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Riassunto Del Manuale Di Linguistica Italiana L. Serianni

Il documento esplora le origini e l'evoluzione della lingua italiana, evidenziando l'influenza del latino, del greco e di altre lingue antiche. Analizza i cambiamenti fonetici, morfologici e lessicali che hanno portato alla formazione dell'italiano moderno, nonché il ruolo della letteratura e della cultura nel suo sviluppo. Infine, discute la codificazione grammaticale e le varie posizioni sulla lingua letteraria comune in Italia nel Cinquecento.

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Riassunto Del Manuale Di Linguistica Italiana L. Serianni

Il documento esplora le origini e l'evoluzione della lingua italiana, evidenziando l'influenza del latino, del greco e di altre lingue antiche. Analizza i cambiamenti fonetici, morfologici e lessicali che hanno portato alla formazione dell'italiano moderno, nonché il ruolo della letteratura e della cultura nel suo sviluppo. Infine, discute la codificazione grammaticale e le varie posizioni sulla lingua letteraria comune in Italia nel Cinquecento.

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MANUALE DI LINGUISTICA ITALIANA

1.Alle radici dell'italiano

1.1 Alle radici dell'italiano


L'italiano è una lingua di origine indoeuropea. Verso la fine del secondo millennio, le popolazioni
parlati quel dialetto indoeuropeo che poi sarebbe diventato il latino si stanziarono in Italia. L'etrusco
e l'osco-umbro hanno una notevole influenza sul latino soprattutto in ambito lessicale. Ma decisivo
fu l'influsso esercitato dal greco. Persino l'alfabeto latino è chiaramente apparentato con gli alfabeti
greci occidentali usati nelle colonie dell'Italia meridionale e in particolare a Cuma (antica città della
Campania). Il greco al latino ha fornito molto parole e soprattutto l'impalcatura concettuale di molto
lessico astratto. Ciò è accaduto:
-attraverso l'assegnazione di nuovi significati a parole già esistenti
-tramite nuove formazioni
- per esprimere nozioni estranee ala cultura pagana
-per sostituire termini latini troppo compromessi col paganesimo

1.2 Il latino volgare


L'italiano deriva dal latino e appartiene alla famiglia delle lingue romanze o neolatine, ma solo una
parte de vocabolario latino è arrivata fino a noi senza soluzioni di continuità.
L'assegnazione dell'aggettivo classico al termine latino si deve al grammatico ed erudito Aulo
Gellio, che applicò alla letteratura la decisioni della popolazione in diverse “classi ” economiche.
Questa, il latino, è una lingua viva che si modifica in rapporto a diversi fattori: il trascorrere del
tempo, lo spazio geografico, il livello socioculturale:
-Diacronica:esaminare i cambiamenti che sono avvenuti nel corso del tempo
-Diatopica: cambiamenti determinati nello spazio
-Diastratica: dello stato sociale
-Diamesia: a secondo del canale di comunicazione che viene usato per trasmettere un dato
messaggio.
Le vocali nell'articolare l'emissione d'aria, sfruttano la cavità orale come cassa di risonanza, non
incontrano ostacoli.
Le consonanti nella realizzazione invece, l'aria incontra un ostacolo.
Le vocali si distinguono in base alla posizione che la lingua assume durante l'articolazione:
--Centrale, la A , la lingua è sul pavimento della bocca.
--Anteriori o palatali, la è(aperta), la é(chiusa) e la ì, la lingua è avanzata e sollevata rispetto al
palato duro.
--Velari, la ò, e la o chiusa e la u, lingua in posizione arretrata e sollevata in corrispondenza al palato
molle.
Le consonanti si dividono in tre parametri:
– modo di articolazione, occlusiva, costruttiva, fricativa, affricata
– luogo di articolazione labiali, labiodentali,dentali, alveolari, palatali,velari.
– Carattere orale o nasale del suono sorde e sonore.
Due semiconsonanti, la (ind) palatale o la (wau) velare.

1.3 Dal latino all'italiano: i suoni


In latino esistevano dieci vocali: A E I O U (tutte aperte e chiuse)
(schema sulle dispense a pag 24 IMPORTANTISSIMO)
Anaforesi: chiusura delle vocali toniche é o o chiusa rispettivamente in i u se la é è seguita da
laterale palatale o nasale palatale e la o si trova davanti al gruppo consonantico.
Epentesi: sviluppo di una vocale o di una consonante all' interno della parola, per evitare incontri
fonici. All'inizio o alla fine di porla di protesi ed epiteti.
Sincope:caduta di una vocale all'interno di una parola. Si dice aferesi se avviene a inizio della
parola, apocope se si verifica a fine parola.

- Tendenza delle consonanti sorde tra le due vocali o tra la vocale e r a diventare sonore . In
italiano riguarda le tre occlusive p,t,k che si trasformano in b,d eg e s(sibilante).
– in alcune sequenze di due consonanti la seconda ha reso simile a se la prima , assimilazione
regressiva, il processo inverso è la dissimilazione si verifica quando si avverte l'esigenza di
evitare la ripetizione di uno stesso suono.
– Nessi consonante +L diventano consonante + ind e raddoppia se si trova tra due
vocali(nebula-- nebbia).
– Consonante +iod hanno un ampio spettro di esiti:
(1)le consonanti diverse da r e S raddoppiano(simia-- scimmia)
(2)se la consonante è un affricata palatale e lo iod viene assorbito (regia—reggia)
(3) le dentali passano da affricate alveolari (pretium—prezzo)
(4) in R +iod la consonante cade(area-- aia)
Allotropi: stessa base latina di due o più parole, la più vicina alla base latina mantiene il significato
del latino classico.

1.4 Dal latino all'italiano: le forme


Le trasformazioni morfologiche compiutesi nel latino volgare hanno radicalmente mutato la
tipologia linguistica del latino. Possiamo riassumerle in tre punti:
1 perdita delle declinazioni e del sistema dei casi
2 perdita del neutro
3 ristrutturazione del sistema verbale

1delle cinque declinazioni del latino classico ne rimangono solo due, ancora produttive nell'italiano
2 scomparso il neutro i generi si riducono a due: maschile e femminile
3 – della 4 coniugazioni del latino rimane solo la 1 e la 2
– molte forme verbali sintetiche scompaiono senza lasciare traccia
– nasce il condizionale formato dalla combinazione dell'infinito con una forma ridotta del
perfetto latino volgare

La produttività linguistica:
è la capacità di una classe morfologica di generare nuove parole.

1.5 Dal latino all'italiano: le parole


Gran parte del vocabolario latino classico si ritrova, per via popolare o dotta, in italiano e nelle altre
lingue romanze. Diverse parole, scompaiono però senza lasciare traccia. Per il resto, l'innovazione
segue tre direttrici fondamentali:
1 si preferiscono parole espressive, più trasparenti e immediate, e anche morfologicamente più
regolari.
2 escono d'uso parole di scarso corpo fonico, ulteriormente decurtate dalla perdita delle consonanti
finali:
3 per effetto di queste due tendenze, molte parole semplici sono sostituite dai rispettivi diminutivi,
fonicamente più corposi e più carichi di affettività

sono assai comuni i cambiamenti di significato, per varie ragioni:


1 L'influsso della semantica cristiana
2 La collisione omofona, ovvero il fenomeno per il quale due parole in origine diversa diventano
foneticamente uguali
3 le metafore espressive
4 le metonimie di varia motivazione
Metafora e metonimia: due forme di traslato. La metafora consiste nella sostituzione di un aprirla
con un'altra che condivida con la prima almeno u tratto semantico.
La metonimia designa un concetto ricorrendo a un concetto diverso, legato al primo da una certa
relazione.

1.6 I latinismi
Per riconoscere i culturismi si deve guardare:
– mancato sviluppo di U e I in é e o aperta
– conservazione di AU
– conservazione di B intervocalica (habitare-- abitare)
– conservazione del nesso NS intervocalico (pensare)
– conservazione di consonante+ L (floridus—florido)
– conservazione della iod nelle sequenze (zia, zio, zione)

1.7 Latino e italiano nella letteratura


Nel trecento e nei secoli seguenti alcuni autori scrivono in latino;
Cristofono Guidini= tradusse in latino
Dante = latino
Boccaccio= latino
Petrarca= in volgare ma con il titolo e la note in latino
Leonardo Salviati= volgare
Torquato Tasso= diversi latinismi
la poesia macaronica= la sua caratteristica principale è infatti la fusione di italiano e latino
Francesco colonna= volgare
1.8 Latino e italiano nell'uso giuridico e amministrativo
La lingua del diritto e dell'amministrazione era il latino. Nel 1993, per semplificare e rendere più
comprensibile ai cittadini la lingua burocratica, la presidenza del consiglio dei ministri ha emanato
un codice, nel quale venivano eliminare parole auliche o forme poco usate al di fuori del linguaggio
burocratico.
1.9 Le italiano nella scienza e nell' insegnamento
La lingua scientifica si è espressa abitualmente in latino fino all'età moderna. Un deciso impulso
dell'uso del volgare viene da Galileo Galilei.

1.10 Latino e italiano nella chiesa


La predicazione si svolgerà originariamente in latino, ma l'invito a usare i vari volgari risale già al
Concilio di Tours (813). I predicatori devono abbandonare il latino nelle omelie e adottare una
lingua romanza che di solito era l'italiano. Infatti nell' ambito ecclesiastico l'italiano è fondamentale.

2. Formazione e diffusione dell'italiano


2.1 Linguistica interna e esterna
Distinzione tra linguistica interna e esterna. La linguistica interna studia l'evoluzione di una lingua
del punto di vista delle sue strutture, senza tener conto delle circostanze storiche e culturali. Per
spiegare l'evoluzione dell'articolo determinativo maschile dal fiorentino la scelta tra io e il e l' era
determinativa della posizione all'interno della frase. La linguistica esterna si occupa dei fattori
esterni che agiscono sulla lingua condizionandone lo sviluppo. I fattori esterni sono di 3 tipologie:
– Extraculturali: configurazione geografica e trasformazione del territorio, influiscono in
misura limitata sull'evoluzione linguistiche.
– Fattori culturali in senso lato, come i fenomeni economici e demografici o gli eventi storico-
politico e militari, influiscono sull'evoluzione linguistica in maniera più evidente.
– Fattori culturali in senso stretto,più direttamente e più in profondità sulla lingua.

2.2 Il policentrismo medievale


Il latino nel medioevo ha dato vita a diverse lingue , ma grazie al prestigio delle opere di Dante,
Petrarca e Boccaccio ha portato molto presto a riconoscere il toscano trecentesco il modello
linguistico da imitare nella scrittura.

2.3 L'ascesa del ceto mercantile e le cancellerie


Nel corso del medioevo comincia ad affermarsi una nuova classe sociale: quella dei mercanti,che
per esigenze professionali usa scrivere in volgare. Durante la sua formazione, il mercante impara
l'aritmetica, la ragioneria e acquisisce abilità grafica che gli permette di scrivere (posto molto
importante perché dovevano comunicare tramite lettere con le filiali della sua azienda dislocate in
varie parti d'Italia, in Europa e nel mediterraneo). La specificità dei diversi volgari usati dai
mercanti emerge con chiarezza, invece, negli scritti non dettati da necessità professionali come i
libri di famiglia: libri di ricordi i cui i capifamiglia, di generazione in generazione, annotano nascite,
morti,matrimoni e altri avvenimenti e alle cui pagine affidavano talvolta l'espressione dei propri
sentimenti.
Nel trecento, con il passaggio dai comuni alle signorie, ogni stato regionale si dota di una
cancelleria che gestisce la corrispondenza, scrive atti pubblici , leggi, statuti e patti di varia natura.
Anche in questo caso, è la necessità di tenersi in contatto con le cancellerie delle altre corti italiane
a stimolare la ricerca di una soluzione linguistica di conguaglio, in cui l'attenzione dei tratti marcati
in senso dialettale si risolve in una patina linguistica genericamente settentrionale o meridionale, a
seconda dei casi. Ai cancellieri che vogliono scrivere ,messaggi comprensibili oltre i confini della
corte di appartenenza, vengono in soccorso da un lato il latino; dall'altro il toscano, che va
affermandosi progressivamente come lingua di prestigio.

2.4 La formazione della lingua letteraria


In una situazione di plurilinguismo come quella che si osserva nell'Italia basso medievale, il,toscano
conquista una posizione di prestigio soprattutto perché la produzione letteraria toscana po' contare
su autori e opere percepiti da subito come modelli. Del resto è proprio Dante ,nel De vulgaris
eloquentia, a discutere per la prima volta dell'esistenza di una lingua comune, sia pure su base
esclusivamente letteraria e fondata principalmente sul linguaggio poetico. Il de vulgaris eloquentia
rimasto incompiuto a metà del 2 libro, è la prima trattazione organica riguardante il volgare, ma è
scritto in latino perché si rivolge alla comunità dei letterati. Il merito principale di dante è quello di
aver colto le potenzialità del volgare, una lingua giovane la tempo in cui dante scriveva il suo
poema maggiore, e di averlo plasmato fino a diventare uno strumento linguistico versatile , adatto
alla trattazione degli argomenti più disparati. Nel de vulgaris eloquentia , Dante passa in rassegna le
14 varietà idiomatiche da lui individuate che vengono presentati attraverso esempi e che mettono in
evidenza i tratti distintivi dei singoli volgari. Divide il toscano in 5 varietà: fiorentino, pisano,
lucchese, senese, e aretino.Nella commedia dante fa tesoro delle esperienze letterarie precedenti e
ricorre spesso a forme e parole estranee all'uso di Firenze. Nel canzoniere Petrarca si serve di una
lingua selezionatissima, elegante e rarefatta e si mantiene quasi costantemente su un unico registro
stilistico,elevato e antirealistico. Nel Decameron, Boccaccio mette a punto un impasto linguistico
che coincide essenzialmente con il fiorentino parlato delle persone colte, con qualche apertura a
forme e parole di altri volgari quando lo richiede la caratteristica di singoli personaggi.

2.5 La codificazione grammaticale


Il 500 è il secolo della questione della lingua e su quale debba essere la lingua letteraria comune in
Italia:
– uso del lati come unica lingua letteraria.
– Uso della lingua cortigiana. Equiola, lingua scritta molto latineggiante usata nella corte
romana;Castiglione, lingua italiana basata su quella scritta dai gentiluomini della corti
italiane, basata sull'antico toscano.
– Posizione italianista, Trissino sulla base di una sbagliata interpretazione del De vulgaris
eloquentia che sostiene che Dante e Petrarca avessero scritto in italiano e non in fiorentino.
– Fiorentinisti, come Machiavelli, sulla naturale superiorità del fiorentino vivo.
– Bembo, si doveva imitare Petrarca in poesia e Boccaccio in prosa, offre un modello
grammaticale e stilistico molto preciso.
Edizioni Aldine: libri pubblicati dalla stamperia veneziana dell'umanista Aldo Manuzio. Sono due
opere fondamentali per la definitiva affermazione del volgare: le cose volgari (Canzoniere) di
Petrarca e Le terze rime (commedia) di Dante. Erano in formato piccolo maneggevole tipico dei
primi libri tascabili. Carattere corsivo noto come italico. Introduzione di molti segni
interpuntivi,apostrofo, punto e virgola, accenti. Abolizione nelle opere volgari delle grafie
latineggianti.
2.6 Fattori di unificazione
Nel corso del 500 , dunque, l'italiano letterario sta acquistando una fisionomia unitaria grazie alla
diffusione delle teorie bembiane e alla loro applicazione nella nascente industria libraria. Non si può
dire lo stesso per la lingua parlata. Tra il 500 e 800 si possono individuare alcuni fattori che
contribuiscono alla formazione di un modello comune anche per l'italiano parlato. I principali sono
la predicazione religiosa, la stampa e la diffusione di una letteratura pensata per un pubblico
popolare, il teatro e in particolare il successo del melodramma. La produzione libraria è resa
possibile dall'introduzione della stampa. I libri si rivolgono ad una vasta platea di lettori
scarsamente alfabetizzati, ma comunque in grado di leggere. Infatti già dal primo 500, si segnalano
opere narrative e in generale poemi cavallereschi; o come i testi che appartengono al genere della
letteratura di viaggio. Il fenomeno della letteratura di consumo esplode però tra la fine del 700 e
l'inizio del 800 con l'affermazione del romanzo. Per quanto riguarda il teatro l'innovazione del
parlato teatrale è attribuita a Goldoni questo consiste nella costruzione di una lingua composita, che
accoglie, nelle sue opere in italiano, regionalismi, forme dialettali non plebee, modi colloquiali
toscani, parole auliche e anche francesismi.
2.7 L'unità d'Italia
Con la proclamazione del regno d'Italia (17 marzo 1861) l'Italia si unifica. Resta però ancora
lontana l'unificazione della lingua che si unificherà dopo un pò di anni. I fattori principali che nel
tempo hanno contribuito all'unificazione linguistica sono stati:
– la creazione di un apprato amministrativo e burocratico
– l'istituzione della leva nazionale obbligatoria
– l'urbanizzazione
– l'industrializzazione
– la nascita della scuola, che porta all'eliminazione dell'analfabetismo.
– L'emigrazione interna e esterna
– la nascita di nuovi mezzi di comunicazione capaci di raggiungere un pubblico molto vasto
(televisione)
2.8 Scuola e alfabetizzazione
Con l'unità d'Italia il problema dell'adozione della lingua diventa per la prima volta una questione
politica. Nel 1868 il ministro Emilio Broglio nomina una commissione guidata da Alessandro
Manzoni. Secondo il quale i maestri elementari avrebbero dovuto essere di origine Toscana o se non
toscani, formati anche mediante soggiorni studio in Toscana. Però dobbiamo dire anche che nel
periodo del regno d'Italia, e quindi di Manzoni, l'istruzione elementare non era ancora obbligo e
quindi frequentata da una scarsa percentuale delle popolazione. Manzoni comunque da un
contributo decisivo all'apprendimento nei banchi di scuola grazie al suo romanzo i promessi sposi.
Oltre a questo dobbiamo considerare la fortuna anche di altri due libri Cuore di De Amicis e
Pinocchio di Collodi che si affiancano ai testi scolastici.
2.9 Le migrazioni
Come si è detto, le migrazioni interne verso le aree più progredite del paese contribuiscono a un
indebolimento dei dialetti e, soprattutto, innescano un meccanismo di promozione sociale. Questo
accade perché chi abbandona le aree rurali per trasferirsi in una grande città viene in contatto con
una realtà nuova, che offre maggiori possibilità in fatto di istruzione, di socialità, di cultura. Ma gli
emigrati non abbandona il dialetto per l'italiano nemmeno in terra straniera , e nell'arco di due o tre
generazioni perdono il contatto linguistico con la terra di origine. Una prima conseguenza dei flussi
migratori è la riduzione del numero degli analfabeti presenti in Italia: a lasciare la madrepatria,
infatti sono soprattutto le fasce più povere dei ceti rurali del sud.
2.10 I mezzi di comunicazione di massa
Con la nascita della società industriale e urbanizzata, migliorano notevolmente in Italia le
condizioni di vita: aumentano i redditi individuali e le disponibilità di tempo libero e cresce il
livello di alfabetizzazione. Ne deriva una maggiore diffusione degli strumenti di informazione e
degli spettacoli. Nascono così i mezzi di comunicazione di massa o mass media: stampa periodica o
quotidiani, radio, cinema e televisione. I primi giornali nascono alla fine del 700 e all'inizio del 800
nascono grandi quotidiani come” La stampa” e “ Il corriere della sera”. La radio, il cinema, e la
televisione agiscono sulla diffusione dell'italiano molto più dei giornali, perché sono in grado di
raggiungere anche la popolazione analfabeta. Dalla nascita fino all'avvento del neorealismo, il
cinema sonoro si serve di una lingua lontana dall'uso reale e prossima invece al parlato teatrale: una
lingua aulica, con rare aperture al dialetto urbano. La radio contribuisce a diffondere una lingua
standardizzata, vicina all'italiano letterario e lontana dalla spontaneità del parlato,perché i testi sono
scritti per essere letti. La televisione, entrata nelle case degli italiani nel 1954, diventa ben presto
più popolare della radio(che non può abbinare alla parola la forza delle immagini). Anche la
pubblicità si può considerare un mezzo di comunicazione di massa, forse per certi versi il più
invasivo, grazie a i suoi tormentoni. Infine, va menzionato il fenomeno, tutto novecentesco, della
musica leggera (la canzonetta melodica nata dal melodramma).

3. Italiano e dialetti
3.1 La frammentazione linguistica della penisola
Il Sostrato: si indica la situazione linguistica di interferenza in cui si trova una popolazione alla
quale viene imposta una nuova lingua. Quando il latino iniziò a diffondersi di pari passo con le
conquiste romane, migliaia di persone che parlavano lingue molto diverse tra loro dovettero
apprendere l'idioma dei conquistatori. Il loro sostrato, ovvero la persistenza delle lingue originarie,
influenzò nel tempo il loro uso del latino. Nell'area italiana si può quindi parlare del sostrato
etrusco, osco-umbro, sannita,celtico e via dicendo.
3.2 Dai volgari ai dialetti
La distinzione tra dialetto e lingua è del tutto convenzionale. Anche il dialetto è in realtà una lingua:
lo dimostra il fatto che alla base dell'italiano c'è un dialetto- il fiorentino-elevato poi a lingua
nazionale. Si può parlare di dialetto solo nel 500. Ma è tra la fine del 600 e l'inizio del 700 che si
prende coscienza della differenza tra italiano e dialetto, anche grazie al fiorire di un vasta letteratura
dialettale consapevolmente alternativa a quella in lingua.
Le aree isolate:si tratta di aree geografiche e storicamente appartate, a causa di particolari
condizioni geografiche che ostacolavano o impedivano comunicazioni frequenti. La nozione di area
isolata è importante per gli studi linguistici: l'isolamento di alcune aree, ha garantito la
conservazione di fenomeni linguistici arcaici di cui, non avremmo avuto testimonianza.
3.3 L'affermazione del Fiorentino
La fortunata proposta,fatta da Bembo nel 1525, di fondare la lingua scritta sul fiorentino letterario
del 300 e in particolare su quello usato da Petrarca e Boccaccio nei loro capolavori, segnò una
svolta nella storia della nostra lingua. Bembo,raffinato umanista veneziano, non propose come
modello il fiorentino a lui contemporaneo, ma guardò a una lingua antiquata,artefatta,libresca, che
potesse, un po' come il latino, offrire regole sicure perché tratte da modelli inalterabili. Una lingua
pensata per le esigenze della comunicazione scritta, e in effetti usata per secoli quasi soltanto nello
scritto.
Il fiorentino argenteo: Arrigo Castellani ha definito fiorentino argenteo il fiorentino successivo
all'età “aurea” (il trecento di Dante,Petrarca e Boccaccio) e argentismi le forme del fiorentino 400-
500 accolte in italiano.
3.4 L'uso riflesso del dialetto
Per uso riflesso s'intende qualsiasi uso non spontaneo del dialetto e in particolare la sua
trasposizione a fini d'arte. Naturalmente gli autori della letteratura dialettale riflessa non sono dei
dialettologi: il dialetto non è riprodotto scientificamente , ma vieni di solito forzato o deformato per
ragioni stilistiche. La definizione di questo tipo di produzione letteraria si deve a Benedetto Croce. I
più antichi esempi della parodia della parlata altrui sono: Cecco Angiolieri e Cielo D'Alcacamo.
Nella commedia 500 si offre come il luogo privilegiato per dar voce alle parlate escluse dalla
cittadella letteraria. Nel cinema, l'uso del dialetto viene introdotto dapprima sotto l'influsso delle
sceneggiature napoletane, poi con la grande stagione del neorealismo (1900).
La competenza linguistica: è il grado di padronanza che un parlante potenzialmente possiede di una
lingua. Si distinguono, in particolare, una competenza attiva (capacità del parlante di produrre atti
linguistici appropriati in una data lingua) e una competenza passiva (capacità del parlante di
comprendere gli atti linguistici prodotti da un interlocutore in una data lingua).La competenza
linguistica può essere valutata anche rispetto all'opposizione italiano-dialetto e può essere valutata
anche nell'ambito della scrittura.
3.5 Chi parla il dialetto oggi??
Al momento dell'unità d'Italia, la gran parte della popolazione parlava e capiva soltanto il dialetto.
Alla base della scarsa diffusione dell'italiano c'era l'analfabetismo, e funzionava male la principale
arma che avrebbe potuto sconfiggerlo: la scuola. Dalla metà del 900 la situazione è cambiata grazie
all'avvento della televisione che ha svolto un ruolo fondamentale nel diffondere un modello comune
di italiano parlato. Bilinguismo: compresenza nel repertorio di un parlante o di una comunità di due
codici linguistici diversi ma di pari dignità. Diglossia: ai codici vengono assegnati ruoli e ambiti di
uso differenziati a seconda delle situazioni comunicative e delle variabili diafasiche. Isoglossia:
l'insieme dei punti di un'area che presentavano lo stesso fenomeno linguistico.
Nuova concezione e nuovo uso del dialetto usato per soddisfare i più vivaci bisogni espressivi:
– Dialetto per dispetto: uso del dialetto come trasgressione nei confronti della norma.
– Dialetto per difetto: connotare personaggi negativi.
– Dialetto per idioletto: lingua d'autore, perciò in grado di raccontare un mondo a parte.
– Dialetto per diletto: molla della comicità.
Il dialetto viene anche usato nella poesia e nella musica.
3.6 I dialetti d'Italia: il Settentrionale
L'isoglossa è l'insieme dei punti di un'area che presentano lo stesso fenomeno linguistico. Di
conseguenza, per quanto utile dal punto di vista esplicativo,la linea non può che essere
un'astrazione: la linea La Spezia-Rimini, per esempio, non corre affatto diritta da una città all'altra,
separando i dialetti settentrionali da quelli mediani: è piuttosto un groviglio di linee che si
accavallano ininterrottamente. E lo stesso vale per la linea Roma- Ancona, che separa i dialetti
mediani da quelli meridionali. La Metafonesi: consiste nel mutamento di timbro della vocale tonica
di una parola per influsso della vocale della sillaba finale. Il fenomeno è largamente diffuso nei
dialetti italiani, ma è estraneo al toscano. La metafonesi settentrionale consiste:
– nella chiusura di é e o rispettivamente in i e u per lo più per influsso di i finale.
– Nel dittongo di è in jè e di ò in wò per influsso della i finale.
3.7 I dialetti d'Italia: il Centro e la Toscana
I dialetti mediani sono caratterizzati soprattutto da tre fenomeni rilevanti:
– la metafonesi (quisto e signuri) e in parte la metafonesi sabina(vecchio e boni)
– la conservazione della distinzione latina tra O e U finali, per cui, accanto a forme come omo
uomo da homo, si hanno forme come munnu mondo da mundium
– il neoneutro in o che è alla base di opposizioni del tipo lo ferro (neutro che indica il metallo
in astratto) e lu ferru (maschile che indica un oggetto specifico).
I dialetti toscani sono distribuiti su quattro aree: l'area fiorentina; l'area toscana-occidentale (Pisa,
Lucca, Pistoia); l'area senese, l'area aretino-chianaiola (Arezzo, Cortona). Si possono tuttavia
individuare alcuni fenomeni comuni tipici:
– l'assenza della metafonesi;
– il dittongamento di è E ò toniche in sillaba libera (lieve e buono);
– la riduzione di RJ a J (fornaio);
– il passaggio a costrittive delle affricate palatali sorde e sonore: la tipica pronuncia toscana di
parole come ceci o pigione;
– la cosiddetta Gorgia:consiste nell'alterazione delle occlusive sorde intervocaliche, che può
portare alla spirantizzazione, alla aspirazione o alla scomparsa (amio).
3.8 I dialetti D'Italia: il Mezzogiorno
Tra i fenomeni che caratterizzano i dialetti alto-meridionali(Marche, Lazio, Abruzzo, Aquilano,
Molise, Campania, Puglia, Calabria),possiamo citare:
– La metafonesi e il dimensionamento metafonetico.
– L'indebolimento delle vocali finali,che possono confluire in un'unica vocale evanescente
detta “schwa” oppure cadere del tutto.
– La spirantizzazione di B anche in posizione iniziale
– Le assimilazioni progressive (napoletano quanné-- quando)
– Il pronome soggetto di 3 persona.
Ai dialetti meridionali estremi (Salento, Calabria meridionale, Sicilia), questi dialetti si distinguono:
– Per il sistema vocalico di tipo siciliano, in cui spiccano l'esito i da I, I, E e l'esito U da U, U,
O.
– Per la conservazione delle vocali finali.
– Per la pronuncia cacuminale di dd.
– Per la pronuncia fricativa alveolare di r, str, tr.
3.9 Dal dialetto all'italiano regionale
Tra italiano e dialetto non ci sono confini netti, bensì un condizionamento reciproco.
Le principali varietà di italiano regionale sono:
– l'italiano settentrionale
– l'italiano centrale
– l'italiano meridionale
– l'italiano di Sardegna.
Metaplasmo: consiste nel passaggio di una parola a una classe morfologica diversa da quella
originaria. Si può avere metaplasmo di genere, di declinazione, o di coniugazione.
3.10 Parole dialettali passate in Italiano
Il patrimonio lessicale dell'italiano è in costante espansione e un apporto notevole è venuto dai vari
dialetti. Un calcolo fatto da Pietro Trifone ha mostrato che più della metà delle parole dialettali sono
entrate nell'italiano dopo l'Unità d'Italia.
4.Scritto e parlato
4.1 Lingua scritta e lingua parlata
Sarebbe erroneo credere che scritto e parlato siano l'uno lo specchio fedele dell'altro: obbediscono
infatti a leggi,esigenze,modalità espressive e semiotiche diverse. Nello scritto il destinatario può
essere anche molto lontano nel tempo e nello spazio. Il parlato invece è strettamente legato al qui e
ora della situazione comunicativa. Nell'architettura di un testo, la coesione è la qualità che fa
riferimento alle sue connessioni sintattiche e morfologiche, comunque formali; la coerenza è invece
la qualità che riguarda i legami logici e semantici, comunque sostanziali. Esistono diverse tipologie
di parlato:
– Parlato spontaneo e parlato programmato.
– Parlato monologico e parlato dialogico.
– Parlato in presenza e parlato in assenza di interlocutori.
Le funzioni linguistiche secondo Roman Jakobson:
Nella comunicazione intervengono 6 fattori:
– l'emittente
– il ricevente
– il messaggio
– il canale o il mezzo
– il codice
– il contesto
Egli individua anche 6 fattori della lingua:
– emotiva,suscita emozioni e sentimenti
– conativa, si orienta sul destinatario
– poetica, il messaggio è orientato su se stesso
– fatica,la lingua si concentra su canale
– metalinguistica, la lingua parla di se stessa
– referenziale o rappresentativa,descrive la realtà in modo tendenzialmente oggettivo.
4.2 Due punti di vista diversi
Se mettiamo per iscritto un brano del parlato spontaneo,riceveremo subito un'impressione di
scompaginamento sintattico e testuale:quello che detto sembrava normalissimo, scritto ci appare
intollerabilmente confuso. Ciò accade perché il testo scritto è abitualmente diviso in capitoli,
paragrafi,capoversi e perché al suo interno i confini tra le frasi sono ben delimitati dalla
punteggiatura; la sintassi è serrata e precisa; il lessico tende a evitare ripetizioni inutili. Il parlato
sopperisce alla mancanza di una rigida coesione testuale e sintattica, avvalendosi di mezzi non-
linguistici come la prossemica e al gestualità. La prossemica è il codice che utilizza in funzione
comunicativa lo spazio tra gli interlocutori. La gestualità comprende, invece, la mimica, e l'insieme
dei gesti,dei movimenti del corpo. Tramite un gesto possiamo dare un senso molto diverso alla frase
che pronunciamo. Non va poi trascurata nel parlato: L'intensità, il ritmo, l'intonazione (tramite
questa non solo diamo senso interrogativo, affermativo, esclamativo o ingiuntivo alle frasi che
pronunciamo, ma possiamo enfatizzare segmenti della nostra frase). Tipica de parlato è la deitticità,
ovvero il legame di ogni enunciato con il contesto extra linguistico, elementi linguistici tramite i
quali possiamo determinare con precisione lo spazio, il tempo o il protagonista. Se i deittici
rimandano al contesto linguistico, si dicono coesivi.
4.3 La grammatica del parlato
Il parlato come si è detto è dominato dalla detiicità: la sua prima caratteristica è il forte legame con
il contesto extraverbale che, essendo immediatamente evidente ai locutori, rimane implicito nel
discorso. Una parte importante ha nel dialogo anche la presupposizione, con cui si allude a
conoscenze date per condivise. Tipici del parlato sono i segnali discorsivi, vale a dire:
– formule di attenuazione (per dire)
– formule di esitazione(mhm,vediamo)
– formule di esemplificazione(mettiamo)
– formule di riformazione della frase (voglio dire)
– formule di controllo dell'avvenuta ricezione (mi senti?)
– demarcativi con la funzione di aprire o chiudere un discorso (a presto)
Il contenuto informativo di una frase è strutturato in tema e rema. Il tema è ciò di cui si parla, il
rema è ciò che si dice riguardo al tema. Il tema può essere messo in risalto da una censura
intonativa. Le nozioni di tema vanno distinte da quella di dato e nuovo. Dato (informazione nota,
presupposta come tale da chi parla) e nuovo (l'informazione presentata come nuova).
4.4 Gli atti linguistici
Ogni enunciato costituisce anche un atto linguistico. Perché la comunicazione abbia luogo,
l'interlocutore deve allora possedere una competenza pragmatica, ovvero la capacità di comprendere
l'effetto degli enunciati linguistici sul contesto comunicativo, effetto basato sostanzialmente su
convezioni comunicative,cioè su regole implicite e variabili da cultura a cultura. Grazie quindi alla
competenza linguistica possiamo quindi decodificare l'atto linguistico e rispondere correttamente.
Atti illocutivi: se le parole vanno riprese per quello che significa alla lettera, in senso scherzoso,
ironico sarcastico.(l'azione che si compie nel dire qualcosa)
Atti perlocutivi: sono quelli che producono effetti diretti, sono espressioni fisse che, in condizioni di
buona riuscita, hanno il potere di ottenere l'effetto che quelle parole descrivono.(l'effetto ottenuto
con il dire qualcosa)
Atti locutivi: l'atto del dire qualcosa.
4.5 La conversazione
Le conversazioni avvengono tra due interlocutori. Secondo Grice esistono 4 massime
conversazionali:
– qualità (fornire un contributo vero)
– quantità (non essere reticenti ne ridondanti)
– relazione (essere pertinenti)
– di modo (evitare oscurità e ambiguità)
I locutori riescono a capire quando l'altro sta per terminare il suo turno e in quale momento,detto
punto di rilevanza transizionale, PRT, e in genere è contrassegnato da un abbassamento di voce. I
locutori si servono spesso di strutture fisse dette sequenze complementari,sono realizzate dagli
interlocutori in due turni a una domanda seguirà una risposta; a un saluto, un altro saluto.
4.6 I registri del parlato
Il parlato si articola in una gamma di registri dominata da tre parametri:diafasia, diastratia, diatopia.
Sta inoltre mutando l'atteggiamento psicologico nei riguardi del dialetto: un tempo avvertito come
socialmente e culturalmente squalificante, il dialetto viene oggi usato anche dalle persone colte nel
registro affettivo,scherzoso,informale. Rispetto alla situazione comunicativa il parlato può quindi
essere formale o informale. Il parametro della diastratia (cioè la differenza legata ai diversi strati
sociali),che fino a non molti anni fa influiva in maniera drastica sui comportamenti linguistici, oggi
sembra operare in maniera trasversale. La peculiare situazione dialettale italiana, infine , fa si che il
parametro della diatopia (tratti linguistici locali o regionali o dialetto tout cuort) emerga con forza
non appena si verifica un abbassamento degli altri due livelli.
4.7 Il parlato italiano contemporaneo:suoni e forme
Quello dei suoni è il settore nel quale le abitudini linguistiche di tipo regionale mostrano una tenuta
maggiore, anche in parlanti di elevato livello socioculturale. È facile verificare come proprio della
pronuncia sia possibile indovinare l'area di provenienza di un parlante. L'ortoepia, cioè il modo
corretto di pronunciare l'italiano va considerata norma tassativa solo da chi fa della lingua parlata
un uso professionale. Nel campo delle forme grammaticali è in atto, nell'italiano contemporaneo,
una forte tendenza alla semplificazione.
4.8 Il parlato italiano contemporaneo:la sintassi
Nell'uso dei pronomi relativi ha ormai perso molto terreno il quale a favore di che. Il che funge da
subordinante generico, indicherebbe la presenza di una subordinata. Nel parlato l'ordine non
marcato(soggetto-verbo- oggetto) risulta spesso alterato:
– Topicalizzazione contrastiva: l'elemento dislocato viene sottolineato dall'intonazione.
– Tema libero: centro semantico emozionale della frase collocato in apertura di frase.
– Dislocazione a sinistra dell'oggetto e dei componenti indiretti espressi.
– Dislocazione a destra.
– Frase scissa: l'elemento viene messo in evidenza da una voce del verbo essere + che.
– Il tipo c'è + che.
4.9 Il parlato italiano contemporaneo:le parole
Fondamentali nel parlato sono i segnali discorsivi che hanno anche la funzione di connettivi.
Frequenti sono anche le locuzioni colloquiali, familiari, gergali o di diffusione regionale; tanto più
numerose quanto più informale è la situazione comunicativa. Si registra inoltre una significativa
presenza di:
– vocaboli generici
– espressioni di quantità
– alcuni aggettivi utilizzabili in accezione sia positiva sia negativa
– diminutivi affettivi,semanticamente vuoti, come momentino, pensierino regalo o attimino
– espressioni colorite di esclamazione o di imprecazione, fino al turpiloquio
– l'apporto del linguaggio giovanile
– termini della psicanalisi classica
– ricorso a suffissi e prefissi
– linguaggio tecnologico
4.10 Il parlato nello scritto
Solo in anni recenti l'attenzione degli studiosi si è rivolta allo studio dell'italiano parlato del
passato; uno studio che, paradossalmente, è costretto a ricorre allo scritto come unica testimonianza
superstite. É stato così possibile appurare che alcuni costrutti tipici anche oggi del parlato affondano
le loro radici nelle fasi più antiche della lingua italiana. Dalla seconda edizione dei Promessi sposi e
in maniera ancor più accentuata con il Verismo e in particolare con i Malavoglia di Giovanni Verga,
la prosa narrativa italiana è andata incontro a un progressivo avvicinamento al parlato, a una lingua
volutamente dimessa, media, colloquiale.
5.Le lingue speciali
5.1 Cos'è una lingua speciale
Una lingua speciale è una varietà di lingua caratterizzata da alcune particolarità:
– riflette generalmente un sapere specialistico, condiviso da una minoranza di esperti.
– Utilizza tratti linguistici propri della lingua di riferimento
– tende, a essere univoca, cioè a stabilire un rapporto preciso e costante tra parole e cose.
Tra le caratteristiche delle lingue speciali che esulano dall'ambito lessicale, si possono menzionare:
– il potenziamento del nome rispetto al verbo
– la deagentivizzazione, cioè la preferenza per le frasi senza soggetto esplicito o, al passivo,
senza complemento d'agente
– l'altro grado di coesione testuale, ottenuto tramite un continuo riferimento anaforico.
Il numero delle lingue speciali è potenzialmente aperto: alcune hanno un grado di tonificazione
molto alto, altre un grado minore. Accanto a lingua speciale, si parla anche di linguaggio settoriale.
Monosemia: un linguaggio si dice univoco quando è improntato alla monosemia, ogni segno che lo
compone è possibile attribuire un solo significato.
Polisemia:la condizione naturale di una lingua comune è infatti la polisemia: un elemento
linguistico può avere più significati distinti o più sfumature di significato.
5.2 I tecnicismi
Un lessico peculiare, costituito da vocaboli che ricorrono solo in quel determinato ambito. Accanto
a questi vocaboli ciascuna lingua speciale impiega un certo numero di tecnicismi collaterali. La
principale fonte di linguaggi scientifici sono le lingue classiche: molto alto l'uso di latinismi e
grecismi. Altre volte si utilizzano come tecnicismi parole dalla lingua comune, alle quali vien
attribuito un nuovo significato specifico. Negli ultimi decenni, anche nei linguaggi scientifici si è
fatta sentire l'influenza della nuova lingua di comunicazione internazionale: L'inglese.
5.3 Il linguaggio delle scienze dure
Con l'espressione scienze dure ci si riferisce comunemente alle discipline che si servono del metodo
sperimentale per l'indagine della realtà e sottopongono i risultati dei propri studi a una rigida e
sistematica matematizzazione. Tradizionalmente, vengono considerate scienze dure come la
matematica, la fisica la chimica. Tra le lingue speciali, le lingue delle scienze a base matematica è
di certo quella che possiede il più alto tasso di tecnicità: tutti i suoi termini,infatti, sono legati ai
rispettivi significati da un rapporto molto rigido, che ne garantisce spesso l'assoluta univocità. Si
registra una maggiore produzione di sigle e formazione abbreviate.
Transfert: il processo semantico per il quale un termine o una locuzione appartenente a una lingua
speciale migra in un altro linguaggio settoriale, cambiando in parte o in tutto il significato
originario.
Tecnificazione: quando il travaso lessicale avviene dalla lingua comune a una lingua speciale non si
parli di transfert, ma di tecnificazione.
5.4 Il linguaggio giuridico e burocratico
Il linguaggio giuridico si presenta innanzi tutto con una forte impronta tradizionale, testimoniata a
livello sintattico dall'utilizzo di frasi complesse, ricche di subordinate, che riflettono uno stile di
tono sostenuto. A livello lessicale, quest'impronta è confermata dalla presenza di numerosi latinismi.
Fra le altre caratteristiche peculiari di questo tipo di linguaggio, andranno ricordate:
– la predilezione per i costrutti assoluti
– l'uso di forme impersonali con il si (si ritiene che)
– la frequenza di formule brachilogiche (la concessione di cui all'art.13)e le formule
anaforiche(conformemente a quanto è prescritto nel precedente articolo) e cataforiche (le
ritenute d'accordo di cui appresso).
Burocrazia: accomunare testi di natura tanto diversa sono alcune caratteristiche specifiche, che si
sommano a quelle tipiche del linguaggio giuridico:
– innalzamento generale e spesso artificioso dello stie rispetto al tono usuale
– scarsa presenza di tecnicismi specifici(velinario- contenitore delle copie degli atti prodotti)
– tendenza alla ridondanza del significato, soprattutto con l'uso di aggettivi e avverbi in
contesti altamente prevedibili.
Linguaggio scientifico e burocratico presenza l'esigenza di generalizzazione e di astrazione tipica
del linguaggio giuridico. Costrutti sintattici assoluti: le proposizioni subordinate implicite che hanno
un soggetto diverso da quello della proposizione reggente.
5.5 Il linguaggio medico
Nell'insieme delle lingue scientifiche,quella della medicina si distingue per una grande ricchezza
terminologica. Le fonti privilegiate del lessico medico rimangono, in particolare, le due lingue
classiche. il greco, diffuso soprattutto nella patologia e il latino nell'anatomia. Si riconosceranno
alcune caratteristiche principali:
– la grande diffusione dei tecnicismi collaterali
– la proliferazione degli aggettivi di relazione(gli aggettivi che indicano semplicemente
riferimento al nome)
– l'alta frequenza dell'uso passivo, rendere il più impersonale l'esposizione dei contenuti
scientifici
– la concentrazione dell'attenzione comunicativa sul nome
– il frequente ricorso agli eponimi, cioè a nomi di strutture anatomiche
– abbondanza di sigle.
5.6 Il linguaggio dell'informatica
L'informatica è una lingua speciale nella quale quasi ogni termine ed espressione rimanda
direttamente o indirettamente all'inglese. Molto scarsi sono gli apporti da altre lingue. Da quando
alla fine degli anni 70, il pc ha reso accessibile anche ai singoli utenti l'acquisto di un
computer,l'informatica è via via diventata un fenomeno di massa. Molto spesso si è preferito
accettare l'anglicismo crudo e ricorrendo di rado all'adattamento fonetico. Altre lingue europee
hanno opposto invece una precoce e cosciente resistenza alla penetrazione delle forme straniere, si è
così giunti alla traduzione di gran parte della terminologia. La terminologia della posta elettronica è
uno dei pochi ambiti della lingua dell'informatica nel quale il numero dei vocaboli italiani prevale
nettamente su quello degli anglicismi.
5.7 Il linguaggio economico della finanza
Per loro stessa natura, le discipline economico-finanziarie coinvolgono diversi ambiti. La lingua
dell'economia e della finanza assume caratteristiche differenti a seconda che la sua produzione
risalga alla comunità scientifica internazionale oppure al mondo professionale, agli addetti ai lavori
del settore. Nel primo caso, si può parlare di lingua dell'economia in senso proprio: un linguaggio
scientifico a tutti gli effetti. Il lessico accade per discipline di respiro internazionale, si caratterizza
per una fortissima presenza di anglicismi, che si alternano in diversa misura a equivalenti forme
italiane. Il rapporto tra anglicismo e forma italiana può presentarsi, generalmente, in tre modi:
– l'equivalente italiano ha la stessa frequenza del prestito inglese
– il prestito inglese è più frequente della forma italiana
– l'anglicismo rappresenta l'unica forma disponibile, non esistendo un reale equivalente
italiano.
Il secondo livello del linguaggio economico-finanziario è rappresentato dalla lingua di impiegati.
Dal punto di vista dello stile, inoltre, il linguaggio aziendale si caratterizza per:
– il massiccio ricorso a locuzioni congiuntive molto simili a quelle del linguaggio
burocratico(al fine di)
– il tono generale informale dei documenti circolanti esclusivamente all'interno dell'azienda
– lo stile estremamente standardizzato dei documenti rivolti verso l'esterno
– nomi astratti di tono elevato.
5.8 Il linguaggio sportivo
La lingua speciale dello sport si caratterizza soprattutto per un basso livello di tecnicità e una stretta
vicinanza alla lingua comune. I forestierismi sono molto frequenti. Alla debolezza tecnica di questa
lingua speciale è riconducibile anche il frequente passaggio di termini da uno sport all'altro secondo
il procedimento del transfert. Lo stile delle cronache sportive è caratterizzato da una forte
espressività, tesa a favorire il coinvolgimento del lettore o dello spettatore. Si fa quindi largo uso di:
– espressioni metaforiche
– frasi volutamente espressive, ma stereotipate per effetto dell'uso ricorrente (fra valere il
fattore campo)
– parole letterarie desuete rivitalizzate per l'occasione
In particolare, è caratteristica la tendenza a descrivere gli eventi sportivi con toni esageratamente
enfatici. Questo effetto si ottiene, attraverso soluzioni come le seguenti:
– l'uso di una particolare aggettivazione
– il ricorso a immagini belliche
– la creazioni di soprannomi altisonanti
La sintassi predilige la velocità, attraverso l'uso di forme abbreviate come l'impiego avverbiale
dell'aggettivo.
5.9 Tecnicismi e lingua comune
Si può affermare che ormai i linguaggi tecnico-scientifici rappresentino probabilmente la principale
fonte di innovazione dell'italiano, almeno a livello lessicale. I tecnicismi devono la loro grande
diffusione soprattutto ai mezzi di comunicazione di massa: i giornali, la televisione, internet. Molto
presente anche nella lingua di tutti i giorni è anche la psicologia. Va osservato che spesso, a
conferma del loro profondo radicamento nella lingua comune, gli anglicismi di origine tecnica sono
impiegati in senso figurato. Le lingue tecnico-scientifiche non contribuiscono soltanto ad arricchire
il patrimonio lessicale della lingua comune, ma manifestano la loro influenza anche sui
procedimenti di formazione delle parole.
5.10 Tecnicismi e lingua letteraria
I termini delle lingue speciali si trovano spesso nelle opere delle letteratura italiana. Il poema
dantesco trae infatti numerose parole da diversi ambiti tecnico-scientifici, allo scopo di:
– creare immagini suggestive
– suggerire metafore
– fornire spiegazioni dettagliate di un fenomeno di un oggetto con le parole dell'ambito
appropriato (astronomia, geometria, giurisprudenza, medicina)
Nel 500, la presenza dei tecnicismi nelle opere letterarie vien limitata dalla caratterizzazione
classicista imposta dal modello di Pietro Bembo. Tuttavia è il 900, il secolo che vede il massimo
sviluppo della scienza e la tecnificazione industriale della società, l'epoca che più di ogni altra si
distingue per l'impiego delle lingue speciali nella letteratura.(Giovanni Pascoli, Luigi Pirandello,
Italo Calvino, Carlo Emilio Gadda, Andrea Zanzotto, Edoardo Sanguinetti).
6. L'italiano della comunicazione
6.1 L'italiano dei giornali
Il giornale è una specie di contenitore in cui trovano posto argomenti tra loro molto diversi e ogni
settore ha un suo particolare linguaggio, che attinge alle varie lingue speciali, riformulandole per
renderle accessibili al largo pubblico. L'attenzione per il destinatario e l'esigenza di rendere
interessante la lettura sono alla base anche dell'alto tasso di parole nuove tipico dei giornali. Le
caratteristiche del linguaggi cambiano anche a seconda della tipologia dell'articolo. Si riscontra, in
particolare:
– il cambiamento delle scelte sintattiche, ispirate sempre di più a un'ideale di rapidità
– un aumento consistente della presenza del parlato
– la tendenza a suddividere il testo in unità tematiche ben individuate, dotate spessi di un
proprio titoletto introduttivo.
6.2 L'italiano della politica
Come il linguaggio dei giornali, anche quello politico non è propriamente un linguaggio settoriale:
il suo lessico attinge di volta in volta ad altre lingue speciali. Su una base terminologica formatasi
essenzialmente tra la fine del 700 e i primi del 800 s'innestano novità lessicali attinte dalla lingua
comune. Abbandonato quello che potremo chiamare il paradigma della superiorità, la lingua dei
politi ha cominciato a puntare sul paradigma del rispecchiamento. Ha abbandonato i toni elevati e le
forme oscure, per riprodurre il più possibile il modello linguistico degli elettori, semplificando
notevolmente lo stile e la scelta delle parole. Uno spazio considerevole e dedicato alle forme
dialettali o regionali. Le figure retoriche che più ricorrono sono: l'anafora (la ripetizione di una
parola all'inizio di tutte le frasi ),l'interrogativa retorica e il poliptoto temporale (la ripresa di un
verbo in diversi assetti temporali).
6.3 L'italiano della pubblicità
Quello della pubblicità è un linguaggio composito, nel quale il codice verbale,seppure molto
importante, rappresenta soltanto uno dei molti codici possibili; sia negli sport televisivi e radiofonici
sia negli spazi pubblicitari di giornali e riviste, accade anzi sempre più spesso che alla parola venga
dedicato uno spazio limitato, a vantaggio di altre forme di comunicazione giudicate più efficaci,
come l'immagine e la musica. La caratteristica fondamentale dell'italiano usato nella pubblicità è
quella di essere una lingua tutta orientata verso la persuasione. L'uso della parola dev'essere
accattivante e attraente, deve colpire e incuriosire il pubblico, catalizzarne l'attenzione. Si
privilegiano:
– i giochi di parole
– le costruzioni circolari
– i richiami fonici
– l'uso delle lingue straniere
– un largo uso di parole nuove del tutto occasionali, ottenute con la suffissazione del nome del
prodotto
Nella sintassi si privilegiano la velocità, la sintesi di espressione, e un messaggio il più possibile
diretto e facilmente memorizzabile. Infatti si ricorre a:
- ellissi
– modi nominali del verbo (infinito participio)
– all'accostamento asindetico (9 privo di coniugazioni)
Ora più che al convincimento la pubblicità mira alla seduzione del consumatore. Alla funzione
emotiva si può invece ascrivere l'uso sempre più diffuso dell'iperbole.
Asinteto: è la sequenza di più elementi linguistici accostati senza alcun legame formale di natura
grammaticale ma soltanto attraverso l'uso della punteggiatura.
Polisenteto: si verifica quando parole o frasi strettamente correlate sono collegate da una
successione di coniugazioni e in particolare della ripetizione della coniugazione copulativa.
6.4 L'italiano della radio
Ancora oggi, nonostante la concorrenza della televisione e dei media elettronici come Internet, la
radio raggiunge una vastissima fetta della popolazione italiana. Il linguaggio radiofonico si ispira
esplicitamente al parlato spontaneo. Lo schema della rado di flusso ha favorito lo sviluppo di un
nuovo italiano radiofonico basato sul ritmo e sulla velocità,caratterizzato da uno stile diretto e
spiccato informale. Si ha:
– ripetizioni di parole e frasi chiave che scandiscono il flusso
– abbondanza di variazioni melodiche della voce
– lessico espressivo
– ricorso a modelli tipici della dialogicità.
Per mantenere alto il tasso di dialogicità, si ricorre sempre più spessi a una coppia di conduttori che
dialogano tra loro o a ulteriori personaggi che mettono in scena una serie di duetti col conduttore. Il
ritmo rallenta considerevolmente nei radiogiornali.
6.5 L'italiano della televisione
Secondo i dati ISTAT più recenti, la televisione rimane ancora oggi il mezzo di comunicazione di
massa più diffuso in Italia. Nel ricostruire la storia dell'italiano televisivo bisogna distinguere due
periodi diversi, che Umberto Eco ha chiamato: Paleotelvisone e neotelvisione.
– Periodo paleotelevisivo, che va dall'inizio delle trasmissioni ufficiali (1954) alla metà degli
anni settanta, che ha una funzione educativa,serviva per assicurare la diffusione della cultura
e giungere all'unificazione sociale e linguistica degli italiani.
– Periodo neotelevisivo (1976) con un drastico ridimensionamento della funzione pedagogica
a vantaggio dell'intrattenimento, che con le sue formule e il suo stile influenza tutti i generi
comprese l'informazione e la divulgazione culturale.
Quattro tipologie fondamentali del parlato televisivo contemporaneo:
– il parlato serio proprio delle trasmissioni culturali e di divulgazione scientifica(quark, ulisse)
– il parlato sciolto, colloquiale, tipico dei quiz
– il parlato trascurato o sciatto, riconducibile alle trasmissioni di intrattenimento basate su un
certo grado di improvvisazione, come il talk show e soprattutto il reality show
– il parlato simulato, proprio delle fiction seriali e dei telefilm.
6.6 L'italiano del cinema
Il rapporto del cinema con la lingua italiana è stato a lungo caratterizzato dalla dinamica tra dialetti
e lingue nazionale. Fino ad anni recenti, la lingua italiana si presentava come uno strumento troppo
rigido e poco adatto per rappresentare verosimilmente la realtà. Registi e sceneggiatori si sono
serviti allora dal dialetto o dalle varie forme di italiano regionale. Se da una parte il cinema sembra
limitarsi a rispecchiare le abitudini linguistiche degli italiani, dall'altra va ricordato che attraverso i
film sono penetrare nella lingua comune molte parole ed espressioni nuove. La principale fonte di
novità è rappresentata tuttavia dalle versioni doppiate dei film stranieri, prevalentemente di lingua
inglese.
6.7 L'italiano della canzone
Il panorama linguistico della canzone italiana si presenta particolarmente variegato. Si può
affermare le linee di tendenza della lingua della canzone italiana siano principalmente due. Da una
parte troviamo un insieme di testi che,presentano le caratteristiche più classiche:
– lessico convenzionale
– presenza massiccia del futuro e dell'imperativo
– metafore tradizionali
– la sequenza t'amo
La struttura è quasi sempre: strofa,strofa, ritornello, strofa. La seconda linea di tendenza sul modello
e per influenza della canzone d'autore(Paoli, De André, De Gregori, Venditti) e si è in passato
distinta per una scrittura curata e intessuta di riferimenti letterari. Nello specifico questa tendenza si
manifesta nella canzone italiana degli ultimi anni attraverso:
– il generale aumento della complessità semantica e formale dei testi
– il diverso rapporto con la rima e la rima baciata
– l'uso di un lessico più ricercato
– il ricorso a una sintassi elaborata
6.8 Italiano e i nuovi media: l'italiano digitato
Negli ultimi anni, il grande successo delle varie forme di espressione e di comunicazione diretta
legate ai media telematici hanno fatto si che per moltissime persone la scrittura di testi sia diventata,
un' attività quotidiana, svincolata da necessità lavorative o scolastiche. La velocità con la quale i
testi vengono prodotti e soprattutto consumati provocano come effetto principale un generale
abbassamento del controllo sulla lingua. Da questo atteggiamento discendono le principali
caratteristiche di questo italiano digitato:
– frequenza degli errori di battitura
– presenza di errori di ortografia
– penetrazione di strutture proprie del parlato e dello scritto poco sorvegliato
– innalzamento del livello di espressività cercando di riprodurre la comunicazione orale.
6.9 Italiano e i nuovi media: la neoepistolarità tecnologica
Neoepistolarità tecnologica: forme di scrittura telematica basate sulla trasmissione di un messaggio
che prevede un risposta in un lasso di tempo più o meno lungo. Si distinguono per le caratteristiche
della semi-cronia e della co-presenza. La prima con tempi che variano dal minimo della chat(in cui
lo scambio è in tempo reale) al massimo della e-mail. La seconda instaura un dialogo continuo tra i
corrispondenti. Aspetti legati all'intenzione di riprodurre nello scritto le forme di un dialogo faccia a
faccia, tra questi aspetti, ricordiamo in particolare:
– uso intensivo di saluti e di altre formule che avvisano la conversazione
– frequente presenza di segnali discorsivi e di interiezioni (ecco, senti)
– forte presenza di deittici (alla fine ci sono andato)
– fatismi,parole e formule che verificano e confermano il funzionamento della comunicazione
(ok, eh)
– procedure grafiche espressive e giocose (emotion)
– formule tachigrafiche che favoriscono allo stesso tempo la velocità di produzione e
l'espressività del testo (tvb) sono espedienti che sostituiscono o accorciano una parola per
ragioni di spazio (nn, cmq) o per accelerare la velocità di scrittura.
6.10 Italiano e i nuovi media:esiste un italiano di Internet??
È stato recentemente calcolato che la rete globale contiene più di un miliardo di testi, considerando
soltanto le pagine web. Le caratteristiche stilistiche e linguistiche non si mantengono costanti
nemmeno all'interno della stessa tipologia di scrittura. Negli scritti dei social network dove
chiunque può aggiornare la propria pagina in qualunque momento con opinioni e informazioni, lo
stile e le scelte linguistiche variano radicalmente a seconda della tipologia di utente.
Semplicemente,nell'italiano usato in Internet trovano espressione scritta tratti del parlato che di
solito avrebbero spazio soltanto nell'espressione orale. In conclusione, più che fondare una nuova
varietà di lingua, i testi circolanti in rete da una parte si fanno veicolo di stile già da tempo
consolidati nello scritto; dall'altra sembrano assecondare una preesistente tendenza all'informalità
dello scritto e alla mancanza di rispetto per la norma grammaticale, tipica soprattutto delle giovani
generazioni.
7. L'italiano e le altre lingue
7.1 Nessuna lingua è pura
Melchiorre Cesarotti afferma: nessuna lingua è pura, perché tutte le lingue naturali sono il risultato
dell'incontro di più componimenti. Nel primo 800, l'ingresso di parole straniere non è da
considerarsi una minaccia, ma uno dei principali mezzi di arricchimento del patrimonio lessicale. In
particolare in epoca fascista la lotta al forestierismo ha assunto una dimensione ufficiale e si è
avuto un vero e proprio purismo di stato. Da questo atteggiamento di totale chiusura si distingue il
neopurismo promosso dal linguistica Bruno Migliorini, secondo il quale non bisognava guardare ai
principi astratti di bellezza e provenienza di una parola, ma bisognava accettare tutti quei prestiti per
cui mancasse un corrispondente italiano e che non fossero in contrasto con le strutture
fonomorfologiche della nostra lingua.
Prestiti di necessità: vocaboli mutuati da una lingua straniera in riferimento a un oggetto o a un
concetto inesistente nella lingua d'arrivo. Sono di solito parole che seguono l'importazione degli
oggetti o concetti a cui si riferiscono.
Prestiti di lusso: vocabolo che viene derivato da un'altra lingua sebbene ne esista nella lingua
d'arrivo il corrispondente. Sono considerate di maggior prestigio.
7.2 Il prestito linguistico
Il prestito linguistico: s'intende il fenomeno per il quale una forma passa da una lingua all'altra.
Fanno eccezione i cosiddetti cavalli di ritorno che da una lingua A sono passati a una lingua B per
poi passare alla A con modificazioni di forma e significato. Esistono diversi tipi di prestito. Dal
punto di vista del livello di lingua interessato, si distinguono in particolare:
– prestiti fonetici, relativi ai suoni
– prestiti morfologici, riguardano aspetti grammaticali
– prestiti sintattici
– prestiti lessicali, una singola parola o locuzione e possono distinti in:
- integrali: che conservano sequenze di suoni, grafie o terminazioni estranee all'italiano
- adatti: che si riconoscono come parole straniere solo risalendo all'etimologia.
Una lingua che limita le espressioni di un'altra lingua viene definito Calco. Si parla di:
– calco strumentale: quando si ha una traduzione degli elementi che compongono la parola
straniera (grattacielo= skycraper)
– calco semantico: quando un nuovo significato, mutato da una lingua straniera, sostituisce o
affianca i significati di una parola già esistente.(sito = site)
7.3 La trasmissione del prestito
Un prestito passa da una lingua all'altra quando c'è un contatto linguistico tra le due lingue:
– Rapporto di superstrato, se la lingua del popolo invasore influenza alcuni tratti.
– Rapporto di sostrato, riguarda l'influenza di una lingua scomparsa sulla lingua dei
dominatori.
– Rapporto di adstrato, se l'influenza è esercitata da una lingua confinante.
Sull'odierno “villaggio globale” i prestiti sono trasmessi soprattutto dai mezzi di comunicazione di
massa, un tempo il fenomeno avveniva quasi sempre grazie allo spostamento fisico delle persone.
7.4 Francese e provenzale
I contatti con le due lingue galloromanze (d'oc e d'oil) sono stati molto intensi fino dal medioevo,
grazie agli stetti rapporti commerciali, attraverso i pellegrinaggi per la via francigena, ma anche
grazie al diffondersi di modelli letterari come le “chanson de gest”. Nel medioevo, i campi del
prestito vanno dal lessico elementare a quello militare e della vita di corte, a quello specifico
dell'amor cortese. L'influsso del francese si riduce drasticamente nel 400 e nel 500 il rapporto di
prestito tra le due lingue è addirittura capovolto: l'italiano si afferma infatti come lingua della
cultura in tutta l'Europa rinascimentale. Gli anni che vanno dalla metà del 600 alla fine del 700
sono invece quelli della “gallomania”. I prestiti di questo periodo si concentrano soprattutto intorno
a quel fenomeno di costume che non a caso è indicato con il francesismo MODA e con l'utilizzo di
molti suffissi. È difficile nel 700 trovare un settore in cui la presenza dei gallicismi non risulti
massiccia. Notevole è l'immissione di prestiti francesi ancora fino al primo Novecento. I
francesismi mantengono una grande importanza negli ambiti tradizionali: politica,
cucina,arredamento,abbigliamento, spettacolo, medicina, biologia, ferrovia, sport, automobilismo.
Molti di questi termini si affermano non per reali necessità comunicative ma unicamente per il loro
potere evocativo, perché ritenuti più chic. Dopo una prima battuta d'arresto nel periodo d'età fascista
,l'influsso del francese resiste come fenomeno residuale, ma finisce col cedere all'invasione inglese
del secondo dopo guerra.
7.5 Inglese
Dopo che i secoli precedenti avevano portato in italiano qualche episodico prestito d'ambito
economico e giuridico- amministrativo, la storia degli scambi linguistici tra Italia e Inghilterra
prende consistenza soprattutto nel rinascimento, quando la moda italianizzante si diffonde presso la
nobiltà inglese, così come accade un po in tutta Europa. Dalla metà del 500 cominciano a essere
pubblicate grammatiche d'italiano in inglese, e del 1598 è il grande dizionario bilingue. Inserti in
italiano si trovano anche nel teatro elisabettiano. Nel 600, comincia a verificarsi l'inversione di
tendenza: l'interesse inglese per l'italiano diminuisce, mentre in Italia cominciano a diffondersi i
termini inglesi. Ma la diffusione dell'inglese rimane scarsa per tutto il 700. Nel 800 e nei primi anni
del 900 un maggior numero di anglicismi si diffonde grazie alla lingua dei giornali e alla traduzione
di grandi romanzi(Scott, Cooper). È solo alla fine della seconda guerra mondiale, che il fenomeno
dell'anglicismo assume le dimensioni attuali: i tre quarti degli anglicismi entrano nella nostra lingua
dopo il 1950. Si tratta di un vero e proprio boom: invade un po' tutti i settori della vita quotidiana,
dallo sport allo spettacolo e ai mass media, dalla moda alla pubblicità e soprattutto l'informatica.
Dominata dall'inglese è poi la musica: dalla definizione degli stili. Ai prestiti veri e propri si
aggiungono anche gli anglilatinismi(ovvero parole di etimo classico giunte a noi tramite l'inglese) e
gli pseudoanglicismi (sono vocaboli dall'aspetto inglese, che però non esistano ne in inglese ne in
America).Xenolatinismi e xenogrecismi: sono parole formate con materiali latini o greci nate in
lingue diverse dall'italiano e passate in seguito all'italiano sotto forma di prestiti.
7.6 Spagnolo e portoghese
Dalla fine del 200 fu molto significativo l'apporto dello spagnolo ai dialetti dell'Italia meridionale.
Nel 500 lo spagnolo divenne la lingua straniera più diffusa anche in Italia. Degli oltre novecento
spagnolismi entrati fra 500 e 600, rimane oggi in Italiano solo una piccola parte, tra cui parole della
vita quotidiana, dell'abbigliamento, lessico militare, molte parole legate all'etichetta di corte e ad
atteggiamenti e tratti del carattere attribuiti alla nobiltà,spagnola, voci della marineria e della
navigazione,vocaboli del cibo e del folklore. L'afflusso di prestiti dalle lingue iberiche è scarso nel
periodo che va dal 700 al primo 900. Negli ultimi anni,invece, il fenomeno degli iberismi si è fatto
nuovamente consistente, grazie agli apporti dell'America latina,e si è diffusi nei campi più disparati:
dai nomi delle serie televisive a quelli dei prodotti commerciali, dai titoli delle canzoni alle neo
coniazioni del linguaggio giovanile.
7.7 Lingue germaniche medievali e tedesco
I più antichi germanismi che sopravvivono oggi in italiano sono prestiti entrati in latino già prima
del 4 secolo. Sono molto antichi i vocaboli di ambito militare. Molti prestiti si devono all'azione del
superstrato germanico all'epoca delle invasioni barbariche. Pur essendo difficile risalire con
esattezza al periodo d'entrata di ogni vocabolo, si è soliti distinguere tre strati:
– prestiti goti: termini guerreschi
– prestiti longobardi: nomi di luogo, parole legate al lavoro dei campi, all'equitazione alla
caccia, termini anatomici
– prestiti franchi: parole come bosco, guanto, grigio
Tra il 700 e 800, entrano in italiano vocaboli del lessico: minerario, del costume e parole del lessico
intellettuale come recensione, stilista e morfologia. Nel 900, gli avvenimenti legati alla prima e alla
seconda guerra mondiale hanno fatto si che il campo semantico privilegiato dai tedeschi tornasse a
essere quello militare.
7.8 Arabo e ebraico
L'elemento ebraico in italiano è costituito quasi esclusivamente da vocaboli entrati nell'uso già nei
primi secoli del cristianesimo, in gran parte attraverso la Vulgata della bibbia. Ben più intensi e
prolungati i contatti con l'arabo. Nel medioevo, grazie all'intensità degli scambi commerciali,
giungono in italiano:
– parole della lingua comune
– termini scientifici: medicina, astronomia,chimica, matematica
– vocaboli relativi all'organizzazione politica
L'afflusso di islamismi si arresta di fatto a partire (1453). Solo negli ultimi decenni si è avuta una
ripresa dell'influsso arabo, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione di massa e alla maggiore
circolazione di notizie provenienti dall'estero.
7.9 Lingue esotiche
A rigore sono da considerare esotismi tutti i forestierismi, vale a dire tutte le parole che l'italiano
accoglie da una lingua straniera. Sono tre le lingue esotiche: cinese, giapponese, e russo.
I primi italiani arrivano in Cina al tempo della pax mongolica e le loro esperienze sono testimoniate
dai resoconti mercantili di viaggi, primo fra tutti quello di Marco Polo. In epoca più recente, la
penetrazione di vocaboli cinesi (cin cin, te, ginseng) nel lessico italiano è dovuta soprattutto alla
diffusione in Italia di prodotti o discipline provenienti dalla Cina. I primi rapporti diretti tra Italia e
Giappone risalgono alla metà del 500, con l'arrivo di navigatori, missionari e commercianti europei
in quella regione. Non si può però parlare di un vero e proprio contatto tra le due lingue prima della
seconda metà del 800. Vocaboli giapponesi compaiono in testi di varia natura. Molti nipponismi
penetrano in italiano nel novecento e si inquadrano in campi lessicali specifici:
– fenomeni culturali come i fumetti manga, le arti marziali (sumo),la gastronomia (sushi)
pratiche di medicina alternativa e meditazione (zen).
Se si escludono alcuni russismi 500 e 600 pochi altri resi familiari agli italiani della grande
letteratura russa 800 e primo 900, la gran parte dei prestiti provenienti dalla Russia va dotata
all'epoca postrivoluzionaria e in particolare agli anni sessanta e settanta del secolo scorso.
7.10 Italianismi all'estero
La presenza di italianismi nelle altre lingue europee ed extraeuropee è ovviamente legata a quegli
ambiti e a questi secoli in cui la cultura italiana ha avuto una posizione particolarmente rilevante. La
diffusione del lessico marinaresco italiano comincia già nel 10 secolo con le repubbliche
marinaresche. Ma col rinascimento le corti europee diventano un modello per la società di tutta
Europa e si assiste a una compatta trasmigrazione europea di vocaboli italiani:
– letteratura, architettura, teatro.
Il contingente più ampio e duraturo di italianismi nelle lingue europee riguarda senz'altro il
linguaggio della musica e dell'opera. Sono italiani:
– i nomi di forme musicali, spartito, strumenti musicali.
Solo di recente, con il successo del MADE IN ITALY si è tornato a diffondere all'estero qualche
neoitalianismo, concentrato principalmente nell'ambito della gastronomia, o in quelli della moda e
dei motori. Tra gli italianismi novecenteschi più noti nel mondo vanno certo inserite voci della
gastronomia come: pizza, spaghetti, espresso. Va segnalato anche il fenomeno degli pseudonimi
italiani, parole che orecchiano l'italiano ma non hanno nessun corrispettivo puntuale nella nostra
lingua e conoscono una circolazione autonoma fuori dall'Italia.
8.Parole vecchie e parole nuove
8.1 Il ciclo vitale delle parole
Ogni lingua naturale,insomma, presenta nella sua storia un' evoluzione che riguarda tutti i livelli ma
risulta particolarmente evidente sopratutto nel livello più superficiale: il lessico. Ma andranno fatte
due osservazioni. La prima è che più della metà delle parole appartenenti all'attuale lessico di base
circola già dal 13 e 14 secolo. La seconda è che questo processo non sempre segue un percorso
lineare: è tutt'altro che raro il caso di vocaboli che hanno ripreso a essere impiegati con frequenza e
sono oggi privi di qualunque connotazione arcaica. La grande conservatività della lingua italiana
andrà attribuita alla sua particolare storia. L'italiano è rimasto fino agli inizi del novecento una
lingua quasi esclusivamente scritta e prevalentemente letteraria. Il fenomeno di recupero delle
parole desuete, invece, si dovrà anche all'azione dei puristi ottocenteschi, sono riusciti a far tornare
d'uso corrente vocaboli ed espressioni che sembravano irrimediabilmente obsolete.
Lessico di base: è insieme delle parole dell'italiano considerate fondamentali. Viene identificato di
solito su base statica, fondatosi sui rilevamenti dei lessici di frequenza, cioè di quei vocaboli che
calcolano quali siano le parole ricorrenti più spesso nella nostra lingua. (Vocabolario di base).
8.2 Parole invecchiate
Rifacendosi all'antica metafora che descrive le parole come organismi viventi,si può affermare che
col passare degli anni molte parole invecchino fino a morire,diventando così degli arcaismi. Il
recupero e l'impiego degli arcaismi interessa molto di più lo scritto e in particolare la letteratura.
Oggi la situazione è molto cambiata e gli arcaismi che trovano spazio nella prosa letteraria hanno
una forte marcatezza espressiva, caratterizzando in maniera peculiare la lingua di scrittori
espressionisti come Carlo Emilio Gadda, Giorgio Manganelli, Vincenzo Consolo o Gesualdo
Bufalino. Espressionismo: stravolgimento linguistico, lontano sia dagli ideali classicheggianti del
tradizionalismo letterario sia dal proposito di imitare la lingua dimessa e grigia della realtà
quotidiana.
8.3 La lingua scritta
Per capire la natura conservativa della nostra lingua, non bisogna dimenticare che l'italiano è stato a
lungo usato esclusivamente nello scritto e in particolare nello scritto letterario. La divisione politica
dell'Italia, ha determinato una situazione di frammentazione linguistica per cui anche le classi di più
alto livello socioculturale hanno continuato a usare nella conversazione quotidiana il dialetto. Nello
scritto, invece, una lingua uniforme s'impone già nel 500, quando si afferma il modello linguistico
proposto da Pietro Bembo, esemplato sui grandi scrittori del 300 fiorentino. La continua pressione
dei modelli letterari, il rinnovato prestigio fornito alla soluzione arcaizzante prima del Vocabolario
della Crusca e poi dai puristi ottocenteschi, la distanza della lingua viva fanno si che anche l'italiano
scritto non letterario possa considerarsi una sorta di serra in cui sopravvivono per secoli forme,
costrutti e vocaboli estranei al parlato.
8.4 Il sentimento neologico
Con il termine neologismo si indicano le parole nuove che entrano in una lingua o si formano al suo
interno. Neologismi sono, dunque,anche i prestiti da altre lingue, ma la definizione tende di solito a
essere ristretta alle sole parole create con materiali della stessa lingua. Più che la novità anagrafica
di una parola, conta infatti la novità soggettiva che i parlanti le attribuiscono, ovvero quello che si
chiama il “ sentimento neologico”. La percezione della novità di un vocabolo può anche
accompagnarsi a reazioni più marcate, come l'insofferenza. Il gusto per la coniazione e per l'uso di
parole nuove è molto spiccato nel linguaggio politico e soprattutto, nel linguaggio giornalistico.
Talvolta parole e locuzioni cambiano status, si trasformano da arcaismi in neologismi, grazie a
un'improvvisa fortuna che le rende parole alla moda. Si parla in questi casi di neologismi di
recupero. Altre volte, su un significante vecchio s'innesta un nuovo significato:neologismo
semantico.
8.5 La formazione delle parole
Il più importante mezzo di arricchimento del repertorio lessicale è senza dubbio la derivazione,
ovvero la possibilità di produrre nuove parole a partire da quelle preesistenti, tramite l'applicazione
di una serie di meccanismi derivativi. Da ogni base lessicale teoricamente ricavare un numero di
derivanti molto elevato. Ma di tutti i derivanti che virtualmente appartengono al sistema di una
lingua, solo una piccola parte esiste nell'uso effettivo. Quando ai meccanismi, si possono
distinguere tre modi di formazione delle parole: la prefissazione, la suffissazione e la composizione.
I vocaboli derivati possono inoltre organizzarsi secondo due diverse modalità: paradigma a
ventaglio e paradigma a cumulo. Nel paradigma a ventaglio da una stessa base lessicale si trae
direttamente una serie più o meno ricca di derivanti. Nel paradigma a cumulo, invece, la
derivazione avviene con una serie di trasformazioni successive a partire dalla medesima base
lessicale. Spesso, i paradigmi si combinano tra loro.
8.6 L'affissazione
L'affissazione è un processo di formazione delle parole che si distingue in: prefissazione e
suffissazione. I suffisati: la derivazione è ottenuta aggiungendo un elemento che si pone dopo la
base. A seconda della base a cui si appongono si distinguono:
– suffissi denominali:(nome o aggettivo+verbo)
– suffissi deaggettivali:(nome o aggettivo+verbo)
– suffissi deverbali:(verbo+nome)
Nei prefissati, invece, l'elemento viene aggiunto prima della base. Trai prefissati nominali e
aggettivali, si distinguono parole formate con 1)prefissi provenienti da preposizioni e avverbiale 2)
prefissi intensivi 3)prefissi negativi. Tra i prefissi verbali la distinzione è tra prefissi intensivi e
prefissi con valore di aspetto e di modo. Un particolare tipo di affissi è costituito infine dai confissi:
si tratta di elementi aggiunti sia all'inizio sia alla fine di una parola. Si tratta di un processo di
formazione delle parole che si può considerare a metà tra derivazione e composizione.
Originariamente questi elementi erano attinti dalle due lingue classiche: il latino e soprattutto il
greco. Oggi però la grande espansione di questo processo ha fatto si che nella lingua comune si
possono trovare usate in funzione dei prefissoidi:
– parole italiane
– accorgimenti nati dalla combinazione con un suffissoide
– accorgimenti creati appositamente per creare un prefissoide
8.7 La composizione
Per composizione s'intende il processo per cui, unendo due o più parole, si ottiene una parola nuova.
Numerosi sono in italiano i composti che abbinano un verbo e un nome(come
attaccapanni,lavastoviglie, portacenere). Parola con il predicato verbale (lanciafiamme). Parola con
il predicato nominale (nome+aggettivo= cassaforte)(aggettivo+nome=altopiano,malafede)
(nome+nome= cartamoneta,calzamaglia). Diversamente fanno considerati i tipi (cassapanca=
nome+nome)in cui i due elementi sono due predicati coordinati. Ulteriore tipi di composto sono i
conglomerati (composti da verbi) e le cosiddette parole macedonia (cantautore= cantante+autore).
Le unità polirematiche,sequenze non modificabili di più parole che in genere mantengono la propria
autonomia grafica, e in cui le singole componenti non possono essere definite isolatamente e
dunque costituiscono di fatto un'unica parola composta: anno luce, avviso di garanzia,ferro da
stiro.
8.8 Parole d'autore
Tutte le parole nascono dall'uso di un individuo, che le immette nel circuito della società. Solo
raramente possiamo risalire al creatore, cioè all'onomaturgo di un determinato vocabolo. Le parole
che possono vantare un autore abbondano, in realtà, nei linguaggi settoriali, in cui sono formate di
solito a partire da componenti greche e latine.
Allitterazione: è una figura che consiste nella ripetizione più o meno ravvicinata dello stesso suono
all'inizio o anche all'interno di due o più parole successive. Spesso l'allitterazione viene impiegata
per richiamare un suono, una cadenza o il verso di un animale, con il fine di rendere più evocativo il
testo.
8.9 L'onomastica
In una lingua esistono anche parole che sono prive di un vero e proprio significato, perché
identificano, all'interno di una categoria generale, un solo specifico individuo: si tratta dei nomi
propri. Il ramo della linguistica che si occupa della classificazione e dello studio dei processi di
formazione dei nomi propri è l'onomastica, le cui specializzazioni principali sono l'antroponimia (lo
studio dei nomi di persona) e la toponomastica(lo studio dei nomi propri di luoghi ed elementi
geografici). I nomi di persona , come i nomi comuni,sono sottoposti al ciclo della vita di ogni
parola; la vita di un antroponimo si esaurisce di solito al cambiare delle mode onomastiche tipiche
di ogni periodo storico. Attualmente, il criterio di scelta onomastica più diffuso sembra essere il
simbolismo fonetico: i nomi vengono scelti soprattutto perché piacciono per il suono. Se gli
antroponimi sono soggetti, seppure in maniera molto particolare, allo scorrere del tempo, molto più
conservativi dal punto di vista delle forme risultano i toponimi, ovvero i nomi di luoghi ed elementi
geografici. Molti toponimi italiani sono derivati dal latino, dalle lingue germaniche, dall'arabo,
dall'etrusco o dall'italico. A volte, i nomi di città e località derivano o dall'antico signore di quel
territorio oppure dal santo o dall'antico dio pagano che protegge la località, dall'eroe o antico
fondatore. Certe volte, infine, le dominazioni sono direttamente collegate alle circostanze che hanno
accompagnato la fondazione dell'insediamento.
8.10 Dal nome proprio al nome comune
I nomi comuni che derivano da nomi propri vengono chiamati deonimici e il ramo della linguistica
che ne studia la classificazione e le modalità di formazione è la deonomastica. I deonimici sono
frequentissimi nel lessico italiano, al punto che in molti casi risultano difficili da individuare a
prima vista, perché il legame con il nome proprio che li ha generati non vien più avvertito con
chiarezza. Analizzando i processi mediante i quali è possibile ottenere un nome comune da un nome
proprio, possiamo individuare diverse categorie:
– Denomici ottenuti per antonomasia: sono nomi propri che si sono trasformati in nomi
comuni attraverso la generalizzazione delle caratteristiche peculiari di un
personaggio,assunto come tipo o modello di un dato comportamento o carattere.
– Deonimici ottenuti per metonimia: si ottengono quando un concetto o un oggetto assume il
nome del suo inventore, scopritore o iniziatore.
– Deonimici ottenuti per derivazione suffissale: si ricavano a partire da un nome proprio,
secondo le consuete regole di formazione delle parole dell'italiano, con l'impiego di vari
suffissi.
9.Giusto e sbagliato
9.1 La norma e l'errore
Il concetto di norma linguistica ha qualche affinità con quello di norma giudica. Nella lingua la
sanzione, pur non essendo codificata puntualmente, può colpire o attraverso un giudizio scolastico o
attraverso la squalifica sociale. Nella lingua questo indice di variabilità è ovviamente è molto
maggiore e si manifesta come variabilità diacronoca,diafasica,diamesica (ovvero attraverso il
tempo,i diversi registri linguistici, le differenze tra lingua parlata e lingua scritta). Per definire ciò
che è giusto e ciò che è sbagliato in una lingua, occorre tener conto di una variabile fondamentale. Il
grado di accettabilità, ossia la reazione dei parlanti di fronte alla violazione di un certo istituto
linguistico. Possiamo distinguere quattro gradazioni di errore, in ordine di accettabilità:
– il lapsus,accettabilità zero,viene compromessa la comunicazione e il parlante si corregge da
solo.
– Violazione delle fondamentali regole strutturali, accettabile solo a livello elementare
– violazione grammaticale, largamente rappresentata a livelli bassi
– violazione di norme disattese anche da parlanti colti.
9.2 Le fonti della norma linguistica
Le fonti della norma linguistica sono più incerte, e soprattutto meno delimitabili. Si può dire che un
parlante, in quanto capace di padroneggiare una lingua con le sue regole e le sue sfumature, proceda
a una continua verifica della correttezza e dell'efficacia delle esecuzioni linguistiche dei suoi
interlocutori. Naturalmente, il prestigio linguistico del singolo parlante varia a seconda del suo
ruolo professionale,dalla sua età, dalla riconoscibilità regionale. Tra le principali fonti della norma
linguistica ci sono dunque: i dizionari, le grammatiche, i repertori del buon uso linguistico. I
dizionari hanno varie occasioni per illustrare una norma: possono prevedere appositi inserti dedicati
agli errori; omettere una forma scorretta; suggerire preferenze. Le buone grammatiche sono più
esplicite e diffuse, e motivano una norma in base a considerazioni storiche o pragmatiche.
9.3 Tipologia e gerarchia degli errori
La diversità tra scritto e parlato si riflette sul diverso peso che assume nei due tipi di lingua la stessa
deviazione della norma. Le infrazioni ortografiche sono sanzionate duramente nella scuola,
nell'ambiente di lavoro e persino nei rapporti privati soprattutto per due ragioni:
– il prestigio dello scritto, legato anche alle occasioni della scrittura, spesso più informali ed
impegnative di quel che non avvenga nel discorso orale
– la fissazione del sistema grafico e paragrafico rispetto alla compresenza di più varietà di
pronuncia, tutte sostanzialmente tollerate. Certo, con il diffondersi dei nuovi mezzi di
comunicazione, si è ormai affermato un tipo di scrittura spiccatamente informale.
Si parla dunque di errori: ortografici, ortoepici (fatti di pronuncia rilevanti soprattutto per particolari
categorie professionali), morfosintattici (errata selezione di una forma grammaticale non ammessa
dalla norma), lessicali (l'uso di una parola per l'altra), gli errori testuali (la violazione di coerenza e
coesione).
L'accento è obbligatorio nelle parole tronche e in pochi monosillabi, nei quali svolge la funzione
distintiva.
L'apostrofo è il segno grafico dell'elisione e compare obbligatoriamente con gli articoli lo,la e con
le relative preposizioni articolate, con bello e santo, con ci davanti al verbo essere e in alcune frasi
idiomatiche.
9.4 Dubbi ortografici
Sebbene l'ortografia sia un settore abbastanza stabilizzato, non mancano casi dubbi anche per lo
scrivente colto.
– Segni paragrafematici (accento grave, acuto e apostrofo) (la O finale ha sempre l'accento
grave), (l'accento acuto per la I e la U toniche finali. Ad esempio: aprì, Cefalù.)
– Consonanti scempie e doppie
– L'uso della i superflua: scienza, grigie, bagniamo
– Oscillazioni in forme latineggianti: familiare / famigliare, consiliare/consigliare e simili,
entrambe le serie sono accettabili, ma quella più diffusa nell'uso è la prima.
9.5 Questioni d'accento
In alcune lingue la posizione dell'accento è fissa. In italiano invece l'unica certezza riguarda parole
come virtù, prenderò (polisillabi accentati sull'ultima vocale per cui c'è l'obbligo di segnare
l'accento grafico) e come pane (bisillabo senza indicazioni d'accento quindi piano). Per le parole di
tre o più sillabe possono sorgere dubbi specie se si tratta di parole poco comuni. Fuori dall'area di
appartenenza, può causare qualche problema anche l'accentazione di nomi di luogo scarsamente
familiari come Friùli. Fonte di incertezza è l'accento dei grecismi, specie quelli di ambito medico:
èdema o edèma? Termini come questi sono si di origine greca ma sono giunti fino a noi attraverso
un intermediario latino. L'accento oscilla per effetto del diverso sistema accentuativo vigente nelle
due lingue classiche. In greco e latino l'accento non poteva risalire oltre la terzultima sillaba.
9.6 Nomi e pronomi
Per gli essere animati, e in particolare per l'essere umano, c'è una certa corrispondenza tra genere
naturale e genere grammaticale. Anche le desinenze possono non bastare per risalire al genere: in
italiano i nomi in A sono solitamente femminili ma diciamo il collega, il pianista; i nomi in O sono
solitamente maschili, ma diciamo una auto, la radio. I nomi maschili in A rappresentano una
minoranza, sia pure cospicua, rispetto ai nomi in cui il genere maschile è marcato dalla desinenza
O. I nomi femminili in O , invece, rappresentano quasi tutti il primo elemento di parole composte, e
mantengono il genere originario: automobile, auto. Le occasioni di incertezza però sono molte.
1)Possiamo ricordare: i nomi di città, quale che sia la terminazione, sono normalmente femminili.
2)Per i nomi femminili di professione, il gruppo che può causare più problemi è quello costituito da
nomi come avvocato o ingegnere.3) Singoli casi di oscillazione si spiegano variamente. In Il/ la
carcere è stato affiancato dal femminile,generalizzatosi al plurale (le carceri). Gli riferito a un
femminile è ancora oggi percepito come una forma di livello popolare che è opportuno evitare
anche nell'uso parlato. Più accettato l'uso di gli per a loro, che appare anzi raccomandabile nel
registro colloquiale, in cui loro risulterebbe affettato. Il pronome loro, invece è normalmente
posposto, conservando sempre la sua autonomia (parlo loro, parlare loro) può essere anteposto
nella lingua di registro sostenuto (loro spettanti) interposto tra un elemento reggente e un elemento
retto (era stata loro affidata).
Un pronome atono si affigge obbligatoriamente al verbo come enciclico in quattro casi:
– dopo l'infinito (digli)
– dopo l'imperativo affermativo (digli)
– dopo un gerundio(dicendogli)
– dopo un participio(dettogli, spettantele)
9.7 Questo, codesto e quello
Il sistema dei pronomi e aggettivi dimostrativi nell'uso toscano e nell'italiano letterario presenta tre
forme disponibili: questo (che indica vicinanza materiale e psicologica rispetto a chi parla)
codesto(che indica vicinanza a chi ascolta) quello (che indica distanza sia da chi parla sia da chi
ascolta). Oltre che per indicare qualcosa nello spazio, i dimostrativi si usano per richiamare
qualcosa detto in precedenza o per anticipare quello che si dirà in seguito.
9.8 Indicativo e congiuntivo
Si parla molto, negli ultimi tempi, di una presunta “morte del congiuntivo” nella lingua italiana. In
realtà le cose sono più complesse. In moltissimi casi l'alternativa tra indicativo e congiuntivo è
esistita fin dai primi secoli del volgare. È il caso della pròstasi del periodo ipotetico dell'irrealtà
(“Se l'avessi saputo, non sarei partito”), in cui è sempre esistita la possibilità di ricorrere
all'indicativo imperfetto. Altre volte la scelta del modo verbale è condizionata dal verbo reggente,
come nel caso delle proposizioni completive, cioè quelle proposizioni che svolgono la funzione di
complemento oggetto. Una proposta oggettiva retta da un verbo di giudizio o di percezione richiede
normalmente l'indicativo (“Mi ricordo che hai vissuto a lungo a Napoli”); retta da un verbo
volitivo, richiede il congiuntivo (“ Mi auguro che tutto vada per il meglio”). Nei verbi di opinione
si registra sempre più spesso nel parlato e nello scritto informale la tendenza a usare l'indicativo.
9.9 Ordine delle parole
Si dice comunemente che in italiano, come nelle altre romanze, l'ordine delle parole è diventato
rigido, rispetto alla libertà del latino. La rigidità delle sequenze vale solo nell'ambito del sintagma,
ovvero nell'unità sintattica di livello inferiore(articolo+sostantivo: “ la casa”, non casa la;) e per
alcune proposizioni ben definite, come le relative e le interrogative. Infatti, in una proposizione
relativa, il pronome che, cui occupa obbligatoriamente il primo posto: “la casa che abito, in cui
abito”. Il pronome il quale, se dipende come complemento di specificazione da un nome
appartenente alla stessa proposizione relative, può essere proposto: “ il contribuente i redditi del
quale rientrano nella quota esente”; il quale come complemento oggetto “ amo molto
sant'Agostino, leggendo il quale mi sono riavvicinato a Dio”. Nelle interrogative parziali, cioè
quelle in cui la domanda non riguarda l'insieme della frase, ma un singolo elemento, l'enunciato
contiene un pronome o avverbio interrogativo che si colloca abitualmente al primo posto. Negli
enunciati reali, l'ordine abituale soggetto- verbo-predicato viene violato in molti casi. Lo stesso vale
per le didascalie di un discorso riportato, in cui il verbo dire o simili rappresenta l'elemento tematico
e il rema è il personaggio che di volta in volta pronuncia la battuta. In sostanza: una norma sintattica
generale va calata nella concreta realtà comunicativa e verificata alla luce dei vari condizionamenti
che in essa agiscono. Nella scrittura, per riferire il pensiero altrui possiamo ricorrere a tre
fondamentali strutture linguistiche: 1) Discorso diretto 2) Discorso indiretto 3) Discorso indiretto
libero:consiste in un resoconto indiretto, privo però di servitù sintattiche e contenente una serie di
modalità proprie del discorso diretto.
9.10 Punteggiatura
I segni di punteggiature sono una prerogativa dello scritto. Se si escludono i casi del punto
interrogativo e del punto esclamativo, in cui si ha una corrispondenza tra oralità e scrittura,
generalmente non hanno la funzione di rappresentare graficamente le pause del parlato,ma piuttosto
di marcare i rapporti sintattici che intercorrono tra le parti di una frase o di un periodo. Inoltre, se
per l'ortografia e la morfologia si può contare su un insieme di norme rigide e codificate, per la
punteggiatura la scelta tra i vari segni interpuntivi dipende molto spesso delle abitudini scrittorie
individuali. Un segno di interpunzione non va usato n presenza di un blocco unitario:
– tra soggetto e predicato (“Marco è partito”)
– tra aggettivo e sostantivo( “ Una bella giornata”, “ Un caldo torrido”)
– tra predicato e complemento oggetto ( “ Questa macchina ha molti optional”)
– tra elemento reggente e complemento di specificazione (“ La luce del sole”)
La virgola è ammessa soltanto nella riproduzione del parlato o nel registro colloquiale, se serve a
mettere in evidenza il soggetto o il complemento oggetto, specie quando questo si trova in una
posizione diversa da quella che occupa abitualmente nella frase: “ Lei, è stata zitta tutto il tempo”.
Esistono anche alcuni casi in cui l'uso della virgola è obbligatorio:
– prima dell'apposizione (“ Dionisio, tiranno di Siracusa”);
– prima del vocativo non preceduto dall'interiezione (“Studiate, ragazzi”)
– in caso di ellissi (“ Ho visto Sara due volte: la prima, a casa di amici;la seconda, in
biblioteca)
La virgola si usa di norma nelle enumerazioni e nelle coordinazioni asindetiche (cioè senza
coniugazioni), ma non in quelle sindetiche, soprattutto se sono formate da due soli membri e sono
all'interno della stessa frase. Nel delimitare un inciso di qualsiasi tipo, la virgola può essere
sostituita dalle lineette o trattini lunghi (-) e dalle parentesi tonde, soprattutto in caso di frasi molto
lunghe. Il punto e la virgola si usa nelle coordinazioni asindetiche, al posto della virgola, quando le
enumerazioni sono complesse, ma anche in altri due casi:
– in una frase coordinata o giustapposta (“la commedia di Dante è un'opera complessa;
l'autore possedeva una cultura enciclopedica)
– posto prima di un connettivo “forte” (dunque, quindi, perciò, insomma) in concordanza con i
due punti.
I due punti servono principalmente a introdurre il discorso diretto o una citazione, ma hanno almeno
altre due funzioni:
– quella argomentativa, quando indicano l'effetto prodotto da una causa o la conseguenza
logica di un fatto (“ questo libro mi è piaciuto molto: l'ho letto tre volte”)
– quella descrittiva, quando introducono un commento critico (“ Un sinonimo di lettera è
missiva: termine meno comune ma ancora sfruttato, soprattutto nel linguaggio
burocratico”)
Se però l'enumerazione fa corpo con la frase precedente, costituendone il complemento oggetto o un
complemento indiretto, i due punti vanno evitati oppure devono essere preceduti da un
complemento generico: “ il paziente, lamenta i seguenti sintomi: dolori addominali, nausea e
cefalea”. Esistono due tipi di virgolette: quelle basse (< >) e quelle alte(“ “). Le prime si usano per
introdurre una citazione o un discorso diretto. Le secondo si usano principalmente in due casi:
– per riportare un discorso diretto o una citazione all'interno di un altro discorso diretto o di
un'altra citazione.
– Per segnalare l' uso particolare di una determinata parola o locuzione.
L'uso dei capoversi è in molti casi soggettivo, dipendendo dalle abitudini e dal gusto personale di
chi scrive. Esistono però alcune funzioni codificate:
– nella prosa saggistica e argomentativa, il capoverso introduce un blocco informativo
omogeneo
– nella prosa letteraria, il capoverso viene usato soprattutto per riportare le battute di un
dialogo, un cambio di abitazione o di un salto cronologico.
10. Dizionari per ogni esigenza
10.1 Dizionari del tempo
Nella preistoria di ogni tradizione lessicografica s'incontrano generalmente glossari bilingui :liste di
parole di due lingue diverse compilate allo scopo di favorire una elementare comunicazione
interpersonale. Glossario di Monza . Un altro precursore dei dizionari è la lista di parole trascritte
per uso privato, come il Vocabulista di Luigi Pulci, nel quale lo scrittore raccolse circa 700 parole,
tratte soprattutto da precedenti repertori latino-volgari. Solo nel 500 si cominciano a redigere liste di
parole che si avvicinano di più alla moderna idea del dizionario. Si tratta soprattutto di elenchi di
vocaboli attestati in Dante, Petrarca, Boccaccio, i tre principali modelli dell'uso letterario.
Raramente affiora una vera attenzione per la lingua parlata, come avviene col Dittionario di
Francesco Sansovino, l'interesse sembra rivolgersi all'uso moderno tosco-fiorentino. Il primo vero
dizionario dell'italiano si deve all'iniziativa dell' Accademia della Crusca, nata a Firenze nel secondo
500 su iniziativa di un gruppo di letterati fiorentini che aveva preso l'abitudine di promuovere
riunioni giocose. Nel 1582 entrò nel gruppo un letterato illustre, Leonardo Salviati, che in poco
tempo e ne indirizzò l'impegno in una direzione precisa: separare il buono dal cattivo in fatto di
lingua . Gli accademici avevano stemmi personali detti pale; lo scaffale in cui si raccoglieva le leggi
dell'Accademia della Crusca ebbe forma e nome di sacco; lo stemma dell'accademia era il frullone,
lo strumento che appunto serviva a separare il grano della crusca; il motto era stato tratto da un
verso del Petrarca: “ il più bel fiore ne coglie”. Fu pubblicata a Venezia nel 1612. Il vocabolario
della Crusca comprendeva, in primo luogo le voci usate dagli scrittori; ma, dal momento che questi
autori esemplari, il lemmario era integrato attingendo scalarmente agli autori minori del 300, a
scrittori non fiorentini e infine, con prudenza, all'uso moderno. L'importanza del Vocabolario della
Crusca, del quale apparvero quattro edizioni ufficiali complete e una quinta interrotta alla lettera O.
10.2 I dizionari storici
Lo scopo del dizionario storico è quello di registrare il patrimonio di una tradizione scritta fornendo
una documentazione che illustri le varie accezioni via via registrate. La fraseologia è addirittura
essenziale per la compressione della lingua del passato. Il Vocabolario degli Accademici della
Crusca, primo dizionario organico dell'italiano è appunto un vocabolario storico. Nell'Ottocento
videro la luce la quinta edizione del Vocabolario della Crusca,notevolmente rinnovata
nell'organizzazione del materiale ma selettiva nel lemmario, e il vocabolario promosso da Niccolò
Tommaseo. Nel 2002 si è finalmente conclusa, con il completamento del ventunesimo volume, la
quarantennale pubblicazione del Grande dizionario della lingua italiana, fondato da Salvatore
Battaglia e diretto da Giorgio Barberi Squarotti. Le due caratteristiche essenziali del GDLI sono la
straordinaria ricchezza degli esempi, e l'accuratezza e analiticità delle definizioni. Rivolto ad un
pubblico di specialisti e centrato sull'italiano più antico è invece il Glossario degli antichi volgari
italiani: pubblicato a cura di Giorgio Colussi dal 1983, comprende una vastissima raccolta di voci
tratte da opere scritte prima del 1321. Questo particolare dizionario storico si segnala oltre per le
sue ingenti dimensioni, per l'ampio apparato di commenti e di informazioni etimologiche e
bibliografiche che accompagna ciascuna voce.
10.3 I dizionari etimologici
L'idea di ricostruire l'etimo di una parola nasceva dall'aspirazione di afferrare la realtà concettuale
preesistente al linguaggio e spesso l'etimo vero o presunto di una parola ha condizionato determinati
comportamenti. I moderni dizionari etimologici mirano a ripercorrere la storia di una parola o di
un'espressione dalla più antica attestazione in poi. Risulta ormai invecchiato il dizionario
etimologico italiano dei due glottologi Carlo Battisti e Giovanni Alessio, che ha comunque il merito
di raccogliere una mole considerevole di voci, documentando largamente il lessico tecnico-
scientifico. Il dizionario etimologico della lingua italiana organizza con chiarezza e sistematicità il
materiale. I suoi punti di forza, che lo rendono a tutt'oggi il più affidabile strumento del genere
compiutamente realizzato, sono i seguenti:
– assegnazione di una data di prima attestazione a tutte le forme lemmatizzate
– ampiezza della documentazione
– indicazione bibliografiche
Dal 1979 esce in fascicoli il lessico etimologico italiano diretto dal linguista svizzero Max Pfister
arrivato nel 2011 a coprire parte della lettera C e una prima sezione della D, con i sei ulteriori
fascicoli specificatamente dedicati ai Germanismi.
Il lemma: si trova all'inizio di ogni voce e viene di solito evidenziato tramite particolari
caratteristiche tipografiche.
Il lemmario è l'insieme di tutti i lemmi presenti nel dizionario.
10.4 I dizionari di sinonimi
Nel lessico possono sussistere vari rapporti tra le singole unità. Si parla di sinonimi quando due o
più vocaboli condividono i tratti semantici essenziali. Analoghi quando la sovrapponibilità è solo
parziale. Si parla di contrari quando i significati si oppongono. Di inversi quando si ha un rapporto
di reciprocità. Di norma, anche nei casi in cui due vocaboli hanno un'ampia area di significato in
comune, a renderli non sovrapponibili intervengono restrizioni: semantiche, diafasiche e diatopiche.
– Si parla di restrizioni semantiche nel caso di anziano e vecchio
– Due o più sinonimi sono sottoposti a restrizioni diafasiche quando si distribuiscono nell'uso
a seconda del registro.
– Le restrizioni sono di tipo diatopico quando la distribuzione di due sinonimi avviene in base
alla diversa area regionale in cui vengono adoperati abitualmente.
Grande dizionario italiano dei sinonimi e contrari diretto da Tullio De Mauro,che con i suoi
260000 lemmi rappresenta il più vasto dizionario di questo genere.
10.5 Le raccolte di neologismi
Un dizionario generale deve essere cauto nell'accogliere i neologismi,che potrebbero uscire dall'uso
nel giro di pochi anni o addirittura esaurirsi in un'effimera invenzione giornalistica. Alla
registrazione dei neologismi sono consacrati alcuni dizionari speciali: Dizionario moderno di
Alfredo Panzini, dal 95 al 97 risalgono due registri di neologismi di ambito politico di Silverio
Novelli e Gabriella Urbani, Michele Cortellazo Gli annali del lessico contemporaneo italiano,
Adamo e Della Valle Neologismi quotidiani parole nuove dei giornali.
10.6 I dizionari dell'uso:il lemmario
Il dizionario per antonomasia è certamente quello dell'uso, posseduto dalle famiglie italiane e quindi
oggetto di intense campagne pubblicitarie da parte degli editori. In particolare, un dizionario
italiano accoglierà un regionalismo solo quando la sua diffusione supera i confini originari.
Altrettanto complessa, la scelta dei neologismi: più numerosi e invadenti degli arcaismi ma
soprattutto non valutabili da parte del lessicografo col necessario distacco. Tuttavia,bisogna
resistere alla tentazione di inseguire forestierismi effimeri, spesso adoperati solo nei giornali. E'
dunque più delicato scegliere cosa escludere piuttosto che cosa includere e la selezione dei lemmi
deve essere improntata ad un atteggiamento equilibrato,che tenga conto delle diverse componenti
del lessico contemporaneo. Un'opera molto attenta all'equilibro del lemmario è il Vocabolario della
lingua italiana dell'istituto Treccani.
10.7 I dizionari dell'uso:la definizione e le marche d'uso
La definizione di una parola e delle sue accezioni è certo uno degli aspetti più delicati che il
lessicografo deve affrontare. Si tratta anche di indicare l'ambito il registro d'uso, in genere con
abbreviazioni dette marche d'uso, di collocare una parola nei suoi contesti più tipici attraverso
un'opportuna fraseologia. Ci riferiamo specialmente al Disc (dizionario italiano sabatini coletti, poi
solo il sabatini coletti nel 2008) e soprattutto al Gradit , che consente di individuare
immediatamente attraverso l'impiego di una coerente marcatura se una parola o una sua accezione è
in ambito: regionale (RE),dialettale (DI) o letterario (LE) se si tratta di un esotismo (ES) oppure di
un termine tecnico-scientifico(TS). I due dizionari sottolineano anche il livello di disponibilità e di
frequenza di un lemma. Il Gradit ricorre a un sistema di marche che indicano la frequenza d'uso di
una parola e delle sue accezioni, la sua, per così dire, condizione generale d'uso:
– FO (lessico fondamentale)
– AU (lessico di alto uso)
– AD (lessico di alta disponibilità)
– CO (lessico comune)
– BU (lessico di basso uso)
A queste si aggiungono inoltre alcune marche che individuano la provenienza o l'area d'impiego di
un termine, per esempio segnalando la sua appartenenza ad un linguaggio speciale. Oggi i dizionari
sono molto attenti a non ferire determinate sensibilità: omosessuale, quella di minoranze etniche e
culturali e in particolare quella femminile.
10.8 I dizionari dell'uso:le informazioni grammaticali
Il dizionario non si consulta solo per sapere il significato delle parole che conosciamo poco o non
conosciamo affatto, ma anche per risolvere i dubbi grammaticali e svolgere così di fatto anche una
funzione normativa rispetto all'uso della lingua. Attraverso la fraseologia, ricaveremo le indicazioni
precise sulla legittimità di entrambi i costrutti se verranno esemplificati entrambi, oppure saremo
orientati verso uno dei due. Il sabatini-coletti ha introdotto diverse novità. I verbi vengono
classificati a seconda degli argomenti, dà inoltre grande importanza ala linguistica testuale,
definendo con chiarezza la classe delle coniugazioni testuali. Una grande attenzione si ha anche nel
dizionario italiano Garzanti che fornisce numerose e specifiche indicazioni su tutti quei lemmi per i
quali il contrasto tra norma e uso può favorire l'insorgere di dubbi.
10.9 I dizionari e l'informatica
Dagli anni novanta la larga diffusione del pc ha aperto nuove possibilità di ricerca e di studio anche
in ambito linguistico-letterario. E' ormai generale, infatti, la presenza di CD-ROM o DVD come
supporto ai dizionari stampati. Il primo dizionario concepito per essere consultato anche in disco
ottico è stato il disc (sabatini coletti). A questa prima opera di lessicografia digitale ne sono seguite
numerose altre a partire dalla versione elettronica del gradit. Tuttavia ormai lo strumento del disco
ottico è da considerarsi superato. Per questo motivo sembrano preferibili altre soluzioni tecniche,
diffusesi negli ultimi anni, come l'impiego del supporto USB e l'integrazione del CD-ROM con la
possibilità di aggiornare lemmario e definizioni su internet. Lo strumento più efficace tra quelli
affermatosi negli ultimi anni restò però quello del dizionario consultabile direttamente on line che
attraverso una maschera di ricerca consente all'utente di accedere ad un lemmario continuamente
aggiornato ed ampliabile all'infinito, frutto di un costante lavoro di ricerca e catalogazione lessicale.
Completamente gratuita: Lessiografia della crusca on line, Sabatini Coletti, Vocabolario Treccani,
Enciclopedia ed il dizionario biografico degli italiani. Tra gli strumenti a pagamento: Dizionario
Zanichelli, Dizionario dei proverbi italiani, Dizionario di mitologia, Dizionario di medicina e
biologia.
10.10 Oltre il dizionario le banche dati
Negli ultimi anni, accanto ai dizionari, sempre maggiore importanza hanno assunto gli archivi di
testi e di informazioni lessicali, sia per lo scritto, per il parlato, in formato digitalizzato. Le banche
dati servono per svolgere ricerche puramente lessicali, problemi di sintassi, di morfologia e per il
parlato, di pronuncia e fonetica, che sarebbe onerosissimo svolgere sulla base di spogli manuali. Il
BIZ è il più completo archivio elettronico di testi letterari finora realizzato in Italia (comprende da
Francesco D'Assisi a Grazia Deledda); l'ALT (testi poetici da Petrarca a Marino); il Primo tesoro
della lingua letteraria italiana (contiene il testo di cento romanzi selezionati per il premio Strega dal
1947 al 2006). La banca dati dell'Opera del vocabolario italiano aspira a raccogliere tutti i testi
italiani più antichi fino al 1375. Tesoro della lingua italiana delle origini (è un vastissimo dizionario
storico dell'italiano antico). Google Books raccoglie centinaia di migliaia di riproduzioni
dell'originale di opere antiche e contemporanee, spesso di prime edizioni e di volumi rari, difficili
da reperire. Il servizio è solo parzialmente gratuito. Per concludere, ricordiamo che internet stesso
rappresenta un immenso contenitore di testi di ogni genere, la cui consultazione, può risultare molto
utile alla ricerca linguistica, specialmente per quanto riguarda lo studio dell'italiano contemporaneo.

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