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Domande Esame Vangeli Sinottici e Atti Degli Apostoli

Il documento analizza il concetto di 'Vangelo' nel contesto dei Vangeli Sinottici e degli Atti degli Apostoli, evidenziando la sua origine e significato sia nel contesto greco-romano che biblico. Viene discusso il canone dei Vangeli, i criteri di canonicità e il genere letterario dei Vangeli, sottolineando la loro funzione di trasmettere la predicazione apostolica su Gesù Cristo. Infine, il testo esplora i tre momenti della formazione dei Vangeli, dalla vita di Gesù alla scrittura da parte degli autori sacri.

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Domande Esame Vangeli Sinottici e Atti Degli Apostoli

Il documento analizza il concetto di 'Vangelo' nel contesto dei Vangeli Sinottici e degli Atti degli Apostoli, evidenziando la sua origine e significato sia nel contesto greco-romano che biblico. Viene discusso il canone dei Vangeli, i criteri di canonicità e il genere letterario dei Vangeli, sottolineando la loro funzione di trasmettere la predicazione apostolica su Gesù Cristo. Infine, il testo esplora i tre momenti della formazione dei Vangeli, dalla vita di Gesù alla scrittura da parte degli autori sacri.

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Esegesi del Nuovo Testamento: Vangeli Sinottici e Atti degli Apostoli

Domande per l’esame

1. Il Vangelo e i vangeli

“Il Vangelo” è l’opera salvifica di Dio realizzata in Gesù Cristo a


favore degli uomini tramandata dagli Apostoli (cfr. Dei Verbum n. 18:
“ciò che gli apostoli per mandato di Cristo predicarono, in seguito, per
ispirazione dello Spirito Santo, fu dagli stessi e da uomini della loro cerchia
tramandato in scritti che sono il fondamento della fede, cioè l'Evangelo
quadriforme secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni”

a. La parola “vangelo” nel mondo greco-romano

Evangeilia: Greco: Le buone notizie. Per esempio una vittoria in una battaglia
si comunica. All’ epoca veniva usato per parlare di una vittoria
dell’imperatore. Buona notizia che vengono proclamata in tutta la città.
Veniva usata sempre al plurale. Ma con gli apostoli si comincia a usare in
singolare.

b. la parola “vangelo” nella Bibbia

Nell’AT, Isaia associa la “buona notizia” ai tempi messianici (cfr. Is 52,7


“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del
messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: ‘Regna
il tuo Dio’”; cfr. Is 61,1-2: “Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il
Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto
annuncio ai miseri (…)”, brano letto da Gesù nella sinagoga di Nazareth)  il
termine evangelizzare è applicato alla vittoria finale di Dio a favore del suo
popolo Israele.

L’uso di San Paolo

- Gal 1, 6-7; Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati


con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo.

1
- 1 Ts 2, 4: (Fine degli anni 40). “Ma, dopo aver sofferto e subìto oltraggi a
Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di
annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte”.
- Il Vangelo in singolare ha anche vedere con Gesù.
- Cos’è il Vangelo: 1 Cor 15, 1.3-5: Vi proclamo poi, fratelli il Vangelo…
Parla San Paolo di quello che ha ricevuto. Paolo parla della Scrittura.
Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto…
- Gal 1, 8-9: Un solo Vangelo. Se qualcuno annuncia un vangelo diverso da
quello che avete ricevuto, sia anatema!.

Nell’AT

- Da lì viene il termino: Evangelizzare: Era usato nell’AT: Isa 40,9; Isa 52,
7. Messaggero che annuncia la salvezza.

Nella vita di Gesù

- Gesù quando comincia il suo ministero dice: «Lo Spirito del


Signore è sopra di me, perché mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi
ha mandato per guarire quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la
liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, per rimettere
in libertà gli oppressi, e per predicare l'anno accettevole del Signore».
(Lc 4, 18-19.21).
- Mc: 1, 1: Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
- Mt 24, 14: E questo evangelo del regno sarà predicato per tutto il
mondo, affinché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; allora verrà la
fine.
- Il Vangelo passa di essere capito come la passione di Gesù a essere
considerato come tutta la vita di Gesù.

c. La relazione dei vangeli con il canone

Un Vangelo, ma quanti Vangeli?

- Nel Secondo Secolo ci sono moltissimi libri che sono chiamati Vangeli.
Ma come si configura il Canone?

2
- Canone: Regola delle cose che si devono seguire. Es. Canone per il Greco
sono i libri Classici come Homero.
- Per il Canone si deve rendere conto a Gesù Cristo. La regola è Gesù
Cristo. Se una persona trovava una cosa e la leggeva doveva contrastare
si esso è d’accordo con Gesù Cristo e cono quello che aveva ascoltato.

Quali sono i criteri di canonicità?

Ci sono 3 criteri fondamentali (2 interni al testo, 1 esterno al testo) cui si


ricollegano ulteriori sotto criteri.

A) Criteri interni ai Testi

Il punto determinante è “l’ispirazione dello Spirito Santo”, che passa


attraverso alcuni criteri:

1) Apostolicità o Origine apostolica (riferita all’autore e alla


provenienza del contenuto, cfr. Ebr): collegamento agli apostoli o a
“viri apostolici”  criterio più importante: la Rivelazione si
chiude con la generazione apostolica, dunque non può esservi
un’ispirazione successiva o discordante da quella apostolica (non è
un caso che praticamente tutti gli scritti apocrifi facciano
riferimento nel nome a un apostolo o a un collegamento apostolico);

- Antichità: risale alla “generazione apostolica” (strettamente collegata al


primo criterio);

2) Ortodossia secondo il Sensus fidei o Sensum fidelium: apostolicità


nel contenuto. es. del Vangelo di Pietro rinnegato da Serapione  2°
criterio più importante; Altri sottocriteri connessi:

- Concordanza con altri libri canonici: criterio meno importante,


perché relativo;
- Comprensibilità: sarebbe curioso che lo Spirito Santo ispirasse
qualcosa di difficilmente comprensibile (es. Vangeli gnostici sono a tratti
ermetici e incomprensibili);
- Carattere edificante: sul piano spirituale e morale;

3
- Utilità al di là delle circostanze e contingenze del momento: non
occasionalità.

B)Criteri esterni ai testi (relativo all’uso ecclesiale e più oggettivi)

1) Lettura nella Chiesa (lex orandi, lex credendi), cioè:

- Viene letto da più Chiese, specialmente quelle di diretta istituzione


apostolica;
- Viene utilizzato nella Liturgia;
- Viene citato come “Scrittura” (es. dai padri della Chiesa o da altri libri
canonici);
- Viene riconosciute dalle Autorità ecclesiastiche.

E così si arriva ai quattro Vangeli. Questi quattro ci mettono in contatto con


Gesù Cristo. I libri che non sono canonici erano scacciati. Ireneo parla dei
quattro Vangeli.

d. Genere letterario “vangelo”

Cfr. Dei Verbum n. 12: “Poiché Dio nella sacra Scrittura ha parlato per
mezzo di uomini alla maniera umana [22], l'interprete della sacra Scrittura,
per capir bene ciò che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con
attenzione che cosa gli agiografi abbiano veramente voluto dire e a Dio è
piaciuto manifestare con le loro parole. Per ricavare l'intenzione degli
agiografi, si deve tener conto fra l'altro anche dei generi letterari. La verità
infatti viene diversamente proposta ed espressa in testi in vario modo storici,
o profetici, o poetici, o anche in altri generi di espressione. È necessario
adunque che l'interprete ricerchi il senso che l'agiografo in determinate
circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per
mezzo dei generi letterari allora in uso, intendeva esprimere ed ha di fatto
espresso [23]

Capire il genere letterario è importante per il modo in cui si leggono e


interpretano i Vangeli. Per ricostruire il genere letterario è anche importante
guardare all’Autore e alla sua intenzione, che è quella di:

4
- parlare di Gesù come il Messia, come Colui di cui parlano le Scritture;
- continuare la “storia” – diverso da “racconto” – già iniziata nelle Sacre
Scritture (AT);

Non è una scatola dove uno vuole mettere il libro ma è un modo in cui si pensa
in come deve essere considerato questo libro. Ogni libro si legge in un modo.
Quali erano i generi nella antichità?

- Molti pensano che i vangeli venivano inspirati per la vita dei profeti;
Isaia, Geremia, Zaccaria. Specialmente nella forma in che erano
morti. Ci sono qualche somiglianza con la vita dei profeti. La vita dei
profeti era una cosa storica. Non un mito.
- Genere di monografia storica. Soprattutto quando si vede il Vangelo di
Luca. definisce la sua opera come un “racconto”, diegesi (dieghesis),
parola utilizzata all’epoca quando si parlava di una monografia storica
(es. Guerra Giudaica di Giuseppe Flavio, o De Bello Gallico).
- Elementi di un Romanzo. L’autore non vuole scrivere un libro per la
gente culta.

Burridge: cerca gli elementi delle biografie del momento e fa una


comparazione con i Vangeli. Cercava mostra se i Vangeli sono biografie
oppure no. Trova elementi che li dicono che è un po’ di più da una biografia,
ma il genero principale è di Biografia Antica.

Ma ci sono molti aspetti della diegesi che non si trovano nei Vangeli  sembra
che scrivano una sorta di “biografia” (bios = vita) diversa però dal genere
nella sua configurazione odierna (molto storica e precisa cronologicamente).
Nell’antichità, la biografia (es. le “Vite dei Cesari” di Svetonio o le “Vite
parallele” di Plutarco) mirava a presentare un personaggio sotto vari aspetti
(es. virtù, azioni esimie, contributo al suo popolo, etc.) parlando della sua vita
e della sua morte. I Vangeli sono un po’ diversi dai criteri classici del genere
“bios”, in quanto:

- non ci raccontano (quasi) nulla della vita, della “formazione” e


dell’educazione di Gesù fino ai 30 anni;

5
- lo spazio dedicato alla sua morte è molto più ampio del normale (sembra
quasi che si voglia dare più importanza alla sua morte che alla sua vita,
cosa che non si trova in altre bios, eccezion fatta forse per la bios di
Socrate); in questo senso, alcuni descrivono il Vangelo di Marco come
una “lunga introduzione alla Passione di Gesù Cristo”, tanto è centrale
quest’ultima.

A Somiglianza e differenza delle biografie:

- Natura storica
- Tratta della proclamazione del Regno da parte di Gesù di Nazareth, con
parole e opere e della sua morte e risurrezione.
- Riflette la predicazione apostolica.
- Per cui È più vicino al genero letterario della biografia antica.

In sintesi, si può dire che i Vangeli appartengono al genere letterario


dei “bios” ma con caratteristiche loro proprie e specifiche.

2. Formazione dei vangeli

a. La relazione tra i vangeli e la predicazione

I Vangeli sono la predicazione di Gesù Cristo? Quello che noi abbiamo è la


predicazione su Gesù Cristo. Quello che abbiamo è la predicazione
apostolica. La nostra fede è basata sulla testimonianza degli apostoli. C’è una
mediazione apostolica.

Lo Spirito Santo aiuta agli evangelisti. Contengono la predicazione apostolica.

“Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che
abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre
mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l'abbiamo
veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era
presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito,
noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E

6
la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste
cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena.
Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è
luce e in lui non c'è tenebra alcuna.” 1Gv 1, 1-5.

b. I tre momenti della formazione dei vangeli (Dei Verbum


n.19)

I tre momenti vengono riassunti in Dei Verbum: La santa madre Chiesa ha


ritenuto e ritiene con fermezza e con la più grande costanza che i quattro
suindicati Vangeli, di cui afferma senza esitazione la storicità, trasmettono
fedelmente quanto

1. Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e
insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo
(cfr At 1,1-2).

2. Gli apostoli poi, dopo l'Ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori
ciò che egli aveva detto e fatto, con quella più completa intelligenza delle
cose, di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e illuminati dallo
Spirito di verità, godevano.

3. E gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le
molte che erano tramandate a voce o già per iscritto, redigendo un riassunto
di altre, o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando
infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su
Gesù cose vere e sincere. Essi infatti, attingendo sia ai propri ricordi sia alla
testimonianza di coloro i quali «fin dal principio furono testimoni oculari e
ministri della parola», scrissero con l'intenzione di farci conoscere la «verità»
(cfr. Lc 1,2-4) degli insegnamenti che abbiamo ricevuto.

c. Tracce nei vangeli dei tre momenti della loro formazione

1. Predicazione di Gesù
- Epoca: Evoluzione dei Mika’ot dal 50 a.C. al 135 d. C.

7
- Gesù quando risponde ai saducei risponde con il Pentateuco, che era
l’unico libro che loro accettavano.
2. La predicazione apostolica.

Gv 2, 19-22. Comento di Giovanni che dice che Gesù parlava del suo Corpo.

Rispose loro Gesù: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò


risorgere". Gli dissero allora i Giudei: "Questo tempio è stato costruito in
quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?". 21Ma egli parlava del
tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si
ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola
detta da Gesù.

Mt 26, 21-25: Mentre mangiavano, disse: "In verità io vi dico: uno di voi mi
tradirà". 22
Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a
domandargli: "Sono forse io, Signore?". 23
Ed egli rispose: "Colui che ha messo
con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. 24
Il Figlio dell'uomo se ne
va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo
viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!". 25
Giuda, il
traditore, disse: "Rabbì, sono forse io?". Gli rispose: "Tu l'hai detto".

In Matteo gli apostoli sempre chiamano a Gesù Signore, ma gli oppositori a


Gesù lo chiamano in altro modo, qui Giuda lo chiama Rabbì. Matteo vuole
sostenere che Gesù è il Signore per gli apostoli (tranne che mentre viveva lo
chiamavano Rabbì, ma è diverso quando scrive)

3. La scrittura dei vangeli

Con la morte degli apostoli si comincia a vedere che bisogna salvare i


testimoni degli apostoli prima di che si muoiono. Si vede anche che la fede si
sparse per il mondo.

Quando si aggiunge Cristo al nome di Gesù si può vedere che si sta in un


momento posteriore, in cui bisogna dare altra informazione di Gesù per le
persone che non lo conoscevano. Esempio: prologo di Giovanni. Gli evangelisti
aggiungono commentari su Gesù.

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▪ Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia
data testimonianza a tutti i popoli (Mt 24,14) ▪ In verità io vi dico: dovunque
sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche
quello che ha fatto (Mc 14,9) ▪ il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo
giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il
perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete
testimoni.

3. Critica moderna dei vangeli

a. L’influenza della riforma protestante e la filosofia moderna


sull’esegesi moderna.

Con il protestantesimo, si incentiva molto la lettura personale e autonoma


della Sacra Scrittura, la rottura con la tradizione plurisecolare della Chiesa, i
cinque "sola" della Riforma [“Sola Scriptura” (con la sola Bibbia); “Sola Fide”
(con la sola fede); “Sola gratia” (con la sola grazia); “Solus Christus” (soltanto
Cristo); “Soli Deo Gloria” (la gloria soltanto a Dio).Queste espressioni possono
essere raggruppate in questo modo: “Fondati sulla sola Scrittura, affermiamo
che la giustificazione è per sola grazia, attraverso la sola fede, a causa di
Cristo soltanto, e tutto alla sola gloria di Dio”] che tendono a eliminare ogni
mediazione nell’accesso dell’uomo a Dio. Ma tagliando la tradizione, il
protestantesimo creerà solo una “nuova tradizione” (distaccata
dall’ininterrotta e plurisecolare tradizione della Chiesa, risalente sino
all’epoca apostolica), perché “non esiste testo senza contesto”. Si tratta di un
principio che la stessa Sacra Scrittura esplicita per mezzo di San Pietro nella
sua seconda lettera (cfr. 2Pt 1,20-21): “Sappiate anzitutto questo: nessuna
scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà
umana è mai venuta una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono alcuni
uomini da parte di Dio”.

Razionalismo-illuminismo: l’uomo è ormai cresciuto, prima era un bambino


guidato dalla fede, in una condizione di “minorità”, ma ora è adulto e, con la
ragione, può comprendere e decidere da sé stesso ciò che è giusto e vero. La
religione cristiana viene vista come una “grande narrazione” di alcuni uomini

9
del passato su Dio. Esempio: Spinoza, Dio sive natura, Dio si conosce
attraverso e nella natura. Come Dio si rivela nella natura, non c’è bisogno di
altra rivelazione. Quindi, per capire il testo biblico, bisogna capire bene i
grandi uomini che ci hanno trasmesso i testi per interpretare le scritture,
perché questi uomini hanno scoperto a Dio nella natura anche.

In questo modo, l’attenzione si sposta sul testo e sul suo redattore, e si


disinteressa di Dio. Per interpretare bene, alla fine, bisogna
scandagliare scientificamente il testo. Questo metodo di studio delle
scritture ha alcuni aspetti interessanti e validi, ma nel modo in cui lo
intendeva Spinoza è troppo radicale. Il metodo scolastico di studio delle
Scritture partiva dalla fede vissuta e poi incontrava delle “conferme” nella
Sacra Scrittura. Così abbiamo uno studio della scrittura più critici, fondato
sulla ragione.

b. La critica testuale

J.J. Griesbach: sviluppa la scienza della critica testuale, comparando varie


“famiglie di manoscritti” importanti (Alessandrina, Bizantina – la maggiore – e
Occidentale) per cercare di risalire al testo più “originale”.

Tre principali famiglie testuali:

i) Alessandrina: cfr. Codice Alessandrino (A); Origine, C, L, K, vari


minuscolim Copto, Boharico, sono molto simile, possono formare una
famiglia.
ii) Bizantina: es. Codice Vaticano (B) indicato anche con una specie di
“m” per “maggioritaria” dei manoscritti; Sono usati per i greci, per i
Padri.
iii) Occidentale: es Codice Beza o Vetus Latina (D). Prima di San
Girolamo, usato per Hilario.

Si comincia ad avere l’idea di risalire a un testo eclettico, mai “letto” come


tale nella Chiesa. Sviluppa 15 canoni (regole) per valutare le diverse varianti
dei testimoni.

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 Questi criteri sono stati rielaborati da successivi studiosi e oggi per oggi
si articolano così:
 Criteri esterni
o Data del testimone: più vecchio, più valore ha. In quanto a che i
nuovi aggiungono altre cose.
o Distribuzione geografica dei testimoni che sostengono la variante in
questione
o Relazione genealogica dei testi e famiglie dei testimoni. Si può dire
che Il copista ha copiato di una versione che si trova prima.

Per sapere si è originale deve compire tutte le condizioni.

 Criteri interni:
o Probabilità trascrizionali

 Lettura più difficile è da preferire


 Lettura più breve è da preferire. Molte volte i copista
aggiungono informazione per spiegare una cosa del testo che
era prima.
 Lettura in disaccordo con un luogo parallelo è da preferire. A
volte i copisti conoscono la Bibbia e invece di copiare quello
che dice la versione originale, continua copiando la storia con
il conoscimento che aveva della storia.
 Lettura che non sembra un miglioramento di un copista è da
preferire.

o Probabilità intrinseche

 Stile, lessico e teologia di tutto il libro. Si deve avere attenzione con


il testo che si ha di fronte.
 Contesto immediato. Si deve guardare si manca una parola per
esempio.
 Corrispondenza con l'uso dell'autore in altri luoghi
 Retroterra aramaico (per i vangeli). Si la variante ripresenta un
modo di parlare in aramaico. L’autore sta pensando in aramaico
prima di pensare in greco.

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 Priorità del vangelo di Marco (per i vangeli).
 L'influenza della comunità Cristiana nella formulazione e trasmissione
del passo in questione.

Esempio: Lc 9, 10 CEI

“verso una città chiamata Betsaida”

c. La critica storica

Reimarus: pubblica l’opera postuma di Lessing, dove parlava della


resurrezione di Gesù, mettendola in dubbio. Parla di “inganno cosciente”:
Gesù Cristo è stato un pretendente Messia, come altri nella sua epoca. I suoi
apostoli hanno introdotto l’elemento della resurrezione per dare seguito al
movimento da Lui iniziato. Il metodo di Spinoza comincia a “perdere dei
pezzi”, mettendo in dubbio tutto quello che non si può spiegare senza Dio =>
si da inizio alla “FIRST QUEST”: chi era davvero il “Gesù della storia”?

H. Paulus: anche lui parla di un inganno, ma sarebbe un “inganno


incosciente”: in realtà Gesù non sarebbe morto in croce, ma solo gravemente
ferito, e il contatto con la pietra fredda del sepolcro lo avrebbe “risvegliato” 
si cerca una spiegazione logica di ciò che non si può spiegare razionalmente.
Offre spiegazioni razionalistiche dei miracoli. Ha la influenza dei razionalisti
dell’epoca.

12
Strauss  miticizzazione della vita di Gesù da parte degli Apostoli: gli
elementi soprannaturali sarebbero giustapposti alla vita storica di Gesù per
rendere il suo messaggio più credibile e autorevole.

Baur: Maestro di Strauss. Sviluppa una spiegazione del origine del


Cristianismo; Matteo e Luca ripresentano le due Chiese primitive: Giudazante
e Ellenizante. Marco fa una sintesi delle due.

In questo momento si comincia a scrivere la vita di Gesù. Si usa soprattutto il


Vangelo di Marco. Nello studio critico testuale, Marco acquista molta
importanza, perché è il Vangelo “meno teologico” rispetto agli altri, quindi
sembrerebbe essere “più fedele al dato storico”. Si pensa che Marco scriva
per primo, e poi Matteo e Luca, che avrebbero aggiunto cose proprie ma
simili. Josef Ernst Renan (1823-1892)

Kähler – Wrede: Distingue tra il Gesù Storico e il Gesù della fede.

Lo studioso Martin Kähler (1835-1912), sottolinea che non importa il Gesù


della storia perché i vangeli fanno scoprire la fede che salva. Così comincia la
distinzione tra Gesù «storico» e Gesù «della fede».

A sua volta, William Wrede (1859-1906) nel suo libro sul segreto messianico
nel vangelo di Marco, rivela che anche il documento ritenuto più «vecchio» è
permeato di teologia, quindi non serve per uno studio «storico». Sottolinea
come il Vangelo di Marco sia scritto come una sorta di “apologia” di Gesù
Cristo, perché Gesù è stato ucciso, anche se era una persona buona, rectius,
anche se era il Messia. Il Vangelo vuole spiegare perché il Messia è morto 
segreto messianico, imposto da Gesù stesso agli Apostoli a metà circa del
Vangelo. Tutto il Vangelo vuole dimostrare che Gesù è il Messia che si
aspettava => anche nel Vangelo di Marco c’è un forte valore teologico.

A. Schweitzer evidenzia come, alla fine, ogni singolo autore che cerca di
risalire al Gesù storico, ha restituito una sua “idea” di Gesù, e non il “Gesù
oggettivo” come si riprometteva. Fa una ricerca sul Gesù storico.

4. Metodi diacronici di esegesi

13
a. La storia delle forme (formgeschichte)

Gunkel: Insieme a molti studiosi nella Germania della 2° metà dell'ottocento,


studia l'AT dal punto di vista della storia delle religioni

- L'idea principale è che dietro i testi dell'AT, ci sono tradizioni orali legati
ad altri religioni orientali.
- Espone la sua tesi nel suo noto commentario a Genesi in 3 volumi (1901-
1910) nel quale sviluppa un nuovo metodo: la formgeschichte.
- Karl Ludwig Schmidt (1891- 1956) prende il metodo di Gunkel e lo
applica al NT: I vangeli non hanno un valore storico perché non sono una
memoria storica di Gesù, ma della comunità primitiva.
- Anche Martin Dibelius (1883-1947) usa il metodo di Gunkel per
identificare quale siano le tradizioni (le forme) dietro il testo evangelico.

Bultman. Esponente più noto di questa ipotesi delle forme. Fa una


demittezzazione. Evangelisti non sono veri autori. Sono ricopilatori. Prendono
diverse forme della tradizione.

Il metodo utilizzato da R. Bultman e da M. Dibelius è il c.d. “metodo delle


forme” (o storia delle forme): nei Vangeli avremmo solo delle “forme di
predicazione” già preesistenti nella prima comunità, che poi sarebbero state
messe insieme nei Vangeli, in funzione delle esigenze concrete di una certa
comunità o della Chiesa in quel momento (es. miracoli inseriti per confortare i
fedeli in un momento di difficoltà o persecuzione).

“Sitz in leben” (circostanza della vita)  una volta trovata una certa forma, si
cerca di ricostruire l’esigenza della comunità che ha dato origine a quella
forma, in modo da capire il messaggio che si vuole dare. È una comunità chi
mette insieme le distinti parti.

Forme che ci sono nel Vangelo:

- Parole
o Parabole

14
o Parenesi
o Detti
 Secondo Bultman questi detti possono essere: massimi
sapienziali, parole profetiche, norme legislative, parabole,
dichiarazione di Gesù che riguardano a sé stesso.
- Azioni
o Secondo Dibelius: Paradigmi; Novelle; Legende/Mitti.
o Secondo Bultman: Apoftegmi; Racconti di miracoli; Leggende.

Due procedimenti:

- Bisogna rimettere le forme nella loro situazione vitale (Sitz im Leben)


originale nella comunità primitiva. Si può procedere in due modi:
- Deduttivo (Dibelius):
o conoscendo la situazione della primitiva comunità e le sue funzioni,
si scopre come sarebbero nate le forme. Predicazione come basse
all’inizio. Sviluppo nel tempo. Primo: Paradigmi >> Novelle >>
Leggende. La gente non ha seguito questo metodo.
- Induttivo (Bultmann)
o Partendo dal testo dei Vangeli, si cerca di scoprire i motivi cha
avrebbero spinto la comunità a dare origine alle diverse forme che
contiene. Si parte dal contesto.

Per Bultmann no ha importanza se una cosa ha successo, ma ciò che è


importante è si la comunità lo vive.

- Per Bultmann, questi motivi non si fondano sulla «memoria» di persone


concrete su Gesù, bensì sono «creazioni» della tradizione, della
comunità, perché:
- I primi cristiani non hanno voluto scrivere una «storia» ma miravano a
edificare, commuovere, convertire. Questo spiega le miriadi di forme
reperibili nei vangeli.
- Le stesse forme che troviamo nei vangeli si riscontarono anche nella
letteratura contemporanea giudaica ed ellenistica, dove il carattere
fittizio è evidente.

15
- È la comunità quindi che ha interpretato tutta la vita di Gesù (detti,
apoftegmi, racconti, legende) secondo i bisogni puntuali che aveva.
Perciò, non si può arrivare al Gesù «storico», perché tutto quanto
sappiamo di lui è mediato dalla fede della comunità. La critica è che una
comunità non produce, ma produce un individuo. Interessa non arrivare
al Gesù storico ma come la comunità vive la fede.

Problemi:

- Sembra quasi che non ci sia interesse ad arrivare al Gesù della storia, al
periodo terreno di Gesù  i Vangeli smettono di mettere “in contatto”
con la persona di Gesù, ci si interessa solo del messaggio. Alla fine
questo presupposto (filosofico) non porta a Cristo;
- Poco interesse all’aspetto soprannaturale: spesso tali elementi vengono
etichettati come strumenti retorici o “simbolici”;
- Dicotomia: il metodo nei suoi presupposti non consente di sviluppare un
messaggio teologico, anche se questi autori provano pur sempre a “fare
teologia”;
- Toglie protagonismo agli autori del NT: se ciò che conta è il “messaggio”,
non conta l’autore, l’autore è “la comunità”, un soggetto impersonale che
non si sa cosa/chi sia. Ciò va contro la tradizione della Chiesa, che parla
di un autore specifico per i Vangeli.

Valutazione:

- Aspetto positivo. Ha dato luce per capire il processo della composizione e


la nascita dei Vangeli.
- Aspetto negativo: filosofia razionalista che c’è dietro. Negano la
trascendenza. Toglie tutto ciò che va contro la ragione.

b. La storia della redazione (redaktionsgeschichte)

Ernst Käsemann

- Nel 1953 tenne a Marburgo una conferenza (poi diventata famosa)


intitolata «il problema del Gesù storico» in cui critica la teologia di

16
Bultmann perché non offriva alcuna garanzia che la salvezza non fosse
un'elaborazione umana
- Insieme ad altri discepoli di Bultmann come lui (J. Jeremias, G.
Borkmann) inizia la «nuova ricerca» su Gesù storico.

Hans Conszelmann (cominciano a staccarsi della teoria delle forme)

- Prima in un articolo del 1952, pol come volume nel 1954, pubblicò
l'opera Die Mitte der Zeit. Studien zur Theologie des Lukas. (ita. «Il
centro del tempo. La teologia di Luca»)
- Dimostra come l'evangelista Luca non è un mero compilatore delle
tradizioni ricevute ma un vero scrittore che ha imbuito il suo racconto
con la sua teologia (storia della salvezza).

Altre Opere

- Willi Marxsen (1919-1993), usa il metodo nel vangelo di Marco e il


risultato è un libro pubblicato nel 1956: Der Evangilist Markus.
- Studien zur Redaktionsgeschichte des Evangeliums
- Poco dopo, Wolfgang Trillingv(1925-1993) fa la stessa cosa ma sul
vangelo di Matteo e pubblica nel 1959: Das wahre Israel: Studien zur
Theologie des Matthaus-Evangeliums

Gli vangelisti sono reddatori.

Metodo:

1. Isolare il materiale della tradizione e/odelle fonti. Per esempio: Luca


utilizza Marco e Q. Individuare le cose utilizzate
2. Identificare le modifiche introdottedall'evangelista. Identificare ciò che
ha cambiato.
3. Studiare quali potrebbero essere i motivi teologici e ilSitz im Leben
dietro tali modifiche. Che teologia riflette il cambio che ha fatto.

Esempio: Il racconto della Trasfigurazione dove si possono vedere le


differenze. Matteo vuole sottolineare che Gesù è il nuovo Mosè, quindi dice

17
che il suo voto era pieno di luce. Si può vedere l’insegnamento teologico che è
dietro.

Luca non è molto specifico, sempre dice “circa” quando parla dei tempi.

Matteo: quando una cosa è ambigua in Marco, Matteo la spiega. Perché Luca
toglie dati che parlano di Giovanni Battista come il nuovo Elia?

Il problema di questo metodo; condivide il primo punto con la teoria delle


Forme.

- Il metodo ebbe grande successo e in poco tempo ha sbancato la


formgeschichte dal suo posto di eminenza fra i metodi di esegesi biblica.
Questo soprattutto perché si è tornato a considerare gli evangelisti come
veri autori dei loro racconti della vita di Gesù.
- Comunque ha dei limiti:
- Una eccessiva dipendenza dalla teoria delle fonti
- Un certo scetticismo storico.

5. Metodi sincronici di esegesi


a. L’analisi narrativa

Il Metodo narrativo: R. Alter, ebreo, scrive negli anni 80’ “L’arte della
narrativa biblica”, un’opera che marca un momento negli studi biblici nell’AT
(e poi anche nel NT). Studiando il testo così come è, se si studia la narrazione
nelle sue varie parti (introduzione, trama, climax, risoluzione, conclusione),
cioè rispondendo alle domande sul “cosa è successo?”, “come?” e “perché?”, si
arriva a delle risposte che hanno una forte valenza, anche teologica, che mette
in luce diversi aspetti che l’autore ha voluto evidenziare. Era un metodo
originariamente applicato alla narrativa greco-romana, e solo dopo esteso alla
Sacra Scrittura. Cfr. R. Alan Culpepper  studia così il Vangelo di Giovanni.

o Elementi centrale:
 Azione. Che ci sia un’azione, e poi si riazionano gli azioni.
o Altri elementi:
 Tempo Raccontato: giorni, mesi, anni.

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 Tempo raccontante: capitoli, paragrafi, ecc.
o Su queste due elementi: Marco usa due capitoli per parlare del
viaggio di Gesù a Gerusalemme. Altro: Luca racconta il Viaggio di
S. Paolo da Antiochia a Gerusalemme in due versetti. Ma racconta
una visione usando molti versetti.
 Anticipazioni
 Lacune: Non ti da informazione. Ritiene la tua mente per un
tempo.
o Intreccio di capovolgimento.
 Situazione iniziale
 Complicazione
 Climax
o Intreccio di riconoscimento.
 Risoluzione
 Situazione finale
o Personaggi:
 Protagonista
 Antagonista.
 Personaggio maggiore, personaggio minore.
o Voce del narratore.
 Ti da informazione, nasconde informazione. Domandarsi perché
dice questo, perché mi da informazione?
 Il narratore non inganna. Stabilisce una relazione di fiducia.
 Il Narratore sa tutto, pure si mette nella mente di Dio.
 Si può vedere i distinti punti di vista. Il narratore ti mostra diversi
punti di vista che nessuno altro ti da. Esempio: Crocifissione: le cose
che vedevano i distinti personaggi, le cose che vedeva Gesù, le cose
che vedeva un specifico personaggio. Altro esempio: la cena a casa di
Simone il Fariseo. Mostra distinti punti di vista.

L’ analisi narrativa dimentica un po’ l’analisi storico. Si cerca una


interpretazione del testo per aiutare alla teologia.

b. L’analisi retorica

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Il Metodo retorico (come parlare bene, in modo convincente): si sviluppa
soprattutto negli Stati Uniti negli anni ’80, nell’ambito dei testi paolini, dove si
vedono molti aspetti retorici che si rifanno alla retorica aristotelica. George
Kennedy: mostra come la retorica si può usare per lo studio anche di altri
testi della Bibbia, non solo il corpus paolino: modo di argomentazione,
intitolazione, tecniche retoriche, etc. Lo applica soprattutto al Vangelo di
Matteo, risalendo al significato teologico nascosto dietro l’uso della retorica.
Si interessa anche al contesto storico in cui il libro è scritto, perché aiuta a
rispondere alla domanda sul “come” e sul “perché”.

o Aristotele parla di 5 parti nella retorica:


o Discorso:
 Credibilità
 Capacità si suscitare sentimenti (Pathos)
 Argomentazione logica (logos)
o Pubblico:
 Giudiziale (difesa o accusa)
 Deliberativo (esortativo o dissuasivo)
 Epidittico (lode o rimprovero)
o Negli atti degli Apostoli ci sono molti discorsi dove si può vedere
questo.
o Disposizione: una volta che è preparato il discorso; come viene
presentato.
 Esordio
 Narratio
 Propositio
 La prova
 La refutatio. Anticipare le obiezioni che ci saranno con il
discorso e spiegare perché non sono corretti.
 L’epilogo.
o Lo stile.
 Le parole giuste
 Metafora. Parabole, similitudine, ecc.

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 Stile semitico: paralelismi. Dire una cosa e poi dire altra
paralella per raforzare l’idea.
o Memoria. Per no stare cercando i dati nella presentazione.
o Consegna.

6. La questione sinottica (critica delle fonti)


a. Osservazioni nei vangeli sinottici che danno origine alla
questione sinottica

Vangeli «sinottici» perché messi uno accanto all'altro, con uno sguardo di
insieme, anche se raccontano la «stessa» storia di Gesù, si possono percepire
immediatamente non solo grandi somiglianze ma anche grandi differenze.
Naturalmente, sorge domande come, perché? Come mai? >>> Questione
sinottica.

- Primo libro su come fare esegesi? Origene. I principi. >>> Ogni


evangelista racconta la storia di Gesù come ognuno lo ha visto. Ma
raccontano lo stesso Gesù Cristo
- Eusebio di Cesarea. Crea delle tavelle con un indice con diversi numeri e
mette accanto ogni frase dei Vangeli, e cerca se il passaggio e comune a
uno, due, tre o quattro vangeli. Crea una tavella per sapere se un brano è
comune a diversi Vangeli.
- San Agostino: Perché ci sono tante differenze? Ogni evangelista vuole
sottolineare un aspetto della vita di Gesù. Ma come dice Origine:
Raccontano lo stesso Gesù.
- Critica Moderna: Lutero decide staccarsi dei Padri. Non è differente
perché ogni evangelista vuole sottolineare una cosa. Sono diversi perché
hanno diversi fonti, oppure gli evangelisti riassumono degli altri fonti che
c’erano prima.

Cfr. Lc 1,1-4: “Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli
avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi
coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri
della Parola, così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni
circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre

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Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti
che hai ricevuto”

Vita di Gesù >>> testimoni oculari >>> ministeri della Parola >>> ordinare
un racconto >>> Luca. Questo processo sembra di mostrare la esistenza di
una storia de formazione dei Vangeli.

Somiglianze:

-
c) In tutte e tre, si trova una medesima successione anche quando si
tratta di materiale che non è collegato da un punto di vista tematico
d) Corrispondenza letterale di intere pericopi.
e) Alcuni brani paralleli riportano gli stessi errori sintattici o gli stessi
errori di citazione. Esempio. Citano male Isa 40, 3: Una voce grida nel
deserto… Errori: sintattici o storici (es. anacoluto: non si usa in greco,
Luca conosceva bene il greco, mentre Matteo e Marco no, e si ritrova
questa struttura. A volte Luca corregge questi errori ma a volte li
riprende! oppure citazioni bibliche dell’AT: es. Marco  Ecco, invio il
mio messaggero a preparare “i miei cammini” invece di “il cammino del
Signore”: sono tipici errori di una persona che “copia” da un altro => o
copiano tra di loro o da un’altra fonte comune).
Differenze:
a) La quantità del materiale
b) In Mt e Lc ci sono racconti d’infanzia e della resurrezione

22
c) Successione di eventi particolari. è vero che la successione dei
“principali” eventi narrati è sovrapponibile nei sinottici (es. giornata a
Cafarnao, guarigione suocera di Pietro; Cesarea e Tabor con Trasfigurazione,
etc.) ma è anche vero che ci sono differenze (es. in Luca la prima cosa che fa
Gesù è andare a predicare a Nazareth, invece in Matteo e Marco la
predicazione a Nazareth arriva solo nel capitolo 6 ed è preceduto dalla
predicazione e da guarigioni in altri luoghi)  come si spiegano queste
differenze nella successione degli eventi?
d) Lucca e Matteo hanno in comune materiale che Marco conosce >>> La
doppia tradizione. c’è materiale in Luca e Matteo che manca nel Vangelo di
Marco: es. discorso della montagna, molte parabole (es. parabole del regno),
guarigioni importanti (come quella del centurione)  da dove viene fuori
questo “materiale” che c’è in Matteo e Luca e non in Marco?
e) “Materiale proprio” solo di Marco: c’è anche materiale in Marco che
non viene fuori in Luca e Matteo (es. ragazzo che fugge nudo nel Getsemani).
f) Ogni Vangelo ha materiale unico per sé. >>> Sondergut. Esempio: figlio
prodigo, Gesù cammina sull’acqua…

b. Le diverse teorie proposte per spiegare la questione sinottica:


vangelo originario, teoria della tradizione, teoria dei frammenti,
teorie dell’utilizzo (Griesbach; Due fonti: teoria di Q e teoria di
Farrer)

1) Teoria del Vangelo originario scritto in aramaico : una teoria è che


ci fosse un “Vangelo originario” in aramaico, che poi ogni evangelista ha
rielaborato traducendolo in greco => le differenze sarebbero dovute al
fatto che ognuno ha tradotto e rielaborato a modo suo.

Obiezioni:

- ad oggi non sono pervenute tracce – neppure frammenti – di un “Vangelo


in aramaico”;
- i sinottici sembrano essere stati scritti direttamente in greco;
- questa teoria può spiegare le somiglianze ma non le differenze: perché
omettere cose e cambiare la successione dei fatti?

23
2) Teoria della Tradizione: Un’altra teoria è che i Sinottici abbiano preso
dalla Tradizione orale ognuno come poteva, e questo spiegherebbe le
differenze. Ma allora come si spiegano le somiglianze, o addirittura le
corrispondenze letterali parola per parola? Si potrebbe controbattere
con la “teoria della memoria”, almeno per le parole. Ma non
spiegherebbe la successione di eventi e gli schemi comuni (ad es., nei
Vangeli apocrifi più antichi non si segue questo schema, e neppure nel
Vangelo di Giovanni!).
3) Teoria dei frammenti (molto usata dagli esponenti del Metodo
delle forme): ci sono vari testi con “detti di Gesù” scritti e bozze dei
fatti e della predicazione di Cristo, e ciascun evangelista avrebbe attinto
da questo materiale prendendo quello che più gli serviva in funzione
della propria comunità o del “pubblico” a cui si riferiva. Il vantaggio di
questa teoria è che riesce a spiegare sia le differenze sia le somiglianze,
ma resta l’obiezione rispetto allo schema: perché i sinottici hanno lo
stesso schema? E poi, se anche Giovanni prende dallo stesso materiale,
perché lo schema sarebbe tanto diverso?

Il problema di queste teorie è che presuppongono una “sincronia nella


redazione dei Vangeli”, e ognuno scriverebbe in maniera differente  Teorie
diacroniche:

4) Teoria dell’utilizzo:

a) Teoria della priorità di Matteo, Sant’Agostino (Matteo, Marco, Luca)


+ Ipotesi di J.J. Griesbach (Matteo, Luca, Marco): la più antica versione
di questa teoria (Sant’Agostino) è che scriva per primo Matteo, poi Marco
e, infine, Luca; nella versione di Griesbach, scrive per primo Matteo, poi
Luca, infine Marco come riassunto dei primi due  questo spiegherebbe
le somiglianze e le differenze tra i 3 Vangeli. Il problema di questa teoria,
è che non si spiega perché Marco (sia che scriva solo dopo Matteo sia che
sia l’ultimo a scrivere) tralasci alcune cose del Vangelo di Gesù Cristo:
come spiegare la brevità di Marco?
b) Teoria delle due fonti (o della priorità di Marco): per questo,
un’altra teoria diacronica per spiegare la “tripla tradizione” è quella

24
che dà priorità a Marco rispetto a Matteo e Luca  in questo modo si
spiega perché tutto quello che c’è in Marco è anche in Matteo e Luca.

5) Teoria della doppia tradizione (Marco e Fonte Q) : si parla anche di


una ulteriore fonte esterna, una fonte scritta di “fatti e detti di Gesù”,
che è comune a Matteo e Luca ma non è presente in Marco (es. discorso
della montagna): si identifica questa fonte come i “loghia” di cui parlava
Papia di Gerapoli, quando diceva che Matteo avrebbe scritto mettendo in
ordine i “detti” (loghia) del Signore. In realtà, in questo materiale ci sono
molti fatti e detti di Giovanni il Battista => per questo si parla di “Fonte
Q”. In questa teoria è importante considerare che Matteo e Luca non si
conoscono, quindi le fonti sono solo due (Marco e fonte Q). La fonte Q,
tuttavia, non esiste (nel senso che non se ne ha alcuna traccia) è solo
un’ipotesi, ma non vi sono prove che sia mai esistita. Con il termine
“fonte Q”, semplicemente, si indicano gli elementi in comune tra Matteo
e Luca, spiegandoli con l’ipotesi dell’esistenza di una fonte comune. Il
vantaggio di tale teoria è che spiega le somiglianze tra i 3 Vangeli (anche
quando si tratta di testi identici parola per parola), spiega perché lo
schema è lo stesso, spiega perché in Marco non c’è, spiega perché ci
sono cose proprie di ogni Vangelo (fonti ed esigenze proprie). I problemi
che rimangono aperti riguardano il fatto che tale teoria:

- è indimostrata/indimostrabile (non si sono tracce o prove dell’esistenza


della fonte Q);
- se Matteo e Luca non si conoscono, come presuppone tale teoria, non
si spiegherebbe però perché a volte il materiale che Matteo e Luca
prendono da Marco è “cambiato in maniera uguale”: attingono alla
stessa fonte, la cambiano, ma la cambiano in maniera identica!? Il
problema di questa teoria è proprio che postula la “non conoscenza tra
Matteo e Luca”, altrimenti non avrebbe senso teorizzare la fonte Q!

6) Teoria di “Marco senza Q” (Marco, Matteo, Luca) : secondo A.


Farrer, Marco è il primo a scrivere, dopo di lui scrive Matteo e dopo
Luca, prendendo da Matteo e Marco  Luca conosce il Vangelo di
Matteo (a differenza della teoria della fonte Q). Questa teoria ha i

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vantaggi della doppia e della tripla tradizione e risolve i problemi della
doppia tradizione (i cambiamenti di Marco identici in Matteo e Luca);
inoltre evita la “moltiplicazione delle fonti”, e risolve il problema della
mancanza di prove sull’esistenza della fonte Q. Lo svantaggio di questa
teoria è che Luca non prende alcune cose di Matteo o le cambia: es.
racconti dell’infanzia, in Lc non si parla dei Magi e della fuga in Egitto;
oppure composizione del sermone della montagna. In realtà, queste
scelte si spiegano alla luce dell’esistenza di una forte Tradizione, delle
esigenze specifiche della Chiesa di appartenenza di ogni evangelista,
nonché della “Teologia propria” dietro ogni Vangelo e dell’esperienza
che ciascuno ha fatto del Cristo  cfr. Dei Verbum n. 19, Tradizione e
predicazione apostolica, scritta e orale, con l’ispirazione dello Spirito
Santo.
7) Marco, Luca, Matteo: Quasi identica alla teoria sub 6) è quella che
propone l’ordine Marco  Luca  Matteo, ma è minoritaria.

7. Contesto Storico e religioso dei vangeli sinottici


a. Ambiente storico e geografico dei vangeli sinottici

La religiosità del popolo ebraico al tempo di Gesù è il risultato dell’Esilio: è


solo con l’esilio che si sviluppa una “conversione” più profonda del popolo,
perché la diaspora trasforma Israele, rendendogli presente che significa
abbandonare Dio. Alcune delle istituzioni pre-esiliche ormai non esistono più:
la Monarchia davidica è finita, non c’è la parola profetica dopo Daniele,
rimane solo la Torah (e il Tempio, che e però va ricostruito)  acquistano
importanza scribi e sacerdoti, questi ultimi dotati anche di potere politico. C’è
un’enfasi più forte su ciò che distingue Israele dagli altri popoli vicini, il
sabato, la circoncisione, il culto nel Tempio di Gerusalemme (a differenza dei
Samaritani).

Nell’impero persiano (IV sec. a.C.) la lingua ufficiale era l’aramaico: anche in
Palestina, fino al II sec. a.C., si lascia l’ebraico nella lingua comune e si passa
all’aramaico.

26
Con le conquiste di Alessandro Magno e la nascita dei regni ellenistici si
diffonde il greco koinè come lingua comune.

Maccabei: Giuda, Gionata (Sommo Sacerdote non levita, non erede di Aronne,
non erede della linea di Sadok, figlio di Aronne, l’unica che poteva dare la
nomina a Sommo sacerdote  comunque la gente non si ribella perché aveva
liberato Gerusalemme) e Simone (anch’egli sommo sacerdote). Nasce la
dinastia degli Asmonei. La separazione del Sommo sacerdozio dalla linea di
Samok sembrerebbe essere alla base della “separazione” degli Esseni che, per
protesta, si allontanano e vanno a vivere nel deserto, sostenendo che non vi
sia un Sommo sacerdote legittimo in Israele. Invece, coloro che appoggiano gli
Asmonei sono i Sadducei (da Saddok) che sono coloro che affermano la
legittimità del Sommo sacerdozio. Sempre in quest’epoca sorge il gruppo dei
Farisei, molto popolare, che conosce molto bene la Torah e insegna al popolo
ad essere fedele alla Legge di Dio e alle parole dei Profeti. Ai Sadducei non
interessano molto i Profeti, ma solo la Torah, perché essendo sacerdoti gli
interessa solo quello che si riferisce più direttamente al culto (per questo Gesù
gli risponde sulla resurrezione con la Torah, non con i profeti). I Farisei erano
più l’autorità morale del Popolo, per questo i discepoli avevano paura dei
Farisei, ed erano un po’ in “dilemma”. La “polemica” principale di Gesù era
con i Farisei con i Sadducei solo quando entra a Gerusalemme.

I Romani arrivano fino alla provincia di Siria, al nord della Palestina.

Guerra civile tra Giovanni Ircano II e Aristabulo II. Il primo aveva un


consigliere idumeo, fattosi giudeo, di nome Antipatro. Aristabulo viene
sconfitto e condotto prigioniero a Roma da Pompeo. La dinastia asmonea
perde il potere regale, che passa ad Antipatro – amico di Giulio Cesare – ma
presto sorge una forte protesta e ostilità contro il nuovo re – in quanto “non
ebreo” – il quale viene avvelenato. Gli succede il figlio Erode, che diventa
amico di Marco Antonio, il quale lo conduce al Senato, dove convince Roma a
sostenerlo per l’ascesa al trono. Erode era molto odiato dal suo popolo e
amato al di fuori della Palestina. La sua mentalità è ellenistica, è come un
pagano che governa Israele: cerca di modernizzare la Palestina, costruisce
molte infrastrutture, come il porto artificiale di Cesarea marittima,

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ricostruisce Samaria (e la chiama “Sebaste”, cioè Augusto, in onore di
Ottaviano) e raddoppia le dimensioni del Tempio.

Alla sua morte gli succedono i 3 figli: Archelao (Giudea), Erode Antipa
(Galilea), Filippo (Idumea). I giudei, tuttavia, inviano una delegazione a Roma
dicendo che non vogliono Archelao come re e che preferiscono diventare una
provincia romana. Per risposta Archelao stermina la delegazione e inaugura
un regno di terrore sulla Giudea. 5 anni dopo, anche per questo regime di
Terrore, Augusto gli toglie il regno e la Giudea diventa effettivamente una
provincia romana, parte della Siria.

b. Ambiente religioso dei vangeli sinottici:


i. gruppi religiosi all’epoca

I farisei:

◦ Godevano il favore del popolo. Si hanno consolidato nell’epoca di


Alessandro I.
◦ Insegnavano il popolo come applicare la legge e il culto del tempio nella
vita quotidiana
◦ Diverse scuole, principalmente, di Hillel (più liberale) e di Shammai (I
secolo a. C.). Si dice che per alcuni discorsi Gesù era della scuola di
Shammai come il divorzio, oppure della scuola di Hillel, come quando
parla degli alimenti che entrano nel corpo.
◦ Scontri frequenti su punti dottrinali con i sadducei, soprattutto perché
accettavano «la tradizione dei padri»

I sadducei

◦ Provenivano dalla classe sacerdotale che aveva il potere aGerusalemme.


Si consideravano i garanti dell'esatto adempimento della legislazione del
tempio e del culto codificata nella legge scritta. Non erano molto
populari.
◦ Insistevano poi sul fatto che solo l'applicazione letterale della legge era
corretta.

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◦ Di conseguenza, non ne riconoscevano l'autorevolezza aiProfeti e agli
«Scritti», anche se non li rigettarono esplicitamente.
◦ Nemmeno riconoscevano la tradizione orale.

Gli esseni e altri gruppi

◦ Separati dagli altri in segno di protesta contro l’illegittimo sommo


sacerdote, che non era discendente di Sadoq.
◦ Avevano una vita comunitaria, preoccupati per la purezza rituale e
ritenevano i loro beni in comune. Alcuni vivevano il celibato.
◦ Simile ma non uguale è la comunità di Qumran. Sono anche fonti scritti
del Qumran che parlano degli esseni. Ma non tutti erano esseni. Alcuni
pensavano che Giovanni Battista era esseni. Ma Giovanni non era
esclusivo, era aperto a molte persone che cercavano la conversione.

Gli Zeloti

◦ Israele deve forzare la mano di Dio resistendo ai Romani, come i


Maccabei avevano resistito ad Antiochia e aiSiriani. Se fossero stati
abbastanza coraggiosi, Dio avrebbe sicuramente agito in loro favore e
avrebbe permesso la vittoria, come aveva fatto solo due secoli prima.
◦ Ispirati da tale zelo, si sentirono chiamati a mettere in gioco la loro vita.
Facevano una diffusione contro Roma, cercando di fare rivoluzioni.
◦ Sconfitti due volte: 70 d.C. e 135 d.C.

Gli emarginati

- I pubblicani erano persone che lavoravano al servizio dei Romani e la


loro funzione era quella di riscuotere le tasse stabilite. Non di rado, però,
per il loro profitto, commettevano abusi, applicando tariffe eccessive. Per
questo motivo, il popolo li considerava ladri e peccatori.
- I peccatori pubblici
- I malati

ii. aspettative messianiche e l’apocalittica

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In quest’epoca si diffonde un forte messianismo  Nel periodo tra il III sec.
a.C. e il I sec. d.C si sviluppa una letteratura di tipo apocalittico che fa
riferimento al Messia o a un intervento di Dio a favore del suo popolo. Tra i
libri più letti vi sono:

- Enoc;
- Giubilei;
- Daniele;
- 4 Esdra.

Si sviluppa anche una Mentalità Apocalittica. Gli israeliti pensano che l’unico
modo in cui possono essere liberi è con una intervenzione da Dio del tipo
apocalittico. Libri di Daniele, e altri profeti. Appaiono libri che parlano del
giudizio di Dio.

◦ Rivolta alle persone perseguitate per motivare la fede


◦ Tutte le apocalissi ebraiche sono pseudonimiche.

- Coinvolgimento di esseri ultraterreni: angeli, demoni, etc.


- Visioni soprannaturali che il più delle volte interpretate da un essere
ultraterreno
- Viaggi mistici al piano soprannaturale
- Uso pesante del simbolismo e un forte dualismo
- Previsione di catastrofi cosmiche
- Creature fantastiche
- Allestimenti ed elementi liturgici
- C'è una visione deterministica della storia: tutto procede secondo un
piano divino prestabilito.
- Previsioni pessimistiche per il mondo così com'è: le cose andranno di
male in peggio.
- La speranza di un residuo favorito risiede in un intervento divino
radicale.

Quindi ciò che si vede nei secoli precedenti è una speranza messianica
collegata alla mentalità apocalittica. Si cominicia a parlare del Messia

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assosiato a un sacerdozio. Dal tipo di Melchidesech. Si ha anche l’idea del
Figlio dell’uomo.

8. Questioni generali sul vangelo secondo Marco


a. Autore, possibile provenienza e data di composizione

Quello che cercano di fare i Vangeli è metterci in contatto con la persona di


Gesù, spiegandoci chi era.

◦ Il Vangelo di Marco come una biografia. Si facevano biografie per le


persone importanti.
◦ Ma Gesù non era né un grande oratore, né filosofo, né generale, né
politico, allora perché fare una biografia di un personaggio sconosciuto
dai non giudei e rigettato dai giudei?
◦ presentare Gesù come la persona più illustre della storia degli uomini,
dimostrare che Gesù era davvero un profeta, perciò morì come i profeti e
secondo le scritture (usando la tipologia). Se fu così importante perché
muore crocifisso?

L’autore, secondo Papia di Gerapoli

Vescovo di Gerapoli, vicino la Siria: scrive una storia ecclesiastica in 5 volumi


(la Chiesa, all’epoca, non aveva nemmeno 100 anni), dei quali però abbiamo
solo citazioni letterali di alcuni padri della Chiesa (Eusebio di Cesarea, anche
lui autore di una Storia della Chiesa del IV secolo):

«Questo diceva il presbitero, che Marco, interprete di Pietro, riferi con


precisione, ma disordinatamente, quanto ricordava dei detti e delle azioni
compiute dal Signore. Non lo aveva infatti ascoltato di persona, e non era
stato suo discepolo, ma, come ho detto, di Pietro; questi insegnava secondo le
necessità, senza fare ordine nei detti del Signore

Ireneo di Lione

Anche lui lega Marco alla predicazione di Pietro, e dice che scrive dopo la
morte di Pietro. Il contesto è uno scritto contro le eresie. «Così Matteo tra gli
Ebrei pubblicò nella loro stessa lingua una forma scritta del Vangelo mentre a

31
Roma Pietro e Paolo predicavano il Vangelo e fondavano la Chiesa. Dopo la
loro morte [cioè di Pietro e Paolo] Marco discepolo e interprete di Pietro, ci
trasmise anch'egli per iscritto ciò che era stato predicato da Pietro.» (Sant'
Ireneo, Contro le eresie, IlI, 1,1)

Eusebio di Cesarea

«... quello secondo Marco fu scritto nelle seguenti circostanze. Quando Pietro
predicava pubblicamente la dottrina cristiana a Roma e, ispirato dallo Spirito,
annunziava il Vangelo, i presenti, che erano molti, pregarono Marco di
trascrivere ciò che egli diceva, in quanto da lungo tempo lo seguiva e
ricordava le cose che egli diceva; egli lo fece e tramandò il Vangelo a coloro
che glielo avevano chiesto. 7. Pietro, avendo appreso ciò, né lo dissuase, né lo
esortò con i suoi consigli.» Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, VI,14,6-7.

Nell’antichità tutti dicono che era scritto da Marco, quando era molto più
credibile per lottare contro le eresie dire che era scritto dagli apostoli.

Provenienza e destinatari: dove è stato scritto il Vangelo e chi ne erano


i destinatari?

Probabilmente è stato scritto in Occidente, dove la gente non conosce la


lingua e le usanze ebraiche (ci sono troppi “spiegazioni”). Inoltre non spiega le
usanze romane, dandole per scontate, e chiarisce alcune parole o usanze
greche con esempi più vicini alla cultura romana (es. chiama la “dracma”
greca “denarion”; per le tasse, invece di usare la parola greca, usa “kenos”,
che viene dal latino “census”; etc.).

Si può dire, dunque, che si tratta di un ambiente più vicino alle usanze
romane, forse proprio quello di Roma. Potrebbe anche essere un qualsiasi
posto dell’impero romano in cui c’è una forte influenza romana ma, come
visto, c’è anche una testimonianza esterna dei padri, che ricollega il Vangelo
di Marco alla predicazione di Pietro a Roma.

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Molte allusione alle sofferenza, sarebbero appropriate se il Vangelo fosse stato
scritto all’ombra delle persecuzioni romani. Ma non è sofficiente perché la
Chiesa ha sofferto in ogni posto.

1 Pt 5, 13 localizza a Marco accanto a lui, nei primi anni 60.

Quando fu scritto?

La datazione della scrittura del vangelo è importante piuttosto nello studio


dello sviluppo della comprensione della fede da parte dei primi cristiani (e
anche per stabilire l'apostolicità e canonicità del vangelo) che per
l'interpretazione del testo (tranne che per alcuni versetti)

- Anni ’40: perché alcuni autori pensano che quando Marco parla del
discorso escatologico – l’abominio della desolazione nel Tempio prima
della parusia – sia da ricollegare al fatto che nel 41 d.C. Gaio
(Caligola) decise di mettere la sua effige nel Tempio. Ma alla fine
non lo ha fatto. Tuttavia si è visto che così non è stato, quindi non può
essere; inoltre non si spiega il totale silenzio del corpus paolino su questo
Vangelo scritto (San Paolo parla del Vangelo che lui predica, ma non di
Vangeli scritti);
- Anni 50: «Sotto il regno di Claudio († 54 d.C.) la Provvidenza universale,
sommo bene e vicinissima agli uomini, condusse a Roma, contro un si
grande corruttore della vita, Pietro, forte e grande fra gli apostoli, loro
guida per la sua virtù. Questi, combattendo, come un nobile condottiero
di Dio, con armi divine, portava dall'Oriente in Occidente la mercanzia
pregiata della luce spirituale, diffondendo l'annuncio del regno dei cieli,
luce e parola salvatrice di anime.» (Eusebio di Cesarea, Storia
Ecclesiastica II,14,6). ci sarebbero prove del fatto che Pietro è a Roma in
questo periodo, perché dopo l’uscita di Pietro da Gerusalemme, nel 48
d.C., dopo essere stato arrestato da Erode Antipa va “in un altro posto”.
Inoltre San Paolo, nella 1Cor scrive negli anni ’50 su alcune divisioni tra
chi dice che è di Cefa, di Paolo e di Apollo  si vede che Pietro è in
movimento ed è andato a Corinto. Inoltre, lo scontro tra Pietro e Simone
Mago è collocato a Roma negli anni ’50. Tuttavia, anche in questo caso, il

33
problema è spiegare il silenzio di Paolo su questo Vangelo scritto.
Capitolo 6 della Lettera ai Corinzi: tratta del tema dell’indissolubilità del
matrimonio, ma non si richiama a un detto del Signore Gesù (come fa in
altri passi): questo fa pensare che il Vangelo di Marco non esistesse
ancora negli anni ’50 (perché Paolo non lo cita);
- Anni 60: Dopo la loro morte (esodo) [cioè di Pietro e Paolo] Marco
discepolo e interprete di Pietro, ci trasmise anch'egli per iscritto ciò che
era Stato predicato da Pietro.» (Sant' Ireneo, Contro le eresie, IlI, 1,1)
«... quello secondo Marco fu scritto nelle seguenti circostanze. Quando
Pietro predicava pubblicamente la dottrina cristiana a Roma e, ispirato
dallo Spirito, annunziava il Vangelo, i presenti, che erano molti,
pregarono Marco di trascrivere ciò che egli diceva» Eusebio di Cesarea,
Storia Ecclesiastica, VI,14,6-7

Dopo 70 d.C. è l’anno della caduta di Gerusalemme. Alcuni autori pensano che
il Vangelo di Marco debba essere stato scritto dopo il 70 d.C., perché Gesù fa
riferimento alla distruzione del tempio. Chiaramente questa teoria si basa sul
pregiudizio che Gesù non possa predire un evento futuro. Del resto ci sono
elementi che possono deporre per il fatto che il Vangelo di Marco sia stato
scritto prima del 70 d.C., perché è legato alla fine della vita di Pietro. Inoltre,
la distruzione del Tempio è un evento così drammatico che ci sarebbero dovuti
essere molti più accenni. Inoltre, se Marco è la fonte di Luca e Matteo, deve
essere stato scritto prima; Questa teoria li piacciono alle Teorie delle forme,
che tolgono ogni elemento sovrannaturale su Gesù, lui non poteva predire il
futuro.

Anni 60: è l’ipotesi più probabile. La morte di Paolo e Pietro avviene a metà
degli anni ’60, quindi è facile che sia stato scritto in questo periodo (anche se
Pietro era ancora in vita, come dice la Tradizione). Un altro dato che favorisce
gli anni ’60 è che sembra ci sia una relazione con gli altri sinottici, quindi
perché Matteo e Luca possano prendere da Marco, il Vangelo di Marco deve
essere più antico: Luca è stato scritto prima degli Atti degli Apostoli (dove si
parla del Vangelo come il “primo libro”) e questi non parlano della morte di
Paolo, che arriva a Roma nel 63 d.C. Si pensa, dunque, che gli Atti siano scritti
intorno a quell’epoca. Questo significa che il Vangelo di Luca è scritto prima

34
del 63 e Marco, a sua volta, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60.
Come si vede ci sono molte ipotesi connesse, e questa moltiplicazione di
probabilità connesse rende tutto più difficile.

La datazione del Vangelo di Marco è importante non tanto per capire e


interpretare il testo – tranne pochi versetti – ma per lo studio dello sviluppo
della Fede cristiana: se un Vangelo è molto precoce e presenta in nuce tutti gli
aspetti essenziali della Fede cristiana (es. divinità nella persona di Gesù
Cristo) questo ha delle conseguenze anche per l’attribuzione diretta alla
predicazione di Cristo della dottrina diffusasi successivamente in tutto il
mondo.

b. Caratteristiche letterarie e Struttura

- Linguaggio vivace da testimone oculare nei racconti, caratterizzato da:

◦ Pochi racconti ma con molti dettagli, specialmente in alcuni miracoli.


◦ Una preferenza per il tempo presente a quello aoristo, p.es.«dice» invece
di «disse»
◦ L'uso molto frequente degli avverbi (euthys,«immediatamente») e náliv
palin «di nuovo») per collegare le singole pericopi. Sembra che Gesù era
molto attivo.
◦ Una preferenza per la paratassi anziché per la subordinazione, per cui
spesso troviamo frasi brevi che iniziano con la congiunzione kai (kai «e»)
◦ Un greco piuttosto grezzo e tutt'altro che lucido.
◦ Intercalazione di racconti (cioè, inserzione di un racconto all'interno di
un altro) che ha l'effetto di aumentare la suspense p.es, racconto di
Giairo inizia in 5,21-24 e continua in5,35-43. Aiuta a creare un po’ di
sospeso.

Struttura del Vangelo

◦ Progressivo riconoscimento di Gesù dal popolo


◦ Miracoli
◦ Insegnamento
◦ Riconoscimento da Pietro e i discepoli

35
◦ Progressivo rifiuto di Gesù dal popolo
◦ Racconto della Passione
◦ Vero riconoscimento da Dio

9. Questioni generali sul vangelo secondo Matteo

a. Autore, possibile provenienza e data di composizione

Lo stile di questo vangelo, in qualche modo diverso da quello di Marco,


sembra indicare un vangelo ad uso nell'istruzione dei fedeli.

• Fin dai tempi apostolici, è stato ampiamente utilizzato nella vita della
Chiesa.

- È citato dai primi Padri e scrittori ecclesiastici, come il papa San Clemente
(*) 99 d.C.) e la Didachè (fine | secolo d.C.). A differenza del Vangelo di Marco,
è più catechetico, e per questa ragione era usato per i Padri per comenti.

Papia di Gerapoli

«Questo è quello che Papia racconta di Marco. Di Matteo dice: Matteo ordinò i
detti [del Signore) nella lingua ebraica, e ciascuno li ha tradotti come poteva'.

Sant’Ireneo

Così Matteo tra gli Ebrei pubblicò nella loro stessa lingua una forma scritta
del Vangelo, mentre a Roma Pietro e Paolo predicavano il Vangelo e fondavano
la Chiesa.

Origene

«Come ho appreso nella tradizione relativa ai quattro Vangeli, che sono anche
i soli indiscussi nella Chiesa di Dio che è sotto il cielo, per primo fu scritto
quello Secondo Matteo, il quale fu un tempo pubblicano, poi apostolo di Gesù
Cristo. Egli lo pubblicò per i credenti che provenivano dal gi dagua carate
avelo composto

Eusebio

36
Ma fra tutti coloro che furono vicini al Signore, soltanto Matteo e Giovanni
hanno lasciato le loro memorie che, si dice, misero per iscritto perché ne
avvertivano la necessità. 6 Matteo, che in un primo momento predicò la buona
novella agli Ebrei, quando stava per andare anche presso altri popoli, compose
nella lingua patria il proprio Vangelo, sostituendo, con esso, la sua presenza
presso coloro che lasciava. (Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, III, 24,5-
6)

Dati della Tradizione

- Il vangelo «secondoMatteo» fu scritto dall'apostolo Matteo


- Fu scritto in lingua ebraica
- Furono altri a fare la traduzione in lingua greca
- Fu il primo a essere messo per iscritto
- Sembra dipendere da Marco... testimone oculare può rifarsi a un
testimone non-oculare?
- Non abbiamo nessuna copia del testo in ebraico
- Non sembra una traduzione...(quando si legge in greco si conclude che
non può essere una traduzione).
- Confusione tra ordine canonico e cronologico?

Interpretazione della Tradizione

◦ Papia tratta il vangelo di Matteo dopo quello di Marco e sembra indicare


che Matteo scrisse il suo per mettere in ordine il «caos» di Marco:...
Matteo quindi ordinò i detti...
◦ Nell'antichità, non esisteva il plagio; autori potevano utilizzare
liberamente i contenuti di autori precedenti nelle proprie opere. Si vede
anche in testi extrabiblici.
◦ L'ordine Marco-Matteo sembra essere stata rovesciata dall'emergere
dell'ordine canonico: Matteo viene primo perché ha una genealogia di
Gesù...
◦ «i Vangeli che comprendono le genealogie furono scritti per primi.»
(Clemente di Alessandria in Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica,
Vi,14,5)

37
◦ «Infine, a noi forniscono la fede, tra gli apostoli, Giovanni e Matteo, ed
essa ci viene ripetuta da Marco e Luca, tra i successori degli apostoli.»
(Tertulliano, Contro Marcione, IV,2,2). Sono i primi quelli che erano
scritti dagli apostoli.
◦ «Ci sono (...) 4 vangeli, 2 di discepoli di Cristo -Giovanni e Matteo- e due
di Luca e Marco, che sono stati discepoli di Pietro e Paolo. I primi erano
testimoni oculari e conversarono con Cristo mentre gli altri due
trasmisero le cose che ricevettero dai primi.» (Pseudo-Crisostomo,
Sinossi dell'Antico e Nuovo Testamento in PG 56, col. 317)
◦ L'ordine dei vangeli in due codici del V secolo, Bezae (D) e
Washingtoniensis (W), vari minuscoli greci, della Peshitta e del Vetus
Latina è Matteo, Giovanni, Luca, Marco.

Si vede all’inizio un po’ di caos tra l’ordine cronologico e l’ordine canonico. Il


fatto che Matteo viene primo nei canoni fa pensare che era stato scritto primo.

b. Caratteristiche letterarie e Struttura

Struttura

5 blocchi molto marcati. Sono messi all’interno di una linea narrativa.


Abbiamo un Vangelo dell’infanzia, e della risurrezione.

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Caratteristiche letterarie

- Vangelo ecclesiastico. È l’unico Vangelo dove c’è la parola Ecclesia.


- È anche un Vangelo catechetico. In Marco se vedono gli azioni di Gesù
ma in Matteo l’insegnamento.
- Raggruppamenti numerici specialmente attorno al numero 7
- Raggruppamento di materiale in strutture simmetriche, p.es., le 9
beatitudini (5,3- 12), le sei antitesi (5,21-48), i tre insegnamenti sulla
pietà (6,1-18), i 5 grandi discorsi, etc.
- Inclusioni, p.es. 7,16.20: «Dai loro frutti li riconoscerete»
- Evita l'ambiguità, p.es. «Allora essi compresero che egli non aveva detto
di guardarsi dal lievito del pane, ma dall'insegnamento dei farisei e dei
sadducei.» (Mt 16,12). Differenza tra Marco e Matteo. Dovè Matteo vede
l’ambiguetà, cerca di spiegare.
- L'impiego di parallelismo sia sinonimico (p.es. 10,32-33) sia antitetico
(7,24-27), sia concentrico (p.es. la struttura del sermone della montagna
col centro nelPadre nostro)
- La ripetizione di formule stereotipate p.es.
- «prostrarsi davanti a Gesù»: 8,2; 9,18;«Gesù conosce i sentimenti»: 9,4;
12,25;«Gesù finisce i discorsi»: 7,28; 11,1; 13,53; 19,1; 22,33; «fuori
nelle tenebre:» 8,12; 22,13; 25,30; «stridore dei denti»: 8,12; 13,42.50;
22,13; 24,51; 25,30; «razza di vipere» 3,7; 12,34; 23,33; ecc.

10. Questioni generali sul vangelo secondo Luca

a. Autore, possibile provenienza e data di composizione

 La principale prova rispetto all’autore del Vangelo è esterna e viene dalla


Tradizione, anche se poi trova dati a riprova nel Vangelo stesso e negli Atti.
 Papiro Bonn, II secolo: si trova un “katà Lucan” all’inizio del Vangelo.
 Padri e scrittori ecclesiastici: parlano di Luca come autore.
 Sant’Ireno di Lione: Luca, compagno di Paolo, scrisse questo Vangelo a
partire dalla sua predicazione.
 Prologo anti-marcionita (scritto del II secolo): dice che Luca era di
Antiochia, medico di professione, morto in Beozia.

39
 Nella Lettera ai Colossesi, Paolo lo chiama “il suo caro medico” (incluso
nel gruppo dei “gentili” convertiti al cristianesimo).
 Anche nella Lettera a Filemone lo chiama suo collaboratore/compagno.
 Negli Atti degli Apostoli non si nomina Luca, ma vi sono varie sezioni in
cui l’autore parla in 1° persona e al plurale, soprattutto in momenti di
viaggio, come se si mettesse in compagnia di San Paolo durante la sua
predicazione apostolica e i suoi viaggi.
 Sia nel Vangelo di Luca che negli Atti si vede che l’autore è colto e che
scrive molto bene in greco (ad es. la difesa di Paolo di fronte al procuratore
romano è scritto in un ottimo greco; anche il discorso di Paolo all’Areopago di
Atene è scritto in maniera molto elegante, etc.)  sembra davvero un greco
“gentile”, diventato un “giusto” (convertito all’ebraismo) e poi divenuto
cristiano.
 Il Vangelo di Luca è pieno di allusioni all’AT: conosce molto bene il
contenuto e lo stile della LXX (a differenza di Matteo, non cita espressamente
brani dell’AT, ma fa “allusioni” – ad es. un racconto che ricorda un brano
dell’AT, espressioni collegate, etc.) tanto che alcuni autori, per il livello molto
alto di conoscenza dell’AT, hanno perfino dubitato del fatto che fosse un
“gentile” e non, piuttosto, un ebreo cresciuto in ambito ellenistico.
 Ci sono molti aspetti che rispecchiano il “punto di vista” di San Paolo, il
che evidenzia il fatto che l’autore fosse qualcuno che l’ha conosciuto molto
bene: ad es. Luca sottolinea molto l’aspetto della “misericordia di Dio”, tema
molto paolino.

Dove è stato scritto il Vangelo di Luca?

Secondo la Tradizione in Grecia, ma il testo stesso non dà elementi sul


“luogo”. Forse si può escludere la Palestina, rispetto ai destinatari del testo,
perché si vede che Luca non conosce molto bene l’ambiente della Palestina
dell’epoca (ad es. narrazione del miracolo del paralitico calato dal tetto con il
lettuccio: parla di “tegole” della casa, ma in Palestina non le usavano, solo in
alcune parti dell’Impero romano). Oppure quando Marco usa parole in
aramaico, Luca le pone direttamente in greco.

Destinatario

40
Teofilo, definito “illustre”  forse una persona benestante, alla quale dedica
questi scritti per rendere più salda la sua fede (forse era già cristiano).

Secondo alcuni autori, “Teofilo” è solo un’espressione generica per indicare un


catecumeno o qualcuno che “ama Dio”, che è “amico di Dio”. Tuttavia,
all’epoca, il nome Teofilo era molto diffuso. Anche nel mondo ebraico, non solo
nel mondo romano-ellenico, i nomi erano quasi tutti relazionati a Dio.

Data del Vangelo

Di solito per conoscere la data “ad quem” si fa riferimento agli Atti degli
Apostoli, che sono scritti “dopo” il Vangelo (chiamato “primo libro”): gli Atti
finiscono con l’arrivo di Paolo a Roma negli anni ’60, dove resta per 2 anni,
senza parlare della sua morte. Si potrebbe dire che gli Atti sono scritti nel 63
d.C.  2 problemi:

- Rapporto con il Vangelo di Marco;


- Non necessariamente scrive subito dopo, anche se, a quel punto, non si
spiegherebbe il perché non scriva del martirio di San Paolo.

Alcuni Aspetti del Vangelo di Luca ci possono dare degli indizi su quando fu
scritto:

- Discorso escatologico di Gesù: Matteo e Marco parlano di “abominazione


nel luogo dove non deve esserci” (cfr. Daniele), mentre Luca scrive
“quando vedrete Gerusalemme circondata dai nemici”  Alcuni autori vi
vedono un riferimento all’assedio Romano, quindi dopo il 71 d.C. =>
anche qui ritorno un pregiudizio di partenza contro la profeticità delle
parole di Gesù, postulando una predicazione necessariamente ex eventu,
post evento. Inoltre, Luca usa un’espressione molto generica,
tipicamente usata per descrive una “catastrofe”. Inoltre Luca non parla
della distruzione del Tempio, il disastro più grande della Guerra
giudaica. Se avesse “visto” la caduta di Gerusalemme, sarebbe più logico
parlare proprio della distruzione del Luogo più Santo dell’ebraismo più
che dell’“assedio” della città;

41
- Sembra dipendere molto da Marco, perciò si pensa che il suo Vangelo fu
scritto dopo il 65 d.C. (prima data utile per Marco) e fino al 90 d.C. (non
dopo se l’autore è Luca compagno di Paolo). Inoltre il suo Vangelo è
molto positivo verso i romani, e ciò non si spiegherebbe con l’inizio delle
persecuzioni da parte romana (ad es. nell’Apocalisse vi sono molti
riferimenti a Roma come persecutrice).

b. Caratteristiche letterarie e Struttura

Genere

Monografia storica  cfr. Prologo del Vangelo di Luca: ricerche accurate su


ogni circostanza sin dagli inizi. Scrive un prologo molto simile a libri di storia
come quelli di Tucidide, Polibio, Flavio Giuseppe: si indica l’argomento
principale di cui vuole trattare il libro (avvenimenti successi tra di noi, la vita
di Gesù Cristo e l’inizio della Chiesa). Inoltre, in questo genere si indicano le
“fonti” (all’inizio o nel corpo del libro) prediligendo i testimoni oculari (come
dicono espressamente Tucidide ed Erodoto).

Metodo  vuole scrivere con “ordine” e accuratezza: che ordine è? Non è


necessariamente l’ordine cronologico, che non interessava molto
nell’antichità (tranne che fosse importante per quello che si voleva
raccontare). Anche nelle biografie non importava molto la sequenza
cronologicamente ordinata degli eventi. Si pensa che sia piuttosto un ordine
narrativo, che ben si concilia con lo scopo (“perché tu possa renderti conto
della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto”).

Es. Atti 10 e 11: descrivono gli eventi della conversione di Cornelio e di Pietro
che parla al c.d. Concilio di Gerusalemme  Si vede che Pietro narra gli eventi
accaduti non in ordine cronologico (la visione di Cornelio era precedente) ma
narrativo!

Struttura del Vangelo di Luca

Matteo e Marco seguono molto i “blocchi di discorsi”: infanzia, parte


narrativa, discorso della montagna, miracoli, discorso sulla missione, etc.

42
Invece, nel Vangelo di Luca si evidenzia un elemento geografico  si inizia e si
finisce a Gerusalemme.

Gerusalemme è al centro della predicazione di Cristo => elemento che alcuni


hanno visto come modo di dividere la narrazione.

- Infanzia  inizia a Gerusalemme con Zaccaria;


- Ministero pubblico in Galilea: Luca ripete 3 volte che Gesù era in
cammino verso Gerusalemme  sembra ricordare al lettore che ci si sta
avvicinando a Gerusalemme, dove avverrà qualcosa di importante, il
culmine della predicazione e missione di Cristo. È qui che Luca inserisce
più materiale proprio: sono 10 capitoli (in Marco e Matteo solo 3) in cui
si trova quasi tutto il materiale unico del suo Vangelo;
- Ministero a Gerusalemme;
- Passione, morte e Resurrezione a Gerusalemme.

11. Il racconto dell’infanzia nel vangelo secondo Matteo

a. Dimostrare come Matteo usa i racconti dell’infanzia per rivelare


l’origine e missione di Gesù

- Comincia con la genealogia >>> 14. Gematria. Menziona molte volte a


Davide. Da molto valore al fatto che Gesù è Figlio di Davide. Cerca di
mostrare nella genealogia che Gesù è il Figlio di Dio. . Il nome Davide, in
ebraico, ha una numerologia corrispondente alle lettere di 4 + 6 + 4
(totale 14). Il numero 14, quindi, si ricollega al nome di Davide e
all’origine messianica di Cristo: con la stessa genealogia ci vuole dire che
Gesù è il Messia, il figlio di Davide di cui parlano le profezie messianiche
delle Scritture, che si compiono interamente in Lui.
- Vuole sottolineare la verginità di Maria. È un dato sicuro per tutta la
Chiesa. Per questo motivo cerca di spiegare perché Giuseppe diventa
padre di Gesù. Compimento della profezia di Isaia. Nell’antichità era la
donna chi dava il nome al bambino (TM), ma nelle LXX è il padre chi li da
il nome. la vergine concepirà e partorirà un figlio e lo chiamerà
Emmanuele. (Isa 7,14)

43
- la vergine concepirà e partorirà un figlio e tu lo chiamerai Emmanuele.
(Isa 7,14)
- (Mt 1,23) la vergine concepirà e partorirà un figlio e lo chiameranno
(Gesù è Dio con noi, ma non è il nome che l’Angelo li dice a Giuseppe)
Emmanuele. (Mt 1,23)
- I Magi. Porteranno i donni a Gerusalemme. Ad adorare al re. Matteo non
parla dei re, ma dei Magi. Profezia di Balaam.
- Dialogo con Erode. Profezia di Mic. LXX dice non sei davvero l’ultima fra
i capi, mentre il TM dice delle città principale. Ma prende anche il testo
di 2 Sam 5, 2, per far ricordare a Davide.
- Parallelismo tra Mt 2, 16 e Es 1, 22. Dall’Egitto ho chiamato al mio
Figlio. / Os. 11, 1. Quando Israele era fanciullo, io l’ho chiamato mio
figlio. Dice che adesso Gesù è il nuovo popolo d’Israele.

12. Il racconto dell’infanzia nel vangelo secondo Luca

a. Dimostrare come Luca usa i racconti dell’infanzia per rivelare


l’origine e missione di Gesù

Anzitutto, presentando un confronto tra l’infanzia di Giovanni il Battista e


l’infanzia di Gesù: è una tecnica letteraria tipica della letteratura greco-
romana (c.d. synkrisis, sincresi).

Giovanni Battista: sarà santo, camminerà dinanzi a Dio con lo spirito di Elia e
preparerà il cammino al Messia. Vengono presentati Zaccaria ed Elisabetta,
persone pie, giusti, che aspettano il Messia. L’ambiente in cui vengono
presentati fa pensare al “resto d’Israele”, cioè persone che davvero aspettano
la salvezza di Dio mettendo tutta la loro fiducia in Lui nonostante le difficoltà e
l’ambiente ostile a loro  la salvezza di Dio arriva e passa per persone così, i
“poveri”. Dio decide di portare la salvezza al mondo tramite persone come
queste. C’è un piccolo ostacolo: i dubbi di Zaccaria. Il modello che utilizza
Luca per presentare l’annunzio della nascita di Giovanni si ritrova nell’AT:
oltre al modello della sincresi c’è anche un rimando evidente ai modelli
dell’AT, in particolare il “modello dell’Annunzio”, ad opera di un Angelo.
Dell’annuncio di Gesù si dice che sarà più grande del Battista, che avrà il

44
trono di Davide suo Padre, che regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe 
in sintesi: il Figlio che nascerà da Maria sarà più grande di Giovanni il
Battista, già considerato un grande profeta.

“Lo Spirito Santo scenderà su di te”  ci sono molti “echi” dell’AT, in


particolare in riferimento allo Spirito di Dio che scende sui profeti.

“l’ombra dell’altissimo”  rinvia alla tenda delle riunioni del popolo nel
deserto, dove quando la nuvola scendeva sulla tenda indicava la presenza di
Dio e Mosè andava a parlare con Dio nella tenda per poi riferire al popolo 
modo di Luca di mostrare come Gesù Cristo proviene da Dio.

Mentre in Matteo si richiama l’Emmanuele di Isaia, qui si richiama l’“ombra”,


una nube che “copre” Maria all’annunciazione: il verbo usato in proposito nel
Vangelo è episkiàzein, che richiama l’ebraico shakàn, che contiene la stessa
radice di Shekinah, la Presenza di Dio: l’espressione “Ti coprirà con la sua
ombra”, allora, si potrebbe anche tradurre “Ti coprirà con la nube della sua
Presenza”. La stessa nube divina sarà presente poi alla trasfigurazione di
Gesù, e accompagnerà la venuta ultima del Signore  si vuole indicare che
Gesù verrà da Dio, è il Figlio di Dio.

“sarà Santo e chiamato Figlio di Dio”  qui si dice ancora più esplicitamente
che Gesù viene da Dio.

Tra i “poveri” di cui parla Luca, nell’antichità, rientravano anche le donne.


Nel suo Vangelo c’è una evidente alternanza uomo-donna nel racconto
dell’infanzia. Es. Annunzio a Zaccaria, Annunzio a Maria, Magnificat,
Benedictus, Elisabetta sposa di Zaccaria, Giuseppe sposo di Maria, Simeone e
Anna (entrambi lodando Dio).

Visitazione della Madonna a Santa Elisabetta

Somiglianza tra Elisabetta che dice “non sono degna” di ricevere la madre del
mio Signore e i riferimenti dell’AT rispetto all’indegnità degli uomini di
ricevere e toccare l’Arca dell’Alleanza.

45
Maria rimane nella casa di Elisabetta per 3 mesi  richiamo a quello che
succede nell’episodio di Davide con l’Arca dell’Alleanza (cfr. 2Sam 6,10-11:
“Davide non volle trasferire l'arca del Signore presso di sé nella Città di
Davide, ma la fece dirottare in casa di Obed-Edom di Gat. L'arca del Signore
rimase tre mesi nella casa di Obed-Edom di Gat e il Signore benedisse Obed-
Edom e tutta la sua casa”).

Inni  strumento per indicare quello che dirà più avanti nel suo Vangelo.

Magnificat  richiama la struttura dell’Inno di Anna madre di Samuele:


grande rovesciamento, i poveri prendono il posto dei ricchi e dei sazi.

Benedictus  si parla molto del figlio che nascerà come precursore del
Messia.

Nascita di Giovanni Battista e Nascita di Gesù: entrambi i racconti si


caratterizzano per essere intessuti di gioia e allegria, ma mentre il primo è
molto “normale” e umano, il secondo vede l’apparizione di Angeli che
annunciano la nascita del Salvatore a dei pastori (torna il tema dell’annuncio
della salvezza ai poveri).

Riassunto della crescita, prima di passare alla vita pubblica:

- nel caso di Giovanni: molto sintetico, una sorta di sommario  cfr. Lc


1,80: “Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni
deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele”;
- nel caso di Gesù: racconto dell’allontanamento di Gesù per stare nel
Tempio e poi del ritorno a Nazareth (cfr. Lc 2,62: “E Gesù cresceva in
sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”)  alcuni autori
pensano sia un’aggiunta del I secolo, che non fosse originariamente nel
Vangelo di Luca. Altri autori evidenziano come questo racconto abbia
molti elementi lucani e si collochi in continuità con l’idea lucana di “dire
qualcosa” di ciò che succederà più avanti: viaggio dalla Galilea a
Gerusalemme, predicazione nel Tempio, scomparsa per 3 giorni per fare
la volontà del Padre e ritorno  cfr. il “Perché mi cercavate?” detto da

46
Gesù a Maria nel Tempio con il “perché cercate colui che è vivo tra i
morti?” detto alle donne nel giardino dopo la Resurrezione.

13. Il racconto del Battesimo di Gesù nei tre Vangeli sinottici

a. Come viene presentato Giovanni Battista nei vangeli sinottici?

La nota più comune ai 3 sinottici nella scena del Battesimo di Gesù è la


presentazione della figura di Giovanni Battista, figura importantissima per
Israele e per il cristianesimo. Anche Flavio Giuseppe parla molto di Giovanni
Battista (più che di Gesù). Si trovano menzioni al Battista anche nel libro degli
Atti (oltre alla predicazione di Pietro nella Casa di Cornelio anche a Efeso,
dove si trovano alcuni discepoli di Giovanni il Battista, che conoscevano il suo
Battesimo ma non quello di Cristo).

Racconto di Marco

Cfr. Mc 1,1-8: “Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta
scritto nel profeta Isaia:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri,

vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di


conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della
Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel
fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di
cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e
miele selvatico. E proclamava: "Viene dopo di me colui che è più forte di me:
io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho
battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo”.

Giovanni Battista  precursore che viene a preparare la via del Signore, del
Messia. Il suo aspetto fisico fa pensare ai profeti dell’AT, in particolare a Elia,

47
perché il riferimento a vestirsi di pelli di cammello coincida con la descrizione
di Elia fatta in 2Re 1: coperto di pelli con una cintura di pelle che gli cingeva i
fianchi => Vi sono, quindi, 2 riferimenti a Elia:

- Dio invierà il suo messaggero che avrà il potere di Elia  profezia di


Malachia: cfr. Ml 3,1-5: “Ecco, io manderò un mio messaggero a
preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il
Signore che voi cercate; e l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate,
eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della
sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del
fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare
l'argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché
possano offrire al Signore un'offerta secondo giustizia. Allora l'offerta di
Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi,
come negli anni lontani. Io mi accosterò a voi per il giudizio e sarò un
testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adùlteri, contro gli
spergiuri, contro chi froda il salario all'operaio, contro gli oppressori
della vedova e dell'orfano e contro chi fa torto al forestiero. Costoro non
mi temono, dice il Signore degli eserciti”.
- Modo di vestirsi  2Re 1,7-8: “Domandò loro: "Qual era l'aspetto
dell'uomo che è salito incontro a voi e vi ha detto simili parole?".
Risposero: "Era un uomo coperto di peli; una cintura di cuoio gli
cingeva i fianchi". Egli disse: "Quello è Elia, il Tisbita!".

“Viene dopo di me Colui che è più forte di me”  Marco riassume il messaggio
di Giovanni il Battista, dicendo che predicava il Battesimo di conversione dei
peccati, e le uniche parole che riporta sono riferite al Messia, al fatto che
verrà qualcuno dopo di lui.

Sarà chiamato “Dio forte”  cfr. profezia di Is 9,5: “Perché un bambino è


nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo
nome sarà: Consigliere mirabile, Dio forte, Padre per sempre, Principe della
pace”.

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Non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali  segno di
umiltà estrema da parte di un personaggio molto conosciuto all’epoca, che
indica un riconoscimento molto importante.

Battesimo di Giovanni come “battesimo di preparazione”  non dà davvero il


perdono dei peccati, ma predisponeva la gente a ricevere quel perdono, con il
battesimo di Spirito Santo.

Racconto di Matteo (Mt 3,13-17), differenze:

- Riporta alcune parole di Giovanni Battista, ma non rivolto al popolo ma


specificamente ai capi;
- Presenta direttamente Giovanni, prima di richiamare la profezia;
- Predicazione di conversione perché “il regno dei cieli è vicino”, stesse
parole di Gesù  continuità dell’annuncio profetico in Cristo, che è
compimento pieno delle Scritture;
- Ragione della predicazione di Giovanni Battista  qui si cita Isaia: tipico
di Matteo, anche nei Vangeli dell’infanzia, prima parla dell’evento e poi
dice che questo compie le Scritture.
- Marco dice che il Battista predica un battesimo di conversione e di
perdono dei peccati, mentre in Matteo non si dice questo  forse per
evitare una confusione, come se il battesimo di Giovanni il Battista
rimettesse i peccati. Lo stesso farà Giovanni evangelista, mettendo in
evidenza le differenze tra i due tipi di battesimo.

Racconto di Luca, differenze:

- È un racconto più lungo;


- All’inizio ci sono più coordinate storiche  spesso nei libri profetici (es.
Michea, Ezechiele, Geremia, Osea, etc.), c’è questo tipo di
inquadramento storico del momento in cui la Parola di Dio
“scende/viene” sul profeta => Luca presenta Giovanni come un profeta,
al modo in cui veniva fatto nell’AT;
- Non descrive come si vestiva Giovanni il Battista né quello di cui si
cibava, anche se l’ha già presentato come profeta, e in nessuna parte del
testo vuole ricollegare il Battista ad Elia: sicuramente conosceva questa

49
tradizione, perché nel Benedictus di Zaccaria si parla di Elia, idea anche
richiamata nell’annuncio dell’angelo a Zaccaria, ma Luca vuole
presentare piuttosto Gesù come “nuovo – e più grande – Elia” (es.
risuscitamento della Vedova di Nain, molto simile al risuscitamento
operato da Elia; nella Trasfigurazione Gesù parla con Elia; l’Ascensione
al cielo di Gesù richiama l’ascensione di Elia, etc.);
- Aggiunge alla predicazione del Battista le indicazioni sulla “giustizia
equitativa” al popolo, pubblicani, soldati, etc. risponde anche alle
domande messianiche dicendo che non è lui il Messia, ma che verrà
qualcuno dopo di lui che sarà più forte di lui  non parla delle “vipere”
in riferimento ai farisei, come fa Matteo, ma si rivolge a tutto il popolo.
“Opere degne di conversione”: per Luca sono opere di giustizia sociale,
come modo per dimostrare che ci si è davvero convertiti.
- Matteo e Marco citano Isaia – voce nel deserto che grida – per
presentare il Battista come il precursore, ma Luca mette qui anche l’idea
centrale del suo Vangelo, cioè “il piano di Dio per l’umanità”, quindi
inserisce anche un riferimento alla salvezza universale per tutti i popoli,
continuando la citazione di Isaia.

b. Significato del battesimo di Gesù

Questo è il mio Figlio, Colui nel quale mi sono compiaciuto  richiama il Testo
di Is 42, quello che Dio dice del Servo sofferente di YHWH => si anticipa
anche la sua passione: Marco ci vuole indicare che Gesù il Figlio di Dio e che
la sua Passione è patire in croce.

Nel testo di Marco:

- è Gesù che vede i cieli aperti e sente la voce del Cielo => punto di vista
di Gesù Cristo.
- Sembra che la teofania sia avvertita solo da Gesù, come se la voce fosse
solo per Lui;
- Subito dopo le tentazioni Gesù va a predicare nella sinagoga e la gente
chiede “chi è costui?”: se tutti avessero sentito la voce non avrebbe avuto
molto senso, quindi c’è una coerenza interna al testo.

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Nel testo di Matteo si mette in evidenza che:

- Il Battista non vuole battezzare Cristo;


- Cristo parla di “compiere ogni giustizia” (tema molto tipico del vangelo
di Matteo): per giustizia si intende il “compiere la volontà di Dio”;
- “Questi è il mio Figlio”  approccio più catechetico: Matteo vuole
sempre rendere più esplicito quanto già narrato da Marco, si vuole
evidenziare che è proprio questo il momento in cui Gesù inizia il suo
ministero pubblico.

Nel testo di Luca non ci sono molte differenze con Marco e Matteo:

- È più sintetico degli altri due: tutto il popolo viene battezzato e anche
Gesù, che “stava in preghiera” (tema importante per Luca, che vuole
mostrare Cristo come modello per il cristiano, che sta sempre in
preghiera);
- Il cielo si apre e scende lo Spirito Santo in forma di colomba e una voce
dal Cielo  a differenza di Marco il punto di vista non è quello di Gesù,
ma più impersonale, quindi sembrerebbe potersi parlare di una “teofania
pubblica” (in Matteo neppure è così chiaro se la voce la sente solo Gesù
o anche i presenti);
- Lo Spirito comincia a spingere Gesù verso il suo ministero.

14. Il racconto delle tentazioni nei vangeli secondo Matteo e Luca

a. Lo sfondo anticotestamentario delle tentazioni

Il racconto delle tentazioni cerca di spiegare che tipo di Messia è Gesù Cristo
e come la sua missione sia collegata al popolo  chiaro riferimento
all’esperienza del popolo nel deserto descritta nel Deuteronomio (40 giorni nel
deserto – anche periodo legato a Elia nel monte per ricevere la sua vocazione –
manna-pane, vitello d’oro-adorare il demonio, dubitare di Dio - tentare Dio e
metterlo alla prova)  anche tutte le risposte di Gesù sono parole tratte dal
Deuteronomio.

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- 1° “Se tu sei Figlio di Dio”. Nel battesimo Matteo racconta che Gesù è
Figlio di Dio. >>> Fiducia in Dio, Gesù preferisce compire ogni giustizia,
fare la volontà di Dio. Dt 8, 2-3
- 2° “Se tu sei Figlio di Dio” >>> Sal 91, 11-12. La risposta di Gesù è
simile a quella di Mosè; Mt 4, 5-7 = Dt 6, 16. E anche Es 17, 2-3.7) Dio
ha i suoi tempi. I suoi modi. Non mettere a Dio alla prova.
- 3° Satana chiede l’adorazione, e la risposta di Gesù è più forte. Mostra il
cammino che deve seguire Gesù. Dt 6, 13, e Dt 5, 9.

b. Significato delle tentazioni all’interno dei racconti sinottici

Tentazione (in greco “peirasmòs”) significa “prova”, in questo caso si mette


alla prova la Fede di Cristo, la sua fiducia e lealtà al Padre e alla sua Missione,
di cui gli Apostoli diventeranno partecipi (cfr. Ultima cena). Alla fine del
racconto di Luca si dice che il diavolo lo lasciò per un momento (kairòs) parola
che si ritrova subito prima della passione, quando si dice che Giuda cercava
un buon momento per tradire Gesù (eu kairòs): l’ultima “prova” è la passione e
morte. Anche le parole che la gente rivolgono a Gesù sono collegate alle
tentazioni del demonio (“se tu sei il Figlio di Dio scendi dalla croce/trasforma
queste pietre in pane, gettati, etc.)  ciò che Luca vuole mostrare è la fedeltà
di Gesù alla Missione del Padre.

15. Discorso sulla montagna o sulla pianura

a. Le beatitudini (confrontare con Luca)

Vangelo di Mt 5,1-12:

“Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i
suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
5Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

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9Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno
ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate,
perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i
profeti che furono prima di voi”.

Vangelo di Lc 6,17-26:

“Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi
discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e
dal litorale di Tiro e di Sidone, 18che erano venuti per ascoltarlo ed essere
guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri
venivano guariti. 19Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una
forza che guariva tutti. 20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

"Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.


21Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando
e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del
Figlio dell'uomo.
23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è
grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
24Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
25Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti
agivano i loro padri con i falsi profeti.
Riprende l’antitesi del Magnificat.

In entrambi i casi, emerge la preoccupazione dell’evangelista  Matteo:


“Beati i poveri in spirito”: fa pensare a una categoria molto ampia di chiunque
voglia seguire Cristo; Luca invece dice “Beati voi”  rivolto ai soli discepoli (le
genti sembra che si limitano ad ascoltare il discorso rivolto ai discepoli). Luca:

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“Beati i poveri”  tema molto caro a Luca, che parla spesso dei poveri (e dei
ricchi in contrapposizione) e non vuole “spiritualizzare” troppo la radicalità
dell’insegnamento di Cristo, perché vuole evidenziare come la ricchezza può
accecare l’uomo e renderlo insensibile alla chiamata del Signore (giovane
ricco, non si può seguire Dio e Mammona, etc.).

Luca: “Beati voi che avete fame”/ Matteo: “Beati voi che avete fame e sete di
giustizia” (cioè di voler fare la volontà di Dio)  “perché sarete saziati”:
passivo divino, che vuole dire che Dio provvederà.

Eb: ‘anawim  gr: tapeinos, ptochos  italiano: poveri e oppressi, coloro che
non hanno nessuno cui rivolgersi  i “poveri del Signore”, perchè hanno solo
Dio, e sono chiamati “beati”.

Anche se in Luca non si trova la beatitudine della misericordia, il tema della


misericordia è molto presente. Es. Non dice “siate perfetti come è perfetto il
Padre vostro celeste” come Matteo (cfr. Mt 5,48), ma dice – cfr. Lc 6,36 –
“Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”  tema centrale
per Luca.

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”  questo lo dice Matteo, ma


anche Luca parlerà nel suo Vangelo della purezza. All’epoca per purezza si
intendeva soprattutto la “purezza legale” e “rituale”. Qui si evidenzia
soprattutto che la purezza non è qualcosa di esterno e di formalistico, ma che
ciò che Dio vuole è un cuore puro, una vista pura, sentimenti puri. “Vedere
Dio”  non si spiega molto in Matteo, ma più negli Atti: Dio non è
“prosopolemptes” (nell’antichità, le persone molto importanti, come i re,
distinguevano tra coloro che erano “degni” e “indegni” a seconda che
potessero guardarli in faccia o meno), e non fa distinzione tra chi può
guardarlo e chi non può guardarlo, tra chi è giudeo e chi è pagano, non fa
parzialità. Ciò che conta non è la stirpe (giudeo o pagano), ma che uno sia
“puro di cuore”.

“Beati i perseguitati”  Luca vuole sottolineare che è proprio il momento in


cui rallegrarsi (usa il verbo in auristo, che descrive l’azione completa): nel

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momento in cui soffrite, gioite, perché Dio vi ricompenserà come ha
ricompensato i profeti.

Mt 5,14-16: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con
che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e
calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta
una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla
sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella
casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le
vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”  Sale
della terra e luce del mondo  l’immagine della luce è molto ricorrente
nell’AT, mentre quella del sale è meno presente (ad es. nel libro dei Re,
quando Eliseo usa il sale per purificare le acque a Gerico: cfr. 2Re 2,21-22:
“Eliseo si recò alla sorgente delle acque e vi versò il sale, dicendo: "Così dice
il Signore: "Rendo sane queste acque; da esse non verranno più né morte
né aborti"". Le acque rimasero sane fino ad oggi, secondo la parola
pronunciata da Eliseo”; Nel Levitico, quando Dio istruisce su come fare i
sacrifici, dice che non deve mancare mai il sale, che rappresentava l’alleanza
di Dio con gli uomini: cfr. Lv 2,13: “Dovrai salare ogni tua offerta di
oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell'alleanza del tuo
Dio; sopra ogni tua offerta porrai del sale”)  quando Gesù dice che i suoi
discepoli sono il sale della terra sta dicendo che essi rappresentano proprio
l’alleanza degli uomini.

16. Discorso sulla montagna o sulla pianura

a. Gesù e la Legge (Mt 5,13-48)

Mt 5,17ss  iniziano riferimenti alla Legge ed ai precetti: “Non crediate


che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad
abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano
passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della
Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi
minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato
minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà

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considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra
giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete
nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi….”.

- Omicidio: interiorizza il divieto fino all’odio e all’inimicizia per il


prossimo, applicando la stessa pena (nel senso di porli sullo stesso
piano);
- Adulterio: anche questo viene interiorizzato ancora di più, parlando del
“desiderare” di compiere adulterio nel cuore. Non bisogna fermarsi
all’atto esteriore, bisogna andare al cuore dell’azione. Gesù da molta
importanza alle “relazioni” tra gli uomini, sottolineando l’importanza di
guardare una persona negli occhi, considerandola come persona e non
come oggetto;
- Divorzio/ripudio: anche questo è un tema scioccante da sentire
all’epoca  chiunque ripudia la propria moglie, eccetto nel caso di
“porneia” (atto sessuale illecito: all’epoca l’unico atto del genere era un
matrimonio illecito, come nel caso di matrimonio incestuoso) la espone
ad adulterio  quella donna è ancora tua moglie, quindi se va con un
altro uomo commette adulterio: se l’adulterio è una cosa cattiva, non
devono esporre una persona ad adulterio, quindi il ripudio è cattivo. Qui
Gesù non spiega perché il ripudio è cattivo, in altre parti dei Vangeli (cfr.
Mt 19) dirà che “per la durezza del vostro cuore” Mosè ha dato il ripudio
(divorzio), ma “in principio” non fu così => non faceva parte del piano
originario di Dio: gli uomini non possono separare ciò che Dio ha unito.
Se per evitare l’omicidio si deve cercare di vivere in armonia, e per non
tradire bisogna guardare bene le persone, per evitare il divorzio bisogna
vivere in armonia  ritorna il tema della interiorizzazione e della
relazione.
- Giuramento: superato, si-si, no-no;
- Legge del taglione: non opporti al malvagio, non nel senso di non
cercare la giustizia sociale, ma di non cercarla facendo il male agli altri,
lasciando fare Dio. San Paolo: la vendetta è di Dio, non degli uomini 
cfr. Rm 12,19: “Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate

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fare all'ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a
ciascuno il suo, dice il Signore”.
- Amerai il tuo prossimo: in Luca questo passo si trova più avanti,
quando lo Scriba lo interroga sul comandamento più grande della Legge
e su chi sia il prossimo (parabola del buon samaritano). Mentre Matteo
riprende già qui il tema: “amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”
 non si trova scritto nella Torah ma era ciò che dicevano gli scribi.
Gesù dice di non odiare nessuno, anzi di pregare per i propri nemici,
come Dio che fa sorgere il sole e fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti. Se
si amano solo gli amici in cosa si sarebbe diversi dai gentili?  Mt 5,48:
“siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.

17. Discorso sulla montagna o sulla pianura

a. Il Padre Nostro in Matteo e in Luca

Alla fine di questo discorso, Matteo vuole mostrare “Chi è il discepolo di Gesù
Cristo” e come Gesù porta a pienezza la Legge d’Israele.

Pietà del discepolo: Gesù, secondo la sua linea di portare a compimento la


legge, presenta 3 pilastri della pietà propria dei suoi discepoli:

i) Elemosina: privarsi di qualcosa per aiutare gli altri, amando gli altri
come se stessi per amore di Dio;
ii) Preghiera: è l’elemosina che noi chiediamo a Dio, di mostrarci il suo
volto e la sua volontà. La preghiera deve venire dal cuore e mettere in
relazione con Dio Padre. Il “centro” del Discorso della Montagna è
proprio il “Padre nostro”, che è come lo zenit del discorso.

Versione del Padre nostro di Matteo (Mt 6,9-13)  è la versione riportata


nella Didachè (II sec.) e, se si fa la retro-traduzione in aramaico, è il testo che
ha più cadenze (dunque è più facile da leggere e ricordare), perciò si pensa
che sia la versione più “originale”:

“Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,

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come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male”.
Versione del Padre nostro di Luca (Lc 11,2-4):
“Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione”.
È possibile anche che questa preghiera sia stata conosciuta, tramandata e
pregata secondo diverse tradizioni, riportate da Matteo e Luca.
In ogni caso, il contenuto è lo stesso:

- Si chiama Dio come “nostro Padre”: nell’antichità era comune chiamare


un Dio come “padre”, ma non “padre nostro” (o Abbà);
- “Sia santificato il tuo nome”  è un modo di lodare Dio, affinché sia
sempre considerato Santo e lodato;
- Venuta del Regno di Dio  l’idea è sempre che sia fatta la volontà e il
disegno di Dio;
- “Sia fatta la tua volontà”  manca nel Padre nostro di Luca, ma si
ritrova nell’episodio del Getsemani: cfr. Lc 22,42: “Padre, se vuoi,
allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua
volontà”: il testo, in greco, coincide esattamente con il testo del Padre
nostro di Matteo, mentre nel Vangelo di Matteo le parole di Gesù nel
Getsemani sono diverse da quelle del Padre nostro: alcuni autori usano
proprio questo passaggio a supporto della teoria che Luca conoscesse il
Vangelo di Matteo;

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- Pane quotidiano: solo Dio può darci ciò di cui abbiamo bisogno, ogni
giorno (infatti Luca usa il presente, non l’auristo che si riferisce a
un’azione compiuta e finita);
- Perdonare il prossimo: ritorna il concetto dell’armonia nella relazione,
la cui conseguenza prima è sapere perdonare le persone. In Mt 18 il
“discorso ecclesiastico” e la parabola del servo spietato riprendono il
tema dei “debiti” nei confronti di Dio e nei confronti degli altri. Luca,
invece, non parla di “debiti”, ma di “peccati” (amartìa): in Luca un tema
centrale è proprio la “remissione dei peccati”;
- Tentazione (peirasmòs): la tentazione è una prova, in questo caso della
lealtà verso Dio. Qui si chiede a Dio di non darci prove che siano al di
sopra delle nostre possibilità. Dio controlla ed è al di sopra di tutte le
cose: non è che Dio tenta, ma sì è Lui che “permette” che siamo tentati
dal nemico, perché nulla può accadere che Dio non compia o permetta.

b. La relazione con Dio e con gli altri nel discorso sulla montagna (Mt
6,1-7,29)

Con Dio, la Pietà

- Limosina, digiuno e preghiera. Attitudine interiore nella relazione con


Dio. Dio è Padre
- Distacco. Fiducia in Dio, che è Padre.

Con gli altri, le relazioni

- Non giudicare
- Non buttare le perle ai maiali.
- Prudenza con sé stessi
- Rapporto di fiducia con Dio.
- Regola d’oro: fare agli altri ciò che uno vuole che loro facciano con uno.
Fate il bene.
- Porta angusta

18. Le Parabole di Gesù

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a. Le parabole nella letteratura ebraica e il loro valore letterario

Le parabole erano comuni nell’antichità: anche il libro della Sapienza è


considerato un libro che raccoglie le parabole (mashalin) del re Salomone.

Hanno un certo carattere poetico-creativo che permette di esprimere una


grande ricchezza di significati: ad es. quando Natan racconta una parabola al
Re Davide (cfr. 2Sam 12) al momento di spiegarla si vede come la parabola
aveva uno ed un solo significato, riferito al peccato del Re. Invece, nelle
parabole del Signore, si vede che ci sono molti significati.

Carattere allegorizzante  Allegoria significa “parlare in un altro modo”, e


di solito è più ricco di una parabola (nel senso dell’AT) => le parabole del NT
sembrano una revisione delle parabole dell’AT in chiave “più allegorica”. Si
può dire che le parabole del NT si trovano nel campo semantico dell’allegoria
e della metafora, aperte a vari significati.

Il concetto che il Signore cerca di spiegare spesso con le parabole, il fine


delle parabole, è il Regno di Dio, cioè una realtà molto complessa, che non
può essere esaurita con una sola parabola o con la semplicità di un racconto in
rapporto 1 a 1 con la realtà che si vuole descrivere, come se ogni aspetto
equivalga a uno e un solo significato  In definitiva, le parabole del NT, usate
da Gesù, si caratterizzano per una maggiore ricchezza di contenuti e
significati, anche in relazione al fine per il quale vengono raccontate.

Questo è tipico anche del modo di insegnare di Gesù in generale: prendere un


modo di insegnare che già esiste e arricchirlo, rendendolo più complesso e
articolato.

b. I diversi “tipi” delle parabole di Gesù

Ogni evangelista, con le parabole, segue uno scopo proprio, manifestato anche
dai “raggruppamenti di parabole”: o perché hanno uno stesso tema o
perché sono collegate. L’evangelista che collega di più tra loro le parabole è
Matteo, come ad es. le parabole del regno (Mt 13), più sviluppate in questo
Vangelo: si mettono insieme due aspetti apparentemente inconciliabili, cioè

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l’azione di Dio e l’azione degli uomini, alla fine gli uomini malvagi vengono
puniti ma per loro responsabilità  c’è una certa “tensione” tra i due estremi;
oppure: regno di Dio come tesoro nel campo (atteggiamento passivo) o perla
preziosa (atteggiamento attivo), etc.

Dopo le parabole del regno, Gesù narra la parabola del seminatore, i discepoli
non capiscono, e Gesù si stupisce, ma la spiega. In Matteo, dopo questo,
seguono altre parabole sul Regno (parabola della zizzania, etc.).

In Luca c’è solo un raggruppamento, quello delle “parabole della


misericordia” (Lc 15): la gente mormorava contro Gesù perché accoglieva
peccatori e pubblicani, quindi Gesù inizia a narrare queste parabole come
risposta all’obiezione mossa: si racconta la parabola della pecora smarrita,
della dracma perduta e del figliol prodigo. In quest’ultima, la “perdizione” è
colpa di chi si è smarrito (perché nelle altre due o non si specifica, nel caso
della pecora o è da escludersi, nel caso della dracma) e, inoltre, si mette in
luce come Gesù sia preoccupato non solo per i pubblicani e peccatori ma
anche per i farisei e gli ebrei “giusti” e osservanti (il figlio maggiore): in
entrambi i casi emerge la figura del Padre misericordioso.

Appena dopo l’ingresso a Gerusalemme, Matteo (cfr. Mt 21,33) colloca la


parabola dei vignaioli omicidi (Lc la mette prima, cfr. Lc 20,9-19), a cui
seguono il discorso escatologico e le parabole che richiamano alla vigilanza
(vergini stolte e sagge, la parabola dei talenti e quella delle pecore e dei
capri).

19. Le Parabole di Gesù

a. Le parabole del Regno nel vangelo secondo Matteo

Parabole del Regno

- Mc ripete molte volte di ascoltare: Prendere attenzione.


- Tutti i sinottici hanno le parabole del seminatore, e anche il motivo delle
parabole.

61
- Matteo usa Sal 78, 2 anche per spiegare il motivo per cui Gesù usa
parabole.
- Collegamento tra la parabola del seminatore e della zizania. Il nemico è
molto attivo. Il Signore introduce un tema scatologico.
- Le parabole de la crescita. Senape, Lievito. Poi da un secondo motivo.
- Parabole del tesoro: Il regno è dato, non dipende dal volere dell’uomo,
l’uomo deve rendersi conto del grande valore, bisogna rinunciare alle
altre cose. Rete in mare. Simile alla parabola della zizania. (contenuto
scatologico)
- Il padrone di casa. Novità del regno di Dio (Mc parla del vino nuovo in
odre nuovo)

b. Il significato della sezione delle parabole nel vangelo secondo Marco

- Gesù insegnava con parabole. Parabole del regno. Seminatore. Chi è aperto
può capire. È una luce che non deve essere nascosta. Colle parabole insiste col
idea di dire “ascoltate”. Pazienza. Fiducia in Dio, che porterà davanti il suo
regno, ma in un modo nascosto.

- 1ma parte del Vangelo di Marco, si vede come Gesù cerca di mostrare
l’atteggiamento del discepolato. Gesù sta molto tempo con i suoi discepoli, ma
loro non capivano niente.

62
20. Le Parabole di Gesù

a. Le parabole della misericordia nel vangelo secondo Luca

In Luca c’è solo un raggruppamento, quello delle “parabole della


misericordia” (Lc 15): la gente mormorava contro Gesù perché accoglieva
peccatori e pubblicani, quindi Gesù inizia a narrare queste parabole come
risposta all’obiezione mossa: si racconta la parabola della pecora smarrita,
della dracma perduta e del figliol prodigo. In quest’ultima, la “perdizione” è
colpa di chi si è smarrito (perché nelle altre due o non si specifica, nel caso
della pecora o è da escludersi, nel caso della dracma) e, inoltre, si mette in
luce come Gesù sia preoccupato non solo per i pubblicani e peccatori ma
anche per i farisei e gli ebrei “giusti” e osservanti (il figlio maggiore): in
entrambi i casi emerge la figura del Padre misericordioso.

b. Le parabole durante il ministero a Gerusalemme

- Esortazione alla vigilanza.


- Cerca la conversione dei farisei.
- Mostra il rifiuto del popolo.

21. Aspetti teologici più salienti del vangelo secondo Marco

a. Gesù il Messia – mostrare come Marco usa i miracoli e le


controversie per rivelare la persona di Gesù.

- Gesù è il Messia. Molti miracoli, con un spettacolarità. Gli spiriti impuri,


quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di
Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse. (Mc
3,11-12). «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in
nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da
quest'uomo!».

- Messia sofferente.
- Cristologia bassa e Cristologia alta.

b. Il discepolato

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- Gesù sta sempre con i suoi discepoli nel Vangelo. Mc 3, 13-16. Gesù
sceglie ai suoi discepoli, e poi invia a predicare.
- (mathetai): discepoli, allievi
- Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava
ogni cosa. (Mc 4,34)
- (akoluthein): seguire
- Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti
abbiamo seguito». (Mc 10,28)
- «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano,
mentre i tuoi discepoli non digiunano?». (Mc 2,18)
- Una cosa che si vede in Marco è la ignoranza dei discepoli: non capivano;
non avete fede ancora? Il loro cuore era indurito.
- Uno dei dodici venderà al suo maestro.
- Gesù convoca ai suoi discepoli, inoltre degli apostoli a seguirgli.
Prendere la croce (Mc 8, 34).
- Nella risurrezione Gesù intenta riunire ai suoi discepoli a Galilea, dove
aveva cominciato il discepolato.

22. Aspetti teologici più salienti del vangelo secondo Matteo

a. Gesù vero Dio e vero uomo

Il fatto di riprendere il Vangelo di Marco fa sì che ci siano anche qui aspetti


volti a mettere in evidenza “chi è Gesù”, ma rispetto a Marco (che mostra
soprattutto come Gesù sia il Messia che deve soffrire) in Matteo si evidenzia
che Gesù Cristo è il compimento delle promesse e delle profezie, è il
compimento della Legge, è il Figlio di Dio (cfr. discorso di Cesarea di
Filippo: per Marco Pietro dice “Tu sei il Cristo”; per Luca “Tu sei il Cristo di
Dio”; per Matteo “Tu sei il Cristo, Figlio di Dio”; anche nell’annunciazione di
Gabriele alla Vergine, si dice che l’incarnazione è “opera di Dio” e che Lui è
l’Emmanuele, “Dio con noi”; quando Gesù insegna si mette “al centro” del suo
insegnamento, parlando di sé stesso e mettendosi al di sopra di Mosè e dei
profeti, mettendosi al pari di Dio, il suo modo d’insegnare non è quello dei
farisei).

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Allo stesso tempo, prendendo da Marco, traspare molto anche l’aspetto
“umano” di Gesù: Gesù usa molto l’espressione “Figlio dell’uomo”
riferendosi a sé stesso. Si mette in relazione Cristo con Israele, Lui è il vero
Figlio del Padre.

Si evidenzia molto anche il modo in cui mettersi in relazione filiale con Dio:
Gesù chiama Dio “Padre mio” e Abbà (novità assoluta).

b. Il regno di Dio

Matteo parla molto anche del Regno di Dio o regno dei cieli: lo menziona più
di qualsiasi evangelista, ed è un tema chiave della predicazione di Gesù, che di
fatto predica il regno di Dio (basileia tou Theou). Dopo il battesimo nel
Giordano e le tentazioni nel deserto, Matteo dice che Gesù inizia ad
annunziare il “Vangelo del Regno” e a guarire ogni sorta di malattia e
d’infermità. Mt 4, 23; Mt 9. “Questo Vangelo del regno sarà annunciato in
tutto il mondo, perché sia conosciuto da tutti i popoli, e allora verrà la fine” 
tema centrale della predicazione di Gesù e del Vangelo di Matteo. Di solito si
chiama più “Regno dei cieli” (basileia ton ouranon) che “Regno di Dio” (usato
più da Luca), perché il primo è una tipica circonlocuzione ebraica per non
nominare il nome di Dio. Israele e il Regno di Dio. Il Regno è una realtà
dinamica. Sta venendo ma è già presente. A chi appartiene il Regno? In primo
luogo è per Israele. È per i peccatori che si convertono. Per entrare nel regno
di Dio bisogna lottare >> vestito nuziale.

c. La Chiesa

- Vangelo Ecclesiastico. si trova molto sviluppato il tema di “come vivere


nella Chiesa”  non dare scandalo, saper perdonare, saper correggere
chi sbaglia. Nel discorso della montagna Gesù insegna il Padre nostro,
spiega come fare l’elemosina, come digiunare, come pregare: fidandosi
di Dio e non delle proprie forze. Gesù sta facendo catechesi, sta
insegnando.
o Protagonismo di Pietro. Modello, così si deve guardare al Maestro.
o Viene dato il nome di Chiesa, che non c’è negli altri Vangeli.

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23. Aspetti teologici più salienti del vangelo secondo Luca

a. Il Disegno di Dio

Rispetto a Marco – che vuole dire “chi è Gesù”, per spiegare come sia
possibile che il Messia sia morto in croce – e Matteo – che vuole dimostrare
come Cristo sia il compimento di tutte le Scritture – Luca mette molto in
evidenza come tutta la vita di Cristo e della Chiesa forma parte del “piano di
Dio”: in tutta l’opera lucana, il fino narrativo è il piano di Dio – o
storia/economia della salvezza – che è il tema centrale. La salvezza, il
discepolato (risposta dell’uomo alla salvezza offerta da Dio), gli ostacoli e le
persecuzioni, sono tutti temi presentati nella prospettiva del piano di Dio.

Luca comincia il suo Vangelo, dopo il prologo, proprio con l’apparizione


dell’angelo nel Tempio a Zaccaria che gli parla di un “piano” che Dio ha per
lui. Anche nell’apparizione dell’Angelo a Maria viene rivelato il “piano di Dio”.

Un’espressione che appare molto spesso nel testo è “è/era necessario che”
(gr.: deì) per far vedere come tutto quello che accade e si compie è secondo il
piano di Dio, mostrando una continuità con l’AT sulla base di questo piano
eterno di salvezza (quindi anche Luca mostra continuità con l’AT ma in un
modo più sottile rispetto a Matteo, collegato al “piano di Dio”).

b. Gesù: salvatore, profeta, Signore, modello

Luca presenta Gesù Cristo come “il grande profeta” (soprattutto all’inizio
della predicazione: un grande profeta è sorto tra di noi”, dopo la resurrezione
del figlio della vedova di Nain, episodio che appare solo in Luca; domanda “se
costui fosse il profeta saprebbe/farebbe..”. Grande parallelo tra Gesù e il
Profeta Elia (anche Elia ha operato la resurrezione del figlio di una vedova, in
circostanze molto simili), mentre gli altri due sinottici lo ricollegano più alla
figura di Giovanni il Battista. Dopo la Trasfigurazione, i discepoli chiedono a
Gesù “perché la gente dice che prima deve venire Elia?”  Marco: è venuto e
ne hanno fatto quello che volevano; Matteo: era Giovanni Battista; Luca:
omette questo brano, passa direttamente all’esorcismo del ragazzo col
demonio muto. A Luca interessa presentare Gesù come “il grande profeta”, e il

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più grande dei profeti antichi è Elia. Questo non vuol dire che Luca non fosse
cosciente che Giovanni il Battista fosse “l’Elia precursore del Messia” (cfr. il
cantico di Zaccaria), ma vuole mettere in luce un aspetto diverso. Il
discepolato parte dalla Fede e conduce alla Fede, passando per la conversione
(metànoia). Inoltre, rispetto ad altri Vangeli, il discepolato è presentato in
relazione all’“avere Gesù Cristo come modello di vita”. Ad es. Cristo
annuncia la salvezza anche ai poveri, ma il primo povero è Lui; il tema della
gioia e della preghiera è molto presente nel Vangelo di Luca, anche in
relazione all’atteggiamento di Gesù (es. Battesimo del Signore, chiamata degli
Apostoli, Trasfigurazione, prima del discorso di Cesarea di Filippo, etc.).

c. La salvezza in Luca

Il Vangelo di Luca è chiamato anche “il Vangelo della Salvezza” (gr.:


soterìa, sotèrion, verbo sodzo), perché è il Vangelo che più usa questo
concetto (soprattutto nei racconti dell’infanzia), evidenziando come Dio vuole
la salvezza degli uomini. È un tema molto paolino, e Luca vuole mostrare come
Gesù porta avanti questo progetto di salvezza di Dio.

Ci sono diversi modi in cui Luca parla della salvezza: in Matteo e Marco la
salvezza può anche significare “guarire da una malattia” (es. emorroissa) ma
in Luca viene associata al perdono dei peccati e, più spesso, come “grande
rovesciamento”: i più potenti sono abbassati e gli umili sono innalzati, i primi
diventano ultimi e gli ultimi diventano primi, quelli che pensano di essere
sicuri della propria salvezza alla fine restano esclusi, mentre i più umili e gli
ultimi sono i più vicini. Luca parla anche della salvezza come “venuta del
regno di Dio” (comune a tutti e 3 i sinottici, qui appare di più). Es. buon
ladrone, ricordati di me quando entrerai nel tuo “regno”; oggi sarai con me in
paradiso.

d. Il grande rovesciamento

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai
troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i
ricchi a mani vuote. (Lc 1,51-53)

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Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio (...) Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione. (Lc 6,21.24)

Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali;
ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.
(Lc 16,25)

Il padrone allora disse al servo: «Esci per le strade e lungo le siepi e costringili
ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli
che erano stati invitati gusterà la mia cena.» (Lc 14,23-24)

24. L’ultima Cena del Signore

a. La datazione dell’ultima Cena

Normalmente, la cena della Pasqua si faceva la notte del 14 Nissan, anche se


alcuni autori dell’epoca (ad es. Flavio Giuseppe) chiamano “Pasqua”, per
estensione, anche la Festa degli azzimi (notte prima del giorno di Pasqua).

I sinottici, invece, dicono che il giorno in cui vengono immolati gli agnelli è il
giorno in cui preparano la “cena pasquale” su incarico di Gesù, dunque Gesù
muore in croce il giorno dopo, cioè muore il giorno di Pasqua.

I sinottici presentano la cena pasquale quando già è stato immolato l’agnello


che, secondo il racconto dell’Esodo, doveva farsi tra le due luci, il Sole e la
Luna (al tramonto, la sera). In Giovanni, c’è una discrepanza con i sinottici:
sembra che l’ultima cena non sia la “cena della Pasqua”, perché Gesù muore
sulla croce il giorno dopo, quando nel tempio vengono immolati gli agnelli.

I sacerdoti, inoltre, non vogliono entrane nel Pretorio per non diventare impuri
e poter celebrare la Pasqua (quindi ancora non è stata celebrata). Si dice
anche che era la “parasceve” – cioè la preparazione del sabato o di un giorno
di festa – cioè la vigilia della Pasqua.

Dunque Gesù muore il giorno prima della Pasqua. Anche un testo rabbinico
dice che Gesù “morì nella vigilia della Pasqua”, circostanza confermata anche
dal Vangelo apocrifo di Pietro. Inoltre, sul piano astronomico, il 14 di Nissan

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cadeva di venerdì per l’anno 30 e 33 d.C., mentre tra il 34-37 d.C. in nessun
caso cade di venerdì.

Un dato che viene sottolineato molto – e sul quale non ci sono


particolari dubbi – è che la cena celebrata da Gesù sia stata in ogni
caso una “cena pasquale”, sia stata fatta prima o dopo  non sono i
sinottici, ex post, che cercano di dare un carattere pasquale, ma si tratta di
una cena pasquale in senso stretto (come emerge soprattutto nel Vangelo di
Luca). Ma se è una cena pasquale e non è ancora arrivato il giorno della
Pasqua (Giovanni) significa che Gesù ha deliberatamente voluto anticipare la
Pasqua. Perché? Perché sapeva che non ci sarebbe stata più la vecchia Pasqua
della prima Alleanza. Per questo Giovanni parla del “desiderio” del Signore di
celebrare questa Pasqua con i suoi discepoli, la Nuova Pasqua, che verrà
compiuta con la sua morte. Nel modo ebraico per il computo dei giorni spesso
si considerano i vespri del giorno prima già come “nuovo giorno”  questo
potrebbe essere un modo per rimuovere le discrepanze tra i Sinottici e
Giovanni.

Se si considera questo modo di computare, “il giorno in cui si immolavano gli


angeli” (sinottici) potrebbe essere non solo il 14 Nissan alle 15.00, ma anche il
13 Nissan dalle 18.00 in poi (vigilia). In questo modo, se si leggono così i
sinottici:

- Gesù avrebbe anticipato la cena pasquale al 13 di Nissan, vigilia del 14


di Nissan che era “il giorno in cui si immolavano gli agnelli”;
- Gesù morirebbe in croce il 14 di Nissan, Venerdì (giorno in cui si
immolavano gli agnelli nel Tempio);
- il giorno dopo, il 15 di Nissan, Sabato, si celebrava la Pasqua ebraica (15
Nissan);
- il giorno dopo ancora, il 16 di Nissan, la Domenica, Giorno della
Resurrezione.

Altra differenza tra i Sinottici – e Giovanni non aiuta in questo – è il momento


dell’Annuncio del Tradimento: secondo Marco e Matteo avviene a tavola,
nell’ultima cena, prima dell’istituzione dell’Eucaristia. In Luca, invece,

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l’annuncio del tradimento avviene dopo la distribuzione dell’Eucaristia (cfr. Lc
22,21-23).

Differenza della reazione degli Apostoli all’annuncio del tradimento:

- in Marco (Mc 14,19): gli Apostoli “Cominciarono a rattristarsi e a dirgli,


uno dopo l'altro: "Sono forse io?”;
- in Matteo (Mt 26,22): “profondamente rattristati, cominciarono
ciascuno a domandargli: "Sono forse io, Signore?”.;
- in Luca (Lc 22,23): “Allora essi cominciarono a domandarsi l'un l'altro
chi di loro avrebbe fatto questo”  sembra mancare la tristezza, e
ognuno sembra sospettare l’altro  serve per introdurre il lungo
discorso che segue, perché sorge anche un dibattito su chi tra loro sia “il
più grande”, la promessa di Pietro e la profezia del suo rinnegamento.

b. L’ultima Cena come una Cena pasquale

Il racconto di Luca sembra essere molto vicino al racconto di San Paolo nella
Lettera ai Corinzi: il contesto è liturgico, non ci viene raccontata ogni cosa che
Gesù ha fatto nella cena, ma interessa raccontare quello che la Chiesa
continua a fare, la celebrazione dell’Eucaristia. Sulla base del racconto i) o è
stata una cena di pochi minuti ii) o è successo anche altro ma si tratta di
concentrarsi solo su ciò che interessa, la cosa principale: che questa cena
pasquale – fatta secondo la tradizione giudaica – era anche molto di più.

Siccome la Pasqua commemorava la liberazione dall’Egitto, la cena pasquale


aveva assunto un significato che mirava anche al futuro, alla liberazione futura
 Gesù si riallaccia a questa concezione, ma dà un senso nuovo, la liberazione
dai peccati, e guarda verso il futuro (cfr. Mt 26,29: “Io vi dico che da ora non
berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi
nel regno del Padre mio”).

Parole istitutive dell’Eucaristia  ciò che stupisce gli studiosi è che Marco
e Matteo coincidono, mentre Luca parla di “due coppe”. C’è un manoscritto
del Vangelo di Luca del IV-V secolo che finisce con “questo è il mio corpo” e
manca la parte del calice (manca il versetto 19b-20). Per molto tempo si sono

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seguiti la maggioranza dei manoscritti, ma secondo la critica testuale “il più
breve e da preferire”, soprattutto quando la versione più lunga cerca di
spiegare o mettere in accordo altri testi.

Inoltre, la parte di Luca – questo è il mio sangue versato per voi e per molti in
remissione dei peccati – sembra riprendere un detto di Gesù che compare in
Marco e Matteo ma non in Luca: Mc 10,45/Mt 20,28: il Figlio dell’uomo non
è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per
molti  secondo alcuni autori, dunque, questa parte sarebbe aggiunta anche
perché in Luca mancherebbe questo “significato vicario del sacrificio di
Cristo”.

Oggi però la maggioranza degli studiosi concorda che l’originale sia il testo
più lungo, per vari motivi:

- è vero che la regola generale è prediligere il testo più breve, ma qui il


manoscritto con la versione più breve è solo uno, contro la totalità di
tutti gli altri manoscritti;
- l’articolazione dell’ultima cena in Luca ha un certo “parallelismo”,
perché (cfr. Lc 15,16) si parla di “mangiare” collegato al regno di Dio,
al banchetto escatologico. Si parla del bere dal calice e anche qui si fa
riferimento al regno di Dio, al fatto che non berrà più il frutto della vite
fino a quando non lo berrà nuovo nel regno di Dio. Poi di nuovo pane –
corpo; calice – sangue. Luca ricorre spesso a questi parallelismi (es.
vangelo dell’infanzia, annunciazione a Zaccaria e a Maria; donna guarita
di sabato / uomo che viene guarito di sabato; anche negli Atti:
parallelismo tra ministero di Pietro e di Paolo; etc.);
- inoltre il racconto di Luca rispecchia più fedelmente il modo in cui si
celebrava la cena pasquale tra i giudei dell’epoca di Gesù: Struttura  si
versa una 1° coppa di vino, che si benedice rendendo grazie e si beve;
viene servita la cena; 2° coppa di vino, che non si beve, si aspetta,
perché secondo la tradizione questo è il momento in cui il figlio minore
chiede al padre che cosa stanno facendo  ricordare, anamnesys: il
padre spiega raccontando brevemente la storia della salvezza, partendo
da Abramo; poi si canta l’hallel (Salmo 112-114) per ringraziare Dio della

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salvezza del suo popolo; dopo di ciò, si beve il 2° calice e si mangia la
pasqua (agnello arrostito, erbe amare, pane azzimo) e si versa e si beve
la 3° coppa di vino, chiamata la “coppa della Benedizione”, perché si
ringraziava Dio di aver mangiato questa Pasqua e si ricordava la
liberazione del futuro, quando Dio salverà il suo popolo; dopo si cantava
la seconda parte dell’hallel (Salmi 115-118) e si passava alla 4° coppa,
alla fine della cena. Nel testo di Luca, si parla di almeno 2 calici: “Ho
tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia
passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si
compia nel regno di Dio". E, ricevuto un calice, rese grazie e disse:
"Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo
momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di
Dio". Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo:
"Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me".
E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: "Questo calice
è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi”  il testo più
lungo è più aderente alla struttura della Pasqua ebraica;
- anche l’obiezione secondo la quale Luca non parla del sacrificio di Cristo
come sacrificio vicario non coglie nel segno, perché negli Atti degli
apostoli, quando Paolo parla agli anziani di Efeso, si dice che Cristo è
morto per il riscatto degli uomini: cfr. At 20,28: “Vegliate su voi stessi e
su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come
custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il
sangue del proprio Figlio”.

c. L’interpretazione che da Gesù a questa Cena

◦ Un'aperta e ovvia predizione della morte di Gesù


◦ la morte di Gesù è centrale nel piano di Dio, una parte «necessaria» di
esso. Nell'ultima cena, viene dichiarata come un'offerta vicaria di Gesù
per gli altri.

Espiazione / Alleanza / Perdono dei peccati / Martirio

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Servo di Dio: «ha spogliato sé stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra
gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli»
(Is 53,12)

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