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Schopemammt

Il pensiero di Schopenhauer, esposto in 'Il mondo come volontà e rappresentazione', propone che il mondo sia sia una rappresentazione che una volontà di vivere, criticando sia il realismo che l'idealismo. Sostiene che l'esistenza umana è segnata dal dolore e dalla noia, causati dalla ricerca insaziabile del piacere, ma offre vie di fuga attraverso l'arte, la morale e l'ascesi. Infine, l'ascesi porta alla negazione della volontà di vivere, conducendo al Nirvana, un'esperienza di completa negazione del mondo esterno.

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Il pensiero di Schopenhauer, esposto in 'Il mondo come volontà e rappresentazione', propone che il mondo sia sia una rappresentazione che una volontà di vivere, criticando sia il realismo che l'idealismo. Sostiene che l'esistenza umana è segnata dal dolore e dalla noia, causati dalla ricerca insaziabile del piacere, ma offre vie di fuga attraverso l'arte, la morale e l'ascesi. Infine, l'ascesi porta alla negazione della volontà di vivere, conducendo al Nirvana, un'esperienza di completa negazione del mondo esterno.

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Schopenhauer.

Il pensiero di Schopenhauer si apre con la sua opera “Il mondo come volontà e
rappresentazione” scritta nel 1818 e in quest’opera, la sua intenzione è quella
di rispondere alla domanda: “Che cos’è il mondo?” e lui offre due soluzioni:
Quella scientifica, che afferma che il mondo sia una propria rappresentazione, e
quella filosofica che afferma che il mondo sia volontà di vivere. Secondo quella
scientifica, affermare che il mondo sia una propria rappresentazione significa
avere la consapevolezza che sia impossibile osservare il mondo nel suo vero e
proprio essere, ma soltanto per come appare nella singola esperienza
individuale. In base a questo e in base anche al pensiero che il mondo esiste
grazie al rapporto tra soggetto e oggetto, Schopenhauer basa i suoi pensieri.

Lui critica sia il realismo che l’idealismo, il realismo perché riduce il soggetto
all’oggetto, e l’idealismo perché risolve l’oggetto nel soggetto. Lui ritiene che
ne soggetto ne l’oggetto debbano prevalere l’uno sull’altro ma che soltanto
grazie all’unione di entrambi sia possibile arrivare alla conoscenza. Inoltre, lui
ritiene che tutte le cose siano fenomeni e con questa teoria, lui resta fedele al
suo maestro Kant e mette l’accento su tre delle forme individuate da Kant,
ovvero spazio, tempo e causalità. Attraverso le forme dello spazio e del tempo,
lui organizza e individua il materiale percettivo, ovvero lui crede che, non sia
possibile percepire, sentire o conoscere dei concetti o degli oggetti senza
collocarli in uno spazio o in un tempo determinato. Per questo le forme di
spazio e di tempo sono dei principi di individuazione delle cose. Una volta che
gli oggetti vengono individuati dal soggetto, vengono collocati nella mente di
quest’ultimo in un determinato ordine attraverso il principio di causalità, detto
anche principio di ragion sufficiente e questo può avvenire in quattro modi
diversi: come principio del divenire, del conoscere, dell’essere e dell’agire. Lui
conclude affermando che è nella causalità che va cercata l’essenza del mondo
fenomenico, detto anche mondo sensibile, continua dicendo che il mondo
sensibile non è altro che una dimensione illusoria e ingannevole, qualcosa di
apparente. Per descriverla lui utilizza il termine Maya, che significa illusione,
magia e con questo termine lui intende alludere ad un velo metaforico, il velo
di Maya, che si interpone nella conoscenza e nella vera essenza della realtà, in
poche parole, il suo mondo è costituito di apparenze. Per Schopenhauer
superare il velo di Maya è possibile per gli esseri umani, perché gli esseri umani
non sono soltanto soggetti della ricerca scientifica, ma sono anche soggetti
corporei. Questo è possibile perché il corpo ha una duplice valenza, cioè, è sia
un oggetto tra gli oggetti, ma è anche la sede in cui è presente una forza
enorme, ovvero, la volontà, che è l’impulso che spinge l’esistenza stessa. In
breve la volontà è l’impulso spinge le persone ad esistere e ad agire, a
intendere ed a volere. Una volta squarciato il velo di Maya si scopre che
l’essenza stessa del nostro essere è la volontà e che tutto dipende da questo
principio, quindi diventa un principio universale che pervade l’universo intero.
La volontà ha delle caratteristiche: è inconsapevole, perché è un impulso
naturale che precede la coscienza stessa, è unica, è indistruttibile,eterna, ma
soprattutto è cieca, cioè non ha nessuno scopo, ma agisse soltanto in base al
suo stesso principio di essere.

Da questa conclusione (che la volontà sia l’essenza del mondo e degli esseri
umani), ne deriva anche una conseguenza drammatica, ovvero il fatto che
l’esistenza umana sia segnata dal dolore, questo è dovuto al fatto che l’uomo
per natura ricerca il piacere, ma la ricerca del piacere è destinata ad essere
qualcosa di perenne e insaziabile, quindi l’essere umano che è mosso dal
desiderio, verso la ricerca del piacere è destinato ad una ricerca della felicità
continua ed insaziabile ma irraggiungibile, e quindi si ritrova in uno stato di
dolore perpetuo e in questo stato di dolore continuo, il piacere è soltanto
qualcosa di temporaneo, un intervallo, tra un dolore e l’altro. Oltre che dal
dolore, l’esistenza umana è pervasa anche dalla noia, ovvero una condizione di
vuoto che subentra quando si allenta la forte indole del desiderio. Lui conclude
dicendo che l’indole umana è pervasa tra un’oscillazione di desiderio e noia.

Tuttavia, afferma che esistano dei metodi tramite i quali l’uomo può sfuggire al
dolore e alla noia, ovvero, l’arte, la morale e l’ascesi. La prima è l’arte, cioè
l’esperienza estetica. In particolare, secondo il filosofo contemplando un’opera
d’arte come osservare un quadro, leggendo un libro, oppure ascoltando un
brano musicale, è possibile che l’uomo dimenticati i propri problemi e le proprie
sofferenze isolandosi completamente dal mondo esterno. Questo è possibile
perché l’arte è contemplazione, è qualcosa fuori dal tempo, ma lo è anche
perché viene considerata un’osservazione disinteressata, ma questo le
permette anche di avere un un’altra importante funzione, ovvero le permette di
oggettivizzare il dolore e di renderlo universale. Poiché quando una
determinata tensione viene espressa in un’opera d’arte, il dolore viene reso
universale perché è reso possibile agli uomini osservare la situazione
dall’esterno e quindi rendersi conto che il proprio dolore non è altro che un
riflesso del dolore generale degli esseri umani. E su questo, lui fa una
riflessione particolare sulla musica, affermando che la musica è completamente
indipendente dal mondo dei fenomeni perché è un’espressione immediata della
volontà.

Il secondo metodo che viene elencato da Schopenhauer per sfuggire dal dolore
e dalla noia è la morale, che si differenzia molto dall’arte perché, l’arte è
soltanto contemplazione, è un’osservazione disinteressata, invece la morale
rende possibile per un essere umano migliorare se stesso, perché lo spinge a
non agire più soltanto per se stesso, ma ad individuare ad accettare ciò che lo
collega ai suoi simili, quindi implica un impegno pratico verso il prossimo. Per
Questo la morale inizia in negativo, cioè limitandosi a non compiere delle azioni
che possono ferire gli altri e così si sviluppa un senso di giustizia e l’ideale del
diritto. Ma continua in positivo, cioè compiendo attivamente delle azioni che
mirano al bene del prossimo, e così l’uomo può sviluppare un sentimento di
compassione e di amore disinteressato per il prossimo sviluppando anche un
senso di pietà universale.

Infine, l’ultimo metodo per affrontare il dolore è quello dell’ascesi che consiste
nella noluntas, ovvero latto di negazione totale della volontà di vivere. In parole
povere, Schopenhauer ritiene che la prima cosa che l’uomo deve fare è quello
di raggiungere uno stato di perfetta castità, visto che uno dei primi istinti è
quello del piacere sessuale, e poi deve continuare seguendo gli ideali degli
asceti, quindi l’umiltà, il digiuno, la povertà, il sacrificio, la contemplazione…
poi si arriva al punto focale, ovvero mentre nel cristianesimo l’ascesi ha come
obiettivo l’unione con dio, per Schopenhauer l’ascesi ha come obiettivo la
conquista del Nirvana, ovvero l’esperienza del nulla. Tuttavia, nulla a cui si
riferisce Schopenhauer non è qualcosa di positivo, non è qualcosa di
sostanziale a cui si può aspirare, come l’uomo solitamente aspira il mistico, ma
è la completa negazione del mondo esterno. Il saggio che riesce a raggiungere
questo stadio di elevazione finale, il Nirvana non è morte ma è la conquista del
tutto.

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