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2.1) Sociologia e Riproduzione Sociale - Paola Di Nicola

La riproduzione sociale è il processo attraverso cui una società si conserva nel tempo, mantenendo la sua struttura e ordine sociale, e include la produzione di forza lavoro e il ricambio generazionale. La sociologia analizza i fattori sociali, economici e culturali che influenzano i modelli di nuzialità e fecondità, evidenziando la connessione tra famiglia e mercato. Inoltre, la riproduzione sociale è vista come un processo che non solo garantisce la continuità demografica, ma anche la trasmissione culturale e delle disuguaglianze sociali.

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2.1) Sociologia e Riproduzione Sociale - Paola Di Nicola

La riproduzione sociale è il processo attraverso cui una società si conserva nel tempo, mantenendo la sua struttura e ordine sociale, e include la produzione di forza lavoro e il ricambio generazionale. La sociologia analizza i fattori sociali, economici e culturali che influenzano i modelli di nuzialità e fecondità, evidenziando la connessione tra famiglia e mercato. Inoltre, la riproduzione sociale è vista come un processo che non solo garantisce la continuità demografica, ma anche la trasmissione culturale e delle disuguaglianze sociali.

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Sociologia e riproduzione sociale1

Paola Di Nicola

Per riproduzione sociale s’intende l’insieme dei processi attraverso i quali


una società si conserva e si riproduce nel tempo e nello spazio, conservan-
do la stessa forma e lo stesso ordine sociale (Colozzi 1987). L’espressione
linguistica, dunque, evoca concetti quali stabilità, conservazione, ciclicità
riferite alle diverse relazioni sociali, che danno origine alla struttura di un
sistema e di una società. Se nel pensiero di C. Marx, la riproduzione sociale
significa innanzitutto ciclicità e continuità del processo produttivo 2, è solo
nella lettura positivistica del materialismo marxiano, operata da F. Engels,
che la riproduzione sociale diventa sinonimo di conservazione e tradiziona-
lismo e viene considerata funzione esplicita di specifiche istituzioni sociali
quali la famiglia, la parentela (Colozzi 1987).
Per riproduzione sociale, in riferimento ad una società costituita da uomini
e donne inseriti concretamente in strutture relazionali complesse ed artico-
late e in linea con la tradizione marxista, si può intendere la produzione di
forza lavoro, in contrapposizione alla produzione di merci: la prima ricade
sotto l’area del privato familiare, la seconda avviene nell’ambito del merca-
to. Due sfere strettamente correlate, ma sempre inserite in un rapporto chia-
ro di derivazione: come sostengono alcuni sociologi, la famiglia ha sempre
prodotto forza lavoro nella quantità e qualità richiesta dal mercato. Per ri-
produzione sociale, s’intende, quindi, il rimpiazzo della popolazione, la na-
scita delle nuove generazioni, il ricambio generazionale: in altri termini la
sostituzione di una generazione che esce di scena con la morte, con
l’ingresso nella vita di una nuova generazione che sostituisce la precedente,
ne prende il posto, dando vita, nel tempo, alla continuità di una società che
mostra una sua peculiare forza di resistenza, nonostante l’alternanza delle

1
Pubblicato in C. Cipolla (a cura di), L’identità sociale della sociologia italiana,
FrancoAngeli, Milano, 2012, pp.73-80
2
Per Marx «ogni processo sociale di produzione, considerato in un nesso continuo
e nel fluire costante del suo rinnovarsi, è insieme processo di riproduzione»: Il Ca-
pitale, libro I, cap. 21 citato in Colozzi (1987).
1
generazioni3. Non a caso, i demografi sostengono che la sostituzione della
popolazione è garantita da un tasso annuo di fecondità pari a 2,01 figli per
donna in età feconda (praticamente la sostituzione della coppia genitoriale).
Mentre la demografia è interessata allo studio delle dinamiche della popola-
zione, in termini di transizioni demografiche, di mutamento nei modelli di
fecondità e di nuzialità, di variazioni interne ad una popolazione (rapporti
tra le diverse coorti di età), la sociologia è interessata a mettere in evidenza
quali sono i fattori sociali, economici, culturali e politici che influenzano i
modelli di nuzialità e di fecondità, ad approfondire le dinamiche attraverso
le quali una generazione fa propri i modelli di comportamento, gli schemi
mentali, i valori della generazione precedente; quali modelli passano o non
passano, con quale intensità e con quale velocità; a quali condizioni un seg-
mento di popolazione ha l’opportunità di occupare il posto di una genera-
zione collocata nel gradino superiore o più alto della stratificazione, quale
segmento non si sposta, quale scende di rango. Il contributo della sociolo-
gia allo studio della riproduzione sociale ha seguito alcune linee di appro-
fondimento:
- la linea strettamente contigua con la demografia e con la storia, centrata
sui modelli matrimoniali e di fecondità e le loro variazioni nel tempo e nel-
lo spazio e tra i diversi gruppi sociali;
- la linea dei gender study, per la quale riproduzione sociale è sinonimo di
lavoro domestico, di lavoro di cura svolto prevalentemente dalle donne e
che consente ad una società di produttori apparentemente autonomi e auto-
sufficienti di conseguire adeguate performance economiche, facendo leva
su risorse informali che non entrano nel computo dei costi sociali della pro-
duzione, ma sono, appunto, costi ‘invisibili’, privati che ricadono sulle
spalle delle donne e delle famiglie;
- la linea della trasmissione culturale: la socializzazione, che pone l’atten-
zione ai meccanismi attraverso i quali i nuovi nati vengono progressiva-
mente inseriti nella società in sui saranno destinati a vivere;
- la linea della trasmissione delle disuguaglianze sociali, che si colloca pie-
namente nel solco degli studi marxisti e che vede la riproduzione sociale
come prodotto delle dinamiche di mercato.
Per la sociologia, dunque, la riproduzione sociale – intesa in questo specifi-
co caso come ricambio generazionale – è sempre riproduzione culturale ed
economica (in termini di opportunità materiali di vita uguali o migliori del-
la generazione dei padri). Le linee di approfondimento sopra evidenziate
3
Continuità assicurata anche dal fatto che il ricambio non avviene in un unico mo-
mento, ma si realizza giorno per giorno nel corso del tempo, dal momento che ogni
giorno nascono e muoiono delle persone. Inoltre i nuovi nati sono accompagnati
verso la vita adulta dai genitori per molti anni.
2
costituiscono una parte molto significativa dei temi di studio che ricadono
nel settore della sociologia della famiglia, tuttavia esse intercettano temi
cari alla sociologia dell’educazione, alla sociologia generale (in particolare
studi sulla stratificazione sociale e sui rapporti di classe), alla sociologia
economica e ai gender study.
Una breve presentazione degli studi che la sociologia ha sviluppato intorno
al tema della riproduzione sociale consente di fare emergere una diversa
lettura del fenomeno, che non sempre si presta ad essere visto come puro
processo di adattamento, di stabilità e di controllo sociale.

a) Lo studio di Marzio Barbagli (1984) sui mutamenti della famiglia in Ita-


lia dal XV al XX secolo e, soprattutto i due volumi di Wally Seccombe,
l’uno sui mutamenti della famiglia in Europa dal feudalesimo all’avvento
capitalismo (1997a: prima edizione in inglese nel 1992) e l’altro sui proces-
si di proletarizzazione della famiglia dalla rivoluzione industriale al declino
della fecondità (1997b, edizione originale 1993) rappresentano un interes-
santissimo esempio delle profonde e radicate connessioni tra modelli matri-
moniali, modelli di fecondità, regole di trasmissione della proprietà (della
terra), nascita di nuove forme familiari in concomitanza alla diversificazio-
ne delle fonti di reddito (al possesso e/o coltivazione della terra si affianca
la produzione tessile a domicilio e quindi la grande industria, che rende non
più remunerativo lavorare la terra), strategie matrimoniali diversificate a se-
conda dell’ordine di nascita e del sesso dei figli, nuovi e diversi investi-
menti dei figli, sino ad arrivare al declino della fecondità che in tutta Euro-
pa si comincia a cogliere tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
La storia sociale della famiglia e dei suoi cambiamenti è letta e vista come
il risultato della lenta ma inesorabile scissione che si viene a realizzare a
partire dalle prime forme di industrializzazione tra sfera della produzione e
sfera della riproduzione. La prima sempre più spostata sul mercato, la se-
conda lentamente confinata dentro la famiglia. In questi studi chiara appare
la centralità dell’agire economico della famiglia (come quantità di beni e
servizi prodotti sia sul mercato che a livello domestico) e di una intenziona-
lità, di una razionalità nelle strategie matrimoniali e riproduttive che la cre-
scente e pervasiva ‘sentimentalizzazione’ delle relazioni familiari (di cop-
pia e tra le generazioni) apparentemente nasconde, ma in realtà rafforza e
legittima4. Studi più recenti sui modelli di welfare, sulle tendenze di fram-
4
Determinate scelte (ad esempio del partner o del numero di figli da generare) in
quanto compiute in nome dell’affetto e dell’etica della responsabilità e non per ri-
spetto delle convenzioni o delle tradizioni, acquisiscono maggiore forza e legitti-
mazione. Sono infatti vissute come il risultato di una scelta razionale autonoma,
pienamente responsabile e accuratamente valutata.
3
mentazione dei nuclei familiari e di privatizzazione delle relazioni domesti-
che (Di Nicola 2008), sulla quantità di beni e servizi che la famiglia italiana
continua a produrre dimostrano che il legame tra famiglia e mercato, tra la-
voro produttivo e lavoro riproduttivo, nonostante la separazione spaziale
avvenuta con l’industrializzazione, è ancora fortissimo. I modelli di welfare
scarsamente sensibili alla de-familiarizzazione del lavoro riproduttivo e di
cura (pochi servizi e trasferimenti per la famiglia, soprattutto con figli pic-
coli) inducono comportamenti di bassa nuzialità e fecondità (Donati 2002;
Di Nicola 2008) che, soprattutto in Italia, presuppongono scelte molto one-
rose per gli attori sociali. Onerose perché tutto il lavoro riproduttivo è a ca-
rico delle famiglie, in mancanza di un’esplicita e diretta politica sociale: so-
vraccarico funzionale che tuttavia non solo ha costi privati, ma anche pub-
blici, dal momento che la quantità di lavoro domestico erogato, soprattutto
dalle donne in famiglia, impedisce lo sviluppo di un mercato competitivo di
beni e servizi di cura, che genererebbe nuovi posti di lavoro e maggiore ric-
chezza.

b) Il tema della riproduzione, come sfera del privato e della ‘parola negata’,
come sfera del femminile in contrapposizione alla sfera pubblica e della pa-
rola che è maschile, diventa per alcuni filoni dei gender study la chiave di
volta per scrivere la storia del silenzio delle donne (Irigaray 1975). La scis-
sione tra sfera pubblica e sfera privata, tra sfera della politica e sfera del
particolare, tra agorà e oikos è primigena e segna tutta la storia dell’Occi-
dente dal mondo greco delle origini alla società moderna. La riproduzione
sociale, il lavoro domestico, anche nella sua versione più alta di lavoro di
cura, costituisce il tallone di Achille delle donne (Piccone Stella, Saraceno
1996): rappresenta la condizione ascrittiva (generare) rispetto alla quale in-
tere generazioni di donne sono state socializzate alla dipendenza, si sono
date un’identità negativa, sono state oggetto di un regolare e sistematico
‘disprezzo’ da parte degli uomini e di una società maschilista e patriarcale
(Johnson 1995). In tali filoni di studi, che affondano le loro radici nella fi-
losofia e nella psicoanalisi, si mette in evidenza in maniera forte quanto la
riproduzione sociale abbia pesato sulla storia della donna: elemento ripreso
dai sociologici che hanno analizzato la persistente debolezza della donna
nel mercato del lavoro e che hanno sviluppato il tema della doppia presenza
come espressione di una capacità tutta femminile di giocare su più piani e
su più ruoli, ma sempre pagandone personalmente i costi; studi che hanno
messo in evidenza le difficoltà di promozione di politiche di conciliazione,
stante la perdurante concezione del lavoro riproduttivo come lavoro che
non genera ricchezza, ma solo oneri per le imprese e la società (Di Nicola
2008).

4
c) Il lavoro riproduttivo è invece considerato centrale negli studi sulla tra-
smissione culturale. Se per socializzazione s’intende il processo sociale at-
traverso il quale un nuovo nato acquisisce le norme, i valori, i modelli di
comportamento, il linguaggio e la cultura della società in cui sarà destinato
a vivere, appare ovvio che per la società umana la riproduzione biologica
della specie è il primo passo, indubbiamente non eludibile, ma non suffi-
ciente per poter sopravvivere al ricambio generazionale. La riproduzione
biologica, per garantire continuità, deve essere intrinsecamente sociale:
vale a dire la nascita costituisce l’ingresso in un sistema di relazioni sociali,
attraverso le quali il bambino acquisisce lentamente consapevolezza del Sé,
del mondo sociale in cui vive e in esso, nel tempo e con il tempo, riesce a
collocarsi ed agire (Smelser 2007; Berger, Luckmann 1969). Per la sociolo-
gia della famiglia, la funzione riproduttiva diventa la marca distintiva, se
non esclusiva, della famiglia contemporanea. Con la modernità, data ormai
per acquisita e scontata la separazione tra sfera riproduttiva e spera produt-
tiva, la famiglia diventa un sottosistema specializzato nell’assolvimento di
un numero limitatissimo di funzione, tra le quali si colloca in posizione
centrale la socializzazione primaria dei nuovi nati. Si è sviluppato, a tale
proposito, un ricchissimo campo di studi tesi da una parte a mettere a fuoco
quelli che sono i meccanismi attraverso i quali il mondo degli adulti ‘riesce
a convincere i bambini a farsi socializzare’, senza ricorrere a mezzi coerci-
tivi e violenti, e dall’altra parte a enucleare le diverse forme di socializza-
zione (primaria e secondaria) e portare alla luce gli agenti di socializzazio-
ne, che nella società complessa sono molti di più dei soli genitori (gruppo
dei pari, scuola di ogni ordine e grado, associazioni, mass media ecc.). Lo
studio del contesto entro cui si realizza la riproduzione sociale non può tut-
tavia rimanere insensibile ai modelli di autorità che uniscono agenti socia-
lizzanti e soggetti socializzati e al quadro generale dei valori, delle norme,
dei modelli di comportamento dominanti. Modelli autoritari vs modelli per-
missivi, punitivi vs promozionali, adultocentrici vs puerocentrici descrivo-
no polarità che si sono susseguite nel tempo, che hanno caratterizzato i di-
versi gruppi sociali presenti in una società e che hanno inscritto la riprodu-
zione sociale entro quadri normativi e valoriali diversi. Parallelamente ter-
mini quali ‘il gioco delle generazioni’, identità multiple, identità molteplici
danno il senso dei profondi mutamenti che hanno investito i meccanismi di
costruzione dell’identità nella modernità liquida (Garelli, Polmonari, Sciol-
la 2006). Infine, il tramonto delle grandi narrazioni, la società del rischio, il
disincanto del mondo e il relativismo culturale danno il senso di una ‘mo-
dernità in polvere’ in cui identità, narrazioni, diversità, immagini del mon-
do e simboli si moltiplicano, si sedimentano, si intrecciano (Appadurai

5
2001). La riproduzione sociale perde la sua capacità di controllo sul com-
portamento delle nuove generazioni e di riduzione della complessità e di-
venta terreno di alimentazione della diversità.

d) Nella società in cui prende piede un concetto di identità improntata ad un


artigianale ‘fai da te’ (Beck 2000), ambiguamente collocato tra creatività e
arte dell’arrangiarsi, nella società in cui si realizza sempre ‘un’eccedenza
dei possibili’ e in cui si è proiettati al futuro (non importa se prossimo), ri-
flettere sulla riproduzione sociale può anche aiutare a ricordare che il pas-
sato pesa e non sempre si può neutralizzare. Si riscopre a tale proposito la
tradizione francese che considera la riproduzione sociale come meccanismo
di trasmissione delle disuguaglianze sociali. In tale tradizione, famiglia e
scuola sono considerate le più rilevanti fonti di trasmissione della disugua-
glianza da una generazione all’altra, a partire dall’assunto che la riprodu-
zione sociale altro non che il riflesso della produzione, che la distribuzione
della conoscenza e delle opportunità nella società segue le stesse linee della
distribuzione del potere e della ricchezza. La lezione di Pierre Bourdieu è
stata ripresa e criticamente commentata da coloro che si sono occupati del
ruolo svolto dal sistema dell’istruzione nelle società moderne e industrializ-
zate, che nonostante l’enfasi posta sui sistemi universalistici e pubblici (che
mirano ad attutire le differenze ascrittive – che spesso si trasformano in di-
scriminazione – che un bambino si porta dietro per il fatto di essere nato da
una famiglia, di appartenere ad uno specifico gruppo sociale svantaggiato)
non riescono a dare effettivamente uguali opportunità a tutti (Brint 2007).
La scuola infatti conserva una sua impostazione meritocratica, che premia
alcune performance e ne sanziona altre, con l’esito di selezionare non sem-
pre i migliori talenti, ma di setacciare quelle attitudini e quelle capacità che
sono positivamente valutate dalla società e che, in quanto selezionate so-
cialmente, non sono naturalmente e casualmente distribuite tra tutti gli sco-
lari e gli studenti, tra i diversi gruppi sociali. La scuola in altri termini pur
offrendo teoricamente uguali opportunità a tutti, sottoponendo i bambini a
specifici e particolari stimoli (per trasmettere conoscenze e sviluppare com-
petenze), finisce per premiare gli studenti che provengono da ambienti in
cui quegli stessi stimoli sono valutati positivamente e quindi coltivati e in-
centivati. L’effetto globale è quello di una mobilità apparente: poiché nelle
società moderne e complesse crescono i livelli di scolarizzazione e aumen-
tano le professioni che richiedono un certo tipo di training e formazione e
per tempi sempre più lunghi, mentre scompaiono le professioni a qualifica
bassissima, è tutta la popolazione che fa un passo in avanti, mentre le di-
stanze tra i diversi gruppi sociali tendono a rimanere invariate (Brint 2007;
Schizzerotto 2002). Eccezioni, indubbiamente, ve ne sono, ma in generale

6
confermano la regola oppure, nella migliore delle ipotesi, sono così rare da
non incidere sul gradiente di mobilità ascendente di un intero gruppo socia-
le.

Il tema della riproduzione sociale, dunque, si presta ad una molteplicità di


analisi sociologiche, ognuna delle quali ha sviluppato e può sviluppare inte-
ressanti e peculiari teorie di medio raggio, che aiutano a comprendere più
in profondità dinamiche sociali, da una prospettiva teorico-empirica che è
tipica della disciplina. Le linee di approfondimento precedentemente pre-
sentate, dimostrano, tuttavia, che il concetto di riproduzione sociale, come
riproduzione di un ‘identico’, per le società umane non esiste. Indubbia-
mente la trasmissione della conoscenza di senso comune nel passaggio da
una generazione all’altra è il fattore che garantisce, normalmente, in assen-
za di grandi e gravi eventi critici, una ‘relativa’ stabilità e continuità: relati-
va nel senso che mentre ogni figlio è diverso da suo padre, la generazione
dei figli – a livello collettivo – assomiglia molto (ma non è mai identica)
alla generazione dei padri. La relativa continuità la si misura solo sui grandi
numeri, come effetto di aggregazione di azioni e scelte che si collocano a
livello micro della società, in cui, soprattutto oggi, la diversità e l’indivi-
dualizzazione dei percorsi di vita imperano.
La riproduzione sociale è sempre imperfetta perché affidata – per fortuna! -
a qualcosa di assolutamente imperfetto: l’azione umana. Studiare dunque la
riproduzione sociale, che – come detto – è considerata sinonimo di stabilità
e continuità, consente paradossalmente di portare alla luce il potenziale di
cambiamento – e non solo di adattamento - che è insito nei micro-processi
sociali, nelle relazioni di vita quotidiana, nelle province finite di significato.
Riproduzione sociale, dunque, intesa non solo come riproduzione di signifi-
cati, ma anche come produzione continua di un senso che vivifica e rivita-
lizza il sistema dei significati.

Riferimenti bibliografici

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