I Russi e Il Grand Tour Nel Regno Di Napoli. Viaggi, Diplomazia, Collezionismo. Bella TAKUSHINOVA
I Russi e Il Grand Tour Nel Regno Di Napoli. Viaggi, Diplomazia, Collezionismo. Bella TAKUSHINOVA
Collana fondata da
Rosanna Cioffi
Direttore
Nadia Barrella
Comitato scientifico
Comitato editoriale
Collana editoriale internazionale con obbligo del peer review (SSD: L-Art/02, L-Art/03, L-Art/04)
e in ottemperanza alle direttive del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), dell’Agenzia Nazionale
del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) e della Valutazione Qualità della Ricerca (VQR).
Peer Review per conto della direzione o di un membro della redazione e di un esperto esterno (clear
peer review).
BELLA TAKUSHINOVA
ISBN 978-88-6026-xxx-x
Indice
Capitolo primo
Storia dei primi contatti
«Sono huomini assai tenaci e sospettosi, hanno però gran danari da spendere»:
notizie sulle prime missioni diplomatiche 00
Una «finestra sull’Europa 00
Legami artistici 00
Capitolo secondo
«D’ogni invidia degnissima Napoli»: alla scoperta della città partenopea
Prime soste a Venezia, Firenze, Roma 00
Nel Mezzogiorno d’Italia sul finire del Seicento 00
Capitolo terzo
«Viaggi chi può!»
La Russia e il fenomeno del Grand Tour 00
«L’unica via per divenire grandi». Il gusto per il Bello 00
Viaggiare nel Regno di Napoli: un excursus tra politica e diplomazia
Capitolo quarto
Viaggiatori russi in Campania nell’Età dei Lumi
Il conte Michail Vorontsov 00
I fratelli Demidov 00
Nikita Demidov 00
La principessa Ekaterina Daškova 00
Il soggiorno napoletano dei Granduchi di Russia 00
Voyage à la femme: due aristocratiche russe a Napoli al tramonto del Grand Tour 00
8 Indice
Bibliografia 00
Indice dei nomi 00
Elenco dei volumi precedenti 00
Prefazione
per un filone di ricerca ricco di sorprese e pressoché sconosciuto. Contando sul suo bilinguismo
e sulle tracce segnate dagli studi di Sergey Androsov, massimo conoscitore dei rapporti italo-
russi tra artisti e collezionisti nel Settecento, l’autrice si è dedicata a studiare tali relazioni in
un’ottica che intreccia convincentemente: arte, diplomazia e collezionismo tra la fine del XVII e
per tutto il XVIII. Un lavoro pluriennale incentrato sull’analisi di fonti russe, francesi e italiane,
molte delle quali inedite. Lo pubblica una collana scientifica che si è distinta sinora per aver dato
spazio, da oltre un decennio, a lavori originali: dedicati all’interconnessione dialettica tra opere
d’arte (monumenta) e collezionismo, istituzioni museali, teorie e tecniche del restauro, letteratura
e critica d’arte (documenta).
Un MO.DO. per ribadire un metodo.
Rosanna Cioffi
CAPITOLO PRIMO
«Sono huomini assai tenaci e sospettosi, hanno però gran danari da spendere».
Notizie sulle prime missioni diplomatiche
È noto che i legami culturali tra Russia e Italia si fondano sul terreno fertile di relazioni secolari,
prima commerciali e religiose, poi politiche e artistiche. L’ampia portata del fenomeno di viaggi
e di soggiorni, soprattutto quelli professionali e di formazione, degli italiani in Russia e dei russi
in Italia ebbe inizio nel Settecento con la diffusione dell’Illuminismo. Per comprendere la nascita
di tale tradizione, occorre ricordare, seppure molto brevemente, tutta una serie di eventi che
hanno preceduto questa reciproca conoscenza culturale delle due Nazioni così diverse tra loro,
ma comunque legate da «una paradossale affinità»1.
Le prime testimonianze documentate dei rapporti economici e religiosi fra gli Stati italiani e
l’antica Rus’ di Kiev2 affondano le proprie radici nell’Alto Medioevo e si devono alle missioni re-
ligiose3 e mercantili, instauratisi tra i russi e i maggiori protagonisti del traffico commerciale nel
Mediterraneo di allora, i veneti e i genovesi. Una volta stipulato il trattato di Ninfeo (1261)4 con
l’imperatore bizantino Michele III Paleologo (1223-1282), la Repubblica di Genova acquisì
enormi privilegi e il monopolio dei traffici commerciali sul Mar Nero5. Le reti mercantili della
Superba si spinsero così fino ai più estremi confini orientali6. La costruzione nel 1266 della città
1
Cfr. V. STRADA, Introduzione, in I russi e l’Italia, a cura di ID., Milano 1995, p. 9. Sulla storia dei primi contatti politici e cul-
turali tra la Russia e l’Italia, di cui si parlerà nel presente paragrafo, rimando anche a D. LICHAČËV, Le origini, in Ivi, pp. 13-23.
2
Denominazione del territorio occupato nel Medioevo dalle popolazioni slave che comprendeva le regioni dell’attuale Ucraina,
Bielorussia e Russia occidentale.
3
Il papa Giovanni XV (?-996) è considerato promotore delle relazioni tra la Rus’ antica e la Santa Sede. Già nel 988, anno della
conversione alla religione ortodossa di tutto il Paese, il principe Vladimir (956-1015) ricevé i suoi legati, mentre altre missioni
furono svolte dagli inviati del papa Gregorio V (972-999) negli anni 991 e 1000.
4
Il patto prevedeva l’appoggio della flotta genovese da parte dell’imperatore russo nella riconquista di Costantinopoli, all’epoca
capitale del cosiddetto Impero latino (1204-1261).
5
Il bacino fu persino definito “il lago genovese”.
6
Si hanno, ad esempio, numerose notizie di regolari commerci con le popolazioni del Caucaso. Cfr. F. DUBOIS DE MONTPERREUX,
Voyage autour du Caucase, chez les Tscherkesses et les Abkhases, en Colchide, en Géorgie, en Arménie et en Crimée, 6 voll., Paris 1839-
1849; ID., Voyage autour du Caucase, les Tcherkesses et de l’Abkhazie, après Colchide, en Géorgie, en Arménie et en Crimée, 3 voll.,
Darmstadt, 1842-1846.
12 CAPITOLO PRIMO
Ferrara, il metropolita di Mosca e di tutta la Russia, Isidoro di Kiev (1385-1463), visitò alcuni
Stati italiani13. La necessità di allearsi contro il comune nemico ottomano servì da pretesto per
l’ambasceria a Milano nel 1486 guidata da Georgio Percamota14. La dettagliata descrizione degli
aspetti geografici, politici e sociali dello Stato russo fornita dall’inviato dello zar Ivan III fu
trascritta dal segretario del duca Gian Galeazzo Sforza (1469-1494). Il documento intitolato
Nota et continentia de le cose et signore de Rossia, oggi conservato presso l’Archivio di Stato di
Milano, fu una delle primissime fonti sulla vita e sulla cultura dei popoli nello sconfinato paese
dello zar: essa contiene notizie sulle principali città e le loro popolazioni, sui tipi di case, sulle
monete correnti, sugli abbigliamenti, sull’allevamento di bestiame, sulla cucina tradizionale, sui
confini geografici e sull’organizzazione dell’esercito15.
Un’altra missione ebbe luogo nel 1524 con l’arrivo a Roma, su invito di Clemente VII, del-
l’ambasciatore russo Dmitrij Gerasimov. Questa visita, promossa dal mercante genovese Paolo
Centurione, che con lettere di raccomandazione di Leone X si era recato in Moscovia nel 1520,
favorì la pubblicazione del primo volume di carattere socio-geografico sul Granducato di Mosca
in Europa, a cura di Paolo Giovio16, nel quale fu pubblicata una prima mappa di quella regione17.
Per molto tempo il Libellus dello studioso comasco rimase un vero e proprio vademecum sulla
Russia per i viaggiatori europei, in quanto unica fonte esaustiva e attendibile in lingua latina
sulla storia, i costumi, le tradizioni e la vita quotidiana degli abitanti della lontana e misteriosa
Moscovia medievale.
Non solo i russi si recavano in Italia, quindi, ma anche gli italiani si dirigevano nel lontano
Est. È nota la vivace e dettagliata testimonianza del soggiorno moscovita del mercante e uomo
d’armi fiorentino Raffaello Barberini (1539-1582), che giunse nella capitale russa nel 1564 con
13
A proposito di questa missione cfr.: Hoždenie na Florentijskij sobor (1437-1440), a cura di N.A. KOZAKOVA, in Pamjatniki li-
teratury Drevnej Rusi. XIV – seredina XV veka, a cura di L.A. DMITRIEVA, D.S. LICHAČËV, Moskva 1981, pp. 468-493; Concilium
Florentium documenta et scriptores, editum consilio et impensis Pontificii Instituti Orientalium Studiorum, Series B, Volumen V –
Fasciculus II, Roma 1953; E. KISLINGER, Die Sizilienfahrt des Isidoros von Kiev (1429), in «Δίπτυχα.», vol. VI (1994-1995), pp.
49-65; G. HOFMANN, Acta Camerae Apostolicae et civitatum Venetiarum, Ferrariae, Florentiae, Ianuae de concilio Florentino, Roma
1950.
14
Con questo nome l’ambasciatore compare solo nei documenti italiani, mentre alcuni storici russi lo identificano con Jurij Tra-
khaniot, cortigiano e diplomatico greco, che, arrivato a Mosca con Sofia Paleologa, guidò varie ambasciate in Italia. Cfr. V.I. RU-
TENBERG, Ital’janskie istočniki o svjazjach Rossii i Italii v XV v., in Issledovanija po otečestvennomu istočnikovedeniju,
Moskva-Leningrad 1964, pp. 455-462. Altri studiosi invece ritengono che fossero due persone diverse. Cfr. M.A. GUKOVSKIJ,
Soobšenie o Rossii moskovskogo posla v Milan (1486 g.), in Voprosy istoriografii i istočnikovedenija SSSR, n. 5, a cura di S.N. VALK,
Moskva 1963, pp. 648-655.
15
Cfr. Nota et continentia de le cose et signore de Rossia, in G. BARBERI, Milano e Mosca. Nella politica del Rinascimento. Storia delle
relazioni diplomatiche tra la Russia e il Ducato di Milano nell’epoca sforzesca, Bari 1957, pp. 90-95.
16
P. GIOVIO, Pauli Iovii Novocomensis libellus de legatione Basilii magni principis Moschoviae ad Clementem VII. Pontificem Maxi-
mum…, Romae 1525. Si veda anche I. MELANI, «Venire a unirsi con esso nelle cose della fede». Un vescovo, un papa, un ambasciatore
e «un re di nome non finto». La Moscovia di Paolo Giovio e la sua traduzione ramusiana, in Paradigmi dello sguardo…, cit., pp. 67-186.
17
Moscoviae Tabula ex relatione Demetrue Anno M.D.XXV. Mise Octob., Archivio di Stato russo di atti antichi (RGADA), f. 192,
op. 6, d. 963. Si veda anche G. BELLINGERI, M. MILANESI, The reappearance of the Lost Map of Muscovy by Paolo Giovio (1525),
in The International Journal for the History of Cartography, vol. 72, issue 1, 2020, pp. 47-51. Un’altra mappa della Moscovia e dei
territori sud-occidentali dell’attuale Russia (Moscoviae tabula relatione Dimetrij legati descripta) fu pubblicata dal cartografo ge-
novese Battista Agnese nel 1553 a Venezia. Cfr. B. AGNESE, La Russia e la Moscovia, in Portolan Atlas, HM 10, f. ss. 17v-18,
Venezia ca. 1550.
14 CAPITOLO PRIMO
una lettera di raccomandazione della regina Elisabetta I d’Inghilterra. Nella sua Relazione di Mo-
scovia egli scrisse:
La detta terra è grandissima […]; vi è un castello con buone mura, ma non forte, fatto
già da Italiani, similmente vi sono parecchie Chiese grandi di bello edificio e Palazzo Ducale
con tetti e cupole coperte di rame dorato, pur fabbricate da Italiani […]. Son tanto le
donne, come gli huomini, belli e forti […]. E perché spesso vengono degli Ambasciatori di
paesi lontani e di lingue differenti molto dalla loro: hanno perciò molti interpreti e di ogni
lingua parecchi, per mezzo dei quali trattano le spedizioni […]18.
18
R. BARBERINI, Relazione di Moscovia scritta da Raffaello Barberini al conte di Nugarola, a cura di M.G. BARBERINI, I. FEI, Palermo
1996, pp. 9, 18, 24.
19
A. POSSEVINO, Moskovia, Vilnius 1586. In riferimento a questa ambasceria si veda anche R. MAZZEI, L’ambasceria moscovita a
Roma del 1581 negli Avvisi dell’ambasciatore estense Claudio Ariosto, in Paradigmi dello sguardo …, cit., pp. 187-209.
20
Passaggi del potere caratterizzati da una anarchia assoluta che si verificarono dopo la morte nel 1598 dell’ultimo rappresentante
della prima dinastia russa dei Rjurikidi, Fëdor I, e l’ascesa al trono del primo Romanov, Michele, nel 1613.
21
Sulla missione veneta di Aleksej Postnikov e Ivan Čemodanov si veda A.G. BRIKNER, Russkie diplomaty-turisty v Italii v XVII
stoletii, in «Russkij vestnik», 3 (marzo 1877)/ 4 (aprile 1877)/7 (luglio 1877), pp. 5-44, 560-607, 5-62; M. DI SALVO, La missione
di I. Čemodanov a Venezia (1656-1657): osservazioni e nuovi materiali, in Italia, Russia e modndo slavo. Studi filologici e letterari,
a cura di A. ALBERTI, M.C. BRAGONE, G. BROGI BERCOFF, L. ROSSI, Firenze 2011, pp. 97-116.
STORIA DEI PRIMI CONTATTI 15
Il primo degli Ambasciatori Moscoviti, che è Principe, si chiama Evan Evanoweck Chu-
madanow, l’altro […] vien chiamato Alexio Postnicuf. Sono uomini grandi e formati, il
primo di circa 60 anni, l’altro di 40. Non parlano altra lingua, che la loro, e vestono con
qualche differenza dagli Armeni, con baveri, berrettoni e barba alla cappuccina. Hanno ve-
stimenti superbi, tempestati in più luoghi di perle, come ne’ baveri, berrettoni, riscontri
(sic) e simili. Hanno con loro circa 30 persone […] Sono huomini assai tenaci e sospettosi,
hanno però gran danari da spendere […]23.
22
Sull’importanza di Livorno nelle relazioni commerciali tra i russi e il Granducato di Toscana si veda C. CIANO, Russia e toscana
nei secoli XVII e XVIII. Pagine di storia del commercio e della navigazione, Pisa 1980. Sulle spedizioni livornesi degli ambasciatori
russi si rimanda a S. VILLANI, Ambasciatori russi a Livorno e rapporti tra Moscovia e Toscana nel XVII secolo, in «Nuovi studi livor-
nesi», XV (2008), pp. 37-95.
23
Lettera di Antonio Serristori, Livorno 13 dicembre 1656, in M.D. BUTURLIN, Bumagi Florentijskogo tsentral’nogo arkhiva, ka-
sajušiesja do Rossii (Documenti che si conservano nel R. Archivio di Stato in Firenze, sezione Medicea, riguardanti l’antica Moscovia
(Russia), testo italiano e latino copiato da i documenti originali, colla traduzione in russo, dal conte Michele Boutourlin), vol. I, n. IV,
Moskva 1871, pp. 7-8.
24
Sulla loro permanenza toscana si veda G. VIVOLI, Annali di Livorno dalla sua origine sino all’anno di Gesù Cristo 1840, t. IV,
Livorno 1844, pp. 303-304.
25
Naturalmente un simile interesse fu condiviso dalla maggior parte degli europei. Nell’ambito della stessa missione, ad esempio,
su richiesta personale del marchese Serristori, furono eseguiti alcuni schizzi degli ambasciatori nei loro sfarzosi vestimenti, oggi
conservati presso l’Archivio di Stato di Firenze (cfr. ASF, Miscellanea medicea 102, inserto 1, f. 7). Famosi sono, inoltre, i due
ritratti dell’ambasciatore Pëtr Potemkin eseguiti da Juan Carreño de Miranda (ca. 1681-1682, Madrid, Museo del Prado) e da
Godfrey Kneller (1682, San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage). Cfr. Lo Stile dello Zar. Arte e Moda tra Italia e Russia dal XIV
al XVIII secolo, catalogo della mostra (Prato, Museo del Tessuto, 19 settembre 2009 – 10 gennaio 2010), a cura di D. DEGL’IN-
NOCENTI, T. LEKHOVICH, Milano 2009, pp. 196-198.
26
Ivi, p. 198.
27
G. VIVOLI, Annali di Livorno …, cit., p. 305.
16 CAPITOLO PRIMO
Sempre a partire dal Seicento, tra la folta presenza straniera nella capitale russa iniziarono a
esservi alcuni italiani, come, ad esempio, il mercante Francesco Guasconi (1640-1708), rappre-
sentante ufficiale del Granduca presso lo zar28. Questi partecipò all’avvio dei rapporti diplomatici
fra il Granducato di Toscana e il governo russo alla fine del XVII secolo29. Nel 1704 a Mosca sa-
rebbe arrivato un altro mercante toscano, Pietro Salucci, la cui attività in Russia si sarebbe estesa
per più di vent’anni. Un altro residente italiano inviato da Cosimo III de’ Medici presso la corte
di Pietro il Grande fu il cantante Filippo Balatri (1682-1756), che giunse a Mosca intorno al
1698 e vi sarebbe rimasto fino al 1701. Il suo breve ma intenso soggiorno in Russia fu descritto
da lui stesso nella Istoria di vita e viaggi30.
Come abbiamo visto, la secolare storia dei rapporti diplomatici russo-italiani contribuì al
riavvicinamento tra le due nazioni e avrebbe preparato il terreno per una collaborazione futura.
Nel XVII secolo i resoconti degli ambasciatori dello zar rimanevano tra le fonti più affidabili
sulla vita e cultura degli Stati europei. Eppure, essendo degli incaricati ufficiali, gli ambasciatori
«[…] non potevano disporre liberamente del loro tempo, […], poiché il loro comportamento
all’estero era determinato da istruzioni precise, stabilite molto prima della partenza stessa»31. I
loro resoconti, di conseguenza, non rispecchiavano appieno le emozioni provate dai partecipanti
alle ambascerie e si distinguevano per una esplicita predilezione per le cose di effetto immediato,
non comportando così un significativo cambiamento nel loro stile di vita o nelle loro concezioni32.
Le missioni diplomatiche servirono da ponte per una collaborazione assai più vicina e proficua
che si sarebbe instaurata a breve tra alcuni Stati italiani e quello russo.
Verso la fine del XVII secolo in un siffatto contesto si inserì il monarca sotto il cui regno lo
Stato russo avrebbe subito una svolta qualitativamente significativa nel suo sviluppo culturale.
Pëtr Alekseevič Romanov (1672-1725) (fig. 1), meglio ricordato da tutti come Pietro il Grande,
salì sul trono all’età di quattro anni in co-reggenza con il quindicenne Ivan V, a seguito della
morte di suo fratello Fëdor III nel 1682. Entrambi, a causa dell’età minore, ebbero come reggente
ufficiale loro sorella, la venticinquenne principessa Sof ’ja33. Durante il regno di quest’ultima,
28
Sull’attività di Guasconi in Russia si veda M. DI SALVO, Florence, Amsterdam, Moscow: an Italian Merchant in Peter the Great’s
time, in Russia and the Low Countries in the Eighteen Century, edited by E. WAEGEMANS, Groningen 1998, pp. 87-95.
29
Come ha scritto Sergej Androsov: «La corrispondenza tra Cosimo III e Guasconi a Mosca si svolgeva attraverso Gioacchino
Guasconi, fratello di Francesco, che si era stabilito ad Amsterdam». Cfr. S. ANDROSOV, La Russia e l’Italia all’epoca di Pietro il
Grande, in Lo stile dello zar … , cit., pp. 81-87, in particolare p. 82.
30
Cfr. F. BALATRI, Vita e viaggi, a cura di M. DI SALVO, Alessandria 2020. Si veda inoltre D.L. SCHLAFLY JR., Filippo Balatri in
Peter the Great’s Russia, in Jahrbücher für Geschichte Osteuropas Neue Folge, 45 (2), 1997, pp. 181-198.
31
S.A. KOZLOV, Russkij putešestvennik epochi Prosvešenija, vol. I, Sankt-Peterburg 2003, p. 139. Traduzione a cura di chi scrive.
32
K.V. SIVKOV, Putešestvija russkikh ludej za granicu v XVIII veke, Sankt-Peterburg 1914, pp. 11-12. Traduzione a cura di chi
scrive. Per una lista completa delle ambascerie in Italia si veda N.A. KAZAKOVA, Statejnye spiski russkikh poslov v Italiju kak pam-
jatniki literatury putešestvij (seredina XVII veka), in Trudy otdela drevnerusskoj literatury, t. XLI, Leningrad 1988, pp. 268-288.
33
S.S. MONTEFIORE, I Romanov, 1613-1918, Milano 2017, p. 97.
STORIA DEI PRIMI CONTATTI 17
Figura 1. William Hall the Younger (da Godfrey Kneller, 1698), Pietro il Grande. London, Charles Knight Society
of Useful Knowledge, 1850
18 CAPITOLO PRIMO
Pietro crebbe nel villaggio di Preobraženskoe, a cinque chilometri a nord-est da Mosca, dove il
futuro monarca passava il tempo divertendosi con il comando delle cosiddette truppe potešnye34.
Quello che all’inizio era considerato un semplice gioco d’infanzia, col passare del tempo
diventò un’impresa sempre più seria: vista la passione del giovane per gli esercizi militari. Inoltre,
l’innata curiosità di Pietro verso il nuovo lo avrebbe portato a osservare lo stile di vita degli
abitanti del cosiddetto Quartiere tedesco35. Ben presto il giovane divenne un assiduo frequentatore
e un fervente sostenitore del disinvolto modo di vivere occidentale: iniziò a fumare la pipa
tedesca, partecipò alle feste da ballo, fece amicizia con molti abitanti del quartiere, tra cui i
militari scozzesi Patrick Gordon, Paul Menesius, Alexander Livingston, il russo di origine olandese
Andrej Vinius e l’avventuriero ginevrino François Le Fort, i quali sarebbero diventati suoi amici
e sostenitori devoti per tutta la vita.
Nel 1689, l’ormai cresciuto Pietro avrebbe concentrato il potere nelle proprie mani. Il successo
di una delle sue prime compagne militari – la cosiddetta “seconda compagna di Azov” (1696),
intrapresa con l’intento di rafforzare i confini meridionali per difendere il territorio dalle incessanti
incursioni degli Ottomani e dei Tartari della Crimea, nonché di ottenere il controllo dell’accesso
al Mar Nero – lo convinsero della necessità di fornirsi della potente flotta nazionale per garantirsi
il futuro dominio sul Mar Nero.
Infatti, la Russia della fine del Seicento non poteva certo vantarsi di essere una potenza ma-
rittima, né una sola vittoria contro i turchi poteva bastare a farlo pensare. Fu proprio questo il
periodo in cui la sempre crescente necessità di maestranze in ogni campo del sapere, dalla forti-
ficazione all’architettura e alla matematica, raggiunse il suo apice. I successi ottenuti nel conflitto
contro l’Impero ottomano spinsero Pietro a pianificare la conquista della Crimea: la vittoria sui
turchi assicurava ai russi lo sbocco al Mare d’Azov, mentre l’accesso al Mar Nero rimaneva
ancora bloccato. Nel caso di una nuova guerra contro i turchi, però, la piccola e inesperta flotta
russa avrebbe potuto subire una grave sconfitta, nonché la perdita dei territori appena conquistati.
Una soluzione, oltre alla costruzione di una flotta, era anche quella di creare un’alleanza antiturca
insieme con alcuni Stati europei.
Questi erano i motivi principali dietro l’ambiziosa impresa della Grande Ambasceria (1697-
1698), il primo viaggio di un sovrano russo in Europa insieme con una numerosa delegazione
che contava centinaia di membri36. Per ragioni di sicurezza, il ventiquattrenne Pietro ne prese
parte attivamente, ma in incognito. Il percorso ufficiale dell’Ambasceria prevedeva le visite di-
34
In lingua russa le “truppe potešnye” può essere letteralmente tradotto come un “esercito giocattolo” o un “esercito da divertimento”.
Inizialmente formate da suoi coetanei, il corpo militare sarebbe col tempo diventato un vero appoggio per il giovane zar nella sua
conquista del potere. Dopo la piena ascesa al trono di Pietro nel 1689, queste truppe costituirono la base della guardia imperiale.
35
Una borgata costituita da stranieri e formatasi nei pressi di Mosca nel corso del Seicento. L’aggettivo “nemetskij” si traduce dal
russo con “muto” (e successivamente anche con “tedesco”): non essendo in grado di comprendere le principali lingue europee,
gli abitanti della Moscovia chiamavano gli stranieri «muti» proprio perché non parlavano la lingua russa. Perciò la borgata fu
chiamata Nemetskaja sloboda, ossia «il villaggio abitato dagli stranieri». Sulla presenza degli italiani nel Quartiere Tedesco si veda:
M. DI SALVO, The ‘Italian’ Nemetskaja Sloboda, in Slavonic and East European review, n. 88 (1), January 2010, pp. 96-109.
36
Sulla Grande Ambasceria invito a consultare D., I., GUZEVIČ, Velikoe posol’stvo. Rubež epoch ili načalo puti (1697-1698), Sankt-
Peterburg 2008.
STORIA DEI PRIMI CONTATTI 19
Subito dopo il ritorno in patria, il giovane sovrano diede avvio a un processo di modernizzazione
del proprio regno, senza badare alle resistenze interne. Insieme all’Ambasceria a Mosca tornavano
più di ottocento specialisti europei41, gli sforzi dei quali avrebbero cambiato radicalmente l’aspetto
non solo tecnico ma anche sociale dello Stato russo a cavallo fra Sei e Settecento. Inoltre, tale
impresa aprì un’ampia strada per i russi che volessero studiare all’estero e soggiornare in Europa
per arricchire e modernizzare le proprie conoscenze professionali, nonché per apprendere a pieno
la poco conosciuta cultura occidentale42. Per comprendere appieno la portata del fenomeno
basterà riportare quanto scritto dallo storico Michail Bogoslovskij: «Non sarà di certo un’esage-
razione affermare che non c’era neanche una famiglia di origine più o meno nobile di cui almeno
un membro non fosse stato all’estero sotto il regno di Pietro»43.
Come è ben noto, gli sforzi del sovrano avrebbero trovato la propria riflessione, prima di
tutto, nella costruzione di una nuova capitale, centro del futuro governo e nucleo laico in oppo-
sizione alla medievale e obsoleta capitale degli zar. La fondazione di San Pietroburgo – chiamata
anche la Venezia del Nord per la presenza di numerosi canali e definita già nel 1739 un “gran fi-
nestrone […] per cui la Russia guarda in Europa” dal letterato veneto Francesco Algarotti44 –
avrebbe segnato una svolta qualitativamente nuova anche nelle relazioni con gli Stati italiani.
Legami artistici
spicare la rottura con la tradizione dell’epoca precedente, l’autore, riconoscendo in Dio il primo
artista e nell’uomo il suo capolavoro, sosteneva che il compito di ogni pittore era quello di raffi-
gurare devotamente l’opera divina, ossia la realtà. Queste novità portarono alla nascita della co-
siddetta parsuna47, termine con il quale si indicavano i primi ritratti di carattere laico, realizzati
a tempera su legno secondo lo stile delle icone. Questo genere avrebbe svolto il ruolo dell’ultimo
trait d’union tra l’antica pittura russa e la ritrattistica secolare di tipo europeo48.
Un’ulteriore svolta, nell’ambito delle arti figurative, che si sarebbe affermata nel regno di
Pietro I con l’introduzione del pensionato artistico. Questa innovazione, indispensabile per la
conoscenza dell’arte europea, sarebbe stata introdotta dal sovrano russo, secondo Sergej Androsov,
anche in vista della necessità di un «pittore-testimone» in grado di registrare visivamente un’epoca
di grandi cambiamenti appena inaugurata49. Ad assumere tale incarico fu Ivan Nikitin (1690-
1742), partito per l’Italia nel 1716 insieme con altri borsisti che si dovevano aggiornare sui
migliori esempi dell’arte italiana, in particolare veneta e fiorentina. Al momento del viaggio Ni-
kitin, «il primo pittore russo, le cui opere si distinguevano per un tentativo di superamento della
condizionalità tipica della parsuna»50, era considerato un pittore già ben formato. Partì per l’Italia
con l’obiettivo di migliorare la propria tecnica51.
Arrivati nella città lagunare, nei primi sei mesi del soggiorno triennale, questi giovani si dedi-
carono allo studio della lingua italiana. Da gennaio a giugno del 1717 frequentarono la bottega
di Gregorio Lazzarini, dove, fra l’altro, stava per finire i suoi studi Giambattista Tiepolo52.
Sempre nella Serenissima il gruppo conobbe Sebastiano Bombelli, l’ex maestro del bavarese
Johann Gottfried Tannauer (1680-1737). Questi, arrivato in Russia nel 1711, fu autore di una
serie di ritratti della famiglia reale e fece da guida per la generazione dei primi pittori russi ag-
giornandoli su un gusto tardo barocco53. Nel giugno 1717 i pensionnaires lasciarono Venezia e
mysli. Antičnost’, Srednie veka, Vozroždenie, vol. I, a cura di V.P. ŠESTAKOV, Moskva 1962, pp. 455-462.
47
Traslitterazione russa della parola latina “persona”. Sull’argomento si veda inoltre B. TAKUSHINOVA, Parsuna, the first secular
representation of the traditional Russian icon, in Proceedings of Utopian and Sacred Architecture Studies (USAS), 1st edition (Aversa,
July 2019), part I, edited by C. GAMBARDELLA, D. HAWKES, F. TOSI, L. MAFFEI, M.L. GERMANA, 2019, pp. 8-10.
48
T.V. IL’INA, Na perelome: Russkoe iskusstvo serediny XVIII v., Sankt-Peterburg 2010, p. 62. La nascita della parsuna fu inoltre
dovuta all’influenza diretta dell’arte occidentale: a partire dagli anni quaranta del Seicento diversi pittori stranieri furono chiamati
alla corte russa, tra cui, per primo, lo svedese Johann Detersson (?-1655), che lavorò in Moscovia dal 1643 fino alla morte e fu
sostituito dal polacco Stanisław Łopucki (?-1669), che a sua volta succedette al fiammingo Daniël Wuchters (1622-1675/1682),
attivo nella capitale russa nel 1667. Oltre alla produzione artistica destinata alle principali residenze reali, questi furono impegnati
nell’insegnamento del loro metodo ai giovani apprendisti locali. Cfr. I.E. ZABELIN, Domašnij byt russkikh tsarej v XVI i XVII sto-
letijakh, Moskva 1862, pp. 10, 164-165.
49
S.O. ANDROSOV, Živopisets Ivan Nikitin, Sankt-Peterburg 1998, p. 11.
50
T.A. LEBEDEVA, Ivan Nikitin, Moskva 1975, p. 21.
51
Si pensa che l’artista abbia ricevuto le nozioni di base di pittura presso l’incisore olandese dal gusto tardo-barocco Adriaan
Schoonebeek (1661-1705), che all’epoca lavorava a Mosca (Cfr. T.V. IL’JINA, E.J. STANJUKOVIČ-DENISOVA, Russkoe iskusstvo
XVIII veka, Moskva 2015, pp. 126-139). Un’altra possibilità di assistere al lavoro di un pittore occidentale si sarebbe potuta pre-
sentare a Nikitin con l’arrivo in Russia del pittore, viaggiatore e scrittore olandese Cornelis de Bruijn (1652-1726 o 1727), il
quale intraprese due spedizioni in Oriente. Nel 1711, durante il suo secondo viaggio, de Bruijn ebbe modo di visitare la Russia,
dove ricevette l’incarico di eseguire due ritratti delle zarine russe, nipoti di Pietro I. La realizzazione di queste opere avvenne al
villaggio Izmajlovo, dove all’epoca viveva e lavorava Nikitin, il quale avrebbe potuto assistere al lavoro del maestro olandese.
52
S.O. ANDROSOV, Živopisets …, cit., pp. 41-42.
22 CAPITOLO PRIMO
partirono per Firenze, dove furono accolti dal Granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici54. A
questi fu indirizzata una lettera di raccomandazione scritta da Pietro I con la richiesta di iscrizione
dei russi all’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze55. Grazie alla protezione del Granduca,
questi allievi seguirono i corsi di Tommaso Redi56 fino al loro rientro in patria nel gennaio 1720.
Questa spedizione segnò «l’inizio della vera e propria vita artistica»57 in Russia. Il talento di
Ivan Nikitin si rivelò a pieno dopo il soggiorno italiano con la creazione di una serie di opere ag-
giornate sulla migliore ritrattistica europea58. Insieme con lui in Russia tornavano altri colleghi,
ai quali spettava contribuire al processo di europeizzazione dell’arte russa dei primi decenni del
Settecento. A poco a poco crebbe una nuova generazione di maestranze che lavorarono princi-
palmente a San Pietroburgo, l’anello di congiunzione tra la Russia e l’Occidente. Mosca, invece,
svolse un simile ruolo di collegamento tra San Pietroburgo e la vastissima provincia russa.
La rivoluzione artistica, avviata da Pietro il Grande, non sarebbe stata pensabile senza gli
sforzi dei numerosi maestri italiani, esponenti del tardo barocco e spesso provenienti dalla zona
dell’attuale Canton Ticino, che cominciarono ad arrivare nel Paese ancora alla fine del Seicento
a seguito della Grande Ambasceria. Nel 1703 fu firmato l’accordo con il primo architetto della
futura capitale dell’Impero russo, lo svizzero di formazione romana Domenico Trezzini, attivo a
San Pietroburgo per trent’anni. Autore delle più importanti opere architettoniche della nuova
capitale russa, come la fortezza di Pietro e Paolo, il palazzo d’Estate, il monastero di Aleksandr
Nevksij, dal 1718 al 1723 fu aiutato dal veneziano Nicola Michetti, allievo di Carlo Fontana.
Michetti, autore di alcune opere importanti, tra cui il palazzo di Costantino nella cittadina di
Strelna nei pressi di San Pietroburgo, fu assunto contemporaneamente con l’architetto romano
Gaetano Chiaveri (in Russia dal 1721 al 1728), che avrebbe realizzato la reggia di Caterina,
l’attuale palazzo di Kadriorg a Tallin. Intorno al 1703 a San Pietroburgo arrivò lo svizzero
Giovanni Maria Fontana (1670-1712 (?)), uno dei primi esponenti del cosiddetto “barocco pe-
53
Sembra plausibile, come osserva Androsov, che le lettere di raccomandazione di Tannauer a Bombelli avessero potuto assicurare
ai giovani pittori l’accesso alle botteghe di alcuni grandi maestri veneziani, visto che, ad esempio, Nikitin durante il suo soggiorno
italiano visitò lo studio di Giovan Battista Piazzetta. Ivi, pp. 40-41.
54
È da notare la scelta di Firenze da parte dello zar per lo studio dei suoi primi artisti in Europa. All’inizio del Settecento il ca-
poluogo toscano aveva da tempo perso il ruolo di capitale europea dell’arte: la felice stagione della brulicante attività artistica si
concluse con la morte del Granduca di Toscana, Cosimo I de’ Medici (1519-1574). Eppure, come ricorda Androsov, tra la fine
del XVII e l’inizio del XVIII secolo a Firenze, su commissione del Granduca Cosimo III, lavorarono Giuseppe Maria Crespi,
Niccolò Cassana, Sebastiano Ricci, Luca Giordano e altri ancora. Cfr. S.O. ANDROSOV, Živopisets …, cit., p. 46. Sulla vita dei
pensionati a Firenze si veda anche F.S. BALDINUCCI, Vite di artisti dei secoli XVII-XVIII, a cura di A. MATTEOLI, Roma 1975, pp.
395-396.
55
Per il testo del documento composto in italiano cfr. M.D. BUTURLIN, Bumagi… , cit., vol. II, lettera n. CVIII, filza 1032, San
Pietroburgo, 18 Gennaro 1716, pp. 121-122. Sulla risposta del Granduca Cosimo III si veda: ivi, vol. II, Lettera n. CXI, pp.
124-125 (testo in latino).
56
Il quale inviava regolarmente a San Pietroburgo delle relazioni sui progressi compiuti dai pensionati.
57
Cfr. P.N. PETROV, Russkie živopistsy-pensionery Petra Velikogo, in Vestnik izjašnykh iskusstv, vol. I, 1883, ed. I, pp. 66-97; ed. II,
pp. 193-222.
58
Tra le opere successive al soggiorno italiano spiccano il ritratto del diplomatico conte Gavriil Golovkin (1722-1724, Mosca,
Galleria Tret’jakov); quello del barone Sergej Stroganov (ca. 1726, San Pietroburgo, Museo statale Russo); l’eccellente per la sua
profonda introspezione psicologica Ritratto dell’etmano (ca. 1726, San Pietroburgo, Museo statale Russo), nonché il Ritratto di
Pietro I sul letto di morte (1725, San Pietroburgo, Museo statale Russo).
STORIA DEI PRIMI CONTATTI 23
59
Si tratta di uno stile barocco con un maggiore richiamo agli stili architettonici danese, olandese e svedese.
60
Un colossale monumento equestre dedicato a Pietro I e situato in piazza del Senato.
61
J. VON STÄEHLIN, Zapiski Jakoba Štelina ob izjašnykh iskusstvakh v Rossii, vol. I, Moskva 1990, p. 47.
62
V. STRADA, Napoli, la quarta capitale, in A. KARA-MURZA, Napoli russa, Roma 2005, p.14.
24 CAPITOLO PRIMO
CAPITOLO SECONDO
I l viaggio di formazione in Europa entrò a far parte delle abitudini dell’aristocrazia russa a
partire dalla seconda metà del XVIII secolo. Questo ritardo rispetto agli altri Stati europei fu
dovuto alla natura esclusivamente pratica delle spedizioni compiute dai russi nei secoli precedenti,
quando, una volta svolto il compito politico o diplomatico assegnato, si doveva rientrare in
patria. Un altro ostacolo, da non sottovalutare, era il desiderio di preservare le tradizioni religiose
e di mantenere una certa “distanza” culturale dal mondo cattolico. Non dimentichiamo le
difficoltà che il viaggio comportava: nel caso dell’Italia si trattava di una lunga spedizione per
mare che, avendo come destinazione Livorno, cominciava nel porto della città di Arcangelo63 e
la nave doveva costeggiare tutto l’Occidente europeo. Per arrivare al fenomeno dei viaggi di for-
mazione culturale, quindi, in Russia dovettero verificarsi alcuni importanti cambiamenti sociali
e politici, che analizzeremo più in dettaglio in seguito.
Occorre partire dalla Grande Ambasceria di cui si è detto nell’introduzione. Mentre Pietro
Grande fu costretto a rientrare in patria, alcuni dei più altolocati membri del suo seguito non
solo continuarono il viaggio, avendo soggiornato nei principali Stati italiani, ma lasciarono
anche delle interessanti testimonianze di queste visite. La fonte più antica tra quelle giunte a noi
è Il resoconto del viaggio in Germania, Olanda e Italia nel 1697-1699, composto da un membro
della Grande Ambasceria russa, ai vari sovrani d’Europa64. Tra i possibili autori di questa preziosa
testimonianza anonima, pubblicata per la prima volta quasi due secoli dopo la sua stesura, figu-
ravano diversi personaggi noti: dallo zar stesso ad alcuni membri del suo seguito, come i principi
Boris Ivanovič Kurakin (1676-1727) e Andrej Matveevič Apraksin (1667-1732). Il resoconto si
distingue per una narrazione minuziosa della vita culturale, economica e politica dei luoghi
visitati; il che fa riflettere sulla natura, in qualche senso obbligata, della composizione di tale
diario. Molto probabilmente il testo era destinato a essere letto da altri funzionari di alto rango
interessati alla vita e alla cultura europea, anche in vista della politica di secolarizzazione dello
Stato avviata da Pietro in quegli anni.
63
Nord-ovest della Russia, dista più di mille chilometri a nord-nordest da San Pietroburgo.
64
Žurnal putešestvija po Germanii, Gollandii i Italii v 1697-1699 gg., vvedennyj sostojavšim pri Velikom Posol’stve, k vladeteljam
raznykh stran Evropy, a cura di I.F. GORBUNOV, in «Russkaja starina», N° 5, Sankt-Peterburg 1879, p. 101-132.
26 CAPITOLO SECONDO
L’itinerario di questa spedizione prevedeva una graduale discesa dal nord al sud dell’Europa.
A un certo punto l’autore del diario giunse nella penisola italiana, sostando a Venezia, Firenze,
Bologna, Lucca, Pisa, Livorno e Roma. Con lo stupore di un viaggiatore inesperto, descrisse
tutte le curiosità viste durante il viaggio. Ecco quanto riportò dalla città lagunare sulla ceremonia
dello “Sposalizio del Mare”, volta a simboleggiare il dominio marittimo di Venezia, e sul Bucin-
toro:
Lì vidi una processione: il doge uscì in mare al bordo di un grande vascello intagliato,
tutto dorato e ricoperto di velluto rosso con stemmi veneziani ricamati in oro; il doge era
seduto al suo posto con i funzionari ai lati. Il Patriarca, su un’altra imbarcazione speciale, si
avvicinò a quella del doge, benedisse l’acqua e la versò in mare al suono di una musica
divina. Il doge prese l’anello di diamante e lo gettò in mare, poi scese dalla nave e andò in
chiesa con gli ufficiali, gli ambasciatori e altri […]65.
A Venezia c’è la Cattedrale di San Marco Evangelista, assai bella. Sopra le porte c’è una
scultura di marmo bianco, e sopra la scultura ci sono quattro cavalli di ottone senza briglie,
portati e collocati qui come simbolo della libertà della corona veneziana. Davanti a questa
chiesa c’è una piazza con centoventicinque gradini, attraversata da altri quarantadue; intorno
a questa ci sono le grandi case dei procuratori […]. In un’altra piazza ci sono due colonne
di pietra […] su una c’è un leone alato che rappresenta San Marco Evangelista, sull’altra c’è
l’immagine di San Teodoro che colpisce il drago66.
A Venezia i senatori e le loro moglie si spostano in gondole coperte di stoffa nera e di cri-
stallo di vetro alle estremità; i rematori, in caffettani di velluto fine, remano in piedi; gli am-
basciatori di questo Stato hanno gondole intagliate, dorate su velluto rosso, e i rematori
sono vestiti in caffettani d’oro. Vidi a Venezia come i senatori giocavano con una palla di
cuoio67, gonfiata d’aria, e chi batteva la palla in quel momento teneva in mano uno strumento
intagliato in legno, simile a un piccolo cesto68.
In ogni nuova città, il nobile visitava dapprima i luoghi sacri. A Firenze, alla vista della
cattedrale di Santa Maria del Fiore, egli scrisse:
Vidi una chiesa in costruzione da 96 anni, una metà è ancora incompiuta, l’interno è
decorato con marmi vari, diaspro e pietra incisa, il tutto è di un tale lavoro che è impossibile
65
Žurnal putešestvija po Germanii, Gollandii i Italii …, cit., p. 119. D’ora in avanti la traduzione è a cura di chi scrive.
66
Ivi …, pp. 119-120.
67
Antichissimo gioco conosciuto come il “pallone a bracciale”.
68
Žurnal putešestvija po Germanii, Gollandii i Italii …, cit., p. 121.
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 27
crederci: ci vogliono tre settimane per scolpire una lettera, e finora i lavori sono costati 22
milioni di scudi [...]69.
È evidente l’interesse del viaggiatore per l’arredamento delle case dell’aristocrazia locale, che a
sua volta non esitò a invitare il “forestiero esotico” a mostrargli tutto ciò che gli interessava:
Visitai la casa del senatore, è assai grande: cinque stanze sono dipinte con una pittura
meravigliosa, quindici stanze sono coperte di stoffe rosse, altre quindici stanze sono coperte
di tessuti colorati e decorate con due arazzi, cinque diversi pezzi di velluto, due marmi, [...],
specchi meravigliosi, alti più di tre metri, intagliati con straordinaria abilità; c’è anche una
biblioteca con due enormi globi70.
Visitammo la chiesa di Pietro e Paolo, al centro della quale giacciono le reliquie dei
santi, sotto il pavimento è stato fatto un kiot71 […]. Nella stessa chiesa vengono sepolti i
papi di Roma. I loro corpi giacciono in bare di marmo […]. Nella stessa chiesa vidi dove
giacciono le reliquie dei Santi Apostoli; visitammo tutta la parte sottostante la chiesa. […]
Vidi le stanze papali, tutte coperte di stoffa e velluto rosso e tutte decorate. […] C’è un
enorme giardino, fontane dorate, una montagna di pietra con un uccello in cima, con
l’acqua che scorre, e sotto la montagna c’è uno stagno. Sulla sua superficie si trova una nave;
al posto delle vele ha degli alberi da cui scorga l’acqua, ci sono ventiquattro cannoni che
sparano acqua72.
Poi mi portarono a casa del Cardinale. Non ho visto altrove tanta ricchezza; ci sono
cento camere da letto in cui tutto è dorato. Tra due stanze ci sono fontane d’argento. Le
poltrone di tutte le stanze sono decorate con velluto e pizzi d’oro.
Nella chiesa di Nostra Signora73 mi fu mostrata la culla del nostro Salvatore74 [...]. Nella
Chiesa di Giovanni il Precursore75 vidi la tavola a cui Cristo sedette con i suoi discepoli nel-
l’Ultima Cena76 [...]. Vidi poi la prigione dell’apostolo Pietro: è scavata nel terreno con una
piccola finestra in cima e le catene con cui era incatenato77. [...] Visitai la corte di Nerone,
principe e torturatore, dove egli tormentò i santi e metteva le bestie contro di loro [...]. [...]
Mi portarono poi in quella chiesa che prima era di tutti gli idoli (sic) e ora è di tutti i
santi78, assai grande e rotonda79.
69
Ivi, p. 123.
70
Ibidem.
71
Dal greco κῑβωτός (un “cassetto”), un armadietto decorato o una mensola vetrata per le icone.
72
La Fontana della Galera (o della Galea), una fontana a forma di vascello da combattimento con dei cannoni.
73
Basilica di Santa Maria Maggiore.
74
Nota come la “Sacra Culla” (cunabulum).
75
Basilica di San Giovanni in Laterano.
76
Bassorilievo in argento del XVI secolo realizzato da Curzio Vanni. La leggenda vuole che dietro di esso venisse custodita la
tavola dell’Ultima cena.
77
Carcere Mamertino o Carcer Tullianum del Foro Romano.
28 CAPITOLO SECONDO
A quanto pare, molti membri dell’aristocrazia italiana ritenevano auspicabile stabilire legami
culturali con la lontana Moscovia, che si stava progressivamente aprendo all’Occidente. Così, il
nobile viaggiatore ebbe modo di visitare i palazzi Colonna e Doria Pamphili, le ville Aldobrandini
e Borghese, prestando particolare attenzione alla squisita decorazione interna dei palazzi ornati
da affreschi, dipinti e gruppi scultorei:
Fui nel giardino del principe Borghese [...]. Nelle stanze c’erano molte statue di persone
reali e di despoti, tutte in marmo; [...] c’era uno stagno nel giardino e una grande varietà di
animali: cervi, capre e altri. Ne uccidono un centinaio all’anno, perché ne nascono troppi.
[...] Visitai la villa di Frascati. Le stanze sono enormi e tutte dipinte, cinquantacinque al
piano inferiore e centotrenta al piano superiore. Anche i giardini sono assai grandi [...]. Ci
sono poi alcune fontane che sparano acqua come cannoni80.
78
Il Pantheon.
79
Žurnal putešestvija po Germanii… , cit., 1879, pp. 124-125.
80
Ivi, p. 127.
81
Doveva portare al papa la lettera di Pietro I con la richiesta di questi di non acconsentire a Stanislao Leszczyński di impossessarsi
del trono della Polonia e del Granducato di Lituania. Il compito che il principe seppe svolgere brillantemente.
82
A tal proposito scrive Sergej Androsov: «L’esportazione di opere d’arte occupò un posto speciale nel commercio tra Venezia e
la Russia. [...] I musei di San Pietroburgo e i palazzi suburbani conservano ancora centoventiquattro opere di plastica veneziana
del primo quarto del XVIII secolo. Va notato, tuttavia, che sia a Peterhof sia nel Giardino d’Estate la scultura marmorea veneta
coesisteva con statue e busti in piombo commissionati dal principe Boris Kurakin in Olanda (settantadue statue e venti busti).
Purtroppo il clima rigido di San Pietroburgo si rivelò disastroso per i piombi che sarebbero andati in rovina nel corso del XIX
secolo». Cfr. S.O. ANDROSOV, Ot Petra I k Ekaterine II. Ljudi, statui, kartiny, Sankt-Peterburg 2013, pp. 14-15. Traduzione a
cura di chi scrive. Sull’imponente raccolta della scultura italiana del XVII e il XVIII secolo oggi conservata presso l’Ermitage ri-
mando a Ital’janskaja skul’ptura XVII-XVIII vekov. Katalog kolekcii/Italian sculpture (17th-18th centuries). Catalogue of the collection,
a cura di S.O. ANDROSOV, Sankt-Peterburg 2014.
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 29
Figura 2. Pieter Stevens van Gunst su disegno di Godfrey Kneller, Principe Boris Kurakin, post 1717
30 CAPITOLO SECONDO
Nel suo diario di viaggio, compilato tra il 1705 e il 1707 e pubblicato solo nel 189083,
Kurakin descrisse il suo soggiorno a Roma, Venezia, Firenze, Ferrara, Bologna e Trento.
Di particolare interesse in questa narrazione sono le dettagliate descrizioni dell’etichetta della
corte di Clemente XI, scritte con l’intento di servire come una sorta di “manuale” per lo zar e i
suoi cortigiani. Numerose pagine del resoconto sono dedicate allo svolgimento dell’udienza
papale, all’atteggiamento dei cardinali a seconda dell’ospite, al processo di elezione papale, alle
retribuzioni mensili dei rappresentanti ufficiali della Santa Sede, alla funzione di concistoro e
della congregazione, allo svolgimento delle cerimonie festive religiose, e così via. Lunghe e det-
tagliate sono le tradizionali descrizioni dei luoghi sacri, alle quali si aggiungono però alcune
novità. A Roma, ad esempio, Kurakin visitò non solo la basilica di Sant’Agnese fuori le mura ma
anche le catacombe di epoca romana:
[…] c’è un ingresso a grotte realizzate durante le persecuzioni dei cristiani; […] ancora
oggi vi si trovano spesso i resti di molti martiri; queste grotte sotterranee sono talmente
lunghe che alcuni dicono che attraverso di queste si può raggiungere il mare, altri dicono
che portano a Napoli. Ci sono molti percorsi sconosciuti; molti viaggiatori vi si persero.
Solo l’anno scorso sei stranieri si sono persi in queste grotte e finora non si ne hanno notizie
[...]84.
Anche i resti dei monumenti “dell’epoca pagana” sono al centro dell’interesse del principe:
83
Cfr. B.I. KURAKIN, Dnevnik i putevye zametki knjazja Borisa Ivanoviča Kurakina. 1705-1707, in Arkhiv kn. F.A. Kurakina, vol.
I, Sankt-Peterburg 1890, pp. 101-240; B.I. KURAKIN, Zapiski knjazja Borisa Ivanoviča Kurakina o prebyvanii v Anglii, ot’ezde v
Rossiju k armii, putešestvie s zarem Petrom Alekseevičem v Karlsbad i o naznačenii svoem na s’ezd v Utrekht. 1710-1712, in Arkhiv
kn. F.A. Kurakina, vol. III, Sankt-Peterburg 1892, pp. 301-314.
84
B.I. KURAKIN, Dnevnik i putevye zametki…, cit., pp. 192. D’ora in avanti la traduzione è a cura di chi scrive.
85
Ivi., pp. 192-193.
86
Ivi, pp. 220-221.
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 31
esclusivamente dal suo personale interesse: visita le principali chiese e i palazzi romani, esamina
i resti del Foro e, seguendo gli spostamenti estivi dell’alta società locale, passa qualche giorno
nella provincia dell’Urbe, immergendosi nella vita delle lussuose ville:
Il 26 maggio partimmo da Roma per una villa a Frascati, un luogo vicino alle montagne,
a 12 miglia da Roma, intorno al quale ci sono molte ville della nobiltà romana, tutte con
magnifici palazzi e bellissimi giardini, ma soprattutto meravigliose fontane [...], vengono
qui per l’aria salubre. [...] Ci fermammo nella villa del cardinale Ursini87 [...]. Vedemmo
inoltre la villa del principe Ponfili (sic)88 che si chiama Belvedere [...]. La villa del principe
Borghese si chiama Monte-Dragone89 e ha un giardino e splendide stanze e giochi d’acqua90,
ma non è paragonabile al Belvedere91.
Non sfugge l’interessamento del nobile viaggiatore per la disinvolta vita mondana dell’aristo-
crazia romana all’alba del Settecento:
Il Carnevale a Roma dura una settimana: tutti galoppano sulla pista indossando maschere
e vestiti diversi. I cavalli chiamati barbar [berberi], vengono fatti galoppare lungo la pista.
Nelle case dei principi e degli altri nobili si tengono festini, o balli alla francese, dove tutti
ballano. Le serenate, una sorta di opera con cantanti, ma non vengono cantate nei teatri,
bensì nelle stanze private. [...]
Nei giorni di Pietro92, la gente inizia a passeggiare la sera in Piazza di Spagna. E i cavalieri
e le dame parlano tutto il tempo, le dame non scendono dalle carrozze, mentre i cavalieri
scendono dagli abitacoli e si avvicinano a parlare con le dame, […] offrendo loro vari rin-
freschi. […] Oltre a parlare, fanno serenate alle dame, le ultime siedono nelle loro carrozze
scoperte con vari rinfreschi, e così via fino a notte fonda. […]
C’è una piazza che si chiama Navona, che in agosto si riempie completamente dell’acqua
delle sue fontane e diventa come un lago. E la gente attraversa la piazza in carrozza e si
diverte immensamente. [...] E nei mesi di luglio e agosto c’è la tradizione che i principi si
riuniscano in questa piazza e organizzino gare di poesia, e per le strade della città in quelle
ore la gente parla e risponde con poesie, un gran numero di persone viene ad ascoltare
queste gare, che durano fino a tarda notte93.
Anche uno sguardo veloce a questa testimonianza fa comprendere l’ampliato respiro culturale
del viaggiatore rispetto agli ambasciatori del secolo precedente. Pur essendo incaricato di svolgere
87
Orsini.
88
Villa Doria Pamphili, progettata da Alessandro Algardi e Giovanni Francesco Grimaldi nel Seicento.
89
Villa Mondragone, dimora nobiliare edificata nel XVI secolo su commissione del cardinale Marco Sittico Altemps, fa parte
delle dodici ville tuscolane. Nel 1981 fu venduta dai gesuiti all’Università “Tor Vergata”.
90
Le fontane.
91
B.I. KURAKIN, Dnevnik i putevye zametki…, cit., pp. 191-192.
92
La solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo che si osserva il 29 giugno.
93
B.I. KURAKIN, Dnevnik i putevye zametki…, cit., pp. 201-202.
32 CAPITOLO SECONDO
una precisa missione diplomatica, Kurakin rimane egualmente attratto dal lato puramente
culturale dei luoghi visitati. Vista l’intensa esperienza europea, non sembra casuale la sua nomina
a inviato russo prima a Roma (1709 al 1712) e poi a Hannover e all’Aia; dal 1713, già in veste
di consigliere segreto, Kurakin prese parte al trattato di Utrecht, volto a porre fine alla guerra di
successione spagnola (1701-1714). Gli ultimi anni della sua vita li trascorse nella capitale francese
in qualità di ambasciatore.
Tuttavia, come abbiamo visto in precedenza, non solo agli ufficiali di alto rango spettava
effettuare missioni pluriennali in Europa durante il regno di Pietro il Grande. Uno dei primi
esempi della formazione universitaria in Occidente dei giovani russi è documentato nei diari
dei fratelli Aleksandr (1694-1746) e Ivan (1700-1734) Naryškin, cugini di Pietro il Grande
e figli del capo di Posol’skij prikaz, il precursore del Ministero degli Esteri, Lev Naryškin. Nel
1708 i giovanissimi nobili partirono prima per l’Inghilterra e poi per l’Olanda allo scopo di
apprendere nozioni di nautica. La durata del viaggio di studio fu stabilita da Pietro stesso, il
quale riferì loro nel 1710: «Mi fa molto piacere che invece di viaggiare in carrozze vi spostiate
a bordo di una nave e studiate con volontà, a questo proposito sappiate che non vi richiamerò
indietro finché non apprenderete gli studi alla perfezione»94. I fratelli tornarono in Russia
solo nel 1719, dopo aver passato ben undici anni tra studi e viaggi in Europa. Apprendiamo
delle loro avventure all’estero grazie ai resoconti composti tra il 1714 e il 1717 dal fratello
maggiore Aleksandr, ogni tanto firmati anche da Ivan. I tre taccuini giunti a noi sono
conservati presso la Biblioteca Statale russa a Mosca95, mentre il quarto si trova nella Biblioteca
nazionale russa a San Pietroburgo96. A un certo punto della loro permanenza in Europa, i
giovani giunsero anche in Italia ed ebbero modo di visitare Venezia, Genova, Torino, Milano,
Livorno, Pisa, Firenze, Roma e Napoli97.
Anche questa testimonianza si distingue per una descrizione estremamente meticolosa:
viene fissato ogni piccolo spostamento, i più insignificanti dettagli dell’etichetta, ogni “cu-
riosità” vista, ogni incontro con la nobiltà dei luoghi visitati, accompagnati da una precisa
lista di nomi e titoli riportati in caratteri latini e persino da piccoli disegni delle case europee.
Infatti, alcuni studiosi sottolineano la totale dedizione dei protagonisti «ai viaggi estenuanti
e alle infinite visite turistiche»98. Tutto ciò fa intuire l’obbligatorietà di redigere tali testimo-
94
Pis’ma i bumaghi Petra Velikogo, vol. X (gennaio – dicembre 1710), lettera n. 3927 del 13 agosto 1710, Moskva 1956, p. 281.
Traduzione a cura di chi scrive.
95
Otdel rukopisej Rossijskoj Gosudarstvennoj Biblioteki (Dipartimento di manoscritti della Biblioteca Statale russa, d’ora in
avanti OR RGB), f. 256 Rumjancev S.P., � 517, voll. I, II, III. Nel primo taccuino vengono descritte Marsiglia, Cadice, Gibilterra,
Tolosa, Nizza, Monaco, Genova, Firenze e Pisa; la narrazione si interrompe con l’arrivo a Roma. Il secondo taccuino è dedicato
alle città di Torino, Lione, Orléans, Nantes e Brest. Il terzo libro si apre con la descrizione di Amsterdam, Bruxelles e Parigi.
96
Il quarto taccuino fu composto tra agosto e ottobre del 1716 e comprende le descrizioni di Venezia e Milano. Cfr. M. DI
SALVO, Junyj rossianin za granitsej: dnevnik I. Naryškina, in «XVIII vek», XXI, 1999, p. 25.
97
Purtroppo, pare che i taccuini riguardanti i soggiorni romano e partenopeo non si siano conservati. La visita di Napoli da parte
dei Naryškin è stata confermata da Elena Nikolaevna Ošanina, che è riuscita a trovare alcune lettere dei fratelli a Pietro il Grande
inviate da Napoli nel 1715. Cfr. E.N. OŠANINA, Dnevnik russkogo putešestvennika pervoj četverti XVIII veka, in Sovetskie arkhivy,
№1, 1975, p. 107.
98
M. DI SALVO, Junyj rossianin…, cit., pp. 28-29.
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 33
nianze, mirate a ricostruire un quadro veritiero della realtà europea per i connazionali parti-
colarmente interessati ad essa, tra cui il primo fu, naturalmente, il sovrano. Tale compito fu
assegnato ai giovani da Pietro, anche in sintonia con la consuetudine europea di mettere per
iscritto le proprie impressioni stimolate dai viaggi. Quella dei Naryškin è una fonte preziosa
poiché conferma la presenza in quegli anni in Europa di una serie di inviati dello zar, tra cui
Andrej Artamonovič Matveev99 e l’appena citato Boris Kurakin. A questi si aggiunsero perso-
naggi, quali Savva Raguzinskij e Jurij Kologrivov, inviati in Italia per acquistare soprattutto
importanti sculture, che oggi costituiscono la base della collezione dell’Ermitage100.
I taccuini dei Naryškin non hanno, tuttavia, una particolare valenza letteraria, essendo
composti da due giovani che, al contrario dei diplomatici partiti per l’Europa in età matura,
non hanno fatto in tempo neanche a conoscere bene la cultura moscovita prima del viaggio.
La narrazione asciutta ha un carattere colloquiale ed è piena di prestiti da alcune lingue occi-
dentali. A Firenze, pur essendo rimasti colpiti dai pezzi della famosa Tribuna, non fanno di-
stinzione tra le opere d’arte e altre attrazioni:
Venerdì mattina andammo a vedere la Gallerie du grand duc (sic) con 174 statue
antiche in marmo bianco. [...] Vi è un tavolo ottangolare intarsiato di pietre incise colo-
rate101 [...]; c’erano inoltre 10 cassetti con diverse medaglie, ossia monete antiche […].
Dopodiché visitammo la stalla del Gran Duca, in cui c’erano 5 cavalli africani e di altre
58 nazioni. Vicino alla stalla c’era un serraglio con 1 vecchio leone, 2 vecchie volpi e
leopardi, 2 orsi e un giovane leopardo, 2 giovani leoni, 2 lupi neri, 4 lupi grigi e 4
volpi102.
I diari furono composti dai giovani con la consapevolezza di avere una certa diffusione in
patria. Così, la visita del collegio dei gesuiti di Lione, la futura alma mater di Jérôme Lalande,
si conclude con il seguente consiglio per i possibili viaggiatori: «In una parola, se qualcuno
dovesse capitare di trovarsi a Lione, la visita di questo osservatorio è d’obbligo»103; un’osser-
vazione-cliché di qualsiasi guida turistica moderna. Nonostante il suo carattere obbligato,
l’esperienza dei Naryškin ci fa comprendere quanto un viaggio in Europa alla fine di un ciclo
di studi stesse diventando un requisito indispensabile della formazione culturale dei loro
connazionali.
99
Prima di occupare la carica di senatore e poi quella di governatore di Mosca (1724-1725), Matveev (1666-1728) fu l’inviato
russo nella Repubblica delle Sette Province Unite nel 1699. Passò quindici anni presso varie corti d’Europa e registrò le impres-
sioni sulla vita europea nelle sue Memorie. Il suo manoscritto sulla permanenza presso la corte di Luigi XIV, Diarius privatae le-
gationis ad Aulam Galliae, può essere considerato il primo scritto di un russo sulla Francia. Cfr. I.S. ŠARKOVA, A.D. LJUBLINSKAJA,
Russkij diplomat vo Francii: zapiski Andreja Matveeva, a cura di A.D. LJUBLINSKAJA, Leningrad 1972.
100
Cfr. S.O. ANDROSOV, Pietro il Grande e la scultura italiana, San Pietroburgo 2004.
101
Il superbo tavolo ottangolare in pietre dure realizzato da Jacopo Antelli su disegno di Jacopo Ligozzi negli anni 1633-1649.
102
Cit. da E.N. OšANINA, Dnevnik…, cit., p. 108. Traduzione a cura di chi scrive.
103
Ibidem.
34 CAPITOLO SECONDO
104
Occorre precisare che, per motivi di segretezza, il documento rilasciato al diplomatico dal sovrano alla sua partenza attestava
che Šeremetev si diresse in Europa «di sua spontanea volontà», spinto da motivi di carattere religioso e desideroso di conoscere i
Paesi occidentali. Questa missione fu inoltre vista come un segno di riavvicinamento tra la Chiesa russa e quella cattolica, tanto
che nel corso della Grande Ambasceria e del viaggio di Šeremetev si sparse la voce, sia in Russia che in Europa, «che il general
Szeremet si fosse di già unito alla chiesa Romana, e che il Czar fosse inclinato a far il medesimo». Cfr. A. THEINER, Monuments
historiques relatifs aux règnes d’Alexis Michaélowitch, Féodor III et Pierre le Grand czars de Russie, extraits des archives du Vatican et
de Naples, CCXCVIII, lettera dell’arcivescovo di Strigonio e primate d’Ungheria Leopold Karl von Kollonitsch al Cardinale
Orazio Filippo Spada, 2 agosto 1698, Vienna, Vatican 1859, p. 374.
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 35
Quella città è distesa sopra il mare, le costruzioni in essa sono di prim’ordine, soprattutto
le chiese, riccamente abbellite con varie decorazioni artistiche molto costose, la maggior
parte con marmi, inoltre è una città assai affollata; in questa città vengono inviati dal Re Spa-
gnolo dei Viceré, ossia dei luogotenenti scelti tra i più nobili rappresentanti, e questi soggior-
nano nella città per due anni […].
A una distanza di dieci miglia da quella città c’è un’enorme montagna chiamata Vesuvij,
che brucia continuamente, e di giorno si vede il fuoco e una grande colonna di fumo; tutto
ciò si vede meglio di notte; dalla cima di quella montagna il fuoco scoppia con un grande
rumore, producendo una grande paura nell’uomo107.
Al nobile viaggiatore non poté mancare l’attrazione principale della città: il miracolo di San
Gennaro. Su invito personale del nunzio apostolico, Šeremetev assistette alla famosa scena dello
“scioglimento” del sangue del santo patrono di Napoli:
Il 23 maggio il nunzio del papa fu inviato al boiardo108 per chiedere questi di recarsi
quel giorno al convento in cui, disse, il sangue del grande santo Gennaro è conservato nelle
tesorerie di quei monaci, e quel sangue è conservato con grande riverenza e viene portato di
tanto in tanto dalle tesorerie alla chiesa e viene posto sull’altare e viene servita la liturgia.
[…] Il boiardo arrivò in quella chiesa e, dopo aver aspettato un po’ di tempo, portarono
questo sangue santo con grande riverenza e in processione nella chiesa e lo posero sull’altare.
Questo sangue santo è conservato in un piccolo recipiente di cristallo, e si poteva vedere
che quel sangue cominciò all’improvviso a ribollire e questo recipiente fu capovolto, il
sangue non traboccava e pareva essiccato, ma quando iniziò la liturgia e il Vangelo fu letto
il sangue santo cominciò a immergersi gradualmente fino al fondo di quel recipiente [...].
Vedendo questo, la gente che si trovava in quella chiesa provò una grande gioia e applaudì,
come si usa in riti latini, molti piangendo. Dopo questa liturgia, tutti baciarono il sangue
santo bollente con grande timore e lacrime, ringraziando Dio per un così grande miracolo
mostrato attraverso questo sangue109.
Nella Certosa di San Martino il nobile rimase colpito dalla ricca decorazione dell’interno
della chiesa barocca in preziosi marmi policromi:
Questo monastero, posto su una collina molto alta sopra tutta Napoli, è costruito in
modo splendido, soprattutto la chiesa, che è riccamente decorata con marmi policromi,
107
B.P. ŠEREMETEV, Zapiska …, cit., p. 54. D’ora in poi la traduzione è a cura di chi scrive.
108
Membro dell’alta aristocrazia feudale russa. È il titolo con il quale lo scriba, per il cui conto avviene la narrazione, si rivolge a
Šeremetev.
109
B.P. ŠEREMETEV, Zapiska …, cit., pp. 77-78. Sull’effetto prodotto dal “miracolo” su alcuni viaggiatori stranieri a Napoli tra il
XVIII e il XIX secolo si veda L. FINO, Il miracolo di San Gennaro nelle testimonianze dei viaggiatori stranieri del ‘700 e dell’Ottocento,
Napoli 2018; ID., Chiese miracoli e fede popolare nei ricordi dei viaggiatori stranieri, Napoli 2016, pp. 173-210. Sul significato del
fenomeno nel Meridione d’Italia rimando a “Sangue vivo, rubicondo e senza malo odore”. I prodigi del sangue nei processi di cano-
nizzazione a Napoli nell’età moderna, in G. SODANO, Il miracolo nel Mezzogiorno d’Italia dell’età moderna tra Santi, Madonne,
guaritrici e medici, Napoli 2010, pp. 219-234.
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 37
In uno dei giorni trascorsi a Napoli, Šeremetev fu invitato a visitare il Collegio dei Gesuiti,
chiamato da lui «Accademia», dove «diverse scienze e arti» venivano insegnate ai giovani rappre-
sentanti dell’aristocrazia napoletana «non dai gesuiti, ma da gente secolare»111:
110
Ivi, p. 80.
111
Ivi, p. 81.
112
Ibidem.
113
Tolstoj fu parente della prima moglie dello zar Alessio, padre di Pietro il Grande, Marija Miloslavskaja, e prese quindi le parti
dei Miloslavkij nella sanguinosa rivolta di Mosca del 1682 che scoppiò dopo l’incoronazione di Pietro I. Nel corso della rivolta
il piccolo Pietro assistette personalmente alle esecuzioni di alcuni dei nobili più devoti alla casata di sua madre, i Naryškin, tra
cui anche suo zio materno. Si pensa che proprio la volontà di guadagnarsi la benevolenza del sovrano abbia spinto Tolstoj ad
andare in Europa e a dare così l’esempio agli altri nobili e ai loro figli.
38 CAPITOLO SECONDO
Figura 5. Georg Gsell (?), Ritratto del conte Pëtr Andreevič Tolstoj. San Pietroburgo, Museo statale Russo
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 39
Tolstoj giunse nella città lagunare il 15 giugno 1697114. Dopo aver visitato e descritto il
Palazzo Ducale, le basiliche di San Marco e di Santa Maria della Salute, la Chiesa di San Giorgio
dei Greci, l’Arsenale insieme con le isole di Murano e di San Giorgio Maggiore, si recò a Padova,
proseguendo poi in direzione di Mestre, Treviso, Vicenza, Verona e Bergamo. Dal settembre
dello stesso anno Tolstoj si trovò di nuovo a Venezia, dove si dedicò finalmente agli studi e, da
volontario, navigò a bordo di una nave sul mare Adriatico lungo le coste dell’Istria e della
Dalmazia. Nel marzo 1698 si recò a Milano e visitò il Duomo, il Monastero di Sant’Ambrogio,
il Castello Sforzesco, dopodiché fece nuovamente ritorno a Venezia. Nell’estate dello stesso
anno, il nostro avventuriero, che aveva ormai imparato bene l’italiano, si diresse nel Regno di
Napoli, dove, come anche il suo predecessore Šeremetev, ebbe modo di passare solo alcuni
giorni.
Il suo arrivo nella capitale del Vicereame spagnolo si apre con una pittoresca descrizione della
città con le sue fontane «con delle acque abbondanti e cristalline» e l’immagine spaventosa del
fumante Vesuvio in lontananza, «una montagna alta che brucia incessantemente dalla creazione
del mondo e di giorno emana un grande fumo e di notte a volte si può vedere una fiamma»115
(fig. 6).
La visita della città cominciò, come al solito, dai luoghi sacri, tra cui la basilica di Santa Maria
del Carmine Maggiore. Tolstoj fornisce un’attenta spiegazione di alcuni miracoli legati al posto,
come quello riguardante gli avvenimenti del 17 ottobre 1439, quando l’artiglieria di Alfonso V
d’Aragona (1396-1458) distrusse l’abside, colpendo anche il tabernacolo nel quale era conservato
un crocifisso trecentesco116.
Il viaggiatore fu poi accompagnato alla Basilica della Santissima Annunziata Maggiore, che
descrisse prima della sua ricostruzione progettata da Luigi Vanvitelli dopo l’incendio del 1757.
L’interesse di Tolstoj fu attirato dall’altare maggiore in marmo e lapislazzuli e dalla decorazione
interna del luogo sacro:
114
Il manoscritto di Pëtr Tolstoj fu brevemente descritto per la prima volta dallo storico, slavista e archivista, Nil Aleksandrovič
Popov solo nel 1859. Cfr. N.A. POPOV, Putešestvie v 1697-1699 stol’nika P.A. Tolstogo v Italiju i na o-v Mal’tu, in «Atenej», n.
7-8, 1859, pp. 300-339. Successivamente alcune parti del manoscritto furono commentate dallo stesso studioso. Cfr. N.A.
POPOV, Graf Pëtr Andreevič Tolstoj s 1645 po 1727 g., in «Drevnjaja i Novaja Rossija», n. 3, 1875, pp. 226-244. La prima
edizione del testo intero risale al 1888: Putešestvie stol’nika P.A. Tolstogo. 1697-1699, in Russkij Arkhiv, vol. I, 1888, pp. 505-
552. Infine, la prima edizione scientifica del diario debitamente commentata uscì solo nel 1992 (P.A. TOLSTOJ, Putešestvie sto-
l’nika P.A. Tolstogo po Evrope, a cura di L.A. OL’ŠEVSKAJA, S.N. TRAVNIKOV, Moskva 1992). Va segnalata anche la prima traduzione
italiana commentata del diario a cura di Claudia Piovene Cevese, uscita ancor prima dell’edizione scientifica russa del 1992.
Cfr. C. PIOVENE CEVESE, P.A. Tolstoj. Un viaggiatore d’eccezione al tempo di Pietro il Grande, Genève 1981. L’importanza sto-
rico-culturale del documento ne favorì anche una pubblicazione in lingua inglese. Cfr. The travel diary of Peter Tolstoi: a Muscovite
in Early Modern Europe, edited by M.J. OKENFUSS, Illinois 1987. Sulla missione in esame si veda anche: S. ANDROSOV, Petr
Tolstoj, viaggiatore russo a Napoli (1698), in La Campania e il Grand Tour. Immagini, luoghi e racconti di viaggio tra Sette e Ot-
tocento, a cura di R. CIOFFI, S. MARTELLI, I. CECERE, G. BREVETTI, Roma 2015, pp. 323-328.
115
P. A. TOLSTOJ, Putešestvie …, cit., p. 126.
116
La figura del Cristo crocifisso fu ritrovata intatta, senza la corona di spine, con la testa inclinata verso la spalla destra, gli occhi
e la bocca chiusa. Ciò portò i fedeli a pensare a un miracolo, come se il Cristo avesse voluto schivare il colpo.
40 CAPITOLO SECONDO
Figura 6. Teresa del Po’ su disegno di Giacomo del Po’, Esattissima delineazione del monte Vesuvio … nel 1694.
Incisione tratta da A. BULIFON, Raguaglio istorico dell’incendio del Monte Vesuvio succeduto nel mese d’aprile
MDCLXXXXIV. Con una breve notizia degli incendi antecedenti, Napoli 1696
In quella chiesa, l’altare è fatto di diversi marmi di straordinaria fattura […] anche la
volta e le pareti sono fatte di diversi marmi e alabastro, e molte parti sono dorate, e tutta la
decorazione di quella chiesa è ammirevole e ricca; le icone sono meravigliose, e in tutta
Italia non ce ne sono di simili117.
Il Duomo di Napoli non suscitò grandi emozioni nel nostro viaggiatore per via della decora-
zione modesta:
Questa chiesa è lunga, non è né molto ampia né ben decorata, la volta e le pareti sono in
alcuni punti ricoperte di intonaco. Nella chiesa si trovano due grandi organi. Sul lato destro
117
P. A. TOLSTOJ, Putešestvie …, cit., 128.
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 41
c’è una navata, non molto piccola, chiusa da una griglia di rame fuso di ottima fattura.
Questa griglia contiene le ricchezze degli abitanti di Napoli: principi, duchi, marchesi e
altri uomini onesti – in una grande quantità118.
Il nobile visitatore rimase impressionato dalle condizioni favorevoli in cui furono tenuti i pa-
zienti dell’ospedale più importante del Reame, quello degli Incurabili, dove, secondo Tolstoj, i
malati venivano assisiti non solo dai «servitori» del luogo, ma anche da «persone per bene» che
«vi prestavano servizio di loro spontanea volontà per amore di Dio»:
In quell’ospedale si trovano 200 persone malate dalla nascita, vivono in stanze speciali,
ricevono cibo, hanno un posto per dormire, sono forniti di vestiti, tutto in abbondanza. I
cittadini di Napoli pensano che essi siano stati creati per volontà di Dio e non devono
patire la fame né violenza da parte degli altri. Vi sono delle persone messe appositamente
per farli lavorare e osservare che essi non si picchino tra di loro; e lavorano questi malati di
mente nell’ospedale sopradescritto: portano acqua dai pozzi, portano legna per cucinare
cibo ed eseguono altre piccole necessità che sono in grado di sopportare […]. In quell’ospedale
ci sono dei meravigliosi giardini con erba e radici per la farmacia119 e per divertimento e
passeggiate: quelli che iniziano a guarire passeggiano nel giardino120.
La Chiesa dei Girolamini fu un altro luogo sacro che suscitò l’ammirazione del visitatore per
la presenza di «due grandi organi», per le dodici colonne di granito della navata e per la sua de-
corazione in oro, marmi e madreperla. Inoltre, riferendosi al «grande decoro» di tutta la chiesa,
Tolstoj poteva sicuramente intendere anche gli splendidi quadri e affreschi presenti nella prima
quadreria pubblica di Napoli, come, ad esempio, la Cacciata dei mercanti dal tempio (1684) di
Luca Giordano sulla controfacciata.
La successiva tappa fu la Basilica di San Paolo Maggiore: «Quella chiesa è decorata all’interno
con vari marmi, alabastro ed è dorata. In essa ci sono dodici pilastri in pietra e in marmo,
ciascuno scolpito da un unico pezzo di pietra»121. Anche qui il visitatore ammirò i quattro grandi
organi, nonché un’impressionante quantità di «paramenti sacerdotali, cuciti con una splendida
maestria»122.
A quanto pare il viaggiatore fu molto interessato alla scultura e alla decorazione plastica.
Così, una forte impressione fu prodotta su di lui dal gruppo scultoreo del Compianto sul Cristo
in terracotta policroma eseguito dal modenese Guido Mazzoni tra il 1492 e il 1497, conservato
nell’oratorio del Santo Sepolcro della Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi:
118
Ivi, p. 129.
119
Il capolavoro dell’arte barocca e luogo dell’incontro tra arte e scienza, la storica farmacia degli Incurabili, essendo la parte
meglio conservata dell’antico ospedale, oggi fa parte del Museo delle Arti Sanitarie.
120
P. A. TOLSTOJ, Putešestvie …, cit., pp. 138-139.
121
Ivi, p. 129.
122
Ibidem.
42 CAPITOLO SECONDO
Nel sagrato di quella chiesa vidi una bara fatta di vetro, e in quella bara giace il corpo del
Signore nostro Gesù Cristo […] e quel corpo è eseguito con una mirabile maestria. Accanto
a quella bara ci sono altre figure realizzate con la stessa pietra: alla testa del corpo di Cristo
c’è la figura di Vergine Maria Santissima seduta; dallo stesso lato c’è la raffigurazione di
Maria Maddalena in piedi; vicino alla quale c’è la figura della regina di Napoli che fondò
questo convento123; dall’altro lato vi è la figura di Santa Salomè in piedi; accanto a lei vi è la
figura di Giovanni Teologo124 sempre in piedi; ai piedi del corpo di Cristo ci sono due im-
magini di filosofi romani inginocchiati125, — tutte quelle figure sono fatte con una tale
abilità superiore che non si potrebbe mai dire che non siano vivi126.
Un’altra scultura che suscitò l’entusiasmo del viaggiatore fu l’altare in marmo della Cappella
Piccolomini, ancora in Sant’Anna dei Lombardi. Eseguita nel 1475 da Antonio Rossellino, essa
rappresenta l’Adorazione dei pastori con ai lati le sculture di San Giacomo e San Giovanni e, più
in alto, due tondi con figure di profeti. Tolstoj rimase profondamente sbalordito dalla bravura
dello scultore: «Nella cappella di quel convento vidi l’immagine della nascita di Cristo scolpita
in alabastro, […] eseguita con una tale maestria come poche opere in tutto il mondo, è impossibile
descriverla appropriatamente ed è un lavoro incomprensibile per la mente umana»127.
Le visite ai luoghi sacri si alternavano a quelle ai siti profani. Ecco quanto riportava Tolstoj
sul Palazzo Reale:
La casa del Viceré è molto grande, con un gran numero di piani alti, costruita con una sor-
prendente maestria. […] Ci sono stanze grandi e medie, alcune decorate con dipinti di grandi
maestri italiani e e altre ricoperte di damasco. Ci sono poi molti tavoli e sedie straordinari in
quelle camere; le finestre di quelle stanze sono coperte di taffettà bianco; grandi specchi,
invece, secondo la moda spagnola, sono collocati lungo le pareti sui tavoli. […] Alla porta vi
è una numerosa guardia di soldati; davanti al portone c’è una piazza enorme e straordinaria; la
casa è vicino al mare, e dalle sue stanze si vede tutto il golfo e tutta la città di Napoli. Accanto
al cortile, in riva al mare, è costruita una casa che si chiama l’arsenale, dove si costruiscono le
navi. Superata la casa del Viceré, continuai la mia gita lungo la riva del mare, dove vidi un
gran numero di fontane. Su quella riva la nostra carrozza incontrò molte altre carrozze in cui
i principi, duchi e marchesi passeggiano per il loro divertimento128.
Nelle scuderie reali il viaggiatore vide «125 cavalli e 11 carrozze belle e ricche e due carrozze
magnifiche romane […] e il prezzo di quelle sole due carrozze è di 100.000 scudi»129. Non
123
La regina che «fondò questo convento» e le cui sembianze sono assimilate alla figura di Maria di Cleofa, deve essere Maria di
Trastámara (1401-1458), regina consorte dal 1442 al 1458.
124
San Giovanni Evangelista.
125
Evidentemente Tolstoj si riferisce alle figure di Giuseppe d’Arimatea e di Nicodemo.
126
P. A. TOLSTOJ, Putešestvie …, cit., p. 135. Si veda inoltre S. ANDROSOV, Petr Tolstoj…, cit.
127
Ibidem.
128
Ibidem.
129
Ivi, pp. 137-138.
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 43
mancò poi di visitare l’Università, all’epoca situata nel Palazzo dei Regi Studi, che egli chiama
“Accademia”, descrivendone non solo l’aspetto architettonico e il programma di studi:
Quella accademia fu costruita con denaro pubblico, cioè con le finanze reali, è assai
grande, ci sono 120 camere distribuite su cinque piani […]. In quelle sale viene studiata la
filosofia, la teologia e altre scienze superiori, nonché l’anatomia. In quella accademia studiano
a volte più di 4.000 studenti, tutti gratuitamente, chiunque essi siano, e i maestri vengono
pagati dal Re […]. C’è una sala particolare per le discussioni […]. Ha una forma semicircolare,
simile al presbiterio di una chiesa. Sulla parete di fronte all’ingresso vi è un sedile rialzato,
simile a quello di un re; ai suoi lati ci sono quattro file di sedili che salgono verso l’alto; su
di essi siedono maestri, studenti e vari studiosi che partecipano a questi dibattiti130.
Nei giorni successivi Tolstoj ebbe modo di visitare la biblioteca dei Girolamini, la più antica
biblioteca pubblica di Napoli, la cui costruzione risale al 1586, dove «[…] in tre stanze vidi una
moltitudine di libri tra quali anche un grande libro, La Storia di Mosca, stampato in lingua
latina con delle immagini di Mosca, del Cremlino, del Kitaj e “Belo gorod”131, con i nomi delle
torri e dei fiumi, e delle strade in lingua slava scritti tutti con i caratteri slavi»132.
Fece visita al Collegio dei gesuiti, «dove studiano la grammatica, le lingue e la scrittura
latina e delle altre lingue, […] nonché il combattimento con la spada con e senza stiletti; si
studia il modo di usare la bandiera; di ballare varie danze; di andare a cavallo»133.
Nonostante la brevità del soggiorno, Tolstoj riuscì a visitare anche i dintorni della capitale.
Così, passando per «una strada sotterranea scavata in una montagna», la famosa Grotta di Po-
sillipo, una delle mete più visitate dai grand tourists a Napoli, davanti agli occhi del viaggiatore
stupito si aprì il desolato e stupefacente panorama dei Campi Flegrei. La visita di una delle at-
trazioni più note dell’area flegrea, la Grotta del Cane, e il noto trucco con il cagnolino furono
così descritti da Pëtr (fig. 7):
130
Ivi, p. 139.
131
Gli storici quartieri mercantili di Mosca situati nei pressi della Piazza Rossa.
132
P. A. TOLSTOJ, Putešestvie …, cit., p. 142. Da identificarsi con i Rerum Moscoviticarum auctores varii: unum in corpus nunc
primum congesti. Quibus & gentis historia, continetur: et regionum accurata descriptio. Additus est index rerum & verborum in primis
notabilium copiosus, Francofurti 1600, oppure con Sulla legazione del principe di Mosca Basilio Magno a Clemente VII (noto anche
come Moschovia) prima edizione Pauli Iovii Novocomensis Libellus del legatione Basilii Magnii Principis Moschoviae, Romae 1525.
133
Ivi, p. 143.
134
Il lago di Agnano.
44 CAPITOLO SECONDO
Figura 7. Louis-Magdaleine Horthemels, Le lac d’Agnano 1. Sudat St. Germano, 2. Grotta del Cane, incisione in
rame tratta da Les delices de l’Italie, vol. III, Paris 1707, p. 287
Poi prendemmo quel cane dalla grotta e lo buttammo nell’acqua del lago suddetto,
vicino al bordo, dove non poteva annegare; dopo un minuto si riposò e cominciò a muoversi
e, dopo aver esitato un po’, uscì dall’acqua sano come prima135.
Trovandosi nei Campi Flegrei e dovendo passare da Pozzuoli a Baia, Tolstoj colse l’occasione
di visitare l’antico centro termale dei romani, le cosiddette stufe di Nerone, il porto di Baia, «il
miglior porto di tutta la Spagna e del Regno di Napoli», nonché il Castello Aragonese: «[...]
quella città cadde completamente a pezzi e il posto dove fu prima è coperto dalla foresta, anche
se ancora oggi sono visibili i resti di quella città: palazzi e santuari degli dei pagani costruiti qui
sotto il già menzionato maledetto aguzzino Nerone»136. Nomina, inoltre, i templi di Diana, di
Mercurio e quello di Venere con dei «meravigliosi dipinti lungo le pareti»137. Essendo stato ac-
compagnato da una guida, il viaggiatore fornisce delle spiegazioni abbastanza esaustive di carattere
storico sui posti e le curiosità viste, citando Svetonio nella descrizione del ponte di Caligola tra
Baia e Pozzuoli, e Tacito, parlando della Tomba di Agrippina a Bacoli.
Alla fine del breve soggiorno napoletano, Tolstoj riassunse le sue avventure partenopee e fece
una sintesi delle impressioni sulla città, la sua gente e i suoi costumi; un passaggio di grande
135
P. A. TOLSTOJ, Putešestvie …, cit., p. 131.
136
Ibidem.
137
Si riferisce agli affreschi distinguibili sulle pareti degli antichi templi.
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 45
utilità per coloro che potessero essere interessati alla cultura di questa meta ancora esotica per i
russi. La sua piccola “voce enciclopedica” si apre con la descrizione della struttura del governo,
l’aspetto religioso, l’architettura, la società, i costumi, l’artigianato; il lettore viene così informato
della durata sessennale del mandato di ogni viceré che, oltre a essere «la persona più onesta e no-
bile», prima di arrivare a Napoli da Madrid, doveva «vivere per due anni come ambasciatore del
Papa a Roma senza alcun finanziamento esterno»138.
In cambio veniva ricompensato con «un grande rispetto e obbedienza da parte dei napoletani
e 300.000 scudi annui»139. Il viaggiatore nota pochi stranieri a Napoli, a causa di posizione del
Regno distante da altri Stati europei. La città partenopea suscitò l’ammirazione di Tolstoj per le
sue case in pietra140, «costruite con una straordinaria abilità», per il ricco arredamento interno
dei palazzi napoletani con le pareti ricoperte di damasco, con bei quadri ed eleganti specchi, per
la presenza di strumenti musicali, armadi e credenze, dietro i cui vetri i napoletani erano soliti
«mettere vari oggetti per abbellimento»141. Per quanto riguarda la moda locale, Tolstoj nota la
predilezione per il raffinato gusto francese tra i nobili e per quello spagnolo negli ambienti mer-
cantili: «Gli abiti spagnoli sono particolari: tutti neri, molto corti, pantaloni troppo stretti,
maniche tagliate nel senso della lunghezza e tutti indossano mantelli neri. Le donne e le fanciulle
napoletane portano abiti e copricapi francesi, ma alcune escono, come le spagnole, a capo sco-
perto»142.
Sottolinea l’abitudine dei nobili di spostarsi esclusivamente in carrozze anche per distanze
brevi: «I nobiluomini a Napoli non vanno mai a cavallo, sia vecchi che giovani preferiscono le
carrozze e carrozzelle, che a Napoli si trovano in gran numero»143. Gli uomini napoletani,
secondo Tolstoj, sono particolarmente accoglienti, affettuosi e affabili con gli stranieri, mentre le
donne sono timide e tendono a nascondersi dai forestieri, come anche quelle moscovite. Nel
complesso, il nobile rimase piacevolmente colpito dalla calorosa accoglienza dei napoletani e dal
loro carattere allegro:
Gli abitanti di Napoli si uniscono spesso e vivono amichevolmente tra loro; e quando si
uniscono in una casa, si trattano con sorbetto e limonata e bevono molto vino, ma non be-
vono vodka; inoltre, non fumano tabacco, ma non si lasciano mai sfuggire il tabacco da
fiuto dalle mani, e lo consumano tutti in grandi quantità: uomini, donne, ragazze. L’ubria-
chezza a Napoli [...] è severamente vietata144.
138
P. A. TOLSTOJ, Putešestvie …, cit., p. 145.
139
Ivi, p. 144.
140
E non di legno come quelle della Mosca del XVII secolo.
141
P. A. TOLSTOJ, Putešestvie …, cit., p. 144. Sul tema in questione inviato a consultare Il barone in città: residenza e status antro-
pologico, in G. GALASSO, L’altra Europa. Per un’antropologia storica del Mezzogiorno d’Italia, Napoli 2009, pp. 293-308.
142
Ivi, p. 145.
143
Ibidem.
144
Ibidem. Si veda sull’argomento Lo steriotipo del napoletano e le sue variazioni regionali, in G. GALASSO, L’altra Europa…, cit.,
pp. 151-197.
46 CAPITOLO SECONDO
Stima il numero approssimativo delle chiese e monasteri a Napoli e nei suoi dintorni in 860
e tutta la popolazione in 600.000 abitanti145. Nota, però, l’assenza delle chiese «greche» a Napoli
e la presenza di una sola chiesa146 che «unì la fede romana con quella greca»147. Una menzione
speciale meritano i numerosi artigiani che Tolstoj incontra per la prima volta a Napoli e ammira
molto, come, ad esempio, quelli che «fanno delle scatoline e di altre cose varie dal guscio di tar-
tarughe» decorate con oro e argento. Prima di lasciare l’osteria in cui alloggiava, Tolstoj dovette
pagare al proprietario 20 ducati.
Tuttavia, non avendo con sé l’intera somma a causa delle numerose spese di viaggio, lasciò
«un pegno con lettera» al successivo moscovita che si sarebbe fermato a Napoli con la richiesta di
riscattare il pegno e la promessa di rimborsare l’importo pagato148. Questa richiesta dimostra che
già alla fine del XVII secolo Napoli rientrava nelle mete frequentate dai viaggiatori russi.
Come anche nel caso del conte Šeremetev, l’esperienza della prima missione italiana149 favorì
la brillante carriera diplomatica di Tolstoj. Si servì delle conoscenze acquisite sulla vita europea
per diventare il primo residente russo all’estero, vale a dire presso la Sublime Porta, in un periodo
particolarmente difficile per le relazioni russo-turche150. Tolstoj fu tra i primi a cogliere l’inizio
dei cambiamenti fondamentali della politica estera russa, grazie ai quali il Settecento si sarebbe
rivelato l’epoca di una rapidissima evoluzione culturale, mai sperimentata in precedenza. Un’at-
tenzione speciale merita la sua sensibilità per gli aspetti estetici del viaggio intrapreso: pur non
essendo un intenditore dell’arte, si sforzò sempre di esprimere la ricca gamma di sensazioni pro-
vocate dalle cose considerate da lui stesso “belle”, “meravigliose”, “straordinarie” e “mirabili”151.
Nelle missioni descritte cominciò a delinearsi il concetto del viaggio moderno: compiere una
spedizione in Occidente non solo per fede, commercio o diplomazia, ma anche per conoscere la
145
Ibidem.
146
Evidentemente si tratta della Chiesa dei Santi Pietro e Paolo dei Greci.
147
P. A. TOLSTOJ, Putešestvie …, cit., p. 147.
148
Ivi, p. 180.
149
Ben diciannove anni dopo, nel 1717, Tolstoj sarebbe tornato a Napoli per svolgere una missione segreta. Fu incaricato da
Pietro I di riportare a San Pietroburgo il principe Alessio (1690-1718), unico figlio maschio dello zar, che all’epoca si nascondeva
a Castel Sant’Elmo insieme con la sua amante. Avendo garantito la sicurezza della vita del giovane, Tolstoj lo riportò nella capitale
russa, dove Alessio venne poi torturato nella Fortezza dei Ss. Pietro e Paolo, qualche giorno prima di essere condannato come co-
spiratore contro il regno del legittimo sovrano. Tolstoj, grazie a quella missione, divenne uno degli assistenti più stretti del sovrano
russo, tanto da essere insignito del titolo di conte nel 1724.
150
Occorre sottolineare che Tolstoj ebbe modo di studiare meglio gli abitanti dell’Impero ottomano e la loro flotta proprio
durante il soggiorno nel Meridione d’Italia.
151
Scrive a tal proposito Giulio Sodano: «I viaggiatori del Seicento erano attratti […] soprattutto dai fenomeni curiosi. Coloro
che all’epoca giungevano, ad esempio, nel Regno di Napoli, per lo più visitavano i Campi Flegrei, il Monte Nuovo, il lago
d’Averno, perché attratti dai fenomeni vulcanici e soprattutto della Grotta del Cane. Le pagine dei diari di viaggio dell’epoca
barocca erano più numerose sull’area di Pozzuoli, piuttosto che sulla capitale. Solo con il Settecento e le scoperte di Pompei ed
Ercolano, i Campi Flegrei iniziarono a essere più marginali. Certo, rispetto al medioevo, l’arte cominciava a essere maggior-
mente presente nei diari di viaggio, ma per il visitatore del XVI e del XVII secolo l’interesse era legato al consumo dell’oggetto
d’arte e al suo valore: voleva sapere il suo costo, le pietre preziose, l’oro e l’argento impiegati. L’opera d’arte era vista soprat-
tutto come rarità, come curiosità e testimonianza». Cfr. G. SODANO, Il viaggio nel Mezzogiorno dell’età moderna: stereotipi, ra-
gioni, suggestioni, in La Campania e il Grand Tour…, cit., p. 3. Il fenomeno ricordato anche da Attilio Brilli: «Il viaggiatore
seicentesco è mosso infatti da “curiosità” e tramite il viaggio intende raggiungere una compiuta “esperienza”». Cfr. A. BRILLI,
Quando viaggiare era un’arte: il romanzo del Grand Tour, Bologna 2006, p. 16.
D’OGNI INVIDIA DEGNISSIMA NAPOLI: ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ PARTENOPEA 47
vita altrui, le credenze, i costumi, le tradizioni, e, soprattutto, l’arte. Concetto di certo non
nuovo, magistralmente espresso ancora da Petrarca nel 1333 partito per la Francia «per saziare la
smania di veder cose nuove»152. E i nostri viaggiatori sembravano felici di trovarsi, a un certo
punto dei loro lunghi viaggi, ai piedi del leggendario vulcano con l’inconfondibile panorama
«d’ogni invidia degnissima Napoli»153.
152
F. PETRARCA, Lettere di Francesco Petrarca delle cose familiari, vol. I, a cura di G. FRACASSETTI, Firenze 1863, p. 207.
153
Ivi, p. 257.
48 CAPITOLO SECONDO
CAPITOLO TERZO
I l ruolo centrale del Bel Paese nella storia dei viaggi di formazione culturale è innegabile:
«L’Italia era meta di viaggi da ogni parte d’Europa assai prima che il Grand Tour diventasse,
nel Settecento, un momento educativo importante per i membri dell’aristocrazia e della piccola
nobiltà europea […]»154. Sebbene la letteratura odeporica disponga di numerose testimonianze
delle spedizioni italiane di tedeschi155, inglesi156, francesi157; in Russia, a quanto possiamo giudicare
dalle prove documentate finora giunte a noi, si registra qualche ritardo. Nel capitolo precedente
abbiamo citato le più importanti visite diplomatiche di alcuni nobili in Italia a cavallo tra il Sei
e Settecento. Bisogna però precisare che l’accrescimento della formazione culturale dei viaggiatori
non fu l’unico e dominante obiettivo di tali spedizioni. In più, la morte prematura dello zar nel
1725 mise fine alle spedizioni in Occidente per quasi un ventennio. Infatti, al giorno di oggi
non disponiamo di diari di viaggi o di altre prove che documentino la presenza dei viaggiatori
russi in Italia dalla scomparsa di Pietro I al regno di Elisabetta di Russia (1741-1762).
Ciò non vuol dire che i contatti culturali con i vicini occidentali si fossero interrotti. A
quanto possiamo giudicare dal livello di preparazione dei futuri viaggiatori di questo periodo, la
prima metà del XVIII secolo fu il periodo della rapida e costante europeizzazione dell’Impero
154
F. HASKELL, Prefazione, in Grand Tour. Il fascino dell’Italia nel XVIII secolo, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Espo-
sizioni, 5 febbraio – 7 aprile 1997), a cura di I. WILTON, A. BIGNAMINI, Milano 1997, p. 13. Sul ruolo dell’Italia nella storia del
fenomeno culturale in questione si veda inoltre DE SETA C., L’Italia del Grand Tour: da Montaigne a Goethe, Napoli 1992; A.
BRILLI, Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Bologna 2006; ID., Il grande racconto del viaggio in Italia, Bo-
logna 2014; Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei, catalogo della mostra (Milano, Gallerie d’Italia, 19 novembre 2021
– 27 marzo 2022), a cura di F. MAZZOCCA con S. GRANDESSO, F. LEONE, Milano, 2021; FOULKES N., MAZZOCCA F., A. BRILLI,
Grand Tour d’Europa, Parma 2023.
155
I tedeschi in Italia, in C. DE SETA, L’Italia nello specchio del Grand Tour, Bergamo 2015, pp. 251-299.
156
J. INGAMELLS, Alla scoperta dell’Italia: viaggiatori inglesi nel XVIII secolo, in Grand Tour…, cit., pp. 27-33; British: inglesi,
scozzesi e irlandesi in giro per l’Italia, in C. DE SETA, L’Italia…, cit., pp. 108-173; A. AYMONINO, Il Grand Tour e la trasformazione
della Gran Bretagna nel Settecento, in Grand Tour. Il sogno d’Italia …, cit., pp. 245-255; e soprattutto E. CHANEY, The evolution
of the Grand Tour: Anglo-Italian cultural relations since the Renaissance, London 1998.
157
È. BECK SAIELLO, Gli spazi dell’immaginazione: alcune riflessioni sul viaggio in Italia degli artisti francesi, in Grand Tour…, cit.,
pp. 257-265; I francesi in Italia, in C. DE SETA, L’Italia …, cit., pp. 174-250.
50 CAPITOLO TERZO
russo158. A partire dagli anni quaranta del XVIII secolo si assiste a un numero sempre crescente
di viaggiatori aristocratici, a volte intere famiglie, interessati a conoscere i luoghi, la cultura e
l’arte del Bel Paese. Spinti dal desiderio di condividere, anche nell’immediato contatto con i loro
cari, l’esperienza provata dinanzi alle antiche rovine, nelle botteghe degli antiquari, nelle gallerie
d’arte più prestigiose, tra le mura di acclamate Accademie, negli studi di grandi artisti, essi si
recano in Italia, volendo inoltre sentirsi partecipi del pensiero illuministico che aveva posto
l’Antico quale nuovo modello etico ed estetico.
Nella Russia della prima metà del XVIII secolo, il viaggio in Europa si articolò in diversi
obiettivi: in Germania si giungeva principalmente per conoscere “i frutti della scienza”, cioè per
ottenere una solida formazione universitaria sotto il profilo storico-filosofico; in Francia ci si
recava per familiarizzare con le novità letterarie, nonché per aggiornarsi sui progressi del pensiero
liberale filosofico-politico. L’Inghilterra fu di particolare interesse per le sue istituzioni pubbliche;
l’Italia costituiva una tappa indispensabile per gli artisti e per gli amanti delle belle arti e
intenditori delle “Antichità”.
Maggiori opportunità per intraprendere un viaggio in Europa si presentarono agli aristocratici
russi con il Manifesto sulla libertà dei nobili159, uno dei principali atti legislativi adottati nel breve
regno del nipote di Pietro il Grande, Pietro III (1728-1762). Il documento, entrato in vigore l’8
febbraio 1762, rispecchiava l’obiettivo dell’imperatore di garantire ai rappresentanti dell’aristocrazia
una flessibilità nel prestare servizio militare e la possibilità di viaggiare liberamente all’estero. In
caso di guerra, però, il governo aveva il diritto di chiedere ai nobili di arruolarsi nell’esercito. Se
in quel periodo un nobile si fosse trovato all’estero, sarebbe stato obbligato a tornare in Russia,
rischiando, altrimenti, il sequestro di tutti le proprietà terriere. Così, già nel 1766, dodici giovani
ebbero l’occasione di iscriversi all’Università di Lipsia per studiare il diritto. Tra questi vi furono,
ad esempio, Aleksandr Radiščev (1749-1802), esponente della parte colta della società che si op-
poneva alle disuguaglianze sociali nel regno di Caterina II e autore della famosa opera che de-
nunciava la terribile condizione dei servi della gleba, il Viaggio da Pietroburgo a Mosca (1790),
per la quale venne esiliato in Siberia. Il futuro senatore Vasilij Zinov’ev (1755-1827), sapiente
intenditore del bello e collezionista del Correggio e di Canova, intraprese due viaggi in Europa
negli anni 1775-1778 e 1783-1788, lasciandone interessanti resoconti160.
L’impegno con cui lo Stato favorì l’opportunità per il ceto aristocratico di sviluppare le sue
potenzialità creative e i diversi interessi culturali, liberandolo dalla prestazione del servizio militare
obbligatorio, fu ribadito nello Statuto di diritti, libertà e vantaggi della nobiltà russa161. Firmato
da Caterina II il 21 aprile 1785, esso fissava e codificava legalmente i diritti e i privilegi, nonché
le libertà degli aristocratici. A coloro che andavano in pensione era concesso di viaggiare libera-
mente negli Stati d’Europa e di svolgere il servizio lì, a condizione di ritornare in Russia in caso
158
Proclamato tale da Pietro I nel 1721.
159
Manifest o darovanii vol’nosti vsemu rossijskomu dvorjanstvu.
160
Cfr. V.N. ZINOV’EV, Žurnal putešestvija po Germanii, Italii, Francii i Anglii v 1786-1790 gg., in Russkaja Starina, t. XXIII,
1878, pp. 207-240, 399-440.
161
Gramota na prava, vol’nosti i preimušestva blagorodnogo rossijskogo dvorjanstva.
VIAGGI CHI PUÒ! 51
di richiesta ufficiale da parte del governo per motivi di necessità. Il documento stabiliva, inoltre,
alcune misure a favore della formazione straniera dei giovani nobili: i genitori, i cui figli raggiun-
gevano l’età di dodici anni, dovevano fornire informazioni riguardanti il nome dell’istituzione
straniera presso la quale avevano intenzione di educare i propri figli162. Questo regolamento evi-
denzia la ormai ben radicata pratica di formazione in Occidente nella seconda metà del XVIII
secolo. Inutile dire che lo Statuto fu accolto molto benevolmente dall’alta società che da quel
momento in poi avrebbe dedicato sempre più tempo agli interessi personali, tra cui naturalmente
le spedizioni pluriennali in Europa163.
Un aspetto chiave nella diffusione della pratica di viaggi di formazione fu il crescente interesse
dei russi per il pensiero filosofico dell’Europa dei Lumi, in quanto «[…] un russo colto credeva
nel trionfo della ragione, nel suo dovere principale di servire la propria patria e riconoscere le
virtù dell’Illuminismo europeo»164. Infatti, dalla seconda metà del Settecento, i circoli dell’alta
società vennero travolti dal vortice delle idee illuministiche, giunte in Russia attraverso le
numerose pubblicazioni sia in lingua originale sia attraverso le prime traduzioni di Rousseau,
Voltaire, d’Alembert, Montesquieu, Buffon. Tale gallomania avrebbe raggiunto il suo apice in
Russia con le Guerre napoleoniche.
Il manifesto del 1785 diede avvio a vari progetti di educazione all’estero per gruppi di giovani
aristocratici. Nell’ambito di queste spedizioni di particolare interesse è il saggio intitolato Il
piano di viaggio in terre straniere composto su richiesta di alcune persone dal titolare del pensionato
per i nobili Veniamin Genš (1777)165. In quest’opera l’autore esprimeva il suo desiderio di ottenere
il permesso e un finanziamento per svolgere un viaggio educativo in Europa con i suoi allievi.
Questo progetto, seppur mai realizzato, ci aiuta a comprendere l’idea comune dei russi sugli
obiettivi da raggiungere durante gli anni di studio all’estero: lo scopo primario del viaggio fu
quello di «educare il cuore alle virtù»166, che è un bene non solo per ogni allievo, ma anche per
la sua patria; i giovani dovevano possedere «una certa conoscenza di lingue e di scienze, una
mente acuta e perspicace, così come l’ambizione di ottenere buone qualità e di perfezionarsi con
l’aiuto delle idee illuministiche»167. L’itinerario del viaggio ideato da Genš prevedeva soggiorni
in Germania, Svizzera, Italia e Francia, dove gli allievi si dovevano dedicare allo studio di mate-
matica, storia, geografia, filosofia, giurisprudenza, pittura, equitazione, danza e musica. Una
condizione particolare di questo viaggio, chiamato a «migliorare il cuore» e «saziare la mente», fu
quella di compilare un diario per registrare tutte le nuove esperienze vissute e le emozioni
162
Naturalmente, c’era anche la possibilità di avere un’educazione domiciliare, ufficialmente concessa solo ai rappresentanti delle
famiglie nobili che possedevano almeno mille servi della gleba. I figli delle famiglie meno ricche, invece, ricevevano tutte le basi
necessarie dell’educazione aristocratica del tempo presso il Corpo cadetto di šljakhet (Šljakhetskij kadetskij korpus), una scuola
militare per i nobili.
163
Žalovannaja gramota dvorjanstvu.
164
S.A. KOZLOV, Russkij putešestvennik…, cit., p. 135.
165
V.H. GENŠ, Plan predprinimaemogo putešestvija v čužie kraja, sočinennyj po trebovaniju nekotoryh osob soderžatelem blagorodnogo
pansiona Veniaminom Genš, Moskva 1777.
166
Ivi, p. 2.
167
Ivi, p. 3.
52 CAPITOLO TERZO
provocate da esse. Nel caso il programma del viaggio fosse interamente compiuto, a casa tornava
un nobile illuminato, pronto a offrire i saperi acquisiti per il bene della patria; obbiettivi in
perfetta sintonia con l’ideale neoclassico di «dover essere etico, estetico e scientifico»168. Queste
furono le finalità che si prefissava il viaggiatore russo dell’epoca, ossia, come scrive Attilio Brilli,
«volte all’assorbimento di quanto possa essere utile alla propria formazione culturale, alla propria
persona e al proprio paese»169.
Prima della spedizione stessa, i giovani si dovevano formare sui migliori esempi di viaggi
culturali attraverso un costante aggiornamento bibliografico. In cosa consisteva la biblioteca
del giovane grand tourist russo a metà del XVIII secolo? Il futuro viaggiatore che stava per com-
piere un tour in Europa e, soprattutto in Italia, riteneva indispensabile conoscere alcune opere,
tra cui: il Nouveau voyage d’Italie (La Haye 1691) di Maximilien Misson, narrazione brillante e
talvolta sarcastica nei confronti della chiesa cattolica, tradotta persino in olandese e che sarebbe
diventata il primo best-seller odeporico. Il Nouveau voyage d’Italie (Lyon 1699) di François-
Jacques Deseine, in cui l’autore individuò alcuni gruppi di viaggiatori in Italia a seconda delle
loro esigenze e gusti artistici, offrendo una variegata scelta di attrazioni in grado di soddisfare il
più pretenzioso viandante. Un altro testo a cui si poteva attingere fu il Grand Tour (London
1749) dell’irlandese Thomas Nugent170, un’esaustiva fonte sui maggiori punti d’interesse in
Olanda, Germania, Italia, Francia e Spagna, poco frequentata dai viaggiatori settecenteschi.
Oltre alle fonti già ben note ci si poteva servire delle opere che oggi potremmo definire delle
vere e proprie “guide artistiche”, tra queste: la dettagliata Description historique et critique de
l’Italie (Dijon 1766) in cinque volumi di Jérôme Richard; di una discreta popolarità tra il
pubblico russo godettero le Lettres sur l’Italie (écrites) en 1785 (Rome 1788) di Charles-Mar-
guerite-Jean-Baptiste Mercier Dupaty, uomo di lettere e giurista francese, arrivato in Italia per
studiarne i sistemi giuridici vigenti. Inoltre, ancora nel 1776 a San Pietroburgo fu pubblicata la
prima traduzione di alcune parti del Voyage d’un françois en Italie (1769) riguardanti il viaggio
nel Regno di Napoli con la descrizione del «magnifico palazzo di Caserta» dell’astronomo
francese Joseph Jérôme Lefrançois de Lalande171 (fig. 8), una moderna «opera enciclopedica, in
cui qualunque tipo di viaggiatore, anche quello da salotto, avrebbe di sicuro trovato ciò che
cercava sul Bel Paese»172. Da ricordare sono le due opere fondamentali, An account of the statues,
An Account of Some of the Statues, Bas-reliefs, Drawings and Pictures in Italy, &c. with Remarks173
168
R. CIOFFI MARTINELLI, La ragione dell’arte. Teoria e critica in Anton Raphael Mengs e Johann Joachim Winckelmann, Napoli
1981, p. 12.
169
A. BRILLI, Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Bologna 2006, p. 18.
170
T. NUGENT, The Grand Tour containing an exact description of most of the cities, towns, and remarkable places of Europe, vol I:
Netherlands, vol. II: Germany, vol. III: Italy, vol. IV: France and Spain, London 1749.
171
Prima traduzione russa: J.-J. LALANDE, Opisanie rimskaja vatikanskaja cerkvi svjatogo Petra, i velikolepnogo Kazertskogo dvortsa,
nahodjašagosja ne daleko ot Neapolja, a cura di M.I. POPOV, Sankt-Peterburg 1776.
172
I. CECERE, ‘Il Voayage en Italie’ di Joseph-Jérôme de Lalande, Napoli 2013, p. 13. Si veda in particolare il capitolo Itinerari d’arte
e di antichità, pp. 77-116.
173
Che ebbe diffusione in Russia in lingua francese: Traite de la Peinture, Et de la Sculpture. Par Mrs. Richardson, Père &Fils, Am-
sterdam 1728.
VIAGGI CHI PUÒ! 53
177
J.J. WINCKELMANN, Sendschreiben von den Herculanischen Entdeckungen: An den Hochgebohrnen Herrn, Herrn Heinrich
Reichsgrafen von Brühl, Dresden 1762.
178
J. J. WINCKELMANN, Lettre de M. l’abbé Winckelmann, antiquaire de Sa Sainteté, à Monsieur le Comte de Brühl, chambellan du
roi de Pologne... sur les découvertes d’Herculanum, Dresda 1764. Sulle relazioni tra Caylus e Winckelmann si veda F. DE CALLATAŸ,
Le Comte de Caylus et l’étude des monnaies antiques, in Comptes rendus des séances de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres,
2010, pp. 1329-1363.
179
Ljubopytnoe otkrytie goroda Gerkulana, poglošennogo strašnym izverženiem gory Vezuvija i byvšago pod zemleju okolo 1700 let, a
cura di V. BERZAJSKIJ, Sankt-Peterburg 1789.
180
Cfr. la prima pubblicazione: N.M. KARAMZIN, Zapiski russkogo putešestvennika, in «Moskovskij žurnal», 1, 1791, pp. 24-55 ;
per una edizione commentata rimando a: N.M. KARAMZIN, Pis’ma russkogo putešestvennika, a cura di J.M. LOTMAN, N.A.
MARČENKO, B.A. USPENSKIJ, Leningrad 1984.
VIAGGI CHI PUÒ! 55
A influenzare il gusto estetico dei russi nel Settecento fu naturalmente il sempre crescente in-
teresse per l’arte degli antichi. Dalla seconda metà del XVIII secolo essi arrivavano in Italia pos-
sedendo già alcune notizie sull’estetica e sulla produzione figurativa neoclassica. È a partire da
quegli anni che l’esigenza di aggiornarsi sulle nuove teorie avrebbe portato alla circolazione in
Russia di molte opere di autori europei, tra cui un posto prioritario fu occupato dagli scritti di
Johann Joachim Winckelmann (1717-1768)183 e Anton Raphael Mengs (1728-1779)184. Così,
181
Ivi, p. 76. La traduzione è a cura di chi scrive.
182
Cfr. H. HONOUR, Neoclassicismo, a cura di R. FEDERICI, Tornio 1993, p. 3.
183
Cfr. E.B. MOZGOVAJA, K.J. LAPPO-DANILEVSKIJ, Idei J.J. Winckelmana i peterburgskaja akademija hudožestv v XVIII stoletii, in
XVIII vek, 22, a cura di N.D. KOČETKOVA, Sankt-Peterburg 2002, pp.155-179.
184
Sui rapporti con la Russia di Mengs si veda Anton Raphael Mengs, catalogo della mostra (San Pietroburgo, Museo Statale Er-
mitage, 1981), a cura di N.N. NIKULIN, L.N. CELIŠEVA, A.S. GUKOVSKAJA-KANTOR, N.I. STADNIČUK, Leningrad 1981.
56 CAPITOLO TERZO
Nel 1792-1793 Pëtr Čekalevskij, vicepresidente dell’Accademia di Belle Arti, pubblicò le prime
compilazioni in lingua russa sull’estetica delle belle arti193. Proprio attraverso queste compilazioni
Čekalevskij insegnò le teorie di Winckelmann agli allievi dell’Accademia pietroburghese.
Di conseguenza, già nel corso degli anni ottanta del XVIII secolo, si formò un folto gruppo di
viaggiatori russi che ricordavano nelle loro memorie Winckelmann e le persone appartenenti alla
sua cerchia più intima. Così, uno dei maggiori esponenti dell’architettura palladiana, Nikolaj
L’vov (1753-1803), autore de Il taccuino italiano194, poco prima del suo viaggio in Italia nel 1781
cita, nella sua opera, alcuni passaggi dalla Storia dell’arte dell’antichità195, a proposito di Tomas
Jenkins, Christof Unterberger e Christian von Mechel. Una profonda conoscenza delle opere del-
l’archeologo tedesco fu mostrata più volte dallo scrittore e drammaturgo russo Denis Fonvizin
(1745-1792). Amico di Tischbein e ammiratore di Raffaello, egli effettuò due viaggi in Italia, fa-
cendo numerosi acquisti di opere d’arte a Roma. Successivamente la sua collezione d’arte sarebbe
stata acquistata da Caterina II nel 1786. Il cancelliere segreto e diplomatico russo, il barone
Alexius von Krüdener (1746-1802), autore di un diario di viaggio in Italia nel 1786, nella sua
visita all’atelier romano di Canova paragona il maestro agli scultori dell’antichità, non escludendo
la superiorità del suo contemporaneo: «Canova un jeune artiste mais qui dépasse sans conteste
tous les sculpteurs de ce siècle et qui rejoindra peut-etre une fois les plus grands artistes grecques»196.
La seconda metà del Settecento segnò l’inizio di una brulicante attività collezionistica da
parte dei facoltosi viaggiatori russi attivi principalmente a Roma. Tra questi spicca la figura del
principe Nikolaj Jusupov, la cui collezione vantava le opere di Rembrandt, Lorrain, Correggio,
Boucher, Tiepolo, David. Possedeva inoltre la raccolta più ricca del suo tempo delle opere di An-
gelica Kauffmann197, la pittrice prediletta di Caterina II198. L’imperatrice scrisse più volte al suo
agente a Roma, Friedrich Melchior von Grimm, di voler acquistare «bon tableau de Mengs»199,
aggiungendo nel 1778: «viendra t’il enfin ce jour où je dirai j’ai vu de l’ouvrage de Mengs?»200.
Johann Friedrich Reiffenstein201 insieme a Gaspare Santini, console russo e agente artistico a
192
J. REYNOLDS, Reči govorennye kavalerom Rejnoldsom v Anglijskoj korolevskoj akademii hudožestv v Londone, Sankt Peterburg 1790.
193
P.P. ČEKALEVSKIJ, Rassuždenie o svobodnykh chudožestvakh s opisaniem nekotorykh proizvedenij rossijskikh khudožnikov, Sankt-
Peterburg, 1792, pp. 52–56; ID., Essai sur les op érations pratiqué es lors de la fusion en bronze des statues colossales d’un seul jet,
Sankt-Peterburg 1810.
194
Questo titolo venne attributo al diario di L’vov da Konstantin Lappo-Danilevskij nel suo articolo Ital’janskij dnevnik L’vova,
in «Europa Orientalis» XIV (1995): 1, pp. 57-93. Per il testo del diario in russo si veda: N.A. L’VOV, Ital’janskij dnevnik/Italienisches
Tagebuch, herausgegeben und kommentiert von K.J. LAPPO-DANILEVSKIJ, Cloppenburg 1998, pp. 3-93. Per la traduzione italiana
rimando a F. ROSSI, Il taccuino italiano di Nikolaj L’vov, Pisa 2013.
195
Si servì però della traduzione francese: Histoire de l’art chez les ancien., cit.
196
A. DE KRÜDENER, Voyage en Italie en 1786, Paris 1983, p. 129.
197
Molte tele oggi fanno parte della collezione dell’Ermitage. Tra queste: Autoritratto (tra il 1780 e il 1785), Virgilio che legge
l’Eneide ad Augusto e Ottavia (1788), Ritratto della contessa A.S. Protasova con le nipoti (1788), Ettore chiama Paride alla battaglia
(1775), Venere persuade Elena ad amare Paride (1790), Addio di Abelard ed Eloise (prima del 1780).
198
Per conto della quale Kauffmann eseguì numerosi lavori, tra cui: Servio Tullio e Achille tra le figlie di Licomede (1785), Ulisse
riconosce Achille (1789).
199
Cfr. Catherine II de Russie. Friedrich Melchior Grimm. Une correspondance privée, artistique et politique au siècle des Lumières,
édition critique par S. KARP, vol. I (1764-1778), Moscou 2016, lettre n. 39, Catherine II à Grimm, 29 avril 1776, p. 71.
200
Ivi, lettre n. 76, Catherine II à Grimm, 30 novembre 1778, p. 187.
58 CAPITOLO TERZO
Roma, riuscirono ad acquistare per Caterina II dei quadri e disegni di Mengs rimasti dopo la
morte dell’artista nel suo studio. Più tardi, per ordine della zarina, i due ottennero il permesso di
eseguire delle copie delle Logge di Raffaello da un gruppo di artisti sotto la direzione di
Christopher Unterberger (1732-1798). Il lavoro richiese undici anni, dopodiché le fedeli copie
furono trasportate a San Pietroburgo dove abbellirono la galleria del Museo dell’Ermitage pro-
gettata da Giacomo Quarenghi202. Lo stesso principe Jusupov riuscì ad acquistare dal copista au-
striaco, Ludwig Guttenbrunn, oltre ai suoi due quadri originali (Due ragazze che guardano fuori
dalla finestra e Due ragazze nella finestra che leggono delle lettere), anche una copia dell’affresco Il
trionfo della storia sul tempo eseguito da Mengs per il soffitto della Camera dei Papiri nel 1772203.
Relazioni durature legarono Guttenbrunn a un altro collezionista russo dell’epoca, il principe
Semën Romanovič Vorontsov che, con l’aiuto dell’immancabile Santini, raccomandò il copista
alla corte imperiale russa. Nello spiegare la sua scelta in una lettera al politico Aleksandr Bezbo-
rodko, Vorontsov scriveva: «L’Imperatrice possiede una delle migliori e più complete collezioni
d’arte in Europa, però anche a questa manca quello che manca ad ogni grande collezione, cioè
delle buone copie di opere di Raffaello, Correggio, Tiziano, Domenichino e Guido [...]»204.
La conoscenza diretta degli artisti contemporanei e le visite dei loro atelier consentono di in-
dividuare una cerchia di maestri particolarmente richiesti dai collezionisti russi: Pietro Benvenuti,
Vincenzo Camuccini, Pompeo Batoni, Gaspare Landi, Anton Raphael Mengs, Johann Heinrich
Wilhelm Tischbein, Giovan Battista Lampi, Heinrich Friedrich Füger, Angelica Kauffmann,
Élisabeth-Louise Vigée-Le Brun, Ludwig Guttenbrunn. La scelta di tali nomi non è affatto
casuale. Per coloro che si recavano in Italia in prima persona un punto importante del viaggio fu
la committenza del proprio ritratto sullo sfondo di antiche rovine della Città Eterna:
La committenza del proprio ritratto ai principali artisti di Roma diventava una sorta di
tradizione per i viaggiatori che raggiungevano l’Italia dopo aver compiuto un lungo e
difficile viaggio. Un lusso speciale furono i ritratti che avevano come sfondo dei monumenti
architettonici di Roma, tra cui il Colosseo e le statue del Vaticano. Sono noti i prezzi ap-
prossimativi di tali commissioni. Secondo le fonti di cui disponiamo, Batoni per un ritratto
201
Johann Friedrich Reiffenstein (1719-1793) fu pittore, archeologo e antiquario di origine tedesca. Chiamato “cicerone”, dagli
anni Sessanta del XVIII secolo, persuaso da Winckelmann, si trasferì a Roma e fece da guida artistica a molti viaggiatori aristo-
cratici europei. Inoltre, dal 1768 fu l’agente dell’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo a Roma.
202
Sulla storia delle logge dell’Ermitage rimando a: N.N. NIKULIN, Lodžii Rafaelja v Ermitage, Sankt-Peterburg 2005. Sull’attività
dell’architetto bergamasco in Russia si vedano: QUARENGHI G., G., Fabbriche e disegni di Giacomo Quarenghi, architetti di S.M.
l’imperatore di Russia, cavaliere di Malta e di S. Walodimiro. Illustrate dal Cav. Giulio suo figlio, Milano 1821; V.I. PILJAVSKIJ,
L’attività artistica di Giacomo Quarenghi in Russia, a cura della Pro-loco, Italia 1967; L.S. CRISTINI, Giacomo Quarenghi. L’architetto
degli zar, Bergamo 2017; Giacomo Quarenghi e la cultura architettonica britannica. Da Roma a San Pietroburgo, atti del convegno
internazionale (Roma, Palazzo Carpegna, 25-26 maggio 2017), a cura di P. ANGELINI, I. GIUSTINA, T. MANFREDI, F. MOSCHINI,
Roma 2021.
203
L.J. SAVINSKAJA, Ljudvig Guttenbrunn: Novye materialy k biografii hudožnikaì, in «Vestnik MGUKI», n. 4 (32) luglio-agosto
2011, p. 239.
204
Cit. da D.F. KOBEKO, Portretist Guttenbrunn, in «Vestnik izjašnyh iskusstv», t. IV, 1884, pp. 297-301, p. 298. Traduzione di
chi scrive. Si veda inoltre A. BUSIRI VICI, Su un pittore austriaco a Roma nel Settecento Ludwig Guttenbrunn, in Studi romani, n.
24, 1976, pp. 524–529.
VIAGGI CHI PUÒ! 59
a mezzo busto prendeva cinquanta scudi e il doppio per un ritratto a corpo intero. Anton
von Maron stimava il suo lavoro come più costoso, facendosi pagare rispettivamente settanta
e centoventi scudi. Nel caso a un ritratto venisse aggiunta la vista sul Colosseo o di una
statua antica, il prezzo poteva arrivare a centocinquanta scudi205.
205
S.O. ANDROSOV, Skul’ptory i russkie kollektsionery v Rime vo vtoroj polovine XVIII veka, Sankt-Peterburg 2011, p. 19. Traduzione
a cura di chi scrive. Si veda a tal proposito Tourists sulla ruota dell’Italia. II. I ritratti, in C. DE SETA, Vedutisti e viaggiatori in Italia
tra Settecento e Ottocento, Torino 1999, pp. 25-35.
206
Pompeo Batoni, Ritratto del conte Kirill Grigor’evič Razumovskij (1766), olio su tela, 298�196, collezione privata.
207
Cfr. J.J. WINCKELMANN, Il bello nell’arte. Scritti sull’arte antica, a cura di F. PFISTER, Milano 2008, p. 19.
208
Ivi, p. 20.
209
Ivi, pp. 20, 49.
210
«Il Laocoonte è stato per gli artisti della Roma antica quello che ancora è per noi: la regola di Policleto; una regola perfetta del-
l’arte». Cfr. Ivi, p. 20.
60 CAPITOLO TERZO
equilibrate. Il letterato Fëdor Petrovič Lubjanovskij (1777-1869) nel corso del suo viaggio in
Europa (1799-1802), dopo aver passato «ore di fronte a una copia del Gruppo», osservò che nella
vasta gamma di emozioni suscitate dall’opera la più forte fu la «compassione». Sottolineò in par-
ticolare la straordinaria capacità nel trasmettere la tensione fisica dei corpi: «Tutti i tendini sono
in tormento, tutte le ossa sono distinguibili; tutto il suo corpo combatte in sofferenza, come un
albero tormentato da vortici d’aria tempestosi... Mi sembra di sentirlo urlare»211. Lo stesso Ka-
ramzin, trovandosi a Mannheim nell’ambito del suo Grand Tour, descrive le proprie sensazioni
provocate dall’osservazione di una copia fedele del Gruppo del Laocoonte, citando esplicitamente
Winckelmann:
All’Accademia di scultura vidi una collezione di statue, tra le quali c’erano le copie fedeli
di quelle del Belvedere. Ci si può solo meravigliare dell’arte antica che era in grado di
ispirare l’anima nel marmo, e poi che bella anima! [...] Con quale vivacità è raffigurato il
dolore fisico sulla faccia dell’anziano tormentato! Quanto dolore c’è in questo povero
genitore che vede la morte dei suoi figli e non può salvarli!212. […] il Laocoonte raffigura la
forma perfetta del corpo umano. Pur essendo rappresentato da anziano, è un anziano
maestoso e, si potrebbe dire, meraviglioso. Il dolore fisico è espresso vividamente, ma si am-
morbidisce e si fa toccante attraverso l’espressione di dolore del tenero padre che è costretto
ad assistere alla morte dei suoi figli. La sua bocca è pronta a emettere un grido, ma una fer-
mezza eroica la stringe213.
Il Regno di Napoli, punto più esotico a Sud della penisola italiana, divenne luogo immancabile
nell’itinerario dei viaggiatori russi a partire dalla seconda metà del Settecento. Le descrizioni
della Campania nei resoconti degli ambasciatori dell’epoca petrina svelano la loro totale ignoranza
della storia del Mezzogiorno italiano. Pur essendo abbagliati dalla bellezza della natura, molto
diversa dai paesaggi veneti, toscani e romani, ai quali l’occhio russo era decisamente più abituato
grazie alla storia di relazioni plurisecolari214, essi descrivono Napoli come un posto quasi scono-
sciuto. Una peculiarità di queste visite fu l’estrema attenzione al cerimoniale. I nomi di tutte le
persone incontrate, soprattutto quelle di alto rango, sono attentamente fissati, come anche i
minimi dettagli del comportamento dell’aristocrazia. Del tutto diverse sono le memorie e i diari
211
F.P. LUBJANOVSKIJ, Putešestvie po Saksonii, Avstrii i Italii v 1800, 1801 i 1802 gg., vol. III, Sankt-Peterburg 1805, pp. 191-193.
Traduzione a cura di chi scrive.
212
N.M. KARAMZIN, …, cit., pp. 92-93. Traduzione a cura di chi scrive.
213
Cit. da A.G. VEREŠAGINA, Kritika i iskusstvo, Moskva 2004, pp. 199, 201. Traduzione a cura di chi scrive.
214
Sull’argomento si vedano, ad esempio: E. LO GATTO, Russi in Italia. Dal secolo XVII ad oggi, Roma 1971; M.P. TODESCHINI,
Russi in Italia dal Quattrocento al Novecento: bio-bibliografia descrittiva, Moncalieri 1997; I russi e l’Italia, a cura di V. STRADA,
1995; P. CAZZOLA, L’Italia dei Russi tra Settecento e Novecento («Biblioteca del viaggio in Italia», vol. 68), vol. I (sec. XV-XVIII),
Moncalieri 2004; A. KARA-MURZA, Roma russa, Roma 2005; ID., Venezia russa, Roma 2005; ID., Firenze russa, Roma 2005; R.
RISALITI, Russi in Italia tra Settecento e Novecento («Biblioteca del viaggio in Italia», vol. 93), Moncalieri 2019.
VIAGGI CHI PUÒ! 61
di viaggio dei loro connazionali del pieno Settecento: essi partono per il Regno borbonico con
un quadro preciso delle cose da vedere e muniti di lettere di raccomandazione ai più illustri rap-
presentanti della società partenopea dell’epoca. È con le note di viaggio di questi “pionieri” che
inizia la conoscenza diretta della Campania da parte dei russi, in un momento particolarmente
favorevole a tali spedizioni anche a livello internazionale: «Nei quarant’anni che precedono la
Rivoluzione francese la città assurge a tappa obbligata di quel Grand Tour che […] vede i rap-
presentanti più prestigiosi di una cultura e di una società cosmopolite, per la quale lo spirito eu-
ropeo fu davvero una realtà vissuta più che un disegno da realizzare»215. Eppure, il materiale di
cui disponiamo oggi non ci permette di tracciare in modo chiaro né come né quando i russi in-
clusero il Regno di Napoli nel loro itinerario italiano. Possiamo solo dedurre che, spinti dall’in-
teresse per la storia e la cultura dell’Antico, essi cominciarono a seguire gli altri europei.
Ma, oltre alla consuetudine culturale del Grand Tour vi dovevano essere altre premesse che fa-
vorirono e facilitarono le spedizioni nella città partenopea per i nostri viaggatori in considerazione
di quasi totale assenza di contatti politici e culturali tra il Regno di Napoli e l’Impero russo
prima della seconda metà del XVIII secolo216. Spettò a Caterina la Grande rompere quel lungo
silenzio reciproco: al riavvicinamento politico tra la casa dei Borbone di Napoli e quella dei Ro-
manov contribuì l’istituzione del primo contatto diplomatico tra le due nazioni avvenuto nel
1777. La cooperazione fu resa possibile grazie agli sforzi del “factotum” della zarina, Friedrich
Melchior von Grimm, inviato nella capitale borbonica nel 1776217, e grazie al sostegno del suo
amico, l’abate Galiani: «Grazie ai buoni uffici di Galiani il governo borbonico, a lungo reticente
di fronte alle pressioni russe, si affretta a portare a termine la trattativa; gli altri Stati italiani ne
seguiranno in breve l’esempio»218. Così il Regno di Napoli, primo tra tutti gli Stati italiani,
accettò l’ambasciatore nominato dalla corte di San Pietroburgo e ne inviò uno presso la capitale
russa. I nomi dei due protagonisti di questo evento storico furono: Muzio da Gaeta, duca di San
Nicola, e Andrej Kirillovič Razumovskij219.
Il duca, originario di Gaeta, aveva fatto di tutto per posticipare il viaggio nella terra “ghiacciata”
e completamente sconosciuta. Egli sarebbe arrivato a San Pietroburgo nel 1779, con due anni di
ritardo rispetto all’avvio dei lavori a Napoli da parte del suo collega russo. Dalla sua corrispondenza,
215
Cfr. A. MOZZILLO, La frontiera del Grand Tour. Viaggi e viaggiatori nel Mezzogiorno borbonico, Napoli 1992, pp. 201-202.
216
Sulle relazioni russo-napoletane si veda G. BERTI, Russia e Stati italiani nel Risorgimento, Torino 1957, pp. 204-217.
217
Che arrivò a Napoli in compagnia di due giovani grand tourists russi: futuro cancelliere dell’Impero (1809-1826) e ministro
degli Esteri (1808-1814), Nikolaj (1754-1826), e suo fratello, futuro diplomatico Sergej Rumjancev (1855-1838). A Napoli, se-
condo l’espressione dell’ideatore del loro soggiorno, l’abate Galiani, «ci siamo messi d’accordo per il Vesuvio, la Cuccagna, i
presepi e le altre mille stupidaggini napoletane». Cfr. S. KARP, Il viaggio in Italia dei conti Nikolaj Petrovič e Sergej Petrovič Rumjancev
in compagnia di Friedrich Melchior von Grimm (1775-1776), in Atti della Accademia Roveretana degli Agiati, a. 270, 2020, ser. X,
vol. II, A, pp. 67-83.
218
L. GAMBACORTA, Ferdinando Galiani e la Russia, in Archivio Storico per le Province Napoletane, CVI, 1988, p. 341.
219
M. DI FILIPPO, Per una storia dei rapporti fra il Regno di Napoli e l’Impero russo, in Archivio russo-italiano, vol. IV, a cura di D.
RIZZI e A. ŠIŠKIN, Salerno 2005, p. 246. Sull’attività diplomatica di Antonino Maresca e sulle relazioni politiche russo-napoletane
nel periodo preunitario inviato a consultare una dettagliata indagine svolta da Dario Amore nella sua tesi di dottorato: D. AMORE,
Napoli, San Pietroburgo e il Mediterraneo, 1777-1861, tesi di dottorato (Università degli Studi di Napoli Federico II, tutor: Prof.ssa
A.M. Rao), Napoli 2017.
62 CAPITOLO TERZO
conservata presso l’Archivio di Stato di Napoli, si evince l’impreparazione alla professione diplo-
matica dell’aristocratico napoletano: la cagionevole salute gli impediva di prendere parte attiva
nella brulicante vita della corte della capitale russa, le sue lettere abbondano di continui lamenti
del clima rigido, a cui non era abituato. Tuttavia, considerò fondamentale impegnarsi nello
studio della lingua russa prima della partenza. Il duca così riferiva al ministro della Real Casa
Giuseppe Beccadelli Bologna sul suo primo incontro con l’imperatrice e il Granduca Paolo:
220
ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1669 Legazione del governo di Napoli in Russia. Diversi (1779-1782), n.8, c. 1r-v.
Lettera del duca di San Nicola al marchese della Sambuca del 10 settembre 1779.
221
Introdotto da Pietro I e Caterina I nel 1725, l’Ordine cavalleresco Imperiale del Santo Beato Principe Aleksandr Nevskij
veniva concesso ai cittadini russi che avessero servito la patria con onore e devozione attraverso il servizio politico o militare.
222
ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1670, Legazione del governo di Napoli in Russia. Diversi (1783-1784), cc.n.n. Tradu-
zione dal francese a cura di chi scrive.
VIAGGI CHI PUÒ! 63
Figura 13. Alexander Roslin, Ritratto del conte Andrej Kirillovič Razumovskij, 1776. Melbourne, National Gallery of
Victoria
64 CAPITOLO TERZO
Vale la pena soffermarsi, sia pur a volo d’uccello, anche sulla figura del primo ambasciatore
russo a Napoli, il conte Andrej Razumovskij (1752-1836) (fig. 13). Egli fu figlio dell’influentissimo
Kirill Grigor’evič Razumovskij (1728-1803), feldmaresciallo generale, confidente di Caterina II
e presidente dell’Accademia delle Scienze russa per più di mezzo secolo (1746-1798). Andrej
faceva parte di quell’ampia cerchia di aristocratici russi che si istruivano ormai prevalentemente
in Europa, arrivando a conoscerla talvolta meglio del proprio Paese.
Allievo dello storico e linguista tedesco August Ludwig Schlözer, egli ricevette un’eccellente
istruzione presso l’Università di Starsburgo. Una volta tornato a San Pietroburgo, bello, amabile,
ricco e brillante giovane ebbe non poche avventure amorose. Una di queste gli valse la posizione
presso la corte reale e suscitò l’ira del Granduca Paolo. Nel 1776, poco dopo la morte della
giovane moglie di quest’ultimo, Guglielmina d’Assia-Darmstadt, le lettere della Granduchessa
finirono tra le mani dell’imperatrice. La fonte avrebbe confermato quello che si era già sospettato
a lungo, ovvero una corrispondenza amorosa tra la defunta e Razumovskij, nonché la politica
«intrigante in favore della diplomazia francese»223 di questi.
Uno dei motivi, dunque, per cui il venticinquenne conte fu scelto per svolgere il delicato in-
carico di primo ministro russo straordinario e plenipotenziario a Napoli e negli Appennini, fu
anche quello di allontanarlo dalla corte di San Pietroburgo. A Napoli Razumovskij arrivò
preceduto dalla fama di un cosmopolita. L’abate Galiani così scriveva del conte nel 1777 in una
lettera a Mme d’Épinay, padrona di uno dei più illustri salotti letterari dell’epoca: «Cet homme
parcourt l’Europe, comme si elle n’était qu’un carte georaphique»224. Nel corso della sua vita, il
conte avrebbe condotto un’eccezionale carriera diplomatica con le successive nomine a Copena-
ghen (1785-1786), Stoccolma (1786-1790) e Vienna (1790-1799; 1802-1807). Proprio nei
pressi di Vienna225, il conte Razumovskij, abile violinista226 e noto mecenate, costruì un magnifico
palazzo in stile neoclassico su progetto di Louis Montoyer, che avrebbe riempito con un’imponente
collezione di antichità227.
I primi anni del fruttuoso cammino diplomatico del conte, che ebbe inizio presso la corte di
Ferdinando IV di Borbone, gli avrebbero assicurato la benevolenza di Maria Carolina, con cui
egli instaurò una corrispondenza amichevole che sarebbe durata fino alla morte della regina nel
1814 (fig. 14)228. Subito dopo il soggiorno campano dei Granduchi di Russia, di cui si parlerà
223
N.I. STADNIČUK, Putešestvie grafa i grafini Severnykh v Neapolitanskoe korolevstvo, in «Pamjatniki kultury: novye otkrytija. Pi-
s’mennost’, iskusstvo, arkheologia» 2004 (2006), p. 400.
224
F. GALIANI, Correspondance inédite de l’abbé Ferdinand Galiani, conseiller du Roi, pendant les années 1765 à 1783, vol. II, par
B. MERCIER DE SAINT-LÉGER, Paris 1818, lettera di Galiani a Mme d’Épinay del 31 maggio 1777 da Napoli, p. 255.
225
Precisamente sulla lussuosa Landstraße, che oggi ospita altri imponenti palazzi, sedi di ambasciate, tra cui anche il Consolato
italiano. La strada ricevette il nome del conte, Rasumofskygasse.
226
Noto anche per aver commissionato nel 1805-1806 a Ludwig van Beethoven i tre quartetti per archi Rasumovsky (o “Razu-
movsky”). Il musicista gli dedicò tre Quartetti per archi op. 59 1, 2 e 3, nonché la Sinfonia n. 5 e la Sinfonia n. 6.
227
Questi tesori, insieme con la dimora che li ospitava, caddero vittime di un incendio scoppiato nell’ultimo giorno del 1814. Cfr.
D. KING, Vienna, 1814: how the conquerors of Napoleon made love, war and peace at the Congress of Vienna, New York 2008, p. 192
228
La loro corrispondenza inedita è conservata presso l’Archivio di Stato di Napoli. Cfr. ASNa, Archivio Borbone, b. 101 Corri-
spondenza di S.M. la Regina con la Russia. Correspondance de la Reine Marie Caroline avec le Comte André Rasumofsky, 1799-1809-
1814.
VIAGGI CHI PUÒ! 65
Figura 14. Corrispondenza di Maria Carolina con il conte Andrej Kirillovič Razumovskij.
Archivio di Stato di Napoli, Archivio Borbone, b. 101 Corrispondenza di S.M. la Regina con la Russia.
Correspondance de la Reine Marie Caroline avec le Comte André Rasumofsky, 1799-1809-1814.
66 CAPITOLO TERZO
più avanti, il duca di San Nicola ricevette le seguenti lodi sul lavoro di Razumovskij da trasmettere
alla zarina:
Il Re trovandosi molto soddisfatto della savia e regolare condotta del Conte di Rozamouski
(sic), onde si è acquistata la stima particolare di Sua Maestà, non ha lasciato di manifestare
questi suoi sentimenti al Sig. Conte del Nort229 nel soggiorno da esso Conte qui fatto; e la
M.S. vuole di più, che anche V.S. in suo R.l Nome pratichi ministerialmente lo stesso
presso la Maestà di cotesta Imp.le Sovrana230.
Evidentemente il giovane conte seppe conquistare non solo i Borbone di Napoli, ma anche i
personaggi più influenti della corte partenopea, riuscendo a ottenere il permesso, per le navi
della marina russa, di sostare lungo le coste siciliane. E qui si entra nel merito della questione sul
perché il giovane Razumovskij fu inviato proprio presso la corte napoletana. La scelta del
momento non fu affatto casuale da parte di Caterina II, promotrice principale dell’alleanza tra
Inghilterra, Prussia, Russia e Danimarca (nota come il Sistema del Nord o l’Alleanza russo-prus-
siana) in contrapposizione a Spagna, Francia e Austria. Ella continuò il percorso intrapreso con
ferrea volontà più di mezzo secolo prima da Pietro il Grande, ossia quello di assicurare al proprio
impero l’accesso al Mar Nero e, di conseguenza, una potente flotta. Se il lungo conflitto con la
Svezia fece della Russia la nuova signora del Baltico nel 1721, al momento della sua ascesa al
trono, Caterina rivolse lo sguardo ai confini sud-occidentali del Paese, pensando all’insediamento
di una flotta nel Mar Mediterraneo; posizione strategica per le relazioni diplomatiche con
l’Europa e, soprattutto, per le future conquiste dei territori del sud dell’attuale Russia, inclusi
quelli del Caucaso. L’ambizioso progetto espansionistico dell’imperatrice dovette dunque provocare
un inevitabile scontro con l’assoluto protagonista del Mediterraneo dell’epoca, l’Impero ottomano.
Quest’ultimo fu istigato al conflitto dall’Austria e dalla Francia, contrari al consolidamento
politico della Russia in Europa.
A confermare la serietà della strategia che prevedeva la crescente presenza russa nel Mediterraneo
furono i numerosi tentativi di Caterina II di prendere contatti con le popolazioni ortodosse
residenti nell’Impero ottomano. Il ruolo chiave in questa impresa fu affidato ad Aleksej Grigor’evič
Orlov (1737-1807)231, fratello di Grigorij Grigor’evič Orlov (1734-1783), favorito dell’imperatrice,
nonché uno dei suoi più intimi consiglieri, il quale nel 1768 le avrebbe proposto di organizzare
un’operazione navale nel Mediterraneo orientale con l’obiettivo di inserirsi nei Balcani232. Per
attuare questa operazione, l’imperatrice dovette rafforzare la marina militare e trovare un alleato
229
Il Granduca Paolo, figlio di Caterina II, che viaggiò sotto lo pseudonimo del conte del Nord.
230
ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1669 Legazione del governo di Napoli in Russia. Diversi (1779-1782), lettera n. 117
del 18 marzo 1782, Caserta.
231
Uno dei fautori, insieme al fratello, della rivolta del 1762, a seguito della quale Caterina II salì al trono. Presunto omicida del
marito dell’imperatrice, Paolo III.
232
Su questa spedizione di Orlov e altri ufficiali russi e stranieri vi è una curiosa testimonianza anonima di uno dei partecipanti
inglesi alla spedizione: An authentic narrative of the Russian expedition against the Turks, by sea and land, compiled from several au-
thentic journals by an officer on board the Russian fleet, London 1772.
VIAGGI CHI PUÒ! 67
233
Sull’attività napoletana del conte Orlov si veda A.G. NOTO, La ricezione del Risorgimento greco in Italia (1770-1844). Tra
idealità filelleniche, stereotipi e Realpolitik, Roma 2016, pp. 76-79.
234
Componimenti poetici di vari autori in lode di Caterina II, augustissima imperatrice di tutte le Russie, a cura di B. RINALDI,
Napoli 1771. La raccolta contiene delle poesie intitolate, ad esempio, La Grecia all’inclita nazione russa, La Grecia addolorata così
parla, La Grecia rivolta a Catarina II si racconsola, In occasione dell’ingiusta guerra, mossa dall’Imperio ottomano al Russo. La Grecia
così parla all’Imperatrice e persino La nazione greca invita Sua Maestà al trono imperiale di Costantinopoli.
235
Ivi, p. 31.
236
«A Sua Eccellenza il Signor conte Teodoro Orlow, tenente generale della armate russe, e cavalier degli ordini ecc., ecc. /
SUPPLICA /Per il saustissimo rimbombo delle replicate vittorie contro gli Ottomani riportate dalle Arme Russe, risvegliate sul
Pindo dal profondo lor sonno le addormentate Muse Greche, dando di piglio alle lor cetre, da gran tempo abbandonate, an for-
mato le seguenti Poesie; non già per esaltar la grandezza del beneficio ricevutone, che concepir mai abbastanza non possono colla
mente, non che spiegar con parole; ma sibben per esprimere l’indicibil lor giubbilo, e la gratitudine, da cui si gloriano di dover
rimanere eternamente avvinte. Perché dunque sieno [sic] accetti questi dirozzamenti e primi tentativi del lor antico valore, sup-
plican la sì nota benignità dell’E.V. di umiliarli a piedi di S.M. l’Augustissima Imperatrice di tutte le Russie Catarina Seconda;
affinché comprendendo S.M.I. in questi sfoghi di allegrezza la disposizione degli Spiriti Greci, la quale V.E. nel glorioso suo sog-
giorno in Levante ha potuto ravvisare, voglia compir la grand’Impresa e rendersi novella Giuditta e una Nazione, la quale se in
tutte le virtù e discipline da per se stessa fu celebre, ornata di tanti benefizi di S.M.I. nulla men singolare si renderà nel ricono-
scimento e ne’ fatti». Cfr. Ivi, p.n.n.
68 CAPITOLO TERZO
E in verità può un generoso cuore non gioire in vedendo che già comincia a sottrar il piè
alla catena quella nazione di tutte le nazioni nelle belle arti e scienze e in ogni buon costume
laudabile maestra ed educatrice? Può un cuor cristiano rimanersi insensibile verso la nuova
Elena che la croce di Cristo dissotterra un’altra volta e ‘n que’ paesi l’esalta ove consumò
nostra redenzione?237
Persino uno dei più illustri protagonisti della Repubblica Napoletana e uno dei maggiori
esponenti dell’Illuminismo italiano, Franceso Mario Pagano (1748-1799), avrebbe composto
Oratio ad comitem Alexium Orlow virum immortalem victrici moschorum classi in expeditione in
mediterraneum mare summo cum imperio praefectum238, in cui auspicava la rapida liberazione
della Grecia per mano della Russia.
Va precisato che le menzionate edizioni furono precedute dal primo conflitto russo-turco
(1768-1774)239 e si basavano sui risultati di esso, ossia il passaggio del Khanato di Crimea al-
l’Impero russo. Inoltre, questa vittoria diede inizio alla costruzione della marina russa sul Mar
Nero. Galiani avrebbe scritto a tal proposito: «Quelle aventure! Nous serons limitrophes des
Russes, et d’Otrante à Pétersbourg, il n’y aura plus qu’un pas et un petit trajet de mer: Dux
femina facti! Une femme aura fait cela! C’est trop beau pour être vrai!»240. La serietà con cui Ca-
terina II si dedicò a questo progetto venne più volte confermata nella corrispondenza tra il
primo ambasciatore napoletano a San Pietroburgo e la corte borbonica:
Qui tutta via si accresce sempre più il numero da’ Vascelli da Guerra; non mancandosi
di continuo di farne de’ nuovi, e sta’ questi attualmente se ne costituiscono due, ciascuno di
cento cannoni, per rendere sempre di vantaggio questa Marina rispettabile e forte, e per
tenere sempre più in soggezione il Turco: a quale oggetto non si lascia altresì di mandare
sempre, e di tenere più che l’innanzi delle proporzionate forze Marittime verso il Mar Nero,
anche a motivo di alcune tumultuarie mozioni, seguite nella Krimea, che potrebbe esser di
maggior conseguenza, non dandosi a tempo tutto il dovuto riparo241.
proposito: «In questo periodo la corte napoletana ci dimostrò più degli altri amicizia e since-
rità»242.
Ma che cosa effettivamente poteva guadagnare Napoli da tale alleanza? Visto che il Regno
borbonico dalla sua formazione nel 1734, come scrive Marina di Filippo, «non elaborò subito
una politica estera autonoma, rimanendo per qualche decennio in una situazione di vassallaggio
nei confronti di Carlo III»243, i rapporti diplomatici con l’Impero russo potevano garantire alla
sua corte un’alleanza che avrebbe controbilanciato le forti ingerenze delle altre potenze europee.
Quindi la ricerca da parte di Napoli di un’autonomia politica e, soprattutto, economica dalla
Spagna da un lato (con la caduta dell’emissario di Carlo III, Tanucci, nel 1776 e il successivo
cambiamento del vettore della politica estera napoletana da filospagnola a filoasburgica), e
l’espansione dell’Impero russo verso Occidente e il Mediterraneo dall’altro, contribuirono al
successo di questi primi contatti tra le due nazioni nella seconda metà del XVIII secolo244.
In un secondo momento a consolidare le iniziali pretese politiche vi furono i legami culturali.
Al riavvicinamento tra Napoli e la corte russa contribuirono alcuni illuministi italiani, come
appunto Ferdinando Galiani, di cui l’imperatrice russa, riconoscendone pienamente le doti,
scriveva con mal celato dispiacere: «[…] la tête de cet homme-là reste sans utilité à Naples
qu’on y ignore jusqu’à ses ouvrages et qu’on fasse des édits à l’antique sans se servir de lui et de
ses idées sages»245. L’abate, le cui opere circolavano in Russia sia in francese sia in traduzioni
russe già dal 1776246, era dell’opinione che le potenze del Nord, in particolar modo la Russia,
242
Cfr. T.V. ZONOVA, Rossija i Italija: istorija diplomatičeskikh otnošenij, Moskva 1998, p. 28. Traduzione di chi scrive.
243
M. DI FILIPPO, Per una storia…, cit., p. 244.
244
Sull’importanza strategica di Napoli rimando a: Napoli e il Mediterraneo nel Settecento. Scambi, immagini, istituzioni, a cura
di A.M. RAO, Bari 2017; A Companion to Early Modern Naples, edited by T. ASTARITA, Leiden – Boston 2013. Si veda inoltre
M.V. MAFRICI, La diplomazia in azione nel Sette-Ottocento: rapporti diplomatici tra la Russia e il Regno di Napoli, in Mediterraneo
e/e Mar Nero. Due mari tra età moderna e contemporanea, a cura di L. MASCILLI MIGLIORINI, M. MAFRICI, Napoli 2012, pp. 31-
54. Sui rapporti internazionali del Regno borbonico negli anni in esame inviato a consultare M.V. MAFRICI, Maria Carolina
d’Asburgo-Lorena e la politica internazionale napoletana (1770-1799), in Io, la Regina. Marina Carolina d’Asburgo-Lorena e il suo
tempo, vol. II («Quaderni Mediterranea. Ricerche storiche», 37), a cura di G. SODANO, G. BREVETTI, pp. 25-49.
245
Cfr. Catherine II de Russie. Friedrich Melchior Grimm …, cit. Lettera n. 78, Catherine II à Grimm, 11 décembre 1778, à St:Pe-
tersb: ce 30 de Novembre, p. 191. Sul ruolo di Galiani nello stabilimento dei rapporti russo-napoletani si veda M. SIRAGO, Le
rôle de Ferdinando Galiani à la signature du Traité de commerce entre la Russie et le Royaume des Deux-Siciles (1787), in Ferdinando
Galiani, économie et politique, par A. TIRAN, C. CARNINO, Paris 2018, pp. 295-317.
246
Si veda, ad esempio, la traduzione russa dei Dialogues sur le commerce des blés (Londres 1770): F. GALIANI, Razgovory o chlebnom
torge, a cura di P. CUVILLES, Sankt-Peterburg 1776. Sempre in quegli anni l’imperatrice acquisì la biblioteca del fratello di Galiani,
Berardo (1724-1774): «La bibliotheque de l’Abbé Galiani m’amuse souvent, une heure avant mon diné je vais lui rendre visite
et là, comme les petits enfant j’en examine les feuilles gravées afin d’en porter le miel dans ma ruche, pour au relieures je n’y
regarde jamais, cela m’est fort indifferens». Cfr. Catherine II de Russie. Friedrich Melchior Grimm. …, cit., lettre 51, Catherine II
à Grimm 28 novembre 1777, p. 116. La collezione contava circa mille unità tra stampe e libri, tra le quali alcune arricchite da
note scritte da Ferdinando Galiani. Tra le opere identificate vi furono: M. CAYLUS, Mémoire sur la peinture à encaustique et sur la
peinture à la cire (Geneve 1755); VITRUVIUS, Architecture (Cologne 1618); RICHARDSON, Traité de la peinture et de la sculpture,
vol. III (Amsterdam 1728); PALLADIO, I quattro libri dell’architettura (Venezia 1616); G.M. PANCRAZI, Antichità siciliane spiegate
colle notizie generali di questo regno, vol. II (Napoli 1751-1752); J.B.F. PIRANESI, Della magnificenza e d’architettura de’ Romani
(Roma 1761); R. PILES, Abrégé de la vie des peintres (Paris 1715). Per la lista completa si veda D.J. OZERKOV, S.M. KOROLEV, K
voprosu o sostave biblioteki Galiani, in Trudy Gosudarstvennogo Ermitaja, LXXIX, Atti del convegno Knigi imejut svoju sud’bu,
Sankt-Peterburg 2016, pp. 165-189. Si veda inoltre T. CARRAFIELLO, La biblioteca di Bernardo Galiani. Vicende storiche e catalogo
70 CAPITOLO TERZO
avrebbero avuto un ruolo di primaria importanza negli assetti futuri dell’Europa247. Scrisse nel
1771:
Avant que cette partie s’arrangeât avec Agathe, Hamil ton al disposa avec al duchesse de
Kingston, et comme il s’agissait d’un pique-nique, je lui fis ma cour, en me mettant dans la
société avec les deux Saxons et un char- mant abbé Guliani, avec lequel j’ai fait depuis, à
Rome, une connaissance plus intime.
Nous partimes de Naples à quatre heures du matin dans une felouque à douze rames, et
à neuf heures nous arrivames à Sorrente ou Sorrento.
Nousétions quinze, tous animés par lagaieté ettrans- portés du plaisir que nous offrait ce
paradis terrestre. Hamilton nousconduisit à un jardin qui appartenait ua due de Serra
Capriola, et ce seigneur s’y trouvait par hasard avec son épouse, dame piémontaise, belle
alors comme un astre, et amoureuse de son mari.
Le due y était rélégué depuis une couple de mois pour s’être montré à la promenade avec
un équipage et une livrée trop magnifiques. Le ministre Tanucci avait obtenu du roi qu’on
infligeât une punition à ce due pour avoir viole les lois somptuaires et donné par là un
exemple pernicieux, et le roi, qui n’avait pas encore appris à ré sister à al volonté de son
ministre, avait exilé. le duc et sa femme; mais il leur avait assigné al plus agréable prison de
son royaume. Cependant, pour qu’un paradis déplaise, il suffit d’être condamné à l’habiter.
Aussi le couple exilé v séchait-il d’ennui, et notre apparition fut pour tous deux un véritable
baume252.
All’esilio sorrentino della coppia seguì quello fiorentino (1773-1775), durante il quale
Antonino ebbe modo di frequentare l’alta società internazionale presente nel capoluogo toscano.
Nel frattempo, a Napoli, Ferdinando divenne maggiorenne e sua moglie, Maria Carolina, forte-
mente ostile all’orientamento filoispanico di Tanucci, entrò a far parte del Consiglio di Stato, se-
gnando così un lento ma inarrestabile declino del potere dello statista toscano. Ciò non poteva
non favorire l’accesso del duca di Serracapriola a cariche di grande prestigio, tra cui quella di mi-
250
Più dettagliatamente sull’attività del duca in Russia si veda la citata tesi di dottorato di Dario Amore.
251
Il riconoscimento di antichissima nobiltà fu ottenuto dai Maresca da Carlo II di Spagna nel 1642 insieme con l’ammissione
«per giustizia» all’Ordine di Malta. Cfr. M. MERIGGI, Maresca, Antonino, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LXX (2008),
ad vocem.
252
Cfr. G. CASANOVA, Mémoires de J. Casanova de Seingalt, écrits par lui-même ; suivis de fragments des Mémoires du prince de
Ligne, vol. VIII, chapitre V, Paris 1880, pp. 133-134. Si veda anche B. CROCE, Il duca di Serracapriola e G. de Maistre, in Archivio
Storico per le Province Napoletane, VIII, Napoli 1922, pp. 313-334.
72 CAPITOLO TERZO
nistro plenipotenziario presso la corte della zarina russa. Il trentatreenne Antonino arrivò a San
Pietroburgo nel settembre 1783. Descrisse come segue il suo ricevimento da parte dell’imperatrice
e dei Granduchi Paolo e Maria, da poco tornati dal loro Grand Tour in Europa, nel corso del
quale avevano sostato anche a Napoli:
Antonino Maresca si mostrò più adatto all’incarico affidatogli rispetto al suo predecessore, te-
nendo la corte dei Borbone informata su tutti gli aspetti geopolitici e sociali dell’Impero russo,
soprattutto sui rapporti internazionali. Inoltre, seppe costruire dei buoni rapporti con i rappre-
sentanti più influenti della capitale russa e guadagnarsi la loro stima. A consolidare la sua
posizione fu il secondo matrimonio. Nel 1788, un anno dopo la morte prematura della prima
moglie254, egli si risposò con la principessa Anna Aleksandrovna Vjazemskaja (1770-1839), figlia
del primo ministro delle Finanze, della Giustizia e degli Affari Interni, il principe Aleksandr
Alekseevič Vjazemskij. Per quanto riguarda Antonino, egli così commentò la sua decisione di
prendere in sposa un’ortodossa (che si dovette comunque convertire al cattolicesimo), scelta che
inizialmente aveva suscitato non poca perplessità presso la corte napoletana:
[...] contrarrò fra giorni i sponsali con la Principessa Anna Wesemskj figlia del Procuratore
Generale, Primo Ministro di Finanze e Cancelliere del Gran Consiglio Principe Wesemskj,
infinite qualità concorrono in un partito simile sia per la cospicua Nobiltà, come per augea
(sic) delle Cariche, e confidenza che gode il Padre, ed altresì dei beni di fortuna, ma quelle
che hanno formato in me la maggiore sensazione sono le qualità più interne, che esserne
253
ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1670 Legazione del governo di Napoli in Russia. Diversi (1783-1784), c.n.n. Lettera di
Serracapriola al marchese della Sambuca del 3 ottobre 1783.
254
ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1672 Legazione del governo di Napoli in Russia. Diversi (1787), c.n.n. Lettera di Ser-
racapriola del 14 dicembre 1787.
VIAGGI CHI PUÒ! 73
della graziosa Damina, come le principali a rendere il mio animo tranquillo, e felice, quali
due attributi sono da me desiderati con tutta l’ardenza per potere continuare a deliziare il
mio fisico, e morale al Real Servizio, e rendermi con le mie azioni sempre più grato alla M.
de’ miei Sovrani255.
La tenuta di campagna della principessa Vjazemskaja, Murzinka, poco distante da San Pie-
troburgo e più volte raffigurata dal primogenito della coppia, artista in erba e il futuro primo
ministro del Regno delle Due Sicilie (1848), Nicola Maresca Donnorso (1790-1870), divenne
punto di incontro di molti stranieri che soggiornavano nella capitale russa, tra cui il fior fiore
della diplomazia europea256.
Nel costante tentativo di contribuire all’ulteriore consolidamento dei rapporti tra le due case
regnanti, Serracapriola avrebbe proposto al re di stabilire delle relazioni di parentela con la casata
dei Romanov, «fatta attenzione al numero delle Nostre Reali Principesse»257. Tuttavia, a quanto
possiamo giudicare dalla relazione di Serracapriola, la furiosa reazione di Ferdinando IV non
lasciò alcuna speranza per tale progetto:
Sua Maestà ha cambiato la sua dolcezza, si è alterato, e prima, che finissi la parola, mi ha
detto con forza: “È che sarei matto di dare una mia figlia ad un scismatico, mi maraviglio di
Lei, che propone tali cose a me!”, questa frase l’ha replicata con forza maggiore, appena ho
avuto luogo da dire, che non proponevo, ma che rappresentavo l’idea, questo non l’ha cal-
mato, ha ripetuto delle frasi analoghe alle prime […] ha aperto la porta, ed è uscito su-
bito258.
L’attività di promozione dei contatti tra le due nazioni da parte del duca trovò presto successo
nel campo economico. Insieme a Ferdinando Galiani259, Antonino Maresca contribuì alla ratifica
255
ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1693 Regia Legazione (1783-1814), c.n.n. Lettera di Serracapriola ad Acton del 15 agosto 1788.
256
Antonino e Anna ebbero due figli, Nicola (1790-1870) ed Elena (1794-1820). Nel 1812 Nicola fu nominato gentiluomo di
camera di Ferdinando IV; nel 1814 fu inviato dal padre a Vienna per servire da segretario a Maria Carolina e poco dopo avrebbe
preceduto il padre al Congresso di Vienna in qualità di delegato del re di Sicilia. Dal 1839 al 1847 ricoprì la carica di ambasciatore
napoletano a Parigi, contribuendo alla risoluzione della cosiddetta “questione degli zolfi”. Nel 1848 (l’anno della Costituzione
del Regno delle Due Sicilie) guidò il Consiglio dei Ministri e Ministero degli Affari Esteri di Ferdinando II. Come anche sua
madre, egli era un acquerellista e lasciò decine di raffigurazioni di panorami e scene di genere ambientati sia in Russia che nel
Regno delle Due Sicilie, oggi conservati presso il castello di famiglia a Serracapriola. Gli acquerelli di Nicola sono stati esposti al
pubblico per la prima volta nel 2003 nell’ambito della mostra Ricordi dell’Italia, tenutasi presso il Museo Russo a San Pietroburgo.
Cfr. Vospominania ob Italii: Svidel’stva, catalogo della mostra (San Pietroburgo, Museo Russo, 15 ottobre – 15 novembre 2003),
a cura di E.N. PETROVA, G.N. GOLDOVSKIJ, B. RICCIO, San Pietroburgo 2003. Su Nicola si veda inoltre B. RICCIO, I Maresca di
Serracapriola, una famiglia napoletana sulla scena d’Europa tra Antico Regime e Restaurazione, in Civiltà dell’Ottocento, Cultura e
Società, catalogo della mostra (Napoli, Museo di Capodimonte – Caserta, Palazzo Reale, 25 ottobre 1997 – 26 aprile 1998),
Napoli 1997, pp. 47-53.
257
ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1675 Diversi (1789-1791), cc.n.n. Lettera di Serracapriola ad Acton da Vienna, il 7
marzo 1791.
258
Ibidem.
259
Si veda F. DIAZ, L’abate Galiani consigliere di commercio estero del Regno di Napoli, in «Rivista storica italiana», LXXX, 1968,
pp. 854-909.
74 CAPITOLO TERZO
Figura 18. Giovanni Battista Lampi, Ritratto di José de Ribas, 1796. San Pietroburgo, Museo statale Ermitage
76 CAPITOLO TERZO
Orlov: far tornare in Russia Aleksej Bobrinskij (1762-1813), figlio illegittimo dei due che si
trovava in una pensione a Lipsia. José avrebbe portato il ragazzo a Livorno, dove i due vissero
fino al 1774 prima di partire per San Pietroburgo. Si potrebbe assumere che l’amicizia con il
figlio della zarina avesse potuto favorire le brillanti ascese carrieristiche del napoletano. Nel
1776, anno in cui de Ribas divenne massone di una loggia pietroburghese262, egli sposò Anastasia
Ivanovna Sokolova, dama di compagnia di Caterina II e figlia illegittima del preside dell’Accademia
imperiale di Belle Arti e fideiussore di tutte le istituzioni educative della Russia di allora, uno dei
più noti e influenti illuministi dell’epoca, Ivan Ivanovi Beckoj. Essendosi mostrato un intelligente
stratega in qualità di comandante della flotta imperiale durante il secondo conflitto russo-turco,
nonché un valoroso e leale soldato, de Ribas ebbe l’approvazione di Caterina per il progetto di
una nuova città portuale presentatole nel 1794 da de Ribas, ufficializzando in tal modo la nascita
di Odessa263:
Il Vice Ammiraglio di Ribas è partito nella passata settimana, dopo avere avuta un’ap-
provazione generale dei Piani che riguardano il nuovo Porto e stabilimento di Haggibej
[Odessa], come tutto quello che ha rapporto all’aumentazione e buono stato della Flottiglia,
che sotto i suoi ordini deve essere aumentata; molte somme sono state date e molti uffiziali
Francesi, e varie altre Persone di diversi caratteri sono state prese all’Imperial Servizio, e
tutte sono state inviate a quella con pagamento di viaggio; in questo modo non risparmiandosi
denaro, nella ricerca di persone abili, si prevede una pronta e felice riuscita di quel doppio
stabilimento264, e si vedrà presto colà introdotto un commercio attivo, nel mentre la Flottiglia
sarà messa in un piede molto significante265.
In qualità ormai di governatore di Odessa, de Ribas si dedicò alla costruzione della città e di-
venne uno dei consiglieri più influenti dell’imperatrice. Fu, inoltre, tra quei pochi fortunati che,
a seguito della morte di Caterina II (1792), sarebbero riusciti a salvarsi dalle purghe del nuovo
imperatore Paolo I, fortemente ostile alla politica materna. Per quanto riguarda Odessa, la città
si riempì presto di stranieri, con greci e italiani come comunità più numerose266. Anche se de
Ribas cadde vittima del complotto contro l’imperatore già nel 1800, il nome della sua famiglia
sarebbe rimasto ancora a lungo legato a quei luoghi, poiché giunsero in Odessa anche i suoi
fratelli, Emmanuele, Andrea e Felice. Proprio all’ultimo spettava diventare uno dei protagonisti
principali nelle relazioni fra i due Stati nel secolo a venire267.
262
T. BAKOUNINE, Répertoire biographique des francs-maçons russes (XVIIIe et XIXe siècle), Paris 1967, pp. 444-445.
263
Nome probabilmente derivante da quello dell’antica colonia greca Ὀδησσός, che occupava il territorio. Il nome precedente al
1794 era Khadžibej.
264
Della città e del porto.
265
ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1678 Diversi (1794-1795), cc.n.n., lettera di Serracapriola ad Acton del 2 giugno 1795.
266
A tal proposito si vedano: F. PIROLO, Il commercio estero del Regno di Napoli con la “Nuova Russia” tra 700 e 800, in Nuova eco-
nomia e storia, anno XXV, n. 3-4 (2019), pp. 11-41; G.A. SIBIREVA, Neapolitanskoe korolevstvo i Rossija v poslednej četverti XVIII
veka, Moskva 1981.
267
Sull’attività dei de Ribas dopo l’arrivo in Russia rimando a M. DE RIBAS, Saggio sulla città di Odessa e altri documenti dell’Archivio
di Stato di Napoli, a cura di G. MORACCI, Genova 1988. Si veda anche D. MERRY DEL VAL, El sùbdito de la Zarina. Un español
VIAGGI CHI PUÒ! 77
Per quanto riguarda i Borbone di Napoli, il loro governo, e in particolare Maria Carolina,
inizialmente favorevole alle idee illuministiche, consideravano la Russia un alleato forte e affidabile
contro i moti rivoluzionari che dalla Francia si facevano sempre più minacciosi.
La regina scrisse al duca di Serracapriola nel 1791: «Ditemi cosa pensa la Russia di fare
riguardo la Francia […]? Io conto su quella magnanimità di pensare dell’imperatrice assai, stimo
quella Gran Sovrana e le vittorie le arridano e coronano la sua invincibile fermezza»268. Nel 1798
il duca di Serracapriola e il marchese di Gallo tentarono di concludere un trattato di alleanza tra
le due nazioni; l’impresa non riuscì in quanto «nessuna grande potenza aveva interesse a sostenere
l’amicizia tra Napoli e la Russia e a controbilanciare, complice l’Inghilterra, la preponderanza
austriaca»269. L’Impero russo, tuttavia, più volte dimostrò di voler proteggere l’indipendenza del
Regno borbonico. Così, nel 1799 Paolo ordinò al generale Suvorov di andare in soccorso della
flotta napoletana per minimizzare la minaccia francese270.
Nel 1806, deposta nuovamente dalle forze napoleoniche dopo la fuga in Sicilia nel 1799 e
confinata in un esilio dal quale non sarebbe più tornata sul trono di Napoli, Maria Carolina si
mostrò piena di speranza per un intervento attivo dell’imperatore Alessandro I. Questi, a sua
volta, si adoperò contro il blocco continentale da parte di Napoleone della Gran Bretagna, il
partner commerciale principale della Russia, rischiando di entrare in aperto conflitto con la
Francia. Ecco quanto scriveva da Palermo Maria Carolina all’ambasciatore napoletano a San
Pietroburgo alla luce del trattato di Oubril del 20 luglio 1806 e della Quarta coalizione costituita
dalla Gran Bretagna, Prussia, Svezia, Sassonia, Regno di Sicilia e Impero russo per contrastare la
Francia imperiale di Bonaparte:
[…] in Napoli tutto è pronto per una generale esplosione […] e l’Imperatore avrebbe la
gloria di essere il liberatore dell’Italia, di fare la più sensibile ferita alla Francia la più utile per
tutte le idee pel Levante; ed avrebbe la gloria di beneficare tanti Principi a lui fedeli; per noi
avremo la fortuna di riprendere il nostro […] ma mai, e poi mai cederemo niente, né faremo
nessuna rinuncia, né accetteremo nessun compenso, né indennizzazione; ciò è inevitabilmente
deciso fra il Re e Suo Figlio. La forza, la violenza, l’abbandono /che voglio sperare
impossibile/dei Nostri Alleati potrà farci tutto perdere […]. Speriamo che […] l’Imperatore
delle Russie, fedele alle sue promesse e Trattato all’Alleanza […] non ci abbandonerà mai271.
Ferdinando, sempre fiducioso degli umori antinapoleonici della corte di San Pietroburgo, era,
tuttavia, più scettico riguardo al destino del proprio Regno. Ancora nel 1805 scrisse al Serracapriola,
en la Rusia de Catalina la Grande, Madrid 2008. Per le vedute litografiche di Odessa della prima metà del XIX secolo rimando
all’album Collection d’onze vues de la ville d’Odessa di Carlo Bossoli pubblicato per la prima volta nel 1830 a Londra.
268
ASNa, Archivio Borbone. Carte del re Ferdinando IV. Carte Serracapriola (1783-1822), fasc. 319 Istruzioni e lettere (1788-1822),
cc. 17v-18r. Lettera del 10 agosto 1791 di Maria Carolina a Serracapriola.
269
M. DI FILIPPO, Per una storia…, cit., p. 251.
270
ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1689 Diversi, c.n.n. Lettera di Serracapriola al marchese di Gallo del 20 marzo 1799.
271
ASNa, Archivio Borbone. Corrispondenza della Regina con la Russia (1799-1814), fasc. 0101 Corrispondenza della regina con la
Russia (1799 – 1814), cc. 234v-235r, lettera di Maria Carolina al duca di Serracapriola, 27 settembre 1806.
78 CAPITOLO TERZO
prevedendo già la caduta del governo nelle mani dei francesi senza il pronto intervento di Francesco
II d’Asburgo-Lorena: «Dio faccia che l’Imperatore Francesco si svegli una volta, altrimenti noi
siamo fritti con tutta la buona volontà della Russia ed Inghilterra»272.
Nel frattempo, Alessandro I e il suo Paese si stavano preparando a pagare un tributo pesante
alle ambizioni espansionistiche di Bonaparte. La pace di Tilsit del 1807 e il riconoscimento di
Giuseppe Bonaparte come re di Napoli avrebbe sicuramente ostacolato l’imperatore nel tentativo
di salvare il Regno dai francesi e avrebbe diminuito le speranze dei Borbone. Comunque sia, no-
nostante l’accordo e la nota simpatia personale tra Napoleone e Alessandro I, i contrastanti
interessi ebbero il sopravvento e portarono all’offensiva francese. Come ben si sa, la campagna di
Napoleone sarebbe arrivata al culmine nel 1812 con la cacciata definitiva delle truppe francesi
dal territorio russo, mentre la distruzione della Grande Armata ebbe delle conseguenze decisive
per la storia europea dell’Ottocento.
La fuga di Ferdinando in Sicilia avrebbe segnato l’inizio di un periodo particolarmente duro
per l’ambasciatore napoletano a San Pietroburgo: in patria venne privato di tutte le proprietà e
dichiarato emigrato politico, nella capitale russa fu licenziato. Fino al 1814, l’anno in cui Maresca
venne riabilitato da Ferdinando, egli continuò «con grande compostezza, anche da privato
cittadino a lavorare per la sua corte nei salotti dei parenti, da cui nessuno l’avrebbe mai cacciato,
frequentando i personaggi di spicco della politica europea e della corte, senza mai rinunciare al
proprio personalissimo “sincretismo” russo-napoletano»273. La piena fiducia di Ferdinando si sa-
rebbe confermata con l’incarico di rappresentarlo al Congresso di Vienna nel novembre 1814
con l’obiettivo di riavere i diritti sul Regno. Al duca e al secondo incaricato plenipotenziario, Fa-
brizio Ruffo, principe di Castelcicala, furono dati ordini precisi dal sovrano: «Non saprei terminare
questa senza ripetervi che mai e giammai rinuncerò ai miei legittimi diritti sul mio Regno di Na-
poli, e che in conseguenza non dovrete mai ammettere in discussione la sola parola di compenso
o indennizzazione, essendo io fermamente deciso di non cedere i miei diritti, e di non ricevere
compenso alcuno»274. Come ben si sa, Ferdinando avrebbe riacquistato il suo Regno. Per quanto
riguarda le relazioni tra l’Impero russo e Napoli, esse si sarebbero riprese nell’ottica di nuovi ob-
biettivi da perseguire nel periodo dell’effervescenza rivoluzionaria in Europa e con dei nuovi
protagonisti sullo scacchiere politico, come, ad esempio, la Grecia e l’Austria, desiderosa di
estendere il proprio dominio sul territorio italiano.
272
ASNa, Archivio Borbone. Carte del re Ferdinando II. Carte Serracapriola (1783-1822), fasc. 0346, f. 90r. Lettera di Ferdinando
al duca di Serracapriola del 1° agosto 1805, Portici.
273
M. DI FILIPPO, Per una storia…, cit., p. 253. Nel 1822, alla morte di Antonino Maresca, Aleksandr Bulgakov, diplomatico,
senatore e segretario della missione russa a Napoli nel 1802-1807, scrisse al fratello: «Sincere condoglianze per la morte del buon
duca di Serracapriola. Aveva un carattere fermo, sentimenti elevati e un affetto per il suo sovrano degno di riverenza. In tempi
passati in cui tutti si inginocchiavano davanti a Napoleone, lui sembrava essere l’unico a non riconoscere la sua autorità e a ri-
manere fermo nelle sue regole». Cfr. Brat’ja Bulgakovy: perepiska (1821-1826), vol. II, Moskva 2010, lettera di Aleksandr del 24
novembre 1822, p. 599. Traduzione a cura di chi scrive.
274
ASNa, Archivio Borbone. Carte del re Ferdinando II. Carte Serracapriola (1783-1822), fasc. 0346, f. 165v. Lettera di Ferdinando
al duca di Serracapriola del 8 marzo 1814.
VIAGGI CHI PUÒ! 79
Le citate premesse politiche avrebbero sicuramente contribuito a rendere la Russia più vicina
a Napoli all’alba dell’età contemporanea. Il crescente numero di viaggiatori russi nel Regno bor-
bonico, tra cui si annovereranno persino rappresentanti dei Romanov, ne è una delle prove più
eloquenti. Soffermiamoci su alcune di queste spedizioni di particolare significato per la storia del
Grand Tour russo nel capoluogo partenopeo.
80 CAPITOLO TERZO
CAPITOLO QUARTO
M ichail Illarionovič Vorontsov (1714-1767) (fig. 19), a buon diritto, può essere considerato
il primo grand tourist russo a Napoli. Uno dei più influenti funzionari del suo tempo, sin
da piccolo legato alla corte russa, nel 1741 prese parte attiva nel colpo di stato che avrebbe
portato sul trono Elisabetta, figlia di Pietro I. Nel 1742 sposò la cugina dell’imperatrice, la
contessa Anna Karlovna Skavronskaja (1722-1776), il che favorì ulteriormente la sua rapida car-
riera. Due anni dopo, infatti, il trentenne Michail diventò vicecancelliere di Stato e sarebbe
rimasto in carica fino al 1758. Uomo colto, amante delle arti e sostenitore della politica e della
cultura francese, Vorontsov riuscì a realizzare il suo desiderio di visitare l’Europa nel 1745. Il
motivo che spinse il giovane statista a recarsi in Occidente insieme con la moglie fu la volontà di
familiarizzare con la cultura europea e, molto probabilmente, in vista del futuro incarico del
nobile, con i maggiori esponenti della politica del vecchio Continente. Non avendo poi ricevuto
alcuna formazione universitaria, il diplomatico mirava a colmare tali lacune.
La spedizione del conte è documentata da un diario che registra ogni giorno del viaggio
europeo della famiglia: una testimonianza che fa luce sull’idea generale del «grande giro» negli
Stati europei che si era creata tra gli aristocratici russi della prima metà del XVIII secolo; nonché
sui suoi aspetti principali, quali: la durata media del viaggio stesso, l’itinerario consueto, le mete
“d’obbligo”, le cose da vedere e le personalità di spicco da conoscere275.
La prima tappa del viaggio fu Riga, dove i due ammirarono le principali attrazioni della città
vecchia prima di giungere a Berlino, dove, oltre a visitare palazzi, musei, fabbriche, i Vorontsov
ebbero un’udienza con Federico II (1712-1786). A Dresda il giovane vicecancelliere fece cono-
scenza con alcuni altri ambasciatori, tra cui l’inviato straordinario del Regno di Sardegna, Carlo
Baldassare Perrone (1718-1802), e fu accolto benevolmente dal re Federico Augusto III (1696-
1763), dal quale ricevette una spada d’oro incastonata di diamanti, un servizio di porcellana e
una tabacchiera di diaspro con diamanti. La sosta a Praga fu pressoché priva di importanti
275
Cfr. M.I. VORONTSOV, Putešestvie grafa Vorontsova, a cura di S. ANDROSOV, in Archivio russo-italiano XII («Europa Orien-
talis», vol. 35), Salerno 2020, pp. 35-93. Si veda inoltre l’articolo introduttivo al diario: S. ANDROSOV, O žurnale putešestvija
grafa M.I. Vorontsova, in Ivi, pp. 21-34.
82 CAPITOLO QUARTO
Figura 19. Louis Tocqué (?), Ritratto del conte M. Vorontsov, 1756. San Pietroburgo, Museo statale Ermitage
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 83
276
M.I. VORONTSOV, Putešestvie… , cit., p. 50. D’ora in avanti la traduzione è a cura di chi scrive.
277
Ibidem.
278
Ivi., p. 54.
279
Ivi., p. 52.
280
Ivi., p. 55.
281
Prospero Lorenzo Lambertini ordinò otto statue dei cosiddetti “preparati anatomici” al ceroplasta Ercole Lelli (1702-1766)
nel 1742. Evidentemente Vorontsov si riferisce ai due modelli, maschile (Adamo) e femminile (Eva), oggi esposti al Museo di
Palazzo Poggi.
282
M.I. VORONTSOV, Putešestvie… , cit., p. 59.
84 CAPITOLO QUARTO
Successivamente giunsero a Firenze, «non a caso chiamata Fiorenza la bella»283. Furono accolti
personalmente dal principe François Vincent Marc de Beauvau-Craon (1679-1754)284. L’impe-
ratore Francesco I di Lorena inviò numerose casse con «il miglior vino fiorentino, formaggi,
frutta, cioccolato e vari piatti di carne e pesce»285 alla nobile coppia a L’Aquila Nera286, l’antico
albergo di lusso scelto dai Vorontsov. Seguì poi la visita a Santa Maria del Fiore, «tutta fatta di
marmo bianco e nero», ma «più bella da fuori che dentro»; del Battistero di San Giovanni e della
«nuova»287 basilica di San Lorenzo, «tutta decorata con agata, diaspro, corniola e lapislazzuli»288.
Il classico tour a Firenze si concluse con la visita della Tribuna degli Uffizi, nella quale il conte
ammirò la «particolarmente magnifica statua di Venus (sic) di uno straordinario lavoro e bel-
lezza»289, e del Giardino di Boboli che il viaggiatore trovò «molto trascurato, con le fontane tutte
in rovina»290.
Passando per Siena, i due arrivarono a Roma dove furono ospitati, su richiesta personale di
Alessandro Albani, nella residenza tardo cinquecentesca della famiglia Lancellotti291. La visita
dell’Urbe si svolse in compagnia dell’agente diplomatico di Augusto III, il conte Carlo Roberto
Tapparelli di Lagnasco. La prima sera i Vorontsov ebbero come ospiti proprio il cardinale Albani
e il senatore Nicolas Bielke292, che avrebbe svolto il ruolo di agente artistico del conte Vorontsov
dopo il rientro di questi a San Pietroburgo293. In quei giorni Michail ebbe udienza dal papa Be-
nedetto XIV, a cui rifiutò di baciare la scarpa, gesto stabilito dall’etichetta294. Dopo la messa na-
talizia nella basilica di San Pietro, i Vorontsov visitarono il Pantheon, San Giovanni in Laterano,
la villa Borghese, il Teatro delle Dame, i palazzi Barberini, Colonna e Farnese, dove il viaggiatore
menziona di aver visto «un’imponente statua del toro», il Supplizio di Dirce, che i suoi connazionali
dei decenni successivi avrebbero ammirato a Napoli. Ai due furono regalate numerose opere
d’arte, tra cui una copia in mosaico, eseguita da Pier Leone Ghezzi, della tela di Giovanni Lan-
franco nota come Cristo salva Pietro dalle acque295. Proprio questo mosaico avrebbe ispirato a
uno dei più noti scienziati russi del XVIII secolo Michail Lomonosov (1711-1765) l’allestimento
del primo laboratorio di produzione musiva a Mosca296. Da veri grand tourists i Vorontsov non
283
Ivi, p. 60.
284
Dal 1737 al 1749 fu Presidente del Consiglio di Reggenza del Granducato di Toscana.
285
M.I. VORONTSOV, Putešestvie… , cit., p. 60.
286
Albergo di lusso, oggi distrutto, all’epoca era nei pressi della Piazza dell’Olio.
287
Anche se la costruzione della basilica ebbe inizio nel 1461, alcuni interventi, come la costruzione del piccolo campanile (1740)
o la decorazione della cupola con la Gloria dei santi fiorentini (1742) ad opera del pittore Vincenzo Meucci, si erano conclusi ap-
punto poco prima della visita dei Vorontsov.
288
M.I. VORONTSOV, Putešestvie… , cit., p. 61.
289
Ibidem.
290
Ivi, p. 62.
291
Palazzo Lancellotti, nel Rione Ponte in Via Lancellotti, 18.
292
Svolse l’incarico, affidatogli dal papa Clemente XII, per ben ventotto anni, dal 1737 al 1765.
293
S. ANDROSOV, O žurnale … , cit., p 28.
294
Avendo, tuttavia, avvisato di questa sua decisione il cardinale Silvio Valenti Gonzaga durante la visita privata nella sua casa.
295
Cfr. L.S. GERASIMOVA, Atributsija mozajki s izobraženiem apostola Petra iz sobranija M.V. Vorontsova, in Trudy Gosudarstvennogo
Ermitaža, vol. LXVII M.V. Lomonosov i elizavetinskoe vremja, Sankt-Peterburg 2013, pp. 62-70.
296
Nel quale sarebbe stato eseguito il ritratto dello stesso Vorontsov, oggi conservato presso l’Ermitage. Zapiski Jakoba Štelina ob
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 85
Anche l’udienza con Maria Amalia di Sassonia stupì entrambi per la semplice e cordiale acco-
glienza. La regina invitò la contessa a farle più visite durante il suo soggiorno napoletano, affi-
dandola alle cure della sua dama di compagnia, la principessa Luisa Caracciolo303.
Il giorno dopo i viaggiatori assistettero alla festa di compleanno del monarca: «[…] siamo
andati la mattina a fare gli auguri alla Sua Maestà e in quell’occasione a tutta la nobiltà fu
concesso di baciare la sua mano; il Re era in piedi, accanto al trono, e ricevette un ricco dono fat-
togli da parte dei cittadini»304. La sera la trascorsero in compagnia dei cortigiani e della coppia
reale al San Carlo, dove ai russi fu assegnato il palco più vicino a quello di Carlo e Maria
Amalia305. I Vorontsov seppero apprezzare la magnificenza del Massimo napoletano e ne divennero
assidui frequentatori nel loro breve soggiorno (fig. 21).
Figura 21. Joseph-Lois Le Lorrain su disegno di Vincenzo Re, Disegno della Gran Festa da Ballo in
Prospettiva fattasi nel Real Teatro di San Carlo, incisione n. 10 tratta da Narrazione delle solenni reali
feste fatte celebrare in Napoli da Sua Maestà il Re delle Due Sicilie Carlo Infante di Spagna, Duca di
Parma, Piacenza ecc. ecc. c per la nascita del suo primogenito Filippo Real Principe delle Due Sicilie,
Napoli 1749
303
Moglie del principe Ferdinando Colonna di Stigliano (1695-1775), Cavallerizzo Maggiore del re di Napoli e futuro Grande
di Spagna (1764).
304
M.I. VORONTSOV, Putešestvie… , cit., p. 70.
305
Si veda a tal proposito F. COTTICELLI, P. MAIONE, Musica e teatro a Napoli nell’epoca di Carlo di Borbone, in Le vite di Carlo
di Borbone. Napoli, Spagna e America, a cura di R. CIOFFI, L. MASCILLI MIGLIORINI, A. MUSI, A.M. RAO, Napoli 2018, pp. 269-
279.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 87
Gli incontri con i regnanti napoletani si sarebbero ripetuti anche nei giorni successivi. Così,
dopo aver visitato il nunzio apostolico Luigi Gualterio, Michail si recò al Palazzo Reale per
assistere al cosiddetto pranzo pubblico del re e della regina, volto alla socializzazione di corte,
durante il quale «il Re parlò a lungo» all’ospite forestiero306. Avendo appreso del desiderio di Vo-
rontsov di partire per la Francia via mare, Carlo propose a questi di servirsi di due galee reali che,
per ragioni di sicurezza, sarebbero state accompagnate da una nave da guerra. Il viaggiatore, non
aspettandosi tale cortesia dal regnante, lo ringraziò vivamente, accettando solo le galee307. Per in-
trattenere i nobili ospiti durante la sua assenza, il re invitò i Vorontsov a fare un giro del suo
palazzo: «[…] abbiamo visitato anche la Biblioteca e una Galleria con medaglie e quadri; poi ci
hanno mostrato delle corone antiche e quelle nuove, fatte d’oro, con diamanti, perle e altre
pietre preziose; il loro prezzo ammonta a qualche milione»308. La visita si spostò alle scuderie
reali, dove il conte russo apprezzò talmente tanto il cavallo napoletano che ne acquistò nove da
spedire a San Pietroburgo, pagandoli 249 scudi309.
Tra le visite alle istituzioni pubbliche spiccano quelle all’Università «costruita con i soldi reali
e non ancora completata», del teatro Nuovo e del «Banco di Napoli», cioè dei cosiddetti Banchi
pubblici dei luoghi pii, «dove chiunque può prendere in prestito tutto il denaro che vuole
lasciando un deposito, che viene prima valutato dagli assessori sociali locali e poi il denaro viene
prestato senza alcun interesse»310. Una tappa obbligata fu il tribunale di Napoli, dove i Vorontsov
«ascoltarono alcuni discorsi dei migliori avvocati»311. Un giorno fecero un passaggio nel Real
Opificio delle pietre dure, visitarono la Fabbrica di porcellana di Capodimonte, inaugurata tre
anni prima della visita dei russi.
I coniugi assistettero poi alla scena dell’albero della cuccagna312, quando in mezzo al Largo di
Palazzo veniva messo un palo reso liscio con grasso con sulla cima dei vari “premi” alimentari,
per raggiungere i quali la folla doveva arrampicarsi sul palo (fig. 22). Dallo scritto del conte sco-
priamo che la festa veniva organizzata dalla città per il Carnevale e «per assistere a questa Cocagna
(sic) miglia di persone hanno riempito persino i tetti dei palazzi adiacenti alla piazza»313. Nel
corso della prima cuccagna, come racconta il diario, i cittadini più poveri dovevano cercare di
prendere dei pezzi di pane appesi; nei giorni seguenti egli vide degli alberi di cuccagne con sel-
vaggina, pesce e formaggio314.
306
Ivi, p. 71.
307
Ivi, pp. 74-75.
308
Ibidem, p. 75.
309
Ivi, p. 77.
310
Si poteva anche trattare del Banco della Pietà fondato nel 1539 per l’emissione di prestiti senza interessi ai residenti della città.
311
M.I. VORONTSOV, Putešestvie… , cit., p. 75.
312
Dal latino medievale Cocania, ossia «paese dell’abbondanza».
313
M.I. VORONTSOV, Putešestvie… , cit., p. 48.
314
Ivi, pp. 77, 79.
88 CAPITOLO QUARTO
Figura 22. Giuseppe Vasi su disegno di Vincenzo Re, Cuccagna posta sulla Piazza del Real Palazzo, incisione n. 11
tratta da Narrazione delle solenni reali feste fatte celebrare in Napoli da Sua Maestà il Re delle Due Sicilie Carlo Infante
di Spagna, Duca di Parma, Piacenza ecc. ecc. c per la nascita del suo primogenito Filippo Real Principe delle Due Sicilie,
Napoli 1749
Il mal tempo che aveva impedito ai Vorontsov di partire da Napoli in tempo fece sì che i viag-
giatori avessero modo di visitare altre «curiosità» del Regno, tra cui la Grotta del Cane, la
solfatara di Pozzuoli, le Stufe di San Germano («in pessime condizioni»315), nonché il Ponte di
Caligola. In una delle gite serali in carrozza i due videro i Bagni della Regina Giovanna, un
edificio «quasi completamente crollato»316. A bordo di due galee, arrivarono a Procida per visitare
il Palazzo d’Avalos, «dove il re è solito andare a caccia di fagiani»317.
Infine, agli illustri viaggiatori non poté mancare la visita all’Herculanense Museum: «Il 26
siamo andati in carrozza a Portici, a 5 miglia da Napoli. Qui abbiamo visto meravigliose pitture
antiche che erano state dipinte sui muri dai Romani 2000 anni prima e sulle quali sono ancora
conservati colori e figure; ci sono state mostrate anche molte statue di marmo e di rame trovate
315
Ivi, p. 78.
316
Ivi, p. 76.
317
Ivi, p. 79.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 89
a Eraclea (sic)»318. All’epoca si trattava ancora di poche stanze allestite nella parte nord-ovest
della zona del complesso reale, ma già nel 1746, l’anno dell’arrivo dei Vorontsov a Napoli,
alcuni dei tesori principali della collezione borbonica erano stati esposti al pubblico, tra cui, ad
esempio, la statua equestre di Marco Nonio Balbo, il vero vanto della collezione ercolanese, «col-
locata nell’atrio del Palazzo di Portici, circondata da una ringhiera, schermata da vetri e sorvegliata
in continuazione»319. Infine tentarono una salita sul Vesuvio, riuscita solo a metà a causa di
«estrema difficoltà del percorso»320.
Un particolare ricordo merita la calda accoglienza dei russi da parte dell’aristocrazia locale: ai
due furono mostrate le principali attrazioni della città e dei suoi dintorni, tra cui la Reale
cappella del Tesoro di san Gennaro, la chiesa dei Girolamini con una «enorme e splendida bi-
blioteca», la chiesa dei Santi Severino e Sossio, la basilica di San Domenico Maggiore, la chiesa
di Sant’Anna dei Lombardi e la certosa di San Martino, da dove «si vede tutta la città di Napoli
con il mare»321. Dopo il fugace incontro con il marchese Brancaccio e il principe di Sansevero i
viaggiatori partirono per Livorno, città descritta, insieme con Pisa e Genova, in modo altrettanto
dettagliato nel diario del nobile322. La conoscenza diretta delle principali corti europee contribuì
certamente alla carriera diplomatica del conte Vorontsov, che pochi anni dopo sarebbe diventato
cancelliere dell’Impero russo, carica che riuscirà a mantenere fino al 1765, guidando di persona
la politica estera dello Stato323. Il viaggio a Napoli fu molto apprezzato dalla coppia e, poco
prima di ripartire per l’Europa nel 1768, i due riferirono al ministro spagnolo presso la corte di
San Pietroburgo, Bizonde della Herreria, di avere ancora un bel ricordo di quel soggiorno e di
essere intenzionati a visitare il Regno borbonico una seconda volta324.
318
M.I. VORONTSOV, Putešestvie… , cit., p. 77.
319
S. ADAMO MUSCETTOLA, Nuove letture borboniche: i Nonii Balbi ed il Foro di Ercolano, in Prospettiva, n.28 (gennaio 1982),
pp. 2-16.
320
M.I. VORONTSOV, Putešestvie… , cit., p. 77.
321
Ivi., p. 47.
322
Ivi, pp. 84-93.
323
Il suo palazzo, progettato da Francesco Bartolomeo Rastrelli, fu costruito dopo il rientro della coppia dal viaggio. Esso vantava
affreschi eseguiti da Giovan Battista Tiepolo, che andarono successivamente perduti e ora conosciuti solo attraverso incisioni. I.
ARTEMIEVA, I soffitti del Tiepolo per il Palazzo del cancelliere Voroncov a Pietroburgo, in Giambattista Tiepolo nel terzo centenario
della nascita, Atti del Convegno internazionale di Studi (Venezia - Vicenza - Udine - Parigi, 29 ottobre – 4 novembre 1996), Ve-
nezia 1998, pp. 247-251; S. ANDROSOV, Appunti sulla committenza del conte Michail Vorontsov, in Antologia di Belle Arti, Studi
sul Settecento II, 2000, nn. 59-62, pp. 61-69; S.O. ANDROSOV, Zabytyj russkij mecenat – graf Mihail Vorontsov, in Pamjatniki ku-
l’tury. Novye otkrytija. Ežegodnik 2000, 2001, pp. 246-277; S.O. ANDROSOV, Michail Vorontsov i Giambattista Tiepolo, in S.O.
ANDROSOV, Russkie zakazčiki i ital’janskie hudožniki v XVIII v., Sankt-Peterburg 2003, pp. 155-182.
324
Cfr. ASNa, Ministero degli Affari Esteri. Legazioni 1733-1860, b. 1668 Legazioni con la Russia, c. 4, f. 1r-v, lettera di Bizonde
de La Herreria a Tanucci del 20 settembre 1763. Non abbiamo prove documentali del secondo viaggio di Michail Vorontsov a
Napoli.
90 CAPITOLO QUARTO
I fratelli Demidov
325
Nella città di Solikamsk nella Russia centrale. Anche il fratello maggiore di Grigorij, Prokofij Akinfievič Demidov (1710-
1786), fu grande amante della botanica e del giardinaggio ed è considerato fondatore del più grande parco paesaggistico nel
centro storico di Mosca, Neskučnyj sad (Il giardino divertente/curioso).
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 91
La prima fase della loro istruzione si svolse a Revel, dove i Demidov cominciarono a studiare
il tedesco e il latino, prima di trasferirsi a Gottinga per quattro anni. La loro educazione si svolse
presso l’Accademia di Friburgo, la futura Technische Universität Bergakademie Freiberg. In
seguito consolidarono le conoscenze teoriche acquisite, visitando le miniere della Boemia e della
Sassonia e sostando per alcuni mesi a Ginevra. Secondo la consuetudine dell’epoca, la fine degli
studi universitari doveva essere convalidata da un’esperienza di vita “in società” di stampo
europeo.
La spedizione dei Demidov, unica per durata nella storia del Grand Tour russo (1750-1761),
fu accuratamente documentata dai fratelli stessi. Essi referivano tutto al padre, interessato alla
vita occidentale non meno dei propri figli, avendo speso per questa nobile impresa più di 58.000
rubli: una cifra allora esorbitante. Le lettere dei fratelli ai genitori, raccolte insieme in una specie
di diario, sono state pubblicate per la prima volta nel 2006326. Data la giovane età dei viaggiatori
e la natura intima della corrispondenza, i resoconti dei Demidov sono caratterizzati da un lato
da una certa ingenuità e dall’altro da una resa fedele delle loro impressioni, suscitate dalle visite
a vari centri culturali e dai numerosi incontri con figure di spicco dell’Illuminismo europeo.
L’itinerario stabilito dai Demidov prevedeva non solo le tradizionali visite in Italia, Francia,
Olanda, Inghilterra, ma anche Scozia, Svezia e persino Norvegia. Oltre alle consuete visite delle
principali attrazioni, in ogni nuova città i fratelli non si facevano sfuggire l’occasione di dedicarsi
alle loro passioni più forti: la musica, le lingue, le lezioni di scherma, la danza e l’equitazione.
Fecero anche numerose conoscenze con alcuni noti illuministi, tra cui Voltaire, Charles Bonnet
e Jacob Vernet.
In Italia i giovani arrivarono nell’autunno del 1757 e vi rimasero fino all’inizio del 1758327.
Avendo soggiornato a Milano, i fratelli partirono per Padova e da lì, passando per Ferrara, arri-
varono a Bologna, «una città assai adatta alle fabbriche di seta e cristallo»328. L’iniziale interesse
per le botteghe della città si sostituisce nella narrazione con l’apprezzamento del suo patrimonio
artistico:
Abbiamo già visitato tutti i principali palazzi e le chiese e, soprattutto, trovato dei pre-
ziosissimi quadri di Ludovico Carracci, Annibale Carracci, Ercole Graziani e altri. Que-
st’ultimo maestro vive ancora qui e dipinge molto bene, superando tutti gli altri artisti bo-
lognesi329.
Nel centro storico di Verona esaminarono e descrissero con entusiasmo le Arche scaligere; vi-
sitarono il palazzo del marchese Scipione Maffei, «considerato il migliore della città»330, avendo
326
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie brat’ev Demidovych po Evrope. Pis’ma e podnevnye žurnaly 1750-1761 gg., a cura di G.A. POBE-
DIMOVA, S.N. ISKJUL’, Moskva 2006.
327
Ivi, pp. 147-148.
328
Ivi, p. 150. Lettera n.42, 8 novembre 1757 (Bologna). D’ora in avanti la traduzione è a cura di chi scrive.
329
Ibidem.
330
Ivi, p. 154. Lettera n.44, 6 dicembre 1757 (Roma).
92 CAPITOLO QUARTO
acquistato il ritratto dell’erudito veronese che «defunto due anni fa, ha lasciato una grande fama
di sé in tutto il mondo»331. Rimasero piacevolmente colpiti dalle condizioni dell’anfiteatro che,
essendo «costantemente pulito e aggiustato, è quello migliore conservato in tutta l’Italia». E ag-
giunsero: «Abbiamo comprato Mefei Verona illustrata332 in cui c’è una descrizione esaustiva di
questo [anfiteatro]»333. Nella bottega del pittore «Joh. Baptist Ziniaroli»334 videro alcune delle
sue «belle opere»335. Particolarmente attratti dalla pittura, dedicarono una descrizione agli affreschi
della scuola giottesca nella basilica di San Zeno e all’imponente portale bronzeo della chiesa336.
La chiesa rinascimentale di San Giorgio in Braida impressionò i viaggiatori per l’imponente col-
lezione di quadri, tra cui vengono elencati dai fratelli: il Battesimo di Cristo (1576) di Jacopo
Tintoretto, la Moltiplicazione dei pani e dei pesci (1603) di Paolo Farinati e il Martirio di San
Giorgio (1566) di Paolo Veronese, «il dipinto migliore della detta chiesa»337. L’attenzione dei
giovani fu particolarmente attratta da un’altra opera del Veronese nel refettorio dei frati del san-
tuario della Madonna di Monte Berico a Vicenza, la Cena di San Gregorio Magno (1572)338.
Nella Serenissima, avendo visitato la basilica di San Giorgio Maggiore, descrissero le opere di
Jacopo Tintoretto, Jacopo Bassano, Domenico Tintoretto, nonché i Quattro Evangelisti che so-
stengono il mondo e Dio, un grande bronzo collocato sull’altare maggiore eseguito da Girolamo
Campagna su disegno di Antonio Vassilacchi. Il Palazzo Ducale con la ricca decorazione plastica
della facciata e le statue di Marte e Nettuno della Scalinata dei Giganti, nonché il soffitto della
Sala del Maggior Consiglio, decorato dai più illustri pittori dell’epoca, tra cui Veronese, Tintoretto,
Bassano, furono tra le altre “perle” venete che attirarono gli sguardi meravigliati dei viaggiatori339.
Visitarono inoltre la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo e salirono sul campanile di San Marco.
Alla fabbrica di Murano acquistarono alcuni oggetti di cristallo per il padre; esplorato poi l’Ar-
senale, i Demidov dovettero ammettere la superiorità di quelli di Vienna e Dresda340. Descrissero
la cerimonia dello Sposalizio del Mare e il Bucintoro, «per assistere alla quale vennero l’ultima
volta più di 1.400 stranieri»341. Altrettanto ricche sono le menzioni delle visite ai palazzi sul
Canal Grande di Pisani, Barbarigo e Farsetti, le cui sale furono «riempite di copie delle sculture,
bassorilievi, busti antichi romani e fiorentini»; una parte della città considerata all’epoca come
un centro culturale per artisti, intellettuali e turisti. Nell’atelier di Giovanni Battista Talamini,
abile ceroplasta e alchimista molto celebre tra i viaggiatori della metà del XVIII secolo, il quale
331
Ibidem.
332
I quattro volumi di F.S. MAFFEI, Verona illustrata, opera monumentale, dedicata alla storia, agli scrittori e ai monumenti della
sua città: Verona, appunto, Verona 1731-1732.
333
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 154.
334
Probabilmente Giambettino Cignaroli (1706-1770), che, pur non essendosi mai mosso dall’Italia, eseguì numerose commit-
tenze per i regnanti dell’epoca, tra cui anche la zarina di Russia Elisabetta.
335
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 156.
336
Ibidem.
337
Ivi, p. 157.
338
Ivi, p. 159.
339
Ivi, pp. 162-163.
340
Ivi, p. 165
341
Ivi, p. 176.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 93
«non faceva vedere ad alcun straniero come lavorava», ammirarono i fiori in cera e acquistarono
per i genitori qualche piccola ceroplastica a forma di ortaggio342. Un aspetto che fece stupire i
giovani fu l’assenza di acqua potabile a Venezia: «Per bere, raccolgono l’acqua piovana che cade
dai tetti in grandi cisterne, che sono numerose, ma l’acqua ha un sapore pessimo. Portano qui
l’acqua dolce o di pozzo anche in barca»343. Infine, come dopo ogni visita a una città importante,
compilarono un elenco di riferimenti bibliografici su di essa che i loro lettori principali, i genitori,
potessero gradire344.
Una delle tappe più attese dai Demidov fu la capitale del Regno borbonico. I fratelli sognavano
di vedere Napoli non solo per scoprire i reperti che emergevano in continuazione dagli scavi di
Ercolano, ma anche per acquistare composizioni del violoncellista e compositore Salvatore
Lancetti, considerato dai fratelli «uno dei migliori suonatori di basso»345. Grandi appassionati di
musica e abili suonatori di basso e violino, sognavano di visitare il San Carlo. Per raggiungere la
Campania i giovani attraversarono l’Appia, ansiosi di vederla; ma la trovarono «in rovina con
pochissime taverne, talmente povere che in alcune di esse era impossibile procurarsi persino da
mangiare»346. L’arrivo dei fratelli in città segnò il risveglio del Vesuvio, interpretato dai nostri
viaggiatori come segno di «una straordinaria fortuna»347. Passando per una città «ben costruita e
di media grandezza chiamata Capua», i tre arrivarono a Napoli il 15 dicembre 1757.
Dapprima si recarono al Castel Nuovo «con un arco di marmo bianco e un gigantesco
portone di bronzo con bassorilievi di straordinario valore»348. Visitarono la cappella palatina, la
“Santa Barbara”, «non molto grande ma assai bella e con meravigliosi affreschi» rappresentanti le
Storie del Vecchio e Nuovo Testamento eseguite da Giotto e allievi intorno al 1330; un ciclo quasi
interamente perduto. L’Adorazione dei Magi (1519), raffigurante Ferdinando I, Alfonso II e,
anacronisticamente, Carlo V al posto dei re magi, di Marco Cardisco. Una menzione dei
viaggiatori meritò anche la Pietà dello Spagnoletto, «dipinta assai bene»349. I fratelli rimasero
colpiti dalla grandiosa vista che si apriva sulla città e sui suoi dintorni da una grande scala «con
un vuoto dentro», la cosiddetta “scala catalana”350, che portava sul tetto del castello, un punto
strategico per segnalare tempestivamente l’avvicinarsi di un pericolo dal mare:
342
Ivi, p. 169.
343
Ivi, p. 177.
344
Tra queste: D. MARTINELLI, Il ritratto di Venezia, Venezia 1684; G.B. ALBRIZZI, Forestiere illuminato intorno le cose più rare e
curiose, antiche e moderne della città di Venezia e dell’isole circonvicine, Venezia 1740; M. BOSCHINI, Le Minere della pittura,com-
pendiosa informazione... non solo delle pitture publiche di Venezia, ma dell’Isole ancora circonvicine, Venezia 1664. Cfr. A., P., P.,
DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 178.
345
Ivi, p. 149. Lettera n.41, 23 settembre 1757 (Milano). Lancetti studiò violoncello e composizione presso il conservatorio di
Santa Maria di Loreto in Napoli. Dal 1727 fu assunto come violoncellista della cappella Reale di Torino. Dagli anni trenta del
Settecento acquisì fama europea, avendo soggiornato a Parigi e a Londra.
346
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 179. Lettera n.45, 14 marzo 1758 (Bordeaux).
347
Ibidem.
348
Ivi, 179.
349
Ibidem.
350
Si veda sull’argomento Castel Nuovo dalle origini al XIX secolo, in Architettura e città nella storia di Castel Nuovo, a cura di S.
DI LELLO e L. DI MAURO, Napoli 2016, p. 27.
94 CAPITOLO QUARTO
Dal lato del mare di questa cappella c’è un’alta scalinata che corre in cerchio, come nelle
torri rotonde, e non è rinforzata da nulla nel mezzo; ha 164 gradini e offre una vista spetta-
colare sul mare e sulla riva, sui campi e sulle montagne, la maggior parte delle quali è
coperta da case con giardini […]351.
Un altro luogo, la cui bellezza impressionò i giovani, fu la Chiesa del Gesù Nuovo, «dove le
pareti, come le colonne, sono decorate con diversi tipi di marmo a forma di fiori e altre figure,
oltre a magnifici dipinti in gran numero»352. Nella corrispondenza troviamo persino il prezzo
della guglia barocca dell’Immacolata nell’omonima piazza: «In Piazza del Gesù, adiacente alla
suddetta chiesa, si trova una grande colonna a forma di obelisco, squisitamente lavorata in vari
tipi di marmo e decorata con bassorilievi e statue, sopra la quale si erge una statua metallica della
Madonna del valore di 30.000 ducati, pari a 12.000 zecchini»353.
Un altro luogo sacro di Napoli, visitato dai Demidov, fu la Chiesa dei Santi Apostoli, nella
quale i fratelli passarono la Vigilia di Natale del 1757. Il sito religioso – una delle massime
espressioni del barocco napoletano che conserva un ciclo di affreschi con le Storie dei Santi
Apostoli, realizzati tra il 1639 e il 1646 da Giovanni Lanfranco – venne così descritto dai
viaggiatori:
La chiesa de Santi Apostoli che abbiamo visitato è grande e molto bella, ci sono diverse
colonne e altari ricoperti di vero marmo, e la cappella Philinarini (sic)354 ha un altare
decorato con vari quadri a mosaico e marmo, e gli archi e la cupola sono stati dipinti da
Lanfranco. […] Siccome era la Vigilia del Santo Natale, siamo andati la sera alle ore 10
nella chiesa dei Santi Essendo la Vigilia di Natale, alle 22 ci siamo recati nella Chiesa dei
Santi Apostoli per ascoltare della bella musica, che è stata suonata fino alle due del mattino;
in questa occasione abbiamo sentito cantare un certo Cavarelli, che è davvero bravo ed è
considerato uno dei migliori cantanti qui355.
Della Certosa di San Martino, oltre alla vista della città, ammirarono la ricchezza della deco-
razione interna, specialmente dell’altare maggiore in legno dorato e finto marmo di Francesco
Solimena, nonché del pavimento marmoreo di Cosimo Fanzago:
351
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 180.
352
Ivi, p. 182.
353
Ibidem.
354
Si tratta dell’altare Filomarino in marmo bianco dedicato all’Annunziata ed eseguito da Francesco Borromini (1599-1667).
L’opera, commissionata dal cardinale Ascanio Filomarino (1583-1666) e realizzata principalmente a Roma, fu terminata a Napoli
nel 1647.
355
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., pp. 85, 87.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 95
nastero offrono una vista mozzafiato sulla città, sui campi, sul mare, sulla campagna e sul
Vesuvio; è possibile persino distinguere ogni singola casetta356.
Anche la Basilica di San Paolo Maggiore impressionò i viaggiatori con i suoi affreschi di Lan-
franco e Solimena e la cappella di San Gaetano. Il Duomo di San Gennaro, invece, venne
descritto come «un edificio vecchio e poco attraente, sia all’interno che all’esterno, ma di dimen-
sioni impressionanti»357. Tuttavia, i giovani apprezzarono la cappella del santo, «con eccezionali
opere in marmo e busti in argento; gli scaffali contengono la testa e il sangue del santo; si dice
che il sangue inizi a bollire tre volte all’anno e che in quei giorni il miracolo venga mostrato in
chiesa davanti a una grande folla di fedeli»358.
Non sfuggì alla loro attenzione la «splendida e maestosa» chiesa dei Girolamini, tappa obbligata
dei viaggiatori nordeuropei del Gran Tour per la collezione di opere d’arte che vi erano esposte
fin dal 1692. Ricordano le dodici colonne di granito della navata centrale e la sagrestia con «il
migliore quadro di tutta Napoli», ossia l’Incontro tra Gesù e san Giovanni Battista (1620-1625) di
Guido Reni359.
Un luogo di particolare interesse per i Demidov furono le catacombe di San Gennaro, uno
dei più importanti monumenti del Cristianesimo presenti nella città partenopea e risalente al II-
III secolo:
Consistono in grandi e larghissimi passaggi scavati nella roccia [...]. [...] in questi passaggi
ci sono dei repositori (sic) da 5 o 6 piani in cui venivano messi i cadaveri e che poi venivano
coperti con lastre di marmo. Ci hanno mostrato un passaggio molto basso che scende a Poz-
zuoli, in cui ci sono piccole stanze dove vivevano santi e altri cristiani. Si dice che queste ca-
tacombe siano state fatte dai Romani per seppellire i loro compatrioti [...] e durante le perse-
cuzioni cristiane molti di loro vivevano lì in segreto e venivano sepolti sempre lì. I sacerdoti
locali volevano che le persone sepolte in queste catacombe fossero riconosciute come martiri360.
La chiesa di San Giovanni a Carbonara fu descritta dai fratelli come «antica e non particolar-
mente bella, ma con eccezionali bassorilievi e statue di marmo montate sulla tomba di Ladislao
di Napoli [Ladislao di Durazzo]» 361. Nella chiesa di Santa Teresa degli Scalzi, «di medie dimensioni,
luminosa, eccellente e dipinta interamente in bianco»362, apprezzarono l’altare e la cappella di
Santa Teresa d’Ávila.
Un tour del Regno di Napoli non sarebbe stato completo senza una visita ai principali
palazzi della dinastia regnante. La reggia di Capodimonte deliziò i viaggiatori con la sua vasta
356
Ivi, pp. 181-182.
357
Ivi, p. 190.
358
Ivi., p. 186.
359
Ivi, p. 190.
360
Ivi, p. 184.
361
Ibidem.
362
Ivi, p. 185.
96 CAPITOLO QUARTO
Figura 24. Filippo Morghen, Gran tazza d’Agata orientale storiata che esiste nel Museo di S.M.R. in Capodimonte,
A.S.E. Il Sig. Conte di Czernicheff, Generale in capite degli eserciti di S.M. Imp.e di tutte le Russie …, ca. 1765
collezione d’arte. Oltre a citare i nomi degli artisti principali («Raphaelo d’Urbino, Tiziano,
Paolo Veronese, Lodovico Caraci, Hanibal Caraci, Guido Reni, Michel Angelo Buonarotti,
Perniagenino, Tempesta, Lucas Cranach, Albrechto Duro, Albani, Luca Giordano, Corregio»),
i fratelli descrissero al padre la cosiddetta Tazza Farnese (fig. 24), un antico vaso in agata
sardonica dell’età ellenistica:
Oltre a vasi e orologi di grande valore, molti dei quali decorati con pietre preziose, ci
sono circa 25.000 monete e medaglie antiche, 2.000 antichità scolpite in pietre preziose e
soprattutto un oggetto di grande valore che credo sia unico al mondo nel suo genere, ovvero
un antico calice di ½ del piede, ricavato da un unico pezzo di pietra molto costosa e molto
dura, con numerose figure umane incise sul fondo363.
Non poté mancare una visita alla Real Fabbrica Ferdinandea a Capodimonte con la sua por-
cellana «ottima, ma non migliore di quella viennese»364.
363
Ibidem. Sulla Tazza cfr. C. GASPARRI, «La scudella nostra di calcidonio»: una Tazza per molte corti, in Le gemme Farnese, a cura
di ID., Napoli 1994, p. 70.
364
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 187.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 97
I Demidov furono tra i primi viaggiatori stranieri a descrivere un’altra reggia dei Borbone
vale a dire il maestoso Palazzo di Caserta, che Luigi Vanvitelli aveva cominciato a costruire solo
da cinque anni:
Qui abbiamo visto, prima di tutto, il vecchio palazzo reale365, che insieme alle sue stanze
non è notevole per la sua bellezza e decorazione, anche se gli arazzi sono per lo più ad alto
liccio, alcuni sono di seta e velluto. Solo lo studio è decorato con bei ritratti e quadri
miniati. Poi abbiamo visitato il nuovo palazzo, ma solo dall’esterno, perché è in costruzione
solo da cinque anni e non sarà finito presto, perché, a giudicare dai disegni366, sarà un
palazzo enorme e molto bello; è già stato costruito un grande acquedotto367 per la fontana
del giardino. L’architetto di questo castello è il signor Vanvitelli, e si dice che quando il
palazzo sarà finito costerà più di 16 milioni di zecchini368.
Finalmente si avverò il sogno più grande dei fratelli di visitare il San Carlo, di cui apprezzarono
sia la grandezza e lo splendore sia la bravura dei cantanti, menzionando uno dei più famosi
soprani castrati di quegli anni, il fiorentino Giovanni Manzuoli. A entusiasmare ancora di più i
giovani amanti della musica fu la conoscenza del «grande virtuoso del basso» Salvatore Lancetti:
«[…] egli suonò così magnificamente questo strumento come nessun altro musicista che abbiamo
mai sentito in vita nostra»369. Sempre a Napoli, i fratelli fecero visita «ad un’artista francese che
dipinge le prospettive e le vedute della monte Vesuvius (sic) e si chiama Vernet»370. La successiva
tappa fu la biblioteca di Ferdinando Vincenzo Spinelli, principe di Tarsia, famosa per aver
raccolto un circolo intellettuale di ispirazione illuminista, dedito allo studio e alla sperimentazione
della fisica newtoniana e dell’elettricità:
La biblioteca è composta da due sale, i libri sono conservati in armadi di legno intagliato
e dorato, i soffitti di entrambe le sale sono affrescati, la sala principale ha quattro statue di
marmo agli angoli e il centro della sala è occupato da strumenti matematici. In una sala ci
sono ritratti di scienziati e nelle altre attrezzature fisiche371.
365
Dal 1400 fu la residenza principale degli Acquaviva, conti di Caserta. Dopo l’acquisto del feudo da parte di Carlo di Borbone
per la costruzione della reggia nel 1750, il palazzo servì come residenza temporanea per la famiglia reale.
366
Evidentemente si riferiscono alla Dichiarazione dei disegni del Reale Palazzo di Caserta alle Sacre Reale Maestà di Carlo Re delle
Due Sicilie … e di Maria Amalia di Sassonia Regina …, curata da Luigi Vanvitelli e pubblicata nel 1756, un anno prima dell’arrivo
dei Demidov nella capitale del Regno. Si veda anche Immagini per il Grand Tour. L’attività della Stamperia Reale Borbonica,
catalogo della mostra (Roma, Istituto Centrale per la Grafica, 10 dicembre 2015 – 6 marzo 2016), a cura di M.S. NAPPI, Napoli
2015.
367
L’acquedotto Carolino progettato da Luigi Vanvitelli per fornire l’acqua alla reggia di Caserta. Inaugurata nel 1762, l’imponente
costruzione, che preleva l’acqua alle falde del monte Taburno, è lunga 38 chilometri.
368
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 181.
369
Ivi, p. 190.
370
Claude Joseph Vernet (1714-1789).
371
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 190.
98 CAPITOLO QUARTO
Nella visita del Palazzo degli Studi, l’attuale sede del MANN, i fratelli descrissero due “curiosità
esotiche”, tra cui «un elefante impagliato e il suo scheletro»372. Resti di un elefante indiano che
Carlo di Borbone aveva ricevuto nel 1742 dal sultano Maometto V in cambio di lastre di marmo
pregiato. Fin dal suo arrivo, la bestia divenne una attrazione notevole: migliaia di persone si re-
cavano a vederlo, pagando una mancia al soldato che lo custodiva. L’animale veniva portato alle
parate e fu utilizzato anche sulla scena del San Carlo per l’opera del Metastasio Alessandro nel-
l’Indie373. L’animale fu tenuto nella reggia di Portici e sopravvisse fino al 1756, morendo forse
per una scorretta alimentazione. Alla morte ne furono conservati lo scheletro e la pelle, montata
su un supporto metallico, e furono esposti nel Museo Borbonico374.
Tra le altre curiosità napoletane riportate nel resoconto dei fratelli ci sono, ad esempio, oggetti
d’uso quotidiano in tartaruga, spesso decorati con oro e pietre preziose, che si vendevano per
strada in alcuni luoghi della capitale. Una raffinata manifattura napoletana, nota come lavorazione
piqué, risalente alla fine del Seicento e descritta per la prima volta nell’Encyclopédie. Godé
notevole successo non solo nell’epoca tardo-barocca ma anche tra i grand tourists nel corso di
tutto il XVIII secolo375. Ecco come i Demidov descrissero la produzione partenopea, allora al
suo apice:
Siamo giunti nella bottega di un certo Gioanna Dolessio376 che produce vari fiori e altre
figure ornate con oro fatte dalla tartaruga, precisamente: tabacchiere, pomi per i bastoni da
passeggio, cofanetti per rasoi, piccole e grandi borracce, bottoni, tavole di aspide, coltelli,
372
Ivi, p. 185. Sull’argomento si veda: F. SERAO, Descrizione dell’elefante pervenuto in dono dal Gran Sultano alla Regal Corte di
Napoli il primo novembre 1742, Napoli 1742; M. CRISPINO, Un Elefante a Corte, in Un Elefante a corte. Allevamenti, cacce ed eso-
terismi alla Reggia di Caserta, catalogo della mostra (Caserta, Palazzo Reale, dicembre 1992 – febbraio 1993), a cura di ID., Napoli
1992, pp. 107-114. Sulla storia della fondazione del museo, che i Demidov descrissero per primi tra i viaggiatori russi, rimando
a N. BARRELLA, Cultura e potere: Maria Carolina e l’istituzione del “Museo nel Palazzo dei Vecchi Studi”, in Io, la Regina…, cit., pp.
97-119.
373
Opera scritta da Pietro Metastasio nel 1726 e musicata da Leonardo Vinci, fu rappresentata per la prima volta al Teatro delle
Dame a Roma nel 1729.
374
Ancora in vita, il gigante esotico fu più volte raffigurato da alcuni artisti. Così, su ordine del sovrano, Giuseppe Bonito eseguì
un quadro della bestia da essere inviato presso la corte madrilena. Attualmente la tela si trova presso il casino reale di Riofrío, in
provincia di Segovia. L’opera più nota è la tela di Pellegrino Ronchi, eseguita nel 1745 e oggi conservata presso la reggia di Caserta.
375
Tra le botteghe più celebri vi furono quelle di Giuseppe e Gennaro Sarao, Nicolas De Turris e Antonio Laurentis, nominato
orefice di corte nel 1747. La tecnica del piqué consisteva nello scaldare il guscio di tartaruga con acqua bollente e olio di oliva per
ammorbidirlo e potervi incrostare inserti in oro, madreperla e altri materiali di pregio. Il carapace, raffreddandosi e indurendosi,
trattiene gli inserti senza quindi l’uso di colle. Cfr. DIDEROT, Encyclopédie, vol. VII, 1757, p. 517. Si veda inoltre L’arte della tar-
taruga: le opere dei musei napoletani e la donazione Sbriziolo-De Felice, catalogo della mostra (Napoli, Museo Duca di Martina
nella Villa Floridana, 11 dicembre 1994 – 30 april 1995), a cura di L. AMBROSIO e L. ARBACE, Napoli 1994. Si vedano inoltre:
A. GONZÁLEZ-PALACIOS, Le arti decorative e l’arredamento alla corte di Napoli: 1734-1805, in Civiltà del ‘700 a Napoli (1734-
1799), catalogo della mostra (Napoli, Museo e Gallerie nazionali di Capodimonte (pittura, scultura, arti decorative); Napoli,
Palazzo reale (pittura, arazzi); Napoli, Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes (cartografia, scenografia, apparati festivi); Napoli,
Museo nazionale di San Martino (presepi); Napoli, Museo Duca di Martina (maioliche); Caserta, Palazzo reale (architettura),
dicembre 1979 – ottobre 1980), a cura di N. SPINOSA et al, vol. II, Firenze 1980, pp. 86-87; A. KUGEL, Complètement piqué. Le
fol art de l’écaille à la cour de Naples, Paris 2018 (per la versione in inglese: A. KUGEL, Piqué. Gold, Tortoiseshell and Mother-of-
Pearl at the Court of Naples, Milano 2019).
376
Evidentemente Giovanni d’Alessio (?).
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 99
ventagli, ecc.; tutto questo lavoro è eseguito molto bene ed è inoltre economico, vista
l’estrema difficolta di elaborazione. Egli è in grado di fare qualsiasi cosa che gli viene ordinata
in maniera così buona e scrupolosa come si è soliti fare in Francia377.
I fratelli furono tra i primi viaggiatori russi a visitare gli scavi di Ercolano: «Ci hanno portato
negli stretti e lunghi corridoi che somigliano a miniere profonde 125 palmi. In alcuni posti ci
sono dei pezzi di pavimenti in mosaico e alcuni resti delle colonne. Ora ci lavorano 60 persone
che scavano gli oggetti antichi»378. Rimasero stupiti dall’assenza totale di minime tracce di case o
di strade della città antica, tranne i resti «dell’anfiteatro di cui rimasero soltanto alcuni passaggi
tra i posti a sedere, qualche pezzo della pavimentazione a mosaico e i resti delle colonne»379.
Non mancò un riferimento bibliografico, il famoso saggio di Domenico Venuti sugli scavi in
corso, suggerito dai Demidov al padre per farsi un’idea sui ritrovamenti delle antichità in corso380.
Le lettere dei fratelli contengono inoltre una delle prime descrizioni nella letteratura odeporica
russa del famoso Herculanense Museum, definito da Goethe «l’alfa e l’omega di tutte le collezioni
d’arte antica»381 e visitato dai giovani russi un anno prima di Winckelmann382. Recatisi alla
reggia di Portici, che, a partire dagli anni cinquanta del XVIII secolo e fino al primo decennio
del secolo successivo avrebbe ospitato la collezione di antichità costantemente ampliata, i tre co-
nobbero l’archeologo, filosofo, calligrafo e miniaturista abate Antonio Piaggio (1711-1796), il
famoso scolopio di origine genovese a cui si deve l’invenzione della celebre macchina con la
quale fu srotolata la maggior parte dei papiri ercolanesi carbonizzati383. All’arrivo dei russi la de-
corazione interna della reggia non era ancora del tutto completata, come viene appunto testimo-
niato dalle lettere::
377
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 180.
378
Ivi, p. 185.
379
Ibidem.
380
N.M. VENUTI, Descrizione…, cit.; A.F. GORI, Notizie del memorabile scoprimento dell’antica città Ercolano vicina a Napoli del
suo famoso teatro, templi, edifizi, statue, pitture, marmi, scritti e di altri insigni monumenti avute per lettera dei vari celebri letterati
che da se stessi gli hanno veduti, ed osservati dal principio degli scavamenti fatti nel villaggio di Resina fino al corrente anno MCCXLVIII.
Aggiunta la statua equestre di marmo, eretta in onore de M. Nonio Balbo, ed una dissertazione sopra la mensa sacra degli Ercolani
scritta con lettere etrusche, Firenze 1748.
381
J.W. VON GOETHE, Viaggio in Italia: 1786-1788, lettera del 1° giugno 1787 (Napoli), a cura di E. ZANIBONI, Firenze 1959,
p. 350.
382
Cfr. J.J. WINCKELMANN, Sendschreiben von den Herculanischen Entdeckungen: an den Hochgebohrnen Herrn, Herrn Heinrich
Reichsgrafen von Bruehl, Dresden 1762. Sull’argomento si consulti inoltre: S. FERRARI, I viaggi in Campania di Winckelmann
(1758-1767): con particolari inediti alla luce di un nuovo documento, in La Campania e il Grand Tour …, cit., pp. 249-260.
383
Sull’impegno dei Borbone nella decifrazione dei papiri ercolanesi si veda M. CAPASSO, Carlo di Borbone per i papiri ercolanesi,
in Le vite di Carlo di Borbone…, cit., pp. 299-308.
100 CAPITOLO QUARTO
tutte le stanze sono affrescati; il colore e il tessuto dei baldacchini e dei copriletto sono gli
stessi delle pareti. La tappezzeria dei mobili è varia, in particolare: seta, mezza seta e calicò,
anch’essi decorati con varie immagini e ritratti. I tavoli sono tutti di diversi tipi di marmo,
solo un grande tavolo è fatto di pezzi di lava del Vesuvio. In alcune stanze sono presenti
diversi busti e piccoli dipinti, anch’essi provenienti da Ercolano, doppi ritratti della famiglia
reale regnante. I pavimenti di due o tre stanze sono ricoperti da antichi mosaici, anch’essi
rinvenuti a Ercolano384.
Nel Museo, «una galleria ancora in fase di preparazione per la collocazione delle statue
ritrovate durante gli scavi di Ercolano», vi erano «più di venti colonne di vecchio marmo verde
che una volta facevano parte di un tempio antico» e «più di mille affreschi che rappresentano
varie storie pagane, persone e bestie, la maggior parte dei quali fu eseguita molto bene, soprattutto
un Hercules, Achilles con centauro (sic), ecc.»385. Divenne il posto preferito dei fratelli nel Regno
e vi tornarono più volte durante il loro breve soggiorno, cercando in tutti i modi di acquisire il
catalogo degli oggetti provenienti dagli scavi:
Sebbene questo museo non sia ancora completamente allestito386, credo che non esista
nulla di simile al mondo. È un peccato che non ci sia modo di ottenerne una buona descri-
zione di esso, anche se non molto tempo fa il Re ha ordinato di pubblicare un simile
volume, di cui sono state già stampate le prime copie; ma ora sono tutte conservate nella bi-
blioteca reale e vengono regalate solo ai personaggi importanti in occasioni speciali. Il titolo
del volume è Catalogo degli Antichi Monumenti Dissotterrati della Discoperta Città de Ercolano
Composto e steso da Monsignor Ottavio Antonio Bagardi (sic)387. Ci è stato detto che a breve
deve uscire un altro tomo su Le Pitture antiche388.
Desiderosi di trasmettere l’impressione provocata dalle ricchezze che ammirarono nel Museum,
i Demidov dedicarono pagine intere delle loro lettere alla descrizione scrupolosa persino del
contenuto degli scaffali: statue, statuette, busti di bronzo e di marmo di Ercole, Venere, Mercurio,
Epicuro, Demostene, Tiberio; vasi sacrificali, affreschi, candelabri, lampade, calamai, articoli di
uso quotidiano, tra cui utensili da cucina e persino alcuni prodotti come pane, farina, fichi («sol-
tanto leggermente carbonizzati e che sembravano, però, tutt’ora freschi»389). Reti da pesca, ganci,
384
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., pp. 180-181.
385
Ibidem.
386
Sulla ricostruzione dell’allestimento del cortile, del vestibolo e delle stanze del Museo nella seconda metà del XVIII secolo cfr.
A. ALLORGGEN-BEDEL, H. KAMMERER-GROTHAUS, Il Museo Ercolanese di Portici, in La Villa dei Papiri. Secondo supplemento a
“Cronache Ercolanesi”, 13, 1983, pp. 83-128.
387
A.O. BAIARDI, Catalogo degli antichi monumenti dissotterrati dalla discoperta città di Ercolano per ordine della maestà di Carlo
re delle Due Sicilie e di Gierusalemme (sic.), infante di Spagna, duca di Parma, e di Piacenza, gran principe ereditario di Toscana,
composto e steso da monsignor Ottavio Antonio Bayardi protonotario apostolico, referendario dell’una e dell’altra segnatura e consultore
de’ sacri riti, Napoli 1755.
388
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 187. Il volume sarebbe stato stampato a Napoli nel 1762 sotto il titolo Le pitture
antiche d’Ercolano e contorni incise con qualche spiegazione.
389
Ivi, p. 188.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 101
medicine, cosmetici, armi, strumenti per misurare e bulle390; monete d’oro, d’argento e di rame,
cammei, una sella curulis e più di 800 rotoli carbonizzati, «due soltanto dei quali sono stati letti
per ora, uno sull’eloquenza e l’altro in lode o rimprovero della musica»391.
Una testimonianza significativa racconta di una visita di Pozzuoli. Scrissero della Crypta Nea-
politana, dove andarono in una giornata particolarmente piovosa. Essendo un posto abbastanza
buio, non permise loro di osservare a fondo «alcune cose, degne di nota»392. Videro il macellum,
l’anfiteatro Flavio, dove «furono imprigionati San Gennaro e San Procolo» e il Santuario di San
Gennaro alla Solfatara, dove venne loro mostrata «la pietra sulla quale il santo e i suoi compagni
furono decapitati per il martirio»393. Trovandosi sul luogo, i tre futuri ingegneri minerari non
poterono fare a meno di esaminare le reazioni chimiche del suolo della Solfatara. Seguendo le
orme di altri turisti dell’epoca, visitarono poi la Grotta del Cane e il lago di Agnano, dove,
secondo i fratelli, «il re alleva una grande quantità di anatre selvatiche per la caccia»394.
La parte finale della corrispondenza rappresenta un vademecum con delle informazioni
essenziali sul Regno di Napoli, contenente la descrizione delle monete in uso, dei tipi di vino
locale, tra i quali spiccavano il moscato, «il cosiddetto Vino greco» e il Lacryma Cristi395:
Nonostante i giudizi lusinghieri sulla bellezza della città e sulle sue ricchezze artistiche e ar-
chitettoniche, l’impressione generale provocata sui fratelli dagli abitanti di Napoli fu tutt’altro
390
Gli amuleti che gli antichi romani facevano indossare a ogni figlio maschio trascorsi nove giorni dalla nascita.
391
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 189. L’interesse dei fratelli per musei, come quello di Portici, avrebbe trovato la
propria riflessione in quel contributo inestimabile che i Demidov apportarono alla divulgazione delle scienze naturali in Russia.
Così, Pavel divenne un famoso naturalista che avrebbe donato all’Università di Mosca il suo gabinetto di storia naturale, che
comprendeva, fra l’altro, una magnifica biblioteca con una delle più ricche e rare raccolte di volumi latini, una collezione numi-
smatica e un’ampia collezione composta dai tre regni della natura.
392
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., pp. 182-183.
393
Ivi, p. 183.
394
Ibidem.
395
Ivi, p. 191.
396
Ivi, p. 190.
102 CAPITOLO QUARTO
che positiva: pur riconoscendo loro l’innegabile «melodicità», i Demidov caratterizzano i napoletani
come un popolo «molto cattivo e malvagio», che «ha poco rispetto nei confronti del proprio so-
vrano e che odia i francesi e gli spagnoli»397.
La familiarità dei Demidov con la storia e l’arte di Napoli ci fa comprendere che i decenni di
inerzia caratterizzanti relazioni russo-napoletane nella prima metà del XVIII secolo non avevano
significato affatto una rottura dei contatti culturali con il Regno borbonico: i giovani sapevano
esattamente dove andare, cosa vedere e chi incontrare. Questa ipotesi è suffragata dal gran
numero di aristocratici russi citati dai Demidov, incontrati durante i loro viaggi sia nel Regno di
Napoli che negli altri Stati italiani. Così da Roma scrivono: «Si dice che tra otto giorni si
aspettano qui il principe Golitsyn con la moglie398, e il signore Veselovskij399 che poco tempo fa
è stato qui ora si trova a Napoli»400. Sempre nell’Urbe i fratelli presero qualche ora di lezione di
pittura da «un servitore» del barone Aleksandr Stroganov401 che questi aveva lasciato nella capitale
pontificia per studiare la pittura qualche anno prima durante il suo Grand Tour402. Da Venezia
riferivano al padre: «Tornati a casa abbiamo saputo che in nostra assenza era venuto a trovarci il
principe Belozel’skij403 che adesso è partito per Milano»404. Infine: «Essendo tornati a casa,
abbiamo fatto la visita al principe Khovanskij [...]»405.
Nikita Demidov
Un altro rappresentante della famiglia Demidov è legato alla storia del Grand Tour in Italia:
Nikita Akinfievič Demidov (1724-1789) (fig. 25). Uno dei più ricchi industriali dell’epoca,
noto mecenate e appassionato d’arte e di scienze, corrispondente di Voltaire. Nel 1779 instituì,
presso l’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo, un premio per formare giovani talenti nel
campo della “meccanica”. Spese grosse somme di danaro per aiutare giovani talenti indigenti.
Tra questi vi furono molti artisti ex servi della gleba, come lo scultore Fedot Ivanovič Šubin
397
Ibidem.
398
Il principe Dmitrij Michajlovič Golitsyn (1721-1793), che per più di trent’anni prestò servizio diplomatico presso la corte di
Vienna, e sua moglie Ekaterina Dmitrievna Kantemir (1720-1761). La coppia partì per un viaggio in Europa nel 1757. Il principe
sarebbe diventato uno dei primi collezionisti russi di Correggio, Raffaello, Andrea del Sarto, Tiziano, Parmigianino, Rubens,
Giulio Romano e van Dyck.
399
Dal 1707 al 1711 Fёdor Pavlovič Veselovskij (1690-1762) fu l’ambasciatore russo a Roma, dal 1711 al 1716 lavorò come se-
gretario dell’ambasciata russa a Copenaghen, nel 1717 divenne residente russo a Londra, dal 1720 fu il segretario dell’ambasciata
russa in Danimarca. Fece ritorno in patria nel 1744 e compì un viaggio in Europa nel 1756-1760.
400
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 152. Lettera n.43, 30 novembre 1757 (Roma).
401
Il conte Aleksandr Sergeevič Stroganov (1733-1811), uno dei più grandi proprietari terrieri russi, noto collezionista e mecenate,
nonché presidente dell’Accademia Imperiale di Belle Arti (1800-1811).
402
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 151.
403
Evidentemente si tratta del principe Andrej Michajlovič Belosel’skij (1735-1776), ambasciatore russo in Sassonia nel
1766-1776.
404
A., P., P., DEMIDOV, Putešestvie…, cit., p. 167. Lettera n.44, 6 dicembre 1757 (Roma).
405
Ivi, p. 168.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 103
Figura 25. Fëdor Stepanovič Rokotov, Ritratto di Nikita Akinfievič Demidov, ca.
1765. Perm’, Galleria d’arte statale
(1740-1805) che, grazie al sostegno del suo mecenate, si formò a Parigi con Jean-Baptiste Pigalle
e a Roma con Joseph Nollekens (1727-1823)406.
Al contrario dei suoi nipoti407, i fratelli Demidov citati poc’anzi, il motivo che spinse il qua-
rantaseienne Nikita a intraprendere un viaggio in Europa nel 1771-1773 fu la cagionevole salute
della sua terza moglie, Aleksandra (1745-1778) (fig. 26).
406
Dove l’ultimo, grazie al sostegno economico della Society for the Encouragement of Arts, Manufactures and Commerce, la-
vorava come antiquario, restauratore e scultore-copista negli anni 1760-1770.
407
Aleksandr, Pavel e Pёtr Demidov erano figli di suo fratello maggiore Grigorij.
104 CAPITOLO QUARTO
Figura 26. Pompeo Batoni, Ritratto di Aleksandra Demidova, prima metà degli
anni ’70 del XVIII sec., collezione privata
Demidov scrisse il suo resoconto con l’intenzione di pubblicarlo al rientro in patria408. Dopo
un’attenta revisione, le sue memorie vennero stampate nel 1786 con il titolo Diario di viaggio
per gli Stati stranieri della sua altezza, il signor consigliere di stato Nikita Akinfievič Demidov409.
408
E. PIROGOVA, Il diario di viaggio di Nikita Demidov pubblicato nel 1786: storia della sua diffusione, in I Demidov fra Russia e
Italia. Gusto e prestigio di una grande famiglia in Europa dal XVIII al XX secolo, a cura di L. TONINI, Firenze 2013, pp. 17-32.
409
N.A. DEMIDOV, Žurnal putešestvija ego vysokorodija gospodina statskogo sovetnika i ordena svjatogo Stanislava kavalera Nikity
Akinfieviča Demidova. Po inostrannym gosudarstvam s načala vyezda ego iz Sankt-Peterburga 17 marta 1771 goda po vozvrašenie v
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 105
Il resoconto narra ogni giorno della permanenza della coppia in Europa, dalla loro partenza da
San Pietroburgo il 17 marzo 1771 fino al ritorno nel novembre 1773. Oltre a essere un’utile
fonte sull’immagine del Regno di Napoli, creatasi tra i viaggiatori russi della seconda metà del
XVIII secolo, il diario è di particolare interesse per la storia dell’arte. Nikita era solito, come le
maggior parte dei suoi compatrioti colti, investire grandi somme nell’acquisto di opere d’arte,
cercando costantemente di arricchire le sue vaste collezioni storico-artistiche e naturalistiche. Se-
guendo la tradizione del Grand Tour, Demidov visitò importanti centri scientifici, osservatori,
aste, botteghe di artigiani locali, ospedali, giardini botanici e atelier di noti artisti. La sua testi-
monianza ricostruisce l’itinerario classico dei viaggiatori russi dell’epoca: dalla Prussia e dalla
Confederazione polacco-lituana si entrava nella Germania, meta di giovani nobili facoltosi, aspi-
ranti a diventare funzionari statali di alto rango dopo la formazione in una delle migliori
università locali. Da lì si scendeva in Olanda, patria della scienza e del progresso tecnico; il
punto cruciale del viaggio culturale nell’Età dei Lumi era il soggiorno nella capitale francese,
centro del pensiero politico e filosofico e punto di ritrovo di personalità di spicco, la cui
conoscenza personale fu l’obiettivo più ambito di molti aristocratici russi. Dalla Francia si
giungeva in Inghilterra, esempio di amministrazione del governo; l’ultima tappa era la visita del
Bel Paese, la patria delle Arti. Il Regno di Napoli, come abbiamo visto in precedenza e vedremo
in seguito, era ormai diventato un soggiorno obbligato per questo pellegrinaggio culturale.
La prima città italiana descritta nel diario del Demidov è Torino, dove tra le principali
attrazioni i viaggiatori menzionano l’Università, fondata nei primi del Quattrocento, la Real
Chiesa di San Lorenzo, adiacente alla piazza Castello, dove la coppia ebbe modo di assistere alla
messa di Natale in presenza di tutta la famiglia reale410 e di ascoltare «i famosi in Italia musicisti
Farinelli e Somis»411. Nello sfarzoso Teatro Regio, «meritevolmente l’oggetto della meraviglia de’
Forestieri»412, assistettero al canto della «Bastardella»413, «la cui voce altissima assomigliava al
canto gentile di un uccello»414. A Milano i viaggiatori rimasero stupiti dalla grandezza del
Duomo, che «secondo gli abitanti del luogo, conta più di quattromila statue sia all’interno che
all’esterno»415. Tra le altre attrazioni degne di visita vi fu la biblioteca pubblica Ambrosiana che,
situata all’interno dell’omonimo palazzo, conserva «la cronaca di Giuseppe»416 e dove «chiunque
può consultare liberamente i libri, come a Parigi»417. Ecco quanto l’autore riferiva sui milanesi:
«La gente del posto è considerata onesta, gentile e molto più laboriosa degli altri italiani. L’ari-
stocrazia è molto educata e cortese, soprattutto con gli stranieri»418.
Passando per Piacenza, la coppia arrivò a Parma e descrisse il vecchio Teatro Ducale risalente
al 1689, che sarebbe stato sostituito da quello Regio nel 1829. Da lì i due giunsero a Urbino, «in
cui nacque il grande Raffaello», e si stabilirono per qualche giorno a Bologna, «città non molto
ricca e con poca gente»419. Nella navata sinistra della basilica di San Petronio ai viaggiatori venne
mostrata la Meridiana dell’astronomo Gian Domenico Cassini, chiamata impropriamente nel
diario «l’orologio solare»420. Nell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna la coppia
ammirò le opere ceroplastiche dell’apparato riproduttivo femminile dell’anatomista e scultrice
Anna Morandi Manzolini (1714-1774):
L’istituto di Bologna ha una sala maternità che è la cosa più straordinaria in tutta Europa:
un professore di chirurgia, abile nell’arte dell’anatomia, eseguì dei disegni per insegnare ai
suoi studenti e alle levatrici i modi più convenienti per assistere al parto; e la signora Anna
Manzolina (sic), seguendo questi disegni, ha fatto degli eccellenti modelli in cera [...]421.
Giunti a Firenze, oltre ai numerosi pezzi della Galleria degli Uffizi, tra cui la cosiddetta
Madonna della Seggiola (1513-1514) di Raffaello («gli occhi del bambino sono rappresentati in
modo tale che, da qualsiasi parte si guardi, lo sguardo sembra seguirci […] e l’intera opera è rea-
lizzata in modo tale che è impossibile immaginare un disegno migliore»422), Demidov menziona
la cosiddetta “cera della peste”:
Uno studio realizzato con un’abilissima lavorazione della cera, dipinta e imitata in modo
vivido dalla natura, è sorprendente. Ci sono persone di ogni età i cui corpi sembrano ini-
zialmente intatti, poi cominciano a deteriorarsi; alcuni hanno vermi, altri sono completamente
decomposti, e infine si scoprono gli scheletri. Tutto è rappresentato in modo così fedele che
quasi non si capisce come l’uomo abbia potuto portare a tale perfezione questa terribile e
toccante disgrazia. È un’opera magnifica di Gaetano Zumma (sic)423.
Facendo delle brevissime soste a Siena e a Viterbo, i due arrivarono nella città papale, dove si
stabilirono per un mese nei pressi di Piazza di Spagna, quartiere prediletto oramai da tempo dai
viaggiatori più facoltosi424. La conoscenza dell’Urbe cominciò dalle visite di numerose chiese e
418
Ibidem.
419
Ibidem.
420
Ivi, p. 121.
421
Ibidem. Caterina II chiamò più volte la nota anatomista in Russia, ma ella non volle lasciare la sua città natale.
422
N.A. DEMIDOV, Žurnal…, cit., p. 126.
423
Cfr. N.A. DEMIDOV, Žurnal…, cit., p. 125. Si tratta di Gaetano Giulio Zumbo (1656-1701), ceroplasta siracusano.
424
Sugli acquisti di opere d’arte a Roma effettuate da Demidov si veda L. TONINI, Nikolaj N. Demidoff e Ignazio Vescovali: mercato
d’arte e committenti russi a Roma (fine XVIII – inizio XIX sec.), in Dalla Russia in Italia. Intellettuali e artisti a Roma (XVIII e XIX
secolo) («Europa Orientalis», vol. 24), a cura di S. ANDROSOV, T. MUSATOVA, A. D’AMELIA, R. GIULIANI, Salerno 2015, pp. 57-
71.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 107
basiliche, tra cui la prima fu quella di San Pietro in Vaticano. Una parte dell’ampissima descrizione
è dedicata alla Pietà di Michelangelo, «considerata chef-d’œuvre o il primo frutto del talento di
questo grande artista»425. Demidov menziona la collezione statuaria del cortile del Belvedere:
Con il rammarico che «per descrivere attentamente le antichità locali bisogna viverci almeno
un anno»427, il 20 febbraio del 1773 la coppia giunse a Napoli. Alloggiarono «sulla riva del mare
in Crocelle, nella locanda migliore»428, ovvero nel famoso Albergo delle Crocelle429. La lussuosa
dimora settecentesca situata in via Chiatamone 55, in uno dei posti più pittoreschi del lungomare
partenopeo, sarebbe diventata un vero e proprio “luogo di delizie” per l’aristocrazia locale e per
i viaggiatori illustri del XVIII-XIX secolo, tra cui Giacomo Casanova e Angelika Kauffmann430.
La prima impressione sulla città dovette essere provocata anche dalla posizione mozzafiato di
questa sistemazione temporanea della coppia:
Non si può immaginare nulla di più bello e straordinario della città di Napoli, da qua-
lunque luogo la si guardi […]. La semicirconferenza della sua baia è da un lato ornata dalle
eleganti case del Monte Posillipo, dall’altro lato della riva l’intero spazio è occupato da case
di paese fino alla reggia di intrattenimento chiamata Portici, oltre la quale si erge il Vesuvio,
che emette incessantemente fumo e talvolta sputa fiamme e lava, scorrendo per sei miglia
come un fiume di fuoco misto a grandi blocchi di pomice e a un ruscello bruciato; il
ruscello raffreddato viene utilizzato dagli abitanti del luogo per pavimentare le strade.
Ercolano e Pompei sono vicine, sullo stesso lato, e dall’altro lato c’è la meravigliosa Grotta
del Monte di Pausilippe, la tomba di Virgilio, il fuoco della Solfatara, la Grotta del Cane -
in breve, tutto ciò che circonda il Golfo di Napoli è ammirevole. Tuttavia, è preferibile
guardarlo dall’alto della Certosa431 eretta sulla cima del Monte Posillipo432.
Tra le «cose più sorprendenti di Napoli» Demidov annovera lo splendore della decorazione
barocca delle numerose chiese partenopee:
425
N.A. DEMIDOV, Žurnal…, cit., p. 137.
426
Ivi, p. 140.
427
Ivi, p. 160.
428
Ivi, p. 165.
429
Cfr. C. CELANO, Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, vol. IV, a cura di G.B. CHIARINI, Napoli 1859,
p. 510.
430
Sulla storia del palazzo si vedano: C. KNIGHT, Il casino del Chiatamone, in «Napoli nobilissima», vol. XXV, Napoli 1986, pp.
16-27; Il Casino di Chiatamone, in ID., Sulle orme del Grand Tour. Uomini, luoghi, società del Regno di Napoli, Napoli 1995, pp.
249-263.
431
La certosa di San Martino.
432
N.A. DEMIDOV, Žurnal…, cit., p. 167.
108 CAPITOLO QUARTO
E se volete conoscere i veri tesori della città, dovete vedere le chiese locali, i loro ingressi,
gli altari, le cappelle, le tombe, i dipinti rari ed eccezionali, gli intagli, l’infinita varietà di
vasi d’oro e d’argento, le navate e le pareti elaborate con i più bei marmi e bassorilievi.
Diaspri, porfidi e mosaici di ogni tipo sono ovunque e più chiese si vedono, più si rimane
stupiti433.
Una delle prime giornate fu dedicata alla visita della Certosa di San Martino:
È ricca di oggetti splendidi e rarissimi. Nella chiesa, pur non essendo enorme, non c’è
un angolo che non sia degno di attenzione. Al centro del chiostro c’è uno spazio chiuso da
una balaustra quadrangolare di marmo bianco dove vengono sepolti i monaci, al posto
delle solite decorazioni ci sono teschi di marmo con la scritta Memento mori, cioè “ricorda
la morte”. Questo monastero si distingue per la straordinaria ospitalità dei monaci; infatti,
siamo stati invitati a pranzo434.
Dell’«edificio più bello di tutta la città», il Palazzo Reale, i Demidov apprezzarono in particolare
la Sala del Trono «con i ritratti di tutti i sovrani di Napoli dal 1500»435. Oltre alle ricche
decorazioni delle camere da letto, agli specchi con capitelli e colonne dorate e alle porcellane
della Sassonia, nella residenza reale si trovavano «magnifici tavoli fatti di agate elaborate e altre
pietre preziose, simili a quelli che abbiamo visto a Firenze»436. Dirigendosi verso il porto, i
Demidov rimasero colpiti dalla «grande statua di marmo» del cosiddetto Gigante di Palazzo437.
Lasciarono poi una descrizione della fontana del Gigante «decorata con delle statue»438 sulla
piazza Largo del Palazzo, l’attuale piazza del Plebiscito. Tra le altre curiosità di Napoli scoperte
dai viaggiatori vi fu la «freschissima» acqua delle fontane di Napoli, tra cui Fonseca (ossia del Se-
beto), Nola (la fontana di Santa Lucia) e la fontana Medina (del Nettuno), «le cui sorgenti si tro-
vano nelle vicinanze del Vesuvio»439. Durante una delle gite per la città, Nikita Demidov visitò
la bottega di Pierre-Jacques Volaire, le cui opere con l’immancabile vulcano inquieto sullo sfondo
erano ben note ai numerosi turisti440. Demidov, colpito dalla bravura del pittore, comprò un
quadro con «l’immagine della fuoriuscita di lava, che finora si trova nella sua casa»441.
433
Ivi, pp. 180-181.
434
Ivi, p. 181.
435
Ivi, p. 168.
436
Ivi, p. 169. Si riferisce alla produzione dell’Opificio delle pietre dure di Firenze.
437
Un imponente busto di Giove rinvenuto a Cuma e risalente al I-II secolo d.C. che fu portato a Napoli nel 1668 dal viceré
don Pedro Antonio D’Aragona.
438
La fontana dell’Immacolatella, ricollocata successivamente in via Partenope, dove si trova oggi. Siccome al busto vennero ag-
giunte braccia e gambe, Demidov parla appunto della “statua”.
439
N.A. DEMIDOV, Žurnal…, cit., p. 180.
440
«L’atelier di Volaire era una meta obbligata per i viaggiatori. Lì si poteva commissionare un dipinto ex novo oppure scegliere
una delle molte tele già quasi ultimate appesa alle pareti, in cui era possibile inserire, in qualche modo personalizzandole, delle
figurine in cui i committenti potevano riconoscersi e che comunque aggiungevano elementi folcloristici e un carattere aneddotico
a queste mirabolanti macchine pittoriche giocate tra realtà, fantasia e grandiosità». Cfr. F. LEONE, Nei bagliori del Vesuvio, in
Grand Tour. Sogno d’Italia …, cit., pp. 117-126, in particolare p. 118.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 109
Più ci avvicinavamo alla montagna, più notavamo depositi di zolfo e bitume che ne
uscivano. Giunti ai piedi della montagna, scendemmo dai muli e, afferrando ciascuno la
corda dei nostri due compagni, iniziammo la salita con grande difficoltà. Il signor Shubin e
il suo amico, desiderosi di soddisfare la loro curiosità, avevano la ferma intenzione di salire
fino al cratere. Non potete immaginare quanto sia stata faticosa questa ascesa; sprofondavamo
quasi fino alle ginocchia nella sabbia fine simile alla cenere. Spesso, invece di salire, scivola-
vamo giù. Ma anche se eravamo esausti, non potevamo fare a meno di ammirare, guardando
dall’alto della montagna, l’abisso che avvolgeva la città. [...] Più salivamo e più ci avvicinavamo
al punto più alto della montagna, più cominciavamo a soffrire per il denso e pesante fumo
sulfureo che usciva dal cratere. Quando raggiungemmo la cima fummo improvvisamente
assordati da un terribile boato, simile a un tuono, che corrispondeva allo sparo di molti
cannoni, dai quali erompevano di minuto in minuto enormi fiamme e fumo, presentando
uno spettacolo terribile e molto spaventoso. [...] Camminando su questo terreno, sentivamo
le nostre scarpe attaccarsi alla superficie, il che ci faceva provare una paura indescrivibile
[...]. Ci sono volute tre ore per salire sulla montagna e otto minuti per scendere, e tutto ciò
che avevamo in metallo, come bottoni, catene e fibbie d’acciaio, si è talmente appannato a
causa dei fumi sulfurei da non essere più utilizzabile442.
Questa spaziosa residenza sul mare è molto ben costruita. Vanta un imponente castello
con due squisite statue equestri in marmo bianco trovate a Ercolano444. Le pareti di una delle
stanze, al posto della carta da parati, sono rivestite di gres porcellanato e il pavimento può
essere considerato una vera rarità, poiché è ricoperto da pezzi del mosaico originale di Erco-
lano445. In pochi luoghi al mondo si può ammirare una tale abbondanza di statue, bassorilievi,
vasi preziosi e altre antichità. Ci sono anche due magnifici tavoli antichi quadrangolari in
verde antico. All’ingresso del cortile, sulle scale, si possono vedere dodici statue femminili in
441
N.A. DEMIDOV, Žurnal…, cit., p. 170.
442
Ivi, pp. 173-174.
443
Ibidem.
444
Ivi. Le due statue equestri dedicate a Marco Nonio Balbo.
445
Si riferisce all’antichissima tecnica nota come opus sectile che prevedeva l’utilizzo di marmi tagliati per realizzare pavimentazione
a intarsio.
110 CAPITOLO QUARTO
marmo, tutte vestite, tra cui una Vestale di splendida fattura. Vi è un gran numero di statue
di bronzo, tutte straordinariamente belle; una di esse, raffigurante un Mercurio seduto446,
merita una menzione speciale. Tutte le sale sono ricoperte da antichi mosaici ritrovati a Er-
colano, che sono stati trasportati qui in piccoli pezzi di 4-5 piedi ciascuno447.
446
L’Hermes in riposo, una scultura in bronzo di epoca romana risalente al 79 d.C. e rinvenuta nel 1758 presso la villa dei Papiri,
oggi conservata presso il Museo Archeologico di Napoli. Cfr. scheda n. 21 Statua di Hermes, in La Villa dei papiri, a cura di V.
MOESCH, Verona 2009, p. 56.
447
N.A. DEMIDOV, Žurnal…, cit., p. 172.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 111
Questa città è ricoperta di cenere della stessa qualità di Ercolano, solo che qui è molto
meno: solo pochi metri sopra gli edifici. Per questo motivo la città è così facile da scavare.
Giardini, vigneti e alberi crescono sulla superficie di Pompei: avendo acquistato queste
terre a un prezzo ragionevole, il re scopre gradualmente la città. E poiché il numero di
operai assunti per farlo è esiguo, finora è stata scoperta solo una piccola area. Tuttavia,
sono state scavate un’intera strada, una porta della città e alcune tombe fuori dalla città.
A 200 sažen’449 di distanza sono stati trovati un teatro e un piccolo tempio senza tetto. Le
sue colonne in mattoni sono decorate con affreschi che sono stati rimossi e donati al
Museo Reale. La scala che conduce a questo tempio in marmo bianco è molto stretta450.
Questa montagna color cenere è asciutta, da secoli viene bruciata dal suo stesso fuoco;
perciò, sotto di essa c’è solo un vuoto. Infatti, provammo a colpire la terra in alcuni
luoghi con una pietra e sentimmo un’eco sorda che risuonava nelle viscere della montagna
[…] il grande numero delle rovine di Pozzuoli dà una chiara idea del suo passato splen-
dore453.
Passando per la Grotta della Sibilla cumana, notarono degli «ancora distinguibili» resti di
mosaici murali. Nelle Stufe di Nerone riuscirono a stare poco più di un minuto e ne uscirono
tutti sudati: «[...] l’acqua qui è così calda che le uova, che la nostra guida ci ha consigliato di
portare da casa in un fazzoletto, hanno bollito in un batter d’occhio»454.
Tornati a Napoli, i due aristocratici conducevano un’attiva vita sociale. Come anche i loro
predecessori, la coppia aveva portato con sé numerose lettere di raccomandazione, indirizzate
«alle principesse Belmonti455, Santacroce, Ferolite456, Francovilla457, al signore Tilney458 e a
tutti gli altri del posto» i quali, a loro volta, «ci fecero delle visite con molto affetto e semplicità,
al contrario delle usanze di alcuni altri posti»459. I russi passarono alcune serate nella casa del
marchese Brancaccio e in quella di Sir William Hamilton, «grande cacciatore di antichità e
cose curiose», e molti altri rappresentanti dell’alta società locale. Un evento interessante
accadde ai viaggiatori durante una delle visite di cortesia a casa di Lord Tilney a Posillipo:
Intorno a mezzanotte di quella sera si fece un gran vento e alla fine, durante un gioco
di carte, un fulmine colpì la casa del signor Tilney, nella quale c’era un’intera assemblea
di ospiti, sia russi che stranieri. All’improvviso nella parte anteriore della sala apparve una
palla di fuoco che passò attraverso le stanze, sopra le teste di tutti gli ospiti, a molti dei
quali a malapena non tolse il respiro. Tuttavia, per fortuna, la palla non causò alcun
danno notevole, tranne un grande terrore […] inoltre, scrostò tutta la doratura dagli
452
Ivi, pp. 177-178.
453
Ibidem.
454
Ivi, p. 179.
455
Evidentemente, si tratta della VI principessa di Montacuto e moglie di Antonio Francesco Pignatelli, VII principe di Belmonte
e VIII duca d’Acerno, Chiara Spinelli di Belmonte (1744-1823). Ella fu amante di Ferdinando IV e istruttrice della giovane
Maria Carolina d’Asburgo Lorena, nonché una modesta artista (il suo olio intitolato Cupido (1783) è conservato presso i depositi
della reggia di Caserta). La nobile fu inoltre membro dell’Accademia dell’Arcadia e partecipò attivamente alla rivoluzione napo-
letana del 1799.
456
Vincenza Maria d’Aquino Pico (1734-1799), principessa di Feroleto. Fu membro della loggia “Saint Jean du secretet de la parfaite
amicitié”. Cfr. R. DI CASTIGLIONE, La massoneria nelle Due Sicilie e i «fratelli» meridionali del ‘700, vol. II, Napoli 2008, p. 288.
457
Probabilmente si tratta della pronipote di Paolo V, Eleonora Borghese, moglie del famoso mecenate e benefattore Michele
Imperiali Junior (1719-1782), IV principe di Francavilla e VII marchese di Oria.
458
Aristocratico inglese, membro del Parlamento, John Tylney, 2˚ Conte Tylney (1712-1784), fu figlio del politico inglese Richard
Child. A causa di uno scandalo legato ai gusti omosessuali dell’aristocratico, il conte dovette trasferirsi in Italia. Morì a Napoli
nel 1784. Cfr. C. KNIGHT, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, Napoli 2003, p. 91.
459
N.A. DEMIDOV, Žurnal…, pp.165-166.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 113
specchi, soffitti e paralumi e la scaricò sugli ospiti, i quali la portarono a casa sui vestiti460.
La principessa Daškova
Tra i diari di viaggio dei grand tourists russi in Italia nella seconda metà del Settecento destinati
alla stampa, oltre alla testimonianza appena ricordata di Nikita Demidov, spiccano le Memorie463
460
Ivi, pp. 179-180.
461
Ivi, p. 182.
462
Sulla dinastia dei Demidov e sulla storia della loro collezione artistica si veda I Demidoff fra Russia e Italia…, cit. Si vedano
inoltre: I Demidoff a Firenze e in Toscana, a cura di L. TONINI, Firenze 1996; Rinascimento e Antirinascimento. Firenze nella cultura
russa fra Otto e Novecento, a cura di L. TONINI, Firenze 2012. Si consulti inoltre: F. BORRONI SALVADORI, I Demidoff collezionisti a
Firenze, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia, serie III, vol. 11, n. 3 (1981), pp. 937-1003.
463
Daškova decise di scrivere le sue memorie vent’anni dopo i viaggi compiuti, essendo ormai ultrasessantenne. La prima edizione
in lingua inglese pubblicata a Londra risale al 1840 (E. VORONTSOVA-DAŠKOVA, Memoirs of Princess Dachkow, lady of honour to
Catherine II, Empress of all the Russias, London 1840), mentre la traduzione russa dall’originale inglese uscì solo nel 1859 (E.R.
DAŠKOVA, Zapiski knjagini Daškovoj, pisannye eju samoj, London 1859).
114 CAPITOLO QUARTO
464
A. VORONTSOV-DAŠKOV, Ekaterina Daškova: žizn’ vo vlasti i v opale, Moskva 2010, p. 10. Per la versione inglese del testo cfr.
A. WORONZOFF DASHKOFF, Dashkova. A life of Influence and Exile, Philadelphia 2008.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 115
Dopo la morte della madre, all’età di quattro anni, la Daškova si trasferì a casa dello zio
paterno, ex cancelliere di Stato il conte Michail Illarionovič Vorontsov465. Crebbe con l’unica
figlia del conte, Anna, e ricevette la solita educazione cui poteva aspirare una nobildonna
dell’epoca, ovvero di stampo prettamente francese, con particolare attenzione all’apprendimento
delle lingue europee, alla pittura e alle lezioni di ballo. Ella stessa così commentava la formazione
ricevuta: «Entrambe ballavamo bene, entrambe disegnavamo un po’, avevamo un aspetto gradevole
e maniere raffinate e piacevoli, quindi non c’era da stupirsi se eravamo viste come ragazze ben
educate. Ma cosa veniva fatto per sviluppare le nostre menti ed educare i nostri cuori? Nulla»466.
Ciò che distinse Vorontsova fu il suo amore per la lettura: prediligeva in particolare Boileau-De-
spréaux, Helvétius, Montesquieu. Un altro aspetto chiave della personalità della ragazza, che
avrebbe sicuramente delineato il suo futuro, fu l’interesse innato per la politica: proprio in casa
dello zio filofrancese, colui che aveva guidato per un certo periodo la politica estera della Russia,
ebbe modo di studiare tantissime carte e documenti diplomatici.
Nel 1759 Ekaterina sposò il diplomatico Michail Ivanovič Daškov (1736-1764). Prima della
morte prematura del coniuge, dal matrimonio sarebbero nati tre figli, Anastasia (1760-1831),
Michail (1761-1762) e Pavel (1763-1807). Diventata vedova a poco più di vent’anni, la princi-
pessa, che non si sarebbe più risposata, decise di procurare una brillante educazione all’unico
erede maschio della famiglia, Pavel. Così cominciò le sue avventure in Europa e si costruì una
solida rete di conoscenze con le maggiori menti illuminate dell’epoca. Desiderosa di educare il
ragazzo all’europea, girò l’Europa tra il 1769 e il 1771, visitando per lo più i Paesi del Nord.
Finalmente, nel 1775, suo figlio si iscrisse all’Università di Edimburgo e la madre, intenzionata
ad accompagnarlo durante tutto il percorso universitario, si trasferì in Scozia, dove avrebbe
vissuto fino al 1779, partecipando attivamente alla vita sociale locale, avendo istaurato dei solidi
legami di amicizia con Adam Smith e William Robertson. Le sue frequenti visite a Londra le
procurarono la reputazione di una delle più note attiviste del cosiddetto Circolo delle Blue
Stockings, nato per promuovere l’emancipazione socio-culturale della donna467. L’erudita Elizabeth
Carter avrebbe scritto in una lettera a una delle fondatrici del Circolo, Elizabeth Montagu, della
stravaganza e disinvoltura del comportamento della principessa: «Suppongo che sappiate che la
principessa Daschan (sic), che a diciannove anni arringò le truppe e fu il principale strumento
per portare alla Rivoluzione, ora è in Inghilterra. Sembra essere un genio straordinario. Cavalca
con gli stivali e abiti maschili».468
Terminati gli studi, il figlio doveva completare la propria formazione con un viaggio nei mag-
giori centri culturali d’Europa. La spedizione ideata dalla madre gli doveva far conoscere «la
forma di governo, le leggi, i costumi, il commercio, la politica estera e interna, le tasse nonché le
465
Autore del citato diario di viaggio. Cfr. VORONTSOV M.I., Putešestvie grafa Vorontsova…, cit.
466
E.R. DAŠKOVA, Zapiski. Pis’ma sester M. i K. Willmont iz Rossii, a cura di S.S. DMITRIEV, Moskva 1987, p. 38. D’ora in avanti
la traduzione è a cura di chi scrive.
467
A. VORONTSOV-DAŠKOV, Ekaterina Daškova…, cit., p. 6.
468
Letters from Mrs. Elizabeth Carter, to Mrs. Montagu, between years 1755 and 1800. Chiefly upon literary and moral subjects, vol.
III, London 1817, letter CXXX, November 29, 1770, pp. 88-89. Traduzione di chi scrive.
116 CAPITOLO QUARTO
condizioni di vita di diverse classi sociali di uno Stato straniero»469. Questi saperi, secondo l’ari-
stocratica, erano necessari per trasformare un giovane in un membro utile alla società, una volta
rientrato in patria.
Accompagnata dai figli, Daškova si recò dapprima in Irlanda. A Dublino conobbe la filantropa
Arabella Denny e assistette più volte alle sedute del Parlamento. Tra le tappe successive vi furono
Londra, Bruxelles, Rotterdam, Delft, l’Aia, Utrecht. Il soggiorno decisamente più lungo fu
quello parigino, durante il quale la viaggiatrice ebbe modo non solo di rafforzare le vecchie co-
noscenze, ma anche di farne tante nuove, come, ad esempio, quella con la regina Maria Antonietta,
avvenuta a Versailles. Nel 1780 la compagnia arrivò a Torino, dove, su ordine del re di Sardegna
Vittorio Amedeo III di Savoia (1726-1796), ai viaggiatori fu mostrato tutto quello che era di
loro interesse. Passando per Genova, Parma e Modena, Daškova giunse a Firenze, dove venne ac-
colta molto benevolmente. Della visita di una delle istituzioni più illuminate fiorentine della se-
conda metà del XVIII secolo, il Reale Museo di Fisica e Storia Naturale, il primo museo natura-
listico a essere aperto al pubblico fondato dal Granduca Pietro Leopoldo di Lorena nel 1775, la
viaggiatrice ricordava: «Sua altezza reale ha ordinato che mi siano presentati dei duplicati degli
esemplari della collezione a mia scelta, perciò ottenni non solo i grandi campioni di fossili pro-
venienti dal territorio italiano, ma anche dalle altre parti del globo, raccolti dal grande Como470,
grazie al quale in Italia rinacque e sbocciò la scienza»471. A Pisa rimase stupita dal Duomo nella
Piazza dei Miracoli e, in particolare, dalle porte bronzee, il capolavoro del Giambologna:
«L’edificio è fatto interamente in marmo e decorato con 74 colonne, tra cui 62 sono in granito
orientale e 2 in porfido. All’interno ci sono quattro dipinti di Andrea del Sarto»472. Da Livorno,
essendo rimasta piacevolmente colpita dal sistema sanitario della città e soprattutto dal lazzaretto
di San Leopoldo, inviò alla zarina, tramite l’architetto Nikolaj L’vov473, una pianta dettagliata
della struttura con i territori adiacenti. Durante il soggiorno romano, la famiglia si dedicò inte-
ramente allo studio delle antichità e dell’architettura, e anche le loro frequentazioni mondane
furono legate esclusivamente all’ambito artistico:
Alle 8 del mattino, a volte anche prima, partivamo in carrozza per andare a vedere i ca-
polavori dell’arte in città o nei dintorni. Di solito queste gite duravano fino alle tre del po-
meriggio, dopo di che mi affrettavo a finire il pranzo, perché di lì a poco sarebbero arrivati
469
E. VORONTSOVA-DAŠKOVA, Memoirs of Princess Dachkow…, cit., vol. II, p. 126.
470
Allude naturalmente a Cosimo de’ Medici (1389-1464).
471
E.R. DAŠKOVA, Zapiski…, cit., p. 127.
472
Si riferisce alla pala d’altare nota come Polittico di Sant’Agnese (ca 1524-1528), eseguito originariamente per la perduta Chiesa
di Sant’Agnese e raffigurante, oltre alla santa, San Giovanni Battista, San Pietro, Santa Caterina martire e Santa Margherita.
473
Nikolaj Aleksandrovič L’vov (1751-1803), figura di spicco della cultura russa della seconda metà del XVIII secolo. Arrivato
in Italia su incarico del Collegio degli Affari Esteri russo nel 1781, L’vov visitò Firenze, Livorno, Roma, Napoli, Pisa e Venezia.
Il suo diario contiene delle idee interessanti sugli argomenti più attuali per la critica artistica dell’epoca (che rivela una profonda
conoscenza degli scritti di Mengs e di Winckelmann) con una esplicita predilezione per artisti del Sei e del Settecento insieme
con l’interesse per la pittura fiamminga. Cfr. F. ROSSI, Il taccuino …, cit.; EAD., Palladio in Russia. Nikolaj L’vov architetto e intel-
lettuale russo al tramonto dei Lumi, Venezia 2010; Russia Palladiana. Palladio e la Russia dal Barocco al Modernismo, catalogo della
mostra (Venezia, Museo Correr, 27 settembre - 10 novembre 2014), a cura di A. IPPOLITOV, V. USPENSKIJ, Venezia 2014.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 117
diversi artisti per una tazza di tè cinese, che veniva inviato con ogni corriere dalla Russia.
Nella mia stanza, trasformata in studio, lavoravano entrambi gli Hackert474, uno con il
bulino, l’altro con la matita, mentre Hamilton disegnava con pastello475. Parlavamo molto,
chiedevo il loro parere sulle varie opere d’arte che avevo visto al mattino, e mio figlio
imparò l’arte dell’incisione da Hackert. Conobbi la signora Damer476 [...] che univa una
profonda conoscenza e intelligenza al talento e alla modestia. Era una grande scultrice, su-
perando molti dei suoi colleghi nell’arte; conosceva molto bene il greco e il latino477.
Tra le conoscenze della Daškova fatte a Roma spicca la figura dell’architetto e antiquario
scozzese James Byres (1733-1817), che si trasferì nell’Urbe nel 1758, diventando uno dei ciceroni
più noti e considerato, insieme con Thomas Jenkins e Colin Morison, uno dei più sapienti e in-
fluenti mercanti d’arte della seconda meta del XVIII secolo (soprattutto tra i collezionisti inglesi
e americani). Byers fece da guida alla principessa russa per ringraziarla di aver convinto Caterina
II ad acquistare la sua collezione di pietre antiche. Inoltre, Byres478, secondo le memorie della
viaggiatrice, la condusse nelle cantine di Villa Farnese per mostrarle le statue antiche, che non
erano esposte al pubblico. Lì, la Daškova inciampò su un enorme pezzo di pietra verde, che, se-
condo l’accompagnatore della principessa:
[…] era uno smeraldo portato dall’Africa a Como il Grande [Cosimo de’ Medici] da
uno degli studiosi che il Granduca mandava in tutti i confini del mondo alla ricerca delle
curiosità più rare, e questa pietra passò al Re di Napoli per eredità. Mi sembra che dovreste
comprarla, perché nessuno sa cosa sia: viene scambiata o per serpentino o marmo serpentino
e persino per un cattivo feldspato. […] Se mi permettete, lo taglio e ve ne faccio due tavoli,
cosa che nessun monarca ha fatto e probabilmente non farà mai479.
E infatti, nel 1783, Byers inviò a San Pietroburgo le due tavole che Daškova offrì, a sua volta,
all’imperatrice. Questa, secondo la testimonianza della principessa, avrebbe declinato il dono in
quanto eccessivamente prezioso: «A quel punto le offrì ad Alessandro [imperatore Alessandro I]
e ora sono conservate tra i tesori del Cremlino di Mosca»480.
Per arrivare alla tappa successiva, il Regno di Napoli, occorreva passare per la famosa via
Appia, l’asse portante da Latina a Terracina, oggetto proprio in quegli anni degli interventi di
474
Il paesaggista tedesco tanto in voga tra i grand tourists negli anni in esame, Jakob Philipp Hackert, e suo fratello, l’incisore
Georg Abraham Hackert (1755-1805).
475
Il pittore e archeologo scozzese Gavin Hamilton (1723-1798).
476
Anne Seymour Damer (1748-1828), allieva di Giuseppe Ceracchi e John Bacon. Oltre a essere un’acclamata scultrice, fu
anche nota per la sua attività di autrice, viaggiatrice e produttrice teatrale.
477
E.R. DAŠKOVA, Zapiski…, cit., p. 132.
478
Sull’attività di Byers rimando a P. COEN, Andrea Casali and James Byres: The Mutual Perception of the Roman and British Art
Markets in the Eighteenth Century, in Journal for Eighteenth-Century Studies, Vol. 34, No. 3 (2011), pp. 291-313.
479
Ivi, p. 133.
480
Ivi, p. 164.
118 CAPITOLO QUARTO
prosciugamento delle acque, avviate da Pio VI481. Ecco come Daškova descrisse il suo incontro
con il papa avvenuto nell’Urbe poco prima della sua partenza per il Sud:
Mi parlò con molta gentilezza e sembrò contento di sentirmi fare le meritate lodi per il
suo nobile progetto di sgombrare e aprire l’Appia che attraversa le paludi pontine. Gli dissi
che sarei stata onorata di essere la prima a percorrere questa strada fino a Napoli. «Fatemi
sapere qualche giorno prima della vostra partenza» mi rispose, «vi fornirò dei cavalli, poiché
su questa strada non c’è ancora la posta o il servizio necessario per i viaggiatori». Il Papa mi
parlò da grande amante e conoscitore delle preziose opere d’arte di Roma. Egli fu il primo
a pensare di fondare un museo in Vaticano482, dove raccolse molte meravigliose statue, vasi,
dipinti, ecc., ecc.483.
A Napoli la Daškova rispettava la stessa routine di Roma: esaminava con grande curiosità le
scoperte archeologiche e i monumenti architettonici. Continuò a mantenere dei rapporti di
amicizia con Damer, che consentiva ai viaggiatori russi l’accesso nel proprio atelier, «questo san-
tuario che non era aperto a tutti, ma solo ai più cari, in quanto lei era troppo modesta per
sfoggiare i suoi talenti»484. Inoltre, strinse amicizia con l’ambasciatore inglese Sir William
Hamilton, «la cui collezione di antichità fu davvero preziosa». Nella casa di quest’ultimo incontrò
anche l’abate Galiani e alcuni studiosi e artisti:
Quando arrivammo a Napoli, fui felice di scoprire che era già stata preparata per noi
una casa sul mare con una magnifica vista sul golfo e sul Vesuvio. Naturalmente, qui tro-
vammo molti conoscenti: il nostro ambasciatore e inviato straordinario, il conte Andrej Ra-
zumovskij, la signora Damer e sua zia, e il venerabile vecchio conte Sacramosa (sic)485. In-
contrai Lord Hamilton, ministro del re d’Inghilterra, e sua moglie (intendo la sua prima
moglie)486, l’abate Galiani e alcuni scrittori e artisti487.
Un giorno, nonostante la sua inesperienza fisica, Daškova tentò di salire sul Vesuvio:
481
Sulla strada per Napoli si veda Napoli, giardino delle Esperidi, in BRILLI A., Il grande racconto del viaggio in Italia. Itinerari di
ieri per viaggiatori di oggi, Bologna 2014, pp. 197-204.
482
Il Museo Pio-Clementino.
483
E.R. DAŠKOVA, Zapiski…, cit., p. 132.
484
Ivi, p. 134.
485
Michele Enrico Sagramoso (1720-1791) fu un aristocratico, viaggiatore, esploratore, collezionista di minerali, originario di
Verona. Grazie alle missioni a Malta, Costantinopoli, Spagna, Portogallo, nonché negli altri maggiori porti del Mediterraneo e
in Russia, riuscì a costruire dei solidi rapporti diplomatici con la corte dell’imperatrice russa Elisabetta. Dal 1772 ricoprì la carica
di ministro plenipotenziario dell’Ordine di Malta e svolse la delicata missione del recupero delle terre di Ostrog che i Cavalieri
melitensi avevano perso da oltre un secolo. Dal 1778 e fino alla sua morte visse a Napoli, in una villa sulla riviera di Portici.
486
Catherine Barlow (1738–1782), moglie dell’ambasciatore inglese dal 1758 fino alla morte.
487
E.R. DAŠKOVA, Zapiski…, cit., p. 133.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 119
medici locali, poiché non mi fido di tutti i medici in generale, tanto meno di quelli na-
poletani, ma le richieste dei miei figli e di Madame Damer mi indussero a invitare un in-
glese, il signor Drummond [...]. L’olio di ricino, preso su suo consiglio, mi salvò. Il clima
e la dieta mi aiutarono a recuperare le forze e alla fine fui in grado di riprendere il mio
viaggio488.
Alla tradizionale visita del Museum della reggia di Portici, dove la principessa esplorò «gli
inestimabili tesori trovati in Ercolano, Pompei e altri luoghi», seguì quella del Palazzo Reale di
Caserta, dove la famiglia dei Daškov fu presentata a Ferdinando dalla nobildonna napoletana
«duchessa Feroleta», ricevendo un’accoglienza molto affettuosa:
Con infinita curiosità ho esplorato i preziosi tesori di Ercolano e Pompei. Per quanto
riguarda Pompei, una volta mi permisi di osservare al re che sarebbe stato molto interessante
rendere accessibile l’intera città, con tutte le sue strade, le case, le carrozze, in breve, tutto
ciò che era stato sepolto sotto la cenere. Avremmo così una visione completa dell’antichità,
capace di suscitare l’ammirazione di tutta l’Europa illuminata, che d’ora in poi avrebbe
una vera comprensione della vita, dei costumi e degli strumenti degli abitanti dell’antica
città [...]. L’ingresso sarà a pagamento; in questo modo Sua Maestà potrà coprire tutte le
spese sostenute. Una vera e propria ondata di guardoni, dilettanti e curiosi arriverà per
godere di questo spettacolo senza precedenti [...]. Sua Maestà compirà una sorta di magia
rubando al passato un’immagine così insolita, così interessante. Il Re, probabilmente di-
menticando che parlavo italiano, si rivolse a uno dei suoi cortigiani e gli disse che avevo
capito tutto e che la mia proposta era molto più ragionevole e degna di considerazione di
quella della solita commissione di antiquari. Era evidente che il re non si era affatto offeso
per la mia osservazione piuttosto audace; senza respingerla, mi disse: «C’è una raccolta di
volumi con incisioni di tutti gli oggetti notevoli trovati di recente a Pompei, farò in modo
di inviarvene una copia»489. Ringraziai il re per questo dono, che era di gran lunga
superiore alle sue lodi490.
Ancora a Napoli, la principessa ricevette una lettera di Caterina la Grande nella quale l’im-
peratrice assicurava una carriera brillante al figlio della Daškova dopo il rientro della famiglia in
Russia. La notizia costrinse la viaggiatrice a lasciare Napoli prima del previsto e di precipitarsi
a Roma, dove Ekaterina ricevette dal diplomatico spagnolo, il procuratore generale presso la
Santa Sede e noto mecenate e collezionista d’arte José Nicolás de Azara (1730-1804), gli scritti
di Winckelmann, che Daškova portò con sé nella capitale russa.
488
Ivi, p. 135.
489
I volumi de Le antichità di Ercolano esposte. Si veda M. PRAZ, Le antichità di Ercolano, in Civiltà del ‘700 a Napoli (1734-
1799), catalogo della mostra (Napoli, Museo e Gallerie nazionali di Capodimonte (pittura, scultura, arti decorative); Napoli,
Palazzo reale (pittura, arazzi); Napoli, Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes (cartografia, scenografia, apparati festivi); Napoli,
Museo nazionale di San Martino (presepi); Napoli, Museo Duca di Martina (maioliche); Caserta, Palazzo reale (architettura),
dicembre 1979 – ottobre 1980), a cura di N. SPINOSA et al, vol. I, Firenze 1980, pp. 35-39.
490
E.R. DAŠKOVA, Zapiski…, cit., p. 134.
120 CAPITOLO QUARTO
Un anno dopo il rientro in patria, nel 1783, la principessa fu nominata direttrice dell’Acca-
demia Imperiale delle Scienze di San Pietroburgo; la prima donna nel mondo a detenere tale
carica. Nell’ottobre dello stesso anno il ministro napoletano presso la corte pietroburghese, il
duca di Serracapriola, inviò una lettera dal seguente contenuto al segretario del Regno di
Napoli, marchese della Sambuca:
Eccellenza,
avendo avuta occasione negli scorsi giorni di trattenermi colla Sig.ra Principessa de Da-
schkow (sic) ben cognita a Vostra Eccellenza, mi parlò a lungo della distinta Sovrana mu-
nificenza che ha ricevuto costì da S.M., non meno che delle particolari attenzioni, e finezze
di V.E., in termini pieni di venerazione e riconoscenza, facendomi sentire, che le avrei
fatta cosa grata d’assicurare con prima occasione l’E.V., che ne conservava indelebile ri-
membranza. Nell’adempire io qui, pertanto, alle brame di questa Dama, non posso
esimermi altresì di manifestarle il vivo desiderio che avrebbe la medesima di ottenere dalla
clemenza del Re per mezzo di V.E. le Opere dell’Ercolano, onde arricchirne questa Imp.le
Accademia, della quale ne ricopre Essa la carica di Direttore. Nel mio particolare, vedrei
con somma soddisfazione compiaciuta in questa parte la prestata Dama, molto più, che
accordando S.M. questa grazia, non mancherebbe inoltre di fare anche un buon effetto
nell’animo di S.M. l’Imp.ce. Epperò prego V.E. d’accompagnare detta supplica al R.l Trono
col valevole di Lei favore, e di darmene poi qualche riscontro491.
491
ASNa, Ministero degli Affari Esteri (1734-1875), fasc. 1670 Legazione del governo di Napoli in Russia. Diversi (1783-1784),
cc.n.n. Lettera dell’8 ottobre 1783 del duca di Serracapriola al marchese della Sambuca.
492
Precedute da Disegni intagliati in rame di pitture antiche ritrovate negli scavi di Resina, Napoli 1746.
493
I preziosi volumi, che illustravano gli oggetti provenienti da tutti gli scavi intrapresi dai Borbone nel golfo di Napoli e le cui
copie venivano stampate sotto la supervisione dello stesso re per poi essere consegnati a destinatari selezionati, all’epoca erano già
sette. L’ultimo volume, Le lucerne ed i candelabri d’Ercolano e contorni incise con qualche spiegazione. Tomo unico, sarebbe uscito
nel 1792.
494
Catherine II de Russie. Friedrich Melchior Grimm …, cit. Lettera n.48, Catherine II à Grimm 16 octobre 1777, à St: Petersb:
ce 5 d’Oct: 1777, in p. 110.
495
Cfr. ASNa, Ministero degli Affari Esteri (1734-1875), b. 1672 Legazione del governo di Napoli in Russia. Diversi (1787), cc.n.n.
Lettera del 5 maggio 1787 del duca di Serracapriola al marchese Caracciolo.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 121
Figura 29. Le Antichità di Ercolano Esposte. Catalogo degli antichi monumenti dissotterrati dalla discoperta città di
Ercolano per ordine della Maestà di Carlo Re delle Due Sicilie, e di Gerusalemme … composto e esteso da Monsignor
Ottavio Antonio Bayardi, Napoli 1755
Eccellenza,
Questo Sig.r Conte d’Osterman496, al quale sono pervenute le Opere Ercolanesi destinate
dalla R.le Munificenza, mi ha incaricato di rinnovare a Vostra Eccellenza li sentimenti della
viva sua gratitudine in proposito, e di pregarla nel tempo stesso volersi compiacere di
umiliare ai R.li Piedi la rispettosa riconoscenza onde è penetrato per questa distinta grazia,
e particolar favore. Devo però significare a V.E. che è seguito costì uno sbaglio, avendomi
fatto osservare il prefato Sig.r Conte, che invece di rimettere il Secondo Tomo delle opere
suddette, hanno rimesso il Primo duplicato, e che perciò si trovava averne una sì bell’opera
imperfetta. Spero che V.E. scuserà la libertà che mi prendo, pregandola volersi compiacere
far riparare dett’equivoco, consegnando a cotesto Ministro Russo il Secondo Tomo in que-
stione, cosa che riuscirà oltremodo grata a questo V.e Cancell.e, e nel mio particolare gliene
sarò riconoscente497.
496
Dal 1775 il conte Ivan Andreevič Osterman (1725-1811) ricoprì la carica di vicecancelliere dell’Impero russo e quella di can-
celliere dal 1796 al 1797.
497
ASNa, Ministero degli Affari Esteri (1734-1875), fasc. 1671 Legazione del governo di Napoli in Russia. Diversi (1785-1786),
cc.n.n. Lettera del 23 dicembre 1785 del duca di Serracapriola al marchese della Sambuca.
122 CAPITOLO QUARTO
Nell’inverno del 1782, il Granduca Paolo Petrovič (1754-1801), figlio di Catreina II, giunse
a Napoli con la seconda moglie, Sofia Dorotea di Württemberg (1759-1828). Il viaggio in que-
stione fu ideato dall’imperatrice, desiderosa non solo di mostrare il suo interesse per la cultura
europea, ma soprattutto per creare una rete di alleanze alla luce della sua politica espansionista
in direzione del Sud dell’attuale territorio russo. L’itinerario prevedeva soste in Polonia, Austria,
Italia, Belgio e Olanda. Il piano preciso della spedizione dei Granduchi, pubblicato dall’Accademia
delle Scienze di San Pietroburgo un anno dopo il rientro della coppia, fa luce, giorno per giorno,
sul viaggio dei Granduchi498. Seguiamoli, dunque, anche noi nelle loro avventure.
Coloro che dal 1796 sarebbero diventati gli imperatori dello sconfinato Impero con i nomi di
Paolo I e Maria Fёdorovna499, intrapresero la loro spedizione nel 1781-1782, poco dopo la nascita
dei loro primi due figli, Alessandro (1777-1825)500 e Costantino (1779-1831). Sebbene, per que-
stioni di sicurezza, la coppia viaggiasse in incognito sotto lo pseudonimo dei Conti del Nord, le
case regnanti europee sapevano benissimo chi stessero per accogliere e nessun aspetto dell’apparenza
o comportamento della nobile coppia sarebbe potuto sfuggire alle osservazioni, talvolta acute,
dell’aristocrazia locale. Il ventisettenne Paolo e la ventiduenne Maria partirono per il viaggio in
compagnia di una stretta cerchia di aristocratici particolarmente idonei, sempre secondo l’impe-
ratrice, a tale missione. Tra questi spiccava la figura del principe Nikolaj Borisovič Jusupov (1750-
1831), futuro ambasciatore russo a Torino, nonché uno degli “esperti” dell’arte europea di allora
e uno dei più noti mecenati di Canova, Kauffmann e di molti altri acclamati artisti501.
Terminati i preparativi, la coppia partì da San Pietroburgo il 30 settembre 1781 accompagnata
da una settantina di persone e più di cento cavalli. A novembre i viaggiatori giunsero a Vienna,
dove furono accolti dall’alleato devoto di Caterina II, l’imperatore Giuseppe II, che era stato av-
visato dell’arrivo della coppia dalla zarina stessa un anno prima502. Trascorsero circa sei settimane
nella capitale austriaca tra numerose visite turistiche, intrattenimenti di corte e manovre militari,
festeggiandovi il Natale e il Capodanno.
Il 18 gennaio 1782 Paolo Petrovič e Marija Fёdorovna arrivarono a Venezia, dove il doge
Paolo Renier spese delle cifre esorbitanti per l’intrattenimento dei nobili ospiti503. Secondo
498
S.I. PLEŠEEV, Načertanie putešestvija ikh imperatorskikh vysočestv, gosudarja velikogo knjazja Pavla Petroviča i gosudaryni velikoj
khnjaghini Marii Fёdorovny pod imenem grafa i grafini Severnykh …, Sankt-Peterburg 1783.
499
Il nome che la duchessa di Württemberg, discendente della dinastia reale degli Hohenzollern, assunse dopo la conversione
alla religione ortodossa.
500
Futuro imperatore di Russia dal 1801 al 1825.
501
Sull’attività collezionistica del principe rimando a: “Uč�naja prihot’” (Kollektsija knjazja N.B. Jusupova), catalogo della mostra
in due volumi (Mosca, Museo Puškin delle belle arti, 31 luglio – 11 novembre 2001; San Pietroburgo, Ermitage, 8 febbraio –
19 maggio 2002), a cura di V.A. MIŠIN, L.J. SAVINSKAJA, Moskva 2001.
502
Si vedano le lettere XLV, XLVII, XLVIII, XLIX e LII di Caterina a Giuseppe II sulla permanenza dei Granduchi a Vienna e
sulla gratitudine dell’imperatrice per l’accoglienza ricevuta da essi da parte dell’imperatore del Sacro Romano Impero, in Joseph II
und Katharina von Russland: ihr Briefwechsel, herausgegeben von A. VON ARNETH, Wien 1869, pp. 107-108, 112-117, 120-121.
503
Tra le fonti moderne in lingua sul soggiorno veneziano dei viaggiatori si consultino: S. BALLETTI, Venezia 1782. La visita dei
Conti del Nord, in «Venezia Arti», 10 (1996), pp. 67-76; S.O. ANDROSOV, Russkie zakazčiki…, cit., pp. 183-244.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 123
Pompeo Molmenti, per l’arrivo dei Granduchi di Russia «i veneziani seppero gettar sulle miserie
della patria, come un velo d’oro, le magnifiche feste»504. Nelle memorie della testimone diretta
del soggiorno veneziano dei due, l’aristocratica, scrittrice e amica di Casanova, Giustiniana
Wynne (per matrimonio Orsini Rosenberg), si legge del solenne ingresso dei Granduchi nella
città lagunare:
Nel giorno 18 sull’imbrunire essi arrivarono alla Città; la loro entrata rassomigliò ad un
trionfo. Innumerabili peotte, gondole, e barchette d’ogni sorte erano andate loro incontro
fino a Mestre, dove finisce il Continente dalla parte che vien di Germania. La curiosità, e
l’impazienza avevano messo in orgasmo tutti gli abitanti di Venezia; e quantunque non si
credette generalmente che i Principi dovessero giunger sì di buon’ora, il bell’accompagnamento
mostrò qual fosse la disposizione nazionale in quei momenti; essa era veramente all’ebbrezza.
[…] Io sono ben certa che il primo aspetto di Venezia deve avere scosso gagliardamente le
AA. LL. II. […] Il giovane Principe di Jusupoff era alla testa della Compagnia, Signore assai
conosciuto in Italia pel suo amore alle Belle Arti, e che vi fu riveduto con molto piacere505.
Evidentemente tale accoglienza ebbe il suo effetto sui giovani, visto che, in una lettera di Ca-
terina inviata in risposta a quella della nuora, l’imperatrice commentò così l’impressione prodotta
dalla città di Venezia sulla giovane: «[…] l’effet que cette ville a fait sur Vous, mes chers enfants,
est le même, qu’elle fait sur tous ceux, qui y arrivent pour la première fois; et cela n’est pas
étonnant, puiqu’elle ne doit ressembler à rien de ce qu’on voit ailleurs»506. Per comprendere lo
splendore della città nel gennaio 1782 in occasione della visita dei Granduchi di Russia, basti
pensare che persino il carnevale si tenne qualche giorno prima del dovuto per farlo coincidere
con il soggiorno dei viaggiatori. Oltre alle visite alle principali attrazioni, i due visitarono gli
atelier di alcuni artisti, tra cui quello di Angelika Kauffmann, dalla quale acquistarono «tre
quadri a olio appena terminati»507. In onore del figlio di Caterina la Grande, furono organizzate
una regata sul Canal Grande e la crudele “caccia de’ Tori”, che di solito si teneva solo in occasione
delle visite di principi stranieri. Vennero messe in scena innumerevoli opere teatrali, la cui ambi-
zione principale sembra essere stata quella di stupire sempre di più gli illustri ospiti. La stessa
Wynne così raccontò la serata al Teatro San Benedetto508:
504
P. MOLMENTI, Epistolari veneziani del secolo XVIII. Venezia nel tramonto della Repubblica (Dall’Epistolario di Luigi Ballarini),
Milano 1914, p. 60. Sul soggiorno dei Granduchi si vedano, in particolare, pp. 60-78.
505
G. ROSENBERG-ORSINI, Del soggiorno de’ Conti del Nord nel gennaio MDCCLXXXII. Lettera di Madama la Contessa vedova
degli Orsini di Rosenberg al Signor Riccardo Wynne, suo fratello a Londra, Vicenza 1782, pp. 11, 13-14. Si è scelto di non intervenire
sull’italiano antico e sulla grafia della fonte.
506
Lettera di Caterina II ai Granduchi del 28 gennaio 1782 in Sbornik Imperatorskogo Russkogo Istoričeskogo Obšestva, vol. IX,
Sankt-Peterburg 1872, p. 118. Rispettiamo l’originale, compresi gli errori della zarina.
507
G. ROSENBERG-ORSINI, Del soggiorno de’ Conti del Nord…, cit., pp. 65-66. Si tratta delle seguenti tele: Eleonora di Castiglia
avvelenata, Eleonora guarita e Morte di Lonardo da Vinci, tutte conservate presso la reggia di Pavlovsk dei Granduchi. Si veda
inoltre La “Memoria delle piture (sic.)” di Angelika Kauffmann, a cura di C. KNIGHT, Roma 1998, p. 6.
508
La scena fu raffigurata dal noto vedutista veneto, testimone diretto degli eventi in esame, Francesco Guardi. Cfr. Francesco
Guardi, La cena e il ballo al Teatro San Benedetto di Venezia, in onore dei Conti del Nord, il 22 gennaio 1782 e Concerto di dame al
Casino dei Filarmonici (1782).
124 CAPITOLO QUARTO
Il soggiorno veneziano di Paolo e Maria si concluse con una maestosa celebrazione in piazza
San Marco. In quell’occasione fu addirittura costruito un anfiteatro artificiale e si tenne la famosa
processione dei carri trionfali: «Codesta decorazione magnifica così pel numero delle persone
come per i simboli rappresentava le Arti e i Frutti della Pace, attributi Veneziani»510. La festa si
concluse con i fuochi d’artificio per la gioia degli ospiti e le persone riunite in piazza per salutare
i nobili viaggiatori: «[…] e il Conte del Nord esclamò: “Ecco l’effetto d’un buon Governo;
sembra che questo Popolo formi una sola famiglia”»511.
La coppia lasciò Venezia il 25 gennaio e si diresse a Padova. Le memorie dell’erudito padovano,
l’abate Giuseppe Gennari (1721-17800)512, fanno luce sul breve soggiorno dei Romanov in
città, che non ebbe particolare successo, a causa di una certa avarizia degli illustri viaggiatori e
del rifiuto dei russi di seguire il programma preparato in anticipo con grande impegno e risorse
per il loro intrattenimento: «Lasciarono miserabili mancie e indegne del loro grado, e ben si vede
che di cuore sono assai poveri; la qual miseria fecero manifesta anche in Vinegia dove il Senato
profuse grandissime somme per trattenerli piacevolmente in quella metropoli»513. D’altra parte,
509
G. ROSENBERG-ORSINI, Del soggiorno de’ Conti del Nord…, cit., p. 43.
510
Ivi, p. 66.
511
Ivi, p. 73. I ricordi di questa maestosa celebrazione furono immortalati nell’album di incisioni di Giorgio Domenico Fossati (cfr. D.
FOSSATI, Currus Triumphales ad adventum clarissimorum Moschoviae principum Pauli Petrovitz et Mariae Theodorownae conjugis regali or-
nandum spectaculi in divi Marci Venetiarum foro die 14 januarii anno MDCCLXXXII. …, Venezia 1782), nonché nelle note incisioni di
Antonio Baratti su due acquerelli di Giovanni Battista Moretti (A. BARATTI, Amphiteatre Erigé dans la grande Place de St. Marc de Venise
pour le Soir du 24 Ianvier 1782 du Côté des Procuraties Vieilles à l’occasion de la Veniie de leurs Altesses Imp.les Mans.r le Comte, et Madame
le Comtesse du Nord…; Amphiteatre Erigé dans la grande Place de St. Marc de Venise pour le Soir du 24 Ianvier 1782 du Côté des Procuraties
Vieilles à l’occasion de la Veniie de leurs Altesses Imp.les Mans.r le Comte, et Madame le Comtesse du Nord…; Venezia 1782).
512
«Addì 25, alle ore 23 e mezzo, giunsero da Venezia in burchiello alla porta dal Portello i conti del Nord, ove era concorsa una infinita
folla di popolo e 140 carrozze in circa schierate in varie file sul borgo. Il cavalier Mocenigo nostro capitano insieme con procurator Pesaro,
uno de’ due deputati che gli servirono in Venezia, gli complimentò e, fattili montare in carrozza, gli condusse a vedere a lume di torchi la
Sala della Ragione, poi a S. Giustina, dove que’ monaci nell’atrio della libreria gli avevano apparecchiata un’accademia di musica nella
quale il cavalier Guadagni cantò alcune ariette con molto piacere della Granduchessa che gli regalò un anello del valore di 100 zecchini
in circa. La chiesa era stata illuminata come nella domenica di Lazaro e l’isola del Prato con torce alle statue e ludri dentro e fuori di essa.
Partiti di S. Giustina andarono que’ principi alla chiesa del Santo similmente illuminata e lungo tempo vi si fermarono, e appresso si ri-
tirarono alla locanda dell’Aquila d’oro senza voler andare al teatro che a spese del Mocenigo era stato splendidamente illuminato con ceri
e dove […] comici di S. Luca, erano venuti a bella posta coi ballerini di S. Angelo a rappresentarvi una commedia. Il teatro era pienissimo
di curiosi spettatori e certo fu giudicata mala cosa che non abbiano voluto andarvi almeno per poco d’ora. […]». Cfr. G. GENNARI, Notizie
giornaliere di quanto avvenne specialmente in Padova dall’anno 1739 all’anno 1800, a cura di L. OLIVATO, Padova 1982, pp. 226-227.
513
Cit. da F. BENUCCI, I Conti del Nord a Padova, in «Padova e il suo territorio», 126, anno XXII, aprile 2007, pp. 12-17, in particolare
p. 12. Questa accusa non fu l’unica: i Granduchi più volte rimproverati per gli stessi vizi nelle memorie dell’epoca. Così un altro perso-
naggio noto della Venezia settecentesca, l’agente generale e procuratore della famiglia patrizia Dolfin, Luigi Ballarini, riferì a Daniele
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 125
Dolfin, allora ambasciatore a Parigi, subito dopo la partenza dei Granduchi dalla Serenissima: «Se sorprendente fu la magnificenza e li-
beralità, con cui il pubblico e privati hanno festeggiato il soggiorno dei signori Conti del Nord in Venezia, è altrettanto miserabile la
memoria che hanno lasciato del loro animo. All’alloggio non hanno voluto pagare che la metà di quello che importava il loro debito,
ed il locandiere ha già prodotto un’estesa contro il ministro Maruzzi, che fece il contratto. Non fu vero il regalo all’Arsenal, nientissimo
alle figlie degli Ospitali, neppur un piccolo alla servitù della Casa filarmonica. Soli 40 zecchini al teatro San Benedetto, ma ciò che è più
strano esibitogli il conto delle Poste corse nello Stato, dove furono serviti, per loro detto, in guisa singolar, a differenza di tutti gli altri
luoghi, hanno diffalcato zecchini 23 ½, pretendendo che alcune Poste si potessero far con minor numero di cavalli. Il corrier maggior
avea ordine di bassar la testa e non prender se non quello che gli veniva dato. Al portinar delle Porte della Mira dieci soldi di mancia; si
può dar di peggio?». Cfr. P. MOLMENTI, Epistolari veneziani…, cit., p. 78. Lettera di Ballarini a Dolfin del 9 febbraio 1782, Venezia.
514
«Regalarono [i principi] una tabacchiera d’oro e smalto, guernita di diamanti, ad ognuno de’ due Cavalieri che aveangli serviti
più davvicino […], pregandogli a voler conservare come un contrassegno della loro amicizia». Cfr. G. ROSENBERG-ORSINI, Del
soggiorno de’ Conti del Nord…, cit., p. 75.
515
Sull’intenso soggiorno romano dei Granduchi documentato da un diario rimando a I.N. STADNIČUK, The Roman Journal of
Count and Countess Nothern, in «Storia dell’Arte», 113/114 (gennaio – agosto 2006), pp. 239-268. Sugli acquisti della scultura
da parte dei Granduchi rimando a S.O. ANDROSOV, Graf e grafinja Severnye v Rime, in Skul’ptory i russkie kollektsionery v Rime vo
vtoroj polovine XVIII veka, Sankt-Peterburg 2011, pp. 214-231.
516
Esistono anche due miniature tratte dagli originali di Batoni ed eseguite da Benedetta Batoni, figlia del pittore. Le opere sono
conservate presso la reggia di Pavlovsk, nei pressi di San Pietroburgo.
126 CAPITOLO QUARTO
«Preceduti da due pontifici Corrieri, che gli serviranno fino ai confini»517, i viaggiatori
partirono per Napoli, dove, secondo quanto riferito dall’ambasciatore russo Andrej Razumovskij518,
Ferdinando e Maria Carolina erano ansiosi di incontrare i Granduchi519. Naturalmente, l’arrivo
degli illustri viaggiatori era noto anche nella capitale borbonica grazie alle relazioni dell’amba-
sciatore napoletano a San Pietroburgo, il duca di San Nicola520. La calorosa accoglienza dei Bor-
517
Cfr. Gazzetta universale … , vol. IX, Roma, 9 febbraio 1782, p. 112. Si veda inoltre R. MAZZEI, Per terra e per acqua. Viaggi
e viaggiatori nell’Europa moderna, Roma 2013, p. 267.
518
Che, a causa del rapporto complicato con il Granduca Paolo, dovette mantenere una certa distanza dalla coppia per tutto il
loro soggiorno. Egli stesso avrebbe così amaramente commentato la situazione: «Je viens de voir Monseigneur le Grand Duc*,
c’est assurément un evenement bien extraordinaire auquel je ne m’attendai pas en le quittant. Que de changements dans six ans!
Qu’il est donloureux quelquefois d’avoir une âme qui me se laisse point entrainer par les révolutions du temps... Je m’étais attaché
assez fortement à celui qui sera mon maitre un jour, pour oublier ce titre et n’y voir qu’un ami. L’évènement le plus inattendu
nous a rapprochés ici. J’ai vu que le souffle empoisonné des cours avait tout détruit... en voilà assez, mon ami, pour vous mettre
au fait. Si je continuais, il pourrait m’échapper des plaintes indiscrètes, qu’on est toujours blamable de faire éclater». Cfr. A.A.
VASIL’ČIKOV, Semejstvo Razumovskich, vol. III, Sankt-Peterburg 1882, p. 62.
519
Scriveva Razumovskij al vice cancelliere Ivan Osterman: «Je ne dois pas passer sous silence que LL. MM. ont toujours témoigné
le plus vif empressement de faire la connaissance de ces augustes voyageurs et se sont occupés avec la plas franche cordialité de
tout ce qui pourrait contribuer àleurrendre agréable le séjour qu’il doivent faire ici. ». Cfr. Ivi, p. 63.
520
Ecco quanto riferiva l’inviato borbonico a San Pietrobuego qualche mese prima della partenza dei Granduchi: «Non prima di
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 127
bone consisteva anche nell’aver preparato un alloggio al Molo di Gaeta per la numerosa compa-
gnia521. Paolo, però, preferì dirigersi subito nella capitale del Regno per assistere agli ultimi sei
giorni di Carnevale. La notizia della visita fu subito diffusa da numerose riviste, tra cui la
Gazzetta universale: «Si aspettano qui nel giorno del giovedì grasso i Granduchi di Russia, che
godranno solo 6 giorni di Carnevale; e a tale effetto si sta preparando con gran magnificenza per
la loro dimora il Palazzo del Principe Stigliano Colonna posto in Toledo»522. Tuttavia, anche in
questo caso i due, accolti personalmente dal re e dalla regina «in un villaggio a circa un miglio da
Napoli»523, rifiutarono la splendente residenza generosamente offerta loro dal principe di Sonnino
Marcantonio Colonna di Stigliano (1724-1796), capitano delle guardie reali. Preferirono invece
stabilirsi nel palazzo Pescolanciano del duca Pasquale Maria d’Alessandro (1756-1816)524, situato
in Piazza San Ferdinando525, a due passi dal Palazzo Reale e dal San Carlo. La scelta del luogo
non sembra casuale: uno dei piani della dimora gentilizia era già stato abitato dal primo amba-
sciatore russo a Napoli, il conte Andrej Razumovskij dal 1777 al 1779526. Recentemente sono
venute alla luce alcune testimonianze iconografiche della visita dei Granduchi, conservate presso
l’archivio della famiglia d’Alessandro, tra cui un ritratto della coppia con i nomi dei futuri
sovrani riportati a semicerchio in cirillico. L’acquerello è ispirato alla medaglia per il matrimonio
di Paolo e Maria eseguita nel 1776.
Già nella prima serata dell’8 febbraio i Granduchi assistettero a uno spettacolo al Massimo
napoletano527, in compagnia della coppia reale: «Le Loro Maestà Siciliane […] li condussero di-
rettamente al Gran Teatro San Carlo, splendidamente illuminato. Le Loro Altezze Reali cenarono
con le Loro Maestà nel palco all’Opera»528. I due rimasero «[…] meravigliati dell’abbondanza
questi scorsi giorni si è cominciato a parlare con qualche certezza del viaggio, che saran per fare le A.A.L.L.I.I. il Gran Duca e la Gran
Duchessa; e sebbene finora non si sappia pur anche né il preciso tempo della partenza né le persone del loro seguito, e molto meno si
abbia distinta e sicura contezza della direzione di detto viaggio; non pertanto non lascio di farle presente ciò che per ora si dice: che la
partenza sarà nel ventuno mese di Settembre; che il lor seguito non sarà molto numeroso; che il viaggio sarà in prima diretto da qua
a Vienna passando soltanto per i Stati di questa Imperial Sovrana in quelli di S.M. Cesarea, prendendo per la Polonia Austriaca; che
da Vienna in dove si ritroveranno ben anche le A.A.L.L.R.R. il Gran Duca e la Gran Duchessa di Toscana, passeran poi in Italia; fer-
mandosi alquanto in tutte le principali Città e Corti di essa; tra le quali dicendosi benanche che saranno per capitare costì per averne
in qualche maniera una più sicura anticipata notizia, non mancai ieri, avendo il vantaggio di parlare con S.A.I il Gran Duca di prendere
l’occasione che ne presentò il discorso, che fra l’atro si facea del caldo che sentiva e che in certo modo l’incomodava, di dirle, che io
sperava, che andando l’A. S. I. in qualche luogo dove il caldo è di gran lunga maggiore, non … per risentirne minimo incomodo. Al
che, sorridendo, si compiacque rispondermi, che in un tal modo di parlare parea che io già con una positiva precisione le facessi un
tale augurio: e bene, mi disse, io accetto l’augurio». ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1669 Legazione del governo di Napoli in
Russia. Diversi (1779-1782), lettera n. 114 del duca di San Nicola al marchese di Sambuca del 10 luglio 1781.
521
Ibidem.
522
Gazzetta universale, vol. IX, Napoli, 5 febbraio 1782, p. 103. Oggi meglio noto come Palazzo Zevallos in via Toledo, 185.
523
Cit. da A Grand Tour around Vesuvius. Listri inside Hamilton’s Naples, Calendario Di Meo MMXV 12 febbraio 1782 Hamilton
a Wills Hill, Earl of Hillsborough. Traduzione a cura di Carlo Knight.
524
Ammiratore di Raimondo di Sangro e vicino alla cerchia dei «Liberi muratori», fu noto anche per aver impiantato una fabbrica
di ceramica nel suo feudo Pescolanciano nell’Alto-molisano.
525
L’attuale piazza Trieste e Trento.
526
Cfr. L’epoca dei Lumi e dei moti giacobini, l’incendio doloso ai tempi del duca “ceramologo” Pasquale d’Alessandro (1756-18169),
in E. D’ALESSANDRO DI PESCOLANCIANO, Una dimora gentilizia napoletana nel Quartiere San Ferdinando, Pescolanciano 2017,
pp. 28-33.
527
Gazzetta universale, vol. IX, Napoli, 18 febbraio 1782, p. 136.
128 CAPITOLO QUARTO
delle frutta ch’ebbero nel forte inverno alla tavola del Re […]»529.
Nel corso dei primi giorni gli onorevoli ospiti furono deliziati da numerose rappresentazioni
teatrali:
C’è da interrogarsi sulla casualità della scelta delle opere teatrali mostrate ai viaggiatori. Così
l’Ifigenia in Tauride (o Ifigenia fra i Tauri), una tragedia di Euripide risalente al IV sec. a.C.,
narra la storia della figlia di Agamennone, portata da Artemide in Tauride (nome antico della
penisola di Crimea), abitata appunto dai Tauri, popolo che, secondo Erodoto viveva «di rubamenti
e saccheggio»531. I Tauri praticavano il sacrificio umano, soprattutto dei greci naufragati e cattu-
rati532. Poiché l’Impero russo, l’erede spirituale di Costantinopoli, si era impegnato nella conquista
528
Cfr. A Grand Tour around Vesuvius, cit.
529
V. FLORIO, Memorie storiche ossiano Annali Napolitani dal 1759 in avanti, in Archivio Storico per le Province Napoletane, XXXI,
fascicolo I, Napoli 1906, p. 72. Ne parlò anche la Gazzetta universale: «Grandissima è stata la sorpresa de’ medesimi di trovare
alla tavola di questo Re tutte le sorte frutte compresi i fichi freschi, e le fragole, e S.M. ogni giorno ha mandato loro un regalo di
frutti». Cfr. Gazzetta universale … , vol. IX, Napoli, 18 febbraio 1782, p. 136.
530
Ibidem.
531
Erodoto Alicarnasseo, padre della greca istoria, vol. II, libro IV (Melpomene), cap. VII, dalle stampe, ed a spese di Vincenzo Pog-
gioli, Roma 1808, p. 155.
532
«Costoro ai nemici che pigliano, così fanno: tagliata la testa del nemico, ciascuno se la reca a casa, e piantatala sopra una gran
pertica, la pone molto eminente sul tetto, e per lo più sopra il camino, dicendo, che in alto così si pongono il loro nemici, come
per custodi della casa». Cfr. Ibidem.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 129
della Crimea, occupata all’epoca dai turchi (paragonati appunto ai crudeli Tauri), la rilettura
della rappresentazione teatrale potrebbe essere pensata in chiave politica. Persino l’eroe della
conquista russa del Khanato di Crimea e fondatore della flotta nel Mar Nero, favorito dell’impe-
ratrice, il generale Gregorio Potёmkin, ottenne nel 1787 da Caterina II il titolo di “principe di
Tauride”533. Anche la tragicommedia Il Cid di Pierre Corneille (1606-1684), a cui i russi
assistettero il 17 febbraio e che narra la cacciata dei mori (e dunque musulmani) dalla Penisola
iberica e della Riconquista spagnola (cioè cristiana) dei territori dell’attuale Spagna e Portogallo,
sembra essere in sintonia con la tematica delle altre opere teatrali scelte dai Borbone per l’acco-
glienza degli ospiti534.
Secondo le ultime scoperte, fu Sir William Hamilton a comporre per i Granduchi un itinerario
che includeva i luoghi più degni di essere visitati nel Regno borbonico535. Tra le “attrazioni” se-
gnalate dall’ambasciatore britannico, guida di eccezione tra i più illustri visitatori della Campania
nel secondo Settecento, vi erano: la certosa di San Martino, la fortezza di Castel Sant’Elmo; la
Collina dei Camaldoli (non a caso chiamata prima Monte Prospetto), dal cui giardino «gettare lo
sguardo su tutto ciò che viene chiamato i Campi flegrei, Miseno, Baia, l’isola di Ischia, Procida»;
vi sono poi «qualche chiesa, le catacombe», le tombe dei poeti Virgilio e Sannazaro a Posillipo,
la salita sul Vesuvio «che richiederà un giorno intero», Pompei, Ercolano, Pozzuoli, la Grotta del
cane, il lago Agnano e il Museo di Portici; i resti dei templi antichi a Paestum, una visita
vivamente consigliata da Hamilton, perché «a eccezione di Sicilia, non vi è nulla del genere in
tutta l’Italia». Il diplomatico non dimenticò la splendente natura della Campania Felix, dove «si
può ammirare quel magnifico paese da cui Poussin e Salvator Rosa trassero bellissime scene per
i loro dipinti». Tornati in città, si recava al Palazzo degli Studi, alla reggia di Capodimonte, dove
visitare il gabinetto di medaglie e altri oggetti d’antiquariato, la biblioteca e la pinacoteca; sulla
via del ritorno occorreva fermarsi nel Collegio dei missionari cinesi; visitare il Real Albergo dei
poveri, il Tribunale, la scuola militare della Nunziatella. Tra i luoghi sacri nella nota viene men-
zionato come primo degno di una visita la Cappella Sansevero536, che «è assai curiosa»; la basilica
533
Sulla questione si consulti FERRARI A., Dalla Tauride alla Tavrida. Introduzione al mito della Crimea nella cultura russa, in La
Crimea tra Russia, Italia e Impero ottomano, a cura di A. FERRARI, E. PUPULIN, Venezia 2017, pp. 17-41.
534
Cfr. Gazzetta universale … , vol. IX, Napoli, 18 febbraio 1782, p. 136. La non casualità della scelta di tali opere fu ulteriormente
confermata durante il soggiorno tosano dei Granduchi, che assistettero nuovamente all’Ifigenia in Tauride su libretto del poeta
ed editore toscano Marco Coltellini (1724-1777), attivo presso il Teatro Imperiale di San Pietroburgo dai primi degli anni Settanta
e fino alla morte. In ogni caso, come osserva Anna Giust, «le tappe del grand tour furono un’occasione per includere la Russia nel
circuito internazionale di compositori, cantanti e repertori che caratterizza il tardo Settecento europeo, dalla quale, invece, il
paese si presenta ancora troppo spesso escluso a livello storiografico». Cfr. A. GIUST, Il grand tour del granduca Pavel Petrovic Ro-
manov: andata e ritorno tra Russia ed Europa, in Diciottesimo Secolo: Rivista della Società Italiana di Studi sul Secolo XVIII, 2 (2017),
p. 153.
535
Il “diario” scritto in francese dalla Granduchessa è conservato presso l’archivio della reggia di Pavlovsk. Cfr. N.I. STADNIČUK,
Putešestvie grafa i grafini Severnych v Neapolitanskoe korolevstvo, in «Pamjatniki kultury: novye otkrytija. Pis’mennost’, iskusstvo,
archeologia», 2004 (2006), pp. 399-428.
536
Sulla cappella, piena di riferimenti allegorici legati alla massoneria e alla figura del principe Raimondo di Sangro (1710-1771),
si veda: R. CIOFFI, La Cappella Sansevero: Arte barocca e ideologia massonica, Salerno 1994; EAD. Arte e scienza nella Napoli del
Settecento. Le “macchine anatomiche” del principe di San Severo, in «Napoli nobilissima», settima, vol. I, fasc.1 (gennaio – aprile
2015), pp. 39-45. Si vedano inoltre le due impressioni opposte prodotte dalla visita della cappella sull’erudito francese Jérôme
130 CAPITOLO QUARTO
di San Paolo Maggiore, costruita sui resti del tempio pagano di epoca romana dei Dioscuri; la
chiesa barocca dei Santi Apostoli risalente al IV secolo, la basilica di Santa Maria della Sanità,
cuore dell’omonimo rione in cui sono sorti ipogei ellenistici e catacombe paleocristiane, che
avrebbero segnato la particolare fama della zona in quanto espressione di relazione sacra tra
uomo e morte; la chiesa di San Giovanni a Carbonara, contenete un numero impressionante
di opere d’arte rinascimentali; la basilica gotico-angioina di Santa Chiara, il complesso
monastico più grande e più importante della capitale del Regno. Ed infine occorreva visitare
il Real Palazzo di Caserta, con il teatro e la cappella «non ancora finita», l’acquedotto e, natu-
ralmente, l’anfiteatro campano a Capua537.
Queste escursioni, oltre a una notevole quantità di tempo, richiedevano, secondo Hamilton,
anche una solida preparazione bibliografica. L’ambasciatore consigliò ai Granduchi in particolare
gli Avanzi delle antichità esistenti a Pozzuoli, Cuma, Baia538 dell’erudito e storico Paolo Antonio
Paoli e i Campi Phlegraei. Observations on the Volcanoes of the Two Sicilies539, composti da
cinque lettere dello stesso Hamilton, contenenti le sue osservazioni sulla vulcanologia del
Mezzogiorno italiano e indirizzate alla Royal Society di Londra; una sfarzosa edizione illustrata
da cinquantanove opere di Pietro Fabris: «Entrambi i volumi si possono trovare a Napoli e in
essi c’è tutto ciò che rappresenta l’interesse per le antichità e la storia naturale dei vulcani»,
concluse l’ambasciatore britannico.
Prima di passare ai posti effettivamente visitati da Paolo e Maria a Napoli e dintorni, va ri-
cordato che dal 13 febbraio gli ospiti furono completamente affidati alle cure di Maria
Carolina, allora al settimo mese della gravidanza540. Il raffreddamento dei rapporti, inizialmente
così benevoli, tra Ferdinando e i Granduchi di Russia fu causato dal rifiuto di questi ultimi di
partecipare alla caccia reale organizzata dal re in onore dei russi nella tenuta di Persano. La
passione più forte del sovrano si manifestò nell’esborso di una cifra clamorosa, 14.000 ducati,
per stupire gli illustri viaggiatori con lo splendore del divertimento tipico della corte borbonica,
strettamente legato al mondo militare541. Per comprendere la grandiosità dell’intrattenimento
ideato da Ferdinando, è necessario ricordare che i preparativi ebbero inizio due mesi prima
dell’arrivo dei Granduchi: su un’area di cinque miglia di circonferenza furono portati, secondo
la testimonianza di Hamilton, «500 cinghiali, 1500 cervi e daini, innumerevoli volpi e lepri»542.
Richard (1720-?) e sul marchese de Sade in EAD., Due francesi in viaggio a Napoli: l’Abbé Jérôme Richard e il Marquis de Sade nella
Cappella Sansevero, in La Campania e il Grand Tour…, cit, pp. 329-340.
537
N.I. STADNIČUK, Putešestvie grafa i grafini Severnych…, cit., pp. 401-402. Traduzione a cura di chi scrive.
538
P.A. PAOLI, Avanzi delle antichità esistenti a Pozzuoli Cuma e Baja, Napoli 1786.
539
W. HAMILTON, Campi Phlegraei: Observations on the Volcanoes of the Two Sicilies, as They Have Been Communicated to the Royal
Society of London, Naples 1776-1779.
540
Al termine della quale sarebbe nata Maria Amalia di Borbone-Napoli (1782-1866), futura moglie di Luigi Filippo e regina
consorte di Francia dal 1830 al 1848.
541
Sulla storia di questa importante tradizione rimando a La caccia al tempo dei Borbone, a cura di L. MASCILLI MIGLIORINI,
Firenze 1994.
542
«The K. was greatly disappointed that the G.D. would not accept of his invitation to a shooting party at Persano, fifty miles
from Naples, & which he had been preparing for two months past at the expence of 14,000 Neapolitan ducats. He had drove
into an enclosure of about five miles in circumference about 500 wild boars, 1500 stags & fallow deer, foxes & hares innumerable.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 131
È facile immaginare la reazione furiosa del re a un comportamento così scortese nei suoi con-
fronti. Infatti, in una lettera inviata al padre a Madrid lo stesso giorno, egli riferiva:
Scrivo questa mia umilissima da Persano dove ero venuto anticipatamente per aspettare
i gran Duchi delle Russie che, dovendo andare a vedere le antichità di Pesto, dovevano
qui pernottare, ed anche vedere una caccia che li avevo preparata nella Mena di Casa
Fondata. Essi dovevano qui giungere questa sera, domani veder la caccia, e giovedì mattina
andar a Pesto, e la sera ritornare in Napoli. Ma poi mia Moglie, che era rimasta in Napoli,
mi scrisse sabato che avevano colla solita loro natural rozzezza determinato di non
venirvi543.
However, he was determined not to lose his labour & cost, so he left his Imperial guests to the care of the Queen, and staid a
week, shooting every day, before he could demolish the game he had shut up. I was there the first day, and indeed I never saw
such a number of wild beasts before; but the cold was so excessive, the mountain being covered with snow, that we could hardly
hold our guns». Cfr. letter 115. A.L.S. from Sir W. Hamilton to Charles Greville. Dated Caserta, February 26th, 1782, in A.
MORRISON, The collection of autograph letters and historical documents formed by Alfred Morrison (second series, 1882-1893). The
Hamilton and Nelson papers, vol. I (1756-1797), 1893, n.p., pp. 79-80.
543
Lettera del 12 febbraio 1782 di Ferdinando IV a Carlo III in Il Regno di Napoli dalla tutela all’emancipazione (1775-1789).
Lettere di Ferdinando IV a Carlo III ed altri documenti inediti, vol. II, a cura di C. KNIGHT, Napoli 2015, p. 447.
544
The collection of autograph letters…, cit., p. 115.
545
Ibidem.
546
Lettera di Caterina II ai Granduchi del 10 marzo 1782, in Sbornik …, vol. IX, cit., p. 126.
547
Ibidem.
548
Cfr. R. CIOFFI, La Cappella Sansevero…, cit., p. 116.
132 CAPITOLO QUARTO
549
R. GIGLIO, Serio, Luigi, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XCII, Roma 2018, ad vocem.
550
Giovanni Gregorio Cataldo Paisiello (1740-1816) fu uno dei più noti rappresentanti della scuola musicale napoletana e con-
tribuì in maniera determinante allo sviluppo dell’opera buffa. Nel 1776, su invitò dell’imperatrice russa, partì per San Pietroburgo,
dove lavorò per tre anni in qualità di direttore musicale del teatro della corte della zarina. Fece ritorno a Napoli nel 1784. Sul
personaggio si veda Prodigioso movimento. Paisiello e Cimarosa alla corte di Caterina II, catalogo della mostra (Caserta, Reggia di
Caserta, Real Teatro di Corte, 5 ottobre 2018; Napoli, Conservatorio di Musica San Pietro a Majella, 6 ottobre 2018; San Pie-
troburgo, Teatro dell’Ermitage, 15-25 novembre 2018), a cura di L. PERETTI, Italia 2018.
551
Lettera di Caterina II ai Granduchi del 10 marzo 1782 in Sbornik …, cit., p. 128.
552
Il documento rappresenta un elenco dei più famosi capolavori della certosa, tra cui: la volta della navata con gli affreschi di
Giovanni Lanfranco (1636-1639) con delle scene dell’Ascensione di Cristo con angeli e beati e Apostoli, la Comunione degli apostoli
(1651) e la Pietà (1637) dello Spagnoletto, «uno dei quadri più belli del detto artista», l’Adorazione dei pastori (1642) di Guido
Reni, la tardo cinquecentesca volta affrescata dal Cavalier d’Arpino con le Storie della Passione di Cristo, Virtù, Putti con simboli
della Passione, Storie del Vecchio Testamento, Allegorie di virtù e Personaggi delle Sacre Scritture e, infine, la Negazione di San Pietro
attualmente attribuito a un ignoto caravaggesco nordico. Una simile nota fu composta da Nicolay anche durante la visita a Ca-
podimonte. Tra le opere citate in essa ci cono: San Francesco d’Assisi (1585-1590), Rinaldo e Armida (1601), la Pietà (1600 ca) e
lo Sposalizio mistico di Santa Caterina (1585) di Annibale Caracci, Madonna del Divino amore (ca. 1516-1518) di Raffaello (copia
da) e la Sacra Famiglia del medesimo, il Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi (1525) di Andrea del
Sarto, la Danae (ca. 1544) di Tiziano, la Carità (1611), la Sacra famiglia con i Santi Lorenzo, Francesco d’Assisi, Pellegrino (1607-
1611) e il Cupido (1610-1612) di Schedoni, la Zingarella (1516-1517) di Correggio, la Lucrezia romana (1540) di Parmigianino,
ecc. Cfr. N.I. STADNIČUK, Putešestvie grafa i grafini Severnych…, cit., p. 411.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 133
missionario italiano noto per il suo costante impegno nelle terre dell’Estremo Oriente. L’istituzione
del Collegio dei Cinesi nel 1732 diede origine al Reggio Istituto Orientale (1888-1937), che sa-
rebbe poi diventato l’Istituto Universitario Orientale, al quale accedevano non solo i cinesi e
successivamente i giovani dell’Impero ottomano, ma anche i laici napoletani desiderosi di ottenere
una formazione poliedrica e, quindi, non solo strettamente religiosa553.
Per rendere il Grand Tour di maggiore gradimento degli illustri viaggiatori, Hamilton pensò
di alternare l’esplorazione della città con visite ai suoi dintorni. Così, il 16 febbraio, il gruppo
partì per Pozzuoli dove, sempre secondo le note del segretario del Granduca, ammirò alcuni siti
noti: passando per l’immancabile Grotta di Posillipo, i viaggiatori arrivarono ai Campi Flegrei,
visitarono i resti del Tempio di Serapide, le Stufe di Nerone, i templi di Diana, Mercurio e
Venere, e sbucarono sulla punta estrema della penisola flegrea, Capo Miseno, da dove si gode un
panorama mozzafiato sul golfo di Napoli e sulle isole di Ischia e Procida. Sulla via del ritorno,
passarono per Bacoli, visitando la Piscina mirabilis, la tomba di Scipione l’Africano nell’attuale
Parco Archeologico di Liternum, il lago vulcanico d’Averno e la grotta della Sibilla554.
A una giornata così intensa ne seguì una meno impegnativa. Il 17 febbraio, dopo aver visitato
il Monte della Pietà, la coppia assistette a due gare ippiche organizzate in suo onore sul corso To-
ledo, sulla quale si affacciava la dimora temporanea dei Granduchi: «Il (sic) questo giorno per il
corso di Toledo si sono fatte due corse, una di barberi e l’altra di cavalli con fantino, avendo ot-
tenuto in premio i vincitori due ricche bandiere di dommasco (sic) con ricamo e gallone d’oro
[…]»555. La sera agli ospiti fu offerta una cena presso la Nobile Accademia dei Cavalieri, «il più
importante circolo musicale attivo a Napoli nella seconda metà del XVIII secolo»556, a due passi
dal Palazzo Reale. Anche questa fu una dimostrazione della calda accoglienza dei Borbone, pia-
nificata con largo anticipo:
553
Si vedano sull’argomento: G. NARDI, Cinesi a Napoli, Napoli 1976; PH. KWOK, Napoli e la Cina dal Settecento agli inizi del
secolo, Napoli 1982; Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi di Napoli (1682-1869). Percorso documentario e iconografico, catalogo della
mostra (Napoli, Archivio di Stato di Napoli, 18 novembre 2006 – 31 marzo 2007), a cura di M. FATICA, Napoli 2006.
554
N.I. STADNIČUK, Putešestvie grafa i grafini Severnych…, cit., pp. 411-412.
555
Cfr. Gazzetta universale…, vol IX, n. 17, martedì 26 febbraio 1782. Napoli, 18 febbraio, p. 136.
556
Cfr. L. TUFANO, Ancora sull’Accademia dei Cavalieri e la conversazione degli amici: aggiunte e precisazioni, in «Quaderni del-
l’Archivio Storico», 2007/2008, p. 339.
557
Cit. da L. TUFANO, Accademia musicali a Napoli nella seconda metà del Settecento: sedi, spazi, funzioni, in «Quaderni dell’Archivio
Storico» 2005/2006, p. 139.
134 CAPITOLO QUARTO
Ma quello dei Granduchi non sarebbe stato un vero Grand Tour senza la tradizionale scalata
– nel caso loro solo un tentativo – al Vesuvio. Il 18 febbraio 1782, in compagnia di Hamilton,
considerato padre della vulcanologia, i Granduchi intrapresero un’escursione che avrebbe fatto
gioire l’ambasciatore inglese per la propria eccellente forma fisica rispetto a quella di Paolo e
Maria, nonostante gli oltre trent’anni di differenza tra lui e i turisti affidatigli. I polmoni del
Granduca, secondo Hamilton, erano molto deboli e il suo corpo era malformato, mentre la
Granduchessa era abbastanza “corpulenta” per un simile sforzo fisico:
[…] have the satisfaction of finding that tho’ I am 51 years old, & made pretty free with
my constitution in my younger days, I bear fatigue much better than those who are much
younger and fresher. Their Imperial Highness were quite knocked up on Mount Vesuvius,
without being able to get up the mountain. The Duke’s lungs are very weak, & his body ill
formed & not strong, and the Duchess is rather corpulent. However, the novelty pleased
them. The Duchess’ feet came through her shoes, but I had luckily desired her to take a
second pair558.
Le visite a Pozzuoli e ai Campi Flegrei produssero una forte impressione sui Granduchi, da
indurli a commissionare a Jakob Philipp Hackert alcuni dipinti dei luoghi visti. Paolo e Maria
avevano conosciuto il pittore tedesco già a Roma, dove egli fece loro da guida per Tivoli e
Frascati, luoghi dipinti dall’artista su commissione dei due aristocratici559. Le tele campane sono
menzionate nella corrispondenza dell’artista con un membro del seguito dei Granduchi, il conte
Jusupov, come segue: Veduta del golfo di Baia da Monte Nuovo (fig. 32) e Veduta della Solfatara a
Pozzuoli560. La prima tela è all’Ermitage, la seconda invece fu perduta; esiste un quadro di
Hackert dallo stesso titolo risalente al 1803 e oggi conservato al Cleveland Museum of Art.
Come ben si sa, il pittore era solito ripetere simili composizioni nell’arco della sua carriera. Il di-
pinto di Cleveland potrebbe essere stato ispirato da quello eseguito una ventina d’anni prima per
Paolo e Maria.
I due ultimi giorni nel Regno di Napoli, dal 20 al 22 febbraio 1782, i Granduchi li trascorsero
558
Letter 115. A.L.S. from Sir W. Hamilton to Charles Greville. Dated Caserta, February 26th, 1782, in A. MORRISON A, The
collection of autograph letters…, cit., pp. 79-80
559
Hackert era già ben noto in Russia, poiché dieci anni prima del viaggio descritto aveva eseguito, su commissione del conte
Orolv, alcune tele per immortalare le vittorie della flotta russa contro quella ottomana nel Mar Nero. Nel 1770, il conte Grigorij
Orlov aveva commissionato ad Hackert quattro tele per la sua reggia di Gatčina, raffiguranti la battaglia russo-ottomana di Česme
(1770). I dipinti piacquero alla zarina e furono trasferiti al palazzo di Peterhoff. Più tardi, l’artista ricevette ulteriori commissioni
per un ciclo di tele chiamate a immortalare le vittorie della marina russa nel Mar Nero. Per rendere più attendibile il soggetto
della commissione, Orlov decise di far assistere Hackert all’esplosione e all’affondamento nel porto di Livorno di Santa Barbara,
una vecchia fregata russa da sessanta cannoni. Per l’elenco completo delle circa sessanta opere del pittore tedesco oggi in Russia
si veda: Jakob Philipp Hackert, catalogo della mostra (San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage, novembre 1998), a cura di N.N.
NIKULIN, Sankt-Peterburg 1998.
560
Cfr. N.N. NIKULIN, Pis’ma J.F. Hakkerta N.B. Jusupovu, in Rossijakaja Akademija Khudožestv. Problemy razvitija zarubežnogo
i russkogo iskusstva, a cura di V.I. RAZDOL’SKAJA, Sankt-Peterburg 1995, pp. 77-81. Sulla prima tela rimando a Jacob Philipp
Hackert, Paesaggi del Regno, catalogo della mostra (Caserta, 25 ottobre 1997 – 10 gennaio 1998), a cura di TH. WEIDNER, Roma
1997, tav. 59, pp. 134-137.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 135
Figura 32. Jakob Philipp Hackert, Veduta del golfo di Baia dal Monte Nuovo, 1785. San Pietroburgo, Museo statale
Ermitage
nella reggia di Caserta, ancora in fase di costruzione all’arrivo degli ospiti. Lì i viaggiatori inten-
devano vedere «il parco, la peschiera e la cascata»561. La coppia reale seguì i Granduchi a Caserta
per rendere la loro permanenza di maggiore gradimento. Il fastidio che Ferdinando provava nei
confronti degli ospiti, da lui non molto desiderati, è facilmente intuibile dalle seguenti righe in-
viate al padre a Madrid: «E, con tutto lo strapazzo ed incomodi che ci danno i gran Duchi delle
Russie, che per i peccati nostri hanno voluto venire fin qui, e nei quali si conosce veramente la
loro Nazione non ancora giunta al punto di civilizzazione delle altre»562. Per quanto riguarda sua
moglie, Maria Carolina ebbe molto più tempo per conoscere non solo Paolo e Maria, ma anche
il loro numeroso seguito. Tra i pochi documenti oggi conservati nell’Archivio di Stato di Napoli
che testimoniano il soggiorno campano degli eredi al trono russo vi sono anche quelli che men-
zionano l’illustre corte. Così, Maria Carolina inviò una lettera a suo fratello Leopoldo II
d’Asburgo-Lorena (1747-1792), granduca di Toscana, la successiva tappa dei russi (fig. 33).
561
N.I. STADNIČUK, Putešestvie grafa i grafini Severnych…, cit., p. 425.
562
Lettera del 12 febbraio 1782 di Ferdinando IV a Carlo III in C. KNIGHT, Il regno di Napoli…, cit., p. 447.
136 CAPITOLO QUARTO
Figura 33. Una delle pagine della lettera di Maria Carolina al fratello Leopoldo II d’Asburgo-Lorena sul seguito dei
granduchi di Russia durante il loro soggiorno presso la Reggia di Caserta. Archivio di Stato di Napoli, Archivio
Borbone 1713-1890. Carte di Ferdinando IV. Carte Serracapriola (1783-1822), fasc. 0319, cc. 283v-284r, 26 febbraio
1782, Caserta
In essa la regina espresse le sue impressioni sulla compagnia dei Granduchi, «fior fiore» della so-
cietà della corte di Caterina la Grande563.
563
Tra le persone citate nella “relazione”, che Maria Carolina chiede di bruciare subito dopo averlo letto, il primo nome è quello
di “Monsier Soltikof”, ossia del conte Nikolaj Ivanovič Saltykov, feldmaresciallo, capo dell’esercito nonché luogotenente gran
maestro ad interim del Sovrano Ordine di Malta (1801-1803). Fu il tutore di Paolo e poco dopo il rientro di questi dal viaggio,
sarebbe diventato il mentore dei suoi due figli maschi, il futuro imperatore Alessandro I e il Granduca Costantino. Nonostante
l’alta carica di Soltykov, la regina di Napoli osserva la sua scarsa influenza sul Granduca. Sua moglie Natal’ja, che lo accompagnò
senza alcuna carica ufficiale, fu nota per l’estrema avarizia, costante evasione della vita mondana e per continue lamentele sulla
cattiva salute; tutto ciò venne riferito a Leopoldo II. Una menzione di Maria Carolina la meritò la coppia von Benckendorff:
Christoph, generale e governatore di Riga, fu amico stretto di Paolo; Anna Juliana Schilling von Kanstadt, sua moglie, crebbe
insieme con la Granduchessa a Montbéliard e la seguì a San Pietroburgo dopo il matrimonio di questi. L’occhio della regina
seppe subito distinguere l’ambivalenza dei sentimenti che l’illustre coppia provava per la “Madame Benkendorf ”: «[...] la Grand
Duchesse l’aime et a en elle toute la Confidence, le Grand Ducla considere, mais ne l’aime point». L’antipatia di Paolo per
questi si basava sull’atteggiamento di Anna Juliana nei confronti della favorita del Granduca, Ekaterina Nelidova, anch’essa fa-
cente parte del seguito degli illustri viaggiatori insieme con un’altra damigella d’onore, Natal’ja Boršova, entrambe laureate
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 137
Tra alcuni membri dell’entourage di Paolo, in qualche modo risparmiati dalle critiche dalla
regina, vi fu il principe Aleksandr Kurakin, uno degli amici più intimi del futuro imperatore,
un giovane istruito e amabile, nipote del potentissimo diplomatico Nikita Ivanovič Panin,
mentore a sua volta nelle questioni di politica estera di Caterina per ben diciotto anni. Durante
il soggiorno pietroburghese del re di Svezia Gustavo III, Kurakin avrebbe iniziato alla massoneria
il figlio di Caterina, sempre più sospettosa nei confronti dell’associazione. Motivo per cui il
principe fu esiliato in un villaggio nei pressi di Saratov, da dove avrebbe fatto ritorno solo
dopo la morte della zarina. La regina di Napoli seppe apprezzare le doti personali del principe:
«[…] il est attaché au service du Grand Duc depuis dixsept ans, c’est son favori, c’est lui, à qui
il s’ouvre le plus, mais qu’il maltraite bien souvent aussi pour des bagatelles»564. Interessante è
l’impressione prodotta sulla corte napoletana dal principe Nikolaj Jusupov, già noto in Italia
come amante delle arti e facoltoso collezionista: «[…] paroit avoir plus d’esprit que Kourakin,
mais aussi plus de fausseté»565. Il futuro ambasciatore russo a Torino, Jusupov, fu ritenuto uno
dei maggiori mecenati russi dell’epoca. «Un cervello torbido e inquieto e di un carattere intri-
gante»566, come lo definì il marchese Domenico Caracciolo, il principe fu scelto per accompa-
gnare i Granduchi in quanto, essendosi laureato presso l’Università di Leida, aveva intrapreso
un viaggio di formazione in Europa già nel 1774-1777. La partecipazione al tour in questione
aprì ulteriori prospettive per le aspirazioni collezionistiche del giovane Jusupov: verso la fine
del Secolo dei Lumi, il principe sarebbe diventato il proprietario di una delle più grandi e si-
gnificative collezioni artistiche dell’Impero russo, la quale vantava centinaia di tele, tra cui
Correggio, Rembrandt, Boucher, Lorrain, Tiepolo, David567.
Inoltre, nella sua lettera, la regina menzionò i regali ricevuti da parte dei viaggiatori come
segno di riconoscimento per l’ospitalità mostrata dalla corte napoletana568. Così, le solite ta-
presso l’Istituto Smol’nyj delle nobili fanciulle, dove, oltre alla danza e al canto, studiarono diverse scienze: «[…] la premiere a
plus d’esprit a Second est nulle, toutes les deux de figures come naines et n’ont aucun influence sur la G. Duchesse […]», scrisse
la sorella a Leopoldo, avvertendolo di prestare una particolare attenzione all’astuto e intelligente poeta, bibliotecario e l’insegnante
di logica del Granduca, il barone Ludwig Heinrich Freiherr von Nicolay: «Nicolai est le secrétaire, c’est l’homme le plus dans
la Confiance, et aussi le plus fin, intriguant, il reconnaît tout, on se sert de lui, comme espioneur, il se faire par tout dans toutes
les classes des gens, il sette des propos demande des lumieres, fait del questions, il est de Strasbourg, c’est l’homme le plus pé-
rilleux et fin de toute la cohorte, mais qui a un air faux, il a de l’esprit des connaissances, c’est le pplus agréable mais le plus pé-
rilleux selon mon avis». Cfr. ASNa, Archivio Borbone 1713-1890. Carte di Ferdinando IV. Carte Serracapriola, (1783-1822),
fasc. 0319 Istruzioni e lettere (1788-1822), cc. 281r-284v. Lettera di Maria Carolina al fratello Leopoldo II d’Asburgo-Lorena,
Caserta, 26 febbraio 1782.
564
Ivi, c. 283v.
565
Ibidem.
566
Secondo l’espressione del segretario di Stato, il marchese Domenico Caracciolo, riguardo al desiderio di Jusupov di diventare
ministro plenipotenziario russo presso la corte dei Borbone di Napoli. Cfr. ASNa, Ministero degli Affari Esteri, fasc. 1672 Legazione
del Governo di Napoli in Russia.Diversi (1787), c.n.n. Lettera del Real Ordine al duca di Serracapriola del 18 settembre 1787.
567
Cfr. “Učёnaja prihot’”…, cit.
568
«Pour les presence ils ont donné une tabatière avec brillant à Belmont le Grand Maître, une oreille à Hamilton, montres
et tabatières à quelques gens de Service particulières et 1000 sequins aux bas gens cuisine et chose pareille». Cfr. ASNa, Ar-
chivio Borbone 1713-1890. Carte di Ferdinando IV. Carte Serracapriola, (1783-1822), fasc. 0319 Istruzioni e lettere (1788-
1822), p. 284v.
138 CAPITOLO QUARTO
bacchiere ricoperte di diamanti ebbero Hamilton, il VII principe di Belmonte Antonio Fran-
cesco Pignatelli e alcuni altri “servitori speciali”. Sir William Hamilton stimò il regalo in
£200, così riassumendo: «Nel complesso sono stati molto gentili con me, e sono felice di aver
fatto conoscenza con loro. Con tutti gli altri erano piuttosto altezzosi e prestarono poca atten-
zione all’ambasciatore francese che è cercato di essere sempre vicino a loro»569. Mille zecchini
furono donati alle «bas gens», tra cui, ad esempio, i cuochi. Sono elencati anche i doni che i
Borbone fecero a Paolo e a sua moglie: «[…] à eux nous leur avons donné plus de 30 bustes en
biscuits de porcellaine des meilleurs têtes du Museum de Portici, et des statues, comme le
Mercure Bachante et un collection coplette de toutes les pieces de Vesuve lave ancienne,
moderne […]»570. La stessa informazione, con alcune importanti precisazioni, fu riportata
sulle pagine della Gazzetta universale571, dove viene inoltre menzionato «un superbo regalo di
porcellana della Real Fabbrica» presentato ai Granduchi dalla regina. Durante la visita alla
manifattura, i due rimasero particolarmente colpiti da un servizio di porcellana che subito de-
scrissero a Caterina in una lettera. Anche la sovrana russa sembrò sedotta dalla particolarità e
finezza d’esecuzione dei pezzi descritti da Paolo e Maria: «Le service de porcelaine avec les
desseins d’Herculanum, qu’on fait pour le Roi d’Espagne est une chose, qui fait venir l’eau à
la bouche»572. Nella lettera dell’imperatrice si tratta del cosiddetto servizio di Ercolano
(fig. 34), eseguito su ordine di Ferdinando e inviato in Spagna proprio nel 1782573. Da un lato
l’obiettivo di tale regalo alla corte madrilena fu quello di riconoscere a Carlo il merito di aver
dato l’avvio agli scavi archeologici di Ercolano e Pompei, ma allo stesso tempo rivendicare per
Ferdinando il ruolo di promotore delle ingenti scoperte effettuate dai suoi archeologi sotto la
guida dello stesso Domenico Venuti, all’epoca direttore generale degli scavi. Ogni esemplare
del servizio, che fece venire “l’acquolina in bocca” all’imperatrice russa e di cui oggi si sono
perse le tracce a Madrid, venne decorato con miniature dipinte dal direttore della Galleria dei
Pittori, Giacomo Milani, e dal suo più valido collaboratore Antonio Cioffi. Le immagini ri-
producevano le più belle pitture murali scelte per le incisioni dei primi cinque volumi de Le
Antichità di Ercolano Esposte.
Tra i ricordi più preziosi del soggiorno casertano vi furono altre commissioni a Jakob
Philipp Hackert, che soggiornò per un periodo presso la stessa residenza. Stregati dalla bellezza
della reggia di Caserta e della campagna circostante, i Granduchi commissionarono all’artista
altre opere. Una tela raffigurante il palazzo reale con la vista del golfo di Napoli e il Vesuvio
569
Cfr. Letter 115. A.L.S. from Sir W. Hamilton to Charles Greville. Dated Caserta, February 26th, 1782, in A. MORRISON, The
collection of autograph letters…, cit., pp. 79-80. Traduzione a cura di chi scrive.
570
Cfr. Cfr. ASNa, Archivio Borbone 1713-1890. Carte di Ferdinando IV. Carte Serracapriola, (1783-1822), fasc. 0319 Istruzioni
e lettere (1788-1822), c. 284v.
571
Per l’elenco dei ‘doni’ si veda Gazzetta universale, n. 19, vol. IX, Napoli, 25 febbraio 1782, pp. 151-152.
572
Cfr. Sbornik.., cit., p. 129.
573
Sull’argomento rimando a: A. CARÒLA-PERROTTI, La Porcellana della Real Fabbrica Ferdinandea (1771-1806), Napoli 1978, pp.
56-57; Le porcellane dei Borbone di Napoli. Capodimonte e Real Fabbrica Ferdinandea (1743-1806), catalogo della mostra (Napoli,
Museo Archeologico Nazionale, 19 dicembre 1986 – 30 aprile 1987), a cura di EAD., Napoli 1986, pp. 327-341; D. VENUTI, Spie-
gazione d’un servizio da tavola dipinto e modellato in porcellana nella Real Fabbrica di Sua Maestà il Re delle Sicilie …, Napoli 1782.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 139
Figura 34. Ignoto, Nereide sopra un mostro marino ritrovate negli scavi di Gragnano, incisione tratta da Le
Antichità di Ercolano esposte (vol. II, tav. XLVI); piatto del cd. servizio di Ercolano, Real Fabbrica Ferdinandea, ca.
1781-1782
fumante sullo sfondo (fig. 35)574 e una seconda avente come soggetto e avente come soggetto
Veduta della Campania Felix dalla finestra del Real Palazzo di Caserta (1784), oggi dispersa.
Apprendiamo di queste committenze dalla corrispondenza pluriennale instaurata tra Hackert
e il più volte citato principe Jusupov575.
I nostri grand tourists furono positivamente colpiti dall’accoglienza dei Borbone di Napoli.
Ciò venne subito riferito in una lettera alla madre. È interessante notare a questo proposito che,
secondo la risposta di quest’ultima, si vociferava, invece, di un soggiorno infelice dei Granduchi
a Napoli: «Votre bonne santé me fait grand plaisir, de même que tout ce que Vous mi dites de
Votre réception et séjour en cette ville, et de la façon don’t Leurs Majestés Siciliennes Vous ont
traités; tout ce que Vous me dites à leur égard encore est trés-satisfaisant et rectifie bien des en-
tendu-dire»576. Ferdinando e Maria Carolina, dal canto loro, furono informati dall’ambasciatore
napoletano a San Pietroburgo dell’estrema soddisfazione dei Granduchi della visita del Regno:
574
Si veda tav. 2, in Jacob Philipp Hackert, Paesaggi del Regno…, cit., p. 66. Su Hackert e altri pittori stranieri presso la corte dei
Borbone rimando a F. MAZZOCCA, Un’officina internazionale: artisti stranieri alla corte di Ferdinando IV e Maria Carolina, in Casa
di Re. Un secolo di storia alla Reggia di Caserta (1752-1860), catalogo della mostra (Reggia di Caserta, 7 dicembre 2004 – 13
marzo 2005), a cura di R. CIOFFI, Milano 2004, pp. 121-161.
575
Cfr. N.N. NIKULIN, Pis’ma…, cit., pp. 77-81.
576
Lettera di Caterina II ai Granduchi del 10 marzo 1782 in Sbornik…, cit. p. 129.
140 CAPITOLO QUARTO
Figura 35. Jakob Philipp Hackert, Veduta del Palazzo Reale di Caserta dal Belvedere di San Leucio, 1784. San Pietro-
burgo, Museo statale Ermitage
Una volta lasciata Caserta, i viaggiatori si recarono a Roma. Una curiosità poco nota è legata a
una sosta che i due fecero lungo il percorso verso l’Urbe. Si fermarono a Caprarola per visitare il
Palazzo Farnese, divenuto proprietà dei Borbone di Napoli con la morte della regina consorte di
577
ASNa, Ministero degli Affari Esteri. Legazioni (1733-1860), fasc. 1669 Legazione del governo di Napoli in Russia. Diversi (1779-
1782), lettera n. 155, cc.n.n, lettera di San Nicola al Marchese della Sambuca del 26 marzo 1782, San Pietroburgo.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 141
Spagna e l’ultima dei Farnese, Elisabetta (1692-1766)578. Paolo rimase stupito dalle caratteristiche
difensive di questa costruzione, della quale gli fu regalato un album con quindici incisioni ac-
querellate risalenti a quelli di Giuseppe Vasi del 1746579. Negli anni immediatamente successivi
al viaggio dei Granduchi, all’album furono aggiunti alcuni fogli con il progetto di un palazzo da
costruirsi a San Pietroburgo ispirato in parte alla dimora farnesiana. Così, tra il 1797 e il 1801,
al posto del demolito Palazzo d’Estate – una magnifica reggia dell’imperatrice Elisabetta di Russia
(1709-1761) costruita «in stile veneziano» tra il 1741 e il 1744 su progetto di Francesco Barto-
lomeo Rastrelli e luogo di nascita di Paolo – fu eretto il primo castello di San Pietroburgo, Mi-
khajlovskij (fig. 36)580.
Figura 36. Ignoto, La prospettiva del Palazzo a Caprarola, anni ’80 del XVIII secolo, San Pietroburgo, Museo statale
di storia (inv. I-A-2674-и; I-A-2675-и), disegno acquerellato tratto dall’album regalato ai granduchi di Russia nel
1782; Ignoto, Facciata principale e la pianta generale del castello Mikhajlovskij, San Pietroburgo, Museo statale di
storia (inv. I-A-4350-и)
578
Sul ruolo della regina consorte di Spagna sulla personalità del figlio e sul destino del suo regno rimando a G. SODANO, Elisabetta
Farnese. Duchessa di Parma, regina consorte di Spagna, matrona d’Europa, Roma 2021. Si veda inoltre ID., L’occhio della madre. La
politica internazionale di Elisabetta Farnese, in Le viste di Carlo di Borbone… , cit., pp. 81-91.
579
Oggi conservato presso il Museo statale di storia di San Pietroburgo, inv. I-A-2674-�-2688-�.
580
Purtroppo il padrone non poté godere del tanto atteso progetto: la splendente costruzione difensiva avrebbe ben presto assistito
all’assassinio dell’ormai imperatore Paolo I avvenuto nella primavera del 1801. Per l’album con le incisioni e i progetti del castello
Mikhajlovskij ispirati al palazzo Farnese a Caprarola si veda K. ŽITORČIUK, Čerteži. Predvaritel’nye proekty, in Mikhajlovskij zamok:
zamusel i voplošenie. Arhitekturnaja grafika XVIII-XIX vekov, catalogo della mostra (San Pietroburgo, Museo Russo, 17 febbraio
– 10 maggio 2000), a cura di V. PUČKOV, L. KHAJKINA, Sankt-Peterburg 2000, pp. 25-37.
142 CAPITOLO QUARTO
Dopo la penisola italiana, attratti dalla fama della capitale francese quale culla dell’arte e del
pensiero filosofico illuministico, i due si sarebbero recati persino a Parigi, una tappa inizialmente
esclusa dal percorso programmato da Caterina, che, non a caso, fu una dei primi monarchi
d’Europa a percepire la pericolosa potenza rivoluzionaria di un clima sociale.
Il biennale viaggio in Europa dei Granduchi si sarebbe rivelato di grande importanza soprattutto
alla luce della costruzione della reggia di Pavlovsk situata nell’omonima città a trenta chilometri
a sud di San Pietroburgo. I lavori, supervisionati personalmente da Paolo e Maria, ebbero inizio
nel maggio 1782 sotto la soprintendenza dello scozzese Charles Cameron e si conclusero con il
progetto dell’architetto di origine veneziana, Carlo Rossi (1775-1849). Proprio in questa dimora
in stile neoclassico, la migliore conservata tra tutte le residenze reali fuori la vecchia capitale,
nonché quella dotata di uno dei più grandi giardini all’inglese in tutta Europa, furono inizialmente
collocate le numerose opere d’arte acquistate in Italia durante il memorabile Grand Tour degli
eredi al trono russo.
Voyage à la femme: due aristocratiche russe a Napoli al tramonto del Grand Tour
Nel 1791 a Napoli arrivarono due viaggiatrici russe che scrissero sulla vista che si aprì al loro in-
gresso nella capitale borbonica le seguenti impressioni. Leggiamo le parole Caterina Barjatinskaja:
Mi è piaciuta molto questa città, una delle più belle e importanti d’Europa, e una delle
più piacevoli per la sua posizione e la gentilezza del suo clima. È situata in fondo a una conca
[…] si affaccia a est, sul bordo del mare, con il Vesuvio sullo sfondo. La conca è decorata
dalle belle case di Posillipo, dai palazzi di Portici, dalla vista di Ercolano, Pompei e così via.
Nelle vicinanze si trova il fiume Sebeto, che sfocia nel mare all’estremità della città581.
Napoli è bellissima dal lato del mare. Il suo porto ha una circonferenza di cento miglia
che l’occhio può cogliere da un solo punto di vista. L’isola di Capri, famosa come luogo di
riposo di Tiberio, si trova di fronte a questa città. Sono in corso scavi dove stanno venendo
alla luce superbe rovine dell’antichità. Sulla destra si vede la famosa Costiera di Posillipo582.
Sono le testimonianze di una madre e di una figlia, rappresentanti della più altolocata aristo-
crazia russa dell’epoca, facenti parte della cerchia intima della famiglia reale. Protagoniste di una
spedizione, effettuata al tramonto del Grand Tour e all’alba dell’età contemporanea. Caterina
Barjatinskaja (1750-1811) era moglie del principe Ivan Sergeevič Barjatinskij (1740-1811), un
nobile massone, ambasciatore russo presso la corte di Luigi XVI negli anni 1775-1786. La loro
581
OR RGB, f. 19 Barjatinskie, sez. V/2, b. 12, c. 141. D’ora in avanti la traduzione dal francese è a cura di chi scrive.
582
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 7v. D’ora in avanti la traduzione dal francese è di chi scrive.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 143
figlia Anna aveva sposato a quindici anni il conte Nikolaj Aleksandrovič Tolstoj (1765-1816),
influente consigliere segreto e futuro maresciallo di corte di Alessandro I. Nel 1789 le due donne
partirono per un viaggio pluriennale in Europa in compagnia del marito di Anna, il conte
Tolstoj, e di Ivan Barjatinskij (1767-1825), figlio di Caterina e fratello maggiore di Anna, futuro
diplomatico, desideroso di iscriversi in un’università tedesca.
Il viaggio è raccontato da due fonti importanti: i diari di Caterina e Anna, oggi conservati a
Mosca nel Dipartimento delle fonti scritte della Biblioteca di Stato russa583. I documenti in que-
stione non solo attestano l’ampia portata del fenomeno dei viaggi dei russi nel capoluogo parte-
nopeo nell’Età dei Lumi, ma costituiscono anche una fonte preziosa per la storia dell’arte. Come
vedremo, entrambi i diari si distinguono per l’attenta registrazione e descrizione di ogni monu-
mento visitato e opera d’arte vista durante il viaggio. Scritti in francese, la lingua franca della
società colta di allora, i due taccuini rappresentano inoltre un raro esempio del Grand Tour in
Italia narrati da donne russe584. L’unico esempio di un soggiorno napoletano descritto da una
viaggiatrice che abbiamo citato finora, quello della principessa Daškova, è ben diverso dai diari
delle nostre protagoniste, perché fu compilato molti anni dopo la spedizione stessa per essere
pubblicato sotto forma di memorie. I diari di Caterina Barjatinskaja e Anna Tolstaja hanno un
carattere più intimo e, essendo stati composti durante il viaggio, trasmettono impressioni imme-
diate.
Dai resoconti sappiamo che il gruppo partì da San Pietroburgo il primo novembre 1789 e
compì il consueto percorso attraverso i soliti territori. L’ultima nazione visitata dai nostri grand
tourists prima dell’arrivo in Italia nel 1790 fu la Svizzera; a dicembre dello stesso anno li troviamo
a Roma. Nel gennaio 1791 la principessa Barjatinskaja conobbe Angelika Kauffmann e divenne
una grande appassionata non solo del talento della pittrice più richiesta dei suoi tempi, ma
anche della sua nobile personalità, avendo osservato nel diario quanto segue:
Prima di lasciare Roma, sono andata ancora una volta a vedere Angelica Kaufman e ad
ammirare le sue opere. Le ho viste diverse volte, ma non mi annoio mai a guardarle. Questa
donna, nonostante il suo grande talento, è piena di modestia. Ha una natura gentile che la
rende amata e rispettata da tutti. […] è priva di apparenze o pretese, completamente diretta
nel suo atteggiamento e nel suo modo di esprimersi. Invece di vantarsi o di inseguire le lodi,
sembra al contrario evitarle, accettando con grande modestia quelle che il suo lavoro le
procura. Nella nostra vita, una donna del genere non è compatibile con persone amanti la
583
Otdel rukopisej Rossijskoj gosudarstvennoj biblioteki (d’ora in avanti OR RGB). Per il diario di Caterina si veda: OR RGB,
f. 19 Barjatinskye, sev. V/2, b. 12; per quello di Anna si consulti: OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22 Notes de mon voyage l’an
1789. Il viaggio è stato commentato nell’articolo di Ljubov’ Savinskaja, Stranitsy iz dnevnika. Putešestvija Ekateriny Petrovny Bar-
jatinskoj po Evrope. 1789-1792, in «Pinakoteka», №2, 1997, pp. 48-55. Per il soggiorno napoletano di Anna rimando al mio re-
cente saggio: B. TAKUSHINOVA, Un viaggio nel Regno di Napoli alla fine del XVIII secolo, in «Napoli nobilissima», settima serie,
vol. VIII, fasc. II (maggio – agosto 2022), pp. 71-82.
584
Sulla presenza di viaggiatrici straniere in Italia e, in particolare, a Napoli nel XVIII secolo si vedano: A. Brilli, FINO L., Donne
del Grand Tour a Napoli e dintorni: tra il XVIII e il XIX secolo, Napoli 2014; BRILLI A., Le viaggiatrici del Grand Tour: storie, amori,
avventure, Bologna 2020.
144 CAPITOLO QUARTO
mondanità, che riconoscono come vere virtù solo i caratteri esteriori altrui. Molti francesi e,
purtroppo, anche molti russi non l’apprezzavano, considerandola una donna molto semplice,
perché la giudicavano solo superficialmente, mentre lei è una di quelle persone che sono più
attraenti attraverso una conoscenza ravvicinata, capace di mostrare le sue qualità585.
Dopo numerose visite allo studio romano della pittrice, la principessa ordinò un grande
ritratto di gruppo della sua famiglia586. Nell’imponente tela neoclassica (cm 285,5x198,5),
eseguita tra il 1791 e il 1792, Kauffmann raffigurò tutti i partecipanti al viaggio durante il loro
soggiorno romano (fig. 37).
La composizione si presenta equilibrata: a sinistra di chi guarda si riconosce la figura della prin-
cipessa Caterina Barjatinskaja, seduta accanto a un tavolino sul quale è posto il busto di suo padre,
il duca Peter August Friedrich von Schleswig-Holstein-Sonderburg-Beck (1697-1775), eseguito
dallo scultore tedesco Alexander Trippel. La principessa ha tra le mani il ritratto del marito587.
Nella parte destra del dipinto vi sono i suoi figli, Ivan e Anna con la mano sinistra delicatamente
appoggiata sulla spalla del marito, il conte Tolstoj, a cui è rivolto il tenero sguardo della giovane.
La tela, della quale conosciamo un bozzetto, una replica non firmata e un’incisione risalente al
secolo successivo588, ha suscitato l’interesse degli studiosi della Kauffmann per i modelli raffigurati,
pressoché ignoti al pubblico europeo, che inizialmente furono identificati persino come “Goethe
e i suoi amici”589. Solo nel 1963 Andrea Busiri Vici ne fornì una corretta interpretazione590.
585
OR RGB, f. 19 Barjatinskie, sez. V/2, b. 12, cc. 126-127.
586
Non fu, tuttavia, l’unica opera commissionata alla Kauffmann dalla principessa Barjatinskaja durante la permanenza romana.
L’elenco dei quadri, composto dalla stessa pittrice, contiene le seguenti descrizioni delle committenze della «Sua Altezza la Sig.ra Prin-
cipessa di Holstein-Beck di Russia» risalenti all’inverno del 1791: «Un quadretto con figure di circa 3 palmi, rappresentante S.ta
Anna, S. Gioachino e la S.ta Vergine Maria fanciula in atto di anaquare la pianta del Giglio simbolo della purità – il detto quadretto
molto finito e studiatto, servì di modello per il quadro d’altare per la chiesa di Loretto, a doversi fare a Roma in mosaico. La suddetta
Principessa aquistò il detto quadretto per Zecchini 60». E ancora: «Un quadro (…) con figure al naturalle non intiere, rapresentanti,
il Ritratto della Pitrice Angelica Kauffmann con due altre figure alegoriche che rappresantano la Pitura e la Musica al momento che
la Pitrice stringendole la manno, da un addio alla musica che cerca di sedurla, e si da intieramente alla Pitura che le indica in distanza
il Tempio della Gloria ove potrà giungere per via dell dissegnare e dipingere. Il detto quadro accordatto per Zecchini 240». Cit. da
La “Memoria delle piture (sic.)”…, cit., pp. 54-55. Si doveva, dunque, trattare dell’Autoritratto fra Musica e Pittura (1792, olio su
tela, Mosca, Museo Puškin delle Belle Arti) e dell’Amore e Psiche (1792, olio su tela, Bregenz, Vorarlberger Landesmuseum). Cfr.
Angelika Kauffmann e Roma, catalogo della mostra (Roma, Accademia Nazionale di San Luca, Istituto Nazionale per la Grafica, 11
settembre – 7 novembre 1998), a cura di O. SANDER, Roma 1998, pp. 44, 46. Infine, all’Ermitage è conservata L’infazia della Vergine
Maria (1791, olio su tela, San Pietroburgo, Museo statale Ermitage), proveniente dalla collezione dei Barjatinskij. Cfr. N.N. NIKULIN,
Ermitaž. Sobranie zapadnoevropejskoj živopisi. Katalog. Nemetskaja i avstrijskaja živopis’ XV-XVIII veka, Moskva-Florentsia 1987, tav.
227, p. 282.
587
Il marito della principessa, padre di Anna e Ivan, non prese parte al viaggio, poiché pochi anni dopo il matrimonio i coniugi
decisero di vivere separatamente per incompatibilità di carattere.
588
La prima redazione si trova presso il Museo Puškin di Mosca. Esiste una replica non firmata, donata alla città di Losanna dalla
principessa Anna Barjatinskaja e ricordata nel catalogo della mostra Angelika Kauffmann e Roma. In tale esposizione furono presentati
un bozzetto (Modello per il ritratto della famiglia Barjatinskij, olio su tela, 62,5x50,5cm), che si trova presso il Vorarlberger Lande-
smuseum di Bregenz (inv. Gem 10), e un’incisione realizzata da Raffaello Morghen e Giovanni Battista Dell’Era (acquaforte e bulino,
6,51x4,17cm, Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, Gabinetto Stampe, FC. 50880 vol. 40H19). Cfr. Angelika Kauffmann e
Roma…, cit., pp. 44, 143.
589
Ibidem.
590
Cfr. A. BUSIRI VICI, Angelica Kauffman e i Bariatinski, Roma 1964, p. 23 e sgg.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 145
Figura 37. Angelika Kauffmann, Ritratto della principessa Caterina Petrovna Barjatinskaja con la
famiglia, 1791. Mosca, Museo Puškin delle Belle Arti
146 CAPITOLO QUARTO
I viaggiatori lasciarono Roma a metà gennaio e si recarono nel Regno di Napoli, passando per
Velletri, Terracina e Gaeta. La strada da Roma, pur non essendo tra le più facilmente percorribili
dell’epoca a causa delle famose paludi pontine, venne giudicata positivamente dalla contessa
Tolstaja, grazie alle modifiche di viabilità dell’Appia avviate sotto Pio VI591. Ammirarono il noto
acquedotto nei pressi del fiume Garigliano, «che forma delle paludi, dove il coraggioso Mario si
nascose dall’inseguimento dei compagni di Silla, che non riuscì a evitare»592. Il gruppo entrò nel
Regno di Napoli, visitando la famosa Crypta Neapolitana. Anna ammirò uno dei siti più suggestivi
della capitale borbonica, come scrisse nel diario:
Diversa fu l’impressione prodotta da una delle maggiori attrazioni turistiche della città sulla
madre:
Il 13 gennaio siamo arrivati a Napoli, dove ho visto la Grotta di Posillipo, che non mi ha
dato una sensazione molto piacevole. […] Abbiamo impiegato un quarto d’ora per attra-
versarla. L’aria è puzzolente e malsana: c’è solo una piccola apertura al centro di tutta la lun-
ghezza. Sebbene questa grotta sia molto famosa, non mi ha ispirato il desiderio di tornarci
più di quando sono stata costretta a farlo594.
Per molti viaggiatori dell’epoca una tappa obbligata era la Villa Reale che allora si estendeva
lungo la riviera di Chiaia fino all’appena menzionata Crypta Neapolitana. L’ammirazione del
Real Passeggio provocata nei numerosi turisti fu dovuta, oltre ai padiglioni vanvitelliani595 e alla
vista mozzafiato della baia napoletana, alla presenza della cosiddetta “montagna di marmo”,
ovvero il “Toro Farnese”. La più grande opera scultorea del mondo classico raffigurante il
supplizio di Dirce fu portata – com’è noto – da Roma a Napoli nel 1788 insieme con una parte
della collezione farnesiana e fu inizialmente collocata nel giardino della Villa. Proprio lì, essendo
stato «talmente restaurato che non ve ne è rimasto nulla d’antico»596, secondo la testimonianza
591
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 7v.
592
La principessa Barjatinskaja allude a un noto episodio della guerra civile romana del 82-83 a.C. e allo scontro tra Gaio Mario
e Lucio Cornelio Silla, che si concluse con la ritirata e il suicidio di quest’ultimo.
593
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 7v.
594
OR RGB, f. 19 Barjatinskie, sez. V/2, b. 12, c. 136.
595
Progettati da Carlo Vanvitelli e costituiti da due ali utilizzate come caffé, sala da biliardo, sorbetteria, bottiglieria e vendita di
“galanterie”, i padiglioni furono demoliti nel 1869.
596
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 8r. Sulla storia dei numerosi restauri del gruppo scultoreo in esame rimando al saggio
G. PRISCO, La più bella cosa della cristianità». I restauri dalla collezione Farnese di sculture, in Le sculture Farnese. Storia e documenti,
a cura di C. GASPARRI, Napoli 2007, pp. 81-134.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 147
di Anna, il “Toro” fu esposto alle intemperie per quasi un trentennio. Si dovette aspettare il
1826 per vedere il gruppo posizionato tra le mura del Real Museo Borbonico, a seguito di un or-
dine reale e alle numerose sollecitazioni da parte di Carlo IV di Spagna, che, pur essendo
all’epoca esiliato a Roma, ebbe più opportunità di visitare il museo597.
Come ben si sa, assieme al “Toro Farnese”, a Napoli arrivò un altro pezzo importante della
collezione farnesiana, che la contessa Tolstaja vidi durante la sua visita della Real Biblioteca Bor-
bonica al Palazzo degli Studi:
La biblioteca è molto grande, ma non può essere paragonata a quella di Roma per di-
mensioni, essendo molto più piccola grazie all’aggiunta di due ali, una delle quali è stata
completata e ospiterà le statue del Museo di Portici, mentre le altre sono decorate con
antiche colonne verdi portate da Ercolano. [...] Scendendo al piano inferiore, in una grande
sala, si trova l’Ercole Farnese, un capolavoro d’arte598.
La visita si spostò poi alla reggia di Capodimonte, imperdibile per l’imponente collezione di
opere d’arte. Tuttavia, pur riconoscendo la qualità di queste ultime e il genio dei maestri del
passato, Anna sottolineò l’estrema umidità del luogo e le condizioni, di conseguenza, poco
adatte alla conservazione delle preziose tele:
Per arrivarci abbiamo attraversato la città e siamo saliti a lungo599, da lì abbiamo avuto
una bella vista su tutta Napoli, che si trova proprio ai piedi di questa montagna. [...] Questo
palazzo appartiene al Re e ha una bella pinacoteca dove vediamo la Danae di Tiziano600, che
assomiglia un po’ a Venere. [...] Qui vediamo una magnifica Madonna del Correggio601, che
ha un volto bellissimo e che abbraccia il bambino Gesù con una tenerezza e un’espressione
597
A questo proposito, Michele Arditi, direttore generale del Museo di Napoli e soprintendente alle antichità, osservava già nel
1818: «In atto poi di mettersi in carrozza per restituirsi al Palazzo Regale, mi fece Sua Maestà [Carlo IV] l’onore di dirmi, che
ben tre volte aveva fatto sentire al Re Sig.r nostro, come il famoso gruppo del Toro Farnese riceveva ogni giorno dell’oltraggio in
quel sito; ed era perciò benfatto che si trasportasse nel Regale Museo: alle quali replicate premure gli aveva sorridendo risposto il
nostro Augusto Sovrano: “Mi pare, che siate divenuto l’Avvocato del Toro Farnese”». Cfr. ASNa, Ministero degli Affari Esteri In-
ventario I. Antichità e belle arti, 1799-1842, b. 997, fasc. 11 Relazione del direttore del Museo in merito alla visita di Carlo IV alla
Quadreria del Museo e alla biblioteca e allle collezioni di antichità (1818), cc.n.n, lettera del Cav. Arditi al Ministro degli Affari In-
terni Diego Naselli, Napoli, 10 maggio 1818. Comunque sia, sappiamo che, una volta arrivato al Real Museo Borbonico, il
“Toro Farnese” fu inizialmente collocato nella zona della necropoli greco-romana conosciuta come Vanella di S. Teresa. Cfr.
ASNa, Ministero degli Affari Interni, Inventario II. Antichità e belle arti, 1821-1832, b. 2056, fasc. 80 Toro Farnese situato nel
Museo. Trasporto di statue dalla villa nel Museo. Formazione del Museo Epigrafico. Pitture situate nel locale dell’Istituto. Appalto con
dell’Aquila per la esecuzione de’ lavori dietro il Palazzo degli studi (1826), cc.n.n. Lettera del Direttore Cav. Michele Arditi al
Ministro Segretario di Stato di Casa Reale e degli Ordini Cavallereschi Luigi de’ Medici di Ottajano, Napoli, 17 marzo 1826.
Sul Toro Farnese si vedano: F. RAUSA, Il “Toro Farnese”, in Le sculture Farnese, III. Le sculture dalle Terme di Caracalla. Rilievi e
varia, a cura di C. GASPARRI, Verona 2010, pp. 17-20; G. PRISCO, Dalle Terme al Museo di Napoli, in Il Toro Farnese. La «montagna
di marmo» tra Roma e Napoli, Napoli 1991, pp. 47-116.
598
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 8r. Cfr. F. RAUSA, L’“Ercole Farnese”, in Le sculture Farnese (III)…, cit., pp. 20-25.
599
Come ben si sa è solo con il decennio francese che a Napoli apparve la strada che avrebbe collegato il centro della città con la
reggia di Capodimonte. Cfr. Il bosco, il parco e la reggia nel Settecento, in F. CAPANO, Il sito reale di Capodimonte. Il primo bosco,
parco e palazzo dei Borbone di Napoli, Napoli 2017, pp. 31-84.
600
Tiziano Vecellio, Danae, ca. 1545. Cfr. Museo Nazionale di Capodimonte, a cura di N. SPINOSA, Napoli 1994, p. 81.
601
Correggio, Madonna con Bambino (detta la “Zingarella”), 1515-16. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte.
148 CAPITOLO QUARTO
che deve essere stata molto difficile da trasmettere, ma il dipinto è così rovinato che non si
vede quasi nulla, l’intera galleria è così mal tenuta e umida che i dipinti sembrano ammuffiti,
e quindi il colore è completamente sbiadito602.
L’entusiasmo della giovane figlia non fu condiviso da Caterina neanche quella volta:
A Napoli c’è una vastissima galleria di quadri mediocri: i più belli sono un’Adorazione
dei Magi di Cesare da Sesto di Milano603, contemporaneo di Raffaello. […] C’è poi una
bella copia da Raffaello di Andrea del Sarto, il Ritratto di papa Giulio II de’ Medici. L’originale
si trova a Firenze604. Una Danae di Tiziano; il Ritratto di Paolo III dello stesso artista605. Lo
Sposalizio di Santa Caterina del Correggio606. Un Cristo morto sulle ginocchia della Vergine
di Annibale Carracci607. […] diversi bei dipinti dello Schedoni608, qualche Parmigianino609,
un Giovanni Bellini610, maestro di Tiziano, […] ecc. 611.
Oltre all’eccezionale quadreria della reggia borbonica, ad attirare l’attenzione dei numerosi
viaggiatori dell’epoca vi furono i pregiati cammei e le pietre incise, nonché un’impressionante
collezione di vasi antichi. Le nostre viaggiatrici rimasero colpite da tali pezzi e in particolare da
due capolavori, tra i più preziosi della collezione ereditata da Carlo di Borbone, ossia la cosiddetta
Tazza Farnese612 e la Cassetta Farnese613. Leggiamo nel diario di Anna:
602
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 8r-v.
603
Cesare da Sesto, Adorazione dei Magi, ca. 1516-1519.
604
Evidentemente l’autrice del diario si riferisce al Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi (ca. 1525).
Cfr. M. CARDINALI, A. CERASUOLO, A. ZEZZA, C. 6 Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi, in Raffaello
a Capodimonte. L’officina dell’artista, catalogo della mostra (Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte, 10 giugno – 13 set-
tembre 2021), a cura di A. CERASUOLO, A. ZEZZA con la collaborazione di M. CARDINALI, Roma – Napoli 2021, pp.
188-193.
605
Tiziano Vecellio, Ritratto di Paolo III con i nipoti, ca. 1545. Cfr. Museo Nazionale di Capodimonte, cit., p. 82.
606
Nozze mistiche di Santa Caterina, ca. 1520. Cfr. Ivi, p. 65.
607
Annibale Carracci, Pietà, ca. 1600. Cfr. Ivi, p. 100.
608
Quelle più note sono: Il precetto del faraone (1613), La carità di Sant’Elisabetta d’Ungheria (1611), San Sebastiano curato da
Sant’Irene (ca. 1615). Sulle opere dell’artista oggi nelle collezioni del museo rimando a P. LEONE DE CASTRIS, Museo Nazionale di
Capodimonte. La collezione Farnese. La scuola emiliana: i dipinti. I disegni, Napoli 1994.
609
Tra le opere più note di Girolamo Francesco Maria Mazzola nella collezione di Capodimonte ci sono, ad esempio, Antea (ante
1535), Lucrezia romana (1540), Ritratto di Galeazzo Sanvitale (1524).
610
Giovanni Bellini, detto il Giambellino e Zuane Belin, Trasfigurazione (ca. 1480-1485). Cfr. Museo Nazionale di Capodimonte,
cit., p. 35.
611
OR RGB, f. 19 Barjatinskie, sez. V/2, b. 12, cc. 141-142.
612
Un antico vaso in agata sardonica che rappresenta un eccezionale esemplare della glittica di età ellenistica, «unico per dimen-
sioni, complessità figurativa e livello formale». Cfr. C. GASPARRI, “La scudella nostra di calcidonio”…, cit., p. 70.
613
Commissionata da Alessandro Farnese a Manno di Bastiano Sbarri e Giovanni Bernardi tra il 1543 e il 1561. Sui lati della
cassetta in argento dorato sono incastonati sei ovali in cristallo di rocca con le seguenti scene: Centauromachia, Amazzonomachia,
Caccia al cinghiale calidonio, Naumachia, Corsa di quadriche e Trionfo di Bacco. Cfr. L. MARTINO, Cassetta Farnese, in I Farnese.
Arte e Collezionismo, catalogo della mostra (Colorno – Monaco – Napoli, 4 marzo – 21 maggio 1995), a cura di L. FORNARI
SCHIANCHI, N. SPINOSA, Milano 1995, pp. 358-361; E. PARMA ARMANI in Perino del Vaga tra Raffaello e Michelangelo, catalogo
della mostra (Mantova, 18 marzo – 10 giugno 2001), a cura di G. ALGERI, Milano 2001, tavv. 170-174, pp. 302-307.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 149
Un’altra visita immancabile a Capodimonte era quella alla manifattura di porcellane616. Tra
le numerose ricchezze conservate nella nota officina che le due visitarono nel periodo del suo
massimo splendore, ossia nel ventennio dal 1780 al 1800, quando era direttore Domenico Ve-
nuti, Anna soffermò la sua attenzione su un altro pezzo cruciale della collezione farnesiana:
Hanno collocato in questa fabbrica alcune belle statue di marmo, tra cui vi è la Venere
che esce dal bagno, la cosiddetta Venere dalle belle natiche617; trasportata dal palazzo
Farnese di Roma a Napoli, questa Venere è molto bella ed è più grande di quella dei
Medici ma, secondo me, non è altrettanto graziosa618.
L’arte del presepe, in quanto genere peculiare dell’artigianato napoletano del Settecento, fu
tra le attrazioni maggiormente ammirate dalla contessa Tolstaja:
Le figure e gli animali sono eseguiti con notevole realismo [...] anche l’architettura è
bellissima. Qui sono rappresentate le rovine di un antico tempio, dove vediamo la Vergine
c o n
in braccio un bambino e accanto a lei San Giuseppe, oltre a re, pastori e persone di tutte
le nazioni vestite con i costumi tradizionali, creando un effetto suggestivo619.
Non poté mancare la visita agli scavi di Ercolano e Pompei, un’altra tappa imperdibile. La
principessa Barjatinskaja sembra attratta dal famoso Museum di Portici più che da tutto il
resto del Regno borbonico. La parte “napoletana” del suo diario, a differenza di quello della fi-
glia, è quasi interamente dedicata alla storia di Ercolano e Pompei e ai reperti degli scavi reali
(fig. 38).
614
Probabilmente Alessandro che caccia il cinghiale. Cfr. T. GIOVE, A. VILLONE, Elenco delle gemme esposte, in Le gemme Farnese, a
cura di C. GASPARRI, Napoli 1994, p. 142.
615
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 8r.
616
La fabbrica si trasferì nel Palazzo Reale di Napoli nel 1795.
617
Statua di Afrodite, conosciuta come Callipigia Farnese, copia marmorea di un originale bronzeo di epoca ellenistica. Arrivata
a Napoli insieme al resto della collezione farnesiana e collocata nella reggia di Capodimonte, fu successivamente trasportata nel
Real Palazzo degli Studi, dove la troviamo già nel 1832. Cfr. ASNa, Ministero degli Affari Interni, Inventario I. Antichità e belle
arti, 1799-1842, b. 1004, fasc. 12 Lavori necessari per traslocare in sito riservato i sette quadri della Quadreria e le veneri nude
esistenti nelle collezioni delle statue, che, «riunite alla ‘Venere callipigia’ saranno mostrate solo a coloro che ne avessero bisogno per arte
(1832 – 1833). Si vedano anche: E. LA ROCCA, Le sculture antiche della collezione Farnese, in Le collezioni del Museo Nazionale di
Napoli, a cura dell’Archivio Fotografico Pedicini, Roma 1989, pp. 43-65; S. PAFUMI, Statua di Afrodite, cd. Callipige, in Le sculture
Farnese, I. Le sculture ideali, a cura di C. GASPARRI, Verona 2009, pp. 73-76.
618
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 12r.
619
Ivi, cc. 8v-9. Nel diario non è precisato il luogo dove l’autrice del diario ebbe modo di vedere tale presepe.
150 CAPITOLO QUARTO
Di seguito una delle “note storiche” lasciate da Caterina sul ruolo del duca d’Elbeuf, luogote-
nente generale della cavalleria dell’imperatore Giuseppe I a Napoli, sulla scoperta dell’antica
città e sulla costruzione della sua famosa villa, la prima di 122 ville vesuviane del Miglio d’oro
che avrebbe ispirato Carlo e Maria Amalia per la costruzione della reggia di Portici620:
620
Sul gusto artistico del regnante rimando a R. CIOFFI, La cultura europea del giovane Carlo e il suo gusto artistico, in Le vite di
Carlo di Borbone… , cit., pp. 106-115.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 151
il Principe fece continuare gli scavi con maggiore zelo. Furono trovati l’architrave e la parte
superiore di una porta di marmo con un’iscrizione e sette statue greche simili a Vestali.
Qualche tempo dopo, fu trovato un antico tempio rotondo, circondato da 24 colonne di
alabastro e altrettante statue greche di marmo. Il governo impedì che gli scavi continuassero
e tutto fu sospeso fino a quando, nel 1736, salì al trono di Napoli Don Carlo, che fece co-
struire un palazzo a Portici. Fece scavare il sito fino a 80 metri di profondità e scoprì
un’intera città621.
La viaggiatrice era poi molto interessata alle proprietà della cenere che seppellì le antiche
città, e ogni nuova informazione e osservazione al riguardo veniva gelosamente fissata da questa:
Il massiccio che ricopre Ercolano presenta una cenere fine, grigia e lucida, che mescolata
con l’acqua forma un composto che si frantuma con difficoltà e si riduce in polvere. Le
analisi mostrano che si tratta di un materiale della stessa natura della lava del Vesuvio, con
la differenza che l’acido solforoso è evaporato. I pochi scheletri ritrovati dall’inizio degli
scavi fanno pensare che questo materiale abbia ricoperto la città solo gradualmente, dando
agli abitanti il tempo di fuggire con tutto ciò che potevano portare con sé dei loro beni più
preziosi.
Questa polvere ardente trasformava in braci le porte e gli altri materiali combustibili che
ricopriva. Sembra che il suo calore persistesse a lungo e si diffondesse in larga misura a tutti
gli oggetti presenti nelle case, tanto da ridurre in cenere pane, frutta, legno e alcuni volumi
in pergamena senza distruggerne la forma. Per quanto fossero fatti di pergamena, non po-
tevano essere rimossi né arrotolati; e, dispiegandoli con grande pazienza, la loro cenere con-
servava una forza sufficiente per assumere la forma di una pellicola biancastra ricoperta di
simboli, ancora abbastanza visibili da essere leggibili quando venivano arrotolati e incollati
alla carta. Le statue, i mobili e gli utensili sono in bronzo, ma nessuno è fuso. [...] A
Ercolano sono stati trovati anche piselli, fagioli, pinoli, pagnotte intere, un pezzo di pasta
lievitata pronta per la cottura, grano, orzo, uva, uova, melograni, fichi, fricassea, trecce,
urne, reti da pesca, fasci di fili, sandali di corda e vino622.
Giunta a Portici, la principessa russa rimase estasiata dalla collezione di antichità allora
raccolte nel palazzo:
A Portici, al Palazzo Reale, ciò che mi ha soddisfatto sono stati i dipinti trasportati da
Pompea, i cui colori sono sorprendentemente ben conservati. Si tratta di dipinti a fresco su
sezioni di muro che sono state rimosse con tale cura da risultare solo leggermente danneggiate.
Alcuni sono più danneggiati di altri. Vi è una quantità di bronzi, statue, utensili, ferro, sia
per i sacrifici che per la chirurgia e la cucina. Antichi oggetti in vetro come fiaschette,
bottiglie, il tornio in diverse forme, ampolle in cui tenevano le loro essenze, persino i fard,
621
OR RGB, f. 19 Barjatinskie, sez. V/2, b. 12, cc. 137-138. Sulla villa invito a consultare Il Real sito di Portici, a cura di M.L.
MARGIOTTA, Napoli 2008.
622
Ivi, cc. 139-140.
152 CAPITOLO QUARTO
che venivano usati dalle donne e che conservano ancora un bel colore. Ci sono cristalli a
forma di pera di varie forme e di colori sorprendentemente belli. Ce ne sono alcuni dipinti
con colori così vivaci che mi hanno incantato623.
La contessa Tolstaja, dal canto suo, sottolineò la posizione pittoresca della dimora reale,
situata, non a caso, alle porte della capitale borbonica, da dove «vediamo Napoli dalla parte più
vantaggiosa»624:
Altre curiosità si offrivano ai viaggiatori con l’esplorazione dell’area vulcanica dei Campi
Flegrei. Ricordiamo che già le testimonianze tardo seicentesche dei visitatori russi abbondavano
di racconti fatti da scaltre guide locali che, con abili trucchi, simulavano vere e proprie magie per
gli increduli turisti. La Tolstaja, avendo visitato le principali attrazioni dell’area flegrea, sorvolò
su tali curiosità, preferendo porre l’accento sugli aspetti storico-architettonici e archeologici.
623
Ivi, cc. 136-137.
624
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 10r.
625
Il celebre bronzo del cd. Fauno ebbro oggi conservato presso il Museo Archeologico di Napoli. Cfr. C.C. MATTUSCH, The Villa
dei Papiri at Herculaneum. Life and Afterlife of a Sculpture Collection, Los Angeles 2005, pp. 296-299, 318-325.
626
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, cc. 9v-10r.
627
La scuola dei gladiatori detta ‘Quartiere dei soldati’.
628
Il cosiddetto Teatro Grande.
629
Noto come il Teatro Piccolo, chiamato anche Odeion.
630
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 9r.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 153
In particolare, si dichiarò entusiasta della famosa base marmorea di sostegno di una statua
equestre di Tiberio631:
La strada per Pozzuoli è molto buona e bella, si costeggia sempre il mare dove si vedono
diverse isolette [...]. Questa città è una delle più antiche d’Italia [...] un tempo era una delle
più belle città italiane. Quasi all’ingresso della nuova Pozzuoli si trovano le rovine di un an-
fiteatro che i locali chiamano “Colosseo”632. Il piedistallo che si vede nel centro di Pozzuoli
è in marmo bianco con un bassorilievo decorato con figure, ai piedi di ogni figura è scolpito
il nome della città che ogni figura rappresenta, un tempo il bassorilievo sosteneva una
statua, eretta in memoria della ricostruzione di quattordici città asiatiche distrutte da un
terremoto633. Il piedistallo è stato ritrovato nelle fondamenta della casa di un privato634.
Con il sottotitolo “Temple di Serapis” nel diario della contessa venne descritto il suggestivo
simbolo del bradisismo flegreo, l’antico mercato pubblico della Puteoli romana, il cosiddetto
macellum635. L’attribuzione errata, dovuta al rinvenimento di una statua del dio egizio nel
1750636, ampiamente diffusa fino a tempi recenti, giustifica l’ammirazione di Anna per la com-
posizione e la decorazione architettonica del sito, la quale, essendo inusuale per un tempio
antico, doveva inneggiare simbolicamente allo splendore della città dovuto al commercio marit-
timo:
A Pozzuoli vediamo un tempio che si ritiene fosse dedicato a Serapide e che, a giudicare
dall’idolo in testa al tempio e dagli ottimi resti, tra cui tre grandi colonne di marmo bianco;
631
Il basamento, realizzato intorno al 30 d.C., celebra l’aiuto che l’imperatore diede alle quattordici città dell’Asia Minore colpite
da un terremoto. Rinvenuto a Pozzuoli nel 1693, il pezzo è conservato nel Museo Archeologico di Napoli e il suo calco è visibile
nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei. Cfr. C. VALERI, Calco della base di Tiberio, in Museo Archeologico dei Campi Flegrei.
Catalogo Generale. Pozzuoli, a cura di F. ZEVI, F. DEMMA, E. NUZZO, C. RESCIGNO, C. VALERI, Napoli 2008, p. 33.
632
L’anfiteatro Flavio.
633
La storia a cui allude Tolstaja venne descritta da Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy: «Verso la fine dell’anno 1698
scavando sotto la casa della famiglia Migliarosi, si rinvenne un pezzo di marmo finissimo, più lungo che largo, la cui larghezza è
eguale all’altezza. Si è supposto che potesse essere il piedistallo d’una statua equestre di Tiberio, a cui il monumento è consacrato.
Sopra uno dei lati più stretti leggesi la inscrizione, accompagnata da una figura di donna da ciascuna parte, la quale indica che
fu un collegio di Augustali, o sacerdoti consacrati ad Augusto, che fece erigere questo monumento a Tiberio; ed avendo sofferto
dei guasti, la città di Pozzuoli lo fece ristaurare. È noto che al tempo di Tiberio vi fu nell’Asia minore un terremoto orribile che
rovesciò e distrusse molte città che Tiberio fece poi riedificare a sue spese. E fu probabilmente in riconoscenza di questo beneficio
che le città, le quali veggonsi personificate nel bassorilievo sui lati di questo piedistallo, eressero all’imperatore il monumento di
cui non rimane che questo solo pezzo. Esse vi sono figurate in numero di quattordici, ciascuna coi loro simboli. Si legge il nome
di ciascheduna al basso. Alcuni di questi nomi offrono delle lacune che ne rendono dubbia la interpretazione: vi si rilevano però
chiaramente i nomi di Cime, Tmolo, Filadelfia, Magnesia, Hiero, Cesarea, Ircania, Apollonidea, Efeso, Mirina, Cibira, Temno.
La scultura di quest’opera, sebbene corrosa in molte parti, annunzia una maniera bellissima, ed una buona esecuzione». Cfr. A.C.
QUATREMÈRE DE QUINCY, Dizionario Storico dell’Architettura contenete le nozioni storiche, descrittive, archeologiche, biografiche,
teoriche, didattiche e pratiche di quest’arte, vol. II, Mantova 1844, p. 309.
634
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 10r-v.
635
Ivi, c. 10v.
636
Attualmente presso il Museo Archeologico di Napoli (Statua di Serapide in trono da cd. Macellum di Pozzuoli, fine II sec. d.C.,
inv. 975).
154 CAPITOLO QUARTO
possiamo riconoscere la disposizione degli ambienti interni di questo tempio [...] la cui ar-
chitettura è estremamente piacevole637.
Una volta tornati a Napoli, i viaggiatori si recarono al San Carlo. Come alcuni dei suoi pre-
decessori638, anche la contessa Tolstaja venne profondamente incantata dalla magnificenza del
Real Teatro, all’epoca sotto la direzione scenografica del fiorentino Domenico Chelli639. Ecco
quanto riportava: «Il grande teatro di Carlo a Napoli è il più bello che io abbia mai visto e,
essendo più grande di quello di Torino, è di un’incredibile ricchezza»640. I viaggiatori russi
rimasero particolarmente colpiti dalla decorazione dell’auditorio del Massimo napoletano, pro-
gettata negli anni sessanta del Settecento da Ferdinando Fuga: l’architetto toscano inserì nei
palchi grandi specchi provvisti di torce a candela. Poiché la decorazione fu distrutta da un
incendio nel 1816, oggi possiamo solo immaginare lo splendore che si doveva creare dall’effetto
moltiplicativo del riflesso della luce. Anna, da parte sua, descrisse le emozioni provate come
segue: «La parte interna dei palchi è decorata con specchi in modo che questo grande teatro sia
illuminato come si fa solo nei grandi giorni di festa. Quando l’abbiamo visto per la prima volta,
siamo rimasti colpiti dalla sua bellezza». Il diario elenca alcuni cantanti, tra cui «l’eccellente
Banti641» e Anna Davia642 «che è stata a lungo in Russia»643.
Infine, il gruppo giunse a Caserta per ammirare il sontuoso palazzo vanvitelliano con il com-
plesso del parco reale che stava attirando sempre più l’attenzione da parte dei grand tourists stra-
nieri:
A pochi chilometri da Napoli, con una deviazione di circa sei miglia dalla strada,
troviamo la tenuta del re chiamata Caserta. Quando sarà completata, il giardino sarà bellis-
simo; il palazzo è molto grande, in parte arredato, e con gusto. La scala è splendida e
teatrale, tutta in marmo siciliano, è molto comoda, poiché i gradini sono fatti di pezzi unici
di marmo; nel vestibolo troviamo i quattro cortili interni del palazzo, il che rende l’intera
vista estremamente piacevole. Il teatro del palazzo non è grande, ma ha una forma molto
bella ed è riccamente decorato in marmo; la cappella è simile a quella di Versailles, solo che
qui tutte le colonne e in generale l’intera cappella sono di pregiato marmo siciliano, mentre
637
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, c. 10v.
638
Un altro apprezzamento del San Carlo, risalente al 1781, è quello dell’architetto neoclassico Nikolaj Aleksandrovič L’vov.
Ecco quanto scriveva nel suo pencolante italiano: «Quello poi della Pergola non è cattivo ma non l’apparenza di questo, e se io
non avessi veduto il grande teatro di S. Carlo a Napoli direi che il teatro nuovo è il più bello d’Italia, ma veder quello di Napoli
e vederlo per buona fortuna luminato è una cosa da stupirsi in verità […] non si pensa più ai difetti vedendo tanta perfezione».
Cfr. N.A. L’VOV, Ital’janskij dnevnik…, cit., p. 18.
639
Su Domenico Chelli si veda in particolare R. CIOFFI, Nuovi dipinti di Domenico Chelli: scenografo, pittore, architetto fiorentino
e massone, in «Napoli nobilissima», settima serie, vol. VI, fasc. III (settembre – dicembre 2020), pp. 51-65.
640
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, cc. 11v-12r.
641
Si tratta della famosa soprana autodidatta Brigida Banti (nata Brigida Giorgi, 1757-1806). Originaria di Bologna, fu definita
«una vera voce di petto» per la voce estesa, ricca e priva di smagliature.
642
Anna Davia (1743-1810), cantante lirica italiana, negli anni 1779-1785 primadonna a San Pietroburgo. Tornò in Italia nel
1785.
643
OR RGB, f. 301 Tolstye, fasc. 1, b. 22, cc. 11v-12r.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 155
a Versailles è di semplice stucco. Tra le cose più interessanti di Caserta c’è l’acquedotto, che
merita di essere visto. L’attuale re lo ha costruito secondo lo stesso progetto delle fondamenta
poste dai Romani, ed è degno della grandezza dell’antica Roma644.
Anna Tolstaja fu tra i primi viaggiatori russi a menzionare nel suo diario, anche se molto bre-
vemente, l’anfiteatro campano di Capua: «[…] prima di entrare in questa città troviamo le
rovine dell’antica Capua. Mi sono fermata lì per vedere i resti di un anfiteatro che è molto più
piccolo ma anche molto meglio conservato di quello di Roma» (fig. 39)645.
Figura 39. Jean Duplessis-Bertaux su disegno di Jean Dambrun, Ruines de l’antique amphithéâtre de Capoue, in
J.C.R. DE SAINT-NON, Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicile, vol. I, part. II, Paris
1782, tav. LXXVI
L’ultima parte del resoconto della contessa sulla capitale borbonica cita due nomi della pittura
settecentesca facenti parte integrante del secolo d’oro dei viaggi in Italia: «È a Napoli che abbiamo
trovato Madame le Brun che dipinge ritratti particolarmente bene, ha un pennello eccellente,
peccato solo che le sue figure sono un po’ di maniera. Anche il signor Hackert, il pittore di
644
Ivi, c. 12r-v.
645
Ivi, cc. 12v-13r.
156 CAPITOLO QUARTO
paesaggi che dipinge molto bene, è qui»646. Una volta lasciata Napoli, le viaggiatrici proseguirono
il viaggio in direzione di Roma, dove la principessa Barjatinskaja intendeva eseguire altre com-
mittenze con l’aiuto dell’agente artistico dei russi nella capitale pontificia, Gaspare Santini647.
Cinque anni dopo il viaggio descritto, proprio la Vigée Le Brun, pittrice prediletta dei prota-
gonisti del Grand Tour, avrebbe eseguito un bellissimo ritratto di Anna Tolstaja, raffigurandola
secondo le migliori tradizioni del canone neoclassico (fig. 40)648. La contessa è rappresentata di
tre quarti e vestita con un abito bianco, semplice ed elegante, il cui colore è ripreso nel nastro dei
capelli raccolti alla maniera della statuaria classica. La figura è avvolta in un drappo giallo dorato
che ricorda una toga. È seduta su una sorta di roccia erbosa che simula un divano “d’après
nature”: forse la postura scelta appositamente dalla Le Brun per non rendere eccessivamente evi-
dente l’insolita altezza di Anna, chiamata dagli amici “La lounge”. Si tratta di un exemplum di
natura e cultura fusi secondo i canoni dell’estetica neoclassica. Il dipinto trasmette un’atmosfera
pregna di quiete, in cui il personaggio rappresentato appare in perfetta sintonia con il paesaggio
circostante, un effetto che l’artista persegue attraverso l’uso di una limitata gamma cromatica
basata sull’accostamento di due colori principali, armonizzati con il delicato sfondo di simulato
effetto “en plein air”.
I diari della principessa Caterina Barjatinskaja e della contessa Anna Tolstaja sono quindi una
fonte preziosa, soprattutto alla luce della scarsità di testimonianze di prima mano sui viaggi dei
russi in Italia durante Siècle des Lumières, in particolare nel Regno di Napoli, e dell’ancor più
grande rarità di testimonianze scritte da donne. Questi documenti evidenziano quanto la città
partenopea fosse presente nella letteratura odeporica russa del Settecento, a dispetto di una bi-
bliografia ancora scarna su tale argomento. Eccetto studi di carattere prevalentemente letterario,
questi resoconti attendono ancora di essere studiati dal punto di vista della storia e della storia
dell’arte italiana e considerati quali testimonianze del ruolo che quest’ultima giocò nel contesto
europeo in quanto l’effetto del Grand Tour «non si risolve nell’esperienza personale di chi lo vive,
ma diviene un fattore essenziale nella trasformazione del gusto dei paesi d’origine»649.
646
Ibidem.
647
OR RGB, f. 19 Barjatinskie, sez. V/2, b. 12, c. 142.
648
Cfr. Vigée Le Brun: Woman Artist in Revolutionary France, exhibition catalogue (New York, The Metropolitan Museum of Art,
February 15 – May 15, 2016; Ottawa, National Gallery of Canada, June 10 – September 11, 2016), edited by di J. BAILLIO, K.
BAETJER, P. LANG, New York 2016, tav. 61 Countess Anna Ivanovna Tolstaya, 1796, pp. 180-181.
649
C. DE SETA, Il fascino dell’Italia…, cit., p. 22.
VIAGGIATORI RUSSI NEL REGNO DI NAPOLI NELL’ETÀ DEI LUMI 157
Figura 40. Élisabeth Vigée Le Brun, Ritratto della contessa Anna Ivanovna Tolstaja, 1796. Ottawa, National
Gallery of Canada
158
Bibliografia
1525
GIOVIO P., Pauli Iovvii Novcomensis ibellus de legatione Basilii magni principis Moschoviae ad Clementem
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1545
BARBARO G., Viaggi fatti da Venetia, alla Tana, in Persia, India, et in Costantinopoli: con la descrittione par-
ticolare di città, luoghi, siti, costumi, et della porta del gran Turco, a cura di A. MANUZIO, Venezia
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1550
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1586
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1699
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1748
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Avignon 1748.
GORI A.F., Notizie del memorabile scoprimento dell’antica città Ercolano vicina a Napoli, del suo famoso
teatro, templi, edifizi, statue, pitture, marmi, scritti e di altri insigni monumenti avute per lettera dei
vari celebri letterati che da se stessi gli hanno veduti, ed osservati dal principio degli scavamenti fatti nel
villaggio di Resina fino al corrente anno MCCXLVIII. Aggiunta la statua equestre di marmo, eretta in
onore de M. Nonio Balbo, ed una dissertazione sopra la mensa sacra degli Ercolani scritta con lettere
etrusche, Firenze 1748.
160 BIBLIOGRAFIA
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1750
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