Studi Biblici Benedetto Prete La Passione e La Morte Di Gesù Nel
Studi Biblici Benedetto Prete La Passione e La Morte Di Gesù Nel
La passione
e la morte di Gesù
nel racconto di Luca
vol. 2. La passione e la morte
PAIDEIA EDITRICE
Con approvazione ecclesiastica
Tutti i diritti sono riservati
© Paideia Editrice, B rescia 1997 ISBN 88.394.0546. 1
INDICE
Parte seconda
La passione e la morte
Cap itolo dodicesimo: Il processo di Gesù davanti a Pi-
lato (Le. 23,1-2 5 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I3
1. Dati caratteristici dei racconti evangelici del processo davan-
ti a Pilato . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 14
n. La prima comparizione di Gesù davanti a Pilato (Le. 23, 1 - 5 ) . IS
111. La comparizione di Gesù davanti ad Erode Antipa (23,6-u) . 11
IV. Seconda comparizione di Gesù davanti a Pilato (Le. 23 ,13-2 5) 17
1. Pilato dichiara l'innocenza di Gesù davanti ai capi ed al po-
polo (vv. 13 - 1 6) . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2 . La reazione dei capi e del popolo giudaici alla decisione di Pi-
lato (vv 1 8 -z s ) . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. 31
7
Capitolo sedicesimo: Il buon /adrone (Le. 2 3 ,39-43) . . . 85
I. Caratteristiche del racconto del buon l adrone . . . . . . . . . . . . . 85
11. Il comportamento del ladrone pentito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
1. Il malfattore pentito rimprovera il compagno i mpenitente . 90
2. Il malfattore pentito dichiara pubblicamente l'innocenza di
Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
3· La fiduciosa richiesta del ladrone pentito . . . . . . . . . . . . . . . 93
111. La risposta di Gesù alla richiesta del ladrone pentito . . . . . . . . 97
1. Le affermazioni più caratteristiche del Salvatore al malfatto-
re pentito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . 97
a ) «Oggi» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . 98
b) «Sarai con me» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
c) «In paradiso» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
2. Le prospettive dottrinali aperte dalla solenne promessa fatta
da Gesù al malfattore pentito . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . 103
a ) La teologia della salvezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
b) La condizione di Gesù Cristo dopo la sua morte . . . . . . . I04
8
2. La prospettiva parenetica i n ampie sezioni del racconto del-
la passione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 60
a) L, agonia di Gesù al Monte degli Ulivi . . . . . . . . . . . . . . . 1 60
b) L,aspetto parenetico delle preghiere di Gesù sulla croce . 161
c) L'intenzione parenetica nel comportamento dei personag-
gi del racconto della passione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 63
d) Gli avvenimenti della passione di Gesù diventano norme
di vita per i discepoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. 1 64
e) La riflessione parenetica sugli avvenimenti della passione
nel Nuovo Testamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 64
111. Il dato salvifico del racconto lucano della passione . . . . . . . . . 165
I. La prospettiva di teologia o di soteriologia narrativa del rac
conto lucano della passione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. 1 67
2. La predicazione degli apostoli sulla passione e morte di Gesù
nel libro degli Atti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 72
3· Il valore salvifico della morte di Gesù nell'opera di Luca
(Vangelo-Atti). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175
Rilievi conclusivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 79
Indice analitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 83
Indice delle parole greche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 85
Indice dei passi citati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
PARTE SECONDA
LA PASSIONE E LA MORTE
CAPITOLO D ODICES IMO
IL PROCESSO DI GESÙ
DAVANTI A PILATO
(Le. 2J,I-2 S )
IJ
I. DATI CARATTERISTICI DEI RACCONTI EVANGELICI
D EL PROCESSO DAVANTI A PILATO
23,2) has no counterpart in any of the other Gospel trial scenes, it clearly
spells out the polla, 'many things' of Mark I 5,3, putting the accusations be
fore Pilate's question in order to provide psychological background for the
question ... In Mark 15,3 Pilate's question comes like a bolt from the blue;
the Lucan preparation makes it more understandable» (Luke II, 1472).
4· Cf. P. Benoit - M. É . Boismard, Synopse I I, 413; da notare che Luca per
esprimere che Pilato non trova nessuna colpa in Gesù usa la formula: où-
La dichiarazione d'innocenza di Gesù da parte di Pilato, ri
petuta tre volte nel corso del processo davanti all'autorità
romana, rivela un profondo convincimento della primitiva
comunità cristiana, la quale si rifiuta di ammettere che nel
l'insegnamento e nell 'operato di Gesù vi si potesse trovare
una colpa nei confronti d eli ' autorità civile che ne giustificas
se la pena capitale decretata da essa. Si tratta indubbiamen
te di un profondo convincimento dell 'innocenza di Gesù da
parte dei primi credenti, infatti il testo evangelico si limita a
riportare la dichiarazione di Pilato dell'innocenza di Gesù
senza motivarla con una inchiesta condotta personalmente
dal procuratore romano nei confronti dell'imputato. 5
ÒÈv tuptaxcd al·dov (Le. 23,4), mentre Giovanni ha ]a formula oÙÒt(J-tav tU
p(axw al-tiav (Gv. I8,38).
5. I commentatori concordano ne] rilevare che il racconto evangelico non
dice come Pilato sia giunto alla conclusione che l'imputato presentatogli
dai sinedriti sia innocente.
minale che «incatenato» o «legato» (cf. Mc. I 5 , I ) è condotto
dal giudice; Luca ritiene irriverente questo elemento descrit
tivo e si limita a dire: «lo condussero da Pil ato» (2J, I ). 6
Quando Gesù fu davanti a Pilato, i sinedriti «comincia
rono ad accusarlo» (v. 2a). Mentre secondo Marco e Matteo
è Pilato che interroga direttamente Gesù domandandogli se
egli è il re dei giudei (cf. Mc. I 5,2; Mt. 27, I I ), secondo Luca
invece sono i sinedriti a prendere l'iniziativa di accusare Ge
sù ed a formulare i principali capi di imputazione; essi in
fatti dichiarano davanti a Pilato: «Abbiamo trovato costui
che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Ce
sare e affermava di essere il Cristo re» (v. 2 b). Non bisogna
pensare che i sinedriti abbiano inteso formulare tre distinte
specie di accuse; queste accuse infatti sono generiche e in
parte si ricoprono a vicenda, come appare dal modo con il
quale esse sono riformulate e proposte al v. 5. D'altronde le
accuse elencate al v. 2b sono confermate dai tentativi com
piuti dalle autorità giudaiche di impossessarsi di Gesù per
metterlo a morte o di comprometterlo con domande-tranel
lo presso il procuratore romano (cf. Le. I 9,48; 20,6. I 9.26; 22,
2). Particolarmente l'accusa mossa contro Gesù di opporsi
al pagamento del tributo a Cesare richiama la domanda cap
ziosa che gli informatori, inviati dalle autorità giudaiche, ave
vano rivolto al Maestro per conoscere se, a suo giudizio, fos
se lecito o no ad un ebreo pagare il tributo a Cesare; ovvia
mente l'accusa riportata al v. 2b stravolge l'esplicito inse
gnamento proposto da Gesù in quella circostanza (cf. Le.
20,20-2 5).7
16
La terza accusa è così resa dalle versioni: «e affermava di
essere il Cristo re»; il testo greco che suona: xat ÀÉyov-r:a
&au-r:Òv 'X,Ptcr-ròv �acrtÀÉa dvat non è di facile traduzione a
motivo delle sfumature del concetto che intende esprimere;
certamente la traduzione «e affermava di essere un unto re»
è inesatta e non rispetta l'idea di fondo della dichiarazione;
probabilmente il sostantivo �acrtÀÉa è una spiegazione di
"''.P tcr-r:ov e la dichiarazione deve avere il senso seguente: «e
affermava di essere il Messia ('X,pLcr-roc;), cioè il re». 8
Dopo che i sinedriti hanno presentato i loro capi di accu
sa contro Gesù a Pilato, questi si rivolge direttamente all'im
putato domandandogli: «Sei tu il re dei giudei ?» (v. 3 ). N o n
si comprende immediatamente il motivo per il quale Pilato
rivolga direttamente a Gesù la domanda: «Sei tu il re dei giu
dei?». Probabilmente il magistrato romano porta subito l'in
terrogatorio sull'argomento che maggiormente doveva inte
ressarlo; egli infatti quale rappresentante del potere imperia
le doveva preoccuparsi che il dominio di Roma non corres
se dei rischi a motivo di insurrezioni provocate da ribelli e
da agitatori delle popolazioni sottomesse che reclamavano
la loro indipendenza e sovranità; per questo motivo Pi lato
con la sua domanda vuole accertarsi se Gesù fosse uno di
questi agitatori e ribelli che reclamavano la sovranità del pro
prio popolo.9
8. Anche le versioni risentono delJ'imbarazzo di rendere la formulazione
greca con termini appropriati, fedeli al pensiero dell'evangelista; così G.
Schneider rende il testo nel modo seguente: «und sich als Messias und
Konig ausgibt» (Lu kas n, 471); E. Schweizer rende il testo: «und sagt, er
sei der Messias-Konig» (Lukas, 232) e ].A. Fitzmyer traduce: «and even
claiming to be an anointed king» (Luke n, 1471). La difficoltà del testo
greco è l'appellativo 'X,PtO"'toc; che indica l'unto del Signore, cioè il Messia;
ma per un pubblico pagano l'appellativo giudaico x,pto-'toc; non diceva mol
to, allora bisognava spiegarlo con un altro termine come �ao-tÀtuc;; quindi
l'accusa va così tradotta: «e affermava di essere il Messia, cioè il re»; cf. J.
Howard Marshall, Luke, 8 53.
9· Qualche commentatore pensa che la domanda rivolta da Pilato a Gesù,
«Sei tu il re dei giudei ?», sia stata posta da Luca a motivo del titolo che sa
rà affisso sulla croce, nel quale è indicata la causa della condanna del Mae
stro: «Questi è il re dei giudei» (Le. ·23,38), cf. J.A. Fitzmyer, Luke n, 1472.
17
Alla domanda di Pilato, Gesù risponde: «Tu lo dici)) (aù
ÀÉ')'€tc;, v. 3); la risposta, che ricorre in tutti e tre i racconti
sinottici, è estremamente concisa e non lascia sufficiente
mente intravedere l'accento con il quale è pronunziata. Pro
babilmente Pilato nel domandare a Gesù se egli è re dei giu
dei non prende seriamente questa domanda, poiché uno che
pretende di essere il re dei giudei non può presentarsi come
Gesù, abbandonato da tutti e posto sotto accusa; per questo
motivo la risposta di Gesù: «Tu lo dici)) non può essere di
conferma, ma di sospetto, nel senso cioè che Gesù a sua vol
ta interroga Pilato se gli abbia rivolto quella domanda di sua
iniziativa, perché pensa che Gesù possa essere re, oppure
perché gli è stata suggerita dai suoi accusatori. Ad ogni
modo è certo che il breve dialogo tra Pilato e Gesù non rie
cheggia un dialogo realmente avvenuto nei termini riportati,
ma lascia intravedere che Luca tralascia dei particolari e si
limita a riferire quanto dice Marco nel testo parallelo (cf.
Mc. I 5,2).10
Il dato caratteristico delle accuse addotte contro Gesù (cf .
20
Le indicazioni geografiche: Giudea e Galilea ( «insegnan
do per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea»,
v. 5 ) non risultano i nteramente chiare per i commentatori,
poiché il termine Giudea può essere inteso come la terra abi
tata dai giudei, oppure come la regione della Giudea dove
sorge Gerusalemme; nel primo caso significa che Gesù ha
insegnato per tutto il paese dei giudei iniziando dalla Galilea
e terminando a Gerusalemme nella Giudea; nel secondo ca
I I I . LA COMPARIZIONE DI GESÙ
DAVANTI AD ERO D E ANTIPA (2J,6-I2)
Luca ha inserito nel racconto marciano del processo di Ge-
pi di persone, segnalandone anche i sentimenti; così nel cap. 23, che stia
mo illustrando, sono segnalati i seguenti personaggi: anav 'tÒ 7tÀ i)-8 o� (tut
ta la moltitudine; 23' l ) , 'tÒ e�Svoc; �IJ.Ù)V (la nostra gente; IJ ,2), o l àpxte:ptt�
KCXL ol oxÀot (i sommi sacerdoti e le folle; 13,4), b Àao� (il popolo; 13,s), Ot
cipxovnc; (i capi; 23,13), 7t À ij�.9o� -tou Àaou Kat yuvatKwv {una moltitudine
di p opolo e di donne; 23,27), ot a'tptx'ttW'tat (i soldati; 23,36), ol O"X.ÀOt {le
folle; 23,48), miv'ttc; ol yvcùa'tot (tutti i conoscenti; 23,49); nel corso delle
nostre spiegazioni ricorderemo gli atteggiamenti di questi vari personaggi;
cf. E. Schweizer, Lukas, 233·
15. La formula Ka8'oÀ11� -rij� 'louòatac; ricorre in Atti 9,31; 10,37· Per l.
Howard Marshall il testo di Le. 23,5 ha il senso seguente: «In its context
the whole phrase expresses how Jesus· influence has spread the length of
Judaea, and at the same time i t provides Pilate with his cue for sendingJesus
to Herod Antipas» (Luke, 8n-8s4).
.21
sù davanti a Pilato quello della comparizione di Gesù davan
ti ad Erode Antipa, tetrarca della Galilea (cf. Le. 9,7-9 ). 16
Il fatto che questo racconto è conosciuto soltanto da Lu
ca ha sollevato il dubbio circa la sua storicità; vari studiosi
ritengono che esso sia una invenzione di Luca, fondata so
prattutto sul motivo del Sal. 2, 1-2 richiamato da Atti 4,2 5 -
28.17
In genere gli studiosi non condividono questa posizione
radicale che l'episodio sia un'invenzione di Luca, ma riten
gono che tale episodio conservi un ricordo storico; quello
cioè che Erode abbia avuto un ruolo, anche se di semplice
consulenza, nel processo di Gesù. 18
Certamente, sotto il profilo letterario, l'elemento che ha
determinato Pilato ad inviare ad Erode Gesù è stata la cono
scenza del fatto che Gesù aveva iniziato il suo ministero in
Galilea, regione che apparteneva alla tetrarchia di Erode
Antipa. Pilato, il quale desiderava, per quanto possibile, non
entrare in problemi che riguardavano tensioni interne del
popolo giudaico, approfittò di questa circostanza per invia
re Gesù da Erode.19 Il magistrato romano prese questa deci-
I6. Erode Antipa, figlio di Erode il Grande, alla morte del padre fu tetrar
ca della Galilea e della Perea dal 4 a.C. al 39 d.C.; il tetrarca risiedeva a Ti
beriade, città che egli aveva fondato neWanno I 8 d.C. in onore dell 'impe
ratore Tiberio.
17. Cf. l. Howard Marshall, Luke, 8 54; particolarmente J.M . Creed, nel suo
commentario, non ammette la storicità dell'episodio e pensa che l'episo
d io derivi dal teseo del Sal. 2, 1 -2 in cui si parla di re della terra e di prin
cipi che congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia; cf.
A tti 4,2 5 -26. L'autore rileva anche che se l'episodio fosse fondato su una
tradizione antica non si spiegherebbe il motivo per il quale Marco lo abbia
omesso; inoltre egli osserva che non sembra verosimile che Pilato invii un
prigioniero politico, che rientrava nella sua giurisdizione, ad Erode Anti
p a per essere giudicato; cf. Luke, 28o.
I 8. t: stato osservato che Vespasiano si comporterà in modo analogo in un
tempo successivo; egli infatti nel 67 d.C. ha inviato ad Erode Agrippa i ga
lilei presenti nei 34000 prigionieri che aveva catturati; cf. D. Romano, Il
processo di Gesù, 303: questo autore richiama le fonti, ma spesso non le ci
ta, oppure le cita senza l'indicazione esatta del luogo {ad es.: Filone, Lega
tio ad Caium, cf. p. 302; oppure: Eusebio, Storia Ecclesiastica, cf. p. 305 ) .
I 9· Certamente Pilato, inviando Gesù da Erode Antipa, mostra un certo di-
2.2.
sione non tanto perché considerava che Erode avesse un'au
torità superiore alla propria, quanto invece per conoscere il
giudizio di un'autorità giudaica; Erode Antipa, che risiede
va a Tiberiade, per la solennità della pasqua era venuto a Ge
rusalemme.10
Si rileva immediatamente come la comparizione di Gesù
davanti ad Erode non offre degli elementi nuovi per lo svi
luppo del processo; cioè nell'incontro di Gesù con Erode
non emergono nuove accuse e nuovi capi d'imputazione nei
confronti di Gesù; Luca tuttavia lo considera una nuova fa
se del processo condotto contro GesÙ.11 Infatti nel raccon
to lucano sono messi in evidenza gli aspetti giuridici del
l'episodio; tra l'altro si rileva che Pilato viene a sapere che
Gesù «apparteneva alla giurisdizione di Erode» (2 3,7), che
anche presso Erode i sommi sacerdoti e gli scribi accusava
no Gesù con insistenza (cf. 2J, I o) e che Pilato ricorda che
nemmeno Erode ha trovato in Gesù nessuna colpa di quelle
di cui era stato accusato (cf. 2 J, I 4-1 5 ) .
sinteresse per il caso che gli presentano le autorità giudaiche; egli infatti
«dovette subodorare che si mirava a coinvolgere la sua autorità in un pro
cesso odioso, in quanto non rientrava certo nella norma che dei giudei por
tassero al suo cospetto un giudeo reo contro le leggi di Roma, e colse al vo
lo il primo cavillo giuridico che gli si presentò: in quanto galileo, Gesù era
soggetto alla giurisdizione di Erode Antipa, per cui lo fece tradurre alla
presenza del re», D. Romano, Il processo di Gesù, 302-303 (era meglio di
re: alla presenza del tetrarca).
20. Cf. l. Howard Marshall, Luke, 855·
1 1. Secondo alcuni studiosi, Luca considera la comparizione di Gesù da
vanti ad Erode come un processo a sé, cioè come un terzo processo contro
Gesù (il primo processo: davanti al sinedrio; il secondo: davanti a Pilato; il
terzo: davanti ad Erode e il quarto: nuovamente davanti a Pilato); cf. J.
Neyrey, Passion according to Luke, 79·
23
nel vedere Gesù «si rallegrò molto, perché da molto tempo
desiderava vederlo ... e sperava di vedere qualche miracolo
fatto da lui» (2 3,8); questi particolari richiamano e sviluppa
no quanto l'evangelista aveva già accennato in precedenza a
proposito di Erode Antipa (cf. Le. 9,9). 22
Parimenti l'espressione: «(Erode) lo interrogò con molte
domande, ma Gesù non gli rispose nulla» (23,9) riprende un
dato segnalato da Mc. I 5 , 5 durante il processo di Gesù da
vanti a Pilato; infatti in Mc. I 5,4-5 è detto: «Pilato lo inter
rogò di nuovo: No n rispondi nulla? Ved i di quante cose ti
accusano? Ma Gesù non rispose nulla, sicché Pilato ne restò
meravigliato»; il silenzio, che, secondo Marco, Gesù man
tiene davanti a Pilato nei confronti delle molte accuse rivol
tegli dai sinedriti, è trasferito da Luca al silenzio che Gesù
ha mantenuto davanti alle «molte domande» rivoltegli da
Erode (cf. Le. 23,9).
Infine l'annotazione di Luca che presso il tetrarca c'erano
anche �<i sommi sacerdoti e gli scribi e lo accusavano con in
sistenza» (23,Io), vuole accentuare il ruolo che Luca attri
buisce ai sommi sacerdoti ed agli scribi presentandoli come
gli accusatori più tenaci e irriducibili di Gesù. 2 3
Il problema più importante che interessa il racconto della
comparizione di Gesù davanti ad Erode, tradizione propria
di Luca, è quello di stabilire quale senso esso abbia nel qua
dro del processo di Gesù; poiché è tale senso che ha deter
minato l'inserimento dell 'episodio nella narrazione lucana
del processo. Quanto è detto in Le. 23,9-Io pone bene in
evidenza il fatto che sia l'interrogatorio di Gesù da parte del
tetrarca, sia anche le insistenti accuse dei sommi sacerdoti e
degli scribi non hanno avuto come esi to la condanna di Ge
sù; infatti queste accuse non sono state prese in seria consi-
22. L'espressione, che ricorre in Le. 9,9: «(il tetrarca Erode) cercava di ve
derlo», intende preparare il racconto deWincontro di Erode e di Gesù di
Le. 23,8-12: osserva opportunamente J. Ernst: «Luca ha preparato da lon
tano l'incontro fra Gesù ed Erode attraverso l'osservazione, inserita per
inciso, sull'interesse ai miracoli da parte del principe territoriale galileo
(9,9)» (Luca 11, 879). 23. Cf. J. Ernst, Luca n, 88 I
derazione, né ritenute valide per una condanna dell'imputa
to. Erode e i suoi soldati si sono limitati ad insultare ed a
schernire l'imputato. 2 4
Il racconto del giudizio di Gesù davanti ad Erode si con
clude con la segnalazione di due particolari: Gesù, ricoperto
con una veste di scherno, è inviato a Pilato e l'amicizia con
tratta in quella circostanza tra Erode e Pilato.
Il testo dice: «Erode, con i suoi soldati, lo (Gesù) insultò
e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo riman
dò a Pilato» (23, I I); il versetto presenta una formulazione
ampia che andrebbe meglio tradotta in italiano; noi propor
remmo la seguente versione: «Erode con i suoi soldati mo
strò a Gesù il suo disprezzo (è�ou.Stv�craç òè: aÙ'tov) e scher
nendolo gli mise addosso una veste splendente (xat È(J.7tat�aç
7ttpt�aÀwv ècr.Sil-ra Àa(J.7tpav) e lo rimandò a Pilato». Erode
considerò Gesù una persona meritevole di profondo disprez
zo (i�ou.SevÉw) e di scherno (é(J.7tal�w); la scena può essere
considerata la trasposizione di quella narrata da Mc. I 5, I6-2o
e omessa da Luca, nella quale si ricordano gli scherni e gli
insulti rivolti a Gesù dai soldati di Pilato nel pretorio; infatti
questi soldati rivestono Gesù di porpora, gli intrecciano una
corona di spine, gli rivolgono il saluto: «Salve, re dei giudei»
e lo scherniscono inginocchiandosi davanti a lui.25
Lo scherno caratteristico che Erode comandò ai soldati di
infliggere a Gesù fu quello di mettergli addosso «una veste
splendente» (v. II); il testo non precisa il colore di questa
veste, limitandosi a qualificarla come veste splendida {7ttpt
�aÀwv icr-8-ij-ra Àap.7tpav ); si è cercato di precisare il colore
di questa veste pensando che si tratti di un mantello bianco
o di un mantello color porpora, poiché di un mantello di por
pora parlano Mc. I 5, I7 e Gv. I9,2; ma qui ci si addentra nel
(.J.E't' àÀÀ �Àwv), prima infatti c'era stata inimicizia tra loro»
(v. I 2); questa annotazione per noi rimane assai vaga, perché
non indica il motivo che in passato aveva determinato l'ini
micizia tra Erode e Pilato, né la vera causa della loro nuova
amicizia. Certamente l'iniziativa di Pilato d'inviare Gesù dal
tetrarca Erode dovette essere molto apprezzata da quest'ul
timo e ritenuta da lui un gesto di deferenza per la sua per
sona da parte del rappresentante dell'autorità romana. Per
noi tuttavia non si può valutare l'annotazione di Luca sul
piano psicologico e della loro reciproca amicizia, ma su quel
lo della storia della salvezza. Con tale annotazione l'evan
gelista considera le due autorità; quella di Pilato e quella del
tetrarca Erode come strumenti dell'attuazione del piano del
la salvezza; ambedue le autorità sono coinvolte nella storia
della passione e morte di Gesù, tuttavia esse riconoscono
l'innocenza di Gesù, mentre i sinedriti con le loro ostinate,
violente e false accuse sono quelli che determineranno la
morte di Gesù.17
26. Per questo motivo abbiamo tradotto il testo: «e schernendolo gli mise
addosso una veste splendente», mentre la versione a cura della CEI ha: « poi
lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato» (v. I 1 ) .
27. Cf. G. Schneider, Lukas n, 475 . Questa amicizia tra Erode e Pilato in
prosieguo di tempo è giudicata alla luce del Sal. 2, 1 -2 e in essa si vede la
realizzazione di quanto dichiara il salmo; Erode e Pilato rappresentano i re
e i principi che si radunano insieme contro il Signore e contro il suo Cri
sto. Gli apostoli, appena liberati dalla prigione, dove li avevano rinchiusi
le autorità giudaiche, dichiarano: «Davvero in questa città si radunano in
sieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e
Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele, per compiere ciò che la tua
mano e la tua volontà avevano p reordinato che avvenisse» (Atti 4,27-28).
IV. SECONDA CO MPARIZI ONE DI GESÙ
DAVANTI A PILATO (Le. 23,1 3-2 5)
Erode)»; altri codici e versioni invece hanno: « ... perché io ho mandato lui
(= Erode) a voi»; queste versioni non fanno altro che complicare il testo e
mostrano di essere preoccupate di dare una spiegazione all'invio di Gesù
ad Erode da parte di Pilato; così la lettura: «perché io ho mandato voi a lui
(= ad Erode)» cerca di spiegare che il gruppo dei sommi sacerdoti e degli
scribi, i quali avevano accusato ostinatamente Gesù davanti ad Erode (cf.
29
Il richiamo al fatto che Erode non aveva formulato nes
suna accusa contro Gesù e che lo aveva rinviato a Pilato con
una veste di scherno e di disprezzo indica che il magistrato
romano voleva appellarsi a una autorità che presso i giudei
era più credibile della sua, poiché veniva da un loro correli
gionario, il quale meglio di lui conosceva la loro sensibilità
religiosa. Inoltre questo accenno ad Erode mostra come la
comparizione di Gesù davanti al tetrarca faccia parte del pro
cesso di Gesù davanti al procuratore romano.
La dichiarazione d'innocenza di Gesù da parte del magi
strato romano, dopo che l'imputato era stato inviato da Ero
de, riguarda soprattutto l'imputazione rivolta contro di lui
dai sinedriti di essere «sobillatore del popolo» (v. 3);32 ora
questa accusa contro Gesù dai sinedriti fu fatta valere anche
davanti ad Erode, ma il tetrarca, molto più di Pilato, era in
grado di valutare l'infondatezza di essa; per questo motivo
tale accusa non ebbe seguito presso l'autorità giudicante,
cioè presso Pilato.
Il magistrato insiste nel proclamare l'innocenza di Gesù e
dice: «Ecco, egli non ha fatto nulla che merita la morte» (v.
1 5 ). L'insistenza di Pilato sull'innocenza di Gesù è determi
nata dal fatto che Erode gli ha rinviato Gesù senza indi
cargli nessuna accusa a carico dell'imputato. H
Il magistrato romano dopo aver dichiarato l 'innocenza di
Gesù a seguito dell'interrogatorio dell 'imputato e averla con-
23 , 1 0), erano ora tornati p resso Pilato e potevano attestare che Erode non
aveva formulato nessun verdetto di condanna contro Gesù; cf. J .A. Fitz
myer, Luke II, 148 5 .
32. I n Le. 23,2 come già sappiamo, l e accuse rivolte contro Gesù sono più
particolareggiate: «Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo,
impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re», invece
in Le. 23 , 1 3 contro Gesù è presentata un'unica accusa; Pilato infatti dice ai
sinedriti: «mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo».
3 3 · I commentatori hanno richiamato l'attenzione sulla formulazione gre
ca della frase: XaL tÒoÙ oÙÒÈ:v a�tOV ..9ava'tOU €a'tLV 7te:7tpay(J-ÉVOV aù'tct> (Le.
23 , 1 5 ); nella proposizione il pronome aÙ't� è un dativo di agente secondo
la costruzione classica del perfetto passivo del verbo r.paaaw; cf. l. Howard
Marshall, Luke, 8 5 9.
)O
fermata con quanto gli aveva fatto conoscere Erode decide
di rinviare Gesù, dopo averlo esemplarmente castigato. Il te
sto attribuisce a Pilato queste parole: «Perciò dopo averlo se
veramente castigato lo rilascerò» ( 7tatòeucraç o�v aÙ'tÒv à7to
Àucrw) (v. 1 6); il testo greco è di una estrema concisione; è
quasi una formulazione giuridica.
La conclusione a cui giunge il procuratore sorprende la
nostra mentalità, secondo la quale chi è ritenuto innocente
non può subire dei castighi, ma questa non era la mentalità
del magistrato romano, il quale poteva infliggere delle pu
nizioni a persone che avevano provocato dei disordini e che,
di conseguenza, avevano reso necessario l 'intervento dell'au
torità per tutelare l'ordine. Pilato quindi decide di lasciar li
bero Gesù, ma in pari tempo ordina anche di infliggere una
punizione all'imputato allo scopo di placare i suoi accusa
tori e di rendere più guardingo Gesù per il futuro. L'espres
sione: «dopo averlo severamente castigato» rende il partici
pio aoristo 7tatòeucraç; il verbo 7tatòeuw in sé significa edu
care, istruire; ma siccome presso gli antichi l'educazione e
l'istruzione implicavano anche dei mezzi coercitivi, come le
percosse con le quali l'educatore obbligava il giovinetto ad
applicarsi e ad apprendere, il verbo indicò anche l'esercizio
di forme punitive. H
31
con inaudita ostinazione; essi si misero a gridare chiedendo
la morte di Gesù e la liberazione di Barabba (Le. 2 3 , 1 S).H
La richiesta dei giudei di volere la liberazione di Barabba
(«Dacci libero Barabba!», v. 1 Sb) dopo che Pilato aveva pro
clamato l'innocenza di Gesù, sorprende i lettori; infatti Pila
to, una volta assolto Gesù da ogni colpa punibile con la mor
te doveva lasciarlo libero; egli invece «parla di nuovo» con i
giudei (cf. v. 20) . Probabilmente i giudei, nonostante le pa
role di assoluzione del magistrato romano, continuavano ad
accusare Gesù e a dichiararlo meritevole della condanna ca
pitale; Pilato allora, per placare i giudei che non cessavano
di accusare Gesù, si vide costretto ad appellarsi all'atto di
clemenza che egli doveva compiere in occasione della ricor
renza della pasqua liberando un prigioniero. Quest'atto di
clemenza e di amnistia pasquale (privilegium paschale; cf.
Gv. 1 8,39), a giudizio di Pilato, doveva placare gli animi de
gli accusatori, poiché dimostrava la sua benevolenza nei lo
ro confronti. I giudei invece capirono che l'atto di clemenza
di Pilato era ordinato a liberare Gesù invece di Barabba, per
questo essi reclamavano a gran voce la liberazione di que
st'ultimo. 3 6
A questo punto, l'evangelista, anche se tardivamente, è ob
bligato a dare alcune informazioni su Barabba; egli infatti
annota: «questi era stato messo in carcere per una sommos
sa scoppiata in città e per omicidio» (v. 1 9).
Si rileva immediatamente che Luca nel suo racconto della
passione, in confronto con gli altri evangelisti, riduce di mol-
3 5. Vari codici e versioni antiche, prima di indicare la reazione dei giudei
davanti alla sentenza di assoluzione di Gesù hanno la seguente annotazio
ne: «Ma eg1i (Pilato} doveva rilasciare loro qualcuno in occasione della fe
sta)) (Le. 2 J , I J); l'annotazione ha tutto l'aspetto di essere una glossa espli
cativa, suggerita dai testi di Mc. 1 5 ,6 e Mt. 27, 1 5, per rendere comprensibi
le la seconda richiesta rivolta dai giudei a Pilato di rimettere in libertà Ba
rabba (cf. Le. 2 } , 1 8b). Pur riconoscendo che quanto dice il v. 17 rende più
comprensibile la seconda richiesta dei giudei a Pilato di lasciar libero Ba
rabba, questo versetto interrompe il filo narrativo e rende meno scorrevo
le il racconto; cf. l. Howard Marshall, Luke, 8 5 9; G. Rossé, Luca, 9 5 6.
36. Si vedano le osservazioni di I. Howard Marshall, Luke, 86o.
32
to il discorso su Barabba; egli invece concentra la propria
attenzione sull'ostinazione dei giudei nel richiedere a Pilato
la crocifissione di Gesù (cf. Le. 23 ,20-2 5 ). Soprattutto Luca
elimina dalla sua narrazione quel patteggiamento tra Gesù e
Barabba, al quale Pilato è stato costretto a scendere per pla
care la folla; l'evangelista infatti non ricorda la proposta di
scelta tra la liberazione di Gesù e quella di Barabba, avanza
ta da Pilato alla folla, come la narra Matteo scrivendo: «Al
lora il governatore domandò: chi dei due volete che vi rila
sci» (Mt. 27,2 1 ). Nella sua affinata sensibilità religiosa Luca
non può pensare che Gesù possa essere confrontato con un
famigerato sobillatore di sommosse e con un omicida; egli
invece pone in risalto l'importanza della morte di Gesù nel
piano della salvezza, anche se essa è dovuta all'ostinata vo
lontà dei giudei nel richiedere la morte di Gesù, come fa ri
levare in questo suo passo: «Essi (i giudei) insistevano a gran
voce, chiedendo che venisse crocifisso e le loro grida cresce
vano» (2 3,2 3).
L'evangelista intende porre in evidenza il dato che il pro
curatore romano «vuole rilasciare Gesù» (cf. v. 2o); egli quin
di mostra come Pilato cerca di parlare con i giudei. Luca qui
istituisce un serrato confronto tra l'atteggiamento dei giudei
e quello di Pilato nei riguardi di Gesù; i giudei chiedono osti
natamente che Gesù venga crocifisso, mentre Pilato dichiara
l'innocenza dell 'imputato.
Luca vuole sottolineare l'atteggiamento benevolo di Pila
to nei confronti di Gesù in marcato contrasto con quello
dei giudei; infatti l'evangel ista descrive così l'atteggiamento
del magistrato romano: «Ed egli, per la terza volta, disse lo
ro: Ma che male ha fatto costui? non ho trovato nulla in lui
che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rila
scerÒ>> (v. 22).
Indubbiamente questo modo di presentare Pilato nell'e
sercizio del suo potere giudiziario sorprende il lettore, ma
esso risponde alla prospettiva nella quale si sono posti alcu
ni evangelisti; così secondo Matteo e Luca, differentemente
33
da Marco, il magistrato romano non appare un giudice che
esercita la giustizia in modo indipendente ed autonomo (cf.
Mt. 27, 1 9-26); per Luca poi Pilato più che giudice è testi
mone dell'innocenza di Gesù.3 7
Gli studiosi pensano che la benevolenza con la quale Pila
to giudica Gesù, difendendolo dalle accuse che i giudei gli
muovono contro, rispecchia la prassi alla quale, al tempo in
cui Luca scriveva, si attenevano le autorità romane nei con
fronti degli apostoli e dei missionari cristiani, consentendo
loro la libertà della predicazione. Di questo atteggiamento
dei governatori romani verso gli apostoli e i missionari cri
stiani accusati dai giudei di «fomentare continue rivolte tra
tutti i giudei che sono nel mondo» (Atti 24, 5) offrono ampie
testimonianze gli Atti, quando narrano i vari giudizi ai quali
fu sottoposto l'apostolo Paolo (Atti 24, 1 0-2 1 ; 26,2-23; cf.
I J ,7. 1 2; 1 8 , 1 2-1 6).3 8
Nel suo racconto Luca mostra come non già la volontà
del magistrato romano, bensì quella dei giudei determina la
morte di Gesù; infatti «essi insistevano a gran voce (O t oè È-
7tÉxe:t v't o q>wvatç (J-e:ya Àatç), chiedendo che venisse crocifis
so; e le loro grida crescevano (xa-rtcr-x,uov )» (v. 2 3); i giudei
con le loro grida facevano pressione su Pilato (È7ttxe:t(J-at; cf.
Le. 5 , 1 ) e queste grida diventavano sempre più forti (xa'ttcr
xuw) per piegare la resistenza di Pilato. Questi allora decide
che la richiesta dei giudei venga eseguita (È7tÉxpt ve:v ye:vécr.Sat
'tÒ a't't l) (J-CX aù-rwv, v. 24) L'evangelista evita di dire espressa
mente che Pilato ha emesso la condanna capitale contro Ge-
34
sù,39 come anche di scrivere che egli «lo consegnò perché fos
se crocifisso» (Mc. I 5 , 1 s; Mt. 27,26; Gv. 19, 1 6).
Luca conclude il racconto del processo di Gesù davanti a
Pilato con una proposizione con la quale pone in forte con
trasto la sorte di Barabba e quella di Gesù; egli infatti scrive:
«Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa
e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla lo
ro volontà» (7tapÉÒwxe:" 't� -8-e:À�(J.�X'tt aÙ'tw'J, v. 2 5 ).40 Que
sta espressione dell'evangelista fa pensare che la crocifissio
ne sia stata eseguita dai giudei. 4 1 Va notato che la formula
usata da Luca («abbandonò Gesù alla loro volontà») pone
in risalto un'istanza cristologica e letteraria di Luca, quella
cioè della colpevolezza dei giudei nell'aver consegnato Gesù
a Pilato, nell'averlo rinnegato davanti a lui e nell'aver chie
sto a lui di graziare un assassino e di mettere a morte l'auto
re della vita.41
Secondo Luca, Pilato consegna Gesù alla volontà dei giu
dei; con questa espressione l'evangelista intende sottolineare
che soltanto i giudei sono colpevoli della morte di Gesù.
Ciò concorda con quanto afferma Gv. 1 9, 1 6; i due evange
listi inoltre convengono nel mostrare come Pilato ceda alle
pressioni dei giudei, come anche nel segnalare che il magi
strato romano per tre volte proclama l'innocenza di Gesù
39· Cf. W. Grundmann, Lukas, 427.
40. La traduzione dell'aoristo 1tetpÉÒwxEv con «abbandonÒ» è inesatta e
svuota il verbo della sua pienezza di contenuto teologico; il verbo va
meglio tradotto con «consegnò». È stato osservato infatti: «Le ultime pa
role (del v. 25) sono importanti : 'consegnare' non è solo un terminus tech
nicus della terminologia giuridica ebraica (cf. Atti 21,1 1; 28,17), ma anche
un motivo teologico, che deve esprimere la realizzazione della volontà di
vina (cf. /s. 5J ,12; Le. 24,26 s.; Atti 2,23; 3,18; 13,27; 26,23). L'accenno alla
'loro volontà' sottolinea l'i ntenzione letteraria di Luca (cf. A tti J , I J - q ),
più volte osservata» (J. Ernst, Luca n, 88 s -886).
41. Cf. G. Schneider, Lukas n, 478; concludendo in tal modo il racconto
del processo di Gesù davanti a Pilato, Luca omette gli scherni subiti da
Gesù da parte dei soldati romani (cf. Mc. I 5, r6-2o).
42. Questa istanza cristologica e letteraria trova la sua espressione più com
piuta nel discorso di Pietro, dopo la guarigione dello storpio avvenuta alla
porta del tempio (cf. A tti J , I J - I S)·
35
(cf. Le. 2J,4. 1 4- 1 5.22; Gv. 1 8,3; 1 9,5 . 1 2); ovviamente questi
accordi sono dovuti alle tradizioni evangeliche, non già a di
pendenze letterarie.43
Matteo, più degli altri evangelisti, ha sottolineato in ter
mini marcati la colpevolezza del popolo giudaico (cf. Mt. 27,
24-2 5 ); anche Luca ha posto in evidenza la colpevolezza dei
giudei, ma probabilmente il suo principale intento era di sot
tolineare la politica di tolleranza delle autorità romane nei
confronti della diffusione del messaggio cristiano. 44
43· Cf. W. Gr und mann Lukas, 426-427.
,
39
È quanto pensano vari commentatori, i quali rilevano che
l'episodio di Simone di Cirene che, di ritorno dal campo, è
obbligato a portare la croce, diventa un esempio tipico della
sequela di Gesù; in tal modo si vede che Luca ha reinterpre
tato il dato evangelico in chiave simbolica facendo portare a
Simone la croce «dietro a Gesù».4 Luca quindi ha modifica
to il dato evangelico offertogli da Mc. 1 5 ,2 1 per fare di Si
mone di Cirene un'immagine ideale della sequela di Gesù,
cioè del discepolo di Gesù che porta la croce «dietro» a lui.
L'evangelista aveva già tratteggiato la figura del discepolo
di Gesù, quando aveva riferito il logion sulla sequela di Ge
sù che suona: «Se qualcuno vuoi venire dietro a me, rinne
ghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua>>
(Le. 9,23); i due testi di Le. 23,26 e 9,23 contengono la stessa
idea, anche se espressa diversamente, quella cioè di mettersi
al seguito di Gesù portando la croce.5
Questa idea rivela una prospettiva e un'istanza lucana. 6
L'evangelista, nel narrare l'episodio di Simone di Cirene, ha
come interesse primario quello di presentare questo perso
naggio come immagine tipica del discepolo ideale che porta
la croce dietro a Gesù; di conseguenza egli omette alcuni
particolari che lo riguardano, i quali non rivestivano nessun
interesse per lui.7
ti degli autori sacri); cf. Dei Verbum 1 9 (promulgata il r 8 novembre 1 965).
•· Cf. J. Ernst, Luca II, 8 8 7.
s . I n Le. 2 3 ,26 si ha l'espressione: "tÒv a"tcxupòv cp épEt v o7tta8Ev "tou 'I 11aou
(gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù); e in Le. 9,23 l'idea
di portare le croce è formulata in modo più articolato e particolareggiato;
infatti il testo dice: d "tt� ·.9 ÉÀEt Òitta(J) (J.OU 'ip-x.Ea-Bat . . . àpci"tw "tÒv a"tcxupòv
tZÙ"t'ou. . xcxt àxo),ou-8d"ttd (J. O t (se qualcuno vuoi venire dietro a me ... pren
.
da la sua croce ... e mi segua»); indu bbiamente la formula di Le. 23,26 è mol
to concisa e sintetica concentrando l'idea della sequela di Gesù nel portare
la croce dietro a lui. Il testo di Le. 23,26 andrebbe meglio tradotto nel mo
do seguente: « ... gli misero la croce addosso e gliela fecero portare dietro a
Gesù »; cf. G. Schneider, Lukas 11, 48 1 .
6. Riguardo all'espressione che ricorre in Le. 23 ,26: «dietro a GesÙ» (o7tta-
8E.v "tou I 11aou) è stato osservato: «The Lucan touch is evident in the addi
'
40
L'azione dei soldati romani nei confronti di Simone di
Ci rene è indicata differentemente da Marco e da Luca; Mc.
I 5 ,2 I infatti (seguito in ciò da Matteo) usa il verbo «costrin
gere» (àyyapEuw); Le. 23,26 invece ha «mettere addosso,
imporre» (È7tt'tt.SYJ!J.t); ambedue i verbi esprimono una for
ma di costrizione esterna; il verbo àyyape:uw significa co
stringere ad un lavoro ed è un verbo non di origine greca,
ma straniera (cf. latino angariare); il verbo È7tt-tt.SYJ!J.t ha il
senso di imporre o porre sopra; probabilmente Luca ha usa
to questo verbo per evitare di servirsi di un termine d'ori
gine straniera e di uso volgare, qual è àyyapEuw; infatti È7tt
'tt.SYJIJ.t è un verbo di pura grecità. 8
Ciò che sorprende nel breve episodio di Simone di Cire
ne è il modo con il quale Luca lo vede e lo valuta. Egli si di
stacca dal racconto di Marco per scoprire altri aspetti del
l'avvenimento; da un episodio casuale e irripetibile Luca ha
saputo trarre un'immagine tipica del discepolo di Gesù da
proporre al lettore del vangelo di ogni tempo; ad ogni au
tentico discepolo di Gesù è imposto di portare la croce die
�ro a lui. Veramente Luca nel narrare la passione del Salva
tore ha inteso redigere «il vangelo del discepolo».9
una missione di fiducia oltre che per una pena. Il resto della frase è la for
mula dell'impegno cristiano: 'portare la croce' dietro a Gesù (23,26; cf. 9,
23; 1 4,27). La figura di Simone rappresenta quindi agli occhi di ogni disce
polo un invito a seguire veramente Cristo, perché questa è la sua vocazio
ne» (ibid. ).
41
II. ORACOLO DI GESÙ CONTRO GERUSALEMME
(VV. 27-3 1 )
43
vo che giustifica il loro pianto e lamento; esse non debbono
piangere per la condanna capitale di Gesù, ma per la sorte
tragica che nel futuro incombe su Gerusalemme. La colpa
che l'attuale generazione ha commesso rifiutando Gesù e
condannandolo alla crocifissione sarà crudelmente punita
nella generazione successiva. Il castigo che sovrasta Gerusa
lemme sarà così duro e crudele che le donne sterili, le quali
non hanno generato né allattato, saranno chiamate beate e
coloro che dovranno subire questo castigo invocheranno la
morte per sottrarsi ad esso. 1 6 L'oracolo di castigo contro la
città santa è formulato in termini tanto duri e violenti per
ché è messo in relazione con la crudele e spietata condanna
capitale di Gesù, voluta dalle autorità religiose di Gerusa
lemme; questo motivo spiega la presenza dell'oracolo di pu
nizione contro Gerusalemme nel racconto lucano del cam
mino di Gesù verso il luogo del suo supplizio.1 7 Ovviamen
te questa profezia di castigo non è ricordata allo scopo di mo
strare che la colpa incorsa dalle autorità giudaiche di Geru
salemme con la condanna a morte di Gesù è imperdonabile,
ma che essa è una colpa gravissima, perché conseguenza di
una inspiegabile incomprensione della persona di Gesù e
della sua opera da parte di queste autorità.
Il crudo oracolo di castigo che Gesù ha rivolto alle figlie
di Gerusalemme intende porre in risalto la gravità della col
pa degli abitanti della città santa che esse rappresentano.
A nostro giudizio le parole profetiche di Gesù riportate
da Le. 2 3 ,27-3 I non sono un appello al pentimento rivolto
agli abitanti di Gerusalemme, ma contengono un oracolo di
castigo contro di essi. Vari motivi ci inducono a sostenere
questa interpretazione del testo lucano in oggetto. In primo
luogo l'oracolo di Gesù riferito da Le. 2 3,27-3 I non è l'uni
co oracolo rivolto contro Gerusalemme, ma esso rientra nel
la serie delle profezie di condanna che sono state pronun-
r6. Cf. G. Schneider, Lukas n , 48 1 .
17. G. Schneider, pone bene i n luce questo aspetto quando rileva: «Das
Schicksal der Stadt wird zur Hinrichtung Jesu in Beziehung gesetzt».
44
ziate da Gesù nei confronti della città santa e che sono state
riportate dal terzo evangelista (cf. Le. I I ,49- 5 I ; I 3, I - 5 . 34-3 5 ;
I 9,4 I -44; 2 I ,20-24); confrontando questi differenti oracoli
45
In secondo luogo l'oracolo di Gesù riferito da Le. 2 3,2 7-
31 contiene degli elementi che caratterizzano gli oracoli di ca
stigo pronunziati dai profeti; infatti in esso Gesù si rivolge
alla città colpevole («Figlie di Gerusalemme») e pronunzia
una esplicita sentenza di punizione («Ecco, verranno giorni
nei quali si dirà: Beate le sterili ... »).
Nell 'oracolo manca la denunzia delle colpe commesse da
Gerusalemme, ma questa denunzia è sottintesa, poiché non
si può avere una sentenza di punizione senza che sia deter
minata da gravi infedeltà e colpe contro Dio.21
Un esempio di oracolo di punizione si ha in Le. I 3,3 4- 3 5
che abbiamo già ricordato; in esso appaiono le tre compo
nenti letterarie fondamentali che lo caratterizzano: l'indiriz
zo alla città colpevole («Gerusalemme, Gerusalemme»), la
denunzia dei crimini e delle colpe commesse («uccidi i pro
feti e lapidi coloro che sono mandati a te; ho voluto racco
gliere i tuoi figli ... e voi non avete voluto»), il giudizio e la
condanna di punizione («Ecco la vostra casa vi viene lasciata
22
deserta»).
In terzo luogo si constata che l'oracolo di punizione in
quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo
popolo »; l'idea della gravità della punizione di Gerusalemme qui è indica
ta sotto forma di maledizione; la stessa idea invece nell'oracolo di puni
zione di Le. 23 ,29, come si vedrà meglio in seguito, è espressa in forma di
beatitudine: «Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mam
melle che non hanno allattato». È stato rilevato che, per quanto riguarda
gli annunzi della fi ne e della rovina di Gerusalemme, Luca si è attenuto
alla «legge della triplicità» ( «Das Gesetz der Triplizitat» ); l'evangelista in
fatti come riporta il triplice annunzio della passione da parte di Gesù (cf.
Le. 9, I 8-22; 9,43 -4 5 ; 20,J I -J4), così ha un triplice accenno alla fine di Ge
rusalemme (cf. Le. I I ,49-p ; I }, I - 5 ; I J ,J I -J 5) e una triplice profezia sulla
tragica rovina di essa (cf. Le. I 9,39-44; 2 I , 5 -36; 2 3 ,29-3 I ) ; cf. W. Kaser,
Exegetisehe und theologisehc Erwagungen zur Seligpreisung der Kinderlo
sen (Le. .2),.29b): ZNTW 54 ( I 963) 24 5 .
2 1 . Ovviamente l'annunzio del castigo presuppone una denunzia delle col
pe commesse, anche se essa non è espressamente ricordata, come nel testo
che c'interessa. In altri oracoli, riferiti da Luca, questa denunzia delle col
pe è messa bene in risalto; cf. Le. I I ,49- so; 1 3,34; I 9,42-44.
2 2 . Cf. J .H. Neyrey, }esus' address to the women of }erusalem, 79; per il
testo di Le. I J , J S si veda la nota 1 9.
Le. 23,27-3 1 richiama il testo profetico di Os. 10,8 allo sco
po di porre in evidenza il carattere divino della punizione
preannunziata. Infatti nell'oracolo Gesù, dopo l'annunzio
della venuta del castigo («Ecco, verranno giorni nei quali si
dirà: Beate le sterili ... ) cita le parole di Osea: «Allora co
» ,
siero espresso in fs. 5 4, I : « Esulta, o sterile che non hai partorito, pro
rompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori, perché
più numerosi sono i fi gli dell'abbandonata che i fi gli della maritata, dice il
Signore»; cf. Exegetisehe und theologisehe Erwiigungen zur Seligpreisung
der Kinderlosen (Le. 23 ,29b), 240-254, spec. 247. 248. 2 5 3 . Da parte nostra
riteniamo che ) 'intero oracolo di Gesù rivolto alle donne di Gerusalemme
è un oracolo di punizione e in questo oracolo la beatitudine delle donne
«sterili» è un modo espressivo per sottolineare la gravità di questa puni
zione divina che incombe su Gerusalemme.
47
(biographisehe Apophtegmata) che ricorrono nei vangeli si
notti ci. L'apoftegma in questione è una profezia cristiana po
sta sulle labbra di Gesù lungo il cammino verso il luogo del
la sua crocifissione. N o n si può stabilire se i vv. 2 9-3 I ( «Ec
co, verranno giorni nei quali si dirà: ... ») all'inizio costituis
sero un detto isolato di Gesù, poiché ora questi versetti fan
no parte dell'oracolo profetico.
Questa parte dell'oracolo del Maestro {vv. 29-3 I ) , a mo
tivo delle sue caratteristiche di lingua e di stile, rivela un'ori
gine aramaica {cf. v. 29: lòoù Epxov"rat i)(J.Épat Èv af� Èpoucnv;
il discorso diretto; v. 30: "rO"re: cip�ov"rat ÀÉye:t v; v. 3 I : la par
ticella Èv che corrisponde alla particella aramaica b e-). Il v.
3 I poi utilizza un proverbio conosciuto.14
Altri studiosi ritengono che l'oracolo di Le. 2 3 ,27-3 I è il
risultato di una composizione di testi; l'unità letteraria ori
ginaria è costituita dai vv. 27-28.3 I ; a questa è stata aggiunta
un'altra unità costituita dai vv. 29- 30 in modo da presentare
l'oracolo di Gesù come un oracolo di castigo di Gerusalem
me; di conseguenza questi ultimi versetti nei confronti dei
vv. 2 7 - 2 9 hanno un carattere secondario.15
Altri commentatori invece affermano che l 'oracolo di Le.
2 3,2 7-3 I è una creazione di Luca, la quale non deriva da un
racconto prelucano, né da una tradizione o fonte preceden
te, ma dal lavoro e dalla riflessione dell'evangelista su diffe
renti dati biblici.1 6
Lo studio del problema dell'origine e della composizione
di questo oracolo di Gesù sulle «figlie di Gerusalemme» è
stato affrontato da Mario n L. Soards nell'articolo Tradition,
.14. Cf. R. Bultmann, Gesehiehte, 37-3 8. 1 2 1 - 1 2 2 .
l. S . Cf. W. Kaser, Exegetisehe und theologisehe Erwiigungen zur Seligprei
sung der Kinderlosen (Le. .2J,29b), 240-2 5 5 {242-243); J.A. Fitzmyer, Luke
II, 1 49 5 .
.16. J.H. Neyrey afferma espressamente: «Form critically, the passage (Le.
.13,27-3 1) should be acknowledged as the creation of Luke himself and
does not come from pre-Lucan passage, tradition or source» (]esus ' ad
dress to the women of]erusalem, 84); altri autori rilevano più o meno di
rettamente che il testo di Le. 23 ,27-3 I è una composizione di Luca.
Composition, and Theology in Jesus ' Speech to the «Daugh
ters ofJerusalem» (Luke 2J,26-J2); 17 dalla formulazione del
titolo stesso dell'articolo appaiono le varie componenti che
confluiscono in questo racconto di Luca; l'autore poi con
clude la sua ricerca affermando che Luca, nel racconto del
cammino di Gesù verso il luogo della crocifissione (Le. 2 3,
26-32), utilizza elementi desunti dalla narrazione di Marco,
dalla primitiva tradizione cristiana, da formule dei Settanta,
dalla sua riflessione e da un suo intento redazionale.1 8 Co
me si rileva da queste affermazioni, secondo M.L. Soards il
racconto di Le. 23,26-32 contiene materiale di Marco, dati
della tradizione cristiana, espressioni derivate dai Settanta e
infine apporti dovuti alla riflessione ed al lavoro redazionale
dello stesso evangelista.
A giudizio di M.L. Soards, come si è appena detto, il te
sto di Le. 23,26-32 è composto da materiale di diversa pro
venienza; l'autore dà la traduzione del passo indicando, a
fianco dci versetti interessati, la provenienza del loro conte
nuto. Riportiamo la traduzione del testo con l'indicazione
della provenienza dei versetti:
materiale di Marco
v. 26a Mentre lo conducevano via,
b presero un certo Simone di Cirene,
c che veniva dalla campagna;
d e gl i misero addosso ]a croce
e da portare dietro a Gesù.
composizione di Luca
v. 27a Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne
b che si battevano il petto
c e facevano lamenti su di lui.
and 31a-b. Early Christian tradition probably oral but possibly written,
lies behind vv 19a-d and 3 I a-b; Luke cites the LXX, perhaps from mem
.
49
v. 28a Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse:
b Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me,
c ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.
;
materiale della tradizione
v. 29a Ecco, verranno gi orni nei quali si dirà:
b Beate le sterili
c e i grembi che non hanno generato
d e le mammelle che non hanno allattato.
materiale dei Settanta
v. 30a Allora cominceranno a dire ai monti:
b cadete su di noi !
c e ai colli:
d copriteci!
materiale della tradizione
v. 31 a Perché se trattano così il l egno verde,
b che avverrà del legno secco ?
materiale di Marco
v. 32a Venivano condotti anche altri
b due malfattori con lui per essere g iu sti ziati . 29
_D a questa presentazione del testo appare con immediatezza
quale parte di esso sia composizione lucana e quali parti pro
vengano da altro materiale .
50
allontana dalla città santa per raggiungere il luogo della cro
cifissione. Ora l'oracolo pronunziato da Gesù in questa cir
costanza (cf. Le. 23 ,27-3 I ) è in perfetto parallelismo con l'o
racolo di punizione pronunziato da Gesù in occasione del
suo avvicinarsi a Gerusalemme per farvi il suo ingresso mes
sianico (cf. Le. 19,4 1 -44).30
Il fatto che Luca istituisce un parallelismo tra gli oracoli
di punizione, riferiti nei due testi 1 9,4 1 -44 e 23 ,27-3 I , deve
racchiudere una particolare intenzione; egli in verità, nell'i
stituire questo parallelismo, non è mosso da istanze storiche,
bensì da istanze didattiche e teologiche. Da ciò consegue che
nell'oracolo di punizione di Le. 23,27-3 1 occorre cogliere
queste istanze che l'evangelista inserisce in uno sfondo di
elementi storici, come la presenza di un gruppo di donne, le
quali fanno lamenti su Gesù che si avvia al luogo della cro
cifiss ione e come l'allusione alla rovina di Gerusalemme.
Dal racconto di Le. 23 ,27-3 I emergono alcuni particolari
assai significativi; nonostante Gesù sia il condannato che si
avvia alla crocifissione, egli è l'attore principale della scena,
è colui che guida e domina gli avvenimenti; Simone di Cire
ne, al quale è stata imposta la croce, la porta dietro a Gesù;
una folla di popolo e di donne che si battono il petto ac
compagnano il Maestro al Calvario; il Salvatore, voltandosi
verso le donne che facevano lamento su di lui, pronunzia un
oracolo di punizione; egli con piena autorità profetica an
nunzia che verranno giorni di prove così gravi e dolorose da
far proclamare beate le donne sterili e quelle che non allat
tano e da fare invocare la morte su di sé alle persone che si
30. I l parallelismo tra Le. I 9 4 1 4 4 e 2 3,2 7-3 1 , rilevato dai commentatori,
, -
SI
trovano davanti a tali prove; infine il Maestro pronunzia
l'enigmatico detto: «Perché se trattano così il legno verde,
che avverrà del legno secco?» (13,3 I ).
Non sembra che questi molteplici dati ricordati nel testo
di Le. 1J,17-J I si riferiscano unicamente alla rovina di Ge
rusalemme, essi oltrepassano questo tragico avvenimento.
Per Luca, la condanna a morte di Gesù non soltanto richia
ma l'oracolo di punizione contro Gerusalemme, ma annun
zia soprattutto l'avvento di giorni difficili e pieni di prove, i
quali segneranno il passaggio tra due epoche, cioè il passag
gio dall'epoca di Gesù a quella degli «ultimi giorni», come
vengono chiaramente designati in Atti 1, I 7.3 1
Proprio il dato che Gesù si rivolge alle «Figlie di Gerusa
lemme» invitandole a non piangere sulla sua sorte di con
dannato alla crocifissione, ma sul destino che in futuro at
tende la loro città e il fatto che egli annunzia le prove che si
abbatteranno su di essa ricorrendo alla formula profetica:
«Ecco, verranno giorni nei quali si dirà ... » {v. 19) fanno pen
sare che il Maestro voglia indicare il passaggio e la differen
za tra due tempi o due epoche, cioè il tempo precedente alla
sua morte ed il tempo futuro, susseguente a questa morte,
che sarà caratterizzato da prove più dure e più gravi.
I l passaggio tra questi due tempi e la differenza tra di essi
trovano un'allusione sufficientemente indicativa nell'enigma
tico detto di Gesù: «Perché se trattano così il legno verde,
che avverrà del legno secco ?» (v. 3 I );32 il legno verde e il le-
3 I . Questi aspetti sono bene segnalati da M.L. Soards, art. cit., 241 -243;
l'autore esprime così il proprio pensiero: «My hypothesis is that Luke
composed the scene on the road to the cross in order to heighten the ima
ge of Jesus in his version of the Passion Narrative and to emphasize that
the Passion of Jesus is a moment of great significance that inaugurated
cthe las t days• (hai eschatai hemerai, Acts 2, 1 7)» (art. cit., 24 1 ); nel testo di
Le. 2 3 , 2 7-3 1 non si parla esplicitamente di «ultimi giorni», ma si usa la
formula profetica: .:Ecco verranno giorni nei quali . » (v. 29).
. .
53
Si rimarrebbe sorpresi e disorientati davanti a questa in
terpretazione se non si constatasse che questo annunzio di
tempi difficili e pieni di difficoltà per i discepoli costituisce
una istanza dottrinale del vangelo di Luca.
Il testo più significativo è ricordato dall'evangelista nel
discorso di addio che egli ha posto sulle labbra di Gesù do
po l'ultima cena; in esso sono riportate queste parole del
Maestro: «Poi disse: Quando vi ho mandato senza borsa, né
bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa? Risposero:
Nulla. Ed egli aggiunse: Ma ora, chi ha una borsa la prenda,
e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne
3 5 · Si noti la formula di forte contrasto tra i due tempi: «Ma ora» (à.ÀÀà
wv, Le. 11,36).
36. Cf. M. L. Soards, Tradition, Composition, and Theology in ]esus' Speech,
143-244. Bisogna quindi rilevare come i vari particolari ricordati nel rac
conto (figlie di Gerusalemme, verranno giorni nei quali si dirà ... , il pro
verbio sul legno verde e su quello secco} sono tutti ordinati e sono in fun
zione dell'idea centrale che l'evangelista intende proporre: con la morte di
Gesù si verifica un profondo cambiamento di tempi e di situazioni; si pas
s a cioè dal tempo di Gesù al tempo escatologico.
54
quale il Maestro predice ai discepoli che con la sua morte ci
sarà un cambiamento di tempi contraddistinto da prove gra
vi che si abbatteranno su di loro, prove simili a quelle che si
avranno alla caduta di Gerusalemme, appare in tutta la sua
efficacia ed attualità. L'evangelista, richiamandosi ad alcune
profezie di Gesù sulla sorte di Gerusalemme ed accingendo
si a narrare la morte del Salvatore, ha interesse a mettere in
risalto un importante messaggio che Gesù lascia ai discepo
li; con la morte del Maestro ha inizio l'era escatologica nella
quale i suoi discepoli dovranno rimanere saldi nelle prove e
tener viva la speranza che per essi l'era escatologica rappre
senta la liberazione e la redenzione.
I suoi discepoli di conseguenza devono saper vedere oltre
la distruzione di Gerusalemme, la quale per essi diventa im
magine e simbolo delle prove dell'era escatologica nella qua
le vivranno ed opereranno. Verranno i giorni ultimi, i quali
per i credenti sono tempo di dure prove, ma costituiscono
anche il tempo della loro liberazione e redenzione.37
37· Da quanto si è detto risulta come Luca abbia dovuto riflettere a lungo
sui dati evangelici in modo da fare del suo racconto un mezzo con il quale
comunicare ai lettori le sue idee e la sua visione della storia di Gesù e di
quella dei suoi discepoli. Rimandiamo alle osservazioni di M.L. Soards a
conclusione del suo studio; cf. art. cit., 243 -244.
55
richiamano a vicenda e formano un'inclusione, la quale po
ne bene in evidenza l'unità letteraria dei vv . 26-32. 3 8
Il v. 32 è una rielaborazione letteraria di Luca del dato for
nito dal testo di Mc. r 5 ,27; infatti in ambedue i versetti ricorre
l'espressione «insieme con lui anche due . . . (Mc.: aùv aù-tcf>
»
... òuo; Le. : òuo aùv aù-tcf>); i termini che rivelano l'intervento
redazionale di Luca sono: òè x.at, E'tEpo t,39 àvatpE-8oj)vat
(Mc. 1 5 ,27 ha il verbo a-ta upow).
Mentre gli altri sinottici menzionano i due malfattori al
momento della loro crocifissione, Luca, come è nella sua
abitudine letteraria, anticipa l'indicazione allo scopo di pre
parare il lettore a quanto narrerà in seguito; in tal modo egli
istituisce dei collegamenti narrativi nei suoi racconti (cf. Atti
8, r ; 9 , 27 ).40
Sotto il profilo contenutistico si rileva che Luca usa il ter
mine x.ax.oupyot, il quale significa: malfattori; il termine rac
chiude una valutazione morale generica; sono due persone
che hanno compiuto azioni malvagie, senza specificarne la
natura.4 1 In Mc. 1 5 ,27 ricorre il vocabolo À'fia'ta t che ha il
senso generico di ladri; sarebbe eccessivo dare al sostantivo
il senso di rivoluzionari violenti, i quali; come Barabba, par
tecipavano a sommosse e compivano omicidi.
L'espressione di Le. 23,32 x.at E'tEpot x.ax.oupyot òuo aùv
a.Ù'tcf> poteva prestarsi ad equivoco facendo pensare al letto
re che anche Gesù era un malfattore; per questo motivo mol
ti codici hanno cambiato l'ordine delle parole ed hanno p re-
LA CROCIFISSIONE DI GESÙ
(Le. �J,33-3 5a)
ti; cf. Lukas, 432; invece secondo J.A. Fitzmyer lo stesso racconto risulta
composto da tre parti : vv . 3 3 -3 8 (crocifissione); vv . 3 9-43 (i due malfattori
crocifissi insieme a Gesù); vv 44-49 (la morte di Gesù); cf. Luke n, 1499-
.
1 500. 1 507. 1 p 2.
59
I. GESÙ È CRO CIFISSO IN MEZZO A DUE MALFATTORI
6o
Marco, nel testo parallelo, ricorda che a Gesù, prima che
fosse crocifisso, fu offerto vino mescolato con mirra, ma ta
le bevanda non fu assunta da lui (cf. Mc. 1 5 ,23 ) e inoltre in
esso si indica che quando il Salvatore fu crocifisso era l'ora
terza (M c. r 5 ,2 5 ). 5 Probabilmente Luca ha omesso il parti
colare che a Gesù fu offerta una bevanda inebriante perché
lo ha considerato come un duplicato di quanto verrà narra
to più avanti quando si accennerà ai soldati che si accosta
vano a Gesù per «porgergli dell'aceto» (Le. 2 3,36). 6
Parimenti l'evangelista ha omesso anche l'indicazione del
l' ora della crocifissione di Gesù (cf. Mc. 1 5,2 5 ), perché non
si armonizzava pienamente con la successione cronologica
degli avvenimenti di quel mattino da lui indicata; per Luca
«l'ora terza» non costituiva una indicazione appropriata del
tempo, perché non lasciava sufficiente spazio per la seduta
mattutina del sinedrio e soprattutto per il processo nel pre
torio di Pilato/
Luca usa una formulazione greca accurata per indicare che
i due malfattori furono crocifi ssi «uno a destra e l'altro a si
nistra» (ov !J-È" Èx oe�twv ov òè: È� àptcr'tepwv, v. 3 3). 8 Si av
verte immediatamente che il terzo evangelista per indicare il
ladrone crocifisso alla sinistra di Gesù non usa la stessa e
spressione di Marco, È� e:ùwvu!J-WV, ma È� àptcr-repwv; indub
biamente le due espressioni sono sinonime; tuttavia il ter-
s. La versione a cura della CEI di Mc. 1 5,2 5 non rispetta le indicazioni ora
rie date nel testo greco secondo la divisione romana delle ore del giorno,
ma le rende con l'indicazione moderna; essa qui traduce la formula greca
«era l'ora terza» con l'indicazione: «erano le nove del mattino»; per chia
rezza la versione della CEI ha dovuto precisare che si tratta delle ore nove
cdel mattino ».
6. Cf I. Howard Marshall, Luke, 867.
.
61
mine eùwvu(J.oc:; significa etimologicamente: buon nome; ora
Luca sembra aver avuto qualche perplessità nell'usare un vo
cabolo che, etimologicamente, aveva un senso beneauguran
te, e quindi meno riferibile ad un malfattore;9 egli di conse
guenza ricorre all'espressione meno allusiva Èx &pta'te:pwv,
la quale era in perfetta rispondenza con l'altra: Èx òe:�twv. 10
1 6. In Le. 6,3 5 si parla di coloro che amano i loro nemici e diverranno «fi
gli dell'A ltissimo»; cf. L. Monloubou, La preghiera secondo Luca, 73·
I 7· Gerusalemme, secondo la concezione di Luca, non è soltanto il luogo
nel quale si concludono il cammi no e l'attività di Gesù, ma è anche il luo
go in cui inizia la missione della chiesa apostolica, la quale si estenderà fi
no ai confi ni della terra (cf. A tti 1 ,8). L'espressione: «cominciando da Ge
rusalemme» (Le. 24,47), oltre ad indicare «la città santa come punto focale
di due epoche della storia della salvezza (tempo di Gesù - tempo della chie
sa)» (J. Ernst, Luca n, 93 8), allude al discorso di Pietro nel giorno della pen
tecoste che contiene il primo appello alla conversione e al perdono dei pecca
ti (cf. G. Schneider, Lukas 11, 5 0 1 ). Osserva I. Howard Marshall: «here [Le.
24,47] the force is ' beginning with' ... , and the implication is that the
Christian mission was to commence in Jerusalem and possibly with the
Jews themselves» (Luke, 906).
coste, Pietro, al termine del suo discorso, rivolge agli «uo
mini d'Israele» (Atti 2,22) questo pressante invito: «Pentite
vi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cri
sto, per la remissione dei vostri peccati . .. (Atti 2,3 8); anco
»
66
Va notato che nel versetto Luca non ricorre all'uso del pas
sivo divino o teologico (cf. Le. 5,20.23; 7,47-48; 1 2, I o; si ve
da Le. 5,2 I ), 20 ma si esprime in modo da mostrare che Gesù
in nome di Dio assicura il perdono ai crocifissori. In tal mo
do si constata come la preghiera di perdono di Gesù moren
te si allinea e si colloca in continuazione con quei racconti
nei quali egli, durante la sua vita pubblica, ha rimesso i pec
cati, con potere sovrano, in nome di Dio e in sua vece (cf.
Le. 5, 1 7-26; 7,36- 5o).2 1
Infine occorre meglio precisare chi sono coloro per i qua
li Gesù prega il Padre di perdonarli. Noi, per motivo di bre
vità, abbiamo detto che Gesù morente prega per i suoi cro
cifissori, ma il testo di Le. 2 3,34a è indeterminato, poiché
dice semplicemente: «Padre, perdonali ... » (acpe:c; atvtot'c;).
A quali persone va riferito il pronome atrtotc; ? Gramma
ticalmente il pronome aÙ'tot dovrebbe riferirsi al soggetto
non espresso dall'aoristo che precede: Ècr'taupwcrav (v. 3 3 ), co
loro che hanno eseguito la condanna della crocifissione (cf.
Le. 23,3 6). Indubbiamente al pronome in questione occorre
dare un'ampia portata; l'evangelista infatti non pensa tanto
ai soldati romani che hanno eseguito materialmente la con
danna a morte di Gesù, ma si riferisce ai sommi sacerdoti, ai
capi e a quella parte del popolo, i quali hanno estorto a Pila
to la condanna capitale di Gesù.
A questo punto occorre precisare il senso dell' espressio
ne: « ... perché non sanno quello che fanno» (v. 34a), la quale
può prestarsi a malintesi. Certamente queste parole di Gesù
20. Nella guarigione del paralitico, ad esempio, Luca così si esprime: «(Ge
sù), veduta la loro fede, disse: Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi» (av
..9pcùr.E, àq>tWV"tGlt a'OL Glt cl(J.Glp"ttGlt aou, Le. s , 2 o); evidentemente il passivo di
vino indica che i peccati del paralitico gli sono rimessi da Dio.
2 1 . Non soltanto la preghiera di perdono è in linea con i fatti evangelici
compiuti da Gesù, ma è in netto contrasto con le parole di quegli ebrei
che venivano martirizzati per il loro attaccamento e fedeltà alla legge di
Dio; essi infatti maledicevano e insultavano quelli che li torturavano (cf. 2
Mace. 7, 1 9; 4 Macc. 9, 1 5). Il dato specifico della morale evangelica (cf. M t.
s ,44; I 8,2 1 -J s; Le. I7 ,J -4) appare in tutta la sua elevatezza in questa pre
ghiera di Gesù (cf. Le. 23 , 34a); cf. J. Ernst, Luca II, 893.
morente non equivalgono a una dichiarazione d'innocenza
di coloro che hanno voluto la sua crocifi ssione e nemmeno
vogliono significare che la crocifissione fu un errore. 22 Que
ste parole racchiudono una valutazione teologica dei fatti;
come si vedrà fra breve; l'evangelista in verità non può con
traddirsi; egli pone in evidenza due dati: da una parte accen
tua la colpevolezza dei giudei per la morte di Gesù e dall'al
tra afferma che i giudei, crocifiggendo il Salvatore, non sa
pevano quello che facevano (cf. Le. 23,34a; Atti 3, 1 7; I J,27).
I due dati non sono contraddittori, ma considerano due dif
ferenti aspetti dello stesso fatto: sul piano storico ed ogget
tivo degli avvenimenti gli ebrei si sono resi colpevoli della
morte di Gesù per le loro false accuse contro di lui e per le
loro pressioni e intimidazioni su Pilato (cf. Le. 24,20); sul
piano teologico, la passione e morte di Gesù rientra nel pia
no misterioso della salvezza voluto da Dio e non compreso
dagli uomini;23 sotto questo profilo si può affermare con ra
gione che tutti coloro che hanno voluto la passione e morte
di Gesù non sapevano quello che facevano.14
2.2.. G . Schneider osserva: «Dass eine (relative) Unwissenheit bei der Kreu
68
Possono rimanere alcune ombre e dubbi sulla preghiera
di perdono di Gesù morente se non si colgono i motivi pro
fondi che l'hanno ispirata.
È certo storicamente che i giudei contemporanei di Gesù,
cioè i capi responsabili del popolo, sono colpevoli della sua
morte; è ugualmente certo che essi non conoscevano né ave
vano intravisto il mistero della salvezza che Gesù doveva at
tuare con la sua passione e morte; ma la preghiera di Gesù
non è esaurientemente spiegata da questi fatti; essa richiede
motivazioni più profonde che vanno oltre le realtà contin
genti della storia umana. La preghiera di Gesù per i crocifis
sori proclama la sua bontà e misericordia per i peccatori; Ge
sù conosce l'amore del Padre per i peccatori e lo attesta con
la sua preghiera sulla croce; l 'uomo conosce le sue colpe e la
sua ignoranza delle verità su Dio, ma non conosce le di
mensioni senza confini dell'amore di Dio; Dio stesso e il
suo inviato soltanto glielo possono rivelare.2s
Con la sua preghiera sulla croce, Gesù proclama in modo
impensabile l'amore di Dio per i peccatori.1 6 Proprio l'amo
re di Dio per i peccatori, che è una costante dell'insegnamen-
2 5 . Il fi glio prodigo conosceva bene le sue colpe e ne aveva una valutazio
ne esatta; infatti egli dichiara di aver peccato contro il cielo e contro il pa
dre e di non esser più degno di ritenersi figlio di chi lo aveva generato; tut
tavia egli ignorava l'amore con il quale il padre lo seguiva nel tempo della
sua lontananza; quest'amore gli fu rivelato soltanto dalla condotta del pa
dre, il quale appena lo vide da lontano gli corse incontro, lo abbracciò, lo
baciò e ordinò ai servi di far festa per lui (cf. Le, 1 5 ,20- 2 5 ) . Con la sua
preghiera di perdono per i suoi crocifissori, Gesù intende rivelare ai pec
catori quanto Dio li ami e li inviti alla conversione.
26. Abbiamo già rilevato in precedenza come, nel testo di Le. 23,34a, il pro
nome etÙ't'oL non indica con esattezza chi siano le persone alle quali Gesù
accorda il perdono ed abbiamo detto che queste persone vanno identifica
te con tutti coloro che hanno voluto la crocifissione di Gesù. Tuttavia si
può essere ancora più precisi; il pronome va riferito a tutti i peccatori; in
fatti alcune espressioni di Luca orientano in questo senso. L'evangelista de
signa i crocifissori di Gesù come «peccatori» (&v8pcl)7tOt �!J.Gtp"t'wÀot, Le. 24,
7), oppure li indica come «trasgressori» (&vo�J.ot, Atti 2,2 3); inoltre i d ue mal
fattori che sono stati crocifissi insieme con Gesù sono chiamati xetxoupyot
(Le. 2 3 , 3 3); ora Gesù intende pregare per tutti coloro che sono peccatori,
trasgressori e malfattori, assicurando loro il perdono di Dio.
to del vangelo di Luca, ispira a Gesù morente la sua pre
ghiera per i peccatori.17
29. Tra le vesti di Gesù bisogna mettere anche la cintura, i sandali e il co
pricapo (turbante).
Òtt(J-Eptaav'to 'tà L!J-tX'tt� !J-OU EaU'toi'ç
xal bd 'tÒv L!J-a'tta(J-OV !J-OU t�cxÀov xÀi)pov
(Sal. 2 I , I 9 LXX);
il terzo evangelista non cita l'intero testo dei Settanta, ma lo
compendia, poiché rispetta il parallelismo dei verbi (divide
re le vesti e tirare a sorte), ma non quello dei sostantivi nei
due stichi del versetto ( -tà t (.la-tta e -tÒv t(J-CX'tta(J-OV); egli in
fatti ricorda soltanto il sostantivo «le vesti» ( -tà l (.la-tta); in
tal modo la perfetta struttura del parallelismo del versetto,
come appare anche dalla versione dei Settanta, viene alterata
(«Dopo essersi divise le sue vesti, le tirarono a sorte», Le.
23,34b).30 Il Sal. 22 [2 I] contiene il lamento di un pio israe
lita maltrattato e depredato da una banda di malvagi; per Lu
ca invece il testo del Sal. 22 [2 I], 1 9 narra come i soldati che
hanno eseguito la condanna a morte di Gesù si siano impos
sessati delle sue vesti. In questa citazione del Salmo 22 com
piuta dagli evangelisti si scopre uno dei principi che hanno
presieduto alla formazione delle tradizioni e dei racconti
evangelici della passione di Gesù.3 1
Contrariamente a quanto hanno affermato alcuni critici,
non si può pensare che il testo del Sal. 22, I 9 abbia determi
nato l'origine dell'episodio della divisione delle vesti di Ge-
30. Anche gli altri due sinottici nel testo che citano non rispettano il paral
lelismo dei due sostantivi t(J.cX'tta e t(J.a'rtO'(J.oc;; soltanto Giovanni cita fedel
mente il testo dei Settanta e ne approfondisce il senso; mentre per i Settan
ta l'l!J.a'rtO'(J.Oc; è un singolare co1lettivo (le vesti, cioè il vestiario) che espri
me la stessa idea del plurale t(J.ct-rta, per Giovanni le vesti sono spartite tra
i soldati, invece l't(J.a-rtoarJ.oc;, che egli identifica con il 'X,t'twv (tunica), vie
ne tirato a sorte perché la tunica di Gesù era «tessuta tutta di un pezzo da
cima a fondo» (Gv. 1 9,2 3 ) e non era conveniente tagliare in parti eguali un
capo di vestiario tanto fine e pregiato poiché non era formato da pezzi di
stoffa cuciti insieme. Ovviamente, come rilevano i commentatori, la tuni
ca indivisibile di Gesù è il simbolo dell'unità della chiesa, sulla quale insi
ste il quarto evangelista.
3 1 . In questo Sal. 22, di cui Gesù pronunziò il versetto iniziale sulla croce
(cf. Mc. 1 5 ,3 4; Mt. 27,46 si veda il Sal. z z , z ) gli evangelisti hanno visto de
scritti vari episodi della passione. Il Salmo, come il canto del Servo sofferen
te di Jahvé (cf. /s. S2,I J - 5 J , I 2), è stato molto utilizzato nei racconti della
passione.
71
sù, ma è avvenuto il contrario; l'episodio della divisione del
le vesti di Gesù condannato alla crocifissione ha suggerito
agli evangelisti il richiamo del versetto del Sal. 21.31
lui, dicevano . . », v. 3 I; (j( Ed anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo
.
75
In questo capitolo 1 . in primo luogo ricorderemo gli scher
ni che «i capi» del popolo rivolgono a Gesù in croce; I I . suc
cessivamente passeremo ad esaminare il gesto compiuto dai
soldati nei confronti del crocifisso e le loro derisioni; I I I . in
fine illustreremo il senso dell'iscrizione posta sopra il capo
del Maestro.
77
I I . I L GESTO DEI SOLDATI E LE LORO DERISI ONI
79
posta: «Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso» ? Certo non
si può pensare ad un invito rivolto a Gesù morente di chia
mare a raduno i suoi seguaci per salvarlo; per noi Luca for
mula questo scherno sul modello delle tentazioni di Gesù
nel deserto: «Se tu sei il Figlio di Dio . . (Le. 4,3 .9), inseren
. »
8o
Gesù stesso che viene come re per portare la pace che è stata
stabilita in cielo, cioè: la salvezza operata da questo re porta
la pace; la pace in cielo è la pace voluta dal cielo, è la pace
che ha una qualità celeste, una proprietà divina. 12 Il terzo
evangelista riportando le parole di scherno dei soldati ro
mani nei confronti di Gesù richiamava indirettamente ai let
tori come doveva essere inteso il titolo di «re» da attribuire
al Salvatore.
81
indicata con il sostantivo È7ttypacp� mentre Gv. 1 9, 1 9 la de
signa con il termine latino {latinismo): 'tt'tÀoc; (titulus).1 5
I l fatto che Luca parla dell'iscrizione affissa sulla croce di
Gesù subito dopo aver riferito lo scherno che i soldati ro
mani avevano rivolto al Maestro morente (cf. Le. 23,37) mo
stra che egli cons idera la dicitura dell'iscrizione come una
conferma di questo scherno. 16
Da Gv. 1 9, 1 9 apprendiamo che l'iscrizione è stata formu
lata da Pilato e fatta affiggere da lui sulla croce. Lo stesso
evangelista informa che la dicitura dell'iscrizione non piac
que ai sommi sacerdoti, i quali proposero al magistrato ro
mano di correggerla, dicendogli: «Non scrivere: il re dei giu
dei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei giudei» (Gv. 1 9,
2 I ) . Nel racconto del quarto evangelista l'episodio dell'iscri
zione sulla croce assume una dimensione teologica impen
sabile per gli autori dei vangeli sinottici.
Secondo alcuni commentatori il titolo apposto sulla cro
ce: «Gesù il Nazareno, il re dei giudei» (Gv. 1 9, 1 9), sul pia
no storico, va inteso come un severo monito: chi avanza la
pretesa di essere il re dei giudei subirà la stessa condanna;
ma sul piano teologico il titolo è inteso come proclamazio
ne della regalità messianica di Gesù; ciò risulta chiaramente
dalla reazione dei sacerdoti, i quali disapprovano la formu
lazione dell'iscrizione voluta da Pilato. 1 7
1 s . M atteo invece usa una circonlocuzione: «Al di sopra del suo capo, po
sero la motivazione scritta ('t'�v at't'tav aÙ't'ou ytypa[.L[.LÉvYJv) della condan
na: Questi è Gesù il re dei giudei» (M t. 27,3 7). Nel vangelo apocrifo di Pie
tro ( I I) si ha quest'altra formula: « Questo è il re d'Israele»; tale formula
zione rivela una mano cristiana che sostituisce «Israele» ai «giudei».
1 6. Ovviamente per i lettori del vangelo ]•accento di scherno della iscri
zione era un accento di superficie che non toccava la loro fede; infatti «il
lettore è a conoscenza della verità più profonda: Gesù è davvero re, ma
non nel modo in cui credono i suoi oppositori. Invece di rappresentare un
segno di scherno, come essi intendevano, la scritta sulla croce diventa una
audace proclamazione della dignità regale di GesÙ» (D. Senior, La passio
ne nel vangelo di Luca, I 30 ).
1 7. Cf. B. Lindars, The Gospel of fohn, Grand Rapids, Mich. 1 972 (rist.
1 9 86), 5 76.
Secondo altri commentatori invece il titolo apposto sulla
croce da Pilato, nel pensiero del quatto evangelista, esprime
la proclamazione della regalità messianica di Gesù, esprime
cioè la sua intronizzazione regale.1 8
Il «titolo apposto alla croce di Gesù è un particolare sto
rico di notevole interesse: gli evangelisti ricordano che il ti
tolo fu apposto alla croce di Gesù, non già a quelle dei due
malfattori crocifissi insieme con lui. 19
Anche testimonianze antiche parlano di tabelle o di tavo
lette di legno, nelle quali erano indicati i capi di accusa sia
contro malfattori, sia nei confronti di cristiani condannati a
morte (martiri), ma di esse non si dice che erano appese alla
croce del condannato. Proprio il fatto che non si hanno te
stimonianze di una prassi in uso tra i romani di apporre
sulla croce in occasione di condanne capitali iscrizioni o ta
volette in cui si indicavano i capi d'accusa contro il condan
nato, depone in favore della autenticità del particolare evan
gelico dell'iscrizione posta sulla croce di GesÙ.20
I 8. Tra i vari studiosi R. E. Brown ha illustrato bene questo aspetto del pro
blema: « The real enthronement com es no w on the cross when the king
ship of Jesus is acknowledged by heraldic proclamation ordered by a rep
resentative of the greatest politica} power on earth and phrase in the sac
red and secular languages of the time (allusione a Gv. 1 9 ,20 : il titolo era
scritto «in ebraico, in latino e in greco»). The confrontation between Pi
late and the priests brings out the depth and seriousness of the proclama
tion ... Pilate's refusal to change the title means that Jesus' kingship is affir
med despite all the attempts of 'the Jews' to eradicate it» (The Gospel ac
cording to fohn XIII-XXI, Garden City, N.Y. 1970, 9 1 9).
1 9. Il particolare si spiega facilmente, poiché Gesù crocifisso è al centro
d'interesse degli evangelisti.
20. Per una visione d'insieme del problema e delle testimonianze antiche
sulle iscrizioni contenenti i capi di accusa dei condannati, cf. J.A. Fitz
myer, « Oggi sarai con me in paradiso», 1 5 9- 1 60 (e n. 8).
CAPITOLO SED ICESIM O
IL BUON LADRONE
(Le. 2.3,39-4 3)
86
Il racconto del buon ladrone manifesta le caratteristiche
narrative e stilistiche di Luca. Nei suoi racconti il terzo
evangelista ama abbinare i personaggi ponendoli in un certo
contrasto tra loro; egli infatti, tra l'altro, abbina e contrap
pone le figure di Marta e Maria (Le. 1 0, J 8-42), quelle del
ricco epulone e del povero Lazzaro (Le. I 6, 1 9- 3 1 ) e quelle
del fariseo e del pubblicano (Le. I 8,9- I 4); per questa sua ca
ratteristica narrativa, Luca ama ricordare l'episodio dei due
malfattori crocifissi insieme con Gesù e segnalarne il con
trastante atteggiamento. s
Parimenti l'evangel ista non espone in forma narrativa gli
avvenimenti evangelici, ma predilige introdurre in essi la
forma dialogica, oppure far parlare direttamente i perso
naggi; così Marta instaura con Gesù un breve dialogo per
proporgli una sua richiesta e Gesù le risponde affermando il
principio dell'ascolto della parola, che rappresenta la parte
buona scelta da Maria, sorella di Marta. Così pure Luca
nella parabola del fariseo e del pubblicano non narra come
si comportano questi due personaggi, ma li fa parlare diret
tamente con il Signore riportando la loro preghiera; il fari
seo infatti prega così: O Dio, ti ringrazio che non sono
«
tro pentito) manifesta uno sviluppo successivo della tradizione ( «die Dif
ferenzierung ist ein Zeichen der Weiterbildung», op. cit. , 3 3 7).
S· Abbiamo segnalato queste caratteristiche dei racconti lucani in un no
stro studio: Il logion di Gesù: « Una sola cosa è necessaria» (Le. 10,42), in
B. Prete, L 'opera di Luca, 2 I 2-2 I J ; cf. D. Senior, La passione di Gesù nel
vangelo di Luca, 1 3 1 n. 1 7 1 .
6 . È interessante notare l o stacco che si avverte tra la forma narrativa con
la quale sono indicati gli atteggiamenti dei due personaggi, il fariseo e il
pubblicano, e la forma diretta della p reghiera con la quale l'uno e l'altro si
rivolgono a Dio.
lingua e perché lo mandi a casa di suo padre per avvertire i
suoi cinque fratelli, ammonendoli di vivere in modo da evi
tare il luogo di tormento, nel quale si trova ( 1 6,24.2 7 -28).
Il racconto del buon ladrone rivela anche le caratteristi
che linguistiche del terzo evangelista; al v. 39 egli usa il so
stantivo «malfattore» {xa.xoupyoç), che aveva già impiegato
nei vv. 3 2 - 3 3 , invece del termine ladro o brigante (Àna��ç)
che ricorre in Mc. 1 5 ,2 7; dei due malfattori non dice che era
no crocifissi insieme con Gesù, come ha Mc. 1 5 ,3 2 (auvEa�a.u
pw(J-Évot aùv a.ù'tcf>), ma scrive: «erano appesi (alla croce) ... »
(xpE�J-a.a-8oÉv'twv ... , 2 3 ,3 9), ricorrendo ad un verbo usato dai
Settanta;7 Luca, per indicare gli scherni rivolti a Gesù, non
dice che i due malfattori crocifissi con il Maestro lo «oltrag
giavano» {wvdòt�ov, Mc. I 5 ,32 ; Mt. 2 7 ,44), ma che il malfat
tore impenitente lo «insultava» (bestemmiava, È�Àa.aq>�(J-Et,
Le. 2 3 ,39). Parimenti i termini: «l'altro» {o t'tEpoç), rimpro
verare (È7tt�t(J-wv), «temere Dio» {oùòè: �o�n aù �òv -8Eov),
sono espressioni caratteristiche del linguaggio di Luca.
Nel breve racconto ricorrono anche dei lucanismi, come
«riceviamo il giusto per le nostre azioni (èi�ta. ... wv È7tpa�a.
p.Ev, v. 4 1 ), «agire» (7tpaaaEtv, v. 4 1 ), «ricevere» (ci7toÀa.�J-�a
vttv, V. 4 1 ), «nulla di male» (oÙÒÈ:v a't07tOV, V . 4 1 ); il VOCatiVO
«GesÙ» ('l"r}aou, v. 42), «ricordarsi» (�J-v�a.a."r}�L IJ-OU, v. 42); la
formula «il tuo (di Gesù) regno» (Elç ��v �a.atÀda.v aou, v.
42), invece del regno di Dio, si riscontra ancora in Le. 1 ,3 3 e
22,30 e infine l'avverbio «oggi» {a��J-Epov, v. 4 3 ) è di chiaro
conio lucano. 8
Luca riprende il dato di Mc. 1 5 ,3 2b, secondo il quale i due
malfattori oltraggiavano Gesù in croce; egli tuttavia vi in-
7· Il verbo «essere appesi» (xpe:!J.CX0"-8Év-twv (xo:xoupywv]) richiama il detta
to della legge mosaica, secondo la quale chi si era reso colpevole di un
delitto capitale doveva «essere appeso)) ad un albero (cf. Deut. 2 1 ,2 2); co
me si constata, Luca si attiene qui a] vocabolario dei Settanta.
8. Cf. P. Benoit M . É . Boismard, Synopse n, 43 1 s.; J.A. Fitzmyer, Luke
-
88
troduce una differenza tra i due, poiché, nel racconto dell'e
vangelista, soltanto uno di essi insultava il Salvatore croci
fisso ( É�Àcxcrq>�!J-e:L, v. 39 ).9
L'insulto del malfattore impenitente è così formulato:
«Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi» (v. 39; la
formulazione della domanda in greco suona: oùxt crù e:C b
'X.Ptcr-roç; La particella interrogativa oùxl (non) abitualmente
suppone una risposta positiva, ma qui indica soltanto una
condizione; non si può pensare che il malfattore ammetta
che Gesù sia il Messia. Con il suo insulto il malfattore in
tende ripetere quello dei capi dei giudei, i quali, dicendo a
Gesù: ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio,
l'eletto» ( 2 3,3 5 ), ponevano ben in evidenza la condizione:
«se è il Cristo di Dio». Di conseguenza anche l'insulto del
malfattore impenitente che suona: «Non sei tu il Cristo ?
Salva te stesso e anche noi» (v. 39) va inteso allo stesso mo
do, cioè: «Se tu sei il Cristo salva te stesso e anche noi». Nelle
parole del malfattore c'è l'aggiunta «e anche noi», che rivela
la concezione molto concreta e interessata che il malfattore
10
ha della salvezza.
9· Luca usa il verbo �Àctaq>lj!J.Éw; per un gruppo di studiosi il verbo ha lo
stesso senso del verbo ÒvttÒt�cd (insultare, schernire); per un altro invece
esso esprimerebbe la concezione cristiana secondo la quale Gesù è ricono
sciuto Dio e insultarlo equivarrebbe a bestemmiare Dio, come rileva l. How
ard Marshall: «To mock Jesus by refusing to take his powers seriously is
to blaspheme against him; the use of the verb represents a Christian ver
dict in the light of who Jesus really is» (Luke, 87 1 ). Parimenti G. Schnei
der osserva che nel testo il pervertimento della funzione salvatrice di Gesù
è chiamata bestemmia; cf. Lukas li, 48 s . Da parte sua B. Maggioni rileva
che l'uso del verbo �Àctaq>lj(.LEtv in Le. 23,3 9 indica in pari tempo scherno
e irriverenza; cf. / racconti evangelici della passione, J OO.
Io. Dal modo con il quale si esprime il malfattore impenitente alcuni com
mentatori hanno dedotto che esso fosse un appartenente al movimento in
surrezionale degli zeloti, i quali non potevano pensare che il Messia non
fosse un rivoluzionario e potesse subire una morte così ingloriosa. Osser
va K.H. Rengstorf: «La lingua e l'atteggiamento connotano il primo 'mal
fattore' come un indomabile zelota ebreo ... Anche nella morte egli si ribel
la contro il suo destino. Ma soprattutto per lui un Messia che muore in
croce e non salva né se stesso né i suoi compagni di lotta per la libertà e la
grandezza d'Israele, è in contraddizione con se stesso e merita disprezzo»
Come si è detto nel presente capitolo e in quello prece
dente, il motivo centrale ricorrente nelle tre formulazioni
lucane degli insulti diretti a Gesù morente è quello della sal
vezza. Questa insistenza sul tema della salvezza al momento
nel quale Gesù sta compiendo la sua missione di Salvatore
pone bene in luce il divario della concezione della salvezza
che condividevano coloro che lo insultavano e quella che
aveva il Maestro; per gli schernitori la salvezza era concepita
come una manifestazione di potere da parte del Maestro
morente che s'imponeva contro gli avversari prevalendo su
di loro; per Gesù invece la salvezza viene da Dio ed è opera
ta da lui accettando il piano divino e uniformandosi ad esso.
I. Il malfattore pentito
rimprovera il compagno impenitente
Luca fa intervenire il buon ladrone senza accennare al
suo pentimento, ma le parole stesse del buon ladrone rive
lano la sua conversione e il suo intimo pentimento. Al com-
(Vangelo secondo Luca, 4 5 7); ma il testo non consente di accogliere questa
congettura; cf. B. Maggioni, I racconti evangelici della passione, 299 s.
pagno di pena il ladro ne pentito rivolge queste parole di rim
provero (È7tt'tt!J-WV aù-tcp Écp11): «Neanche tu hai timore di
Dio e sei dannato alla stessa pena?» (v. 40). 1 1 Il timore di Dio
nel linguaggio biblico è una formula sintetica con la quale si
esprime l'atteggiamento religioso del pio israelita nei con
fronti di Jahvé; questo atteggiamento implica riconoscimen
to della sovranità del Signore, fiducia ed obbedienza a lui;
l'atteggiamento contrario, cioè l'assenza del timore di Dio,
caratterizza la condotta dell'empio e dello stolto.
Anche se l'evangelista non vi fa nessun accenno, il rim
provero del buon ladrone al suo compagno impenitente gli
è suggerito dal comportamento dignitoso e sottomesso di
Gesù ad un piano voluto da Dio.
Il participio È7tt'tt!J-WV (rimproverare) può richiamare !,in
segnamento evangelico ricordato da Matteo e da Luca: «Se
un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente perdo
nagli» (Le. I 7,J; Mt. I 8, I s); infatti in Le. 1 7,3 ricorre lo stes-
-, Il
s o verbo : E7tt 'tt!J-l1crov et.1J 't�.
, l
IJ . Il termine a't07tO� {lett.: fuori posto, fuori luogo) è caro a Luca; nel
N.T. esso ricorre quattro volte di cui tre nell'opera lucana; cf. Le. 23,4 1 ;
Atti 2 5 , 5 ; 28,6 e 2 Tess. 3,2; i n quest'ultimo passo si trovano abbinati i due
vocaboli a't07tO� e 7tO"IIllPO�. Il codice D invece di a't07t0� legge 7tO"II llPO�.
ci fissione, poiché nemmeno l'evangelista si è posto tale que
sito.14
La dichiarazione dell'innocenza di Gesù è compiuta qui
non già da un'autorità qual era Pilato, come Luca aveva ri
cordato nel racconto del processo di Gesù davanti al procu
ratore romano (cf. Le. 2J, I 4- 1 5 .3 2), ma da una persona co
mune, la quale, per aver commesso dei crimini, è condanna
ta alla pena capitale.
Questo malfattore insiste nell'affermare l'innocenza di
Gesù riconoscendo che non gli è stata fatta giustizia, poiché
il Salvatore «non ha fatto nulla di male» (2 3,4 1 ) mentre egli
e il suo compagno di pena sono stati condannati giustamen
te (ò txcdwc;), poiché ricevono il giusto per le loro azioni (cf.
2J,4 I ). 1 5
93
confidenziale e lo hanno corretto con un termine più rive
rente: «Signore» (xupte). 17
L'imperativo ((ricordati» è un'espressione con la quale il
buon ladrone chiede a Gesù un ricordo benevolo e favore
vole nei suoi confronti alla sua parusia. 18 La preghiera è
formulata con il linguaggio della preghiera giudaica che è
ricca di pathos religioso; così Giuseppe al capo coppiere del
faraone che era in p ri gi one con lui ed al quale aveva spiegato
il sogno che aveva avuto dicendogli che dopo tre giorni sa
rebbe stato riabilitato nella sua funzione, rivolge questa ri
chiesta: «Ma se, quando sarai felice, ti vorrai ricordare che
io sono stato con te fammi questo favore: parla di me al fa
raone e fammi uscire da questa casa» (Gen . 40, 1 4).
Il Salmista si rivolge a Dio con queste toccanti parole:
Ricordati di noi, S i gno re , per amore del tuo popolo,
visitaci con la tua salvezza,
perché vediamo la felicità dei tuoi eletti, godiamo la gioia
del tuo popolo,
ci gloriamo con la tua eredità (Sal. I o6,4- 5). 1 9
94
dici leggono: tlç 't�v �aat Àc.tav e l'altro ha la lettura: &v 'tTl
�acn ÀEt�.1 1
Sotto il profilo critico le due varianti possono essere ricon
dotte all'unica espressione semitica bemalkutak, nella quale
la particella be- può essere intesa e tradotta con: c.lç 't�v .••
come anche con: &v 'tj) ... ; infatti le due particelle c.lç ed iv
nel greco biblico possono essere intercambiabili. Si poté ve
rificare il fatto che alcuni traduttori greci e copisti consta
tando che nelle parole del buon ladrone ricorreva un verbo
di moto «quando tu verrai» (o'tav eÀ-8T)ç) , abbiano preferito
la particella e:lç che meglio conveniva ad un verbo di moto;
mentre altri hanno usato la particella iv.
A nostro giudizio, il ladrone pentito dicendo a Gesù:
«quando verrai nel tuo regno» si riferiva alla venuta di Gesù
nella parusia, cioè alla fine dei tempi quando avranno luogo
la risurrezione di tutti gli uomini e il loro giudizio definiti
vo; il buon ladrone prega il Salvatore di essergli benevolo nel
giudizio finale, facendolo partecipare al suo regno glorioso.
Secondo le prospettive messianiche giudaiche, il Messia
non soltanto sarebbe venuto nella parusia per instaurare il
suo regno definitivo, ma sarebbe venuto con la gloria e lo
splendore della sua regalità. Ciò consente di spiegare le due
differenti traduzioni proposte dagli studiosi alle parole del
buon ladrone; le due traduzioni infatti segnalano due aspetti
particolari dell'ultima venuta di Gesù; una di esse in primo
luogo esprime questa idea: Gesù, quando tu verrai nel tuo
regno alla parusia (c.lç), sii benevolo verso di me nel tuo
giudizio; l'altra invece afferma la venuta gloriosa di Gesù e
il ladrone pentito rivolge al Salvatore questa richiesta: Gesù,
quando tu verrai con la tua gloria regale (iv) alla fine del mon
do, usami benevolenza nel tuo giudizio.
Occorre ora precisare quale delle due preposizioni e:lç ed
21. Anche i curatori delle edizioni critiche del N.T. seguono chi l'una chi
l'altra lettura; ad esempio A. Merk (Novum Testamentum, 1 964) sceglie la
lettura: iv 'tTl �etO'tÀet� O"ou; invece il Nov um Testamentum a cura di Nest
le-Aland ( 1 98 4) ha la lettura: e:lc; 't� v �et O't ì.. dcxv O'OU.
95
Év sia l'originaria e risponda alla primitiva tradizione evan
gelica. I critici non sono concordi nel proporre una risposta
a questo problema. Vari studiosi ritengono che la particella
22. Per una valutazione compendiosa delJe due letture in oggetto (tl� -r�v
..•; Èv -rfl . ) cf. l. Howard Marshall, Luke, 872; J.A. Fitzmyer, Luke II, 1 s 10.
..
97
ni racchiude importanti insegnamenti.16 Ci soffermeremo ad
illustrare ognuna delle espressioni elencate.
a) « Oggi>>
N el vocabolario di Luca l'avverbio «oggi» ( a�[J.e:pov) è una
esp ressione caratteristica per designare il tempo o l'epoca del
la salvezza messianica; nel testo di Le. 2 3 ,43 essa designa il
tempo dell'esaltazione di Gesù che si identifica con la sua
morte e risurrezione; infatti subito dopo la sua morte il Sal
vatore entra nella gloria (cf. Le. 24,26).
La promessa con la quale Gesù assicura il malfattore pen
tito che «oggi» sarà con lui in paradiso sembra che sia in con
trasto con altri passi neotestamentari, nei quali si parla della
discesa agli inferi di Gesù dopo la sua morte (cf. Atti 2, 3 1 ;
Mt. 1 2,40), oppure s i afferma che il Salvatore entrò nella glo
ria con la risurrezione o anche che egli entrò in cielo con l'a
scensione; tuttavia tra l'affermazione di Gesù in Le. 2 3,43 e
le altre dichiarazioni del Nuovo Testamento, alle quali si è
accennato, non c'è che un contrasto apparente; Luca infatti
non intende sviluppare una dottrina sul mondo futuro o ac
cogliere una spiegazione di esso tra quelle proposte dalle va
rie correnti e tradizioni giudaiche, ma vuole affermare un
dato dottrinale nuovo, che cioè è venuto il tempo della sal
vezza («oggi»), che essa è operante in Cristo e che si rag
giunge subito dopo la morte.27
gi » alle parole che precedono (cio ti dico oggi: sarai con me ... »), anziché a
quelle che lo seguono («oggi sarai con me ... »); questa divisione della pro
posizione è innaturale, poiché nel linguaggio di Luca il termine «oggi» è
sempre unito con la seconda parte di essa; cf. ibid.
26. Ambrogio, a commento di queste solenni parole che Gesù morente ri
volge al buon l adrone, osserva: « . . uberior est grati a quam p recati o; sem
.
per enim plus Dominus tribuit quam rogatur» ( ... il dono supera in ab
bondanza la domanda; il Signore infatti dà sempre più di quanto gli chie
diamo; Expositio evang. sec. Lucam x, n r ).
27. Nemmeno bisogna richiamarsi alla d istinzione antropologica tra ani
ma e corpo per conoscere se a questa salvezza eterna, che si avrà subito do
po la morte, si parteciperà solo con l'anima fino alla resurrezione dei corpi
Tra le parole che il buon ladrone rivolge a Gesù e quelle
con le quali il Salvatore gli risponde c'è una notevole diffe
renza di prospettiva: il ladrone pentito chiede di partecipare
al regno escatologico che Gesù avrebbe instaurato nella pa
rusia, cioè nel periodo finale dell'era escatologica, nel quale
si avranno la risurrezione dei corpi e il giudizio universale;
Gesù invece gli risponde che, subito dopo la sua morte, lo
accoglierà nel suo paradiso. Questo costituisce l'aspetto nuo
vo della rivelazione evangelica, la quale si distacca da tutte le
incerte e differenti prospettive che conosceva il giudaismo
del tempo; infatti la salvezza che Gesù promette al ladrone
pentito si realizza «oggi», cioè subito dopo la sua morte;
con la morte e la risurrezione di Gesù non solo inizia la sua
glorificazione o la sua intronizzazione alla destra del Padre,
ma si inaugura il periodo della salvezza; per raggiungerla
non c'è bisogno di attenderla in un futuro imprecisato, co
me è quello della parusia, ma si avrà subito dopo la propria
morte.2 8
c) «In paradiso»
L'espressione «in paradiso» va oltre il contesto narrativo;
infatti si sarebbe attesa una formula più vicina e rispondente
alla richiesta del ladrone pentito, quale, ad esempio, «(sarai
con me) nella gloria del mio regno». Il termine paradiso è
usato da Luca perché conosciuto dalla tradizione biblica e
giudaica. Il sostantivo 7t<Xpaòe:tcroç è la forma grecizzata di un
termine persiano che designa un giardino o un parco recin
tato e indica un luogo di piacevole soggiorno. I Settanta lo
hanno usato per designare il giardino dell'Eden, nel quale fu
rono posti i nostri progenitori (cf. Gen. 2,8). In !s. 5 1 , 3 il pro
feta parla della restaurazione di Sion richiamando ciò che il
Signore aveva fatto all'inizio per l'uomo; il profeta infatti
annunzta:
Davvero il S i g nore ha pietà di Sion,
ha pietà di tutte le sue rovine,
30. Qui il sostantivo «Signore» (xuptoc;} designa Gesù Cristo che verrà alla
parusta.
3 1 . Anche in altri testi ricorre l'idea di essere con Cristo; cf. r Tess. 5 , 1o; .2
Cor. 5,8; Rom. 6,8; cf. J.A. Fitzmyer, «Oggi sarai con me . », in Idem, Lu
..
1 00
rende il suo deserto come l'Eden,
la sua steppa come il gi ardi no del Signore
(xat -8�aw . .. W� 7tctpaÒEtCJ'O'J xuptou).
Giubilo e gioia saranno in essa,
ringraziamenti e inni di lode!
Secondo i Testamenti dei Dodici Patriarchi «il Signore
aprirà le porte del paradiso, rimuoverà la spada che vieta
l'accesso dal tempo di Adamo e consentirà ai santi di man
giare dall'albero della vita. Lo Spirito di santità sarà su di es
si)) ( Test. Levi I 8, I o- I I ). 3 2
I testi citati presentano una loro particolare concezione
del paradiso; nel passo di !s. 5 1 , 3 <<il giardino del Signore»
ha una accentuazione escatologica, poiché è promesso come
luogo di consolazione e di conforto per gli abitanti di Sion e
nel passo del Testamento di Levi si afferma che il paradiso
primordiale sarà riaperto per consentire ai santi di mangiare
dell'albero della vita; ciò suppone che il paradiso è sempre
esistito, anche se in modo segreto e nascosto e che ora è ria
perto per costituire il luogo dove abiteranno i giusti che so
no morti. N ella letteratura giudaica il paradiso è l'Eden esca
tologico, il luogo della beatitudine della fine dei tempi; co
me si vede, il futuro è presentato con l'immagine dell'Eden
primordiale e alla fine dei tempi il paradiso, ora nascosto in
un luogo segreto del cielo, scenderà sulla terra. n
Il termine «paradiso», usato da Gesù nel formulare la sua
promessa solenne al ladrone pentito, si ricollega a questa con
cezione giudaica del mondo futuro, ma non rimane condi
zionato ad essa; infatti l'elemento specifico di questa promes
sa di Gesù al buon ladrone non consiste nel dirgli che entre-
101
rà nel paradiso, ma che «sarà con lui»; quindi l'accento dot
trinale è fatto cadere sull'espressione «con me», non già sul
la formula «in paradiso», conosciuta dagli scritti giudaici.34
A questo punto occorre segnalare alcuni dati fondamen
tali contenuti nella solenne promessa fatta da Gesù morente
al buon ladrone. Sulla croce Gesù promette al ladrone pen
tito una partecipazione e una comunione con lo stato nel
quale egli si troverà dopo la morte; per Luca questa comu
nione con Gesù indica la partecipazione alla pienezza della
salvezza operata dalla morte in croce del Maestro.
Anche se l'evangelista non precisa che cosa comporti l'es
sere subito ammessi alla comunione con Gesù, bisogna am
mettere che egli supera la concezione giudaica dell'attesa di
una salvezza non definitiva e provvisoria in un paradiso
considerato come stato intermedio prima della risurrezione
finale. Nella solenne promessa che Gesù morente fa al buon
ladrone si pone in evidenza il destino individuale che al mo
mento della morte attende il suo discepolo. Questo dato su
pera anch'esso le frammentarie e differenti concezioni giu
daiche sull'escatologia che circolavano al tempi di Gesù e
sottolinea che l'uomo al momento della morte compie il suo
·
destino personale.H
Certamente questi dati sono soltanto affermati e non ac
compagnati da spiegazioni; essi tuttavia trovano il loro fon
damento nel fatto della risurrezione di Gesù Cristo, la quale
per Luca significa che, con la risurrezione, Gesù Cristo è
«vivo» ed operante (cf. Le. 24,5 -23).
1 02
2. Le prospettive dottrinali aperte
dalla solenne promessa fatta da Gesù
al malfattore pentito
Le espressioni che ricorrono nella solenne promessa fatta
da Gesù morente al ladrone pentito aprono delle prospetti
ve dottrinali che vanno precisate. Due in particolare richia
mano l'attenzione, cioè: a) la teologia della salvezza che Lu
ca lascia intravedere nella promessa di Gesù morente al
malfattore pentito e b) la concezione della condizione in cui
si trova Gesù Cristo dopo la sua morte.
1 03
l'assenza nel suo vangelo della seguente dichiarazione di Ge
sù riferita da Mc. 1 0,4 5 : «Il Figlio dell'uomo non è venuto
per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in ri
scatto per molti>> (Àu'tpov &v'tt 7toÀÀwv).
Non possiamo soffermarci ad esaminare il problema
della concezione sacrificale della morte di Gesù n eli' opera
lucana, perché ciò ci porterebbe lontano dal nostro scopo,
tuttavia non si può omettere dal constatare che gli autori
neotestamentari propongono questo dato fondamentale del
la rivelazione cristiana secondo prospettive ed espressioni
diverse. Ovviamente la dichiarazione di Gesù riportata da
Mc. 1 0,4 5 e le formule dell'epistolario paolino sulla theolo
gia crucis sono assai esplicite e dirette; Luca invece propone
le verità soteriologiche in forma narrativa e drammatica; cer
tamente avrebbe p o tu to esprimersi in termini concettuali ed
astratti come hanno fatto Marco e Paolo, egli invece ha vo
luto indicare l'opera redentiva di Cristo con il vocabolario
della salvezza.37 Soprattutto le parole del Salvatore morente
al ladrone pentito rivelano «la consapevolezza di Gesù ri
guardo al significato salvifico della propria morte».3 8
the Last Supper that the cup is 'the blood of the Covenant poured out for
many', are absent. There is indeed no theologia crucis beyond the affirma
tion that the Christ must suffer, since so the prophetic scriptures had fore
told» , Luke, LXXI s. Per una visione d'insieme del problema cf. J.A. Fitz
myer, «Oggi sarai con me », in Idem, Luca teologo, 1 66- 1 69.
...
1 04
quali il Salvatore dichiara che, dopo la sua morte, sarà in pa
radiso, dove con lui si troverà anche il ladrone pentito;
questa affermazione riveste una particolare importanza per
ché compiuta dal Maestro quando era ancora in vita.
È nota la varietà e la molteplicità dei modi con i quali gli
scritti neotestamentari indicano la condizione di Gesù dopo
la sua morte. A noi interessa segnalare le varie espressioni
con le quali Luca, nei suoi scritti, afferma la condizione nel
la quale si trova Gesù dopo la sua morte.
Ci limitiamo a richiamare i dati più caratteristici indicati
dal terzo evangelista. Al riguardo è significativo il testo di
Atti 1 ,2 1 -2 2 , nel quale Luca ricorda le condizioni che Pietro
pone perché un discepolo possa essere proposto a sostituire
Giuda nell 'apostolato; nel testo è detto: «Bisogna dunque
che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in
cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incomincian
do dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di
tra noi assunto in cielo (àvEÀ�(J.cp.SY) àcp'�(J.wv),39 uno diven
ga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione ((J.ap'tupa
'ti)c; àvaa'taaEwc; aù'tou)». Tra le condizioni richieste per la
designazione del nuovo apostolo emerge quella di essere
«testimone» dell'evento della risurrezione di Gesù; qui per
ché il termine «testimone» non può essere inteso come te
stimone dell'evento della risurrezione, perché nessuno è
stato testimonio diretto di essa, per il fatto che la tomba è
stata trovata aperta e vuota; detto termine quindi va inteso
nel senso di testimone delle apparizioni di Cristo risorto e
di ciò che egli ha detto e compiuto in queste apparizioni.40
Il terzo evangelista narra che Cristo risorto si fa compa
gno di cammino dei due discepoli di Emmaus, i quali non lo
39· Il testo greco dice semplicemente: «è stato assunto da noi», senza ac
cennare al cielo; soltanto in A tti 1 , 1 1 è detto: fu assunto da noi in cielo (dc;
'tÒv oùpav6v}. Luca usa il verbo àvaÀaiJ.�avw soltanto in A tti, dove ricorre
8 volte, in tre delle quali il verbo tivaÀa(J.�avw è riferito a Cristo (cf. Atti
1 , 2 . 1 1 . 2 2 ) . Nel terzo vangelo ricorre soltanto una volta il sostantivo àva
Àl'jiJ.�Lc; (Le. 9, 5 1 ), di cui diremo fra poco.
40. Cf. J.A. Fitzmyer, «Oggi sarai con me. . . », in Idem, Luca teologo, 1 7 1 s.
105
riconoscono ed ai quali spiega il senso cristologico di tutte
le Scritture; egli poi si fa riconoscere «nello spezzare il pa
ne» (Le. 24,J0-3 1 . 3 5 ) e infine scompare (24,3 I ) . Qui Luca si
limita ad esprimere un dato teologico, come pure aveva fat
to in precedenza (cf. Le. 24, I 6), senza accennare dove Cri
sto sia andato dopo queste apparizioni.
Inoltre, in Atti 2,32-3 3, Luca riporta la seguente dichia
razione di Pietro: «Questo Gesù Dio l'ha suscitato (àvÉa'tYj
a&v) e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato (u�w.S&k) per
tanto alla destra di Dio •P e dopo aver ricevuto dal Padre lo
Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso (èçÉ'X,EEv),
come voi stessi potete vedere e udire»; nel testo è detto, tra
l'altro, che Cristo, dopo la risurrezione, è «innalzato alla de
stra del Padre» ed «ha effuso lo Spirito Santo che aveva pro
messo ai discepoli» .
Luca riporta anche le parole con le quali Pietro replica al
le autorità giudaiche del sinedrio che avevano proibito agli
apostoli di predicare «nel nome» di Gesù Cristo; l'apostolo
infatti dichiara loro: «Il Dio dei nostri padri ha risuscitato
(�ye:tpe:v) Gesù che voi avete ucciso appendendolo alla cro
ce. Dio lo ha innalzato (u�wa&v) con la sua destra facendolo
capo e salvatore (àp'X,Yj'YÒ" x�Xt aw-rijp�X), per dare ad Israele
la grazia della conversione e il perdono dei peccati» (Atti 5,
30- 3 I ) . Il dato caratteristico di queste affermazioni dell'apo
stolo Pietro è l'inserimento della risurrezione ed esaltazione
di Gesù («Dio lo ha innalzato») nel contesto della storia e
del dono della salvezza; la salvezza viene comunicata da Ge
sù innalzato dalla destra di Dio e costituito da lui «guida e
•P. Il testo greco: -rfl 8t�t� . . . -rou -8e:ou u�-8d� va tradotto: «con la destra
di Dio innalzato . . . » (cf. Atti s,J I ), come ha La Bible de ]érusalem (Paris
1 973): «Et maintenant, exalté par la droite de Dieu, il a reçu du Père l'Es
prit Saint ... »; infatti queste parole riprendono quelle del Sal. I I 8, 1 6 in cui
è detto: «La destra del Signore mi ha esaltato» (Sal. I 1 7, 1 6 LXX: Òt�t(t
xuplou u�(L)aÉv fJ-t); cf. La Bible de ]érusalem, h. l., nota f. Altri studiosi in
vece ritengono che il dativo: -r"fl Òt�t� vada inteso in senso locale: «alla de
stra di Dio», cf. G. Schneider, Gli A tti degli Apostoli 1, Brescia 1 98 5 (ed.
ted. I 98o), 549 n. 92.
1 06
salvatore 41 per dare a Israele la grazia della conversione e il
perdono dei peccati» (Atti s , J I ) .
Va rilevato che per Luca il dato centrale della vita di Ge
sù Cristo è la sua àvcXÀljlJ-4tç (assunzione) e che tale «assun
zione» costituisce in pari tempo un termine e un inizio. L'e
vangelista infatti quando si accinge a narrare il grande viag
gio che condurrà Gesù dalla Galilea a Gerusalemme, dove
terminerà il suo itinerario terreno, si esprime con questa
formula solenne: «Mentre stavano compiendosi i giorni del
la sua assunzione ('tàc; 'fj(J.Épaç 'tijc; àvaÀ�lJ-4ewç aÙ'tou) si di
resse decisamente verso Gerusalemme» (Le. 9, 5 1 );43 l'idea
del sostantivo à:vaÀ l'llJ-4tc; è ripresa dal verbo àvaÀa(Jo�civw
con il quale Luca, nel libro degli Atti, indica l'assunzione di
Gesù al cielo (cf. Atti I ,2. I I . 2 2 ) .
1 07
bo à'JaÀa!J-�cX'JW, ma usa anche l'aoristo passivo È7t�p8T) (fu
portato in alto, I ,9) e la formula di genitivo assoluto 7topEuo-
1J.É'Jou aÙ'tou che significa: «mentre egli andava (verso il cie
lo)» ( I , I o) .44
Al termine del vangelo Luca presenta così l, assunzione di
Gesù al cielo: «Poi li condusse a Betania e, alzate le mani, li
benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu porta
to verso il cielo (òtÉcr'tT) à1t' aÙ'tw'J ><a t à'JEq>ÉpE'tO dc; '!Ò'J où
pa'Jo'J)» (Le. 24, 50-5 I ). Si nota immediatamente come Luca
abbia un diverso modo di parlare dell'assunzione di Gesù al
cielo, ma l'elemento caratteristico dei testi di Le. 24, 50-5 I e
di Atti I ,9- I I è quello di aver situato nel tempo e di aver de
scritto questa assunzione di Gesù.45
Come si è già detto, egli usa tre forme passive di verbi per
indicare quella che chiamiamo comunemente l'ascensione di
Gesù, cioè: à'JE�ÉpE'to = fu portato in alto (Le. 24, 5 I ); È7t�p-
8T) = fu elevato in alto (Atti I ,9) e à'JEÀ�IJ.q>'t9T) = fu assunto
in cielo (Atti I ,2. I 1 .22).46
Luca tuttavia conosce anche il verbo &va�ctt'JW (salire,
ascendere) per indicare l'ascensione di Gesù; questo verbo
ricorre nel discorso che Pietro ha tenuto ai giudei nel gior
no della pentecoste; l'apostolo, argomentando su testi dei
Salmi, dice: «Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente riguar-
44· Il teStO greco ha W� à'tEVt�OV'tE� �aav Et� '!ÒV oÙpaVÒV 7tOpEUO!J-ÉVOU aù
'tOU ; l'espressione d� -tòv oùpavov è in posizione di apo koinou e va applica
•••
ta sia a ciò che precede sia anche a ciò che segue; di conseguenza: 4(mentre
essi tenevano lo sguardo fisso verso il cielo, mentre egli andava verso di
esso, ecco due uomini in bianche vesti .. . » (Atti 1 , 1o).
4 S · Si veda P. Benoit, L 'ascension, in Idem, Exégèse et Théologie I , Paris
1 96 1 , 363-4 I I (ed. or. Revue Biblique I 949, I 6 I -20J). L'autore annota che
le testimonianze della tradizione primitiva sull'ascensione possono essere
raccolte sotto tre categorie: a) testimonianze che non menzionano esplici
tamente l'ascensione; b) testimonianze che la menzionano soltanto come
dato puramente teologico; c) testimonianze che lo presentano come fatto
storico situato nel tempo ed anche descritto (cf. P. Benoit, op. cit., 3 6 5 ). I
testi di Le. 24,50-5 1 e di Atti 1 ,9-1 I rientrano in questa terza categoria.
46. Le tre forme verbali ricordate sono semplicemente delle varianti lette
rarie che affermano la stessa idea; cf. J.A. Fitzmyer, «Oggi sarai con
me.. . », in Idem, Luca teologo, 1 77.
108
do al patriarca Davide che egli morì e fu sepolto e la sua
tomba è ancora oggi fra noi. Poiché però era profeta e sape
va che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul
suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cri
sto e ne parlò:
questi non fu abbandonato negli inferi,
né la sua carne vide corruzione.
Questo Gesù Dio l'ha risuscitato (&vÉcr'tl]cn:v) e noi tutti ne
siamo testimoni. Innalzato (u�w.Se:lç) pertanto alla destra di
Dio 47 e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che
egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete ve
dere e udire. Davide infatti non salì (&vÉ�l]) al cielo; tuttavia
egli dice ... » (Atti 2,29-34). Il contrasto che Pietro rileva tra
la sorte di Davide e quella di Gesù mostra che il termine più
appropriato per indicare l'ascensione di Gesù sarebbe stato
il sostantivo &va�acrtç, ma Luca non lo usa;4 8 egli rileva sol
tanto che Davide non ascese al cielo (où yàp ... &vÉ�l]) e indi
ca il luogo raggiunto da Gesù dopo la sua ascensione con il
testo del Sal. I I o, 1 : «siedi alla mia (del Signore) destra»
( xa.So u Èx òe:�twv (J-Ou, Atti 2,34).
Luca, oltre a parlare dell' «assunzione» di Gesù e ad ac
cennare indirettamente alla sua ascensione, presenta questi
avvenimenti in modo tutto proprio; egli infatti li inquadra
nel tempo e li descrive; come si constata, l'esaltazione di Ge
sù dall'evangelista è stata periodicizzata e drammatizzata.
Mentre nel vangelo Luca colloca l'ascensione di Gesù al ter
mine della giornata di pasqua (cf. Le. 24, 50-5 3 ), negli Atti
invece egli ricorda che Gesù, dopo la sua passione, si mo
strò vivo ai discepoli per quaranta giorni offrendo loro mol
te prove della sua risurrezione e parlando loro del regno di
Dio (cf. Atti I ,J); dopo questo periodo di tempo egli ascese
al cielo.49
47· Si veda la nota 4 1 .
4 8 . I l sostantivo àvci�acnc; {salita, ascensione) non ricorre mai nel N.T.; cf.
J.A. Fitzmyer, «Oggi sarai co n me . . . », in Idem, Luca teologo, 1 77.
49· In Atti I ,4 Luca accoglie volentieri la tradizione del periodo dei qua-
1 09
Luca inoltre ha dato uno sviluppo drammatico all'evento
dell'ascensione; egli infatti narra che, mentre i discepoli si
trovavano riuniti, Gesù, dopo aver parlato loro, «fu elevato
in alto sotto i loro occhi» ed essi tenevano lo sguardo fisso
verso il cielo «mentre egli se ne andava» (Atti 1 ,9- 10); inter
vengono poi due messaggeri celesti, i quali li avvertono che
Gesù è stato assunto definitivamente in cielo e che tornerà
«allo stesso modo» nel giorno della parusia (cf. Atti 1 , 1 r ) . so
Infine Luca ha due formule proprie per indicare la con
dizione in cui Gesù si trova dopo la sua morte; egli infatti
afferma che il Salvatore, dopo la morte, è entrato nella sua
gloria (cf. Le. 24,26) e che egli, mentre stava per morire, as
sicura il ladrone pentito che oggi stesso sarebbe stato con
lui in paradiso (cf. Le. 2J ,4J); P per il terzo evangelista Ge
sù, dopo la morte, si trova nella sua gloria e in paradiso.
Alle espressioni tradizionali note dai passi neotestamen
tari, quali: esaltazione {tradizione primitiva), risurrezione
(designazione corrente al tempo dell'evangelista), «essere as
sunto», oppure «ascendere» (formulazioni presenti nelle tra
dizioni più recenti) Luca aggiunge due designazioni proprie
con le quali indica la condizione in cui Gesù si trova dopo
la morte; si trova cioè nella sua gloria e nel paradiso. P
ranta giorni, nei quali Cristo glorioso appare ai discepoli e li istruisce in
torno al regno di Dio, poiché costituisce una prova della continuità della
comunità credente nel passaggio dal tempo di Gesù a quello degli apostoli
o della chiesa; cf. E. Haenchen, Apostelgeschichte, 7 1 977, 148
so. Altri passi neotestamentari affermano il dato dell'ascensione di Cristo,
ma ne parlano in termini teologici; così secondo Gv. 20, 1 7, Cristo risorto
appare a Maria di Magdala dicendole: «Non mi trattenere, perché non so
no ancora salito (Givt:���l}Xt:�) al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io
salgo (Giva�atvw) al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (cf.
anche Ef 4,8 - 1o); Luca invece offre una descrizione dell'avvenimento.
s 1. La promessa fatta da Gesù al buon ladrone ha un notevole interesse
teologico, poiché manifesta la sorte che attende l'individuo dopo la morte.
Osserva A. George: «<l (Luca) est le premier évangeliste à envisager le sort
de l'individu par-de là la mort» (L 'eschatologie, in Idem, Études, 347).
s 2. Cf. J.A. Fitzmyer, « Oggi sarai con me... » , in Idem, Luca teologo, 1 77-
1 78 . Le parole che Gesù rivolge al buon ladrone implicitamente indicano
il valore soteriologico della sua morte.
I lO
CAPITOLO DICIASSETTESIMO
L A MORTE DI GESÙ IN CROCE
(Le. 2 3,44-46)
III
1 9,37; 2 3 ,23.46; Atti 7, 57.60; 8,7; 14, 1 0; 1 6,28; 26,24); éxa
'tov'taP'X.llç (il centurione, v. 47) in luogo del sostantivo lati
no xev'tuptwv (latinismo), usato da Mc. I 5 ,39; ÈÒo�a�ev 'tÒv
8Éov (glorificava Dio, v. 47), espressione caratteristica con la
quale Luca indica la reazione delle persone davanti ai fatti
ed al comportamento di Gesù (cf. Le. 5 ,2 5 ; 1 3 , 1 3; r 7, r 5 ; 1 8,
43; 2 3 ,47); 'tÒ j'EVO(J.tvov, 'tà j'EVO(J.tva (quanto era accaduto,
vv. 47.48; cf. Le. 8,34. 3 5 . 5 6; 9,7; 24, r 2; Atti 4,2 1 ; 5,7; r 3 , r 2);
infi ne l'uso iperbolico di 7taV'tEç (tutti, vv. 48 .49), con il
quale l'evangelista ama enfatizzare gli avvenimenti (cf. Le. 3,
16; 4, 1 5 ; 5 ,26; 7, 1 6; 9,43; r 8,43 ; 1 9,37). 3
Il racconto lucano della morte di Gesù (Le. 23,44-49), a
motivo delle notevoli divergenze che lo differenziano da
quello parallelo di Mc. r 5,3 3-3 9, solleva dei problemi agli stu
diosi; infatti essi si domandano se questo racconto derivi dal
la fonte particolare di Luca (indicata con la sigla «L») inte
grata con aggiunte tratte dal racconto di Marco, oppure pro
venga dalla rielaborazione letteraria del racconto di Marco
compiuta da Luca ed arricchita da alcuni particolari cono
sciuti da lui. In genere i commentatori propendono per que
sta seconda spiegazione e cercano di attribuire le differenze
che contraddistinguono il racconto lucano all'attività reda
zionale dell'evangelista.'�
112
il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fi no alle tre del
pomeriggio (lett.: all'ora nona)».5 Luca fa precedere la mor
te di Gesù da due fatti prodigiosi: le tenebre in pieno giorno
e la rottura del velo o della cortina del tempio.
N elle indicazioni delle ore del giorno, ora sesta (mezzo
giorno), ora nona (ore quindici), Luca segue fedelmente Mc.
I 5 ,3 3 . Probabilmente mentre l'evangelista Marco nell'indi
cazione delle ore si riferisce alla divisione liturgica del gior
no in tre ore (cf. Mc. I 5,2 5 .3 3), corrispondenti alle ore della
preghiera giudaica, Luca, indicando che era circa l'ora no
na, intende attribuire un valore cronologico a questa indi
cazione dell'ora del corso del giorno.
Il buio o le tenebre ricoprirono tutta la terra; per Luca
l'espressione «tutta la terra» non necessariamente indica il
cosmo, ma designa la regione, cioè la Palestina (cf. Le. 4,2 5;
2 I ,2 3 ). Secondo il racconto di M c. r 5 ,3 3 le indicazioni di que
I IJ
so su tutta la terra, essendo venuta a mancare la luce del so
le.7 In questo senso le tenebre che costituiscono lo scenario
della morte di Gesù sono un mezzo letterario per affermare
un dato teologico, cioè il senso della morte di Gesù. 8
Per Luca la morte del Salvatore segna l'inaugurazione del
tempo escatologico, per questo motivo egli parla di tenebre
che ricoprono la terra. Questo dato è espressamente segna
lato da Pietro nel suo discorso della pentecoste; infatti in es
so l'apostolo dichiara che «negli ultimi giorni» (cf. Atti 2, 1 7),
nei quali egli parla, è accaduto quello che aveva predetto il
profeta Gioele {2,28-32 LXX J , I - 5 ), cioè: «negli ultimi
=
1 14
ve: «Il velo del tempio si squarciò nel mezzo» (23,4 5). I com
mentatori, sempre desiderosi di precisare il senso dei termi
ni, si domandano se questo velo o cortina del tempio sia quel
lo che si trovava all'entrata del santo e che nascondeva l'in
terno del tempio alla gente che si trovava nel cortile degli
ebrei o in quello dei pagani, oppure il velo del santo dei san
ti, cioè la parte più sacra del tempio, nella quale entrava sol
tanto il sommo sacerdote. Certamente l'evangelista non è in
teressato a questi particolari topografici, poiché per lui la
rottura del velo riveste un valore simbolico. 1 0
Contrariamente a Marco, Luca parla della rottura del ve
lo del tempio prima della morte di Gesù, mentre per Marco
lo strappo del velo si verifica dopo la sua morte (cf. Mc. 1 5,
3 8); Luca ha anticipato il racconto della rottura del velo as
sociandolo a quello delle tenebre calate su «tutta la terra» per
1
il motivo letterario dell'abbinamento degli avvenimenti. 1
Dopo queste constatazioni occorre affrontare il problema
del significato che hanno le tenebre, le quali hanno coperto
«tutta la terra», e lo squarcio in mezzo della cortina del tem
pio. Alcuni autori hanno pensato che questi avvenimenti con
fermano l'idea di Luca, secondo la quale l' «ora e il potere
IO. Cf. P. Benoit, Passione e risurrezione, 294 s.; l. Howard Marshall, Luke,
8 7 s ; }.A. Fitzmyer, Luke n, 1 p 8.
I I . Per il fatto che Luca ricorda prima della morte di Gesù l'oscuramento
del sole con il buio su tutta la terra e la rottura del velo del tempio (cf. Le.
2 3 ,44-4 5) bisogna pensare che l'evangelista scorge in questi due avvenimen
ti dei fatti straordinari che accompagnano la morte del Salvatore, non già
che essi siano una conseguenza di questa morte, anche se riesce difficile co
gliere il loro esatto significato o simbolismo; cf. G. Rossé, Luca, 986-98 7.
Matteo, il quale colloca la rottura del velo del tempio dopo che Gesù era
spirato, lo abbina con altri fenomeni, sviluppando così il significato della
morte di Gesù ed accentuandone la portata escatologica; egli infatti scrive:
«Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si
scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi
morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, en
trarono nella città santa e apparvero a molti» (Mt. 27, 5 I 5 3 ). Come si con
-
115
delle tenebre» (cf. Le. 22,5 3) dominano durante la passione
e morte di Gesù. 11 Altri studiosi ritengono che Luca usa il
linguaggio cosmico-apocalittico che si riallaccia a quello usa
to dai profeti nell'annunziare la venuta del «giorno di Jah
vé»; i profeti parlano di questo giorno inquadrandolo in de
scrizioni di fenomeni e di sconvolgimenti cosmici, quali le
tenebre, gli sconvolgimenti degli astri e l'oscuramento del
sole, della luna e delle stelle; 13 tuttavia nel racconto della
morte di Gesù, Luca ricorda dei particolari che si distaccano
da questo contesto cosmico-apocalittico del giorno di Jahvé;
egli infatti, accanto ai fenomeni cosmici, narra della morte
serena e fiduciosa di Gesù (cf. 23,46) e soprattutto osserva
che il centurione, dopo quanto è accaduto, «glorificava Dio»
dicendo di Gesù appena spirato: «Veramente quest'uomo
era giusto» (23,47).
Questi due dati arricchiscono il racconto lucano della mor
te di Gesù di un particolare significato. Gli elementi cosmi
co-apocalittici nel pensiero di Luca non sono principalmen
te annunzi di rovine e di punizione, ma annunzi di inter
venti divini che determinano cambiamenti radicali nella sto
ria imprimendo ad essa un nuovo corso. È verso questo nuo
vo corso della storia che Luca rivolge il suo sguardo; egli
quindi nel racconto della morte di Gesù introduce una nota
di speranza rappresentata dalle parole con le quali Gesù
affida al Padre la sua sorte e dalla gloria che il centurione
rende a Dio. 1 •
1 2. Secondo J.A. Fitzmyer: «The darkness and the rending of the Tempie
veil may have an apocalyptic and cosmic dimension, but they should ra
ther be related to the Lucan idea of evil's 'hour' and 'the power of dark
ness' (22,5 3), which reign as Jesus dies; they are signs of this domination»
(Luke n, 1 5 1 9).
1 3 . P. Benoit ricorda alcune espressioni con le quali i profeti parlavano del
giorno di Jahvé (cf. Sof 1 , 1 5 ; G/. 2, 1 o; 3,3-4; Am. 8,9- 10); lo studioso av
verte che questo linguaggio è ripreso dagli evangelisti, ma nelle espressioni
di tale Jinguaggio occorre guardarsi dall'accentuare il lato portentoso per
cercarne il significato teologico; Passione e Risurrezione, 29 1 -293 .
14. È stato rilevato che Luca, narrando prima della morte di Gesù la rottura
del velo del tempio, non già dopo la sua morte, come fa Mc. 1 5 ,J 8, mostra
1 16
I I I . LA PREGHIERA D I GESÙ MO RENTE AL PADRE
(v. 46)
1 17
Al versetto del salmo l'evangelista premette il vocativo
«Padre» ( 7tcX'te:p), che egli abitualmente pone sulle labbra di
Gesù quando questi si rivolge a Dio (cf. Le. 1 0,2 1 ; 1 1 ,2).
L'appellativo «Padre» assume un particolare significato nel
la su prema preghiera di Gesù; egli infatti sempre e soprat
tutto nell'attuale momento di sofferenza e di dolore chiama
Dio padre, perché compie la sua divina volontà; l'appellati
vo «Padre» manifesta la stretta unione tra Gesù e il Padre e
il desiderio di Gesù di continuare a compiere la volontà del
Padre; come si rileva con immediatezza si è di fronte a una
elevata cristologia di Luca.
Il salmista aveva espresso al Signore questo proposito: dc;
'X,Etpac; O"OU 7tapa.tJ.�O"O!J.(lt 'tÒ 7tV€UIJ.cX !J.OU («nelle tue mani COn
segnerÒ il mio spirito»); con queste parole il pio autore del
salmo pregava il Signore perché gli concedesse la guarigione
fisica e la liberazione dagli avversari che insidiavano la sua
esistenza; il salmista quindi, con queste sue parole, manife
stava tutta la sua illimitata fiducia in Dio che lo avrebbe sal
vato dalla morte, perché a lui affiderà la propria esistenza
sulla terra. 1 6
Luca, utilizzando il versetto del Sal. 3 I ,6, ha dovuto ri
toccarlo per adattarlo alla nuova situazione. Egli, come già
sappiamo, ha premesso l'appellativo «Padre» al versetto del
Salmo ed ha sostituito al futuro 7tapa.S�cro�J.at (consegnerò,
affiderò) il presente 7tapa'tL.St!J.at (consegno, affido), poiché
vuole esprimere che Gesù, davanti alla morte imminente,
consegna ed affida tutto se stesso al Padre. Le supreme pa
role di Gesù riferite da Luca concludono opportunamente
la vita di Gesù, la quale, nel pensiero dell'evangelista, si è
svolta nel compimento della volontà del Padre (cf. Le. 2,49;
4,43; 9,22; 1 3,33; 1 7,2 5 ; 1 9,5 ; 22,7.37)• 1 7
1 6. Nel testo ebraico c'è il sostantivo rua� (7tvt�cx, spirito) che indica il sof
fio de1la vita, cioè la vita, l'esistenza presente.
1 7. Osserva F.J. Matera a proposito dell'ultima preghiera di Gesù (Le. 23,
46): « Ps. 3 1 ,5 (6) is the perfect completion of a narrative in which Jesus
has continually sought to do his Father's will. Jesus' words show that he
1 18
Viene spontaneamente da osservare che la rilettura del Sal.
3 1 ,6scopre nella preghiera di Gesù morente una nuova di
mensione di prospettiva e una nuova densità di contenuto.
Secondo Luca la preghiera suprema di Gesù in croce non
esprime soltanto il suo abbandono fiducioso nelle mani del
Padre al momento della morte, ma afferma la sua piena ac
cettazione e conformità al piano di salvezza voluto da lui.
Gesù per questa sua conformità al piano del Padre rinunzia
volontariamente alla sua vita ponendola nelle mani del Pa
dre e infine egli, come ogni giusto (cf. Atti 7, 5 9), non può
morire se non pregando.1 8
La morte di Gesù è narrata da Luca in termini semplici
ed essenziali, senza drammaticità e senza aggiunte di inter
pretazioni teologiche; 19 egli infatti scrive soltanto: «Detto
questo, spirò» {-rou-ro ÒÈ thtwv È�É7tvtucrtv, v. 46).
Nessuno dei quattro evangelisti scrive che Gesù «morì»;
essi esprimono questo dato con formule diverse: Marco e
Luca hanno: «spirò» (È�É7tveucrtv), mentre Mt. 27, 50 scri
ve: «emise lo spirito» (à�i)xev -rò 7tVEU�J-a; Vulg.: emisit spiri
tum ) ; Giovanni, dal canto suo, ricorre a una formula più
ampia che si presta al doppio senso, come avviene con fre
quenza nel quarto vangelo; egli infatti dice letteralmente «e,
chinato il capo, dette lo spirito (lo Spirito)». 20 Sant'Agosti-
is one with the Father not only in life but also in death » ( The Death of]esus
according to Luke, 476).
I 8. Il fatto che Marco e Matteo riportano le parole di abbandono di Gesù
sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato ?» (Mc. I 5 ,34;
Mt. 27,46), mentre Luca le omette, sostituendole con quelle di fiducia del
Sal. 3 1 ,6, ha indotto vari commentatori a ritenere che il terzo evangelista,
nel suo racconto, si attenga a una fonte diversa da quella seguita da Marco
e Matteo; questa ipotesi tuttavia non è condivisa dalla maggioranza dei
critici. F.J. Matera afferma: «l conclude ... that the citation from Psalm 3 I
does not derive from another Passion source. lt is perfectly plausible that
Luke altered Mark in order to complete a theme which runs throughout
his narrative» (The Death of]esus according to Luke, 477).
I 9· Cf. J . Ernst, Luca n, 899.
20. I commentatori di Giovanni ritengono che ],espressione di Gv. 1 9,30:
«dette 1& spirito» (7ttxpÉÒwxE" -rò 7t'VtU(J.tx) abbia un doppio senso: «esalò lo
spirito» e «dette lo Spirito»; I-ultima espirazione di Gesù simboleggia il
1 19
no, considerando il fatto che nessuno degli evangelisti dica
che Gesù «morì», ma scriva «spirò» o usi una formula equi
pollente, pensa che essi abbiano voluto affermare implici
tamente che per Gesù la morte è stato un atto volontario.2 1
Luca, narrando in tal modo la morte di Gesù, ha inteso
proporre ai credenti un modello di morte edificante; il rac
conto quindi ha un marcato accento parenetico ed offre
l'esempio perfetto di una morte devota e fiduciosa in Dio.21
dono dello Spirito; per una visione d,insieme del problema cf. I . de la Pot
terie, La passione di Gesù secondo il vangelo di Giovanni, 1 43- 1 4 5 ·
2 1 . Cf. Agostino, Tractatus in loannem 1 9,30 (CCL XXXV I, 66o); s i veda
J.A. Fitzmyer, Luke n , 1 5 1 9·
2 2 . Luca, narrando la morte di Stefano, applica a questo martire il modello
della morte di Gesù; egli infatti scrive: «E così lapidavano Stefano mentre
pregava e diceva: Signore Gesù, accogli il mio spirito Poi piegò le ginoc
chia e gridò forte: Signore, non imputare loro questo peccato. Detto que
sto morì (xat -tou-to thtwv ÈxotJJ-��.91')) », Atti 7,5 9-60.
CAPITOLO DICI OTTESIMO
LE REAZIONI DEI PRESENTI
ALLA MORTE DI GESÙ
(Le. 23,47-49)
Tra gli evangelisti Luca è quello che più degli altri ricorda in
modo organico e strutturato le reazioni suscitate nei pre
senti ai fatti del Calvario, della crocifissione e della morte di
Gesù; egli in verità menziona le reazioni avute dal centurio
ne, dalle folle e dai conoscenti di Gesù con le donne che lo
avevano seguito dalla Galilea. Illustreremo successivamente
le reazioni di questi vari personaggi.
121
mento che abbia particolarmente col p i to il centurione; biso
gna quindi pensare che tutto il comportamento di Gesù sul
la croce abbia profondamente impressionato il centurione e
sia all'origine della sua reazione. La preghiera di perdono di
Gesù per i suoi crocifissori, la promessa del paradiso al !a
drone pentito e la preghiera piena di fiducia a Dio che chia
ma «Padre» sono tutti avvenimenti che hanno vivamente
colpito il centurione ed hanno motivato la sua reazione.3
Il dato rilevante da osservare è la formula «glorificava
Dio» (Èoo�ate:v -ròv .Se:ov) con la quale l'evangelista esprime
la reazione del centurione; la formula è tipica di Luca, poi
ché con essa l'evangelista indica l'atteggiamento che assume
la folla dopo aver assistito alle opere meravigliose (miracoli)
compiute da Gesù; Luca tuttavia usa questa espressione in
altre due circostanze particolarmente significative: alla na
scita di Gesù, quando i pastori ritornano da Bethlehem do
po aver reso omaggio a Gesù «Salvatore, Messia e Signore»
(2,20) ed alla morte di Gesù sul Calvario (23,47).
L'espressione «glorificare Dio» è densa di senso e sinte
tizza ciò che ogni pio israelita ed ogni credente devono com
piere verso Dio, anche se non precisa i modi con i quali si
realizza questa glorificazione di Dio. A volte tuttavia il glo
rificare Dio è stato precisato; così dopo il miracolo della gua
rigione del paralitico, Luca formula la seguente conclusione:
«Tutti rimasero stupiti e levavano lode a Dio (èò6�a�ov -ròv
.Se:ov), pieni di timore (cpo�ou) dicevano: Oggi abbiamo visto
cose prodigiose» (Le. 5,26); come si può dedurre dal testo
citato, la lode di Dio è suscitata dalla intensa religiosità del
l'individuo quando constata il modo prodigioso con il quale
Dio opera tra gli uomini e nella loro storia.
Il centurione glorificava Dio poiché egli aveva visto come
Dio aveva operato in Gesù; infatti Gesù aveva attuato nella
3· Va rilevato che i tre i sinottici usano il verbo «vedere,. (lòwv: Mc. 1 5,39;
Le. 2 3 ,47; lòovnc;: Mt. 27,5 4); Matteo ha il plurale perché si riferisce al cen
turione ed ai soldati che con lui facevano la guardia a Gesù. Il verbo «ve
dere» appartiene al vocabolario della testimonianza; cf. G. Rossé, Luca, 988.
1 22
sua vita quanto Dio aveva disposto che egli compisse e si
era mostrato «giusto>> non salvando la propria vita (cf. Le. 9,
24; 23,3 5-37), ma ponendola fiduciosamente nelle mani del
Padre (23 ,46). Il centurione aveva constatato in Gesù vari
fatti che lo avevano persuaso come egli fosse «giusto» e fos
se in piena armonia con la volontà e il piano di Dio; tutto
questo lo induceva a «glorificare Dio».
Ovviamente Luca, con questa espressione, dà un'inter
pretazione cristiana alle parole del centurione.4 D'altronde
il modo con il quale Luca narra la morte di Gesù, ricordan
do, tra l'altro, le parole di perdono che Gesù ha per i suoi
crocifi ssori, la promessa del paradiso fatta al ladrone pentito
e infi ne le parole di pieno abbandono che il Salvatore mo
rente rivolge al Padre, inducono il centurione a dichiarare
che Gesù è «giusto». È il caso di dire che la dichiarazione
del centurione è una conclusione che egli ha tratto dal modo
con il quale l'evangelista ha parlato degli ultimi momenti di
vita del Salvatore in croce.
Occorre domandarsi che senso abbia il termine «giusto»
(òtxatoç) nella dichiarazione del centurione (Le. 2 3,47). Bi
sogna evitare due eccessi interpretativi, cioè che il termine
sia interpretato per difetto oppure per eccesso; a nostro pa
rere l'attributo «giusto» è interpretato per difetto se ad esso
si dà il senso d' «innocente»; è invece spiegato per eccesso se
in esso si vuoi vedere un titolo messianico, come si verifica
negli Atti, dove il termine è usato come sostantivo (cf. Atti
3 , 1 4; 7,5 2; 22,14) e richiama il testo di /s. 5 J , I I , nel quale si
parla del Giusto sofferente, cioè del Servo di Jahvé.5
Il termine «giusto» in Le. 2 3,47 ha il senso che gli attri
buisce abitualmente l'Antico Testamento, dove il «giusto»
designa l'uomo che adempie ed ottempera alla legge del Si-
4· Cf. F.J. Matera, The Death of]esus according to Luke, 4 8 3 ; l, autore, fra
l, altro, osserva che «Luca, in un certo senso, fa dire di più al centurione di
quello che questi ha inteso» (ibid.).
5· Per questo problema cf. J.A. Matera, The Death of ]esus according to
Luke, 482, il quale ritiene che il termine «giusto» in Le. 23,47 prepara la
via per il valore di titolo messianico che esso assume nel libro degli Atti.
1 23
gnore e si trova in retta relazione con lui; in questo senso i
personaggi del vangelo dell'infanzia di Luca quali Zaccaria,
Elisabetta e Simeone sono chiamati «giusti», cioè israeliti
pii, interamente ossequi enti alle prescrizioni della legge (cf.
Le. I ,6; 2,2 5 ; si veda I 5 ,7; I 8,9; 20,20). 6
Attribuire il senso di «innocente» al termine dikaios equi
vale a restringerne la dimensione semantica che possiede ed
a non valutare debitamente lo sfondo veterotestamentario
che esso richiama; infatti il ladrone pentito, rivolgendosi al
l' altro ladro ne condannato compie questa riflessione: «Ne
anche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena ?
Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre
azioni, egli invece non ha fatto nulla di male» (oÒ'toç ÒÈ: où
ÒÈ:v a't01tOV t1tp<X�EV, l 3,40-4 I ); l'ultima espressione letteral
mente significa che Gesù non ha fatto nulla fuori luogo o
fuori ordine della legge; la formula quindi vuole sottolinea
re la «giustizia» di Gesù che si identifica con la piena osser
vanza c compimento della legge di Dio. Inoltre, poco più
avanti, Giuseppe di Arimatea è qualificato come «persona
buona e giusta)) (àv�p àya-8òç xat Òtxawç, 2J,50), dove il
termine òixawç è indubbiamente preso nel senso di giudeo
pio e osservante della legge. Infine non sembra appropriata
la formula «glorificare Dio)) se fosse applicata all'innocenza
«politica» di Gesù; il centurione «glorifica Dio» per quanto
egli ha operato in Gesù, non già perché Gesù è esente da
trasgressioni e da colpevolezza sociali o politiche/
6. Osserva G. Rossé: «<n Luca il termine. . dikaios ha di solito un senso bi
.
blico e giudaico (Le. 1 ,6; 2,2 5 ; cf. 1 5 ,7; I 8,9; 2o,2o); è giusto colui che con
formando il suo agire alla volontà di Dio, è con Dio nella retta relazione.
In questa prospettiva, l'evangelista, per bocca del centurione, sintetizza
l'intera esistenza di Gesù come una vita sempre sotto il volere divino ora
portato a compimento» (Luca, 989); cf. F.J. Matera, The Death of]esus ac
cording to Luke, 48 1 .
7· Si richiamino le osservazioni al riguardo in F.J. Matera, The Death of
]esus according to Luke, 480-48 1 . Nemmeno si può dire che il centurione
«glorificava Dio,. per il modo con il quale Gesù era morto, poiché «in the
death of Jesus the centurion sees the sacrifice of a martyr who has perished
innocently» (1. Howard Marshall, Luke, 876).
1 24
Rimane da spiegare il motivo per il quale Luca faccia dire
al centurione: «Veramente quest'uomo era giusto» (23,47) e
non riprenda la confessione di fede, compiuta dal centurio
ne: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio» e riferita da
Mc. 1 5 ,3 9; infatti la dichiarazione del centurione riportata
da Luca appare più riduttiva nei confronti di quella riferita
da Marco.
N o n è una risposta valida al quesito affermare che Luca
abbia riportato le parole della sua fonte propria. Invece è
molto più soddisfacente ritenere che si è di fronte a una re
dazione lucana dell'episodio. Per il terzo evangelista il titolo
«Figlio Dio» è soltanto comprensibile nell'ambito della fede
cristiana; egli quindi evita di metterlo sulle labbra di uomini
e particolarmente su quelle di un pagano, qual era il centu
none romano.
Inoltre Luca aveva informato il lettore sulla figliolanza
divina di Gesù fin dal vangelo dell'infanzia (cf. Le. 1 ,3 2- 3 5)
e l'aveva richiamata anche nella preghiera di Gesù morente
(«Padre», Le. 2 3,46); non era quindi opportuno farla procla
mare da un pagano.
Ben diversa è la motivazione della confessione di fede del
centurione in Marco; in questo, che non ha il vangelo del
l'infanzia e che è condizionato dal «segreto mes sianico», era
opportuno ricordare la confessione di fede del centurione,
la quale rappresenta il vertice dell'intera narrazione evange
lica poiché scopre la realtà del segreto messianico e svela il
mistero della persona di Gesù al mondo pagano. 8
1 15
tornavano percuotendosi il petto» (Le. 23,48). Il modo con
il quale si esprime l'evangelista ha lo scopo di sottolineare
l'importanza che egli attribuisce al comportamento delle
folle.9
L'evangelista non precisa da quali persone erano com
poste le folle accorse al Calvario, le quali, dopo la morte di
Gesù, fanno ritorno in città; a Luca interessa porre in evi
denza il dato che alla morte di Gesù avevano assistito molte
folle; sempre in questa prospettiva l'evangelista parla di folle
accorse e presenti al Calvario, le quali hanno visto le cose
che vi sono accadute ( .Se:wp�crav'te:ç 'tà ye:VO!J-Eva); egli infatti
con questa espressione dà rilievo all'universalità dell'avve
nimento.
Luca alle folle che rientravano in città attribuisce l'azione
di battersi il petto ( 'tU7t'tOV'te:ç 'ttX cr't�.S"Y)). Questo atto, con
siderato in sé, può avere due significati: esso può essere il
segno di pentimento, oppure segno di lutto; i due sensi po
trebbero adattarsi al racconto di Luca; infatti si può pensare
che le folle si riconoscono colpevoli della morte di Gesù e si
pentono di questa loro colpa; ma è anche possibile pensare
che le folle mostrano il loro dolore ed il loro lutto per la
morte di Gesù. 1 0 Indubbiamente la prima interpretazione è
teologicamente densa ed elevata ed attribuirebbe alle folle
un rapido mutamento di valutazione nei confronti di Gesù.
Tuttavia è possibile precisare meglio il pensiero dell'evan
gelista richiamando altre sue espressioni. Ora Luca nella pa
rabola del fariseo e del pubblicano usa la stessa espressione
«battersi il petto)) (t't'J 7t'te:v 'tÒ cr'tij.Soc;, 1 8, 1 3) e con essa in
dica il profondo pentimento del pubblicano che si ritiene
9· Il testo di Le. 1 3 ,48 va meglio tradotto nel modo seguente: «E tutte le
folle che erano convenute per questa scena, avendo visto le cose accadute
(-rà yevo(J.tv<1), se ne tornavano battendosi il petto». Si noti l'uso dell'ag
gettivo « tutte» (tutte le folle: r.liv-n:c; oL. ox.Àot) che è caratteristico del
linguaggio di Luca; come pure la ricorrenza di verbi composti con la pre
posizione auv- (vv. 48-49).
1 0. Per queste due interpretazioni dell'atto di battersi il petto e sulle loro
motivazioni, cf. J.A. Fitzmyer, Luke u , 1 5 10.
1 26
peccatore; di conseguenza bisogna ammettere che Luca at
11
tribuisce alle folle sentimenti di vivo pentimento.
Riesce difficile allo studioso spiegare questo fatto se ri
mane vincolato a una visione storicistica degli avvenimenti e
se vuoi stabilire dal racconto di Luca quanto è realmente av
venuto dopo la morte di Gesù. Il critico deve pensare a ciò
che l'evangelista ha voluto affermare con il suo racconto al
momento in cui scriveva; certamente Luca non aveva nes
sun interesse a rievocare quanto era realmente accaduto al
Calvario dopo la morte di Gesù, poiché quell'avvenimento
non si rinnovava più; invece per lui aveva importanza e va
lore attuale il far conoscere che l'avvenimento del Calvario
era destinato a suscitare il pentimento in tutti coloro che ne
leggevano il racconto. L'esortazione a pentirsi ed a ricevere
il battesimo per la remiss ione dei peccati che caratterizzava
la predicazione del tempo in cui l'evangelista scriveva (cf.
Atti 2,3 8; J, 19) è, per così dire, anticipata in quella notizia
che le folle, dopo aver visto gli avvenimenti del Calvario, ri
entravano in città manifestando il loro pentimento con il
11
percuotersi il petto.
1 27
ti i suoi conoscenti (o t yvwcr'tot aù'tcf>) assistevano da lonta
no e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, os
servando questi avvenimenti» (2 3,49). A questo gruppo di
persone Luca non attribuisce nessuna particolare reazione,
ma si limita a dire che i «conoscenti» stavano lì «da lonta
no» e che le donne «vedevano queste cose».
Si nota immediatamente che il terzo evangelista rielabora
il materiale offerto da Mc. I 5,40-4 I ; Luca infatti introduce il
gruppo dei conoscenti o degli amici di Gesù (ol yvwcr'tot aù
'tqJ; cf. Le. 2,44), dei quali precisa che «assistevano da lonta
no». Va rilevato che in Mc. I 5 ,40 l'espressione «da lontano»
è riferita alle donne, le quali «stavano ad osservare da lonta
no», mentre in Luca, come si è appena detto, la stessa espres
sione è riferita ai conoscenti di Gesù («tutti i conoscenti as
sistevano da lontano»). L'espressione «da lontano» applica
ta sia alle donne (Marco) che ai conoscenti di Gesù (Luca)
deriva da Sal. 37, I 2 e 88,9 (Settanta). Probabilmente all'ini
zio della tradizione evangelica fu utilizzata l'allusione ai te
sti dei due Salmi, che sono preghiere di lamentazione, poi
ché essa si adattava bene alla situazione che si voleva descri
vere; tuttavia non si può dire che Luca volesse riecheggiare
questi passi dei Salmi, poiché, come si è rilevato, egli prende
questa espressione da Mc. I 5 ,40.
Il v. 49, come è formulato da Luca, manifesta una sua du
plice finalità; in primo luogo esso intende indicare una pre
senza «totale» dei vari gruppi che hanno avuto rapporti con
Gesù; egli infatti non si limita a ricordare il gruppo delle
donne, come ha Mc. I 5 ,40-4 I , ma dopo aver nominato le fol
le, parla anche dei conoscenti di Gesù («Tutti i suoi cono
scenti») e infine delle donne!3 In secondo luogo l'evangeli
sta vuole preparare il racconto dell'episodio successivo (cf.
128
Le. 2 3, 5 0- 5 6: la sepoltura di Gesù compiuta da Giuseppe di
Arimatea accompagnato dalle donne venute dalla Galilea),
redigendo un versetto di sutura e di transizione.
Luca segnala che «tutti i conoscenti assistevano da lonta
no» (v. 49) agli avvenimenti del Calvario, certamente questa
annotazione dell'evangelista ha un suo peso; infatti, mentre
Mc. I 5 ,40 -4 I trasmette delle informazioni che riguardano
esclusivamente le donne presenti al Calvario, indicando al
cune loro caratteristiche («lo [Gesù] seguivano e servivano
quando era ancora in Galilea e molte altre che erano salite
con lui a Gerusalemme», Mc. I 5 ,4 I ) e soprattutto sottoli
neando la loro qualità di spettatrici e testimoni degli avve
nimenti ( « ... che stavano ad osservare da lontano» [à1tÒ �J- a
xpo.Se:v .Se:wpoucrat], Mc. I 5 ,4 0), Luca intende segnalare ac
canto alla presenza delle donne sul Calvario anche quella
del gruppo degli uomini («tutti i conoscenti» che «assisteva
no da lontano», Le. 2 3 ,49 ) , i quali; come le donne, osserva
vano «da lontano». 14
Luca inoltre, con la designazione «i conoscenti», vuole
indicare un'ampia cerchia di persone che include tutti: i pa
renti, i fratelli e i discepoli di Gesù. La designazione riguar
da particolarmente i discepoli di Gesù, dei quali Luca, con
trariamente a Mc. I 4, 5 0 e Mt. 26,56, non ricorda la fuga al
l'inizio del racconto della passione;1 5 ciò fa legittimamente
supporre che, nel pensiero dell'evangelista, almeno alcuni di
scepoli ed apostoli facessero parte di questo gruppo di «co
noscenti» che si trovavano al Calvario ed avevano assistito
alla morte di Gesù. 1 6 Inoltre tra «i conoscenti» di Gesù oc
corre includere Giuseppe di A rimatea, «persona buona e
giusta» (v. 5 0) e discepolo affezionato e generoso di Gesù
1 4. Va rilevato che «Ìn the Lucan Gospel the onlookers are not merely
women, as in Mark 1 5 ,40 -4 1 , but male acquaintances too» (J.A. Fitzmyer,
Luke n, I 5 20). 1 5. Cf. J .A . Fitzmyer, ibid.
1 6. Cf. J. Ernst, Luca n, 900; l'autore a proposito dell'annotazione di Lu
ca: «Tutti i conoscenti assistevano da lontano» (v. 49) osserva: «essi si ten
gono lontani; forse si fa sentire qui il ruolo inglorioso da loro svolto du
rante l'arresto, la condann a e l'esecuzione».
1 29
che sarà il protagonista dell'episodio seguente che riguarda
la sepoltura della salma del Maestro.
Come si è visto, Luca ricorda la presenza delle donne di
cui non indica l'identità, ma sulle quali il lettore è stato in
formato in precedenza (cf. Le. 8,2- 3); egli tuttavia menziona
la loro caratteristica principale, quella cioè di aver seguito
Gesù come discepole fin dalla Galilea. 17
L'interesse dell'evangelista nel redigere questo versetto di
transizione dagli avvenimenti del Calvario a quello della se
poltura (v. 49 ) è rivolto interamente alla funzione che hanno
«tutti i conoscenti» di Gesù e le donne che lo avevano se
guito fin dalla Galilea, cioè, a quella di aver assistito e di aver
visto (opwcrat 'tau'ta, v. 49 ) la morte di Gesù; infatti a questi
testimoni diretti (aù't'o7t't'at: testimoni oculari, Le. 1 ,2) van
no ricondotte le notizie trasmesse dal racconto della morte
del Salvatore. 1 8
Il· Luca non ha bisogno di ricordare la funzione di servizio che avevano
queste discepole, come fa Mc. 1 5 ,4 I («lo seguivano e servivano quando era
ancora in Galilea»), poiché di questo generoso servizio prestato dalle
donne a Gesù ed ai discepoli egli aveva già chiaramente parlato in 8,3 («li
assistevano con i loro beni»).
18. L'istanza della testimonianza oculare è ricordata espressamente da Lu
ca nel prologo del vangelo (o{ ci7t'à.p·x;Y!� aù-to7t'tat, I ,2 ) , poiché su di essa
l'evangelista fonda non soltanto la sua «narrazione» evangelica, ma anche
e soprattutto la «certezza» (ciacpciÀtta, I ,4) della fede.
CAPITOLO DICIANNOVESIMO
LA SEPOLTURA DI GESÙ
(Le. .1J, so- s6)
IJ I
Va notato che il racconto della sepoltura di Gesù rivela l' at
tività redazionale di Luca; esso infatti contiene delle espres
sioni caratteristiche di questo evangelista, quali: «ed ecco un
uomo» (xat lòoù CÌ'J�p , v. s o); la versione a cura del CEI
•••
132
Infine nel racconto della sepoltura di Gesù, Luca pone in
risalto sia l'attaccamento e la dedizione delle discepole di
Gesù al loro Maestro, sia anche la loro preoccupazione di
onorarne la salma con un trattamento premuroso ed accura
to; queste devote discepole, come durante la vita pubblica
del loro Maestro avevano sollecitamente provveduto al suo
sostentamento ed a quello dei suoi apostoli, così ora deside
rano attendere con cura a una riposizione conveniente della
sua salma nel sepolcro; infatti il loro pensiero, appena rien
trata nelle proprie case, fu quello di preparare «aromi e oli
profumati» per il corpo dell'amato Maestro (cf. L e. 2 3 ,5 6) .
133
Giuseppe d'Arimatea con un'espressione sintetica, «mem
bro autorevole del sinedrio» (e:ùa'X,�(J.WV �ouÀe:u't��); il terzo
evangelista tuttavia traduce questa espressione con il suo lin
guaggio; egli conserva il sostantivo �ouÀe:u't��' ma rende con
due aggettivi: àya86� e ÒtxatO� il termine e:Ùa'X,�(J.WV (rag
guardevole, nobile, di alto rango)/ spostando così l'accento
sulle qualità morali e religiose di questo personaggio giu
deo; infatti l'aggettivo «giusto» riferito ad un giudeo lo qua
lifica come persona pia ed osservante della legge. 8
L'affermazione che Giuseppe era «membro del sinedrio>>
poteva coinvolgerlo nella responsabilità che le autorità ebrai
che hanno avuto nel processo davanti a Pilato e nella con
danna che il procuratore romano ha emanato nei confronti
di Gesù; per questo motivo Luca avverte il bisogno di discol
pare il personaggio menzionato davanti ai lettori; egli infatti
si affretta a precisare che Giuseppe «non aveva aderito alla
decisione e all'operato degli altri» (v. 5 1 a).
È difficile stabilire in quale circostanza precisa Giuseppe
abbia manifestato e sostenuto il proprio dissenso dagli altri
sinedriti; probabilmente egli non aderì alla decisione del si
nedrio di deferire Gesù al tribunale del procuratore roma
no, poiché intuiva le gravi conseguenze che sarebbero deri
vate da una simile decisione.9
Dopo aver delineato la figura morale di Giuseppe, l' evan-
9· La formula usata da Le. 23,5 u: «non aveva aderito alla decisione ed al
l' operato degli altri» ( oo-to<; oùx �" <1uyxa'ta-tdìtt[J.ÉVo<; -tii �ouÀ il xat -tfl
7tpaEtt aù-twv)» è ben articolata; essa infatti indica il dissenso di Giuseppe
d' Arimatea alla decisione degli altri membri del sinedrio, come anche la
propria dissociazione dal loro operato. Il verbo <1U)' XGl'tGt'tt.Sl1[J.t significa:
deporre insieme agli altri il proprio voto, cioè: consentire, approvare con
il voto la decisione espressa dall'assemblea.
I J4
gelista aggiunge un'informazione sulla provenienza di que
sto personaggio, scrivendo: «egli era di Arimatea, una città
dei giudei»;10 Luca offre questa indicazione ai suoi lettori
non palestinesi per informarli che Giuseppe proveniva dalla
Giudea, la quale, insieme con la Galilea, era la regione in cui
Gesù aveva esplicato la sua attività pubblica.
L'evangelista conclude la presentazione di Giuseppe di
Arimatea con la significativa annotazione: «e aspettava il re
gno di Dio» che egli prende da Mc. 1 5 ,43; l'espressione ca
ratterizza l'attesa escatologica che animava i pii israeliti e
che da Luca è applicata con altra formula ai due personaggi
dell'infanzia: Simeone (Le. 2,2 5 ) ed Anna ( 2 , 3 8). II
135
bisogna supporre che Giuseppe avendo provveduto diret
tamente a seppellire Gesù abbia compiute altre azioni non
ricordate nel testo evangelico, ma richieste per la sepoltura,
quali il lavaggio e il trattamento della salma prima della sua
deposizione nella tomba. 13
Tra le azioni compiute da Giuseppe è enumerata quella di
avvolgere la salma in un lenzuolo; letteralmente il testo ha:
«lo avvolse in una sindone»; il sostantivo c n vòwv indica un
tessuto di lino (cf. Mc. 14,5 1 - 5 2; 1 5 ,46; Mt. 27, 5 9; Le. 23,5 3).
I sinottici si limitano a ricordare soltanto la sindone nella
quale fu avvolta la salma di Gesù; Giovanni invece ha una
nomenclatura più ricca del vestiario funerario; egli infatti ri
corda il sudario ( 'tÒ crouòaptov; Gv. 20,7 e I I ,44), il fazzolet
to che si poneva in testa al defunto, e le bende ( 'tà ò.Sovta;
Gv. 1 9,40; 20, 5 .6.7); in Gv. 1 1 ,44 si ricordano anche le fasce
o bende (><Etptat) che avvolgono le mani e i piedi della salma
di Lazzaro. 14
Della tomba nella quale fu deposta la salma di Gesù si ri
levano due proprietà: essa era scavata nella roccia e in essa
non era ancora stato sepolto nessuno (v. 5 3). A Gerusalem
me, data la natura del suolo, le tombe erano scavate nella
roccia, cioè nella roccia di calcare che caratterizza l'imme
diato sottosuolo della regione; alcune di esse sono monu
mentali, come quelle della regina Elena di Adiabene, chia
mata comunemente per la sua maestosa facciata, la tomba
dei re. ' 5 L'aggettivo Àa�Eu'toç («scavata nella roccia») è un
1 3 . Queste integrazioni ed ampliamenti dei racconti evangelici sulla sepol
tura di Gesù si trovano nel Vangelo di Pietro, scritto di un giudeocristia
no, databile intorno alla metà del II secolo ( I JO- I 5o); in questo vangelo si
dice apertamente che Giuseppe era amico sia di Pilato che di Gesù (Van
gelo di Pietro 3) e che egli «preso i) Signore, lo lavò, lo avvolse in una sin
done e lo introdusse nel proprio sepolcro, che era chiamato Giard ino di
Giuseppe» (24); cf. M. Erbetta, Gli Apocrifi del Nuovo Testamento, I/I .
Vangeli, Casale Monf. 1 97h 1 40. 1 42.
1 4. I l sostantivo XEtptct (fascia, benda) è un hapax legomenon nel N.T.
I 5. Gli archeologi affermano che tombe scavate nella roccia, le quali risal
1 36
hapax legomenon nel Nuovo Testamento; esso significa:
«scolpire, tagliare la roccia».
Con l'indicazione: «nella quale (tomba) nessuno era stato
ancora deposto» sono affermate due idee, cioè che la tomba
era nuova, come dice espressamente Mt. 27,60 e di essa po
teva disporre immediatamente e in modo autonomo lo stes
so Giuseppe d' Arimatea, poiché era di sua proprietà, come
afferma ancora Matteo nello stesso versetto. 1 6
Sorprende che soltanto a questo punto del racconto,
quando cioè Luca ha terminato di narrare la molteplice ope
ra svolta da Giuseppe d' Arimatea per provvedere alla sepol
tura di Gesù, egli ponga questa indicazione cronologica: «Era
il giorno della parasceve e già splendevano le luci del saba
to» (v. 54).
Indubbiamente l'evangelista ha avuto i suoi motivi per
mettere al termine del racconto questi dati cronologici, che
Marco invece ha collocato all'inizio di esso. 17 A Luca inte
ressa ricordare la premurosa dedizione con la quale Giu
seppe d' Arimatea ha provveduto a una onorata sepoltura
della salma di Gesù; l'evangelista infatti elenca quello che ha
compiuto questo pio israelita «nel giorno della parasceve»
per questa sepoltura.
Luca usa la formula: «Era il giorno della parasceve» inve
ce di quella più semplice: «Era la parasceve» (Mc. 1 5 ,42) per
Adiabene, che visse per circa vent'anni a Gerusalemme tra il 4o e il 6o d.C.
e poi ritornò in patria, dove morì, cf. J. Murphy-O'Connor, The Holy
Land. An A rchaeological Guide from Earliest Times to 1700, Oxford -
New York ' 1 992, 1 4 3 - 1 4 5 .
1 6. L'iniziativa d i Giuseppe d 'Arimatea di deporre la salma d i Gesù i n un
sepolcro in cui non si trovava nessun altro cadavere è stata determinata dal
l'idea dell'impurità legale, secondo la quale i giudei pensavano che mettere
a contatto la salma di un condannato con quelle di giusti che vi erano se
polti li rendeva impuri; Giuseppe d' Arimatea seppellendo Gesù nel suo
sepolcro in cui non era stato sepolto nessuno, scavalcava questa difficoltà
legale; cf. P. Benoit, Passione e risurrezione, 3 3 1; G. Rossé, Luca, 997·
1 7. In Mc. 1 5 ,42 è detto: «Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la para
sceve, cioè la vigilia del sabato, (Giuseppe d' Arimatea ... andò coraggiosa
mente da Pilato . )»; come si constata, in Marco l'indicazione cronologica
. .
137
avvertire i suoi lettori non giudei che era il giorno di prepa
razione (parasceve) per il sabato, cioè il giorno in cui gli
ebrei preparano tutto ciò che occorre per il sabato per ri
spettare il riposo richiesto in questo giorno. z S
La traduzione «e già splendevano le luci del sabato» che
rende l'espressione greca xat ati��a't'ov É7tÉq>waxe:v, può es
ser fraintesa dal lettore, poiché fa pensare che già albeggias
se il giorno del sabato .
. In genere si ritiene che il verbo É7ttq>waxw non vada pre
so nel suo senso abituale di risplendere o di incominciare a
risplendere, cioè di albeggiare, ma in quello metaforico di
dare inizio al giorno che, secondo il computo ebraico, inizia
alla sera della vigilia, dopo il tramonto; di conseguenza l'e
vangelista con questa espressione intende affermare che il
sabato ebraico stava per iniziare, non già che albeggiasse il
giorno astronomico, cioè che fosse già mattino. 19
l'idea di seguire da vicino (cf. Atti 1 6, 1 7); il verbo 8eti.o!J.CX' che significa
guardare con impegno, mentre Mc. 1 5 , 1 7 usa il verbo 8ewpéw; il sostanti
vo IJ."lJ!J.Etov (che ricorre 9 volte) è preferito a !J.Vi}!J.Cl (che Luca usa 2 volte
perché dipende da Marco (cf. Le. 8,27; 23,5 3 ); il pronome relativo cxt"ttvec;,
in Luca infatti è frequente la forma relativa OCT'ttc; invece di oc;; infine la
salma di Gesù è indicata con il sostantivo awp.a, non già con 1t'tW!J.CX (ca
davere), come ha Mc. 1 5,.4 5; cf. G. Rossé, Luca, 997 n. 227.
1 39
che le donne seguono da vicino gli avvenimenti ed «osserva
no» attentamente l'ubicazione esatta del sepolcro.
Luca ha un'espressione alla quale attribuisce una partico
lare importanza; egli non soltanto scrive che le donne os
servavano il luogo della tomba, ma dice anche che esse os
servavano «come (wc;) era stato deposto il corpo di Gesù» (v.
5 5 ). Mc. I 5 ,47 rileva che le donne <<stavano ad osservare do
ve ( 1tou) veniva deposto» il corpo di Gesù; la proposizione
di Marco presenta una sua linearità espressiva; Luca invece
modifica l'informazione della sua fonte rilevando che le don
ne osservano «come» la salma di Gesù era stata deposta. La
correzione apportata da Luca è richiesta sia da quanto l'e
vangelista dirà sulla preparazione degli aromi e dei profumi,
di cui si occuperanno premurosamente le donne al rientro
nelle loro case (23 , 5 6), sia a quanto avverrà al mattino di pa
squa, quando le stesse donne si recheranno alla tomba, «por
tando con sé gli aromi che avevano preparato>> ( 24, 1 ).
Il ritocco apportato da Luca («esse osservarono la tomba
e come era stato deposto il corpo di Gesù», 2 J, 5 5 ) alla for
mulazione di Mc. 1 5 ,47 (« ... stavano ad osservare dove veni
va deposto») non soltanto gli è stato suggerito da un'istanza
di sutura letteraria, come si è detto, ma soprattutto da una
sua valutazione del comportamento delle donne che si mo
strano fedeli, affezionate e sollecite discepole di Gesù fino
alla sua morte e sepoltura.12 Di queste donne è detto che,
22. Vari commentatori pensano che l 'espressione di Le. 23 , 5 5 , secondo la
quale le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea osservavano la
tomba e «come era stato deposto il corpo di GesÙ», abbia lo scopo di rile
vare che per queste affezionate discepole di Gesù il trattamento fatto da
Giuseppe d'Arimatea alla salma di Gesù è sembrato insufficiente; infatti
nel racconto della sepoltura di Gesù, Luca non ricorda che Giuseppe ab
bia lavato e trattato con unguenti e profumi la salma di Gesù. Così J.A.
Fitzmyer rileva: «In Mark 1 5 ,47 the stress is on 'where' he had been laid,
but in Luke it is on the 'how', i.e the insufficient washing and anointing»
(Luke n, 1 5 29- 1 5 30); cf. anche G. Schneider, Lukas I I, 490. Non ci sembra
che l'evange1ista, il quale ha descritto con interesse e ricchezza di partico
lari come Giuseppe d' Arimatea abbia provveduto con premurosa solleci
tudine alla sepoltura di Gesù, voglia implicitamente far capire che questa
sepoltura è stata rapida, incompleta e con insufficienze; Luca invece con
rientrate nelle loro case a sepoltura di Gesù ultimata, «pre
pararono aromi e oli profumati» (v. 5 5 ). 23
L'evangelista, dopo aver ricordato che incominciava il sa
bato («già splendevano le luci del sabato», v. 54), non si pre
occupa di spiegare come le donne potessero iniziare il lavo
ro per la preparazione dei profumi; potrebbe darsi che que
ste pie discepole avessero approfittato dell'ultimo tempo di
sponibile del «giorno della parasceve>> prima che iniziasse il
riposo sabbatico; ma per Luca non sono queste considera
zioni che gli impediscono di segnalare che le donne al ritor
no nelle loro case dopo la sepoltura di Gesù si sono messe a
preparare gli aromi per il trattamento della salma del loro
amato Maestro. Egli nemmeno si domanda se le donne ab
biano giudicato insufficiente il trattamento funerario fatto
da Giuseppe d'Arimatea alla salma di Gesù e se esse abbia
no deciso di riaprire la tomba di Gesù per praticare le un
zioni con gli aromi da loro preparati; tutte queste domande
che si può porre il critico o lo storico non interessano l'e
vangelista, poiché egli si pone in altra prospettiva; Luca non
si preoccupa della verosimiglianza e della possibilità concre
ta per l� donne di compiere un trattamento più accurato della
salma di Gesù dopo la sua deposizione nel sepolcro, egli in
vece s'interessa di mettere in evidenza ciò che pensano di fa
re le pie discepole di Gesù per dimostrare il loro attacca
mento al Maestro onorandone la salma con abbondanza di
aromi e di oli profumati. 2 4
queste sue informazioni sulle donne (cf. vv. s s - s 6) ha inteso sottolineare
l'intraprendenza amorevole di queste zelanti discepole che non si accon
tentano di ciò che è stato fatto da altri alla salma di Gesù, ma vogliono
compiere personalmente e di propria iniziativa trattamenti al corpo del
Maestro per manifestargli la loro dedizione e riconoscenza.
2 3 . Rientra nel genio letterario di Luca abbinare due sostantivi; egli non
parla solo di aromi (àpw(J.a'ta), ma anche di oli profumati ((J.upa); i sostan
tivi raddoppiati caratterizzano anche lo stile dei Settanta; cf. G. Rossé,
Luca, 998 n. 229.
24. La preparazione degli aromi da parte delle donne non va intesa come
un'attività a cui era connesso uno scopo concreto preciso, ma era un mo
do di esprimere la dedizione e l'attaccamento al loro Maestro. Osserva J.
L'evangelista, dopo aver ricordato che le donne attesero
con cura e impegno a preparare gli aromi e gli oli profumati
con i quali mostrare il loro vivo attaccamento a Gesù, si pre
occupa di annotare che esse «il giorno di sabato osservaro
no il riposo secondo il comandamento)) (v. 5 6b). L'annota
zione di Luca ha lo scopo di sottolineare la religiosità di
queste affezionate discepole di Gesù; esse infatti osservano
fedelmente il comandamento del riposo sabbatico. Come i
personaggi del vangelo lucano dell'infanzia sono presentati
come pii ebrei, osservanti fedeli delle prescrizioni della leg
ge (cf. 1 ,6; 2,22-24.27), così anche le discepole di Gesù sono
viste in questo alone di osservanza fedele delle legge del ri
poso sabbatico (cf. Es. 20, 1 0; Deut. 5 , 1 4) .1 5
Tanto l'informazione di Luca sulla preparazione degli aro
mi e di oli profumati da parte delle donne al loro rientro in
casa dopo la sepoltura di Gesù, quanto la sua annotazione
sul rispetto del riposo sabbatico da parte delle stesse donne
hanno lo scopo di riempire il periodo di tempo che, secon
do la nostra nomenclatura, va dal venerdì sera al mattino di
domenica (pasqua di risurrezione); in tal modo queste in
formazioni di Luca, sotto il profilo narrativo, costituiscono
una sutura letteraria tra il racconto della sepoltura (Le. 23,
so- 5 6) e quello della tomba trovata vuota (Le. 24, 1 -8).
N o n si può fare a meno di accennare ad alcune difficoltà
Ernst: 4(11 proposito delle donne va inteso come puro gesto d'amore; è da
escludere che esse abbiano pensato di imbalsamare la salma, in quanto la
sepoltura va ritenuta conclusa» (Luca II, 904). È questa idea di amore e di
«Servizio» delle donne verso Gesù che è all'origine di quanto scrive Luca
sulla preparazione degli aromi e degli oli profumati; «die Frauen 'dienen'
also Jesus (vgl. 8,3 b) iiber den Tod hinaus � (G. Schneider, Lukas II, 490) .
z s . Cf. l. Howard Marshall, Luke, 8 8 3 ; G. Rossé, Luca, 998 . È certo per i
critici il fatto che Luca qui, come nei personaggi del vangelo dell'infanzia,
accentui l'idea dell'obbedienza e dell'osservanza dei comandamenti della
legge; appare problematico e molto ipotetico il rilievo di alcuni studiosi
per i quali Le. 23 , 5 6b, con l'accentuazione posta sull'osservanza del saba
to , intende sottolineare il dato che quel sabato era l'ultimo prima che si
realizzasse « il giorno del Signore» (cf. Apoc. 1 , 1 o), cioè la domenica della
risurrezione di Gesù Cristo; cf. E. Schweizer, Lukas, 2 4 2 ; l. Howard Mar
shall, Luke, 883.
che solleva il racconto lucano della sepoltura di Gesù. In pri
mo luogo Luca ricorda la preparazione degli aromi e degli
oli profumati da parte delle donne alla sera del venerdì, cioè
al rientro nelle loro case dopo aver assistito alla sepoltura di
Gesù (cf. Le. 23,5 5 - 5 6); secondo il racconto di Mc. I 6, I in
vece le donne comprano al mattino di pasqua gli oli aroma
tici, cioè prima di recarsi al sepolcro di Gesù.
Riesce ancora più difficile vedere come possono conci
liarsi quanto Marco e Luca dicono delle donne, le quali si
recano di buon mattino al sepolcro per ungere con oli aro
matici la salma del Maestro (cf. Mc. 1 6, I -2; Le. 24, I ) e quan
to narra Gv. I 9,39-40; il quarto evangelista ricorda che Ni
codemo «portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento
libbre» ( 1 9,39) 16 e che lo stesso Nicodemo e Giuseppe prov
videro a una onorata sepoltura del Maestro; il testo infatti
dice che essi «presero il corpo di Gesù e lo avvolsero in ben
de insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per · i
giudei» ( I 9,40) Giovanni infine narra che questi due perso
.
1 43
evangelisti, quello di Marco che parla dell'acquisto di oli aro
matici da parte delle donne al mattino di pasqua (cf. Mc. 16,
1 }, quello di Luca il quale narra che le donne preparano un
guenti profumati dopo aver assistito alla sepoltura di Gesù
ed essere rientrate nelle loro case e quello di Giovanni che
ricorda come Nicodemo e Giuseppe di Arimatea abbiano
trattato la salma di Gesù con abbondanza di unguenti, era
di mostrare come i discepoli e le discepole più fedeli di Ge
sù in un modo o in un altro hanno pensato e provveduto ad
onorarne la salma; questo è il dato che emerge dai racconti
evangelici di Marco, Luca e Giovanni. 2 7
In secondo luogo occorre spiegare il motivo per il quale
Luca dice semplicemente che le donne si sono limitate ad
osservare come Giuseppe d' Arimatea aveva trattato la salma
di Gesù e l'aveva deposta nella tomba e non abbia affatto
accennato a una loro partecipazione alla deposizione della
salma ed al trattamento di essa prima della sua sepoltura.
N e i racconti evangelici non sempre ciò che non è detto
va escluso; questi racconti spesso concentrano il loro inte
resse sui personaggi protagonisti dell'azione; nel caso con
creto il protagonista è Giuseppe d'Arimatea, al quale, come
persona autorevole e influente si dovevano ricondurre tutte
le iniziative richieste dalla situazione, in cui i discepoli e le
donne potevano fare ben poco.28 Tuttavia è significativa l'an
notazione di Le. 23, 5 5 che le donne «osservarono la tomba
e come era stato deposto il corpo di Gesù»; esse non hanno
compiuto azioni specifiche riguardanti direttamente la sepol-
z7. Si veda quanto rileva P. Benoit riguardo a questo problema; cf. Passio
ne e Risurrezione del Signore, 3 26-3 28; l'autore dichiara che se dovesse sce
gliere tra i racconti dei sinottici e quello di Giovanni, sceglierebbe que
st'ultimo (p. 3 2 8). Forse Matteo ha intravisto la difficoltà delle tradizioni
di Marco e Luca, secondo le quali le donne si recano di buon mattino al
sepolcro con il chiaro intento di praticare delle unzioni sulla salma di Ge
sù; Matteo invece dice semplicemente che le donne «andarono a visitare il
sepolcro» {28, 1 ).
28. Cf. P. Benoit, Passione e risurrezione del Signore, 3 3 5 ; l'autore osserva
che il seppellire i morti, normalmente, non è compito delle donne; tanto
più in circostanze come quelle del seppellimento di Gesù.
1 44
tura, ma nemmeno ne sono rimaste spettatrici passive; que
ste pie discepole hanno seguito con viva e commossa parte
cipazione quanto veniva fatto alla salma dell'amato Maestro.
In terzo luogo va rilevato che l'avvenimento della sepol
tura di Gesù prima di essere narrato dai quattro evangelisti
è stato proclamato dal kerygma apostolico (cf. 1 Cor. I 5 ,4;
Atti I 3,39) ed è stato illustrato nella catechesi alla luce dei
testi profetici (cf. Atti 2,29- 3 I ) .
Certamente i racconti evangelici della sepoltura di Gesù
affermano a loro modo che la vi ta del Maestro si è conclusa
con una sepoltura degna ed onorata; la sua salma non è stata
lasciata appesa sulla croce, né è stata gettata in una fossa
comune, né è stata esposta al pubblico disonore, ma è stata
pietosamente calata dalla croce, trattata con amorosa cura e
sepolta in modo dignitoso ed onorato. 29
Gli studiosi tra i segni di distinzione e di dignità che han
no caratterizzato la sepoltura di Gesù indicano quello che la
29. Gli evangelisti esprimono in termini diversi le modalità di questa di
gnitosa c «onorata>> sepoltura; Mc. 1 5 ,46 ricorda che Giuseppe d' Arimatea
comprò un lenzuolo e vi avvolse la salma di Gesù che depose 4(in un se
polcro scavato nella roccia»; un sepolcro scavato nella roccia suppone un
proprietario agiato. Secondo Mt. z7, 5 9-6o Giuseppe di Arimatea che era
uomo ricco (v. 5 7) avvolse il corpo di Gesù in un candido lenzuolo e «lo
depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia»; questi
particolari descrittivi sottolineano forme di distinzione avute nei confron
ti della salma di Gesù. Luca da parte sua, come sappiamo, rileva che Giu
seppe d' Arimatea calò dalla croce il corpo di Gesù, «lo avvolse in un len
zuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno
era stato ancora deposto,. (Le. 2 3 , 5 3 ) ; il racconto del terzo evangelista, in
confronto con gli altri due sinottici, ha in più il particolare che nella tom
ba di Gesù ancora non era stato sepolto nessuno; questo particolare è co
mune a Luca ed a Giovanni. Nel quarto vangelo il racconto della sepoltu
ra di Gesù è ancora più ampio e ricco di particolari; in esso sono ancora
maggiormente accentuate la cura e la forma dignitosa riservata al tratta
mento della salma ed alla sua deposizione nel sepolcro. Infatti a Giuseppe
di Arimatea che aveva ottenuto da Pi lato il corpo di Gesù si unisce Nico
demo, che «portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi
presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende insieme con oli
aromatici, com'è usanza seppellire per i giudei. Ora, nel luogo dove era
stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel
quale nessuno era stato ancora deposto» (Gv. 1 9, 3 9-4 1 ).
145
salma fu deposta in una tomba, «nella quale nessuno era sta
to ancora deposto» ( L e. 23,5 3 ; Gv. 1 9,4 1 ). Un motivo simile
è richiamato in Le. I 9,30 a proposito dell'ingresso messiani
co di Gesù a Gerusalemme; nel testo sono riportate le paro
le che Gesù ha rivolto a due suoi discepoli dicendo loro: «An
date nel villaggio di fronte, entrando troverete un puledro,
sul quale nessuno è mai salito (lett.: sul quale nessun uomo
si è mai seduto [ixa.Stcrt\1]); scioglietelo e portatelo qui»; un
giovane asino, del quale nessun uomo se ne è servito come
cavalcatura, è l'animale che meglio si addice ad un re che de
ve fare il suo ingresso nella capitale del suo regno;30 quindi
il particolare del sepolcro, che non era ancora servito a nes
suno, nel pensiero dell'evangelista, pone in evidenza la di
gnità della persona che vi è stata deposta.
Con la spiegazione del racconto lucano della sepoltura di
Gesù, concludiamo il nostro studio sulla passione e morte
del Salvatore secondo il racconto del terzo evangelista.
Certamente nel pensiero di Luca il racconto della sepol
tura di Gesù è strettamente legato con quello della sua ri
surrezione; egli infatti nel racconto della sepoltura accenna
alle donne che osservavano la tomba e «come era stato de
posto il corpo di GesÙ» ( Le. 23,5 5 ) e che, al loro ritorno
nelle proprie case dal sepolcro, prepararono gli aromi e gli
oli profumati; ora queste indicazioni sono forme di sutura
letteraria tra la narrazione della sepoltura e quella della ri
surrezione di Gesù; ma con il racconto della pasqua si apre
un nuovo ed ampio argomento che richiede una trattazione
a sé stante e separata da quella che abbiamo compiuta.
JO. Cf. J.A. Fitzmyer, Luke n, 1 249; G. Rossé, Luca, 740-74 1 ; l'autore
sottolinea il dato che un puledro non ancora cavalcato da uomo pone in
evidenza il carattere sacro dell'animale che non è servito per usi profani,
oppure, come nel caso di Le. I 9,JO, il suo carattere regale (p. 74 1 ).
CAPITOLO VENTESIMO
VALUTAZIONI STORICO-TEOLOGICHE
DEL RACCONTO DELLA PASSIONE
SECONDO LUCA
1 . Secondo Le. 23,46 Gesù muore con la preghiera sulle labbra; egli infatti
prima di spirare dice: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito»; que
ste parole di consapevole abbandono al Padre sono ben diverse da quelle
riferite da Gv. 1 9,30: «Tutto è compiuto ! », le quali hanno una carica cri
stologica più intensa di quelle riferite da Le. 2 3 ,46. Per il senso delle parole
di Gesù in Gv. 1 9,30, cf. R.E. Brown, The Gospel according to fohn, XIII
XXI, Garden City, N.Y. 1 970, 930 s.; }»autore rileva che le ultime parole di
Gesù riferite da Gv. 1 9,30 sono molto vicine alle ultime parole di Gesù in
Le. 23 ,46, poiché ambedue le espressioni indicano l'accettazione deliberata
e consapevole della morte (p. 93 o); cf. V. Fusco, La morte del Messia, s 1 .
2. S i richiamino soprattutto l e spiegazioni proposte dagli studiosi riguar
do al valore salvifico della morte di Gesù nell'opera di Luca; cf. V. Fusco,
La morte del Messia, 5 1 -73 ; Idem, Il valore salvifico della croce nell'opera
lucana, 20 5 -236 (in seguito: Il valore salvifico della croce); G.C. Bottini,
Introduzione all'opera di Luca, I 2 9- I 34 (excursus «Gli orientamenti at
tuali sul valore salvifico della morte di Gesù nell'opera lucana»); l'autore
tra l'altro osserva: « L'aspetto soteriologico e quello parenetico della pas
sione e morte di Gesù in Luca non solo non sono in alternativa tra loro,
ma sono presenti insieme ad altri aspetti (per es. il problema della messia
nicità di Gesù, il problema dell'incredulità di Israele) e costituiscono solo
un tentativo - per quanto grande, autorevole e normativo - di esprimere
qualcosa dell'evento unico e irripetibile che è GesÙ» (pp. 1 33 s.).
Nel terzo vangelo si rileva un marcato contrasto tra l'in
comprensione delle sofferenze e patimenti del Messia da par
te dei discepoli durante la vita terrena di Gesù e la rivelazio
ne del loro significato dopo di essa da parte di Cristo risor
to. Questo contrasto pone in evidenza la posizione centrale
che occupa nel vangelo di Luca la messianicità di Gesù.
Prima della pasqua Luca ricorda ed accentua l'inintelli
genza dei discepoli nei confronti degli annunzi della passio
ne fatti loro da Gesù e dopo la pasqua l'evangelista riporta
una serie di testi nei quali lo stesso Risorto manifesta il sen
so degli avvenimenti della sua passione e morte. 3
Per quanto concerne l'incomprensione dei discepoli nei
confronti degli annunzi della passione compiuti da Gesù 4 è
molto indicativa la formulazione che Luca offre della se
conda predizione della passione; l'evangelista infatti così si
esprime: «(Gesù) disse ai suoi discepoli: Mettetevi bene in
mente queste parole: Il Figlio dell'uomo sta per essere con
segnato in mano degli uomini. Ma essi non comprendevano
questa frase (o l òè: ijyvoouv ,;Ò pij!J.a ,;ou,;o); per loro restava
così misteriosa ( 7ta.pa.xtxa.ÀU(l(lÉvov velata, nascosta) che
=
1 49
9,3 1 e da Mt. 1 7,22-23 , nella quale si annunzia anche la ri
surrezione di Gesù, la seconda predizione della passione in
Le. 9,44 non ricorda l'annunzio della risurrezione; in tal
modo la seconda predizione della passione trasmessa da Le.
9,44 presenta una formulazione ridotta e, per così dire, mu
tila.s Nel testo di Luca quindi la seconda predizione della
passione trova una formulazione più contratta mancando in
essa, come si è detto, l'annunzio della risurrezione; tuttavia
questa contrazione della predizione della passione ha il van
taggio di porre in maggior evidenza le sofferenze e l'aspetto
doloroso della passione e, conseguentemente, di spiegare
meglio l'incomprensione dei discepoli. 6
Il testo di Le. 9,43-45 riveste un particolare interesse per
conoscere il pensiero dell'evangelista; egli infatti non soltan
to coglie l'occasione della seconda predizione della passione
per sottolineare l'incomprensione dei discepoli per le soffe
renze e la passione del Messia, ma anche per sottolineare
una reazione contrastante nell'atteggiamento dei discepoli
davanti alle opere ed alle parole del Maestro.
In verità la breve unità letteraria, costituita dalla seconda
predizione della passione (cf. Le. 9,4 3-4 5 ), inizia con questa
osservazione dell'evangelista: «Mentre tutti erano sbalorditi
(7tav'twv ÒÈ ,9au �J. a�ov'twv) per tutte le cose che (Gesù) face
va (Le. 9,43b); questa meraviglia dei discepoli è suscitata
... »
8. Come espressamente fa notare A. George: «pour Luc qui n'a pas rap
porté d'annonce de la résurrection, l'incompréhension des disciples porte
toute sur la souffrance du Fils de l'homme» (Le sens de la mort, 203).
9· Come si è già rilevato (cf. nota 4), Luca, oltre i tre passi che contengono
le predizioni della passione, ha molti testi che accennano alla morte di Gesù;
il Maestro stesso parla di giorni in cui «lo sposo sarà strappato (sarà tolto =
ti1tetp.Sf1)» ai discepoli ( 5 ,J 5 ), accenna ad «un battesimo che deve ricevere»
( 1 2, 50), dichiara: «ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e do
mani, e il terzo giorno avrò finito . .. ; non è possibile che un profeta muoia
fuori di Gerusalemme» ( I J ,J 2-J J), nel discorso sulla venuta del Figlio del
l'uomo afferma: «Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ri
pudiato da questa generazione» ( 1 7,25) e nella parabola dei vignaioli omi
cidi, nella quale si accenna all'invio del «figlio unico» del padrone della vi
gna, si narra che viene cacciato fuori dalla vigna ed ucciso (20,9- I 8). C'è
poi un certo numero di testi nei quali Luca indica la sorte dolorosa che
attende Gesù, come ad esempio il testo di Le. 1 9,47 nel quale è detto: «<
Le tre predizioni della passione trasmesse da Luca pre
sentano un dato caratteristico; nei tre testi di predizione del
la passione (Mc. 8,3 1 ; Mt. I 6,2 I ; Le. 9,22 - Mc. 9,30-32; Mt.
1 7,22 ; Le. 9,43b-45 - Mc. I o,2 8-3o; Mt. I 9,2 7-29; Le. r 8,J I -
34) Marco e Matteo non accennano mai al compimento del
le Scritture, Luca invece nella terza predizione richiama l'i
dea del compimento delle Scritture; egli infatti fa dire a Ge
sù, mentre si accinge a salire verso la città santa, queste pa
role: «Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu
scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo si compirà.
(Sarà consegnato ai pagani ... )» (Le. I 8,3 I ). Questo particola
re farà meglio comprendere i racconti lucani dei fatti della
risurrezione, nei quali il richiamo alla passione di Gesù è ac
compagnato a quello del compimento delle Scritture.
Ai testi nei quali Luca sottolinea l'incomprensione dei di
scepoli nei confronti degli annunzi della passione, compiuti
da Gesù durante il suo ministero pubblico, corrispondono
quelli nei quali, dopo la risurrezione, viene superata questa
. .
1ncomprens1one.
Luca è l'unico evangelista che nello stesso annunzio della
risurrezione dei due messaggeri celesti richiama le predizio
ni della passione, pronunziate da Gesù quando viveva con i
discepoli, per mostrare come le sofferenze della passione
rientravano nel piano divino; infatti i due esseri celesti dico
no alle donne che di buon mattino si erano recate al sepol
cro: «Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Gali
lea, dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse con
segnato in mano dei peccatori, che fosse crocifisso e risusci
tasse il terzo giorno» (24,6-7); alla luce della risurrezione si
comprende il piano di Dio, secondo il quale era disposto
che Gesù doves se subire la passione prima di risorgere.
Il terzo evangelista, nelle apparizioni di Cristo risorto, mo
stra più volte come lo stesso Risorto istruisce i discepoli sul
significato dei fatti della passione che per loro erano incom-
sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così i notabili del
popolo» (si veda anche Le. 20, 1.9); cf. A. George, Le sens de la mort, 1 87 s.
152
prensibili. L'apparizione più significativa al riguardo è quel
la che Cristo risorto ha accordato ai due discepoli di Em
maus; a questi discepoli egli dice apertamente: «Non biso
gnava (F;òe:t) che il Cristo sopportasse queste sofferenze per
entrare nella sua gloria?» (Le. 24,26) e, lungo il cammino, il
Risorto stesso spiegò loro «in tutte le Scritture ciò che si ri
feriva a lui» (24,27).
A ben esaminare il rimprovero che Gesù risorto rivolge
ai due discepoli dicendo loro: «O senza intelligenza I o e tar
di di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisogna
va che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nel
la sua gloria?» (Le. 24,2 5-26), si intravede con chiarezza che
Gesù, il quale è ancora uno straniero e uno sconosciuto per
i due discepoli, deve esprimersi in questa maniera richiaman
dosi alla parola dei profeti; tuttavia risulta evidente che que
sto suo rimprovero considera anche la mancata intelligenza
delle sue predizioni della passione. I l
In un'altra apparizione (Le. 24,36) Cristo risorto, sempre
secondo il racconto di Luca, ribadisce l'idea del compimen
to delle Scritture negli avvenimenti che hanno caratterizzato
la sua vita. Egli così parla ai discepoli: «Sono queste le paro
le che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si
compiano tutte le cose scritte su di me nelle Legge di Mosè,
nei Profeti e nei Salmi. Allora aprì loro la mente all'intelli
genza delle Scritture e disse: Così sta scritto: il Cristo dovrà
patire e risuscitare dai morti il terzo giorno . (Le. 24,44-46).
. . »
1 53
disposizioni trovano il loro punto culminante nel mandato
di predicare «a tutte le genti la conversone e il perdono dei
peccati» (Le. 24,47). Nelle sue ultime istruzioni Cristo ri
sorto ricorda ai discepoli, alla luce della sua risurrezione, il
significato delle «parole» che aveva detto loro durante il suo
ministero; queste parole non soltanto richiamano il suo in
segnamento, ma ne precisano il senso e soprattutto rivelano
il senso delle predizioni della sua passione e morte (cf. Le. 9,
22.44; 1 7,2 5 ; I 8,J I -J J ; 22,37) che ad essi allora rimanevano
incomprensibili e che ora invece appaiono nella loro piena
realizzazione; è ciò che lo stesso Risorto fa osservare ai di
scepoli, dicendo: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e
risuscitare dai morti il terzo giorno» (Le. 24,46).
Il dato importante di queste ultime istruzioni del Risorto
è costituito dall'affermazione che tutta la Scrittura fa riferi
mento a Cristo, poiché «bisogna che si compiano tutte le
cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei
Salmi» (Le. 24,44) e l'evangelista nell'apparizione ai disce
poli di Emmaus ha mostrato come il Risorto stesso ha in
terpretato le Scritture in questa nuova prospettiva cristolo
gica spiegando loro ciò che in tutte le Scritture si riferiva a
lui (cf. Le. 24,27). 1 1
Ciò che maggiormente colpisce nei testi nei quali Luca
parla delle sofferenze della passione di Gesù è l'espressione
molto significativa che usa; infatti egli parla del Cristo, cioè
del Messia che soffre (7ta.Setv 'tÒv Xptcr'tov); ora è proprio
questo dato che va proposto con rinnovata insistenza, per
ché costituiva l'aspetto più arduo e misterioso dell'annunzio
evangelico (cf. 1 Cor. 1 ,22-23). Giustamente si può afferma-
1 2. Nel testo è detto che il Risorto «aprì loro (ai discepoli ai quali era appar
so) la mente all'intelligenza delle Scritture» (Le. 24,4 5), ma non è precisato
il modo con il quale questo dono dell'intelligenza delle Scritture è stato co
municato; si può pensare che il dono sia stato comunicato per mezzo del
lo Spirito, ma siccome Luca non ha ancora parlato del dono dello Spirito,
non può ricordarlo in questa circostanza; alcuni commentatori hanno pen
sato che questa intelligenza derivi dalla fede in Cristo risorto che è la chia
ve interpretativa di tutte le Scritture; cf. J.A. Fitzmyer, Luke II, 1 5 83.
1 54
. re che mentre il verbo 7ta a'X,t t v (soffrire), usato senza regime,
indica le sofferenze della passione di Gesù ( Le. 22., 1 5 ; Ebr.
2, 1 8; s ,8; 9,26; 1 3 , 1 2; I Pt. 2,2 1 .23; 3,8; 4, 1 ) ed è un'espres
sione anteriore a Luca, questo evangelista ha fatto di detto
verbo un uso particolare, poiché, dopo la risurrezione, egli
lo usa con regime, abbinandolo con il nome Cristo ( 7ta-8ti v
-tòv Xpta-tov); cf. Le. 24,26.46; Atti 3, 1 8; 1 7, 3 (si veda Atti 26,
23; I Pt. 2,2 1 ; 3 , 1 8; 4, 1 )! 3
155
rivolge a Gesù e il senso della risposta articolata del Salvato
re, è indiscutibile che il titolo di Messia assume qui un'im
portanza particolare, come del resto in tutto il racconto del
la passione di Luca (cf. Le. 2J,2.J 5 ·39; 24,26.46).
La messianicità di Gesù è un motivo ricorrente negli
scherni e nelle parole che vari gruppi di persone e individui
presenti sul Calvario rivolgono al Salvatore crocifisso; in
fatti i capi del popolo dicono a Gesù: «Ha salvato gli altri,
salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto» (Le. 2 3,3 5 );
i soldati da parte loro lo deridono con queste parole: «Se tu
sei il re dei giudei, salva te stesso» (Le. 2 3,3 7); l'iscrizione
affissa sopra il capo di Gesù suona: «Questi è il re dei giu
dei» (Le. 23,3 8); il malfattore impenitente rivolge al Salvato
re in croce queste parole di derisione: » N o n sei tu il Cri
sto ? Salva te stesso ed anche noi! » (Le. 2 3 ,39) e infine il
buon ladrone formula questa richiesta: «Gesù, ricordati di
me quando entrerai nel tuo regno» (Le. 2 3 ,42).
È immediatamente percepibile come in tutti questi scher
ni e nelle parole del buon ladrone c'è un'accentuazione della
messianicità di Gesù, infatti i termini: il Cristo (Messia), l'e
letto, il re, il tuo regno richiamano indistintamente questo
dato. 1 5 I capi del popolo considerano il loro ironico invito a
Gesù crocifisso di salvare se stesso come una rivendicazione
messianica. I soldati romani con la loro derisione ritengono
che Gesù può legittimare il suo titolo di «re dei giudei» li
berando se stesso dalla croce. L'iscrizione sopra il capo di
Gesù che dice: «Questi è il re dei giudei» nel contesto luca
no è considerata come una pungente derisione.1 6 Il malfat
tore impenitente si esprime con un linguaggio messianico:
se Gesù è veramente il Messia non soltanto deve salvare se
I 5 . Osserva molto incisivamente E.E. Ellis: «Chosen, King, Christ: ali are
messianic titles» (Gospel of Luke, 268).
1 6. Secondo Mc. 1 5,26 l'iscrizione sulla croce indica il motivo della con
danna («E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei giu
dei»); in Le. 23,3 8 è considerata come una derisione che riecheggia quella
dei soldati romani; cf. G. Schneider, Lukas n, 484.
stesso, ma anche i suoi seguaci. Infine il ladrone pentito,
nella sua richiesta a Gesù crocifisso, riconosce che questi è il
Messia, il quale raggiunge il suo regno. 17
1 7. Riguardo alla richiesta che il ladrone pentito rivolge a Gesù (cf. Le. 23,
42) è stato osservato: «l'invocazione del ladrone segna l'inizio della pre
ghiera a Gesù, che ha lasciato una impronta tanto profonda nella devozio
ne cristiana» (J. Ernst, Luca n, 896). La liturgia esprime tutta la fiducia
che il popolo credente ha nel perdono dei suoi peccati da parte del Signore
considerando il perdono accordato al ladrone che ha creduto in lui; infatti
nell'inno dell'ufficio delle letture del tempo pasquale la chiesa, ammirata,
esclama: quem non gravi solvit metu latronis absolutio?
I 8. L'idea cristologica che Gesù «deve» soffrire (Be:L 7ta..9tiv: Le. 24,26) era
già espressa nella prima predi zione della passione (Le. 9,22: Btt... 7tOÀÀà
r.a�.9etv) , come pure l'idea che tutte le Scritture facevano riferimento a lui
(Le. 24,27) era già indicata nella terza predizione, nella quale si precisa che
tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo dovrà ave
re compimento (Le. 1 8,3 I ).
'57
passione di Gesù (cf. Le. 9,22; I 8,3 I ) si pone in evidenza il
legame tra il «dover soffrire» e la realizzazione del suo com
pito messianico. Come è stato rilevato da G. Rossé: «il do
ver-soffrire è una caratteristica sostanziale del Cristo, fa
parte della giusta comprensione del Messia. Gesù è realmen
te il Cristo perché in lui si è compiuto questo 'soffrire'. Di
conseguenza, la morte di Gesù non è l'assurdo risultato di
un cieco e imprevisto destino, ma il compimento di un dise
gno divino spiegato da Gesù». 19
Proprio in questo collegamento tra la passione e la mes
sianicità di Gesù va ravvisato l'apporto più specifico di Lu
ca nel racconto della morte di Gesù; questo apporto nel rac
conto della passione di Luca prevale su quello parenetico e
su quello soteriologico, i quali caratterizzano anch'essi il
racconto della passione del terzo evangelista.10
L'accentuazione posta da Luca sulla messianicità di Gesù
nel racconto della passione risponde ad un'istanza fonda
mentale della comunità delle origini. Per gli ebrei neocon
vertiti era necessario sottolineare la mess ianicità di Gesù,
anche se egli aveva sofferto nella passione ed era morto in
croce; Gesù infatti, nonostante queste sofferenze ed umilia
zioni, è il Messia, perché le sue sofferenze erano state pre
dette dalle Scritture e inoltre perché la sua risurrezione ha
mostrato che egli è realmente il Messia.1 1
I I . I L DATO PARENETI CO
DEL RACCONTO LUCANO DELLA PASS IONE
1 59
2. La prospettiva parenetica in ampie sezioni
del racconto della passione
Una manifesta prospettiva parenetica caratterizza ampie
sezioni del racconto lucano della passione. Ricordiamo al
cune di queste sezioni narrative.
1 60
Padre dicendo: «Padre, se vuoi allontana da me questo cali
ce! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Le.
22,42) ne propone un modello elevatissimo: infatti, come si
è annotato a suo tempo, la preghiera di Gesù si muove inte
ramente nell'ambito della volontà di Dio («Padre, se vuoi
... ») ed egli, in ciò che avverrà, desidera attuare unicamente
la volontà del Padre.
Anche l'annotazione dell'evangelista che Gesù «in preda
all'angoscia, pregava più intensamente» (Èx'te:'JÉa'te:po" 7tpo
aYJU'X,E'tO, Le. 22,44) esprime un aspetto caratteristico della sua
concezione della preghiera; per Luca nelle prove più dure e
nei momenti di maggiore tensione religiosa occorre pregare
con più insistenza e tenacia.
27. Riguardo a Le. 23,46 e Atti 7, 5 9 è stato annotato: «O n y sem avec quel
le délicatesse Luc marque la différence entre la prière du Fi ls, revenant avec
assurance auprès de son Père, et la supplication du disciple, implorant
l'accueil de son Seigneur» (A. George, La prière, in Idem, Études, 4 10).
28. G. Rossé, Luca, 829.
d) Gli avvenimenti della passione di Gesù
diventano norme di vita per i discepoli
1 66
1. La prospettiva di teologia
o di soteriologia narrativa
del racconto lucano della passione
Occorre richiamare la prospettiva nella quale Luca si è
posto nel narrare la passione e la morte di Gesù, poiché è
d'importanza fondamentale per valutare correttamente que
sto racconto. Tal e racconto infatti appartiene al genere nar
rativo e non si può attendere da esso ciò che si trova in una
confessione di fede o in una proclamazione kerygmatica.3 1
Il terzo evangelista nel narrare la storia della passione ha
costantemente presente il dato che i fatti della passione e
morte di Gesù rientrano nel piano voluto da Dio e che Ge
sù si attiene fedelmente ad esso.
Più volte egli manifesta questa sua prospettiva e ricorda
come Gesù stesso intende realizzare questo piano progetta
to dalla volontà del Padre (cf. Le. 9,22; 1 2, 5 0; I 7,2 5 ; I 8,3 I ; 22,
3 7.42; 23,46). Questa volontà di Dio è manifestata negli scrit
ti dei profeti e nella parola della Scrittura; per questo moti
vo Gesù, parlando della sorte dolorosa che lo attende, di
chiara: «Tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio
dell 'uomo si compirà» (Le. 1 8,3 1 ), oppure: «Perché vi dico:
deve compiersi in me questa parola del Signore: E fu anno
verato tra i malfattori» (Le. 22,37).31
Proprio per il fatto che la passione e morte di Gesù ap
partengono al piano voluto da Dio esse hanno un carattere
misterioso e incomprensibile per i discepoli. Al riguardo è
particolarmente signifi cativo un testo di Luca; infatti men
tre, dopo il secondo annunzio della passione, Marco osserva
3 1 . Cf. G . Rossé, Luca, 8 3o; quello che ha detto per il racconto della pas
sione di Luca vale anche per quelli di Matteo e Marco; l'autore sviluppa in
un paragrafo a pane l'argomento: «Il racconto della passione nel pensiero
di Luca», 828-83 1 .
3 2. Cf. A . George, Le sens de la mort de ]ésus i n É tudes, 202 s.; riguardo
all'atteggiamento di Gesù nei confronti della volontà del Padre, l'autore
rileva: « Le Maitre accepte cette volonté comme la loi de sa mission. Il
marche à la mort dans l'obeissance, en toute confìance à son Père».
semplicemente che «(i discepoli) non comprendevano que
ste parole ed avevano timore di chiedergli spiegazioni» (Mc.
9,3 2), Luca precisa ulteriormente il motivo di questa incom
prensione; in effetti egli scrive: «Ma essi non comprendeva
no questa frase; per loro restava così misteriosa che non ne
comprendevano il senso e avevano paura di rivolgergli do
mande su tale argomento» (Le. 9,45). 33
Parimenti dopo la terza predizione della passione (cf. Mt.
20, 1 7- 1 9; Mc. I O,J 2-J4), Luca è l'unico evangelista sinottico
a sottolineare l'incomprensione dei discepoli; egli infatti scri
ve: «Ma (i Dodici) non compresero nulla di tutto questo; quel
parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli
aveva detto» (Le. I 8,34). 34
Questi brevi accenni al piano misterioso progettato da Dio
per la passione e morte di Gesù, ed al quale questi si è pie
namente uniformato, confermano quanto è stato affermato
nella prima parte del presente capitolo, nella quale si è detto
che l 'aspetto prevalente del racconto lucano della passione
di Gesù è l'affermazione della sua messianicità, nonostante
le sofferenze e le umiliazioni della passione e della morte in
croce, le quali rientravano nel piano misterioso di Dio.
Nel racconto della passione Luca non poteva fare altro
3 3 · La versione a cura della CEI non è troppo fedele al testo; il passo in
fatti andrebbe tradotto meglio nel modo seguente: «(la parola) era velata
(o: nascosta) per loro in modo da non comprenderla (Le. 9,4 5)» ; si è d i
fronte ad u n passivo divino ( �v 7tapaxexaÀU!J. !J. Évov à1t'aù-rwv) che indica
come il piano della passione e morte di Gesù, essendo voluto da Dio, ri
mane incomprensibile ai d iscepoli.
34· Luca è l'evangelista che più degli altri ha rilevato l'incomprensione dei
discepoli delle predizioni della passione compiute da Gesù, ma in pari
tempo egli è anche ],evangelista che più esplicitamente degli altri ha ricor
dato la rivelazione del mistero de1la passione, cioè del mistero de1le soffe
renze del Messia, da parte di Cristo risorto. Al riguardo osserva opportu
namente A. George; « À l,incom.p réhension de la souffrance du Messie par
les disciples avant Paques succède la révélation pascale de ce mystère, dans
une série de textes propres à Luc. c·est le ressuscité lui-meme qui ensei
gne à ses disciples que 'le Christ devait souffrir'; et il le leur montre en
leur 'ouvrane les É critures (Le. 24,3 2), en leur 'ouvrant' ]•esprit pour les
comprendre (Le. 24,4 5)» (Le sens de la mort de ]ésus, in É tudes, 203 -204).
168
che narrare quanto Gesù, come Messia, ha sofferto e patito
per attuare questo suo compito. Ora in questo racconto non
si può trovare se non una «teologia narrativa», come è stata
chiamata,3 5 che è una teologia inserita nei fatti stessi e che
va dedotta dallo studio qel racconto di questi fatti o avveni
menti. La teologia narrativa è alla base del pensiero soterio
logico di Luca, che trova la sua formulazione più esplicita e
più elevata in Le. 22, 1 9-20 e in Atti 20,2 8 . Tuttavia secondo
la presentazione lucana della salvezza anche le sofferenze, i
patimenti e la morte di Gesù vanno intesi come parte della
storia che Dio ha attuato per mezzo di Gesù Cristo a sal
vezza degli uomini. 3 6
Certamente, sotto un certo aspetto si può dire che la so
teriologia lucana ricopre l'intero mistero di Gesù che è ope
ra di salvezza,3 7 ma essa appare in modo più vistoso nel rac
conto della passione e della morte di Gesù.
È significativo che Luca, nella parte conclusiva del discor
so di addio (22,3 5-3 8) a ridosso dell'inizio del racconto del
la passione (22,39 ss.), riporti queste parole di Gesù ai disce
poli: «Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della
Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori [fs. 5 J, 12]. Infatti
tutto quello che mi riguarda volge al suo termine» (22,37).
Il contesto richiede che la citazione di fs. 5 3, 1 2 prospetta
ai discepoli un avvenire di prove, di maltrattamenti e di per
secuzioni, poiché il loro Maestro è stato considerato e trat-
3 5. L'espressione «teologia narrativa» si trova in E. Rasco, La teologia de
Lucas, Origen, Desarollo, Orientaciones, Roma I 976, I 3 7; si può anche
parlare di 'soteriologia narrativa', come fa G.C. Bottini, Introduzione al
l'opera di Luca, I 3 I ; infatti questo studioso rileva che, secondo diversi
autori, quando «il tema soteriologico è assente a livello di affermazioni di
rette ed esplicite, si può tuttavia parlare d i una 'soteriologia narrativa',
vale a dire espressa attraverso il racconto della morte. Nella struttura lu
cana infatti essa appare come la causa che provoca la conversione del buon
ladrone (cf. Le. 23,29-43) e di tutto il popolo (cf. Le. 23,48)» (ibid. ).
36. Cf. G. Schneider, Lukas 11, 449 (Exkurs 2 1 : «Die Bedeutung des Todes
Jesu», 447-449).
3 7· Come affermano vari studiosi; per una rapida informazione biblio
grafica cf. G.C. Bottini, Introduzione all'opera di Luca, 1 3 2 n. 164.
tato come un malfattore; tuttavia non si può isolare questo
versetto dall'intero canto del Servo di Jahvé (/s. 5 2, I J - 5 J , I 2),
nel quale si parla ampiamente delle sofferenze e delle umi
liazioni del Servo, si accenna alla sua missione soteriologica
{cf. /s. 5 3 ,4- 5 ·6. 1 o) e soprattutto si afferma che il successo e
il trionfo della sua opera sono assicurati da Dio.3 8
Nel racconto lucano della passione segnaliamo partico
larmente due dati molto significativi per la teologia o sote
riologia narrativa del terzo evangelista. Sappiamo che soltan
to Luca, dopo i rinnegamenti di Pietro, annota che Gesù
«guardò Pietro»; l'evangelista infatti scrive: «Allora il Si
gnore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle pa
role che il Signore gli aveva detto: Prima che il gallo canti,
oggi mi rinnegherai tre volte>> (Le. 22,6 1 ) . Dal racconto di
Luca appare che l'apostolo deve il suo ravvedimento, evi
tando il naufragio nella fede (cf. Le. 22,3 2), allo sguardo del
Maestro. È questo un modo con il quale l'evangelista mo
stra con la narrazione dei fatti la sua teologia e la sua sote
riologia. Ancora più incisiva è la soteriologia narrativa nel
l' episodio del buon ladro ne; alle parole che gli rivolge il la
drone pentito dicendogli: «Gesù, ricordati di me quando
entrerai nel tuo regno» (Le. 2 3,42), Gesù gli risponde: «In
verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso» (Le. 23,43).
Certamente nella solenne promessa di Gesù non è detto
espressamente, come è stato rilevato a suo luogo, che il Mae
stro con la sua morte o per mezzo di essa opera la salvezza
del ladrone pentito, ma il contesto lo lascia sufficientemente
intendere.39 Infatti tutti gli scherni rivolti a Gesù in croce
3 8 . I commentatori rilevano che Luca, citando il testo di /s. S J , I 2, accenna
soltanto all'aspetto negativo dell'abbassamento e dell'umiliazione del Ser
vo di Jahvé senza accennare al valore dell'espiazione vicaria della sua mor
te ed all'esaltazione che Jahvé stesso avrebbe riservato al suo Servo; ma bi
sogna pensare che Luca si è limitato a citare parte del versetto di /s. 5 3 , 1 2
poiché con esso intendeva illustrare i l detto precedente d i Gesù; cf. G . Ros
sé, Luca, 903 ; tuttavia per i lettori di Luca il versetto isaiano rievocava
}�intera fi gura ed attività del Servo di Jahvé.
3 9· Sulle parole che Gesù in croce rivolge al ladrone pentito (cf. Le. 23,43)
è stato osservato: « La conversione del secondo ladrone è certamente una
hanno come denominatore comune il motivo della salvezza:
i capi giudaici, i soldati e uno dei malfattori crocifissi insie
me con il Maestro gli dicono di salvare se stesso (cf. Le. 2 3,
3 5 ·37·39), anzi il malfattore impenitente lo schernisce dicen-
.dogli «Salva te stesso ed anche noi!» (Le. 2 3 ,39 ).
Come si scorge da questi rilievi, il terzo evangelista ha
voluto presentare a suo modo l'attività salvifica di Gesù Cri
sto; infatti «Luca ha scelto la forma narrativa per la sua pro
clamazione deli' evento-Cristo, costellata peraltro con detti
di Gesù e discorsi degli apostoli ... La questione vera e pro
pria riguardante le pagine lucane è se Dio sia presentato in
esse come colui che realizza il piano salvifico nonostante la
sofferenza e la morte di Gesù, oppure tramite questa soffe
renza e morte. A mio modo di vedere, è vera la seconda al
ternativa; Luca il narratore ha una sua modalità propria di
presentare tali verità soteriologiche di importanza capitale.
Il termine principale da lui usato per esprimere l'effetto del
l' evento-Cristo è 'salvezza'». 40
Un a volta che si è stabilito che Luca si attiene a una sote
riologia narrativa poiché presenta le verità soteriologiche in
modo proprio e come narratore, non si può più affermare
che egli abbia omesso o abbia taciuto verità soteriologiche
di fondamentale importanza come, ad esempio, il detto di
coloritura più tarda che vuole rappresentare Gesù, ancora in punto di
morte, come il Salvatore e l'amico dei peccatori» (J. Ernst, Luca n, 897).
4o. j.A. Fitzmyer, (( Oggi sarai con me in paradiso», in Idem, Luca teologo,
1 68 ; in precedenza lo studioso si era così espresso sullo stesso argomento:
«So dies Jesus of Nazareth in the Lucan Gospel, peaceful and forgiving,
attended by cataclysms and witnessed by sympathizers. He is not depict
ed as having given his ]ife 'as ransom for many' (Mark 10,4 5) or as 'put to
death for our trespasses' (Rom 4,2 s ; cf. I Cor 1 s ,J ) . Yet he has bee n clear
ly portrayed dying as a savior, implicitly so acknowledged by the taunts
of 'the leaders' (2),2 5 ), the 'soldiers' (2J,J6-3 7), and even one of the 'crim
inals' (2J,J9). That his salvific activity has helped 'others' has likewise
been aknowledged (2 J ,J s ) ; and shortly before he breathes his las t, the cru
cified Jesus assures the penitent criminal that that very day he shall be with
him im bliss (23,43). So Luke, the storyteller, dramatizes an effect of the
Christ-event: what Jesus of Nazareth by his death has achieved for hu
manity is salvation.. . » (Luke II, l s l s ).
Gesù riportato da Marco e da Matteo che recita: «Il Figlio
dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e
dare la propria vita in riscatto per molti» (òouvcu -r�v �ux�v
IXÙ'tou Àu-rpov àv'tt rcoÀÀwv, Mc. 1 0,4 5 ; Mt. 20,28).
Tutti gli studiosi constatano che in Luca manca un'affer
mazione esplicita sul valore soteriologico della morte di Ge
sù, come quella del testo di Mc. 10,4 5 , ma a seguito di que
sta constatazione non tutti concludono che l'evangelista
abbia omesso intenzionalmente o abbia attenuato questo da
to soteriologico, poiché Luca, come sappiamo, si attiene a
una soteriologia narrativa. D'altronde per quanto riguarda
l'importante logion di Gesù, riferito da Mc. 1 0,4 5 (cf. Mt .
1 73
del significato soteriologico della morte di Gesù non cessa
di disorientare gli studiosi, soprattutto quando ci si richiami
alla formulazione kerygmatica di 1 Cor. I 5 ,3 .
Certamente nei discorsi missionari ai giudei non s i può
trovare un'esposizione compiuta ed esauriente di tutti i con
tenuti della fede cristiana, tanto più che ognuno di detti di
scorsi ha una sua precisa finalità e va inquadrato nel proprio
contesto; vi sono discorsi tenuti a Gerusalemme o nella dia
spora, discorsi di Stefano e di Paolo, discorso di addio, di
scorsi apologetici di Paolo davanti ai giudici.
Inoltre non si può prescindere dalla constatazione che
questi discorsi, pur diretti ai giudei, tengono presenti i let
tori cristiani; in realtà sono questi lettori cristiani, i quali,
oltre ad essere catechizzati su particolari aspetti o dati della
loro fede, sono illuminati sul problema molto avvertito nel
la chiesa delle origini del rapporto della comunità credente
con Israele e della continuità storico-salvifica tra la chiesa e
le promesse fatte ad Israele.
Il rifiuto di Gesù da parte d'Israele costituiva un grave
problema per la chiesa primitiva, la quale, a motivo di que
sto rifiuto, si domandava se era legittima la sua eredità dei
beni messianici promessi all'antico Israele e in quale senso
andava intesa la messianicità di Gesù; in queste situazioni i
discorsi degli apostoli rivolti ai giudei dovevano parlare dei
loro errori e di quello dei loro capi nell'aver rifiutato e fatto
condannare Gesù, errori dovuti a cecità e ad ignoranza (cf.
Atti 3 , 1 7; I 3 , 1 7; cf. Le. 23,34). La cecità e l'ignoranza dei giu
dei appaiono dal fatto che essi non hanno visto nei miracoli
operati da Gesù un modo con il quale Dio accreditava la sua
autorità (cf. Atti 2,22; IO,J 8) e soprattutto nella risurrezione
di Gesù non hanno scoperto l'intervento diretto di Dio, il
quale ha operato a favore di Gesù annullando la condanna
pronunziata dagli uomini contro il suo Messia (cf. Atti 2,24-
36; ) , I ) I 5 .2 6; 4, 1 0; 5 ,30; I 0,40-4 I ; I J ,JO- J I ).4 3
.
1 74
L'assenza di un'esplicita affermazione dell'efficacia salvi
fica della croce nei discorsi rivolti ai giudei non va spiegata
come una volontaria omissione di Luca, ma come un suo
spostamento d'interesse teologico; egli infatti preferisce pro
porre la salvezza come atto di fede in Gesù ed in tal modo
la fede rende possibile la salvezza anche ad Israele, offrendo
ad esso un rimedio all'errore commesso.
L'atto di fede in Gesù si realizza nel battesimo unito al
l'invocazione del suo nome, la quale attesta la confessione
della sua messianicità e della sua signoria divina (cf. Atti 2,
3 8; 3, 1 9; 4, 1 2; 5,3 1 ; 1 0,43; 1 3,J 8-39).
Gli Atti ricordano anche come doni salvifici e messianici,
attesi da Israele, la remissione dei peccati (Atti 2,3 8; 3, 1 9.26;
5 , 3 x ; 10,43 ; 1 3,3 8), il dono dello Spirito (2,38), la realizza
zione delle promesse escatologiche (3,20-2 1 ; 10,43); ora que
sti doni messianici di salvezza sono partecipati da coloro
che aderiscono a Gesù per mezzo della fede. L'invito alla
conversione, che ritorna più volte nel libro degli Atti (cf. 2,
3 8; 3, 1 9; 4, 1 2; 5 ,3 1 ), non è altro che un invito ad accogliere
la salvezza operata da Gesù Cristo. 44
tanto in luce il ruolo di Dio autore della salvezza presente e futura, quan
to piuttosto ciò che si richiede dall'uomo. Non si può quindi dimostrare
in nessun modo che il silenzio degli Atti sul valore salvifico della passione
e morte di Gesù sia dettato da una riserva di Luca per questo tema» (In
troduzione all'opera di Luca, 1 23).
4 s. Al riguardo occorre richiamare quanto hanno osservato alcuni studio-
1 75
mente in due passi di notevole interesse, cioè in Le. 22, I 9-20
(istituzione dell'eucaristia) e in Atti 26,28 (discorso di addio
di Paolo ai presbiteri di Efeso raccolti a Mileto).
È necessario un breve accenno a questi due passi. In Le.
22, I 9 - 20 è detto: «E, 46 preso un pane, rese grazie, lo spezzò
e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo che è dato per
voi, fate questo in memoria di me. Allo stesso modo dopo
aver cenato, prese il calice dicendo: Questo calice è la nuova
alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi».
L'importanza di questo passo è condizionato dalla sua tra
dizione testuale, poiché testimonianze antiche come il codi
ce D ed alcuni manoscritti della Vetus Latina trasmettono
si, come G. Rossé, che afferma: « Luca riflette sul significato della passione
(ultima cena) alla luce della tradizione ellenistica, quindi non con le cate
gorie semitiche. I greci ignorano l'idea di espiazione legata alla morte, e
vedono con ripugnanza un valore dato a un sacrificio umano. Luca quindi
esprime con altri modi la realtà salvifica della croce di Gesù» (Luca, 8Jo-
8 J I ). E poco più avanti l'autore rileva: « L'idea di salvezza legata alla croce
di Gesù non è dunque assente in Luca, ma è resa con argomenti e motivi
più comprensibili a lettori ellenisti. La fede che salva è certo legata, nel
suo sorgere, al Risorto, ma per nascere, deve passare per l'accoglienza del
Crocifisso, secondo la logica indicata dallo stesso kerygma che non separa
le due realtà (vedi i discorsi di Pietro in Atti 2,22 ss.; 3 , 1 2 ss.; 4,8 ss.)» (p.
8 3 I ). L 'autore poi giunge a dire: « La passione perde così, in Luca, il suo
aspetto scandaloso, ignominioso e tragico, per apparire come una via, cer
to dolorosa, ma indispensabile, da percorrere con serenità e fiducia» (ibid. ).
Anche altri studiosi ritengono che la mentalità greca di Luca e quella dei
suoi lettori abbiano influito sulla particolare presentazione della croce nel
l'opera lucana. A. George, ad esempio, osserva: « On peut penser que son
(di Luca) insistance sur le martyre de Jésus, son silence sur l 'expiation, sa
réserve sur le sacrifice, tiennent à sa mentalité grecque et à celle des lec
teurs auxquels il s'adresse. Pour les Grecs du Icr siècle, un sacrifice humain
est barbare, la mort n'a pas de valeur expiatoire; aussi la prédication du
Christ crucifié leur parait 'une folie' ( r Co. 1 ,23)» (Le sens de la mort, 2 I 2).
Agli autori, i quali pensano che Luca presenta una concezione della sal
vezza che vada incontro alla mentalità greca si fa osservare che «nel mon
do greco risulta largamente diffusa l'idea del valore salvifico della soffe
renza di un individuo per la comunità; cf. M. Hengel, Der stellvertretende
Suhnetod]esu. Ein Beitrag zur Entstehung des urchristlichen Ke rygmas: In
ternat. Kath. Zeitschr. Communio 9 ( 1 9 80 ) I -1 S · I J S - I 47; V. Fusco, Il va
lore salvifico della croce, 209 n. I 5 .
46. L a versione a cura della CEI traduce erroneamente i l xcxt greco (= e)
con «poi».
un testo breve, omettendo la seconda parte del v. I 9: «che è
dato per voi; fate questo in memoria di me» e l'intero v. 20
(«Allo stesso modo dopo aver cenato »); la quasi totalità dei
...
47· Cf. B.M. Metzger, A textual Commentary on the Greek New Testa
ment, I 73 - 1 77; il critico conclude le sue constatazioni con questa valuta
zione: «The weight of these considerations was estimated differently by
different members of the Committee. A minority preferred the shorter
text as a Western non-interpolation ... The maj ority, on the other hand,
impressed by the overwhelming preponderance of external evidence, sup
porting the longer form, explained the origin of the shorter form as due to
some scribal accident or misunderstanding. The similarity between verses
1 9b-2o and 1 Cor. u ,24b-2 5 arises from the familiarity of the evangelist
with the liturgical practice among Pauline churches, a circumstance that
accounts also for the presence of non-Lukan expressions in verses 1 9b-
20» (pp. 1 76- 1 77).
48. Cf. V. Fusco. Il valore salvifico della croce, 2 1 6-2 1 7; G.C. Bottini, In
troduzione all'opera di Luca, 1 2 5 .
1 77
cati da lui a Mileto, questa esortazione: «Vegliate su voi
stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo
vi ha posto come vescovi 49 a pascere la chiesa di Dio, che egli
si è acquistata con il suo sangue». 5° I Pt. 2,9- 1 0 parla di po
polo che Dio si è acquistato (cf. /s. 4 3,2 1 ); questo popolo è
costituito in «assemblea ( chiesa) di Dio» (l) Èxx);rJcrta 'tou
=
sione: il «suo sangue» non può indicare il sangue di Dio, ma il sangue di Ge
sù Cristo; il testo greco dice letteralmente: «con il sangue del proprio
(Figlio) » (òtà -rou at'p.a-ro<; 'tou iòtou). S. Zedda spiega così il testo di Atti
.1o,z8b: «Si può pensare che nel parlare di chiesa di Dio, Luca (e Paolo)
intendeva parlare direttamente di Gesù Cristo chiamandolo Dio, oppure
che dopo aver scritto (detto) chiesa di Dio il pensiero ha subito uno slit
tamento: da Dio Padre a Cristo. In ogni caso si parla del1'acquisto di un
popolo mediante il sangue di Cristo: si esprime così chiaramente l'idea del
valore salvifico del1a sua morte» ( Teologia della salvezza nel Vangelo di
Luca, I J 3-1 34).
s 1. Riguardo al1a formula: « ... che egli si è acquistata con il suo sangue» (At
ti zo z 8 b) è stato osservato: «Con espressioni ricalcate sul linguaggio del
,
l'Esodo (Es. 1 9,5 s.) si parla del1a comunità cristiana come popolo di Dio,
divenuto sua particolare proprietà in forza dell'intervento salvifico: nella
Nell'interpretazione di questo importante passo si pos
sono ammettere delle sfumature di senso come, ad esempio,
si può accentuare l'istanza parenetica dell'esemplarità offer
ta dalla morte di Gesù, ma questo non può avvenire a scapi
to o a motivo di una riduzione del senso soteriologico del
l'affermazione, poiché tale affermazione è fortemente sote
riologica e propone in termini espliciti ed autonomi il valo
re salvifico della morte di Gesù. P
Sarebbe molto istruttivo segnalare i parallelismi che in
tercorrono tra Le. 22, 1 9-20 ed Atti 20,28 poiché manifeste
rebbero come i due testi siano apparentati sia a motivo del
contesto in cui sono collocati, sia anche a motivo delle idee
che contengono; infatti i due testi sono in un contesto di
scene di addio. L'addio di Gesù e l'addio di Paolo e ambe
due considerano la morte di Gesù come evento fondante del
la comunità salvifica.53
1 79
sione antropologica afferma che Cristo è morto «per gli em
pi» (cf. Rom. 5 ,6) e «per i nostri peccati» ( 1 Cor. 1 5 ,J).
In secondo luogo occorre prendere atto che negli autori
neotestamentari c'è un pluralismo teologico e soteriologico;
così alcuni studiosi parlano ad esempio non già di teologia
della lettera agli Ebrei, ma di teologie della medesima lette
ra.54 Indubbiamente questo pluralismo teologico neotesta
mentario costituisce una ricchezza del Nuovo Testamento.
In terzo luogo è necessario constatare che il dato sote
riologico di un'opera neotestamentaria non è un dato isola
to ed a sé stante, ma è associato ad altri dati, come al dato
della messianicità di Gesù ed a quello della incredulità di
Israele. s s
In quarto luogo l o studioso deve cercare d i caratterizzare
la visione soteriologica dei vari autori del Nuovo Testamen
to indicando il loro apporto specifico alla soteriologia neo
testamentaria. 56 In questo modo si sarà in grado di presen
tare la ricchezza e la varietà dei dati soteriologici disseminati
nei vari scritti neotestamentari e in pari tempo di cogliere
l'originalità dell'apporto di ciascun autore. 57
5 4· I n u n convegno biblico si è discusso se nella lettera agli Ebrei bisognas
se parlare di teologia o di teologie di questo scritto.
5 5 . La constatazione consente di evitare di esprimersi in termini preclusivi
o di alternativa. Cade opportuna l'osservazione seguente: « L'aspetto sote
riologico e quello parenetico della passione e morte di Gesù in Luca non
solo non sono in alternativa tra loro, ma sono presenti insieme ad altri
aspetti (per es. il problema della messianicità di Gesù, il problema dell'in
credulità di Israele) e costituiscono solo un tentativo ... di esprimere qual
cosa dell'evento unico e irripetibile che è GesÙ» (G .C. Bottini, Introdu
zione all'opera di Luca, 1 3 3 - 1 34).
56. Ad es. V. Fusco delinea così l'apporto proprio di Luca alla soteriologia
neotestamentaria: « L'apporto più specifico di Luca nel racconto della mor
te di Gesù non consiste dunque nell'aver reso preminente l'aspetto pare
netico, né quello soteriologico, ma nell'aver sottolineato il collegamento tra
la crocifissione e il problema della messianicità di Gesù, in rapporto all'in
credulità di Israele. Con questo però gli altri due aspetti non vengono af
fatto esclusi)) (La morte del Messia, 71 ).
5 7· L'originalità di Luca nel parlare della mone di Gesù è così descritta da
A. George: «La mort de Jésus tient large piace dans l'oeuvre de Luc qui la
presente à la fois comme le refus du Christ par son peuple et comme la
1 80
In quinto luogo bisognerà parlare di soteriologia esplici
ta, che appare in primo piano, e di soteriologia implicita che
rimane in secondo piano e che non è menzionata perché l'au
tore non la giudica così significativa come quella che propo
ne esplicitamente. Parliamo di soteriologia implicita perché
riteniamo che non si possa pensare ad omissioni intenzio
nali ed a prospettive esclusive di dati soteriologici validi e
significativi in sé, ma sui quaH gli autori neotestamentari,
per loro motivi e finalità, non hanno parlato, né richiamato
l'attenzione dei loro lettori.s 8
volonté mystérieuse de Dieu pour assurer la fondation du peuple nou
veau. Le salut promis passe par l'obéissance confiante du Christ prophète
martyr, exemple pour tous ceux qui le suivent. Il s'accomplit dans sa résur
rection qui est inséparable de la croix. La présentation lucanienne de la mort
de Jésus est originale. Elle diffère de celle des autres auteurs du N.T. qui
insistent davantage sur son efficacité salutaire immédiate, en particulier
sur sa function expiatoire 'pour nos péchés'» (Le sens de la mort, 2 1 1 s.).
5 8. In questa prospettiva si può convenire con S. Zedda quando dice: «Di
fronte a questi elementi soteriologici nel racconto della passione non ha
molta importanza il fatto che Luca non riporta il logion che parla diretta
mente ed esplicitamente del valore di espiazione dei peccati della morte di
Gesù e che è riferito da Mc. 10,4 5 e Mt. 20,28» (Teologia della salvezza
nel Vangelo di Luca, I J 2- I J J).
INDICE ANALITICO
ANTICO TESTAMENTO
187
7, 1 4: 222 49, 1 2: 87 7, 1 8-27: 1 99
40,8: 2 1 5
42, 1 -4: 201 Lamentazioni Osea
43,2 1 : II, 1 78 4,2 1 : 87 2, 1 : 2 1 7
49, 1 -6: 20 1 10,8 : II, 47
so,4-9= 201 Ezechiele 1 1, 1 : 2 1 7
so,6: 1 4 1 , 145, 1 46, 1 5 9 2, I : 1 97
p ,3 : II, 100, IOl 2,3: I 97 Gioele
p , 1 7-22: 87 2,6: I 97 2, 1o: n, I 1 6
S 2, 1 3 - 5 3, 1 2: 63, 20 1 ; II, 2,8: I 97 2, 1 8 -32 [= LXX 3 , 1 - s]:
7 1 , 1 70 J, I : I 97 II, I I4
n= 1 59 3 ,2: 1 97 3,3-4: II, l 16
S J ,4- S : II, I 70 J,4: 1 97
5 ) ,6: II, 1 70 3, Io: 1 98 Amos
5 3 ,7-8 : 3 2 3 , 1 6: 1 98 8,9- 10: II, I I 6
S J , I o: I I , 1 70 3,2 5 : 1 98
S 3 , I l : II, 1 2 3 Michea
5 3, 1 2: 63; II, 3 s , s7, 63, Daniele 3 , 1 2: 1 6 5
1 70, 1 79 2,44= I 98
S 4,1 : II, 47 4,J s : 1 98 Sofonia
5 , 1 8 : 1 98 1 , 1 5 : II, 1 1 6
Geremia 7,4-7= 1 97
22,5 : II, 4 5 , 47 7,9- 10: 1 97 Zaccaria
2 S , l 5 : 87 7, 1 3 : l 5 5 , I 7 I , 1 94, 1 9 5 , 1 1 , 1 2-1 3 : I 8 7
26, 1 - I I: 1 6 5 1 99, 20 1 , 209, 2 10 1 2, IO: 60, 61
26,2o-2 3 : I 6 s 7,1 3 - I 4: 1 7 1 , 1 72, 1 97, 1 2, 10- 1 2: II, 42
3 1 ,9: 2 1 7 I 98, 1 99, 20 1 1 2, 10-1 4 : II, 42
3 2,6- 1 5 : 1 87 7,1 8: 1 7 1 , 1 97, I 98 1 3 ,7: 74
NUOVO TESTAMENTO
1 88
22,.. 2: 1 5 5 26,6 1 -63: 1 76 27,26: II, 3 5
23 ,29: 1 66 26,62: 1 64 27,27-3 I : 1 44
2 3 ,3 S : I I, 45 26,63 : I 5 1 s . , 1 64, 1 70, 27,2S: 37
23,39= 1 66 I So, I S7, 227 27,32: II, 4 1
24,29-3 1 : 207 26,63 -64: 2 I S 27,3 3 : S 1 ; n, 6o
24,36: 2 1 5 26,63a: I 64, 165 27,34= 62
2 5 , I 5 = 239 26,63b: I 66 27,3 5 : 6 1 , 65
26, 1 : 3 7 26,64: I S J, I 64, 1 66, 27,3 7= II, S I ; II, S2
26, 1 -2: 3 7, 206 1 7S, 1 93 27,40: 1 93
26, 1 - 5 : 37 26,6 5 : I 64 27,4 3 : 6 I
26, 3 : 240 26,65 -66: 1 5 1 27,44: II, 86; II, S S
26, 5 : l I l 26,6 5 a: 1 64 27,46: 70, 72, 74, 222;
26, 1 9: II, 66 26,66: 54, 1 5 1 , 1 64, I I, 7 1 , 1 1 9
26,24-2 5 : II, 36 226, 227, 236, 2 3 S , 27,4S: 62
26,2 5 : 5 4 2 40, 243 27,50: II, 1 1 9
26,29: 1 5 4, 1 66 26,66b: 165 27, P - 5 3 : II, 1 1 5
26,30: 74 26,67: I 4 1 27, p b- n : 5 6
26,30- 3 5 : 73 26,67-6S: 1 39, 1 42, 1 47 27,54= 2 1 4
26,J 1 : 73 26,6S : 230 27,57 : II, 1 45
26,3 1 -3 5 : 74 26,69: 1 26 27, 5 7- 5 8 : 52
26,34: I 23 26,7 1 : 1 26, 1 27, 1 2S, 27,59: I I, 1 3 6
26,3 5 b: 73 137 27, 5 9-60: I I , 1 4 5
26,36: 74 26,72: 1 27 27,60: II, 1 37
26,37: S2, 97 26,73 = 1 26 27,62-66: p ; II, 1 3 2
26,3 S : S2, S9, 97 26,74 = 1 29 27,66: I S S
26,3 9 = 69, s .. , s 7, ss , 26,7 5 : 1 23, 1 30 2 S : II, 1 44
92, 94 26,7 5 b: 1 23 28 , 1 1 - 1 5 : 5 1
26,.. 0-4 1 : Sz 27, 1 : 226, 230, 23 1 , 2 8 , 1 2: 237, 239, 240
26,4 1 : S 3 , 1 oo 23 2, 236, 237· 2 3 S, 2 8, 1 5 : 5 2
26,47: 1 S 1 , 240 2 3 9, 240 2S, I 9: 2 1 5
26,47- 56: 1 o3 27, 1 -2: 22 8; II, 16
26, p : I l O 27,2: I S6 Marco
26, 5 2: 56 27,3 - 1 0: 76, 1 S6, I S7, 1,1: 213
26,5 z-5 3 : 1oo 22S I ,I I : 2 I S
z6, 54= 3 7, I oo 27,4: 1 S 6 1 , 1 9: 2 1 3
26,5 5 = I S I 27,6: 1 S6 1 ,22: 2 1 5
26,56: 6o, 73; II, 1 29 27,7= 237, 239, 2 40 1 ,3 5 -3 8 : 86
26,57: I 1 7, 227, 230, 27,S: I S6, 1 S7 2,3 - 1 2: 2 1 5
233 27,9 = I S7 2,5 : 2 1 5
26,57-59: 226 27,9- 10: 1 S7 2,7: 39, 2 1 5
26, 5 S-6 5 : 1 64 27, 1 1 : 1 S6; II, 1 6 2, 1 o: 205
26, 59= 1 64, 233 27, 1 1 -26: 228 2,3 2-36: 39
26,5 9-60: 166 27,1 5 : n, 32 3 ,6: 237· 240
26,5 9-66: • S s 27, 1 9= 5 5 3,1 1: 214
26,6o: 1 64, I 66 27, I 9-26: II, 34 3,27: 2 1 5
26,6ob: 1 64 27,2 1 : II, 3 3 5 ,2 1 -24: 1 3 5
26,61 : 1 43 , I 64, 1 66, 1 92 27,24: 5 5 5,25-34= 1 3 5
1 89
5 ,3 5 -43 : 1 3 5 1 4, 1 2- 1 6: 44 I 4, 5 3 :7 2, I I 7, 1 24, l 3 5 ,
6, 1 5 : 2 1 3 1 4, 1 2-2 5 : 42, 44 226, 230, 23 I , 233
6,34-44= 242 1 4, 1 7: 47 I4,5 3- 54= I l i
6,46-47= S6 I 4, 1 7-2 l : 45 1 4, 5 3 -54: 1 36
6,4S -5 2 : 86 I 4, I S -2 1 : 54 14,5 3- 54= 226
6,5 1 - 5 2 : 2 I4 1 4,20: 47 l4, 5 J -64: 1 24
S , I -9: 242 14,2 I : 37 I4, 5 3 - I 5 , I : I I 8- I I 9
S,3: 47 1 4,22b: 1 2 3 1 4, 5 3a: 4 5 , 23 5
S,6 : 2 3 9 1 4,26: 42, 74, So, 8 I I 4, n b: 234, 2 3 5
S , I 7-2 I : 2 1 4 I 4,26-3 1 : 4 5 1 4,54= 1 24, 1 2 5, 1 18,
S ,27: 4 s 1 4,27: 3 7 1 3 S , 1 7S , 23 5
S,28: 2 I 3 I 4,27- 3 1 : 42, 73 , 74, S o 1 4, 5 4a: 1 2 1
S,29: J 66 1 4,30: 1 22, I l3 1 4, 5 5 = 1 24, 1 67, 1 76,
8,3 I : 34, 3 5, 36, 3S, 3 9, I 4,3 I a: 73 23 1 , 2 3 3 , 238
1 66; II, 1 52 1 4,3 1 b: 73 14, 5 5 - 56: 1 69
S,3 1 -3 3 : 2 I 5 1 4,3 2: 74, So, S 1 I 4, 5 5 - 5 9= 2 2 5
S,J 5 : 3 9 14,3 2-42: So 1 4, 5 5-64: 1 20, 1 3 5 s .,
9,2- I 6: 2 3 4 14,3 3 : 82, 97; II, 59 1 67, 1 69, 1 70, 1 8 5
9,7: 2 1 S 1 4,34= S2, S 9, 97 1 4, 5 5 -6 5 : 1 3 5, 1 59, 23 5
9, 1 2 s.: 39 1 4,3 5= 69, S6 1 4,5 5 -66: 234
9,30-32: I I , 1 5 2 I 4,36: S 7, S S; II, 66 I 4, 5 6: 1 67, I6S, 1 69
9,3 1 : 34, 3 5 , 3S, 39, 47 , 1 4,37= 1 0 1 14, 5 7= 167, 16S
2 3 S ; n, 1 50 14,37-3 8: S 2 1 4 , 5 7- 5 9= 1 69
9,3 2: II, 16S 1 4,3 S : s 3, 1 00 14,5 s: 64, 1 6S, 1 92; II,
l O, I - I l : 2 I 5 14,4 I : 3 7 76
10,22 ss.: 3 s I 4,4 3 : 4 5 , 47, 105 , 14,59: 1 68
10,28 -30: II, 1 5 2 l 07, I l l , l S I 1 4,60: t 6o, 16S, 233
10,32: 3 5, 4S 1 4,43-46: 4 5 , 103 1 4,60-6 1 a: I 69
10,32-34: I I , 1 5 1 , I6S 1 4,43 -49= 43 I 4,60 s.: l 59
10,33 s s . : 39 14,4 3-5 2: I03 I 4,6o-62: 16o
I0,33 -34: 34, 3 5 i40, 43 , 1 4,43ab: 104 1 4,6 1 : l p , I 5 2, I 5 6,
47 I 4,-t3b: I04 1 5 9 I 6S , 1 70, I 8o,
10,3 5-4 5 : II, 1 72 14,43c: I04 I S7, 1 9 5 , 23 3
1 0,4 5 : II, 103 S., 1 7 I S . I 4,44: 47, I04, I I l 14 ,6 1 -62: 1 3 s , 1 8 5,
I 1 ,9- I o: II, So 14,4 5 = I 04, IOS 2I I, 21S
u,3 5 -37: 1 54, 2o6 I 4 ,46: I09, I I l 1 4,6 1 a: 1 60
I 3,24-27: 207 1 4,47: 103, 104, I I O 14,6 1 b : I 57, 1 60, 1 6 S,
1 3 ,26: I 7 I , I 72 1 4,47a: 1 04 1 70
I 3 ,26-27: 73 I4,4S: 104, 106, I l i I 4,6 1 b-64: I 69
1 3 ,3 1 : 2 1 5 I 4,4S -49: 104, 1 S 1 1 4,62 : I 54' 1 5 5 , 1 5 6,
l 4, I : 49, 59, 206 14,49: 6o, 1 04, I I I , 1 5 9, 1 6o, 1 6S, 1 72,
I 4, I -2: 3 7, 42, 43, 44, 1 1 2, 1 S 1 1 93 , 1 9 5 , 2oS, 209,
5 s , 59 14,49a: 104 2 10, 2 1 1
I 4,3 -9= 42, 43 1 4,50: 5 5, 73, 104; II, 1 4,62a: I 53, 1 70
1 4, 10: 4 7 1 29 14,62b: 1 5 J , 1 7 1
I 4 , 1 0- I I : 42, 44-4 5 , 47 14,5 1 - 5 2: 44, 104; II, 14,6 3 : l p , I 6 I , 1 68 ,
I4,u: 45 I36 233
1 4,63-64: I 5 I 1 5,2 1 -32: 239 Luca
14,64: 5 4, 1 5 1 , I 5 7, I 68, I S ,22: 8 1 ; I I , 60 1 ,2: II, 66, 1 30
I 8 S , 1 8 8, 227, 236, 1 5,23 : 62; II, 6 1 1 ,2-4: 1 37
23 8, 240, 243 I S ,24: 6 1 , 6 5 ; I I, 7o, 72 I ,4: II, 1 30
1 4,64b: 2 3 8 l 5 .2 5 : 47, 239; II, 6 I , I ,6: II, 1 24, I 34, 1 42
1 4,64C: 239 1 13 I , I 0- 1 1 : 94
I4,65 : I 20, I 3 S , 1 36, I 5 ,26: 46; I I, 8 1 , I 56 I , l l : 95
I 3 9, 1 4 I , I 42, I 44t I 5 ,27: II, 5 6, 61, 88 I ,2 I : II, I49
I 4 5 , I47, 1 59, 230 I S ,29: II, 75 I ,26-38: 22 1 , 222
I4,66: I 22, I 24, 1 26 I 5,29-30: 46, I 92- 1 93 ; I ,3 I -32: 22I
I 4,66-72: 72, I 20, I 2 1, II, 76 I ,3 I -3 3 : 2 I 8
I 24, I 3 5 1 5,29 s.: 64 I,32: 222
I 4,66b-72: 2 3 5 1 5,29-3 1 : 5 7 1 ,32-33: 1 5 8
I 4,67: I 22 1 5,29-3 2: I I , 7 5 I ,3 2-3 5 : II, I 2 5
I 4,68 : I 22, 1 28 , I 3 0, I S ,3 1 : 23 I ; I I, 75 I ,3 3 : l p
I 37 I 5,3 1 -3 2: 6I; II, 76 I ,3 5 : l p , 220, 222
14,69: I 22, 1 26, I 27 l S ,3 2 : II, 7 5 ; II, 8 8 I ,77: II, 66
I 4,70: 8 S, I 22, 1 26, I 5 ,3 2h: II, 86; n, 88 2,I I : 2 1 3, 2 1 9; II, 75,
I 28, I 3 8 I 5,3 3 : 56, 239; II, 1 1 3 76
I 4,70-7 I : 1 26 1 5 ,3 3-3 9: II, 1 1 2 2,22-24: II, I42
I 4,7oa: 1 22 1 5,3 3 -4 1 : 239 2,2 5 : II, 1 24, I 3 2, I 34,
14,70b: 1 22 l h34= 62, 70, 72, 74; I35
I 4,7 I : I 23, I 27 II, 7 I , 1 1 7, I 1 9 2,27: 1 2 I ; n, I 4 2
I 4,72: 1 22, 1 23, 1 29 s. I 5 ,34-37: 46 2,30: 2 I 3
1 4,79= 1 27 I 5 ,36: 62; n, 78 2,3 8 : n , 1 3 5
I S , I : 4 5, 4 7 7 2, I 3 h
t I 5 ,37: I I, I I 7 2,44: n , I 28
226, 227, 230, 23 1 , I 5 ,3 8 : 56; n, I I 5 ; II, 2,49: 220; II, 66, I I 8
2 3 2 , 234, 23 5, 236, 1 1 6, 1 1 7 3 ,6: 2 I 3
2 3 7, 238-239, 240; 1 5 t3 9: 46; II, I 1 2; n, 3 , I 6: II, 1 1 2
II, I 6 1 2 1 , I 22, 1 2 5 3 , I 8: I42
I 5 , I -20: 239 1 5,40: II, 1 2 8, 1 29 3 ,2 I -22: 94
I 5 , I h- 5 : I I, I4 1 5 ,40-4 1 : II, 1 28, 1 29 3 ,23 : II, I I I
I S ,2: II, 1 4, 1 6, I 8 1 5 ,4 1 : II, 1 29, 1 30 4,I - 1 3 : 2 1 8; II, 77
1 5 ,3 : 23 1 ; II, 1 4 I S ,42: 239; II, 1 3 7, 1 3 8 4,3 : II, 8o
1 5,3- 5 : 4 5 -46 1 5 ,42-46: 46-47 4,9: II, 8o
l h4- 5 = n, 24 I 5,42-47: 239; II, 1 3 1 4, I 5 : II, 1 1 2
I S ,5 : II, 24 1 5 ,4 3 : II, I 3 1 , 1 3 3, 1 3 5 4,I 8 - I 9: II, 76
1 s ,6: II, 3 2 I 5 t44-4 5 : II, 1 3 I 4,24: 1 4 5
1 5 ,8 - I 5 : I I, 29 l h4 5 : I I, I 3 9 4,2 5 : II, l I 3
1 5, 1 o- 1 1 : 2 3 1 I 5 ,46: II, I 3 5, I 36, I 4 5 4,2 5 -27: 96
I 5 , I 5 : 46, 244; n, 3 1 , l 5 ,46a: I I , 1 3 I 4,3 3 : II, I I I
35 J 5 ,46d: II, 1 3 1 4,34: 2 1 3
l 5 , I 6-2o: I 44, 1 47; II, 1 5 ,47: II, I J I , 1 40 4,4 1 : 2 I 3 , 2 I 4
2 5 , 3 5, 37, 3 8, 3 9 I 6, 1 : n, I43, 1 44 4t43: 11, 1 1 8
1 5 , 1 7: I I , 2 5 ; I I , I 3 9 I 6, 1 -2: II, I 43 5 , 1 : II, 34
l f,2 I : 44; I I, 3 8, 40, 4 1 I 6, I -8: 239 5 , I 2 : II, I 3 2
l S ,2 1 -24: 46 1 6,2: 239 5 , I 6: 86
J, I 7-26: 2 1 5; II, 67 9,2 3 : n, 40, 4 1 1 3,32-33 : I46; II, 5 I
J, I 8 : II, 1 3 2 9,24: II, I 2J 1 ),3 3 = 40
5 ,20: 1 22; II, 66, 67 9,28 : 8 I , 86; II, I I I I 3 ,3 3 - 3 5 : II, 45
5 ,2 1 : II, 66, 67 9,28 - J2! 94 1 3,34: I 46; n , 46, 64
5 ,2 3 : II, 66, 67 9,30: I I, I 3 2 1 3 ,34-3 5 : II, 4 S , 46, 63
5 ,24 : II, 66 9,3 5 : n, 77 1 3 ,3 5 : I 66; II, 4 5 , 46,
S ,2 5: II, 1 1 2 9,3 8: II, I 3 2 47, n 8
5 ,26: II, I 1 2, I 22 9,43: II, I I 2 I J,5 5 : I 67
5,3 5 = II, I S J 9,43-4 5 : II, 46, 149 S. I 4, I 8 : 5 2
6, 1 1 : 8 1 9,43b: II, I SO 1 4,2 I : 1 2 I
6, 1 2- I 3 : 86 9,43b-4 5 : II, I p , I 5 2 I 4,27: II, 4 I
6,22: 204 9,44: 3 8 ; I I , I 9, I 50, 1 5 ,7: n, I 24, 1 27
6,22-23: I 46 I 54 r s ,ro: n, 1 27
6,27: II, 16 I 9,4 5 : 38 ; II, 68, I 68 1 5 ,20-2 5 : II, 69
6,27-3 5 : II, 1 62 9,5 I : n, I05, I07 16,14: II, I J 2
6,28 : II, 65 IO, I J : II, I 27 I 6, I 6- I 8: II, 63
6,33-3 5 : II, 54 I 0,2 I : 220; II, 66, 1 1 8 I 6,I 8: II, 63
6,3 5 : II, 6s, I 6 I I 0,2 I -22! 2 I4 16,I 9-3 I : II, 8 7
7,2 5 : II, I J 2 I O,J 8: II, I J2 1 6,20: I I , I 32
7,26: I I , l 1 2 I0,42: II, 8 7 I 6,23: I 2 I ; II, 1 3 2
7,3 5 : n, 5 4 1 1,1: 85 I 6,24: n, 88
7,36- 5o: 1 1 , 67 1I,r-I3: 85 I 6,27.2 8 : II, 88
7,J 9= I 4 J I I ,2: II, 1 1 8 r 6,3o: n, I 27
7,47: I I , 66 1 1 ,2-J : 89 1 7,J: II, 9 1 , I 2 7
7,47-4 8: n, 67 I I t4! II, 66 I 7,3-4 : n, 67, 162
7,48 : II, 66 r I ,s -8 : 99 1 7,4: II, 1 2 7
7,49: II, 66 I l ,9: I I, I 60 1 7,1 5 : II, 1 1 2
8,2-3 : I I, I JO I I , I J ! II, I 32 1 7,23: 3 9
8,3: 142; II, I J O I 1,32: II, I 27 I 7,2 5 : II, 1 1 8, I p ,
8,3 b: II, 242 1 I ,44: n, I J 2 1 5 4, 1 67
8,22: II, l I I 1 1 ,4 5 - P = I 46 1 7,29: 95
8,27: II, I J 9 1 1 ,47: n, I J 2 I 8, 1 : 98; n, I6o
8,28: 2 1 4 I 1 ,47- so: I 46 1 8, 1 -8: 99
8,34 : n, 1 I 2 1 1 ,49-5 0: n, 46 I 8,6-8: 99
8,3 5 : I I , 1 1 2 l I ,49-5 I : II, 4 5 , 46 I 8,8b: 99
8,4 1 : II, I J 2 1 1 ,5 0: II, 63 1 8,9: n, I 24
8,5 5 : II, 1 62 1 2,8-9: I 54 1 8,9- I 4: II, 87
8,56: I l, I I 2 I 2, I O: I 42; II, 67 I 8, 1 1 : 87; II, 87
9,7: II, I 1 2 1 2, I 4: 1 22 I 8,I 3: II, 87, 1 26
9,7-9! I I , 2 2 1 2,so: II, I67 I 8 ,J I : II, I 5 2, 1 5 7,
9,9: II, 24 I 3 , I - 5 : n, 4 5 , 46 I 5 8, I 67
9, I4: II, I I I I 3 ,3 : II, I 27 I 8,3 1 -3 3 : II, I 54
9, r 8 : 8 5 I J , 5 : II, I27 I 8,3 I -34: 3 9; II, I p ,
9, I 8-2 2 : II, 46 I 3 , I 3 : II, 1 1 2 152
9,22: II, 1 9, I I 8, I49, I J ,2J: I 04 I 8,3 2: II, I 9
I 5 2, I 54, 1 5 7, 1 5 8, I 3 ,3 I : 39 1 8 ,34 : II, 68, I p , I 68
. I67 I J ,J I -J 5 : II, 46 I 8 ,43 : II, 1 1 2
1 8 ,4 5 : II, 1 1 2 22,7- 1 3 : 42 24, 2 5 -26: 7 5 ; n , 1 5 3
I 9,2: Il, 1 3 2 22, 1 4-20: 42 24,2 5 -27: II, 68
1 9,5 : I I, I I 8 2 2, 1 5 : II, I S 5 24,26: 99, 2 I 5; II, 96,
I 9,9 = 2 1 3 2 2, 1 5 - 1 8 : II, 1 77 9 8 , 1 1 0, 1 5 J , 1 5 5 ,
I 9, 1 0: 205 22, 1 8 : 1 5 4 I 56, I 57, 1 64
1 9, 2 8 -44: n , 5 1 22, 1 9-20: II, 1 69, 1 76, 24,26 s . : n, 3 5
1 9,30: II, 1 46 1 79 24,27: 5 8 ; II, 1 5 ) , I 5 4,
1 9, 3 7: I I, l 1 2 22, 1 9b-2o: II, 1 77 I 57
1 9,3 8 : II, So, 8 I 22,1 9bc: II, I 77 24,30-3 1 : II, 1 o6
1 9,3 9-44: II, 46 22, 1 9bc-20: II, 1 77 24,3 I : II, 1 06
1 9,4 1 -44: II, 4 5 , p , 22,20: II, 1 77 24,3 2: n, 1 68
63, 65 22,2 1 ! 1 4 3 24,3 5 : 3 3 ; n, Io6
1 9,42-44: II, 46 2 2,2 1 -2 3 : 5 4 24,36: I I, I 5 3
1 9,43 -44: II, 4 5 22,2 1 -3 8 : 4 2 24,44: I I, 1 54
1 9,47: II, I p 22,29: 220 24,44-46: II, 1 5 3
1 9,47-4 8 : II, 20 22,3 1 - 3 2: 1 2 5 , 1 3 2 24,44-49: n, 1 5 3
1 9,4 8 : II, 16 22,3 2: 1 3 2; n, I 7o 24,4 5 : II, 1 5 4, 1 68
20, I : II, 20 22,3 3 : 1 2 5 , 1 3 1 24,46: 2 1 5 ; II, 1 5 4,
20, 1 - 8 : 1 5 2 22,3 3 -34: 1 3 2 1 5 5, q6
20,2: 1 5 3 2 2,34= 1 29 24,47: II, 6 5 ; II, I 5 4
2o,6: n, 16, 20 22,3 5-3 8: I I , 1 69 24,49= 220
20,9: II, 20 22,37: 6o, 63 ; 1 1 , 1 1 8 , 24,50- 5 1 : n, 108
20,9- 1 8 : II, 1 p I 5 4, I 67, 1 69 24, 50- 5 3: II, 109
20, 1 6: II, 63 24 : II, 1 49 24, 5 1 : 1 2 2; II, 1 08
20, 1 9: II, 1 6, 20, 1 5 2 24, I : II, 1 40, 1 43
20,20: 1 62; II, 1 24 24, 1 -3 : n, I 3 9 Giovanni
20,20-2 5 : II, 1 6 24, I - 8 : II, I 42 1 , 5 1 ! 1 78, 203
20,20-26: 162 24,2: I I , 1 3 2 2, I 9! 1 78, 1 92, 1 93
20,26: II, 16, 20 24,4: II, I 3 2 2, 1 9-22: 1 66, 169
20,3 1 -3 4: II, 46 24, 5 - 2 3 : n, 1 02 3 , 1 3 : 203
20,3 8-42: II, 8 7 24, 5 -6: 5 4 3 , I 4: 203
20,4 1 -44= 1 5 4 24,5 -7= 1 3 3 5 , 1 9: 223
20,43 ! I 5 5 24,6: 1 3 4 6,39: l I 5
20,4 5 : II, 20 24,6-7: II, 1 5 2 6,48: 1 1 4
2 1 , 5 -36: Il, 46 24,6-8: 1 3 2 6,62: 203
2 I , I I : 95 24,7: 39; II, 169 8,28: 1 1 4, 203
2 1 ,20-24: II, 4 5 , 63 24,8: 1 3 4 8,28- 29: 223
2 I ,22 -24: II, I62 24,9: n, 1 3 2 8,5 8! 1 1 4
2 l ,2 3 : II, 4 5 , l I 3 24, IO: II, 73 I o: I 7 5
2 1 , 2 3 -24: II, 4 5 , 64 24, I l : II, I I l 1 0, 1 4: 1 14
2 1 , 2 5 -27: 207 24, 1 2 : II, 1 1 2, I 3 2 10,24 : 1 74, 1 75
2 1 , 3 7-3 8 : I I I 24, 1 3 -2 5 = 3 3 1 0,24- 2 5 : 1 5 2, 1 7 5 , 1 78
22, I -6: 42 24, 1 3 -3 5 = 3 2, 75 10,24-36: 1 74, 1 76
22,2: I I, I 6, 20 24, 1 6: 33; Il, 1 06 1o,24b-2 5: 1 7 5
22,}: 1 06 24,20: n, 68 1 0,30-3 1 : 223
22,6: 1 43 ; II, 20 24,22: n, 1 3 2 1 0,3 3 : 1 7 5 , 1 78
22,7: II, l I 8 24,24: II, I 3 2 1 0,36: 1 74, 1 7 5 , I 78
1 93
1 1 ,2. 5 : 1 1 4 1 8 ,z6: 1 2.6, 1 2.7 Atti
1 1 ,44: n , 1 3 6 1 8 ,2.7: 1 2.7, 1 2.9, 1 30 1 ,2. : II, IO S , 107, 108
1 1 ,47- 5 3 = 1 78 1 8 ,2.8: 63, 1 78, 2.2.9 1 ,3 : n, 109
1 2., 1 -8 : II, 1 4 3 1 8 ,2.9-3 1 : 2.44 1 ,4: II, 109
1 2. ,3 : 11, 1 43 1 8 ,J 1 : 1 90, 2.44 1 ,6: 1 04
1 3 , 1 6: 77 I 8 ,3 1 b: 1 89 1 ,8 : n, 65
1 3 ,19: 1 1 4 1 8 , 3 7: 2. 1 1 1 ,9: 1 5 4; II, I 08
1 3 ,2 1 - 26: 5 4 1 8,38 : 54; II, 1 5 1 ,9- 1 0: Il, I l O
1 3 ,3 1 : 2.03 1 8,3 8b: II, 1 4 1 ,9- I I : Il, 108
1 3, 3 8 : 1 2. 3 1 8 ,3 9 : II, 3 2. 1 , 10: II, 108, I 3 2.
1 4,6: 1 1 4 1 9,z: n, 2. 5 1 , 1 1 : 1 5 4; II, 1 0 5 , 107,
1 5, 1 : 1 14 1 9,2.-3 : 1 44t 1 47 I 08 , I I O
I 5 ,zo: 77 1 9,3 = 6 1 1 , 1 4: 94
1 6, 3 2.: 74 1 9,4: 5 4 ; n , 1 4 1 , 1 5 : II, I I I
1 7, 1 2 : 1 1 5 1 9, 5 : II, 3 6 1 , 1 6: 105
1 8, l : 1 1 3 1 9,6: 54; II, I 4 I , I 8 : II, I I I
J 8, I - I I : 43, 1 1 3 , 1 1 4 1 9, 1 2.: II, 36 I ,Z I -zz: n , I 0 5
1 8, 1 - 1 9,42.: l I 6 1 9 , 1 4 : II, 1 3 8 1 ,2.2.: I I , 1 0 5 , 1 07, 1 10
1 8,2- 1 2 : I03 1 9, 1 6: n, 3 5 2., 1 -3 : 9 5
1 8 , 3 : II, 36 1 9, I 7: II, 3 9 2.,3 : I I , I I I
1 8 ,4: 34, I l 3 , 1 1 4 1 9 , 1 9: II, 8 1 , 8z 2.,3 -4: II, I 09
1 8, 5 : 1 . 4 1 9,2.0: II, 8 3 z,I 4-36: n, 1 73
1 8,6: 1 1 4, 1 1 5 1 9,2. 1 : II, 8 2. 2., 1 7 : II, 5 2.
1 8,7: 1 1 3 , 1 1 4, 1 1 5 1 9,2.3 : I I , 7 1 2.,2.0: II, 1 1 4
1 8 ,8: 5 h 73, I l 5 1 9,23 -24: 5 7 2,22: II, 66, 1 74
1 8, 1 1 : 1 16 I 9,24: 6 1 2.,22.-36: 3 2
1 8 , 1 2: 1 1 6 1 9,28: 63 2,22. s s . : II, I 76
1 8 , 1 2 - I 3 : 229 I 9,28 -29: n, 78 2,2 3 : 3 2; II, 1 3 , 3 5 , 69
1 8 , 1 2- 27: 1 77, 22.9 1 9,2.8 -30: 63 2.,2.4-36: II, 1 74
r 8 , I 3 : 2.29 1 9,30: 66, 74; n, 1 1 9, 2,29-3 1 : II, 1 3 2, 1 4 5
1 8 , 1 3 -2.4 : I 77, 1 7 8 148 2,2.9-34: II, I 09
1 8, 1 3 - 2 8 : 1 1 8- 1 1 9 1 9,3 I : II, 1 3 8 2.,30: II, 1 3 2
1 8, 1 5 - I S : 73, I 77 1 9,36-3 7: 6o 2,3 1 : II, 98
1 8, 1 7: 1 26 1 9,37= 6 I 2,32.-3 3 : II, I 06
1 8 , 1 9: 1 80, 2. 2 9 1 9,3 9: II, 1 4 3 2.,36: I 7 1
1 8, 1 9- 24: I 8 I , 2 3 2, 23 3 1 9,3 9-40: II, 1 43 2.,3 8 : II, 66, 1 27, 1 7 5
1 8,20: I So, I 8 I 19,3 9-4 I : II, I 4 5 2,4 1 : I I, l I I
1 8,2.0-22: 229 I 9,40: II, 1 3 6, I43 3 ,2 : II, 1 3 2
1 8 , 2 1 : I 40 1 9,4 I : II, 1 46 3 , 1 2-26: I I, I73
1 8,22: I 40, 14 5 1 9,4 1 -42: II, 1 43 3 , 1 2 ss.: II, I 76
1 8,2.2.-2 3 : 1 77 1 9 ,42: n, 1 3 8 3 , 1 3 : II, I 74
1 8,23 : 1 40 20, 5 : n , 1 3 6 3 , 1 3 - I 5: II, 1 3 , 3 5
1 8,2.3 -24: I76 20,6: II, 1 3 6 3 , 1 4 : II, I 23
1 8,24: 22.9-230, 232, 20,7: n , 1 3 6 3 , 1 5 : II, I O?, 1 74
233 20, 1 7: II, I l O 3 , I 7 : II, 68, I62, I 74
I 8 , 2 5 : 1 2.6, 1 2. 8 20,2 5 : II, 6o 3 , 1 8 : II, J S , 68, I 5 5
1 8,2. 5 - 27: 73 , 229 20,3 1 : 5 2 3 , 1 9: n , 66, I 27, 1 7 5
1 94
3 ,2o-2 I : n, I 7 5 10, 1 : n, I 3 2 I 8,6: I 42
3 ,26: II, 66, 1 74, I 7 5 IO,J ! I I , I I I I 8 , 1 2 - 1 6: II, 3 4
4, I -7: 243 IO, I 2 ! II, I 32 I 9,2! 104
4, 8 - I 2! II, I 73 IO, I 7: II, I 3 2 I 9,7 : II, I I I
4,8 ss . : II, I 76 I O, I 9! II, I 3 2 I 9,34: II, I l I
4,10: II, I 3 , I 74 I 0,30: II, I 3 2 I 9,36: I I , 1 32
4, 1 2 : II, I 75 I 0,34-4 3 : II, I 73 I 9,40: II, I 32
4,2 1 : II, I 1 2 I0,3 7: II, 2 I 20, I 8 -} S : I 3 3
4,2 5 -26: II, 22 I 0,3 8 : II, 1 74 20,2 8: Ioo; II, 1 69, I76,
4,2 5 -2 8 : II, 22 10,40-4 1 : II, I 74 1 77, I 79
4,27- 2 8 : II, 26 1 0,43 ! II, I 7 5 20,2 8b: II, 1 78, I 79
4,3 4: II, I 3 2 1 1 , I 6: 1 3 4 20,3 5 : 1 3 3 , 1 34
5 ,4: 1I, I 3 2 1 2, 5 : 9 S , 98 20,36: 70, 86
5 ,7: I 22; II, 1 1 2 I 3 ,2! II, I I 2 2 I ,3 : Il, 62
5 , 1 7-27! 243 1 3 ,7: II, 34 2 I , 5 : 7o, 86
5 ,30: I I , I 3 , I 74 I 3 , I 2! II, 3 4 2 I , 8 : I04
5 ,30-3 1 : II, I 06 1 3 , I 6-4 I : II, I 73 2 1 , 1 0- 1 4! 90
5 ,3 1 : II, Io6, Io7, I 75 I 3 , 1 7: Il, I 74 2 I , I I : 90; II, 3 5
6, 1 2 - I 4: II, 64, 1 62 I 3 ,27: II, 3 5 , 68, 1 62 2 I , I 4 ! 89, 90, 9 1
6, I 4! I 69, I 92 I J ,27-29! II, 1 3 2 I ,20! II, I 3 2
7, 1 : I 04 1 3 ,29: II, 68 2 I ,28: 1 2 1
7,2- n : II, I 73 I 3 ,30-J I ! I I, I 74 2 I ,29! I 2 I
7,4 5 : I 2 I I 3 ,3 8 : II, 1 7 5 2 I ,37! I04, 1 2 1
7, 5 2 : II, I 3 , 1 23 1 3 ,3 8 - 3 9: II, I 7 5 22,3 : II, I 3 2
7,5 5 : I I , I 32 1 3 ,39! II, 1 4 5 22, I4: 9 I ; II, 1 2 3
7, 5 5 -60: I I , 64, I 62 I 3 ,4 5 ! I 42 22,24! 1 2 I
7, 5 6: 2o8; n, 64 I 3 , 50: II, I 34 22,2 5 ! I04
7, 5 7: II, I I 2 I 4, I O! II, I I 2 22,30-23, IO! 243
7 , 5 9 : II, 64, I I 9, I 62, I 4 , I 5! II, 1 73 24,5 : II, 34, 92
I 6J I 4, I 5 - I 7! II, I 73 24, 10-2 I : II, 3 4
7, 5 9-60: I I , I 20 1 4,2 I -22: II, I64 2 5 , 1 2! 239
7,6o: 70, 86; II, 63 , 64, I 4,22: II, I64 26,2-23: I I, 34
l 1 2 , 1 62 I 5 ,3 5 = I42 26,7: 98
8, I : n, 5 6 I 6, I : I I , I 3 2 26, I 8: Io6
8,7: II, I I 2 I 6,3 : 11, 1 3 2 26,23: I04; II, J 5 , I 5 5
8,9: Il, I 3 2 I 6, 1 7: II, 1 3 9 26,44: II, I 1 2
8, I 6: II, 1 3 2 I 6,20: I I , I 3 2 27, 1 2 : II, 1 3 2
8 ,26-40! 3 2 I 6,2 8 : I I, l I 2, 1 1 7 27,2 1 : II, I 3 2
8,3 2-3 3 : II, 92 I 6,37: II, I 3 2 27,28 : 1 2 2
8,37! 2 1 2 I 7, 3 ! II, I H 27,3 4: II, I 3 2
9,8: 1 2 1 I 7, 1 2 : I I, I 34 2 8 ,6: II, 92
9, I 7: I I, 56 I 7,22-3 I! II, I 7 3 2 8 ,7: I I , I 3 2
9t i 9! 95 I 7,23 -29: II, I 73 2 8 , I 7 : n, 3 5
9, I 9-20! 2 I 9 I 7,24 : II, 1 3 2 2 8 , I 8 : n, I 3 2
9,3 I! II, 2 1 I 7,27! II, I 3 2
9,3 3 : I I , I J 2 I 7,29: II, I 3 2 Romani
9,40! 70, 86 I 7,29-3 I ! II, 1 73 I ,3 -4: 2 1 9
195
1 , 1 7: 3 0 1 5 ,4: 3 1 ; II, 1 32, 1 4 5 � Tessalonicesi
3 ,24-2 5 : II, 1 66 1 5,5= 3 1 3 ,2: II, 92
4,2 5 : 28; II, 1 66, 1 7 1 1 5 , 1 1 : 29
5 ,6: n, r 66, 1 80 1 5 ,20-22: 3 4 Ebrei
5 , 8 : II, 1 66 2, 1 8 : 11, 1 5 5
5 ,8- l o: 28 2 Corinti s , 8 : I I, I 5 5
5 ,9: II, 1 66 5 ,8: II, 1 00 5 , 1 1 -6,2: II, 1 73
5 , 1 2-2 I : 30 1 3,4: 28 9,26: II, l 5 5
6,3 : 28 1 3 7 I 2: I I , I 5 5
6,3 -4 : II, 1 3 2 Galati
6,4: II, 1 3 3 1 , 1 6: 2 1 2 1 Pietro
6,8 : II, 1 00 2,20: 2 8 1,12: 98
3,I : 28 2,9: II, 1 78
1 Corinti 3 , 1 3 : 28 2,9- 10: I I , I 78
1 ,2 : II, I 78 2,2 I : n, 1 5 5
I , I 8: 2 8 , 29 Efesini 2,2 I -2 5 : n, I65
1 ,22-2 3 : II, 1 5 4 1 , 1 4 : II, 1 78 2,22 : I I, 1 5 5
1 ,2 3 : 2 8 4,8 - I o: II, l I O 2,2 3 : II, I 5 5
1 ,2 3 : 3 4; II, I 76 5 , 1 4 : II, 60 3 ,8 : n, 1 5 5
7, 1 0- 1 1 : 29 3 , 1 8 : II, 1 5 5
10,3 2 : II, 1 78 Filippesi 4, 1 : II, I 5 5
I I ,2 2 : II, 1 78 2,8: 28 4,8: 98
I 1 ,23-2 5 : 28 3, 1 0: 28 4 , I 2- I 6: 77
l 1 ,2 3 -27: 29 4, I 3 : 77
I I ,24b-2 5: II, 1 77 1 Tessalonicesi 4, I 5 - I6: 77
1 1 ,26: 28 1 ,9- 1 0: I l , 1 73
I 5 , I - 5 : 30, 3 I 4, 1 5 : 29 Apocalisse
1 5 , 1 -2 8 : 3 4 4, 1 7: II, 1 00 I , IO: I I , I 42
1 5 ,3 : 2 8 , 29-30, 3 2; II, 5 ,9 - 1 0: 2 8 1 4, 1 8 : II, I I 7
1 7 1 , 1 74, 1 80 5 , 1 0: 28; II, 100
1 5 ,3 - 5 : 29, 3 0, 47
1 96
I J ,J 2 : 200 Test. 12 Patriarchi
I J,42-4 S = 20 I Test. Levi I 8, r o- I I :
I J , p : 200 II, I C I
M ishnah
Sanhedrin 4, I : I 88