Mai Dire Ex 2
Mai Dire Ex 2
MAI
DIRE EX
di
Sonia Gimor
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Contemporary Romance, Marzo 2020
DRI EDITORE – TREVISO
www.drieditore.it
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Questo romanzo è un’opera di fantasia.
Nomi, luoghi e persone citati nel testo sono stati
inventati con lo scopo di dare veridicità al racconto. Ogni
riferimento a persone reali o scomparse è puramente
casuale.
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5
Grazie per aver acquistato
questo romanzo!
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“Avevano avuto bisogno di perdersi di vista
per qualche tempo, per capire che
si sarebbero mancati
per il resto della vita.”
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Agli amori persi e ritrovati,
a chi lotta ogni giorno per ciò in cui crede,
a chi ha perso la speranza...
questa storia è dedicata a voi.
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SINOSSI
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PROLOGO
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Mi sono impegnato in una relazione? Neanche per sogno.
Guardo distrattamente fuori dall’oblò.
Sto per tornare alla mia vita, alle mie vecchie abitudini…
tutte tranne una.
È arrivato il momento della verità.
Gemma è davvero un lontano ricordo?
Non mi resta che atterrare a Milano e scoprirlo...
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1.
ALESSANDRO
Quando scendo dall’aereo sono quasi le tre del
pomeriggio.
Odio questo momento: tutti i passeggeri attorno a un rullo
a guardare inebetiti le valigie che scorrono lente, ognuno
assorto nella silenziosa preghiera di vedere presto
comparire la propria, sperando che non sia stata smarrita
dalla compagnia aerea in giro per il mondo.
Non so se tutti si fanno un film mentale simile al mio
davanti a questo dannato rullo, ma a me capita tutte le volte.
Eccoli, finalmente.
I miei due trolley blu scuro fanno capolino a breve
distanza l’uno dall’altro, sani e salvi.
Mi avvio verso l’uscita e mi rendo conto che sono davvero
felice di essere di nuovo qua.
A casa, finalmente.
Non lo avrei detto, eppure mi è mancato questo posto.
Tra la folla scorgo mia madre che si sbraccia per farsi
notare.
Sorrido e le vado incontro.
«Sei bassa, mamma, ma ti avrei vista anche senza il
balletto imbarazzante che hai messo in scena in mezzo alla
gente» la sfotto, prima ancora di stringerla tra le braccia.
«Non sei ancora arrivato e già inizi con i complimenti»
brontola mentre ricambia l’abbraccio, e quasi mi
commuovo.
Neanche un secondo ed ecco che parte la tiritera materna.
«Fatti guardare. Sei dimagrito… ma hai mangiato in questi
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mesi? Sicuro di stare bene? Non è che hai preso qualche
strana malattia, vero?»
Ecco, ho già cambiato idea. Quand’è che parte il primo
volo per Londra?
«Mamma, non cominciare. Non sono partito per la
giungla, sono rimasto in Europa, e che io sappia a Londra
non ci sono epidemie strane e mortali sconosciute in Italia.»
«Sì, ma hai mangiato davvero malissimo, ne sono sicura.
Ci penserò io adesso a rimetterti in carne.»
Alzo gli occhi al cielo, ma non ribatto. In effetti mia madre
non approverebbe mai tutte le schifezze di cui mi sono
cibato in questi mesi… mi è capitato di mangiare un panino
farcito con salmone, un formaggino strano e marmellata di
ciliegie.
Questo magari evito di dirlo ad alta voce.
«Cosa c’è da ridere?» La voce di mia mamma mi riporta
alla realtà.
«Niente, è solo che ti preoccupi troppo. Sono tornato e sto
bene. Inoltre, sono sicuro avrai già stabilito tutto il menù da
qui a Natale» asserisco convinto.
Ora è mia mamma a sorridere in segno di assenso.
«Esagerato» obietta, senza negare.
Durante il tragitto verso casa, le racconto a grandi linee la
vita di questi mesi. Ci siamo sentiti quasi tutti i giorni nel
periodo che ho trascorso all’estero, quindi non ci sono
molte cose nuove da riferire.
«E le ragazze?» mi interrompe di punto in bianco e io la
guardo con sospetto.
«Non vorrai farmi credere che non c’è stata nessuna
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ragazza di tuo gradimento a Londra…» insiste, con lo
sguardo di chi la sa lunga.
«No. Qualcuna c’è stata…» ammetto, vago.
Lei distoglie gli occhi dalla strada per un attimo e mi
scruta con un sopracciglio alzato, prima di guardare di
nuovo davanti a sé. «Capito. Non si parla di certe cose con
la mamma.»
Mi stringo nelle spalle. «C’è molto poco da dire. Papà è a
casa?» cerco di cambiare argomento.
«Sì. Deve tornare al lavoro, ma ci teneva a salutarti. Ci sta
aspettando.»
Una volta arrivati, saluto mio padre che, a differenza di
mia madre, non si preoccupa troppo del mio aspetto o di ciò
che ho mangiato nell’ultimo anno. Mi chiede se mi sono
trovato bene, se sono felice di essere a casa e poi mi informa
che ha chiamato Simone, credendo fossi già arrivato, per
avvisarmi che mi aspettano alle otto per l’aperitivo al solito
bar.
Controllo il mio telefono, in effetti mi aveva cercato anche
sul cellulare.
Dopo aver abbandonato le valigie in camera ed essermi
fatto una doccia, mi godo un pochino di relax nel mio letto.
Il mio comodissimo materasso da una piazza e mezza mi è
mancato un sacco e, fastidiosamente, i ricordi dell’unica
ragazza che è stata qua sopra con me spingono
insistentemente per uscire allo scoperto. Chiudo gli occhi e
cerco di vincere la battaglia con la mia memoria, ma ormai
è troppo tardi…
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«Dai! Così mi fai il solletico!» Gemma è sotto di me e lotta
invano per proteggere i fianchi dai miei attacchi insistenti,
mentre ridiamo.
Siamo insieme da poco più di un anno. Senza dubbio i
dodici mesi più belli della mia adolescenza.
È così bella. I capelli castani e leggermente mossi
ricadono qua e là sul cuscino, e gli occhi nocciola
scintillano di quell’aria spensierata e sbarazzina tipica dei
sedici anni. Io ne ho diciotto e penso che nulla potrà mai
cambiare tra me e lei.
Tutto d’un tratto riesce a liberarsi dalla mia presa, ma
l’aria nella stanza si è fatta calda e carica di elettricità, e
nei suoi occhi brilla una luce più profonda rispetto a
prima, mentre il suo respiro si è fatto più veloce…
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di ritrovo fisso negli ultimi anni. Dalle vetrate scorgo
Simone, già seduto a un tavolo, ma mi attardo un attimo
all’esterno, mentre finisco la sigaretta con calma.
Questa è una delle novità: a Londra ho iniziato a fumare
ed è un vizietto che mi sono portato a casa. Sono
consapevole che non sia il passatempo più salutare del
mondo, tutto sommato però lo trovo piacevole e rilassante
e, con un pizzico di soddisfacente ribellione, faccio una delle
cose che Gemma, da grande salutista, non approverebbe
mai.
Anche se ora non mi interessa più ciò che pensa.
Ributto l’occhio dentro al locale e alzo una mano in segno
di saluto verso il barman che mi sta guardando con un
sorriso amichevole, mentre Simone sta finendo a piccoli
sorsi una birra bionda. Io e lui ci conosciamo da un tempo
relativamente breve. Ci ha presentato un amico in comune
circa tre anni fa e da allora siamo diventati inseparabili. Lui
è di Siena, è a Milano perché paparino l’ha spedito alla
Bocconi per laurearsi e specializzarsi, prima di prendere in
mano le redini dell’azienda di famiglia.
In realtà, i progetti che Simone ha per il suo futuro non
coincidono esattamente con quelli del padre, ma il suo
vecchio questo ancora non lo sa e lui, tra una lezione e
l’altra, ne approfitta per viversi appieno le gioie della vita
lontano da casa, intervallando festini alcolici a ragazze
disponibili.
Entro nel locale e gli vado incontro. Non si è ancora
accorto del mio arrivo. «Simone, tutto solo a un tavolo?
Nessuna biondina questa sera?» gli chiedo, una volta
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arrivato alle sue spalle.
Lui si alza e mi abbraccia velocemente. «Non oggi, amico.
Questa sera solo uomini. Bentornato.»
Faccio per sedermi al suo tavolo, ma mi ferma. «Che fai?
Credi davvero che faremo il brindisi di benvenuto in questo
misero tavolino?»
Lo guardo perplesso, ma non dico nulla.
«Vieni con me. Per l’occasione ci siamo fatti preparare la
saletta privata.»
Inizio a capire e sorrido soddisfatto. Il bar, sul retro, ha
una stanza che viene utilizzata per feste o aperitivi aziendali
e, evidentemente, Simone ha fatto le cose in grande.
Quando entro nella sala, rimango davvero colpito da quello
che hanno organizzato per me: vecchi compagni di corso,
amici d’infanzia e, ovviamente, tutta la compagnia con cui
uscivo prima della mia partenza. Con mia grande sorpresa,
Simone non scherzava sul fatto di passare la serata tra soli
uomini… non c’è nemmeno una ragazza. Trovo la cosa
stupefacente dato che è stato lui a organizzare la serata, ma
devo ammettere che sono molto soddisfatto della scelta.
Finirà sicuramente con noi ubriachi in giro per Milano, ma
certamente sarà una serata da ricordare. Mi guardo intorno
e non posso non notare quanto si siano dati da fare i ragazzi:
su un lato della stanza un mega rinfresco a buffet è stato
preparato a regola d’arte e, accanto, bottiglie su bottiglie di
alcol non aspettano altro che essere svuotate.
Da un gruppetto di persone noto che Davide, l’amico che
ha presentato me e Simone qualche anno fa, avanza verso
di me e alza il bicchiere. «Ragazzi, facciamo un brindisi per
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Alessandro. Uno di noi, per un anno, si è goduto il sesso
anglosassone. Perché, per chi non lo sapesse, l’unico motivo
per cui è andato così lontano, è proprio questo.»
Nessuno gli presta troppa attenzione, dato che è già
visibilmente alticcio, e mi viene da ridere. Davide è uno dei
pochi ad aver conosciuto Gemma, ed è forse l’unico a cui
non l’ho data a bere con la balla del mio trasferimento
londinese a favore dei miei studi.
«Ciao, amico. È fantastico vedere come alcune cose nella
vita non cambino mai, come per esempio te, ubriaco, in
questo bar» lo sfotto, quando ormai è accanto a me.
«Alessandro, lascia che ti dica che sei uno splendore.
Adesso però voglio sapere tutti i dettagli piccanti di questi
mesi per filo e per segno» dichiara con voce traballante.
Impossibile non notare come il suo tono sia leggermente
biascicante e rido di nuovo, dato che la serata deve ancora
iniziare e lui è già in questo stato.
In realtà, sa perfettamente che non gli rivelerò nulla,
poiché non sono il tipo che si vanta delle sue prodezze
sessuali. Mi piace un sacco giocare tra le lenzuola, ma
preferisco che i dettagli rimangano privati. Questo vale
ancora dai tempi del liceo: mentre tutti i miei amici
raccontavano le prime esperienze adolescenziali, io me ne
restavo zitto, non particolarmente interessato, tanto che era
opinione comune il fatto che non avessi nessun tipo di
esperienza da raccontare.
Quanto erano lontani dalla realtà: non potevano
minimamente immaginare in che misura io e la mia ragazza
ci dessimo da fare in camera da letto. Il sesso tra me e
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Gemma è sempre stato un argomento assolutamente off
limits, una proprietà privata a cui solo io e lei potevamo
accedere.
«Dovresti sapere che non rivelo mai i dettagli piccanti…»
gli rispondo deciso, mettendogli una mano sulla spalla.
Simone si intromette. «Giusto, Davide, sai che Ale è una
palla mortale in queste cose. Se vuoi però posso raccontarti
com’è andata ieri con la mia ragazza…» propone, con
un’espressione assolutamente esplicita.
Sgrano gli occhi mentre inchiodo Simone con lo sguardo.
«Ragazza? Cioè, vuoi dire che adesso hai una ragazza
fissa?» lo scruto incredulo.
Lui alza gli occhi e finge di concentrarsi come se stesse
valutando la correttezza della mia deduzione, poi ride e
annuisce un po’ imbarazzato e un po’ divertito dalla mia
espressione. «Da un paio di mesi. Però non parliamone
adesso, inizio a sentire le bollicine in testa e oggi dobbiamo
festeggiare il tuo ritorno. Niente donne questa sera»
ribadisce.
Non ci credo. Simone ha una ragazza.
Il mio amico sciupafemmine ha messo la testa a posto
proprio adesso che io, invece, ho deciso di seguire il suo
esempio.
Abbiamo un tempismo invidiabile.
Tutto sommato però, non ho voglia di pensarci adesso.
Ora sono in mezzo a una marmaglia di ragazzi ubriachi che
sono qui per festeggiare il mio ritorno e, tra un brindisi e
l’altro, in breve, sono alticcio anche io.
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«Wow, non bevevo così da quando… ma che dico? Non
avevo mai bevuto così» la voce di Simone arriva confusa alle
mie orecchie e un po’ mi rimbomba in testa.
«Già, nessuno aveva mai bevuto così» farfuglio in
risposta, mentre cerco le chiavi della macchina.
Ci raggiunge un altro ragazzo, di cui onestamente in
questo momento non ricordo il nome, ma che sembra
essere molto più sobrio di noi due messi assieme. «Ale, che
fai? Metti via quelle chiavi. Non vorrete mica guidare in
queste condizioni? Vi porto io a casa» garantisce, e la sua
non è una proposta.
In effetti non ha tutti i torti e accettiamo il passaggio,
anche perché non ho esattamente presente dove io abbia
parcheggiato, quindi ringraziamo e saliamo con Marco.
Ah, ecco come si chiama: lui è Marco.
Una volta arrivato a casa, riesco faticosamente a inserire
la chiave nella serratura e, con mia grande sorpresa, arrivo
fino alla mia camera, dove mi rendo conto di essere riuscito
a togliere la camicia, non prima di aver preso a parolacce la
scrivania per essermi venuta addosso e aver urtato contro il
povero mignolo del mio piede, segno evidente che sono
riuscito a togliere anche le scarpe. Mi stendo a letto con il
dito dolorante e, chiedendomi se domani ricorderò dove
andare a recuperare la macchina, scivolo nel sonno.
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2.
ALESSANDRO
Quando mi sveglio ho un gran mal di testa e, la sottile e
fastidiosa scia di luce che si fa largo dalla fessura della
finestra, mi suggerisce che la giornata è iniziata da un
pezzo. Cerco il cellulare sul comodino per controllare che
ore siano, ma ovviamente non lo trovo perché, con ogni
probabilità, è ancora nella tasca dei jeans che avevo ieri sera
e che, non so bene come, devo aver tolto prima di infilarmi
sotto le coperte, dato che adesso si trovano appallottolati
sotto alla scrivania.
Mi alzo faticosamente e ciondolo fino al bagno in cerca di
un’aspirina o di qualsiasi cosa possa aiutarmi a far sparire
questo spiacevole cerchio alla testa. Quando torno in
camera, recupero il mio telefono dalla tasca dei pantaloni.
Porca puttana, è quasi ora di pranzo.
I miei saranno a casa entro mezz’ora e ci manca solo che
mi vedano in queste condizioni neanche ventiquattro ore
dopo il mio arrivo in Italia.
Mi affretto sotto la doccia. L’acqua calda mi fa bene e
anche l’antidolorifico sta facendo il suo effetto, quindi, una
volta vestito e pettinato, ho un aspetto quasi presentabile.
Che peccato non avere la scusa del jet lag, a pranzo dovrò
dare tutta la colpa alla stanchezza.
Quando scendo al piano di sotto, mi aspetta una bella
sorpresa: i miei non passeranno per casa, mia madre mi ha
lasciato tutto pronto, insieme a un bigliettino con scritto
che ci vedremo direttamente per cena questa sera. Tiro un
sospiro di sollievo: è vero che sono maggiorenne, che ho
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fatto un anno fuori di casa e che tutto sommato non devo
dare loro grosse spiegazioni, ma farmi trovare con i postumi
di una grossa sbornia già il giorno dopo il mio rientro, mi
sembra comunque eccessivo.
Mangio con calma e mando un messaggio a Simone.
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➢ Passo a recuperare la macchina al bar e vengo da te.
➢ A dopo.
«Eccomi, omofobo.»
Si siede sul divano e mi passa una birra, mentre mi fa
l’occhiolino.
«Non ho assolutamente nulla contro gli omosessuali, ma
preferisco ancora la visione di una donna mezza nuda, a
quella del mio migliore amico.»
«Ah, come ti capisco! Anche se, al momento, l’unica
donna che vedo mezza nuda, è la mia.»
Sono particolarmente interessato a questo argomento,
così mi metto comodo sul divano e bevo un bel sorso di birra
prima di lasciare libero sfogo alla mia curiosità. «Ecco,
appunto. Parliamo di questo. Spiegami un po’ cosa mi sono
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perso in questi mesi…»
Simone nasconde un sorriso furbo dietro la bottiglia che
ha portato alla bocca, poi mi lancia uno sguardo divertito.
«Mi viene da ridere a dirlo, ma ho una ragazza…» ammette.
«Questo l’hai detto anche ieri… volevo qualche dettaglio
più specifico» persevero nella mia ricerca di informazioni.
«L’ho detto anche ieri, ma ero ubriaco. Ora lo sto dicendo
da sobrio… ed è la prima volta che lo dico a qualcuno
mentre sono lucido» puntualizza, indirizzando l’indice
verso di me per sottolineare l’importanza di questa
rivelazione.
«Hai aspettato che tornassi per confidarti con qualcuno?
Sono colpito» ammetto, senza nascondere la sincerità della
mia affermazione.
Simone sprofonda tra i cuscini del divano e diventa serio.
«A chi avrei dovuto dirlo se non a te? Mi avrebbero preso
tutti per il culo, non avrebbero capito…»
Mi faccio serio pure io. «Allora racconta, dai: come vi siete
conosciuti?»
«In facoltà, qualche mese fa. Lei stava andando a
consegnare la tesi, io stavo aspettando di parlare con un
professore ed eravamo tutti e due in corridoio. Appena l’ho
vista ho pensato: questa me la trombo. Poi però ho capito,
già dalle prime parole che abbiamo scambiato, che non era
quel genere di ragazza e mi sono detto “Simo, lascia
perdere”, il fatto era che volevo davvero conoscerla meglio,
così sono riuscito a estorcerle un appuntamento. Poi sai, da
cosa nasce cosa e…»
«…e te la sei portata a letto» lo interrompo.
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«No. Sono riuscito ad avere un altro appuntamento. L’ho
baciata solo dopo un bel po’ di appuntamenti» confessa, un
po’ imbarazzato.
«Cioè, mi stai dicendo che vi siete visti più volte e non ci
hai mai provato?» Stento a crederci.
«Esatto» mi conferma.
Lo guardo per un attimo, aspettando che mi dica che sta
scherzando ma, con mia grande sorpresa, rimane serio e in
attesa che dica qualcosa. «Wow. Hai davvero messo la testa
a posto, quindi?»
«Se con testa a posto intendi essere fedele a una sola
donna ed essere contento di questo, allora sì… ho messo la
testa a posto.»
«Alla fine comunque ci hai fatto sesso, giusto?»
«Oh, sì. Amico, non esageriamo, non sono mica diventato
un frate! Però è avvenuto tutto con calma… lei ha avuto solo
un ragazzo prima di me, ed è stata la sua unica esperienza.
Non volevo pensasse che mi interessassi solo a quello.»
«Quindi siete insieme da un paio di mesi, giusto?»
«Sì. Non vedevo l’ora che tornassi perché vorrei
presentartela. Tra l’altro ha delle amiche che meritano
davvero» ora mi guarda con occhio malizioso.
«Simo, non ho nessuna intenzione di iniziare una storia
con qualche amichetta della tua ragazza per poi fare le
uscite a quattro» lo avverto.
Simone ride e beve un altro sorso dalla sua birra. «Amico,
non ho mai parlato di relazione. Hai detto che ti vuoi
divertire, giusto? Secondo me quelle ragazze farebbero la
fila per fare sesso con uno come te.»
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«E va bene, sai cosa facciamo? Organizza pure una serata,
magari per questo weekend. Chiama qualche amico e metti
insieme un po’ di queste ragazze disponibili, così vedremo
di divertirci un po’» gli propongo.
Mi guarda soddisfatto. «Perfetto, vada per venerdì sera.
Però ti prego, non fatemi fare figure del cazzo. A lei ci tengo
davvero e sarà la prima volta che le presento i miei amici.
Magari limitiamoci a invitare Davide per il momento… e
diciamogli di comportarsi bene.»
Il suo sguardo di supplica mi fa quasi tenerezza, così evito
battute cretine e gli rispondo sincero. «Tranquillo,
cercheremo di comportarci da bravi ragazzi» gli prometto.
Simone si rilassa un po’ e si mette più comodo sul divano,
finendo la birra; l’argomento più spinoso è stato
snocciolato, così inizia a preparare la Play per una sfida a
PES, una delle nostre grandi passioni in cui, ammettiamolo,
sono molto più bravo io.
Quando esco da casa sua, è ormai quasi ora di cena. Il
traffico a Milano, specialmente a quest’ora, è una cosa
pazzesca, così mi ritrovo fermo, imbottigliato, perso nei
miei pensieri, mentre la radio continua a riempire il silenzio
dell’abitacolo con le canzoni del momento.
In fondo anche il traffico di Milano mi è mancato. Più
tempo passa dal mio ritorno, più mi rendo conto che è
questa casa mia.
Sono felice di essere tornato, e sono contento per il mio
amico: l’ho visto felice e spero gli vada bene con questa
ragazza. È stato bello trovare, al mio rientro, Simone
cresciuto. Quando sono partito era praticamente ancora un
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adolescente con gli ormoni in subbuglio, ora invece ha
iniziato a studiare seriamente e ha trovato una donna
capace di farlo rigare dritto… dev’essere un bel tipino
questa ragazza. Non gliel’ho chiesto, ma è sicuramente
bionda… lui adora le bionde. Me la immagino abbastanza
alta, slanciata, formosa, ma con un viso acqua e sapone.
Sono contento per lui, sì, davvero contento. Ma perché, se
sono felice per lui, continuo a sentire un senso di
inquietudine dentro di me ogni volta che penso che Simone
ha trovato una ragazza?
Non lo so… o meglio, lo so, anche se non me n’ero reso
conto fino a ora.
O forse semplicemente non voglio ammetterlo.
Okay, l’idea di trombarmi tutte le donne che mi passano
sotto al naso è una grande puttanata. Me la sono raccontata
così bene nell’ultimo anno che quasi quasi ci ho creduto
pure io, ma la verità è che non sono così.
È vero, a Londra è capitato… però ero fuori casa, fuori
dalla mia realtà, ed era così bello vivere spensierati, non
posso negare sia stato anche divertente fino a che ero
lontano da Milano.
Adesso però, capisco di essermi illuso quando pensavo
che sarebbe bastato un viaggio di qualche mese per
cambiare quello che sono e quello che voglio.
C’entra Gemma? No, forse non è più lei il problema. O
forse è esattamente questo il punto della questione, ma non
voglio ammettere di essere ancora qui a pensare alla donna
che mi ha mollato quattro anni fa, mi fa sentire patetico.
Ecco cosa sono: patetico.
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So che lei è andata avanti con la sua vita, ormai si sarà
laureata e, con ogni probabilità, starà frequentando qualche
bell’individuo, magari uno sportivo palestrato conosciuto
tramite la sorella campionessa di pattinaggio, ma tutto
questo non cambia quello che vorrei. Inutile reprimere ciò
che mi gira per la testa da ieri. In realtà mi sarebbe piaciuto
trovarla in aeroporto ad aspettarmi mentre tornavo da
Londra, saremmo andati a mangiare qualcosa insieme, e
avremmo fatto l’amore tutta la notte, per poi ricominciare
questa mattina.
D’accordo, questa è solo un’utopia.
Con Gemma non sarà mai più possibile nulla di tutto
questo. Però passare da una ragazza all’altra non è la
soluzione, o per lo meno non è quella giusta per me. È facile
far credere a tutti di essere cambiato, è stato un gioco da
ragazzi convincere Simone di voler conoscere le amiche
della sua ragazza per sceglierne una da scopare, ma so già
che non sarà altrettanto semplice mettere in pratica ciò che
gli altri si aspettano da me. Fino a ieri ero riuscito a illudere
perfino me stesso che questa fosse la verità, ma vedere il
mio amico così contento di avere una donna tutta per sé mi
ha riportato con i piedi per terra e adesso ho capito cosa
vorrei davvero per essere felice. La verità è che vorrei anche
io innamorarmi di nuovo: mi piacerebbe avere una ragazza
con la quale ridere, confidarmi, fare l’amore.
Un clacson suona e mi riporta alla realtà.
Ingrano la prima, procedendo a passo d’uomo per qualche
metro, poi mi fermo di nuovo dietro a quello che ha appena
suonato, e che dai gesti sembra stia imprecando contro la
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macchina che lo precede. Sono proprio tornato a Milano, gli
inglesi non gesticolano in questo modo.
Sorrido.
Eh già, gli inglesi… Londra è stata sicuramente una
bellissima esperienza che porterò con me per tutta la vita,
ora però è giunto il momento di iniziare il mio percorso,
quello vero, che getterà le basi per il mio futuro.
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3.
GEMMA
«Ciao amore, sono a casa. Ah, Gemma, ci sei anche tu. Ti
fermi a cena?»
«Ciao, Luca.»
Il marito di mia sorella è appena rientrato e ha fatto
irruzione in salotto, interrompendo le nostre confidenze tra
sorelle.
«Papà!» La mia nipotina gli corre incontro e assisto
sorridendo alla felicità di Giorgia mentre Luca la prende in
braccio.
«Tesoro, io e Gemma stavamo finendo un discorso…
perché intanto non vai a fare una doccia e ordini le pizze?»
suggerisce Giulia a suo marito.
«Ho capito: discorsi tra donne. Vado a fare la doccia e
ordino le pizze, capitano. Gemma, per te il solito?»
«Sì, pizza ai funghi… grazie, cognatino bello» e gli mando
in bacio con la mano.
Luca ride e stringe gli occhi a fessura. «Ruffiana»
mormora ironico, prima di dileguarsi verso il piano
superiore.
«Quindi è ufficiale con Simone?» si informa mia sorella
riprendendo il discorso dov’era stato interrotto.
«Sì. Pensavo di presentarlo prima a te e Luca e poi a
mamma e papà» le spiego.
«Perché? È un ragazzo con la cresta viola e i pantaloni con
il cavallo a metà ginocchio?» l’espressione di Giulia si fa
preoccupata e mi viene da ridere.
«Ma no, che dici? È un ragazzo di buona famiglia, solo che
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presentarlo a mamma e papà mi sembra un passo
importante… a te dico tutto, mi farebbe piacere se lo
conoscessi» espongo sincera.
«Allora perché non gli dici di venire a mangiare la pizza
qua con noi?» mi propone prendendomi alla sprovvista.
Sgrano gli occhi mentre fisso mia sorella, non mi
aspettavo se ne uscisse con un’idea del genere.
Giulia mi guarda con aria interrogativa e mi incalza. «Ehi?
Ci sei? Gemma, respira, non serve che entri nel panico.»
Mi riprendo dal momentaneo tentennamento. «Sai cosa?
Va bene. In fondo una sera o l’altra, che differenza fa? Ora
glielo chiedo. Spero non sia lui a entrare nel panico» ed
entrambe ridiamo, con la complicità che solo due sorelle
possono avere.
Giulia ha ventisette anni, quattro più di me. Si è sposata
giovanissima, ma tra noi il rapporto non è cambiato
neanche dopo il suo matrimonio. Abbiamo anche una
sorella più grande, ma negli ultimi anni lei e il marito si
sono trasferiti a Genova e non la vediamo spesso,
purtroppo. Per fortuna Giulia è rimasta nella nostra città
natale. Quando ho un problema o un dubbio, so di poter
sempre contare su di lei e non le nascondo nulla. Si
potrebbe dire che, oltre a essere mia sorella, sia anche la
mia migliore amica.
Faccio un bel respiro e chiamo Simone proponendogli di
raggiungerci per cena: in un primo momento rimane
disorientato, un po’ come sono rimasta io di fronte all’idea
di Giulia, però poi, stupendomi, accetta di buon grado
l’invito offrendosi di passare lui a prendere le pizze per tutti.
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Questo però non è fattibile con Luca: quando si è in sua
compagnia, è impossibile offrire qualsiasi cosa.
«Amore, aggiungi una pizza alla lista: rucola e grana» lo
avverte Giulia, alzando la voce in modo da farsi sentire al
piano superiore.
Poco dopo mio cognato fa il suo ingresso in salotto, con i
capelli ancora bagnati e il cellulare in mano pronto per
chiamare. «Perché una pizza in più?» si informa.
Giulia lo guarda con un sorrisino che credo capiscano solo
loro, prima di rispondere. «Il ragazzo di Gemma, Simone,
si unisce a noi» gli spiega, con un tono apparentemente
neutro.
Luca mi guarda interdetto per un attimo e viene a sedersi
accanto a me. «Bene, bene, bene… com’è che hai un ragazzo
e io sono l’ultimo a esserne informato?»
Me lo chiede con un mezzo sorriso, ma so che non sta del
tutto scherzando: mi conosce da otto anni e per lui sono una
sorellina minore. È sempre stato geloso dei ragazzi che mi
girano intorno, anche se alla fine con Alessandro, il mio ex,
aveva fatto amicizia. Chissà, forse si sentono ancora di tanto
in tanto.
Scaccio Ale dalla mia mente e mi concentro su Luca, che
mi guarda in attesa che io dica qualcosa di carino nei suoi
confronti. «Tecnicamente non sei l’ultimo… ma sei tra i
primi. A mamma e papà non ho ancora detto che mi vedo
con qualcuno, volevo prima farlo conoscere a te e avere la
tua approvazione» sbatto le ciglia verso di lui, attendendo
che si crogioli un po’ nelle mie parole e, come previsto, si
alza soddisfatto. «Okay, ci sei riuscita, signorina. Anche se
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il battito di ciglia finale l’ho trovato un po’ esagerato…» ride.
«Grazie della dritta cognato, niente ciglia per la prossima
volta, annotato» e fingo di scrivere un promemoria sul
cellulare.
Dopo aver aiutato Giulia ad apparecchiare la tavola, salgo
al piano superiore con Giorgia per farle fare il bagnetto e
aiutarla a indossare il pigiama. Adoro fare la zia e questa
piccoletta è la fine del mondo: è intelligente, furba, ma
anche dolcissima, e ha degli occhi azzurri che farebbero
sciogliere anche il più burbero degli orchi.
«Zia, ma allora arriva il tuo morosetto?»
«Sì, si chiama Simone. Lo vuoi conoscere?»
«Sì. È bello?» mi domanda, con tutta l’innocenza che solo
un bambino può avere.
«Beh, sì. A me piace molto» le rispondo sincera.
In realtà, è tutto l’opposto del mio ex: Alessandro ha i
capelli castano chiaro, è alto, e ha sempre avuto un fisico
atletico; i suoi occhi verdi sono profondi e quando ti fissa ti
accorgi che ha delle pagliuzze di un castano chiaro attorno
alla pupilla. Simone invece, è l’esatto contrario: capelli
scuri, occhi marroni, e possiede un fisico longilineo, ma non
particolarmente muscoloso. Due ragazzi diversi, insomma.
«E lo sposi?»
Mi viene da ridere, ma cerco di mantenermi seria. «Sai,
dobbiamo pensarci bene prima… non lo conosco da molto
tempo» le spiego.
«Io invece Gabriele me lo sposo. È in classe con me e ha
detto che mi vuole sposare.»
Sto per rispondere, ma una voce maschile arriva alle mie
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spalle: «Dì pure a Gabriele che prima di sposarti dovranno
passare almeno vent’anni e che, a quel punto, dovrà
chiedere il mio permesso ma, fino ad allora, dovrà starti ad
almeno un metro di distanza» la avverte, e dal tono non
sono del tutto sicura stia scherzando. Luca in versione papà
geloso è davvero comico e non posso trattenere una risata
sinceramente divertita.
Quando sentiamo il suono del campanello sono quasi le
otto e, per facilitare l’entrata in scena del mio ragazzo, vado
io ad aprire. Simone è alla porta con un vassoio di pasticcini
ed è nervoso, anche se forse non si nota più di tanto. È la
prima volta che conosce i familiari di una ragazza e, ironia
della sorte, non si tratta di due familiari qualsiasi, bensì di
Luca Zori e Giulia Bennetta, due campioni olimpici del
pattinaggio artistico. Incoraggio Simone con lo sguardo e gli
regalo un bacio veloce prima di fargli strada verso il salotto,
dove Luca, Giulia e la piccola Giorgia ci stanno aspettando.
Faccio un grosso respiro e mi accingo a fare le
presentazioni ufficiali. «Luca, Giulia, vi presento Simone.
Simone, loro sono mia sorella e mio cognato… e lei è la
piccola Giorgia.» Scopro solo adesso di essere un po’
nervosa anche io.
Noto che Luca lo studia per un attimo prima di avanzare
verso di lui per stringergli la mano cordiale. «Piacere di
conoscerti. Gemma ci ha parlato tanto di te» mente
spudorato indirizzandomi un’occhiata complice. Poi è il
turno di Giulia, che gli regge il gioco, mentre Giorgia si
nasconde dietro una gamba di suo padre, facendo la timida.
Strano, Giorgia non è una bambina inibita di solito.
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Il campanello suona di nuovo e Luca si avvia a prendere le
pizze, mentre noi ci accomodiamo a tavola.
«E quindi, studi anche tu alla Bocconi?» Luca cerca
argomenti per fare conversazione.
«Sì, mi sono laureato l’anno scorso in economia, ora mi
sto specializzando» lo informa Simone.
«Dopo gli studi tornerai a Siena?» Giulia tocca un punto
che non abbiamo ancora affrontato e, per un attimo,
trattengo il respiro.
Simone mi guarda e io ricambio lo sguardo, in attesa di
sentire ciò che pensa a proposito del suo futuro.
«Bella domanda. Se fosse per mio padre dovrei tornare a
Siena per dirigere l’azienda di famiglia… io avrei una
visione diversa del mio futuro e, onestamente, adoro
Milano. Spero di poter rimanere, ma sarà una dura
battaglia.»
Rifletto sulla sua risposta mentre la conversazione va
avanti e perdo il filo del discorso: da una parte speravo mi
nominasse, immaginavo dicesse che sarebbe dipeso da me
e che quindi la scelta finale includesse in qualche modo
anche la nostra storia. D’altra parte però, sono felice non mi
abbia preso in considerazione, in fondo ci frequentiamo da
così poco e, onestamente, per il momento quando penso al
mio futuro non vedo Simone accanto a me.
Forse con il tempo, ma non adesso.
Quando riprendo ad ascoltare il dialogo, mi rendo conto
che hanno cambiato argomento e Simone sta facendo dei
complimenti a Luca per tutti i suoi successi.
Segnale di pericolo: mio cognato non ama certe
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dimostrazioni di ammirazione, per lo meno non da persone
a lui vicine… sopporta le adulazioni solo dai fan e dai
giornalisti, per il resto si sente a suo agio se la gente attorno
a lui lo tratta in maniera normale, senza sparare frasi tipo
“è un onore essere a tavola con voi” quindi, dato che Simone
l’ha appena pronunciata, corro in suo aiuto sparando la
prima cosa che mi viene in mente. «Luca, ricordi la prima
volta che ci siamo incontrati? Eravamo a casa dei miei, ero
appena rientrata da scuola e sono rimasta imbambolata in
giardino… che figuraccia!»
Mio cognato ride al ricordo. «Sì. Io ero in difficoltà, perché
avevo davanti a me questa ragazzina che mi fissava e
rispondeva solo muovendo la testa a ogni mia domanda…
era tenera» spiega a Simone. Poi continua. «Ho visto
Gemma crescere. Per me è come fosse la mia sorellina…» lo
fissa per un attimo, palesando l’istinto di protezione che
sente nei miei confronti. Lo adoro quando fa il fratello
maggiore e credo che Simone, inibito dallo sguardo di
avvertimento di Luca, abbia faticato a deglutire ciò che
aveva in bocca, ma si riprende subito e risponde sicuro.
«Non ho dubbi, ma posso assicurarti che ho tutte le
intenzioni di renderla felice» replica, mentre il suo sguardo
innamorato provoca un leggero rossore sulle mie guance.
Luca sembra soddisfatto della risposta e mi fa un
occhiolino di approvazione: il mio ragazzo ha superato la
prova, così l’argomento si sposta su un terreno più neutro e
il clima si distende in un’atmosfera più amichevole.
Poco dopo Giorgia sbadiglia, così mia sorella si alza per
portarla a letto e mi offro di aiutarla, mentre Luca e Simone
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si spostano in salotto.
«Allora, che te ne pare?» Chiedo a Giulia una volta entrate
nella cameretta.
«Sembra un bravo ragazzo, ed è davvero carino» afferma
convinta.
Sto per dirle che sono felice le piaccia, ma lei mi precede.
«Magari questa volta evita di farti beccare a letto con lui da
papà» e scoppia a ridere, mentre io alzo gli occhi al cielo.
La presa per il culo legata a quell’imbarazzante momento
in cui mio padre beccò me e Ale a letto insieme diversi anni
fa, non avrà mai fine. Non posso evitare di ridere anche io
al ricordo di quel pomeriggio; tutto sommato papà si era
ripreso in fretta dallo shock, e Alessandro era diventato
presto uno di famiglia.
«Grazie a Dio, Simone ha un appartamento tutto suo,
quindi non dovrebbe esserci questo problema» lancio
un’espressione complice a mia sorella e rimbocco le coperte
a Giorgia, che si è già quasi addormentata nonostante il
chiasso delle nostre risate.
Quando entriamo in salotto, troviamo due uomini con una
birra in mano, davanti alla televisione, concentrati su una
partita di calcio. «Ecco qua: non è possibile lasciare due
uomini da soli per qualche minuto… perché è matematico
che si mettano a guardare venti ragazzi che corrono dietro
a un pallone» li provoca Giulia.
«Amore, sono ventidue in realtà» chiarisce Luca a sua
moglie, che alza un sopracciglio.
«Sono gli ultimi minuti, poi spengo, giuro. Simone è
milanista come me» sgancia quell’informazione come se da
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sola potesse giustificare la visione della partita a Giulia che
colloca il calcio in fondo alla lista degli sport degni di essere
visti.
Mia sorella scuote la testa divertita e si avvia in cucina, per
sistemare e preparare il caffè.
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all’estero, è tornato e avrebbe voglia di conoscere la ragazza
che mi ha fatto mettere la testa a posto. Pensavo che si
potrebbe organizzare una serata con qualche tua amica e i
miei amici, così sarà ufficiale…»
Trattengo un sorrisino soddisfatto e gli servo la possibilità
di una frase a effetto su un piatto d’argento. «Cosa sarà
ufficiale?» domando con aria innocente.
Lui mi ferma e mi prende il mento tra le dita, alzando il
mio sguardo verso il suo. «Che mi sono innamorato.»
Sento il cuore accelerare il battito mentre mi bacia e
l’emozione mi rende le ginocchia molli per un attimo. Era
davvero tanto tempo che non mi sentivo così.
Quando si allontana da me abbiamo entrambi gli occhi
lucidi di felicità e finalmente credo di essere innamorata
anche io. Credevo che, dopo Alessandro, non avrei più
sentito il cuore battere così forte per qualcuno, e invece è
successo, finalmente.
Ale rimarrà sempre il mio primo amore, avrò sempre
nostalgia di lui e il rimorso di averlo lasciato, come non mi
abbandonerà mai il rimpianto di non essere andata a
fermarlo quando ho saputo che sarebbe partito. Ora però,
da quel che ho saputo, si è fatto una vita a Londra e gli
auguro ogni bene… è giusto che entrambi andiamo avanti
per la nostra strada e credo di aver finalmente trovato la
direzione giusta sulla quale proseguire la mia.
43
4.
ALESSANDRO
Sono quasi le sette e mezza quando mi trovo con Davide e
Simone fuori dal solito bar per l’aperitivo. Questa sera
conoscerò finalmente la responsabile del cambiamento del
mio amico, ma solo nel dopocena. Abbiamo infatti deciso di
trovarci con le ragazze in un pub appena fuori dal centro di
Milano verso le dieci e mezza, mentre prima andremo a
cenare da “Pino”, il ristorante del papà di un nostro vecchio
amico, da soli, godendoci l’ansia crescente di Simone.
«Ragazzi, oggi ho fatto il mio primo colloquio di lavoro»
annuncio fiero di me.
Davide mi guarda sorpreso. «Cazzo, Ale, sei tornato solo
qualche giorno fa e già ti sei dato da fare… godersi un
periodo di cazzeggio, no?»
Simone ride. «Stai parlando di Alessandro Danello… sai
che non è un perditempo come noi.»
«Siete sempre i soliti guastafeste. Però questa sera non
dovrei essere io il bersaglio delle frecciatine… vero,
Simone? In fondo non sono io ad avere una ragazza fissa»
lo guardo con aria di sfida.
Il mio amico beve un lungo sorso del suo spritz, poi mi
guarda preoccupato. «Mi hai promesso di non fare il
cretino, ricordi?»
Alzo il mio bicchiere. «Promesso» assicuro, mentre con lo
sguardo gli comunico che non ne sono poi tanto convinto.
Ovviamente non ho nessuna intenzione di metterlo in
imbarazzo o di fargli fare figure di merda, ma mi diverte
tenerlo sulle spine.
44
Quando usciamo dal bar, Simone chiama la sua bella e
non posso fare a meno di provare una piccola morsa di
invidia sentendo la conversazione. Lui la chiama piccola, i
suoi occhi si illuminano e si allontana da noi per avere la
giusta privacy, anche se in realtà sento perfettamente quello
che si dicono: Simone le assicura che gli manca e non vede
l’ora di vederla e immagino che lei ricambi
quell’impazienza, dato il sorriso da ebete che sfoggia in
questo momento il mio amico.
Quando si riavvicina a noi, non posso evitare lo sfottò.
«Che faccia beata che hai. Avete fatto una sveltina
telefonica?»
Le risatine di Davide non tardano a fare da sottofondo.
Lui ci lancia un’occhiataccia, ma cambia subito
espressione. «Sai, l’altra sera ho conosciuto sua sorella.»
«Wow, le cose si fanno serie allora» sancisco.
«La sorella? È figa?» domanda Davide, sfoderando tutta
la profondità del suo pensiero.
«È sposata, scemo. Comunque si somigliano molto a dire
il vero. È una sportiva, ha un corpo davvero ben definito,
ma mai come la mia stupenda ragazza» annuncia con
sguardo fiero.
Quest’informazione mi provoca per un attimo le vertigini:
“è una sportiva”. La sorella di Gemma è campionessa
olimpica di pattinaggio, ma se stesse parlando di lei
l’avrebbe specificato senz’altro. No, sicuramente non
stiamo parlando della stessa persona. “Sportiva” non
significa nulla, in fondo anche una ragazza che corre o che
va in palestra potrebbe essere definita così, quindi almeno
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il trenta percento delle ragazze milanesi.
«Anche la tua ragazza è una sportiva?» chiedo, giusto per
mantenere viva la conversazione, ma non per reale
interesse.
Simone ride. «No, decisamente no. Lei è più un tipo da
plaid e divano» e scuote la testa, probabilmente pensando
a qualche episodio privato.
«Ma tu, Davide? Niente storie da raccontare?» domando.
«Beh, non mi sono innamorato come Simone…»
ammette. «Però sono riuscito a convincere mia nonna che
la piantina che le ho chiesto di far crescere per me, è una
pianta aromatica, così adesso ha un bel vaso di marijuana a
casa» ci racconta fiero, e io non posso non scoppiare a
ridere pensando alla nonna di Davide mentre mette nel
soffritto anche un po’ di “pianta aromatica”.
Simone ride, ma presto si fa più serio. «Ecco, magari
questo non raccontarlo davanti alle ragazze…»
Lui alza gli occhi al cielo. «Speriamo non ci porti a
prenderle direttamente in un convento» mi bisbiglia
sarcastico, mentre Simo gli lancia un’occhiata malefica.
«Uff, non fatemene pentire, d’accordo?» ripete, quasi
implorante, così mi sento di rassicurarlo. «Rilassati,
Simone, stiamo solo scherzando.»
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prima di dover dare spiegazioni, mi affretto a una battuta.
«Hai finito di mandare messaggi sdolcinati? Cazzo, vi
vedrete tra poco più di un’ora.»
«Hai ragione, è che le ho chiesto dove sono andate a cena
e…» non finisce la frase.
«E?» lo incalzo.
«Mi sono informato su com’è vestita» risponde
imbarazzato stringendosi nelle spalle, così io alzo un
sopracciglio, in attesa di una spiegazione che non tarda ad
arrivare. «Il fatto è che non mi piace vada in giro per i locali
di sera, con le gambe in mostra, senza di me. Ci sono
talmente tanti pervertiti per le strade.»
Io e Davide scoppiamo a ridere.
«Come te ad esempio, fino a due mesi fa» precisa Davide,
senza smettere di ridere.
Ora anche Simone fatica a trattenere una risata. «Esatto,
amico» conferma, per nulla infastidito da quel commento.
Ridiamo e scherziamo ancora per diverso tempo, la cena
come sempre è squisita, e quando decidiamo di liberare il
tavolo, ci rendiamo conto di essere molto più che sazi.
«Bene, adesso che abbiamo mangiato, abbiamo una
buona base per i super alcolici della serata» riflette Davide
ad alta voce e gli assesto una gomitata. «Da adesso
comportiamoci bene, mi raccomando» gli sussurro appena
vedo Simone distratto.
Il locale che abbiamo scelto per l’incontro si trova poco
distante dal ristorante in cui abbiamo cenato, così
decidiamo di arrivarci a piedi, per non avere il problema del
parcheggio.
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Ormai è arrivato il momento di conoscere questa
fantomatica ragazza e, più ci avviciniamo al locale, più
Simone guarda l’orologio.
«Simo, smettila di fissare quelle lancette: si sa che le
ragazze sono sempre in ritardo. Metti via quel telefono. Se
le scrivi per chiederle dov’è ti prenderà per uno appiccicoso,
ansioso e rompi palle» cerco di anticiparlo.
Le aspettiamo fuori dall’entrata per un ragionevole lasso
di tempo.
«Facciamo così: dille che siamo entrati. In questo modo
lei ti farà sapere tra quanto arriveranno e noi potremmo
bere qualcosa con calma. Vedi? Due piccioni con una fava»
propongo.
Davide mi guarda come fossi un genio. «Inchinati davanti
al maestro, Simone» ci sfotte.
In ogni caso la mia proposta ha la meglio, così, finalmente,
una volta entrati, mi metto comodo e mi guardo intorno.
Era tantissimo che non venivo in questo locale: nell’ultimo
anno hanno apportato delle migliorie, ora è molto più
moderno e gli spazi sono più definiti.
«Saranno qua tra dieci minuti» la voce di Simone mi
distrae dalle mie valutazioni.
«Bene. Sei più tranquillo ora?» mi informo.
«Sì. Anche se non vedo l’ora di fartela conoscere. Inoltre,
sono sicuro ti piacerà Francesca. È bionda» mi comunica,
come se il fatto di avere i capelli chiari sia sufficiente a farsi
piacere una persona.
«Sai che preferisco le more» puntualizzo.
«A me vanno bene entrambe» ci assicura Davide, mentre
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una ragazza poco vestita avanza verso di noi per prendere
le nostre ordinazioni.
«Ciao, ragazzi, cosa vi porto?»
«Ciao, ci fai due Gin Lemon e un Mojito, per favore?»
La ragazza se ne va ancheggiando, evidentemente
consapevole dei nostri occhi sul suo fondoschiena ma, poco
dopo, noto Simone che si alza in piedi e si avvia verso
l’entrata. Immagino sia proprio arrivato il momento di fare
la conoscenza della ragazza misteriosa, così seguo con lo
sguardo il mio amico, ma presto lo perdo tra la folla.
«Sono arrivate?» mi chiede Davide, con gli occhi
indirizzati verso il punto in cui è scomparso Simone.
«Credo di sì» rispondo senza guardarlo.
Non passa molto tempo, ed ecco che finalmente il mio
amico fa capolino tra la gente, ma la penombra, le luci al
neon e i led colorati, non mi fanno mettere subito a fuoco le
ragazze che lo seguono.
Guardo Simone, osservo per un attimo il suo volto, oserei
dire quasi raggiante, e gli sorrido, anche se lui non se ne
accorge. Ormai hanno superato gran parte della folla e sono
abbastanza vicini perché io riesca a vedere le tre ragazze:
distinguo la bionda di cui mi parlava prima, Francesca se
non sbaglio… cazzo, ma quella la conosco.
Certo, Francesca! È una vecchia amica di Gemma.
Improvvisamente il cuore inizia a martellare a un ritmo
frenetico e doloroso, tanto che, per un attimo, penso stia
rimbalzando direttamente sulle costole. La mia mente
comincia a mettere insieme alcune informazioni e il terrore
del mio presentimento prende il sopravvento: ha una
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sorella sportiva, è un tipo da plaid e divano, è in grado di
cambiare un ragazzo come Simone, si sta laureando alla
Bocconi… mentre elaboro ciò che sta succedendo, ecco che
la metto a fuoco: la mia ex ragazza si sta avvicinando mano
nella mano proprio con il mio migliore amico.
Merda.
La ragazza di Simone… è Gemma.
50
5.
GEMMA
Mi sento mancare.
Non ci posso credere.
Tutto d’un tratto, il pesce che ho mangiato poco fa
minaccia di fare la strada a ritroso lungo il mio esofago.
Alessandro.
Dopo quasi quattro anni, è qua davanti a me… ma la cosa
peggiore è che è amico di Simone.
Ci stiamo fissando come due imbecilli, sento la voce del
mio ragazzo blaterare qualcosa, credo me lo stia
presentando e io non so davvero cosa fare.
Deglutisco a fatica.
Simone ha smesso di parlare e, se nessuno dei due dirà
qualcosa, il silenzio e l’immobilità in cui siamo piombati
simultaneamente diventerà imbarazzante. Vedo che
Alessandro alza una mano verso di me, si schiarisce la voce
e incespica in un “piacere” detto in modo sommesso.
Ricambio la sua debole stretta e gli rispondo con la stessa
parola, mentre il tremore della mia voce tradisce il mio stato
d’animo.
Mai e poi mai mi sarei aspettata una cosa del genere. È
una situazione assurda, mi sembra di essere la protagonista
di una vignetta tragicomica e per un attimo vorrei lasciarmi
andare a una risata nervosa e liberatoria.
Simone ora mi presenta Davide, altro ragazzo che conosco
benissimo ma che, a differenza del mio ex, non ha motivo di
fingere di non conoscermi. «Gemma? Non ci credo! Sei tu
la ragazza di questo imbecille.» Guarda me e poi Ale e,
51
grazie a Dio, capisce subito che non è il caso di menzionare
il passato.
«Vi conoscete già?» domanda Simone, confuso.
«Frequentavamo la stessa scuola alle superiori» mi
affretto a rispondere e Davide conferma, senza
approfondire ulteriormente la spiegazione, ma non manca
di lanciarmi un’occhiata confusa.
«Pensa com’è piccolo il mondo… lei invece è Ilenia.» Il
mio ragazzo non sembra dare così peso alla notizia e
prosegue con le presentazioni, facendomi tirare un sospiro
di sollievo.
Nel frattempo, tutte le mie terminazioni nervose spingono
affinché io mi volti di nuovo verso Alessandro, e così faccio,
perdendo la guerra contro il mio corpo.
Lo guardo di nuovo, lui mi sta ancora fissando incredulo,
infine volge lo sguardo verso la cameriera, che si sta
avvicinando a passo spedito e le prende un cocktail dal
vassoio, bevendone una lunga sorsata.
Mi giro verso Simone, certa che abbia intuito tutto, ma è
troppo occupato ad accoppiare Ilenia con Davide per
rendersi conto degli sguardi che ci scambiamo io e il suo
migliore amico.
Guardo Francesca in cerca di aiuto, ma vedo che è
disorientata almeno quanto me, così cerco nuovamente
Alessandro che ormai ha svuotato il contenuto del suo
bicchiere.
«Avanti, ragazze, accomodatevi» ci invita Simone,
prendendomi per mano e trascinandomi in uno dei
divanetti, cosicché mi ritrovo seduta tra il mio attuale
52
ragazzo e il mio ex.
Sono immobile, fisso il tavolino davanti a me senza sapere
bene cosa fare. Ora che ci penso, Alessandro ha fatto finta
di non conoscermi… e io sono stata al suo gioco.
Perché mai si sarà comportato così?
Che domanda stupida, è sconvolto… esattamente come lo
sono io.
Avrà fatto la prima cosa che gli è venuta in mente.
Questa situazione è paradossale.
Davide come al solito tiene banco e tutti stanno ridendo.
Tutti, tranne me e Alessandro.
Improvvisamente, lui si alza.
«Ragazzi, vado a farmi una sigaretta» ci informa, e per un
attimo lo guardo storto e con aria interrogativa, oltre che
contrariata: adesso fuma? Non fumava quando stavamo
insieme.
«Alessandro, vengo con te» annuncia Francesca, che
ovviamente non vuole farsi scappare l’occasione di parlare
liberamente con il mio ex e, di conseguenza, subirà il mio
terzo grado già domani mattina.
Seguo con lo sguardo Francesca e Alessandro mentre si
avviano verso l’uscita e, se potessi esprimere un desiderio
adesso, vorrei trasformarmi in un moscerino per seguirli e
sentire tutto ciò che si diranno.
Per un attimo mi concedo il lusso di ammirare la sua
figura: è sempre stato alto, ma i suoi lineamenti sono molto
più definiti rispetto a quando stavamo insieme. Le spalle
sono larghe e non riesco a impedirmi di seguire la loro linea
lungo la schiena e poi giù fino ai fianchi stretti, al di sotto
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dei quali un paio di jeans chiari fascia il suo fondoschiena
perfetto… sento improvvisamente caldo e distolgo lo
sguardo.
Questo è davvero un gran casino.
«Ero sicuro che ad Ale sarebbe piaciuta Francesca»
afferma Simone, avendo notato il mio interesse su di loro.
Per un attimo lo guardo in malo modo, mentre sto per
rispondergli che ad Ale non piace assolutamente la mia
amica, ma poi mi rendo conto che lui non è a conoscenza
del nostro passato, e non ha nessuna responsabilità in
questa situazione, così cerco di sfoggiare un sorriso tirato.
«Dici? Non mi sembra esattamente il tipo di Francesca» gli
rispondo, cercando con tutta me stessa di apparire
disinteressata.
«Scherzi? Non hai neanche idea di quante ragazze
cerchino le sue attenzioni.»
Quest’ultima affermazione mi fa ribollire il sangue dal
nervoso, ma cerco di riprendere in mano la situazione e
faccio un bel respiro, ripetendomi come fosse un mantra
che sono la ragazza di Simone e che Alessandro è
assolutamente libero di fare ciò che vuole.
«Sei bellissima questa sera, sai?» il mio ragazzo cambia
discorso e avvicina il suo corpo al mio.
Sento la mano di Simone risalire lungo la mia coscia nuda
e per un attimo mi viene l’istinto di allontanarla, ma mi
riprendo in fretta e gli sorrido.
Cosa mi sta succedendo?
D’accordo, non mi aspettavo di rivedere Ale, men che
meno in una circostanza simile, ma questo stato d’animo
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non mi aiuterà di certo e, dopotutto, è assolutamente
ingiustificato.
Sono così concentrata nelle mie lotte interiori, che non mi
rendo nemmeno conto di essere da sola al tavolino con il
mio ragazzo: Davide e Ilenia sono andati a ballare e anche
Simone mi invita a seguirli, alzandosi e porgendomi una
mano.
Ma sì, al diavolo.
Stare qui seduta a scervellarmi su una situazione che
ormai è un dato di fatto non mi aiuterà di certo. Dovrò
imparare a gestire questa circostanza: il mio ex è il migliore
amico del mio attuale ragazzo.
Al momento non posso fare nulla per cambiare questa
condizione, quindi divertiamoci: a questo problema ci
penseremo domani.
Stiamo ballando già da un po’ quando Alessandro e
Francesca fanno capolino, sorridenti. Provo una morsa allo
stomaco molto simile alla gelosia, ma cerco di scacciarla
velocemente e mi avvicino ancora di più al corpo di Simone
mentre balliamo, provocandolo. «Allora, passerai la notte
da me?» mi chiede in un orecchio, con un tono abbastanza
forte da sovrastare il chiasso della musica.
In risposta annuisco e gli bacio una guancia.
La soddisfazione si dipinge sul suo volto e mi prende per
mano, per riportarmi verso il nostro tavolino, dove già si
sono accomodati il mio ex con la mia amica.
Questa volta mi siedo dalla parte opposta, per evitare di
essere nuovamente così vicina ad Alessandro, e Simone si
siede accanto a me. Per un po’ nessuno dice nulla, poi è Ale
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a rivolgermi la parola, recitando la parte di chi cerca di
socializzare con la ragazza del proprio migliore amico.
«Allora, Gemma, Simone mi ha detto che ti stai laureando
alla Bocconi…»
Seguo il suo gioco. «Sì, esatto. Ormai manca solo la
discussione della tesi… dal mese prossimo sarò dottoressa»
lo informo, mentre mi rendo conto che l’espressione che mi
regala non è cambiata rispetto a quattro anni fa.
Sento le guance avvampare.
Ringrazio tutte le divinità di essere in un locale con le luci
soffuse e non ben definite, altrimenti tutti si sarebbero resi
conto del rossore che sta facendo capolino sul mio viso.
«Beh, complimenti allora» mi dice sincero, mentre
continua a fissarmi con i suoi occhi verdi, intensi e
penetranti.
Sento la gola secca, per fortuna la cameriera torna con un
vassoio colmo delle nostre ordinazioni, così prendo un
bicchiere a caso dal tavolino e bevo un lungo sorso del suo
contenuto.
Alessandro ride. «Quello però era il mio Gin» sottolinea.
Poso subito il bicchiere e mi scuso imbarazzata, comunico
a Simone che ho bisogno del bagno e mi alzo più in fretta
che posso, scomparendo tra la folla.
Esco dal locale, ho bisogno di una boccata d’aria fresca per
riprendermi. L’aria di maggio è piacevole, eppure sento la
pelle che scotta. Poco dopo, qualcuno mi appoggia una
giacca sulle spalle e mi giro di scatto: è Alessandro.
Il mio cuore batte come se avessi appena finito la
maratona di New York.
56
«Rischi di prendere freddo qua fuori…» mi spiega, con il
tono premuroso che ricordo perfettamente. Fa per girarsi e
rientrare, ma lo fermo. «Sei uscito solo per prestarmi la
giacca?»
Vedo chiaramente il suo petto riempirsi d’aria mentre si
gira di nuovo verso di me. «No, ma è meglio se rientro.»
Vorrei dire qualcosa, ma non trovo le parole, quindi lascio
uscire la prima cavolata che mi viene in mente. «Ti trovo
bene.»
Che frase di merda.
Di tutte le cose che avrei voluto dire, questa era
sicuramente l’ultima.
Ale mi sorride e fa scorrere lentamente il suo sguardo su
di me, mentre sento il sangue salire sotto pelle, nei punti
dove i suoi occhi si soffermano un po’ più a lungo. «Anche
tu sei bellissima, del resto lo sei sempre stata.»
Non tenta più di rientrare ora; siamo vicini, uno di fronte
all’altra, in silenzio, ma non c’è imbarazzo. Sento una strana
serenità invadere il mio corpo, e il profumo estremamente
familiare che emana la sua giacca mi fa sentire come se fossi
di nuovo stretta nel suo abbraccio. «Ti sapevo a Londra…»
gli confesso.
«Già, sono tornato solo qualche giorno fa» mi spiega,
prima di lasciare di nuovo spazio al silenzio tra noi.
Dalle informazioni che avevo ricevuto mi sembrava di
aver capito che fosse partito per non tornare, ma sono
immensamente felice non sia così. Temevo non lo avrei più
rivisto.
Un sorriso di bentornato sta per fare capolino sul mio
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viso, ma la verità blocca l’avanzata delle mie intenzioni,
ricordandomi malefica che questo bellissimo ragazzo è il
migliore amico di Simone.
Le mie emozioni scendono in picchiata, frantumandosi al
suolo. «Non avevo idea vi conosceste… non sarei venuta
altrimenti» mi stringo nelle spalle, facendomi piccola sotto
la sua giacca, odorando beata per un attimo quello
splendido profumo sperando lui non se ne accorga.
Ride, sarcastico. «Ah grazie, quindi vorresti dire che non
provi nessun piacere nel rivedermi? Non credevo che la mia
presenza fosse così spiacevole per te.» Il suo sorriso si fa
amaro.
Ora sono io a ridere e l’intimità che un tempo c’era tra noi,
spinge prepotentemente per uscire. «Che scemo che sei. È
bello riavere la tua compagnia… solo che la situazione non
è delle migliori.»
Ecco la frase che ci riporta definitivamente alla realtà e il
pensiero saetta verso Simone, di nuovo.
Il clima tra noi cambia irreversibilmente.
Che cosa sto facendo? Non dovrei essere qua fuori in
compagnia di Alessandro. «Forse hai ragione, è meglio se
torniamo dentro» gli restituisco la giacca e mi affretto a
rientrare nel locale.
Lui non mi ferma, e io decido di non voltarmi più nella sua
direzione.
«Ehi, stavo per venire a cercarti… c’era tanta coda?» mi
chiede Simone premuroso.
«Coda?» gli domando, non capendo a cosa si riferisca.
«Già, in bagno…»
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«Oh, beh, un po’…» mento.
In fondo cosa dovrei rispondergli? “Non sono stata in
bagno, ma fuori, dove il tuo migliore amico mi ha raggiunto
per posarmi la sua giacca sulle spalle. Ah, a proposito: ti ho
detto che siamo andati a letto per quattro anni di fila?”
«Tutto bene?» Simone mi scruta, per un attimo
preoccupato. Sicuramente mi sto comportando in modo
strano e sono meno spensierata rispetto alla solita Gemma,
quindi mi preparo a un’altra menzogna. «Sì, certo. Sono
solo un po’ stanca… sto cercando di prepararmi al meglio
per la discussione della tesi e inizio a essere un po’
nervosa.» In fondo è solo una mezza bugia, così cerco di
sfoggiare un sorriso convincente.
Il mio ragazzo sembra cascarci e mi sfiora le labbra con un
bacio prima di alzarsi per andare verso il bancone. «Ehi,
Ale, bevi qualcosa?» gli domanda, mentre Alessandro è
ormai in procinto di sedersi. Non avevo notato la sua
presenza. Una strana fitta allo stomaco mi avverte che non
sono per niente felice abbia visto il bacio tra me e Simone.
«No, grazie, Simo» risponde lui, fissando me.
Al tavolino rimaniamo io, Francesca e Alessandro, mentre
Davide e Ilenia sono spariti chissà dove.
«Ragazzi, non so perché, ma mi sento il terzo incomodo…
credo andrò al bagno» ci informa Francesca, alzandosi.
A quel punto Alessandro mi guarda e scivola sul divanetto,
fino ad arrivare vicino a me, mentre io faccio finta di
gustarmi gli ultimi sorsi del mio Caipiroska, ma la realtà è
che sento la vicinanza del suo corpo con ogni singola cellula
del mio.
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Il suo viso si avvicina sconsideratamente alla mia guancia
e per un attimo trattengo il respiro; lo stesso profumo di
prima invade prepotentemente il mio spazio, mentre i
brividi che percepisco alle braccia mi suggeriscono che le
emozioni mi stanno sfuggendo di mano.
La sua bocca vicino al mio orecchio mi dà il definitivo
colpo di grazia. «Hai ragione, la situazione è una merda…
però sono contento di averti ritrovata e di vedere che stai
bene» mi dice sincero, e automaticamente mi volto a
guardare il suo bellissimo viso così vicino al mio, senza
sapere bene cosa rispondere.
Vedendo che non replico, prosegue. «Non ti devi
preoccupare, non ti creerò problemi con Simone» si affretta
a chiarire, ma non avrei mai pensato che avesse cattive
intenzioni.
«Tu come stai?» gli chiedo.
Mi guarda per un attimo negli occhi, come se avesse
milioni di cose da dire, poi indossa una maschera di
superficialità. «Bene» risponde semplicemente.
«Davvero?» insisto. «Ti conosco da tanto tempo, Ale, io e
te ci conosciamo molto meglio di chiunque a questo
tavolo…» gli ricordo, rammentandogli implicitamente che
mi basta una sola occhiata per capire quando in lui qualcosa
non va.
«Cosa vorresti sentirmi dire esattamente, Gemma?» mi
domanda, mettendosi sulla difensiva.
«La verità…»
Sta per rispondere, ma guarda un attimo verso la
direzione di Simone ed entrambi ci accorgiamo che sta
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tornando con un cocktail in mano, così taglia il discorso,
sproloquiando a caso. «Sono stato a Londra undici mesi,
sai, ho studiato lingue, e volevo mettere alla prova le mie
conoscenze» mi spiega indifferente, recitando la parte alla
perfezione, fatta eccezione per i suoi occhi, che continuano
a guardarmi come un tempo, ribellandosi alle intenzioni di
Alessandro di sfoggiare noncuranza.
«Ma che bello vedere la mia ragazza e il mio migliore
amico che chiacchierano» esclama Simone una volta
arrivato vicino a noi, e non posso evitare di sentirmi in
colpa: se solo sapesse tutto quello che abbiamo fatto
insieme io e il suo migliore amico, non ne sarebbe più
troppo compiaciuto.
«Oh, ecco Francesca. Scusate, ragazzi, vado a invitarla a
ballare» e così si allontana, lasciandomi sola con Simone.
«Allora, ti piace?» mi chiede.
«Cosa intendi?» credo di aver perso visibilmente colore a
questa domanda.
«Alessandro. Voglio dire, ti è simpatico?»
Mi sento come una corda di violino. «Ah, in quel senso. Sì,
beh… l’ho conosciuto poco fa. Mi sembra un bravo ragazzo»
balbetto, tentando di ostentare più indifferenza possibile.
«Lo è. Sono sicuro che ti troverai bene con lui.»
«Io lo vedrei bene con Francesca» riprende dopo qualche
istante di silenzio, guardandomi con aria complice, mentre
a me esce il fumo dalle orecchie solo all’idea che passino del
tempo da soli.
«Ancora con questa storia? Francesca non ha voglia di
impegnarsi per ora» gli assicuro, ma Simone mi rivolge un
61
sorrisino malizioso. «Neanche Ale se è per questo. Vedi,
sono proprio perfetti… nessuno dei due vuole impegnarsi,
ma questo non vuol dire che non possano divertirsi,
giusto?»
Sto per rispondergli in malo modo, ma è chiaro che non
sono nella posizione di farlo. Guardo nella direzione di
Alessandro e Francesca, poi mi rendo conto che non ho
nessun diritto di avercela con lui, né con la mia amica, ma
non ho più voglia di rimanere seduta qua a guardare quei
due che flirtano sulla pista da ballo. «Cosa ne dici se
andiamo da te?» chiedo con urgenza a Simone.
Ho proprio voglia di andarmene.
Lui mi guarda e mi fa un sorrisino furbo. «Dico che non
vedevo l’ora. Vieni: salutiamo gli altri e andiamo.»
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6.
GEMMA
Sono appena rientrata a casa dopo aver passato la notte
con Simone. Per la prima volta da quando stiamo insieme,
l’ho rifiutato. Continuo a chiedermi perché possa essere
successa una cosa simile, dato che riusciamo ad avere del
tempo per noi solo nel week end e solitamente lo sfruttiamo
al massimo, ma la verità è che aver visto Alessandro ieri sera
ha cambiato ogni cosa. Non lo vedevo da quasi quattro anni,
eppure il mio corpo, la mia mente e il mio cuore, lo
ricordano ancora perfettamente. Questa mattina non
vedevo l’ora di tornare a casa, e il solo pensiero del senso di
liberazione che ho provato nell’uscire dall’appartamento di
Simone mi fa sentire malissimo: con lui sto bene, non posso
negare di aver passato delle belle ore tra le sue braccia, ma
sarei ipocrita a non ammettere che il pensiero di Alessandro
non mi ha mai abbandonato, e la mia mente meschina non
ha fatto altro che ripropormi immagini della nostra prima
volta.
64
fastidiose allo stomaco, oltre a un nervoso peggiore della
sindrome premestruale.
È brutto, lo so, eppure questa mattina non vedevo l’ora di
essere da sola in camera mia per poter telefonare a
Francesca e sapere come sono andate le cose tra loro, cosa
si sono detti e se hanno parlato di me.
Una volta salutati i miei e aver risposto vagamente a mio
padre che mi sono fermata a dormire dalla mia amica, salgo
in camera, dove non perdo tempo e compongo il numero di
Francesca, sperando risponda al telefono.
«Pronto?» ha la voce assonnata, con ogni probabilità
stava dormendo.
«Ti ho svegliata?» le chiedo, ma temo di sapere già la
risposta.
Sento che sbadiglia, la immagino stiracchiarsi mentre si
sistema sotto alle coperte. «Più o meno, ma sapevo avresti
chiamato. Prima che tu parta in quinta, ti assicuro che non
abbiamo nessun interesse reciproco io e Alessandro» ci
tiene a precisare.
Sorrido.
Mi conosce troppo bene. «Siete stai insieme quasi tutta la
sera. Avrete parlato di tante cose…» butto là fingendo
indifferenza.
Dai rumori credo si stia mettendo seduta, pronta per
raccontarmi tutto.
«Quando siamo usciti a fumare, credo fosse sotto shock.
Gli ho assicurato che non avevi idea conoscesse Simone e
che eri stupita almeno quanto lui di quella situazione. Mi ha
chiesto se fossi felice, e gli ho detto che credevo di sì. Poi gli
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ho chiesto di Londra, di questi anni, ma se devo dire la
verità, non si è sbilanciato troppo. Abbiamo parlato di tutto
e di niente… l’unica cosa di cui sono sicura è che stava
fingendo di essere tranquillo, ma sono più che certa che
stesse bruciando dentro.»
«Perché non avrebbe più voluto vedermi, vero?»
domando, trattenendo il fiato.
Sento Francesca ridere. «Ma no, scema! Quella che
cercava di nascondere era tutta gelosia. Non hai idea degli
sguardi che lanciava a te e Simone ogni volta che vi vedeva
vicini. Pensaci un attimo: tutte le volte in cui eravate
presenti tutti e tre, lui trovava una scusa per allontanarsi.
Non sopporta l’idea che tu possa essere di qualcun altro»
conclude, sicura delle sue deduzioni.
Sento il mio cuore accelerare in modo imbarazzante, e uno
strano calore sta salendo dal collo verso il viso. «Te l’ha
detto lui?»
«Gemma, ti ho già detto che lui non si è sbilanciato… ma
non occorre essere un indovino per capire certe cose.»
«Questo però lo pensi tu… magari era solo infastidito dalla
mia presenza» ragiono ad alta voce.
Francesca tace per un attimo prima di rispondermi. «No,
non è così, però credo che dovresti affrontare il discorso con
lui… insomma: vi vedrete spesso d’ora in poi, e continuare
a fare finta di nulla non farà che peggiorare le cose. Poi
onestamente, se davvero sei convinta delle scelte che hai
fatto, non vedo perché non dovresti dire a Simone la verità.
Tanto con Ale è una storia vecchia, morta e sepolta,
giusto?» mi provoca.
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«Sai che sei una stronzetta, vero?»
Lei sospira sarcastica.
«Dovrei parlare con Ale?» domando a me stessa, senza
rendermi conto di aver pensato ad alta voce, così Francesca
risponde al posto della mia coscienza. «Io direi di sì. Non so
se sia stato il destino, oppure è semplice fortuna, ma
Alessandro è tornato nella tua vita e questa è l’ultima
occasione che hai per decidere se quattro anni fa hai fatto la
scelta giusta…»
Forse la mia amica ha ragione: non avrei mai pensato che
potesse succedere, tuttavia lui è tornato nella mia vita,
anche se in modo del tutto inaspettato. Caso? Fortuna?
Destino? Non ne ho idea, ma finalmente avrei l’occasione
per chiudere con il passato e con i miei rimorsi… o forse
riaprirei solo un cassetto che sarebbe meglio restasse
chiuso.
«Gemma, ci sei ancora?»
«Sì, sì ci sono. Sto solo pensando che forse dovrei lasciare
le cose come sono…»
Francesca rimane interdetta, per un po’ in silenzio, prima
di parlare. «Onestamente, Gemma, credo che te ne
pentiresti a vita. Pensaci bene prima di decidere.»
«Lo farò» le prometto sospirando, prima di mettere fine a
quell’argomento. «Chissà invece che fine ha fatto Ilenia?»
domando, desiderosa di scacciare dalla mente il pensiero di
Alessandro, almeno per un po’.
Sento Francesca ridacchiare dall’altro capo del telefono.
«Camporella con Davide» mi rivela cospiratrice.
Sgrano gli occhi. «E tu come lo sai?» ormai sono curiosa.
67
«Diciamo che, andando a prendere la macchina insieme
ad Ale, abbiamo visto quella di Davide imbucata in un
vialetto deserto.»
Scoppio a ridere e inevitabilmente penso a come tutti
siamo cresciuti rispetto a quattro anni fa: Davide ha sempre
fatto il cascamorto, ma all’epoca era pressoché vergine, ora
invece sembra non perdere un colpo. Ilenia la conosco da
meno tempo, è single da poco, evidentemente adesso vuole
godersela e, a dire il vero, ha scelto un bel ragazzo con cui
portare avanti il suo intento. Francesca, anche se non lo
ammette, nonostante la grande delusione che ha appena
superato, non si arrende e continua ad aspettare il grande
amore e, infine, c’è Alessandro: forse il più adulto di tutti
noi. Lui ha sempre avuto le idee chiare su ciò che voleva
dalla vita, e piano piano sta raggiungendo tutti i suoi
obbiettivi. Forse è stato questo a farmi paura quattro anni
fa.
«Sai a cosa sto pensando?» chiedo a Francesca.
«A cosa?»
«Siamo di nuovo tutti insieme: io, te, Davide e
Alessandro… come ai vecchi tempi.»
«Hai ragione. Sembra quasi il lieto fine di un romanzo.»
Annuisco a quest’affermazione, prima di salutarla.
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ghiacciata, mentre corregge una ragazzina che avrà più o
meno dodici anni. Mi avvicino alla balaustra e aspetto che
si accorga di me.
«Ciao, Gemma, se sei qua di sabato pomeriggio immagino
sia successo qualcosa di importante.»
Sgamata in meno di un secondo: quando entro in questo
palazzetto senza preavviso, Giulia sa già che qualcosa bolle
in pentola. Alzo la mano verso Luca in segno di saluto
mentre mia sorella si avvicina al bordo pista.
«Ciao, Giulia. Avresti dieci minuti? Ho bisogno di un tuo
consiglio…»
Mia sorella mi guarda per un attimo, poi si dirige verso
suo marito, probabilmente per chiedergli di guardare la
ragazzina che è rimasta in attesa al centro della pista,
prende i suoi copri lama e si avvia verso gli spalti, dove la
raggiungo.
«Sono tutta orecchie… anche se credo già di sapere perché
sei qua» ammette, mentre mi accomodo accanto a lei.
«No, non credo tu possa neanche lontanamente
immaginare cos’è successo ieri sera.»
Lei rimane in silenzio, in attesa, così ecco che sgancio la
bomba. «Alessandro è tornato in Italia.» Aspetto la
reazione sorpresa di Giulia, attendo che sgrani gli occhi, che
mi guardi scioccata, e invece continua a rivolgermi uno
sguardo impassibile.
«Ehi? Hai capito ciò che ho detto? Alessandro è tornato.
Non sembri sorpresa…» e mentre pronuncio queste parole,
tutto diventa chiaro: mia sorella lo sapeva.
Ho sempre sospettato che ogni tanto Ale si sentisse con
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Luca e questa potrebbe essere la conferma. «Tu lo sapevi,
non è così?»
Giulia guarda verso suo marito per un attimo e quel gesto
è la conferma che stavo aspettando.
«Cioè, tu e Luca lo sapevate e non hai pensato che magari
fosse il caso di dirmelo?»
«Ti chiedo scusa, Gemma, ma l’altra sera ci hai detto di
avere un nuovo ragazzo, non credevo ti importasse. In
fondo lo hai lasciato tu, cosa avrei dovuto dirti di preciso?
“Simone, è un piacere conoscerti, ah, a proposito: il vecchio
ragazzo di Gemma è tornato in città?”.»
Mi rendo conto che non ha tutti i torti, ma ancora non sa
che Simone e Alessandro si conoscono. «Bene, ma tutto
sommato la grande notizia non è il ritorno di Alessandro.
Vuoi sapere chi è il suo migliore amico?»
Ecco, finalmente un’espressione interrogativa fa capolino
sul viso di mia sorella. «Non dirmi che Simone e Ale si
conoscono…»
«Non solo si conoscono. Ieri sera il mio attuale ragazzo ha
pensato bene di presentarmi il suo migliore amico… e
indovina un po’ chi è?»
Giulia si porta una mano sulla bocca, cercando di
trattenere lo sgomento, o una risata, non ne sono sicura.
«Non provare a ridere. Ieri è stato terribile… non ci
vedevamo da quando l’ho lasciato» sottolineo.
«Simone che ha detto?»
«Nulla. Non ha detto niente, perché Alessandro ha fatto
finta di non conoscermi, e io l’ho assecondato» le spiego,
distogliendo lo sguardo, colpevole.
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«Stai scherzando? Gemma, questa è una di quelle cose che
prima o poi viene fuori… se vuoi davvero che funzioni con
Simone dovresti dirgli al più presto la verità» mi avverte.
«E cosa dovrei dirgli di preciso? Che l’unico ragazzo con
cui sono stata a letto prima di lui, è il suo migliore amico?»
domando sarcastica.
Giulia si passa le dita sugli occhi, come per schiarirsi le
idee. «No. Dovresti dirgli però che ieri sei stata colta di
sorpresa, che non volevi mentirgli, ma che Alessandro è il
tuo ex. In fondo non è mica colpa tua se loro sono amici»
mi fa notare.
Certo, non è colpa mia, ma Simone accetterebbe di buon
grado il fatto che il suo migliore amico conosca per filo e per
segno il mio corpo? Anzi, se vogliamo dirla tutta, lo conosce
meglio Alessandro di chiunque altro. Il pensiero mi provoca
una fitta al ventre, questa volta però non è sgomento, bensì
eccitazione, e cerco di scacciare certe immagini dalla mia
mente: concentrati Gemma, stai parlando con tua sorella.
Vedendo che non rispondo, Giulia propone
un’alternativa. «Altrimenti sai cosa potresti fare? Parla con
Ale. Insieme deciderete qual è la soluzione migliore per
tutti» mi suggerisce.
Persevero nel mio silenzio, così lei decide di approfondire.
«Com’è stato rivederlo a distanza di anni?» mi chiede
inaspettatamente.
Io sorrido, mio malgrado, mentre guardo nel vuoto
davanti a me. «Bello. È stato un po’ come tornare a casa
dopo tanto tempo.»
Mia sorella alza un sopracciglio: la frase che ho
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pronunciato porta con sé una certa importanza, e ne sono
consapevole, ma non posso farci nulla. Forse è sbagliato
anche nei confronti di Simone, ma è inutile mentire: vicino
ad Ale mi sento a casa. Mi sono sentita protetta quando mi
ha posato la giacca sulle spalle e mi è sembrato di essere
tornata indietro nel tempo quando è scivolato sui divanetti
per avvicinarsi, mentre eravamo solo io e lui a quel tavolino.
«Wow, beh… credo sia proprio il caso che tu e Alessandro
parliate di questa cosa, no? Non ho idea di come si sia
sentito lui, ma dovete almeno chiarirvi, data la situazione»
cerca il mio sguardo, sincerandosi che stia ascoltando.
Annuisco, ma resto in silenzio.
«Senti, ora torno in pista. Domani abbiamo il campionato
regionale e ho ancora un’ora scarsa per provare con le
ragazze. Fammi sapere cosa deciderete, okay?»
Le sorrido. «Grazie».
Mi bacia la fronte e torna verso la pista, mentre mi alzo
anche io.
Sto per avviarmi verso l’uscita, quando la voce di Luca
attira la mia attenzione. «Ehi, non sei arrabbiata con me,
vero?» mi domanda, con un’espressione quasi colpevole.
È chiaro che ha capito il motivo della mia visita e mi
affretto a scuotere la testa. «Non potrei mai essere
arrabbiata con te. Poi Giulia ti racconterà in che casino mi
trovo… ci sentiamo presto» gli mando un bacio con la mano
ed esco dal palazzetto.
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7.
ALESSANDRO
Quando mi sveglio, spero sia stato tutto un incubo.
Apro gli occhi nella semi oscurità della mia camera e cerco
il cellulare sul comodino. Sono quasi le dieci. Mi rigiro nel
letto, sotto la trapunta: no, non è stato un brutto sogno, ero
abbastanza sobrio da ricordare con esattezza tutto ciò che è
accaduto.
Gemma.
Ho rivisto Gemma.
È sempre stata bellissima ai miei occhi, ma adesso non è
più una ragazzina: è diventata una giovane donna ed è
ancora più desiderabile di quando l’ho conosciuta, se è
possibile. Averla vicino è stato incredibile, la sua presenza
rimbalzava insistente tra i miei sensi, risultando addirittura
ingombrante, ma in qualche modo assolutamente
piacevole.
Simone.
Ho mentito al mio migliore amico.
Mi dispiace, ma cosa avrei potuto dire? Che sono stato
insieme alla sua ragazza quattro anni, che sono partito per
dimenticarla e che se fosse stato per me l’avrei fatta mia
dentro il primo bagno disponibile, anche ieri sera? Non
sembra essere l’idea migliore, no?
Mi scoppia la testa e ho la sensazione che il mio stomaco
sia appena uscito dalla centrifuga. Scendo dal letto e vado
verso il bagno, ho bisogno di un’aspirina.
Sento il telefono che squilla, così torno in camera: è
Simone.
73
«Pronto?», rispondo controvoglia.
«Ehi, amico, stavi poltrendo?»
«No, sono sveglio da un po’. Non dovresti essere con la tua
bella?» domando e una morsa di fastidio preme alla base
della gola.
«L’ho riportata a casa mezz’oretta fa. In questo periodo è
presissima dalla preparazione della discussione della tesi»
mi spiega e io sorrido. Me la ricordo all’epoca della
maturità: da quanto avevamo ripetuto insieme ogni
materia, alla fine avevo imparato tutto persino io. È sempre
stata una ragazza determinata a fare bene ogni cosa, non
sarebbe stato da lei non preparare nel dettaglio la
discussione.
«Scommetto che ha imparato a memoria ogni sillaba della
tesi» dico ad alta voce, ma forse non è stata una buona idea.
«Già, hai colpito nel segno. Come l’hai capito?» mi
domanda incuriosito.
Perché la conosco da molto prima di te, amico.
«Oh, beh: hai detto tu che si sta impegnando molto, no?»
improvviso.
Simone sembra crederci. «Sì, hai ragione… forse ti sto
parlando un po’ troppo di lei. Quando inizierai a romperti
le palle a sentir parlare di Gemma, dimmelo, ti prego.»
Non mi stuferei mai di sentir parlare di lei. «Contaci.»
Decide di cambiare argomento. «Senti, ci vediamo al
bar?»
«No. Cioè, magari per l’aperitivo questa sera. Mi vedo con
Francesca» o meglio, farò un’improvvisata a Francesca,
perché ieri non ero lucido a causa degli eventi, oggi invece
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ho bisogno di porle alcune domande.
«Wow, le cose si fanno interessanti. Ti ho presentato un
bel bocconcino, non credi? Non c’è di che, amico, mi dovrai
un favore.»
Lascio credere a Simone ciò che più preferisce.
Se solo sapesse…
«Simo, adesso ti saluto. Ci vediamo verso le sei questa
sera?»
«Va bene. Alle sei al bar. Sto poco però, questa sera io e
Gemma abbiamo deciso di stare tranquilli a casa» mi
spiega.
Ecco, un pugnale dritto nello stomaco. Deglutisco a fatica
mentre l’aria esce tutta insieme dai polmoni all’idea di
quello che farà questa sera con lei.
Digrigno i denti.
«Ale, ci sei ancora?»
«Sì, senti, ci vediamo dopo, ora mi vesto. Ciao, amico» e
interrompo questa fastidiosa conversazione.
Infilo una maglietta al volo e un paio di jeans e, in pochi
minuti, sono pronto per uscire. Al piano di sotto trovo mia
madre in cucina, intenta a prepararmi il caffè.
«Buongiorno, tesoro, sei di corsa?» mi chiede, vedendo che
ho già indossato le scarpe.
«Un po’, ma il tuo caffè lo bevo sempre volentieri» le
rispondo dando vita a un fiero luccichio nei suoi occhi.
Dieci minuti più tardi sono già in macchina: mentre mi
dirigo verso casa di Francesca, mi viene in mente che non
ho neanche un numero di telefono a cui rintracciarla.
Fortuna che ieri sera l’ho riaccompagnata a casa e ho
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scoperto dove abita, altrimenti sarebbe stata un’impresa
davvero ardua parlare con lei.
Francesca vive in una graziosa villetta a schiera e, mentre
suono il campanello, comprendo la cazzata che sto facendo:
piombare a casa della migliore amica della mia ex per
estorcerle informazioni, non è esattamene la mossa più
intelligente della mia vita.
Una signora fa capolino dalla porta d’ingresso, è sua
madre, me la ricordo bene. «Salve, signora. Cercavo
Francesca, è in casa?» tento di rivolgerle un sorriso
cordiale.
«Alessandro?» mi chiede, scrutandomi.
Le sorrido. «Sì, si ricorda di me a quanto pare» constato.
«Certo che mi ricordo. Eri il fidanzatino di Gemma.»
“Fidanzatino” suona un po’ da scuole elementari, ma
immagino che tra trent’anni vedrò anche io così gli
adolescenti. «Già, ehm, Francesca è in casa?» chiedo di
nuovo.
«Certo, accomodati, adesso te la chiamo.»
Mi accompagna in salotto per poi avvicinarsi alla rampa
di scale che porta al piano superiore. «Francesca, hai una
visita» la informa.
«Se è Gemma, mandala su» sento la sua voce in
lontananza e intanto penso che le verrà un colpo quando
scoprirà che sono io.
«No, è Alessandro.»
«Chi?» chiede lei sorpresa, mentre me la rido sul divano.
«Alessandro» ripete la donna con un tono di voce più alto,
pensando che sua figlia non abbia sentito.
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Non arriva nessuna risposta, ma sento dei passi veloci
scendere le scale, quindi immagino stia arrivando.
«Cosa ci fai qua?» mi chiede, squadrandomi sorpresa.
«Buongiorno anche a te, Francesca» le sorrido.
«Posso offrirti qualcosa?» mi chiede sua madre facendo
capolino dietro di lei.
«Grazie, signora, ma sono a posto» le rispondo educato.
Francesca continua a guardarmi. «Senti, non vorrei
sembrare scortese, ma non mi aspettavo una tua visita.»
«Vorrei sapere la verità» butto là, senza alzare lo sguardo
su di lei.
Mi guarda disorientata. «Quale verità?»
«Gemma» esplicito l’ovvio.
Sua mamma si defila. Credo abbia finalmente capito la
situazione.
«Qualsiasi cosa tu voglia sapere su Gemma, dovresti
chiederla a lei, non ti pare?»
«Francesca, ascolta: quattro anni fa mi ha detto che le
serviva una pausa. Ho aspettato per settimane prima che mi
dicesse chiaro e tondo che era finita, senza mai darmi una
vera e propria spiegazione. L’ho accettato, sono andato
avanti con la mia vita… più o meno… in ogni caso adesso lei
è insieme al mio migliore amico e io vorrei solo sapere se è
davvero questo ciò che vuole.»
Lei si siede sulle scale e parla a bassa voce. «E perché lo
chiedi a me?»
«Non lo so. Credo sia molto più facile, ecco tutto»
ammetto.
«La ami ancora?» mi domanda a bruciapelo.
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La guardo, ma non rispondo, creando un silenzio che sa
tanto di assenso.
Francesca respira a fondo e guarda di fronte a sé. «L’unica
cosa che ti posso dire è che credo che Gemma non sappia
ancora ciò che vuole… o forse lo sa, ma ha paura di
ammetterlo.»
Mi siedo accanto a lei. «Simone è davvero cambiato grazie
a Gemma.»
Francesca ricambia lo sguardo. «Credimi, Ale, non vorrei
essere in te. Non avrei mai immaginato ci saremmo trovati
in una situazione simile.»
«Nessuno poteva immaginarlo» affermo, sfoggiando un
sorriso amaro, poi proseguo. «Ti chiedo scusa… non sarei
dovuto venire, ma sei l’unica persona con cui posso parlare
di questa situazione.»
«Davide non è un buon ascoltatore?» domanda con un
sorrisino e di rimando rido anche io.
«Sai anche tu com’è fatto Davide. È un caro ragazzo, è in
prima fila tra le persone con cui uscire se ci si vuole
divertire, ma non capirebbe… oltre al fatto che
spiffererebbe tutto ciò che gli dico a Simone, non appena
ubriaco.»
Francesca annuisce. «Giusto, meglio fargli credere che
non ti ricordi nemmeno di lei» ironizza.
«Tu come stai?» le chiedo, sinceramente interessato.
Alza le spalle. «Ho avuto un ragazzo per circa tre anni, ma
qualche mese fa ho scoperto di non essere l’unica a entrare
nel suo letto, e così…» le muore la voce in gola.
«Fortunata anche tu, quindi.»
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«Già. Simone crede che abbiamo fatto sesso questa
notte?» si informa.
Alzo un sopracciglio in modo malizioso. «Credo di sì.
Ammetto di non aver detto nulla per fargli credere il
contrario.»
«Mi stai mettendo in un mare di guai con Gemma, lo sai?
Se solo sospettasse che faccio sesso con il grande amore
della sua vita non mi parlerebbe mai più.»
Il mio sguardo saetta alla ricerca dei suoi occhi. «“Il
grande amore della sua vita”? Non ti parlerebbe più?
Quindi prova ancora qualcosa per me, non è così?»
Il mio cuore batte a un ritmo frenetico e una fiammella di
speranza mi si è appena accesa al centro del petto.
«È solo un modo di dire…» cerca di correggere il passo
falso, ma ormai è troppo tardi.
«Rispondimi, Francesca. Gemma prova ancora qualcosa
per me?» le chiedo con urgenza.
Lei deglutisce, è indecisa se parlare o meno, ma io sono
determinato a ricevere una risposta. «Devo saperlo.
Ascoltami: ho un’amicizia importante in ballo, oltre alla
ragazza che amo, quindi prima di fare qualsiasi cazzata in
un senso o nell’altro ho bisogno di sapere la verità.»
Pensavo di averla in pugno, e invece sbotta. «Cazzo,
ragazzi, dovete smetterla di mettermi in mezzo! Una che mi
chiama di sabato mattina per sapere di cos’ho parlato con il
suo ex, l’altro che mi piomba direttamente a casa. Mi
dispiace, Ale, ma io in queste cose non voglio entrarci. Non
siete più due ragazzini, quindi se avete delle cose da dirvi,
ditevele e basta.»
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Perciò lei ha chiamato Francesca, oggi.
Ecco la prova che aspettavi, Ale: non le sei indifferente.
Quindi il fatto di farsi riaccompagnare a casa presto questa
mattina non aveva nulla a che fare con lo studio: Gemma
aveva fretta di chiamare Francesca.
Alcuni pezzi iniziano ad andare al loro posto.
«Hai ragione, non dovrei essere qua a parlare con te. Alla
prima occasione parlerò direttamente con lei. Scusa se sono
capitato qui senza avvisare, non succederà più» mi alzo dai
gradini e lei mi segue.
«No, scusa tu, Alessandro. Non avrei dovuto sbottare in
questo modo, ma davvero è il caso che parliate tra voi prima
di fare casini. Gemma è mia amica e non parlerò con te di
ciò che mi confida.»
Questo lo capisco e tutto sommato le fa onore, quindi non
posso far altro che sorriderle. «Grazie per avermi
comunque ascoltato. A mente lucida direi che questa
improvvisata da parte mia non ha davvero avuto senso…
giuro che non lo farò mai più» le dico sincero, facendo il
giuramento degli scout, prima di darle un bacio sulla
guancia e avviarmi verso la porta d’entrata.
Mentre torno a casa non posso non pensare a Gemma e
alla gelosia che prova per me, così mi concedo di
crogiolarmi nell’idea che finalmente, dopo tanto tempo,
forse sia arrivato il tanto atteso momento di stare di nuovo
insieme. Quest’idea però dura poco e ben presto la realtà mi
chiama a sé: sarebbe tutto perfetto se non fosse coinvolto
Simone. Lui è il mio migliore amico e io non potrei mai
sopportare l’idea di fargli del male. In fondo io la mia
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occasione con Gemma l’ho avuta, e se non è andata
evidentemente doveva finire così.
Ora è Simone ad avere la possibilità di renderla felice, e io
non potrei mai ostacolare la sua storia. Nel piccolo codice
d’onore tra due amici, sicuramente il primo punto è quello
di non rompere l’amicizia a causa di una donna quindi,
fintanto che loro due saranno felici assieme, io non mi
metterò nel mezzo.
Forse la cosa giusta da fare sarebbe quella di dire a Simone
la verità. Per lo meno una mezza verità: potrei sempre
raccontargli che non sono il ragazzo con cui ha perso la
verginità, ma che abbiamo avuto una storiella di qualche
mese alle superiori e che lì per lì non me ne sono neanche
ricordato. Almeno in questo modo ammetterei di conoscere
Gemma senza però creare i problemi che verrebbero a galla
se Simone venisse a sapere che abbiamo fatto sesso, perché
si sa: da che mondo e mondo, il sesso complica sempre ogni
cosa.
81
8.
GEMMA
È passata una settimana da quando ho incontrato
Alessandro. Non l’ho più né visto né sentito da venerdì
scorso, ma questa sera non potrò evitare di imbattermi di
nuovo in lui, dato che è il compleanno di Davide e ha
organizzato una festa in un locale appena fuori Milano.
Ormai è iniziato giugno, le temperature si avvicinano
molto a quelle estive, quindi ho optato per un vestitino alla
romana giallo, sopra al ginocchio, senza spalline e con un
cinturino nero in tinta con le décolleté.
Mi sento elettrizzata all’idea che Alessandro poserà i suoi
occhi sulla mia pelle nuda, anche se sono consapevole di
quanto sbagliato sia tutto questo. Simone sarà qui a minuti
e mio padre ha chiesto di poterlo conoscere, quindi finisco
di preparami in fretta. Non sono così entusiasta di
presentarlo ai miei, ma tutto sommato meglio ora che il
giorno stesso della laurea, no?
Quando suona il campanello, mi precipito al piano di
sotto.
«Buonasera» lo sento fare le presentazioni con mamma e
papà. Faccio appena in tempo a vedere Simone che entra in
casa e porge un mazzo di fiori a mia madre, che ne sembra
entusiasta e sparisce subito in cucina in cerca di un vaso
adatto.
Mio padre, nel frattempo, lo fa accomodare in salotto e
abbozza una conversazione amichevole mentre io li
raggiungo.
«Ciao» lo saluto, senza avvicinarmi troppo.
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«Sei stupenda» mi assicura Simone, facendo scorrere lo
sguardo su tutto il mio corpo, cercando di non farsi notare
dal mio vecchio.
Non vedo l’ora di uscire di casa.
Alla prima occasione utile fingo mi cadano gli occhi
sull’orologio. «Mannaggia, dobbiamo andare, altrimenti
faremo tardi» pessimo tentativo, lo ammetto, ma ottengo
ciò che voglio, infatti Simone si alza dal divano, si congeda
educatamente e finalmente usciamo di casa.
Una volta in macchina, il mio ragazzo fa risalire la sua
mano lungo la mia coscia. «Questo vestito è davvero bello…
ma non mi piace vederti mezza nuda in mezzo alla gente.
Hai idea di quanti occhi sbaveranno sulle tue gambe e sulle
tue tette questa sera?»
Il suo tono è quasi polemico e alzo un sopracciglio,
sfoggiando ironia. «La prossima volta indosserò qualcosa di
più coprente, tesoro.»
Simone toglie la mano e sembra seccato. «Non sto
scherzando. Non sei una ragazza single, quindi dovresti
adeguare un po’ il tuo abbigliamento» mi dice serio.
«Chiariamo subito una cosa, Simone: è un vestito
normalissimo, arriva sopra al ginocchio, non sono vestita
da zoccola. In più è giugno, fa caldo e, cosa più importante,
nessuno mi dice come devo vestirmi, è chiaro?» tuono,
alzando la voce.
Mi rivolge un’occhiata molto poco tollerante, ma non
risponde, lasciando che nell’abitacolo cada il silenzio,
mentre rimugina sul nostro battibecco fissando la strada di
fronte a sé.
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Ecco, questo è il nostro primo piccolo litigio. Non avrei
mai pensato avrebbe avuto da ridire sul mio abbigliamento,
in fondo si tratta davvero di un normalissimo vestito estivo.
Alessandro non ha mai avuto nulla da eccepire sul mio
guardaroba. Sospiro e guardo la strada dal finestrino del
passeggero.
«Scusa… è solo che sono geloso, ecco tutto» ammette,
riempiendo il silenzio intorno a noi.
Mi sporgo verso di lui e gli poso un bacio sulla guancia.
«Scuse accettate. Però non scherzavo: da adesso in poi farà
caldo e i miei vestiti potranno avere gambe fuori, schiena
nuda, scolli più o meno ampi… l’emancipazione femminile
è avvenuta da un po’, quindi mi terrò stretta la libertà di
vestirmi come mi pare.»
«Non voglio sembrarti un uomo delle caverne… pace?»
Gli sorrido. «Pace.»
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propone Simone, e io lo seguo come un’ameba, pensando
che forse ha ragione lui rispetto ad Alessandro e Francesca.
Faccio gli auguri a Davide come un automa, mentre il mio
sguardo saetta più e più volte verso il parcheggio, in attesa
di scorgere la BMW di Ale.
Finalmente, dopo un tempo che mi sembra infinito,
eccoli.
Mi precipito verso la mia amica, la prendo per un braccio
e la trascino in bagno, senza neanche degnare il mio ex di
uno sguardo.
«Ciao, eh?» brontola la mia amica non appena entriamo
nella toilette delle ragazze.
La guardo male, con le braccia conserte, in attesa delle sue
spiegazioni.
Francesca alza un sopracciglio e si mette nella mia stessa
posizione. Ci guardiamo in cagnesco per un po’, poi è lei a
parlare. «Gemma, io ti voglio bene, ma così stai
sragionando e non te ne rendi nemmeno conto» mi avverte.
«Sragionando? Sei arrivata con Alessandro, è un dato di
fatto dopotutto» puntualizzo in tono saccente.
La mia amica alza gli occhi al cielo, visibilmente
esasperata. «Non ho intenzione di giustificarmi. Sono
amica di Ale, mi ha proposto un passaggio e l’ho accettato.
Attenta però Gemma, perché così stai esagerando. Prima o
poi qualcuna se lo prenderà, non rimarrà a guardarti con un
altro per sempre» mi avverte, e so che ha ragione.
Sbuffo. «Scusami, hai ragione io… sragiono. Non so
davvero cosa mi sia preso» ammetto.
Francesca si avvicina e mi abbraccia. «So che la situazione
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non è facile, ma ti rendi conto che mi saresti saltata al collo
per un ragazzo che hai lasciato quattro anni fa? Devi fare
pace con te stessa, Gemma. Lo dico nel tuo interesse. Dai,
usciamo da questo bagno.»
«No, tu esci, Francesca, io invece devo dire due parole a
Gemma» la voce decisa e vagamente alterata di Alessandro
arriva improvvisamente alle mie spalle e non prevedo nulla
di buono.
Mi irrigidisco mentre vedo la mia amica rivolgermi uno
sguardo di incoraggiamento, prima di avviarsi verso
l’uscita.
Faccio un lungo respiro, prendendo più aria che posso
prima di girarmi verso di lui.
«Ciao» lo saluto.
«Ciao» mi risponde. Per un attimo, nei suoi occhi seriosi
intravedo un luccichio di tenerezza verso di me.
«Si può sapere che cavolo di scenate ti inventi?» domanda
tagliente, prendendomi in contropiede.
Non sapendo come rispondere, attacco. «Quello che
succede tra me e Francesca non sono affari tuoi»
controbatto acida, e cerco di sorpassarlo per uscire, ma lui
mi blocca il passaggio, facendomi andare a sbattere contro
i suoi pettorali. Il suo profumo si insinua fino al mio
cervello, e poi giù fino al ventre.
Lui non sembra rendersene conto. «Oh, davvero?
Qualcosa invece mi dice che siano esattamente affari miei.
La mia amicizia con Francesca ti turba?»
Stringo gli occhi in due fessure, decisa a tenergli testa.
«No» mento, con il fiato che ormai si è fatto corto a causa
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delle forti emozioni.
Alessandro è sicuro di sé. «Strano. Hai ammesso tu stessa
di sragionare quando si tratta di me» mi guarda con aria di
sfida, sollevando impercettibilmente il mento.
«Non ti ha mai insegnato nessuno che non si origlia?» gli
chiedo retorica.
Si avvicina ulteriormente, abbassando il suo viso sul mio,
e per un attimo credo di svenire: alzando appena lo
sguardo, noto un virile accenno di barba e il desiderio di
passare la lingua sulla linea ruvida della mandibola si
appropria di me.
Maledizione.
«Cosa vuoi da me, Gemma?» la sua voce tagliente
riassesta i miei piedi per terra.
Adesso percepisco chiaramente il suo respiro caldo sulla
pelle, la vicinanza del suo corpo è quasi dolorosa.
«Perché fai così?» gli chiedo, in un moto di disperazione,
con il respiro spezzato.
«Potrei farti la stessa domanda…» mi incalza,
avvicinandosi sempre di più.
Le mie ginocchia stanno per cedere, non posso sopportare
oltre, così indietreggio di un passo, ammettendo l’ovvio. «E
va bene, hai ragione: vedere te con un’altra, mi turba.»
Mi guarda intensamente, si riavvicina a me,
intrappolandomi contro la parete fredda alle mie spalle; i
nostri nasi ormai si sfiorano, ma a questo punto si ferma.
«Grazie» mormora, prima di allontanarsi dal mio viso.
Mi ci vuole un attimo per riprendere fiato, ma non posso
lasciarlo andare via senza capire il motivo di questo
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comportamento. «Sapevi già quale sarebbe stata la
risposta. Perché te la sei voluta sentir dire?» domando,
ormai preda delle mie emozioni.
«Volevo che la dicessi a te stessa, Gemma. Volevo che ti
rendessi conto che, nonostante tutto, ti senti ancora legata
a me, in qualche modo» mi spiega e, prima che si allontani
definitivamente, nei suoi occhi riesco a leggere chiaramente
frustrazione.
«Sei soddisfatto adesso?» gli chiedo alzando la voce,
mentre lui si è già girato verso l’uscita.
Si blocca e si volta, guardandomi per un lungo istante
prima di avanzare nuovamente verso di me, a una lentezza
dolorosa.
«Soddisfatto? Neanche un po’, Gemma. Sarò soddisfatto
quando potrò di nuovo averti, quando nel tuo cuore e nel
tuo letto non esisterò nient’altro che io. Allora sarò
soddisfatto» confessa quasi con disperazione, continuando
la sua nuova, lenta e dolorosa avanzata verso il mio viso.
I suoi occhi si fissano sulla mia bocca, non si ferma,
continua imperterrito ad avvicinarsi. Guardo le sue labbra
socchiuse, la sua espressione incandescente e non posso
fare a meno di riconoscermi nell’urgenza che leggo nei suoi
occhi. La mia mente e il mio cuore sono divisi a metà,
lacerati nel mezzo da due desideri in contrapposizione:
vorrei tanto sprofondare nel suo bacio, sulle sue labbra,
nella sua bocca, ma so che non sarebbe giusto, così colgo
l’ultimo barlume di raziocinio che mi è rimasto e cerco di
controllare il desiderio di entrambi. «Cosa stai facendo?»
domando, sperando che ciò lo desti dalle sue bramose
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intenzioni prima che sia troppo tardi.
«Dimmi che mi vuoi ancora» mi supplica, con voce quasi
ansimante.
Come una sfera in discesa, non riesco più a fermarmi,
anzi, la voglia di far accadere l’inevitabile è così forte che
alzo il viso verso di lui, aspettando che mi baci. Le nostre
labbra ormai stanno per sfiorarsi, quando la voce di Simone
mi risveglia dall’incanto: è fuori dalla porta del bagno,
chiama il mio nome, mi cerca, così, prima che trovi me e il
suo migliore amico in una situazione altamente esplicita, mi
allontano da Alessandro, precipitandomi verso l’uscita.
Apro la porta quel che basta per uscire e la sbatto alle mie
spalle, prima che il mio fidanzato possa scorgere qualcosa
all’interno della toilette delle signore.
«Eccomi, mi cercavi?» gli chiedo, assumendo
l’atteggiamento più innocente di cui sono capace, anche se
sento un calore innaturale colorare le mie guance e temo
che il respiro affannoso che non accenna a placarsi possa
insospettirlo in qualche modo.
Mi osserva per un attimo con sospetto prima di
rispondermi. «Sì, non ti trovavo più… iniziavo a
preoccuparmi. Tutto bene» mi scruta attento.
Con enorme fatica riesco a sorridergli, mentre mi prende
per mano e ci allontaniamo dal bagno, rigorosamente in
silenzio, dato che al momento è già stupefacente il fatto che
io riesca a camminare con una disinvoltura dignitosa.
«Hai per caso visto Alessandro? È da un po’ che non vedo
più neanche lui» afferma guardandosi intorno.
L’innocenza di questa domanda risulta dolorosa per il mio
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cuore.
“Era con me” sarebbe giusto dirgli, e invece mento di
nuovo, cosa che mi riesce benissimo negli ultimi giorni.
«No. Ero in bagno… si sarà imbucato da qualche parte con
una ragazza, magari» e, in effetti, è esattamente ciò che ha
fatto… questa volta non ho mentito, dopotutto.
Simone ridacchia pensando all’amico intento in un
incontro interessante mentre mi porta verso il bar, dove
ordiniamo da bere.
Poco dopo, il mio ex fa capolino tra la folla e viene verso
di noi. «Ehi ragazzi, non riuscivo più a trovarvi» finge,
facendo lo gnorri.
«Trovato qualche bella bionda?» gli chiede Simone, con
aria complice.
Alessandro mi lancia un’occhiata fugace prima di
rispondere. «Mora, in realtà» risponde, serrando con foga
quella stessa mandibola che avrei voluto leccare poco fa.
«Mora?» gli fa eco il mio ragazzo, ridacchiando.
«Già… una ragazza stupenda, ma siamo stati interrotti,
purtroppo» continua il suo racconto.
«E chi vi ha interrotti?» Simone è davvero incuriosito ora.
Alessandro lo guarda con un sorriso malizioso. «Il suo
ragazzo» annuncia e io vorrei svenire all’istante.
Simone alza entrambe le sopracciglia, poi scoppia a
ridere. Alessandro ne approfitta per guardarmi con i suoi
occhi intensi, cosicché per un attimo mi sento eccitata solo
per il modo in cui mi scruta… ed è la seconda volta in meno
di un’ora che succede.
In un baleno però, lo sconforto e il senso di colpa dilagano
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in me: se solo Simone sapesse chi sono i protagonisti di
questa storia, non ne sarebbe più tanto divertito.
«Amico, posso invitare la tua ragazza a ballare?» chiede
Alessandro al mio ragazzo.
Simone gli sorride. «Ma certo, è tutta tua.»
Ecco, se fossi in lui, eviterei di mettermi così di buon
grado nelle mani del suo migliore amico.
«Scusami» mi dice su un orecchio una volta arrivati sulla
pista da ballo.
Lo guardo senza capire.
«Prima, nel bagno… sei la ragazza del mio migliore amico
ora, non avrei dovuto provare a baciarti» mi spiega.
Sospiro e rimango in silenzio per un po’. «Te l’avrei
lasciato fare… e immagino mi sarebbe anche piaciuto»
ammetto.
Si ferma e mi guarda negli occhi. «Non dirmi così, ti
prego…»
Abbasso lo sguardo. «Già, immagino non sia la cosa giusta
da dire.»
Sento le braccia di Alessandro stringermi i fianchi in un
abbraccio urgente, mentre affonda il viso tra i miei capelli e
inspira forte. «Mi sei mancata davvero tantissimo, sai?»
Le mie ginocchia tremano e stringo le braccia attorno alla
sua nuca, ringraziando le divinità per aver fatto partire una
canzone lenta e sdolcinata, altrimenti non sarebbe stato
facile spiegare la nostra posizione. «Anche tu mi sei
mancato, Ale» gli confido, facendo appello a tutta la mia
sincerità.
«Simone è il mio migliore amico» e, in queste sei parole,
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pronunciate con una dolorosa rassegnazione, è riassunto
tutto quello che avremmo voluto dirci.
Il fatto è che non importa cosa ci sia stato tra noi, cosa
vorremmo ci fosse o cosa sarebbe potuto essere in
circostanze diverse. La verità è che entrambi vogliamo bene
a Simone e non abbiamo nessuna intenzione di farlo
soffrire.
«Lo so» mi limito a rispondere, tuttavia Alessandro
capisce benissimo che non mi riferisco solo alla frase che ha
appena pronunciato, ma soprattutto a ciò che di implicito
c’era in quello che ha detto.
Prima di mollare la sua presa dal mio corpo, sfiora la
guancia con le labbra, dando vita a un contatto casto, ma
molto più intimo di infiniti baci che ci siamo scambiati nel
corso degli anni.
Lo guardo per un attimo e gli sorrido prima di
allontanarmi definitivamente da lui, per tornare dove in
realtà avrei dovuto essere da tutta la sera: accanto a Simone.
92
9.
GEMMA
«Bene, Gemma, ho controllato le modifiche che ha
apportato alla tesi, e devo ammettere che ha fatto davvero
un ottimo lavoro. Si sente pronta per la discussione? Ormai
non manca molto» mi chiede il professore, prima di
congedarmi.
«Sì, credo di essere abbastanza pronta. Ancora non ci
credo di essere arrivata alla fine del mio percorso di studi»
ammetto.
«Un percorso brillante, se me lo permette.»
«La ringrazio davvero. Non solo per questo complimento,
ma per la sua disponibilità e professionalità» allungo una
mano e trovo la sua in una stretta decisa e cordiale.
Saluto il mio professore e mi avvio verso l’uscita
dell’università: è davvero finita. Tornerò qui solo per
discutere la tesi… ancora non mi sembra vero e l’emozione
inizia a farsi sentire.
Salgo in macchina e guardo l’ora: non sono neanche le
quattro e ho voglia di condividere questo momento con
qualcuno così, senza quasi rendermene conto, mi dirigo
verso casa di Alessandro.
In fondo ha senso, no? È lui che mi ha accompagnata nel
mio primo giorno di università e non avrei potuto non
renderlo partecipe di questa giornata.
Se non altro possiamo provare a essere amici, giusto?
Non mi ci vuole molto per raggiungere casa sua e, prima
di suonare, mi attardo un attimo al cancello a contemplare
il giardino, dove ho passato infinite giornate primaverili ed
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estive negli anni della mia adolescenza. Era tantissimo
tempo che non venivo qui, ma non è cambiato nulla da
allora. Il giardino è stupendo come la prima volta in cui l’ho
visto.
Faccio un bel respiro, suono il campanello e, quasi subito,
Alessandro fa capolino dalla porta, guardandomi stupito.
«Gemma?»
Lo osservo, in imbarazzo. «Ciao Ale, posso entrare?»
Lui rimane interdetto per un attimo, poi apre il cancello.
«Vieni, entra.»
È impacciato mentre mi accompagna fino al salotto e per
un attimo mi viene da ridere: solitamente quando venivo in
questa casa sgattaiolavamo subito al piano superiore; non
mi è capitato molte volte di fermarmi in salotto, fatta
eccezione per la nostra prima volta.
Mi fa accomodare e mi guarda con sospetto. «Non
fraintendermi, sono felice che tu sia qui, ma…»
«Non dire nulla, ti prego. So già da me che non sarei
dovuta venire, ma sono stata all’università e mi sono resa
conto che oggi è stato il mio ultimo giorno là dentro. Mi
ricordo ancora quando mi hai accompagnata con la tua
macchina il primo giorno, e poi mi sei anche venuto a
prendere perché volevi sapere prima di chiunque altro
come fosse andata… prima, quando sono uscita da
quell’edificio, ho pensato che non ci sarebbe stata persona
più giusta di te con cui condividere questo momento.»
Alessandro mi sorride e si siede accanto a me. «Allora,
com’è andata?» si informa, mentre prende la mia mano tra
le sue.
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Questo contatto mi scalda il cuore e inizio a raccontargli
la conversazione con il professore, la mia tesi e le ultime
modifiche che vi ho apportato. Alessandro ascolta ogni
singola parola come fosse la più importante… solo adesso
mi rendo conto di quanto tutto questo mi sia mancato.
Quando ho deciso di lasciarlo non sospettavo minimamente
che queste cose, un giorno non troppo lontano, mi
sarebbero sembrate così appaganti.
«Sembra sia stata una giornata piena di soddisfazioni»
afferma, guardandomi con espressione orgogliosa.
«Sì, infatti. Le parole del professore mi hanno davvero
resa fiera del mio lavoro. Sai, non è uno che si sbilancia con
i complimenti, di solito.»
Restiamo un po’ in silenzio, poi decido di indagare nella
sua vita. «E tu? Cosa mi racconti?» gli chiedo, partendo da
una domanda generale.
Alessandro mi scruta per un lungo attimo, poi distoglie lo
sguardo e alza le spalle. «Non c’è molto da raccontare di
questi anni, ne rimarresti delusa.»
«Scherzi? Ti sei laureato, sei andato un anno a Londra…
ecco: raccontami di Londra» provo ad andare sullo
specifico.
«È stata una bella esperienza. Ho lavorato in un bar, e alla
fine con il mio stipendio sono riuscito a mantenermi da
solo. All’inizio è stato un po’ difficile perché, per quanto tu
possa studiare una lingua, vivere in uno stato dove parlano
solo inglese destabilizza un po’, ma in breve tempo mi sono
ambientato benissimo.»
Mi racconta le sue esperienze come se questi quattro anni
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non fossero mai passati, quando siamo insieme io e lui, è
come se il tempo che ci ha diviso non fosse mai trascorso e
si crea una strana magia, una bolla tutta nostra dove
tornano la complicità e la spensieratezza di quando
stavamo insieme.
«E le ragazze?» butto là, senza neanche rendermene
conto, cercando con tutta me stessa di sembrare
indifferente.
«Qualche avventura passeggera, nulla di più» mormora,
accarezzando distrattamente il dorso della mia mano con il
pollice.
«Sei uno da avventure passeggere adesso?» lo stuzzico,
anche se dentro di me conosco già la risposta.
«A Londra lo sono stato. Sai, era come essere in un mondo
parallelo, dove in un certo senso potevo essere ciò che
volevo… è stato bello non avere problemi e preoccupazioni
per un po’» confessa.
«Quand’è che hai iniziato a fumare?» gli chiedo, senza
aggiungere che non approvo, tanto lo sa già.
«Sempre a Londra. Alla fine di una serata di lavoro, un
collega me ne ha offerta una; io volevo cambiare ogni
aspetto della mia vita, ero aperto a quasi tutto, così ho
accettato. Da allora, fumo qualche sigaretta al giorno…
ammetto che mi dava soddisfazione il fatto di fare una cosa
a cui eri sempre stata contraria» riconosce, con molta
tranquillità.
«Non avrei voluto farti soffrire.»
Alessandro mi abbraccia e mi bacia la fronte, prima di
rivolgermi una domanda inaspettata. «Perché mi hai
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lasciato, Gemma?» mi chiede, in un sussurro tremante tra i
miei capelli, supplichevole, ma la verità è che io non ho una
risposta precisa da riferirgli.
Lo guardo sofferente. «Credimi, me lo sono chiesta anche
io, infinite volte. La verità è che semplicemente non ero
pronta quanto te per affrontare la nostra relazione in
maniera adulta» gli spiego, sperando che il chiarimento sia
sufficiente.
«Avremmo potuto parlarne. In una relazione si parla, le
paure si affrontano insieme. Sono stato male come mai
nella vita quando… non voglio nemmeno pensare a quel
periodo. So che non ha senso parlarne ora, ricordo
perfettamente che sei la ragazza del mio migliore amico, ma
una spiegazione me la dovevi, Gemma.»
Ha ragione su tutti i fronti. «Non ce la facevo più… non di
te, ma di tutto. Sai come io voglia sempre riuscire nelle cose
al massimo delle mie possibilità, e in quel momento le tue
esigenze di convivere, di pensare a un matrimonio, a una
casa, a una famiglia… per me erano lontane anni luce.
Volevo concentrarmi sull’università, sui miei studi… mi ero
convinta che per riuscire in ciò che volevo fare avrei dovuto
mollare qualcosa, e in quel momento ho creduto fossi tu
l’anello debole. Ora mi faccio pena solo a pensarlo, ma
questa è la verità» ammetto, sconsolata.
«Quindi oggi la tua scelta sarebbe diversa?» mi domanda,
con una strana speranza negli occhi.
Sto per rispondere, quando mi rendo conto di quanto
potrebbe essere pericoloso il mio responso a questa
domanda.
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Abbasso gli occhi, fissandoli sul tavolino di fronte a noi.
«Oggi è tutto diverso, Alessandro. Sono passati quattro
anni, le cose si evolvono e le priorità non fanno eccezione.»
«Hai scelto di non rispondere…» mi fa notare, ma lo
conosco abbastanza da sapere che non insisterà.
Gli sorrido debolmente, e rimango per un po’ in silenzio
tra le sue braccia, ubriacandomi del suo meraviglioso e
inconfondibile profumo.
«So che ogni tanto senti Luca…» lo informo, giusto per
cambiare argomento e distrarre la mia mente dal desiderio
che ho di lui.
«Sì, non spesso, ma capita. L’avevo chiamato appena
tornato in Italia per sapere come stavate… soprattutto la
piccola Giorgia» mi spiega.
«Cara, dovresti vederla. È una bambina così sveglia. Ha
gli occhi azzurri del suo papà e i capelli della mamma…
diventerà una bellissima ragazza. E ha una parlantina che
riuscirebbe a tenere testa a chiunque senza troppe
difficoltà. Te la farò conoscere, sono sicura ti piacerà un
sacco.»
«Ah, non ho dubbi. Ci ho parlato al telefono per qualche
minuto e mi ha fatto mille domande tipo chi ero, come mai
non andavo a trovarli, dov’è Londra, se sono suo zio…» ride
al ricordo e io lo imito.
Sono rilassata ora.
Non so esattamente in quale punto della conversazione sia
successo, ma mi rendo conto di essere semidistesa sul
divano a godermi le coccole e le carezze.
Sarebbe bello poter tornare a quel tempo lontano in cui
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non c’erano complicazioni.
«Come vi siete conosciuti tu e Simone?» gli chiedo a un
certo punto.
«Davide. È stato lui a presentarci, circa tre anni fa» mi
risponde, mentre una sua carezza scende dalla guancia
verso il collo.
«Anche noi siamo stati presentati da Davide» gli ricordo,
e Alessandro mi lancia uno sguardo divertito. «Già, lui è un
po’ come il prezzemolo: sempre in mezzo. Passano gli anni,
ma il discorso non cambia. Quando ho conosciuto Simone
però, non era assolutamente com’è adesso. Mi sono davvero
stupito quando mi ha rivelato di avere una ragazza.»
«Lo so, mi ha accennato di non avere proprio un passato
da bravo ragazzo» gli confermo, prima di lasciare spazio a
un altro momento di silenzio rilassato.
Questa volta è Alessandro a spezzare la quiete. «Non
voglio rovinare la sua prima storia d’amore e cercherò di
stare al mio posto… però giuro che se mai dovesse farti
soffrire, se ne pentirà amaramente» mi avvisa, e nel suo
tono noto una leggera nota minacciosa.
Alzo lo sguardo verso di lui. «Nonostante tutto, sei sempre
protettivo nei miei confronti» osservo.
«Credo che lo sarò sempre» mi confessa, poi mi accoccolo
ancora di più sotto al suo braccio.
Improvvisamente scoppio a ridere e lui mi lancia uno
sguardo interrogativo.
«Scusa, è che mi è venuto in mente quando mio padre ci
ha beccati in camera mia… lo sfottò continua ancora oggi in
famiglia» gli rivelo, e noto che anche lui ride a quel ricordo.
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«Mamma mia, non sarei più voluto entrare in casa tua…
credo sia stato il momento più imbarazzante della mia vita»
mi confida, strofinandosi gli occhi con le dita.
«Lo so… a chi lo dici. Però tu almeno non hai chi ti tira
fuori questa storia ogni due per tre» puntualizzo.
«E ti ricordi quando ho conosciuto Luca? Era alla festa per
il suo compleanno, mi ha squadrato da capo a piedi, è stato
quasi peggio con lui che con tuo padre» riconosce,
scuotendo la testa.
«Alla fine però ti adoravano tutti e due» specifico, e gli
servo la prossima domanda su un piatto d’argento. «E di
Simone cosa dicono? Adorano anche lui?»
Impossibile non percepire la gelosia nella sua voce, per
quanto Alessandro tenti di celarla.
Alzo le spalle. «L’hanno visto una volta sola, non si sono
ancora pronunciati, ma sarà difficile che si innamorino di
lui come lo erano di te» chiarisco sincera.
Alza un sopracciglio. «Erano innamorati di me?» mi
domanda, quasi sorpreso.
«Molto» gli confermo.
Mi rivolge uno sguardo rassegnato. «Alla fine quindi, solo
tu non lo eri…»
Sento il cuore perdere un battito, mi rimetto seduta e lo
guardo negli occhi. «Non pensare mai una cosa simile,
Alessandro. Ho amato solo te nella mia vita. Come ti ho già
detto, avevo diciotto anni, ero appena entrata
all’università… c’erano impegni nuovi, ritmi nuovi. Io ero a
stento entrata nel mondo dei grandi, sapevo a malapena
cosa volevo fare da lì a un anno, e invece tu avevi già
100
programmato tutto il nostro futuro. Nell’ultimo periodo mi
sentivo sotto pressione: nuove materie da studiare, nuovi
professori, esami… e poi c’eri tu che parlavi di convivenza e
di una vita insieme, ed è stato troppo da gestire. Credimi,
pochi mesi dopo ero già pentita della mia scelta, ma non
sapevo proprio come tornare sui miei passi. I mesi sono
presto diventati anni, e ne erano passati già tre quando mi
è arrivata la notizia che volevi partire. A quel punto ho
pensato che non avevo il diritto di rovinarti i piani.»
Mi ascolta con un’espressione confusa. «No, no, no…
Gemma, io avrei voluto che tu arrivassi a scombussolare i
miei piani. Dio solo sa che non aspettavo altro. Aspettavo
te. Ti ho atteso in ogni singolo giorno di questi quattro anni.
Anche quando sono tornato in Italia avrei voluto trovare te
in aeroporto. Ho aspettato il tuo ritorno fino a che non ho
saputo che stavi insieme al mio migliore amico.»
Sento i miei occhi farsi lucidi, non ho idea di cosa dire.
All’improvviso, un’altra voce riempie il vuoto che si è
creato. «Alessandro? Sei in casa?»
Sua madre entra in salotto e io mi alzo di scatto, cercando
di assumere un’espressione serena. «Eleonora, che piacere
vederti» le sorrido e le vado incontro.
La donna guarda Alessandro e poi me. «Buon Dio,
Gemma. Fatti guardare: sei… bellissima.»
Le sorrido imbarazzata, poi le bacio le guance.
«Non avrei mai pensato di rivederti da queste parti… vuoi
fermarti a cena, tesoro?»
Eleonora mi ha sempre trattato come una figlia e,
nonostante tutto, sembra che le cose non siano cambiate.
101
Le sorrido. «Grazie mille, davvero, ma il tempo è volato.
Torno a casa prima che i miei inizino a chiedersi che fine
abbia fatto» e prima che sia evidente che ho tanta voglia di
piangere.
«Già, i tuoi genitori… come stanno? È davvero molto che
non li vedo» ammette, mentre appoggia una borsa della
spesa sopra al bancone della cucina.
«Tutti molto bene, grazie» cerco di sembrare spensierata
e a mio agio, ma non so per quanto ancora potrò reggere.
«Beh, salutameli tanto, sai cara?»
«Certamente, non mancherò di farlo. Ora davvero vi
saluto, scappo a casa che è quasi ora di cena.»
Eleonora continua a osservarmi con un interrogativo negli
occhi. «Spero di rivederti presto.»
«Già, beh… vieni, Gemma, ti accompagno» Alessandro
interviene prima che io possa dire a sua madre che forse
non sarebbe il caso vederci in questa casa troppo spesso.
«Perdona l’invadenza di mia madre. Non ha idea di cosa
stia succedendo» mi spiega, passandosi una mano sul viso,
come per schiarirsi le idee.
«No, lei è sempre gentile… pensavo mi odiasse a dire il
vero» gli rivelo a bassa voce.
Alessandro inarca le sopracciglia. «E perché mai dovrebbe
odiarti?»
Mi stringo nelle spalle. «Per averti fatto soffrire» gli
spiego l’ovvio.
Ripiombiamo nel silenzio, e questa volta risulta un po’
imbarazzante.
«Allora ciao» lo saluto.
102
«Non stai dimenticando niente?» mi chiede, e io faccio
mente locale delle cose che dovrei avere con me, ma non mi
sembra manchi nulla.
«Questo lo tengo io?» domanda, alzando il mio cellulare.
«Sai, non vorrei ritrovarmi a fare sesso telefonico con
Simone, questa sera» mi sfotte, cercando di
sdrammatizzare la situazione.
Prendo il telefono dalla sua mano, sicuramente con le
guance imporporate. «Per tua informazione, non facciamo
sesso telefonico…»
Ora la sua espressione diventa maliziosa. «Con me lo hai
fatto qualche volta» mi stuzzica, con un tono di voce che
percepisco talmente erotico da far mettere sull’attenti ogni
singola terminazione nervosa del mio corpo.
Ed era anche un sacco divertente…
Immagini di quegli episodi tornano prepotenti alla mia
mente e la gola mi si secca.
Sono costretta a schiarirmi la voce.
«Okay, adesso che sono rossa come un pomodoro, credo
sia proprio il caso di salire in macchina e filare via» affermo
confusa, mentre infilo nervosa il cellulare nella borsa.
«Ciao, Gemma» mi saluta per l’ultima volta, regalandomi
quel sorriso innamorato che non vedevo da molto tempo.
«Ciao, Ale.»
Gli bacio una guancia e percorro il vialetto a ritroso, verso
la mia macchina.
103
10.
ALESSANDRO
Quando rientro in casa, so già che dovrò subire il terzo
grado di mia madre. Le è sempre piaciuta molto Gemma e,
anche quando mi ha lasciato, si è comunque schierata dalla
sua parte, sostenendo che sicuramente era colpa mia.
Il problema è che adesso davvero non ho voglia di dare
spiegazioni a nessuno. Ho passato due ore bellissime in
compagnia di Gemma, e vorrei solo buttarmi sul divano e
verificare se si sente ancora il suo profumo.
«È diventata ancora più bella di quattro anni fa»
commenta mia madre, facendo capolino in salotto.
Cerco di smorzare sul nascere il suo entusiasmo. «Non
farti strane idee, qualsiasi cosa pensi ti assicuro che sei
lontana anni luce dalla verità.»
«Io non penso nulla. Dico solo che a due settimane dal tuo
ritorno, la prima visita che ricevi è quella di Gemma. Questo
è un dato di fatto, no?» mi chiede scaltra, ma non ho
intenzione di stare al suo gioco.
«Stiamo solo cercando di essere amici, mamma»
puntualizzo, anche se so già che sarà inutile.
«Amici? Tu e Gemma?» mi chiede, ironica.
Non la pianterà mai, così decido di sganciare la bomba.
«Sai, negli ultimi mesi è successa una cosa curiosa: Gemma
e Simone si sono conosciuti, ma non avevano idea di essere
rispettivamente la mia ex e il mio migliore amico, così si
sono messi insieme. Ora Gemma è la ragazza di Simone, lui
non ha idea di ciò che c’è stato in passato, e lei era qui per
chiarire con me la situazione. Questo è tutto. Ora, se non ti
104
dispiace, vorrei chiudere la questione.»
La lascio con un’espressione incredula in mezzo al salotto,
la sorpasso e me ne vado in veranda, sperando che la
leggera brezza della sera rilassi un po’ le mie terminazioni
nervose.
Durante la cena, mia madre ha la buona idea di non
ritirare fuori l’argomento e gliene sono grato.
L’incontro di oggi mi ha lasciato un gusto dolceamaro: da
una parte è stato uno dei più bei pomeriggi degli ultimi
tempi, dall’altra è come se avessi riavuto una piccola dose
della mia droga preferita e ora me l’avessero tolta di nuovo.
Salgo al piano superiore e mi faccio una doccia sperando
almeno di liberarmi dal suo odore, che avverto ancora
chiaramente su di me.
Quando esco dal bagno, sento la suoneria del mio
cellulare, così mi affretto in camera per rispondere a
Simone. «Pronto?»
«Ehi, ti ho cercato oggi pomeriggio, che fine avevi fatto?»
Ecco, dovrò mentire ancora al mio migliore amico; io e
Gemma non stiamo facendo altro negli ultimi giorni.
«Avevo il telefono senza suoneria, mi sono accorto solo ora
delle chiamate» alzo gli occhi al cielo, come per scusarmi
dell’ennesima bugia.
«Che fai questa sera? Vieni al bar? Ci saranno anche
Gianluca e Tommaso» mi informa, ma io non ho proprio
voglia di uscire.
«Per questa sera passo. Oggi non sto troppo bene, spero
di non aver preso l’influenza.»
«Influenza a giugno?» Simone sembra sospettoso.
105
«Non so, comunque non sono in forma per uscire. Ci
sentiamo nei prossimi giorni» cerco di congedarmi.
«E va bene, amico. Certo che tra la mia ragazza e te, questa
sera siete tutti dei guastafeste.»
Anche Gemma gli ha dato buca? La cosa mi interessa.
«Perché? Dovevi vederti con lei?»
«Le ho chiesto se le andava di uscire, ma mi ha detto che
ha studiato tutto il pomeriggio e che è stanca. Non vedo
l’ora finisca con questa laurea, ultimamente ci vediamo
davvero poco.»
So che non dovrei, ma sorrido all’idea che abbia mentito a
Simone per passare il pomeriggio con me.
«Sarà solo un periodo, dai…» fingo di consolarlo.
«Speriamo… ci sentiamo domani» mi saluta, chiudendo il
discorso su Gemma.
«Ciao, Simo, salutami gli altri.»
➢ Strano bello.
107
➢ …cose sconce?
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➢ Da una parte credo sarebbe la cosa giusta da fare,
dall’altra abbiamo avuto due settimane per
confessarglielo, adesso si sentirebbe preso in giro.
➢ Buonanotte, Alessandro.
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11.
GEMMA
Finalmente è arrivato il giorno della mia laurea. È mattina
presto, forse un po’ troppo presto in realtà, ma non potevo
più restare a letto.
Sono emozionata come una bambina che, alla sua festa di
compleanno, non vede l’ora di scartare tutti i suoi regali. Mi
faccio la doccia con calma e, quando torno in camera, noto
che lo schermo del mio telefono è illuminato: è appena
arrivato un messaggio da parte di Alessandro:
112
“Ho scritto e riscritto questo biglietto innumerevoli volte, ma
non riesco a trovare le parole giuste per esprimere ciò che
vorrei… e forse è meglio così.
Per oggi desidero solo che tu non pensi ai drammi e alle
complicazioni. Niente desideri inespressi, niente pensieri o
problemi.
Per oggi ci sei solo tu.
Goditi questo momento, questa festa, goditi gli scherzi che ti
faranno, il papiro e tutto l’alcool che avrai il permesso di bere
davanti a tuo padre.
Goditi la discussione del tuo duro lavoro, goditi il momento in
cui ti annunceranno il voto finale - che sono sicuro sarà
altissimo, come sempre - e goditi tutti i complimenti che ti
faranno.
Io sarò lì con te, e godrò nel vederti felice dei tuoi successi.
In bocca al lupo, raggio di sole.
Alessandro”
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➢ Sai, qua lo dico e qua lo nego, ma credo anche io. Vado
a prepararmi, ci vediamo più tardi.
116
centosei o giù di lì, non certo il massimo del punteggio
possibile.
Mi giro verso i miei amici e familiari che ovviamente
stanno applaudendo ed esultando senza celare il loro
entusiasmo, e sorrido a tutti loro. Quando incontro lo
sguardo di Alessandro, noto che mi guarda fiero, e ci
chiudiamo in un linguaggio segreto per qualche istante,
prima che io torni a voltarmi verso il palco per prestare la
giusta attenzione agli studenti che stanno ancora
aspettando di sapere il loro voto.
Alla fine delle proclamazioni ci spostiamo all’esterno,
dove avviene il tradizionale lancio del tocco e, subito dopo,
la folla di neolaureati si dirada, allontanandosi mano a
mano ognuno con i propri familiari.
Vedo arrivare da lontano mio papà, fiero in viso come
forse non lo avevo mai visto, con in mano la corona di
alloro. «Ecco qua, tesoro. Complimenti davvero, sei stata
bravissima.»
Incrocio lo sguardo commosso di mia madre mentre mi
stringe in un abbraccio orgoglioso, per poi lasciare spazio
alle mie sorelle e, infine, ai miei amici.
Sento due mani che mi afferrano per i fianchi mentre un
paio di labbra si posano sul mio collo. «Complimenti,
piccola. Sei davvero bellissima con questo vestito…»
afferma lascivo Simone mentre tiene salda la presa su di
me, facendo scivolare una mano sensibilmente più in basso
del mio girovita. Penso infastidita che, in questo momento,
ci sarebbero stati infiniti commenti più appropriati che il
poco raffinato sottointeso sessuale di cui si è reso
117
protagonista.
«Grazie» rispondo semplicemente, e cerco di non
irrigidirmi mentre Alessandro si avvicina scoccando al mio
ragazzo un’occhiata possessiva che Simone,
fortunatamente, non nota.
«Ciao, Gemma, davvero i miei complimenti» afferma
sincero quando i suoi occhi mi rivelano che vorrebbe dire
molto di più. Lancia di sfuggita uno sguardo indagatore al
mio polso: sorride soddisfatto nel vedere il bracciale fare
capolino sotto la manica della giacca.
«Adesso però è ora di vestirsi, dottoressa» sancisce
Francesca, e dei risolini divertiti partono dalla folla attorno
a me.
In breve tempo mi ritrovo vestita da Sailor Moon, con una
mano incollata a una bottiglia di plastica camuffata da
scettro magico, piena di qualche strano intruglio alcolico
che ancora non ho assaggiato.
Subisco scherzi di vario genere e, per tutto il tragitto
dall’università al ristorante scelto per il rinfresco, sono
vittima di una serie di indovinelli in rima, impossibili da
risolvere, al termine dei quali sono costretta a bere lunghe
sorsate dalla bibita attaccata alla mia mano.
È facile dedurre che, una volta arrivati al locale, sono
molto più che brilla. Non avrei mai creduto di poter vedere
mio padre divertito dal mio stato, e invece è entrato nel
clima della festa. Luca e Giulia si sono perfettamente
integrati nel gruppo di amici, sempre senza dare troppa
confidenza ad Alessandro, sostenendo la farsa che ho
costruito mio malgrado.
118
Una volta accomodati al ristorante, vengo finalmente
liberata dallo scettro-bottiglia, ma non sono ancora fuori
pericolo: dopo l’aperitivo di benvenuto, ogni invitato alla
festa propone un brindisi, ma l’unica obbligata a bere ogni
volta sono, ovviamente, solo io.
«Ragazzi, sono già ubriaca…» li avverto, non appena mi
danno tregua per lasciarmi gustare qualche antipasto.
Anche durante il pranzo mi ritrovo vittima di scherzi e
giochetti di tutti i tipi e, ogni volta che perdo o che non
indovino ciò che mi viene chiesto, ecco che subisco una
piccola penitenza, a volte alcolica, a volte di altro tipo: in
definitiva, per tutto il pomeriggio vengo costretta a uscire
dal ristorante per chiedere il numero di telefono al primo
che passa, entrare nel bagno degli uomini e salutare tutti
quelli indaffarati nella zona dei pisciatoi, convincere il
cameriere a ballare con me tra i tavoli e altre geniali trovate
dei miei carissimi amici, naturalmente sempre acconciata
da “paladina della giustizia che veste alla marinara”.
«So che vi state divertendo un sacco, ma sappiate che
molti di voi devono ancora laurearsi… non immaginate
neanche quanto mi vendicherò quando i ruoli saranno
invertiti» avverto a un certo punto, in un breve momento di
lucidità alcolica.
Ben presto arriva il tempo della lettura del papiro e, come
di consueto, mi costringono a leggerlo ad alta voce, da una
distanza tale da rendere difficile la lettura di ciò che hanno
scritto e, ovviamente, ogni errore che commetterò mi
costerà una lunga sorsata dal mio bibitone, che è stato
prontamente rincollato alla mia mano.
119
Vedo le lettere ballare sulla carta, e l’ultimo briciolo di
lucidità mi ha abbandonato da un pezzo. Inutile dire quanti
errori commetto, dato che la mia lettura da questa distanza,
e per di più in stato confusionale a causa dell’alcool, risulta
davvero imbarazzante. A un certo punto, leggendo le varie
figuracce e i momenti topici della mia vita narrati in rima,
un brivido mi percorre la schiena, ma questa volta il mio
stato alcolico non c’entra nulla:
121
12.
ALESSANDRO
Che giornata ragazzi.
Oggi è stato davvero incredibile vedere Gemma diventare
dottoressa in economia. È stato tutto perfetto, anche se
ovviamente avrei voluto essere accanto a lei in maniera
differente.
Tutto sommato però, fino a tre settimane fa non avrei
neanche creduto possibile rincontrarla, quindi reputo un
miracolo l’esserle stato vicino in questa occasione.
Non ho potuto salutare i suoi genitori come avrei voluto,
ma hanno fatto finta di non conoscermi e scommetto
fossero stati istruiti in tal senso da Gemma. Gli unici con cui
sono riuscito a scambiare qualche battuta sono stati Luca e
Giulia, ma tutti hanno creduto che mi fossi avvicinato per
fare loro i complimenti per i successi sportivi, così nessuno
ha trovato strano il mio interessamento.
Dato che, in ogni caso, mi è sembrato brutto non salutare
i miei ex suoceri, ho deciso di passare a casa loro: la
neolaureata è da Simone questa sera, così io ho pensato di
approfittarne per rimediare alla mia mancanza di
educazione di prima.
Quando suono il campanello, sono sorpreso di vedere
Giulia sulla soglia di casa. «Ciao. Non immaginavo foste
qua anche voi… spero di non disturbare» esordisco.
Lei sfoggia uno dei suoi sorrisi gentili e si fa da parte, in
modo da lasciarmi lo spazio per entrare. «Ma figurati,
anzi… che bella sorpresa. Mi spiace solo che Giorgia stia
dormendo, sarebbe stata l’occasione giusta per fartela
122
conoscere. Non sarai stupito se ti dico che stavamo
parlando di te.»
Sorrido a mia volta mentre entro in casa. «In effetti no,
posso immaginare di essere l’argomento della serata.»
Quando raggiungo il salotto, vengo accolto come uno di
famiglia e il loro calore mi scalda il cuore.
«Alessandro, che piacere averti qua con noi» afferma sua
madre alzandosi dal divano e venendomi incontro.
«Il piacere è davvero mio. Scusate se non ho avvisato
prima di piombarvi qua, ma volevo solo salutarvi come si
deve. Mi sono sentito un grande maleducato oggi, anche se
immagino siate stati messi a conoscenza della situazione…»
mi sento un po’ nervoso a toccare questo argomento.
«Sì. Stavamo giusto dicendo che Milano sa essere davvero
piccola e scomoda a volte, no?» mi ragguaglia il padre di
Gemma, e io riesco solo a stringermi nelle spalle.
«Comunque stavamo anche dicendo che siamo contenti di
questo tuo ritorno» aggiunge Luca, offrendomi un bicchiere
di vino.
«Com’è andata a Londra?» mi domanda Giulia,
sinceramente interessata.
«Direi molto bene. È stata un’esperienza formativa
davvero utile» rispondo vago, dato che il reale motivo della
mia partenza lo immaginano sicuramente anche loro, anche
se per discrezione non fanno nessun commento in merito,
e io gliene sono davvero grato.
Scambio ancora qualche battuta con la famiglia di
Gemma, poi torno verso casa con il solo desiderio di
buttarmi sotto la doccia e poi a letto, mentre l’ormai
123
conosciuto senso di dolceamaro si appropria delle mie
emozioni.
124
Scuoto la testa e mi affretto a rispondere cercando
ovviamente di ostentare professionalità: «Sì, sì, mi scusi.
Come dissi al suo collega durante il colloquio, sarebbe per
me un onore fare parte di uno staff come il vostro, quindi
accetto molto volentieri la sua proposta.»
«Perfetto, allora cosa ne dice di lunedì alle nove? Così le
spiegheremo nei dettagli i tempi e i modi della sua prova.
Intanto le anticipo che, se supererà questa prima fase, le
proporremo un contratto di sei mesi, a cui seguirà un
accordo di collaborazione a tempo indeterminato, se
ovviamente svolgerà il suo lavoro in modo più che
soddisfacente» mi spiega Giada con voce quasi meccanica,
e io mi chiedo vagamente se questo genere di telefonate le
fanno imparare a memoria alle segretarie.
«Grazie mille, Giada, è stata molto chiara. Lunedì alle
nove in punto sarò in agenzia, buona giornata.»
Dopo aver messo fine alla telefonata, sprofondo nel letto,
quasi in estasi. Questa potrebbe essere l’occasione che
aspettavo e, mentre fantastico su come mi piacerebbe fosse
d’ora in avanti la mia vita, mi risulta inevitabile chiamare
Gemma che, però, non mi risponde.
Guardo l’ora e un tuffo al cuore riporta le mie fantasie alla
triste realtà: non sono neanche le dieci, e come un coglione
ho chiamato la ragazza del mio migliore amico, sapendo
benissimo che ha passato la notte da lui. Spero davvero che
questa chiamata non le crei problemi… anzi, a essere
onesto, una piccola, piccolissima, parte di me, godrebbe nel
mettere i bastoni tra le ruote al loro rapporto, poiché
allontanarla da Simone, significherebbe avere la possibilità
125
di riavvicinarla a me.
Scaccio questi pensieri dalla mia mente: io non sono così,
e non ho alcuna intenzione di mettermi tra loro. Con un
calcio scosto il lenzuolo da un lato e mi alzo, dirigendomi
verso il bagno per farmi una doccia rigenerante.
Durante tutta la giornata non sento nessuno: il mio
telefono si trova in uno strano e quasi inquietante stato di
silenziosa beatitudine, e per un attimo penso si sia rotto
improvvisamente. Sto per prenderlo e controllarne lo stato,
ma ecco che lo schermo si illumina e la mia amatissima
suoneria arriva alle mie orecchie: una piccola delusione
esplode nel mio petto quando mi rendo conto che si tratta
di mia madre, pronta ad avvertirmi che farà tardi questa
sera, e mi chiede di tirare fuori dal freezer le cosce di pollo,
così, dato che non ho nulla da fare e a quanto pare i miei
amici sono impegnati altrove, decido di preparare la cena,
almeno mi terrò indaffarato.
Solo in tarda serata, quando ormai non ci speravo più,
ricevo una chiamata: Gemma.
«Ehi» mi riesce solo di dirle.
«Ciao. Ho visto che mi hai cercata, ma sono rientrata
adesso a casa… ti disturbo?» mi domanda mentre il
pensiero che sia stata con lui tutto il giorno, mi riempie di
gelosia.
«No, no tranquilla. Sono sul divano, sto guardando un
film».
«Che film?» La solita curiosa.
«“Ritorno al futuro”» e so già che si metterà a ridere.
«Un film attuale, appena uscito nelle sale, insomma…» mi
126
sfotte.
«Disse colei che guarda “Via col vento” almeno tre volte
ogni anno» rimbecco.
«Ma quello è un classico…» si difende divertita.
«Lo è anche “Ritorno al futuro”, non trovi?»
La sento ridere, ma cambia argomento. «Allora, avevi
bisogno di me questa mattina?»
Avrei sempre bisogno di te, Gemma.
«No, tranquilla. Nulla di urgente. È solo che mi hanno
chiamato da un’agenzia di traduzioni, inizierò la prova
lunedì e… volevo fossi la prima a saperlo, ecco tutto» le
rivelo.
«Caspita, Ale… congratulazioni! Dai, dimmi di più: di che
agenzia si tratta?»
Sembra sinceramente interessata, così mi metto più
composto sul divano e gli racconto della telefonata che ho
ricevuto questa mattina.
«Sono davvero fiera di te» annuncia alla fine della mia
spiegazione, e non posso fare a meno di sentire il petto
gonfiarsi d’orgoglio.
«Come mai non sei con Simone questa sera?» mi informo.
«Suo padre è arrivato a sorpresa da Siena, così sono
andati fuori a cena.»
Noto una certa insofferenza nella sua voce.
«E perché non sei andata con loro?» mi arrischio a
chiedere.
Gemma tentenna prima di rispondermi. «Non mi ha
ancora presentata a suo padre. A dire il vero, non credo i
suoi sappiano di noi» mi spiega incerta, e
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quest’informazione mi provoca un sorrisino soddisfatto,
anche se sono consapevole non dovrei godere di queste
cose.
Non sapendo bene cosa dire, rimango in silenzio, così è lei
a parlare ancora. «Senti, ma adesso che traduci film, mi
porterai a casa i DVD delle anteprime assolute, vero?»
Scoppio a ridere. «Prima cosa: ancora non traduco un bel
niente» le faccio notare, dato che non sono ancora stato
assunto.
«Beh, sono sicura che presto tradurrai, è solo questione di
tempo. Seconda cosa?»
«Seconda cosa, cosa?», faccio lo gnorri.
Gemma sa benissimo cosa avrei voluto dire: quando
stavamo insieme e mi chiedeva di fare qualcosa per lei, c’era
sempre una “seconda cosa”, e di solito riguardava il sesso.
Mi viene in mente quando, per esempio, dopo aver
passato il pomeriggio a studiare, si lamentava di avere i
cervicali induriti, così mi guardava in modo significativo,
come per chiedermi implicitamente un bel massaggio. In
quel caso la mia risposta era sempre più o meno la stessa.
“Prima cosa: ho studiato anche io tutto il pomeriggio.
Seconda cosa: anche io sento un muscolo indurito, credi di
poter rimediare?”
Alla fine il massaggio gliel’avrei fatto in ogni caso, ma mi
piaceva giocare, e di solito Gemma si divertiva con me,
stando alle mie provocazioni.
«Lo sai cosa…» mi risponde, riportandomi alla realtà.
Una familiare eccitazione si fa largo in me. «Ah, lascia
perdere, è solo un modo di dire… forza dell’abitudine
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immagino» mi giustifico.
«Abitudine? E io che pensavo fosse un gioco che utilizzavi
solo con me.»
«E infatti è un’abitudine rimasta da quando ne facevo
buon uso con te. Credo di non averla più utilizzata da
allora» ammetto.
«E quindi, seconda cosa?» insiste.
Oh, ne avrei talmente tante da recuperare in questi
quattro anni da poter elencare una seconda, terza, quarta…
e così via all’infinito, ma provo ad assecondarla. «Beh, come
seconda cosa… dai Gemma, non possiamo più giocare a
questo gioco» le ricordo, arrendendomi, e lei ride divertita.
«Ci pensi mai a come sarebbero potute andare le cose tra
noi?» mi chiede, sorprendendomi.
Cazzo Gemma, sapessi… non solo ci penso, mi faccio
intere saghe da mille puntate in alta definizione su tutto
quello che sarebbe potuto essere.
«Non ha molto senso ormai» le rispondo.
Lei sospira. «Sì, immagino tu abbia ragione.»
Scende un silenzio malinconico tra noi, così cerco di farla
ridere prima di augurarle la buonanotte. «Comunque, visto
che prima hai tanto insistito, la seconda cosa, data
l’evidente distanza fisica che si interpone tra noi al
momento, non poteva che ricadere su qualche giochetto
telefonico. Adesso poi che la tecnologia ha fatto passi da
gigante, chissà quante “seconde cose” potrei inventarmi con
le videochiamate» e, al solo pensiero, l’eccitazione diventa
evidente tra le gambe.
Gemma finge di essere scioccata, ma il suo tono è
129
inconfondibilmente divertito. «Sei uno sporcaccione, lo
sai?» e, così dicendo, interrompe la chiamata, lasciandomi
interdetto.
Mi affretto a scriverle un messaggio di scuse, ma una
videochiamata arriva al mio cellulare, anticipandomi, e per
un attimo la gola diventa secca. «Gemma, questo è davvero
un passo pericoloso da parte tua» la avverto, appena si
stabilisce la connessione.
Spengo il pollo nel forno e decido di trasferirmi in camera
mia.
Dall’immagine che appare sullo schermo riesco a godere
della mia ex, distesa sul letto, con una canottierina color
pesca addosso e posso dire addio alla mia salute mentale.
Ricordo molto bene la sua abitudine di togliere il reggiseno
prima di coricarsi, e l’idea che sotto quella sottile stoffa non
ci sia nulla mi fa venire voglia di mandare a puttane la mia
amicizia con Simone e raggiungerla il più velocemente
possibile sotto alle lenzuola.
«Dove stai andando?» mi domanda.
«In camera» rispondo, e Gemma non rimbecca questa
volta.
«Sai, fino a che stiamo al telefono è abbastanza facile, ma
vederti mezza nuda su un letto, non è esattamente la stessa
cosa» le faccio notare.
«Sono in pigiama… non mezza nuda.»
«Trattandosi di un pigiamino estivo, non c’è molta
differenza» e decido che a questo gioco possiamo giocare in
due, così mi tolgo la maglia e mi accomodo sul letto a petto
nudo.
130
Gemma alza un sopracciglio, credo piacevolmente colpita
da ciò che vede. «Sei stato in palestra in questi anni.»
È un’affermazione, non una domanda.
«Non molto a dire il vero, però a Londra avevo preso
l’abitudine di correre al mattino» le spiego.
«Hai una tartaruga invidiabile» si complimenta, e mi
guarda come se volesse elogiare ogni centimetro della mia
pelle.
Quell’espressione me la ricordo bene, e inspiro
profondamente cercando di bloccare il flusso dei miei
desideri, prima che sia troppo tardi: il ritmo dei nostri
respiri non promette nulla di buono.
Ci guardiamo per un istante infinito in assoluto silenzio,
mentre penso di aver oltrepassato la linea del non ritorno.
Se Simone fosse fuori da questa storia, la bellissima ragazza
sullo schermo avrebbe già ricevuto la mia proposta di
denudarsi.
Immagino sarei potuto ricorrere alla complicità di
qualche giochetto tipo “chi sbaglia a rispondere si toglie un
indumento”, e non ho dubbi che non avrei avuto pietà pur
di vincere ogni singolo pezzo di stoffa di cui è coperta.
Certo, il gioco sarebbe durato un breve lasso di tempo,
data la scarsa quantità di tessuto scelta da Gemma per
questa notte. Faccio un lungo respiro e chiudo gli occhi,
cercando di controllare il ritmo con cui il sangue irrora le
mie vene: devo fare un passo indietro, perché siamo troppo
vicini al baratro, oltre il quale il rapporto di entrambi nei
confronti di Simone cambierà per sempre.
Siamo davvero pronti a tutto questo?
131
«Gemma, credo sia il caso di smetterla…» affermo,
riafferrando la maglietta e infilandola velocemente,
utilizzando tutto l’autocontrollo che riesco a trovare nei
meandri della mia coscienza.
Lei sembra come risvegliarsi da un sogno. «Ti chiedo
scusa io… non avrei dovuto videochiamarti. Ci sono infinite
ragioni per cui proprio non mi sarebbe dovuto neanche
venire in mente.»
Sbuffo, ripensando a che pessimo amico sono stato negli
ultimi giorni. «Sono tante le cose che entrambi non
avremmo dovuto fare» affermo sospirando, mentre penso
che devo per forza allontanarla da me.
Per un momento mi sembra che un soffio freddo abbassi
violentemente la temperatura nella stanza.
«Senti, mi fa davvero piacere poterti riavere nella mia
vita, ma così stiamo sbagliando tutto. Tu sei impegnata e
io… io credo nell’amicizia e sto tradendo il mio più caro
amico. Sono qui e sto sbavando sull’immagine della sua
ragazza mezza nuda. Se andremo avanti così, faremo
soffrire delle persone a noi care.»
«Non dovremmo più sentirci… è questo che stai per dire,
vero?» mi domanda, e il cuore mi sprofonda nel petto.
Sarò davvero abbastanza forte da lasciarla andare
definitivamente?
«Cosa sono io per te, Gemma?» e, mentre le rivolgo questa
domanda, in me si accende la speranza.
No, è ovvio che non sono abbastanza forte.
Lei sgrana gli occhi, visibilmente in difficoltà; cerca di far
partire un discorso diverse volte. La osservo mentre apre la
132
bocca per parlare, ma poi la richiude. «Io, tu… beh… Cosa
vuoi che ti dica Alessandro? Sono la ragazza di Simone, mi
piace stare con lui e mi dico che tutto sta andando per il
meglio, ma poi risbuchi tu e… e il mio mondo si capovolge.
Tu sei Ale, il mio primo amore, la mia prima volta,
insomma: il mio primo tutto. E ora sei anche più
muscoloso, più uomo, più sicuro di te. Hai quell’accenno di
barba che vorrei toccare e…» si blocca.
Il mio respiro ormai è così concitato da aver oltrepassato
da un pezzo il punto in cui riesco a controllarlo, e vederla
così arrossata in viso provoca in me istinti primordiali che
speravo non riaffiorassero più in sua presenza.
«E?» la invito a continuare.
«Non chiedermelo. Non chiedermi cosa sei per me, ti
prego.»
Inspiro e annuisco.
Credevo che avrei potuto mettere da parte tutto per
salvaguardare Simone, ma ho appena capito che non è
questa la verità: c’è una persona, una donna, per la quale
sarei disposto a perdere tutto, se lei mi volesse.
Guardo intensamente lo schermo, ubriacandomi della sua
immagine. «Credo sia proprio questo il punto, Gemma.
Non voglio far soffrire un amico, ma basterebbe una tua
parola e manderei tutto a puttane pur di riaverti. Credevo
di essere per te solo una persona che ha fatto parte della tua
vita e che hai piacere a rifrequentare, a cui hai voluto bene,
alla quale un po’ sarai sempre legata, ma se sono più di
questo, Gemma, io giuro che verrò a prenderti e farò a
cazzotti con il mio migliore amico pur di difendere ciò che
133
c’è tra noi… quindi pensaci bene. Non voglio fare nulla alle
spalle di Simone, ma ogni volta che io e te passiamo del
tempo da soli le cose si avvicinano sempre di più al limite
massimo consentito. Quindi non rispondere a me, ma
rispondi a te stessa: cosa sono per te? Un vecchio amico con
cui parlare ogni tanto, o vuoi indietro il tuo ex ragazzo? Io
so esattamente cosa sei per me» puntualizzo, con un
sospiro.
Gemma non risponde, è evidente quanto l’abbia messa in
difficoltà.
Decido di mettere fine alla chiamata. «Ascolta, è arrivata
mia madre. Me ne starò lontano per qualche giorno, così
potrai pensare a ciò che ci siamo detti e prenderai una
decisione. Credimi, non vuole essere un ultimatum… io ci
sarò in ogni caso, ma è arrivato il momento di definire in
che modo mi vuoi, prima di arrivare a ferire le persone a noi
care.»
«Sembro una ragazzina che non sa quello che vuole, non
è vero?»
«No, sembri una giovane donna che deve prendere una
decisione importante.»
«Non voglio perdere nessuno dei due» mi confessa.
«Non puoi averci entrambi… almeno non in questo
modo.»
«Cosa farai in questi giorni?» si informa, e dal suo tono di
voce credo le dispiaccia questo piccolo allontanamento.
«Ho una mezza idea, ma non so se sarà possibile metterla
in atto. In ogni caso, ci vedremo venerdì sera, giusto?»
«Certo. Allora buona serata, Alessandro» sussurra con il
134
suo tono dolce e assonnato.
«A presto, raggio di sole.»
135
13.
ALESSANDRO
«Pronto?»
«Ciao, Luca, Sono Alessandro. Ti disturbo?» gli chiedo,
ma dai rumori di sottofondo, intuisco sia in pista.
«No, tranquillo. Le ragazze stanno facendo
riscaldamento» mi risponde cordiale.
«Senti… se passassi dal palazzetto, avresti qualche minuto
da dedicarmi? Avrei una richiesta da farti…»
«Certo, passa pure. È successo qualcosa?» ha il tono
leggermente preoccupato.
Succederà se non me ne vado per un po’.
«No, nulla di ché.»
Lui rimane in silenzio e credo che qualcosa abbia intuito,
così lo saluto e mi preparo per raggiungerlo.
137
le chiavi della vostra casa al mare.»
Luca e Giulia hanno comprato, qualche anno fa, una
casetta sul mare, in uno dei più bei borghi delle Cinque
terre.
Luca alza un sopracciglio. «Devi allontanarti da
Gemma?»
Distolgo lo sguardo. «Devo riordinare un attimo le idee
prima di fare casini irrimediabili.»
Luca annuisce, ma non commenta. «Giulia è a casa con la
piccola. La avviso che ti faccia trovare le chiavi… così ne
approfitti per conoscere Giorgia, dato che l’altra sera stava
già dormendo» gli occhi gli si illuminano di orgoglio
paterno nel pronunciare il nome di sua figlia, e mi ritrovo a
chiedermi tra quanto tempo avrò la possibilità di provare la
stessa emozione.
Ringrazio Luca e mi avvio verso casa sua, dove Giulia è già
stata avvisata del mio arrivo.
«Ciao, Alessandro, vieni, entra pure.»
Erano secoli che non entravo in questa casa e, mentre mi
guardo attorno, una bimba dagli occhi azzurri si avvicina
furtiva.
«Ciao, Giorgia, ci siamo sentiti al telefono e ci siamo visti
alla laurea della zia Gemma, ti ricordi?» le chiedo, con un
sorriso amichevole.
«Sì, sei lo zio che è stato a Londra, vero?»
«Già, sono io» le confermo.
«E sei anche amico della zia Gemma…» ha la faccia
corrucciata ora, sembra stia ragionando sulle informazioni
che ha acquisito.
138
«Sì, conosco zia Gemma da tanto tempo» le spiego.
«Ma la zia ha già un amico che si chiama Simone… perché
sei anche tu amico suo?»
L’innocenza dei bambini a volte sa essere perfida. «Beh,
Simone è l’amico speciale della zia… io sono solo un
amichetto» ammetto a malincuore, e Giorgia sembra
soddisfatta dalla spiegazione.
Giulia corre in mio aiuto e distrae la piccola con un gioco,
mentre si rivolge a me. «Ti va di accomodarti?»
«Ti ringrazio, ma vado a casa a preparare una borsa e mi
avvio verso la Liguria… grazie davvero per avermi messo a
disposizione la vostra casa al mare» cerco di esprimere con
lo sguardo tutta la mia riconoscenza.
«Non dirlo neanche, Alessandro, è un piacere. Sai, non
voglio mettermi in mezzo ma… sono sicura che mia sorella
capirà ciò che provate l’uno per l’altra.»
Alzo le spalle. «Gemma sa esattamente ciò che sento io…
non sono sicuro provi per me la stessa cosa, quindi per il
momento me ne starò un po’ in disparte, poi sarà lei a
decidere.»
Lei mi sorride, senza sapere bene cosa dire, e io ricambio
l’espressione prima di avviarmi verso l’uscita,
ringraziandola ancora.
«Ah, un’ultima cosa: se per caso entrassi con Gemma in
argomento, non dirle dove sono.»
«Non ti preoccupare. Sarò muta come un pesce» e finge
di cucirsi la bocca, facendomi ridere.
139
Cinque Terre, sono quasi le sei di sera. Ho qualche ora di
viaggio davanti a me e, mentre percorro l’autostrada, mi
torna in mente quella volta in cui Luca mi aveva dato le
chiavi della casa al mare per passare una settimana con
Gemma, non appena avesse finito la maturità.
Erano stati giorni incredibili, era la prima volta che
partivamo da soli, senza genitori, amici o parenti a tenerci
sott’occhio, e ci sentivamo finalmente liberi, adulti.
All’epoca avevo creduto che quella sarebbe stata la prima di
mille vacanze insieme, mi ero concesso il lusso di credere
che finalmente eravamo una coppia adulta e che quello era
solo l’inizio di tutta una vita da condividere, e invece, ironia
della sorte, era solo l’inizio sì, ma della fine. Poco dopo il
nostro rientro a Milano, Gemma aveva iniziato ad
allontanarsi e io, da cretino, cercavo invece di passare con
lei più tempo possibile. Se solo avessi avuto la maturità per
capire che sentiva l’esigenza di avere degli spazi solo suoi,
magari non avrebbe mai preso la decisione di lasciarmi,
pochi mesi dopo. Oramai comunque non ha molto senso
riflettere sui se e sui ma, la situazione è molto chiara, o
meglio: non lo è per niente.
Con me Gemma si comporta come se mi desiderasse, ma
poi, quando c’è anche Simone, lotta con tutte le sue forze
per non destare il minimo sospetto al suo ragazzo.
Sono già a metà strada quando mi rendo conto che questi
ragionamenti non mi porteranno da nessuna parte. Sono
stato molto chiaro con Gemma, ora la palla passa a lei: come
le ho detto, sono perfino disposto a rovinare l’amicizia con
Simone, trasgredendo completamente al codice d’onore tra
140
due uomini, ma lo farò solo se davvero mi vuole nella sua
vita una volta per tutte. In caso contrario, mi limiterò a
essere per lei un amico, questo è tutto e, per liberare la
mente da questi ormai ridondanti e ripetitivi pensieri, alzo
il volume della radio che sta trasmettendo uno dei
tormentoni di quest’estate.
141
meglio, sì, è giusto, solo non adesso, e non così.
Respiro a fondo e cerco di ricacciare questi pensieri nel
fondo della borsa, mentre mi preparo per andare a fare una
passeggiata: ormai l’ora di cena è passata, ma a dire il vero
non ho appetito.
Per i due giorni successivi, riesco in qualche modo a
pensare poco alla mia ex: ho deciso di noleggiare una barca,
e me ne sono andato per un po’ a largo, cercando di
rilassarmi e di godere di questo splendido sole di giugno. Le
spiagge non sono troppo affollate, così mi perdo in lunghe
passeggiate, ammirando l’orizzonte e ringraziando
mentalmente i coniugi Zori per questa distensiva
possibilità.
Solo alla sera, mentre sono nella veranda della villetta,
decido di sbloccare il numero di Gemma dal mio telefono:
domani tornerò a Milano, e magari in questi giorni ha avuto
anche lei modo di pensare e di prendere una decisione. Non
passano neanche quindici minuti, e il display del mio
cellulare si illumina: Gemma.
«Pronto?» rispondo, quasi immediatamente.
«Ehi, eri introvabile in questi giorni… ero preoccupata.
Stavo per chiedere a Simone che fine avessi fatto» mi
racconta, con un tono tra il timido e il contestatore.
Sorrido, ma poi penso con timore alle domande che
avrebbe rivolto Simone alla sua ragazza, se si fosse troppo
informata sul mio conto. «Poi avresti dovuto spiegare un
po’ troppe cose.»
Gemma esita prima di rispondere. «Infatti non gli ho
chiesto nulla, proprio per questo motivo» mi spiega,
142
rassegnata.
«Ne devo dedurre che hai preso una decisione?» ho voglia
di arrivare al punto.
Sento il cuore che martella in gola, e la tensione che
avverto mi ha provocato un’ondata di nausea.
Devo sapere.
«Ne devi dedurre che mi sei mancato… e che ero
preoccupata» mi risponde, semplicemente.
Mi accascio sui cuscini della poltrona in vimini della
veranda e mi massaggio le tempie con le dita. «Non è una
risposta, Gemma… ci hai pensato?»
La sento sbuffare, è ovviamente in difficoltà. «Non voglio
far soffrire Simone» mi risponde.
«Se è per questo, nemmeno io. Gemma, non giriamoci
tanto intorno: chi è che vuoi?»
«Non è così semplice, Alessandro.»
Sospiro, è chiaro quanto sia inutile insistere.
«Siete stati insieme in questi giorni?» le domando, non
sapendo neanche io se le sto chiedendo se hanno passato
del tempo insieme, oppure se questo tempo lo hanno
passato tra le lenzuola.
«È il mio ragazzo, Ale. Cosa dovrei dirgli di preciso? Che
non possiamo vederci perché devo capire se nella mia vita
voglio lui o il suo migliore amico?»
Espiro bruscamente. «Certo che no! È solo che il pensiero
delle sue mani che ti toccano…» non finisco la frase, che
senso avrebbe? E poi credo di essere stato abbastanza
esplicito anche così.
«Non c’è stato nulla tra noi in questi giorni, se è questo
143
che ti preoccupa» mi aggiorna, e un vago senso di sollievo
si espande nel mio petto.
Sospiro, cercando di calmarmi. «Domani sera saremo
insieme… pensi di avere preso una decisione per allora?»
«Non lo so, Ale. Non è facile…»
«Dovrebbe esserlo, in realtà. Come puoi non sapere cosa
vuoi, Gemma?» tuono, ma me ne pento subito e, chiudendo
per un attimo gli occhi, cerco di riutilizzare un tono di voce
più tranquillo. «Scusami, credo che la situazione mi stia
sfuggendo di mano» ammetto.
«Non vedo l’ora di vederti… questo almeno posso
dirtelo.»
«Avevo bloccato le tue chiamate, per questo non riuscivi a
contattarmi» le confesso.
«Ah, grazie. E io che pensavo ti facesse piacere sentirmi»
mi rimprovera dispiaciuta.
«Sai che è così. Solo che non avrebbe avuto senso
allontanarsi, se poi ci fossimo sentiti tutti i giorni. Anche
perché ti avverto che alla prossima videochiamata, l’epilogo
sarà di gran lunga diverso dall’altra sera.»
Un brivido piacevole si concentra tra le mie gambe solo
all’idea.
«Dove sei andato?»
«In un posto speciale.»
«Mi è dispiaciuto non vederti, in questi giorni. Domani
almeno rimedieremo a questo» il tono speranzoso della sua
voce mi scalda il cuore.
«Peccato che non sarò io l’uomo al tuo fianco» le faccio
notare.
144
«Ale, cerca di capirmi. Qualsiasi sia la mia decisione,
qualcuno soffrirà. Non puoi chiedermi di fare questo passo
a cuor leggero.»
Sospiro, per l’ennesima volta. «Lo so, Gemma. Ti assicuro
che da una parte preferirei soffrire io al posto del mio
migliore amico. Il fatto è che vorrebbe dire perdere te… e lo
accetterò solo se è davvero ciò che vuoi.»
«Io non vorrei perdere nessuno» ammette.
«Non ci pensare adesso. Ormai è tardi, e dicono che la
notte porti consiglio. Buon riposo, raggio di sole.»
«Ci vediamo domani sera, Alessandro.»
145
14.
GEMMA
Mi sto preparando per la serata fuori. Questa sera saranno
presenti di nuovo gli amici di Simone, con qualche
aggiunta, se non ho capito male. Ho deciso di indossare un
vestito verde smeraldo, con cinturino argentato in vita e
una scollatura generosa. Alzo gli occhi al cielo prevedendo
il commento di Simone sul mio outfit, ma la realtà è che non
l’ho scelto pensando a lui: il verde è il colore preferito di
Alessandro.
Per la prima volta il mio ragazzo mi porterà nel famoso
bar dove lui e i suoi amici si ritrovano sempre, e poi
andremo a cena tutti insieme in un ristorante in centro.
Sono nervosa.
So che devo fare una scelta, eppure per me non è facile
lasciarne andare uno.
Li amo entrambi? No, certo che no.
Nella mia vita ho amato solo Alessandro, di questo sono
sicura, ma è altrettanto vero che conosco Simone solo da
pochi mesi, e non posso non tenere conto del fatto che è
cambiato per me, e che mi ha reso felice.
L’amore è un sentimento che matura con il tempo,
sarebbe infantile da parte mia credere di amare Simone.
E Alessandro? L’ho amato.
Credevo che non ci sarebbe stato nessuno dopo di lui, poi
le cose sono andate in maniera differente ma… ma lo amo
ancora? O quello che provo per lui è solo senso di colpa,
misto a un’attrazione estremamente forte che sempre
proverò?
146
Da quando ho visto i suoi pettorali l’altra sera, non penso
ad altro che appoggiarci sopra le mie dita… okay, non solo
le dita.
Mi immagino di leccare ogni centimetro di quel torace
perfetto, partendo dal collo, lentamente, per poi scendere
gradualmente sempre più giù. Incontrerei i pettorali, mi
soffermerei senza alcuna fretta sui suoi capezzoli,
ricordandomi perfettamente che effetto posso ottenere con
qualche piccola attenzione particolare. Poi scenderei
sempre più in basso, venerando ogni quadratino scolpito,
godendomi il suo respiro che accelera mano a mano lungo
la mia avanzata. Dopo un periodo di tempo abbastanza
lungo, arriverei a quelle diagonali perfette che spariscono
crudelmente sotto all’elastico del boxer, e… il suono del mio
telefono mi desta da questo meraviglioso sogno a occhi
aperti: è Simone, mi avvisa che è arrivato e che mi sta
aspettando fuori di casa.
Sospiro e mi riguardo velocemente allo specchio prima di
indossare un paio di sandali argento, poi afferro la pochette
e mi avvio verso il giardino.
«Buona sera» Simone mi accoglie con un sorriso, poi mi
squadra da capo a piedi, con una smorfia di rimprovero.
«Hai caldo?» mi chiede retorico, mentre apre la portiera
della macchina per farmi salire.
Mi accomodo in silenzio, e alzo gli occhi al cielo mentre
attendo impaziente che anche lui salga in auto, per dirgliene
quattro. «Siamo a metà giugno, Simone, abbiamo già avuto
questa discussione se non sbaglio.» Gli lancio un’occhiata
di avvertimento e Simone alza le braccia in segno di resa,
147
poi ingrana la prima ed esce dal vialetto di casa.
«Lo sai che sono geloso del tuo corpo… con quella
scollatura so già dove guarderanno tutti questa sera»
polemizza, ma io non ho nessuna intenzione di raccogliere
la provocazione.
«Non sarò certo l’unica con un paio di tette» replico
saccente.
«No, quello no. Ma sarai l’unica ad averle perfette» alza le
spalle a quell’ammissione e mi guarda regalandomi la sua
espressione dolce, così mi sporgo verso di lui e lo bacio sulle
labbra prima che si volti nuovamente verso la strada. Per un
attimo divento triste e guardo fuori dal finestrino dal lato
passeggero: come potrei mai lasciarlo per il suo migliore
amico? Non se l’aspetta per niente, ma soprattutto, non se
lo merita davvero.
«A cosa pensi?» mi chiede, strappandomi dai miei
pensieri.
Lo guardo per un attimo smarrita, poi improvviso. «Penso
che questa è la nostra prima serata fuori da quando mi sono
laureata.»
«Giusto. Quindi bisogna festeggiare come si deve. Ti
fermerai da me, dopo?»
No, Simone, non mi sembra una buona idea.
«Non saprei, domani avrei promesso a mia sorella di
aiutarla con le pettinature delle bimbe per la gara…» mento
spudoratamente. Non ho neanche idea se domani ci siano
davvero delle bambine ai campionati regionali. Sostengo lo
sguardo del mio ragazzo, che mi guarda impensierito per un
attimo, ma poi annuisce. «Beh, ti posso sempre portare da
148
lei domattina presto» asserisce, e io gli sorrido, dato che
non mi viene in mente una scusa plausibile.
Quando arriviamo al famoso bar, mi guardo intorno. È un
posto abbastanza anonimo, non mi pare abbia nulla di
speciale, eppure sembra essere un posto a cui entrambi i
miei ragazzi sono molto legati.
«Ciao» la voce calda che arriva dalle mie spalle è
chiaramente quella del mio ex.
Non mi giro subito, resto a guardare Simone per un
attimo, giusto per non dare l’impressione che non
attendessi altro che l’arrivo di Alessandro.
«Ciao, amico, si può sapere che cazzo di fine hai fatto in
questi giorni?» Simone gli va incontro e gli assesta una
pacca sulla spalla.
Quindi Ale non ha evitato solo me…
«Sono stato fuori città» gli spiega ostentando
indifferenza, poi posa gli occhi su di me, e l’intensità del suo
sguardo cambia impercettibilmente. «Ciao, Gemma.
Questo vestito ti dona molto» si complimenta, mentre noto
i suoi occhi vagare lentamente dal mio viso fino alle gambe
nude.
Simone mi lancia un’occhiataccia, come per dirmi “te
l’avevo detto” e cerca manforte dal suo amico. «Ecco, Ale,
diglielo anche tu che le tette sarebbe meglio farle vedere
solo a me e non a tutta la compagnia.»
Alessandro alza un sopracciglio e solleva solo l’estremità
destra della bocca, dando vita a un sorrisetto sexy da
morire, mentre posa la sua attenzione proprio dove Simone
gli ha suggerito. «Beh, non mi sembra le stia mostrando
149
esageratamente. È giugno, Simo, non fare l’uomo delle
caverne. Secondo me invece ha fatto proprio una bella
scelta» mi osserva ancora per un momento e mi strizza
l’occhio guardandomi maliziosamente.
Okay, credo di essere rossa come un peperone maturo.
«Grazie, Ale» mi ritrovo a rispondergli in modo timido,
mentre abbasso le palpebre per mettere fine a quel contatto
occhi marroni con occhi verdi, che rischiava di rendere
evidente il mio desiderio.
«Di nulla» mi risponde, poi si gira verso un gruppo di
ragazzi, ostentando una disinvoltura invidiabile.
Respiro a fondo e cerco di riprendermi, per fortuna vedo
Francesca avanzare verso di noi e le vado incontro,
cercando di indirizzare i miei pensieri e la mia attenzione su
qualcosa che non sia il fondoschiena di Alessandro, fasciato
alla perfezione da un paio di Jekerson blu scuro.
Vengo presentata a vari amici del mio ragazzo, che ci
invitano a sederci al loro tavolo: alcuni li conosco di vista,
dato che frequentavamo la stessa università, altri non li
avevo mai visti, ma lo status quo cambia vertiginosamente
quando, al gruppo, si aggiungono delle ragazze tutte in tiro,
mascara e tacchi alti. Ora capisco perfettamente cosa prova
Alessandro a vedermi avvinghiata a un uomo che non è lui:
una brunetta in particolare sta analizzando con grande cura
il torace del mio ex, senza troppe cerimonie oltretutto, e per
un attimo penso di intervenire per mettere una distanza di
sicurezza tra le sue unghie rifatte e il corpo perfetto di
Alessandro.
«Ale, ma che bello rivederti. Come stai? Senti qua quanta
150
roba… ti sei dato da fare a Londra, eh?»
Lui sembra stare al gioco, e le risponde in modo malizioso,
ma a un’analisi attenta non posso non notare che il suo
corpo si è irrigidito e, a un certo punto, con estrema
soddisfazione, lo vedo lanciarmi un’occhiata e allontanarsi
con una scusa da quella sciacquetta.
Alzo un sopracciglio e la fulmino con uno sguardo
assassino, prima di riconcentrarmi sulla mia conversazione
con Francesca.
«Hai visto che stronza?» domando alla mia amica,
scuotendo la testa con disapprovazione.
Francesca mi guarda e sorride. «Già, proprio una poco di
buono a provarci in quel modo con un ragazzo single»
sottolinea sarcastica, mentre alza un sopracciglio e mi sfida
a controbattere.
Sollevo le braccia, esplicitando di non voler proseguire il
discorso, e mi alzo per scaricare un po’ i nervi che sento tesi
e pronti a fare qualcosa di stupido.
«Ragazzi, ci siamo tutti? Possiamo andare?» La voce di
Davide suggerisce che è arrivato il momento di mettersi in
macchina per raggiungere il ristorante, e una sensazione di
puro fastidio dilaga dentro di me quando mi rendo conto
che la brunetta parteciperà alla serata e, quel che è peggio,
si sta già avvicinando a grandi falcate alla macchina di
Alessandro, pretendendo di sedersi accanto a lui.
«Chi è quella?» chiedo a Simone, ostentando disinvoltura,
mentre indico la ragazza con un gesto della testa, e lo vedo
sorridere verso di loro. «Ah, scusa, non vi ho presentate. È
Samantha: la tresca di Alessandro prima che partisse per
151
Londra.» Mi lancia uno sguardo significativo e molto
eloquente, che lascia pochi dubbi sul tipo di tresca a cui si
riferisce.
«Avevo capito non fosse un tipo da storielle prima di
partire per Londra» cerco di approfondire, e intanto lancio
una preghiera silenziosa affinché quella non sia stata la sua
ragazza fissa un anno fa.
Simone mi guarda per un attimo, forse si starà chiedendo
che cosa me ne importa delle frequentazioni del suo
migliore amico, ma poi credo si convinca che è pura
curiosità femminile, così saliamo in macchina e mi risponde
tranquillamente. «In effetti non l’ho visto spesso in
compagnia di qualche ragazza. Da quello che so, fino
all’anno prima di conoscerlo aveva una ragazza fissa… credo
fosse ancora innamorato di lei anche prima di partire per
Londra. Anzi, secondo me, pensa ancora a lei ogni tanto. In
ogni caso, anche se raramente, ha avuto qualche piccola
avventura. Samantha farebbe carte false per
accalappiarselo, ma credo non ci sia stato molto tra loro.»
Alzo un sopracciglio e cerco di mordermi la lingua: se
inizio a fare troppe domande, va a finire che lo
insospettisco.
La curiosità però è troppo forte, così cedo al desiderio di
saperne di più. «Credi? Voi uomini di solito non vi
raccontate delle vostre conquiste?» lo provoco e lui sorride,
prendendomi una mano e portandosela alla bocca per
appoggiarci le labbra. «Di solito. Ma Alessandro non è
davvero tipo da vantarsi di cosa combina in camera da letto
con una donna. E neanche io, non più» posa su di me i suoi
152
occhi sinceri e innamorati, cercando di farmi capire quanto
per lui la nostra relazione e l’intimità che condividiamo
siano cose assolutamente private, e io non posso che
sentirmi ancora più colpevole: sto cercando di estorcere
informazioni sul mio ex proprio al mio ragazzo, mentre mi
guarda come se fossi la cosa più importante del mondo.
Complimenti, Gemma.
Gli sorrido per dissimulare la mia frustrazione e guardo
fuori dal finestrino dal lato del passeggero, poi cambio
argomento. «Davide e Ilenia stanno bene insieme, non
trovi?»
Simone ride. «Ecco, al contrario di Alessandro, Davide
racconta per filo e per segno ciò che combina con una
ragazza. Direi che Ilenia gli piace, ma non credo durerà a
lungo.»
«Perché no?» mi informo, curiosa.
«Davide non è davvero l’uomo da una ragazza alla volta»
mi spiega.
«Beh, se è per questo non lo eri neanche tu». osservo
allegra e Simone mi guarda per un attimo. «Già… non lo
ero, ma poi tu mi hai cambiato. Chi lo sa, magari anche
Ilenia riuscirà nell’impresa, però a dire il vero, mi sembra
che anche a lei vada bene così» e alza le spalle
comunicandomi che in ogni caso la faccenda non gli
interessa.
Quando arriviamo al ristorante, inquadro subito
Samantha, accanto ad Alessandro, e mi sfugge un’occhiata
di fuoco, che per fortuna Simone non nota, ma il mio ex la
percepisce chiaramente e alza un sopracciglio verso di me,
153
non capendo il motivo del mio dissenso.
Il gruppo piano piano sta entrando nel locale, ma
Alessandro mi ferma, afferrandomi delicatamente per un
braccio e mi fa segno di seguirlo, indicando con la testa il
parco del ristorante. Lo seguo, fino a che non ci troviamo in
un angolo appartato e pressoché buio, poco lontano da un
laghetto. «Mi vuoi affogare? Non credo l’acqua sia
abbastanza alta» cerco di fare una battuta per smorzare la
tensione, ma lui non sembra farci caso.
Allunga un braccio e mi sfiora una guancia con le dita,
provocandomi un riverbero di eccitazione fino al cuore, che
accelera imperterrito i suoi battiti.
Sento dei brividi proseguire sempre più giù, fino al mio
ventre, dove si espande una morsa di piacere.
«Ti ho vista tesa prima» le sue parole sono come velluto
sulla mia gelosia, ma non bastano a placare la frustrazione
che sento.
«Non mi aspettavo di dover sopportare la vista di quella
brunetta che ti mette le mani addosso» commento, con una
punta di rimprovero, pur sapendo quanto sia
assolutamente fuori luogo.
Alessandro ritira la mano. «Da che pulpito, tesoro.»
Io spalanco gli occhi e lo guardo torva. «Io e Simone
stiamo insieme, è un dato di fatto, e lo sai dal momento in
cui ci siamo ritrovati. Samantha invece è una novità di
questa sera» replico infastidita.
Lui sospira, ma non dice nulla, così lo incalzo. «Ci sei
andato a letto?»
Mi guarda accigliato. «Che differenza potrebbe fare,
154
Gemma? Siamo stati lontani per quattro anni… ti aspettavi
di trovarmi esattamente come mi hai lasciato?»
«Certo che no io… il fatto è che una cosa è sapere che c’è
stata qualcuna, e un’altra cosa è vederselo sbattere in
faccia.»
«Benvenuta nel club» risponde sarcastico, e mi rendo
conto che non posso dargli torto.
«Immagino quindi che la risposta sia sì.» insisto.
Alessandro si passa una mano sul viso, poi mi guarda.
«Sono stato a letto con Samantha due volte, prima della mia
partenza. Non ha significato nulla e certo ritenevo la cosa
conclusa, ma è evidente che per lei non sia così. Non ho
nessun interesse nei suoi confronti, Gemma. Inutile
ripeterti chi vorrei davvero» mi squadra, e l’insistenza dei
suoi occhi sul mio corpo mi fa pensare che forse Simone non
avesse tutti i torti su questo vestito.
«Ci hai pensato?» mi chiede di punto in bianco, e non c’è
bisogno che specifichi a cosa si sta riferendo.
«Dammi del tempo, Ale, ti prego. Non è una decisione
facile» ammetto, anche se so che le mie parole lo feriscono.
Annuisce contrariato e respira rumorosamente prima di
rivolgermi di nuovo lo sguardo.
«Dunque, cerchiamo di fare il punto della situazione:
secondo te, io dovrei stare a guardare Simone che ti ficca la
lingua in bocca, ma non vuoi che qualche ragazza si avvicini
a me… e questo per un tempo indeterminato. Sai invece
cosa faremo? Ognuno continuerà a farsi la sua vita. Io credo
di essere stato abbastanza esplicito nell’esprimerti i miei
sentimenti, quindi perdonami se ora ti invito a fare
155
altrettanto. Prendi una decisione, Gemma. Il tempo passa e
non ho intenzione di aspettare per tutta la vita che tu ti
decida. Sono passati quattro anni, è più di un mese che sono
tornato… credo che tu sappia perfettamente ciò che
desideri, ora non resta altro da fare che ammetterlo con te
stessa» e, detto questo, si avvia nuovamente verso il
ristorante, lasciandomi da sola nel turbine dei miei
pensieri.
156
15.
GEMMA
«Allora, andiamo da me?» mi domanda Simone, poco
dopo essere partiti dal ristorante. Non rispondo subito,
guardo fuori dal finestrino e penso all’espressione dipinta
sul volto di Alessandro mentre mi lasciava da sola, nella
semi oscurità del parco.
Alla fine mi ci sarei buttata da sola in quel laghetto.
Il fatto è che sono consapevole di dover fare una scelta, ma
non sono pronta per questo.
«Gemma? Ti sei incantata?» insiste, e io mi volto a
guardarlo con un sorriso debole.
«Mi stavo addormentando» mento per la milionesima
volta.
Non mi va di andare da lui. Non questa sera, non con
questo stato d’animo.
Grazie a Dio ho un’illuminazione. Mando un messaggio a
Francesca con scritto “chiamami”, e prego tutte le divinità
dei telefoni cellulari che la mia amica lo legga
tempestivamente.
Poco dopo, la suoneria del mio telefono riempie
l’abitacolo.
«Pronto?» fingo di essere sorpresa.
«Dimmi, amica cara» mi risponde serena.
Io faccio una faccia sconvolta. «Calmati. Francesca, cos’è
successo?» recito, sgranando falsamente gli occhi.
«Okay, ho capito il gioco… aiuto, aiuto, ho un assoluto
bisogno di te!» finge, imitando la vocetta stridula di una
damigella in pericolo, e devo sforzarmi per trattenere la
157
risata che minaccia di uscire, ma devo essere convincente.
«Va bene, passo a prendere la macchina e arrivo» le dico,
prima di mettere fine alla conversazione, annotando
mentalmente di dover fare un bel regalo alla mia amica.
«Che succede?» si informa Simone.
«Devo raggiungere Francesca… non so cosa sia successo,
ma sembrava sconvolta» spiego seria al mio ragazzo, il
quale annuisce e contrae la mascella, per nulla entusiasta di
dovermi lasciare a casa.
Mando un messaggio alla mia amica.
158
«A domani, Simone» e ricambio il suo sorriso prima di
uscire dalla macchina.
Non entro in casa: mi avvio direttamente verso la mia auto
e mi ci fiondo dentro, ansiosa di arrivare da Francesca.
159
Danello… e tu che hai deciso di fare?» si informa.
Alzo le spalle. «Questo è il punto: non ho idea di cosa
dovrei fare. Sono consapevole che così non può andare… mi
sto avvicinando sempre di più ad Alessandro, e non voglio
fare qualcosa di cui potremmo pentirci entrambi. D’altra
parte è più forte di me quando siamo insieme» sospiro, non
riesco a finire la frase.
«Quando stai con lui?» mi incita Francesca.
Sospiro sonoramente e lascio liberi i miei pensieri di
uscire dal loro nascondiglio. «Quando sto con lui sento il
cuore esplodere. I brividi si impossessano della mia pelle e
non vorrei nient’altro che lasciarmi andare. È una
sensazione strana: mi sembra di essere così giusta quando
sono accanto ad Ale, lo vorrei così tanto… è bello da far
spavento, ed è stato mio per così tanto tempo che averlo
visto con Samantha questa sera mi ha fatto sentire
espropriata di una parte importante della mia vita» cerco di
spiegare a parole ciò che provo, ma non è facile, e tutto
quello che posso dire per esprimere le mie emozioni mi
sembra riduttivo.
«E Simone?» mi domanda astuta Francesca.
«Simone è un sentimento recente… è un ragazzo che sta
cambiando per me, per essere ciò di cui ho bisogno. Mi
piace quando sto con lui, come stiamo insieme… mi fa
sentire importante averlo accanto» asserisco, guardando
nel vuoto.
La mia amica rimane in silenzio, così continuo a dar libero
sfogo alle mie riflessioni. «Non so, Francesca… mi sento
attratta da entrambi in qualche modo. Simone è il mio
160
presente, l’avventura, l’incertezza, la novità… una
possibilità allettante sotto ogni punto di vista, ma Ale…
Alessandro è il mio porto sicuro, il mio bellissimo passato,
colui che meglio mi conosce su questa terra, esclusi i
presenti, sia chiaro» ci tengo a precisare, e Francesca mi
guarda orgogliosa e soddisfatta.
«Onestamente, Gemma, perché lo hai lasciato, quattro
anni fa?»
Ecco la domanda più temuta, quella che perfino io ho
imparato a non rivolgermi più. «Dopo tutto questo tempo,
non lo so nemmeno io. Era un periodo stressante per me,
per noi… io avevo intrapreso un nuovo cammino, e non ero
sicura ci fosse posto per un ragazzo in tutto questo: c’era
l’università, la voglia di dare il massimo, di concentrarmi
solo su quello… professori nuovi, libri enormi da studiare,
corsi facoltativi a cui volevo assolutamente partecipare.
Accanto a me c’era Alessandro, che premeva per andare a
vivere insieme, che voleva starmi accanto in ogni minima
occasione, che parlava del nostro futuro, del matrimonio…
era arrivato a parlarmi dei bambini che avrebbe voluto.
Tutte cose che adesso mi fanno sorridere, ma che all’epoca
non sopportavo. Mi sentivo soffocare, e più lui mi stava
addosso più io cercavo di prendermi i miei spazi, così alla
fine abbiamo iniziato a litigare. Non ero abituata a discutere
con Alessandro, mi sembrava tutto così diverso da come ero
abituata, così difficile… con il senno di poi è chiaro che avrei
fatto delle scelte diverse, ma a diciannove anni e con tutto
un percorso di studi universitario davanti, le priorità di Ale
non coincidevano con le mie… così alla fine l’ho lasciato.»
161
Lei mi guarda, pensierosa. «Mi ricordo che qualche mese
dopo eri già pentita però… perché non l’hai più contattato?
Questo onestamente me lo sono sempre chiesta anche io»
mi confida.
«Perché? Perché ero una ragazzina stupida e orgogliosa,
ecco perché. Ricordo che quell’anno, a dicembre, per il mio
compleanno, trovai sulla porta di casa una rosa rossa.
Nessuna firma, nessun biglietto. Solo una rosa appoggiata
sulla porta. Non ci voleva molta immaginazione per capire
da chi arrivasse… pensai di chiamarlo per ringraziarlo, ma
alla fine non ebbi il coraggio di scrivergli neanche un
messaggio. Non so perché, credo avessi capito di aver
sbagliato tutto e mi vergognavo così tanto ad ammetterlo.
In questi anni ho sempre pensato a lui, mi sono sempre
chiesta cosa stesse combinando. Quando l’anno scorso ho
saputo per caso che partiva, ho pensato di averlo perso per
sempre» le rammento.
«Sì, ne abbiamo parlato a lungo quando è partito»
conferma Francesca.
«Non avrei mai creduto tornasse. Pensavo fosse partito
per rimanere a Londra, per costruirsi là una vita. Era pur
vero che non lo vedevo da quattro anni, ma in certi casi
capita di convincersi che le cose siano rimaste più o meno
come le si ha lasciate, mi dicevo che prima o poi avremmo
potuto chiarirci, parlare… quando è partito, ho capito che
ormai era troppo tardi, e sono andata avanti con la mia vita,
o per lo meno ci ho provato. Qualche mese dopo è arrivato
Simone, ha saputo corteggiarmi, è stato paziente. Alle
prime uscite gli avevo confidato di aver avuto una storia
162
importante, una storia finita, ma che rimaneva comunque
nel mio cuore… lui ha saputo farsi strada piano piano,
prendersi il suo spazio. Simone è importante per me»
ribadisco, più a me stessa che a Francesca.
«Cara Gemma, non vorrei essere in te in questo
momento.»
«Ho litigato con Alessandro questa sera» butto là, e un
macigno mi schiaccia il cuore al solo pensiero.
«Come mai?»
«Onestamente? Perché ero gelosa. Vederlo con un’altra è
stato… uff. So che è sbagliato, che non ho alcun diritto su di
lui e che è libero di fare le sue scelte, ma il mio cuore non è
d’accordo con tutto questo. Gli ho quasi fatto una scenata, e
lui si è innervosito, giustamente a dire il vero, dato che in
fin dei conti quella che ha un altro sono io.»
«Come siete rimasti?»
Ecco il punto più brutto della serata. «Era così alterato che
se n’è andato senza dirmi nulla… e si è messo a fare il
cascamorto con Samantha. Se penso che questa sera loro
due…» mi muore la voce nella gola, mentre un nodo di
lacrime minaccia prepotente di sciogliersi.
«Ora si spiega il tuo muso lungo durante tutta la sera.
Perché non provi a chiamarlo?» mi invita.
«Sono quasi le due… cosa mai potrei dirgli? E se poi è con
lei?»
Mille dubbi si fanno strada nella mia mente, ma l’idea di
Francesca prende sempre più piede nella nube delle mie
insicurezze.
Lei mi guarda scaltra. «Non è con lei, fidati. Chiedigli se è
163
sveglio, o se è a casa… digli che hai urgenza di parlargli»
lancia proposte a iosa.
«Sai che ti dico? Che hai ragione. In fondo non riuscirei
comunque a dormire… almeno potrò dire di averci provato,
no?»
Francesca si alza e mi abbraccia con slancio. «Sai che ti
invidio?» confessa, e non riesco a capirne il motivo.
«Invidi questa situazione ridicola?» la prendo in giro.
«No. Ti invidio perché sei innamorata… possibile che tu
non te ne renda conto?»
164
16.
ALESSANDRO
Sono arrivato a casa da un po’, ma non riesco a dormire.
Dentro di me ero quasi certo sarei stato io la scelta finale di
Gemma, ma ormai non ne sono più troppo sicuro. Vederla
con Simone è già abbastanza snervante, e sapere che
Gemma vuole tenermi in un angolino a cuccia, è la ciliegina
sulla torta.
Forse ho esagerato questa sera: dopo la discussione con la
mia ex ho fatto lo scemo con Samantha solo per la
soddisfazione di vedere Gemma morire d’invidia e, alla fine,
con il mio comportamento, sono solo riuscito a deluderle
entrambe.
Samantha era convinta che la serata per noi non sarebbe
finita con la cena, ma la realtà è che non avevo nessuna
intenzione di fare sesso con lei, per quanto glielo abbia
lasciato credere.
Non che non sia una bella ragazza: è mora, piccolina, con
tutte le curve al posto giusto e ha due occhi che incantano…
il fatto è che non è Gemma.
Nessuna lo è.
Guardo il soffitto nella semioscurità della mia camera,
mentre vago in punta di piedi tra le mie riflessioni: quando
sono tornato da Londra ero convinto che non avrei mai più
rivisto Gemma, per quanto in fondo ci sperassi. Pochi giorni
dopo però, mio malgrado, la sua relazione con il mio
migliore amico mi è stata sbattuta sotto al naso, ma
neanche in quel frangente ho creduto di potermi avvicinare
a lei di nuovo, per lo meno non come avrei voluto. Il nostro
165
rapporto però, giorno dopo giorno, ha preso una piega
inaspettata e, in breve tempo, ci siamo ritrovati come nel
bel mezzo di un fiume in piena, mentre la corrente ci sta
spingendo sempre più verso la cascata, dalla quale sarà poi
impossibile risalire.
Io mi tufferei con lei.
A dispetto di questi quattro anni, nonostante l’amicizia
con Simone e il male che potremmo fargli, io mi butterei.
Gemma no.
O per lo meno, non ancora.
Sembra che lungo il corso del fiume abbia trovato un ramo
sporgente su cui appigliarsi, ed è là, sospesa, indecisa se
lasciarsi andare o meno. Quanto potrò resistere nella
corrente ad aspettare che lei si decida?
Sospiro e mi giro verso il comodino, dato che la vibrazione
del cellulare ha attirato la mia attenzione: è arrivato un
messaggio da parte di Gemma.
➢ Sei a casa?
➢ Sì, perché?
169
Si guarda intorno ancora per un po’, poi toglie le scarpe.
«Scusa, i tacchi mi uccidono» e io non posso fare a meno di
sorriderle, mentre metto in atto un nostro piccolo, vecchio,
rituale.
«Coraggio, vieni qua» la invito a sedersi sul letto, accanto
a me, e lei si distende con la testa sul cuscino, mentre mi
posa le caviglie sulle gambe attendendo un massaggio alla
pianta dei piedi.
Sorrido di nuovo.
Quando passavamo la notte insieme dopo una serata in
cui lei aveva indossato i tacchi, non vedeva l’ora di potersi
distendere per avere il suo tanto agognato massaggio.
Certo, in quelle circostanze, ero solito usare la mia classica
“seconda cosa” per trarre il massimo vantaggio dalla
situazione. Le poso le dita sui piedi, prima con timidezza,
poi via via sempre con più decisione, e le massaggio la
pianta, facendo pressione in alcuni punti precisi e strategici,
che ricordo ancora alla perfezione, mentre lei sfoggia la sua
espressione serena e rilassata.
«Dio, quanto mi sono mancati i tuoi massaggi» mi
confida, con un tono roco.
«Immagino tu non sia venuta per un massaggio. Vuoi
dirmi perché sei qui nel cuore della notte?» le domando con
dolcezza, senza mai interrompere il contatto con la sua
pelle.
«Avevamo discusso… non volevo addormentarmi con il
pensiero che fossi arrabbiato con me.»
Sospiro sonoramente. «Non sono arrabbiato, solo
frustrato da questa situazione» serro la mandibola.
170
Gemma ritrae i piedi e scivola sul letto, fino ad
accomodarsi accanto a me. «Questa sera ho capito una
cosa…» si interrompe e io la guardo, in attesa.
«Vederti con un'altra mi ha fatto male. Mi ha reso gelosa,
irritabile e…»
«…e?» la invito a continuare.
«E non provo le stesse cose per Simone. So che hai
ragione: dentro di me so chi voglio, io voglio te… ma non
riesco a rompere così con lui. Ti ricordi la settimana scorsa,
quando suo padre è venuto a trovarlo?»
Annuisco, e lascio che prosegua. «Mi ha telefonato quella
notte. Avevano discusso, e mi ha detto che sono l’unica
persona che lo fa andare avanti, l’unica per cui valga la pena
tenere duro gli studi e la sua vita. Che finalmente con me ha
capito quali sono le cose importanti… come faccio io a dirgli
che sono innamorata del suo migliore amico?»
Chiudo per un attimo gli occhi e sospiro.
Non posso fare questo a Simone. Restiamo per un po’ in
silenzio, ognuno assorto nei propri pensieri, fino a quando
una delle cose che ha detto incendia la mia mente, e il mio
amico viene spinto sul fondo della lista delle priorità. «Sei
ancora innamorata di me?» le chiedo, incredulo, senza
fiato.
Gemma in risposta mi sorride e mi accarezza una guancia,
lentamente. «Credo di non aver mai smesso di amarti,
Alessandro.»
La sua bocca è troppo vicina ora, il suo respiro si infrange
deciso contro la mia pelle, e il mio sguardo non riesce a
spostarsi dalle sue labbra morbide e calde, che ricordo fin
171
troppo bene.
Infilo una mano tra i suoi capelli e l’attiro a me,
finalmente, appoggiandomi di nuovo alla sua bocca,
dischiudendola per invaderla con la lingua. Mi sarei
aspettato un attimo di esitazione da parte di entrambi,
invece è stato come riapprodare in un porto ampiamente
conosciuto, il suo tocco, le sue labbra, il suo profumo… tutti
particolari che ho avuto la fortuna di possedere a fondo e
che sento familiari, ma al contempo nuovi, diversi, adulti.
Sento una sua mano risalire lungo il braccio e il sangue nelle
vene si concentra nel punto in cui le sue dita sono passate,
accendendo una scia bollente sotto pelle, ormai troppo
sensibile. Un gemito mi sfugge dalle labbra quando ormai è
chiaro che Gemma non si tirerà indietro e che lo vuole
esattamente quanto me.
Mi scosto appena dalla sua bocca, giusto il necessario per
portare l’attenzione della lingua sull’incavo del collo,
disegnando come un pittore la curva perfetta della sua
spalla, mentre con le mani vago alla lenta ricerca della zip
del suo vestito. Al contatto della mia bocca con la sua pelle
la sento ansimare e le sue mani, avvolte attorno alla mia
nuca, mi pregano di continuare il mio percorso, cosicché
presto arrivo al suo seno, che scopro piano, facendo
scivolare il vestito leggero lungo il suo corpo perfetto. Mi
ferma un attimo, giusto il tempo di sfilarmi la maglietta e
mi attira a sé, alla bisognosa ricerca della mia bocca, della
mia lingua.
Ormai sono in balia della mia eccitazione.
Mi sporgo in avanti, stendendomi sopra di lei, e lascio che
172
le mie mani esplorino il suo corpo, mentre mi accorgo
vagamente di non avere più i pantaloni addosso.
Mi fermo solo per un secondo, accarezzandole con il
pollice il labbro inferiore, ormai leggermente gonfio a causa
dei nostri baci appassionati e la guardo intensamente.
«Prendo la pillola» mi informa, interpretando
erroneamente la mia esitazione.
Le sorrido, restando sospeso sopra di lei. «In realtà volevo
solo chiederti se sei sicura» esplicito, dandole l’ultima
possibilità di uscire dal mio letto.
Lei in tutta risposta mi bacia delicatamente la bocca.
«Non sono mai stata tanto sicura di qualcosa come in
questo momento» e le sue parole segnano la mia disfatta.
Non voglio pensare a Simone, non voglio pensare alle
ripercussioni che avrà questa notte e, se proprio devo
sentirmi in colpa per qualcosa nei confronti del mio amico,
voglio sentirmi in colpa per questo.
Le sorrido e riprendo a baciarla, mentre sgancio il
reggiseno e lo lancio da qualche parte alle mie spalle, poi
riprendo il mio percorso da dove l’ho interrotto, cioè dai
suoi seni, ormai turgidi sotto alle carezze della mia lingua.
Il respiro di Gemma si fa più intenso mano a mano che
sposto l’attenzione sempre più in basso, fino ad arrivare al
culmine quando, senza fretta, raggiungo il suo punto
segreto.
«Ti prego, voglio sentirti dentro di me» la sua voce mi
distrae e alzo gli occhi sopra la linea del ventre, per
incrociare il suo sguardo; ciò che vedo mi toglie il fiato: la
donna che amo completamente pronta per me, con uno
173
sguardo profondo e il petto nudo che si alza e abbassa in
modo frenetico, al ritmo del suo respiro eccitato.
Faccio un sorrisino malizioso e riavvicino il mio volto al
suo, per baciarla ancora e ancora, mentre, lentamente, mi
insinuo dentro di lei.
174
17.
ALESSANDRO
La luce che filtra dai balconi chiusi e illumina debolmente
la stanza mi suggerisce che il mattino è arrivato.
Apro piano gli occhi mentre il ricordo di ciò che è successo
solo poche ore fa mi provoca un sorriso involontario.
Gemma è ancora nuda, tra le mie braccia, appoggia la testa
sulla mia spalla e dorme serena, coperta solo dal lenzuolo.
È stupenda, ma del resto lo è sempre stata. Le accarezzo
piano la pelle nuda, cercando di non svegliarla.
La contemplo per un po’ prima di alzarmi piano,
posandola sul cuscino, per infilarmi i boxer e avviarmi verso
il bagno.
Mentre sto tornando in camera, incontro mia mamma e le
faccio un cenno di saluto, cercando di rimanere più
indifferente possibile, ma lei mi ferma sul pianerottolo.
«Buongiorno, Alessandro.»
Il suo sguardo è indagatore e io reprimo l’istinto di alzare
gli occhi al cielo, mentre indirizza un tacito rimprovero al
mio scarso abbigliamento.
Le sorrido sfoggiando innocenza. «Buongiorno, mamma.
Dormito bene?» e cerco di superarla, ma lei mi blocca la
strada.
«Senti, so che sei grande, che hai una tua vita e certe
esigenze… ma ti pregherei di essere un po’ più discreto
quando ti porti una ragazza a casa» brontola, e io alzo un
sopracciglio, divertito dal suo imbarazzo, mentre cerco di
nascondere il mio sorriso.
Evidentemente io e Gemma non siamo stati silenziosi
175
come anni fa.
Appoggio le mani sulle sue spalle. «Mamma, ti prego, è
una mattinata bellissima, non rovinarmi il momento» la
imploro.
Non sono turbato dal fatto che sappia perfettamente cos’è
successo in camera mia questa notte, anche perché, se
sapesse di chi si tratta, sono sicuro approverebbe.
Lei mi guarda con un’espressione seriosa e io le faccio
cenno di seguirmi. Apro piano la porta della camera,
Gemma è nella stessa posizione in cui l’ho lasciata, così
permetto a mia madre di sbirciare per un momento, in
modo da rendersi conto della situazione, prima di
richiudere la porta.
A quel punto, come prevedibile, la sua espressione cambia
e mi guarda con gioia e approvazione. «Quindi tu… tu e
Gemma…» non conclude la frase, ma non è necessario e mi
abbraccia. «Scusa, io pensavo si trattasse di qualche
ragazzaccia di passaggio» aggiunge sottovoce e io la guardo
con aria di rimprovero. «Ti pare che porterei a casa qualche
ragazza di poco conto, mamma?»
Lei mi guarda e sorride.
Non sento imbarazzo a parlare di certe cose con lei, il
sesso non è mai stato un argomento tabù, e poi vedere me e
Gemma di nuovo insieme credo sia una speranza che non
l’ha mai abbandonata.
«Torna da lei, vi lascerò una bella colazione pronta di
sotto» mi dice, e la seguo con lo sguardo fino a che non
sparisce lungo la rampa di scale.
Faccio un bel respiro e rientro in camera, stendendomi di
176
nuovo accanto a Gemma. So che le cose non si sono
sistemate come per magia e, dopo ciò che mi ha raccontato
ieri di Simone, sono d’accordo sul fatto che non possa dargli
il ben servito così, di punto in bianco. Almeno adesso però
so di essere io la sua scelta, l’uomo di cui è innamorata.
Sono disposto ad aspettare e a ritagliarmi dei piccoli
momenti come quello di questa notte, delle ore segrete solo
nostre, in attesa che le cose si sistemino.
Mi stendo a pancia in su e copro i miei occhi con un
braccio, mentre penso a che razza di amico infame io sia. Mi
concedo però una piccola consolazione, raccontandomi che
tutto questo è per non farlo soffrire, per avere riguardo dei
suoi sentimenti.
Ti scopi la sua ragazza e hai anche il coraggio di
raccontarti che lo fai per lui?
Mi provoca un diavoletto dispettoso, o forse la mia
coscienza, non ne ho idea.
Un movimento a fianco a me attira la mia attenzione.
Scorgo Gemma stiracchiarsi e allungare un braccio alla
ricerca del mio corpo.
«Buongiorno, raggio di sole» le sussurro in un orecchio,
mentre apre gli occhi.
Gemma mi rivolge un sorriso radioso. «Buongiorno…
dormito bene?» si informa.
Le rivolgo un’espressione maliziosa. «Beh, ho dormito
poco a dire il vero… ma quelle poche ore sono state
ristoratrici, grazie. E tu?» la stuzzico.
Poi un attimo di panico. E se Gemma si fosse pentita di ciò
che c’è stato tra noi?
177
«Molto bene» conferma e mi sfiora le labbra con le sue,
dando vita a un bacio casto e dolce.
Restiamo per un po’ in silenzio, forse addirittura
leggermente imbarazzati dalla situazione, ma mi basta
attirarla tra le mie braccia per capire che Gemma è serena,
esattamente come lo sono io.
«Ci sono delle cose di cui dovremmo parlare…» comincia,
interrompendo il silenzio e il momento spensierato.
Respiro lentamente. «Lo so. Però prima andiamo giù a
fare colazione… abbiamo tutta la mattina per parlare»
propongo.
Gemma alza un sopracciglio. «Giù a fare colazione? Cosa
penserà tua madre a vedermi così?» domanda, indicandosi
dalla testa a piedi.
Io rido e mi avvicino sornione, dando una sbirciata veloce
al suo corpo, nudo sotto al lenzuolo. «Beh, non intendevo
certo dire che dovresti scendere nuda… in ogni caso mia
mamma non c’è» sospendo la frase, ma Gemma mi conosce
e sa che avrei voluto aggiungere qualcosa, quindi rimane in
attesa e mi lancia uno sguardo indagatore, spronandomi
tacitamente a continuare.
Sospiro, un po’ a disagio. «Ecco, il fatto è che prima mi ha
fermato in corridoio, brontolando qualcosa a proposito del
fatto che dovrei essere più discreto quando porto una
ragazza a casa. Poi ha visto che eri tu, così il suo
atteggiamento è cambiato: avresti dovuto vederla, era al
settimo cielo. In definitiva, ci ha preparato la colazione e ci
ha lasciato la casa libera» le lancio uno sguardo
significativo, ma so perfettamente che prima di replicare ciò
178
che è accaduto questa notte ci sono delle cose che dobbiamo
chiarire, così distolgo lo sguardo dalle curve del suo corpo,
malcelate dal lenzuolo, e mi alzo dal letto.
«I miei cassetti sono rimasti invariati. Prendi pure una
maglia e un paio di pantaloni… tanto sai dove cercare. Il
bagno è a tua disposizione… ti aspetto di sotto» mi allungo
per baciarle la fronte ed esco dalla stanza.
Quando Gemma fa capolino in cucina, sembra una
bambina che ha indossato i vestiti del papà: ha scelto una
T-shirt chiara alla quale ha arrotolato le maniche fino alle
spalle e un paio di pantaloni corti, che però le arrivano sotto
al ginocchio… è incantevole.
Si ferma sulla soglia della cucina ad ammirare la tavola
imbandita: per esprimere il suo assenso, mia madre ci ha
lasciato pronti caffè per me e thè per lei, dando
dimostrazione della sua buona memoria per le preferenze
culinarie di Gemma, oltre a biscotti, nutella e frittelle
appena fatte.
«Wow» commenta, avvicinandosi senza fretta alla
penisola della cucina.
Le sorrido e le faccio cenno di accomodarsi accanto a me.
Facciamo colazione quasi in silenzio, scambiando solo
poche frasi e qualche carezza, per nulla ansiosi di affrontare
l’argomento spinoso del nostro tradimento nei confronti di
Simone.
Solo una volta conclusa la colazione, e dopo aver
riordinato la cucina, ci sistemiamo sul divano del salotto,
per addentrarci nelle nostre reciproche considerazioni.
Comincio io, precedendo qualsiasi suo ipotetico tentativo di
179
sminuire ciò che abbiamo vissuto insieme la notte scorsa.
«È tutta la mattina che ti osservo, cercando di capire cosa
frulli nella tua testa, ma non sono certo di aver trovato una
risposta. Quello che posso dirti è che sono felice. Questa
mattina mi sono svegliato contento come non lo ero da
troppo tempo, e il solo pensiero del tuo corpo nudo tra le
mie braccia è… impressionante. Non avrei mai creduto di
poterti riavere. Non hai idea di quante volte ho sognato una
notte come questa, e alla fine la realtà ha superato ogni mia
immaginazione…» faccio una pausa e noto che Gemma ha
socchiuso le labbra, pronta a parlare, ma la fermo. «Prima
che tu dica qualsiasi cosa voglio che tu sappia che sono
d’accordo con ciò che mi hai detto questa notte: Simone ha
bisogno di te adesso. Lo dico con la sensazione che
qualcuno mi stia infilando un coltello nel petto, ma la verità
è che anche io tengo a lui, proprio come ci tieni tu. Non
voglio vederlo soffrire, e se questo vorrà dire che dovrò
avere pazienza prima di riaverti solo ed esclusivamente
mia… sono disposto ad accettare questo compromesso»
dico tutto d’un fiato, prima di cambiare idea.
Lei mi sorride e si avvicina per regalarmi un bacio a fior di
labbra. «Non sono pentita di ciò che è successo questa
notte. Lo volevamo entrambi e credo sia giusto… forse il
tempismo non è stato dei migliori, ma non voglio rinunciare
a te… a noi. Simone deve saperlo. Io e te non siamo mai stati
inclini al tradimento… solo ti chiedo del tempo. Lui ha fatto
passi da gigante da quando lo conosco: è maturato, ha
iniziato a studiare… non posso metterlo da parte come un
gioco vecchio» mi spiega, e non posso non ammettere che il
180
suo punto di vista ha un senso.
«Promettimi due cose» le chiedo, e lei rimane in attesa.
«Adesso che ti ho ritrovato, non lasciarmi di nuovo, ti
prego».
Gemma mi sorride. «Non ne ho alcuna intenzione. E la
seconda cosa?» mi domanda con aria maliziosa.
No, raggio di sole, questa volta non devo chiederti una
delle nostre seconde cose. «Non andare a letto con Simone»
la scongiuro.
Lei sgrana gli occhi per un attimo, prima di distogliere lo
sguardo. «Alessandro, non so quanto tempo ci vorrà prima
che riesca a lasciare andare Simone. Già ieri sera ho trovato
una scusa, questa sera si aspetta che dorma da lui… non
posso inventare balle tutte le volte. Cosa potrei mai dirgli?»
Mi alzo e inizio ad aggirarmi per il salotto come un leone
in gabbia. «Che ne so? Digli che hai il ciclo, la candida,
l’herpes… il mal di testa. Non lo usate sempre come scusa
voi, il mal di testa?»
Gemma si alza e mi viene accanto, posandomi le mani sui
fianchi, per calmarmi. «Te lo prometto» mi sussurra, prima
di baciarmi con trasporto, calmando le mie frustrazioni
come un balsamo protettivo.
Le prendo il viso tra le mani e approfondisco l’urgenza di
questo bacio, sprofondando in lei con la lingua, mentre
sento le sue mani che mi attirano a sé, all’altezza dei fianchi.
Si aggrappa al tessuto della maglia che indosso e lo alza,
fino a sfilarmelo completamente dalla testa prima di
buttarlo a terra, e io sorrido sulle sue labbra. «Non credo sia
una buona idea utilizzare il divano… non so quanto mia
181
madre intenda restare fuori e, per quanto sia entusiasta
della tua presenza, non vorrei sfidare la sorte facendomi
trovare nudo sul suo divano in compagnai della mia ex» la
informo ironico, e Gemma ride con me.
«Non dire ex» mi sussurra sulle labbra.
«Mai dire ex» le faccio eco prima di baciarla ancora, poi,
senza aggiungere altre parole inutili, la prendo per mano e
la porto al piano di sopra, nella mia stanza, dalla quale non
usciremo fino a pomeriggio inoltrato.
182
18.
ALESSANDRO
«Buonasera, raggio di sole» rispondo allegro alla
chiamata, non appena vedo il nome sul display del telefono.
«Ciao, traduttore! Com’è andato il primo giorno di
lavoro?» si informa.
«Molto bene. Devo ammettere che Giada è una figa da
paura» la stuzzico, consapevole di infastidirla.
Gemma resta per un attimo in silenzio, prima di
rispondere, e me la immagino con gli occhi stretti in una
fessura gelosa. «Chi è Giada?»
Cerco di trattenere il sorriso. «La segretaria.»
«Bionda?» si informa, e io capisco immediatamente il
motivo di quella domanda: lei sa perfettamente che
preferisco le more.
«Mora.»
«Quanti anni ha?»
Non riesco a trattenere oltre la risata. Mi diverte troppo
questo giochino.
«Che c’è da ridere?» mi domanda.
«Prima cosa: Giada si è rivelata essere la ragazza di una
delle traduttrici con cui lavorerò. Seconda cosa: anche se
fosse stata la mora etero più bella e allettante del mondo,
non avrebbe avuto la minima possibilità di attirare la mia
attenzione, dato che quella è rivolta interamente a te… e se
fossi qui adesso, te ne darei una dimostrazione pratica.»
Sento il suo respiro farsi più intenso, e la mia eccitazione
cresce immediatamente.
Sto per proporle una videochiamata erotica, poi mi viene
183
in mente che ha passato il week end con il mio migliore
amico, e il mio umore scende in picchiata.
«Questa sera vedrò Simone» la informo, consapevole di
buttare una secchiata di ghiaccio tra noi.
Il suo respiro si spezza, dandomi la conferma di aver
rovinato definitivamente il momento. «Vi vedrete al bar?»
Sospiro. «Sì. Mi ha chiesto di andare a prendere un
aperitivo con lui. Sarà la prima volta che lo vedo dopo ciò
che è successo tra noi…»
«Io l’ho visto ieri» mi confessa.
Per un attimo penso di domandarle cosa abbiano fatto, ma
lei mi anticipa. «Abbiamo solo dormito… era un po’
contrariato a dire il vero.»
Un senso di sollievo si espande nel mio petto e un’idea
prende forma. «Questa settimana non riusciremo a passare
del tempo insieme, ma so che questo week end lui tornerà a
Siena… che ne dici di una fuga romantica?» azzardo.
«Dove vorresti portarmi?»
«Sì o no?» insisto, con un sorriso ebete stampato sul viso.
«Certo» risponde, senza nessuna esitazione.
«Bene. Allora ti basterà sapere che venerdì passerò a
prenderti verso le sette e ti riporterò a casa solo domenica,
dato che la sera saremo fuori a cena con la compagnia.
Prepara dei costumi, credo potrebbero essere utili.»
«Signor sì, signore» mi prende in giro e non posso non
notare la felicità nella sua voce.
«Allora non vedo l’ora arrivi venerdì» le confesso
abbassando il tono, lasciando spazio a tacite promesse.
«Davvero non riusciremo a vederci prima?»
184
Sento una nota di speranza nella sua voce.
«Magari potremmo riuscire a passare una serata insieme,
verso metà settimana… a meno che Simone non ti reclami
per sé.»
La mascella si stringe e mi ripeto mentalmente che si
tratta di una situazione temporanea e necessaria per non far
soffrire il mio migliore amico.
Gemma resta in silenzio, poi sembra dare voce al mio
pensiero. «Come riusciremo a non fargli del male?»
«Magari potresti allontanarti a poco a poco… Simone non
è scemo, e tantomeno paziente. Se riuscissimo a fare in
modo che sia lui a lasciare te…» ma non riesco a finire la
frase.
Sto pilotando la relazione del mio migliore amico mentre
mi porto a letto quella che lui considera la sua ragazza.
Credo che questo sia l’atteggiamento più amorale che abbia
mai sperimentato in vita mia, ma è più forte di me: bramo
Gemma, la voglio.
Ci siamo sempre appartenuti, in fondo,
indipendentemente da come andranno le cose, anche se
dovesse voler dire rinunciare per sempre all’amicizia di
Simone.
«Potrebbe essere un’idea.» Gemma interrompe i miei
pensieri.
Mi passo una mano in viso, come per cancellare il senso
di colpa, ma invano. «Devo salutarti ora: mi faccio una
doccia e vado all’appuntamento con Simone» l’avviso,
desideroso di cambiare argomento.
«Va bene, Ale… ti… ci sentiamo più tardi» la sua voce
185
trema, e io sospetto di aver immaginato correttamente la
parola che avrebbe voluto pronunciare dopo quel “ti”
lasciato in sospeso, ma fingo di non farci caso e sono lieto si
sia fermata. La prossima volta che dirà la frase al completo
voglio che non sia per telefono, ma accanto a me, e spero
con tutto il cuore che sancisca il momento in cui potremo
vivere davvero la nostra storia.
«Certo, ti scrivo appena arrivo a casa.»
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estremamente consapevole e sta cercando di prendere
tempo per gestire questa situazione inverosimile, facendo
meno vittime possibili.
Quando finalmente parcheggio fuori dal bar e vedo
Simone seduto spensierato a un tavolino esterno, mi lascio
sfuggire un sospiro rumoroso, mentre sento il senso di
colpa appoggiarsi pesantemente sui miei pensieri.
«Ehi, Ale: sei sparito il week end scorso. Troppo
impegnato con Samantha?» mi domanda allegro, mentre
mi avvicino controvoglia e cerco di sfoggiare un sorriso più
finto delle banconote del Monopoli.
In realtà ero impegnato a far godere la tua ragazza.
«No. A dire il vero, un’altra mora ha attirato la mia
attenzione…» rispondo vago e, sperando non voglia
approfondire la questione, cerco immediatamente di
cambiare argomento. «Guardiamo l’Italia insieme domani?
Gioca contro la Francia, se non sbaglio» butto là, mentre
accendo una sigaretta per dissimulare il mio nervosismo.
«Certo. Tanto negli ultimi giorni Gemma non sembra
avere troppa voglia di stare con me» sgancia
innocentemente quell’informazione, e io sento delle
goccioline fredde scendere lungo la mia fronte. «Perché dici
così?»
Simone alza le spalle. «Nell’ultima settimana l’ho sentita
distante e, detto tra me e te, negli ultimi giorni la nostra
relazione si è raffreddata parecchio…» mi lancia uno
sguardo allusivo, ma faccio finta di non capire.
«In che senso?»
«Nel senso che ogni scusa è buona per non fare sesso» mi
187
confida, senza nascondere la nota di dissenso nella sua
voce, e non posso impedirmi di pensare a come in realtà alla
sua ragazza sia piaciuto un sacco fare l’amore negli ultimi
giorni, mentre inopportune immagini poco caste di Gemma
riempiono prepotentemente la mia visuale. Cerco di
scacciarle mentre decido in fretta come rispondergli:
sarebbe meglio rassicurarlo, oppure infierire?
«Le ragazze hanno spesso momenti del genere. Sei
davvero sicuro di volerti impantanare con una ragazza sola?
Prima di Gemma avevi molte meno complicazioni, no?»
Infame, mi dico.
«Sì, avevo molte meno complicazioni… ma averla accanto
mi piace, mi dà sicurezza… spero solo non mi stia tradendo
con qualcuno» e, a questa sua preghiera silenziosa, mi si
gela letteralmente il sangue.
Aspiro a lungo dalla mia sigaretta e ordino al cameriere
uno spritz con Aperol.
«Quindi domani Italia?» cerco di riportare l’attenzione di
entrambi nell’ambito calcistico, perché davvero questa
conversazione non la posso reggere.
«Va bene. Vieni un po’ prima, ci ordiniamo una pizza»
propone, prima di chiedermi com’è andato il mio primo
giorno alla Traslation Italy.
Parliamo ancora per un po’ del lavoro e della sua
specializzazione che dovrebbe terminare verso novembre.
«Da fine anno sarai specializzato, tuo padre ti rivorrà a
Siena…» azzardo, sperando, per la prima volta da quando ci
conosciamo, che se ne vada da Milano.
Vedo Simone sospirare. «Già, ma non credo gliela darò
188
vinta. Volevo proporgli di aprire una filiale a Milano…
sarebbe un bel colpo per l’azienda, e io potrei vivere la mia
vita lontano da lui, pur seguendo le sue orme. Senza contare
che non dovrei chiedere a Gemma di seguirmi a Siena.
Glielo proporrò sabato.»
Sento la pelle d’oca praticamente ovunque: Gemma
lontana da Milano? Da me?
Non esiste.
Grazie a Dio non accetterebbe mai di trasferirsi assieme a
lui… ma non faccio commenti, cosa potrei mai dire?
«Ti vedo distratto questa sera…» osserva.
Penso in fretta a una scusa valida. «Davvero? Credo tu
abbia ragione. Sento molto la pressione di questa prova alla
Traslation Italy. È sempre stato un sogno nel cassetto, non
credevo davvero di poterlo raggiungere» e, per una volta,
riesco a completare una frase senza riempirlo di bugie.
«Alessandro, tu a differenza nostra farai cose grandi nella
vita. Hai sempre avuto le idee chiare e hai lavorato tanto per
arrivare dove sei ora… potrei scommettere il patrimonio di
famiglia che non si faranno scappare uno come te» e questa
sua considerazione sincera e lusinghiera non può che farmi
sentire ancora peggio di come mi sono sentito fino a trenta
secondi fa.
Dobbiamo mettere fine a questa farsa il prima possibile.
«Simone, ti assicuro che non sono destinato a cose grandi.
Faccio le mie cazzate, esattamente come tutti… anzi, forse
peggio degli altri» lo guardo per un attimo rassegnato, e il
mio amico ricambia con un’occhiata interrogativa.
«È successo qualcosa?»
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«No. No, niente in realtà. Il fatto è che ho rivisto la mia
ex» gli confesso, e me ne pento immediatamente: che cazzo
sto facendo?
«Il tuo grande amore?» approfondisce, incuriosito.
«Già… ma ha un altro.»
Taglia il discorso, Alessandro. Ti stai addentrando in un
terreno pericolosissimo.
Lui alza un sopracciglio. «E perché pensi di essere peggio
degli altri?»
Merda, mi sono ficcato in un casino di dimensioni
colossali. «Me la sono portata a letto» sgancio la bomba.
Per un attimo mi sembra di togliermi il peso della mia
colpa dal petto, come se gli avessi appena confessato la
verità, ma l’illusione dura solo un attimo, dato che adesso
Simone se la sta ridendo di gusto: non la prenderebbe di
certo così, se sapesse che sto parlando di Gemma.
Alzo un sopracciglio, perplesso, e Simone mi spiega il suo
punto di vista. «Vedi? Te l’avevo detto che sei migliore di
tutti noi: hai praticamente riconquistato la donna che ami
da una vita e invece di esserne felice, ti fai sensi di colpa per
il fatto che non sia libera.»
Sto parlando di Gemma, imbecille.
Lo guardo storto per un attimo, ma decido di mordermi la
lingua prima di dire cose di cui senza ombra di dubbio mi
pentirei amaramente.
Lui guarda distrattamente il cellulare, sentendolo
suonare. «Cazzo, mio padre mi sta cercando… vuoi vedere
che mi chiede di rientrare prima di venerdì?»
Credo di aver spalancato gli occhi, come se quella potesse
190
essere davvero una bella notizia e, per fortuna, il mio amico
sta fissando lo schermo, indeciso se rispondere o meno.
«Non rispondi?» gli chiedo.
«No, lo richiamerò più tardi» decide, prima di silenziare
il cellulare, poi rivolge nuovamente la sua attenzione verso
di me. «Per quanto riguarda la tua bella: non farti sensi di
colpa. Se vi siete incontrati di nuovo evidentemente un
motivo ci sarà… e se lei ti vuole ancora, beh, non hai di che
sentirti responsabile.»
«La fai semplice…»
Simone alza le spalle. «È semplice» mi corregge.
Finisco il mio spritz e guardo l’orologio: è quasi ora di
cena.
«Simo, vado. Con tutto il traffico che c’è a quest’ora, sono
già in ritardo. Ci vediamo domani… e fammi sapere cosa
voleva tuo padre.»
«Contaci. Ci sentiamo» mi saluta, sfilando di nuovo il
telefono dalla tasca.
191
19.
ALESSANDRO
«Allora, dove andiamo?» mi domanda Gemma non
appena usciamo da Milano.
Le lancio un’occhiata furba. «In un posto che conosci
molto bene.»
La guardo mentre riflette su questo indizio, ma so che è
solo questione di tempo: appena si renderà conto che sto
guidando verso la Liguria, capirà esattamente dove siamo
diretti.
La radio in sottofondo riempie il silenzio rilassato che si è
creato dentro l’abitacolo, mentre Gemma cerca la mia mano
per intrecciare le dita alle sue.
«Simone è intenzionato a dire a suo padre che vuole
rimanere a Milano…» la informo a un certo punto.
Gemma annuisce. «Lo so… ma, se quello che dice di suo
padre è vero, non sarà così semplice convincerlo» non
posso non notare la speranza che trapela dalla sua voce.
«Vorresti che tornasse a Siena?» le chiedo.
«Vorrei solo non creare problemi tra voi… se si
allontanasse sarebbe più facile.»
«Simone ha delle buone argomentazioni da presentare a
suo padre… non credo sia così scontato il finale di questa
faccenda.»
Restiamo per un po’ in silenzio, poi Gemma avanza una
richiesta. «Posso chiederti una cosa?»
La guardo curioso. «Tutto quello che vuoi.»
«Lasciamo da parte Simone, almeno fino al nostro
ritorno» mi propone.
192
Alzo un sopracciglio. «Non è per contraddirti, ma
conoscendolo ti chiamerà almeno tre volte al giorno. Come
potremmo fare finta che non esista?»
Gemma sbuffa. «Riformulo: a parte le chiamate, alle quali
dovrò rispondere altrimenti si insospettirà e potrebbe
cercarmi a casa, lasciamo da parte tutta questa situazione e
godiamoci il nostro week end.»
Le sorrido e mi sporgo per un attimo verso di lei, in cerca
di un contatto veloce con la sua bocca. «Ne ho tutte le
intenzioni» le confesso, dando un’evidente sbirciata nella
sua scollatura prima di riportare la mia attenzione sulla
strada davanti a noi.
«Beccato! Ho capito dove stiamo andando…» annuncia
poco dopo.
«Davvero? E dove, saputella?»
Non si lascia intimidire e risponde con sicurezza.
«Liguria, Cinque Terre, precisamente a casa di mia sorella»
mi sfida a controbattere, con un’espressione assolutamente
fiera per la sua deduzione.
«Esatto» ammetto sconfitto.
«Hai chiesto la chiave a Luca?» si informa.
«Sì, la settimana scorsa. È là che sono andato per qualche
giorno… non gli avevo ancora restituito le chiavi, così gli ho
chiesto se potevo tenermele fino a lunedì e lui ha
acconsentito senza problemi. A questo punto dovrei
avvertirti che ha capito immediatamente a cosa mi servisse
la casa questo week end, ma gli ho chiesto di non dire nulla
a Giulia, poiché gliene avresti parlato tu, appena l’avresti
ritenuto opportuno» le spiego.
193
Lei alza un sopracciglio. «Quindi Luca sa di noi?» mi
chiede.
«Ti infastidisce che lo sappia?»
«No, cioè… l’avrei di sicuro detto a Giulia, ma avrei
preferito chiarire con Simone prima di far sapere a tutti che
tra me e te le cose sono tornate come un tempo» mi spiega.
«Beh, tua sorella e Luca non sono “tutti”» puntualizzo.
«Aggiungi i miei alla lista. Quando prima mi hanno
chiesto dove andassi per l’intero week end, ho ammesso che
non sarei stata con Simone, così hanno capito
perfettamente chi sarebbe stato il mio compagno di
viaggio.»
«E non ti hanno detto che non era il caso di scappare con
il tuo ex?»
«Ma tu non sei il mio ex» afferma decisa.
«Giusto, dimenticavo: mai dire ex.»
«Nel nostro caso, mai» mi sussurra in un orecchio prima
posare le sue labbra sulla mia guancia.
194
possibile.
«Ciao, piccola. Ti chiamo al volo, perché mio padre ha
organizzato una cena a sorpresa con il consiglio di
amministrazione» le spiega, per nulla rallegrato dall’idea.
«Mi spiace… immagino il divertimento.»
«Sei in macchina?» chiede, con tono leggermente
contrariato.
Gemma mi lancia un’occhiata e inventa una scusa. «Sto
tornando a casa. Ero da mia sorella» mente, con una
smorfia sofferente.
«Capito. Domenica ti fermerai da me?» insiste, e la sua
voce appare stanca.
Gemma tentenna prima di rispondere, così Simone si
spazientisce. «Cazzo, Gemma, si può sapere cose c’è che
non va in questo periodo?»
«Niente, perché?» chiede, fingendo di non capire.
«Mah, non saprei… magari perché non hai più voglia di
stare con me. Dicono non sia esattamente un buon segno
questo, soprattutto all’inizio di una relazione» risponde
alterato.
«Senti, Simone, magari se tu smettessi di pensare sempre
e solo al sesso, le cose potrebbero andare meglio, non
trovi?» si altera, e per un momento vorrei non assistere a
questa conversazione.
Sta prendendo una piega intima, e ascoltare Gemma che
parla con un altro uomo di sesso... beh, potrei diventare
matto.
Il mio amico brontola qualcosa, ma a tono troppo basso
perché io possa sentire.
195
«Cresci, Simone, per l’amor di Dio. Buona cena, ci
sentiamo domani». interrompe la conversazione e se ne sta
in silenzio per qualche istante prima di rivolgermi la parola.
«Mi spiace che tu abbia dovuto assistere a questa
chiamata» mi dice infine.
«Ti sembra che Simone cerchi da te solo il sesso? Perché
credimi, non è così. E lo dico a malincuore… sarebbe tutto
più semplice se tu fossi solo questo per lui» ammetto.
«Lo so. Però, obiettivamente, è questa l’impressione che
dà… di giorno in giorno diventa sempre più insistente da
questo punto di vista.»
Stringo la presa sul volante al solo pensiero di Simone che
ci prova con Gemma.
«Facciamo così, Gemma: quando ti chiamerà, in questi
giorni, mi allontanerò da te. So che abbiamo deciso insieme
di temporeggiare con lui, ma ascoltare le vostre chiamate
private è davvero troppo. Voglio godermi questo week end
senza pensare ogni fottutissimo minuto quanto non sia
giusto tutto questo» le dico deciso, e Gemma mi posa una
mano sulla gamba.
«È giusto invece. Ale, guardami… quello che sentiamo
l’uno per l’altra è la cosa più giusta che potessimo provare.
Anche se non ci fossimo incontrati di nuovo, Simone non è
l’uomo giusto per me, come io non sono la donna giusta per
lui. Non l’avevo capito fino a qualche giorno fa… adesso non
resta che aspettare che se ne renda conto anche lui.»
Le sorrido appena, annuendo con poca convinzione,
sospiro e continuo a guardare la strada davanti a noi.
Alzo di nuovo il volume della radio e cerco di rimettere
196
ordine tra i miei pensieri, deciso a scrollarmi
definitivamente il pensiero di Simone dalla mente, almeno
fino a che non risaliremo in macchina in direzione di
Milano.
197
un’ammissione del fatto che fino a quattro anni fa non ci
sapevo proprio fare» cerco di approfondire.
«Oh, no. Anche anni fa non eri male. Dico solo che, dopo
quasi un decennio, sei diventato davvero perfetto…»
«Lo prenderò come un complimento, allora. Tu invece mi
hai sempre tolto il fiato.»
La stringo a me e chiudo per un attimo gli occhi, mentre
mi concentro solo sul tocco delle sue esili dita sul mio petto,
e poi più giù, lente, fino ai miei addominali.
«Anche qui c’è tanta roba… sei sicuro di non aver fatto un
patto con il diavolo?» mi chiede maliziosa.
«Nessun patto… e, per sottolineare l’ovvio, se vorrai tutta
questa roba sarà sempre e solo tua» le sussurro in un
orecchio, e lei mi stringe impercettibilmente a sé. «Affare
fatto.»
198
prima, senza dire una parola.
«Gli hai detto che vi vedrete direttamente questa sera al
bar?» mi informo.
Secondo i programmi doveva rientrare a Milano solo
lunedì mattina.
«No. Alle sette sarà da me» mi spiega, e una moltitudine
di scenari intasa la mia mente.
Non deve scoprirlo così, per nessun motivo.
«Digli sette e mezza. Per le sei e mezza dovremmo essere
a casa tua, ma basta un po’ di traffico e siamo fregati.»
«Il ritrovo al bar è alle sette e mezza» mi fa notare.
«È vicino a casa tua, non tarderete poi molto» le rispondo.
«E tu?» mi domanda.
La guardo per un attimo. «E io cercherò di arrivare prima
di te, altrimenti verrò direttamente al ristorante e mi
inventerò una scusa.»
Sembra un buon piano, non mi resta che sfrecciare verso
Milano.
199
20.
GEMMA
Grazie all’intercessione di qualche divinità, riesco ad
arrivare a casa dieci minuti prima delle sette. Scendo al volo
dalla macchina di Alessandro e mi affretto verso la mia
camera, salutando a malapena mia madre, in cucina intenta
a preparare la cena.
Faccio la doccia alla velocità della luce e indosso un
vestitino nero con un paio di sandali argentati. Metto un po’
di spuma sui capelli ancora bagnati e lascio che si
asciughino da soli, tanto con questo caldo non ci
metteranno molto. Sto finendo di sistemare il trucco,
quando mia madre fa irruzione nel bagno.
«Ti sei divertita questo week end?» mi chiede, con un tono
apparentemente cordiale, ma non posso evitare di notare
una nota di dissenso nella sua voce.
La guardo per un attimo. «Non fare quella faccia,
mamma. Stiamo solo aspettando il momento giusto per non
farlo soffrire… è una storia lunga» cerco di tagliare corto.
«Sei abbastanza grande per fare ciò che ritieni giusto,
Gemma. Solo non cercare di tenere il piede in due scarpe...
perderai entrambi. Fai la tua scelta alla svelta» mi avverte.:
«Ho già fatto la mia scelta. Solo che le cose non sono poi
così semplici. Fidati di me, d’accordo? Abbiamo solo
bisogno di un po’ di tempo.»
Lei scruta per un attimo la mia figura. «Sei bellissima,
tesoro. Hai un aspetto radioso.»
Alzo le spalle. «Sono felice» ammetto semplicemente.
Il suono del campanello ci interrompe, così bacio mia
200
mamma su una guancia e mi avvio giù per le scale, uscendo
alla svelta di casa.
«Sette e un quarto…» faccio notare a Simone prima di
regalargli un bacio a stampo, per mettere in evidenza la mia
bravura nell’essere pronta con addirittura un quarto d’ora
di anticipo.
«Lo so, avevamo detto alle sette e mezza, ma non mi piace
fare tardi» mi ricorda, poi aggiunge un’osservazione a cui,
come un’ebete, non avevo proprio pensato. «Sei
bellissima… e abbronzata. Hai preso il sole in questi
giorni?»
Sì, da una bellissima barca, insieme al tuo migliore
amico, dove ovviamente abbiamo anche fatto l’amore.
«Oggi sono stata in piscina con Francesca… per quello ti
avevo chiesto di arrivare un po’ più tardi» mento
spudoratamente, ma Simone sembra soddisfatto della
risposta.
«Abbronzata sei ancora più bella» afferma, mentre i suoi
occhi indagatori si fissano per un attimo sulla mia pelle
nuda.
Prendo il telefono e mando un messaggio telegrafico a
Francesca, con scritto che io e lei oggi siamo state in piscina
insieme; sono consapevole che vorrà spiegazioni a tal
proposito, e so perfettamente che con Alessandro avevamo
stabilito di tenere per noi il nostro riavvicinamento, ma
d'altronde qualcosa dovevo pur inventarmi, e dirgli che
avevo preso il sole da sola in giardino non sarebbe stato
credibile.
Appena arriviamo al bar, noto con piacere che Alessandro
201
è riuscito ad arrivare in tempo e l’irritante Samantha è già
ancorata al suo fianco. Cerco di ignorare quella fastidiosa
presenza, e mi concentro su di lui: indossa un paio di jeans
chiari e una camicia bianca a maniche corte.
Per un attimo la vista dei suoi bicipiti nudi e abbronzati
mi fa venire le vertigini: se penso che questa mattina mi
sono svegliata tra le sue braccia, non posso fare a meno di
sentire la pelle bruciare per l’impazienza di riavere il suo
corpo vicino.
«Ciao, ragazzi» saluta Simone, dando qualche pacca sulla
spalla agli amici più stretti, fino ad arrivare vicino ad
Alessandro, che lo saluta con disinvoltura, calcolandomi
appena.
Non mi piace questa situazione: so che si comporta così
per non destare sospetti, ma ho bisogno di incrociare il suo
sguardo innamorato per sapere che non è cambiato nulla
rispetto a un’ora fa.
Purtroppo non faccio in tempo a cercare i suoi occhi, che
una furia bionda arriva alle mie spalle e mi chiede di
accompagnarla alla toilette: è arrivata Francesca, che mi
trascina per un braccio salutando a malapena i presenti.
«Spiega immediatamente cos’è questa storia della
piscina» mi pungola senza troppe cerimonie, subito dopo
essersi accertata che nei bagni non ci sia nessun orecchio
indiscreto.
«Ciao anche a te, Francesca» dico sarcastica.
«Sì. Sì, come ti pare. Allora? Se devo reggerti il gioco,
almeno vorrei sapere cosa sta succedendo» mi rimprovera,
ma non siamo nel luogo adatto a una confessione, dato che
202
qui tutti conoscono Alessandro e Simone, e lasciare che
qualcuno senta anche solo qualche parola del discorso è
troppo rischioso.
Prendo il mio telefono dalla borsa e scrivo velocemente
“Io e Ale siamo stati in Liguria questo week end. Ti
spiegherò, ma non adesso” e glielo passo, facendole segno
di non commentare a voce alta.
Francesca sgrana gli occhi e mi ripassa il telefono, poi,
appena realizza, allarga la bocca per lo stupore e inizia a
saltellare come una ragazzina. Poi mi abbraccia.
«Per fortuna ho preso davvero il sole questo week end»
commenta divertita. «Sono davvero contenta per te, anzi,
per voi. Sappi però che non te la caverai così: domani
mattina mi racconterai tutto» mi avvisa, sfoggiando
un’espressione che non ammette repliche.
Annuisco e la spingo fuori dal bagno.
«Ehi, piccola, stavo venendo a cercarti… stiamo per
partire» mi spiega Simone, venendomi incontro, prima di
rivolgere l’attenzione alla mia amica. «Francesca, sali con
noi?»
«Sì, grazie» risponde lei cordiale.
Andando verso la macchina, mi rendo conto che
Samantha è salita nuovamente con Alessandro, e devo
reprimere a fatica l’impulso di aprire la portiera della BMW
per trascinarla fuori da quell’auto per i capelli.
Finalmente però gli occhi verdi di Ale calamitano i miei, e
per un breve istante cerca di rassicurarmi tacitamente,
indirizzandomi un occhiolino prima di sparire con la serpe
velenosa dietro ai vetri scuri della sua auto.
203
Francesca mi assesta una gomitata prima di salire in
macchina, perché evidentemente sono rimasta ferma a
fissare la BMW allontanarsi dal parcheggio.
«Tutto bene?» si informa il mio ragazzo, non appena mi
accomodo sul sedile accanto a quello di guida.
«Sì. Sì, tutto a posto. Dove andremo a mangiare?» cerco
di cambiare discorso.
«Da qualche parte a Cologno… vi siete divertite oggi in
piscina, Francesca?» la sua domanda stride un po’, e per un
attimo il dubbio che sospetti qualcosa mi assale, ma cerco
di ignorarlo e ostento indifferenza.
«Certo. C’era un po’ troppa gente forse, e avrei ucciso
alcuni ragazzini dopo l’ennesima volta che il loro pallone ci
è arrivato addosso, ma almeno siamo riuscite a prendere un
po’ di sole» snocciola informazioni inventate con una
naturalezza tale che per un attimo ho pensato perfino io di
essere stata davvero con lei oggi, e Simone si rilassa,
ridendo alla battuta di Francesca.
«Quei ragazzini la tiravano apposta la palla nella vostra
direzione» ci spiega, e la mia amica sgancia qualche altra
battuta su aneddoti inventati di sana pianta o riciclati da
episodi accaduti anni fa.
Entrando nel ristorante, noto che le ragazze si sono
accomodate da una parte del tavolo, mentre gli uomini
fanno branco dalla parte opposta. Controvoglia mi avvio
verso un posto libero, consolandomi con l’idea che almeno
non sarò costretta a subirmi l’immagine di Samantha
avvinghiata ad Ale per tutta la sera. Sto per sedermi quando
Francesca mi ruba letteralmente il posto, facendomi scalare
204
verso destra, cioè verso la parte del tavolo occupata dai
ragazzi, e allora capisco: accanto a me scorgo una sedia
vuota, e la figura di Alessandro che si affretta a occuparla
con tutti i suoi muscoli perfetti. Mi volto verso la mia amica
e noto che mi sorride furba, mentre una mano si appoggia
sensualmente sulla mia coscia, sotto al tavolo, facendomi
sussultare. Tutte le mie terminazioni nervose si mettono
sull’attenti: è strano come le dita di Alessandro siano così
familiari… le riconoscerei senza nessuna esitazione anche
in una stanza buia, piena di mani simili alle sue.
Il tocco e la fermezza delicata dei suoi polpastrelli sulla
mia pelle è unico, e il modo in cui adesso si muove
silenzioso sulla mia coscia, mentre conversa amabilmente
con qualcuno alla sua destra, devasta il mio raziocinio.
Involontariamente allargo un poco le cosce, mentre lo
guardo schiva da sotto le ciglia, e un piccolo sorriso
soddisfatto si disegna sul suo viso, ma scompare subito,
mentre continua la conversazione con Marco.
«Sei rossa come un peperone» mi avverte in un sussurro
Francesca, e accavallo d’istinto le gambe, come risvegliata
improvvisamente da un sogno erotico, attirando per un
attimo l’attenzione di Alessandro, che allontana la mano e
mi guarda in modo interrogativo.
Prende il cellulare e, poco dopo, la mia borsetta vibra.
Avvampo.
205
D’istinto vorrei girarmi a guardarlo negli occhi, invece lo
ignoro, sapendo perfettamente che uno scambio di sguardi
tra noi attirerebbe attenzioni curiose.
➢ Illuminami.
207
Ben presto arriva la fine della serata, e l’insistenza con cui
Simone cerca di portarmi a casa sua mi risulta irritante.
All’ennesimo “piccola, andiamo?”, noto la mascella di
Alessandro contrarsi per il fastidio e il suo sguardo saettare
minaccioso verso il suo migliore amico.
Per un attimo temo che possa saltargli al collo, ma poi
vedo che inspira sonoramente e rilassa i muscoli delle
braccia.
Questa situazione non potrà durare a lungo… dobbiamo
trovare una soluzione alla svelta.
Nel frattempo Simone è in attesa che mi decida a seguirlo,
non posso temporeggiare oltre, così gli sorrido e mi affretto
accanto a lui, che mi bacia possessivamente sulle labbra,
prima di salutare i presenti. Vorrei guardare nella direzione
di Alessandro, ma non ne ho il coraggio, così mi volto verso
la macchina a testa bassa e ci entro senza dire una parola.
«Finalmente ti ho tutta per me» sussurra, una volta
accomodato in auto, con un tono lascivo e carico di
promesse.
Gli sorrido, ma non riesco a controbattere.
Vorrei inventarmi un’altra scusa, il solo pensiero di fare
l’amore con Simone mi rende inquieta, sporca, infedele
verso Alessandro… ironico, no? Eppure è così e,
indipendentemente da come andrà la notte, non vedo l’ora
arrivi domani.
208
21.
ALESSANDRO
Mi giro e rigiro nel letto senza riuscire a dormire.
L’immagine di Simone che bacia Gemma prima di farla
salire in macchina per portarla a casa sua continua a
invadere la mia mente, procurandomi uno strano senso di
nausea, facendo risalire la bile nell’ esofago.
Ormai è quasi mattino, e non posso fare a meno di pensare
a ciò che dev’essere successo questa notte. Conosco molto
bene Gemma, e la sua espressione rassegnata di ieri sera la
dice lunga sulla sua determinazione di resistere al mio
amico. Sospiro sonoramente e mi giro per l’ennesima volta
tra le lenzuola, cercando di scacciare dalle mie orecchie quei
gemiti di piacere che conosco fin troppo bene, e che questa
notte non sono stato io a udire.
Vorrei chiamarla, ma dovrò aspettare che sia lei a farsi
viva, appena non sarà più con lui. Con ogni probabilità non
la sentirò per tutto il giorno, questa sera saremo di nuovo
fuori con la compagnia e dovrò sopportare le maledette
mani di Simone sui suoi fianchi, sul suo culo, e le loro
bocche che si toccano.
Mi giro ancora, questa volta guardo il soffitto: so che sono
stato d’accordo con Gemma sull’idea di aspettare, ma non
potrò resistere ancora a lungo in questa situazione.
Lei è mia. Mia e di nessun altro.
Allungo una mano e cerco il cellulare nella penombra del
comodino, lo afferro e illumino lo schermo, controllando le
notifiche, nella remotissima ipotesi che Gemma mi abbia
scritto.
209
No, ovviamente.
Sospiro ancora e scaccio le lenzuola di lato.
Fanculo, mi alzo.
Tanto stare a letto è inutile.
Scendo in cucina, ma ho lo stomaco chiuso e non ho
nessuna voglia di fare colazione. Esco in veranda e tento di
calmare i nervi con una sigaretta… anzi, due.
Con una piccola sfumatura di piacere, noto che il tabacco,
unito alla fresca brezza di questa mattina, riesce a calmarmi
un po’.
Un rumore alle mie spalle mi desta, e mi giro di scatto: è
mia madre che si siede accanto a me, con il suo caffè in
mano.
«Buongiorno» saluta cordiale.
«Buongiorno.» Il mio tono non è esattamente allegro, e lei
tira le somme di ciò che può essere successo.
«Problemi con Gemma?» si informa, con un cipiglio così
controllato che credo le sembri di camminare su dei vetri
rotti.
Sospiro e guardo di fronte a me, senza fissare un punto
preciso. «Sì. Cioè, no. È la situazione in cui ci troviamo il
problema.»
«Come l’ha presa Simone?» mette a segno una
provocazione.
La guardo storto e non rispondo.
«Non sarai mai felice nella situazione del terzo
incomodo…» mi avverte.
«Non è nelle mie intenzioni, infatti. In realtà stavamo solo
prendendo tempo, per non farlo soffrire, ma ad oggi mi
210
sembra di essermi scavato la fossa» ammetto rassegnato.
«Digli la verità. Con il tempo capirà…» mi consiglia,
saggiamente.
Le rivolgo un sorriso amaro. «Cosa capirà di preciso? Che
l’ho preso per il culo per quasi due mesi? Avrei dovuto dirgli
la verità quella maledetta sera in cui mi ha presentato la sua
ragazza.»
«Quindi adesso che farete?» mi domanda.
Mi accendo un’altra sigaretta. «Non lo so. So solo che
dobbiamo trovare una soluzione alla svelta.»
Restiamo per un po’ in silenzio, poi decido di rientrare per
farmi una doccia, sperando di riuscire a lavare via, almeno
in parte, la mia frustrazione.
Non ho notizie di Gemma per quasi tutto il giorno, ma per
fortuna il lavoro riesce a distrarmi un po’: solo a metà
pomeriggio, poco dopo essere uscito dal mio ufficio, sento
la suoneria del telefono, e mi affretto a rispondere.
«Ciao» esordisco, con un tono più freddo rispetto a quello
che avrei voluto usare.
«Ciao» risponde lei, e noto una sfumatura colpevole nella
sua voce.
«Non serve che tu dica niente, ho capito. A dire il vero mi
era risultato molto chiaro già ieri sera, quando mi hai
salutato» confesso irritato.
«Cosa avrei dovuto fare, Alessandro?» mi domanda, sulla
difensiva.
Io scatto, mio malgrado. «Beh, magari tenere le gambe
chiuse sarebbe stata un’opzione sensata, non credi?» le
rispondo tagliente, mentre sento la rabbia crescere in me.
211
«Erano due settimane che inventavo scuse. Cosa avrei mai
potuto architettare ieri?»
«Cazzo, Gemma. Eravamo d’accordo. Me l’avevi
promesso!» le ricordo, mentre cerco di non alzare troppo il
volume della voce.
La sento sospirare. «Alessandro, credimi, non avrei
voluto. Non ho più nessun interesse verso Simone… ieri
sera fare sesso con lui è stato…» non termina la frase, ma
non ho bisogno di sentirglielo dire, quindi la fermo.
«Non me ne frega un cazzo di sapere com’è stato scopare
con Simone! Non avresti dovuto farlo, Gemma… questo è
tutto» sancisco, deciso a interrompere la chiamata.
«No, Ale, aspetta…» mi chiede, supplichevole.
«No, Gemma. Mi sono stufato di aspettare. Per cosa poi?
Per essere il tuo amante?»
«Io voglio te, Alessandro… sto cercando di risolvere
questa cazzo di situazione, possibile che tu non lo capisca?
Abbiamo deciso insieme di prendere tempo…»
La interrompo. «Non ci provare neanche. Non tentare di
girare le carte in tavola! Una cosa è temporeggiare per
allontanarsi da lui un po’ per volta, un’altra è farsi sbattere
per farlo contento! No, Gemma, io a questo gioco non ci sto
più» e interrompo la comunicazione.
Ho bisogno di prendermi del tempo per sbollire la rabbia.
Sono deluso.
Deluso e geloso, geloso da morire.
Non avrebbe dovuto andarci a letto, cazzo, me l’aveva
promesso… me lo ricordo molto bene.
Dentro di me sapevo che sarebbe finita così.
212
Non so quanto tempo sia passato, ma continuo a stare nel
mio letto, guardando il soffitto, mentre le immagini di
Gemma e Simone insieme offuscano la mia razionalità.
Non capisco come possa essere andata fino in fondo con
lui la notte scorsa… io non ne sarei stato capace.
Con Samantha ne avrei avuto la possibilità, per giunta
senza fare il minimo sforzo, eppure non ne ho approfittato,
perché c’è solo una donna con cui voglio stare… io la mia
scelta l’ho fatta.
Il campanello mi distrae dalle mie riflessioni.
Metto svogliatamente i piedi a terra, sospirando, e mi
avvio al piano di sotto, immaginando chi possa essere.
Apro la porta e non sono per nulla sorpreso di vedere
Gemma in attesa, fuori dal cancello.
La guardo storto, non dico nulla, ma in un momento di
educazione apro l’inferriata e le faccio cenno di entrare.
«Mi dispiace…» mormora, e io continuo a non rispondere.
«Non ci sono i tuoi?» si informa.
«No» ribatto scontroso senza fissare i miei occhi su di lei,
perché so che guardarla segnerebbe la mia disfatta.
«Alessandro, ti prego. Questa mattina mi sono sentita
malissimo. Non succederà mai più, per nessun motivo» mi
assicura, e questa volta il mio sguardo la cerca.
«A quanto pare la tua parola non vale un granché» le
faccio notare, consapevole di ferirla, dando ascolto a un
istinto vendicativo che lascio venire a galla.
Lei non dice nulla, ma si avvicina e mi abbraccia, mentre
io cerco di rimanere immobile.
213
«Mi dispiace, Alessandro, davvero. Sei l’ultima persona al
mondo che vorrei stesse male a causa mia» mi confessa, ma
faccio un sorrisino amareggiato. «La storia suggerisce il
contrario…» le faccio notare, e lei rende più decisa la stretta
delle braccia attorno al mio corpo.
Continuo a rimanere immobile, ma quando percepisco le
sue lacrime, qualcosa dentro di me si scioglie e, lentamente,
alzo le braccia, circondandola, attirandola in un abbraccio
dapprima timido, poi sempre più deciso e possessivo. «Non
voglio più condividerti, Gemma.»
«Lo so, mi dispiace… mi dispiace, mi dispiace, mi
dispiace…» le lacrime bagnano la mia maglietta, così le poso
due dita sotto al mento per alzarle il viso verso il mio. «Ho
fiducia in te, Gemma, ma non prendermi in giro: ho bisogno
di potermi fidare della tua parola, altrimenti questa cosa tra
noi sarà destinata a rimanere solo una parentesi… e io
voglio di più, molto di più» la avverto.
Lei si alza in punta dei piedi per sfiorare le mie labbra con
le sue.
«Sono con te, Ale. Non lascerò più capitare ciò che è
successo questa notte… mai più.»
Ho bisogno di crederle.
L’urgenza di lei si fa viva sotto pelle, premendo con
insistenza per uscire allo scoperto, e io decido di cedere.
Devo togliere dal suo corpo l’odore di Simone, il suo
ricordo, le sue mani indagatrici.
Devo farla mia e sentire che non è di nessun altro.
E poi dobbiamo parlare.
Ci ho provato, ma non posso dividerla con nessuno,
214
neanche se si tratta del mio migliore amico.
Non voglio pensarci ora, però.
Adesso ho solo bisogno di sprofondare in lei.
La prendo in braccio e mi avvio deciso verso il piano
superiore, percorrendo la strada a memoria, fino alla mia
camera, sentendo un vero e proprio senso di sollievo
quando, baciandola, la mia lingua trova la sua.
Ho solo bisogno di sentirla mia.
La spoglio con urgenza e la tocco ovunque, la bacio,
traccio scie umide con la lingua sul suo addome mentre con
le mano ricerco il clitoride.
Lei ansima e i suoi gemiti sono come benzina sul mio
fuoco.
L’accarezzo come le piace, a un ritmo sempre più veloce,
sempre più deciso, poi raggiungo il suo punto più sensibile
con la lingua e non mi fermo fino a quando non la sento
gemere e venire tra le mie braccia.
«Voglio solo te, Alessandro» la sento sussurrare a un certo
punto, prenda ancora dell’eccitazione.
Mi insinuo con il bacino tra le sue gambe e mi insinuo in
lei.
Fino in fondo, più che posso.
Gemma si inarca sotto di me e io inizio a muovermi con
un’urgenza, con passione, dando sfogo a tutta l’esigenza che
sento.
Lei viene di nuovo e, poco dopo, la seguo anche io.
Crollo sfinito su di lei e per un po’ restiamo così: immobili
e soddisfatti.
Le sorrido e accarezzo il suo naso con il mio.
215
«Non voglio più sentirmi come mi sono sentito questa
notte» rispondo a fiato corto, prima di scivolare su un
fianco.
Restiamo per un po’ in silenzio, ognuno assorto nei propri
pensieri, poi decido di affrontare una volta per tutte
l’argomento per poi seppellirlo per sempre.
«Credevo di essere più forte, ma la verità è che non ho più
intenzione di dividerti con nessuno. Lascia Simone. Se
preferisci, possiamo parlare con lui insieme, rivelargli come
stanno le cose. Sono pronto davvero a tutto, ma non ti
condividerò ancora, per nessun motivo» la avverto,
guardandola profondamente negli occhi.
Gemma distoglie lo sguardo. «Suo padre non ne vuole
sapere di ampliare l’azienda a Milano. Per lo meno non in
tempi brevi… il prossimo anno dovrà tornare a Siena» mi
spiega, chiedendomi implicitamente di temporeggiare fino
ad allora.
La guardo incredulo. «Spero che tu non mi stia chiedendo
di attendere fino a gennaio, Gemma, perché, come vedi, già
due singole settimane del cazzo sono state insopportabili. I
mesi che ci separano dal prossimo anno sono davvero tanti,
non puoi pensare di propormi una cosa del genere» la
anticipo, prima che abbia la cattiva idea di chiedermelo
apertamente.
Gemma sbuffa e guarda il soffitto. «Non voglio farlo
soffrire. Anche se lo lasciassi adesso, credi che potremmo
vivere la nostra storia come se niente fosse?»
«Certo che no, ma almeno non dovrei sopportare la vista
di lui che ti tocca, ti bacia e ti scopa a suo piacimento!»
216
tuono, e gli occhi sgranati di Gemma mi lanciano un tacito
rimprovero.
Non voglio litigare con lei, così decido di smorzare i toni.
«Questa situazione mi sta uccidendo. Questa notte non ho
chiuso occhio all’idea di voi due insieme, sul letto di
Simone» confesso, mentre Gemma si volta a guardarmi e
mi accarezza una guancia, temporeggiando con le dita sulla
mia pelle. «So di averti ferito. Avrei dovuto allontanarlo ieri
sera e invece l’ho assecondato per non litigare, per evitare
sospettasse di qualcosa. Lo lascerò… dammi solo il tempo
di farlo nel modo e nel momento giusto, okay?»
So che neanche per lei la situazione è facile, ma non è più
sostenibile questa farsa.
«Ti amo» le dico, e per un attimo credo di averlo solo
espresso nella mia mente.
Poi i suoi occhi si spalancano, e il mio cervello elabora
velocemente ciò che ho pronunciato: la amo.
L’ho sempre amata, anche se erano secoli che non glielo
dicevo. La amo, e la confessione è uscita così spontanea che
mi sento come un palloncino gonfiato a elio, tanto è il senso
di liberazione.
Ho lasciato i miei sentimenti liberi di uscire, finalmente,
di nuovo, dopo un tempo che mi è parso infinito, tanto che
ho la sensazione di essere tornato finalmente a respirare
dopo anni di apnea.
Gemma continua a guardarmi, mentre gli occhi umidi di
commozione lasciano scivolare una lacrima lungo la
guancia.
«Te lo giuro, Alessandro: questa volta non ti lascerò
217
andare… per nessun motivo» mi assicura, prima di cercare
la mia bocca con urgenza.
Ci baciamo, sento vagamente un rumore che potrebbe
essere il campanello di casa suonare, ma non uscirei da
questa stanza per nessun motivo al mondo, così rendo il
mio bacio più esigente, continuando ad assaporare la sua
bocca, ancora e ancora, come se dai nostri baci dipendesse
l’intera esistenza dell’universo, e sto per farla mia di nuovo,
quando la suoneria del mio telefono spezza la magia.
Guardo Gemma per un attimo, indeciso se rispondere o
meno, ma poi il pensiero che possa essere Simone riporta a
galla il senso di colpa, e decido di controllare se il mio
intuito ha ragione.
Sullo schermo dell’IPhone, il nome del mio migliore
amico fa capolino, così rispondo, senza mai togliere gli
occhi dal corpo nudo e invitante di Gemma.
«Ehi, amico, tutto bene?» mi informo, mentre mi siedo
sul materasso.
«Sì. Sono fuori da casa tua, ma non mi apre nessuno» il
suo tono è malizioso e allusivo.
Sono a letto con Gemma, cosa che a te non capiterà più.
«Sono in compagnia al momento…» devo chiudere questa
chiamata il prima possibile.
«Grande, amico! Si tratta della ragazza impegnata?» si
informa.
«Già. Se non avevi cose urgenti da dirmi, ci vedremo
direttamente questa sera per l’aperitivo.»
Taglia corto, Ale.
Il paradosso di questa situazione mi snerva.
218
«Messaggio ricevuto: c’è una donna nuda nel tuo letto.
Quasi quasi vado da Gemma a vedere se vuole anche lei una
ripassata prima di sera» riflette allegro, e di riflesso stringo
talmente forte il telefono che per un attimo credo di sentire
lo schermo scheggiarsi sotto alla pressione della mano.
«Adesso ti lascio. A dopo» e metto fine a questa penosa
conversazione.
Senza guardare Gemma, mi alzo e infilo velocemente i
boxer, mentre cerco il resto dei miei vestiti.
«Cosa stai facendo?» mi domanda, coprendo il suo corpo
con il lenzuolo fino all’altezza del seno.
«Vestiti. Credo che Simone stia andando a casa tua» le
spiego, mentre le passo il perizoma in pizzo blu.
Lo sgomento sul suo viso è evidente e ci mette un attimo
a capire che deve fare in fretta, perché Simone non tarderà
ad arrivare.
La aiuto a recuperare velocemente i vestiti e, prima di
uscire dalla stanza, l’afferro per i fianchi e la attiro a me per
un bacio possessivo mentre è coperta solo dalla biancheria
intima.
«Odio scappare così» ammette.
«Lo so… ci rifaremo presto» le assicuro, e scruto i suoi
occhi per averne la conferma.
Lei mi sorride e annuisce, prima di affrettarsi giù per le
scale.
Sta per uscire di casa, e questa volta è il suo telefono a
squillare: ovviamente, si tratta della medesima persona che
ha cercato me poco fa.
«Simone, ciao» dice Gemma, per nulla sorpresa.
219
Sospetto le chieda se può passare da lei, ma Gemma
immaginava la richiesta, e aveva già la scusa pronta. «No,
mi spiace… non sono a casa. I miei sono partiti questa
mattina per godersi una settimana nella casa in montagna,
e io sono dovuta uscire per fare un po’ di spesa. Ci vedremo
direttamente questa sera, va bene?» inventa, scaltra.
La vedo alzare gli occhi al cielo, quindi immagino il mio
amico brontolare per questo due di picche, poi si salutano.
Tra me e Gemma cala per qualche secondo un silenzio
imbarazzato, tuttavia le sorrido. «Non vedo l’ora che tutto
questo sia finito» ribadisco convinto.
«Finirà presto, Ale. È arrivato per me il tempo di prendere
una posizione… e la prenderò.»
220
22.
GEMMA
➢ Ehi, volevo solo dirti che sono a casa mia… da sola. Non
mi sono fermata da Simone, volevo lo sapessi.
222
Torna serio. «Comunque alla fine non me la sono sentita
di rassicurarlo e illuderlo. Gli ho detto che, in tutta onestà,
un calo del desiderio a quattro mesi scarsi dall’inizio della
vostra relazione non è un buon segno… e mi sono sentito
una merda, una merda vera. Sono il suo migliore amico, o
almeno lo ero. Simone sta soffrendo per questa situazione e
la colpa è solo mia.»
Scuoto la testa, anche se lui non può vedermi. «La colpa è
mia, Alessandro. Mi hai chiesto di lasciarlo e ancora non
l’ho fatto. Continuo a illuderlo, giorno dopo giorno. È a un
passo dalla specializzazione, e alla sola idea di lasciarlo mi
sembra di voltargli le spalle nel momento del bisogno»
ammetto.
«Pensavamo di fare il suo bene e invece ci siamo infilati in
un casino senza precedenti» sbuffa Alessandro, con tono
rassegnato, mentre io rimango in silenzio.
«Senti, so che tra tutte le cose sbagliate che abbiamo fatto
questa sarà sicuramente la peggiore, ma posso venire da te,
questa notte? Niente sesso… dopo questa serata del cazzo
ho solo bisogno di stringerti a me» e la supplica che trapela
dalla sua voce mi fa commuovere.
«Certo che puoi venire. In realtà, ci speravo tanto…» gli
rivelo.
«Venti minuti e sarò da te» e mette fine alla telefonata.
223
«A cosa?» indago.
«All’emozione che provo ogni volta che i miei occhi si
posano su di te» termina la frase, e le mie ginocchia si fanno
tremanti, mentre sento un’esplosione di felicità espandersi
nel mio petto.
Lo bacio mentre lo attiro dentro casa e chiudo la porta. Lui
ricambia con desiderio ma, prima che i nostri respiri
diventino eccitati, si ritira, respirando a fondo,
accarezzandomi entrambe le guance con i pollici, mentre
intrappola il mio viso in una presa leggera e mi guarda
profondamente.
«Ti desidero tantissimo. So che quello che sto per dire, per
giunta dopo averti portato via per un week end, sembrerà
ridicolo… ma la prossima volta che faremo l’amore, vorrei
che tu fossi solo mia. Mia e di nessun altro. Quando faremo
di nuovo sesso, vorrei non dovermi sentire in colpa nei
confronti del mio migliore amico.»
Sgrano gli occhi per un attimo, ma poi capisco
l’importanza delle sue parole e ne sono colpita. «Ti
prometto che non dovremo aspettare tanto» gli assicuro,
prima di prenderlo per mano e guidarlo fino alla camera da
letto.
Mi sdraio e, scostando appena il lenzuolo, contemplo
l’uomo che amo mentre si spoglia: sfila la maglia dalla testa,
regalando alla mia vista lo spettacolo dei suoi addominali
definiti e abbronzati, per poi dedicarsi alla zip e al bottone
dei suoi jeans.
Improvvisamente, lo sento ridere. «lo spettacolo è di tuo
gradimento?»
224
Solo adesso mi rendo conto di avere lo sguardo fisso su un
punto decisamente a sud del suo ombelico, e cerco di
dissimulare i miei pensieri, ma ormai è troppo tardi… credo
che le mie guance si siano arrossate decisamente oltre il
dovuto.
Alessandro si avvicina al mio viso, divertito. «Non devi
imbarazzarti, raggio di sole. È bello vedere quanto ti piaccia
il mio corpo. Non vedo l’ora di riaverti sopra e sotto di me,
per dimostrarti quanto può essere piacevole avermi vicino»
mi sussurra, e la mia testa inizia a girare per l’eccitazione.
«So bene quanto sia soddisfacente il contatto con il tuo
corpo» riesco a rispondere, mentre cerco di riprendere
fiato.
Alessandro si allontana e, palesemente soddisfatto
dall’effetto che ha avuto su di me, riprende a sbottonarsi i
pantaloni, lasciandoli poi cadere casualmente sul
pavimento, seguiti dai calzini.
È nudo, fatta eccezione per i boxer blu e bianchi che
nascondono ingiustamente la fine dei muscoli obliqui del
suo addome.
Spegne la luce, si stende accanto a me e mi avvolge con un
braccio.
«Ti amo» bisbiglia, attirandomi a sé.
«Ti amo anch’io, Alessandro» ammetto sottovoce sulle
sue labbra, prima di baciarlo.
Lui non dice niente, ma un fremito attraversa il suo corpo.
Mi abbraccia forte, senza però interrompere il silenzio e,
quando sento il suo respiro farsi lento e regolare, mi giro su
un fianco, appoggiando la mia schiena al suo petto, e mi
225
lascio trasportare da Morfeo nei miei sogni.
226
Alessandro dà una sbirciata all’orologio, poi mi guarda
con aria soddisfatta. «Approvato. Posso farmi una doccia?»
«Certo. Dovrai passare a casa a cambiarti?». domando,
guardando l’ora a mia volta.
«No. Avevo preparato un cambio prima di venire da te,
ieri sera. Devo solo andare in macchina a recuperarlo» mi
spiega e, detto questo, si infila velocemente i pantaloni e si
avvia al piano di sotto.
Mi concedo pochi istanti per fantasticare su come sarebbe
convivere con Alessandro e la deprimente idea che, se fosse
stato per lui, saremmo andati a vivere insieme già quattro
anni fa, si insinua fastidiosamente tra le mie riflessioni.
Scaccio immediatamente questo pensiero: ormai è inutile
ragionare su ciò che sarebbe stato.
Il rimorso di aver fatto le scelte sbagliate mi perseguiterà
a lungo, ma adesso siamo insieme e presto potremo
riprendere la nostra storia esattamente da dove l’avevamo
lasciata e, se vorrà, scegliere insieme una casetta tutta
nostra.
Scendo dal letto e mi avvio in cucina, dove mi ingegno al
meglio per mettere in tavola una delle sue colazioni
preferite.
Mezz’ora più tardi usciamo da casa insieme: Alessandro
diretto a lavoro, io verso casa di mia sorella… ho bisogno di
parlare con lei.
227
quest’ora?» mi informo, e mio cognato mi guarda per un
attimo, poi annuisce. «Ho capito: il consiglio Bennetta si
riunisce questa mattina e non sono esattamente il
benvenuto… tranquilla, mi lavo i denti e vado a torchiare
qualche atleta» scherza.
Lo osservo e alzo un sopracciglio. «Sei davvero di buon
umore questa mattina» osservo, e lui ricambia il mio
sguardo lanciandomi un’occhiata significativa. «Sì, tua
sorella mi ha regalato un bel buongiorno.»
«Okay, non voglio sapere altro» lo interrompo fingendo di
tapparmi le orecchie e Luca ride, mentre si alza e appoggia
la tazza nel lavello.
Pochi istanti dopo, Giulia entra in cucina con la piccola
Giorgia ancora un po’ assonnata che, vedendomi, mi corre
incontro. «Zia! Zia! È arrivata la zia!»
«Ciao, tesoro! Vieni che ti do un bacio grandissimo.»
Fingo di non fare caso al bacio con la lingua che si
scambiano mia sorella e suo marito, e presto attenzione alla
mia nipotina, che sta tentando di riempire una tazza con il
riso soffiato al cioccolato.
Non passa molto tempo prima che Luca esca di casa, così
Giulia si concentra su di me.
«Qualcosa mi dice che riguarda Alessandro…» finge di
tirare a indovinare.
So che si giocherebbe la casa con suo marito dentro, su
questa supposizione.
In risposta io sospiro e la guardo, raccogliendo per un
attimo le idee, prima di raccontarle gli eventi dell’ultimo
mese.
228
Alla fine del mio resoconto, lei mi guarda storto. «Perché
non hai ancora parlato con Simone?»
«Perché, da quando ci siamo messi insieme, Simone è
migliorato sotto moltissimi aspetti… e volevo trovasse una
sua stabilità prima di lasciarlo» le spiego.
«Gemma, non puoi sentirti responsabile per le scelte di
Simone. Studiare, seguire le orme di suo padre, non andare
a letto con una ragazza diversa ogni sera… sono tutte scelte
che spettano a lui, indipendentemente dalla vostra
relazione. Tu e Alessandro lo state ingannando da
settimane. Non fraintendermi, sai che abbiamo sempre
avuto un debole per lui, ma invece di pensare al
comportamento di Simone avresti dovuto pensare al tuo, al
vostro. Merita di sapere la verità, Gemma.»
Respiro più a fondo che riesco. «Lo so. Solo che non è
facile» ammetto.
«Più aspetti, più sarà difficile. Non è per dirti che te
l’avevo detto, ma… te l’avevo detto di dire subito a Simone
che tu e Ale vi conoscevate da tempo» rigira il coltello nella
piaga.
Resto in silenzio, così lei parla di nuovo. «Sono davvero
felice per te e Ale. Adesso cerca solo di non fartelo scappare
di nuovo» mi avverte.
Non ho nessuna intenzione di rinunciare a lui, adesso
devo solo trovare il coraggio e la forza per mettere ordine
nelle mie relazioni.
229
23.
GEMMA
È davvero arrivato il momento di lasciare Simone.
Ho riflettuto molto su cosa dirgli, ma preferisco tenere
Alessandro fuori da questa storia: come e quando rendere
pubblica la nostra relazione, sarà un problema che
affronteremo in un secondo momento, ma confessare al
mio ragazzo che Alessandro è il mio ex, quell’ex che mi ha
tolto la verginità, che mio padre ha sorpreso nudo nel mio
letto e che ancora oggi rimane il solo per me, davvero non
mi sembra una buona idea.
Mi faccio coraggio e lo chiamo.
Risponde dopo pochi squilli. «Ciao, piccola!»
È di buon umore, e mi si spezza il cuore a doverglielo
guastare. «Ciao. Sei a casa? Posso passare da te?»
«Certo, passa pure. Anche io ho una grande notizia da
darti!» mi informa entusiasta e, per un attimo, penso che
forse sarebbe meglio non rovinargli la serata, invece poi mi
rendo conto che non ha più senso rimandare.
Sii forte, Gemma, fai quello che è giusto.
«A tra poco, allora» lo saluto prima di interrompere la
conversazione.
È così euforico che non si è neanche accorto del mio tono
di ghiaccio.
Cazzo, non se l’aspetta proprio.
Perché dev’essere così difficile?
Perché Simone non è uno stronzo, strafottente e
traditore?
Sarebbe stato tutto più facile…
230
Durante il tragitto ripasso mentalmente il discorso che ho
studiato, dove gli spiego che abbiamo corso troppo, che
quello che credevo di provare per lui non è così forte e che
ci ho pensato molto, sperando fosse solo un periodo, ma
purtroppo non sono innamorata di lui, che mi dispiace un
sacco, che non voglio farlo soffrire, e che per lui vorrei
comunque esserci sempre.
Più o meno sono queste le cose che ho intenzione di dirgli,
sperando non faccia grosse obiezioni o domande, in modo
da tenere le mie motivazioni il più lontano possibile da un
ipotetico altro ragazzo.
Quando parcheggio sotto casa sua provo quasi un senso di
paura e angoscia. Il cuore martella velocemente all’interno
della cassa toracica, il respiro si è fatto leggermente più
corto, e mi rendo conto solo ora che sto facendo
scricchiolare tutte le articolazioni delle mie dita per il
nervoso.
Faccio un ultimo, profondo, respiro prima di scendere
dalla macchina.
Suono il campanello con un dito visibilmente tremante e,
mentre controllo la mia immagine riflessa nello specchio
dell’ascensore, mi accorgo di essere molto pallida,
nonostante l’abbronzatura ormai evidente.
Quando arrivo al piano di Simone, una furia mi abbraccia
e mi solleva, così mi ritrovo a volteggiare tra le braccia del
mio quasi ex ragazzo, senza avere la minima idea di cosa
possa essere successo.
«Ehi, mi vuoi dire a cosa dobbiamo tutta questa felicità?»
gli domando, mio malgrado contagiata dal suo buon umore.
231
«Indovina» mi incita, ma in questo momento ho la testa
vuota, priva di idee positive, e credo me lo si legga in faccia,
perché Simone lascia perdere gli indovinelli e va dritto al
punto, mentre siamo ancora sul pianerottolo. «Mio padre
ha richiesto urgentemente la mia presenza a Siena. Mi ha
detto che dobbiamo parlare a proposito della mia idea di
ampliare la nostra azienda aprendo una filiale a Milano! Se
riuscissi a giocarmela bene, potrei non tornare a Siena dopo
la specializzazione» mi informa, elettrizzato all’idea.
Sembra sul punto di esplodere dalla felicità, e io non so
proprio cosa rispondere. Onestamente, il fatto che se ne
andasse poteva essere positivo per me e Alessandro, e l’idea
di aver avuto questo pensiero mi fa sentire una persona
orribile.
«Beh? Non dici nulla?» mi incalza, senza rinunciare alla
sua euforia.
Mi sforzo di sorridergli. «Certo. Sì, è che sono così
sorpresa che non ho trovato subito le parole. Sono davvero
felice, hai lottato tanto per questo» continuo a sfoggiare
un’espressione contenta, poi lo abbraccio, nascondendo il
mio viso sulla sua spalla, concedendo un attimo di sincerità
alla mia espressione.
Poco dopo Simone si allontana da me ma, per fortuna, non
nota che la mia è solo una recita: è troppo preso dal
momento per rendersi conto che qualcosa si è rotto tra noi.
«Dai, vieni dentro, così brindiamo mentre preparo le
valigie» mi invita, e io lo seguo come un automa, mentre
penso a quanto codarda io sia.
Simone prende una bottiglia di prosecco dal frigo e la
232
stappa con maestria. «Non è un prosecco di classe, ma ci
accontenteremo. Conserveremo i festeggiamenti per
quando sarò di ritorno con notizie ufficiali.»
Fa tintinnare il bicchiere con il mio. «A noi. E al nostro
futuro milanese» brinda convinto.
Deglutisco a fatica un sorso, ma la bile che sento risalire
nell’esofago non facilita il percorso all’alcol, che si blocca
imperterrito sulla bocca dello stomaco.
A questo punto Simone deve aver notato il mio strano
atteggiamento, perché prende entrambi i bicchieri e li posa
sul tavolo.
«Perdonami, preso dal momento mi sono scordato che eri
venuta per parlare con me…» mi guarda intensamente,
restando in attesa.
Ora ho tutta la sua attenzione.
Entro nel panico.
Sento le dita delle mani leggermente formicolanti, le
ginocchia molli e il ritmo del cuore è meglio non prenderlo
proprio in considerazione da quanto è veloce.
Faccio un bel respiro mentre distolgo lo sguardo e cerco
velocemente di raccogliere le idee: che mi invento adesso?
Sono venuta per lasciarti, dato che da settimane vado a
letto con il tuo migliore amico.
«Ehm, ma no. Nulla di importante in confronto alle tue
novità» cerco di sfoggiare un sorriso convincente, ma
niente da fare… come attrice non avrò un futuro.
Simone alza un sopracciglio. Non l’ho convinto per niente.
Distolgo di nuovo i suoi occhi dai miei: lo so che devo dirgli
la verità, ma adesso è quasi arrivato al suo obiettivo.
233
Certo, non rimarrebbe a Milano solo per me, ma se lo
lasciassi adesso potrebbe mandare a puttane l’unica
possibilità di realizzarsi nella città dei suoi sogni, e invece
voglio che ottenga ciò che vuole dalla vita, glielo devo.
Prendo al volo la decisione di mentirgli, giurando a me
stessa che sarà l’ultima volta che lo faccio. «Ero venuta a
dirti che mia sorella mi ha chiesto di badare a Giorgia per i
prossimi giorni, dato che lei e Luca sono molto presi da
alcuni atleti per la gara di sabato… non ci saremmo potuti
vedere, ecco tutto. Avevo paura ti arrabbiassi e volevo
dirtelo di persona, ma sarai via anche tu, quindi scampato
pericolo» gli sorrido per l’ennesima volta, cercando di
calmarmi.
Ho parlato a macchinetta, come faccio sempre quando
sono nervosa, ma Simone non mi conosce ancora così a
fondo da sapere ciò che si nasconde dietro ogni mio
atteggiamento, così lo vedo rilassarsi e ricambiare la mia
espressione.
Alessandro mi avrebbe sgamato in pochi secondi, lui una
bugia del genere non se la sarebbe mai bevuta.
«Non so quanto starò via, presumo due o tre giorni, ma
potrebbe volerci un po’ di più» mi spiega, mentre prende il
suo trolley dall’armadio e si dirige in camera. Ogni suo
movimento trasuda entusiasmo.
Lo seguo. «Tranquillo, tanto fino a domenica farò la zia a
tempo pieno.»
Bugiarda.
Simone si ferma per un attimo e viene verso di me,
prendendomi il viso tra le mani e sfiorandomi appena le
234
labbra con le sue. «Sei dolcissima. Sei davvero una bella
persona, Gemma. Sono fortunato ad averti tutta per me.»
Non ci posso fare nulla, gli occhi mi si riempiono di
lacrime, ma lui crede sia commozione e mi bacia di nuovo,
prima di riportare l’attenzione sulla valigia da riempire.
Torno in cucina con l’intenzione di svuotare il bicchiere di
prosecco, sperando che le bollicine e l’alcool contribuiscano
a distendere i miei nervi.
«Grigia o Blu?» mi raggiunge in cucina con due cravatte
in mano e lo guardo disorientata. Non che non abbia capito
la domanda, ma non mi va più di fingere che tutto stia
andando per il verso giusto.
Vedendomi incerta, Simone ripete la domanda,
aggiungendo una spiegazione. «Se dovessi incontrare il
consiglio di amministrazione, voglio apparire più
professionale possibile.»
«Blu» rispondo a caso, prima di cercare di congedarmi.
«Senti, ti lascio tranquillo, così prepari con calma tutto ciò
che ti serve per il grande mach» cerco di scherzare.
«Okay, piccola. Ti chiamo quando parto» mi assicura.
«Ve bene» rispondo in automatico, prima di voltarmi
verso la porta.
«Ehi, neanche un bacio al cavaliere che si sta preparando
allo scontro con il re del castello?» mi domanda sarcastico
e io, in tutta risposta, mi volto e gli regalo quello che, mi
prometto, sarà l’ultimo bacio tra me e Simone.
235
chiamare Alessandro.
Uno squillo, due squilli, tre squilli.
«Raggio di sole.» La sua voce è dolce e dal tono immagino
creda che la storia tra me e Simone sia finita.
Faccio un sospiro triste mentre penso che sto per
deluderlo. «Ehi, sono stata da Simone» mi sento a disagio,
spero non si arrabbi.
«Com’è andata?» mi domanda con tono fin troppo pacato.
Temporeggio qualche secondo, cercando di pensare al
modo migliore per dirglielo. «Non è andata… sta partendo
per Siena, non era un buon momento per parlargli. Però,
Ale, c’è una cosa che devo dirti…» lo avverto, e per un attimo
ho paura tema che io abbia cambiato idea.
Resta in silenzio, dandomi la possibilità di spiegarmi.
Avverto la sua tensione crescere.
«C’è una novità. Simone è stato convocato a Siena dal
padre. Sembra sia piaciuta la sua idea di aprire una filiale a
Milano. In questi giorni prenderanno la decisione
definitiva, e lui vuole essere presente per convincere il
consiglio di amministrazione» gli illustro la situazione nel
minor tempo possibile e poi mi affretto ad aggiungere.
«Non è ancora detto che le trattative vadano a buon fine»
chiarisco.
«Stai andando a casa?» mi chiede soltanto, senza
esternare nessun commento sulle informazioni che ho
appena condiviso con lui.
«Sì».
«Ci vediamo là tra mezz’ora» e interrompere la
comunicazione.
236
24.
ALESSANDRO
Sono un fascio di nervi.
Ero convinto che a quest’ora sarebbe stato tutto finito,
invece non ci siamo mossi di un passo in nessuna direzione.
Simone sta lottando con tutto se stesso per restare a Milano
e, anche se non lo sta facendo solo per lei, so per certo che
lei è la motivazione principale… me l’ha confessato lui.
Arrivo sotto casa di Gemma che ormai è ora di cena, così
decido di chiamare la solita pizzeria da asporto per
prenotare due pizze a domicilio.
Scendo dalla macchina e suono il campanello.
So che è sola in casa: i suoi non torneranno prima di
domenica, così avremo tutta la serata per discutere sul da
farsi.
«Vieni, entra» mi invita.
Mi conosce abbastanza bene da sapere che sono
contrariato a causa della situazione.
Oltrepasso l’uscio con le mani in tasca per evitare di
lasciare loro la possibilità di toccarla.
«Ho ordinato due pizze: patatosa per te e patate e salsiccia
per me… ho ordinato bene?» domando retorico. So
perfettamente di avere scelto la sua pizza preferita.
Gemma conferma. «Giustissimo, grazie.»
Mi chiudo nel mio silenzio mentre mi aggiro per il salotto
senza accomodarmi sul divano. Osservo le foto appoggiate
sulla libreria, sorridendo nella direzione di quelle che
ritraggono momenti in cui ero presente, dato che sono stato
io a scattarle.
237
«Sei arrabbiato con me» non è una domanda, eppure sta
aspettando una risposta.
Sospiro e la guardo. «Non sono arrabbiato, ma eravamo
d’accordo che avresti parlato a Simone…» le ricordo,
cercando di mantenere tono contenuto e voce pacata.
Gemma distoglie lo sguardo. «Lo so. Ma avresti dovuto
vedere quanto era felice di aggiornarmi sulle novità.
Dirglielo oggi sarebbe equivalso a fargli dare i numeri. Si
sarebbe incazzato, avrebbe dato di matto e con ogni
probabilità avrebbe buttato nel cesso la sua unica
possibilità di crearsi il futuro che desidera. Non volevo
essere responsabile di tutto questo… e so che non lo avresti
voluto nemmeno tu» asserisce decisa.
Cerco di vedere la situazione dal suo punto di vista.
Mi passo una mano sul viso stropicciandomi gli occhi, per
schiarirmi le idee, poi le cingo la vita con le braccia, sulle
quali sento appoggiarsi due mani delicate.
«Senti, Gemma, non voglio forzarti a fare nulla. Non devi
sentirti obbligata a lasciare Simone, voglio che tu lo faccia
solo se ne sei pienamente convinta. Ribadisco che, se ti senti
più sicura, possiamo anche parlargli insieme e dirgli tutta
la verità… qualunque cosa tu voglia fare, io la rispetterò, ma
non chiedermi di interpretare ancora l’amante, è un ruolo
che non mi si addice e che non voglio personificare ancora»
le chiarisco in tono quasi supplichevole.
«Non sei mai stato il mio amante, lo sai perfettamente. Ti
prometto che, appena tornerà, indipendentemente da come
andrà con suo padre, gli spiegherò che non sono più
innamorata di lui» sembra non abbia nessun dubbio al
238
riguardo.
La bacio, e il contatto con il suo corpo fa scivolare dalla
mia pelle la sensazione di fastidio e inquietudine che questa
situazione mi provoca.
Il campanello ci distrae, sono sicuramente arrivate le
pizze, così decido di andare io ad aprire, mentre Gemma
prepara tovaglioli di carta e bibite sul tavolino del salotto,
com’eravamo soliti fare da ragazzini.
Quando rientro nel soggiorno, noto che si è già
accomodata sul divano e sospetto abbia anche già scelto il
film per la serata. La guardo con sospetto: quando Gemma
sceglie un film da sola, la decisione ricade su qualche
commedia romantica.
«Prima cosa: visto che ve la menate tanto con la parità dei
sessi, il film sarebbe giusto sceglierlo assieme.»
Lei ride divertita, prima di farsi improvvisamente
maliziosa. «Seconda cosa?»
Oh, raggio di sole, non ne hai idea. «Seconda cosa, se il
film non sarà di mio gradimento, dovrai trovare il modo di
farti perdonare» la avverto.
«Avevi detto niente sesso fino a quando non lascerò
Simone…» mi fa notare.
«Me lo ricordo molto bene. In effetti non mi riferivo al
sesso, per lo meno, non a quello completo…»
Gemma mi guarda intensamente per un attimo, seria, ma
ben presto la sua espressione cambia e lo sguardo profondo
e seducente con cui mi sta fissando accende
istantaneamente tutto il mio desiderio.
Il film da lei scelto è “Crazy, stupid, love” e lo trovo
239
piacevole, anche se non ho nessuna intenzione di
ammetterlo.
Una volta arrivati ai titoli di coda, Gemma mi scruta con
falsa timidezza, per trovare qualche indizio sul mio parere
rispetto al film.
«Allora?» domanda, vedendomi impassibile.
Trattengo una risata: lei sa benissimo che riscuoterò la
mia “seconda cosa”, che il film mi sia piaciuto o meno. Le
lancio uno sguardo sornione e la prendo per mano,
conducendola al piano superiore e poi verso il bagno.
Una volta entrati nella stanza, faccio scorrere l’acqua nella
vasca e ci verso una piccola quantità di bagno schiuma alla
vaniglia.
«Spogliami» le dico, con voce roca, già eccitato al solo
pensiero di ciò che accadrà da qui a poco.
Gemma non aspettava altro che il gioco iniziasse, così,
senza dire nulla, e mordendosi il labbro per sopprimere una
risata compiaciuta, inizia a sollevare la maglietta, fino a
sfilarmela dalla testa, per poi concentrarsi sui miei
pantaloni. Quando rimango con solo i boxer addosso,
decido di fermarla. «A questi penserò io tra un po’. Adesso
spogliati…» le ordino.
Faccio scorrere gli occhi su e giù lungo il suo corpo,
lentamente, godendo di ogni singolo movimento che le sue
mani compiono per liberarsi dei vestiti.
Una volta nuda, le prendo la mano senza dire una parola
e l’aiuto a entrare nella vasca e, solo a questo punto, decido
di togliermi i boxer e di raggiungerla in mezzo a tutta quella
schiuma profumata.
240
Una parte di me vorrebbe accomodarsi alle sue spalle e
coccolarla, ma questa sera ho deciso di giocare. Un lato
della mia bocca si alza involontariamente.
«Stai sfoggiando il tuo sorrisino sexy… che hai in mente?»
Mi accomodo sul lato opposto al suo, e Gemma sa
perfettamente cosa mi piacerebbe accadesse a questo punto
del gioco.
Resto in silenzio, mentre la osservo posizionarsi tra le mie
gambe, per poi dedicare le sue carezze alla parte di me più
sensibile. L’eccitazione è ormai alle stelle, Gemma sorride
soddisfatta davanti all’evidente reazione che il mio corpo ha
sotto al suo tocco.
Ben presto la vedo chinarsi così sollevo il bacino,
rilassando la testa all’indietro, appoggiandola alla vasca,
mentre mi godo la bocca della mia ormai non più ex ragazza
che, dimostrando di conoscere perfettamente tutti i miei
punti deboli, mi regala il piacere unico che sono riuscito a
provare solo con lei.
241
baciando e leccando con la punta della lingua la parte
interna. Solo a questo punto, quando ormai ho la più
completa attenzione di tutte le sue terminazioni nervose,
decido che è arrivato il momento per farla godere… godere
davvero.
Mi insinuo tra le sue labbra, leccandole il clitoride, mentre
con le dita scivolo dentro di lei.
Caspita, com’è bagnata.
Aumento il ritmo e la sua eccitazione cresce. Le sue dita
stringono attorno ai miei capelli e, in pochi istanti, viene
sulla mia bocca.
242
il momento dalla gelosia.
Traccio delicati e lenti cerchi sul suo ventre, sfiorandola
appena con i polpastrelli, sotto al lenzuolo. «Sono davvero
felice di poterti dare quello di cui hai bisogno… dentro e
fuori dal letto. Vale lo stesso anche per me… ma credo sia
abbastanza evidente, no?» faccio una risatina leggermente
imbarazzata al ricordo di quanto mi sia lasciato andare
nella vasca da bagno… e il merito è stato tutto suo.
Tutto a un tratto, il pensiero che qualcosa possa andare
diversamente da come abbiamo pianificato azzera la mia
serenità.
«Gemma, voglio essere chiaro con te: fino a quattro anni
fa tutti i miei progetti, i miei sogni e i miei desideri, avevano
il tuo bellissimo viso. Le cose sono andate come sappiamo,
ma vorrei fosse ancora così… sono pronto a ricominciare, a
dare una seconda possibilità alla nostra storia, in tutto e per
tutto. In questi ultimi mesi mi sono reso conto che se ti sei
allontanata da me è anche perché i miei progetti erano
troppo grandi e impegnativi per i tuoi diciannove anni, però
i desideri di allora non sono cambiati. Per non fare gli errori
del passato, ricordati sempre che devi parlarmi di
qualunque cosa riguardi il nostro rapporto, specialmente se
si tratta di dubbi o malesseri che senti. Forse non serviva
specificarlo, però voglio che tu sia sempre sincera con me.
Riguardo a Simone, sicura che stai temporeggiando solo per
non fargli del male, oppure c’è un altro motivo?»
Temo la sua risposta, ma a questo punto è indispensabile
che io uccida il tarlo che da oggi pomeriggio sgranocchia le
mie convinzioni: mi vuole davvero quanto la voglio io,
243
oppure sta temporeggiando con Simone perché non è
convinta della sua scelta?
«Io voglio te, Alessandro Danello. Solo e sempre te. Sono
sicura, e ti giuro che questa volta non cambierò idea.»
Cerco la sua bocca per unirla alla mia in un bacio
bisognoso e felice, con il quale cerco di comunicarle quanto
conti per me.
Sono ormai le tre passate quando finalmente, tra
chiacchiere, coccole, e baci appassionati, cediamo al sonno.
Sorrido.
Ogni volta che il nome di Gemma compare sullo schermo,
il cuore aumenta il suo ritmo.
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➢ Io non ho finto proprio nulla… non mi sono espresso sul
film, ieri sera.
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➢ Vorrei un euro per ogni volta che ho sentito questa
scusa. Buon lavoro, amore mio.
246
25.
ALESSANDRO
La settimana scorre in fretta.
Passo le serate e le notti a casa di Gemma, approfittando
dell’assenza dei suoi genitori e, grazie all’intercessione del
suo ciclo mestruale, riesco a mantenere fede alla mia
intenzione di non fare sesso con lei.
Finalmente è sabato e, per una volta, la mia sveglia non
suonerà per richiamarmi al mio dovere.
Socchiudo gli occhi, dando la possibilità alle pupille di
dare una sbirciata alla stanza, mentre mi stiracchio.
Gemma dorme ancora serena accanto a me, parzialmente
coperta dal lenzuolo e con i capelli davanti al viso.
Le scosto una ciocca, facendola ricadere dietro il collo,
beandomi per un po’ della sua espressione rilassata. Penso
di scendere in cucina per preparare la colazione e
portargliela a letto, ma dei rumori attirano la mia
attenzione, seguiti dalla voce di suo padre che commenta il
caldo soffocante della città.
Merda.
Entro nel panico.
Va bene tutto, ma che il padre di Gemma debba scoprirmi
di nuovo nel letto di sua figlia mi sembra eccessivo. Questa
volta per lo meno indosso i boxer… è un passo in avanti,
dopotutto. Cerco velocemente i miei abiti, recuperandoli al
volo e catapultandomi in bagno, per rendermi quantomeno
presentabile.
In meno di un minuto sono pronto.
Non ho sentito rumori al piano superiore, quindi
247
immagino i suoi siano ancora di sotto, così ne approfitto per
andare a svegliare Gemma.
«Raggio di sole, ehi… scusa la fretta, ma sono tornati i
tuoi» la avviso cercando di parlare a bassa voce, e vedo i
suoi occhi saettare sbigottiti su di me per poi, dopo aver
ragionato silenziosamente, ripiombare nella più totale
tranquillità.
«Gemma, hai capito cosa ho detto?» cerco di insistere,
così decide di mettersi seduta e mi guarda serena. «Sì, ho
capito, ma non vedo quale sia il problema. Pensi che i miei
non sappiano cosa siamo andati a fare in Liguria? Hai paura
che a mio padre possa venire un altro coccolone se ti trova
mezzo nudo nel mio letto? E soprattutto: credi siano
sfuggite a mia madre le tue scarpe all’ingresso?» domanda,
facendo un sorrisino divertito.
Cazzo, io alle scarpe non avevo pensato, ma forse ha
ragione lei: sono passati quasi otto anni da quello
spiacevole pomeriggio in cui suo padre fece irruzione in
questa camera, forse non gli farà molto effetto sapere che le
cose non sono cambiate poi molto da allora.
La guardo in silenzio, indeciso su cosa fare, ma alla fine
mi rendo conto di non avere molta scelta. Tra non molto
saliranno al piano di sopra e allora, vestito o meno, sarà
palese che ho passato la notte qui.
«E va bene… allora cosa dici sia meglio? Che aprano la
porta e mi trovino qui, oppure vado giù a salutarli come
fosse una cosa normale?»
Gemma ride. «Ti prego, scendiamo! Voglio godermi la
faccia che faranno nel vederci scendere insieme.»
248
È chiaro quanto la situazione la diverta, io invece non mi
sento completamente a mio agio.
La osservo mentre indossa velocemente un top e un paio
di pantaloncini corti, per poi uscire velocemente dalla
camera e farmi strada giù per le scale.
«Ehi, genitori, che bello che siate tornati» il saluto di
Gemma sembra quasi sarcastico, ma so che si sta
divertendo a mettere in difficoltà tutti in questa casa… me
compreso.
Sua mamma sorride alla figlia, ma la sua espressione
cambia leggermente quando entro nel suo campo visivo.
Non sembra infastidita, solo sorpresa. Suo padre sbuca
dal salotto e si mette a ridere. «Ma guarda un po’ chi c’è qua!
Devo essermi perso qualcosa, di nuovo» ammette,
riferendosi palesemente a otto anni fa e io lo guardo
imbarazzato.
Mentre sua moglie ha capito perfettamente tutta la
faccenda, lui sta cercando di ricostruirla, glielo si legge in
faccia, ma d'altronde noi uomini non siamo mai stati molto
bravi a cogliere certe cose al volo.
«Sembra ci sia una novità» asserisce sua madre,
sorridendomi.
Mi avvicino a lei, per salutarla come si deve. «Antonella,
chiedo scusa per questa imboscata» non so bene cosa
aggiungere, eppure lei mi guarda felice e mi stringe la
mano.
«Ne deduco che ti vedremo spesso?» mi chiede, con un
tono quasi speranzoso.
«Oh, beh… lo spero davvero» ribatto, voltandomi
249
significativamente verso la mia ragazza, che alza gli occhi al
cielo.
Mi allontano da Antonella per avvicinarmi al padre di
Gemma, e lui mi stringe la mano con una battuta. «Questa
volta mi hai sentito arrivare e sei sceso prima che potessi
salire io… è già un miglioramento, non trovi?» mi sfotte, e
io rido, ignorando quel leggero imbarazzo che sento
scivolare lungo la schiena.
«Come mai siete tornati prima?» si informa Gemma.
«Nel week end hanno previsto grandine e temporali e non
volevamo avere problemi durante il viaggio di rientro». ci
spiega Antonella prima di rivolgersi al marito. «Tesoro,
prendi le valigie e accompagnami in lavanderia. Non
pensare di non aiutarmi a sistemare come al tuo solito» lo
avverte lanciandogli un’occhiata poco amichevole, e il
marito sospira, per poi rivolgersi a me. «Alessandro,
pensaci bene prima di sposare una donna di questa
famiglia. Tendono a essere pesanti» mi ragguaglia
scherzoso, prima di seguire Antonella al piano di sotto.
«Senti, io andrei… i tuoi hanno bisogno di sistemarsi e
stare tranquilli, e anche io è meglio che faccia la mia
comparsa a casa, una volta ogni tanto» asserisco, valutando
che in effetti i miei non mi vedono da giorni.
Gemma si stringe a me. «Ci vedremo alla cena di questa
sera, vero?»
La circondo con le mie braccia. «Certamente. Vuoi che
passi a prenderti io, dato che Simone non ci sarà?»
«Attendere il tuo arrivo e uscire come una coppia normale
sarebbe fantastico… ma credo che ancora per oggi sia
250
meglio ripiegare su Francesca per un passaggio» ammette
dispiaciuta, e io non posso darle torto.
Ormai siamo alla fine di questo tira e molla, cerchiamo di
non rovinare tutto proprio adesso.
«Ci vediamo al bar allora, raggio di sole»
«A questa sera…» mi dice, regalandomi un bellissimo
bacio.
251
Decido di essere sincero, così da togliermela con garbo dai
coglioni: «Sì, in realtà. Io e la mia ex… ecco, siamo tornati
insieme» ed è così bello poterlo raccontare apertamente,
che tiro un involontario sospiro di sollievo.
Samantha si stacca dal mio corpo all’istante. «Ah. Ce la
presenterai questa sera?» cerca di mantenere una falsa
indifferenza, ma la smorfia che tenta di reprimere esprime
chiaramente il suo stato d’animo e, per un attimo, provo
rimorso per averla illusa fino alla settimana scorsa.
«No, è… fuori città. Spero di poterla portare presto con
me, così da presentarvela» le sorrido, poi mi sembra
doveroso farle le mie scuse. «Samantha, non volevo farti
rimanere male… io e te… beh, c’è stato qualcosa, ma non ci
sarà mai più di quello» sottolineo.
«Sono stata solo una scopata… è questo che mi stai
dicendo?» chiede stizzita, guardando altrove.
«No… tu mi piaci, mi piacevi… ma non sono innamorato
di te… mi dispiace» ammetto, con tutta l’onestà di cui sono
capace.
Restiamo per un po’ in silenzio, poi vedo la macchina di
Francesca sbucare dalla strada principale e cerco di uscire
da quella situazione. «Dai, adesso raggiungiamo gli altri.
Amici?» le chiedo, sfoggiando studiatamente il mio mezzo
sorriso ammaliatore.
Samantha mi guarda per un attimo. «Non pensare di
poter fare con me il buono e il cattivo tempo, Alessandro. Ti
rivolgerò ancora la parola perché non voglio creare
problemi con i nostri amici, ma non ti avvicinerai ancora a
me per utilizzarmi a tuo piacimento.»
252
Forse si aspetta che la possa cercare ancora per il sesso, e
potrei anche cercare di farle capire che non me ne frega un
cazzo di portarmela di nuovo a letto, ma Gemma è scesa
dall’auto e io non voglio stare qui a perdere tempo.
Mi congedo in fretta, dimenticando completamente le
buone maniere, poi mi affretto verso le due ragazze che mi
guardano di sottecchi.
So perfettamente che Francesca è a conoscenza di ciò che
sta accadendo tra me e la sua amica e, dato che siamo
abbastanza lontano dagli altri perché ci sentano, decido di
chiarire subito ciò che Gemma crede di aver visto.
«Ciao, raggio di sole. Prima che quella tua testolina
elabori tutte le ipotesi peggiori, sappi che ho detto a
Samantha di essere tornato insieme alla mia ex e che non
sono interessato a lei… per quello stavamo parlando in
disparte. Sei bellissima comunque» affermo, mentre cerco
di spostare con la forza dello sguardo la leggera stoffa
azzurra che avvolge il suo corpo.
«Ciao, Francesca» aggiungo infine, senza però staccare
mai gli occhi da Gemma.
«Ciao, Ale. Mi avvio verso il gruppo… venite anche voi?»
e ci precede, per darci modo di rimanere un pochino
indietro e continuare la nostra conversazione con un po’ più
di privacy.
«Non mi piace l’idea di averti vicino e di non poterti
toccare…» la informo, prima di seguire Francesca, a
qualche metro di distanza.
«Non durerà ancora molto, non ti preoccupare. Scusa se
ti ho guardato male mentre parlavi con Samantha… avrei
253
dovuto sapere che non c’era nulla di losco nella vostra
conversazione» ammette.
«Mi fa piacere vederti gelosa… mi fa sentire tuo.»
«Tu sei mio» mi conferma, poi mi guarda per un attimo e
mi sorride, con la luce che solo gli innamorati hanno negli
occhi.
254
26.
GEMMA
«Ehi, Gemma, dove hai lasciato il tuo ragazzo?» si
informa Davide.
«È andato a Siena per qualche giorno, sarà presto di
ritorno» rispondo convinta, ostentando un sorriso falso.
Alessandro si comporta come se nulla fosse: saluta i suoi
amici, ordina uno spritz e si accende una sigaretta,
concedendosi appena qualche sguardo furtivo nella mia
direzione.
Quando è ora di andare, Alessandro propone a me e
Francesca di salire in auto con lui e lo fa platealmente,
davanti a tutti, con la scusa che in centro sarà difficile
trovare parcheggio.
Nascondo il divertimento, mentre mi viene in mente la
teoria che utilizzava al liceo.
256
trovare in questo ristorante. La mia spensieratezza scende
in picchiata: speravo di vivere questa bellissima serata
segreta con Ale, e invece il karma ha deciso di punirmi, forse
a ragione.
Non ci posso credere… ma che cavolo ci fa qua? Avrebbe
potuto avvisarmi, no?
«Simo, non mi avevi detto che saresti tornato» esordisco,
andandogli incontro.
Lui, in tutta risposta, si alza e viene verso di me,
impossessandosi della mia bocca, nella quale fa entrare la
lingua con decisione, euforico.
«Volevo farti una sorpresa perché… indovina un po’ chi è
il nuovo responsabile della filiale di Milano dell’azienda?»
mi domanda, retorico.
Questa volta mi si allarga un sorriso sincero sul viso: non
posso non essere contenta che il suo sogno si sia avverato.
«Davvero?» gli chiedo, fiera di lui.
«Davvero, piccola!»
Non posso evitare di gioire con lui e lo abbraccio. In quel
momento, Alessandro fa capolino nel mio campo visivo:
impossibile non notare lo sguardo marmoreo con cui sta
squadrando me e il suo amico.
Mi affretto a staccarmi da Simone per rendere partecipe
del momento anche Alessandro. «Rcconta anche ad Ale la
grossa novità» lo sprono e lui lo ascolta, per poi
abbracciarlo e complimentarsi, sinceramente contento.
Dopodiché Simone informa i nostri amici che offrirà lui la
cena a tutti, per festeggiare la riuscita della sua impresa.
«Ragazzi, avete davanti agli occhi il responsabile della
257
filiale che aprirà a Milano: ho convinto mio padre, quindi
niente feste di addio a fine anno, resterò qua con voi e con
la mia bella fidanzata» annuncia orgoglioso, prima di
attirarmi a sé per un bacio plateale.
Alessandro interviene con la velocità di un fulmine, con
l’unico intento di farlo allontanare da me. «Allora, Simone,
racconta: come hai convinto il tuo vecchio?» gli chiede,
mentre si accomoda accanto a lui, in modo da creare una
distanza ancora maggiore tra noi. Simone non ci fa caso,
d’altronde non ha nessun motivo per sospettare che il suo
migliore amico voglia tenerlo lontano dalla sua ragazza.
Fingo disinvoltura e vado ad accomodarmi dall’altra parte
del tavolo, accanto a Francesca, mentre ascolto il racconto
di Simone: «Non ho dovuto faticare molto. Con mia grande
sorpresa il consiglio di amministrazione era dalla mia parte,
così alla fine anche mio padre ha dovuto ammettere che la
mia è una grande idea» spiega entusiasta.
«Ora non ti resta che specializzarti» commenta
Alessandro, alzando un bicchiere di prosecco per farlo
tintinnare con quello del suo amico.
La serata scorre lenta e io noto Alessandro essere sempre
più nervoso.
È di fronte a me, vorrei allungare una gamba sotto al
tavolo per toccarlo, rassicurarlo, ma non appena mi decido
a farlo lui si alza con la scusa di andare a fumare una
sigaretta. Prima di andare però, mi lancia un’occhiata
significativa e indica con la testa nella direzione del bagno,
poi si incammina dalla parte opposta, cioè verso l’uscita.
Lascio trascorrere qualche secondo, poi mi alzo per
258
raggiungere la toilette. Appena varco la soglia, sento una
mano che mi afferra per un braccio lasciandomi giusto il
tempo di captare la muscolosa figura di Alessandro che mi
preme contro la porta appena chiusa alle mie spalle.
La sua bocca si impadronisce della mia.
«Sto diventando pazzo» mormora a fior di labbra, mentre
cerca di controllare il suo respiro accelerato.
Appoggio la fronte al suo petto, ispirandone a fondo il
profumo. «Gli parlerò questa sera. Porta pazienza ancora
qualche ora… da domani sarà tutto finito» lo rassicuro.
«Ti giuro, mentre ti baciava avrei voluto prenderlo a
pugni… sono arrivato al limite, Gemma» mi confessa, non
senza difficoltà, e io non posso evitare di sentirmi in colpa.
Se l’altro giorno avessi detto a Simone il motivo per cui ero
andata a casa sua, a quest’ora Alessandro non sarebbe
costretto a mentire ancora al suo migliore amico per
proteggere me.
Lo stringo tra le braccia e lui ricambia per qualche istante.
«Torno di là. Aspetta qualche minuto prima di
raggiungerci» mi posa un bacio sulla fronte ed esce
dall’antibagno.
Mi prendo un attimo per riorganizzare le idee: non avrei
immaginato di vedere Alessandro così provato dalla
situazione, d’altronde l’arrivo di Simone non era proprio
previsto. Per un attimo mi piacerebbe essere ancora in
macchina, accanto al ragazzo che amo, a scherzare sereni
come quando eravamo al liceo.
Una volta tornata al nostro tavolo, mi impongo di
sorridere e di recitare la parte della ragazza spensierata,
259
aiutata anche dagli occhi di Alessandro, che di tanto in tanto
si posano su di me più sereni rispetto a quando eravamo
nella toilette.
La serata mi sembra interminabile, ma finalmente arriva
il momento dei saluti.
Io salgo in macchina con Simone e decido di affrontare la
realtà, una volta per tutte.
D’accordo, non proprio la realtà. Solo la parte in cui
ammetto di non essere innamorata di lui.
«Senti… credo sia meglio torni a casa mia, questa sera»
cerco di intavolare il discorso, ma la risposta di Simone mi
stupisce.
«Sì, non ti preoccupare, ci avevo pensato anche io. Questi
giorni a Siena mi hanno davvero distrutto, ho bisogno di
farmi una bella doccia e riorganizzare le idee, ma prometto
che da domani sarò a tua completa disposizione» mi
assicura, lasciandomi spiazzata.
Credo Simone interpreti in modo errato il mio stupore,
perché cerca di rassicurarmi. «Non fare quella faccia. Ti
voglio sempre tantissimo, credimi. E se vuoi puoi venire
comunque a dormire da me… ma sono veramente distrutto
questa sera. Domani mi farò perdonare, piccola, te lo giuro»
promette, sfoggiando un sorrisino malizioso, mentre con un
dito percorre delicatamente il mio profilo dal collo fino alla
fine della gonna che indosso, indugiando per un po’ quando
arriva sulla pelle nuda.
«Avrei bisogno di parlarti» taglio corto, ma Simone è
deciso a rimandare ogni cosa a domani mattina.
«Lo so, piccola, e anch’io. È stato un periodo un po’
260
delicato per entrambi, ma vedrai che ne usciremo più forti
di prima. Domani mattina ti aspetto da me per parlare di
tutto… dopodiché non uscirai dal mio letto fino a dominica
sera» promette, mentre risale sotto alla stoffa del mio
vestito con la mano.
Istintivamente serro le cosce.
«Lo vedi? Sei stanca anche tu… rinviamo ogni cosa a
domani, ti prometto che non te ne pentirai.»
Per l’ennesima volta sto per cedere, ma non posso più
rimandare: lo devo a Simone, che non merita di vivere in
questa farsa, lo devo ad Alessandro, che mi ama e mi aspetta
in silenzio, ma soprattutto lo devo a me stessa, perché è
finalmente arrivato il momento di smetterla di vivere nella
menzogna.
Resto in silenzio fino a quando la macchina non si ferma
davanti a casa mia, sospiro e mi giro leggermente verso di
lui.
«Simone, devo parlarti adesso» insisto, e finalmente lo
vedo cedere e spegnere la macchina.
«E va bene… allora, piccola: cosa c’è di così urgente?» mi
domanda, quasi sarcastico.
Lo dico tutto d’un fiato, togliendomi almeno questa spina
dal cuore. «Non sono innamorata di te.»
Lo vedo da sotto le ciglia mentre sgrana gli occhi per la
brutta sorpresa, ma evidentemente si aggrappa alla debole
possibilità di aver sentito male. «Come, scusa?» domanda,
incredulo.
Distolgo completamente lo sguardo.
«Mi dispiace, Simone. Ti sei accorto anche tu che le cose
261
non sono andate esattamente nel migliore dei modi
nell’ultimo periodo… credimi, non voglio farti del male» gli
assicuro.
«Cosa mi stai dicendo esattamente, Gemma?» mi
domanda con voce tremante.
Mi stringo nelle spalle mentre ricaccio indietro lacrime di
dispiacere. «Non posso più stare con te» affermo e, dalla
sua espressione, comprendo di avergli inflitto il colpo di
grazia.
«C’è un altro, non è vero?» mi domanda sconfitto.
Un brivido di paura mi percorre la schiena, ma nego
prontamente, certa che non possa in alcun modo aver
scoperto la verità. «No. Certo che no. Questa cosa riguarda
solo noi due. Ti voglio bene, davvero, e mi piacerebbe
restarti accanto… ma non posso essere la tua ragazza, non
più» cerco di spiegargli.
Si passa una mano sul viso, una, due, tre volte e io resto in
attesa. «È meglio che tu vada a casa ora» commenta solo,
con un tono così freddo che quasi non lo riconosco.
Anzi, polare credo sia il termine corretto.
Istintivamente allungo una mano, con la chiara
intenzione di posarla sulla sua guancia, ma lui si scansa.
«Se hai finito con le tue confessioni, Gemma, gradirei che
uscissi da questa macchina, adesso.»
Non posso più trattenere le lacrime.
È ferito, so di esserne responsabile, ma una parte di me
vorrebbe restargli accanto e consolarlo.
«Mi dispiace, Simone…» mormoro, prima di scendere
dalla macchina.
262
Aspetta a malapena di sentire il rumore della portiera che
si chiude alle mie spalle prima di partire nella notte, e la
brutta sensazione che possa andare a fare qualche cavolata
mi attanaglia lo stomaco.
Entro velocemente in casa e cerco con urgenza il cellulare
nella borsa. «Pronto, Ale, ho lasciato Simone…» lo informo,
ma mi accorgo perfettamente che il mio tono trasuda ansia
crescente.
Alessandro rimane in silenzio per un po’, poi decide di
approfondire. «Come stai?» mi domanda, senza sapere
bene cosa dire.
So che non vede l’ora di gioire, ma ha avvertito dal mio
tono che qualcosa non va.
«Io sto bene, Simone invece… Senti, domani ti racconterò
tutto, ma adesso ti prego, prova a chiamarlo. Ho paura vada
a fare qualche cavolata… non era in sé.»
Alessandro coglie al volo la serietà della mia richiesta e
non perde tempo. «Lo chiamo subito» mi assicura. «Ti
amo, raggio di sole.»
Senza attendere la mia risposta, interrompe la
conversazione.
263
27.
ALESSANDRO
Sto provando a contattare Simone, ma non ottengo
nessuna risposta così, dopo l’ennesimo tentativo andato a
vuoto, decido di mettermi al volante e guidare fino a casa
sua, sperando di trovare la macchina parcheggiata sotto al
palazzo.
Tiro un gran respiro di sollievo nel costatare che, grazie a
Dio, la sua auto è nel parcheggio. Decido comunque di
suonare, sperando mi apra e, in contemporanea, lo chiamo
per l’ennesima volta al cellulare.
«Pronto?» la sua voce scontrosa mi prende in
contropiede.
«Sono sotto casa tua. Mi apri?» domando, ma il mio
amico interrompe la chiamata.
Qualche secondo, e il portone si apre.
Faccio le scale a due a due, fino ad arrivare al suo
pianerottolo.
«Cosa vuoi?» mi accoglie scorbutico, senza accennare a
lasciarmi entrare.
«Solo vedere come stai» lo informo, con onestà.
Simone mi guarda con sospetto, così gli spiego che
Gemma mi ha chiamato. «Mi ha detto che era molto
preoccupata e mi ha supplicato di venire a controllare…» gli
spiego.
Lui si fa da parte e lascia che io varchi la soglia del suo
appartamento.
«Come fa ad avere il tuo numero?» mi guarda con
sospetto.
264
«L’ha chiesto a Francesca» improvviso scaltro, mentre
inizio a sudare per la tensione.
«Ti ha detto che mi ha lasciato?» mi chiede, sprofondando
sul divano, con una birra in mano.
Mi siedo accanto a lui. «Mi ha accennato… era molto
preoccupata. In ogni caso, sono sicuro tenga molto a te»
spero sia la cosa giusta da dire, ma non ne sono troppo
sicuro.
«Non abbastanza a quanto pare…» osserva rassegnato,
buttando giù metà del contenuto della bottiglia.
«Vacci piano con quella» lo avverto. «Bere non ti servirà
a nulla.»
Simone mi rivolge uno sguardo di avvertimento. «Sei
abbastanza intelligente da capire che in questo momento
dovresti farti i cazzi tuoi» mi avvisa e, in tutta risposta, gli
tolgo la bottiglia dalle mani.
«Oltre che intelligente sono abbastanza tuo amico da dirti
che così sembri un ragazzino. Inoltre, il nuovo Simone mi
piace molto più del vecchio e ti assicuro che il Simone che
ragiona non si attaccherebbe così alla bottiglia per una
donna» lo rimprovero.
«Non farmi la morale. Se rigavo dritto era per essere
all’altezza di Gemma, ora non ha più senso» osserva,
mentre cerca di riprendersi la birra.
«Finiscila. Ha più senso di prima invece, perché adesso lo
fai per te stesso, e non per gli altri. Vuoi restare a Milano e
dimostrare a tuo padre cosa sei in grado di fare? Allora evita
il pietoso coma etilico in cui ti stai imbattendo e reagisci»
cerco di spronarlo.
265
Per un attimo mi sembra di scorgere un barlume di
determinazione nei suoi occhi.
Sospira e si stende sul divano, scansandomi. «Ho perso
Gemma» dice, più a se stesso che a me.
Sono una persona orribile.
Mi alzo e inizio a camminare nervoso per la stanza, senza
riuscire a dirgli nulla.
«L’ho sempre saputo, in fondo. Lei era troppo per me»
ammette, e decido di dover intervenire. «No, Simone,
ascoltami: nessuna donna è troppo per te. La decisione di
Gemma non ha nulla a che fare con il tuo valore. Sei
cambiato per lei… hai fatto tutto ciò che potevi in nome
della vostra relazione. Ci ho parlato prima di venire qua: ti
vuole bene, Simone. Nutre per te un affetto e una stima
davvero sinceri» gli assicuro, ma la verità è che sono l’amico
peggiore che avrebbe mai potuto incontrare.
Sono una merda, non c’è altro da dire.
«E allora perché mi ha lasciato?» mi domanda, come se io
potessi avere una risposta plausibile per riaggiustare il suo
cuore ferito. Temporeggio, perché so che dovrò mentirgli
ancora. «Non ci sono sempre delle spiegazioni. A volte
finisce e basta. Non permettere a questa rottura di rovinare
tutti i tuoi progetti. Sei più forte di così» asserisco,
indicandogli la bottiglia che ancora tengo in mano.
«Vado a farmi una doccia» dichiara dopo qualche istante
di silenzio, e io ne approfitto per scrivere a Gemma.
266
Vedo che visualizza il messaggio, ma non invia una
risposta. Probabilmente teme che uno scambio di messaggi
tra noi possa in qualche modo insospettire Simone. Mentre
sono da solo in salotto, mi concedo un unico, brevissimo
sorriso, pensando che la mia donna è finalmente tutta e solo
mia.
267
altro goal all’incrocio dei pali.
Quando decidiamo di spegnere la Play, è quasi l’alba.
«Ale, vai a casa. Non che non gradisca la tua compagnia, già
ti ho detto quanto abbia apprezzato ciò che hai fatto, ma
sono quasi le cinque e il divano è scomodissimo. Ti
prometto che non farò cazzate in tua assenza» mi assicura.
Lo guardo, per un attimo indeciso, ma poi ammetto con
me stesso che ha ragione: è molto più tranquillo adesso, la
sbronza è passata e sicuramente crollerà nel sonno più
profondo in pochi minuti.
«Va bene, ma chiamami per qualsiasi cosa, intesi?» gli
dico, puntandogli un dito in segno di avvertimento.
«Certo, non preoccuparti. E vedi di non rompere il cazzo
tra qualche ora, perché ho intenzione di starmene a letto a
cazzeggiare tutta la domenica» mi avvisa.
«Ciao, Simo» gli dico uscendo, e lui ricambia il saluto,
chiudendo la porta.
A questo punto la cosa più logica da fare sarebbe andare a
dormire, invece mi ritrovo sotto casa di Gemma.
Resto un po’ in auto, indeciso se chiamarla o meno.
Sicuramente a quest’ora starà dormendo.
Tento con un messaggio.
➢ Sei sveglia?
270
Affondo in lei.
Mia, solo mia, finalmente, in tutti i modi possibili.
271
28.
GEMMA
Sono passate ormai due settimane da quando io e
Alessandro siamo ufficialmente una coppia o, detta in altri
termini, sono passati quattordici giorni da quando ho
lasciato Simone.
Questa settimana è stata molto frenetica per Alessandro,
a causa del lavoro, e molto noiosa per me, dato che sono a
casa in questo periodo.
Ho iniziato a inviare qualche curriculum ad alcune
aziende che mi interessano particolarmente, ma la verità è
che non mi metterò seriamente alla ricerca di un lavoro fino
alla fine dell’estate.
Sono immersa nella tranquilla beatitudine del giardino di
Alessandro: ci siamo distesi su una coperta, sotto agli
alberi, e sto ascoltando la mia musica preferita con le cuffie,
mentre sonnecchio.
Lui è accanto a me e sta traducendo una parte del film che
gli hanno assegnato. Vuole dare il cento per cento in questo
nuovo lavoro, così capita si porti del lavoro a casa.
Di tanto in tanto, qualche delicata carezza tocca la mia
pelle, provocandomi piccoli brividi stuzzicanti e io non
posso fare a meno di sorridere di pura felicità, dato che in
queste ultime settimane è stato come vivere in un sogno a
occhi aperti.
Ogni tanto cedo al brutto pensiero di quanto tempo
abbiamo sprecato a causa mia, ma oramai è inutile
rimuginare: non si torna indietro, però possiamo essere
grati di ciò che ci riserverà il futuro.
272
Siamo rilassati, tranquilli, in uno di quei pomeriggi in cui
non faresti altro che startene disteso senza pensare, uno di
quei momenti in cui ti crogioli nell’idea di non avere nulla
di urgente da fare.
Mi riscuoto improvvisamente quando una voce maschile,
alta e minacciosa, arriva da oltre la siepe.
«Alessandro!»
Ci guardiamo, interdetti per un attimo, ma nessuno dei
due accenna ad alzarsi.
«Alessandro, so che ci sei: ho visto la macchina» ci
informa la voce, sempre più alterata.
Siamo sul retro della casa, quindi non possiamo vedere di
chi si tratta, ma entrambi abbiamo riconosciuto la voce.
Mi lancia un’occhiata che definire “allarmata” non rende
l’idea.
Terrorizzata ci si avvicina di più.
«Cazzo. Sembra ubriaco… non muoverti da qua» mi
ordina e, senza aspettare una risposta da parta mia, si
affretta verso casa.
«C’è anche Gemma?» sento domandare.
Biascica le parole, non ricordo di averlo mai sentito così.
Un attimo: perché chiede di me?
Una brutta, bruttissima sensazione muove la bile nel mio
stomaco, mentre mi alzo in piedi, pronta per nascondermi,
scappare, o qualsiasi altra cosa sia raccomandabile fare in
queste circostanze.
Aspetto un segnale da parte di Ale, o di qualche divinità,
ma non capto nulla.
Non sento la risposta di Alessandro, dato che parla in
273
modo pacato rispetto al suo amico ma, qualsiasi cosa abbia
detto, Simone non ne è soddisfatto.
«Non mi prendere per il culo, cazzo! Dov’è Gemma?»
insiste, e le mie ginocchia iniziano a tremare.
Porto una mano al petto, per intimare al cuore di calmarsi,
ma non mi dà retta.
Poco dopo vedo le figure dei due ragazzi fare capolino, uno
sconfitto in volto, l’altro incazzato come mai mi era capitato
di vederlo.
«Bene, bene, bene… dunque, eccola qua. Meglio, così mi
risparmierò il disturbo di guidare fino a casa tua»
commenta tagliente.
Sono paralizzata.
Cerco lo sguardo di Alessandro per capire quanto possa
essere grave la situazione, ma i suoi occhi disorientati mi
rivelano che non ha idea di cosa stia succedendo.
«Ciao» gli dico, sentendomi cretina.
Perché mi sento così spaventata? In fondo potrei essere
passata da Alessandro per qualsiasi motivo, giusto?
Magari proprio per informarmi a proposito di Simone.
Il mio ex mi rivolge un sorriso cattivo, forzato e, in qualche
modo, sinistro. «Dimmi, Gemma, è stato divertente farmi
passare per un cretino?» mi domanda, con un tono così
affilato che per un attimo credo di sentire una lama
lacerarmi la carne.
«Non ho mai fatto nulla del genere» rispondo tremante,
senza sapere bene dove porterà questa conversazione.
«Facciamo il punto della situazione, allora» e, così
dicendo, allunga qualche passo verso di me.
274
Alessandro si piazza tra me e lui, protettivo, dato
l’atteggiamento di Simone è oltremodo minaccioso.
Si squadrano con un eloquente segno di vicendevole
avvertimento, poi Simone sghignazza.
Infine, è un attimo.
Non riesco neanche a rendermene conto, che un pugno
ben assestato colpisce con una furia inaudita lo zigomo di
Alessandro, girandogli il viso e facendogli perdere
l’equilibrio.
Un urlo mi scappa dalle labbra e mi avvicino a lui, che
però mi blocca, facendomi segno di non avvicinarmi
ulteriormente.
Vedo Alessandro portarsi una mano sul volto, cercando di
rialzarsi, mentre Simone incombe su di lui. «Con te faccio i
conti dopo, bastardo» lo apostrofa, con una rabbia tale da
farmi venire i brividi per tutta la lunghezza della colonna
vertebrale.
Assisto impassibile alla scena, non sapendo esattamente
cosa fare.
Adesso il mio ex si volta verso di me e in un attimo mi è
accanto.
Trattengo il respiro, convinta che possa colpire anche me,
invece lancia un settimanale ai miei piedi.
«Spiegami, Gemma. Vediamo che storia divertente ti
inventerai questa volta» ringhia, mentre la figura di
Alessandro si fa più vicina, pronta a intervenire.
Mi chino e prendo tra le mani il giornale. Noto solo ora
che è aperto su un servizio dedicato a mia sorella e suo
marito. Il titolo recita: “Un amore nel ghiaccio”, e sotto
275
riporta alcune foto degli ultimi anni, insieme a un’intervista
esclusiva di Luca.
Leggo qui e lì l’articolo, senza capire cosa possa aver
scatenato la furia di Simone. Vedo Alessandro sporgersi più
vicino al mio viso, per poter verificare di persona quelle
pagine stampate.
Vedendo le nostre perplessità, Simone indica una foto in
particolare, spazientito, ed ecco che tutto si fa chiaro:
l’immagine ritrae Giulia e Luca in primo piano, il giorno del
matrimonio, ma alle loro spalle, tra vari invitati felici, io e
Alessandro compariamo stretti in un abbraccio
inequivocabile.
La mia mente inizia a lavorare febbrilmente, in cerca di
una scusa plausibile, ma è Alessandro a parlare, deciso a
non mentire. «Sì, è vero, Gemma e io siamo stati insieme»
ammette, rassegnato.
Simone lo guarda con aria di sfida. «Oh, mi era
abbastanza chiaro, grazie per la delucidazione. La storia
sarebbe già abbastanza avvilente, ma non è finita qui,
giusto?» vuole approfondire, squadrandoci entrambi con
disprezzo, serrando le labbra in una linea dura.
«Non so di cosa parli» ci prova Alessandro, e Simone gli
va pericolosamente vicino, sfiorandolo con il naso. «Ti
ricordi quella storiella carina che mi hai rifilato dicendomi
che ti sbattevi la tua ex? Beh, faceva un sacco ridere, fino a
quando oggi non ho sfogliato questo cazzo di giornale
mentre aspettavo il mio turno dal barbiere. Perché non mi
hai detto che eri innamorato della mia ragazza, porca
puttana?» sembra una furia, e Alessandro gli fa cenno con
276
le mani, in segno di resa, cercando di calmarlo.
Ormai non ha più senso fingere.
«Non volevo ferirti» confessa sincero.
Simone sfoggia un sorrisino ironico e mi lancia
un’occhiata torva, prima di inchiodare nuovamente lo
sguardo su Alessandro.
«Il bastardo non voleva ferirmi… che carino, grazie del
pensiero. I tuoi intenti però sarebbero risultati più efficaci
se ti fossi tenuto il pisello nei pantaloni, invece di scoparti
la mia ragazza!» gli sbraita contro.
«Tu, non hai niente da dire?» si rivolge a me, con una voce
che trasuda disprezzo.
Avrei mille cose in questo momento da esternare ma,
mano a mano che le passo in rassegna nella mia mente,
capisco che nessuna delle spiegazioni che potrei offrirgli gli
risulterebbe sufficiente.
«Lo so cosa pensi, ma ti assicuro che l’unico intento che
avevamo era quello di farti meno male possibile» cerco di
spiegargli.
«Un metodo interessante quello di scoparti il mio
migliore amico» puntualizza con un ringhio, stringendo i
pugni e avanzando di un passo nella mia direzione.
Alessandro gli posa una mano sul petto, per fermare la sua
avanzata.
«Nessuno si è scopato nessuno! Simone, guardami: non
hai neanche idea di quanto mi maledica e quanto abbia
provato a stare al mio posto, ma per me Gemma è… tutto.»
Ha il viso di chi scopre completamente le proprie carte,
dato che ormai non ha più nulla da perdere.
277
Nonostante la situazione, le parole di Alessandro mi
colpiscono al cuore, riscaldandolo per un attimo, e non
posso fare a meno di sorridergli, nell’istante fugace in cui
lancia un’occhiata nella mia direzione.
«Da quanto?» domanda Simone, questa volta rivolto a
me.
«Non è importante» cerco di deviare quella risposta.
Non voglio mentirgli, ma sapere la durata della relazione
tra me e Alessandro, non farebbe che peggiorare le cose.
«Proviamo con te allora, Alessandro. Da quanto tempo ti
scopi Gemma?»
Mi guarda negli occhi per un attimo, poi abbassa lo
sguardo, sconfitto.
«Dalla sera in cui avevate litigato per il suo vestito verde»
ammette, in un sussurro sfinito, e un altro colpo arriva sulla
stessa parte del viso, questa volta più in basso, sulla
mascella, e subito del sangue scivola dalla bocca, lungo il
collo.
Potrebbe reagire, ma non lo farà… so che ha tacitamente
deciso di subire ogni colpo deciderà di assestargli Simone.
«Basta!» sento la mia voce stridula implorare Simone di
farla finita, ma nessuno dei due sembra sentirmi.
«Sono settimane che te la porti a letto! Come ci si sente,
eh? Scommetto che ti sei fatto delle grandi risate quando ti
ho confessato che sospettavo della sua fedeltà» sostiene
tagliente.
«Non sai di cosa parli… tu non hai idea di che periodo sia
stato per me, per noi» e questa parola, noi, non avrebbe
dovuto usarla, ma se ne rende conto troppo tardi.
278
Simone sposta lo sguardo da lui a me, e di nuovo da me a
lui, con uno sguardo incredulo, quasi ironico. «Voi? Voi?
Oh, poverini. Ero solo un peso, non è così? Eravate le due
persone di cui più mi fidavo, cazzo! Cos’è, pensavi a lui
anche quando facevi sesso con me?» mi domanda
provocatorio, e dagli occhi lascia trapelare per un attimo
tutta la disperazione che prova.
Si passa una mano sul viso, frustrato.
«Non avrei mai voluto lo scoprissi così» ammetto,
sottovoce.
«Non avrei proprio dovuto scoprirlo, giusto? Era questo il
piano» mi corregge, serrando forte la mascella.
Alessandro prova a spiegargli come sono andate le cose,
anche se non ho idea di cosa speri di ottenere: abbiamo
torto su tutti i fronti.
«Quando sono tornato da Londra, eri felice. Felice perché
finalmente avevi una donna. Eri cambiato: studiavi, non ti
ubriacavi tutte le sere, non finivi nel letto di sconosciute.
Quando ho scoperto che era Gemma la ragazza che aveva
avuto questo effetto positivo su di te, mi sono sentito
morire. Avevamo deciso di stare lontani, di non dirti che ero
il suo ex, per non complicare le cose… l’ho sempre amata,
Simone. Lo hai sempre saputo anche tu. Quando ti ho
raccontato che avevo rivisto la mia ex mi hai detto che era
destino, che non avrei dovuto sentirmi in colpa. Ebbene,
non mi sento in colpa per ciò che io e lei abbiamo fatto…
però odio me stesso per averti ferito. Non ti ho detto nulla
solo per non farti stare male, devi credermi.» Il suo volto è
tirato, la confessione gli è costata parecchio, ma non sono
279
sicura che Simone stesse ascoltando.
Passa qualche secondo, ma finalmente vedo i pugni del
mio ex rilassarsi, credo abbia finito di usarli, almeno per il
momento. «Non mi interessano le vostre scuse. Eri il mio
migliore amico e sta’ pur certo che ora non lo sei più.»
Poi si rivolge a me. «E tu: eri la mia donna, ti consideravo
una ragazza fantastica, unica… avrei fatto qualsiasi cosa per
meritarti, e invece ti sei rivelata la peggiore di tutte. Una
dritta per il futuro, per tutti e due: non c’è mai un buon
motivo per non dire la verità» e, così dicendo, si volta e si
allontana verso il cancello.
280
29.
GEMMA
Senza dire una parola, mi affretto nella stessa direzione di
Simone e lo prendo per un braccio, fermandolo, resistendo
alla tentazione di confortarlo.
«Allora?» mi chiede brusco.
«Non volevamo mentirti, Simone… e non volevamo farti
del male» gli rivelo, con tutta la sincerità di cui sono capace.
«Perché non mi hai detto che lo conoscevi? Perché quella
maledetta sera in cui pensavo di presentarti il mio migliore
amico non mi hai detto chi era in realtà?» mi chiede,
appoggiandosi al muro della casa, come se non avesse più
le forze per tenersi in piedi.
«Perché avrei creato una situazione imbarazzante, e
problemi tra voi… volevo evitarlo. Ciò che è successo dopo…
beh, nessuno lo aveva previsto.»
«Sei stata a letto con tutti e due negli stessi giorni.
Credevo fossi diversa e invece tu…» non termina la frase,
ma non ce n’è davvero bisogno.
Mi avvicino piano, mentre le lacrime iniziano a scivolare
dai miei occhi, senza che io possa fare nulla per fermarle.
«Ti voglio bene, Simone. So che non mi credi e che forse
non mi perdonerai mai, ma credo sia importante tu sappia
che il tuo migliore amico non ti avrebbe mai tradito. Sono
stata io. Quella sera in cui tutto è iniziato, sono stata io a
raggiungerlo a casa sua, a buttarmi tra le sue braccia. Lui
avrebbe aspettato, e sempre lui mi ha detto che non mi
avrebbe più portato a letto fino a quando non avessi chiarito
la situazione con te. Mi ha sempre lasciata libera di
281
scegliere… e io ho preso le mie decisioni, sbagliando
drasticamente tutto. Quindi sfogati, insultalo, odialo, ma
appena sarà passata la rabbia, sappi che ti vuole bene come
se fossi suo fratello. Sta male almeno quanto te per ciò che
è successo.»
Se il nostro rapporto è finito, spero almeno di salvare la
loro amicizia.
Alza uno sguardo alle mie spalle, probabilmente
Alessandro ci ha raggiunti, poi mi rivolge un sorriso
velenoso. «Mi sei corsa dietro solo per perorare la causa del
tuo ragazzo?» si informa.
«No. Non volevo te ne andassi così, volevo capissi come
stanno le cose. Io e Ale ci portiamo appresso una storia
importante, lunga… e onestamente mai finita. Stavamo
cercando entrambi di andare avanti, ma per uno strano
scherzo del destino ci siamo ritrovati vicini… di nuovo. Non
volevamo farti soffrire… spero che con il tempo ti renda
conto che sono sincera» asserisco, guardandolo da sotto le
ciglia.
Il suo sguardo continua a fissarmi severo. «Se hai finito,
io andrei a casa» e, senza aspettare una risposta, si volta,
deciso a non fermarsi.
Io e Alessandro restiamo in silenzio. a guardare il punto
in cui la figura di Simone è scomparsa. Mi volto e mi
avvicino al mio ragazzo.
«Fammi vedere il viso» gli dico, ma lui si scansa e si volta
verso gli alberi, tornando a sedersi sulla coperta, guardando
l’erba davanti a sé.
«Abbiamo sbagliato tutto» sospira.
282
Mi siedo accanto a lui. «Io ho sbagliato, Ale. Non tu…»,
cerco di convincerlo, ma lui mi interrompe. «Apprezzo ciò
che hai detto a Simone, Gemma, ma c’ero anche io: quella
sera in cui sei venuta da me, con quel bellissimo vestito
verde, c’ero anche io. Avrei potuto rispedirti a casa, avrei
almeno dovuto tentare… e invece la verità è che non vedevo
l’ora di fare l’amore con te. Queste due settimane sono state
bellissime: è meraviglioso averti di nuovo accanto come un
tempo, ma era chiaro che prima o poi ci saremmo dovuti
scontrare con la realtà… e oggi è avvenuto nel peggiore dei
modi» il suo tono è colpevole, quasi disperato, affranto.
«Quello che ho detto lo penso veramente. La miccia di
questa bomba l’ho accesa io. So che adesso Simone è deluso,
arrabbiato, ferito… ma con il tempo capirà che quello che è
successo tra noi non ha nulla a che vedere con il tuo valore
come persona. So che detto in questo momento può
sembrare un paradosso incredibile, ma Simone ha bisogno
di un amico come te.»
Alessandro mi rivolge un sorriso grato, ma decisamente
poco convinto, mentre strappa distratto un ciuffetto d’erba,
chiudendosi nei suoi pensieri.
Senza dire nulla entro in casa, prendo l’acqua ossigenata,
del cotone, un po’ di ghiaccio in un sacchetto, e infine un
cerotto, il tutto ringraziando le divinità che hanno mandato
al mare i genitori di Alessandro: sarebbe stato ancora più
penoso se fossero stati obbligati ad assistere allo
spettacolino.
Quando torno in giardino, cerco di sfoggiare un sorriso
rassicurante.
283
«Fammi vedere.» Questa volta non si scosta. Bagno il
cotone con l’acqua ossigenata e cerco di pulire via il sangue
essiccato: ha un piccolo taglio sul labbro, ma con piacere
scopro che il cerotto che ho portato non sarà necessario,
dato che la piccola ferita ha già smesso di sanguinare.
Gli accarezzo poi lo zigomo ormai gonfio, prima di
appoggiarci sopra il ghiaccio, guardando l’espressione
sofferente fare capolino per un attimo sul suo viso. «Ti
amo» gli dico, e lui punta gli occhi nei miei.
«Anche io ti amo… e sono maledettamente contento tu sia
mia, nonostante tutto» ammette, sorridendomi.
Gli bacio delicatamente le labbra, senza mai togliere il
ghiaccio dalla sua guancia, poi restiamo per un po’ a
fissarci, felici, malgrado ciò che è successo oggi pomeriggio.
Senza dire nulla, Alessandro mette la sua mano sopra alla
mia, intenta a reggere il ghiaccio, e la prende delicatamente,
facendo cadere il sacchetto freddo sulla coperta. Avvicina il
palmo della mia mano alla bocca, baciandolo senza mai
staccare i suoi occhi dai miei, tanto che le sue intenzioni
diventano subito chiarissime.
«Siamo in giardino… qualcuno potrebbe vederci» gli
faccio notare.
«Siamo dietro casa, la siepe è alta, i miei non ci sono… e
io ho bisogno di cancellare l’ultima mezz’ora dalla mente,
almeno per un po’. Dovrai trovare una scusa più
convincente di così» mi sfida malizioso.
«Non ne ho nessuna intenzione» ammetto a un soffio
dalla sua bocca, prima di allacciare le mie labbra alle sue,
lasciando che le nostre lingue si uniscano in una danza
284
famelica.
Mi sfila la maglia, che presto finisce sull’erba, poco
lontano dalla coperta.
Sento i nostri respiri farsi più intensi, vogliosi, mentre le
mie mani armeggiano impazienti con l’apertura dei suoi
pantaloni. Lo contemplo per un attimo mentre si sfila la
maglietta, poi passo le dita sul suo addome scolpito.
«Adoro quando mi guardi così» ammette, con un tono
basso ed eccitato.
«C’è così tanto da vedere qui» gli rispondo maliziosa, fino
ad arrivare con una mano sopra alla protuberanza che
sbuca da sotto i jeans ormai aperti.
Toglimi i pantaloni» mi ordina, distendendosi, dando
voce anche ai miei desideri, e non ho nessuna intenzione di
farmelo ripetere.
«Spogliati» mi dice, e il fatto di stare ai suoi ordini non fa
che aumentare la mia eccitazione. Mentre faccio come dice,
Alessandro si lecca istintivamente le labbra, facendole
diventare umide e lucide.
«Adesso vieni qui» mi invita impaziente.
Mi dedico alla sua eccitazione, la libero dai boxer e la
porto alle labbra.
Lui trattiene un gemito, mi afferra il viso e lo porta
impaziente verso la sua bocca.
È famelico.
Mi accomodo a cavalcioni sopra di lui e decido di prendere
le redini del gioco.
Lo faccio scivolare in me lentamente, senza fretta. Vedo il
suo volto reclinarsi indietro in una smorfia di piacere,
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mentre prendo un ritmo sempre più incalzante sopra di lui.
Raggiungiamo la vetta del piacere a poca distanza l’uno
dall’altra, e infine crollo sul suo petto, nascondendo il viso
soddisfatto nell’incavo del collo, circondata dal suo
buonissimo profumo.
«Sei una cosa… pazzesca» fatica a terminare la frase,
complice il fiato corto che l’orgasmo gli ha provocato.
«Tutto merito tuo» gli confesso.
Perché, se c’è una cosa che questa storia mi ha insegnato,
è che il mio corpo e il mio desiderio non rispondono in
questo modo a nessuno che non sia lui.
Mi accarezza dolcemente la schiena e rimaniamo per un
po’ abbracciati, nudi, nell’ombra del suo giardino.
Quando decido di scivolare al suo fianco, Alessandro
afferra la sua maglietta e me la passa, insieme alla mia
brasiliana rosa antico.
«Mettiti questi e torna qui accanto a me» dice, mentre
infila i boxer.
Quando finalmente sono di nuovo tra le sue braccia, mi
rendo conto che, ora che anche Simone sa la verità, è
arrivato il momento di riprendere il nostro percorso da
dove lo avevamo interrotto quattro anni fa.
«Alessandro, devo chiederti una cosa…» ci provo, con il
cuore che batte emozionato.
«Quello che vuoi, raggio di sole» risponde, mentre è
intento a posare dolci baci sul mio collo.
Mi allontano leggermente da lui, mentre i miei occhi
reclamano l’attenzione dei suoi.
«Vuoi venire a vivere con me?» gli domando, con le
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farfalle impazzite nello stomaco.
Lui mi osserva, cercando di capire la portata della mia
domanda, poi sorride e mi bacia, allacciandosi con
impazienza la mia lingua, ma questa volta si stacca presto,
con una smorfia, a causa del dolore al viso che inizia a farsi
sentire.
«Quindi, Gemma Bennetta, dopo quattro lunghi anni, sei
finalmente pronta a convivere con il tuo ex?»
«No. Non con il mio ex: con il mio fidanzato» sottolineo.
«Hai ragione, dimenticavo: nel nostro caso, mai dire ex»
mi ricorda, e io non posso che confermarglielo, con gli occhi
pieni di emozione per la nostra nuova vita insieme.
«Nel nostro caso, mai.»
FINE
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EPILOGO
ALESSANDRO
«Gemma, appena finirai di fare il bagno puoi venire in
salotto?» domando ad alta voce, in modo da farmi sentire
sopra al rumore dell’acqua corrente.
Ormai è passato un anno da quando Gemma mi ha chiesto
di andare a convivere e, quattro mesi dopo, avevamo già
trovato la casa adatta a noi. Nulla di pretenzioso: un
appartamento nuovo, appena fuori dal centro, di poco più
di ottanta metri quadrati.
Poco dopo essere tornati insieme sono riuscito a ottenere
un posto fisso alla Traslation Italy, e ne abbiamo
approfittato per fare il grande passo. Ormai da qualche
mese anche Gemma lavora in un’azienda, così abbiamo
raggiunto una certa stabilità.
Ogni tanto penso a quante cose sono successe da quando
sono tornato in Italia: ho riavuto la mia donna, siamo
andati a convivere e, dopo mesi di tentativi e silenzi, sono
riuscito a riavvicinarmi anche a Simone.
Per molto tempo mi ha giustamente ignorato: spesso gli
ho scritto, senza mai aspettarmi davvero una risposta anche
se, dentro di me, ci ho sperato ogni singola volta. Un giorno
come tanti poi, mi è arrivata una chiamata da parte sua…
non ci volevo credere.
La telefonata è stata breve: voleva solo informarmi che mi
avrebbe aspettato al bar alla solita ora, perché era arrivato
il momento di riprendere le nostre vecchie abitudini. Il
percorso non è stato facile e certamente non è ancora
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concluso: sto cercando di riconquistare la sua fiducia giorno
dopo giorno ma, da quella telefonata, dopo il lavoro ci
troviamo quasi sempre al bar per l’aperitivo insieme.
Simone è felice.
A gennaio ha finalmente inaugurato la sua filiale, e da
qualche mese esce con Francesca. Non avrei mai pensato
che quei due sarebbero finiti insieme un giorno o l’altro,
invece sembrano proprio completarsi, e io non posso che
essere felice, per entrambi. Negli ultimi tempi siamo anche
riusciti a vederci tutti e quattro insieme. Non posso dire che
non sia stato un po’ imbarazzante all’inizio, ma sono
convinto che abbiamo tutti voglia di lasciarci gli
avvenimenti spiacevoli dell’anno scorso alle spalle.
Vedo che Simone è ancora preso da Gemma in qualche
modo, ma credo che quello che sentono reciprocamente si
trovi nel dizionario sotto alla parola “affetto”, e la cosa non
mi infastidisce affatto.
Che dire invece di Gemma?
Beh, lei è la mia donna, la mia migliore amica, la mia
amante… Gemma è il raggio di sole che illumina ogni
momento della mia vita.
Questi mesi di convivenza sono stati incredibilmente
speciali, così belli e importanti da superare qualsiasi mia
immaginazione.
Oggi è il quattordici dicembre, il giorno del suo
compleanno, e la sto aspettando in salotto. perché ho una
sorpresa per lei.
«Gemma, ti manca molto?» insisto.
Quando entra nella vasca da bagno, soprattutto con il
289
freddo di questi giorni, non è facile vederla ricomparire
prima di quaranta minuti, così ho approfittato di questo
lasso di tempo per riportare alla sua mente una bellissima
serata di dieci anni fa.
«Sto arrivando.»
Quando finalmente fa capolino in salotto, con i capelli
bagnati e un pigiama buffo a tema natalizio, il mio cuore
accelera il suo ritmo, cosa che capita ogni singola volta che
il mio sguardo si posa sulla sua figura. Credo proprio che le
farfalle che sento puntualmente svolazzare quanto si tratta
di Gemma non se ne andranno mai dal mio stomaco.
La osservo divertito mentre i suoi occhi saettano curiosi e
sorpresi da me a ciò che ho preparato.
«Sono trascorsi esattamente dieci anni da allora» le
ricordo a bassa voce, mentre indico la stanza di fronte a noi.
Ho spostato il divano e il tavolino verso il muro, accanto
all’albero di Natale, e ho disposto a terra coperte e cuscini,
esattamente come era stato per il suo quindicesimo
compleanno; sembra incredibile, ma sono passati dieci anni
da quando abbiamo perso la verginità insieme, in quella
meravigliosa sera in cui abbiamo fatto l’amore per la prima
volta.
«C’è anche la cena cinese» osserva Gemma emozionata, e
per un attimo mi sento in imbarazzo, tanto da stringermi
nelle spalle, timoroso che non apprezzi ciò che ho
preparato.
«Volevo ricreare quel momento…» le spiego.
Gemma si volta verso di me, sorridendo, e mi regala un
bacio dolcissimo.
290
«Grazie, amore mio.»
«Devo dirti una cosa» le annuncio, schiarendomi appena
la voce. «Prima cosa: ti amo. Ti amo da quando all’uscita
della scuola mi hai sorriso, mentre Davide ci presentava. Ti
ho amata ancora di più quando, pochi mesi dopo, mi hai
donato la tua verginità, e non hai idea di quanto ti abbia
amata nel periodo in cui siamo stati lontani. Adesso
conviviamo da un anno, e ti amo ogni giorno, ogni istante:
ti amo quando facciamo l’amore, ma credo di amarti un
pizzico di più quando litighiamo. Ti amo, Gemma. Se c’è
una cosa di cui sono sicuro è che ti amerò per sempre» le
assicuro, sperando di farle comprendere quanto siano vere
le mie parole.
La contemplo per un attimo mentre mi sorride e si
avvicina, commossa, continuando a guardarsi intorno
incredula. «Seconda cosa?» mi domanda.
La prendo per mano e la porto sulle coperte, indicando un
sacchettino Pandora: è arrivato il momento di aggiungere
un altro charme al suo braccialetto di laurea. «Seconda
cosa, buon compleanno, raggio di sole» dico, porgendole la
confezione.
Si siede sulle coperte e si affretta ad aprire il regalo,
ricordandomi tanto una bambina il giorno di Natale.
All’interno della scatolina fa capolino il simbolo
dell’infinito e io, senza dire una parola, le sgancio il
bracciale e faccio scivolare anche il nuovo charme,
inserendolo accanto agli altri che raccontano la nostra
storia.
«Infinito: come il nostro amore» la sento sussurrare, forse
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più a se stessa che a me.
Alzo il suo viso verso il mio.
Con una mano risalgo sotto alla maglia del pigiama,
perfettamente consapevole che, dopo il bagno serale, non
indossa mai il reggiseno.
Sento il respiro di Gemma accelerare il suo ritmo, ma
quando le cose sembrano farsi compromettenti mi fermo
per un attimo, riportando alla nostra mente
quell’indimenticabile momento di dieci anni fa.
«Nessuno ci costringe a fare niente… saprò aspettare tutto
il tempo di cui avrai bisogno, per me è già stupendo poter
passare con te questa notte. Oggi è il tuo compleanno…
cos’è che vuoi fare? Ogni tuo desiderio sarà un ordine per
me» le sussurro, trattenendo un sorriso.
Gemma ride per un attimo, per poi guardarmi
intensamente, rivolgendomi un sorriso carico di significati,
intrinseco delle mille emozioni e situazioni che in tutto
questo tempo abbiamo vissuto.
Infine, mi risponde con la stessa frase di allora, ma con la
consapevolezza tutta nuova che questa volta sarà davvero
per sempre. «Voglio fare l’amore con te, Alessandro. Lo
voglio adesso… e all’infinito.»
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Nota dell’editore
CAMBIA IL VENTO
di Rebecca Quasi!
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Grazie!
Thomas Dri
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Historical Romance
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