Studiare la storia
dell’Adriatico
Egidio Ivetic CDU 94(262.3)+930.1
Università degli Studi di Padova Sintesi, Novembre 2019
E. Ivetic, Studiare la storia dell’Adriatico, pp 374-383 375
RIASSUNTO
Il saggio si presenta come una proposta per avviare una specifica storia dell’A-
driatico. Una storia in cui si esprime la convinzione che l’Adriatico sia di per sé
non solo un mare bensì una regione d’Europa, in cui si dovrebbe delineare un
canone storico adriatico, individuare cioè i tratti essenziali e le problematiche
basilari di una specifica storia adriatica che si fonda su gruppi diversi di storie e
storiografie, oggi ancora poco interconnesse.
PAROLE CHIAVE
Adriatico, storia
ABSTRACT
This paper presents a proposal to launch a specific history of the Adriatic. It is a
history that expresses the conviction that the Adriatic as such is not only a sea,
but rather a European region, which should delineate an Adriatic historic canon,
i.e. identify the essential features and fundamental issues of a specific Adriatic
history based on different groups of histories and historiographies, currently still
poorly interconnected.
KEYWORDS
Adriatic, history
Stretto fra l’Italia e i Balcani, l’Adriatico figura sul palcoscenico della sto-
ria come un silente comprimario. Un mare riconoscibile per la sua forma
tra i mari mediterranei e non anonimo nelle vicende europee, eppure sfug-
gente. Dell’Adriatico si sono date molte definizioni: un mare di passaggio
tra il Levante e l’Europa centrale, una frontiera tra Oriente e Occidente, un
Mediterraneo in miniatura, un’insenatura nel continente europeo. Prevale
l’idea di un contesto marittimo funzionale a qualcosa, sia esso lo sviluppo
economico e politico di una città unica come Venezia sia esso lo spazio del-
le nazioni che vi si affacciano. “L’Adriatico è forse la regione marittima più
coerente. Da solo e per analogia, pone tutti i problemi impliciti nello studio
dell’intero Mediterraneo”1. Così sintetizzava Fernand Braudel, con insupera-
ta efficacia. L’Adriatico appare dunque allo stesso tempo scontato e mai del
tutto definito, simile ad altri mari chiusi e di frontiera, come il Baltico e il Mar
Nero, un’area di mediazione e contrapposizione tra diversità.
1 F. BRAUDEL, Civiltà e imperi del Mediteraneo nell’età di Filippo II, Torino, Einaudi, 1986, v. 1, p. 118 (Piccola
Biblioteca Einaudi).
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Sulle terre adriatiche, le sue regioni e le sue città, si è scritto molto; la
bibliografia è imponente e continua a crescere, parcellizzata a livello locale
e regionale. Tuttavia, per avere una sintesi di storia dell’Adriatico si è do-
vuto attendere l’anno 2001, quando uscì Histoire de l’Adriatique, scritta da
un gruppo di autorevoli storici francesi, Alain Ducellier, Bernard Doumerc,
Olivier Chaline e Michel Sivignon, guidati da Pierre Cabanes2. Non a caso
francesi e non a caso all’alba del XXI secolo. Scrivere una storia dell’Adria-
tico, inteso nella sua totalità e non secondo prospettive nazionali, era, di
fatto, un’impresa impensabile durante tutta la modernità, tra il 1870 e il
2000. Un mare confine tra nazioni non era considerato come qualcosa a sé.
Per oltre un secolo esso era il traguardo e il limite, secondo i punti di vista,
degli spazi nazionali. Poeti, come Gabriele D’Annunzio, gli hanno attribuito
una nazionalità, un ethnos. E tutt’oggi, per quanto non si hanno dubbi che il
Mediterraneo sia la patria comune di differenti civiltà, religioni e confessioni,
di diverse storie, si fatica a riconoscere questa molteplicità nella compagine
adriatica, dove sono piuttosto le dicotomie e le contrapposizioni ad essere
evidenziate, come tra cristiani e ottomani, come tra Italia e Slavia.
L’Histoire de l’Adriatique rimane un’impresa di grande rilevanza, ma iso-
lata, non capita3. Finisce per indicarci un canone storico adriatico che, fino
ad oggi, è mancato, ma questa Histoire, come volume e proposta culturale,
purtroppo è passata in completa sordina; tutt’oggi non si riscontra una ri-
cezione presso le storiografie che si affacciano sull’Adriatico. Anzi, nessuna
attenzione sulle principali riviste storiche, nessuna discussione, anche ma-
gari dopo qualche anno. Così, questa storia dell’Adriatico, che attualmente
rimane l’unica sintesi disponibile, sembra null’altro che un’interessante in-
cursione francese in un mare fatto di storiografie autoreferenziali. Potrebbe
essermi sfuggito, ma non ho trovato un’esplicita recensione di tale opera
nelle maggiori riviste storiche italiane, croate e slovene. A quasi due decenni
di distanza non si osservano effetti sulle storiografie che, da singoli punti di
vista, si occupano dell’Adriatico. La storia dell’Adriatico c’è ma non si vede,
sullo sfondo dalla storia dell’Italia e dei Balcani, o dei popoli sloveno, croato,
2 P. CABANES (sous la direction de), Histoire de l’Adriatique, Paris, Seuil, 2001. Le parti sono: M. SIVIGNON,
Le cadre naturel (pp. 13-22); P. CABANES, L’Adriatique dans l’Antiquité (pp. 23-106); A. DUCELLIER, L’Adria-
tique du IVe au XIIIe siècle (pp. 107-312); B. DOUMERC, L’Adriatique, de la guerre de Candia à la fin des
Empires (1645-1918) (pp. 313-505); M. SIVIGNON, L’Adriatique de 1918 à nos jours (pp. 507-587).
3 Per la ricezione in Francia cfr. J. C. HOCQUET, Histoire de l’Adriatique, in “Revue Historique”, 623 (2002),
pp. 755-758. Altri recenti e ottimi libri francesi sull’Adriatico passano inosservati tra le sponde dell’Adriatico:
G. Bosetti, De Trieste a Dubrovnik: une ligne de fracture de l’Europe, Grenoble, Université Stendhal, 2006; F.
LE MOAL, La France et l’Italie dans les Balkans, 1914-1919. Le contentieux adriatique, Paris, L’Harmattan,
2006.
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serbo, montenegrino, albanese, o degli imperi degli Asburgo e degli Ottoma-
ni. Al punto da chiederci: l’Adriatico ha una sua storia?
Il dubbio, legittimo, contrasta se si considera la recente ripresa degli
studi sul Mediterraneo e la salda fortuna degli Atlantic studies, nonché il
prosperare degli studi sul Pacifico e sull’oceano Indiano, tendenze che non
lasciano dubbi sull’importanza di ragionare in termini storici in merito ai
mari e agli oceani4. Si parla di complessità, trasversalità, comparazione. E
sempre Braudel ci ha insegnato che i mari, soprattutto quelli chiusi, sono
stati e dovrebbero essere considerati un “oggetto” storico su cui misurare
gli incontri e sovrapposizione di civiltà materiali e culture5. Non meno im-
portanti degli Stati, degli imperi, dei popoli/nazioni. Anzi, proprio la storia
dei mari che fecero da frontiera tra compagini diverse nel passato potrebbe
e dovrebbe essere un mezzo, una “piattaforma” per lo studio, la compren-
sione, magari la condivisione di un passato che soprattutto dalla prospettiva
di oggi appare comune. Il discorso vale, in generale, per il Mediterraneo,
territorio di una rinnovata ‘geografia della frattura’ fra civiltà occidentale,
cristianità e mondo islamico, fra il nord ricco e il sud povero, ma vale altresì
per l’Adriatico6. Il mare, quindi, come spazio della circolazione economica
e umana e luogo ove misurare il potere, le capacità di imporre o affermare
modelli politici, istituzionali e culturali. Del resto i mari, siano essi chiusi o
aperti, hanno caratterizzato come pochi altri fattori geografici l’Europa, la
sua storia: una grande penisola o, meglio, un insieme di penisole protese dal
corpo continentale asiatico verso occidente.
Una storia dell’Adriatico dovrebbe fondarsi su questi presupposti. Do-
vrebbe esprime la convinzione che l’Adriatico sia di per sé non solo un mare
4 Pensiamo alla svolta negli studi mediterranei con P. HORDEN-N. PURCELL, The Corrupting sea. A study of
Mediterranean history, Malden (MA) – Oxford, Blackwell, 2000. Cfr. inoltre B. BAILYN, Atlantic History. Con-
cept and Contours, Cambridge (Ma.), Harvard University Press, 2005; E. DOUGLAS-A. GAMES-K. LANE-D. R.
WRIGHT, The Atlantic World. A History, 1400-1888, Wheeling (Il.), Harlan Davidson, 2007.
5 F. BRAUDEL (a cura di), Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni, Milano, Bompiani,
1987.
6 B. KAYSER, Méditerranée, une géographie de la fracture, Aix-en-Provence - Tunis - Casablanca, Edisud -
Alif - Toubkal, 1996 ; J. CARPENTIER-F. LEBRUN (sous la direction de), Histoire de la Méditerranée, Paris,
Seuil, 1998; D. Abulafia (ed.), The Mediterranean in history, London, Thames and Hudson, 2003; CH. KING,
The Black Sea. A history, New York - Oxford, Oxford University Press, 2004; Y. LACOSTE, Géopolitique de la
Méditerranée, Paris, A. Colin, 2006 ; F. TABAK, The waning of the Mediterranean, 1550-1870. A geohistori-
cal approach, Baltimore (Md.), Johns Hopkins University Press, 2008; S. BONO, Un altro Mediterraneo. Una
storia comune fra scontri e integrazioni, Roma, Salerno, 2008. Si veda pure l’impostazione di Storia d’Europa
e del Mediterraneo, direttore Alessandro Barbero, Roma, Salerno, 2006-2010 (10 voll.). Per limitarci su Ve-
nezia e l’Adriatico, cfr. J. C. HOCQUET, Venise et la mer, XIIe -XVIIIe siecle, Paris, Fayard, 2006 ; C. JUDDE
DE LARIVIERE, Naviguer, commercer, gouverner. Economie maritime et pouvoirs a Venise (XVe - XVe siècle),
Leiden - Boston, Brill, 2008.
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bensì una regione d’Europa, non senza l’ambizione di delineare un cano-
ne storico adriatico, individuare cioè i tratti essenziali e le problematiche
basilari di una specifica storia adriatica, che si fonda su due gruppi diver-
si di storie e storiografie, poco interconnesse. Da una lato abbiamo interi
settori disciplinari accademici che indirettamente hanno a che fare con la
storia dell’Adriatico: civiltà antiche mediterranee, la storia greca e romana,
la storia bizantina, la storia degli slavi, dell’Italia alto-medievale, di Venezia,
degli antichi Stati italiani, dello Stato della Chiesa, del regno di Napoli, de-
gli Asburgo, del Sacro romano impero, la storia del regno d’Ungheria, della
Croazia, della Serbia, del Montenegro, dell’Albania, dei Balcani, dell’impero
ottomano, la storia dell’Austria, la storia d’Italia, la storia della Jugoslavia.
Dall’altro lato ci sono le storie regionali e locali, dal Salento e Bari alle Mar-
che, a Ravenna, a Trieste, dall’Istria a Ragusa, alle Bocche di Cattaro, alle
Ionie. La storia dell’Adriatico c’è, ma è declinata in una moltitudine di te-
matiche storiografiche accademiche o regionali; ed è soprattutto la ricerca
locale, di “provincia”, che fa, realizza la storia di questo mare di frontiera. È
una ricchezza culturale spesso misconosciuta o minimizzata.
Tracciare una visione storica d’insieme dell’Adriatico rimane un’opera-
zione esigente. Per quanto riguarda le ricerche e gli studi sulle civiltà più
remote, così come per l’antichità greca e romana, c’è un tradizionale coor-
dinamento tra studiosi ed esperti delle sponde adriatiche, il che facilita il
lavoro di sintesi. Una vera e propria frammentazione su base regionale, delle
storie e delle storiografie, si osserva con il passaggio verso il medioevo, con
l’arrivo degli slavi e dei longobardi, e questa partizione prosegue sino alla
storia contemporanea. Tra i secoli VII e XIX non possiamo altro che assem-
blare le storie regionali e comparare le storie di soggetti come Venezia, lo
Stato della Chiesa, il regno di Napoli, i domini asburgici e l’impero ottomano
in riferimento all’Adriatico. È un lungo periodo, durante il quale la sponda
orientale del mare viene definendosi come un’area dai confini molteplici,
politici, religiosi e di civiltà, mentre la sponda occidentale tende a vedere e
distinguere almeno tre Italie. Con la storia contemporanea, si torna ad un’i-
dea unitaria dell’Adriatico come luogo strategico per la politica e l’economia
delle nazioni, degli Stati nazionali, come esperienza della modernità in chia-
ve marittima locale, dall’industrializzazione, rotte commerciali e turismo
all’inquinamento e alle trasformazioni sociali. Tra il 1918 e il 1991 sul mare
si affacciano “solo” tre Stati, l’Italia, la Jugoslavia e l’Albania. Oggi gli Stati
adriatici sono sette, Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montene-
gro, Albania e Grecia, contando le sponde settentrionali di Corfù. E almeno
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sette sono le visioni storiche dell’Adriatico.
Una storia di quest’area non può non fare i conti con le diverse visioni del
passato, libri che ci precedono e che hanno testimoniato tanto la passio-
ne per l’Adriatico quanto la difficoltà di giungere a una narrazione storica
in qualche modo condivisa. C’è tutto un filone di libri dettati da imperativi
nazionali e ideologici: così oggi valutiamo gli scritti di Oscar Randi, Gellio
Cassi e Grga Novak; sono testimonianze di culture non del tutto svanite, di
nazionalismi sempre latenti; ma anche questo è stato ed è l’Adriatico7. Vi
possiamo contrapporre l’accademismo degli studi venezianisti di Roberto
Cessi, oppure l’Adriatico anazionale, una linea di demarcazione e un unico
spazio di navigazione e interscambio, come l’ha voluto vedere e descrivere
Sergio Anselmi8. Rispetto alle divisioni, magari declamate all’interno delle
proprie culture di riferimento, dal 1970 si può annoverare una pluridecen-
nale tradizione di incontri, congressi, convegni organizzati da specialisti, tra
le due sponde, nel tentativo di avviare un dialogo9. Cospicui sono stati i
contributi sugli aspetti economici comuni ai vari litorali10 e assai validi gli
atti dei convegni sulle due sponde adriatiche, intese come bacino di inter-
scambio culturale11.
Tuttavia, una collaborazione sistematica, non di circostanza, non è vera-
7 O. RANDI, L’Adriatico. Studio geografico, storico e politico, Milano, Treves, 1914; G. CASSI, Il mare Adriati-
co. Sua funzione attraverso i tempi, Milano, Hoepli, 1915; G. NOVAK, Jadransko more u sukobima i borbama
kroz stoljeća [Il mare Adriatico nei conflitti attraverso i secoli], Beograd , Vojno delo, 1962.
8 R. CESSI, La Repubblica di Venezia e il problema adriatico, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1953; S.
ANSELMI, Adriatico. Studi di storia, secoli XIV-XIX, Ancona, Clua, 1991.
9 Si pensa a: P. F. PALUMBO (a cura di), Momenti e problemi della storia delle due sponde adriatiche, in Atti
del 1. Congresso internazionale sulle relazioni fra le Sponde adriatiche (Brindisi-Lecce-Taranto, 15-18 ottobre
1971), Lecce, Centro di Studi Salentini, 1973; S. ANSELMI (a cura di), Italia felix. Migrazioni slave e albanesi
in Occidente: Romagna, Marche, Abruzzi, secoli XIV-XVI, in “Proposte e ricerche”, Urbino, 1988; P. F. PALUM-
BO, Per la storia delle relazioni adriatiche, Roma, Centro di studi sulla civiltà adriatica, 1989; S. ANSELMI
(a cura di), Sette città jugo-slave tra Medioevo e Ottocento: Skoplje, Sarajevo, Belgrado, Zagabria, Cettigne,
Lubiana, Zara, in “Proposte e ricerche”, Ancona, 1991.
10 A. DI VITTORIO (a cura di), Sale e saline nell’Adriatico, secoli XV-XX, Napoli, Giannini, 1981; A. DI VIT-
TORIO-C. BARCIELA LOPEZ (a cura di), La storiografia marittima in Italia e in Spagna in età moderna e con-
temporanea: tendenze, orientamenti, linee evolutive, Bari, Cacucci, 2001; A. DI VITTORIO, Tra mare e terra.
Aspetti economici e finanziari della Repubblica di Ragusa in età moderna, Bari, Cacucci, 2001.
11 Ricordiamo: V. BRANCA-S. GRACIOTTI (a cura di), Barocco in Italia e nei paesi slavi del Sud, Firenze,
Olschki, 1983; S. GRACIOTTI(a cura di), Il libro nel bacino adriatico, secoli XV-XVIII, Firenze, Olschki, 1992;
S. GRACIOTTI-M. MASSA-G. PIRANI (a cura di), Marche e Dalmazia tra umanesimo e barocco, Reggio Emilia,
Diabasis, 1993; N. FALASCHINI-S. GRACIOTTI-S. SCONOCCHIA (a cura di), Homo Adriaticus: identità cultu-
rale e autocoscienza attraverso i secoli, in Atti del convegno internazionale di studio, (Ancona 9-12 novembre
1993), Reggio Emilia, Diabasis, 1998; L. BRACCESI-S. GRACIOTTI (a cura di), La Dalmazia e l’altra sponda:
problemi di archaiologhia adriatica, Firenze, Olschki, 1999; S. GRACIOTTI (a cura di), Mito e antimito di Ve-
nezia nel bacino adriatico, secoli XV-XIX, Roma, Il Calamo, 2001; S. GRACIOTTI (a cura di), La Dalmazia nelle
relazioni di viaggiatori e pellegrini da Venezia tra Quattro e Seicento, Roma, Bardi, 2009.
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mente decollata. Le storiografie adriatiche rimangono saldamente ancorate
ai contesti nazionali, come avviene sul lato orientale dell’Adriatico, cioè ne-
gli ambiti sloveno, croato, serbo, montenegrino, albanese e greco, oppure ai
contesti regionali, come si riscontra sul lato italiano12. Nonostante l’impe-
gno d’importanti studiosi, come Sergio Anselmi, Pier Fausto Palumbo, San-
te Graciotti, Antonio Di Vittorio, a organizzare incontri con gli esperti della
sponda opposta, nonostante negli ultimi quindici anni non siano mancate
riflessioni sui significati culturali di questo mare13, si sente l’assenza di una
storia dell’Adriatico con problematiche condivise da una comunità di studio-
si, con riferimenti istituzionali, riviste, con riconosciute tradizioni e gruppi
di lavoro. Mancano discussioni sulle questioni generali di geografia e storia
del Mediterraneo, sulla sua unità/unitarietà e diversità. Manca per lo stes-
so Adriatico il confronto in termini storici, anche per scuole di pensiero, tra
elementi di unità e quelli della diversità sul piano paesaggistico, ambientale,
climatico, ecologico e ovviamente amministrativo, culturale ed economico,
sulle frammentazioni e le molteplicità, sulle eccezioni, sui confini tra la re-
gione marittima e l’entroterra, il continente. Tutto questo andrebbe fatto.
Questa dovrebbe essere la storia dell’Adriatico.
Una visione d’insieme dell’Adriatico rimane comunque il punto iniziale
per poter coordinare le esperienze specifiche. L’Adriatico, come tutti i mari,
è formato anzitutto (a) da uno “spazio liquido” o “pianura liquida”, in cui
misuriamo nel tempo le rotte, i flussi dei navigli, il traffico di merci, lo sfrut-
tamento delle risorse, la pesca, il controllo politico e militare, la sovranità,
la lotta per l’egemonia geo-strategica; quindi (b) dalla costa, o meglio dire
da un insieme di sistemi regionali costieri, una specie di membrana che rap-
presenta il fronte marittimo per chi giunge dall’entroterra e il fronte terrestre
per chi giunge dal mare, un habitat quasi ovunque e quasi sempre antro-
pizzato, con insediamenti anche minimi. Infine (c), come esiste un grande
Mediterraneo, così c’è attraverso i secoli, il grande Adriatico, una specie di
12 Per comprendere le differenze di veduta è sufficiente verificare la voce Adriatico oppure Jadran sulle
rispettive enciclopedie, la Treccani per la parte italiana, la Enciklopedija Jugoslavije, per quello che fu la
Jugoslavia. La diversità regionale si coglie bene nei volumi regionali della Storia d’Italia Einaudi.
13 E. TURRI (a cura di), Adriatico mare d’Europa. La geografia e la storia, Bologna, Rolo Banca 1473, 1999;
E. TURRI (a cura di), Adriatico mare d’Europa. La cultura e la storia, Bologna, Rolo Banca 1473, 2000; E.
TURRI-D. ZUMIANI (a cura di), Adriatico mare d’Europa. L’economia e la storia, Bologna, Rolo Banca 1473,
2001. Riflessioni sul senso culturale dell’Adriatico: P. MATVEJEVIĆ, Golfo di Venezia, Venezia - Milano, Con-
sorzio Venezia nuova - F. Motta, 1995; F. FIORI, Un mare. Orizzonte adriatico, Reggio Emilia, Diabasis, 2005;
E. COCCO-E. MINARDI (a cura di), Immaginare l’Adriatico. Contributi alla riscoperta sociale di uno spazio di
frontiera, Milano, Franco Angeli, 2007.
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corona di regioni d’entroterra in più o meno stretto rapporto con il mare;
un’area estesa, di cui non è facile individuare i confini precisi, poiché potreb-
be essere collocata a 40-50 chilometri dalla costa, ma potrebbe anche com-
prendere luoghi apparentemente distanti come Benevento, Aquila, Perugia,
Bologna, Padova, Treviso, Lubiana, Zagabria, Sarajevo, Ocrida. Dei tre livelli,
i sistemi regionali costieri (territori, isole, popolazioni, economie, culture)
rappresentano il tessuto fondamentale della complessiva regione maritti-
ma, rappresentano i luoghi in cui misuriamo con maggiore efficacia l’unità
e la diversità di un mare. Per cogliere i sistemi costieri regionali dobbiamo
per forza dividere i 7.867 chilometri di costa adriatica, tra litorale e isole, in
segmenti. In altre parole, per comprendere l’Adriatico dobbiamo segmenta-
re i suoi litorali, secondo criteri paesaggistici e insediativi, secondo assetti
politici e amministrativi.
La storia dell’Adriatico è, dopo tutto, una storia regionale in cui si som-
mano diversi passati regionali. Non è difficile cogliere i segmenti territoriali
imprescindibili: il Salento, il tavoliere pugliese e il Gargano; la lunga costa
appenninica tra Termoli e Pesaro, cioè l’antichissimo Picenum, abbastanza
omogeneo nel paesaggio, quanto diviso storicamente tra due Italie; segue
la bassa costa della Romagna, le foci del Po, poi il mondo della laguna vene-
ta tra il Po e le foci dell’Isonzo. Segue l’Adriatico orientale, nel vero senso,
con la scogliera del Carso, la penisola dell’Istria e poi l’esteso arcipelago
adriatico, ossia le oltre quattromila isole e scogli della Dalmazia. Parallelo
all’arcipelago si sviluppa il litorale del rilievo dinarico, una scogliera ripida,
salvo rari tratti, una costa che diventa bassa e paludosa a sud del fiume Drin,
ovvero nel segmento albanese. Chiudono l’Adriatico la penisola rocciosa di
Karaburm, le foci del Butrinto in Albania e Corfù, la chiave d’ingresso dell’A-
driatico. In tutto una decina di segmenti, con specificità proprie, che perdu-
rano nel tempo. In essi misuriamo le civiltà e gli imperi, gli Stati e le nazioni.
Questo è stato ed è l’Adriatico alla base.
Nell’Adriatico si possono ovviamente riconoscere diverse culture, non solo
quelle che oggi corrispondono agli Stati che vi si affacciano. Nel Mediterra-
neo occidentale europeo si parla dell’arco latino, sviluppato tra l’Andalusia
e la Calabria, ossia la dimensione linguistica e culturale romanza, che, si sa,
prosegue dentro l’Adriatico e incontra le lingue slave, lo sloveno, il croato e il
serbo, lungo le coste orientali. Nell’Adriatico orientale, la Slavia, un contesto
culturale immaginario, mitizzato nell’Ottocento, raggiunge il Mediterraneo.
La popolazione croata è linguisticamente slava e culturalmente mediterra-
nea, l’unica del genere. Nelle stesse zone adriatiche la tradizione confessio-
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nale cattolica convive per secoli con la confessione ortodossa, professata da
serbi, montenegrini, albanesi e greci. In genere si trascura di ricordare che
per seicento anni, tra il VI e la fine del XII secolo, l’impero bizantino ebbe la
sovranità formale sulle sponde adriatiche orientali a partire dalla Dalmazia.
Come in genere si minimizza l’islam in Dalmazia, nelle zone ottomane, tra il
1540 e il 1690, o l’islam tutt’oggi di casa a Mostar, città dell’immediato in-
terno, sulla Neretva ma adriatica, oppure il fatto che l’impero ottomano fos-
se uno Stato adriatico dal 1450 circa fino al dicembre del 1912. E si tende
a dimenticare che il cosiddetto mondo tedesco aveva a Trieste e nel cuore
dell’Istria le sue propaggini più meridionali, mediterranee, limiti del Sacro
romano impero, domini diretti degli Asburgo rispettivamente dal 1382 e dal
1376 (fino all’ottobre del 1918) e parti della Germania che rinasceva all’as-
semblea di Francoforte nel 1848. Insomma, una pluralità sedimentata di
culture e di esperienze, evidente nell’Adriatico orientale, anche se, non da
meno, l’Adriatico occidentale risulta complesso, con le sue comunità mino-
ritarie (slavi, albanesi, greci, ortodossi, ebrei) distribuite nelle città e nelle
campagne della costa.
Come tutti i mari, l’Adriatico fu il luogo degli scambi, dei destini perso-
nali e collettivi. Più di altri mari, l’Adriatico ha avuto ed ha una storia cultu-
rale impressionante e sorprendente se assemblata in ogni suo particolare:
Venezia, Ravenna, Spalato, Bari, Ragusa, cattedrali, palazzi (come quello di
Diocleziano); se si considerano i santi adriatici quali Marco, Nicola, Marino,
Mauro; se si considerano le presenze artistiche figurative, letterarie, da Dan-
te a Byron, a Leopardi, musicali, da Vivaldi a Rossini. Ed è proprio nell’ambito
della storia culturale che l’Adriatico rivela la sua unitarietà.
Sante Graciotti, illustre slavista e marchigiano, ha voluto individuare la
categoria dell’homo adriaticus, espressione di un terzo livello, quello della
sintesi, della simbiosi culturale romanza e slava, che tante volte si era rea-
lizzata lungo le sponde orientali di questo mare (soprattutto nel caso della
repubblica di Ragusa)14. L’homo adriaticus, che oggi definiremo plurale, plu-
rilingue e transnazionale, rappresenta bene il passato di questo mare. Un
passato non univoco, non mare nostrum, in cui le culture nazionali e quel-
le locali di oggi possono trovare un nuovo senso dell’esserci lungo queste
sponde.
14 S. GRACIOTTI, L’homo adriaticus di ieri e quello di oggi, in Homo Adriaticus (a cura di FALASCHINI-GRA-
CIOTTI-SCONOCCHIA), pp. 11-26.
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SAŽETAK
KAKO PROUČAVATI POVIJEST JADRANA
Povijest onih mora koja su u prošlosti bila granicom između različitih skupina
ljudi trebala bi poslužiti kao sredstvo, „platforma“ za proučavanje, razumijevanje,
možda dijeljenje prošlosti koja se čini zajedničkom, pogotovo iz današnje
perspektive. Povijest Jadrana trebala bi se temeljiti na ovim pretpostavkama. Uz
nužno uvjerenje da Jadran sam po sebi nije samo more već jedna od europskih
regija i uz ambiciju određivanja jednog jadranskog povijesnog pravila, a to je
identifikacija bitnih osobina i temeljnih problematika u specifičnoj jadranskoj
povijesti koja se temelji na različitim povijestima i historiografijama, danas još
uvijek nedovoljno međusobno povezanima.
POVZETEK
RAZISKOVANJE ZGODOVINE JADRANA
Zgodovina morja, ki je v preteklosti predstavljalo mejo med skupnostmi, je lahko
in mora biti sredstvo, “platforma” za raziskavo, razumevanje in celo sodoživljanje
preteklosti, ki se predvsem z današnjega stališča zdi skupna. Zgodovina Jadrana
bi morala temeljiti na teh domnevah. Morala bi izražati prepričanje, da Jadran
sam po sebi ni zgolj morje, temveč evropska regija, ki ima določene ambicije, da
bi začrtala jadranske zgodovinske smernice, se pravi opredelila bistvene poteze
in najpomembnejša vprašanja specifične jadranske zgodovine, ki temelji na
različnih skupinah zgodovin in zgodovinopisij, dandanes še zelo nepovezanih.