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RELAZIONE FOTOGRAFIA - La Macchina Fotografica

La fotografia digitale ha sostituito quella analogica grazie alla sua accessibilità e varietà di dispositivi, come smartphone e fotocamere digitali. Le fotocamere si dividono in diverse categorie, tra cui compatte, DSLR, medio formato e grande formato, ognuna con caratteristiche specifiche e utilizzi professionali. Elementi chiave come il sensore, l'otturatore, il diaframma e la profondità di campo sono fondamentali per comprendere il funzionamento e la qualità delle immagini catturate.

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RELAZIONE FOTOGRAFIA - La Macchina Fotografica

La fotografia digitale ha sostituito quella analogica grazie alla sua accessibilità e varietà di dispositivi, come smartphone e fotocamere digitali. Le fotocamere si dividono in diverse categorie, tra cui compatte, DSLR, medio formato e grande formato, ognuna con caratteristiche specifiche e utilizzi professionali. Elementi chiave come il sensore, l'otturatore, il diaframma e la profondità di campo sono fondamentali per comprendere il funzionamento e la qualità delle immagini catturate.

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Alessia Nicolini 15/11

Fotografia digitale
introduzione
La fotografia digitale ha superato quasi del tutto quella in analogico, sia per la sua abbordabilità che per la sua
maggiore semplicità, ma anche per la varietà di apparecchiature digitali che consentono di scattare fotografie.

smartphone
Grazie all’arrivo degli smartphones sempre più persone hanno accesso alla fotografia digitale. In alcuni casi
l’utilizzo di questi dispositivi viene adottato per fotografie E-commerce e campagne pubblicitarie. Ad esempio,
Nick Night ha realizzato scatti di moda professionali utilizzando solamente uno smartphone. Questo tipo di
pratica è denominata “Iphonografia”

esistono due principali tipi di macchine fotografiche: le Mirrorless e le Reflex, che si differenziano per la
presenza o meno di uno specchio.

fotocamere compatte
Le fotocamere compatte sono le fotocamere dette “a portata di tutti” perchè sono
facili da utilizzare e molto intuitive. Solitamente, sono di piccole dimensioni ma,
nonostante ciò, riescono a raggiungere una buona qualità di immagine, anche se
sempre inferiore a quella delle DSLR
Un’altra caratteristica che le contraddistingue, ad esempio, dalle fotocamere reflex,
è quella di non permettere di cambiare obiettivo e per questo, nel tempo sono
sempre state un po’ evitate dai fotografi professionisti che le vedono come
fotocamere destinate all’hobbistica e non alla professione.

fotocamere DSLR
Le fotocamere DSLR (o reflex digitali) sono una forma evoluta dei loro
antenati analogici. (SLR) Ciò che le caratterizza è la presenza di uno specchio
e di un pentaprisma, attraverso i quali l’immagine che si vuole catturare viene
capovolta, da qui il nome reflex.
come funzionano
Quando puntiamo la fotocamera sulla scena o sul soggetto che vogliamo
rappresentare, la luce raggiunge l’obbiettivo e penetra nella fotocamera,
dopodichè colpisce lo specchio, inclinato a 45°, e viene indirizzata contro il
pentaprisma, che rovescia l’immagine e la invia al mirino, dove noi la vediamo
“dritta”, dopodichè la luce passa attraverso l’otturatore e infine arriva al sensore.
caratteristiche principali
A differenza delle fotocamere compatte, le Reflex possiedono obbiettivi
intercambiabili e una qualità d’immagine maggiore.
Nonostante esistano vari tipi di Reflex, il formato standard solitamente è di tipo
3:2.

reflex bioculari (TRL)


Esiste un tipo di reflex detto bioculare per la presenza di due obiettivi di pari
lunghezza focale (distanza che separa l’obiettivo dal sensore), di cui uno è più luminoso e si occupa della
messa a fuoco e l’altro contiene un otturatore e un diaframma.

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fotocamere a medio formato e dorsi digitali


Il termine fotocamera a medio formato deriva dal tipo di fotocamere
analogiche conosciute appunto come medio formato, che solitamente
gestivano una pellicola a rullo 6x6 cm, e che sono state sostituite dalla
controparte digitale, con un sensore più grande di 35mm. Dunque, per
fotocamere a medio formato si intende quel tipo di fotocamera con sensore
maggiore di 35mm.

Questo tipo di fotocamere ha la possibilità di installare il dorso digitale,


ossia un apparecchio elettronico che va inserito sul dorso della
fotocamera e, quando consentito, permette di scattare sia su pellicola
che in formato digitale. Questa operazione non è definitiva ma consente
lo sgancio dell’apparecchiatura tramite un pulsante di sblocco. Grazie al
dorso digitale l’immagine avrà una risoluzione maggiore, da 40 a 80
megapixel, e una gamma dinamica più estesa rispetto a quella catturata
da fotocamere con sensore 35mm.
Purtroppo, il dorso digitale è destinato a uso strettamente professionale
poichè molto costoso, infatti il prezzo può arrivare fino a oltre i 40.000
euro.

fotocamere a grande formato (a soffietto)


Le macchine fotografiche a grande formato erano quelle utilizzate dai primi fotografi,
come ad esempio Louis Daguerre. Una volta, questo tipo di fotocamere era formato da
due scatole, una scorrevole dentro l’altra per la messa a fuoco. Ora, le macchine a
grande formato sono dette a soffietto e sono programmate in modo da avere una
messa fuoco anteriore a soffietto, che dà alla fotocamera la possibilità di essere
trasformata in un “pacchetto” facilmente trasportabile.
Il formato più diffuso è quello 4x5, ma esistono anche il 5x7 e l’8x 10.
caratteristiche
L’obiettivo, montato su una piastra mobile, è unito al soffietto, all’interno del quale una
componente meccanica permette la corretta messa a fuoco dell’immagine. Sul dorso della macchina, collegato
al soffietto, troviamo un schermo di vetro smerigliato che funge da mirino offrendo l’immagine capovolta del
soggetto che vogliamo rappresentare.
Esistono due tipi di macchine a soffietto, indicate per l’architettura e per scatti da esterno: macchina a cassa
rigida e a banco ottico
a cassa rigida
E’ costituita da un corpo a cassetta con il frontale ribaltabile, in cui sono inserite le piastre porta obiettivo,
regolabili tramite una manopola zigrinata. Questo tipo di macchina è più facile da utilizzare rispetto al banco
ottico ma è limitata per quanto riguarda i movimenti (basculaggio e decentramento)
a banco ottico
Il banco ottico è una particolare apparecchiatura che controlla l'inquadratura e la messa a fuoco attraverso
alcuni movimenti (basculaggio e decentramento) Nel banco ottico la parte frontale e il dorso, uniti dal soffietto,
sono del tutto indipendenti. Guido Guidi, ad esempio, per le sue riprese paesaggistiche utilizzava un banco
ottico in legno.

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Il decentramento (soprattutto per l'architettura)
Il decentramento è uno dei movimenti che può compiere il banco ottico, grazie al quale il soggetto apparirà
centrato anche quando nella realtà è leggermente spostato.
Es. se vogliamo fotografare uno specchio senza che appaia la fotocamera nel riflesso, dobbiamo
compiere un’azione di decentramento di obiettivo, in modo tale da riuscire a catturare l’immagine dello
specchio frontalmente pur rimanendo al di fuori del riflesso.

In architettura, ad esempio, permette di riprendere gli edifici in tutta la loro altezza senza distorcere le
prospettive. (decentramento verticale)

basculaggio (soprattutto per riprese ravvicinate)


Il basculaggio è un movimento che interviene sulla profondità di campo, sulla messa a fuoco e, in alcuni casi,
anche sulla prospettiva.
Esistono due tipi di basculaggio: il basculaggio del dorso e il basculaggio dell’obiettivo.
il basculaggio del dorso produce un cambio prospettico, dovuto al fatto che, spostando il piano di messa a
fuoco cambiano le dimensioni dell’immagine.
Il basculaggio dell’obiettivo, invece, agisce sulla regolazione della messa a fuoco, mentre la prospettiva
dell’immagine rimane inalterata, si modifica dunque la profondità di campo.

Esiste una formula che consente di ottenere un’immagine completamente a fuoco ed è nota come regola di
Scheimpflug,

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componenti delle macchine fotografiche


lo schermo
Tutte le fotocamere (sia compatte che reflex) possiedono uno schermo LCD (a cristalli liquidi) su cui consultare
gli scatti fatti, ma solo le reflex e pochissime compatte, dispongono di un mirino ottico.
L’immagine, osservata attraverso il mirino, appare chiara e nitida e permette di comporre l'inquadratura a
piacere, senza però mostrare le variazioni di esposizione precedentemente impostate.
Anche le reflex, però, hanno delle limitazioni, infatti il mirino dei modelli meno costosi non è in grado di
mostrare l’immagine al 100%, perché tende a tralasciare i bordi. Questo problema è ovviamente aggirabile
comprando dei modelli più costosi.
schermi orientabili
Alcune fotocamere possiedono uno schermo orientabile che ti permette di
scattare da diverse angolazioni senza adottare posizioni scomode per troppo
tempo.
modalità live view
La modalità live view è una modalità di schermo che consente di visualizzare
la scena in diretta sullo schermo, solitamente viene impostata quando non è
possibile utilizzare il mirino, dunque, ad esempio, quando si utilizza un
cavalletto.

l’otturatore (shutter)
L’otturatore è la parte più delicata della macchina fotografica e protegge il sensore, controlla la quantità di luce
che entra nella fotocamera e abbinato al diaframma regola l’esposizione.
Al momento dello scatto consente l’entrata di luce nella macchina fotografica, regolando il tempo di
esposizione sul sensore, più tempo la luce colpisce il sensore e più l’immagine sarà chiara.
L’otturatore può essere di due tipi: centrale o a tendina.
centrale
L’otturatore centrale è formato da una serie di lamelle mobili che si aprono solamente al
momento dello scatto per permettere alla luce di colpire il sensore, il tutto per un tempo
prestabilito. Trovandosi di fronte al centro del sensore, offre un’esposizione alla luce
armonica e uniforme.

a tendina
Nel otturatore a tendina, invece, abbiamo due tende posizionate di fronte al sensore.
Durante lo scatto, queste tende formano una fessura che scorrerà sul sensore,
esponendolo alla luce. Dunque, la prima tendina inizia l’esposizione e la seconda la
interrompe. Dopo ogni scatto le due tendine ritornano alla posizione originale e sono
pronte per un nuovo scatto. (Scattando con il flash rischiamo di avere problemi)

la velocità di scatto
La velocità di scatto è un parametro dell’esposizione che indica quanto tempo
l’otturatore rimane aperto, più è alto questo parametro e più luce raggiungerà il
nostro sensore, e viceversa.
Questi tempi di apertura e chiusura dell’otturatore vengono misurati in secondi. Si
parte da 1/8000 (dove 1 si riferisce allo scatto e 8000 alla frazione di secondo per
cui sta aperto il nostro otturatore) fino ad arrivare ad un intervallo di tempo di 30
secondi. Solitamente l’ultimo o, in generale, velocità di scatto molto basse vengono
utilizzate per fotografie particolari, ad esempio con scie di luce. (light trails)

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il sensore
Il sensore è l’elemento della fotocamera su cui viene esposta la luce che è
in grado di immagazzinare i dati sull’immagine che vogliamo acquisire.
Un dato importante legato al sensore è la sua risoluzione, ossia la quantità
di megapixel che è in grado di rappresentare. Esistono vari tipi di sensori
di varie dimensioni.
dimensione dei sensori
Creare sensori con dimensioni maggiori di 35mm è molto costoso dunque
la maggior parte delle fotocamere moderne possiede sensori in formato
APS
in formato APS
Le dimensioni corrispondono alle pellicole in negativo APS (Advanced Photo System), ovvero 25,1 x 16,7, con
rapporto dimensionale 3:2.
Full Frame
I sensori Full Frame sono quelli che superano i 35mm e vengono utilizzati in ambito professionale. Per quanto
riguarda la dimensione corrispondono ad una pellicola da rullino e permettono di evitare il fattore di crop,
consentendo di avere un angolo più ampio. Questo tipo di sensore permette di avere foto più luminose e di
limitare il fenomeno del rumore.

il rumore
Il rumore è un fenomeno della fotografia digitale che dipende dalla
sensibilità del sensore alla luce.
E’ causato dalla liberazione di elettroni termici del sensore e aumenta
con l’aumentare dei megapixel di un immagine.
Questo fenomeno può inoltre dipendere da un eccessivo aumento di
ISO, un valore che indica appunto la sensibilità del sensore alla luce.
Un’ ISO alto può infatti portare ad una foto rumorosa.

la demosaicizzazione
I sensori digitali sono in grado di registrare la luminanza e non direttamente il colore in sè, perciò il sensore è
in grado di produrre solamente una foto in bianco e nero, registrando il cambiamento di luminanza o
luminosità.
Per creare delle foto a colori, viene applicato di fronte al sensore
un filtro, il filtro di Bayer . Questo filtro è composto da una griglia
di pixel rossi blu e verdi, in cui quelli verdi saranno presenti in
maggiore quantità, perché i più visibili dall’occhio umano. Questi
pixel saranno in grado di registrare solamente informazioni
riguardanti il proprio colore. (es. il verde registrerà la quantità di
verde per quel pixel, il rosso per il rosso e così via.)
Successivamente, in fase di sviluppo, tramite la
demosaicizzazione, i software di sviluppo, come camera Raw,
“inventeranno” le informazioni mancanti per ogni pixel, ossia, mi
spiego meglio, tramite calcoli matematici, riusciranno ad
assegnare una percentuale dei colori rosso, verde e blu ad ogni
pixel presente nella griglia, basandosi sulle percentuali dei pixel vicini. Ad esempio, se si analizza un pixel
verde, si riuscirà, tramite l’analisi dei pixel blu e rossi vicini, a trovare la percentuale dei dati riguardanti i colori
blu e rossi presenti all’interno del pixel verde.

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il diaframma
Il diaframma è un componente dell’obiettivo, formato da varie lamelle che, aprendosi, permettono l’entrata
della luce nella fotocamera. Il foro attraverso il quale entra la luce è variabile e regolabile.
Proprio come per l’otturatore, esiste un parametro che indica la quantità di luce che entra all’interno del
diaframma e si misura in STOP: f/1.4, f/2, f/2.8, f/4, f/5.6, f/8, f/11, f/16, f/22, f/32, f/64.
Dove f/8 (apertura diaframma) corrisponde a 1/60 (shutter speed) per quanto riguarda appunto l’esposizione
del sensore.
L’ apertura del diaframma è strettamente legata alla profondità di campo, più luce abbiamo all’interno della
fotocamera e meno sarà la profondità di campo.

profondità di campo

Come abbiamo già detto, la profondità di campo dipende


dall’apertura del diaframma, più questo è aperto e meno
profondità a avremo.
Ma cos’è esattamente la profondità di campo?
Per profondità di campo si intende la distanza tra il primo e
l’ultimo punto messo a fuoco di un’immagine.
Meno profondità di campo abbiamo e più il range di punti messo a fuoco sarà minore. Non è da confondere
con il punto focale, ovvero il punto specifico che abbiamo messo a fuoco con la fotocamera, ma piuttosto
tutte quelle zone che il nostro occhio percepisce come nitide.
L’effetto Bokeh
L’effetto Bokeh è una particolare scelta artistica di avere una bassa profondità di
campo (grande apertura di diaframma) per isolare il punto messo a fuoco, ovvero il
soggetto da rappresentare, su uno sfondo che il nostro occhio percepisce come
sfocato.
controllo profondità
Sulla maggior parte delle Reflex, abbiamo un’impostazione che ci permette di controllare visibilmente la
profondità di campo e di chiudere il diaframma automaticamente al valore preimpostato.

messa a fuoco e autofocus


Per messa a fuoco si intende l’azione di mettere a fuoco il soggetto, o parte del
soggetto, in modo che l’occhio lo veda come nitido e chiaro.
Esistono due tipi di messa a fuoco: quella manuale e quella automatica
(autofocus)
manuale: La messa a fuoco manuale si serve di una serie di ghiere attraverso
cui il fotografo può decidere quanto e cosa mettere a fuoco, dunque questa
modalità ti conferisce un totale controllo dello scatto.
autofocus: tramite una serie di finestrelle e un raggio infrarosso, il soggetto
viene messo a fuoco automaticamente. (si usa in situazioni in cui il fotografo deve scattare e mettere a fuoco
velocemente)

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focus stacking
Il focus stacking è una tecnica, in cui si fanno più scatti dello stesso soggetto con messa a fuoco in diversi
punti, che ti permette di avere una maggiore profondità di campo e nitidezza.

zoom ottico e zoom digitale


Esistono due tipi di zoom: lo zoom ottico e lo zoom
digitale. La maggiore differenza tra i due è che lo zoom
ottico viene utilizzato prima dello scatto, mentre quello
digitale dopo.
Lo zoom ottico utilizza una serie di lenti per ingrandire
l’immagine, mentre quello digitale ingrandisce l’immagine
una volta acquisita. Ovviamente, lo zoom ottico riesce a
preservare la nitidezza dell’immagine, al contrario di
quello digitale.

stabilizzatore dell’immagine
Lo stabilizzatore dell’immagine è uno strumento in grado di eliminare il mosso dalle immagini in movimento e
permette di scattare foto anche con poca luce.
misurazione della luce
Per quanto riguarda l’esposizione, le macchine fotografiche moderne hanno un’impostazione che permette di
indicare l’esposizione corretta e eventualmente corregge un errore nell’impostazione diaframma-tempo
selezionata.

formati di esportazione
RAW
RAW significa grezzo o non elaborato, questo formato corrisponde al negativo della pellicola. Con questo
formato possiamo applicare una serie di regolazione ai dati grezzi del file: es. bilanciamento colore, contrasto.
ampiezza delle ombre e delle luci, saturazione globale.
JPEG
Il JPEG è un formato compatto e dunque l’immagine, una volta esportata, non presenterà più i dati grezzi
registrati dal sensore ma risulterà come “appiattita”, ciò vuol dire che intervenire in post-produzione
comporterà una perdita di informazioni a volte notevole.
Questo non vuol dire che esportare in jpeg sia sbagliato, anzi molti professionisti lo fanno, ma bisogna avere
una conoscenza tale in materia da permettersi di non avere margine di errore durante lo scatto e dunque
essere in grado di regolare perfettamente l’esposizione così come le altre caratteristiche principali di una
fotografia, poiché, in questo caso, intervenire in post- produzione è sconsigliato.

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BIT
La più piccola unità digitale è chiamata BIT e può essere descritta da
due cifre 1 (acceso) e 0 (spento) Questa unità è in grado dunque di
cogliere la luminosità (1) e il buio (0)
8 bit formano un BYTE, che, a differenza del bit, è in grado di cogliere
256 gradi luminosità (sfumature di grigio), che poi verranno trasformate
in colori attraverso il filtro di Bayer.
Le immagini a colore sono descritte con 24 bit, hanno dunque più di 16
milioni di colori, poiché composte da 256 colori per i tre colori RGB
(ognuno formato da un BYTE).

Scattando in formato RAW otteniamo delle immagini descritte con 12, 14 o 16 bit per ogni colore RGB e quindi
siamo in grado di avere una gamma cromatica molto maggiore.
Dunque, invece di utilizzare 8 bit ovvero 256 livelli, le fotocamere più nuove posso descrivere un’immagine a
16 bit.

risoluzione e dimensioni di un file


Per risoluzione di un’immagine si intende la quantità di Pixel presenti in un’immagine. Se abbiamo un’alta
risoluzione, l’immagine apparirà nitida e chiara, al contrario, se la proporzione inch x pixel è bassa, la qualità
dell’immagine risulterà scarsa, con visibilità di pixel quadrettati. In particolare questo tipo di fenomeno, ossia la
presenza di seghettature nell’immagine, è detto aliasing. (in Photoshop abbiamo la possibilità di eliminare
questo effetto con uno strumento chiamato anti-aliasing)

720 ppi (pixel x inch) 300 ppi (pixel x inch)

dimensione di un file
In fotografia, la misura di un file è data in Megapixel, ovvero pixel composti da un milione di pixel, e per
raddoppiare la risoluzione bisogna quadruplicare i pixel.
Per fare questo, però, bisogna tenere conto del fatto che, aumentando la risoluzione, aumenterà anche il
“peso” del nostro file.
La dimensione del file è infatti determinata dalla quantità di pixel presenti ed indica lo spazio che l’immagine
andrà ad occupare sul disco, può essere espressa il kilobyte (KB), megabyte (MB) o gigabyte (GB)

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Le pellicole (gli svantaggi)


Anche con l’avvento del digitale, alcuni fotografi lavorano ancora in analogico, sviluppando le pellicole.

Nonostante le pellicole a volte siano più belle esteticamente e presentano qualità che le fotocamere digitali in
alcuni casi non offrono, lavorare in analogico ha alcuni svantaggi non da poco.

la scelta
Come già detto in precedenza, la scelta del tipo di pellicola da utilizzare è fondamentale e, un minimo errore,
anche di distrazione, può portare alla perdita completa del lavoro.

Le pellicole si dividono sia in negative e diapositive, che in tarate a luce diurna e a luce artificiale, per quanto
riguarda l’ultimo gruppo è molto importante scegliere accuratamente, poichè quelle a luce diurna vengono
utilizzate per scatti da esterno, mentre quelle a luce artificiale per scati da interno.

durante lo scatto
L’impossibilità di una post- produzione dettagliata limita il fotografo durante lo scatto, egli infatti dev’essere
molto preciso e soprattutto preparato in materia, per riuscire ad impostare i parametri corretti per la fuoriuscita
adeguata della fotografia.
Inoltre, lavorando con le pellicole è molto facile bruciare i colori, impostando una scorretta esposizione, che
può essere una sovraesposizione o una sottoesposizione.

lo sviluppo
Lo sviluppo di una pellicola è un’azione estremamente delicata che va svolta in un ambiente completamente
buio, tipicamente una camera oscura.
Durante lo scatto, la pellicola, formata da alogenuri di argento, si schiarisce quando viene colpita dalla luce,
determinando le zone più chiare dell’immagine, e rimane scura
nelle aree prive di luce.
A questo punto l’immagine fissata sulla pellicola, detta immagine
“Latente” non visibile ad occhio nudo, deve essere sottoposta ad
una serie di procedimenti che la faranno sviluppare
completamente.
I principali step sono: sviluppo, arresto e fissaggio, ed infine
lavaggio.
Durante queste fasi vengono utilizzate soluzioni chimiche costose
e dannose per l’ambiente, inoltre, quando la pellicola è bagnata,
diventa estremamente vulnerabile a graffi che possono
danneggiarla definitivamente.

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