì riassunta: «L'esortazione alle figlie di Gerusalemme ... a non
piangere per lui (Gesù) ma per i propri figli deve essere in­
terpretata come estremo invito alla conversione e alla peni­
tenza, e non come un vaticinium ex eventu, che dovrebbe
illustrare agli ascoltatori di Luca il giudizio su Israele» .1 s
Il secondo gruppo di commentatori ricorda come Gesù si
rivolge alle figlie di Gerusalemme per indicare il vero moti-
I J . Cf. J.H. Neyrey, ]esus ' address to the women of]erusalem (Lk. 2),27-
J I). A prophetic judgment oracle: NTS 29 ( 1 983) 74- 86. L'autore inizia il
suo studio con la seguente osservazione: «The history of the interpreta­
tion of Lk. 2 3 ,27-3 1 indicates that the address of Jesus to the Daughters of
Jerusalem has been understood in ways which are totally contradictory
and that the methodological approaches to its interpretation have not ad­
equately indicated the direction of a surer exegesis» (p. 74).
14. Per quanto riguarda l'interpretazione di Le. 23,27-3 1 J.H. Neyrey con­
stata: «The total impact of the passage is clearly difficult to interpret: some
say i t is a prophetic doom word, a cry for vengeance; others say i t is a word
of compassion; and stili others, a cali to repentance» (]esus ' address to the
women of]erusalem, 74). Non pochi autori poi propongono una interpre­
tazione « ibrida», secondo la quale la profezia di Gesù contiene in pari
tempo una minaccia di castigo c un invito alla penitenza; cf. P. Benoit, La
passione e risurrezione, 247; lo studioso infatti rileva: «Si tratta forse di
una parola di biasimo, ma essa è anche piena di misericordia». Parimenti
anche B. Maggioni sostiene questa interpretazione mista; egli infatti scrive
a proposito di Le. 23 ,27-3 1 : «sono parole di giudizio, che però vogliono
essere un pressante appello alla conversione ... Non vuole la compassione,
ma la conversione», l racconti evangelici della passione, 4 5 2 . Noi propor­
remo in seguito la nostra spiegazione.
1 5 . J. Ernst, Luca 11, 8 8o; e poco più avanti lo stesso autore osserva che la
profezia di Gesù, «nonostante certi toni minacciosi, va intesa come ultima
esortazione» (p. 8 8 8).

43
vo che giustifica il loro pianto e lamento; esse non debbono
piangere per la condanna capitale di Gesù, ma per la sorte
tragica che nel futuro incombe su Gerusalemme. La colpa
che l'attuale generazione ha commesso rifiutando Gesù e
condannandolo alla crocifissione sarà crudelmente punita
nella generazione successiva. Il castigo che sovrasta Gerusa­
lemme sarà così duro e crudele che le donne sterili, le quali
non hanno generato né allattato, saranno chiamate beate e
coloro che dovranno subire questo castigo invocheranno la
morte per sottrarsi ad esso. 1 6 L'oracolo di castigo contro la
città santa è formulato in termini tanto duri e violenti per­
ché è messo in relazione con la crudele e spietata condanna
capitale di Gesù, voluta dalle autorità religiose di Gerusa­
lemme; questo motivo spiega la presenza dell'oracolo di pu­
nizione contro Gerusalemme nel racconto lucano del cam­
mino di Gesù verso il luogo del suo supplizio.1 7 Ovviamen­
te questa profezia di castigo non è ricordata allo scopo di mo­
strare che la colpa incorsa dalle autorità giudaiche di Geru­
salemme con la condanna a morte di Gesù è imperdonabile,
ma che essa è una colpa gravissima, perché conseguenza di
una inspiegabile incomprensione della persona di Gesù e
della sua opera da parte di queste autorità.
Il crudo oracolo di castigo che Gesù ha rivolto alle figlie
di Gerusalemme intende porre in risalto la gravità della col­
pa degli abitanti della città santa che esse rappresentano.
A nostro giudizio le parole profetiche di Gesù riportate
da Le. 2 3 ,27-3 I non sono un appello al pentimento rivolto
agli abitanti di Gerusalemme, ma contengono un oracolo di
castigo contro di essi. Vari motivi ci inducono a sostenere
questa interpretazione del testo lucano in oggetto. In primo
luogo l'oracolo di Gesù riferito da Le. 2 3,27-3 I non è l'uni­
co oracolo rivolto contro Gerusalemme, ma esso rientra nel­
la serie delle profezie di condanna che sono state pronun-
r6. Cf. G. Schneider, Lukas n , 48 1 .
17. G. Schneider, pone bene i n luce questo aspetto quando rileva: «Das
Schicksal der Stadt wird zur Hinrichtung Jesu in Beziehung gesetzt».

44
ziate da Gesù nei confronti della città santa e che sono state
riportate dal terzo evangelista (cf. Le. I I ,49- 5 I ; I 3, I - 5 . 34-3 5 ;
I 9,4 I -44; 2 I ,20-24); confrontando questi differenti oracoli

di punizione si constata immediatamente che espressioni si­


mili a quelle del testo di Le. 23,27-3 I ricorrono negli oracoli
riferiti in Le. I 3,3 3-3 5 ; I 9,4 I -44; 2 I ,20-24. 1 8
Particolarmente significativi sono i due giudizi di condan­
na pronunziati da Gesù in Le. I 3,3 4-3 5 e in 2 I ,2 3-24; nel
primo testo è detto: «Gerusalemme, Gerusalemme, che uc­
cidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante
volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la
sua covata sotto le ali e voi non avete voluto ! Ecco la vostra
casa vi viene lasciata deserta!» .19 Il secondo oracolo di con­
danna suona: «Guai alle donne che sono incinte e allattano
in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira
contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno
condotti prigionieri fra tutti i popoli; Gerusalemme sarà
calpestata dai pagani ... »; questi versetti richiamano da vicino
l'altro oracolo di punizione contro Gerusalemme di Le. I 9,
4 3-44 in cui Gesù dice: «Giorni verranno per te in cui i tuoi
nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringe­
ranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di
te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai ri­
conosciuto il tempo in cui sei stata visitata».20
1 8 . Cf. I. Howard Marshall, Luke, 862; J.H. Neyrey, ]esus' address to the
women of]erusalem, 79; quest'ultimo autore, al termi ne del suo studio ri­
porta in sinossi i quattro oracoli di condanna pronunziati da Gesù e rife­
riti da Le. 1 3 ,3 3 - 3 5 ; 1 9,4 1 -44; 2 1 ,20-24; 23 ,2 7-3 1 ; in tal modo si pone in ri­
salto come tutti questi oracoli contengono gli stessi elementi costitutivi
dell'oracolo di punizione (Gesù si rivolge a Gerusalemme, denunzia la sua
colpa, e formula la sentenza di condanna contro di essa); cf. art. cit. , 83.
1 9. La versione a cura della CEI, nel testo di Le. I J,J 5 , aggiunge il predica­
to «deserta» (tplJ(J.Oç) (anche la Vulg. ha «deserta») armonizzando così il
testo con queHo di Mt. 23 ,38; le edizioni critiche indicano la lettura: «la
vostra casa vi sarà lasciata» (la Neo-Volgata ha: «Ecce relinquitur vobis
domus vestra»). Il testo di Ger. 2 2 ,5t richiamato da Luca, dice: «Ma se non
ascolterete queste parole, io lo giu ro per me stesso - parola del Signore -
questa casa diventerà una rovina».
20. In Le. 2 1 ,23 è detto: 4(Guai alle donne che sono incinte e allattano in

45
In secondo luogo l'oracolo di Gesù riferito da Le. 2 3,2 7-
31 contiene degli elementi che caratterizzano gli oracoli di ca­
stigo pronunziati dai profeti; infatti in esso Gesù si rivolge
alla città colpevole («Figlie di Gerusalemme») e pronunzia
una esplicita sentenza di punizione («Ecco, verranno giorni
nei quali si dirà: Beate le sterili ... »).
Nell 'oracolo manca la denunzia delle colpe commesse da
Gerusalemme, ma questa denunzia è sottintesa, poiché non
si può avere una sentenza di punizione senza che sia deter­
minata da gravi infedeltà e colpe contro Dio.21
Un esempio di oracolo di punizione si ha in Le. I 3,3 4- 3 5
che abbiamo già ricordato; in esso appaiono le tre compo­
nenti letterarie fondamentali che lo caratterizzano: l'indiriz­
zo alla città colpevole («Gerusalemme, Gerusalemme»), la
denunzia dei crimini e delle colpe commesse («uccidi i pro­
feti e lapidi coloro che sono mandati a te; ho voluto racco­
gliere i tuoi figli ... e voi non avete voluto»), il giudizio e la
condanna di punizione («Ecco la vostra casa vi viene lasciata
22
deserta»).
In terzo luogo si constata che l'oracolo di punizione in
quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo
popolo »; l'idea della gravità della punizione di Gerusalemme qui è indica­
ta sotto forma di maledizione; la stessa idea invece nell'oracolo di puni­
zione di Le. 23 ,29, come si vedrà meglio in seguito, è espressa in forma di
beatitudine: «Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mam­
melle che non hanno allattato». È stato rilevato che, per quanto riguarda
gli annunzi della fi ne e della rovina di Gerusalemme, Luca si è attenuto
alla «legge della triplicità» ( «Das Gesetz der Triplizitat» ); l'evangelista in­
fatti come riporta il triplice annunzio della passione da parte di Gesù (cf.
Le. 9, I 8-22; 9,43 -4 5 ; 20,J I -J4), così ha un triplice accenno alla fine di Ge­
rusalemme (cf. Le. I I ,49-p ; I }, I - 5 ; I J ,J I -J 5) e una triplice profezia sulla
tragica rovina di essa (cf. Le. I 9,39-44; 2 I , 5 -36; 2 3 ,29-3 I ) ; cf. W. Kaser,
Exegetisehe und theologisehc Erwagungen zur Seligpreisung der Kinderlo­
sen (Le. .2),.29b): ZNTW 54 ( I 963) 24 5 .
2 1 . Ovviamente l'annunzio del castigo presuppone una denunzia delle col­
pe commesse, anche se essa non è espressamente ricordata, come nel testo
che c'interessa. In altri oracoli, riferiti da Luca, questa denunzia delle col­
pe è messa bene in risalto; cf. Le. I I ,49- so; 1 3,34; I 9,42-44.
2 2 . Cf. J .H. Neyrey, }esus' address to the women of }erusalem, 79; per il
testo di Le. I J , J S si veda la nota 1 9.
Le. 23,27-3 1 richiama il testo profetico di Os. 10,8 allo sco­
po di porre in evidenza il carattere divino della punizione
preannunziata. Infatti nell'oracolo Gesù, dopo l'annunzio
della venuta del castigo («Ecco, verranno giorni nei quali si
dirà: Beate le sterili ... ) cita le parole di Osea: «Allora co­
» ,

minceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Co­


priteci!» (Le. 2 3,30 ). 1 3
Data l'importanza e il carattere di questo oracolo di puni­
zione occorre esaminarlo più da vicino per conoscerne me­
glio la forma letteraria e lo scopo.

I. La forma letteraria dell 'oracolo


I commentatori non sono concordi nel definire la forma
letteraria dell'oracolo, riferito da Le. 2 3,2 7-3 1 , poiché essa
non s'impone con evidenza; anzi l'esame della forma lette­
raria risulta complesso.
Secondo R. Bultmann questo oracolo di Gesù, sotto il pro­
filo letterario, va annoverato tra gli apoftegmi biografici
2 3 . Si noti la ripresa dell'idea di «dire», anche se espressa con due differen­
ti verbi (etpw e ÀÉyw}: «ecco verranno giorni nei quali si dirà (Èpouaw} . . . »
(v. 29); «allora cominceranno a dire (ì.. Éyetv} ai monti ... • (v. 30). Nel testo
di O s. 10, 8 l'ordine dei due verbi: � cadete» e «copriteci» è invertito («di­
ranno ai monti : copriteci e ai colli: cadete su di noi»). Una citazioné bibli­
ca si trova anche nell'oracolo della pu nizione di Le. 1 3 ,3 5 («Ecco, la vostra
casa vi viene lasciata (deserta} »; il testo di Ger. 22,5 , come sappiamo, suo­
na: «questa casa diventerà una rovina»). W. Kaser osserva che Le. 23 ,29b e
3ob riecheggia il testo di fs. 5, I - I o; il testo isaiano non è citato, ma è ripre­
so come idea; i versetti di Le. 23 ,29b e 3ob parlano della fine di Israele se­
condo la carne, ma lasciano intravedere il sorgere di Israele secondo lo spi­
rito. Infatti la beatitudine di Gesù: «Beate le sterili e i grembi che non
hanno generato .. . (Le. 23 ,29b) va considerata come una ripresa del pen­
»

siero espresso in fs. 5 4, I : « Esulta, o sterile che non hai partorito, pro­
rompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori, perché
più numerosi sono i fi gli dell'abbandonata che i fi gli della maritata, dice il
Signore»; cf. Exegetisehe und theologisehe Erwiigungen zur Seligpreisung
der Kinderlosen (Le. 23 ,29b), 240-254, spec. 247. 248. 2 5 3 . Da parte nostra
riteniamo che ) 'intero oracolo di Gesù rivolto alle donne di Gerusalemme
è un oracolo di punizione e in questo oracolo la beatitudine delle donne
«sterili» è un modo espressivo per sottolineare la gravità di questa puni­
zione divina che incombe su Gerusalemme.

47
(biographisehe Apophtegmata) che ricorrono nei vangeli si­
notti ci. L'apoftegma in questione è una profezia cristiana po­
sta sulle labbra di Gesù lungo il cammino verso il luogo del­
la sua crocifissione. N o n si può stabilire se i vv. 2 9-3 I ( «Ec­
co, verranno giorni nei quali si dirà: ... ») all'inizio costituis­
sero un detto isolato di Gesù, poiché ora questi versetti fan­
no parte dell'oracolo profetico.
Questa parte dell'oracolo del Maestro {vv. 29-3 I ) , a mo­
tivo delle sue caratteristiche di lingua e di stile, rivela un'ori­
gine aramaica {cf. v. 29: lòoù Epxov"rat i)(J.Épat Èv af� Èpoucnv;
il discorso diretto; v. 30: "rO"re: cip�ov"rat ÀÉye:t v; v. 3 I : la par­
ticella Èv che corrisponde alla particella aramaica b e-). Il v.
3 I poi utilizza un proverbio conosciuto.14
Altri studiosi ritengono che l'oracolo di Le. 2 3 ,27-3 I è il
risultato di una composizione di testi; l'unità letteraria ori­
ginaria è costituita dai vv. 27-28.3 I ; a questa è stata aggiunta
un'altra unità costituita dai vv. 29- 30 in modo da presentare
l'oracolo di Gesù come un oracolo di castigo di Gerusalem­
me; di conseguenza questi ultimi versetti nei confronti dei
vv. 2 7 - 2 9 hanno un carattere secondario.15
Altri commentatori invece affermano che l 'oracolo di Le.
2 3,2 7-3 I è una creazione di Luca, la quale non deriva da un
racconto prelucano, né da una tradizione o fonte preceden­
te, ma dal lavoro e dalla riflessione dell'evangelista su diffe­
renti dati biblici.1 6
Lo studio del problema dell'origine e della composizione
di questo oracolo di Gesù sulle «figlie di Gerusalemme» è
stato affrontato da Mario n L. Soards nell'articolo Tradition,
.14. Cf. R. Bultmann, Gesehiehte, 37-3 8. 1 2 1 - 1 2 2 .
l. S . Cf. W. Kaser, Exegetisehe und theologisehe Erwiigungen zur Seligprei­
sung der Kinderlosen (Le. .2J,29b), 240-2 5 5 {242-243); J.A. Fitzmyer, Luke
II, 1 49 5 .
.16. J.H. Neyrey afferma espressamente: «Form critically, the passage (Le.
.13,27-3 1) should be acknowledged as the creation of Luke himself and
does not come from pre-Lucan passage, tradition or source» (]esus ' ad­
dress to the women of]erusalem, 84); altri autori rilevano più o meno di­
rettamente che il testo di Le. 23 ,27-3 I è una composizione di Luca.
Composition, and Theology in Jesus ' Speech to the «Daugh­
ters ofJerusalem» (Luke 2J,26-J2); 17 dalla formulazione del
titolo stesso dell'articolo appaiono le varie componenti che
confluiscono in questo racconto di Luca; l'autore poi con­
clude la sua ricerca affermando che Luca, nel racconto del
cammino di Gesù verso il luogo della crocifissione (Le. 2 3,
26-32), utilizza elementi desunti dalla narrazione di Marco,
dalla primitiva tradizione cristiana, da formule dei Settanta,
dalla sua riflessione e da un suo intento redazionale.1 8 Co­
me si rileva da queste affermazioni, secondo M.L. Soards il
racconto di Le. 23,26-32 contiene materiale di Marco, dati
della tradizione cristiana, espressioni derivate dai Settanta e
infine apporti dovuti alla riflessione ed al lavoro redazionale
dello stesso evangelista.
A giudizio di M.L. Soards, come si è appena detto, il te­
sto di Le. 23,26-32 è composto da materiale di diversa pro­
venienza; l'autore dà la traduzione del passo indicando, a
fianco dci versetti interessati, la provenienza del loro conte­
nuto. Riportiamo la traduzione del testo con l'indicazione
della provenienza dei versetti:
materiale di Marco
v. 26a Mentre lo conducevano via,
b presero un certo Simone di Cirene,
c che veniva dalla campagna;
d e gl i misero addosso ]a croce
e da portare dietro a Gesù.
composizione di Luca
v. 27a Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne
b che si battevano il petto
c e facevano lamenti su di lui.

27. Cf. Bibl. 68 ( 1 98 7) 22 1 -244·


2 8 . M . L. Soards così si esprime: «The analysis above suggets that Luke 2 3 ,
26-3 2 is a Lukan composition. Luke drew on Mark's Gospel in vv 26a-d .

and 31a-b. Early Christian tradition probably oral but possibly written,
lies behind vv 19a-d and 3 I a-b; Luke cites the LXX, perhaps from mem­
.

ory, in v. 3oa-d. His own reflection and compositional effort explains vv .

2.6 e 2 Se» (art. cit., 140 ).

49
v. 28a Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse:
b Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me,
c ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.
;
materiale della tradizione
v. 29a Ecco, verranno gi orni nei quali si dirà:
b Beate le sterili
c e i grembi che non hanno generato
d e le mammelle che non hanno allattato.
materiale dei Settanta
v. 30a Allora cominceranno a dire ai monti:
b cadete su di noi !
c e ai colli:
d copriteci!
materiale della tradizione
v. 31 a Perché se trattano così il l egno verde,
b che avverrà del legno secco ?
materiale di Marco
v. 32a Venivano condotti anche altri
b due malfattori con lui per essere g iu sti ziati . 29
_D a questa presentazione del testo appare con immediatezza
quale parte di esso sia composizione lucana e quali parti pro­
vengano da altro materiale .

.2. Contenuto e senso dell'oracolo


Da quanto abbiamo appena esposto emergono due dati di
notevole importanza, cioè che il testo di Le. 2 J ,26-J 2 è una
unità narrativa compilata dall'evangelista e che tale testo uti­
lizza materiali di diversa provenienza. Queste due constata­
zioni consentono di valutare meglio il contenuto ed il senso
del passo lucano.
In p rimo luogo si osserva che Luca riporta l'oracolo di
punizione contro le figlie di Gerusalemme quando Gesù si
2 9 . Abbiamo seguito l a traduzione proposta d a M.L. Soards; questo stu­
dioso indica con segni convenzionali la provenienza dei vari versetti del
testo di Le. 23,26-3 2; noi invece ci siamo limitati a segnalare la provenien­
za del materiale utilizzato; cf. art. cit. , 240-24 1 .

50
allontana dalla città santa per raggiungere il luogo della cro­
cifissione. Ora l'oracolo pronunziato da Gesù in questa cir­
costanza (cf. Le. 23 ,27-3 I ) è in perfetto parallelismo con l'o­
racolo di punizione pronunziato da Gesù in occasione del
suo avvicinarsi a Gerusalemme per farvi il suo ingresso mes­
sianico (cf. Le. 19,4 1 -44).30
Il fatto che Luca istituisce un parallelismo tra gli oracoli
di punizione, riferiti nei due testi 1 9,4 1 -44 e 23 ,27-3 I , deve
racchiudere una particolare intenzione; egli in verità, nell'i­
stituire questo parallelismo, non è mosso da istanze storiche,
bensì da istanze didattiche e teologiche. Da ciò consegue che
nell'oracolo di punizione di Le. 23,27-3 1 occorre cogliere
queste istanze che l'evangelista inserisce in uno sfondo di
elementi storici, come la presenza di un gruppo di donne, le
quali fanno lamenti su Gesù che si avvia al luogo della cro­
cifiss ione e come l'allusione alla rovina di Gerusalemme.
Dal racconto di Le. 23 ,27-3 I emergono alcuni particolari
assai significativi; nonostante Gesù sia il condannato che si
avvia alla crocifissione, egli è l'attore principale della scena,
è colui che guida e domina gli avvenimenti; Simone di Cire­
ne, al quale è stata imposta la croce, la porta dietro a Gesù;
una folla di popolo e di donne che si battono il petto ac­
compagnano il Maestro al Calvario; il Salvatore, voltandosi
verso le donne che facevano lamento su di lui, pronunzia un
oracolo di punizione; egli con piena autorità profetica an­
nunzia che verranno giorni di prove così gravi e dolorose da
far proclamare beate le donne sterili e quelle che non allat­
tano e da fare invocare la morte su di sé alle persone che si
30. I l parallelismo tra Le. I 9 4 1 4 4 e 2 3,2 7-3 1 , rilevato dai commentatori,
, -

costituisce un·ulteriore conferma che il testo di Le. 23 ,27-3 I è una com­


posizione dovuta alla penna d eli • evangelista; di conseguenza, come è stato
osservato, «i t is no t surprising ... t hat the address of 1esus in leaving the
city should parallel the previous Lucan passage in form and content»
(J.H. Neyrey ]esus address to the women of]erusalem, 8 4). Parimenti M.
, '

L. Soards rileva: « l ndeed Luke creates parallelism between 1 9,28-44, esp.


vv . 4 I -44 and 23 ,26-32; before entering Jerusalem, Jesus prophesied about

J erusalem; before arriving at the Skull, Jesus prophesied about 1 erusalem»


( Tradition, Composition, and Theology in jesus ' Speeeh, 242).

SI
trovano davanti a tali prove; infine il Maestro pronunzia
l'enigmatico detto: «Perché se trattano così il legno verde,
che avverrà del legno secco?» (13,3 I ).
Non sembra che questi molteplici dati ricordati nel testo
di Le. 1J,17-J I si riferiscano unicamente alla rovina di Ge­
rusalemme, essi oltrepassano questo tragico avvenimento.
Per Luca, la condanna a morte di Gesù non soltanto richia­
ma l'oracolo di punizione contro Gerusalemme, ma annun­
zia soprattutto l'avvento di giorni difficili e pieni di prove, i
quali segneranno il passaggio tra due epoche, cioè il passag­
gio dall'epoca di Gesù a quella degli «ultimi giorni», come
vengono chiaramente designati in Atti 1, I 7.3 1
Proprio il dato che Gesù si rivolge alle «Figlie di Gerusa­
lemme» invitandole a non piangere sulla sua sorte di con­
dannato alla crocifissione, ma sul destino che in futuro at­
tende la loro città e il fatto che egli annunzia le prove che si
abbatteranno su di essa ricorrendo alla formula profetica:
«Ecco, verranno giorni nei quali si dirà ... » {v. 19) fanno pen­
sare che il Maestro voglia indicare il passaggio e la differen­
za tra due tempi o due epoche, cioè il tempo precedente alla
sua morte ed il tempo futuro, susseguente a questa morte,
che sarà caratterizzato da prove più dure e più gravi.
I l passaggio tra questi due tempi e la differenza tra di essi
trovano un'allusione sufficientemente indicativa nell'enigma­
tico detto di Gesù: «Perché se trattano così il legno verde,
che avverrà del legno secco ?» (v. 3 I );32 il legno verde e il le-
3 I . Questi aspetti sono bene segnalati da M.L. Soards, art. cit., 241 -243;
l'autore esprime così il proprio pensiero: «My hypothesis is that Luke
composed the scene on the road to the cross in order to heighten the ima­
ge of Jesus in his version of the Passion Narrative and to emphasize that
the Passion of Jesus is a moment of great significance that inaugurated
cthe las t days• (hai eschatai hemerai, Acts 2, 1 7)» (art. cit., 24 1 ); nel testo di
Le. 2 3 , 2 7-3 1 non si parla esplicitamente di «ultimi giorni», ma si usa la
formula profetica: .:Ecco verranno giorni nei quali . » (v. 29).
. .

32. Il detto è spiegato diversamente dai commentatori; a parere di molti il


detto è centrato su un contrasto; il contrasto cioè tra il destino di Gesù e
quello che attende Gerusalemme; se Gesù, che è innocente, viene condan­
nato al supplizio crudele della croce, che sarà della sorte di Gerusalemme
gno secco alludono alla successione di due stagioni: quella
cioè in cui il legno è ricoperto di foglie e quella in cui esso è
spogliato delle medesime. Tenendo presente questa allusio­
ne alla successione di due stagioni il detto di Gesù sul legno
verde e sul legno secco può essere così parafrasato: «se av­
vengono queste cose quando il legno è verde che avverrà
quando esso è secco ?».33
Come si è accennato, sarebbe un errore d'interpretazione
limitare il senso di questo oracolo alla situazione in cui si
trova Gesù che sta per essere crocifisso e alla situazione in
cui si verrà a trovare Gerusalemme quando sarà assediata
dai soldati romani e cadrà sotto i loro colpi. Per noi l'oraco­
lo pronunziato da Gesù in questa circostanza non è limitato
alle due particolari situazioni in cui attualmente si trova il
Maestro e in futuro verranno a trovarsi gli abitanti di Geru­
salemme; esso invece, pur inquadrato nel racconto del cam­
mino di Gesù verso il luogo della sua crocifissione, va oltre
le persone interessate: Gesù e le figlie di Gerusalemme, ma è
un oracolo che riguarda soprattutto i suoi discepoli e i let­
tori del vangelo. Il Maestro, per meglio esprimerci, nel pro­
nunziare questo oracolo vuole avvertire i discepoli che, con
la sua morte, i tempi cambieranno e li attenderanno dure
prove e gravi difficoltà. 34
che ha commesso delle gravi colpe? Per una visione d'insieme sulle inter­
pretazioni del detto di Gesù {v. 3 1 ), cf. J .A. Fitzmyer, Luke II, 1498 - 1 499.
3 3 · Il detto di Gesù è stato così tradotto: «For if they do these things when
the wood is moist what may happen when it is dry ?» ( M.L. Soards, Tra­
dition, Composition and Theology in jesus' Speech , 24 1 ). L'autore poi spie­
ga così questo detto: «lndeed as the t ime of J esus' ministry has been a sea­
son of resilience like the time of wood where i t is moist, so in the days that
are coming after Jesus dies and is no longer physically present among his
followers, they will come into a season of more arid existence like the
time of wood when it is dry» (ibid.) . È stato rilevato che nessun commen­
tatore ha detto che questo proverbio sul legno verde e su quello secco è
una creazione di Luca, ma che esso proviene dalla primitiva tradizione cri­
stiana orale o anche probabilmente scritta (op. cit. , 240).
3 4· Al riguardo alcuni autori sono assai espliciti; così M.L. Soards dichia­
ra: «Jesus' words declare that the times will change, that they will grow
worse instead of better» (art. cit., 24 3 )
.

53
Si rimarrebbe sorpresi e disorientati davanti a questa in­
terpretazione se non si constatasse che questo annunzio di
tempi difficili e pieni di difficoltà per i discepoli costituisce
una istanza dottrinale del vangelo di Luca.
Il testo più significativo è ricordato dall'evangelista nel
discorso di addio che egli ha posto sulle labbra di Gesù do­
po l'ultima cena; in esso sono riportate queste parole del
Maestro: «Poi disse: Quando vi ho mandato senza borsa, né
bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa? Risposero:
Nulla. Ed egli aggiunse: Ma ora, chi ha una borsa la prenda,
e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne

compri una, perché vi dico: deve compiersi in me questa pa­


rola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti
tutto quello che mi riguarda volge al suo termine» (Le. 22,
3 5 -37).
Nel testo appare chiaramente la distinzione di due epo­
che o di due tempi;3 5 il tempo nel quale Gesù era con i di­
scepoli e nel quale ad essi non mancava nulla, e il tempo do­
po la sua morte, in cui egli non sarà con loro; i discepoli al­
lora, essendo cambiate le situazioni e trovandosi ad affron­
tare da soli difficoltà ed opposizioni, avranno bisogno di
provvedersi di borsa e di bisaccia e dovranno perfino mu­
nirsi di spada per difendersi.
Anche in altri passi l'evangelista afferma l'idea che, dopo
la morte di Gesù, per i suoi discepoli inizierà un nuovo tem­
po o una nuova era, nella quale subiranno prove e contrasti
(cf. Le. 6,3 3-3 5 ; 7,3 5).3 6
L'oracolo di Gesù, interpretato come un annunzio con il

3 5 · Si noti la formula di forte contrasto tra i due tempi: «Ma ora» (à.ÀÀà
wv, Le. 11,36).
36. Cf. M. L. Soards, Tradition, Composition, and Theology in ]esus' Speech,
143-244. Bisogna quindi rilevare come i vari particolari ricordati nel rac­
conto (figlie di Gerusalemme, verranno giorni nei quali si dirà ... , il pro­
verbio sul legno verde e su quello secco} sono tutti ordinati e sono in fun­
zione dell'idea centrale che l'evangelista intende proporre: con la morte di
Gesù si verifica un profondo cambiamento di tempi e di situazioni; si pas­
s a cioè dal tempo di Gesù al tempo escatologico.

54
quale il Maestro predice ai discepoli che con la sua morte ci
sarà un cambiamento di tempi contraddistinto da prove gra­
vi che si abbatteranno su di loro, prove simili a quelle che si
avranno alla caduta di Gerusalemme, appare in tutta la sua
efficacia ed attualità. L'evangelista, richiamandosi ad alcune
profezie di Gesù sulla sorte di Gerusalemme ed accingendo­
si a narrare la morte del Salvatore, ha interesse a mettere in
risalto un importante messaggio che Gesù lascia ai discepo­
li; con la morte del Maestro ha inizio l'era escatologica nella
quale i suoi discepoli dovranno rimanere saldi nelle prove e
tener viva la speranza che per essi l'era escatologica rappre­
senta la liberazione e la redenzione.
I suoi discepoli di conseguenza devono saper vedere oltre
la distruzione di Gerusalemme, la quale per essi diventa im­
magine e simbolo delle prove dell'era escatologica nella qua­
le vivranno ed opereranno. Verranno i giorni ultimi, i quali
per i credenti sono tempo di dure prove, ma costituiscono
anche il tempo della loro liberazione e redenzione.37

III. GESÙ È COND OTTO ALLA CRO CIFISSIONE


INSIEME CON DUE MALFATTO RI (v. 32)

Nel testo di Le. 23,32 è detto: «Venivano condotti insieme


con lui anche due malfattori per essere giustiziati»; il passo
va esami nato sotto il profilo letterario e sotto quello conte­
nutistico.
Sotto il profilo letterario il versetto in pari tempo fa da con­
clusione al testo precedente (Le. 23,26-32) e serve da transi­
zione al racconto seguente della crocifissione e morte di Ge­
sù (23 ,3 3-49). Infatti le espressioni «lo conducevano» (&7t-1}­
ya:yov a.Ù'tov, v. 26) e «venivano condotti» (�yov'to, v. 32) si

37· Da quanto si è detto risulta come Luca abbia dovuto riflettere a lungo
sui dati evangelici in modo da fare del suo racconto un mezzo con il quale
comunicare ai lettori le sue idee e la sua visione della storia di Gesù e di
quella dei suoi discepoli. Rimandiamo alle osservazioni di M.L. Soards a
conclusione del suo studio; cf. art. cit., 243 -244.

55
richiamano a vicenda e formano un'inclusione, la quale po­
ne bene in evidenza l'unità letteraria dei vv . 26-32. 3 8
Il v. 32 è una rielaborazione letteraria di Luca del dato for­
nito dal testo di Mc. r 5 ,27; infatti in ambedue i versetti ricorre
l'espressione «insieme con lui anche due . . . (Mc.: aùv aù-tcf>
»

... òuo; Le. : òuo aùv aù-tcf>); i termini che rivelano l'intervento
redazionale di Luca sono: òè x.at, E'tEpo t,39 àvatpE-8oj)vat
(Mc. 1 5 ,27 ha il verbo a-ta upow).
Mentre gli altri sinottici menzionano i due malfattori al
momento della loro crocifissione, Luca, come è nella sua
abitudine letteraria, anticipa l'indicazione allo scopo di pre­
parare il lettore a quanto narrerà in seguito; in tal modo egli
istituisce dei collegamenti narrativi nei suoi racconti (cf. Atti
8, r ; 9 , 27 ).40
Sotto il profilo contenutistico si rileva che Luca usa il ter­
mine x.ax.oupyot, il quale significa: malfattori; il termine rac­
chiude una valutazione morale generica; sono due persone
che hanno compiuto azioni malvagie, senza specificarne la
natura.4 1 In Mc. 1 5 ,27 ricorre il vocabolo À'fia'ta t che ha il
senso generico di ladri; sarebbe eccessivo dare al sostantivo
il senso di rivoluzionari violenti, i quali; come Barabba, par­
tecipavano a sommosse e compivano omicidi.
L'espressione di Le. 23,32 x.at E'tEpot x.ax.oupyot òuo aùv
a.Ù'tcf> poteva prestarsi ad equivoco facendo pensare al letto­
re che anche Gesù era un malfattore; per questo motivo mol­
ti codici hanno cambiato l'ordine delle parole ed hanno p re-

3 8 . Cf. M.L. Soards, Tradition, Composition, and Theology in]esus' Speech,


2 3 9-240; G. Rossé, Luca, 97 I.
39· Il termine E'tEpOt è un duale; Luca lo usa in luogo di aÀÀot; il singolare
É-ttpoç nel senso più esatto indica l'uno dei due.
40. Cf. G. Rossé, Luca, 97 1 ; l'autore parla di «tecnica narrativa familiare a
Luca»; si veda G. Schneider, Lukas II, 482
4 1 . Parlando di Barabba, l'evangelista per ben due volte precisa i crimini
compiuti da questa persona; egli infatti scrive: «Questi (Barabba) era stato
messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio» (Le.
23, 1 9); la stessa motivazione è ripetuta al v. 2 5 .
ferito la lettura É'tEpot òuo xaxoupyot. 41 Il sostantivo xoxoup­
yoç è usato ancora nei vv. 3 3 e 39·
L'indicazione che Gesù è condotto al luogo del supplizio
insieme a due malfattori, oltre ad offrire un'espressione di
collegamento che anticipa quanto verrà narrato della croci­
fissione di essi (cf. vv. 3 9-4 1 ), intende anche sottolineare in
anticipo il contrasto tra la crocifissione dell'innocente e quel­
la dei due malfattori.
Inoltre l'espressione usata dall'evangelista vuole essere una
conferma del testo profetico di /s. 5 3, 1 2, richiamato in pre­
cedenza: «E fu annoverato tra i malfattori» (Le. 22, 37).41
È difficile stabilire il senso esatto dell'indicazione offerta
da Luca, secondo la quale insieme con Gesù (aÙ\1 aÙ't�) era­
no condotti alla crocifissione anche due malfattori; infatti ci
si domanda se l'evangelista con tale indicazione si limita a
richiamare la prassi della giustizia romana di compiere in un
determinato giorno le esecuzioni capitali dei criminali, op­
pure se con essa voglia segnalare un senso più profondo.
L'espressione di Luca che Gesù s'incammina verso il luogo
della crocifissione insieme con dei malfattori induce a pen­
sare, come viene confermato nel seguito del racconto, che
egli è abbandonato dai suoi discepoli ed è lasciato solo.44
42. Si vedano le edizioni critiche. Un codice della Vetus Latina indica an­
che i nomi dei due malfattori: Joathas e Maggatras.
43 · Cf. G. Schneider, Lukas 1 1 , 482.
44· J. Ernst pensa che l'espressione «insieme con Gesù {aùv aÙ't�)) veniva­
no condotti al supplizio due malfattori» è stata scelta intenzionalmente
dall'evangelista per affermare che i discepoli hanno tutti abbandonato il
loro Maestro; cf. Luca n,_ 88 9.
CAPITOLO QUATTORDICESIMO

LA CROCIFISSIONE DI GESÙ
(Le. �J,33-3 5a)

La sezione di Le. 23,3 3-49, che parla della crocifissione e


morte di Gesù, contiene vari episodi che non rientrano in
un piano narrativo organico e ben strutturato. Per questo
motivo riteniamo che il metodo migliore per illustrare tale
sezione sia quello di esaminarne i vari episodi ricordati che
costituiscono altrettante unità letterarie distinte e separate.
Il testo narrativo di Le. 2 3,33-49 racchiude le cinque uni-
tà letterarie seguenti:
I . crocifissione di Gesù (vv. 3 3-3 5a);
2. Gesù è deriso. L'iscrizione sulla croce (vv. 3 sb- 38);
3 · il buon !adrone (vv. 39-4 3);
4· morte di Gesù in croce (vv. 44-46);
5 . reazioni dei presenti alla morte di Gesù (vv. 47-49). 1
A ciascuna di queste unità letterarie dedicheremo un ca­
pitolo a parte per rilevarne i dati e gli aspetti caratteristici.
Inizieremo con il breve racconto della crocifissione di Ge­
sù (Le. 23,3 3-3 5a). Pur nella concisione narrativa di questo
primo racconto che ricorda la crocifissione di Gesù, Luca
informa i lettori su quattro dati importanti: I. Gesù è cro­
cifisso in mezzo a due malfattori (v. 33); II. egli rivolge al
Padre la preghiera di perdono per i suoi crocifissori (v. 34a);
III. i soldati si dividono le sue vesti tirandole a sorte (v.
34b ) ; IV. il popolo sta a vedere quanto accadeva (v. 3 sa).

1. Secondo W. Grundmann il racconto di Le. 23,3 3 -49 si compone di quat­


tro parti (vv 33-34·3 5 -43 ·44-46.47-49 ) di cui ciascuna contiene tre elemen­
.

ti; cf. Lukas, 432; invece secondo J.A. Fitzmyer lo stesso racconto risulta
composto da tre parti : vv . 3 3 -3 8 (crocifissione); vv . 3 9-43 (i due malfattori
crocifissi insieme a Gesù); vv 44-49 (la morte di Gesù); cf. Luke n, 1499-
.

1 500. 1 507. 1 p 2.

59
I. GESÙ È CRO CIFISSO IN MEZZO A DUE MALFATTORI

All'inizio del racconto l'evangelista annota che i tre con­


dannati giungono al luogo dell'esecuzione e vengono innal­
zati sulla croce; egli infatti scrive: «Quando giunsero al luo­
go detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a
destra e l'altro a sinistra» (v. 3 3).
Luca riprende l'espressione di Mc . 1 5 ,22: «al luogo», ma
omette il toponimo semitico «Golgota» (cranio, testa), per­
ché non intelligibile per i suoi lettori ellenisti; tuttavia usa
una formula più chiara: «luogo detto Cranio». 1 Simile deno­
minazione topografica molto probabilmente deriva dal fatto
che la configurazione della collina evocava l'immagine di un
cranio, non già dal fatto che essa fosse il luogo dei crani. 3
L'esecuzione della condanna è indicata col semplice ver­
bo a'taup6w (crocifiggere) senza nessun elemento descritti­
vo, come l'uso di chiodi, l'innalzamento dei corpi dei con­
dannati sul palo della croce.4

2. Come in Le. 22,39 l'evangelista ha omesso il nome semitico «Gethsema­


ni» ed ha usato un'espressione più chiara, anche se generica: «al Monte de­
gli Ulivi», così anche qui ha usato la denominazione greca «C ranio»; l 'e­
spressione: «luogo detto (o chiamato) Cranio» è tip ica dell'evangelista; egli
infatti usa il participio x<XÀOU(J.tvoc; («chiamato») per introdurre un nome
proprio (Luca: 1 I volte; A tti: 1 3 ; nel Nuovo Testamento si riscontra anco­
ra tre volte in Apoc.); cf. G. Rossé, Luca, 973 n. I 22. Alcuni commentatori
rilevano che è possibile ammettere che, in una comunità bilingue come era
quella di Gerusalemme, lo stesso luogo fosse designato con due nomi: Gol­
gota (aramaico) e Cranio (greco); cf. W. Grundmann, Lukas, 432.
3 · La leggenda cristiana ha immaginato che il Golgota fosse il luogo della
sepoltura di Adamo; Girolamo, nel commentario a Matteo, a proposito del
testo di M t. 27,3 3 scrive: «Audivi quendam exposuisse Calvariae locum in
quo sepultus est Adam et ideo sic appellatum quia ibi antiqui hominis sit
conditum caput, et hoc esse quod apostolus dicat: 'Surge qui dormis et ex­
surge a mortuis, et inluminabit te Christus' [Eph. 5 , 1 4]. Favorabilis inter­
pretatio et mulcens aurem populi nec tamen vera» (S. Hieronymus, Com­
mentarium in Mattheum IV, I 666- 1 673; CCL LXXVII, 270).
4· L'uso dei chiodi è implicito in Gv. 20,2 5 (l'apparizione di Gesù a Tom­
maso, nella quale si parla del segno dei chiodi) e nel testo di Le. 23,5 3 , in
cui si parla di Giuseppe d' Arimatea che «calò» la salma di Gesù dalla cro­
ce per deporla nel sepolcro.

6o
Marco, nel testo parallelo, ricorda che a Gesù, prima che
fosse crocifisso, fu offerto vino mescolato con mirra, ma ta­
le bevanda non fu assunta da lui (cf. Mc. 1 5 ,23 ) e inoltre in
esso si indica che quando il Salvatore fu crocifisso era l'ora
terza (M c. r 5 ,2 5 ). 5 Probabilmente Luca ha omesso il parti­
colare che a Gesù fu offerta una bevanda inebriante perché
lo ha considerato come un duplicato di quanto verrà narra­
to più avanti quando si accennerà ai soldati che si accosta­
vano a Gesù per «porgergli dell'aceto» (Le. 2 3,36). 6
Parimenti l'evangelista ha omesso anche l'indicazione del­
l' ora della crocifissione di Gesù (cf. Mc. 1 5,2 5 ), perché non
si armonizzava pienamente con la successione cronologica
degli avvenimenti di quel mattino da lui indicata; per Luca
«l'ora terza» non costituiva una indicazione appropriata del
tempo, perché non lasciava sufficiente spazio per la seduta
mattutina del sinedrio e soprattutto per il processo nel pre­
torio di Pilato/
Luca usa una formulazione greca accurata per indicare che
i due malfattori furono crocifi ssi «uno a destra e l'altro a si­
nistra» (ov !J-È" Èx oe�twv ov òè: È� àptcr'tepwv, v. 3 3). 8 Si av­
verte immediatamente che il terzo evangelista per indicare il
ladrone crocifisso alla sinistra di Gesù non usa la stessa e­
spressione di Marco, È� e:ùwvu!J-WV, ma È� àptcr-repwv; indub­
biamente le due espressioni sono sinonime; tuttavia il ter-
s. La versione a cura della CEI di Mc. 1 5,2 5 non rispetta le indicazioni ora­
rie date nel testo greco secondo la divisione romana delle ore del giorno,
ma le rende con l'indicazione moderna; essa qui traduce la formula greca
«era l'ora terza» con l'indicazione: «erano le nove del mattino»; per chia­
rezza la versione della CEI ha dovuto precisare che si tratta delle ore nove
cdel mattino ».
6. Cf I. Howard Marshall, Luke, 867.
.

7· L'omissione dell'indicazione deWora della crocifissione da parte di Lu­


ca (cf. Mc. 1 5 ,2 5 ) è stata così motivata: «probably hecause the early morn­
ing session of the Sanhedrin and the appearance of Jesus before Herod
would make the 'third hour' (Mark 1 5 ,2 5) implausibile» (J.A. Fitzmyer,
Luke n , I so 1 ) .
8. Si confronti l'espressione greca di L uca: ov iJ.Év ... ov ÒÉ con quella di Mc.
1 s 27: é:va Èx ... xai E.va È�
, •••

61
mine eùwvu(J.oc:; significa etimologicamente: buon nome; ora
Luca sembra aver avuto qualche perplessità nell'usare un vo­
cabolo che, etimologicamente, aveva un senso beneauguran­
te, e quindi meno riferibile ad un malfattore;9 egli di conse­
guenza ricorre all'espressione meno allusiva Èx &pta'te:pwv,
la quale era in perfetta rispondenza con l'altra: Èx òe:�twv. 10

I I . LA PREGHIERA DI PERDONO DI GESÙ


PER I CRO CIFISS ORI (v. 34a)

La prima parte del v. 34, che recita: «Gesù diceva: Padre,


perdonali, perché non sanno quello che fanno» è molto di­
scussa sotto il profilo della sua autenticità; infatti queste pa­
role non sono attestate in manoscritti autorevoli ed esse II

inoltre danno l'impressione di essere un'aggiunta inserita


successivamente al testo.
In verità alcune considerazioni compiute sul testo posso­
no inclinare il critico a favore dell'omissione della preghiera
di Gesù per il perdono dei suoi crocifissori. In effetti il v.
34a non s'inserisce armonicamente nel contesto e appare co­
me un corpo estraneo al racconto poiché ne interrompe il
filo narrativo; se si omette questa parte del v. 34a si passa
senza interruzione di pensiero dal v. 33 al v. 34b.
Inoltre la preghiera di Gesù in Le. 2 3,34a è in contraddi­
zione con le numerose predizioni pronunziate da Gesù con­
tro i giudei e Gerusalemme, le quali parlano dei castighi che
si abbatteranno sul popolo giudaico e sulla città per il loro

9· Nell'opera lucana il termine tÙo>VU!J.Ot; ricorre soltanto � n Atti 2 1 ,3.


Io. Luca, parlando in seguito dei due malfattori, non ricorda la loro posi­
zione alla destra o alla sinistra di Gesù, ma si limita a dire: «uno dei mal­
fattori . . . • (v. 39) e: «ma l'altro . . . » (v. 40).
I I. Non hanno queste parole il P7s, il Codice Vaticano, ecc.; cf. le edizioni
critiche del Nuovo Testamento. L'edizione critica interconfessionale, The
Greek New Testament, 3 I975 . qualifica il testo di Le. 2 3 ,34a con la lettera
C, la quale, secondo l 'uso convenzionale a cui si attengono i curatori, si­
gnifica che sull'autenticità di questa parte del versetto «there is a consider­
able degree of doubt » (p. XIII).
ostinato rifiuto del suo messaggio (cf. Le. 1 1 , 5 o; IJ ,J4-J 5; 1 9,
4 1 -44; 20, 1 6; 2 1 ,20-24; 23,28-3 I ).
Infine la preghiera di Gesù per il perdono dei suoi croci­
fissori è stata introdotta posteriormente, perché ispirata dal­
le parole di Stefano morente (cf. Atti 7,6o). 1 1
I rilievi appena compiuti colgono u n aspetto parziale del­
la verità; non si può negare infatti che il v. 34a abbia l'aspet­
to di una inserzione, ma nemmeno si può dimenticare ché a
volte Luca riporta delle parole di Gesù che non sono ar­
monicamente inserite nel contesto, ma appaiono isolate ed a
sé stanti; ad esempio, tre detti di Gesù in Le. I 6, I 6- x 8 sono
riportati uno di seguito all'altro senza che l'evangelista fac­
cia un accenno al contesto nel quale vanno posti ed al nesso
che ne giustifichi la successione. Questi detti sono riferiti in
forma così autonoma e indipendente perché hanno un'im­
portanza in se stessi, come ad esempio il detto sul divorzio
(cf. Le. I 6, 1 8).
Nel caso poi di Le. 23,34a non si può escludere che l'evan­
gelista sia stato condizionato dal passo del canto del Servo
di Jahvé, anche se il testo non è richiamato, nel quale si dice
del Servo che «ha consegnato se stesso alla morte ed è stato
annoverato tra gli empi, mentre egli portava il peccato di mol­
ti e intercedeva per i peccatori» (/s. 5J, I 2); nel testo di Luca,
come si constata immediatamente, sono stati abbinati due
elementi del passo isaiano: quello della morte del Servo tra i
malfattori e quello della sua intercessione per i peccatori.
Il fatto che la preghiera di Gesù per i suoi crocifissori sia
in contraddizione con le profezie di castigo contro Israele de­
pone contro la posizione di vari critici che il v. 34a sia una
inserzione posteriore e rafforza la spiegazione di quegli stu­
diosi, i quali ritengono che dei copisti hanno omesso di ri­
portare la preghiera di perdono di Gesù, perché giudicata
da loro in contraddizione con le predizioni del Salvatore
contro i giudei.
La posizione secondo la quale la preghiera di pe.rdono di
u. Cf. G. Rossé, Luca, 974 s. n . 1 27.
Stefano morente abbia favorito l'inserzione del v. 34a nel
racconto della crocifi ssione di Luca non sembra sostenibile.
A prescindere dalla diversa formulazione delle due pre­
ghiere in questione, 13 è più naturale e logico pensare che la
morte di Gesù sia stata presa come modello per narrare
quella di un suo discepolo, qual era Stefano, istituendo così
un certo parallelismo tra il racconto della morte di Gesù e
quello della morte di Stefano; infatti nei due racconti ricor­
rono e sono espressi gli stess i motivi (cf. Le. 22,69 e Atti 7,
56; Le. 23,46 e Atti 7, 59; Le. 23 ,34a e Atti 7,6o). 14
Tuttavia anche se la tradizione manoscritta, a motivo del­
la mancata documentazione della preghiera di Gesù (Le. 2 3,
34a) in parte delle sue testimonianze, può lasciare incerti mol­
ti critici, occorre fare appello agli argomenti interni, i quali
offrono validi motivi agli studiosi per ammettere l'autentici­
tà lucana di detta preghiera. 1 s
Va osservato in primo luogo che la preghiera di Gesù per
i suoi crocifissori non è in contraddizione con i testi lucani
con i quali l'evangelista afferma apertamente la colpevolezza
nei giudei del loro rifiuto di Gesù e del suo messaggio (cf.
Le. 1 3 ,34; 2 1 ,2 3-24; 23,28-3 1 ), poiché questi passi attestano
un aspetto dell'atteggiamento di Gesù nei confronti del suo
popolo; altri passi dell'evangelista attestano l'amore che egli
ha nutrito per Israele; proprio questo amore gli ha suggerito
gli insegnamenti più toccanti sulla bontà e mi sericordia di
I J. Questa diversità non può far pensare all'opera di un copista; infatti in
Atti 7 ,6o è detto: xupte, (J.� O''t�O' TJ<; ClÙ'tOt<; 'tCll.hl'jV 't�\1 cl(J.CXp'ttCXV, mentre
in Le. 2 3 ,J 4a si legge: mxnp, èi?E:<; cxù-rot<;, où yà.p OtÒClat \1 't t 7tOLOUO't v.
1 4. È quanto fa opportunamente rilevare A. George in questa sua dichia­
razione: « Luc rapporte en Ac. 6, 1 2- 1 4; 7, 5 5 -60 un récit du martyre d' É ­
tienne qui semble systématiquement calqué sur le récit du jugement et de
la mort de Jésus; or ce récit présente une prière d ' É tienne pour le pardon
de ses bourreaux {7,6o); il est donc vraisemblable que Luc connaissait une
prière semblable de Jésus» (jésus fils de Dieu, in Idem, Études, 23 2).
1 5 . Per quanto riguarda gli argomenti interni a favore dell'autenticità della
preghiera di Gesù in Le. 23,34a richiamiamo in parte quanto abbiamo espo­
sto in termini più estesi nel nostro studio Le preghiere di Gesù al Monte
degli Ulivi e sulla croce nel racconto lucano della passione, in B. Prete,
L 'opera di Luca, 273 -27 5 ·
Dio verso gli uomini, gli ha fatto proporre insuperabili pa­
rabole sulla misericordia di Dio, come quella del figlio pro­
digo e lo ha fatto piangere alla vista della città santa, di cui
prevedeva la tragica fine (cf. Le. 1 9,41 -44).
Di più la preghiera di perdono di Gesù per i suoi croci­
fissori riafferma un'istanza teologica di Luca. Infatti l'evan­
gelista, che ha riportato gli insegnamenti di Gesù sull'amore
e sulla benevolenza verso i nemici e i malvagi (cf. Le. 6,3 5 ),
che ha ricordato l'imperativo del Maestro: «pregate per colo­
ro che vi maltrattano» (Le. 6,2 8), non poteva presentare Ge­
sù morente che non agisce in coerenza con il suo insegna­
mento. Gesù quindi sulla croce imita la bontà di Dio verso
gli ingrati e i malvagi e si comporta da «figlio di Dio».1 6
Ancora la preghiera di perdono pronunziata da Gesù in
croce va collocata in un contesto teologico ampio; essa in­
tende offrire la possibilità di perdono e di conversione ad
Israele dopo la sua morte. La possibilità di perdono e di
conversione è ampiamente attestata negli scritti lucani.
Nel terzo vangelo l'attività missionaria degli apostoli è
così annunziata: « ... nel suo nome saranno predicati a tutte
le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando
da Gerusalemme» (Le. 24,47). 17
N egli Atti ricorre più volte l'appello alla conversione ed
al conseguente perdono dei peccati; nel giorno della pente-

1 6. In Le. 6,3 5 si parla di coloro che amano i loro nemici e diverranno «fi­
gli dell'A ltissimo»; cf. L. Monloubou, La preghiera secondo Luca, 73·
I 7· Gerusalemme, secondo la concezione di Luca, non è soltanto il luogo
nel quale si concludono il cammi no e l'attività di Gesù, ma è anche il luo­
go in cui inizia la missione della chiesa apostolica, la quale si estenderà fi­
no ai confi ni della terra (cf. A tti 1 ,8). L'espressione: «cominciando da Ge­
rusalemme» (Le. 24,47), oltre ad indicare «la città santa come punto focale
di due epoche della storia della salvezza (tempo di Gesù - tempo della chie­
sa)» (J. Ernst, Luca n, 93 8), allude al discorso di Pietro nel giorno della pen­
tecoste che contiene il primo appello alla conversione e al perdono dei pecca­
ti (cf. G. Schneider, Lukas 11, 5 0 1 ). Osserva I. Howard Marshall: «here [Le.
24,47] the force is ' beginning with' ... , and the implication is that the
Christian mission was to commence in Jerusalem and possibly with the
Jews themselves» (Luke, 906).
coste, Pietro, al termine del suo discorso, rivolge agli «uo­
mini d'Israele» (Atti 2,22) questo pressante invito: «Pentite­
vi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cri­
sto, per la remissione dei vostri peccati . .. (Atti 2,3 8); anco­
»

ra negli Atti Pietro, dopo la guarigione dello storpio alla por­


ta del tempio, rivolge al popolo d'Israele l'appello: «Pentite­
vi e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati» (At­
ti J , I 9)· Nello stesso discorso, il capo degli apostoli richia­
ma il piano di salvezza che riguarda il popolo giudaico e che
non è mutato dopo la condanna a morte di Gesù; Pietro in­
fatti proclama: «Dio, dopo aver risuscitato il suo servo, l'ha
mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione e
perché ciascuno si converta dalle sue iniquità» (Atti 3,26).
La preghiera di perdono che Gesù sulla croce rivolge al
Padre per Luca è una esplicita affermazione che il popolo
ebraico non è stato rigettato, né ripudiato da Dio.
Inoltre non si può non rilevare che la preghiera di perdo­
no di Gesù in croce ha una formulazione tipicamente luca­
na. Secondo l'abitudine letteraria di Luca, Gesù si rivolge a
Dio chiamandolo «Padre>>, come dimostrano i testi seguen­
ti: Le. I 0,2 I (cf. Mt. I I ,2 5 ); I 1 ,2 (cf. Mt. 6,9); 22,42 (cf. Mt. 26,
39; Mc. I 4,36); 2,49; 23 ,46; questi due ultimi versetti sòno
propri del terzo evangelista. 1 8
Il perdono dei crocifissori che Gesù invoca dal Padre è
espresso con l'imperativo del verbo cicpt Y}(J.t senza regime; rie­
sce facile integrare questo verbo non seguito da complemen­
to, poiché Luca usa abitualmente la formula ci?tévat a[J.ap­
·dac; (cf. 5 ,20.2 1 .2J .24; 7,47·48 .49; 1 1 ,4) ed egli è l'evangeli­
sta, che più degli altri sin ottici, ha caratterizzato l'era mes­
sianica come l'era nella quale il popolo d'Israele avrebbe
avuto «la conoscenza della salvezza nella remissione dei
peccati» (iv cicpéae: t a[J.ap'ttWV aÙ'twv, Le. I t77 )!9
I 8. Del testo di Le. 23 ,46, che riporta l'ultima preghiera che Gesù morente
rivolge al Padre, si dirà in seguito.
19. La formula usata da Le. 1 ,77 va intesa: «la conoscenza della salvezza
per mezzo della remissione dei suoi peccati».

66
Va notato che nel versetto Luca non ricorre all'uso del pas­
sivo divino o teologico (cf. Le. 5,20.23; 7,47-48; 1 2, I o; si ve­
da Le. 5,2 I ), 20 ma si esprime in modo da mostrare che Gesù
in nome di Dio assicura il perdono ai crocifissori. In tal mo­
do si constata come la preghiera di perdono di Gesù moren­
te si allinea e si colloca in continuazione con quei racconti
nei quali egli, durante la sua vita pubblica, ha rimesso i pec­
cati, con potere sovrano, in nome di Dio e in sua vece (cf.
Le. 5, 1 7-26; 7,36- 5o).2 1
Infine occorre meglio precisare chi sono coloro per i qua­
li Gesù prega il Padre di perdonarli. Noi, per motivo di bre­
vità, abbiamo detto che Gesù morente prega per i suoi cro­
cifissori, ma il testo di Le. 2 3,34a è indeterminato, poiché
dice semplicemente: «Padre, perdonali ... » (acpe:c; atvtot'c;).
A quali persone va riferito il pronome atrtotc; ? Gramma­
ticalmente il pronome aÙ'tot dovrebbe riferirsi al soggetto
non espresso dall'aoristo che precede: Ècr'taupwcrav (v. 3 3 ), co­
loro che hanno eseguito la condanna della crocifissione (cf.
Le. 23,3 6). Indubbiamente al pronome in questione occorre
dare un'ampia portata; l'evangelista infatti non pensa tanto
ai soldati romani che hanno eseguito materialmente la con­
danna a morte di Gesù, ma si riferisce ai sommi sacerdoti, ai
capi e a quella parte del popolo, i quali hanno estorto a Pila­
to la condanna capitale di Gesù.
A questo punto occorre precisare il senso dell' espressio­
ne: « ... perché non sanno quello che fanno» (v. 34a), la quale
può prestarsi a malintesi. Certamente queste parole di Gesù
20. Nella guarigione del paralitico, ad esempio, Luca così si esprime: «(Ge­
sù), veduta la loro fede, disse: Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi» (av­
..9pcùr.E, àq>tWV"tGlt a'OL Glt cl(J.Glp"ttGlt aou, Le. s , 2 o); evidentemente il passivo di­
vino indica che i peccati del paralitico gli sono rimessi da Dio.
2 1 . Non soltanto la preghiera di perdono è in linea con i fatti evangelici
compiuti da Gesù, ma è in netto contrasto con le parole di quegli ebrei
che venivano martirizzati per il loro attaccamento e fedeltà alla legge di
Dio; essi infatti maledicevano e insultavano quelli che li torturavano (cf. 2
Mace. 7, 1 9; 4 Macc. 9, 1 5). Il dato specifico della morale evangelica (cf. M t.
s ,44; I 8,2 1 -J s; Le. I7 ,J -4) appare in tutta la sua elevatezza in questa pre­
ghiera di Gesù (cf. Le. 23 , 34a); cf. J. Ernst, Luca II, 893.
morente non equivalgono a una dichiarazione d'innocenza
di coloro che hanno voluto la sua crocifi ssione e nemmeno
vogliono significare che la crocifissione fu un errore. 22 Que­
ste parole racchiudono una valutazione teologica dei fatti;
come si vedrà fra breve; l'evangelista in verità non può con­
traddirsi; egli pone in evidenza due dati: da una parte accen­
tua la colpevolezza dei giudei per la morte di Gesù e dall'al­
tra afferma che i giudei, crocifiggendo il Salvatore, non sa­
pevano quello che facevano (cf. Le. 23,34a; Atti 3, 1 7; I J,27).
I due dati non sono contraddittori, ma considerano due dif­
ferenti aspetti dello stesso fatto: sul piano storico ed ogget­
tivo degli avvenimenti gli ebrei si sono resi colpevoli della
morte di Gesù per le loro false accuse contro di lui e per le
loro pressioni e intimidazioni su Pilato (cf. Le. 24,20); sul
piano teologico, la passione e morte di Gesù rientra nel pia­
no misterioso della salvezza voluto da Dio e non compreso
dagli uomini;23 sotto questo profilo si può affermare con ra­
gione che tutti coloro che hanno voluto la passione e morte
di Gesù non sapevano quello che facevano.14
2.2.. G . Schneider osserva: «Dass eine (relative) Unwissenheit bei der Kreu­

zigung mitspielte (vgl. Apg. 3 , 1 7; 1 3 ,27), besagt nicht, dass di e Kreuzi­


gung einfachhin als 'lrrtum' bezeichnet wiirde» (Lukas II, 483 -484).
2 3 . Noi insistiamo su questa duplice prospettiva di Luca; egli da una parte
considera storicamente colpevoli i giudei della morte di Gesù; dall'altra
afferma la loro ignoranza del piano divino delJa salvezza che implicava la
passi one e morte di Gesù, ma che era rimasto loro nascosto, come era na­
scosto per gli stessi discepoli (cf. Le. 9,4 5 ; 1 8 ,34; 24,2 5 -27). Infatti l'evan­
gelista quando parla dell'ignoranza dei giudei riguardo alla condanna a
morte d i Gesù (cf. A tti 3 , 1 7; 1 3 ,27), afferma anche che per mezzo di que­
sta morte si è compiuto quanto era stato predetto dai profeti (cf. Atti 3 , 1 8;
I J ,29); cf. L. Feldkamper, Der betende ]esus als Heilsmittler naeh Lukas,
St. Augustin (bei Bonn), 1 978, 264.
2.4. Per non aver giustamente valutate queste due concezioni o prospettive
di Luca, oppure per averle considerate contrastanti, vari copisti hanno
omesso di riportare la preghiera di Gesù in Le. 2 3 ,34a. Si può quindi af­
fermare che sotto il profilo della critica letteraria si spiega meglio l' omis­
sione della preghiera di Gesù che la sua inserzione nel testo. A. George ri­
leva: «i] est donc vraisemblable que la prière de Jésus en Le. 2 3,34 appar­
tient au texte originai de son évangile et qu'ell e en a été écartée par quel­
que copiste hostile au Judai'sme» (]ésus fils de Dieu, in Idem, Études, 2 3 2).

68
Possono rimanere alcune ombre e dubbi sulla preghiera
di perdono di Gesù morente se non si colgono i motivi pro­
fondi che l'hanno ispirata.
È certo storicamente che i giudei contemporanei di Gesù,
cioè i capi responsabili del popolo, sono colpevoli della sua
morte; è ugualmente certo che essi non conoscevano né ave­
vano intravisto il mistero della salvezza che Gesù doveva at­
tuare con la sua passione e morte; ma la preghiera di Gesù
non è esaurientemente spiegata da questi fatti; essa richiede
motivazioni più profonde che vanno oltre le realtà contin­
genti della storia umana. La preghiera di Gesù per i crocifis­
sori proclama la sua bontà e misericordia per i peccatori; Ge­
sù conosce l'amore del Padre per i peccatori e lo attesta con
la sua preghiera sulla croce; l 'uomo conosce le sue colpe e la
sua ignoranza delle verità su Dio, ma non conosce le di­
mensioni senza confini dell'amore di Dio; Dio stesso e il
suo inviato soltanto glielo possono rivelare.2s
Con la sua preghiera sulla croce, Gesù proclama in modo
impensabile l'amore di Dio per i peccatori.1 6 Proprio l'amo­
re di Dio per i peccatori, che è una costante dell'insegnamen-
2 5 . Il fi glio prodigo conosceva bene le sue colpe e ne aveva una valutazio­
ne esatta; infatti egli dichiara di aver peccato contro il cielo e contro il pa­
dre e di non esser più degno di ritenersi figlio di chi lo aveva generato; tut­
tavia egli ignorava l'amore con il quale il padre lo seguiva nel tempo della
sua lontananza; quest'amore gli fu rivelato soltanto dalla condotta del pa­
dre, il quale appena lo vide da lontano gli corse incontro, lo abbracciò, lo
baciò e ordinò ai servi di far festa per lui (cf. Le, 1 5 ,20- 2 5 ) . Con la sua
preghiera di perdono per i suoi crocifissori, Gesù intende rivelare ai pec­
catori quanto Dio li ami e li inviti alla conversione.
26. Abbiamo già rilevato in precedenza come, nel testo di Le. 23,34a, il pro­
nome etÙ't'oL non indica con esattezza chi siano le persone alle quali Gesù
accorda il perdono ed abbiamo detto che queste persone vanno identifica­
te con tutti coloro che hanno voluto la crocifissione di Gesù. Tuttavia si
può essere ancora più precisi; il pronome va riferito a tutti i peccatori; in­
fatti alcune espressioni di Luca orientano in questo senso. L'evangelista de­
signa i crocifissori di Gesù come «peccatori» (&v8pcl)7tOt �!J.Gtp"t'wÀot, Le. 24,
7), oppure li indica come «trasgressori» (&vo�J.ot, Atti 2,2 3); inoltre i d ue mal­
fattori che sono stati crocifissi insieme con Gesù sono chiamati xetxoupyot
(Le. 2 3 , 3 3); ora Gesù intende pregare per tutti coloro che sono peccatori,
trasgressori e malfattori, assicurando loro il perdono di Dio.
to del vangelo di Luca, ispira a Gesù morente la sua pre­
ghiera per i peccatori.17

III. DIVISI ONE E S O RTE GGI O DELLE VESTI DI GESÙ


(v. 34b)
Il v. 34b riprende la narrazione del v. 3 3 e ricorda che i
soldati, dopo aver crocifisso Gesù, si dividono le sue vesti;
la narrazione, come è stato detto, è interrotta dal v. 34a che
riporta la preghiera di perdono di Gesù.
Era uso, come appare da testimonianze letterarie, che i sol­
dati, dopo aver dato esecuzione alla condanna a morte dei
malfattori si appropriassero delle vesti dei condannati divi­
dendosele tra loro; i condannati venivano appesi nudi alla
croce.1 8
Luca riprende da M c. I 5,24 la notizia della spartizione
delle vesti formulandola con il linguaggio del Sal.22, I 9; tut­
tavia il terzo evangelista sposta l'accento dal primo verbo
(dividere le vesti) al secondo (tirare a sorte); infatti mentre
Mc. I 5 ,24 scrive: «si divisero (òta(J-Ept�ov"t'at) le sue vesti, ti­
rando a sorte (�aÀÀov"t'Eç xÀ�pov) su di esse»; Le. 23,34b ha:
«Dopo essersi divise (òta(J-tpt�O(J-EVot) le sue vesti, le tiraro­
no a sorte (t�aÀov xÀ �pouç)» . Come si rileva immediata­
mente il terzo evangelista mette in primo piano l'idea del
sorteggio delle vesti divise, destinate ai soldati del drappello
di esecuzione della condanna e in secondo piano quella del­
la spartizione delle vesti tra i soldati.19 Come si è appena ac­
cennato, Luca narra l'episodio ricorrendo alla citazione del
Sal.22, I 9, che nel greco dei Settanta suona:

17. Si vedano le osservazioni di G . Rossé, Luca, 975 ; l'autore ha accolto al­


cune affermazioni di un nostro studio; si veda la nota 1 5 .
2 8 . Molto probabilmente l'autorità romana si mostrò rispettosa della sen­
sibilità degli ebrei ponendo un perizoma ai condannati; cf. G. Rossé, Lu­
ca, 976.

29. Tra le vesti di Gesù bisogna mettere anche la cintura, i sandali e il co­
pricapo (turbante).
Òtt(J-Eptaav'to 'tà L!J-tX'tt� !J-OU EaU'toi'ç
xal bd 'tÒv L!J-a'tta(J-OV !J-OU t�cxÀov xÀi)pov
(Sal. 2 I , I 9 LXX);
il terzo evangelista non cita l'intero testo dei Settanta, ma lo
compendia, poiché rispetta il parallelismo dei verbi (divide­
re le vesti e tirare a sorte), ma non quello dei sostantivi nei
due stichi del versetto ( -tà t (.la-tta e -tÒv t(J-CX'tta(J-OV); egli in­
fatti ricorda soltanto il sostantivo «le vesti» ( -tà l (.la-tta); in
tal modo la perfetta struttura del parallelismo del versetto,
come appare anche dalla versione dei Settanta, viene alterata
(«Dopo essersi divise le sue vesti, le tirarono a sorte», Le.
23,34b).30 Il Sal. 22 [2 I] contiene il lamento di un pio israe­
lita maltrattato e depredato da una banda di malvagi; per Lu­
ca invece il testo del Sal. 22 [2 I], 1 9 narra come i soldati che
hanno eseguito la condanna a morte di Gesù si siano impos­
sessati delle sue vesti. In questa citazione del Salmo 22 com­
piuta dagli evangelisti si scopre uno dei principi che hanno
presieduto alla formazione delle tradizioni e dei racconti
evangelici della passione di Gesù.3 1
Contrariamente a quanto hanno affermato alcuni critici,
non si può pensare che il testo del Sal. 22, I 9 abbia determi­
nato l'origine dell'episodio della divisione delle vesti di Ge-

30. Anche gli altri due sinottici nel testo che citano non rispettano il paral­
lelismo dei due sostantivi t(J.cX'tta e t(J.a'rtO'(J.oc;; soltanto Giovanni cita fedel­
mente il testo dei Settanta e ne approfondisce il senso; mentre per i Settan­
ta l'l!J.a'rtO'(J.Oc; è un singolare co1lettivo (le vesti, cioè il vestiario) che espri­
me la stessa idea del plurale t(J.ct-rta, per Giovanni le vesti sono spartite tra
i soldati, invece l't(J.a-rtoarJ.oc;, che egli identifica con il 'X,t'twv (tunica), vie­
ne tirato a sorte perché la tunica di Gesù era «tessuta tutta di un pezzo da
cima a fondo» (Gv. 1 9,2 3 ) e non era conveniente tagliare in parti eguali un
capo di vestiario tanto fine e pregiato poiché non era formato da pezzi di
stoffa cuciti insieme. Ovviamente, come rilevano i commentatori, la tuni­
ca indivisibile di Gesù è il simbolo dell'unità della chiesa, sulla quale insi­
ste il quarto evangelista.
3 1 . In questo Sal. 22, di cui Gesù pronunziò il versetto iniziale sulla croce
(cf. Mc. 1 5 ,3 4; Mt. 27,46 si veda il Sal. z z , z ) gli evangelisti hanno visto de­
scritti vari episodi della passione. Il Salmo, come il canto del Servo sofferen­
te di Jahvé (cf. /s. S2,I J - 5 J , I 2), è stato molto utilizzato nei racconti della
passione.

71
sù, ma è avvenuto il contrario; l'episodio della divisione del­
le vesti di Gesù condannato alla crocifissione ha suggerito
agli evangelisti il richiamo del versetto del Sal. 21.31

IV. « IL POPOLO STAVA A VEDERE» (v. 3 5 a)


Secondo la nostra valutazione critica, il testo di Le. 2 3 , 3 5 a:
«Il popolo (o Àcxoc;) stava a vedere» appartiene ali' episodio
della crocifissione (vv. 3 3 - 3 5a) e ne rappresenta la formula
conclusiva.
N o n tutti gli studiosi condividono questa posizione; in­
fatti per essi il versetto in questione riecheggerebbe il testo
del Sal. 2 1 ,8a (LXX) che dice: 7tav-rtc; o t '!9twpouv-rÉc; !J-E èçt­
(J.UX't�ptaav !J-E («tutti quelli che mi vedevano mi scherniva­
no»); di conseguenza anche il popolo insieme con i capi
avrebbe partecipato agli scherni diretti a Gesù in croce.
In sé il testo di Le. 2 3 , 3 5 potrebbe essere inteso nel senso
che tanto il popolo quanto i capi schernivano Gesù appeso
sulla croce; infatti l'uso delle particelle òè: xcxL (v. 3 5b) può
.•

far pensare che anche i capi (guardavano) e schernivano Ge­


sù; in questo caso anche il popolo, pur in tono minore, ha
partecipato agli scherni di Gesù in croce.
Per noi questa traduzione ed esegesi del testo in sé sono
possibili; esse tuttavia non si armonizzano con i dati del rac­
conto lucano della passione, nel quale l'evangelista distingue
tra il comportamento del popolo (o Àcxoc;) che stava a vedere
e quello dei capi (&p'X,ov-rtc;), i quali schernivano Gesù mo­
rente. Con l'annotazione: «il popolo stava a vedere» (v. 3 5a)
Luca intende rilevare che il popolo giudaico è stato testimo-

3 1. R. Bultmann afferma che il tirare a sorte i vestiti di Gesù, ricordato da


Mc. 1 5 ,14 ha origine («stammt>>) dal testo del Sal. 21 [22], 1 9; cf. Geschich­
te, 304. Osserva J. Ernst: «Non c'è motivo per interpretare questo fatto {la
spartizione delle vesti e il loro sorteggio) come una coloritura narrativa
del testo del Salmo (mia correzione), poiché il comportamento dei soldati
corrisponde alla prassi usuale e può essere dimostrato attraverso testimo­
nianze letterarie» (Luca n, 893).
ne della morte di Gesù/3 come più avanti lo stesso evange­
lista annoterà che i conoscenti di Gesù e le donne che l'ave­
vano seguito dalla Galilea assistevano da lontano a quanto
accadeva sul Calvario (v. 49).
L'espressione «il popolo stava a vedere» (v. 3 5 a) racchiu­
de in una prospettiva ed un accento religiosi; in essa quindi
è assente ogni idea di curiosità da parte del popolo; Luca in­
fatti non s'interessa di segnalare gli aspetti profani degli av­
venimenti, ma il significato che essi assumono per i lettori; il
popolo come pure i lettori considerano l'avvenimento di Ge­
sù che muore in croce come un fatto da osservare con rispet­
to e riflessione. 34
3 3 · Cf. I. Howard Marshall, Luke, 869; il terzo evangelista ha voluto sotto­
lineare che il popolo giudaico, i conoscenti di Gesù e le donne sono testi­
moni della morte di Gesù (cf. Le. 23 ,3 5-49), egli ricorda che le donne al se­
gui to di Giuseppe d' Arimatea sono testimoni della sepoltura di Gesù («esse
osservarono ]a tomba e come era stato deposto il corpo di GesÙ», v. 5 5 ) e
riporta il nome di alcune donne che con le altre narrano ag]i apostoli ciò
che hanno visto e sentito dagli angeli presso la tomba vuota (cf. Le. 24, 10).
34· «(Luca) non parla dei passanti, ma del 'popolo' (laos), in atteggiamen­
to di religiosa attenzione» G. Rossé, Luca, 976-977.
CAPITOLO QUIND ICESIMO
GESÙ IN CROCE È DERISO.
L,ISCRIZIONE SULLA CROCE
(Le. 23,3 sh-38)

Dopo aver ricordato la crocifissione di Gesù, Luca passa a


narrare gli scherni e le derisioni rivolte al Salvatore in croce.
Certamente in questi scherni l'evangelista ha posto in evi­
denza il dato cristologico che lo interessava, cioè che Gesù è
il Salvatore (cf. Le. 2, I 1 ) ; infatti su questo dato si portano
gli oltraggi diretti contro il Maestro in croce.
Gli studiosi non sono concordi nell'indicare sia i perso­
naggi che formulano questi scherni, sia anche il contenuto
di essi, infatti secondo alcuni i personaggi che scherniscono
il Salvatore crocifisso sono rispettivamente i capi o le au­
torità giudaiche, i soldati e Pilato con l'iscrizione fatta ap­
porre sulla croce. 1 Secondo altri commentatori invece gli
autori degli scherni sono i capi ebraici (v. 3 5 ), i soldati (v.
3 6) e uno dei malfattori giustiziati insieme con Gesù (v. 39);
infatti tutti e tre i personaggi menzionati scherniscono il
Maestro ironizzando sul dato della «salvezza» ( acf>�w sal­ =

vare), che, come si è appena detto, è caro al terzo evangeli­


sta. A nostro giudizio, questa seconda posizione dei com­
mentatori ci sembra più rispondente al pensiero di Luca.2
I . l. Howard Marsha11 i1lustra la scena degli scherni diretti a Gesù in croce
nel modo seguente: «While the crowd stand and watch, he (Gesù in croce)
is mocked in turn by the rulers, by the soldiers and by the action of Pilate
in placing the inscription on the cross, 'The king of the Jews'. But there is
dramatic irony in the mockery, and the scene works to a climax in assert­
ing the kingship of Jesus » (Luke, 86 s - 866).
2. Tra gli altri commentatori, J.A. Fitzmyer (Luke n, 1 5 0 1 ) indica questa
triplice divisione degli scherni. I tre gruppi di persone che scherniscono Ge­
sù in croce sono chiaramente identificati da Mc. I 5 ,29- 3 2 («l passanti lo
insultavano .. » , v. 29; «i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di
.

lui, dicevano . . », v. 3 I; (j( Ed anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo
.

insultavano•, v. 32). Luca presenta diversamente da Marco la scena degli in-

75
In questo capitolo 1 . in primo luogo ricorderemo gli scher­
ni che «i capi» del popolo rivolgono a Gesù in croce; I I . suc­
cessivamente passeremo ad esaminare il gesto compiuto dai
soldati nei confronti del crocifisso e le loro derisioni; I I I . in­
fine illustreremo il senso dell'iscrizione posta sopra il capo
del Maestro.

I . GLI SCHERNI DEI « CAPI »

· Gli scherni che i capi e le autorità giudaiche (ol apx,ov'te:ç)


rivolgono a Gesù in croce sono così formulati dall' evange­
lista: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di
Dio, il suo eletto» (v. 3 5 ). In Luca non si leggono le parole
di derisione che i passanti rivolgono a Gesù, morente sulla
croce, dicendogli: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo rie­
difichi in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!»
(Mc. I 5 ,29-30); l'omissione è dovuta al fatto che il terzo
evangelista, nel racconto del processo di Gesù davanti al si­
nedrio, non ha ricordato questa accusa formulata da falsi
testimoni (cf. Mc. I 4,5 8).
Lo scherno dei capi giudaici contro Gesù si fonda su
quanto è riferito da Mc. I 5 ,3 1 -32, ma Luca deve riformulare
le espressioni di Marco in modo da non lasciare intendere
che i capi giudei erano disposti ad accogliere l'idea che Gesù
fosse il Messia; per questo motivo si esprime al condiziona­
le: «Se è il Cristo di Dio» (Le. 2J,J 5 ).3
sulti ed egli, come si vedrà nel capitolo seguente ricorda che soltanto un mal­
fattore, che era crocifisso accanto a Gesù, lo insulta. Per quanto interessa
la formulazione lucana degli scherni rivolti al Salvatore in croce è stato os­
servato: « Luca immette {la traduzione ha: «inietta») nelle loro parole (cioè:
nelle parole di coloro che deridono Gesù) importanti temi teologici che
hanno caratterizzato tutto il suo ritratto di Gesù, che è un tema fondamenta­
le della teologia lucana, un tema proclamato dagli angeli alla sua nascita (2,
I I) e da Gesù stesso nella sinagoga di Nazaret (4, 1 8 - I 9), una realtà messa
in pratica nel suo efficace ministero taumaturgico e d'insegnamento» (D. Se­
nior, La passione di Gesù nel Vangelo di Luca, 1 28) .

3 · I l sarcasmo della riformulazione lucana risalta ancor più a confronto col


testo di Marco: Mc. 1 S ,J 1 -3 2 : «< sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi
I capi, secondo la formulazione lucana dello scherno ri­
volto contro Gesù, ammettono e riconoscono che questi «ha
salvato gli altri» e lo invitano ad usare questo potere di sal­
vare gli altri a proprio vantaggio.
Questo modo di esprimersi dell'evangelista apre alla men­
te dei suoi lettori delle prospettive cristologiche che è diffi­
cile precisare nei particolari; certamente Luca sa che Gesù
può salvarsi, ma che non lo vuole e non lo vuole perché il
Maestro intende attenersi interamente al piano divino, se­
condo il quale la salvezza si realizza per mezzo della sua
passione, morte e risurrezione.4
N ello scherno che i capi indirizzano contro Gesù in cro­
ce, questi è indicato come «il Cristo di Dio, il suo eletto» (v.
3 5 ); nella tradizione manoscritta questa designazione è at­
testata diversamente, poiché il genitivo -rou -8e:ou è attribuito
a «eletto» (Èx.Àe:x-roç);5 alcuni critici pensano che grammati­
calmente il genitivo -rou -8e:ou vada riferito a o 'XJHa-roç, ma
per il senso questo genitivo si riferisce ai due nomi: o 'X,pta-roç
e o Èx.Àe:x'toç. 6
Probabilmente la designazione o Èx.Àe:x-roç («l'eletto»; Le.
2 3 , 3 5 ) è un'apposizione aggiunta al titolo o 'X,pta-roç, la quale
richiama la dichiarazione della voce celeste che risuonò nel­
l'avvenimento della trasfigurazione (o�-toç Èa-rtv o uloç (J.OU
o Éx.Àe:Àr.y(J.Évoç, Le. 9,3 5 ); in tal modo si ha una designazio­
ne più articolata e ricca/
beffe di lui, dicevano: Ha salvato altri, non può salvare se stesso ! Il Cristo,
il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo»; Le. 2 3 ,
3 5 : « I capi l o schernivano dicendo: h a salvato g l i altri, salvi s e stesso, s e è i l
Cristo di Dio, il suo eletto».
4· Gli scherni che i capi e i soldati rivolgono a Gesù (cf. Le. 2),3 5 -37) ri­
chiamano molto da vicino le tentazioni di Gesù nel deserto (cf. Le. 4, 1 - 1 3 ;
Mt. 4, 1 - 1 I ) .
5 · Per le lectiones variantes si vedano le edizioni critiche del N.T.
6. l. Howard Marshall ritiene che probabilmente il genitivo 'tou 8eou , gram­
maticalmente, si riferisce a o "X,Ptcr"t'oc;, ma, secondo il senso, ad ambedue i
nomi: b "X,Pta-'to� e b éxÀex'to�; cf. Luke, 869.
7· «L'eletto» è un titolo messianico che ricorre nel libro di Enoch (r Enoch
4 5 ,3 ; 49,2; 50, 5 ; p ,J . 5 ; 5 2,6.9; 5 ),6; 5 5,4; 6 1 ,5.8. 1 o).

77
I I . I L GESTO DEI SOLDATI E LE LORO DERISI ONI

Il comportamento dei soldati nei confronti di Gesù cro­


cifisso è presentato da Luca nei termini seguenti: «Anche i
soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli del­
l' aceto, e dicevano: Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso»
(2. J,J6).
Qui l'evangelista per la prima volta parla dei soldati che
certamente erano soldati romani o mercenari assoldati dal­
l'autorità romana, i quali erano agli ordini di Pilato ed ai qua­
li il procuratore aveva dato l'incarico di eseguire l'esecuzio­
ne capitale.
Luca ricorda due azioni compiute da questi soldati: essi
hanno offerto a Gesù crocifisso una pozione di «aceto» e lo
insultano dicendo: «Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso».
il testo di Luca che parla dell'azione dei soldati che si avvi­
cinano a Gesù per porgergli da bere dell' «aceto» è così la­
conico che non si riesce a spiegarlo con assoluta certezza; in­
fatti questo gesto dei soldati può essere spiegato in più mo­
di. Forse Gesù, arso dalla sete, ha chiesto da bere e un sol­
dato gli ha offerto dell'aceto ? Forse i soldati, vedendo le
atroci sofferenze del Salvatore, hanno voluto compiere un
gesto di umanità porgendogli dell'aceto per alleviarle un
po'? Oppure i soldati si sono mostrati crudeli nei confronti
di Gesù perché, vedendolo sfinito dai dolori, gli offrirono
una bevanda inebriante perché si rianimasse e prolungasse
così le sue sofferenze? 8 Certamente Luca ricorda questo epi­
sodio perché narrato da Mc. I 5 ,36 dal quale dipende e so­
prattutto perché esso richiama il Sal. 68,22 (testo dei Settan­
ta; ebraico: Sal. 69,2 I ) ; il richiamo al testo del Salmo è dovu­
to alla riflessione sulla Scrittura che ha caratterizzato la
formazione e la trasmissione delle tradizioni evangeliche.
8. Per queste differenti possibilità di spiegazione, cf. G. Rossé, Luca, 978;
certamente in Gv. 19,28-29 il gesto di porgere a Gesù «una spugna imbe­
vuta di aceto» è un gesto suggerito da un sentimento di umanità, poiché il
Salvatore aveva detto: Ho sete.
Il testo del Sal. 68,22 recita:
Hanno messo nel mio cibo veleno
quando avevo sete mi hann o dato aceto;
come si osserva immediatamente, le parole del testo scrittu­
ristico vogliono indicare un gesto ostile, del quale l' orante si
lamenta davanti a Dio.
Il testo dei Settanta e di Luca hanno il termine greco o�oç
(neutro), il quale è tradotto generalmente con «aceto»; se­
condo il valore etimologico il sostantivo esprime l'idea di
«acuto», «piccante» (ò�uç) e secondo il suo valore corrente
indica l'aceto. Il termine greco poteva essere usato per indi­
care un vino aspro e secco e distinguerlo così dal vino dolce
e amabile, chiamato oivoç. Il vino aspro ed acidulo veniva
usato abitualmente dalle persone comuni e dai soldati ed
aveva un prezzo modesto.9
Come si è già detto, il ricordo del vino aspro ed acidulo,
offerto dal soldato a Gesù, è determinato dal fatto che que­
sto dato si trovava in Marco, fonte di Luca, e rispondeva al
testo del Sal. 68,22, che riporta il lamento dal giusto perse­
guitato dai suoi nemici. 1 0
I soldati, oltre al gesto di porgere a Gesù dell' «aceto», lo
scherniscono; essi infatti gli dicono: «Se tu sei il re dei giu­
dei, salva te stesso» (v. 3 7); indubbiamente queste parole ri­
echeggiano le accuse mosse contro Gesù dai sinedriti da­
vanti a Pilato e la stessa domanda c-he il magistrato romano
ha rivolto a Gesù (cf. Le. 2 3,2-3); tuttavia lo scherno va ol­
tre questi dati; infatti i soldati romani non soltanto sottoli­
neano l'aspetto politico della regalità di Gesù, ma lo invita­
no a salvare se stesso. Come si spiega che in questa circo­
stanza i soldati possano rivolgere a Gesù la seguente pro-
9· Cf. I. Howard Marshall, Luke, 869-870; J.A. Fitzmyer, Luke II, I 505.
I o. Le citazioni delSal. 22, I 9 (spartizione delle vesti di Gesù e loro sor­
teggio) e del Sal. 68,22 (porgere dell'aceto da bere) sono desunte da salmi
che parlano del giusto sofferente, il quale pone la sua fiducia unicamente
in Dio; Gesù quindi è presentato come il giusto per antonomasia che si
affida interamente a Dio; cf. D. Senior, La passione di Gesù nel vangelo di
l.uca, I }O.

79
posta: «Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso» ? Certo non
si può pensare ad un invito rivolto a Gesù morente di chia­
mare a raduno i suoi seguaci per salvarlo; per noi Luca for­
mula questo scherno sul modello delle tentazioni di Gesù
nel deserto: «Se tu sei il Figlio di Dio . . (Le. 4,3 .9), inseren­
. »

do nello scherno la componente teologica della tentazione


per distogliere Gesù dall'attuare il piano stabilito da Dio per
la salvezza degli uomini; infatti il tema della salvezza è pre­
sente nelle tre formule di scherno riportate dall'evangelista
(cf. Le. 23,3 5 ·3 7·39).
Si rileva inoltre che negli scherni rivolti a Gesù dai vari
personaggi ricordati sono attribuiti a lui tre titoli: «il Cristo
di Dio», «il suo eletto» e «il re dei giudei» (cf. vv . 3 5 - 3 7); 1 1
questi titoli, pur in un contesto di scherno, per Luca rive­
stono un particolare significato religioso, sul quale intende
richiamare l'attenzione dei lettori. Il titolo «il re dei giudei»
appare il titolo più politicizzato, in senso politico lo hanno
inteso i soldati romani; Luca tuttavia rivendica a Gesù il ti­
tolo di «re» quando il Salvatore ha fatto l'ingresso nella città
santa. In questa circostanza l'evangelista formula così l'ac­
clamazione del popolo rivolta a Gesù:
Benedetto colui che viene,
il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo
e glori a nel più alto dei cieli» (Le. 1 9,3 8).

Un confronto dell'acclamazione di Luca con quella parallela


di Marco, la quale suona:
Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del S ign or e!
Benedetto il regno che viene,
del nostro padre Davide!
'O sanna nel più alto dei cieli ! (Mc. I I ,9- r o),
ne rivela la notevole differenza. Luca omette la parte dell' ac­
clamazione che riguarda la venuta del regno di Davide; in­
fatti per lui non è il regno del padre Davide che viene, ma è
I I . Cf. J .A. Fitzmyer, Luke 11, I 502.

8o
Gesù stesso che viene come re per portare la pace che è stata
stabilita in cielo, cioè: la salvezza operata da questo re porta
la pace; la pace in cielo è la pace voluta dal cielo, è la pace
che ha una qualità celeste, una proprietà divina. 12 Il terzo
evangelista riportando le parole di scherno dei soldati ro­
mani nei confronti di Gesù richiamava indirettamente ai let­
tori come doveva essere inteso il titolo di «re» da attribuire
al Salvatore.

I II . L' ISCRIZIONE SULLA C ROCE

Dopo aver riferito le parole di scherno dei soldati roma­


ni, Luca ricorda che sopra il capo di Gesù in croce fu posta
l'iscrizione: «Questi è il re dei giudei» (Le. 2 J,J 8); l'accenno
alla collocazione della scritta sulla croce di Gesù a questo
punto del racconto è dovuta ad un'associazione di idee: i sol­
dati romani si sono rivolti a Gesù interpellandolo con que­
ste parole: «Se tu sei il re dei giudei ... »; l'espressione «il re
dei giudei» richiamava logicamente l'iscrizione affissa sulla
croce che diceva: «Questi è il re dei giudei». 1 3
Non può fare a meno di stupire la constatazione che l'i­
scrizione apposta sulla croce di Gesù, la quale necessa�ia­
mente aveva un'unica formulazione, sia stata riportata dagli
evangelisti in quattro forme differenti;14 infatti in Mt. 27,37
si legge: «Questi è Gesù, il re dei giudei»; in Mc. I 5 ,26: «Il
re dei giudei»; e in Gv. 1 9, I 9 : «Gesù il Nazareno, il re dei
giudei». La formulazione dell'iscrizione in Luca riprende e
completa leggermente quella di Mc. I 5,26.
L'iscrizione nel terzo vangelo, come in quello di Marco, è
1 2. Per una rapida esposizione del testo di Le. 1 9, 3 8 e della ricchezza del
suo contenuto cf. J.A. Fitzmyer, Luke 1 1, 1 2 p .
1 3 . Marco riporta l'iscrizione sulla croce subito dopo aver ricordato la cro­
cifissione di Gesù e prima di narrare la scena degli scherni (cf. Mc. 1 5 ,26).
14. A p roposito del titulus della croce di Gesù è stato osservato: «The in­
scription on the cross is the only thing we know of which was written about
Jesus during his lifetime. Anything else that might have been written about
him has disappeared» (J.A. Fitzmyer, Luke n, 1 502).

81
indicata con il sostantivo È7ttypacp� mentre Gv. 1 9, 1 9 la de­
signa con il termine latino {latinismo): 'tt'tÀoc; (titulus).1 5
I l fatto che Luca parla dell'iscrizione affissa sulla croce di
Gesù subito dopo aver riferito lo scherno che i soldati ro­
mani avevano rivolto al Maestro morente (cf. Le. 23,37) mo­
stra che egli cons idera la dicitura dell'iscrizione come una
conferma di questo scherno. 16
Da Gv. 1 9, 1 9 apprendiamo che l'iscrizione è stata formu­
lata da Pilato e fatta affiggere da lui sulla croce. Lo stesso
evangelista informa che la dicitura dell'iscrizione non piac­
que ai sommi sacerdoti, i quali proposero al magistrato ro­
mano di correggerla, dicendogli: «Non scrivere: il re dei giu­
dei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei giudei» (Gv. 1 9,
2 I ) . Nel racconto del quarto evangelista l'episodio dell'iscri­
zione sulla croce assume una dimensione teologica impen­
sabile per gli autori dei vangeli sinottici.
Secondo alcuni commentatori il titolo apposto sulla cro­
ce: «Gesù il Nazareno, il re dei giudei» (Gv. 1 9, 1 9), sul pia­
no storico, va inteso come un severo monito: chi avanza la
pretesa di essere il re dei giudei subirà la stessa condanna;
ma sul piano teologico il titolo è inteso come proclamazio­
ne della regalità messianica di Gesù; ciò risulta chiaramente
dalla reazione dei sacerdoti, i quali disapprovano la formu­
lazione dell'iscrizione voluta da Pilato. 1 7

1 s . M atteo invece usa una circonlocuzione: «Al di sopra del suo capo, po­
sero la motivazione scritta ('t'�v at't'tav aÙ't'ou ytypa[.L[.LÉvYJv) della condan­
na: Questi è Gesù il re dei giudei» (M t. 27,3 7). Nel vangelo apocrifo di Pie­
tro ( I I) si ha quest'altra formula: « Questo è il re d'Israele»; tale formula­
zione rivela una mano cristiana che sostituisce «Israele» ai «giudei».
1 6. Ovviamente per i lettori del vangelo ]•accento di scherno della iscri­
zione era un accento di superficie che non toccava la loro fede; infatti «il
lettore è a conoscenza della verità più profonda: Gesù è davvero re, ma
non nel modo in cui credono i suoi oppositori. Invece di rappresentare un
segno di scherno, come essi intendevano, la scritta sulla croce diventa una
audace proclamazione della dignità regale di GesÙ» (D. Senior, La passio­
ne nel vangelo di Luca, I 30 ).
1 7. Cf. B. Lindars, The Gospel of fohn, Grand Rapids, Mich. 1 972 (rist.
1 9 86), 5 76.
Secondo altri commentatori invece il titolo apposto sulla
croce da Pilato, nel pensiero del quatto evangelista, esprime
la proclamazione della regalità messianica di Gesù, esprime
cioè la sua intronizzazione regale.1 8
Il «titolo apposto alla croce di Gesù è un particolare sto­
rico di notevole interesse: gli evangelisti ricordano che il ti­
tolo fu apposto alla croce di Gesù, non già a quelle dei due
malfattori crocifissi insieme con lui. 19
Anche testimonianze antiche parlano di tabelle o di tavo­
lette di legno, nelle quali erano indicati i capi di accusa sia
contro malfattori, sia nei confronti di cristiani condannati a
morte (martiri), ma di esse non si dice che erano appese alla
croce del condannato. Proprio il fatto che non si hanno te­
stimonianze di una prassi in uso tra i romani di apporre
sulla croce in occasione di condanne capitali iscrizioni o ta­
volette in cui si indicavano i capi d'accusa contro il condan­
nato, depone in favore della autenticità del particolare evan­
gelico dell'iscrizione posta sulla croce di GesÙ.20
I 8. Tra i vari studiosi R. E. Brown ha illustrato bene questo aspetto del pro­
blema: « The real enthronement com es no w on the cross when the king­
ship of Jesus is acknowledged by heraldic proclamation ordered by a rep­
resentative of the greatest politica} power on earth and phrase in the sac­
red and secular languages of the time (allusione a Gv. 1 9 ,20 : il titolo era
scritto «in ebraico, in latino e in greco»). The confrontation between Pi­
late and the priests brings out the depth and seriousness of the proclama­
tion ... Pilate's refusal to change the title means that Jesus' kingship is affir­
med despite all the attempts of 'the Jews' to eradicate it» (The Gospel ac­
cording to fohn XIII-XXI, Garden City, N.Y. 1970, 9 1 9).
1 9. Il particolare si spiega facilmente, poiché Gesù crocifisso è al centro
d'interesse degli evangelisti.
20. Per una visione d'insieme del problema e delle testimonianze antiche
sulle iscrizioni contenenti i capi di accusa dei condannati, cf. J.A. Fitz­
myer, « Oggi sarai con me in paradiso», 1 5 9- 1 60 (e n. 8).
CAPITOLO SED ICESIM O

IL BUON LADRONE
(Le. 2.3,39-4 3)

L'episodio del buon ladrone, come esso viene abitualmente


indicato, ha un notevole rilievo tra gli avvenimenti della cro­
cifissione ricordati da Luca, anzi esso costituisce il centro e
il cuore dell'intero racconto della crocifissione. 1
Questo racconto del buon ladrone contiene elementi e da­
ti importanti che vanno segnalati. La nostra attenzione si
porterà principalmente sui dati seguenti: 1 . In primo luogo
segnaleremo le caratteristiche del racconto in questione; II.
successivamente esamineremo il comportamento del ladro­
ne pentito, il quale rimprovera il compagno di pena per gli
insulti che rivolge al Salvatore, di cui riconosce l'innocenza
e l'ingiusta condanna che subisce ed al quale rivolge una
umile e fiduciosa richiesta; III. nell'ultima parte preciseremo
il senso della risposta che Gesù dà alla richiesta del ladrone
pentito.

I. CARATTE RISTICHE DEL RACCONTO


DEL BUON LADRONE

L'episodio del ladrone pentito è letterariamente bene col­


legato con gli avvenimenti che lo precedono; l'elemento di su­
tura è costituito dall'inizio del versetto in cui è detto: «Uno
dei malfattori appes i alla croce lo insultava (È�Àacrcp�!J.tt aù­
�ov . . . ) (23,39); infatti, come si è detto nel capitolo prece­
»

dente, gli insulti del ladrone impenitente fanno seguito agli


scherni ed agli oltraggi rivolti a Gesù morente in croce da
altri due gruppi di persone: i capi del popolo (v. 3 5 ) e i sol-
1. E. Ear)e ElJis rileva: «The incident, found only in Luke, is the core of
the episode» (Luke, 267); cf. l. Howard Marshall, Luke, 870.
dati romani {v. 36). Tuttavia mentre nelle due scene prece­
denti di scherno i capi giudaici ed i soldati romani insulta­
vano ripetutamente Gesù agonizzante sulla croce mostran­
do la loro totale incomprensione nei confronti delle soffe­
renze di Gesù e del modo con il quale le sopportava, nella
scena dei due malfattori crocifissi insieme con il Salvatore si
constata un fatto nuovo, cioè l 'inversione del comportamen­
to di uno di essi; infatti uno dei due malfattori non soltanto
si dissocia dall'altro nello schernire Gesù, ma ne dichiara
l'innocenza e ne riconosce la regalità, oggetto diretto degli
insulti da parte dei vari gruppi degli schernitori ricordati in
precedenza.
La figura del buon ladrone, che Luca introduce nel suo
racconto, costituisce lo sviluppo della breve informazione
evangelica trasmessa da Marco: «E anche quelli che erano
stati crocifissi con lui lo insultavano» (Mc. 1 5 ,3 2b);2 il terzo
evangelista inoltre utilizza ulteriori dati della tradizione
evangelica noti soltanto a lui coordinandoli in modo da pre­
sentare una scena che richiama le leggende agiografiche e
martirologiche conosciute nel mondo giudeo-ellenistico.3
Non si può pensare che Luca abbia creato questo racconto
dal nulla, mentre è più logico pensare che l'evangelista abbia
utilizzato e coordinato dati conosciuti dalle tradizioni evan­
geliche.4

2 . È interessante osservare come Mc. 1 5 ,3 2b e Mt. 2 7,44 si limitano a


menzionare il dato che i due malfattori crocifissi insieme con Gesù lo in­
sultavano; Giovanni da parte sua nemmeno parla degli altri due malfattori
che erano stati giustiziati insieme con Gesù; Le. 23,39-43 invece ricorda
che soltanto uno dei malfattori insultava Gesù e riferisce il contenuto di
questi insulti; l'evangelista inoltre narra che l'altro malfattore rimprovera
il compagno di condanna per gli insulti che rivolge al Maestro, confessa
l'innocenza del Salvatore e lo prega di ricordarsi di lui.
3 · Cf. G. Rossé, Luca, 980.
4· R. Bultinann ritiene che hanno contribuito alla formazione del racconto
del buon ladrone motivi novellistici, come il dono della conversione al
buon lad rone, e motivi dogmatici, quale la promessa fatta da Gesù al buon
ladrone di accoglierlo in paradiso; cf. Geschichte, 306-3o7; giustamente l'au­
tore rileva che la differenziazione dei due malfattori (l'uno ostinato, I-al-

86
Il racconto del buon ladrone manifesta le caratteristiche
narrative e stilistiche di Luca. Nei suoi racconti il terzo
evangelista ama abbinare i personaggi ponendoli in un certo
contrasto tra loro; egli infatti, tra l'altro, abbina e contrap­
pone le figure di Marta e Maria (Le. 1 0, J 8-42), quelle del
ricco epulone e del povero Lazzaro (Le. I 6, 1 9- 3 1 ) e quelle
del fariseo e del pubblicano (Le. I 8,9- I 4); per questa sua ca­
ratteristica narrativa, Luca ama ricordare l'episodio dei due
malfattori crocifissi insieme con Gesù e segnalarne il con­
trastante atteggiamento. s
Parimenti l'evangel ista non espone in forma narrativa gli
avvenimenti evangelici, ma predilige introdurre in essi la
forma dialogica, oppure far parlare direttamente i perso­
naggi; così Marta instaura con Gesù un breve dialogo per
proporgli una sua richiesta e Gesù le risponde affermando il
principio dell'ascolto della parola, che rappresenta la parte
buona scelta da Maria, sorella di Marta. Così pure Luca
nella parabola del fariseo e del pubblicano non narra come
si comportano questi due personaggi, ma li fa parlare diret­
tamente con il Signore riportando la loro preghiera; il fari­
seo infatti prega così: O Dio, ti ringrazio che non sono
«

come gli altri uomini . ( 1 8, I I ); il pubblicano invece con­


. . »

densa la sua preghiera in un appello alla misericordia divina;


egli infatti dice: O Dio, abbi pietà di me peccatore» ( I 8,
«

I 3). 6 Similmente il ricco epulone due volte si rivolge in for­


ma diretta al padre Abramo perché abbia pietà di lui e gli
invii Lazzaro a porgergli un po' di acqua per inumidirgli la

tro pentito) manifesta uno sviluppo successivo della tradizione ( «die Dif­
ferenzierung ist ein Zeichen der Weiterbildung», op. cit. , 3 3 7).
S· Abbiamo segnalato queste caratteristiche dei racconti lucani in un no­
stro studio: Il logion di Gesù: « Una sola cosa è necessaria» (Le. 10,42), in
B. Prete, L 'opera di Luca, 2 I 2-2 I J ; cf. D. Senior, La passione di Gesù nel
vangelo di Luca, 1 3 1 n. 1 7 1 .
6 . È interessante notare l o stacco che si avverte tra la forma narrativa con
la quale sono indicati gli atteggiamenti dei due personaggi, il fariseo e il
pubblicano, e la forma diretta della p reghiera con la quale l'uno e l'altro si
rivolgono a Dio.
lingua e perché lo mandi a casa di suo padre per avvertire i
suoi cinque fratelli, ammonendoli di vivere in modo da evi­
tare il luogo di tormento, nel quale si trova ( 1 6,24.2 7 -28).
Il racconto del buon ladrone rivela anche le caratteristi­
che linguistiche del terzo evangelista; al v. 39 egli usa il so­
stantivo «malfattore» {xa.xoupyoç), che aveva già impiegato
nei vv. 3 2 - 3 3 , invece del termine ladro o brigante (Àna��ç)
che ricorre in Mc. 1 5 ,2 7; dei due malfattori non dice che era­
no crocifissi insieme con Gesù, come ha Mc. 1 5 ,3 2 (auvEa�a.u­
pw(J-Évot aùv a.ù'tcf>), ma scrive: «erano appesi (alla croce) ... »
(xpE�J-a.a-8oÉv'twv ... , 2 3 ,3 9), ricorrendo ad un verbo usato dai
Settanta;7 Luca, per indicare gli scherni rivolti a Gesù, non
dice che i due malfattori crocifissi con il Maestro lo «oltrag­
giavano» {wvdòt�ov, Mc. I 5 ,32 ; Mt. 2 7 ,44), ma che il malfat­
tore impenitente lo «insultava» (bestemmiava, È�Àa.aq>�(J-Et,
Le. 2 3 ,39). Parimenti i termini: «l'altro» {o t'tEpoç), rimpro­
verare (È7tt�t(J-wv), «temere Dio» {oùòè: �o�n aù �òv -8Eov),
sono espressioni caratteristiche del linguaggio di Luca.
Nel breve racconto ricorrono anche dei lucanismi, come
«riceviamo il giusto per le nostre azioni (èi�ta. ... wv È7tpa�a.­
p.Ev, v. 4 1 ), «agire» (7tpaaaEtv, v. 4 1 ), «ricevere» (ci7toÀa.�J-�a­
vttv, V. 4 1 ), «nulla di male» (oÙÒÈ:v a't07tOV, V . 4 1 ); il VOCatiVO
«GesÙ» ('l"r}aou, v. 42), «ricordarsi» (�J-v�a.a."r}�L IJ-OU, v. 42); la
formula «il tuo (di Gesù) regno» (Elç ��v �a.atÀda.v aou, v.
42), invece del regno di Dio, si riscontra ancora in Le. 1 ,3 3 e
22,30 e infine l'avverbio «oggi» {a��J-Epov, v. 4 3 ) è di chiaro
conio lucano. 8
Luca riprende il dato di Mc. 1 5 ,3 2b, secondo il quale i due
malfattori oltraggiavano Gesù in croce; egli tuttavia vi in-
7· Il verbo «essere appesi» (xpe:!J.CX0"-8Év-twv (xo:xoupywv]) richiama il detta­
to della legge mosaica, secondo la quale chi si era reso colpevole di un
delitto capitale doveva «essere appeso)) ad un albero (cf. Deut. 2 1 ,2 2); co­
me si constata, Luca si attiene qui a] vocabolario dei Settanta.
8. Cf. P. Benoit M . É . Boismard, Synopse n, 43 1 s.; J.A. Fitzmyer, Luke
-

n , 1 507; G. Rossé, Luca, 980 s. n. I S 7· Per l'avverbio a�!J.e:pov rinvio allo

studio Prospettive messianiche nell'espressione alj!J.e:pov (oggi) del Vangelo


di Luca, in B. Prete, L 'opera di Luca, 104- 1 1 7.

88
troduce una differenza tra i due, poiché, nel racconto dell'e­
vangelista, soltanto uno di essi insultava il Salvatore croci­
fisso ( É�Àcxcrq>�!J-e:L, v. 39 ).9
L'insulto del malfattore impenitente è così formulato:
«Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi» (v. 39; la
formulazione della domanda in greco suona: oùxt crù e:C b
'X.Ptcr-roç; La particella interrogativa oùxl (non) abitualmente
suppone una risposta positiva, ma qui indica soltanto una
condizione; non si può pensare che il malfattore ammetta
che Gesù sia il Messia. Con il suo insulto il malfattore in­
tende ripetere quello dei capi dei giudei, i quali, dicendo a
Gesù: ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio,
l'eletto» ( 2 3,3 5 ), ponevano ben in evidenza la condizione:
«se è il Cristo di Dio». Di conseguenza anche l'insulto del
malfattore impenitente che suona: «Non sei tu il Cristo ?
Salva te stesso e anche noi» (v. 39) va inteso allo stesso mo­
do, cioè: «Se tu sei il Cristo salva te stesso e anche noi». Nelle
parole del malfattore c'è l'aggiunta «e anche noi», che rivela
la concezione molto concreta e interessata che il malfattore
10
ha della salvezza.
9· Luca usa il verbo �Àctaq>lj!J.Éw; per un gruppo di studiosi il verbo ha lo
stesso senso del verbo ÒvttÒt�cd (insultare, schernire); per un altro invece
esso esprimerebbe la concezione cristiana secondo la quale Gesù è ricono­
sciuto Dio e insultarlo equivarrebbe a bestemmiare Dio, come rileva l. How­
ard Marshall: «To mock Jesus by refusing to take his powers seriously is
to blaspheme against him; the use of the verb represents a Christian ver­
dict in the light of who Jesus really is» (Luke, 87 1 ). Parimenti G. Schnei­
der osserva che nel testo il pervertimento della funzione salvatrice di Gesù
è chiamata bestemmia; cf. Lukas li, 48 s . Da parte sua B. Maggioni rileva
che l'uso del verbo �Àctaq>lj(.LEtv in Le. 23,3 9 indica in pari tempo scherno
e irriverenza; cf. / racconti evangelici della passione, J OO.
Io. Dal modo con il quale si esprime il malfattore impenitente alcuni com­
mentatori hanno dedotto che esso fosse un appartenente al movimento in­
surrezionale degli zeloti, i quali non potevano pensare che il Messia non
fosse un rivoluzionario e potesse subire una morte così ingloriosa. Osser­
va K.H. Rengstorf: «La lingua e l'atteggiamento connotano il primo 'mal­
fattore' come un indomabile zelota ebreo ... Anche nella morte egli si ribel­
la contro il suo destino. Ma soprattutto per lui un Messia che muore in
croce e non salva né se stesso né i suoi compagni di lotta per la libertà e la
grandezza d'Israele, è in contraddizione con se stesso e merita disprezzo»
Come si è detto nel presente capitolo e in quello prece­
dente, il motivo centrale ricorrente nelle tre formulazioni
lucane degli insulti diretti a Gesù morente è quello della sal­
vezza. Questa insistenza sul tema della salvezza al momento
nel quale Gesù sta compiendo la sua missione di Salvatore
pone bene in luce il divario della concezione della salvezza
che condividevano coloro che lo insultavano e quella che
aveva il Maestro; per gli schernitori la salvezza era concepita
come una manifestazione di potere da parte del Maestro
morente che s'imponeva contro gli avversari prevalendo su
di loro; per Gesù invece la salvezza viene da Dio ed è opera­
ta da lui accettando il piano divino e uniformandosi ad esso.

II. IL COMPORTAMENTO DEL LAD RONE PENTITO

Al malfattore impenitente Luca contrappone il malfatto­


re pentito, come è nella sua abitudine letteraria.
Al ladrone pentito l'evangelista attribuisce tre importanti
iniziative: r . in primo luogo il malfattore pentito rimprove­
ra il compagno di pena di non avere timore di Dio (v. 40); 2.
in secondo luogo egli, dopo aver rilevato che mentre i due
malfattori crocifissi insieme con Gesù hanno avuto una giu­
sta e meritata condanna, dichiara che il Salvatore subisce
una ingiusta punizione, proclamando in tal modo pubblica­
mente l'innocenza di Gesù (v. 4 1 ); 3 · in terzo luogo infine
egli, pieno di fiducia, rivolge al Salvatore l'umile richiesta di
ricordarsi di lui quando sarà nel suo regno (v. 42).

I. Il malfattore pentito
rimprovera il compagno impenitente
Luca fa intervenire il buon ladrone senza accennare al
suo pentimento, ma le parole stesse del buon ladrone rive­
lano la sua conversione e il suo intimo pentimento. Al com-
(Vangelo secondo Luca, 4 5 7); ma il testo non consente di accogliere questa
congettura; cf. B. Maggioni, I racconti evangelici della passione, 299 s.
pagno di pena il ladro ne pentito rivolge queste parole di rim­
provero (È7tt'tt!J-WV aù-tcp Écp11): «Neanche tu hai timore di
Dio e sei dannato alla stessa pena?» (v. 40). 1 1 Il timore di Dio
nel linguaggio biblico è una formula sintetica con la quale si
esprime l'atteggiamento religioso del pio israelita nei con­
fronti di Jahvé; questo atteggiamento implica riconoscimen­
to della sovranità del Signore, fiducia ed obbedienza a lui;
l'atteggiamento contrario, cioè l'assenza del timore di Dio,
caratterizza la condotta dell'empio e dello stolto.
Anche se l'evangelista non vi fa nessun accenno, il rim­
provero del buon ladrone al suo compagno impenitente gli
è suggerito dal comportamento dignitoso e sottomesso di
Gesù ad un piano voluto da Dio.
Il participio È7tt'tt!J-WV (rimproverare) può richiamare !,in­
segnamento evangelico ricordato da Matteo e da Luca: «Se
un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente perdo­
nagli» (Le. I 7,J; Mt. I 8, I s); infatti in Le. 1 7,3 ricorre lo stes-
-, Il
s o verbo : E7tt 'tt!J-l1crov et.1J 't�.
, l

Il «temere Dio» nel rimprovero del buon l adrone al suo


compagno di condanna considera una particolare azione di
Dio, cioè il suo giudizio finale; i due condannati hanno già
subito il giudizio degli uomini, ma a loro sovrasta il giudi­
zio di Dio; in attesa del giudizio di Dio occorre non insulta­
re nessuno per non peggiorare la propria posizione davanti
a Dio, ma occorre pentirsi ed appellarsi alla misericordia di­
vina perché formuli un giudizio benevolo nei confronti del
peccatore.

1 1 . Abbiamo citata la versione a cura della CEI; il v. 40 andrebbe meglio


tradotto nei termini seguenti: «Nemmeno tu hai timore di Dio che sei
condannato alla stessa pena?»; questa versione rende meglio e più fedel­
mente la formulazione semitica d eH a frase (cf. la particella greca o'tt che
rende quella aramaica di, la quale ha anche valore di pronome relativo); si
veda G. Rossé, Luca, 98 I n. I 5 9·
1 2. Cf. D. Senior, La passione di Gesù nel Vangelo di Luca , 1 3 2 ; nel testo
parallelo di Mt. 1 8, 1 5 ricorre invece l'imperativo aoristo: tÀty�ov aù-tov
(ammoniscilo; Vulg.: corripe eum).
2. Il malfattore pentito dichiara pubblicamente
l 'innocenza di Gesù

Il !adrone pentito ammette che la condanna pronunziata


contro di sé e contro il suo compagno di pena è giusta e me­
ritata, poiché essa fa parte del corso e dell'esercizio della giu­
stizia; egli, secondo l'evangelista, così si esprime: «Noi giu­
stamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli
invece non ha fatto nulla di male» (v. 4 1 ) Ci troviamo qui
.

di fronte ad un «noi» (l}!J-e::tc;) associativo per il quale il buon


ladrone fa dire al suo compagno di condanna le sue stesse
parole. Queste espressioni del buon ladrone rivelano il suo
pentimento profondo davanti a Dio.
Le parole del ladrone pentito pongono un netto contra­
sto tra la posizione dei due malfattori e quella di Gesù, co­
me risulta dalla formula: «noi ... , egli invece» (l}!J-e:tc; !J-ÉV .•. ,

ou'toc; òi. ); il contrasto è ben marcato, infatti i due malfat­


..

tori ricevono una giusta e meritata punizione per i loro cri­


mini commessi, Gesù invece non ha compiuto nulla d'illega­
le (a'to7toç). 1 3 L'accettazione della pena dovuta alle colpe
commesse da parte del buon ladrone e la dichiarazione che
essa è giusta esprimono il suo sincero pentimento e la sua
riconciliazione con Dio. Tuttavia nelle parole del buon la­
drone c'è un elemento nuovo e caratteristico, egli infatti di­
chiara l'innocenza di Gesù, affermando che egli «non ha
fatto nulla di male». Indubbiamente questa affermazione ri­
echeggia la tradizione evangelica che ha sempre ritenuto l'in­
nocenza di Gesù, confermata anche dai testi profetici; parti­
colarmente da quello sul Servo di Jahvé (cf. Le. 22,37; Atti 8,
3 2- 3 3 ). Per questo motivo è fuori luogo domandarsi da do­
ve il buon ladrone abbia appreso che Gesù è innocente ed è
stato ingiustamente condannato alla pena capitale della ero-

IJ . Il termine a't07tO� {lett.: fuori posto, fuori luogo) è caro a Luca; nel
N.T. esso ricorre quattro volte di cui tre nell'opera lucana; cf. Le. 23,4 1 ;
Atti 2 5 , 5 ; 28,6 e 2 Tess. 3,2; i n quest'ultimo passo si trovano abbinati i due
vocaboli a't07tO� e 7tO"IIllPO�. Il codice D invece di a't07t0� legge 7tO"II llPO�.
ci fissione, poiché nemmeno l'evangelista si è posto tale que­
sito.14
La dichiarazione dell'innocenza di Gesù è compiuta qui
non già da un'autorità qual era Pilato, come Luca aveva ri­
cordato nel racconto del processo di Gesù davanti al procu­
ratore romano (cf. Le. 2J, I 4- 1 5 .3 2), ma da una persona co­
mune, la quale, per aver commesso dei crimini, è condanna­
ta alla pena capitale.
Questo malfattore insiste nell'affermare l'innocenza di
Gesù riconoscendo che non gli è stata fatta giustizia, poiché
il Salvatore «non ha fatto nulla di male» (2 3,4 1 ) mentre egli
e il suo compagno di pena sono stati condannati giustamen­
te (ò txcdwc;), poiché ricevono il giusto per le loro azioni (cf.
2J,4 I ). 1 5

3 . La fiduciosa richiesta del ladrone pentito


Il buon ladrone non si limita a proclamare l'innocenza di
Gesù, ma pone in lui tutta la propria fiducia che esprime in
questa sua richiesta: «Gesù, ricordati di me quando entrerai
nel tuo regno» (v. 42).
È opportuno segnalare come il buon ladrone non si è ac­
contentato di riconoscere le sue colpevolezze e di proclama­
re l'innocenza di Gesù, ma gli rivolge una preghiera mani­
festandogli la sua incondizionata fiducia e interpellandolo
con il nome personale: «Gesù». 1 6 Ad alcuni copisti il nome
«GesÙ» sulle labbra del ladrone pentito è sembrato troppo
1 4. In termini molto concisi J.A. Fitzmyer osserva a proposito del verset­
to di Le. 2 3 ,4 1 : �To ask how the man (il buon ladrone) knew all this about
Jesus is to miss the point of the story» (Luke n , I so8); il testo evangelico è
interessato ad affermare l'innocenza di Gesù, non già ad indicare da dove
il buon ladrone aveva attinto tale informazione.
1 5 . L'avverbio Òtxatwc; ricorre soltanto cinque volte nel Nuovo Testamen­
to; nei vangeli è usato unicamente da Le. 2 3 ,4 1 .
16. È stato opportunamente osservato: � n malfattore pentito non si rivol­
ge a Dio, ma a Gesù, e lo riconosce nella sua funzione messianica. È chia­
ro l'orientamento cristologico che caratterizza la preghiera cristiana» (G.
Rossé, Luca, 982).

93
confidenziale e lo hanno corretto con un termine più rive­
rente: «Signore» (xupte). 17
L'imperativo ((ricordati» è un'espressione con la quale il
buon ladrone chiede a Gesù un ricordo benevolo e favore­
vole nei suoi confronti alla sua parusia. 18 La preghiera è
formulata con il linguaggio della preghiera giudaica che è
ricca di pathos religioso; così Giuseppe al capo coppiere del
faraone che era in p ri gi one con lui ed al quale aveva spiegato
il sogno che aveva avuto dicendogli che dopo tre giorni sa­
rebbe stato riabilitato nella sua funzione, rivolge questa ri­
chiesta: «Ma se, quando sarai felice, ti vorrai ricordare che
io sono stato con te fammi questo favore: parla di me al fa­
raone e fammi uscire da questa casa» (Gen . 40, 1 4).
Il Salmista si rivolge a Dio con queste toccanti parole:
Ricordati di noi, S i gno re , per amore del tuo popolo,
visitaci con la tua salvezza,
perché vediamo la felicità dei tuoi eletti, godiamo la gioia
del tuo popolo,
ci gloriamo con la tua eredità (Sal. I o6,4- 5). 1 9

La traduzione: «quando entrerai nel tuo regno» è alquan­


to vaga e generica; la preposizione composta «nel» può ren­
dere in italiano le due particelle greche e le; (nel tuo regno) e
èv (con il tuo regno, con la tua regalità). La Bible de Jérusa­
lem ( 1 973) traduce il versetto di Le. 2 3,42 nel modo seguen­
te: «}ésus, souviens-toi de moi, lorsque tu viendras avec ton
royaume»;20 il curatore di questa traduzione ha optato per
la preposizione èv (av e c, con). Il testo greco nel versetto ci­
tato presenta queste due principali varianti: un gruppo di co-
1 7. La lettura «Signore» è stata accolta dalla Vulgata: «Domine, memento
mei, cum veneris in regnum tuum»; la Neo-Volgata ha « lesu».
1 8 . È stato rilevato che l'espressione «ricordati di me» è attestata in alcune
iscrizioni funerarie del tempo; cf. E.E. Ellis, Luke, 268 .
1 9. Cf. J.A. Fitzmyer, Luke n, I 5 Io; G. Rossé, Luca, 980.
20. La Bible de jérusalem (Paris 1 973) in nota osserva: «Avec (c'est-à-dire
en possession de) ton royaumc», - Var.: quand tu viendras dans ton rè­
gne», c'est-à-dire pour l'inaugurer», h.l. J.A. Fitzmyer traduce: «Jesus,
remember me when you come into (d�) your kingdom» (Luke II, I 507).

94
dici leggono: tlç 't�v �aat Àc.tav e l'altro ha la lettura: &v 'tTl
�acn ÀEt�.1 1
Sotto il profilo critico le due varianti possono essere ricon­
dotte all'unica espressione semitica bemalkutak, nella quale
la particella be- può essere intesa e tradotta con: c.lç 't�v .••

come anche con: &v 'tj) ... ; infatti le due particelle c.lç ed iv
nel greco biblico possono essere intercambiabili. Si poté ve­
rificare il fatto che alcuni traduttori greci e copisti consta­
tando che nelle parole del buon ladrone ricorreva un verbo
di moto «quando tu verrai» (o'tav eÀ-8T)ç) , abbiano preferito
la particella e:lç che meglio conveniva ad un verbo di moto;
mentre altri hanno usato la particella iv.
A nostro giudizio, il ladrone pentito dicendo a Gesù:
«quando verrai nel tuo regno» si riferiva alla venuta di Gesù
nella parusia, cioè alla fine dei tempi quando avranno luogo
la risurrezione di tutti gli uomini e il loro giudizio definiti­
vo; il buon ladrone prega il Salvatore di essergli benevolo nel
giudizio finale, facendolo partecipare al suo regno glorioso.
Secondo le prospettive messianiche giudaiche, il Messia
non soltanto sarebbe venuto nella parusia per instaurare il
suo regno definitivo, ma sarebbe venuto con la gloria e lo
splendore della sua regalità. Ciò consente di spiegare le due
differenti traduzioni proposte dagli studiosi alle parole del
buon ladrone; le due traduzioni infatti segnalano due aspetti
particolari dell'ultima venuta di Gesù; una di esse in primo
luogo esprime questa idea: Gesù, quando tu verrai nel tuo
regno alla parusia (c.lç), sii benevolo verso di me nel tuo
giudizio; l'altra invece afferma la venuta gloriosa di Gesù e
il ladrone pentito rivolge al Salvatore questa richiesta: Gesù,
quando tu verrai con la tua gloria regale (iv) alla fine del mon­
do, usami benevolenza nel tuo giudizio.
Occorre ora precisare quale delle due preposizioni e:lç ed
21. Anche i curatori delle edizioni critiche del N.T. seguono chi l'una chi
l'altra lettura; ad esempio A. Merk (Novum Testamentum, 1 964) sceglie la
lettura: iv 'tTl �etO'tÀet� O"ou; invece il Nov um Testamentum a cura di Nest­
le-Aland ( 1 98 4) ha la lettura: e:lc; 't� v �et O't ì.. dcxv O'OU.

95
Év sia l'originaria e risponda alla primitiva tradizione evan­
gelica. I critici non sono concordi nel proporre una risposta
a questo problema. Vari studiosi ritengono che la particella

originaria della tradizione evangelica sia Év; ma poiché la


preposizione tlc:;, la quale, come si è accennato, si armoniz­
zava meglio con un verbo di moto (o't'cxv t'ìvz9.-nc:;: quando ver­
rai), ha sostituito la particella Èv.1 2
Tenendo presente la risposta che Gesù darà alla richiesta
del !adrone pentito, e di cui si parlerà in seguito, c'è da do­
mandarsi: quale senso Luca ha inteso dare alla preghiera del
buon l adrone ? Infatti il buon ladro ne chiede a Gesù di es­
sergli benevolo nel giudizio che terrà alla sua parusia e
questi gli risponde che non alla sua ultima venuta, ma subi­
to dopo la sua morte lo condurrà in paradiso. Questi rilievi
inducono a pensare che l'evangelista ha immesso nelle paro­
le del ladrone pentito la sua prospettiva cristologica; per
Luca infatti la venuta regale e gloriosa di Gesù si realizza e
si identifica con la sua risurrezione e la sua esaltazione in
cielo. Ciò concorda con l'affermazione fatta da Cristo risor­
to ai discepoli di Emmaus, quando, secondo Luca, dice lo­
ro: «Non bisognava che il Cristo sopportasse queste soffe­
renze per entrare nella sua gloria?» (24,26),2 3 ed è in armo-

22. Per una valutazione compendiosa delJe due letture in oggetto (tl� -r�v
..•; Èv -rfl . ) cf. l. Howard Marshall, Luke, 872; J.A. Fitzmyer, Luke II, 1 s 10.
..

G . Schneider rende così le due letture: «Gesù ricordati di me quando ver­


rai con la tua signoria regale» (wenn du in deiner Macht als Konig kommst»,
48 2); a p. 485 l'autore spiega poi l'espressione con: «wenn du mit deiner
Konigsherrschaft kommst » (ho adattato alla nostra costruzione della frase
le parole dell 'autore). L'altra lettura del testo greco è resa: «wenn du in
dein Reich kommst »; lo studioso poi annota che la lettura d� 't�v �aat­
Àetav è secondaria nei confronti di Èv -rfl �aatÀtt�. Già a suo tempo M .-J.
Lagrange rilevava: « La leçon d� -r�v �aatÀdav indiquerait le moment où
Jésus, par sa mort, va entrer dans son royaume. Mais d� avec l'accus. se
présentait comme plus correct après EÀ·.9n�, tandis que Èv et le datif ne peu­
vent etre une correction. •g.., -rn �aat)\d� est clone la bonne leçon et signi­
fie 'dans la possession, dans ]•éclat de ton règne•. On dirait que le bon lar­
ron, siìremem un juif, pensait à J>evénemem du Messie à la résurrection»
( Évangile selon Saint Luc, Paris 4 1 927, 5 9 1 ).
2 3 . Il versetto afferma che Gesù Cristo entra nella sua gloria (d� 't�v 80-
nia anche con l'insegnamento del terzo evangelista sull'esca­
tologia differita; nelPopera di Luca infatti c'è la chiara ten­
denza a ritardare il tempo della parusia. 24

III. LA RISPOSTA DI GESÙ ALLA RI CHIESTA


DEL LADRONE P ENTITO

Alla fiduciosa richiesta del buon ladrone pentito Gesù dal­


la croce dà questa singolare risposta: «In verità ti dico, oggi
sarai con me in paradiso» (23,43). Queste solenni parole di
Gesù sono dense di contenuto, ma anche aprono delle pro­
spettive sulla teologia della salvezza e sulla condizione nella
quale si trova Gesù Cristo dopo la sua morte.
Noi 1 . in primo luogo esamineremo le affermazioni più
caratteristiche della solenne promessa fatta dal Salvatore al
malfattore pentito e 2. in secondo luogo indicheremo le pro­
spettive dottrinali che aprono queste solenni affermazioni
di Gesù.

1. Le affermazioni più caratteristiche del Salvatore


al malfattore pentito
Si è già detto che Luca presenta con accento solenne le
parole che Gesù rivolge al ladrone pentito, infatti le intro­
duce con la formula: «In verità ti dico» (à(J. �" cro t ÀÉyw).
Nella promessa fatta dal Salvatore al buon ladrone, tre
espressioni colpiscono particolarmente il lettore, cioè «oggi»,
«sarai con me» e «in paradiso»;1s ognuna di queste espressi o-
�cxv cr.ù-tou) subito dopo la sua risurrezione. È utile rilevare che il P7s inve­
ce di d� 't�v òo�cxv legge dc; -r�v �cxaLÀdcxv.
24. Cf. A. George, L 'eschatologie, in Idem, Études, 32 1 -347; l'autore stu­
dia l'escatologia negli scritti di Luca precisandone i vari aspetti. All'inizio
del suo articolo egli ricorda che l'esegesi moderna riconosce nell"opera lu­
cana «une tendance très nette à retarder le moment de la Parousie (M. Go­
guel)» (op. cit. , 3 2 1 ).
25 . Cf. E. E. Ellis, Luke, 268 . L'autore ricorda che alcuni manoscritti divi­
dono diversamente le parole pronunziate da Gesù unendo l'avverbio «og-

97
ni racchiude importanti insegnamenti.16 Ci soffermeremo ad
illustrare ognuna delle espressioni elencate.

a) « Oggi>>
N el vocabolario di Luca l'avverbio «oggi» ( a�[J.e:pov) è una
esp ressione caratteristica per designare il tempo o l'epoca del­
la salvezza messianica; nel testo di Le. 2 3 ,43 essa designa il
tempo dell'esaltazione di Gesù che si identifica con la sua
morte e risurrezione; infatti subito dopo la sua morte il Sal­
vatore entra nella gloria (cf. Le. 24,26).
La promessa con la quale Gesù assicura il malfattore pen­
tito che «oggi» sarà con lui in paradiso sembra che sia in con­
trasto con altri passi neotestamentari, nei quali si parla della
discesa agli inferi di Gesù dopo la sua morte (cf. Atti 2, 3 1 ;
Mt. 1 2,40), oppure s i afferma che il Salvatore entrò nella glo­
ria con la risurrezione o anche che egli entrò in cielo con l'a­
scensione; tuttavia tra l'affermazione di Gesù in Le. 2 3,43 e
le altre dichiarazioni del Nuovo Testamento, alle quali si è
accennato, non c'è che un contrasto apparente; Luca infatti
non intende sviluppare una dottrina sul mondo futuro o ac­
cogliere una spiegazione di esso tra quelle proposte dalle va­
rie correnti e tradizioni giudaiche, ma vuole affermare un
dato dottrinale nuovo, che cioè è venuto il tempo della sal­
vezza («oggi»), che essa è operante in Cristo e che si rag­
giunge subito dopo la morte.27
gi » alle parole che precedono (cio ti dico oggi: sarai con me ... »), anziché a
quelle che lo seguono («oggi sarai con me ... »); questa divisione della pro­
posizione è innaturale, poiché nel linguaggio di Luca il termine «oggi» è
sempre unito con la seconda parte di essa; cf. ibid.
26. Ambrogio, a commento di queste solenni parole che Gesù morente ri­
volge al buon l adrone, osserva: « . . uberior est grati a quam p recati o; sem­
.

per enim plus Dominus tribuit quam rogatur» ( ... il dono supera in ab­
bondanza la domanda; il Signore infatti dà sempre più di quanto gli chie­
diamo; Expositio evang. sec. Lucam x, n r ).
27. Nemmeno bisogna richiamarsi alla d istinzione antropologica tra ani­
ma e corpo per conoscere se a questa salvezza eterna, che si avrà subito do­
po la morte, si parteciperà solo con l'anima fino alla resurrezione dei corpi
Tra le parole che il buon ladrone rivolge a Gesù e quelle
con le quali il Salvatore gli risponde c'è una notevole diffe­
renza di prospettiva: il ladrone pentito chiede di partecipare
al regno escatologico che Gesù avrebbe instaurato nella pa­
rusia, cioè nel periodo finale dell'era escatologica, nel quale
si avranno la risurrezione dei corpi e il giudizio universale;
Gesù invece gli risponde che, subito dopo la sua morte, lo
accoglierà nel suo paradiso. Questo costituisce l'aspetto nuo­
vo della rivelazione evangelica, la quale si distacca da tutte le
incerte e differenti prospettive che conosceva il giudaismo
del tempo; infatti la salvezza che Gesù promette al ladrone
pentito si realizza «oggi», cioè subito dopo la sua morte;
con la morte e la risurrezione di Gesù non solo inizia la sua
glorificazione o la sua intronizzazione alla destra del Padre,
ma si inaugura il periodo della salvezza; per raggiungerla
non c'è bisogno di attenderla in un futuro imprecisato, co­
me è quello della parusia, ma si avrà subito dopo la propria
morte.2 8

b) «Sarai con me»


La formula «sarai con me» ((J.E't'È(J.OU Éan) ha una sua den­
sità espressiva; non si tratta semplicemente di essere in com­
pagnia con Gesù, ma di partecipare alla sua stessa sorte e di
comunicare con lui. L'evangelista non precisa con quale mo­
dalità si verifichi questo «essere con Gesù», ma lascia intra­
vedere le conseguenze che ha nel credente la fede nella ri­
surrezione di Gesù. Luca propone qui l'interpretazione cri­
stiana della risurrezione di Gesù affermando che il credente,
dopo la morte, è in comunione con Cristo risorto e in que­
sta comunione realizza la sua beatitudine eterna. 29
che avverrà alla parusia, poiché questi problemi non rientrano nella pro­
spettiva lucana; cf. I. Howard Marshall, Luke, 873.
28. Con efficacia espressiva osserva A. George: « Le salut que Jésus accor­
de au larron est 'aujourd'hui': c'est un salut définitif; il n'y a plus rien à at­
tendre» (L 'eschatologie, in Études, 343).
29. Cf. G. Rossé, Luca, 983.
Indubbiamente in queste parole di Gesù riferite da Luca
troviamo un'eco fedele dell'insegnamento apostolico attesta­
to in vari passi neotestamentari.
Significativa al riguardo è la formula paolina: «e così sare­
mo sempre con il Signore 30 (x<Xt ou'twç 7tcX'J'tO'te: crÙ" xupt <p
ia6p.e:-8<X, 1 Tess. 4, 1 7); l'apostolo con queste parole intende
consolare i cristiani della comunità di Tessalonica, i quali so­
no afflitti perché alcuni credenti come loro sono morti pri­
ma della venuta del Si gnore; Paolo li rassicura dicendo loro
che questi morti risorgeranno e che coloro che sono vivi al­
la venuta del Signore gli andranno incontro e così saranno
sempre con il Signore.31

c) «In paradiso»
L'espressione «in paradiso» va oltre il contesto narrativo;
infatti si sarebbe attesa una formula più vicina e rispondente
alla richiesta del ladrone pentito, quale, ad esempio, «(sarai
con me) nella gloria del mio regno». Il termine paradiso è
usato da Luca perché conosciuto dalla tradizione biblica e
giudaica. Il sostantivo 7t<Xpaòe:tcroç è la forma grecizzata di un
termine persiano che designa un giardino o un parco recin­
tato e indica un luogo di piacevole soggiorno. I Settanta lo
hanno usato per designare il giardino dell'Eden, nel quale fu­
rono posti i nostri progenitori (cf. Gen. 2,8). In !s. 5 1 , 3 il pro­
feta parla della restaurazione di Sion richiamando ciò che il
Signore aveva fatto all'inizio per l'uomo; il profeta infatti
annunzta:
Davvero il S i g nore ha pietà di Sion,
ha pietà di tutte le sue rovine,
30. Qui il sostantivo «Signore» (xuptoc;} designa Gesù Cristo che verrà alla
parusta.
3 1 . Anche in altri testi ricorre l'idea di essere con Cristo; cf. r Tess. 5 , 1o; .2
Cor. 5,8; Rom. 6,8; cf. J.A. Fitzmyer, «Oggi sarai con me . », in Idem, Lu­
..

ca teologo, 164. Per le formule neotestamentarie: «essere con», «avere con» ,


cfare con», cf. P . Grelot, Aujourd' bui tu seras avec moi dans le paradis
(Luc, XXI/l, 43 ): RB 74 ( 1 967) 1 94-2 1 4 (2o5-2 1 o).

1 00
rende il suo deserto come l'Eden,
la sua steppa come il gi ardi no del Signore
(xat -8�aw . .. W� 7tctpaÒEtCJ'O'J xuptou).
Giubilo e gioia saranno in essa,
ringraziamenti e inni di lode!
Secondo i Testamenti dei Dodici Patriarchi «il Signore
aprirà le porte del paradiso, rimuoverà la spada che vieta
l'accesso dal tempo di Adamo e consentirà ai santi di man­
giare dall'albero della vita. Lo Spirito di santità sarà su di es­
si)) ( Test. Levi I 8, I o- I I ). 3 2
I testi citati presentano una loro particolare concezione
del paradiso; nel passo di !s. 5 1 , 3 <<il giardino del Signore»
ha una accentuazione escatologica, poiché è promesso come
luogo di consolazione e di conforto per gli abitanti di Sion e
nel passo del Testamento di Levi si afferma che il paradiso
primordiale sarà riaperto per consentire ai santi di mangiare
dell'albero della vita; ciò suppone che il paradiso è sempre
esistito, anche se in modo segreto e nascosto e che ora è ria­
perto per costituire il luogo dove abiteranno i giusti che so­
no morti. N ella letteratura giudaica il paradiso è l'Eden esca­
tologico, il luogo della beatitudine della fine dei tempi; co­
me si vede, il futuro è presentato con l'immagine dell'Eden
primordiale e alla fine dei tempi il paradiso, ora nascosto in
un luogo segreto del cielo, scenderà sulla terra. n
Il termine «paradiso», usato da Gesù nel formulare la sua
promessa solenne al ladrone pentito, si ricollega a questa con­
cezione giudaica del mondo futuro, ma non rimane condi­
zionato ad essa; infatti l'elemento specifico di questa promes­
sa di Gesù al buon ladrone non consiste nel dirgli che entre-

3 2. Cf. J.H. Charlesworth (ed.), The Old Testament Pseudepigrapha I, Lon­


don I 983, 79 5 .
3 3 · Cf. J. Howard Marshall, Luke, 873 ; j.A. Fitzmyer, « Oggi sarai con me
. . . » , in Idem, Luca teologo, 1 64- 1 6 5 ; G. Rossé, Luca, 983 ; quest'ultimo
autore ricorda che secondo il libro di Enoc etiopico il paradiso è raffigura­
to come il posto che nello Sheol è riservato ai giusti in attesa della risurre­
zione universale; in questo luogo i giusti hanno luce e una sorgente di ac­
qua; i cattivi invece si trovano in ambienti tenebrosi riservati per loro.

101
rà nel paradiso, ma che «sarà con lui»; quindi l'accento dot­
trinale è fatto cadere sull'espressione «con me», non già sul­
la formula «in paradiso», conosciuta dagli scritti giudaici.34
A questo punto occorre segnalare alcuni dati fondamen­
tali contenuti nella solenne promessa fatta da Gesù morente
al buon ladrone. Sulla croce Gesù promette al ladrone pen­
tito una partecipazione e una comunione con lo stato nel
quale egli si troverà dopo la morte; per Luca questa comu­
nione con Gesù indica la partecipazione alla pienezza della
salvezza operata dalla morte in croce del Maestro.
Anche se l'evangelista non precisa che cosa comporti l'es­
sere subito ammessi alla comunione con Gesù, bisogna am­
mettere che egli supera la concezione giudaica dell'attesa di
una salvezza non definitiva e provvisoria in un paradiso
considerato come stato intermedio prima della risurrezione
finale. Nella solenne promessa che Gesù morente fa al buon
ladrone si pone in evidenza il destino individuale che al mo­
mento della morte attende il suo discepolo. Questo dato su­
pera anch'esso le frammentarie e differenti concezioni giu­
daiche sull'escatologia che circolavano al tempi di Gesù e
sottolinea che l'uomo al momento della morte compie il suo
·

destino personale.H
Certamente questi dati sono soltanto affermati e non ac­
compagnati da spiegazioni; essi tuttavia trovano il loro fon­
damento nel fatto della risurrezione di Gesù Cristo, la quale
per Luca significa che, con la risurrezione, Gesù Cristo è
«vivo» ed operante (cf. Le. 24,5 -23).

34· Come si è rilevato, la promessa di Gesù al buon !adrone racchiude una


prospettiva cristiana, secondo la qua]e il paradiso per il buon ]adrone, co­
me per tutti i credenti, non consiste nell'essere nel luogo dove ci sono
tutti i giusti bensì nel luogo dove si trova Gesù; in termini più immediati:
il paradiso è ta]e perché si è con Gesù Cristo, non già perché ci si trova
con i giusti. «Nella visione cristiana - nata con la fede nella risurrezione di
Gesù - questa comunione con Cristo risorto è in se stessa la beatitudine
defi nitiva, la sa]vezza piena» (G. Rossé, Luca, 983).
3 5 · Cf. le osservazioni di G. Rossé, Luca, 983 .

1 02
2. Le prospettive dottrinali aperte
dalla solenne promessa fatta da Gesù
al malfattore pentito
Le espressioni che ricorrono nella solenne promessa fatta
da Gesù morente al ladrone pentito aprono delle prospetti­
ve dottrinali che vanno precisate. Due in particolare richia­
mano l'attenzione, cioè: a) la teologia della salvezza che Lu­
ca lascia intravedere nella promessa di Gesù morente al
malfattore pentito e b) la concezione della condizione in cui
si trova Gesù Cristo dopo la sua morte.

a) La teologia della salvezza


Le parole di Gesù morente al ladrone pentito lasciano chia­
ramente intravedere che egli con la sua morte attua la sal­
vezza di questa persona. Certamente nella dichiarazione di
Gesù non è detto espressamente che egli con la sua morte o
per mezzo della sua morte opera la salvezza; ma il contesto
lo lascia ben intendere.
Come già conosciamo, tutti gli scherni rivolti a Gesù in
croce hanno come tema comune quello della salvezza; i capi
giudaici, i soldati e uno dei due malfattori crocifissi con lui
gli dicono di «salvare se stesso» (Le. 23,3 5 ·37·39); anzi que­
sto malfattore schernisce Gesù dicendogli espressamente:
«Salva te stesso e anche noi !» (v. 39). Proprio con la sua mor­
te Gesù attua la «salvezza», anche se la salvezza operata
dalla morte del Maestro non coincide con quella voluta da­
gli schernitori.
Si è osservato che nell'opera lucana la theologia gloriae
sta sostituendo la theologia crucis e soprattutto si è fatto no­
tare che Luca non presenta la morte di Gesù in prospettiva
sacrificate e redentiva,36 come, tra l'altro, è confermato dal-
36. Giàj.M. Creed osservava: ccMost striking is the entire absence of a Paul­
ine interpretation on the Cross. The Marcan saying concerning the death
of the Son of Man as 'a ransom for many' (Mk x,4 5 ) and the declaration at

1 03
l'assenza nel suo vangelo della seguente dichiarazione di Ge­
sù riferita da Mc. 1 0,4 5 : «Il Figlio dell'uomo non è venuto
per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in ri­
scatto per molti>> (Àu'tpov &v'tt 7toÀÀwv).
Non possiamo soffermarci ad esaminare il problema
della concezione sacrificale della morte di Gesù n eli' opera
lucana, perché ciò ci porterebbe lontano dal nostro scopo,
tuttavia non si può omettere dal constatare che gli autori
neotestamentari propongono questo dato fondamentale del­
la rivelazione cristiana secondo prospettive ed espressioni
diverse. Ovviamente la dichiarazione di Gesù riportata da
Mc. 1 0,4 5 e le formule dell'epistolario paolino sulla theolo­
gia crucis sono assai esplicite e dirette; Luca invece propone
le verità soteriologiche in forma narrativa e drammatica; cer­
tamente avrebbe p o tu to esprimersi in termini concettuali ed
astratti come hanno fatto Marco e Paolo, egli invece ha vo­
luto indicare l'opera redentiva di Cristo con il vocabolario
della salvezza.37 Soprattutto le parole del Salvatore morente
al ladrone pentito rivelano «la consapevolezza di Gesù ri­
guardo al significato salvifico della propria morte».3 8

b) La condizione di Gesù Cristo dopo la sua morte


Soltanto Luca riferisce le parole di Gesù morente con le

the Last Supper that the cup is 'the blood of the Covenant poured out for
many', are absent. There is indeed no theologia crucis beyond the affirma­
tion that the Christ must suffer, since so the prophetic scriptures had fore­
told» , Luke, LXXI s. Per una visione d'insieme del problema cf. J.A. Fitz­
myer, «Oggi sarai con me », in Idem, Luca teologo, 1 66- 1 69.
...

3 7· L'episodio del buon ladrone è di un'intensa drammaticità, poiché «Ge­


sù il Salvatore, che sta per morire sul patibolo dell'infamia, non soltanto
tollera l'insulto del primo criminale, ma - in quanto crocifisso - riconosce
il pentimento del secondo malfattore e si rivolge a lui con le parole di sal­
vezza per eccellenza: 'Oggi sarai con me nel paradiso' ... Così in una scena
drammatica che è esclusiva del vangelo di Luca, l'evangelista esprime in ter­
mini estremamente pregnanti e concisi il senso della morte di Gesù per l'u­
manità» (J.A. Fitzmyer, « Oggi sarai con me » , in Id ., Luca teologo, 169).
...

3 8 . J. Ernst, Luca II, 897.

1 04
quali il Salvatore dichiara che, dopo la sua morte, sarà in pa­
radiso, dove con lui si troverà anche il ladrone pentito;
questa affermazione riveste una particolare importanza per­
ché compiuta dal Maestro quando era ancora in vita.
È nota la varietà e la molteplicità dei modi con i quali gli
scritti neotestamentari indicano la condizione di Gesù dopo
la sua morte. A noi interessa segnalare le varie espressioni
con le quali Luca, nei suoi scritti, afferma la condizione nel­
la quale si trova Gesù dopo la sua morte.
Ci limitiamo a richiamare i dati più caratteristici indicati
dal terzo evangelista. Al riguardo è significativo il testo di
Atti 1 ,2 1 -2 2 , nel quale Luca ricorda le condizioni che Pietro
pone perché un discepolo possa essere proposto a sostituire
Giuda nell 'apostolato; nel testo è detto: «Bisogna dunque
che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in
cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incomincian­
do dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di
tra noi assunto in cielo (àvEÀ�(J.cp.SY) àcp'�(J.wv),39 uno diven­
ga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione ((J.ap'tupa
'ti)c; àvaa'taaEwc; aù'tou)». Tra le condizioni richieste per la
designazione del nuovo apostolo emerge quella di essere
«testimone» dell'evento della risurrezione di Gesù; qui per­
ché il termine «testimone» non può essere inteso come te­
stimone dell'evento della risurrezione, perché nessuno è
stato testimonio diretto di essa, per il fatto che la tomba è
stata trovata aperta e vuota; detto termine quindi va inteso
nel senso di testimone delle apparizioni di Cristo risorto e
di ciò che egli ha detto e compiuto in queste apparizioni.40
Il terzo evangelista narra che Cristo risorto si fa compa­
gno di cammino dei due discepoli di Emmaus, i quali non lo
39· Il testo greco dice semplicemente: «è stato assunto da noi», senza ac­
cennare al cielo; soltanto in A tti 1 , 1 1 è detto: fu assunto da noi in cielo (dc;
'tÒv oùpav6v}. Luca usa il verbo àvaÀaiJ.�avw soltanto in A tti, dove ricorre
8 volte, in tre delle quali il verbo tivaÀa(J.�avw è riferito a Cristo (cf. Atti
1 , 2 . 1 1 . 2 2 ) . Nel terzo vangelo ricorre soltanto una volta il sostantivo àva­
Àl'jiJ.�Lc; (Le. 9, 5 1 ), di cui diremo fra poco.
40. Cf. J.A. Fitzmyer, «Oggi sarai con me. . . », in Idem, Luca teologo, 1 7 1 s.

105
riconoscono ed ai quali spiega il senso cristologico di tutte
le Scritture; egli poi si fa riconoscere «nello spezzare il pa­
ne» (Le. 24,J0-3 1 . 3 5 ) e infine scompare (24,3 I ) . Qui Luca si
limita ad esprimere un dato teologico, come pure aveva fat­
to in precedenza (cf. Le. 24, I 6), senza accennare dove Cri­
sto sia andato dopo queste apparizioni.
Inoltre, in Atti 2,32-3 3, Luca riporta la seguente dichia­
razione di Pietro: «Questo Gesù Dio l'ha suscitato (àvÉa'tYj­
a&v) e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato (u�w.S&k) per­
tanto alla destra di Dio •P e dopo aver ricevuto dal Padre lo
Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso (èçÉ'X,EEv),
come voi stessi potete vedere e udire»; nel testo è detto, tra
l'altro, che Cristo, dopo la risurrezione, è «innalzato alla de­
stra del Padre» ed «ha effuso lo Spirito Santo che aveva pro­
messo ai discepoli» .
Luca riporta anche le parole con le quali Pietro replica al­
le autorità giudaiche del sinedrio che avevano proibito agli
apostoli di predicare «nel nome» di Gesù Cristo; l'apostolo
infatti dichiara loro: «Il Dio dei nostri padri ha risuscitato
(�ye:tpe:v) Gesù che voi avete ucciso appendendolo alla cro­
ce. Dio lo ha innalzato (u�wa&v) con la sua destra facendolo
capo e salvatore (àp'X,Yj'YÒ" x�Xt aw-rijp�X), per dare ad Israele
la grazia della conversione e il perdono dei peccati» (Atti 5,
30- 3 I ) . Il dato caratteristico di queste affermazioni dell'apo­
stolo Pietro è l'inserimento della risurrezione ed esaltazione
di Gesù («Dio lo ha innalzato») nel contesto della storia e
del dono della salvezza; la salvezza viene comunicata da Ge­
sù innalzato dalla destra di Dio e costituito da lui «guida e

•P. Il testo greco: -rfl 8t�t� . . . -rou -8e:ou u�-8d� va tradotto: «con la destra
di Dio innalzato . . . » (cf. Atti s,J I ), come ha La Bible de ]érusalem (Paris
1 973): «Et maintenant, exalté par la droite de Dieu, il a reçu du Père l'Es­
prit Saint ... »; infatti queste parole riprendono quelle del Sal. I I 8, 1 6 in cui
è detto: «La destra del Signore mi ha esaltato» (Sal. I 1 7, 1 6 LXX: Òt�t(t
xuplou u�(L)aÉv fJ-t); cf. La Bible de ]érusalem, h. l., nota f. Altri studiosi in­
vece ritengono che il dativo: -r"fl Òt�t� vada inteso in senso locale: «alla de­
stra di Dio», cf. G. Schneider, Gli A tti degli Apostoli 1, Brescia 1 98 5 (ed.
ted. I 98o), 549 n. 92.

1 06
salvatore 41 per dare a Israele la grazia della conversione e il
perdono dei peccati» (Atti s , J I ) .
Va rilevato che per Luca il dato centrale della vita di Ge­
sù Cristo è la sua àvcXÀljlJ-4tç (assunzione) e che tale «assun­
zione» costituisce in pari tempo un termine e un inizio. L'e­
vangelista infatti quando si accinge a narrare il grande viag­
gio che condurrà Gesù dalla Galilea a Gerusalemme, dove
terminerà il suo itinerario terreno, si esprime con questa
formula solenne: «Mentre stavano compiendosi i giorni del­
la sua assunzione ('tàc; 'fj(J.Épaç 'tijc; àvaÀ�lJ-4ewç aÙ'tou) si di­
resse decisamente verso Gerusalemme» (Le. 9, 5 1 );43 l'idea
del sostantivo à:vaÀ l'llJ-4tc; è ripresa dal verbo àvaÀa(Jo�civw
con il quale Luca, nel libro degli Atti, indica l'assunzione di
Gesù al cielo (cf. Atti I ,2. I I . 2 2 ) .

Il cap. I degli Atti, più di ogni altro testo, pone bene in


evidenza come «l'assunzione» di Gesù si trovi al centro del­
l'evento Gesù Cristo; l'autore infatti sottolinea che, con l'as­
sunzione al cielo, Gesù definitivamente lascia l� terra e gli
apostoli e che con essa inizia un altro periodo che si conclu­
derà con il suo ritorno glorioso alla parusia (cf. Atti I, I 1 ). Il
capitolo inoltre contiene espressioni e particolari con i quali
Luca cerca di far comprendere ai lettori l'importante fatto
dell'assunzione di Gesù al cielo. L'autore non si limita a
indicare l'assunzione di Gesù, con la forma p�ssiva del ver-
42· I due titoli àp·x;rryò� xat aw't�p (Atti S,3 I) s'integrano a vicenda; per
questo al sostantivo àp'X,Y}"(O� occorre dare il senso di guida e condottiero,
cioè colui che, essendo il primo che Dio ha risuscitato da morte, conduce
alla salvezza comunicando la grazia della conversione ed accordando il
perdono dei peccati. Questa idea è chiaramente espressa in Atti 3 , 1 s, dove
ricorre l'espressione: àp'X,Y}"(Ò� 'ti}� l;wij�, che la Neo-Volgata rende con
cdux vitae», colui che conduce alla vita; cf. A. Weiser, Die Apostelge­
schichte, Kapitel i-12 , Giitersloh-Wiirzburg I 98 I , I 6o- I 6 I . G. Schneider,
Atti, 5 49- 5 5 1 (vedi n. 4 1 ).
4 3 · La versione della CEI traduce così il testo: «Mentre stavano compien­
dosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente
verso Gerusalemme»; questa versione, che rende il caratteristico sostanti­
vo lucano àvaÀl]IJ-�L� con la circonlocuzione: «essere tolto dal mondo»,
elimina ogni aggancio con il verbo &vaÀa(J-(»vw (usato tre volte da Luca
in Atti I ,2. I 1 .22 )
.

1 07
bo à'JaÀa!J-�cX'JW, ma usa anche l'aoristo passivo È7t�p8T) (fu
portato in alto, I ,9) e la formula di genitivo assoluto 7topEuo-
1J.É'Jou aÙ'tou che significa: «mentre egli andava (verso il cie­
lo)» ( I , I o) .44
Al termine del vangelo Luca presenta così l, assunzione di
Gesù al cielo: «Poi li condusse a Betania e, alzate le mani, li
benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu porta­
to verso il cielo (òtÉcr'tT) à1t' aÙ'tw'J ><a t à'JEq>ÉpE'tO dc; '!Ò'J où­
pa'Jo'J)» (Le. 24, 50-5 I ). Si nota immediatamente come Luca
abbia un diverso modo di parlare dell'assunzione di Gesù al
cielo, ma l'elemento caratteristico dei testi di Le. 24, 50-5 I e
di Atti I ,9- I I è quello di aver situato nel tempo e di aver de­
scritto questa assunzione di Gesù.45
Come si è già detto, egli usa tre forme passive di verbi per
indicare quella che chiamiamo comunemente l'ascensione di
Gesù, cioè: à'JE�ÉpE'to = fu portato in alto (Le. 24, 5 I ); È7t�p-
8T) = fu elevato in alto (Atti I ,9) e à'JEÀ�IJ.q>'t9T) = fu assunto
in cielo (Atti I ,2. I 1 .22).46
Luca tuttavia conosce anche il verbo &va�ctt'JW (salire,
ascendere) per indicare l'ascensione di Gesù; questo verbo
ricorre nel discorso che Pietro ha tenuto ai giudei nel gior­
no della pentecoste; l'apostolo, argomentando su testi dei
Salmi, dice: «Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente riguar-
44· Il teStO greco ha W� à'tEVt�OV'tE� �aav Et� '!ÒV oÙpaVÒV 7tOpEUO!J-ÉVOU aù­
'tOU ; l'espressione d� -tòv oùpavov è in posizione di apo koinou e va applica­
•••

ta sia a ciò che precede sia anche a ciò che segue; di conseguenza: 4(mentre
essi tenevano lo sguardo fisso verso il cielo, mentre egli andava verso di
esso, ecco due uomini in bianche vesti .. . » (Atti 1 , 1o).
4 S · Si veda P. Benoit, L 'ascension, in Idem, Exégèse et Théologie I , Paris
1 96 1 , 363-4 I I (ed. or. Revue Biblique I 949, I 6 I -20J). L'autore annota che
le testimonianze della tradizione primitiva sull'ascensione possono essere
raccolte sotto tre categorie: a) testimonianze che non menzionano esplici­
tamente l'ascensione; b) testimonianze che la menzionano soltanto come
dato puramente teologico; c) testimonianze che lo presentano come fatto
storico situato nel tempo ed anche descritto (cf. P. Benoit, op. cit., 3 6 5 ). I
testi di Le. 24,50-5 1 e di Atti 1 ,9-1 I rientrano in questa terza categoria.
46. Le tre forme verbali ricordate sono semplicemente delle varianti lette­
rarie che affermano la stessa idea; cf. J.A. Fitzmyer, «Oggi sarai con
me.. . », in Idem, Luca teologo, 1 77.

108
do al patriarca Davide che egli morì e fu sepolto e la sua
tomba è ancora oggi fra noi. Poiché però era profeta e sape­
va che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul
suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cri­
sto e ne parlò:
questi non fu abbandonato negli inferi,
né la sua carne vide corruzione.
Questo Gesù Dio l'ha risuscitato (&vÉcr'tl]cn:v) e noi tutti ne
siamo testimoni. Innalzato (u�w.Se:lç) pertanto alla destra di
Dio 47 e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che
egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete ve­
dere e udire. Davide infatti non salì (&vÉ�l]) al cielo; tuttavia
egli dice ... » (Atti 2,29-34). Il contrasto che Pietro rileva tra
la sorte di Davide e quella di Gesù mostra che il termine più
appropriato per indicare l'ascensione di Gesù sarebbe stato
il sostantivo &va�acrtç, ma Luca non lo usa;4 8 egli rileva sol­
tanto che Davide non ascese al cielo (où yàp ... &vÉ�l]) e indi­
ca il luogo raggiunto da Gesù dopo la sua ascensione con il
testo del Sal. I I o, 1 : «siedi alla mia (del Signore) destra»
( xa.So u Èx òe:�twv (J-Ou, Atti 2,34).
Luca, oltre a parlare dell' «assunzione» di Gesù e ad ac­
cennare indirettamente alla sua ascensione, presenta questi
avvenimenti in modo tutto proprio; egli infatti li inquadra
nel tempo e li descrive; come si constata, l'esaltazione di Ge­
sù dall'evangelista è stata periodicizzata e drammatizzata.
Mentre nel vangelo Luca colloca l'ascensione di Gesù al ter­
mine della giornata di pasqua (cf. Le. 24, 50-5 3 ), negli Atti
invece egli ricorda che Gesù, dopo la sua passione, si mo­
strò vivo ai discepoli per quaranta giorni offrendo loro mol­
te prove della sua risurrezione e parlando loro del regno di
Dio (cf. Atti I ,J); dopo questo periodo di tempo egli ascese
al cielo.49
47· Si veda la nota 4 1 .
4 8 . I l sostantivo àvci�acnc; {salita, ascensione) non ricorre mai nel N.T.; cf.
J.A. Fitzmyer, «Oggi sarai co n me . . . », in Idem, Luca teologo, 1 77.
49· In Atti I ,4 Luca accoglie volentieri la tradizione del periodo dei qua-

1 09
Luca inoltre ha dato uno sviluppo drammatico all'evento
dell'ascensione; egli infatti narra che, mentre i discepoli si
trovavano riuniti, Gesù, dopo aver parlato loro, «fu elevato
in alto sotto i loro occhi» ed essi tenevano lo sguardo fisso
verso il cielo «mentre egli se ne andava» (Atti 1 ,9- 10); inter­
vengono poi due messaggeri celesti, i quali li avvertono che
Gesù è stato assunto definitivamente in cielo e che tornerà
«allo stesso modo» nel giorno della parusia (cf. Atti 1 , 1 r ) . so
Infine Luca ha due formule proprie per indicare la con­
dizione in cui Gesù si trova dopo la sua morte; egli infatti
afferma che il Salvatore, dopo la morte, è entrato nella sua
gloria (cf. Le. 24,26) e che egli, mentre stava per morire, as­
sicura il ladrone pentito che oggi stesso sarebbe stato con
lui in paradiso (cf. Le. 2J ,4J); P per il terzo evangelista Ge­
sù, dopo la morte, si trova nella sua gloria e in paradiso.
Alle espressioni tradizionali note dai passi neotestamen­
tari, quali: esaltazione {tradizione primitiva), risurrezione
(designazione corrente al tempo dell'evangelista), «essere as­
sunto», oppure «ascendere» (formulazioni presenti nelle tra­
dizioni più recenti) Luca aggiunge due designazioni proprie
con le quali indica la condizione in cui Gesù si trova dopo
la morte; si trova cioè nella sua gloria e nel paradiso. P
ranta giorni, nei quali Cristo glorioso appare ai discepoli e li istruisce in­
torno al regno di Dio, poiché costituisce una prova della continuità della
comunità credente nel passaggio dal tempo di Gesù a quello degli apostoli
o della chiesa; cf. E. Haenchen, Apostelgeschichte, 7 1 977, 148
so. Altri passi neotestamentari affermano il dato dell'ascensione di Cristo,
ma ne parlano in termini teologici; così secondo Gv. 20, 1 7, Cristo risorto
appare a Maria di Magdala dicendole: «Non mi trattenere, perché non so­
no ancora salito (Givt:���l}Xt:�) al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io
salgo (Giva�atvw) al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (cf.
anche Ef 4,8 - 1o); Luca invece offre una descrizione dell'avvenimento.
s 1. La promessa fatta da Gesù al buon ladrone ha un notevole interesse
teologico, poiché manifesta la sorte che attende l'individuo dopo la morte.
Osserva A. George: «<l (Luca) est le premier évangeliste à envisager le sort
de l'individu par-de là la mort» (L 'eschatologie, in Idem, Études, 347).
s 2. Cf. J.A. Fitzmyer, « Oggi sarai con me... » , in Idem, Luca teologo, 1 77-
1 78 . Le parole che Gesù rivolge al buon ladrone implicitamente indicano
il valore soteriologico della sua morte.

I lO
CAPITOLO DICIASSETTESIMO
L A MORTE DI GESÙ IN CROCE
(Le. 2 3,44-46)

Gli avvenimenti che caratterizzano il racconto della morte


di Gesù (Le. 23 ,44-49) sono principalmente tre: i fenomeni
straordinari che si sono verificati prima della morte del Sal­
vatore (vv. 44-4 5), la preghiera che egli rivolge al Padre pri­
ma di spirare (v. 46) e le reazioni avute dai presenti alla sua
morte {vv. 47-49).1
In questo capitolo, dopo alcune premesse di carattere let­
terario sulla lingua e lo stile di Luca nel breve racconto, illu­
streremo i primi due avvenimenti; mentre rinvieremo la trat­
tazione del terzo avvenimento {le reazioni dei presenti sul
calvario alla morte di Gesù, vv. 47-49) al capitolo seguente;
infatti tra i primi due avvenimenti e il terzo c'è un distacco,
poiché le reazioni dei presenti alla morte del Salvatore non
si limitano alla sua morte in croce, ma si aprono a una pro­
spettiva più ampia, esprimendo delle valutazioni che oltre­
passano il semplice fatto della sua morte.

I. ALCUNE PREMESSE DI CARAITERE LETTERARIO

Il racconto della morte di Gesù (Le. 23 ,44-49) tradisce la


lingua e lo stile di Luca; infatti esso contiene termini e for­
mulazioni del terzo evangelista, quali sono: l'avverbio wad
(verso, circa [mezzogiorno], v. 44); 1 l'uso avverbiale di (J.É­
aoç (nel mezzo, v. 45 ; cf. Atti 1 , 1 8); cpwv�aaç cpwvfl (J.E"(cXÀ11
el1tev (gridando a gran voce disse... , v. 46; cf. Le. 4,3 3 ; 8,28;
1 . È la divisione proposta, tra altri commentatori, da G. Rossé, Luca, 984.
2. Per il senso approssimativo della particella wcrEt nell'opera lucana cf. Le.
J ,2J; 9, 1 4.28; 22,4 1 .59; 2J ,44; 24, 1 I ; Atti 1 , 1 5 ; 2, ). 4 1 ; I O,J ; 1 9, 7· 34; si veda
J.A. Fitzmyer, Luke II , 1 444- 1 44 5 .

III
1 9,37; 2 3 ,23.46; Atti 7, 57.60; 8,7; 14, 1 0; 1 6,28; 26,24); éxa­
'tov'taP'X.llç (il centurione, v. 47) in luogo del sostantivo lati­
no xev'tuptwv (latinismo), usato da Mc. I 5 ,39; ÈÒo�a�ev 'tÒv
8Éov (glorificava Dio, v. 47), espressione caratteristica con la
quale Luca indica la reazione delle persone davanti ai fatti
ed al comportamento di Gesù (cf. Le. 5 ,2 5 ; 1 3 , 1 3; r 7, r 5 ; 1 8,
43; 2 3 ,47); 'tÒ j'EVO(J.tvov, 'tà j'EVO(J.tva (quanto era accaduto,
vv. 47.48; cf. Le. 8,34. 3 5 . 5 6; 9,7; 24, r 2; Atti 4,2 1 ; 5,7; r 3 , r 2);
infi ne l'uso iperbolico di 7taV'tEç (tutti, vv. 48 .49), con il
quale l'evangelista ama enfatizzare gli avvenimenti (cf. Le. 3,
16; 4, 1 5 ; 5 ,26; 7, 1 6; 9,43; r 8,43 ; 1 9,37). 3
Il racconto lucano della morte di Gesù (Le. 23,44-49), a
motivo delle notevoli divergenze che lo differenziano da
quello parallelo di Mc. r 5,3 3-3 9, solleva dei problemi agli stu­
diosi; infatti essi si domandano se questo racconto derivi dal­
la fonte particolare di Luca (indicata con la sigla «L») inte­
grata con aggiunte tratte dal racconto di Marco, oppure pro­
venga dalla rielaborazione letteraria del racconto di Marco
compiuta da Luca ed arricchita da alcuni particolari cono­
sciuti da lui. In genere i commentatori propendono per que­
sta seconda spiegazione e cercano di attribuire le differenze
che contraddistinguono il racconto lucano all'attività reda­
zionale dell'evangelista.'�

II. I FENO MEN I STRAORDINARI VERIFI CATIS I PRIMA


DELLA MORTE DI GESÙ (vv. 44-4 5)

«Era verso mezzogiorno (lett.: circa l'ora sesta), quando

3· Per un accenno a queste caratteristiche letterarie del racconto lucano cf.


J.A. Fitzmyer, Luke I I , I P 3 ·
4 · Cf. I . Howard Marshall, Luke, 874 ; J.A. Fitzmyer, Luke II, I 5 1 3 . Frank
J. Matera, nello studio The Death of]esus according to Luke. A Question of
Sources, ha cercato di provare che le differenze che si riscontrano nel rac­
conto lucano della morte di Gesù (cf. Le. 23 ,44-4 8; Mc. 1 5 ,3 3 -39) possono
essere spiegate con l'attività redazionale svolta da Luca sul racconto di Mar­
co; si veda la tavola sinottica dei due racconti di Marco e Luca sulla morte
di Gesù (p. 470).

112
il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fi no alle tre del
pomeriggio (lett.: all'ora nona)».5 Luca fa precedere la mor­
te di Gesù da due fatti prodigiosi: le tenebre in pieno giorno
e la rottura del velo o della cortina del tempio.
N elle indicazioni delle ore del giorno, ora sesta (mezzo­
giorno), ora nona (ore quindici), Luca segue fedelmente Mc.
I 5 ,3 3 . Probabilmente mentre l'evangelista Marco nell'indi­
cazione delle ore si riferisce alla divisione liturgica del gior­
no in tre ore (cf. Mc. I 5,2 5 .3 3), corrispondenti alle ore della
preghiera giudaica, Luca, indicando che era circa l'ora no­
na, intende attribuire un valore cronologico a questa indi­
cazione dell'ora del corso del giorno.
Il buio o le tenebre ricoprirono tutta la terra; per Luca
l'espressione «tutta la terra» non necessariamente indica il
cosmo, ma designa la regione, cioè la Palestina (cf. Le. 4,2 5;
2 I ,2 3 ). Secondo il racconto di M c. r 5 ,3 3 le indicazioni di que­

sti fenomeni cosmici rientrano nel linguaggio profetico-apo­


calittico con il quale si vuoi accentuare il valore universale
ed escatologico della morte di Cristo.
N el racconto di Luca non si accenna semplicemente che
«si fece buio su tutta la terra» (v. 44), ma che venne a man­
care la luce del sole; in tal modo possiamo intendere il ge­
nitivo assoluto -rou l'JÀtou ÈxÀt7tov-roç 6 senza indicare che si
tratta di un'eclissi di sole, anche se il verbo Èx Àtt 7tW, appli­
cato al sole, fa pensare ad un'eclissi.
A nostro parere Luca non ha interesse ha precisare che si
tratta di un'eclissi di sole, ma a stabilire il fatto del buio sce-
s . La versione a cura della CEI segue una divisione dei versetti diversa da
quella offerta dal testo greco; il genitivo assoluto -tou i}Àlou ÈxÀmov-to�, che
nel testo greco inizia il v. 4 5 , è posto al versetto precedente al quale appar­
tiene per il senso; la Neo-Volgata traduce: «et erat iam fere hora sexta, et
tenebrae factae sunt in universa terra usque in horam nonam, et obscura­
tus est sol, et velum templi scissum est medium» {vv. 44-4 s }. Secondo la
versione della CEI sembra che il buio della terra sia stato causato dall'e­
clissi di sole.
6. Vari codici presentano la variante x«Xl èaxo-tta'l9lJ o TjÀto�, lettura seguita
dalla Volgata: «Et obscuratus est sol» ; questa variante appare una lettura
facilitante e quindi secondaria.

I IJ
so su tutta la terra, essendo venuta a mancare la luce del so­
le.7 In questo senso le tenebre che costituiscono lo scenario
della morte di Gesù sono un mezzo letterario per affermare
un dato teologico, cioè il senso della morte di Gesù. 8
Per Luca la morte del Salvatore segna l'inaugurazione del
tempo escatologico, per questo motivo egli parla di tenebre
che ricoprono la terra. Questo dato è espressamente segna­
lato da Pietro nel suo discorso della pentecoste; infatti in es­
so l'apostolo dichiara che «negli ultimi giorni» (cf. Atti 2, 1 7),
nei quali egli parla, è accaduto quello che aveva predetto il
profeta Gioele {2,28-32 LXX J , I - 5 ), cioè: «negli ultimi
=

giorni» vi sarà l'effusione dello Spirito che farà profetare


ogni persona e si avranno segni e prodigi in cielo e sulla ter­
ra; tra questi prodigi il profeta ricorda il seguente:
Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangu e,
pri ma che venga il gio rn o d el Sign or e ,
giorno grande e splendi do (Atti 2,20 ) .

Per l'apostolo Pietro i fatti della pentecoste fanno parte de­


gli eventi degli ultimi giorni e sono probabilmente i fatti più
significativi degli ultimi giorni, i quali hanno avuto inizio, e
sono stati inaugurati dalla morte e dalla risurrezione di Ge­
sù Cristo.9
Il secondo fatto prodigioso che ha preceduto la morte di
Gesù è la rottura della cortina del tempio; Luca infatti seri-

7· Vari studiosi hanno cercato di trovare una spiegazione naturale a questo


fenomeno dell'oscurità del sole in pieno giorno, attribuendo tale oscurità a
dense e nere nuvole nel cielo, oppure all'oscuramento della luce del giorno
prodotto dalla sabbia del deserto portata dallo scirocco (chamsin); è indub­
bio che questi fenomeni si verificano in Medio Oriente, ma è assai proble­
matico che l'evangelista si riferisca ad essi quando parla delle tenebre che
vennero su tutta la terra.
8. Cf. G. Rossé, Luca, 98 5 .
9 · Cf. F.J. Matera, The Death ofJesus according to Luke, 472-473; l o stu­
dioso tra l'altro osserva: «by speaking of the sun's failure Luke makes a
connection between the darkness at }esus' death and the darkness foretold
by Joel as one of the signs of the day of the Lord. That is, with the death
of J esus the 'last days' h ave begun. To be sure, their fullness w ili no t arrive
until Pentecost, but the death of Jesus sets them in motion» (p. 473 ).

1 14
ve: «Il velo del tempio si squarciò nel mezzo» (23,4 5). I com­
mentatori, sempre desiderosi di precisare il senso dei termi­
ni, si domandano se questo velo o cortina del tempio sia quel­
lo che si trovava all'entrata del santo e che nascondeva l'in­
terno del tempio alla gente che si trovava nel cortile degli
ebrei o in quello dei pagani, oppure il velo del santo dei san­
ti, cioè la parte più sacra del tempio, nella quale entrava sol­
tanto il sommo sacerdote. Certamente l'evangelista non è in­
teressato a questi particolari topografici, poiché per lui la
rottura del velo riveste un valore simbolico. 1 0
Contrariamente a Marco, Luca parla della rottura del ve­
lo del tempio prima della morte di Gesù, mentre per Marco
lo strappo del velo si verifica dopo la sua morte (cf. Mc. 1 5,
3 8); Luca ha anticipato il racconto della rottura del velo as­
sociandolo a quello delle tenebre calate su «tutta la terra» per
1
il motivo letterario dell'abbinamento degli avvenimenti. 1
Dopo queste constatazioni occorre affrontare il problema
del significato che hanno le tenebre, le quali hanno coperto
«tutta la terra», e lo squarcio in mezzo della cortina del tem­
pio. Alcuni autori hanno pensato che questi avvenimenti con­
fermano l'idea di Luca, secondo la quale l' «ora e il potere

IO. Cf. P. Benoit, Passione e risurrezione, 294 s.; l. Howard Marshall, Luke,
8 7 s ; }.A. Fitzmyer, Luke n, 1 p 8.
I I . Per il fatto che Luca ricorda prima della morte di Gesù l'oscuramento
del sole con il buio su tutta la terra e la rottura del velo del tempio (cf. Le.
2 3 ,44-4 5) bisogna pensare che l'evangelista scorge in questi due avvenimen­
ti dei fatti straordinari che accompagnano la morte del Salvatore, non già
che essi siano una conseguenza di questa morte, anche se riesce difficile co­
gliere il loro esatto significato o simbolismo; cf. G. Rossé, Luca, 986-98 7.
Matteo, il quale colloca la rottura del velo del tempio dopo che Gesù era
spirato, lo abbina con altri fenomeni, sviluppando così il significato della
morte di Gesù ed accentuandone la portata escatologica; egli infatti scrive:
«Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si
scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi
morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, en­
trarono nella città santa e apparvero a molti» (Mt. 27, 5 I 5 3 ). Come si con­
-

stata immediatamente, in Matteo i fatti che hanno seguito la morte di Ge­


sù sono stati ampliati, in Giovanni invece di essi non si fa neppure un fu­
gace accenno; cf. J.A. Fitzmyer, Luke n, 1 s I 8 .

115
delle tenebre» (cf. Le. 22,5 3) dominano durante la passione
e morte di Gesù. 11 Altri studiosi ritengono che Luca usa il
linguaggio cosmico-apocalittico che si riallaccia a quello usa­
to dai profeti nell'annunziare la venuta del «giorno di Jah­
vé»; i profeti parlano di questo giorno inquadrandolo in de­
scrizioni di fenomeni e di sconvolgimenti cosmici, quali le
tenebre, gli sconvolgimenti degli astri e l'oscuramento del
sole, della luna e delle stelle; 13 tuttavia nel racconto della
morte di Gesù, Luca ricorda dei particolari che si distaccano
da questo contesto cosmico-apocalittico del giorno di Jahvé;
egli infatti, accanto ai fenomeni cosmici, narra della morte
serena e fiduciosa di Gesù (cf. 23,46) e soprattutto osserva
che il centurione, dopo quanto è accaduto, «glorificava Dio»
dicendo di Gesù appena spirato: «Veramente quest'uomo
era giusto» (23,47).
Questi due dati arricchiscono il racconto lucano della mor­
te di Gesù di un particolare significato. Gli elementi cosmi­
co-apocalittici nel pensiero di Luca non sono principalmen­
te annunzi di rovine e di punizione, ma annunzi di inter­
venti divini che determinano cambiamenti radicali nella sto­
ria imprimendo ad essa un nuovo corso. È verso questo nuo­
vo corso della storia che Luca rivolge il suo sguardo; egli
quindi nel racconto della morte di Gesù introduce una nota
di speranza rappresentata dalle parole con le quali Gesù
affida al Padre la sua sorte e dalla gloria che il centurione
rende a Dio. 1 •
1 2. Secondo J.A. Fitzmyer: «The darkness and the rending of the Tempie
veil may have an apocalyptic and cosmic dimension, but they should ra­
ther be related to the Lucan idea of evil's 'hour' and 'the power of dark­
ness' (22,5 3), which reign as Jesus dies; they are signs of this domination»
(Luke n, 1 5 1 9).
1 3 . P. Benoit ricorda alcune espressioni con le quali i profeti parlavano del
giorno di Jahvé (cf. Sof 1 , 1 5 ; G/. 2, 1 o; 3,3-4; Am. 8,9- 10); lo studioso av­
verte che questo linguaggio è ripreso dagli evangelisti, ma nelle espressioni
di tale Jinguaggio occorre guardarsi dall'accentuare il lato portentoso per
cercarne il significato teologico; Passione e Risurrezione, 29 1 -293 .
14. È stato rilevato che Luca, narrando prima della morte di Gesù la rottura
del velo del tempio, non già dopo la sua morte, come fa Mc. 1 5 ,J 8, mostra

1 16
I I I . LA PREGHIERA D I GESÙ MO RENTE AL PADRE
(v. 46)

Luca riporta la preghiera di Gesù morente nei termini se­


guenti: «Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue
mani consegno il mio spirito (Sal. 3 I ,6). Detto questo spi­
rò» (23,46).
Può sorprendere la formula con la quale l'evangelista in­
t�oduce l'ultima preghiera di Gesù: «Gesù, gridando a gran
/loce, disse . . ( q>wv�crac; q>wvfl !J.E:yaÀ n; cf. Atti I 6,28; Apoc.
. »

I 4, I 8), ma essa si spiega tenendo presente il racconto paral­


lelo di Marco. Infatti, secondo il racconto di Marco, Gesù
ha emesso due volte un grido: la prima volta quando con
gran voce ha gridato: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai ab­
b �ndonato» (Mc. I 5 ,34); la seconda volta quando «Gesù,
dando un forte grido, spirò» (Mc. I 5,37). .
Come è noto, Luca ha omesso il grido di abbandono ri­
volto da Gesù a Dio, perché poteva essere frainteso dai suoi
lettori, i quali non erano in grado di valutare che l'evangeli­
sta, con queste parole del Sal. 22,2 (cf. Mc. I 5 ,34), intende­
va accentuare la gravità della prova e del dolore a cui era sta­
to sottoposto Gesù; egli invece dà un contenuto al secondo
grido di Gesù morente, che in Mc. I 5,37 rimane inarticola­
to; Luca quindi a questo unico grido di Gesù, che per Mar­
co era il secondo, dà un'articolazione: quella del Sal. 3 I ,6. 1 5
una valutazione benevola nei confronti del tempio, poiché per lui la morte
di Gesù non si identifica con la fine del tempio e del suo culto; infatti, se­
condo il racconto degli Atti, i primi credenti frequenteranno il tempio e si
riuniranno in esso. Al riguardo F.J. Matera ha la seguente osservazione:
« By altering the position of the tearing of the tempie curtain, Luke has
avoided the impression that the death of Jesus is the end of the tempie and
its cult; thus he maintains his benevolent attitude toward the tempie»
(The Death ofjesus according to Luke, 48 5); si veda anche quanto lo stes­
so autore aveva detto poco prima (p. 47 5), sui motivi dello spostamento
della rottura del velo del tempio da dopo la morte di Gesù, come si ha in
Mc. I 5,3 8, a prima di essa, come si legge in Le. 23 ,4 5 .
I 5 . D i quest'ultima preghiera d i Gesù morente, ricordata d a Luca, c i sia­
mo già interessati in Le preghiere di Gesù al monte degli ulivi e sulla croce
nel racconto lucano della passione, in B . Prete, L 'opera di Luca, 277-280.

1 17
Al versetto del salmo l'evangelista premette il vocativo
«Padre» ( 7tcX'te:p), che egli abitualmente pone sulle labbra di
Gesù quando questi si rivolge a Dio (cf. Le. 1 0,2 1 ; 1 1 ,2).
L'appellativo «Padre» assume un particolare significato nel­
la su prema preghiera di Gesù; egli infatti sempre e soprat­
tutto nell'attuale momento di sofferenza e di dolore chiama
Dio padre, perché compie la sua divina volontà; l'appellati­
vo «Padre» manifesta la stretta unione tra Gesù e il Padre e
il desiderio di Gesù di continuare a compiere la volontà del
Padre; come si rileva con immediatezza si è di fronte a una
elevata cristologia di Luca.
Il salmista aveva espresso al Signore questo proposito: dc;
'X,Etpac; O"OU 7tapa.tJ.�O"O!J.(lt 'tÒ 7tV€UIJ.cX !J.OU («nelle tue mani COn­
segnerÒ il mio spirito»); con queste parole il pio autore del
salmo pregava il Signore perché gli concedesse la guarigione
fisica e la liberazione dagli avversari che insidiavano la sua
esistenza; il salmista quindi, con queste sue parole, manife­
stava tutta la sua illimitata fiducia in Dio che lo avrebbe sal­
vato dalla morte, perché a lui affiderà la propria esistenza
sulla terra. 1 6
Luca, utilizzando il versetto del Sal. 3 I ,6, ha dovuto ri­
toccarlo per adattarlo alla nuova situazione. Egli, come già
sappiamo, ha premesso l'appellativo «Padre» al versetto del
Salmo ed ha sostituito al futuro 7tapa.S�cro�J.at (consegnerò,
affiderò) il presente 7tapa'tL.St!J.at (consegno, affido), poiché
vuole esprimere che Gesù, davanti alla morte imminente,
consegna ed affida tutto se stesso al Padre. Le supreme pa­
role di Gesù riferite da Luca concludono opportunamente
la vita di Gesù, la quale, nel pensiero dell'evangelista, si è
svolta nel compimento della volontà del Padre (cf. Le. 2,49;
4,43; 9,22; 1 3,33; 1 7,2 5 ; 1 9,5 ; 22,7.37)• 1 7

1 6. Nel testo ebraico c'è il sostantivo rua� (7tvt�cx, spirito) che indica il sof­
fio de1la vita, cioè la vita, l'esistenza presente.
1 7. Osserva F.J. Matera a proposito dell'ultima preghiera di Gesù (Le. 23,
46): « Ps. 3 1 ,5 (6) is the perfect completion of a narrative in which Jesus
has continually sought to do his Father's will. Jesus' words show that he

1 18
Viene spontaneamente da osservare che la rilettura del Sal.
3 1 ,6scopre nella preghiera di Gesù morente una nuova di­
mensione di prospettiva e una nuova densità di contenuto.
Secondo Luca la preghiera suprema di Gesù in croce non
esprime soltanto il suo abbandono fiducioso nelle mani del
Padre al momento della morte, ma afferma la sua piena ac­
cettazione e conformità al piano di salvezza voluto da lui.
Gesù per questa sua conformità al piano del Padre rinunzia
volontariamente alla sua vita ponendola nelle mani del Pa­
dre e infine egli, come ogni giusto (cf. Atti 7, 5 9), non può
morire se non pregando.1 8
La morte di Gesù è narrata da Luca in termini semplici
ed essenziali, senza drammaticità e senza aggiunte di inter­
pretazioni teologiche; 19 egli infatti scrive soltanto: «Detto
questo, spirò» {-rou-ro ÒÈ thtwv È�É7tvtucrtv, v. 46).
Nessuno dei quattro evangelisti scrive che Gesù «morì»;
essi esprimono questo dato con formule diverse: Marco e
Luca hanno: «spirò» (È�É7tveucrtv), mentre Mt. 27, 50 scri­
ve: «emise lo spirito» (à�i)xev -rò 7tVEU�J-a; Vulg.: emisit spiri­
tum ) ; Giovanni, dal canto suo, ricorre a una formula più
ampia che si presta al doppio senso, come avviene con fre­
quenza nel quarto vangelo; egli infatti dice letteralmente «e,
chinato il capo, dette lo spirito (lo Spirito)». 20 Sant'Agosti-
is one with the Father not only in life but also in death » ( The Death of]esus
according to Luke, 476).
I 8. Il fatto che Marco e Matteo riportano le parole di abbandono di Gesù
sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato ?» (Mc. I 5 ,34;
Mt. 27,46), mentre Luca le omette, sostituendole con quelle di fiducia del
Sal. 3 1 ,6, ha indotto vari commentatori a ritenere che il terzo evangelista,
nel suo racconto, si attenga a una fonte diversa da quella seguita da Marco
e Matteo; questa ipotesi tuttavia non è condivisa dalla maggioranza dei
critici. F.J. Matera afferma: «l conclude ... that the citation from Psalm 3 I
does not derive from another Passion source. lt is perfectly plausible that
Luke altered Mark in order to complete a theme which runs throughout
his narrative» (The Death of]esus according to Luke, 477).
I 9· Cf. J . Ernst, Luca n, 899.
20. I commentatori di Giovanni ritengono che ],espressione di Gv. 1 9,30:
«dette 1& spirito» (7ttxpÉÒwxE" -rò 7t'VtU(J.tx) abbia un doppio senso: «esalò lo
spirito» e «dette lo Spirito»; I-ultima espirazione di Gesù simboleggia il

1 19
no, considerando il fatto che nessuno degli evangelisti dica
che Gesù «morì», ma scriva «spirò» o usi una formula equi­
pollente, pensa che essi abbiano voluto affermare implici­
tamente che per Gesù la morte è stato un atto volontario.2 1
Luca, narrando in tal modo la morte di Gesù, ha inteso
proporre ai credenti un modello di morte edificante; il rac­
conto quindi ha un marcato accento parenetico ed offre
l'esempio perfetto di una morte devota e fiduciosa in Dio.21
dono dello Spirito; per una visione d,insieme del problema cf. I . de la Pot­
terie, La passione di Gesù secondo il vangelo di Giovanni, 1 43- 1 4 5 ·
2 1 . Cf. Agostino, Tractatus in loannem 1 9,30 (CCL XXXV I, 66o); s i veda
J.A. Fitzmyer, Luke n , 1 5 1 9·
2 2 . Luca, narrando la morte di Stefano, applica a questo martire il modello
della morte di Gesù; egli infatti scrive: «E così lapidavano Stefano mentre
pregava e diceva: Signore Gesù, accogli il mio spirito Poi piegò le ginoc­
chia e gridò forte: Signore, non imputare loro questo peccato. Detto que­
sto morì (xat -tou-to thtwv ÈxotJJ-��.91')) », Atti 7,5 9-60.
CAPITOLO DICI OTTESIMO
LE REAZIONI DEI PRESENTI
ALLA MORTE DI GESÙ
(Le. 23,47-49)

Tra gli evangelisti Luca è quello che più degli altri ricorda in
modo organico e strutturato le reazioni suscitate nei pre­
senti ai fatti del Calvario, della crocifissione e della morte di
Gesù; egli in verità menziona le reazioni avute dal centurio­
ne, dalle folle e dai conoscenti di Gesù con le donne che lo
avevano seguito dalla Galilea. Illustreremo successivamente
le reazioni di questi vari personaggi.

I . LA REAZIONE DEL CENTURIONE

Luca presenta la reazione del centurione 1 in questi ter­


mini: «Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava
Dio: Veramente quest'uomo era giusto» ( 2 3,47). Il centurio­
ne è introdotto dall'evangelista senza particolari indicazioni;
egli aveva presieduto all'esecuzione della condanna di Gesù,
decretata da Pilato, il quale era rimasto nella sua sede.
Il centurione aveva già assistito a varie esecuzioni di con­
danna alla crocifissione, ma quella di Gesù lo aveva partico­
larmente impressionato.2 L'evangelista usa un'espressione
generica per introdurre la reazione del centurione: «visto ciò
che era accaduto» (v. 47a); non è possibile stabilire quali de­
gli avvenimenti osservati dal centurione lo abbiano maggior­
mente impressionato; non si può quindi affermare che le te­
nebre calate sulla terra in pieno giorno siano state l'avveni-

1 . Luca evita il sostantivo latino grecizzato «centurione» {latinismo) usato


da Mc. I s ,3 9 e impiega il termine greco b Éxcx'tovcip'X;'f)c; (capo di cento).
2. Riguardo al centurione P. Benoit osserva: «(Egli) ha già visto morire mol­
ti giustiziati, ma quella morte [di Gesù] non rassomiglia a nessun· altra,. (Pas­
sione e Risurrezione, 295 ) .

121
mento che abbia particolarmente col p i to il centurione; biso­
gna quindi pensare che tutto il comportamento di Gesù sul­
la croce abbia profondamente impressionato il centurione e
sia all'origine della sua reazione. La preghiera di perdono di
Gesù per i suoi crocifissori, la promessa del paradiso al !a­
drone pentito e la preghiera piena di fiducia a Dio che chia­
ma «Padre» sono tutti avvenimenti che hanno vivamente
colpito il centurione ed hanno motivato la sua reazione.3
Il dato rilevante da osservare è la formula «glorificava
Dio» (Èoo�ate:v -ròv .Se:ov) con la quale l'evangelista esprime
la reazione del centurione; la formula è tipica di Luca, poi­
ché con essa l'evangelista indica l'atteggiamento che assume
la folla dopo aver assistito alle opere meravigliose (miracoli)
compiute da Gesù; Luca tuttavia usa questa espressione in
altre due circostanze particolarmente significative: alla na­
scita di Gesù, quando i pastori ritornano da Bethlehem do­
po aver reso omaggio a Gesù «Salvatore, Messia e Signore»
(2,20) ed alla morte di Gesù sul Calvario (23,47).
L'espressione «glorificare Dio» è densa di senso e sinte­
tizza ciò che ogni pio israelita ed ogni credente devono com­
piere verso Dio, anche se non precisa i modi con i quali si
realizza questa glorificazione di Dio. A volte tuttavia il glo­
rificare Dio è stato precisato; così dopo il miracolo della gua­
rigione del paralitico, Luca formula la seguente conclusione:
«Tutti rimasero stupiti e levavano lode a Dio (èò6�a�ov -ròv
.Se:ov), pieni di timore (cpo�ou) dicevano: Oggi abbiamo visto
cose prodigiose» (Le. 5,26); come si può dedurre dal testo
citato, la lode di Dio è suscitata dalla intensa religiosità del­
l'individuo quando constata il modo prodigioso con il quale
Dio opera tra gli uomini e nella loro storia.
Il centurione glorificava Dio poiché egli aveva visto come
Dio aveva operato in Gesù; infatti Gesù aveva attuato nella
3· Va rilevato che i tre i sinottici usano il verbo «vedere,. (lòwv: Mc. 1 5,39;
Le. 2 3 ,47; lòovnc;: Mt. 27,5 4); Matteo ha il plurale perché si riferisce al cen­
turione ed ai soldati che con lui facevano la guardia a Gesù. Il verbo «ve­
dere» appartiene al vocabolario della testimonianza; cf. G. Rossé, Luca, 988.

1 22
sua vita quanto Dio aveva disposto che egli compisse e si
era mostrato «giusto>> non salvando la propria vita (cf. Le. 9,
24; 23,3 5-37), ma ponendola fiduciosamente nelle mani del
Padre (23 ,46). Il centurione aveva constatato in Gesù vari
fatti che lo avevano persuaso come egli fosse «giusto» e fos­
se in piena armonia con la volontà e il piano di Dio; tutto
questo lo induceva a «glorificare Dio».
Ovviamente Luca, con questa espressione, dà un'inter­
pretazione cristiana alle parole del centurione.4 D'altronde
il modo con il quale Luca narra la morte di Gesù, ricordan­
do, tra l'altro, le parole di perdono che Gesù ha per i suoi
crocifi ssori, la promessa del paradiso fatta al ladrone pentito
e infi ne le parole di pieno abbandono che il Salvatore mo­
rente rivolge al Padre, inducono il centurione a dichiarare
che Gesù è «giusto». È il caso di dire che la dichiarazione
del centurione è una conclusione che egli ha tratto dal modo
con il quale l'evangelista ha parlato degli ultimi momenti di
vita del Salvatore in croce.
Occorre domandarsi che senso abbia il termine «giusto»
(òtxatoç) nella dichiarazione del centurione (Le. 2 3,47). Bi­
sogna evitare due eccessi interpretativi, cioè che il termine
sia interpretato per difetto oppure per eccesso; a nostro pa­
rere l'attributo «giusto» è interpretato per difetto se ad esso
si dà il senso d' «innocente»; è invece spiegato per eccesso se
in esso si vuoi vedere un titolo messianico, come si verifica
negli Atti, dove il termine è usato come sostantivo (cf. Atti
3 , 1 4; 7,5 2; 22,14) e richiama il testo di /s. 5 J , I I , nel quale si
parla del Giusto sofferente, cioè del Servo di Jahvé.5
Il termine «giusto» in Le. 2 3,47 ha il senso che gli attri­
buisce abitualmente l'Antico Testamento, dove il «giusto»
designa l'uomo che adempie ed ottempera alla legge del Si-
4· Cf. F.J. Matera, The Death of]esus according to Luke, 4 8 3 ; l, autore, fra
l, altro, osserva che «Luca, in un certo senso, fa dire di più al centurione di
quello che questi ha inteso» (ibid.).
5· Per questo problema cf. J.A. Matera, The Death of ]esus according to
Luke, 482, il quale ritiene che il termine «giusto» in Le. 23,47 prepara la
via per il valore di titolo messianico che esso assume nel libro degli Atti.

1 23
gnore e si trova in retta relazione con lui; in questo senso i
personaggi del vangelo dell'infanzia di Luca quali Zaccaria,
Elisabetta e Simeone sono chiamati «giusti», cioè israeliti
pii, interamente ossequi enti alle prescrizioni della legge (cf.
Le. I ,6; 2,2 5 ; si veda I 5 ,7; I 8,9; 20,20). 6
Attribuire il senso di «innocente» al termine dikaios equi­
vale a restringerne la dimensione semantica che possiede ed
a non valutare debitamente lo sfondo veterotestamentario
che esso richiama; infatti il ladrone pentito, rivolgendosi al­
l' altro ladro ne condannato compie questa riflessione: «Ne­
anche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena ?
Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre
azioni, egli invece non ha fatto nulla di male» (oÒ'toç ÒÈ: où­
ÒÈ:v a't01tOV t1tp<X�EV, l 3,40-4 I ); l'ultima espressione letteral­
mente significa che Gesù non ha fatto nulla fuori luogo o
fuori ordine della legge; la formula quindi vuole sottolinea­
re la «giustizia» di Gesù che si identifica con la piena osser­
vanza c compimento della legge di Dio. Inoltre, poco più
avanti, Giuseppe di Arimatea è qualificato come «persona
buona e giusta)) (àv�p àya-8òç xat Òtxawç, 2J,50), dove il
termine òixawç è indubbiamente preso nel senso di giudeo
pio e osservante della legge. Infine non sembra appropriata
la formula «glorificare Dio)) se fosse applicata all'innocenza
«politica» di Gesù; il centurione «glorifica Dio» per quanto
egli ha operato in Gesù, non già perché Gesù è esente da
trasgressioni e da colpevolezza sociali o politiche/
6. Osserva G. Rossé: «<n Luca il termine. . dikaios ha di solito un senso bi­
.

blico e giudaico (Le. 1 ,6; 2,2 5 ; cf. 1 5 ,7; I 8,9; 2o,2o); è giusto colui che con­
formando il suo agire alla volontà di Dio, è con Dio nella retta relazione.
In questa prospettiva, l'evangelista, per bocca del centurione, sintetizza
l'intera esistenza di Gesù come una vita sempre sotto il volere divino ora
portato a compimento» (Luca, 989); cf. F.J. Matera, The Death of]esus ac­
cording to Luke, 48 1 .
7· Si richiamino le osservazioni al riguardo in F.J. Matera, The Death of
]esus according to Luke, 480-48 1 . Nemmeno si può dire che il centurione
«glorificava Dio,. per il modo con il quale Gesù era morto, poiché «in the
death of Jesus the centurion sees the sacrifice of a martyr who has perished
innocently» (1. Howard Marshall, Luke, 876).

1 24
Rimane da spiegare il motivo per il quale Luca faccia dire
al centurione: «Veramente quest'uomo era giusto» (23,47) e
non riprenda la confessione di fede, compiuta dal centurio­
ne: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio» e riferita da
Mc. 1 5 ,3 9; infatti la dichiarazione del centurione riportata
da Luca appare più riduttiva nei confronti di quella riferita
da Marco.
N o n è una risposta valida al quesito affermare che Luca
abbia riportato le parole della sua fonte propria. Invece è
molto più soddisfacente ritenere che si è di fronte a una re­
dazione lucana dell'episodio. Per il terzo evangelista il titolo
«Figlio Dio» è soltanto comprensibile nell'ambito della fede
cristiana; egli quindi evita di metterlo sulle labbra di uomini
e particolarmente su quelle di un pagano, qual era il centu­
none romano.
Inoltre Luca aveva informato il lettore sulla figliolanza
divina di Gesù fin dal vangelo dell'infanzia (cf. Le. 1 ,3 2- 3 5)
e l'aveva richiamata anche nella preghiera di Gesù morente
(«Padre», Le. 2 3,46); non era quindi opportuno farla procla­
mare da un pagano.
Ben diversa è la motivazione della confessione di fede del
centurione in Marco; in questo, che non ha il vangelo del­
l'infanzia e che è condizionato dal «segreto mes sianico», era
opportuno ricordare la confessione di fede del centurione,
la quale rappresenta il vertice dell'intera narrazione evange­
lica poiché scopre la realtà del segreto messianico e svela il
mistero della persona di Gesù al mondo pagano. 8

II. LA REAZIONE DELLE FO LLE

Luca ricorda una seconda reazione alla morte di Gesù e


la presenta così: «Anche tutte le folle che erano accorse a
questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne
8. Cf. G. Rossé, Luca, 989; si può rilevare che nella dichiarazione del cen­
turione Luca si attiene ad un'istanza narrativa; invece nella confessione di
fede del centurione Marco obbedisce ad un'istanza cristologica.

1 15
tornavano percuotendosi il petto» (Le. 23,48). Il modo con
il quale si esprime l'evangelista ha lo scopo di sottolineare
l'importanza che egli attribuisce al comportamento delle
folle.9
L'evangelista non precisa da quali persone erano com­
poste le folle accorse al Calvario, le quali, dopo la morte di
Gesù, fanno ritorno in città; a Luca interessa porre in evi­
denza il dato che alla morte di Gesù avevano assistito molte
folle; sempre in questa prospettiva l'evangelista parla di folle
accorse e presenti al Calvario, le quali hanno visto le cose
che vi sono accadute ( .Se:wp�crav'te:ç 'tà ye:VO!J-Eva); egli infatti
con questa espressione dà rilievo all'universalità dell'avve­
nimento.
Luca alle folle che rientravano in città attribuisce l'azione
di battersi il petto ( 'tU7t'tOV'te:ç 'ttX cr't�.S"Y)). Questo atto, con­
siderato in sé, può avere due significati: esso può essere il
segno di pentimento, oppure segno di lutto; i due sensi po­
trebbero adattarsi al racconto di Luca; infatti si può pensare
che le folle si riconoscono colpevoli della morte di Gesù e si
pentono di questa loro colpa; ma è anche possibile pensare
che le folle mostrano il loro dolore ed il loro lutto per la
morte di Gesù. 1 0 Indubbiamente la prima interpretazione è
teologicamente densa ed elevata ed attribuirebbe alle folle
un rapido mutamento di valutazione nei confronti di Gesù.
Tuttavia è possibile precisare meglio il pensiero dell'evan­
gelista richiamando altre sue espressioni. Ora Luca nella pa­
rabola del fariseo e del pubblicano usa la stessa espressione
«battersi il petto)) (t't'J 7t'te:v 'tÒ cr'tij.Soc;, 1 8, 1 3) e con essa in­
dica il profondo pentimento del pubblicano che si ritiene
9· Il testo di Le. 1 3 ,48 va meglio tradotto nel modo seguente: «E tutte le
folle che erano convenute per questa scena, avendo visto le cose accadute
(-rà yevo(J.tv<1), se ne tornavano battendosi il petto». Si noti l'uso dell'ag­
gettivo « tutte» (tutte le folle: r.liv-n:c; oL. ox.Àot) che è caratteristico del
linguaggio di Luca; come pure la ricorrenza di verbi composti con la pre­
posizione auv- (vv. 48-49).
1 0. Per queste due interpretazioni dell'atto di battersi il petto e sulle loro
motivazioni, cf. J.A. Fitzmyer, Luke u , 1 5 10.

1 26
peccatore; di conseguenza bisogna ammettere che Luca at­
11
tribuisce alle folle sentimenti di vivo pentimento.
Riesce difficile allo studioso spiegare questo fatto se ri­
mane vincolato a una visione storicistica degli avvenimenti e
se vuoi stabilire dal racconto di Luca quanto è realmente av­
venuto dopo la morte di Gesù. Il critico deve pensare a ciò
che l'evangelista ha voluto affermare con il suo racconto al
momento in cui scriveva; certamente Luca non aveva nes­
sun interesse a rievocare quanto era realmente accaduto al
Calvario dopo la morte di Gesù, poiché quell'avvenimento
non si rinnovava più; invece per lui aveva importanza e va­
lore attuale il far conoscere che l'avvenimento del Calvario
era destinato a suscitare il pentimento in tutti coloro che ne
leggevano il racconto. L'esortazione a pentirsi ed a ricevere
il battesimo per la remiss ione dei peccati che caratterizzava
la predicazione del tempo in cui l'evangelista scriveva (cf.
Atti 2,3 8; J, 19) è, per così dire, anticipata in quella notizia
che le folle, dopo aver visto gli avvenimenti del Calvario, ri­
entravano in città manifestando il loro pentimento con il
11
percuotersi il petto.

III. LA REAZIONE DEI « CON OS CENTI » D I GESÙ

Luca segnala un terzo gruppo di persone, composta dai


«conoscenti» di Gesù e dalle donne che lo avevano seguito
dalla Galilea. L'evangelista scrive nei termini seguenti: «Tut-
I 1 . Vari studiosi ritengono che il gesto di battersi il petto non può essere

i nterpretato come segno di pentimento; così l. Howard Marshall osserva:


« l t is more likely that the action (il percuotersi il petto) is a simple ex­
pression of grief at the death of a victim of execution, perhaps grief at his
underserved death; to read repentance into it is injustified» (Luke, 877).
I 2. Soltanto una concezione dinamica ed attualizzante delle tradizioni
evangeliche consente una simile valutazione del testo di Luca che attribui­
sce alle folle che lasciano il Calvario sentimenti di pentimento. Quanto è
stato osservato nella nota precedente suppone una concezione rievocativa
e storicistica delle tradizioni evangeliche. Va anche ricordato che il penti­
mento è un tema chiave di Luca (cf. IO, I J ; 1 1 ,32; I J ,J .s; I S ,7· Io; I6,Jo;
1 7,3 ·4); si veda F.j. Matera, The Death of]esus according to Luke, 484.

1 27
ti i suoi conoscenti (o t yvwcr'tot aù'tcf>) assistevano da lonta­
no e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, os­
servando questi avvenimenti» (2 3,49). A questo gruppo di
persone Luca non attribuisce nessuna particolare reazione,
ma si limita a dire che i «conoscenti» stavano lì «da lonta­
no» e che le donne «vedevano queste cose».
Si nota immediatamente che il terzo evangelista rielabora
il materiale offerto da Mc. I 5,40-4 I ; Luca infatti introduce il
gruppo dei conoscenti o degli amici di Gesù (ol yvwcr'tot aù­
'tqJ; cf. Le. 2,44), dei quali precisa che «assistevano da lonta­
no». Va rilevato che in Mc. I 5 ,40 l'espressione «da lontano»
è riferita alle donne, le quali «stavano ad osservare da lonta­
no», mentre in Luca, come si è appena detto, la stessa espres­
sione è riferita ai conoscenti di Gesù («tutti i conoscenti as­
sistevano da lontano»). L'espressione «da lontano» applica­
ta sia alle donne (Marco) che ai conoscenti di Gesù (Luca)
deriva da Sal. 37, I 2 e 88,9 (Settanta). Probabilmente all'ini­
zio della tradizione evangelica fu utilizzata l'allusione ai te­
sti dei due Salmi, che sono preghiere di lamentazione, poi­
ché essa si adattava bene alla situazione che si voleva descri­
vere; tuttavia non si può dire che Luca volesse riecheggiare
questi passi dei Salmi, poiché, come si è rilevato, egli prende
questa espressione da Mc. I 5 ,40.
Il v. 49, come è formulato da Luca, manifesta una sua du­
plice finalità; in primo luogo esso intende indicare una pre­
senza «totale» dei vari gruppi che hanno avuto rapporti con
Gesù; egli infatti non si limita a ricordare il gruppo delle
donne, come ha Mc. I 5 ,40-4 I , ma dopo aver nominato le fol­
le, parla anche dei conoscenti di Gesù («Tutti i suoi cono­
scenti») e infine delle donne!3 In secondo luogo l'evangeli­
sta vuole preparare il racconto dell'episodio successivo (cf.

1 3 . È stato osservato: «Luca rispetta la fonte (la presenza delle donne, lo


stare a distanza), ma sa anche adattarla al proprio punto di vista. Accanto
all'insieme delle folle che se ne tornano pentite, viene menzionato l'insie­
me dei conoscenti. Il narratore ama queste 'totalità' nei momenti cruciali»
(G. Rossé, Luca, 99 1 ).

128
Le. 2 3, 5 0- 5 6: la sepoltura di Gesù compiuta da Giuseppe di
Arimatea accompagnato dalle donne venute dalla Galilea),
redigendo un versetto di sutura e di transizione.
Luca segnala che «tutti i conoscenti assistevano da lonta­
no» (v. 49) agli avvenimenti del Calvario, certamente questa
annotazione dell'evangelista ha un suo peso; infatti, mentre
Mc. I 5 ,40 -4 I trasmette delle informazioni che riguardano
esclusivamente le donne presenti al Calvario, indicando al­
cune loro caratteristiche («lo [Gesù] seguivano e servivano
quando era ancora in Galilea e molte altre che erano salite
con lui a Gerusalemme», Mc. I 5 ,4 I ) e soprattutto sottoli­
neando la loro qualità di spettatrici e testimoni degli avve­
nimenti ( « ... che stavano ad osservare da lontano» [à1tÒ �J- a­
xpo.Se:v .Se:wpoucrat], Mc. I 5 ,4 0), Luca intende segnalare ac­
canto alla presenza delle donne sul Calvario anche quella
del gruppo degli uomini («tutti i conoscenti» che «assisteva­
no da lontano», Le. 2 3 ,49 ) , i quali; come le donne, osserva­
vano «da lontano». 14
Luca inoltre, con la designazione «i conoscenti», vuole
indicare un'ampia cerchia di persone che include tutti: i pa­
renti, i fratelli e i discepoli di Gesù. La designazione riguar­
da particolarmente i discepoli di Gesù, dei quali Luca, con­
trariamente a Mc. I 4, 5 0 e Mt. 26,56, non ricorda la fuga al­
l'inizio del racconto della passione;1 5 ciò fa legittimamente
supporre che, nel pensiero dell'evangelista, almeno alcuni di­
scepoli ed apostoli facessero parte di questo gruppo di «co­
noscenti» che si trovavano al Calvario ed avevano assistito
alla morte di Gesù. 1 6 Inoltre tra «i conoscenti» di Gesù oc­
corre includere Giuseppe di A rimatea, «persona buona e
giusta» (v. 5 0) e discepolo affezionato e generoso di Gesù
1 4. Va rilevato che «Ìn the Lucan Gospel the onlookers are not merely
women, as in Mark 1 5 ,40 -4 1 , but male acquaintances too» (J.A. Fitzmyer,
Luke n, I 5 20). 1 5. Cf. J .A . Fitzmyer, ibid.
1 6. Cf. J. Ernst, Luca n, 900; l'autore a proposito dell'annotazione di Lu­
ca: «Tutti i conoscenti assistevano da lontano» (v. 49) osserva: «essi si ten­
gono lontani; forse si fa sentire qui il ruolo inglorioso da loro svolto du­
rante l'arresto, la condann a e l'esecuzione».

1 29
che sarà il protagonista dell'episodio seguente che riguarda
la sepoltura della salma del Maestro.
Come si è visto, Luca ricorda la presenza delle donne di
cui non indica l'identità, ma sulle quali il lettore è stato in­
formato in precedenza (cf. Le. 8,2- 3); egli tuttavia menziona
la loro caratteristica principale, quella cioè di aver seguito
Gesù come discepole fin dalla Galilea. 17
L'interesse dell'evangelista nel redigere questo versetto di
transizione dagli avvenimenti del Calvario a quello della se­
poltura (v. 49 ) è rivolto interamente alla funzione che hanno
«tutti i conoscenti» di Gesù e le donne che lo avevano se­
guito fin dalla Galilea, cioè, a quella di aver assistito e di aver
visto (opwcrat 'tau'ta, v. 49 ) la morte di Gesù; infatti a questi
testimoni diretti (aù't'o7t't'at: testimoni oculari, Le. 1 ,2) van­
no ricondotte le notizie trasmesse dal racconto della morte
del Salvatore. 1 8
Il· Luca non ha bisogno di ricordare la funzione di servizio che avevano
queste discepole, come fa Mc. 1 5 ,4 I («lo seguivano e servivano quando era
ancora in Galilea»), poiché di questo generoso servizio prestato dalle
donne a Gesù ed ai discepoli egli aveva già chiaramente parlato in 8,3 («li
assistevano con i loro beni»).
18. L'istanza della testimonianza oculare è ricordata espressamente da Lu­
ca nel prologo del vangelo (o{ ci7t'à.p·x;Y!� aù-to7t'tat, I ,2 ) , poiché su di essa
l'evangelista fonda non soltanto la sua «narrazione» evangelica, ma anche
e soprattutto la «certezza» (ciacpciÀtta, I ,4) della fede.
CAPITOLO DICIANNOVESIMO

LA SEPOLTURA DI GESÙ
(Le. .1J, so- s6)

Luca, nel racconto della sepoltura della salma di Gesù, con­


centra il suo interesse su due figure: Giuseppe di Arimatea
(vv. 5 0- 5 4) e le donne venute dalla Galilea, le quali erano al
seguito di questa «persona buona e giusta» ( 2 3 , 5 0), che si
era presa la cura di dare dignitosa sepoltura al Salvatore.
Nella presente esposizione, dopo aver premesso alcune os­
servazioni di carattere generale, illustreremo quanto hanno
compiuto Giuseppe di Arimatea e il gruppo di donne venu­
te dalla Galilea.

I. OSSERVAZIONI DI CARATTERE GENERALE

L'evangelista, in questo racconto, dipende da quello di Mc.


I 5 ,42-47 che egli rielabora redazionalmente. 1 Si osserva im­
mediatamente che il terzo evangelista abbrevia la narrazione
di Marco, poiché omette dei particolari ricordati da questo
evangelista. Luca infatti non ricorda i seguenti particolari:
Giuseppe d' Arimatea «andò coraggiosamente» da Pilato (Mc.
I 5 ,43); Pilato chiamò il centurione per accertarsi se Gesù fos­
se già morto (Mc. I 5 ,44-4 5 ); l'acquisto del lenzuolo (crtvòwv)
per avvolgervi la salma di Gesù (Mc. I 5 ,46a); la chiusura
dell'entrata del sepolcro (Mc. 1 5 ,46d); il nome delle donne
che seguivano Giuseppe d' Arimatea (Mc. I 5 ,47).2
I. In genere i commentatori ritengono che, date le notevoli convergenze
letterarie tra il racconto della sepoltura di Gesù di Marco e quello di Luca,
il terzo evangelista si limita a rielaborare redazionalmente la narrazione di
Marco; cf. ]. Ernst, Luca II, 900 s.; ci sono tuttavia commentatori, i quali
ritengono che Luca inserisca nel racconto dei dati derivati dalla sua fonte
particolare («L»), come i vv. ne e s 6a (cf. J.A. Fitzmyer, Luke I I , I s 2J).
2. Cf. J. Ernst, Luca 11, 90 1 ; ].A. Fitzmyer, Luke n, I S 2J - I S 24.

IJ I
Va notato che il racconto della sepoltura di Gesù rivela l' at­
tività redazionale di Luca; esso infatti contiene delle espres­
sioni caratteristiche di questo evangelista, quali: «ed ecco un
uomo» (xat lòoù CÌ'J�p , v. s o); la versione a cura del CEI
•••

traduce: «c'era un uomo»; cf. Le. 2,2 5 ; 5, I 2 . r 8; 9,30.38; 1 9,2;


24,4; Atti I , I o; 8,27; I O, I 7. I 9·3o); «di nome» (Ò'JOIJ-lX'tt, v. so;
cf. Le. 1 0,38; I 6,2o; Atti 8,9; 9,3 3; I o, I ; I 6, r ); «membro del si­
nedrio» (�ouÀEu't�ç u7tap'X,w'J: lett.: che era membro del con­
siglio [�ouÀ �]);3 al v. 5 5 Luca usa il sostantivo (J-'J'Y}(J-ELO'J {la
tomba), che è il termine da lui preferito nei confronti dell'al­
tro: (J-'J'il(J-a (cf. Le. I I ,44.47; 24,2.9. I 2.22.24).4
I tre sinottici, Giovanni e Paolo parlano della sepoltura di
Gesù, ma i quattro evangelisti, a differenza di Paolo che si
limita al semplice accenno del fatto, la narrano in termini
ampi e con ricchezza di particolari. Il dato della sepoltura di
Gesù era ricordato dalla predicazione primitiva (cf. 1 Cor.
1 5 ,4; si veda Atti 2,29- 3 I ), poiché era strettamente legato a
quello della risurrezione.
L'avvenimento della sepoltura di Gesù è stato ben pun­
tualizzato dalla comunità primitiva sia perché desiderava de­
finire il contesto nel quale collocare la propria fede nella ri­
surrezione del Salvatore, come risulta da Mt. 27,62-66 che
parla delle guardie poste a custodia della tomba sigillata, 5
sia anche per scoprirne le valenze teologiche, come, tra l'al­
tro, si può dedurre da quanto afferma Paolo in Rom. 6,3-4. 6
3 · Luca ama sostituire al verbo essere il verbo u7tapxw, come appare mani­
festamente da alcuni testi assai espressivi; cf. Le. 7,2 5 ; 8,4 1 ; 9,48 ; I I , I J;
1 6, 1 4.2 3 ; 2 3 ,50; A tti 2,3o ; 3 ,2; 4 ,3 4; 5 t4; 7, 5 5 ; 8, 1 6; 1o, 1 2; 1 6,J .20.J7; 1 7,24.
27.2 9; 1 9,) 6.4o; 2 1 ,2o; 22,3 ; 27, 1 2.2 1 .34; 28 ,7. 1 8 .
4 · N ella tradizione manoscritta dei testi citati s i riscontra l a lettura varian­
te 1J.vi}1J.a in luogo di IJ.V'I'UJ.Ei"ov; si vedano le edizioni critiche del N.T.
5 . Il racconto di Mt. 27,62-66 ha apertamente uno scopo apologetico, quel­
lo cioè di sostenere il dato del kerygma sulla risurrezione di Gesù; cf. J.
Gnilka: «Gegen das Kerygma wird die jiidische These vom Leichendieb­
stahl gesetzt. Zweck und Ort der Perikope sind damit hinreichend ge­
kennzeichnet. Es geht um eine polemische Auseinendersetzung um die
Osterbotschaft» (Das Matthausevangelium II, Freiburg 1 988, 4 8 5 ) .
6. Nel testo di Rom. 6, 3 -4 Paolo afferma che I•uomo, immergendosi nel-

132
Infine nel racconto della sepoltura di Gesù, Luca pone in
risalto sia l'attaccamento e la dedizione delle discepole di
Gesù al loro Maestro, sia anche la loro preoccupazione di
onorarne la salma con un trattamento premuroso ed accura­
to; queste devote discepole, come durante la vita pubblica
del loro Maestro avevano sollecitamente provveduto al suo
sostentamento ed a quello dei suoi apostoli, così ora deside­
rano attendere con cura a una riposizione conveniente della
sua salma nel sepolcro; infatti il loro pensiero, appena rien­
trata nelle proprie case, fu quello di preparare «aromi e oli
profumati» per il corpo dell'amato Maestro (cf. L e. 2 3 ,5 6) .

II. LE INIZIATIVE DI GIUSEPPE DI ARIMATEA


(vv. 5 0- 5 4)
Il racconto della sepoltura di Gesù inizia con una presen­
tazione circostanziata del protagonista dell'azione, Giusep­
pe di Arimatea; infatti Luca descrive così la fi gura di questo
personaggio: «C'era un uomo di nome Giuseppe, membro
del sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla
decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatea, una
città dei giudei, e aspettava il regno di Dio» (2 3 , 5 0- 5 1 ) .
La proposizione in greco inizia con una formula solenne
allo scopo di attirare l'attenzione dei lettori; essa infatti suo­
na letteralmente: «ed ecco un uomo (xa.t lòoù lÌ'J�p . .. ), chia­
mato Giuseppe... »; di questo personaggio Luca ricorda la po­
sizione socio-religiosa� egli era «membro del sinedrio» (�ou­
ÀEtJ't�ç {ntcipxw'J), cioè membro del supremo consiglio ebrai­
co e ne indica le qualità morali: «persona buona e giusta».
Luca desume queste notizie da Mc. 1 5 ,43, che qualifica
l'acqua battesimale, è associato alla morte ed alla sepoltura di Gesù; egli
poi, uscendo dall'acqua battesimale, è risuscitato a vita nuova come Gesù.
Il parallelismo teologico tra il battesimo e la morte e sepoltura di Gesù si
fonda sul senso etimologico del verbo «battezzare» che significa « immer­
gere»; da questo senso scaturisce il simbolismo sacramentale del battesi­
mo; cf. La Bibbia di Gerusalemme, commento a Rom. 6,4; si veda anche J.
A. Fitzmyer, Luke n, 1 5 - 2 5 .

133
Giuseppe d'Arimatea con un'espressione sintetica, «mem­
bro autorevole del sinedrio» (e:ùa'X,�(J.WV �ouÀe:u't��); il terzo
evangelista tuttavia traduce questa espressione con il suo lin­
guaggio; egli conserva il sostantivo �ouÀe:u't��' ma rende con
due aggettivi: àya86� e ÒtxatO� il termine e:Ùa'X,�(J.WV (rag­
guardevole, nobile, di alto rango)/ spostando così l'accento
sulle qualità morali e religiose di questo personaggio giu­
deo; infatti l'aggettivo «giusto» riferito ad un giudeo lo qua­
lifica come persona pia ed osservante della legge. 8
L'affermazione che Giuseppe era «membro del sinedrio>>
poteva coinvolgerlo nella responsabilità che le autorità ebrai­
che hanno avuto nel processo davanti a Pilato e nella con­
danna che il procuratore romano ha emanato nei confronti
di Gesù; per questo motivo Luca avverte il bisogno di discol­
pare il personaggio menzionato davanti ai lettori; egli infatti
si affretta a precisare che Giuseppe «non aveva aderito alla
decisione e all'operato degli altri» (v. 5 1 a).
È difficile stabilire in quale circostanza precisa Giuseppe
abbia manifestato e sostenuto il proprio dissenso dagli altri
sinedriti; probabilmente egli non aderì alla decisione del si­
nedrio di deferire Gesù al tribunale del procuratore roma­
no, poiché intuiva le gravi conseguenze che sarebbero deri­
vate da una simile decisione.9
Dopo aver delineato la figura morale di Giuseppe, l' evan-

7· L'aggettivo EÙO"X�[J.W'\1 (da tù e <1lll[J.a = di bella presenza o di bella ap­


parenza) ricorre cinque volte nel Nuovo Testamento, di cui due in A tti
I J , so; 1 7, 1 2, dove si parla rispettivamente di «donne pie di alto rango» (os­
sia donne pie e ragguardevoli), e di «alcune donne greche della nobiltà».
8. Luca qualifica come «giusti» Zaccaria ed Elisabetta ( 1 ,6) e definisce il
vecchio Simeone: o èivr.9pw7to<; oÒ'ro<; Slxato<; xat EÙÀa��<; («uomo giusto e
timorato di Dio», 2,2 5 ) .

9· La formula usata da Le. 23,5 u: «non aveva aderito alla decisione ed al­
l' operato degli altri» ( oo-to<; oùx �" <1uyxa'ta-tdìtt[J.ÉVo<; -tii �ouÀ il xat -tfl
7tpaEtt aù-twv)» è ben articolata; essa infatti indica il dissenso di Giuseppe
d' Arimatea alla decisione degli altri membri del sinedrio, come anche la
propria dissociazione dal loro operato. Il verbo <1U)' XGl'tGt'tt.Sl1[J.t significa:
deporre insieme agli altri il proprio voto, cioè: consentire, approvare con
il voto la decisione espressa dall'assemblea.

I J4
gelista aggiunge un'informazione sulla provenienza di que­
sto personaggio, scrivendo: «egli era di Arimatea, una città
dei giudei»;10 Luca offre questa indicazione ai suoi lettori
non palestinesi per informarli che Giuseppe proveniva dalla
Giudea, la quale, insieme con la Galilea, era la regione in cui
Gesù aveva esplicato la sua attività pubblica.
L'evangelista conclude la presentazione di Giuseppe di
Arimatea con la significativa annotazione: «e aspettava il re­
gno di Dio» che egli prende da Mc. 1 5 ,43; l'espressione ca­
ratterizza l'attesa escatologica che animava i pii israeliti e
che da Luca è applicata con altra formula ai due personaggi
dell'infanzia: Simeone (Le. 2,2 5 ) ed Anna ( 2 , 3 8). II

Dopo la presentazione del personaggio, l'evangelista, con


rapida successione di verbi, ne descrive la dinamica intra­
prendenza; infatti Giuseppe d' Arimatea si reca da Pilato, gli
chiede la salma di Gesù, la depone dalla croce, l'avvolge in
un lenzuolo 11 e la colloca nella tomba; tutti i cinque verbi
hanno come unico soggetto Giuseppe d' Arimatea. Con estre­
ma laconicità Luca richiama i dati essenziali concernenti la
sepoltura del Salvatore e lascia immaginare ai lettori quanto
egli non ricorda esplicitamente.
Dal fatto che Giuseppe si reca personalmente da Pilato
per chiedergli la salma di un condannato bisogna supporre
che egli fosse conosciuto dal magistrato romano; come pure
10. Arimatea è identificata dai topografi con l'antica Ramatajm (cf. r Sam.
1 , 1 ; I Macc. I I 34: testo nel quale ricorre la forma Rathamin) che corri­
,

sponde aWauuale Rentis, nelle vicinanze di Ramla; cf. M. Du Buit, Géo­


graphie de la Terre Sain te, Paris 1 9 5 8 , 220; J.A. Fit zmyer, Luke n, I 526.
I I. Del profeta Simeone è detto: «A Gerusalemme e era un uomo di nome
Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d i
Israele» (2,2 5) e della profetessa Anna, l'evangelista afferma: «Sopraggiun­
ta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a
quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme» (2,38); l'attesa (aspet­
tare) dei pii israeliti del tempo escatologico-messianico in questi due passi
di Luca è compendiata con l'espressione «conforto» o «consolazione di
Israele», oppure con l'altra: «la redenzione di Gerusalemme», le quali si
richiamano al linguaggio dei profeti.
1 2 . Nel passo parallelo, Marco ricorda che Giuseppe d' Arimatea, prima di
avvolgere Gesù nel lenzuolo funebre, lo aveva comprato; cf. Mc. I 5 ,46.

135
bisogna supporre che Giuseppe avendo provveduto diret­
tamente a seppellire Gesù abbia compiute altre azioni non
ricordate nel testo evangelico, ma richieste per la sepoltura,
quali il lavaggio e il trattamento della salma prima della sua
deposizione nella tomba. 13
Tra le azioni compiute da Giuseppe è enumerata quella di
avvolgere la salma in un lenzuolo; letteralmente il testo ha:
«lo avvolse in una sindone»; il sostantivo c n vòwv indica un
tessuto di lino (cf. Mc. 14,5 1 - 5 2; 1 5 ,46; Mt. 27, 5 9; Le. 23,5 3).
I sinottici si limitano a ricordare soltanto la sindone nella
quale fu avvolta la salma di Gesù; Giovanni invece ha una
nomenclatura più ricca del vestiario funerario; egli infatti ri­
corda il sudario ( 'tÒ crouòaptov; Gv. 20,7 e I I ,44), il fazzolet­
to che si poneva in testa al defunto, e le bende ( 'tà ò.Sovta;
Gv. 1 9,40; 20, 5 .6.7); in Gv. 1 1 ,44 si ricordano anche le fasce
o bende (><Etptat) che avvolgono le mani e i piedi della salma
di Lazzaro. 14
Della tomba nella quale fu deposta la salma di Gesù si ri­
levano due proprietà: essa era scavata nella roccia e in essa
non era ancora stato sepolto nessuno (v. 5 3). A Gerusalem­
me, data la natura del suolo, le tombe erano scavate nella
roccia, cioè nella roccia di calcare che caratterizza l'imme­
diato sottosuolo della regione; alcune di esse sono monu­
mentali, come quelle della regina Elena di Adiabene, chia­
mata comunemente per la sua maestosa facciata, la tomba
dei re. ' 5 L'aggettivo Àa�Eu'toç («scavata nella roccia») è un
1 3 . Queste integrazioni ed ampliamenti dei racconti evangelici sulla sepol­
tura di Gesù si trovano nel Vangelo di Pietro, scritto di un giudeocristia­
no, databile intorno alla metà del II secolo ( I JO- I 5o); in questo vangelo si
dice apertamente che Giuseppe era amico sia di Pilato che di Gesù (Van­
gelo di Pietro 3) e che egli «preso i) Signore, lo lavò, lo avvolse in una sin­
done e lo introdusse nel proprio sepolcro, che era chiamato Giard ino di
Giuseppe» (24); cf. M. Erbetta, Gli Apocrifi del Nuovo Testamento, I/I .
Vangeli, Casale Monf. 1 97h 1 40. 1 42.
1 4. I l sostantivo XEtptct (fascia, benda) è un hapax legomenon nel N.T.
I 5. Gli archeologi affermano che tombe scavate nella roccia, le quali risal­

gono al 1 secolo d.C. sono numerose a Gerusalemme ed alcune sono veri


monumenti, cf. J.A. Fitzmyer, Luke n, 1 5 29; per la tomba di Elena di

1 36
hapax legomenon nel Nuovo Testamento; esso significa:
«scolpire, tagliare la roccia».
Con l'indicazione: «nella quale (tomba) nessuno era stato
ancora deposto» sono affermate due idee, cioè che la tomba
era nuova, come dice espressamente Mt. 27,60 e di essa po­
teva disporre immediatamente e in modo autonomo lo stes­
so Giuseppe d' Arimatea, poiché era di sua proprietà, come
afferma ancora Matteo nello stesso versetto. 1 6
Sorprende che soltanto a questo punto del racconto,
quando cioè Luca ha terminato di narrare la molteplice ope­
ra svolta da Giuseppe d' Arimatea per provvedere alla sepol­
tura di Gesù, egli ponga questa indicazione cronologica: «Era
il giorno della parasceve e già splendevano le luci del saba­
to» (v. 54).
Indubbiamente l'evangelista ha avuto i suoi motivi per
mettere al termine del racconto questi dati cronologici, che
Marco invece ha collocato all'inizio di esso. 17 A Luca inte­
ressa ricordare la premurosa dedizione con la quale Giu­
seppe d' Arimatea ha provveduto a una onorata sepoltura
della salma di Gesù; l'evangelista infatti elenca quello che ha
compiuto questo pio israelita «nel giorno della parasceve»
per questa sepoltura.
Luca usa la formula: «Era il giorno della parasceve» inve­
ce di quella più semplice: «Era la parasceve» (Mc. 1 5 ,42) per
Adiabene, che visse per circa vent'anni a Gerusalemme tra il 4o e il 6o d.C.
e poi ritornò in patria, dove morì, cf. J. Murphy-O'Connor, The Holy
Land. An A rchaeological Guide from Earliest Times to 1700, Oxford -
New York ' 1 992, 1 4 3 - 1 4 5 .
1 6. L'iniziativa d i Giuseppe d 'Arimatea di deporre la salma d i Gesù i n un
sepolcro in cui non si trovava nessun altro cadavere è stata determinata dal­
l'idea dell'impurità legale, secondo la quale i giudei pensavano che mettere
a contatto la salma di un condannato con quelle di giusti che vi erano se­
polti li rendeva impuri; Giuseppe d' Arimatea seppellendo Gesù nel suo
sepolcro in cui non era stato sepolto nessuno, scavalcava questa difficoltà
legale; cf. P. Benoit, Passione e risurrezione, 3 3 1; G. Rossé, Luca, 997·
1 7. In Mc. 1 5 ,42 è detto: «Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la para­
sceve, cioè la vigilia del sabato, (Giuseppe d' Arimatea ... andò coraggiosa­
mente da Pilato . )»; come si constata, in Marco l'indicazione cronologica
. .

condiziona tutto il resto del racconto.

137
avvertire i suoi lettori non giudei che era il giorno di prepa­
razione (parasceve) per il sabato, cioè il giorno in cui gli
ebrei preparano tutto ciò che occorre per il sabato per ri­
spettare il riposo richiesto in questo giorno. z S
La traduzione «e già splendevano le luci del sabato» che
rende l'espressione greca xat ati��a't'ov É7tÉq>waxe:v, può es­
ser fraintesa dal lettore, poiché fa pensare che già albeggias­
se il giorno del sabato .
. In genere si ritiene che il verbo É7ttq>waxw non vada pre­
so nel suo senso abituale di risplendere o di incominciare a
risplendere, cioè di albeggiare, ma in quello metaforico di
dare inizio al giorno che, secondo il computo ebraico, inizia
alla sera della vigilia, dopo il tramonto; di conseguenza l'e­
vangelista con questa espressione intende affermare che il
sabato ebraico stava per iniziare, non già che albeggiasse il
giorno astronomico, cioè che fosse già mattino. 19

III. LE DONNE OSSERVANO LA TOMBA E PREPARANO


GLI AROMI (vv. 5 5 s.)

Luca, dopo aver narrato quanto ha compiuto Giuseppe


d' Arimatea per provvedere alla sepoltura di Gesù, ricorda
quello che hanno fatto le donne durante la sepoltura e dopo
di essa. Non vi è dubbio che l'evangelista per motivi lette­
rari ha inteso distinguere nettamente l'opera di Giuseppe di
Arimatea da quella delle donne, come sarà precisato meglio
in seguito.

1 8. La «parasceve» in Mc. 1 5 ,42 è spiegata come il giorno precedente il sa­


bato (7tpoa-a��cx'to\l); parimenti in Luca il giorno della parasceve designa il
giorno che precede il sabato giudaico; mentre in Gv. I 9, 1 4. 3 1 .42 indica il
giorno della preparazione anche della pasqua.
1 9. Non bisogna nemmeno proporre delle spiegazioni troppo sofisticate,
cioè che dopo il tramonto o alla sera si illuminano le prime stelle o inco­
mincia a brillare Venere. Il senso deWespressione è così precisato da J.A.
Fitzmyer: «The vb. epiphoskein cannot refer to che real 'dawn' of the Sab­
bath day, bue refers to che beginning of the Sabbath at sundown» (Luke
n, 1 5 29) ; cf. G. Rossé, Luca, 997·
Luca presenta così i fatti: «Le donne che erano venute
con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservaro­
no la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, 20
poi tornarono indietro e prepararono aromi ed oli profu­
mati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il co­
mandamento» (2 3,5 5- 56).
La notizia concernente le donne che provenivano dalla
Galilea appare come una informazione aggiuntiva o integra­
tiva del racconto della sepoltura di Gesù, poiché essa non
dice nulla di essenziale in più di quanto è stato narrato in
precedenza; l'evangelista, con questa informazione, redige un
testo di sutura tra il racconto della sepoltura e quello della
tomba trovata aperta e vuota al mattino di pasqua, quando
le donne si sono recate al sepolcro (cf. Le. 24, I - 3) con gli
aromi che avevano preparato prima che incominciasse il ri­
poso sabbatico (cf. Le. 2 3 , 5 6).
Queste donne «seguivano» Giuseppe; il verbo xa'taxo­
Àou.{).Éw significa qui «seguire da vicino», come in Atti I 6, 1 7,
e indica che le donne si trovavano accanto a Giuseppe. 2 1 Con
questa segnalazione l'evangelista intende informare i lettori
20. La proposizione è alquanto carica; alcuni commentatori hanno tradot­
to con due verbi l'unico verbo greco .Stti.o(J.CXt (osservare): «hanno notato
... hanno osservato,.; ad esempio J .A. Fitzmyer rende così il testo: «(le don­
ne) noted the tomb and saw how bis body had been placed,. (Luke 1 1 ,
1 5 2 3 ). I ndubbiamente Luca mette in evidenza che le donne erano in grado
di vedere bene gli avvenimenti perché erano al seguito di Giuseppe d'Ari­
marea (xcx'tcxxoÀou.S�acxacxt) e guardavano attentamente (i-Beti.acxv'to) quan­
to si svolgeva davanti ai loro occhi. Ciò che è detto da Luca esclude ogni
possibilità di errore da parte delle donne sulla tomba trovata aperta e vuo­
ta a] mattino di pasqua (cf. I. Howard Marshall, Luke, 88 1).
2 1 . I vv. s s - s 6 manifestano le caratteristiche del linguaggio lucano, quali:
la preferenza della costruzione participiale e perifrastica (�acxv auveÀlJÀu­
.Sutcxt ix . ); il verbo xcx'tcxxoÀou.Séol (xcx'tcxxoÀou-B�crcxacxt) per esprimere
. .

l'idea di seguire da vicino (cf. Atti 1 6, 1 7); il verbo 8eti.o!J.CX' che significa
guardare con impegno, mentre Mc. 1 5 , 1 7 usa il verbo 8ewpéw; il sostanti­
vo IJ."lJ!J.Etov (che ricorre 9 volte) è preferito a !J.Vi}!J.Cl (che Luca usa 2 volte
perché dipende da Marco (cf. Le. 8,27; 23,5 3 ); il pronome relativo cxt"ttvec;,
in Luca infatti è frequente la forma relativa OCT'ttc; invece di oc;; infine la
salma di Gesù è indicata con il sostantivo awp.a, non già con 1t'tW!J.CX (ca­
davere), come ha Mc. 1 5,.4 5; cf. G. Rossé, Luca, 997 n. 227.

1 39
che le donne seguono da vicino gli avvenimenti ed «osserva­
no» attentamente l'ubicazione esatta del sepolcro.
Luca ha un'espressione alla quale attribuisce una partico­
lare importanza; egli non soltanto scrive che le donne os­
servavano il luogo della tomba, ma dice anche che esse os­
servavano «come (wc;) era stato deposto il corpo di Gesù» (v.
5 5 ). Mc. I 5 ,47 rileva che le donne <<stavano ad osservare do­
ve ( 1tou) veniva deposto» il corpo di Gesù; la proposizione
di Marco presenta una sua linearità espressiva; Luca invece
modifica l'informazione della sua fonte rilevando che le don­
ne osservano «come» la salma di Gesù era stata deposta. La
correzione apportata da Luca è richiesta sia da quanto l'e­
vangelista dirà sulla preparazione degli aromi e dei profumi,
di cui si occuperanno premurosamente le donne al rientro
nelle loro case (23 , 5 6), sia a quanto avverrà al mattino di pa­
squa, quando le stesse donne si recheranno alla tomba, «por­
tando con sé gli aromi che avevano preparato>> ( 24, 1 ).
Il ritocco apportato da Luca («esse osservarono la tomba
e come era stato deposto il corpo di Gesù», 2 J, 5 5 ) alla for­
mulazione di Mc. 1 5 ,47 (« ... stavano ad osservare dove veni­
va deposto») non soltanto gli è stato suggerito da un'istanza
di sutura letteraria, come si è detto, ma soprattutto da una
sua valutazione del comportamento delle donne che si mo­
strano fedeli, affezionate e sollecite discepole di Gesù fino
alla sua morte e sepoltura.12 Di queste donne è detto che,
22. Vari commentatori pensano che l 'espressione di Le. 23 , 5 5 , secondo la
quale le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea osservavano la
tomba e «come era stato deposto il corpo di GesÙ», abbia lo scopo di rile­
vare che per queste affezionate discepole di Gesù il trattamento fatto da
Giuseppe d'Arimatea alla salma di Gesù è sembrato insufficiente; infatti
nel racconto della sepoltura di Gesù, Luca non ricorda che Giuseppe ab ­
bia lavato e trattato con unguenti e profumi la salma di Gesù. Così J.A.
Fitzmyer rileva: «In Mark 1 5 ,47 the stress is on 'where' he had been laid,
but in Luke it is on the 'how', i.e the insufficient washing and anointing»
(Luke n, 1 5 29- 1 5 30); cf. anche G. Schneider, Lukas I I, 490. Non ci sembra
che l'evange1ista, il quale ha descritto con interesse e ricchezza di partico­
lari come Giuseppe d' Arimatea abbia provveduto con premurosa solleci­
tudine alla sepoltura di Gesù, voglia implicitamente far capire che questa
sepoltura è stata rapida, incompleta e con insufficienze; Luca invece con
rientrate nelle loro case a sepoltura di Gesù ultimata, «pre­
pararono aromi e oli profumati» (v. 5 5 ). 23
L'evangelista, dopo aver ricordato che incominciava il sa­
bato («già splendevano le luci del sabato», v. 54), non si pre­
occupa di spiegare come le donne potessero iniziare il lavo­
ro per la preparazione dei profumi; potrebbe darsi che que­
ste pie discepole avessero approfittato dell'ultimo tempo di­
sponibile del «giorno della parasceve>> prima che iniziasse il
riposo sabbatico; ma per Luca non sono queste considera­
zioni che gli impediscono di segnalare che le donne al ritor­
no nelle loro case dopo la sepoltura di Gesù si sono messe a
preparare gli aromi per il trattamento della salma del loro
amato Maestro. Egli nemmeno si domanda se le donne ab­
biano giudicato insufficiente il trattamento funerario fatto
da Giuseppe d'Arimatea alla salma di Gesù e se esse abbia­
no deciso di riaprire la tomba di Gesù per praticare le un­
zioni con gli aromi da loro preparati; tutte queste domande
che si può porre il critico o lo storico non interessano l'e­
vangelista, poiché egli si pone in altra prospettiva; Luca non
si preoccupa della verosimiglianza e della possibilità concre­
ta per l� donne di compiere un trattamento più accurato della
salma di Gesù dopo la sua deposizione nel sepolcro, egli in­
vece s'interessa di mettere in evidenza ciò che pensano di fa­
re le pie discepole di Gesù per dimostrare il loro attacca­
mento al Maestro onorandone la salma con abbondanza di
aromi e di oli profumati. 2 4
queste sue informazioni sulle donne (cf. vv. s s - s 6) ha inteso sottolineare
l'intraprendenza amorevole di queste zelanti discepole che non si accon­
tentano di ciò che è stato fatto da altri alla salma di Gesù, ma vogliono
compiere personalmente e di propria iniziativa trattamenti al corpo del
Maestro per manifestargli la loro dedizione e riconoscenza.
2 3 . Rientra nel genio letterario di Luca abbinare due sostantivi; egli non
parla solo di aromi (àpw(J.a'ta), ma anche di oli profumati ((J.upa); i sostan­
tivi raddoppiati caratterizzano anche lo stile dei Settanta; cf. G. Rossé,
Luca, 998 n. 229.
24. La preparazione degli aromi da parte delle donne non va intesa come
un'attività a cui era connesso uno scopo concreto preciso, ma era un mo­
do di esprimere la dedizione e l'attaccamento al loro Maestro. Osserva J.
L'evangelista, dopo aver ricordato che le donne attesero
con cura e impegno a preparare gli aromi e gli oli profumati
con i quali mostrare il loro vivo attaccamento a Gesù, si pre­
occupa di annotare che esse «il giorno di sabato osservaro­
no il riposo secondo il comandamento)) (v. 5 6b). L'annota­
zione di Luca ha lo scopo di sottolineare la religiosità di
queste affezionate discepole di Gesù; esse infatti osservano
fedelmente il comandamento del riposo sabbatico. Come i
personaggi del vangelo lucano dell'infanzia sono presentati
come pii ebrei, osservanti fedeli delle prescrizioni della leg­
ge (cf. 1 ,6; 2,22-24.27), così anche le discepole di Gesù sono
viste in questo alone di osservanza fedele delle legge del ri­
poso sabbatico (cf. Es. 20, 1 0; Deut. 5 , 1 4) .1 5
Tanto l'informazione di Luca sulla preparazione degli aro­
mi e di oli profumati da parte delle donne al loro rientro in
casa dopo la sepoltura di Gesù, quanto la sua annotazione
sul rispetto del riposo sabbatico da parte delle stesse donne
hanno lo scopo di riempire il periodo di tempo che, secon­
do la nostra nomenclatura, va dal venerdì sera al mattino di
domenica (pasqua di risurrezione); in tal modo queste in­
formazioni di Luca, sotto il profilo narrativo, costituiscono
una sutura letteraria tra il racconto della sepoltura (Le. 23,
so- 5 6) e quello della tomba trovata vuota (Le. 24, 1 -8).
N o n si può fare a meno di accennare ad alcune difficoltà
Ernst: 4(11 proposito delle donne va inteso come puro gesto d'amore; è da
escludere che esse abbiano pensato di imbalsamare la salma, in quanto la
sepoltura va ritenuta conclusa» (Luca II, 904). È questa idea di amore e di
«Servizio» delle donne verso Gesù che è all'origine di quanto scrive Luca
sulla preparazione degli aromi e degli oli profumati; «die Frauen 'dienen'
also Jesus (vgl. 8,3 b) iiber den Tod hinaus � (G. Schneider, Lukas II, 490) .
z s . Cf. l. Howard Marshall, Luke, 8 8 3 ; G. Rossé, Luca, 998 . È certo per i
critici il fatto che Luca qui, come nei personaggi del vangelo dell'infanzia,
accentui l'idea dell'obbedienza e dell'osservanza dei comandamenti della
legge; appare problematico e molto ipotetico il rilievo di alcuni studiosi
per i quali Le. 23 , 5 6b, con l'accentuazione posta sull'osservanza del saba­
to , intende sottolineare il dato che quel sabato era l'ultimo prima che si
realizzasse « il giorno del Signore» (cf. Apoc. 1 , 1 o), cioè la domenica della
risurrezione di Gesù Cristo; cf. E. Schweizer, Lukas, 2 4 2 ; l. Howard Mar­
shall, Luke, 883.
che solleva il racconto lucano della sepoltura di Gesù. In pri­
mo luogo Luca ricorda la preparazione degli aromi e degli
oli profumati da parte delle donne alla sera del venerdì, cioè
al rientro nelle loro case dopo aver assistito alla sepoltura di
Gesù (cf. Le. 23,5 5 - 5 6); secondo il racconto di Mc. I 6, I in­
vece le donne comprano al mattino di pasqua gli oli aroma­
tici, cioè prima di recarsi al sepolcro di Gesù.
Riesce ancora più difficile vedere come possono conci­
liarsi quanto Marco e Luca dicono delle donne, le quali si
recano di buon mattino al sepolcro per ungere con oli aro­
matici la salma del Maestro (cf. Mc. 1 6, I -2; Le. 24, I ) e quan­
to narra Gv. I 9,39-40; il quarto evangelista ricorda che Ni­
codemo «portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento
libbre» ( 1 9,39) 16 e che lo stesso Nicodemo e Giuseppe prov­
videro a una onorata sepoltura del Maestro; il testo infatti
dice che essi «presero il corpo di Gesù e lo avvolsero in ben­
de insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per · i
giudei» ( I 9,40) Giovanni infine narra che questi due perso­
.

naggi deposero la salma di Gesù in un sepolcro nuovo vici­


no al luogo della crocifissione (cf. 1 9,4 1 -42).
La difficoltà è reale e fondata sui testi; davanti ad essa lo
� tudioso non deve domandarsi quali tra le indicazioni tra­
smesse da Marco e da Luca e quelle segnalate da Giovanni
corrispondono alla realtà storica·, poiché gli evangelisti at­
testano delle tradizioni differenziate senza preoccuparsi di
conciliarle o di coordinarle; infatti l'intento principale degli
26. La misura di «circa cento libbre» di aromi è certamente molto elevata,
infatti se la libbra equivale a gr 3 2 7 (oppure 3 2 1 ,2 5 ) la quantità degli aromi
impiegati sarebbe di kg 32,700 (oppure 32,1 2s). Con una quantità tanto
abbondante di profumi l'evangelista ha voluto porre in evidenza il tributo
di onore e di venerazione riservato alla salma di Gesù da parte di questi
due discepoli; cf. R. Fabris, Giovanni, Roma 1 992, 992; P. Benoit, Passio­
ne e risurrezione del Signore, 3 2 5 . Inoltre anche l'unzione dei piedi di Ge­
sù fu compiuta da Maria con «olio profumato di vero nardo, assai prezio­
so» e in modo abbondante tanto che Maria fu costretta ad asciugare i piedi
di Gesù con i suoi capelli (cf. Gv. 1 2,3); si veda il nostro «/ poveri» nel
racconto giovanneo dell'unzione di Betania (Gv. 12, 1-8), in Evangelizare
pauperibus. Atti della XXIV Settimana Biblica, Brescia 1978, 429-444.

1 43
evangelisti, quello di Marco che parla dell'acquisto di oli aro­
matici da parte delle donne al mattino di pasqua (cf. Mc. 16,
1 }, quello di Luca il quale narra che le donne preparano un­
guenti profumati dopo aver assistito alla sepoltura di Gesù
ed essere rientrate nelle loro case e quello di Giovanni che
ricorda come Nicodemo e Giuseppe di Arimatea abbiano
trattato la salma di Gesù con abbondanza di unguenti, era
di mostrare come i discepoli e le discepole più fedeli di Ge­
sù in un modo o in un altro hanno pensato e provveduto ad
onorarne la salma; questo è il dato che emerge dai racconti
evangelici di Marco, Luca e Giovanni. 2 7
In secondo luogo occorre spiegare il motivo per il quale
Luca dice semplicemente che le donne si sono limitate ad
osservare come Giuseppe d' Arimatea aveva trattato la salma
di Gesù e l'aveva deposta nella tomba e non abbia affatto
accennato a una loro partecipazione alla deposizione della
salma ed al trattamento di essa prima della sua sepoltura.
N e i racconti evangelici non sempre ciò che non è detto
va escluso; questi racconti spesso concentrano il loro inte­
resse sui personaggi protagonisti dell'azione; nel caso con­
creto il protagonista è Giuseppe d'Arimatea, al quale, come
persona autorevole e influente si dovevano ricondurre tutte
le iniziative richieste dalla situazione, in cui i discepoli e le
donne potevano fare ben poco.28 Tuttavia è significativa l'an­
notazione di Le. 23, 5 5 che le donne «osservarono la tomba
e come era stato deposto il corpo di Gesù»; esse non hanno
compiuto azioni specifiche riguardanti direttamente la sepol-
z7. Si veda quanto rileva P. Benoit riguardo a questo problema; cf. Passio­
ne e Risurrezione del Signore, 3 26-3 28; l'autore dichiara che se dovesse sce­
gliere tra i racconti dei sinottici e quello di Giovanni, sceglierebbe que­
st'ultimo (p. 3 2 8). Forse Matteo ha intravisto la difficoltà delle tradizioni
di Marco e Luca, secondo le quali le donne si recano di buon mattino al
sepolcro con il chiaro intento di praticare delle unzioni sulla salma di Ge­
sù; Matteo invece dice semplicemente che le donne «andarono a visitare il
sepolcro» {28, 1 ).
28. Cf. P. Benoit, Passione e risurrezione del Signore, 3 3 5 ; l'autore osserva
che il seppellire i morti, normalmente, non è compito delle donne; tanto
più in circostanze come quelle del seppellimento di Gesù.

1 44
tura, ma nemmeno ne sono rimaste spettatrici passive; que­
ste pie discepole hanno seguito con viva e commossa parte­
cipazione quanto veniva fatto alla salma dell'amato Maestro.
In terzo luogo va rilevato che l'avvenimento della sepol­
tura di Gesù prima di essere narrato dai quattro evangelisti
è stato proclamato dal kerygma apostolico (cf. 1 Cor. I 5 ,4;
Atti I 3,39) ed è stato illustrato nella catechesi alla luce dei
testi profetici (cf. Atti 2,29- 3 I ) .
Certamente i racconti evangelici della sepoltura di Gesù
affermano a loro modo che la vi ta del Maestro si è conclusa
con una sepoltura degna ed onorata; la sua salma non è stata
lasciata appesa sulla croce, né è stata gettata in una fossa
comune, né è stata esposta al pubblico disonore, ma è stata
pietosamente calata dalla croce, trattata con amorosa cura e
sepolta in modo dignitoso ed onorato. 29
Gli studiosi tra i segni di distinzione e di dignità che han­
no caratterizzato la sepoltura di Gesù indicano quello che la
29. Gli evangelisti esprimono in termini diversi le modalità di questa di­
gnitosa c «onorata>> sepoltura; Mc. 1 5 ,46 ricorda che Giuseppe d' Arimatea
comprò un lenzuolo e vi avvolse la salma di Gesù che depose 4(in un se­
polcro scavato nella roccia»; un sepolcro scavato nella roccia suppone un
proprietario agiato. Secondo Mt. z7, 5 9-6o Giuseppe di Arimatea che era
uomo ricco (v. 5 7) avvolse il corpo di Gesù in un candido lenzuolo e «lo
depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia»; questi
particolari descrittivi sottolineano forme di distinzione avute nei confron­
ti della salma di Gesù. Luca da parte sua, come sappiamo, rileva che Giu­
seppe d' Arimatea calò dalla croce il corpo di Gesù, «lo avvolse in un len­
zuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno
era stato ancora deposto,. (Le. 2 3 , 5 3 ) ; il racconto del terzo evangelista, in
confronto con gli altri due sinottici, ha in più il particolare che nella tom­
ba di Gesù ancora non era stato sepolto nessuno; questo particolare è co­
mune a Luca ed a Giovanni. Nel quarto vangelo il racconto della sepoltu­
ra di Gesù è ancora più ampio e ricco di particolari; in esso sono ancora
maggiormente accentuate la cura e la forma dignitosa riservata al tratta­
mento della salma ed alla sua deposizione nel sepolcro. Infatti a Giuseppe
di Arimatea che aveva ottenuto da Pi lato il corpo di Gesù si unisce Nico­
demo, che «portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi
presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende insieme con oli
aromatici, com'è usanza seppellire per i giudei. Ora, nel luogo dove era
stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel
quale nessuno era stato ancora deposto» (Gv. 1 9, 3 9-4 1 ).

145
salma fu deposta in una tomba, «nella quale nessuno era sta­
to ancora deposto» ( L e. 23,5 3 ; Gv. 1 9,4 1 ). Un motivo simile
è richiamato in Le. I 9,30 a proposito dell'ingresso messiani­
co di Gesù a Gerusalemme; nel testo sono riportate le paro­
le che Gesù ha rivolto a due suoi discepoli dicendo loro: «An­
date nel villaggio di fronte, entrando troverete un puledro,
sul quale nessuno è mai salito (lett.: sul quale nessun uomo
si è mai seduto [ixa.Stcrt\1]); scioglietelo e portatelo qui»; un
giovane asino, del quale nessun uomo se ne è servito come
cavalcatura, è l'animale che meglio si addice ad un re che de­
ve fare il suo ingresso nella capitale del suo regno;30 quindi
il particolare del sepolcro, che non era ancora servito a nes­
suno, nel pensiero dell'evangelista, pone in evidenza la di­
gnità della persona che vi è stata deposta.
Con la spiegazione del racconto lucano della sepoltura di
Gesù, concludiamo il nostro studio sulla passione e morte
del Salvatore secondo il racconto del terzo evangelista.
Certamente nel pensiero di Luca il racconto della sepol­
tura di Gesù è strettamente legato con quello della sua ri­
surrezione; egli infatti nel racconto della sepoltura accenna
alle donne che osservavano la tomba e «come era stato de­
posto il corpo di GesÙ» ( Le. 23,5 5 ) e che, al loro ritorno
nelle proprie case dal sepolcro, prepararono gli aromi e gli
oli profumati; ora queste indicazioni sono forme di sutura
letteraria tra la narrazione della sepoltura e quella della ri­
surrezione di Gesù; ma con il racconto della pasqua si apre
un nuovo ed ampio argomento che richiede una trattazione
a sé stante e separata da quella che abbiamo compiuta.
JO. Cf. J.A. Fitzmyer, Luke n, 1 249; G. Rossé, Luca, 740-74 1 ; l'autore
sottolinea il dato che un puledro non ancora cavalcato da uomo pone in
evidenza il carattere sacro dell'animale che non è servito per usi profani,
oppure, come nel caso di Le. I 9,JO, il suo carattere regale (p. 74 1 ).
CAPITOLO VENTESIMO

VALUTAZIONI STORICO-TEOLOGICHE
DEL RACCONTO DELLA PASSIONE
SECONDO LUCA

Dopo le spiegazioni date ai vari episodi che compongono la


narrazione lucana della passione e morte di Gesù riteniamo
opportuno proporre alcune valutazioni storico-teologiche
su di essa. Queste valutazioni si porteranno sui dati più ca­
ratteristici di questo ampio racconto del vangelo di Luca.
Indubbiamente questi dati propri e caratteristici sono mol­
teplici, ma occorre richiamare i principali e soprattutto sta­
bilire tra di essi una graduatoria.
Da parte nostra riteniamo che l'aspetto prevalente del rac­
conto lucano della passione di Gesù, sotto il profilo storico­
teologico, sia quello dell'affermazione della sua messianici­
tà; Gesù, infatti, nonostante le sofferenze e le umiliazioni del­
la passione e della morte in croce, è il Messia.
Accanto e subordinatamente a questo dato principale del
racconto lucano della passione si fanno luce altri due dati:
quello parenetico e quello salvi fico (soteriologico ).
Illustreremo queste tre fondamentali caratteristiche della
passione di Gesù secondo il racconto di Luca.

I. LA MESSIANIC ITÀ DI GESÙ

Per valutare adeguatamente la narrazione lucana della pas­


sione di Gesù occorre seguire attentamente la successione e
lo sviluppo dei fatti proposti da detta narrazione senza la­
sciarsi influenzare dalle valutazioni degli altri autori neote­
stamentari, i quali erano interessati a segnalare l'uno e l'al­
tro aspetto dei fatti della passione e morte di Gesù, rispon­
denti alle loro istanze didattiche ed ai bisogni della comuni­
tà a cui si rivolgevano.
147
Il fatto della passione e morte di Gesù è così vario e den­
so di significati che non può essere racchiuso in una formu­
lazione o in un'unica prospettiva storico-teologica; 1 ne so­
no una prova convincente la compresenza nei libri del Nuo­
vo Testamento di vari aspetti della passione e morte posti in
luce dai loro autori e la constatazione delle molteplici spie­
gazioni proposte dai commentatori al racconto lucano della
passione di Gesù.1 Come si è detto, per noi il dato preva­
lente e più accentuato del racconto lucano della passione e
morte di Gesù è quello della sua messianicità. Questo dato
poggia su vari testi e rilievi offerti dal vangelo di Luca, dei
quali ricordiamo i principali.

1. L 'incomprensione delle sofferenze del Messia


e la rivelazione de/ loro significato
In Luca il racconto della passione e morte del Salvatore
ha il suo centro d'interesse nella messianicità di Gesù.

1 . Secondo Le. 23,46 Gesù muore con la preghiera sulle labbra; egli infatti
prima di spirare dice: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito»; que­
ste parole di consapevole abbandono al Padre sono ben diverse da quelle
riferite da Gv. 1 9,30: «Tutto è compiuto ! », le quali hanno una carica cri­
stologica più intensa di quelle riferite da Le. 2 3 ,46. Per il senso delle parole
di Gesù in Gv. 1 9,30, cf. R.E. Brown, The Gospel according to fohn, XIII­
XXI, Garden City, N.Y. 1 970, 930 s.; }»autore rileva che le ultime parole di
Gesù riferite da Gv. 1 9,30 sono molto vicine alle ultime parole di Gesù in
Le. 23 ,46, poiché ambedue le espressioni indicano l'accettazione deliberata
e consapevole della morte (p. 93 o); cf. V. Fusco, La morte del Messia, s 1 .
2. S i richiamino soprattutto l e spiegazioni proposte dagli studiosi riguar­
do al valore salvifico della morte di Gesù nell'opera di Luca; cf. V. Fusco,
La morte del Messia, 5 1 -73 ; Idem, Il valore salvifico della croce nell'opera
lucana, 20 5 -236 (in seguito: Il valore salvifico della croce); G.C. Bottini,
Introduzione all'opera di Luca, I 2 9- I 34 (excursus «Gli orientamenti at­
tuali sul valore salvifico della morte di Gesù nell'opera lucana»); l'autore
tra l'altro osserva: « L'aspetto soteriologico e quello parenetico della pas­
sione e morte di Gesù in Luca non solo non sono in alternativa tra loro,
ma sono presenti insieme ad altri aspetti (per es. il problema della messia­
nicità di Gesù, il problema dell'incredulità di Israele) e costituiscono solo
un tentativo - per quanto grande, autorevole e normativo - di esprimere
qualcosa dell'evento unico e irripetibile che è GesÙ» (pp. 1 33 s.).
Nel terzo vangelo si rileva un marcato contrasto tra l'in­
comprensione delle sofferenze e patimenti del Messia da par­
te dei discepoli durante la vita terrena di Gesù e la rivelazio­
ne del loro significato dopo di essa da parte di Cristo risor­
to. Questo contrasto pone in evidenza la posizione centrale
che occupa nel vangelo di Luca la messianicità di Gesù.
Prima della pasqua Luca ricorda ed accentua l'inintelli­
genza dei discepoli nei confronti degli annunzi della passio­
ne fatti loro da Gesù e dopo la pasqua l'evangelista riporta
una serie di testi nei quali lo stesso Risorto manifesta il sen­
so degli avvenimenti della sua passione e morte. 3
Per quanto concerne l'incomprensione dei discepoli nei
confronti degli annunzi della passione compiuti da Gesù 4 è
molto indicativa la formulazione che Luca offre della se­
conda predizione della passione; l'evangelista infatti così si
esprime: «(Gesù) disse ai suoi discepoli: Mettetevi bene in
mente queste parole: Il Figlio dell'uomo sta per essere con­
segnato in mano degli uomini. Ma essi non comprendevano
questa frase (o l òè: ijyvoouv ,;Ò pij!J.a ,;ou,;o); per loro restava
così misteriosa ( 7ta.pa.xtxa.ÀU(l(lÉvov velata, nascosta) che
=

non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolger­


gli domande su tale argomento» (Le. 9,43-45 ). Come appare
con immediatezza, in questa predizione della passione man­
ca l'annunzio della risurrezione; ciò sorprende ancora di più,
per il fatto che nella prima predizione della passione (Le. 9,
22 ) c'è l'accenno alla risurrezione al terzo giorno. A diffe­
renza della seconda predizione della passione riferita da Mc.

3 · Il contrasto tra },incomprensione prepasquale delle sofferenze di Gesù e


la rivelazione pasquale del loro signifi cato è stato ben rilevato da A. Geor­
ge, Le sens de la mort de ]ésus, 203 s. (in seguito: Le sens de la mort).
4· Luca non si limita a riportare le tre predizioni delJa passione che parla­
no della morte di Gesù; A. Georgc elenca i testi di Luca (vangelo e Atti)
che parlano più o meno esplicitamente della morte di Gesù e li raggruppa
secondo tre distinti periodi: 1 . prima della passione (Le. 1 -2 1 ); n. nella pas­
sione (Le. 22-23); 1 1 1. nel messaggio pasquale (Le. 2 4 ; A tti); in Le. 1 - 2 1 !,an­
nunzio delJa morte di Gesù ricorre una ventina di volte; cf. Le sens de la
mort, 1 8 7- r 8 8 .

1 49
9,3 1 e da Mt. 1 7,22-23 , nella quale si annunzia anche la ri­
surrezione di Gesù, la seconda predizione della passione in
Le. 9,44 non ricorda l'annunzio della risurrezione; in tal
modo la seconda predizione della passione trasmessa da Le.
9,44 presenta una formulazione ridotta e, per così dire, mu­
tila.s Nel testo di Luca quindi la seconda predizione della
passione trova una formulazione più contratta mancando in
essa, come si è detto, l'annunzio della risurrezione; tuttavia
questa contrazione della predizione della passione ha il van­
taggio di porre in maggior evidenza le sofferenze e l'aspetto
doloroso della passione e, conseguentemente, di spiegare
meglio l'incomprensione dei discepoli. 6
Il testo di Le. 9,43-45 riveste un particolare interesse per
conoscere il pensiero dell'evangelista; egli infatti non soltan­
to coglie l'occasione della seconda predizione della passione
per sottolineare l'incomprensione dei discepoli per le soffe­
renze e la passione del Messia, ma anche per sottolineare
una reazione contrastante nell'atteggiamento dei discepoli
davanti alle opere ed alle parole del Maestro.
In verità la breve unità letteraria, costituita dalla seconda
predizione della passione (cf. Le. 9,4 3-4 5 ), inizia con questa
osservazione dell'evangelista: «Mentre tutti erano sbalorditi
(7tav'twv ÒÈ ,9au �J. a�ov'twv) per tutte le cose che (Gesù) face­
va (Le. 9,43b); questa meraviglia dei discepoli è suscitata
... »

dall'esorcismo operato da Gesù su un figlio unico possedu­


to da uno spirito immondo, che i discepoli, ai quali il padre
dell'infelice si era rivolto, non erano stati capaci di scacciare.
Dopo questo miracolo, Gesù predice la sua futura consegna
nelle mani degli uomini e questo annunzio rimane incom-
s . La seconda predizione della passione, come è riferita da Mc. 9,3 I e da
Mt. 1 7,22-23 , offre la forma più arcaica delle predizioni della passione; la
seconda predizione infatti in questi due passi ricorda in termini compen­
diosi i dati essenziali della passione: consegna di Gesù nelle mani degli
uomini, uccisione e risurrezione: cf. A. George, Le sens de la mort, 203 .
6 . Al riguardo cf. J.A. Fitzmyer: «The Lucan curtailment o f the announce­
ment brings it about that the disciples' incomprehension focuses on the
necessity of Jesus to suffer rather than on his resurrection» (Luke 1 , 8 1 4).
prensibile per i discepoli, i quali, tra l'altro, hanno paura di
domandare al Maestro il senso di questo suo annunzio. In
tal modo è posto in risalto il contrasto tra l'ammirata intelli­
genza delle opere meravigliose e potenti di Gesù da parte
dei discepoli e la loro incomprensione dell'annunzio del Mae­
stro delle sue future sofferenze.7
N o n bisogna anche omettere dali'osservare che la formu­
}azione ridotta del secondo annunzio della passione di Ge­
sù, nel quale manca l'accenno alla risurrezione (cf. Le. 9,43b-
4 5 ), mostra ancora con maggiore evidenza che l'incompren­
sione dei discepoli riguarda particolarmente le sofferenze
del Messia. 8
Parimenti nella terza predizione della passione, che trova
i paralleli in Mc. I O,J2-34 e Mt. 20, I 7- 1 9, Luca ( I S,J I -34) è
il solo evangelista a sottolineare l 'incomprensione dei disce­
poli con un'annotazione molto marcata e riflettuta; egli in­
fatti scrive: «Ma non compresero nulla di tutto questo; quel
parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli
aveva detto» (Le. 1 8,34).9
7· Vari commentatori hanno rilevato questo contrasto; tra gli altri, l. How­
ard Marshall, riguardo al secondo annunzio della passione come si trova
nel racconto di Le. 9,43b-4 s , osserva: «In this way the path of suffering, as
revealed to the disciples, is placed in direct contrast to the wonder of the
crowd at the mighty works» (Luke, 392); cf . J A Fitzmyer, Luke 1 , 8 1 3 .
. .

8. Come espressamente fa notare A. George: «pour Luc qui n'a pas rap­
porté d'annonce de la résurrection, l'incompréhension des disciples porte
toute sur la souffrance du Fils de l'homme» (Le sens de la mort, 203).
9· Come si è già rilevato (cf. nota 4), Luca, oltre i tre passi che contengono
le predizioni della passione, ha molti testi che accennano alla morte di Gesù;
il Maestro stesso parla di giorni in cui «lo sposo sarà strappato (sarà tolto =
ti1tetp.Sf1)» ai discepoli ( 5 ,J 5 ), accenna ad «un battesimo che deve ricevere»
( 1 2, 50), dichiara: «ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e do­
mani, e il terzo giorno avrò finito . .. ; non è possibile che un profeta muoia
fuori di Gerusalemme» ( I J ,J 2-J J), nel discorso sulla venuta del Figlio del­
l'uomo afferma: «Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ri­
pudiato da questa generazione» ( 1 7,25) e nella parabola dei vignaioli omi­
cidi, nella quale si accenna all'invio del «figlio unico» del padrone della vi­
gna, si narra che viene cacciato fuori dalla vigna ed ucciso (20,9- I 8). C'è
poi un certo numero di testi nei quali Luca indica la sorte dolorosa che
attende Gesù, come ad esempio il testo di Le. 1 9,47 nel quale è detto: «<
Le tre predizioni della passione trasmesse da Luca pre­
sentano un dato caratteristico; nei tre testi di predizione del­
la passione (Mc. 8,3 1 ; Mt. I 6,2 I ; Le. 9,22 - Mc. 9,30-32; Mt.
1 7,22 ; Le. 9,43b-45 - Mc. I o,2 8-3o; Mt. I 9,2 7-29; Le. r 8,J I -
34) Marco e Matteo non accennano mai al compimento del­
le Scritture, Luca invece nella terza predizione richiama l'i­
dea del compimento delle Scritture; egli infatti fa dire a Ge­
sù, mentre si accinge a salire verso la città santa, queste pa­
role: «Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu
scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo si compirà.
(Sarà consegnato ai pagani ... )» (Le. I 8,3 I ). Questo particola­
re farà meglio comprendere i racconti lucani dei fatti della
risurrezione, nei quali il richiamo alla passione di Gesù è ac­
compagnato a quello del compimento delle Scritture.
Ai testi nei quali Luca sottolinea l'incomprensione dei di­
scepoli nei confronti degli annunzi della passione, compiuti
da Gesù durante il suo ministero pubblico, corrispondono
quelli nei quali, dopo la risurrezione, viene superata questa
. .

1ncomprens1one.
Luca è l'unico evangelista che nello stesso annunzio della
risurrezione dei due messaggeri celesti richiama le predizio­
ni della passione, pronunziate da Gesù quando viveva con i
discepoli, per mostrare come le sofferenze della passione
rientravano nel piano divino; infatti i due esseri celesti dico­
no alle donne che di buon mattino si erano recate al sepol­
cro: «Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Gali­
lea, dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse con­
segnato in mano dei peccatori, che fosse crocifisso e risusci­
tasse il terzo giorno» (24,6-7); alla luce della risurrezione si
comprende il piano di Dio, secondo il quale era disposto
che Gesù doves se subire la passione prima di risorgere.
Il terzo evangelista, nelle apparizioni di Cristo risorto, mo­
stra più volte come lo stesso Risorto istruisce i discepoli sul
significato dei fatti della passione che per loro erano incom-
sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così i notabili del
popolo» (si veda anche Le. 20, 1.9); cf. A. George, Le sens de la mort, 1 87 s.

152
prensibili. L'apparizione più significativa al riguardo è quel­
la che Cristo risorto ha accordato ai due discepoli di Em­
maus; a questi discepoli egli dice apertamente: «Non biso­
gnava (F;òe:t) che il Cristo sopportasse queste sofferenze per
entrare nella sua gloria?» (Le. 24,26) e, lungo il cammino, il
Risorto stesso spiegò loro «in tutte le Scritture ciò che si ri­
feriva a lui» (24,27).
A ben esaminare il rimprovero che Gesù risorto rivolge
ai due discepoli dicendo loro: «O senza intelligenza I o e tar­
di di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisogna­
va che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nel­
la sua gloria?» (Le. 24,2 5-26), si intravede con chiarezza che
Gesù, il quale è ancora uno straniero e uno sconosciuto per
i due discepoli, deve esprimersi in questa maniera richiaman­
dosi alla parola dei profeti; tuttavia risulta evidente che que­
sto suo rimprovero considera anche la mancata intelligenza
delle sue predizioni della passione. I l
In un'altra apparizione (Le. 24,36) Cristo risorto, sempre
secondo il racconto di Luca, ribadisce l'idea del compimen­
to delle Scritture negli avvenimenti che hanno caratterizzato
la sua vita. Egli così parla ai discepoli: «Sono queste le paro­
le che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si
compiano tutte le cose scritte su di me nelle Legge di Mosè,
nei Profeti e nei Salmi. Allora aprì loro la mente all'intelli­
genza delle Scritture e disse: Così sta scritto: il Cristo dovrà
patire e risuscitare dai morti il terzo giorno . (Le. 24,44-46).
. . »

Il testo citato fa parte delle ultime istruzioni e disposizio­


ni che il Risorto comunica ai discepoli (Le. 24,44-49); queste

1 0. L'aggettivo «sciocchi» proposto da1la versione a cura della CEI non è


una buona traduzione italiana; esso i nfatti fa perdere il senso religioso del
termine greco civolJ't'OL che qui accentua la mancata intelligenza delle paro­
le profetiche da parte dei due discepoli di Emmaus.
I I . Osserva opportunamente L Howard Marshall: «lt is clear that here [Le.
24,26] the stranger (Gesù risorto non era stato ancora riconosciuto dai due
discepoli di Emmaus) is taking up the earlier passion predictions by Jesus,
and applying what was said then about the Son of man to the Messiah»
(Luke, 896-897).

1 53
disposizioni trovano il loro punto culminante nel mandato
di predicare «a tutte le genti la conversone e il perdono dei
peccati» (Le. 24,47). Nelle sue ultime istruzioni Cristo ri­
sorto ricorda ai discepoli, alla luce della sua risurrezione, il
significato delle «parole» che aveva detto loro durante il suo
ministero; queste parole non soltanto richiamano il suo in­
segnamento, ma ne precisano il senso e soprattutto rivelano
il senso delle predizioni della sua passione e morte (cf. Le. 9,
22.44; 1 7,2 5 ; I 8,J I -J J ; 22,37) che ad essi allora rimanevano
incomprensibili e che ora invece appaiono nella loro piena
realizzazione; è ciò che lo stesso Risorto fa osservare ai di­
scepoli, dicendo: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e
risuscitare dai morti il terzo giorno» (Le. 24,46).
Il dato importante di queste ultime istruzioni del Risorto
è costituito dall'affermazione che tutta la Scrittura fa riferi­
mento a Cristo, poiché «bisogna che si compiano tutte le
cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei
Salmi» (Le. 24,44) e l'evangelista nell'apparizione ai disce­
poli di Emmaus ha mostrato come il Risorto stesso ha in­
terpretato le Scritture in questa nuova prospettiva cristolo­
gica spiegando loro ciò che in tutte le Scritture si riferiva a
lui (cf. Le. 24,27). 1 1
Ciò che maggiormente colpisce nei testi nei quali Luca
parla delle sofferenze della passione di Gesù è l'espressione
molto significativa che usa; infatti egli parla del Cristo, cioè
del Messia che soffre (7ta.Setv 'tÒv Xptcr'tov); ora è proprio
questo dato che va proposto con rinnovata insistenza, per­
ché costituiva l'aspetto più arduo e misterioso dell'annunzio
evangelico (cf. 1 Cor. 1 ,22-23). Giustamente si può afferma-
1 2. Nel testo è detto che il Risorto «aprì loro (ai discepoli ai quali era appar­
so) la mente all'intelligenza delle Scritture» (Le. 24,4 5), ma non è precisato
il modo con il quale questo dono dell'intelligenza delle Scritture è stato co­
municato; si può pensare che il dono sia stato comunicato per mezzo del­
lo Spirito, ma siccome Luca non ha ancora parlato del dono dello Spirito,
non può ricordarlo in questa circostanza; alcuni commentatori hanno pen­
sato che questa intelligenza derivi dalla fede in Cristo risorto che è la chia­
ve interpretativa di tutte le Scritture; cf. J.A. Fitzmyer, Luke II, 1 5 83.

1 54
. re che mentre il verbo 7ta a'X,t t v (soffrire), usato senza regime,
indica le sofferenze della passione di Gesù ( Le. 22., 1 5 ; Ebr.
2, 1 8; s ,8; 9,26; 1 3 , 1 2; I Pt. 2,2 1 .23; 3,8; 4, 1 ) ed è un'espres­
sione anteriore a Luca, questo evangelista ha fatto di detto
verbo un uso particolare, poiché, dopo la risurrezione, egli
lo usa con regime, abbinandolo con il nome Cristo ( 7ta-8ti v
-tòv Xpta-tov); cf. Le. 24,26.46; Atti 3, 1 8; 1 7, 3 (si veda Atti 26,
23; I Pt. 2,2 1 ; 3 , 1 8; 4, 1 )! 3

2. La messianicità di Gesù è affermata


in momenti significativi
del racconto lucano della passione
Un nuovo dato sulla posizione centrale attribuita alla mes­
sianicità di Gesù nel racconto lucano della passione è offer­
to dalla constatazione che in detto racconto l'evangelista ha
affermato questa messianicità in momenti determinanti per
lo svolgimento dei fatti. Questi momenti sono soprattutto
due: la domanda che l'intero sinedrio rivolge a Gesù sulla
sua messianicità e gli scherni e gli insulti che vengono rivolti
da vari personaggi al Salvatore crocifisso, che viene interpel­
lato con l'appellativo: «Cristo» (cioè: Messia).
I membri del sinedrio domandano a Gesù: «Se tu sei il
Cristo (o Xpta'toc;), diccelo» (Le. 22,67); la domanda può es­
sere intesa in due modi: come espressione condizionale: nel
caso che tu ti ritieni il Messia, diccelo; oppure, come sem­
plice domanda: dicci se tu sei il Messia. 14 Gesù non può ri­
spondere direttamente con un «sì�, oppure un «no» alla do­
manda rivoltagli dal sinedrio, perché il suo messianismo non
rispondeva alla concezione del Messia che avevano i suoi in­
terroganti; egli quindi manifesta questo suo imbarazzo. Tut­
tavia, qualunque sia il senso della domanda che il sinedrio
I J . Cf. A. George, Le sens de la mort, 203 -204 (n. 4).
1 4. Vari commentatori vedono nella domanda una formula condizionale;
cf. I. Howard Marshall, Luke, 849 che, pur riconoscendo il senso condizio­
nale della domanda, rileva: « the line between the two senses is fluid».

155
rivolge a Gesù e il senso della risposta articolata del Salvato­
re, è indiscutibile che il titolo di Messia assume qui un'im­
portanza particolare, come del resto in tutto il racconto del­
la passione di Luca (cf. Le. 2J,2.J 5 ·39; 24,26.46).
La messianicità di Gesù è un motivo ricorrente negli
scherni e nelle parole che vari gruppi di persone e individui
presenti sul Calvario rivolgono al Salvatore crocifisso; in­
fatti i capi del popolo dicono a Gesù: «Ha salvato gli altri,
salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto» (Le. 2 3,3 5 );
i soldati da parte loro lo deridono con queste parole: «Se tu
sei il re dei giudei, salva te stesso» (Le. 2 3,3 7); l'iscrizione
affissa sopra il capo di Gesù suona: «Questi è il re dei giu­
dei» (Le. 23,3 8); il malfattore impenitente rivolge al Salvato­
re in croce queste parole di derisione: » N o n sei tu il Cri­
sto ? Salva te stesso ed anche noi! » (Le. 2 3 ,39) e infine il
buon ladrone formula questa richiesta: «Gesù, ricordati di
me quando entrerai nel tuo regno» (Le. 2 3 ,42).
È immediatamente percepibile come in tutti questi scher­
ni e nelle parole del buon ladrone c'è un'accentuazione della
messianicità di Gesù, infatti i termini: il Cristo (Messia), l'e­
letto, il re, il tuo regno richiamano indistintamente questo
dato. 1 5 I capi del popolo considerano il loro ironico invito a
Gesù crocifisso di salvare se stesso come una rivendicazione
messianica. I soldati romani con la loro derisione ritengono
che Gesù può legittimare il suo titolo di «re dei giudei» li­
berando se stesso dalla croce. L'iscrizione sopra il capo di
Gesù che dice: «Questi è il re dei giudei» nel contesto luca­
no è considerata come una pungente derisione.1 6 Il malfat­
tore impenitente si esprime con un linguaggio messianico:
se Gesù è veramente il Messia non soltanto deve salvare se

I 5 . Osserva molto incisivamente E.E. Ellis: «Chosen, King, Christ: ali are
messianic titles» (Gospel of Luke, 268).
1 6. Secondo Mc. 1 5,26 l'iscrizione sulla croce indica il motivo della con­
danna («E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei giu­
dei»); in Le. 23,3 8 è considerata come una derisione che riecheggia quella
dei soldati romani; cf. G. Schneider, Lukas n, 484.
stesso, ma anche i suoi seguaci. Infine il ladrone pentito,
nella sua richiesta a Gesù crocifisso, riconosce che questi è il
Messia, il quale raggiunge il suo regno. 17

3 · Il nessotra le sofferenze di Gesù


e la sua messianicità
Un ulteriore dato concernente l'importanza centrale della
messianicità di Gesù nei testi lucani che si rifanno alla pas­
sione è il nesso che il terzo evangelista pone tra il «soffrire»
del Salvatore e la sua funzione messianica.
Il testo più esplicito e significativo è Le. 24, 2 6 nel quale
sono riportate queste parole del Risorto ai due discepoli di
Emmaus: «Non bisognava che il Cristo sopportasse queste
sofferenze ('tau'ta tÒe:t 1ta.Se:i'v 'tÒv Xpta'tc>'v) per entrare nel­
la sua gloria?»; la domanda retorica dà molto spicco all'idea
che il Risorto intende proporre. Il Messia, a compimento de­
gli annunzi profetici contenuti nella Scrittura, la quale ma­
nifesta la volontà di Dio, doveva (tòe:t} soffrire tutto quello
che Gesù in realtà ho sofferto per raggiungere la sua gloria;
subito dopo il Risorto stesso spiega come tutte le Scritture,
incominciando da Mosè e continuando con tutti i profeti,
facevano riferimento a lui (Le. 24, 2 7). 1 8
Nel testo di Le. 24,26 e in quelli che si riferiscono alla

1 7. Riguardo alla richiesta che il ladrone pentito rivolge a Gesù (cf. Le. 23,
42) è stato osservato: «l'invocazione del ladrone segna l'inizio della pre­
ghiera a Gesù, che ha lasciato una impronta tanto profonda nella devozio­
ne cristiana» (J. Ernst, Luca n, 896). La liturgia esprime tutta la fiducia
che il popolo credente ha nel perdono dei suoi peccati da parte del Signore
considerando il perdono accordato al ladrone che ha creduto in lui; infatti
nell'inno dell'ufficio delle letture del tempo pasquale la chiesa, ammirata,
esclama: quem non gravi solvit metu latronis absolutio?
I 8. L'idea cristologica che Gesù «deve» soffrire (Be:L 7ta..9tiv: Le. 24,26) era
già espressa nella prima predi zione della passione (Le. 9,22: Btt... 7tOÀÀà
r.a�.9etv) , come pure l'idea che tutte le Scritture facevano riferimento a lui
(Le. 24,27) era già indicata nella terza predizione, nella quale si precisa che
tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo dovrà ave­
re compimento (Le. 1 8,3 I ).

'57
passione di Gesù (cf. Le. 9,22; I 8,3 I ) si pone in evidenza il
legame tra il «dover soffrire» e la realizzazione del suo com­
pito messianico. Come è stato rilevato da G. Rossé: «il do­
ver-soffrire è una caratteristica sostanziale del Cristo, fa
parte della giusta comprensione del Messia. Gesù è realmen­
te il Cristo perché in lui si è compiuto questo 'soffrire'. Di
conseguenza, la morte di Gesù non è l'assurdo risultato di
un cieco e imprevisto destino, ma il compimento di un dise­
gno divino spiegato da Gesù». 19
Proprio in questo collegamento tra la passione e la mes­
sianicità di Gesù va ravvisato l'apporto più specifico di Lu­
ca nel racconto della morte di Gesù; questo apporto nel rac­
conto della passione di Luca prevale su quello parenetico e
su quello soteriologico, i quali caratterizzano anch'essi il
racconto della passione del terzo evangelista.10
L'accentuazione posta da Luca sulla messianicità di Gesù
nel racconto della passione risponde ad un'istanza fonda­
mentale della comunità delle origini. Per gli ebrei neocon­
vertiti era necessario sottolineare la mess ianicità di Gesù,
anche se egli aveva sofferto nella passione ed era morto in
croce; Gesù infatti, nonostante queste sofferenze ed umilia­
zioni, è il Messia, perché le sue sofferenze erano state pre­
dette dalle Scritture e inoltre perché la sua risurrezione ha
mostrato che egli è realmente il Messia.1 1

I I . I L DATO PARENETI CO
DEL RACCONTO LUCANO DELLA PASS IONE

Nella spiegazione dei molteplici avvenimenti che rientra­


no nella storia della passione di Gesù secondo il racconto di
1 9. Luca, 1 002. 20. Cf. V. Fusco, La morte del Messia, 7 1 .
1 I . È quanto rileva l. Howard Marshall i n questo passo: «For a Jewish au­
dience ... the fact that needed to be emphasized in the first piace was the
Messiahship of Jesus; although he had suffered and died, yet Jesus was the
Messiah, first, because Scripture foretold the sufferings of the Messiah
( Acts 3 , 1 8), and, second, because the resurrection positively demonstrated
him to be such» (Luke, Historian and Theologian, 1 75 ).
Luca abbiamo segnalato più volte i vari elementi parenetici
che l'evangelista ha inserito nella sua narrazione. Non è il
caso di ricordar li nuovamente. Invece per noi ha notevole im­
portanza il fatto che l'evangelista ha considerato in prospet­
tiva parenetica l'intero racconto della passione come pure
ampie sezioni di esso.
Ci proponiamo quindi, nel presente paragrafo, di mettere
in risalto queste prospettive parenetiche sia dell'intero rac­
conto della passione, sia anche di ampie sezioni di esso.

1. La prospettiva parenetica dell'intero racconto


All'inizio del racconto della passione, Luca scrive: «(Gesù)
uscito (dal cenacolo) se ne andò come al solito, al Monte de­
gli Ulivi, anche i discepoli lo seguirono» (Le. 22,39); il mo­
do con il quale l'evangelista si esprime va oltre la semplice
descrizione dell'avvenimento, egli infatti pone in risalto due
aspetti: Gesù liberamente va (É7toptu-81l) al Monte degli Uli­
vi dove sarà catturato e i discepoli lo seguono (YjxoÀou-811crcxv
òè: cxù't<f> xcxi ot JJ.CX-81l'tcxt}; Luca pensa indubbiamente agli un­
dici apostoli, ma non vuole indicare tutti i discepoli, cioè
tutti i credenti che aderiscono a Gesù. Diversamente da Mc.
1 4,3 3 che dice: «(Gesù) prese con sé Pietro, Giacomo e Gio­
vanni e cominciò a sentire paura e angoscia», il terzo evan­
gelista presenta tutta la schiera dei discepoli che si mettono
sulla via di Gesù per seguirlo; Luca quindi cons idera la nar­
razione della passione come un implicito invito a tutti disce­
poli a seguire il Maestro ed a condividerne le prove, le umi­
liazioni e la croce.11
22. Così vari commentatori; G. Schneider illustra il particolare con queste
parole: « Als Jesus den Abendmahlssaal verlasst, folgen i hm di e Jiinger. Dass
nun von den 'Jiingern' gesprochen wird, obwohl doch an die (elf) ' Apo­
stel' gedacht ist, hangt nicht nur mit der Mk-Vorlage zusarnmen, sondern
dient der Jiingerparanese in der Zeit der Kirche. V. 39 spricht von Jesu Weg
(eporeuthe), auf dem die Jiinger (d .h. die Christen), nachfolgen. Das B ild
der Jiinger ist nicht - wie Mk. V. 3 3 - durch die namentliche Nennung
von Petrus, Jakobus und Johannes bestimmt» (Lukas 11, 4 5 8}.

1 59
2. La prospettiva parenetica in ampie sezioni
del racconto della passione
Una manifesta prospettiva parenetica caratterizza ampie
sezioni del racconto lucano della passione. Ricordiamo al­
cune di queste sezioni narrative.

a) L 'agonia di Gesù al Monte degli Ulivi


Al Monte degli Ulivi, dove si è recato dopo aver celebra­
to la pasqua e dopo aver tenuto il discorso di addio, Gesù
esorta i discepoli alla preghiera, indicando così la necessità
insostituibile della preghiera, e, sempre al Monte degli Ulivi,
egli offre un esempio della perfetta preghiera.
Infatti il Maestro, appena giunto al Monte degli Ulivi,
per due volte dice ai discepoli: «Pregate, per non entrare in
tentazione>> (Le. 22,40.46); come è stato rilevato a suo luo­
go, Luca formula questo comando di Gesù senza accennare
alle ci rcostanze che lo hanno determinato, poiché la preghie­
ra è una necessità costante del discepolo, la quale va posta al
di sopra di ogni contingenza e di ogni condizionamento di
tempo (cf. Le. 1 8, 1 ; 1 1 ,9); infatti la «tentazione», cioè la
prova, è la situazione abituale nella quale si trova il discepo­
lo che vive nel tempo che intercorre tra la venuta di Cristo e
la sua parusia. Il comando di Gesù di pregare per non soc­
combere nelle prove ha un particolare valore nel contesto
lucano del racconto della passione; i discepoli sono deside­
rosi di combattere per difendere la causa del loro Maestro
(cf. Le. 22,3 8·49), ma essi non considerano l'arma che real­
mente vale e conta, cioè la preghiera.23
La preghiera che, al Monte degli Ulivi, Gesù rivolge al
23 . L'episodio narrato da Le. 22,3 9-46 racchiude importanti insegnamenti,
come si preciserà meglio in seguito; al riguardo è stato rilevato: « The
structure is instructive for Luke's meaning. The trials to which Christians
are destined can be endured and overcome only through prayer. Eager to
6ght God's war with man's weapons (22,3 8·49), the disciples fumble with
weapon that counts� (E.E. Ellis, Gospel of Luke, 2 5 7).

1 60
Padre dicendo: «Padre, se vuoi allontana da me questo cali­
ce! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Le.
22,42) ne propone un modello elevatissimo: infatti, come si
è annotato a suo tempo, la preghiera di Gesù si muove inte­
ramente nell'ambito della volontà di Dio («Padre, se vuoi
... ») ed egli, in ciò che avverrà, desidera attuare unicamente
la volontà del Padre.
Anche l'annotazione dell'evangelista che Gesù «in preda
all'angoscia, pregava più intensamente» (Èx'te:'JÉa'te:po" 7tpo­
aYJU'X,E'tO, Le. 22,44) esprime un aspetto caratteristico della sua
concezione della preghiera; per Luca nelle prove più dure e
nei momenti di maggiore tensione religiosa occorre pregare
con più insistenza e tenacia.

b) L 'aspetto parenetico delle preghiere di Gesù


sulla croce
Nel racconto della passione l'evangelista pone due signi­
ficative preghiere sulle labbra di Gesù in croce; infatti il Mae­
stro in croce prega per i suoi crocifissori (Le. 23,34) e, prima
di morire, si rivolge al Padre per affidargli nelle mani il pro­
prio spirito (Le. 23 ,46).
La prima espressione che Luca pone sulle labbra di Gesù
crocifisso è quella sul perdono di coloro che lo hanno con­
dannato; l'evangelista infatti scrive: «Gesù diceva: Padre, per­
donali, perché non sanno quello che fanno» (Le. 23,34).24
Da queste parole del Salvatore si rileva che egli non soltan­
to ha annunziato l'amore per i nemici (cf. Le. 6,2 7. 3 5 ) , ma
anche lo ha attuato; inoltre questa preghiera di Gesù propo-
14 . Come abbiamo già detto a suo luogo, riteniamo autentiche queste pa­
role di Gesù, non attestate da vari importanti codici; per noi t• omissione è
dovuta a motivi polemici, cioè al confronto tra cristianesimo ed ebraismo.
Riguardo a questo versetto, la cui autenticità è discussa, A. George osser­
va che «il est ... vraisemblable que la prière de Jésus en Le. 2 3 ,34 appartient
au texte originai de son évangile et qu•elle en a été écartée par quelque co­
piste hostile au Juda'isme» (Jésus Fils de Dieu, in Idem, Études, 232; lo stu­
dio era apparso in RB 72 [ 1 965] I 8 5 -209).
ne in modo unico ciò che caratterizza la morale cristiana e la
sua elevatezza (cf. Mt. 5 ,44; 1 8,2 1- 3 5 ; Le. 1 7,3-4).25
La seconda espressione di preghiera di Gesù in croce è
quella che il Salvatore pronunzia prima di spirare; Luca scri­
ve: «Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue ma­
ni consegno il mio spirito. Detto questo spirò)) (Le. 23 ,46).
L'evangelista, che conosceva la tradizione attestata da Mc.
1 5 ,34 (cf. Mt. 27,46), la quale poneva sulle labbra di Gesù il
grido di abbandono del giusto provato dal Signore (cf. Sal.
22,2), ha probabilmente sostituito Sal. 3 1 ,6 a Sal. 22,2 per
evitare la difficoltà e il fraintendimento delle parole del Sal­
mista (Sal. 22,2) ai suoi lettori d'origine ellenistica. La pre­
ghiera di Gesù rivela tutta la sua fiducia di essere accolto dal
Padre; con queste parole del Salvatore il terzo evangelista
mostra che Gesù stesso dispone della propria vita. 2 6
2 5 . Questa preghiera di perdono di Gesù per i suoi crocifissori, come si è
accennato, è in perfetta coerenza e consonanza con il perdono che Gesù
accorda ai peccatori penti ti e con il suo insegnamento sull'amore dei ne­
mici (Le. 6,27-3 5 ; cf. Mt. s ,43-48). Queste parole d'intercessione di Gesù
aprono la speranza ad Israele; poiché a questo popolo infatti viene offerta
la possibilità di conversione e di perdono, poiché i suoi capi hanno agito
per ignoranza. Negli Atti ritorna per due volte il motivo dell'ignoranza in
coloro che hanno voluto la morte di Gesù (cf. Atti 3 , 1 7; I J ,27) e Stefano,
il cui racconto del martirio ricalca quello del processo e della morte di Ge­
sù (cf. Atti 6, 1 2- 1 4 e 7,5 5 -6o), prega per il perdono di quelli che lo lapida­
vano dicendo: «Signore, non imputar loro questo peccato» (A tti 7,6o). Con
questi dati, Luca non intende negare la colpevolezza degli ebrei che hanno
richiesto la condanna di Cristo; egli infatti, considerando la rovina di Ge­
rusalemme come conseguenza dell'uccisione di Gesù voluta dai giudei,
ammette la gravità di questa loro colpa; tuttavia il loro peccato è perdo­
nabile e, con questo, l'evangelista afferma che, dopo la morte di Gesù, ad
Israele è ancora offerta la salvezza; cf. A. George, lsrael, in Études, ro8 (lo
s tudio era stato pubblicato in RB 7 5 [ 1 968] 48 1 - 5 2 5 ); si veda anche Étu­
des, 2 3 2 . 4 1 0. Osserva]. Ernst: «Nella visione lucana della storia della salvez­
za questo tratto [Le. 23 ,34] è significativo: nonostante la chiara condanna
dell'ebraismo ( 2 1 ,22-24; 2 J , 2 8 - J I ), al popolo eletto viene offerta un'ulti­
ma possibilità di conversione» ( L uca I I, 89 2).
26. L'espressione: «consegno il mio spirito» (7tcxpcx·d·.9E[J.CXl 'tÒ 7tVE�a [J.Ou,
Le. 23 ,46) è stata interpretata diversamente (cf. G. Rossé, Luca, 987 s. n.
1 90); probabilmente Luca, che cita secondo i Settanta, prende r.vEU[J.CX (spi­
rito) nel senso di anima (come in Le. 8,5 5 ; Atti 7, 5 9) che è quello suggerito
dal pensiero greco (cf. A. George, ]ésus Fils de Dieu, in É tudes 2 3 3 ).
,
È stata rilevata la differenza tra le parole di Gesù moren­
te: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (7tapa-rt­
.St(J.a t -rò 7tVEU!J.a !J.Ou, Le. 23 ,46) e quelle di Stefano quando
veniva lapidato: «Signore Gesù, accogli il mio spirito (òÉ�at
'tÒ 7tvtu(J.a !J.OU, Atti 7,5 9); Gesù manifesta la sua sicurezza di
essere accolto dal Padre; Stefano invece implora di essere
accolto dal Signore Gesù. 27
Le due preghiere di Gesù sulla croce sono le testimo­
nianze supreme della sua preghiera ed hanno un notevole
valore parenetico per i lettori, i quali da esse apprendono
che il Maestro è morto perdonando ed affidando il proprio
sp irito nelle mani del Padre.

c) L 'intenzione parenetica nel comportamento


dei personaggi del racconto della passione
Il modo con il quale il terzo evangelista presenta alcuni
personaggi nel racconto della passione e ne tratteggia il com­
portamento rivela una sua intenzione parenetica.
Di conseguenza Pietro, con i suoi rinnegamenti e il suo
pentimento dovuto allo sguardo di Gesù, le donne di Geru­
salemme con la loro commiserazione per la sorte del Salva­
tore e i due malfattori, crocifissi insieme con lui, dei quali
uno impenitente lo schernisce, l'altro invece ne riconosce
l'innocenza e gli chiede di ricordarsi di lui quando verrà con
il suo appannaggio regale, sono tutti personaggi che tra­
smettono un messaggio parenetico; particolarmente i due
malfattori crocifissi ai lati di Gesù «diventano rappresenta­
tivi di due tipi di atteggiamento, negativo e positivo, nei con­
fronti di Cristo». 2 8

27. Riguardo a Le. 23,46 e Atti 7, 5 9 è stato annotato: «O n y sem avec quel­
le délicatesse Luc marque la différence entre la prière du Fi ls, revenant avec
assurance auprès de son Père, et la supplication du disciple, implorant
l'accueil de son Seigneur» (A. George, La prière, in Idem, Études, 4 10).
28. G. Rossé, Luca, 829.
d) Gli avvenimenti della passione di Gesù
diventano norme di vita per i discepoli

L'aspetto parenetico del racconto della passione di Gesù


raggiunge il suo punto culminante nell'opera di Luca quan­
do gli avvenimenti della passione, morte e risurrezione di Ge­
sù, nel loro insieme, assumono un valore normativo per la
vita dei credenti. Ciò si verifica in modo esplicito nei testi di
Le. 24,26 e di Atti 1 4,2 r- 22; i due passi mostrano come l'in­
terpretazione data da Cristo risorto agli avvenimenti della
passione diventi norma di vita per i credenti.
Nel primo testo il Risorto illustra ai due discepoli di Em­
maus il significato delle sofferenze da lui subite nella sua pas­
sione e morte; egli infatti dice loro: «No n bisognava che il
Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua
gloria ?» (Le. 24,26). L'insegnamento degli apostoli accoglie
pienamente questa spiegazione dei fatti della passione e la
traduce in un principio normativo per la vita dei credenti;
infatti Paolo e Barnaba ritornano a Li stra, l conio ed Antio­
chia per rinsaldare nella fede i credenti di questi centri evan­
gelizzati in precedenza da loro e per richiamare questo prin­
cipio di vita cristiana: « È necessario attraversare molte tri­
bolazioni per entrare nel regno di Dio» (Atti 1 4,22).
I due passi citati rivelano come la spiegazione dei fatti
della passione compiuta da Cristo risorto è accolta dagli apo­
stoli e dai missionari cristiani e si trasforma in principio nor­
mativo e perenne della vita dei credenti.29

e) La riflessione parenetica sugli avvenimenti


della passione nel Nuovo Testamento
Concludiamo questi rilievi sul dato parenetico dei raccon-

29. Molto pertinente l'annotazione di G. Schneider a Le. 24,26: «V. 26 fasst


die lukanische Auffassung vom Weg Jesu in die himmlische Herrlichkeit
zusammen. Diesem Weg entspricht - wie einer von Gott verfiigten Gesetz­
massigkeit - der Weg des Jesusjiingers (vgl. Apg 1 4,22)» (Lukas n, 498).
ti evangelici della passione di Gesù con la constatazione se­
guente: gli avvenimenti della passione e morte del Salvatore
hanno vivamente impressionato sia i primi annunziatori del
messaggio cristiano, sia anche i primi credenti.
I testi parenetici che richiamano il fatto della passione di
Gesù, sparsi negli scritti neotestamentari, come, ad esempio,
1 Pt. 2,2 1 -2 5 , che inizia con il chiaro riferimento alla passio­

ne: «Anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, per­


ché ne seguiate le orme», non si spiegano senza una prolun­
gata e partecipata riflessione sugli avvenimenti della passio­
ne, dei quali, alla luce della fede, si sono visti l'importanza e
il valore normativo per la vita cristiana.

I I I . IL DATO SALVIFI CO DEL RACCONTO LUCANO


D ELLA PASSIONE

I commentatori in termini più o meno ampi rilevano che


Luca, nei suoi scritti, pur parlando spesso della morte di Ge­
sù, accenna poco al valore ed all'efficacia salvifi ci di essa; ep­
pure per il credente è di fondamentale importanza conosce­
re il valore salvifico che il terzo evangelista attribuisce alla
passione e morte di Gesù.30
Nell'illustrare il dato salvifico del racconto lucano della
passione e morte di Gesù occorre partire non già da dati so­
teriologici affermati da altri autori neotestamentari o da ca­
tegorie soteriologiche della teologia cristiana, quali sacrifi­
cio, espiazione, soddisfazione, riscatto, e vedere se questi da­
ti si riscontrano negli scritti di Luca, ma occorre esaminare
lo scopo che l'evangelista si è prefisso nel redigere le varie
30. Dice testualmente A. George: ((On est... fort étonné de constater que
l'oeuvre de Luc, qui parle si souvent de la mort de Jésus, fasse si peu de
piace à son efficacité salutaire, et ne dise rien de sa valeur expiatoire. Ce
fait a été remarqué depuis longtemps et on l'a imerprété diversement » ...

(Le sens de la mort de ]ésus, in Études, I 8 5 ; cf. I 9 I ). Da parte sua S. Zedda


designa come vexata quaestio il problema se Luca attribuisca alla morte di
Gesù un valore sacrificale (di sacrificio di espiazione); cf. Teologia della
salvezza nel vangelo di Luca, I 30.
sezioni della sua opera; infatti ogni autore neotestamenta­
rio, a seconda dello scopo che si propone nei vari passi dei
suoi scritti, si attiene a una propria prospettiva e usa un lin­
guaggio corrispondente.
È ovvio che in uno scritto dottrinale si ha un linguaggio
tecnico e concettuale, mentre in uno scritto narrativo si usa
un linguaggio espositivo e descrittivo.
Certamente nella lettera ai Romani che si propone di af­
fermare l'universalità dell 'opera salvifica attuata da Gesù Cri­
sto sia per gli ebrei che per i pagani abbondano le afferma­
zioni sul valore salvifico della sua passione e morte; Paolo
quindi, autore dello scritto, afferma che Gesù è morto per noi
e per i nostri peccati (cf. Rom. 5 ,6.8; 4,2 5 ), che è strumento
di espiazione nel suo sangue (Rom. 3,24-2 5 ) e che gli uomi­
ni sono giustificati per il suo sangue (Rom. 5 ,9); tutte queste
affermazioni sottolineano con vigore l'aspetto soteriologico
della morte di Gesù. Ora non si può esigere che in un rac­
conto evangelico degli avvenimenti della passione e morte
di Gesù si usi un linguaggio soteriologico come quello che
ricorre in uno scritto dottrinale.
Per un'impostazione corretta del problema del valore sal­
vifico della passione e morte negli scritti di Luca occorre sa­
per valutare i testi in modo articolato e rispondente agli sco­
pi che l'evangelista ha inteso perseguire.
Alla luce di questo principio ermeneutico, noi concentre­
remo la nostra attenzione sui tre punti seguenti: 1 . in primo
luogo richiameremo la prospettiva di teologia o di soterio­
logia narrativa nella quale Luca si è posto nel redigere il rac­
conto della passione e morte di Gesù; 2. successivamente ri­
corderemo quello che, secondo la testimonianza degli Atti,
la predicazione degli apostoli ha affermato sulla passione e
morte del Salvatore; 3· in seguito constateremo come l'auto­
re del terzo vangelo e degli Atti non manchi di sottolineare
il valore salvifico della morte del Maestro. Infine conclude­
remo la presente esposizione con alcune constatazioni.

1 66
1. La prospettiva di teologia
o di soteriologia narrativa
del racconto lucano della passione
Occorre richiamare la prospettiva nella quale Luca si è
posto nel narrare la passione e la morte di Gesù, poiché è
d'importanza fondamentale per valutare correttamente que­
sto racconto. Tal e racconto infatti appartiene al genere nar­
rativo e non si può attendere da esso ciò che si trova in una
confessione di fede o in una proclamazione kerygmatica.3 1
Il terzo evangelista nel narrare la storia della passione ha
costantemente presente il dato che i fatti della passione e
morte di Gesù rientrano nel piano voluto da Dio e che Ge­
sù si attiene fedelmente ad esso.
Più volte egli manifesta questa sua prospettiva e ricorda
come Gesù stesso intende realizzare questo piano progetta­
to dalla volontà del Padre (cf. Le. 9,22; 1 2, 5 0; I 7,2 5 ; I 8,3 I ; 22,
3 7.42; 23,46). Questa volontà di Dio è manifestata negli scrit­
ti dei profeti e nella parola della Scrittura; per questo moti­
vo Gesù, parlando della sorte dolorosa che lo attende, di­
chiara: «Tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio
dell 'uomo si compirà» (Le. 1 8,3 1 ), oppure: «Perché vi dico:
deve compiersi in me questa parola del Signore: E fu anno­
verato tra i malfattori» (Le. 22,37).31
Proprio per il fatto che la passione e morte di Gesù ap­
partengono al piano voluto da Dio esse hanno un carattere
misterioso e incomprensibile per i discepoli. Al riguardo è
particolarmente signifi cativo un testo di Luca; infatti men­
tre, dopo il secondo annunzio della passione, Marco osserva
3 1 . Cf. G . Rossé, Luca, 8 3o; quello che ha detto per il racconto della pas­
sione di Luca vale anche per quelli di Matteo e Marco; l'autore sviluppa in
un paragrafo a pane l'argomento: «Il racconto della passione nel pensiero
di Luca», 828-83 1 .
3 2. Cf. A . George, Le sens de la mort de ]ésus i n É tudes, 202 s.; riguardo
all'atteggiamento di Gesù nei confronti della volontà del Padre, l'autore
rileva: « Le Maitre accepte cette volonté comme la loi de sa mission. Il
marche à la mort dans l'obeissance, en toute confìance à son Père».
semplicemente che «(i discepoli) non comprendevano que­
ste parole ed avevano timore di chiedergli spiegazioni» (Mc.
9,3 2), Luca precisa ulteriormente il motivo di questa incom­
prensione; in effetti egli scrive: «Ma essi non comprendeva­
no questa frase; per loro restava così misteriosa che non ne
comprendevano il senso e avevano paura di rivolgergli do­
mande su tale argomento» (Le. 9,45). 33
Parimenti dopo la terza predizione della passione (cf. Mt.
20, 1 7- 1 9; Mc. I O,J 2-J4), Luca è l'unico evangelista sinottico
a sottolineare l'incomprensione dei discepoli; egli infatti scri­
ve: «Ma (i Dodici) non compresero nulla di tutto questo; quel
parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli
aveva detto» (Le. I 8,34). 34
Questi brevi accenni al piano misterioso progettato da Dio
per la passione e morte di Gesù, ed al quale questi si è pie­
namente uniformato, confermano quanto è stato affermato
nella prima parte del presente capitolo, nella quale si è detto
che l 'aspetto prevalente del racconto lucano della passione
di Gesù è l'affermazione della sua messianicità, nonostante
le sofferenze e le umiliazioni della passione e della morte in
croce, le quali rientravano nel piano misterioso di Dio.
Nel racconto della passione Luca non poteva fare altro
3 3 · La versione a cura della CEI non è troppo fedele al testo; il passo in­
fatti andrebbe tradotto meglio nel modo seguente: «(la parola) era velata
(o: nascosta) per loro in modo da non comprenderla (Le. 9,4 5)» ; si è d i
fronte ad u n passivo divino ( �v 7tapaxexaÀU!J. !J. Évov à1t'aù-rwv) che indica
come il piano della passione e morte di Gesù, essendo voluto da Dio, ri­
mane incomprensibile ai d iscepoli.
34· Luca è l'evangelista che più degli altri ha rilevato l'incomprensione dei
discepoli delle predizioni della passione compiute da Gesù, ma in pari
tempo egli è anche ],evangelista che più esplicitamente degli altri ha ricor­
dato la rivelazione del mistero de1la passione, cioè del mistero de1le soffe­
renze del Messia, da parte di Cristo risorto. Al riguardo osserva opportu­
namente A. George; « À l,incom.p réhension de la souffrance du Messie par
les disciples avant Paques succède la révélation pascale de ce mystère, dans
une série de textes propres à Luc. c·est le ressuscité lui-meme qui ensei­
gne à ses disciples que 'le Christ devait souffrir'; et il le leur montre en
leur 'ouvrane les É critures (Le. 24,3 2), en leur 'ouvrant' ]•esprit pour les
comprendre (Le. 24,4 5)» (Le sens de la mort de ]ésus, in É tudes, 203 -204).

168
che narrare quanto Gesù, come Messia, ha sofferto e patito
per attuare questo suo compito. Ora in questo racconto non
si può trovare se non una «teologia narrativa», come è stata
chiamata,3 5 che è una teologia inserita nei fatti stessi e che
va dedotta dallo studio qel racconto di questi fatti o avveni­
menti. La teologia narrativa è alla base del pensiero soterio­
logico di Luca, che trova la sua formulazione più esplicita e
più elevata in Le. 22, 1 9-20 e in Atti 20,2 8 . Tuttavia secondo
la presentazione lucana della salvezza anche le sofferenze, i
patimenti e la morte di Gesù vanno intesi come parte della
storia che Dio ha attuato per mezzo di Gesù Cristo a sal­
vezza degli uomini. 3 6
Certamente, sotto un certo aspetto si può dire che la so­
teriologia lucana ricopre l'intero mistero di Gesù che è ope­
ra di salvezza,3 7 ma essa appare in modo più vistoso nel rac­
conto della passione e della morte di Gesù.
È significativo che Luca, nella parte conclusiva del discor­
so di addio (22,3 5-3 8) a ridosso dell'inizio del racconto del­
la passione (22,39 ss.), riporti queste parole di Gesù ai disce­
poli: «Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della
Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori [fs. 5 J, 12]. Infatti
tutto quello che mi riguarda volge al suo termine» (22,37).
Il contesto richiede che la citazione di fs. 5 3, 1 2 prospetta
ai discepoli un avvenire di prove, di maltrattamenti e di per­
secuzioni, poiché il loro Maestro è stato considerato e trat-
3 5. L'espressione «teologia narrativa» si trova in E. Rasco, La teologia de
Lucas, Origen, Desarollo, Orientaciones, Roma I 976, I 3 7; si può anche
parlare di 'soteriologia narrativa', come fa G.C. Bottini, Introduzione al­
l'opera di Luca, I 3 I ; infatti questo studioso rileva che, secondo diversi
autori, quando «il tema soteriologico è assente a livello di affermazioni di­
rette ed esplicite, si può tuttavia parlare d i una 'soteriologia narrativa',
vale a dire espressa attraverso il racconto della morte. Nella struttura lu­
cana infatti essa appare come la causa che provoca la conversione del buon
ladrone (cf. Le. 23,29-43) e di tutto il popolo (cf. Le. 23,48)» (ibid. ).
36. Cf. G. Schneider, Lukas 11, 449 (Exkurs 2 1 : «Die Bedeutung des Todes
Jesu», 447-449).
3 7· Come affermano vari studiosi; per una rapida informazione biblio­
grafica cf. G.C. Bottini, Introduzione all'opera di Luca, 1 3 2 n. 164.
tato come un malfattore; tuttavia non si può isolare questo
versetto dall'intero canto del Servo di Jahvé (/s. 5 2, I J - 5 J , I 2),
nel quale si parla ampiamente delle sofferenze e delle umi­
liazioni del Servo, si accenna alla sua missione soteriologica
{cf. /s. 5 3 ,4- 5 ·6. 1 o) e soprattutto si afferma che il successo e
il trionfo della sua opera sono assicurati da Dio.3 8
Nel racconto lucano della passione segnaliamo partico­
larmente due dati molto significativi per la teologia o sote­
riologia narrativa del terzo evangelista. Sappiamo che soltan­
to Luca, dopo i rinnegamenti di Pietro, annota che Gesù
«guardò Pietro»; l'evangelista infatti scrive: «Allora il Si­
gnore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle pa­
role che il Signore gli aveva detto: Prima che il gallo canti,
oggi mi rinnegherai tre volte>> (Le. 22,6 1 ) . Dal racconto di
Luca appare che l'apostolo deve il suo ravvedimento, evi­
tando il naufragio nella fede (cf. Le. 22,3 2), allo sguardo del
Maestro. È questo un modo con il quale l'evangelista mo­
stra con la narrazione dei fatti la sua teologia e la sua sote­
riologia. Ancora più incisiva è la soteriologia narrativa nel­
l' episodio del buon ladro ne; alle parole che gli rivolge il la­
drone pentito dicendogli: «Gesù, ricordati di me quando
entrerai nel tuo regno» (Le. 2 3,42), Gesù gli risponde: «In
verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso» (Le. 23,43).
Certamente nella solenne promessa di Gesù non è detto
espressamente, come è stato rilevato a suo luogo, che il Mae­
stro con la sua morte o per mezzo di essa opera la salvezza
del ladrone pentito, ma il contesto lo lascia sufficientemente
intendere.39 Infatti tutti gli scherni rivolti a Gesù in croce
3 8 . I commentatori rilevano che Luca, citando il testo di /s. S J , I 2, accenna
soltanto all'aspetto negativo dell'abbassamento e dell'umiliazione del Ser­
vo di Jahvé senza accennare al valore dell'espiazione vicaria della sua mor­
te ed all'esaltazione che Jahvé stesso avrebbe riservato al suo Servo; ma bi­
sogna pensare che Luca si è limitato a citare parte del versetto di /s. 5 3 , 1 2
poiché con esso intendeva illustrare i l detto precedente d i Gesù; cf. G . Ros­
sé, Luca, 903 ; tuttavia per i lettori di Luca il versetto isaiano rievocava
}�intera fi gura ed attività del Servo di Jahvé.
3 9· Sulle parole che Gesù in croce rivolge al ladrone pentito (cf. Le. 23,43)
è stato osservato: « La conversione del secondo ladrone è certamente una
hanno come denominatore comune il motivo della salvezza:
i capi giudaici, i soldati e uno dei malfattori crocifissi insie­
me con il Maestro gli dicono di salvare se stesso (cf. Le. 2 3,
3 5 ·37·39), anzi il malfattore impenitente lo schernisce dicen-
.dogli «Salva te stesso ed anche noi!» (Le. 2 3 ,39 ).
Come si scorge da questi rilievi, il terzo evangelista ha
voluto presentare a suo modo l'attività salvifica di Gesù Cri­
sto; infatti «Luca ha scelto la forma narrativa per la sua pro­
clamazione deli' evento-Cristo, costellata peraltro con detti
di Gesù e discorsi degli apostoli ... La questione vera e pro­
pria riguardante le pagine lucane è se Dio sia presentato in
esse come colui che realizza il piano salvifico nonostante la
sofferenza e la morte di Gesù, oppure tramite questa soffe­
renza e morte. A mio modo di vedere, è vera la seconda al­
ternativa; Luca il narratore ha una sua modalità propria di
presentare tali verità soteriologiche di importanza capitale.
Il termine principale da lui usato per esprimere l'effetto del­
l' evento-Cristo è 'salvezza'». 40
Un a volta che si è stabilito che Luca si attiene a una sote­
riologia narrativa poiché presenta le verità soteriologiche in
modo proprio e come narratore, non si può più affermare
che egli abbia omesso o abbia taciuto verità soteriologiche
di fondamentale importanza come, ad esempio, il detto di
coloritura più tarda che vuole rappresentare Gesù, ancora in punto di
morte, come il Salvatore e l'amico dei peccatori» (J. Ernst, Luca n, 897).
4o. j.A. Fitzmyer, (( Oggi sarai con me in paradiso», in Idem, Luca teologo,
1 68 ; in precedenza lo studioso si era così espresso sullo stesso argomento:
«So dies Jesus of Nazareth in the Lucan Gospel, peaceful and forgiving,
attended by cataclysms and witnessed by sympathizers. He is not depict­
ed as having given his ]ife 'as ransom for many' (Mark 10,4 5) or as 'put to
death for our trespasses' (Rom 4,2 s ; cf. I Cor 1 s ,J ) . Yet he has bee n clear­
ly portrayed dying as a savior, implicitly so acknowledged by the taunts
of 'the leaders' (2),2 5 ), the 'soldiers' (2J,J6-3 7), and even one of the 'crim­
inals' (2J,J9). That his salvific activity has helped 'others' has likewise
been aknowledged (2 J ,J s ) ; and shortly before he breathes his las t, the cru­
cified Jesus assures the penitent criminal that that very day he shall be with
him im bliss (23,43). So Luke, the storyteller, dramatizes an effect of the
Christ-event: what Jesus of Nazareth by his death has achieved for hu­
manity is salvation.. . » (Luke II, l s l s ).
Gesù riportato da Marco e da Matteo che recita: «Il Figlio
dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e
dare la propria vita in riscatto per molti» (òouvcu -r�v �ux�v
IXÙ'tou Àu-rpov àv'tt rcoÀÀwv, Mc. 1 0,4 5 ; Mt. 20,28).
Tutti gli studiosi constatano che in Luca manca un'affer­
mazione esplicita sul valore soteriologico della morte di Ge­
sù, come quella del testo di Mc. 10,4 5 , ma a seguito di que­
sta constatazione non tutti concludono che l'evangelista
abbia omesso intenzionalmente o abbia attenuato questo da­
to soteriologico, poiché Luca, come sappiamo, si attiene a
una soteriologia narrativa. D'altronde per quanto riguarda
l'importante logion di Gesù, riferito da Mc. 1 0,4 5 (cf. Mt .

20,2 8) possono essere addotti validi motivi per spiegare la


sua omissione; già J. Dupont osservava: «In realtà Luca ha
omesso la pericope di Mc. 1 0,3 5-4 5 , poco onorifica per i fi­
gli di Zebedeo che reclamavano per sé i primi posti; Luca ha
voluto usare riguardo agli apostoli, non sopprimere un lo­
gion perché non gli piaceva il suo contenuto».41

2. La predicazione degli apostoli sulla passione


e morte di Gesù ne/ libro degli Atti
N o n soltanto il vangelo di Luca è reticente sul valore sal­
vifico della passione e morte di Gesù, ma anche la predica­
zione degli apostoli, quale è attestata nei discorsi missionari
degli Atti, sorprende per il silenzio sul senso soteriologico
di questi avvenimenti.
Questo silenzio si riscontra nei discorsi missionari rivolti
ai pagani come anche in quelli diretti ai giudei. Nei discorsi
missionari indirizzati ai pagani, come il discorso di Paolo
4 1 . Studi sugli Atti degli Apostoli, Roma 1 975, 248 ; è nota la tendenza di
Luca ad attenuare e ad omettere aspetti e particolari non encomiabili con­
cernenti gli apostoli; così egli omette di segnalare la fuga degli apostoli do­
po la cattura di Gesù. Per il problema di presunte omissioni sul valore sal­
vifico della passione e morte di Gesù, cf. V. Fusco, Il valore salvifico della
croce, 205-236, spec. 220-22 5 ; G.C. Bottini, Introduzione all'opera di Lu­
ca, 1 16-1 20.
all'Areopago (Atti I 7 , 2 2 -3 I ) e quello di Paolo e Barnaba di­
retto agli abitanti di Listra (Atti I 4, I 5 - I 7), non si fa nessun
accenno alla passione e morte di Gesù ed ai suoi effetti sal­
vifici, ma c'è un pressante invito ad abbandonare gli idoli ed
a convertirsi al Dio vivente e creatore (cf. A tti I 4,I 5 ; I 7,23-
29 ); nel discorso all'Aero pago inoltre l'apostolo afferma che
ci sarà un giudizio universale da parte di Gesù che Dio ha
risuscitato dai morti; egli infatti dice espressamente: «Ora
Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi
poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare
la terra con giustizia per mezzo di un uomo col risuscitarlo
dai morti» (Atti I 7,29-3 I ).
Questo mancato accenno al senso soteriologico della pas­
sione e della morte di Gesù nei discorsi missionari diretti ai
pagani non deve sorprendere, poiché si ritiene che questi di­
scorsi si attengono ad uno schema tradizionale della predi­
cazione cristiana ai pagani; detti discorsi infatti concentrano
il loro interes�e sulla necessità per i pagani di allontanarsi dal­
l'idolatria per convertirsi al Dio creatore e provvedente, co­
me tra l'altro appare da 1 Tess. I ,9- I O; Ebr. 5 , I I - 6, 2 «L'as­
.

senza del tema della morte salvifica di Gesù - rileva G.C.


Bottini - non va perciò necessariamente addebitata alla vi­
sione teologica di Luca».42
Nei discorsi missionari diretti ai giudei (cf. Atti 2, I 4-36;
3, I 2-26; 4,8- I 2; 7,2-5 3; I 0,34-4 3; discorso ai «timorati di
Dio» : I 3 , I 6-4 I ) sorprende ancora maggiormente l'assenza
del tema del valore soteriologico della morte di Gesù, poi­
ché si parla della salvezza e della morte di Gesù senza stabi­
lire un nesso tra questi due fatti.
Qualunque sia la posizione dei critici sulla valutazione di
questi discorsi, sia se si ammetta che detti discorsi riportino
il kerygma primitivo o quello del tempo della redazione del­
l'opera lucana (Luca-Atti), sia anche se si ritenga che questi
discorsi racchiudano il pensiero teologico di Luca, l'assenza
42. Introduzione all'opera di Luca , 1 2 1 ; cf. V. Fusco, Il valore salvifico
della croce, 226.

1 73
del significato soteriologico della morte di Gesù non cessa
di disorientare gli studiosi, soprattutto quando ci si richiami
alla formulazione kerygmatica di 1 Cor. I 5 ,3 .
Certamente nei discorsi missionari ai giudei non s i può
trovare un'esposizione compiuta ed esauriente di tutti i con­
tenuti della fede cristiana, tanto più che ognuno di detti di­
scorsi ha una sua precisa finalità e va inquadrato nel proprio
contesto; vi sono discorsi tenuti a Gerusalemme o nella dia­
spora, discorsi di Stefano e di Paolo, discorso di addio, di­
scorsi apologetici di Paolo davanti ai giudici.
Inoltre non si può prescindere dalla constatazione che
questi discorsi, pur diretti ai giudei, tengono presenti i let­
tori cristiani; in realtà sono questi lettori cristiani, i quali,
oltre ad essere catechizzati su particolari aspetti o dati della
loro fede, sono illuminati sul problema molto avvertito nel­
la chiesa delle origini del rapporto della comunità credente
con Israele e della continuità storico-salvifica tra la chiesa e
le promesse fatte ad Israele.
Il rifiuto di Gesù da parte d'Israele costituiva un grave
problema per la chiesa primitiva, la quale, a motivo di que­
sto rifiuto, si domandava se era legittima la sua eredità dei
beni messianici promessi all'antico Israele e in quale senso
andava intesa la messianicità di Gesù; in queste situazioni i
discorsi degli apostoli rivolti ai giudei dovevano parlare dei
loro errori e di quello dei loro capi nell'aver rifiutato e fatto
condannare Gesù, errori dovuti a cecità e ad ignoranza (cf.
Atti 3 , 1 7; I 3 , 1 7; cf. Le. 23,34). La cecità e l'ignoranza dei giu­
dei appaiono dal fatto che essi non hanno visto nei miracoli
operati da Gesù un modo con il quale Dio accreditava la sua
autorità (cf. Atti 2,22; IO,J 8) e soprattutto nella risurrezione
di Gesù non hanno scoperto l'intervento diretto di Dio, il
quale ha operato a favore di Gesù annullando la condanna
pronunziata dagli uomini contro il suo Messia (cf. Atti 2,24-
36; ) , I ) I 5 .2 6; 4, 1 0; 5 ,30; I 0,40-4 I ; I J ,JO- J I ).4 3
.

4 3 · Va osservato come gli Atti propongono ripetutamente «lo schema di


contrasto, che contrappone da una parte la morte di Gesù come azione

1 74
L'assenza di un'esplicita affermazione dell'efficacia salvi­
fica della croce nei discorsi rivolti ai giudei non va spiegata
come una volontaria omissione di Luca, ma come un suo
spostamento d'interesse teologico; egli infatti preferisce pro­
porre la salvezza come atto di fede in Gesù ed in tal modo
la fede rende possibile la salvezza anche ad Israele, offrendo
ad esso un rimedio all'errore commesso.
L'atto di fede in Gesù si realizza nel battesimo unito al­
l'invocazione del suo nome, la quale attesta la confessione
della sua messianicità e della sua signoria divina (cf. Atti 2,
3 8; 3, 1 9; 4, 1 2; 5,3 1 ; 1 0,43; 1 3,J 8-39).
Gli Atti ricordano anche come doni salvifici e messianici,
attesi da Israele, la remissione dei peccati (Atti 2,3 8; 3, 1 9.26;
5 , 3 x ; 10,43 ; 1 3,3 8), il dono dello Spirito (2,38), la realizza­
zione delle promesse escatologiche (3,20-2 1 ; 10,43); ora que­
sti doni messianici di salvezza sono partecipati da coloro
che aderiscono a Gesù per mezzo della fede. L'invito alla
conversione, che ritorna più volte nel libro degli Atti (cf. 2,
3 8; 3, 1 9; 4, 1 2; 5 ,3 1 ), non è altro che un invito ad accogliere
la salvezza operata da Gesù Cristo. 44

3· Il valore salvifico della morte di Gesù


nell'opera di Luca (Vangelo-Atti)
Luca, pur mostrando una certa riserva a parlare del valo­
re salvifico della morte di Gesù, come si è constatato nei pa­
ragrafi precedenti, 4s non manca di sottolinearlo parti colar-
degli uomini, dall'altra la sua risurrezione come azione di Dio», V. Fusco,
Il valore salvifico della croce, 230.
44· A conclusione della sua spiegazione dei discorsi missionari diretti ai
giudei, G .C. Bottini rileva: «Il tema della salvezza nella predicazione apo­
s tolica ai giudei è presente, ma sotto una forma particolare. Non si mette
...

tanto in luce il ruolo di Dio autore della salvezza presente e futura, quan­
to piuttosto ciò che si richiede dall'uomo. Non si può quindi dimostrare
in nessun modo che il silenzio degli Atti sul valore salvifico della passione
e morte di Gesù sia dettato da una riserva di Luca per questo tema» (In­
troduzione all'opera di Luca, 1 23).
4 s. Al riguardo occorre richiamare quanto hanno osservato alcuni studio-

1 75
mente in due passi di notevole interesse, cioè in Le. 22, I 9-20
(istituzione dell'eucaristia) e in Atti 26,28 (discorso di addio
di Paolo ai presbiteri di Efeso raccolti a Mileto).
È necessario un breve accenno a questi due passi. In Le.
22, I 9 - 20 è detto: «E, 46 preso un pane, rese grazie, lo spezzò
e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo che è dato per
voi, fate questo in memoria di me. Allo stesso modo dopo
aver cenato, prese il calice dicendo: Questo calice è la nuova
alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi».
L'importanza di questo passo è condizionato dalla sua tra­
dizione testuale, poiché testimonianze antiche come il codi­
ce D ed alcuni manoscritti della Vetus Latina trasmettono
si, come G. Rossé, che afferma: « Luca riflette sul significato della passione
(ultima cena) alla luce della tradizione ellenistica, quindi non con le cate­
gorie semitiche. I greci ignorano l'idea di espiazione legata alla morte, e
vedono con ripugnanza un valore dato a un sacrificio umano. Luca quindi
esprime con altri modi la realtà salvifica della croce di Gesù» (Luca, 8Jo-
8 J I ). E poco più avanti l'autore rileva: « L'idea di salvezza legata alla croce
di Gesù non è dunque assente in Luca, ma è resa con argomenti e motivi
più comprensibili a lettori ellenisti. La fede che salva è certo legata, nel
suo sorgere, al Risorto, ma per nascere, deve passare per l'accoglienza del
Crocifisso, secondo la logica indicata dallo stesso kerygma che non separa
le due realtà (vedi i discorsi di Pietro in Atti 2,22 ss.; 3 , 1 2 ss.; 4,8 ss.)» (p.
8 3 I ). L 'autore poi giunge a dire: « La passione perde così, in Luca, il suo
aspetto scandaloso, ignominioso e tragico, per apparire come una via, cer­
to dolorosa, ma indispensabile, da percorrere con serenità e fiducia» (ibid. ).
Anche altri studiosi ritengono che la mentalità greca di Luca e quella dei
suoi lettori abbiano influito sulla particolare presentazione della croce nel­
l'opera lucana. A. George, ad esempio, osserva: « On peut penser que son
(di Luca) insistance sur le martyre de Jésus, son silence sur l 'expiation, sa
réserve sur le sacrifice, tiennent à sa mentalité grecque et à celle des lec­
teurs auxquels il s'adresse. Pour les Grecs du Icr siècle, un sacrifice humain
est barbare, la mort n'a pas de valeur expiatoire; aussi la prédication du
Christ crucifié leur parait 'une folie' ( r Co. 1 ,23)» (Le sens de la mort, 2 I 2).
Agli autori, i quali pensano che Luca presenta una concezione della sal­
vezza che vada incontro alla mentalità greca si fa osservare che «nel mon­
do greco risulta largamente diffusa l'idea del valore salvifico della soffe­
renza di un individuo per la comunità; cf. M. Hengel, Der stellvertretende
Suhnetod]esu. Ein Beitrag zur Entstehung des urchristlichen Ke rygmas: In­
ternat. Kath. Zeitschr. Communio 9 ( 1 9 80 ) I -1 S · I J S - I 47; V. Fusco, Il va­
lore salvifico della croce, 209 n. I 5 .
46. L a versione a cura della CEI traduce erroneamente i l xcxt greco (= e)
con «poi».
un testo breve, omettendo la seconda parte del v. I 9: «che è
dato per voi; fate questo in memoria di me» e l'intero v. 20
(«Allo stesso modo dopo aver cenato »); la quasi totalità dei
...

testimoni del passo lucano in questione hanno il testo lun­


go, cioè Le. 22, I 9bc-2o. Mentre in passato la maggior parte
dei critici sosteneva la lettura breve, ora invece la maggio­
ranza di essi accetta la lettura lunga rilevando che dei copisti
non hanno avvertito che Luca, nel racconto, intendeva di­
stinguere il rito della cena pasquale con l'uso del calice da
far passare tra i commensali (vv. 1 s - I 8) e il rito dell' eucari­
stia cristiana, istituito da Gesù; per questa difficoltà essi han­
no abolito il secondo calice, quello eucaristico.47
Indubbiamente il testo lungo del racconto lucano del­
l'istituzione dell'eucaristia afferma l'idea del valore salvifico
della morte di Gesù; gli studiosi possono indicare la cate­
goria biblica con la quale può essere meglio indicato il valo­
re salvifico della morte; di conseguenza possono proporre
se è meglio parlare di espiazione, di sacrificio o di dono di sé
nel martirio; Luca da parte sua parla di nuova alleanza, che è
una categoria biblica intensamente rievocativa dell'iniziativa
di salvezza avuta da Dio nei confronti del suo popolo che si
realizza per mezzo del sangue che Gesù ha versato nella sua
passione e morte. 4 8
In Atti 20,28 Paolo rivolge ai presbiteri di Efeso, convo-

47· Cf. B.M. Metzger, A textual Commentary on the Greek New Testa­
ment, I 73 - 1 77; il critico conclude le sue constatazioni con questa valuta­
zione: «The weight of these considerations was estimated differently by
different members of the Committee. A minority preferred the shorter
text as a Western non-interpolation ... The maj ority, on the other hand,
impressed by the overwhelming preponderance of external evidence, sup ­
porting the longer form, explained the origin of the shorter form as due to
some scribal accident or misunderstanding. The similarity between verses
1 9b-2o and 1 Cor. u ,24b-2 5 arises from the familiarity of the evangelist
with the liturgical practice among Pauline churches, a circumstance that
accounts also for the presence of non-Lukan expressions in verses 1 9b-
20» (pp. 1 76- 1 77).
48. Cf. V. Fusco. Il valore salvifico della croce, 2 1 6-2 1 7; G.C. Bottini, In­
troduzione all'opera di Luca, 1 2 5 .

1 77
cati da lui a Mileto, questa esortazione: «Vegliate su voi
stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo
vi ha posto come vescovi 49 a pascere la chiesa di Dio, che egli
si è acquistata con il suo sangue». 5° I Pt. 2,9- 1 0 parla di po­
polo che Dio si è acquistato (cf. /s. 4 3,2 1 ); questo popolo è
costituito in «assemblea ( chiesa) di Dio» (l) Èxx);rJcrta 'tou
=

..9e:ou) (I Cor. ), formula molto cara a Paolo (cf. I Cor. I ,2;


10,32; 1 1 ,22, ecc.). L'apostolo nell'esortare i presbiteri di Efe­
so ad attendere con molta generosità al gregge affidato alle
loro cure pastorali non trova esempio e modello migliore di
Gesù Cristo che si è acquistato la chiesa di Dio con il suo
sangue, cioè mediante (dia) il sacrificio della sua vita. Qui
Luca usa il linguaggio della tradizione e lo pone sulle labbra
di Paolo; infatti nel testo ricorrono espressioni tradizionali
del linguaggio ecclesiastico neotestamentario (cf. Ef I , I 4; I
Pt. 2,9). Parimenti l'intervento salvifico con il quale si affer­
ma l'appartenenza della chiesa a Gesù Cristo è espresso con
il linguaggio con il quale in passato si indicavano altri inter­
venti con i quali Dio ha salvato il suo popolo rendendolo
sua proprietà particolare (cf. Es. 1 9, 5 -6). 5 1
49· La Bible de ]érusalem (Paris 1 973) traduce: «Lo Spirito Santo vi ha sta­
biliti guardiani (gardiens) per pascere la chiesa di Dio»; versione da prefe­
rire; in tal modo si evita di pensare che il titolo di vescovo risalga al tempo
di Luca.
so. Per la tradizione manoscritta del testo di Atti zo,z8 cf. B.M. Metzger,
.A textual Commentary on the Greek New Testament, 4 8 0 4 8 2 L'espres­
- .

sione: il «suo sangue» non può indicare il sangue di Dio, ma il sangue di Ge­
sù Cristo; il testo greco dice letteralmente: «con il sangue del proprio
(Figlio) » (òtà -rou at'p.a-ro<; 'tou iòtou). S. Zedda spiega così il testo di Atti
.1o,z8b: «Si può pensare che nel parlare di chiesa di Dio, Luca (e Paolo)
intendeva parlare direttamente di Gesù Cristo chiamandolo Dio, oppure
che dopo aver scritto (detto) chiesa di Dio il pensiero ha subito uno slit­
tamento: da Dio Padre a Cristo. In ogni caso si parla del1'acquisto di un
popolo mediante il sangue di Cristo: si esprime così chiaramente l'idea del
valore salvifico del1a sua morte» ( Teologia della salvezza nel Vangelo di
Luca, I J 3-1 34).
s 1. Riguardo al1a formula: « ... che egli si è acquistata con il suo sangue» (At­
ti zo z 8 b) è stato osservato: «Con espressioni ricalcate sul linguaggio del­
,

l'Esodo (Es. 1 9,5 s.) si parla del1a comunità cristiana come popolo di Dio,
divenuto sua particolare proprietà in forza dell'intervento salvifico: nella
Nell'interpretazione di questo importante passo si pos­
sono ammettere delle sfumature di senso come, ad esempio,
si può accentuare l'istanza parenetica dell'esemplarità offer­
ta dalla morte di Gesù, ma questo non può avvenire a scapi­
to o a motivo di una riduzione del senso soteriologico del­
l'affermazione, poiché tale affermazione è fortemente sote­
riologica e propone in termini espliciti ed autonomi il valo­
re salvifico della morte di Gesù. P
Sarebbe molto istruttivo segnalare i parallelismi che in­
tercorrono tra Le. 22, 1 9-20 ed Atti 20,28 poiché manifeste­
rebbero come i due testi siano apparentati sia a motivo del
contesto in cui sono collocati, sia anche a motivo delle idee
che contengono; infatti i due testi sono in un contesto di
scene di addio. L'addio di Gesù e l'addio di Paolo e ambe­
due considerano la morte di Gesù come evento fondante del­
la comunità salvifica.53

RILIEVI CON CLUSIVI

Termineremo la nostra esposizione sul dato salvifico del


racconto lucano della passione con alcuni rilievi conclusivi.
In primo luogo da quanto è stato detto risulta che il dato
salvifico affermato nei vari scritti del Nuovo Testamento
non può essere ricondotto ad un unico comune denomina­
tore o ad un'unica categoria.
Paolo, che affronta il problema del peccato dell'uomo e
quello della giustificazione, coerentemente a questa sua vi-
trasposizione cristiana quest'intervento salvifico si è compiuto attraverso
(ò&ci) la morte di Gesù» (V. Fusco, Il valore salvifico della croce, 2 1 7 s.).
5 2. Anche se nella formula usata da Luca in A tti 20,2 8b non si parla di
morte per i peccati, né di espiazione, né di perdono, « il tenore dell'affer­
mazione soteriologica è assolutamente sicuro» (G.C. Bottini, Introduzio­
ne all'opera di L u ca 1 2 5 ). Già A. George rilevava che il testo di A tti 20,
,

.28, pur non parlando di espiazione né di perdono, mette la fondazione del­


la chiesa in relazione con la morte di Gesù attribuendo ad essa un valore
salvifico; cf. Le sens de la mort, 1 92.
S 3 · V. Fusco ha rilevato i parallelismi più signifi cativi tra Le. 22, 1 9-20 ed A t­
ti 20,28 ; cf. Il valore salvifico della croce, 2 1 9-220.

1 79
sione antropologica afferma che Cristo è morto «per gli em­
pi» (cf. Rom. 5 ,6) e «per i nostri peccati» ( 1 Cor. 1 5 ,J).
In secondo luogo occorre prendere atto che negli autori
neotestamentari c'è un pluralismo teologico e soteriologico;
così alcuni studiosi parlano ad esempio non già di teologia
della lettera agli Ebrei, ma di teologie della medesima lette­
ra.54 Indubbiamente questo pluralismo teologico neotesta­
mentario costituisce una ricchezza del Nuovo Testamento.
In terzo luogo è necessario constatare che il dato sote­
riologico di un'opera neotestamentaria non è un dato isola­
to ed a sé stante, ma è associato ad altri dati, come al dato
della messianicità di Gesù ed a quello della incredulità di
Israele. s s
In quarto luogo l o studioso deve cercare d i caratterizzare
la visione soteriologica dei vari autori del Nuovo Testamen­
to indicando il loro apporto specifico alla soteriologia neo­
testamentaria. 56 In questo modo si sarà in grado di presen­
tare la ricchezza e la varietà dei dati soteriologici disseminati
nei vari scritti neotestamentari e in pari tempo di cogliere
l'originalità dell'apporto di ciascun autore. 57
5 4· I n u n convegno biblico si è discusso se nella lettera agli Ebrei bisognas­
se parlare di teologia o di teologie di questo scritto.
5 5 . La constatazione consente di evitare di esprimersi in termini preclusivi
o di alternativa. Cade opportuna l'osservazione seguente: « L'aspetto sote­
riologico e quello parenetico della passione e morte di Gesù in Luca non
solo non sono in alternativa tra loro, ma sono presenti insieme ad altri
aspetti (per es. il problema della messianicità di Gesù, il problema dell'in­
credulità di Israele) e costituiscono solo un tentativo ... di esprimere qual­
cosa dell'evento unico e irripetibile che è GesÙ» (G .C. Bottini, Introdu­
zione all'opera di Luca, 1 3 3 - 1 34).
56. Ad es. V. Fusco delinea così l'apporto proprio di Luca alla soteriologia
neotestamentaria: « L'apporto più specifico di Luca nel racconto della mor­
te di Gesù non consiste dunque nell'aver reso preminente l'aspetto pare­
netico, né quello soteriologico, ma nell'aver sottolineato il collegamento tra
la crocifissione e il problema della messianicità di Gesù, in rapporto all'in­
credulità di Israele. Con questo però gli altri due aspetti non vengono af­
fatto esclusi)) (La morte del Messia, 71 ).
5 7· L'originalità di Luca nel parlare della mone di Gesù è così descritta da
A. George: «La mort de Jésus tient large piace dans l'oeuvre de Luc qui la
presente à la fois comme le refus du Christ par son peuple et comme la

1 80
In quinto luogo bisognerà parlare di soteriologia esplici­
ta, che appare in primo piano, e di soteriologia implicita che
rimane in secondo piano e che non è menzionata perché l'au­
tore non la giudica così significativa come quella che propo­
ne esplicitamente. Parliamo di soteriologia implicita perché
riteniamo che non si possa pensare ad omissioni intenzio­
nali ed a prospettive esclusive di dati soteriologici validi e
significativi in sé, ma sui quaH gli autori neotestamentari,
per loro motivi e finalità, non hanno parlato, né richiamato
l'attenzione dei loro lettori.s 8
volonté mystérieuse de Dieu pour assurer la fondation du peuple nou­
veau. Le salut promis passe par l'obéissance confiante du Christ prophète
martyr, exemple pour tous ceux qui le suivent. Il s'accomplit dans sa résur­
rection qui est inséparable de la croix. La présentation lucanienne de la mort
de Jésus est originale. Elle diffère de celle des autres auteurs du N.T. qui
insistent davantage sur son efficacité salutaire immédiate, en particulier
sur sa function expiatoire 'pour nos péchés'» (Le sens de la mort, 2 1 1 s.).
5 8. In questa prospettiva si può convenire con S. Zedda quando dice: «Di
fronte a questi elementi soteriologici nel racconto della passione non ha
molta importanza il fatto che Luca non riporta il logion che parla diretta­
mente ed esplicitamente del valore di espiazione dei peccati della morte di
Gesù e che è riferito da Mc. 10,4 5 e Mt. 20,28» (Teologia della salvezza
nel Vangelo di Luca, I J 2- I J J).
INDICE ANALITICO

apparizioni di Cristo risorto (di ri­ Maggatras, II, 5 7


conoscimento, di mandato, didat­ Monte degli Ulivi, So-8 I
tiche o d'insegnamento), 3 3
oracolo rivolto da Gesù alle figlie di
chamsin, 1 1 , 1 1 4 Gerusalemme, n, 47-5 5
Cranio, luogo del n, 6o
cristologia a due livelli, 21 1 -111 paradiso, II, I 00- 101
parallelismo ebraico, 30
detto di Gesù: «Perché se trattano passio iusti, 5 9
così il legno verde, che avverrà passione d i Gesù, avvenimento fon­
del legno secco» ? (Le. 23 ,3 1 ), n, dante la fede ed essenziale per il
5 1- 5 5 messaggio cristiano, 76-77
diatessaron, 68-69 passione, predizioni della, 37, 3 8,
didachè-kerygma, 17, 3 1, 33; I I, 17, 39, 40, 4 1
19, 32, 51 patibulum, 11, 39
Dodici (i), 30 pentimento, tema in Luca, n, 1 17
personaggi in Luca, abbinamento e
Erode Antipa, 1 1 , 11 contrapposizione, n, 87
persone e gruppi di persone p resen-
Figlio del Benedetto, 1 70, 1 1 1
ti al Calvario, n, 2 1
flagellazione, fustigazione, 11, 3 1
Pilato, 5 4- 5 5
Getsemani, 8 1 preconoscenza di Gesù, 34
Giuseppe di Arimatea, n, 1 3 3 - 1 37 preghiera di Gesù al Monte degli
giusto perseguitato, 1 9 1 Ulivi� 8 5 - 87
Grundschrift di Marco, 234 privilegium paschale, n , 31
guardie poste a custodia della tom-
ba di Gesù, 5 I questione sinottica secondo P. B e­
noi t - M.- É . Boismard, 1 6 5 , 1 69-
Heilsgeschichte, 1 5 4 1 70, 1 71- 1 73

incastro, tecnica a, I 3 5 racconti de1la passione, motivi che


interrogatorio e processo di Gesù secondo R. Bultmann hanno in­
davanti al sinedrio, I 6 3 fluito nella loro formazione e svi­
ius gladii, 1 63, I 89, 143 -144 luppo, s6
racconto della passione, caratteristi­
Joathas, n, 5 7 che lucane del, 103- Io6, 1 2 I - 1 2 3,
I 50- I 5 I ; Il, I 4- I 5 , 8 5 -90, l I l - I I 1,
lucanismi, n , 8 8 13 1 - 1 3 3
racconto della passione secondo «terminati tutti questi discorsi», 37
Marco (a due stadi), 44-47 theologia gloriae - theologia crucis,
racconto storico-teologico, I 8 s - I 87 II, I03- I04
ruap, II, I I 6 titoli riferiti a Gesù dagli evangeli­
sti si notti ci, 2 I 3
Scrittura, apporto della, nella for­ triplicità, legge della, II, 46
mazione e nello sviluppo dei rac­
conti della passione, s 6-66 unico episodio evangelico trasmes­
Scrittura, uso della, nei racconti del­ so secondo due tradizioni con va­
la passione, 6 3 -66 rianti, 242
segni (miracoli) nel quarto vangelo,
52 vaticinium ex eventu, 3 s , 36
Simone di Cirene, II, 39-40 «vedrete il Figlio dell'uomo seduto
alla destra della Potenza•, 2 IO
tenebre alla morte di Gesù, n, I I s- velo del tempio, rottura del, II, I I s s.
1 16
INDICE DELLE PARO LE GRECHE

&yycxpeuw, II, 4 I '19ÉÀl)(J.CX, 8 9


ciywvtcx, 9 6-97 -8po(J.�Ot CXt(J.CX'tO<;, I 00
&.S�oc;, 50
&xov'ttou �oÀ�, 84 xcx-8wc; yÉypcxlt'tCXL, 3 O
È1t'&). l}".9ttcxc;, I 2.2. xcx-rà 'tàc; ypcx<pac;, 3 o
ciÀÉwrwp Èq>WVl}atv, I 2.9 XCX'tÉXpt VCXV, 2. 3 8
&vcxa'tijvcxt, 3 6 xuptcxxòv Òttltvov, 5 6
&vcx'tEIJ.CX'tttEt V, I 2. 7 (o) XUptO<; È 'JÉ�ÀE �EV 't� fl É'tp�,
ciVOl}'tOt, I I , I 5 3 I 30- I 3 I
CÌltOX'tEtVWatv, 5 8 , 5 9
CÌltÒ (J.CXXpo-8tv, I I, I 2.9 (ò) Àoyoc; ò 'tou a'tcxupou, 2.8
...

CÌltOIJ. Vl}IJ.OVEU[J.CX'tCX, 9 4 Àu'tpov civ-ri ltoÀÀwv, n, I 2.4


ci1tÒ 'tOU vuv, I 5 3
( 'toÙc;} apxov'tcx<; 'tou Àcxou, II, 2. 9 !J.CXXpo'l9tv, I 2. I
eX'tOltO<;, II, 9 2. tJ.ÉÀÀEt 7tcxpcxòéòoa-8cxt, 3 8
tJ.t'tà �pcx1u, I 2. 2.
tJ.E't'È(iou ian, II, 99

(o [) yvwa'toé, 11, 2. I , II, I 2.8- I 2.9 ÒIJ.VUVCXL, I 2. 7


o�oc;, II, 79
Òtt, 3 6 oltta-8ev 'tou 'I l}aou, n, 40
Òtt ltCX-8tt V, II, I 5 7
('tTl) ÒE�t�... 'tOU '19eou u�w'l9tt<;, n, ltCXU�taXl} 'tt<;, I 2. 2.
106 ltcxpcxÒtÒo'tcxt, 3 8
ò�acxv'tt<;, I I , I 6 ltC%pCXÒtÒW!J.L, 4 7
ÒtXCXtO<;, I I, I 2.4 7tcxpaòoatc;, 3 o
lv òoÀ�, 5 8 , 5 9 ltCXpCXl,PTJ(J.CX, I 2.2., I 2.8
ltcxpÉÒwxev, I I , 3 5
Èy�ytp'tcxt, 3 I ltcXal,ELV, I I , I 5 5
tt�'tOUV, 5 8 , 5 9 ltEptxcxÀ6� V'tE<; CXÙ'tOV, I 4 2.
d �ouÀtt, 8 8 ltVEU(J.CX, II, I I 8
tXCX'tOVcXpl,l}<;, I l, I 2. 1 ltO't�ptov, 8 7
(lj} ÈxxÀl}atcx 'tou -8eou, II, I78 ltpocxuÀtov, I 2. 8
-(o} ÈXÀEX'tO<;, I I , 77 ltpOal}Ul,E'to, 8 7
Èlttypcx<p�, n, 8 2. ltpO<p�'ttuaov, I 4 2., I 4 3
eùwvUtJ.oc;, n , 6I-62. ltUÀwv, I 2. 8
c (.l
""'i
I4 5
' • \
pcxlttatJ.CXatv cxV'tov El\cx..,ov,
a& VÒwv, II, I 3 6 umipxw, II, I 3 2.
a'taupow (Èa-tcxupwacxv), n, 6 u7tE(lv�a.Sl'j b IIÉ-tpo� -tou ÀO)"OU -tou
aU(J.�OUÀto\1 itOL �acxvn�, a. tÀCl�OV, xuptou, I 3 I , 1 3 3 - I 3 4
a. È7tOtl'jacxv, 23 6- 240
(ol) auvÉxov'tE�, I40 (o) XPLa-to� - (o) �cxatÀEu�, n , I 7

'tt-8l'j(J.L 'tCÌ )"0\ICX'tt.l, 70, 8 6 wcp-8Yj, 3 I


'tt'tÀO�, II, 88
INDICE DEI PASSI CITATI

ANTICO TESTAMENTO

Genesi Salmi 69,22: 62


2,8: n, 1oo 2, 1 -2: II, 22, 26 76,9: 87
40, 1 4 : II, 94 2,7: 2 I 7, 222 86, I 4: 59
6, 1 0: I I 5 8 8,9 (LXX): n, 1 2 8
Esodo 8,5 : 1 97 89,27: 2 I 6, 2 1 7
3 ,22: 2 1 7 9,4: I l 5 lo6,4- 5 = n, 94
4,22-2) : 2 I 7 10,8: 5 9 uo: l 54
1 2,46: 6o, 6 1 1 1 ,6: 87, 88 I lO, I : l 5 4, I H , 1 7 I ,
1 9, 5 -6: n , I 78 1 7, I O- I I : 5 9 I 72, 1 7J , I 94, I 9 S ,
20, I O: II, 142 21 ,8a (LXX): II, 72 209, 2 Io, 22I ; n, 109
2 1 (22), I 9: n, 72 I I O, I b: I H
Deuteronomio 2 1 , 1 9 (LXX): II, 7I I I 7, I 6 ( LXX): II, Io6
5, I 4 : II, I 42 22: 6 I , 93; n, 7 1 , 72 u 8, I 6 (ebr.): II, I o6
14, 1 : 2 1 7 22,2: 7 1 , 72; II, 7 I , 1 1 7,
2 1 ,22: Il, 8 8 I 62 Sapienza
22,7-9= 64 2, I 5 - I 8 : 2 I 7
1 Samuele 22,9: 6 I 2 , I 6- I 8 : 2 1 7
l , I : II, I J 5 22, 1 5 : 93 2, I 8: 2 I 7
1 4, p : 2 1 6 22, I 9: 6 I , 6 5 ; II, 70, 79 9,7: 2 I 7
26,2: 1 1 4 I O, I 5 : 2 I 7
.z Samuele 27, 1 2: I 93 IO, I 7: 2 I 7
7, 1 4 : 2 I 6, 2 I 7, 222 3 I ,6: 7I s.; II, I 17, l I 8, 1 2, I 9: 2 I 7
23,3 1 : 2 I 6 I I 9, 1 62 1 2,2 1 : 2 1 7
34,2 1 : 6o, 6 1 I 6,26: 2 I 7
1 Re 3 5,4: I I 5 1 8,4: 2 1 7
1 9, 5 - 8 : 96 3 5, I O: I 1 4 1 8, I 3 : 2 I 7
J6,4: 5 9
1 Cronache 3 7, I 2 (LXX): II, 1 28 Siracide
22, 1 0: 2 1 6 3 7,J 2: 5 9 4, 1 0: 2 1 7
4 1 ,6-9: 5 9 23 , 1 : 2 1 7
1 Maccabei 54, 5 : 59 2J,4= 2 I 7
I I ,34: 11 , 1 J 5 H , I 2 : 59 p , 1 o: 2 I 7
68,22: II, 79
.z Maccabei 68,22 [LXX], ebr. 69, Isaia
7, 1 9: n, 67 2 I : II, 78 1 ,2: 2 I 7
69: 61 S,I - 10: Il, 47

187
7, 1 4: 222 49, 1 2: 87 7, 1 8-27: 1 99
40,8: 2 1 5
42, 1 -4: 201 Lamentazioni Osea
43,2 1 : II, 1 78 4,2 1 : 87 2, 1 : 2 1 7
49, 1 -6: 20 1 10,8 : II, 47
so,4-9= 201 Ezechiele 1 1, 1 : 2 1 7
so,6: 1 4 1 , 145, 1 46, 1 5 9 2, I : 1 97
p ,3 : II, 100, IOl 2,3: I 97 Gioele
p , 1 7-22: 87 2,6: I 97 2, 1o: n, I 1 6
S 2, 1 3 - 5 3, 1 2: 63, 20 1 ; II, 2,8: I 97 2, 1 8 -32 [= LXX 3 , 1 - s]:
7 1 , 1 70 J, I : I 97 II, I I4
n= 1 59 3 ,2: 1 97 3,3-4: II, l 16
S J ,4- S : II, I 70 J,4: 1 97
5 ) ,6: II, 1 70 3, Io: 1 98 Amos
5 3 ,7-8 : 3 2 3 , 1 6: 1 98 8,9- 10: II, I I 6
S J , I o: I I , 1 70 3,2 5 : 1 98
S 3 , I l : II, 1 2 3 Michea
5 3, 1 2: 63; II, 3 s , s7, 63, Daniele 3 , 1 2: 1 6 5
1 70, 1 79 2,44= I 98
S 4,1 : II, 47 4,J s : 1 98 Sofonia
5 , 1 8 : 1 98 1 , 1 5 : II, 1 1 6
Geremia 7,4-7= 1 97
22,5 : II, 4 5 , 47 7,9- 10: 1 97 Zaccaria
2 S , l 5 : 87 7, 1 3 : l 5 5 , I 7 I , 1 94, 1 9 5 , 1 1 , 1 2-1 3 : I 8 7
26, 1 - I I: 1 6 5 1 99, 20 1 , 209, 2 10 1 2, IO: 60, 61
26,2o-2 3 : I 6 s 7,1 3 - I 4: 1 7 1 , 1 72, 1 97, 1 2, 10- 1 2: II, 42
3 1 ,9: 2 1 7 I 98, 1 99, 20 1 1 2, 10-1 4 : II, 42
3 2,6- 1 5 : 1 87 7,1 8: 1 7 1 , 1 97, I 98 1 3 ,7: 74

NUOVO TESTAMENTO

Matteo 8,29: 2 1 3 1 4,3 s : 84


3 , 1 7: 2 1 4 8,29- 30: 2 I 4 l 5 t30: 142
4, 1 - I I : 2 1 8; II, 77 9, 1 -8 : 2 I S 1 6, I 6: 1 66
S , I I : 20 S 1 0,24-2 5 : 77 1 6,2 I : II, I 5 2
5 , 1 7: 2 1 5 10,28: 39 1 7, 5 = 2 I 4
s ,2 l -4 8: 2 l 5 10,45 : II, 1 8 1 1 7,22: 3 8; II, 1 5 2
5,43-48: II, I 62 I l ,l: 37 I 7,22-2 3 : 2o6; II, I 50
S t44 = II, 67, 1 62 I 1 ,2 5 : II, 66 t 8 , t s : II, 9 I
s ,4 s = 2 1 2 I 1 ,2 5 -27: 2 I4 I 8 ,2 1 -3 5 : II, 67, 162
5 ,48: 2 1 2 I I ,27: 2 1 5 1 9, 1 : 3 7
6,9: 8 8 ; II, 66 1 2, 1 4: 3 9, 2 J 7, 2 J9, 240 I 9,27-29: I I , I 5 2
6,9- 1 3 : 90 1 2,40: II, 98 20, I 7- 1 9: II, l p , I'68
6, 1 0: 8 9 I 3,5J: 37 20,28 : II, 1 72, 1 8 I
7,28-29: 2 1 5 1 4,J I : 2 I4 22, I 5 : 237, 240
8 , 1 0: 2 1 4 1 4, 3 3 = 2 I 4 2 2,4 1 -46: l 54

1 88
22,.. 2: 1 5 5 26,6 1 -63: 1 76 27,26: II, 3 5
23 ,29: 1 66 26,62: 1 64 27,27-3 I : 1 44
2 3 ,3 S : I I, 45 26,63 : I 5 1 s . , 1 64, 1 70, 27,2S: 37
23,39= 1 66 I So, I S7, 227 27,32: II, 4 1
24,29-3 1 : 207 26,63 -64: 2 I S 27,3 3 : S 1 ; n, 6o
24,36: 2 1 5 26,63a: I 64, 165 27,34= 62
2 5 , I 5 = 239 26,63b: I 66 27,3 5 : 6 1 , 65
26, 1 : 3 7 26,64: I S J, I 64, 1 66, 27,3 7= II, S I ; II, S2
26, 1 -2: 3 7, 206 1 7S, 1 93 27,40: 1 93
26, 1 - 5 : 37 26,6 5 : I 64 27,4 3 : 6 I
26, 3 : 240 26,65 -66: 1 5 1 27,44: II, 86; II, S S
26, 5 : l I l 26,6 5 a: 1 64 27,46: 70, 72, 74, 222;
26, 1 9: II, 66 26,66: 54, 1 5 1 , 1 64, I I, 7 1 , 1 1 9
26,24-2 5 : II, 36 226, 227, 236, 2 3 S , 27,4S: 62
26,2 5 : 5 4 2 40, 243 27,50: II, 1 1 9
26,29: 1 5 4, 1 66 26,66b: 165 27, P - 5 3 : II, 1 1 5
26,30: 74 26,67: I 4 1 27, p b- n : 5 6
26,30- 3 5 : 73 26,67-6S: 1 39, 1 42, 1 47 27,54= 2 1 4
26,J 1 : 73 26,6S : 230 27,57 : II, 1 45
26,3 1 -3 5 : 74 26,69: 1 26 27, 5 7- 5 8 : 52
26,34: I 23 26,7 1 : 1 26, 1 27, 1 2S, 27,59: I I, 1 3 6
26,3 5 b: 73 137 27, 5 9-60: I I , 1 4 5
26,36: 74 26,72: 1 27 27,60: II, 1 37
26,37: S2, 97 26,73 = 1 26 27,62-66: p ; II, 1 3 2
26,3 S : S2, S9, 97 26,74 = 1 29 27,66: I S S
26,3 9 = 69, s .. , s 7, ss , 26,7 5 : 1 23, 1 30 2 S : II, 1 44
92, 94 26,7 5 b: 1 23 28 , 1 1 - 1 5 : 5 1
26,.. 0-4 1 : Sz 27, 1 : 226, 230, 23 1 , 2 8 , 1 2: 237, 239, 240
26,4 1 : S 3 , 1 oo 23 2, 236, 237· 2 3 S, 2 8, 1 5 : 5 2
26,47: 1 S 1 , 240 2 3 9, 240 2S, I 9: 2 1 5
26,47- 56: 1 o3 27, 1 -2: 22 8; II, 16
26, p : I l O 27,2: I S6 Marco
26, 5 2: 56 27,3 - 1 0: 76, 1 S6, I S7, 1,1: 213
26,5 z-5 3 : 1oo 22S I ,I I : 2 I S
z6, 54= 3 7, I oo 27,4: 1 S 6 1 , 1 9: 2 1 3
26,5 5 = I S I 27,6: 1 S6 1 ,22: 2 1 5
26,56: 6o, 73; II, 1 29 27,7= 237, 239, 2 40 1 ,3 5 -3 8 : 86
26,57: I 1 7, 227, 230, 27,S: I S6, 1 S7 2,3 - 1 2: 2 1 5
233 27,9 = I S7 2,5 : 2 1 5
26,57-59: 226 27,9- 10: 1 S7 2,7: 39, 2 1 5
26, 5 S-6 5 : 1 64 27, 1 1 : 1 S6; II, 1 6 2, 1 o: 205
26, 59= 1 64, 233 27, 1 1 -26: 228 2,3 2-36: 39
26,5 9-60: 166 27,1 5 : n, 32 3 ,6: 237· 240
26,5 9-66: • S s 27, 1 9= 5 5 3,1 1: 214
26,6o: 1 64, I 66 27, I 9-26: II, 34 3,27: 2 1 5
26,6ob: 1 64 27,2 1 : II, 3 3 5 ,2 1 -24: 1 3 5
26,61 : 1 43 , I 64, 1 66, 1 92 27,24: 5 5 5,25-34= 1 3 5

1 89
5 ,3 5 -43 : 1 3 5 1 4, 1 2- 1 6: 44 I 4, 5 3 :7 2, I I 7, 1 24, l 3 5 ,
6, 1 5 : 2 1 3 1 4, 1 2-2 5 : 42, 44 226, 230, 23 I , 233
6,34-44= 242 1 4, 1 7: 47 I4,5 3- 54= I l i
6,46-47= S6 I 4, 1 7-2 l : 45 1 4, 5 3 -54: 1 36
6,4S -5 2 : 86 I 4, I S -2 1 : 54 14,5 3- 54= 226
6,5 1 - 5 2 : 2 I4 1 4,20: 47 l4, 5 J -64: 1 24
S , I -9: 242 14,2 I : 37 I4, 5 3 - I 5 , I : I I 8- I I 9
S,3: 47 1 4,22b: 1 2 3 1 4, 5 3a: 4 5 , 23 5
S,6 : 2 3 9 1 4,26: 42, 74, So, 8 I I 4, n b: 234, 2 3 5
S , I 7-2 I : 2 1 4 I 4,26-3 1 : 4 5 1 4,54= 1 24, 1 2 5, 1 18,
S ,27: 4 s 1 4,27: 3 7 1 3 S , 1 7S , 23 5
S,28: 2 I 3 I 4,27- 3 1 : 42, 73 , 74, S o 1 4, 5 4a: 1 2 1
S,29: J 66 1 4,30: 1 22, I l3 1 4, 5 5 = 1 24, 1 67, 1 76,
8,3 I : 34, 3 5, 36, 3S, 3 9, I 4,3 I a: 73 23 1 , 2 3 3 , 238
1 66; II, 1 52 1 4,3 1 b: 73 14, 5 5 - 56: 1 69
S,3 1 -3 3 : 2 I 5 1 4,3 2: 74, So, S 1 I 4, 5 5 - 5 9= 2 2 5
S,J 5 : 3 9 14,3 2-42: So 1 4, 5 5-64: 1 20, 1 3 5 s .,
9,2- I 6: 2 3 4 14,3 3 : 82, 97; II, 59 1 67, 1 69, 1 70, 1 8 5
9,7: 2 1 S 1 4,34= S2, S 9, 97 1 4, 5 5 -6 5 : 1 3 5, 1 59, 23 5
9, 1 2 s.: 39 1 4,3 5= 69, S6 1 4,5 5 -66: 234
9,30-32: I I , 1 5 2 I 4,36: S 7, S S; II, 66 I 4, 5 6: 1 67, I6S, 1 69
9,3 1 : 34, 3 5 , 3S, 39, 47 , 1 4,37= 1 0 1 14, 5 7= 167, 16S
2 3 S ; n, 1 50 14,37-3 8: S 2 1 4 , 5 7- 5 9= 1 69
9,3 2: II, 16S 1 4,3 S : s 3, 1 00 14,5 s: 64, 1 6S, 1 92; II,
l O, I - I l : 2 I 5 14,4 I : 3 7 76
10,22 ss.: 3 s I 4,4 3 : 4 5 , 47, 105 , 14,59: 1 68
10,28 -30: II, 1 5 2 l 07, I l l , l S I 1 4,60: t 6o, 16S, 233
10,32: 3 5, 4S 1 4,43-46: 4 5 , 103 1 4,60-6 1 a: I 69
10,32-34: I I , 1 5 1 , I6S 1 4,43 -49= 43 I 4,60 s.: l 59
10,33 s s . : 39 14,4 3-5 2: I03 I 4,6o-62: 16o
I0,33 -34: 34, 3 5 i40, 43 , 1 4,43ab: 104 1 4,6 1 : l p , I 5 2, I 5 6,
47 I 4,-t3b: I04 1 5 9 I 6S , 1 70, I 8o,
10,3 5-4 5 : II, 1 72 14,43c: I04 I S7, 1 9 5 , 23 3
1 0,4 5 : II, 103 S., 1 7 I S . I 4,44: 47, I04, I I l 14 ,6 1 -62: 1 3 s , 1 8 5,
I 1 ,9- I o: II, So 14,4 5 = I 04, IOS 2I I, 21S
u,3 5 -37: 1 54, 2o6 I 4 ,46: I09, I I l 1 4,6 1 a: 1 60
I 3,24-27: 207 1 4,47: 103, 104, I I O 14,6 1 b : I 57, 1 60, 1 6 S,
1 3 ,26: I 7 I , I 72 1 4,47a: 1 04 1 70
I 3 ,26-27: 73 I4,4S: 104, 106, I l i I 4,6 1 b-64: I 69
1 3 ,3 1 : 2 1 5 I 4,4S -49: 104, 1 S 1 1 4,62 : I 54' 1 5 5 , 1 5 6,
l 4, I : 49, 59, 206 14,49: 6o, 1 04, I I I , 1 5 9, 1 6o, 1 6S, 1 72,
I 4, I -2: 3 7, 42, 43, 44, 1 1 2, 1 S 1 1 93 , 1 9 5 , 2oS, 209,
5 s , 59 14,49a: 104 2 10, 2 1 1
I 4,3 -9= 42, 43 1 4,50: 5 5, 73, 104; II, 1 4,62a: I 53, 1 70
1 4, 10: 4 7 1 29 14,62b: 1 5 J , 1 7 1
I 4 , 1 0- I I : 42, 44-4 5 , 47 14,5 1 - 5 2: 44, 104; II, 14,6 3 : l p , I 6 I , 1 68 ,
I4,u: 45 I36 233
1 4,63-64: I 5 I 1 5,2 1 -32: 239 Luca
14,64: 5 4, 1 5 1 , I 5 7, I 68, I S ,22: 8 1 ; I I , 60 1 ,2: II, 66, 1 30
I 8 S , 1 8 8, 227, 236, 1 5,23 : 62; II, 6 1 1 ,2-4: 1 37
23 8, 240, 243 I S ,24: 6 1 , 6 5 ; I I, 7o, 72 I ,4: II, 1 30
1 4,64b: 2 3 8 l 5 .2 5 : 47, 239; II, 6 I , I ,6: II, 1 24, I 34, 1 42
1 4,64C: 239 1 13 I , I 0- 1 1 : 94
I4,65 : I 20, I 3 S , 1 36, I 5 ,26: 46; I I, 8 1 , I 56 I , l l : 95
I 3 9, 1 4 I , I 42, I 44t I 5 ,27: II, 5 6, 61, 88 I ,2 I : II, I49
I 4 5 , I47, 1 59, 230 I S ,29: II, 75 I ,26-38: 22 1 , 222
I4,66: I 22, I 24, 1 26 I 5,29-30: 46, I 92- 1 93 ; I ,3 I -32: 22I
I 4,66-72: 72, I 20, I 2 1, II, 76 I ,3 I -3 3 : 2 I 8
I 24, I 3 5 1 5,29 s.: 64 I,32: 222
I 4,66b-72: 2 3 5 1 5,29-3 1 : 5 7 1 ,32-33: 1 5 8
I 4,67: I 22 1 5,29-3 2: I I , 7 5 I ,3 2-3 5 : II, I 2 5
I 4,68 : I 22, 1 28 , I 3 0, I S ,3 1 : 23 I ; I I, 75 I ,3 3 : l p
I 37 I 5,3 1 -3 2: 6I; II, 76 I ,3 5 : l p , 220, 222
14,69: I 22, 1 26, I 27 l S ,3 2 : II, 7 5 ; II, 8 8 I ,77: II, 66
I 4,70: 8 S, I 22, 1 26, I 5 ,3 2h: II, 86; n, 88 2,I I : 2 1 3, 2 1 9; II, 75,
I 28, I 3 8 I 5,3 3 : 56, 239; II, 1 1 3 76
I 4,70-7 I : 1 26 1 5 ,3 3-3 9: II, 1 1 2 2,22-24: II, I42
I 4,7oa: 1 22 1 5,3 3 -4 1 : 239 2,2 5 : II, 1 24, I 3 2, I 34,
14,70b: 1 22 l h34= 62, 70, 72, 74; I35
I 4,7 I : I 23, I 27 II, 7 I , 1 1 7, I 1 9 2,27: 1 2 I ; n, I 4 2
I 4,72: 1 22, 1 23, 1 29 s. I 5 ,34-37: 46 2,30: 2 I 3
1 4,79= 1 27 I 5 ,36: 62; n, 78 2,3 8 : n , 1 3 5
I S , I : 4 5, 4 7 7 2, I 3 h
t I 5 ,37: I I, I I 7 2,44: n , I 28
226, 227, 230, 23 1 , I 5 ,3 8 : 56; n, I I 5 ; II, 2,49: 220; II, 66, I I 8
2 3 2 , 234, 23 5, 236, 1 1 6, 1 1 7 3 ,6: 2 I 3
2 3 7, 238-239, 240; 1 5 t3 9: 46; II, I 1 2; n, 3 , I 6: II, 1 1 2
II, I 6 1 2 1 , I 22, 1 2 5 3 , I 8: I42
I 5 , I -20: 239 1 5,40: II, 1 2 8, 1 29 3 ,2 I -22: 94
I 5 , I h- 5 : I I, I4 1 5 ,40-4 1 : II, 1 28, 1 29 3 ,23 : II, I I I
I S ,2: II, 1 4, 1 6, I 8 1 5 ,4 1 : II, 1 29, 1 30 4,I - 1 3 : 2 1 8; II, 77
1 5 ,3 : 23 1 ; II, 1 4 I S ,42: 239; II, 1 3 7, 1 3 8 4,3 : II, 8o
1 5,3- 5 : 4 5 -46 1 5 ,42-46: 46-47 4,9: II, 8o
l h4- 5 = n, 24 I 5,42-47: 239; II, 1 3 1 4, I 5 : II, 1 1 2
I S ,5 : II, 24 1 5 ,4 3 : II, I 3 1 , 1 3 3, 1 3 5 4,I 8 - I 9: II, 76
1 s ,6: II, 3 2 I 5 t44-4 5 : II, 1 3 I 4,24: 1 4 5
1 5 ,8 - I 5 : I I, 29 l h4 5 : I I, I 3 9 4,2 5 : II, l I 3
1 5, 1 o- 1 1 : 2 3 1 I 5 ,46: II, I 3 5, I 36, I 4 5 4,2 5 -27: 96
I 5 , I 5 : 46, 244; n, 3 1 , l 5 ,46a: I I , 1 3 I 4,3 3 : II, I I I
35 J 5 ,46d: II, 1 3 1 4,34: 2 1 3
l 5 , I 6-2o: I 44, 1 47; II, 1 5 ,47: II, I J I , 1 40 4,4 1 : 2 I 3 , 2 I 4
2 5 , 3 5, 37, 3 8, 3 9 I 6, 1 : n, I43, 1 44 4t43: 11, 1 1 8
1 5 , 1 7: I I , 2 5 ; I I , I 3 9 I 6, 1 -2: II, I 43 5 , 1 : II, 34
l f,2 I : 44; I I, 3 8, 40, 4 1 I 6, I -8: 239 5 , I 2 : II, I 3 2
l S ,2 1 -24: 46 1 6,2: 239 5 , I 6: 86
J, I 7-26: 2 1 5; II, 67 9,2 3 : n, 40, 4 1 1 3,32-33 : I46; II, 5 I
J, I 8 : II, 1 3 2 9,24: II, I 2J 1 ),3 3 = 40
5 ,20: 1 22; II, 66, 67 9,28 : 8 I , 86; II, I I I I 3 ,3 3 - 3 5 : II, 45
5 ,2 1 : II, 66, 67 9,28 - J2! 94 1 3,34: I 46; n , 46, 64
5 ,2 3 : II, 66, 67 9,30: I I, I 3 2 1 3 ,34-3 5 : II, 4 S , 46, 63
5 ,24 : II, 66 9,3 5 : n, 77 1 3 ,3 5 : I 66; II, 4 5 , 46,
S ,2 5: II, 1 1 2 9,3 8: II, I 3 2 47, n 8
5 ,26: II, I 1 2, I 22 9,43: II, I I 2 I J,5 5 : I 67
5,3 5 = II, I S J 9,43-4 5 : II, 46, 149 S. I 4, I 8 : 5 2
6, 1 1 : 8 1 9,43b: II, I SO 1 4,2 I : 1 2 I
6, 1 2- I 3 : 86 9,43b-4 5 : II, I p , I 5 2 I 4,27: II, 4 I
6,22: 204 9,44: 3 8 ; I I , I 9, I 50, 1 5 ,7: n, I 24, 1 27
6,22-23: I 46 I 54 r s ,ro: n, 1 27
6,27: II, 16 I 9,4 5 : 38 ; II, 68, I 68 1 5 ,20-2 5 : II, 69
6,27-3 5 : II, 1 62 9,5 I : n, I05, I07 16,14: II, I J 2
6,28 : II, 65 IO, I J : II, I 27 I 6, I 6- I 8: II, 63
6,33-3 5 : II, 54 I 0,2 I : 220; II, 66, 1 1 8 I 6,I 8: II, 63
6,3 5 : II, 6s, I 6 I I 0,2 I -22! 2 I4 16,I 9-3 I : II, 8 7
7,2 5 : II, I J 2 I O,J 8: II, I J2 1 6,20: I I , I 32
7,26: I I , l 1 2 I0,42: II, 8 7 I 6,23: I 2 I ; II, 1 3 2
7,3 5 : n, 5 4 1 1,1: 85 I 6,24: n, 88
7,36- 5o: 1 1 , 67 1I,r-I3: 85 I 6,27.2 8 : II, 88
7,J 9= I 4 J I I ,2: II, 1 1 8 r 6,3o: n, I 27
7,47: I I , 66 1 1 ,2-J : 89 1 7,J: II, 9 1 , I 2 7
7,47-4 8: n, 67 I I t4! II, 66 I 7,3-4 : n, 67, 162
7,48 : II, 66 r I ,s -8 : 99 1 7,4: II, 1 2 7
7,49: II, 66 I l ,9: I I, I 60 1 7,1 5 : II, 1 1 2
8,2-3 : I I, I JO I I , I J ! II, I 32 1 7,23: 3 9
8,3: 142; II, I J O I 1,32: II, I 27 I 7,2 5 : II, 1 1 8, I p ,
8,3 b: II, 242 1 I ,44: n, I J 2 1 5 4, 1 67
8,22: II, l I I 1 1 ,4 5 - P = I 46 1 7,29: 95
8,27: II, I J 9 1 1 ,47: n, I J 2 I 8, 1 : 98; n, I6o
8,28: 2 1 4 I 1 ,47- so: I 46 1 8, 1 -8: 99
8,34 : n, 1 I 2 1 1 ,49-5 0: n, 46 I 8,6-8: 99
8,3 5 : I I , 1 1 2 l I ,49-5 I : II, 4 5 , 46 I 8,8b: 99
8,4 1 : II, I J 2 1 1 ,5 0: II, 63 1 8,9: n, I 24
8,5 5 : II, 1 62 1 2,8-9: I 54 1 8,9- I 4: II, 87
8,56: I l, I I 2 I 2, I O: I 42; II, 67 I 8, 1 1 : 87; II, 87
9,7: II, I 1 2 1 2, I 4: 1 22 I 8,I 3: II, 87, 1 26
9,7-9! I I , 2 2 1 2,so: II, I67 I 8 ,J I : II, I 5 2, 1 5 7,
9,9: II, 24 I 3 , I - 5 : n, 4 5 , 46 I 5 8, I 67
9, I4: II, I I I I 3 ,3 : II, I 27 I 8,3 1 -3 3 : II, I 54
9, r 8 : 8 5 I J , 5 : II, I27 I 8,3 I -34: 3 9; II, I p ,
9, I 8-2 2 : II, 46 I 3 , I 3 : II, 1 1 2 152
9,22: II, 1 9, I I 8, I49, I J ,2J: I 04 I 8,3 2: II, I 9
I 5 2, I 54, 1 5 7, 1 5 8, I 3 ,3 I : 39 1 8 ,34 : II, 68, I p , I 68
. I67 I J ,J I -J 5 : II, 46 I 8 ,43 : II, 1 1 2
1 8 ,4 5 : II, 1 1 2 22,7- 1 3 : 42 24, 2 5 -26: 7 5 ; n , 1 5 3
I 9,2: Il, 1 3 2 22, 1 4-20: 42 24,2 5 -27: II, 68
1 9,5 : I I, I I 8 2 2, 1 5 : II, I S 5 24,26: 99, 2 I 5; II, 96,
I 9,9 = 2 1 3 2 2, 1 5 - 1 8 : II, 1 77 9 8 , 1 1 0, 1 5 J , 1 5 5 ,
I 9, 1 0: 205 22, 1 8 : 1 5 4 I 56, I 57, 1 64
1 9, 2 8 -44: n , 5 1 22, 1 9-20: II, 1 69, 1 76, 24,26 s . : n, 3 5
1 9,30: II, 1 46 1 79 24,27: 5 8 ; II, 1 5 ) , I 5 4,
1 9, 3 7: I I, l 1 2 22, 1 9b-2o: II, 1 77 I 57
1 9,3 8 : II, So, 8 I 22,1 9bc: II, I 77 24,30-3 1 : II, 1 o6
1 9,3 9-44: II, 46 22, 1 9bc-20: II, 1 77 24,3 I : II, 1 06
1 9,4 1 -44: II, 4 5 , p , 22,20: II, 1 77 24,3 2: n, 1 68
63, 65 22,2 1 ! 1 4 3 24,3 5 : 3 3 ; n, Io6
1 9,42-44: II, 46 2 2,2 1 -2 3 : 5 4 24,36: I I, I 5 3
1 9,43 -44: II, 4 5 22,2 1 -3 8 : 4 2 24,44: I I, 1 54
1 9,47: II, I p 22,29: 220 24,44-46: II, 1 5 3
1 9,47-4 8 : II, 20 22,3 1 - 3 2: 1 2 5 , 1 3 2 24,44-49: n, 1 5 3
1 9,4 8 : II, 16 22,3 2: 1 3 2; n, I 7o 24,4 5 : II, 1 5 4, 1 68
20, I : II, 20 22,3 3 : 1 2 5 , 1 3 1 24,46: 2 1 5 ; II, 1 5 4,
20, 1 - 8 : 1 5 2 22,3 3 -34: 1 3 2 1 5 5, q6
20,2: 1 5 3 2 2,34= 1 29 24,47: II, 6 5 ; II, I 5 4
2o,6: n, 16, 20 22,3 5-3 8: I I , 1 69 24,49= 220
20,9: II, 20 22,37: 6o, 63 ; 1 1 , 1 1 8 , 24,50- 5 1 : n, 108
20,9- 1 8 : II, 1 p I 5 4, I 67, 1 69 24, 50- 5 3: II, 109
20, 1 6: II, 63 24 : II, 1 49 24, 5 1 : 1 2 2; II, 1 08
20, 1 9: II, 1 6, 20, 1 5 2 24, I : II, 1 40, 1 43
20,20: 1 62; II, 1 24 24, 1 -3 : n, I 3 9 Giovanni
20,20-2 5 : II, 1 6 24, I - 8 : II, I 42 1 , 5 1 ! 1 78, 203
20,20-26: 162 24,2: I I , 1 3 2 2, I 9! 1 78, 1 92, 1 93
20,26: II, 16, 20 24,4: II, I 3 2 2, 1 9-22: 1 66, 169
20,3 1 -3 4: II, 46 24, 5 - 2 3 : n, 1 02 3 , 1 3 : 203
20,3 8-42: II, 8 7 24, 5 -6: 5 4 3 , I 4: 203
20,4 1 -44= 1 5 4 24,5 -7= 1 3 3 5 , 1 9: 223
20,43 ! I 5 5 24,6: 1 3 4 6,39: l I 5
20,4 5 : II, 20 24,6-7: II, 1 5 2 6,48: 1 1 4
2 1 , 5 -36: Il, 46 24,6-8: 1 3 2 6,62: 203
2 I , I I : 95 24,7: 39; II, 169 8,28: 1 1 4, 203
2 1 ,20-24: II, 4 5 , 63 24,8: 1 3 4 8,28- 29: 223
2 I ,22 -24: II, I62 24,9: n, 1 3 2 8,5 8! 1 1 4
2 l ,2 3 : II, 4 5 , l I 3 24, IO: II, 73 I o: I 7 5
2 1 , 2 3 -24: II, 4 5 , 64 24, I l : II, I I l 1 0, 1 4: 1 14
2 1 , 2 5 -27: 207 24, 1 2 : II, 1 1 2, I 3 2 10,24 : 1 74, 1 75
2 1 , 3 7-3 8 : I I I 24, 1 3 -2 5 = 3 3 1 0,24- 2 5 : 1 5 2, 1 7 5 , 1 78
22, I -6: 42 24, 1 3 -3 5 = 3 2, 75 10,24-36: 1 74, 1 76
22,2: I I, I 6, 20 24, 1 6: 33; Il, 1 06 1o,24b-2 5: 1 7 5
22,}: 1 06 24,20: n, 68 1 0,30-3 1 : 223
22,6: 1 43 ; II, 20 24,22: n, 1 3 2 1 0,3 3 : 1 7 5 , 1 78
22,7: II, l I 8 24,24: II, I 3 2 1 0,36: 1 74, 1 7 5 , I 78

1 93
1 1 ,2. 5 : 1 1 4 1 8 ,z6: 1 2.6, 1 2.7 Atti
1 1 ,44: n , 1 3 6 1 8 ,2.7: 1 2.7, 1 2.9, 1 30 1 ,2. : II, IO S , 107, 108
1 1 ,47- 5 3 = 1 78 1 8 ,2.8: 63, 1 78, 2.2.9 1 ,3 : n, 109
1 2., 1 -8 : II, 1 4 3 1 8 ,2.9-3 1 : 2.44 1 ,4: II, 109
1 2. ,3 : 11, 1 43 1 8 ,J 1 : 1 90, 2.44 1 ,6: 1 04
1 3 , 1 6: 77 I 8 ,3 1 b: 1 89 1 ,8 : n, 65
1 3 ,19: 1 1 4 1 8 , 3 7: 2. 1 1 1 ,9: 1 5 4; II, I 08
1 3 ,2 1 - 26: 5 4 1 8,38 : 54; II, 1 5 1 ,9- 1 0: Il, I l O
1 3 ,3 1 : 2.03 1 8,3 8b: II, 1 4 1 ,9- I I : Il, 108
1 3, 3 8 : 1 2. 3 1 8 ,3 9 : II, 3 2. 1 , 10: II, 108, I 3 2.
1 4,6: 1 1 4 1 9,z: n, 2. 5 1 , 1 1 : 1 5 4; II, 1 0 5 , 107,
1 5, 1 : 1 14 1 9,2.-3 : 1 44t 1 47 I 08 , I I O
I 5 ,zo: 77 1 9,3 = 6 1 1 , 1 4: 94
1 6, 3 2.: 74 1 9,4: 5 4 ; n , 1 4 1 , 1 5 : II, I I I
1 7, 1 2 : 1 1 5 1 9, 5 : II, 3 6 1 , 1 6: 105
1 8, l : 1 1 3 1 9,6: 54; II, I 4 I , I 8 : II, I I I
J 8, I - I I : 43, 1 1 3 , 1 1 4 1 9, 1 2.: II, 36 I ,Z I -zz: n , I 0 5
1 8, 1 - 1 9,42.: l I 6 1 9 , 1 4 : II, 1 3 8 1 ,2.2.: I I , 1 0 5 , 1 07, 1 10
1 8,2- 1 2 : I03 1 9, 1 6: n, 3 5 2., 1 -3 : 9 5
1 8 , 3 : II, 36 1 9, I 7: II, 3 9 2.,3 : I I , I I I
1 8 ,4: 34, I l 3 , 1 1 4 1 9 , 1 9: II, 8 1 , 8z 2.,3 -4: II, I 09
1 8, 5 : 1 . 4 1 9,2.0: II, 8 3 z,I 4-36: n, 1 73
1 8,6: 1 1 4, 1 1 5 1 9,2. 1 : II, 8 2. 2., 1 7 : II, 5 2.
1 8,7: 1 1 3 , 1 1 4, 1 1 5 1 9,2.3 : I I , 7 1 2.,2.0: II, 1 1 4
1 8 ,8: 5 h 73, I l 5 1 9,23 -24: 5 7 2,22: II, 66, 1 74
1 8, 1 1 : 1 16 I 9,24: 6 1 2.,22.-36: 3 2
1 8 , 1 2: 1 1 6 1 9,28: 63 2,22. s s . : II, I 76
1 8 , 1 2 - I 3 : 229 I 9,28 -29: n, 78 2,2 3 : 3 2; II, 1 3 , 3 5 , 69
1 8 , 1 2- 27: 1 77, 22.9 1 9,2.8 -30: 63 2.,2.4-36: II, 1 74
r 8 , I 3 : 2.29 1 9,30: 66, 74; n, 1 1 9, 2,29-3 1 : II, 1 3 2, 1 4 5
1 8 , 1 3 -2.4 : I 77, 1 7 8 148 2,2.9-34: II, I 09
1 8, 1 3 - 2 8 : 1 1 8- 1 1 9 1 9,3 I : II, 1 3 8 2.,30: II, 1 3 2
1 8, 1 5 - I S : 73, I 77 1 9,36-3 7: 6o 2,3 1 : II, 98
1 8, 1 7: 1 26 1 9,37= 6 I 2,32.-3 3 : II, I 06
1 8 , 1 9: 1 80, 2. 2 9 1 9,3 9: II, 1 4 3 2.,36: I 7 1
1 8, 1 9- 24: I 8 I , 2 3 2, 23 3 1 9,3 9-40: II, 1 43 2.,3 8 : II, 66, 1 27, 1 7 5
1 8,20: I So, I 8 I 19,3 9-4 I : II, I 4 5 2,4 1 : I I, l I I
1 8,2.0-22: 229 I 9,40: II, 1 3 6, I43 3 ,2 : II, 1 3 2
1 8 , 2 1 : I 40 1 9,4 I : II, 1 46 3 , 1 2-26: I I, I73
1 8,22: I 40, 14 5 1 9,4 1 -42: II, 1 43 3 , 1 2 ss.: II, I 76
1 8,2.2.-2 3 : 1 77 1 9 ,42: n, 1 3 8 3 , 1 3 : II, I 74
1 8,23 : 1 40 20, 5 : n , 1 3 6 3 , 1 3 - I 5: II, 1 3 , 3 5
1 8,2.3 -24: I76 20,6: II, 1 3 6 3 , 1 4 : II, I 23
1 8,24: 22.9-230, 232, 20,7: n , 1 3 6 3 , 1 5 : II, I O?, 1 74
233 20, 1 7: II, I l O 3 , I 7 : II, 68, I62, I 74
I 8 , 2 5 : 1 2.6, 1 2. 8 20,2 5 : II, 6o 3 , 1 8 : II, J S , 68, I 5 5
1 8,2. 5 - 27: 73 , 229 20,3 1 : 5 2 3 , 1 9: n , 66, I 27, 1 7 5

1 94
3 ,2o-2 I : n, I 7 5 10, 1 : n, I 3 2 I 8,6: I 42
3 ,26: II, 66, 1 74, I 7 5 IO,J ! I I , I I I I 8 , 1 2 - 1 6: II, 3 4
4, I -7: 243 IO, I 2 ! II, I 32 I 9,2! 104
4, 8 - I 2! II, I 73 IO, I 7: II, I 3 2 I 9,7 : II, I I I
4,8 ss . : II, I 76 I O, I 9! II, I 3 2 I 9,34: II, I l I
4,10: II, I 3 , I 74 I 0,30: II, I 3 2 I 9,36: I I , 1 32
4, 1 2 : II, I 75 I 0,34-4 3 : II, I 73 I 9,40: II, I 32
4,2 1 : II, I 1 2 I0,3 7: II, 2 I 20, I 8 -} S : I 3 3
4,2 5 -26: II, 22 I 0,3 8 : II, 1 74 20,2 8: Ioo; II, 1 69, I76,
4,2 5 -2 8 : II, 22 10,40-4 1 : II, I 74 1 77, I 79
4,27- 2 8 : II, 26 1 0,43 ! II, I 7 5 20,2 8b: II, 1 78, I 79
4,3 4: II, I 3 2 1 1 , I 6: 1 3 4 20,3 5 : 1 3 3 , 1 34
5 ,4: 1I, I 3 2 1 2, 5 : 9 S , 98 20,36: 70, 86
5 ,7: I 22; II, 1 1 2 I 3 ,2! II, I I 2 2 I ,3 : Il, 62
5 , 1 7-27! 243 1 3 ,7: II, 34 2 I , 5 : 7o, 86
5 ,30: I I , I 3 , I 74 I 3 , I 2! II, 3 4 2 I , 8 : I04
5 ,30-3 1 : II, I 06 1 3 , I 6-4 I : II, I 73 2 1 , 1 0- 1 4! 90
5 ,3 1 : II, Io6, Io7, I 75 I 3 , 1 7: Il, I 74 2 I , I I : 90; II, 3 5
6, 1 2 - I 4: II, 64, 1 62 I 3 ,27: II, 3 5 , 68, 1 62 2 I , I 4 ! 89, 90, 9 1
6, I 4! I 69, I 92 I J ,27-29! II, 1 3 2 I ,20! II, I 3 2
7, 1 : I 04 1 3 ,29: II, 68 2 I ,28: 1 2 1
7,2- n : II, I 73 I 3 ,30-J I ! I I, I 74 2 I ,29! I 2 I
7,4 5 : I 2 I I 3 ,3 8 : II, 1 7 5 2 I ,37! I04, 1 2 1
7, 5 2 : II, I 3 , 1 23 1 3 ,3 8 - 3 9: II, I 7 5 22,3 : II, I 3 2
7,5 5 : I I , I 32 1 3 ,39! II, 1 4 5 22, I4: 9 I ; II, 1 2 3
7, 5 5 -60: I I , 64, I 62 I 3 ,4 5 ! I 42 22,24! 1 2 I
7, 5 6: 2o8; n, 64 I 3 , 50: II, I 34 22,2 5 ! I04
7, 5 7: II, I I 2 I 4, I O! II, I I 2 22,30-23, IO! 243
7 , 5 9 : II, 64, I I 9, I 62, I 4 , I 5! II, 1 73 24,5 : II, 34, 92
I 6J I 4, I 5 - I 7! II, I 73 24, 10-2 I : II, 3 4
7, 5 9-60: I I , I 20 1 4,2 I -22: II, I64 2 5 , 1 2! 239
7,6o: 70, 86; II, 63 , 64, I 4,22: II, I64 26,2-23: I I, 34
l 1 2 , 1 62 I 5 ,3 5 = I42 26,7: 98
8, I : n, 5 6 I 6, I : I I , I 3 2 26, I 8: Io6
8,7: II, I I 2 I 6,3 : 11, 1 3 2 26,23: I04; II, J 5 , I 5 5
8,9: Il, I 3 2 I 6, 1 7: II, 1 3 9 26,44: II, I 1 2
8, I 6: II, 1 3 2 I 6,20: I I , I 3 2 27, 1 2 : II, 1 3 2
8 ,26-40! 3 2 I 6,2 8 : I I, l I 2, 1 1 7 27,2 1 : II, I 3 2
8,3 2-3 3 : II, 92 I 6,37: II, I 3 2 27,28 : 1 2 2
8,37! 2 1 2 I 7, 3 ! II, I H 27,3 4: II, I 3 2
9,8: 1 2 1 I 7, 1 2 : I I, I 34 2 8 ,6: II, 92
9, I 7: I I, 56 I 7,22-3 I! II, I 7 3 2 8 ,7: I I , I 3 2
9t i 9! 95 I 7,23 -29: II, I 73 2 8 , I 7 : n, 3 5
9, I 9-20! 2 I 9 I 7,24 : II, 1 3 2 2 8 , I 8 : n, I 3 2
9,3 I! II, 2 1 I 7,27! II, I 3 2
9,3 3 : I I , I J 2 I 7,29: II, I 3 2 Romani
9,40! 70, 86 I 7,29-3 I ! II, 1 73 I ,3 -4: 2 1 9

195
1 , 1 7: 3 0 1 5 ,4: 3 1 ; II, 1 32, 1 4 5 � Tessalonicesi
3 ,24-2 5 : II, 1 66 1 5,5= 3 1 3 ,2: II, 92
4,2 5 : 28; II, 1 66, 1 7 1 1 5 , 1 1 : 29
5 ,6: n, r 66, 1 80 1 5 ,20-22: 3 4 Ebrei
5 , 8 : II, 1 66 2, 1 8 : 11, 1 5 5
5 ,8- l o: 28 2 Corinti s , 8 : I I, I 5 5
5 ,9: II, 1 66 5 ,8: II, 1 00 5 , 1 1 -6,2: II, 1 73
5 , 1 2-2 I : 30 1 3,4: 28 9,26: II, l 5 5
6,3 : 28 1 3 7 I 2: I I , I 5 5
6,3 -4 : II, 1 3 2 Galati
6,4: II, 1 3 3 1 , 1 6: 2 1 2 1 Pietro
6,8 : II, 1 00 2,20: 2 8 1,12: 98
3,I : 28 2,9: II, 1 78
1 Corinti 3 , 1 3 : 28 2,9- 10: I I , I 78
1 ,2 : II, I 78 2,2 I : n, 1 5 5
I , I 8: 2 8 , 29 Efesini 2,2 I -2 5 : n, I65
1 ,22-2 3 : II, 1 5 4 1 , 1 4 : II, 1 78 2,22 : I I, 1 5 5
1 ,2 3 : 2 8 4,8 - I o: II, l I O 2,2 3 : II, I 5 5
1 ,2 3 : 3 4; II, I 76 5 , 1 4 : II, 60 3 ,8 : n, 1 5 5
7, 1 0- 1 1 : 29 3 , 1 8 : II, 1 5 5
10,3 2 : II, 1 78 Filippesi 4, 1 : II, I 5 5
I I ,2 2 : II, 1 78 2,8: 28 4,8: 98
I 1 ,23-2 5 : 28 3, 1 0: 28 4 , I 2- I 6: 77
l 1 ,2 3 -27: 29 4, I 3 : 77
I I ,24b-2 5: II, 1 77 1 Tessalonicesi 4, I 5 - I6: 77
1 1 ,26: 28 1 ,9- 1 0: I l , 1 73
I 5 , I - 5 : 30, 3 I 4, 1 5 : 29 Apocalisse
1 5 , 1 -2 8 : 3 4 4, 1 7: II, 1 00 I , IO: I I , I 42
1 5 ,3 : 2 8 , 29-30, 3 2; II, 5 ,9 - 1 0: 2 8 1 4, 1 8 : II, I I 7
1 7 1 , 1 74, 1 80 5 , 1 0: 28; II, 100
1 5 ,3 - 5 : 29, 3 0, 47

LEITERATURA APOCRIFA GIUDAICA E CRISTIANA

Enoc etiopico 5 2,6: II, 77 69,27: 202


3 7-7 1 : 200, 203 5 2,9: n, 77 7 1 , 1 4: 202
4 5 ,3 : 20 1 , 202; II, 77 5 3 ,6: II, 77
46,4 s . : 202 5 5 ,4: 202; II, 77 4 Esdra
4 8 , I -7: 20 1 6 1 , 5 : II, 77 I 3 ,2-3: 200
48,4: 202 6 1 ,8: 202; n, 77 1 3 ,3: 20 I
4 8 , 5 : 202 6 1 , 8 S.: 202 1 3, 5 : 200
49,2: II, 77 6 1 , IO: II, 77 I 3,6-3 5: 20 l
49,4= 202 62,2 s . : 202 I 3 ,9- 1 I: 202
5 0, 5 : n, 77 62,3: 202 1 3 , I 2: 200
p ,3 : II, 77 62,9: 202 1 3 , 1 2 S.: 202
p ,s : n , 77 62, 14: 202 I 3 ,2 5 : 200

1 96
I J ,J 2 : 200 Test. 12 Patriarchi
I J,42-4 S = 20 I Test. Levi I 8, r o- I I :
I J , p : 200 II, I C I

4 Maccabei Vangelo di Pietro


9, I s : n, 67 J : II, I J6

LETIERATURA RABB INICA

M ishnah
Sanhedrin 4, I : I 88

LETTERATURA CRISTIANA ANTICA

I gnazio di Antiochia Ambrogio Agostino


Efesini Expositio ev. sec. Lucam Tractatus in loannem
I 8 ,2: 223 X, I 2 I : II, 9 8 I 9,20: I l , 1 20

Giustino Martire Girolamo


Dialogo con Trifone Comm. in Matthaeum
1 0) ,7-8: 93 -94 IV, I 666- I67 3 : II, 60

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