Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
6 visualizzazioni31 pagine

Season of The Swamp Yuri Herrera PDF Download

Il documento presenta una serie di link per il download di ebook, tra cui 'Season Of The Swamp' di Yuri Herrera e altri titoli vari. Inoltre, include un resoconto storico dettagliato sull'assedio di Candia, descrivendo le difficoltà affrontate dai Veneziani e il coinvolgimento di vari principi europei nel tentativo di soccorrerli. Infine, si narra la triste conclusione dell'assedio e la reazione del popolo veneziano alla perdita della città.

Caricato da

psdnawei743
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
6 visualizzazioni31 pagine

Season of The Swamp Yuri Herrera PDF Download

Il documento presenta una serie di link per il download di ebook, tra cui 'Season Of The Swamp' di Yuri Herrera e altri titoli vari. Inoltre, include un resoconto storico dettagliato sull'assedio di Candia, descrivendo le difficoltà affrontate dai Veneziani e il coinvolgimento di vari principi europei nel tentativo di soccorrerli. Infine, si narra la triste conclusione dell'assedio e la reazione del popolo veneziano alla perdita della città.

Caricato da

psdnawei743
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 31

Season Of The Swamp Yuri Herrera download

https://ebookbell.com/product/season-of-the-swamp-yuri-
herrera-61226616

Explore and download more ebooks at ebookbell.com


Here are some recommended products that we believe you will be
interested in. You can click the link to download.

Continuous Container Gardens Swap In The Plants Of The Season To


Create Fresh Designs Yearround Original Roanne Robbins Sara Begg
Townsend

https://ebookbell.com/product/continuous-container-gardens-swap-in-
the-plants-of-the-season-to-create-fresh-designs-yearround-original-
roanne-robbins-sara-begg-townsend-5394748

Season Of The Witch Sarah Rees Brennan

https://ebookbell.com/product/season-of-the-witch-sarah-rees-
brennan-50602986

Season Of The Gar Adventures In Pursuit Of Americas Most Misunderstood


Fish Mark Spitzer

https://ebookbell.com/product/season-of-the-gar-adventures-in-pursuit-
of-americas-most-misunderstood-fish-mark-spitzer-51329792

Season Of The Sorceress Poetry And Prose Melody Lee

https://ebookbell.com/product/season-of-the-sorceress-poetry-and-
prose-melody-lee-23528532
Season Of The Marchioness A Historical Regency Romance Novel Patricia
Haverton

https://ebookbell.com/product/season-of-the-marchioness-a-historical-
regency-romance-novel-patricia-haverton-33725806

Season Of The Wallflower A Historical Regency Romance Novel Emma


Linfield

https://ebookbell.com/product/season-of-the-wallflower-a-historical-
regency-romance-novel-emma-linfield-100970062

Season Of The Witch How The Occult Saved Rock And Roll Peter Bebergal

https://ebookbell.com/product/season-of-the-witch-how-the-occult-
saved-rock-and-roll-peter-bebergal-46090810

Season Of The Wolf Maria Vale

https://ebookbell.com/product/season-of-the-wolf-maria-vale-46111258

Season Of The Witch Naomi Panthera Zelda Knight Faith Gibson Shana
Vernon Maddison Cole Candace Sams Kit Blackwood Alys Fraser Katherine
Bogle Ca King

https://ebookbell.com/product/season-of-the-witch-naomi-panthera-
zelda-knight-faith-gibson-shana-vernon-maddison-cole-candace-sams-kit-
blackwood-alys-fraser-katherine-bogle-ca-king-53469416
Discovering Diverse Content Through
Random Scribd Documents
Cristo mdclxix. Indizione vii.
Anno di Clemente IX papa 3.
Leopoldo imperadore 12.

Ebbe la cristianità nell'anno presente di che affliggersi, perchè


dopo tanti dispendii d'oro e di vite, e dopo tante fatiche, fu costretta
l'infelice città di Candia di piegar il collo sotto il giogo turchesco.
Avea raddoppiati i suoi uffizii il buon papa Clemente IX alle corti dei
principi cattolici, per ottener soccorso in sì urgente occasione alla
repubblica veneta. Accudì il generoso animo di Luigi XIV re
Cristianissimo in questo anno ancora a sostener l'onore del nome
cristiano contro degl'infedeli, ed allestì un corpo di otto mila
combattenti e una poderosa flotta, dandone la condotta al duca di
Beaufort grande ammiraglio e al duca di Novaglies. Ed affinchè alle
violenze, che contra il diritto delle genti suol praticare la Porta, non
rimanesse esposto il suo ambasciatore in Costantinopoli, spedì tre
vascelli a levarlo di là; benchè poi si lasciasse quel ministro
avviluppar dalle lusinghe de' Turchi, e si fermasse: il che attribuirono
altri a maneggio suo, per non perdere quel lucroso impiego. Varii
principi di Germania, mossi a pietà della veneta repubblica, oppressa
da que' cani, varii soccorsi di gente e di danaro le spedirono. Non
fecero di meno i principi d'Italia, e fra gli altri Laura duchessa
reggente di Modena inviò in loro aiuto un reggimento di mille fanti,
comandato da' suoi uffiziali, e in oltre, un regalo di cinquanta mila
libbre di polvere da fuoco. Gente, danaro e galee preparò esso
pontefice, e dichiarato Alessandro Pico duca della Mirandola mastro
di campo generale delle sue armi in Candia, quanto mai potè operò
per sottrarre quella città dall'imminente rischio di cadere nelle unghie
turchesche. Fu creduto che i Veneziani, siccome quelli che tenevano
sempre un ministro senza carattere presso il primo visire Acmet per
trattare di pace, avrebbono potuto ottenerla con buone condizioni,
cedendo la città di Candia, e ritenendo la metà dell'isola; ma
dall'aspetto di tanti soccorsi isperanziti non seppero essi indursi a
conchiuderla. Per tutto il verno e per la primavera continuarono i
Turchi con incessante furore a sempre più avanzare i loro lavori sotto
Candia, contrastando però loro i valorosi cristiani ogni palmo di
terreno con vicendevole spargimento di sangue. Tante e tali furono
le memorabili azioni di guerra, e sopra tutto di questo arrabbiato
assedio, che han servito d'argomento a più libri di storie.
Nel dì 16 di giugno pervenne a Candia la flotta franzese
composta di tredici galee, quattordici vascelli, quattro navi
incendiarie e cinquanta legni minori. Trovarono i Franzesi in un
miserabile stato quella città, prese dai Turchi tutte le fortificazioni
esteriori, formate breccie, e il tutto in manifesto pericolo di peggio.
Per la discordia facilmente vanno a monte le più belle imprese. I
bellicosi comandanti ed uffiziali franzesi (ancorchè fossero di
contrario sentimento i generali veneti Morosino Mombrun, o sia il
signore di Santo Andrea) non vollero perdere tempo a fare una
vigorosa sortita. Eseguirono essi questo disegno, uscendo dalla
piazza nella notte precedente al dì 25 del suddetto mese di giugno,
e, al primo spuntar dell'alba, con incredibile ardore si spinsero contra
le nimiche trincee, superandone l'una e poi l'altra. Tal terrore entrò
ne' Musulmani, che, rovesciati di qua e di là, non tennero il piè
fermo; e già arrivato il grosso dei Franzesi alle batterie nemiche,
apparenza v'era d'una illustre vittoria; quando, accesosi
improvvisamente il fuoco in due barili di polve, levò di vita trenta
d'essi. Bastò questo perchè tutti gli altri, credendo minati quei siti,
presi da panico terrore, dissero: Volta; e per quanto si sforzassero gli
uffiziali per ritenerli, tutto fu indarno. Allora i Turchi, ripigliato
coraggio, scagliatisi loro addosso, gl'inseguirono sino alle porte della
città. Che mille cinquecento Turchi perissero in quel conflitto, fu
scritto da chi non avrebbe saputo come provarlo. Certo è bensì che
lasciarono ivi la vita lo stesso ammiraglio duca di Beaufort, sessanta
bravi gentiluomini franzesi, cinquantaquattro uffiziali riformati ed
alcune centinaia di soldati. Pertanto restò si malcontento di questa
impresa il duca di Novaglies, che per quante preghiere adoperassero
il capitan generale Francesco Morosino ed altri, non si potè ottenere
ch'egli mutasse la risoluzion presa di rimbarcare il resto di sua gente,
e di far vela verso Francia nel dì 20 d'agosto. Con esso lui fuggì
anche non poca gente del veneto presidio in gravo discapito della
piazza. Trovò il Novaglies in viaggio il signor di Bellafonte, che di
Francia conducea altri mille e cinquecento fanti, nè questo giovò per
fermare i suoi passi. Fu poi disapprovata in Francia la sua ritirata, e
speditogli ordine di non capitare alla corte. Le ciarle, che corsero
allora, portavano ch'egli si lamentasse non poco del general
Morosino, per aver questi ricusato di secondare la felice sortita dei
Franzesi, credendosi, che se avesse anche egli loro dato braccio, in
quel solo giorno sarebbe restata Candia libera dall'assedio turchesco.
Immaginò la gente che il Morosino se ne astenesse o perchè avea
trattato segreto di pace co' Turchi, o per gelosia che, succedendo la
vittoria, se ne attribuisse la gloria ai soli Franzesi: pensiero che non
potea cadere in personaggio sì savio ed amante della patria.
Probabilmente se ne andò il Novaglies, perchè riconobbe
l'impossibilità di tenere in piedi un edifizio sì vicino alla rovina.
Erano già pervenute, nel dì 3 di luglio, a Candia le galee ausiliarie
del papa e di altri principi in numero di ventisette, sotto il comando
del balì Vincenzo Rospigliosi, nipote dello stesso pontefice. Colà
giunse ancora nel dì 22 di giugno il duca della Mirandola colle milizie
di terra dei pontefice e del duca di Modena, le quali ultime erano
ridotte a soli settecento uomini per li disagi del lungo viaggio. Ma
infieriti sempre più i Musulmani, moltiplicarono le offese e gli assalti;
di modo che si poteva oramai paventare che colla forza sboccasse il
turbine loro nella misera città. Fu perciò stabilito di cercar la pace
per salvare nel naufragio quel che si potesse. Veggendo il Rospigliosi
disperato il caso, nel dì 29 d'agosto giudicò meglio d'imbarcar la sua
gente, e poi fece vela verso il Mediterraneo. Dopo di che nel
seguente giorno, esposta bandiera bianca, si cominciò a trattar della
resa e della pace coi deputati del primo visire. Nel dì 6 di settembre
restò conchiuso l'accordo, per cui fu ceduta ai Turchi la città di
Candia, divenuta un cimiterio di tanti mortali, e un orrido spettacolo
di desolazione; e restarono in poter de' Veneziani nell'isola di Candia
le sole fortezze di Suda, Carabuso e Spinalunga co' lor territorii, e
Clissa con altre terre acquistate in Dalmazia ed Albania; e che fosse
lecito ai Veneziani il portar via le milizie e i cittadini che non
volessero restare in Candia, con tutti i lor bagagli, viveri ed armi.
Conto si fece che nel solo presente anno il numero de' morti e de'
divenuti invalidi dalla parte dei Veneziani ascendesse a quasi undici
mila persone. Perirono poi per burrasca di mare molti di quei legni
che menavano via il presidio e gli abitanti di quella infelice città. E
tale esito ebbe il memorando assedio di Candia, con grave danno sì
della repubblica veneta, ma con immortal gloria altresì della
medesima, per aver sì lungamente disputato alla smisurata potenza
de' Turchi l'acquisto di quella piazza. Portatone il doloroso avviso a
Venezia, persona assennata, che si trovò allora in quella metropoli,
mi assicurò che le parve di veder il dì del finale giudizio: tanti erano i
gemiti, le lagrime e gli urli dell'uno e dell'altro sesso. Andava il
popolo fanatico per le contrade deplorando la grande sciagura,
vomitando spropositi contro la provvidenza, maledizioni contra de'
Turchi, e villanie senza fine contra del general Morosino,
chiamandolo ad alte voci traditore, e spezialmente imputando a lui la
perdita della città, per non aver voluto sostener il felice ardire della
sortita franzese. Guai se questo generale fosse allora capitato a
Venezia; non sarebbe stata in sicuro la sua vita: cotanto era infuriato
quel popolo. Al dolore s'aggiugneva la paura, che i Turchi, soliti a
non mantener la fede, vedendo esausta e abbandonata la
repubblica, non si prevalessero di sì buon vento per maggiormente
soperchiarla. Volle Dio che a questa pace si acquetasse il loro
orgoglio.
Pervenuta anche a Roma l'infausta nuova, riempiè d'affanni e
lamenti tutta quella corte e città, ma sopra gli altri se ne afflisse
papa Clemente IX, che con tanta premura s'era fin qui adoperato per
esentar Candia dall'ultimo eccidio. Credenza comune fu che questo
inaspettato colpo influisse non poco a privare il mondo cristiano d'un
sì degno pontefice. Imperciocchè da lì a tre giorni egli cadde
infermo, e dopo alquanti altri di combattimento col male, finalmente
nel dì 9 di decembre passò a miglior vita, lasciando in benedizione la
sua memoria, perchè principe pieno di vero zelo per la difesa del
cristianesimo, principe dotato d'una soda umiltà e di una rara
moderazione, e provveduto delle più belle massime del politico
governo, di modo che, se Dio non l'avesse chiamato sì presto a
godere il premio delle sue virtù, gran bene ne potea sperare lo Stato
ecclesiastico. Pensava egli continuamente alle maniere di sollevar i
suoi popoli dalle tante gabelle imposte da' suoi predecessori: al qual
fine istituì una congregazione. Cura ebbe eziandio, perchè si
rimettesse il lanifizio in Roma e il commercio per li suoi Stati. Non si
applicò già egli ad arricchire i proprii nipoti, avendo lasciata la sua
casa con facoltà poco superiori allo stato in cui era prima del suo
pontificato. Affinchè la giustizia procedesse con ordine, e si
tenessero in freno i ministri e parenti, due dì d'ogni settimana con
somma pazienza dava udienza a chiunque del popolo la voleva; e
perchè un giorno, dopo avere speso più ore in sì tedioso mestiere,
ritirandosi alle sue stanze, udì che un povero uomo si lamentava per
non essere stato ascoltato, tornò indietro, e amorevolmente udito il
suo ricorso, rimandollo via tutto contento. Parimente volle che nel
muro delle camere dove si tengono le congregazioni, fosse fatta una
fenestrella, da cui senza essere veduto potesse il pontefice ascoltare
quanto ivi si trattava. Sprezzator della gloria umana ornò di belle
statue ponte Sant'Angelo, e nè pure una menoma memoria vi fece
mettere del suo nome. L'iscrizione ch'egli ordinò, da porsi in rozzo
marmo al suo sepolcro, altro non conteneva che il solo suo nome e
la dignità. Sigillò in fine queste sue virtù colla maggiore delle altre,
cioè colla carità, con visitar sovente negli spedali, accompagnato da
pochi suoi famigliari, e ministrando loro conforti e cibi. Solito anche
fu a pascere ogni dì in palazzo dodici poveri pellegrini. Tale era
questo buon pontefice, che Dio mostrò per poco tempo alla sua
Chiesa, e poi sel ritolse con incredibil dispiacere di Roma tutta, che
in lui perdeva un amatissimo padre, dopo aver ammirata la saviezza
del suo governo, la modestia de' suoi nipoti, e certe virtù che non
erano punto in uso nei tempi addietro. Andò poi molto in lungo la
creazione del suo successore, siccome vedremo all'anno seguente.
Fu in questi tempi che Ferdinando II gran duca di Toscana inviò il
principe Cosimo suo primogenito a viaggiare per varie corti d'Europa.
Arrivò egli sul principio d'agosto a Parigi, dove, siccome marito d'una
principessa di Francia, cugina del re medesimo, ricevette distinti
onori da quel gran monarca, e dopo essersi fermato quivi per un
mese, passò poi in altre contrade.
Cristo mdclxx. Indizione viii.
Anno di Clemente X papa 1.
Leopoldo imperadore 13.

Tanti raggiri, discrepanze e battaglie più dell'usato accaddero nel


conclave, in cui s'erano, dopo la morte di papa Clemente IX, chiusi i
sacri elettori, che durò la loro o volontaria o forzata prigionia quattro
mesi e quattro giorni. Finalmente con lode del sacro collegio
andarono a cadere, nel dì 29 d'aprile dell'anno presente, i lor voti
nella persona di Emilio Altieri Romano, a cui il pontefice suddetto
pochi dì prima di morire avea conferita la sacra porpora, mirando in
lui con una quasi prescienza chi dovea essere suo successore nella
cattedra di San Pietro. Tale in fatti era l'integrità de' suoi costumi,
l'affabilità, la perizia delle cose del mondo, e la generosità
dell'animo, che il popolo romano preventivamente lo andava
acclamando papa, nè v'era chi nol confessasse ben degno di sì alta
dignità. La sola età potea fargli contrasto, perchè vicino agli ottanta
anni; la robustezza nondimeno della sua complessione tuttochè non
disgiunta da qualche flussione che gl'indeboliva le gambe, faceva
assai sperare che reggerebbe buon tratto di tempo al peso del
pontificato. Dopo essersi dunque lungamente dibattuti i cervelli
politici de' capi delle fazioni, massimamente de' Franzesi e Spagnuoli,
affettanti ciascuno di promuovere uno dei lor parziali, ma senza
poter ottenere il pallio, si unirono all'esaltazione del cardinale Altieri,
il quale, allegando la poca sanità e la gravissima età sua, e gridando:
Guardate bene ch'io non son abile, con lagrime e scongiuri resistè
non poco alle loro intenzioni. Ma finalmente arrendendosi accettò
piangendo un peso, sì avidamente ricercato e con tanta allegrezza
ricevuto da altri. In venerazione del pontefice suo benefattore prese
il nome di Clemente X, e verso la di lui memoria esercitò dipoi in
altre guise la sua gratitudine. Della propria casa non aveva egli
parenti, e volendo pur continuare l'antica e nobile famiglia Altieri
romana ne' tempi avvenire, pensò a ricrearla nella parimente antica
e nobile dei Paluzzi Romani. Una sua nipote Laura Caterina era stata
maritata al marchese Gasparo Paluzzi degli Albertoni, nipote del
cardinal Paluzzo Paluzzi. Adottò pertanto tutta quella famiglia,
dandole il cognome degli Altieri e il nome di nipoti, e cedendo loro
tutti i beni patrimoniali della sua casa. Conferì allo stesso cardinal
Paluzzi, appellato da lì innanzi il cardinale Altieri, le primarie dignità;
e siccome questi abbondava di vivacità d'ingegno e di abilità in
maneggiare i pubblici affari, così abbracciò volentieri l'assunto di
sollevare il vecchio pontefice nelle fatiche del governo. Conferì
ancora al suddetto Gasparo Paluzzi, marito della nipote, inserito nella
casa Altieri, il grado di generale dell'armi della Chiesa, e di castellano
di Sant'Angelo. Maritò Lodovica sua pronipote in Domenico Orsino
duca di Gravina, e Tarquinia altra sua pronipote in Egidio Colonna
principe di Carbognano. Roma, da gran tempo avvezza ai nepotismi,
nulla si stupiva di questi salti di grandezza, anzi ne tripudiava per lo
sforzo dei nipoti pontifizii, e massimamente perchè Romani. Si
ammutirono solamente i plausi de' saggi, al veder tanti nuovi padroni
(e spezialmente il cardinale), i quali ben si previde che sotto l'ombra
del decrepito pontefice dominerebbono, con timore di soggiacere di
nuovo ai passati disordini, e di provare un governo diverso dal
pietoso e saggio di Clemente IX.
Giunto all'età di sessanta anni Ferdinando Il duca di Toscana
compiè il corso della vita e del principato nel dì 23 di maggio
dell'anno presente, dopo aver governato per lungo tempo i suoi
popoli con impareggiabil prudenza e con affetto da padre,
ricompensato anche dall'amore dei sudditi stessi, che di molte
lagrime onorarono il suo funerale. Secondo il glorioso costume della
casa de Medici, gran protettore fu delle lettere, e amatore de'
letterati, siccome pienamente dimostrò il dottor Giuseppe Bianchini
da Prato nel suo Trattato dei gran duchi di Toscana. Celebre sopra
tutto riuscì, e memorabile sarà presso i posteri l'Accademia del
Cimento, istituita nell'anno 1657 dal nobilissimo genio del cardinale
Leopoldo de Medici, e dalla liberalità di esso gran duca Ferdinando
promossa e favorita, dove insigni filosofi faticando, diedero poi alla
luce i tanto applauditi Saggi di naturali esperienze. Lasciò questo
principe due figli, a lui procreati da Vittoria della Rovere gran
duchessa, donna di gran talento, cioè Cosimo III gran principe,
tornato poco fa dai suoi viaggi per le corti d'Europa, che a lui
succedette nel dominio, e Francesco Maria, decorato poi della sacra
porpora cardinalizia. Nell'aprile di quest'anno giunse a Milano per
governatore don Gasparo Tellez Giron duca d'Ossuna e di Uceda, a
cui per lo sposalizio di una figlia del marchese di Caracena pervenne
una ricchissima eredità. Era in questi tempi duca di Guastalla
Ferrante Gonzaga; non avea che un figlio maschio, cioè il principe
Cesare in età di sei in sette anni, che gli fu rapito dalla morte.
Restandovi una sola sua figlia, cioè la principessa Anna Isabella, con
poca o niuna speranza di altra prole, pensò allora la vedova
imperadrice Leonora Gonzaga di procurare l'accasamento di questa
principessa col duca di Mantova Ferdinando Carlo Gonzaga, figlio del
duca Carlo II, fratello di sua maestà, per desiderio di unire al ducato
di Mantova quello di Guastalla. Fece perciò dei gran maneggi per
effettuar questo maritaggio; tuttochè nel regno di Napoli esistesse
una linea di principi Gonzaghi di Guastalla, chiaramente chiamati alla
successione in quel ducato. Fu in quest'anno intentata nel senato
veneto fiera accusa contro il capitan generale Francesco Morosino,
quasichè egli avesse mancato al suo dovere nella resa di Candia; ma
con pieni voti restò egli poscia assoluto.
Cristo mdclxxi. Indizione ix.
Anno di Clemente X papa 2.
Leopoldo imperadore 14.

Con sante intenzioni era entrato il pontefice Clemente X nel


governo pastorale e politico, e, seguendo le massime lodatissime del
suo predecessore Clemente IX, confermò la congregazione da lui
istituita per trovar le maniere di sgravar i popoli dalle tante gravezze
loro imposte dai suoi antecessori, nulla più desiderando che il loro
sollievo. Ma, ritrovata la camera apostolica sì carica di debiti per li
capricci di alcuni precedenti nepotismi, quasi gli caddero le braccia.
Contuttociò, perchè era cessata la guerra col Turco, abolì le decime
degli ecclesiastici, ed estinse la metà della tassa imposta alle milizie
dello Stato, dolendosi di non poter per ora di più fare in benefizio dei
suoi sudditi. Riformò poscia la compagnia delle Corazze posta in piè
da papa Innocenzo X. Alleggerì il numero de' soldati, la spesa de'
quali ascendeva a cento mila scudi annui. Moderò o levò molte spese
esorbitanti o superflue del palazzo, come ancora in Roma e per lo
Stato, usate da' suoi predecessori. Quel ch'è più, ordinò che tutte le
componende ed altri emolumenti spettanti alla borsa privata del
papa si depositassero al sacro monte di Pietà, con animo di
valersene in pubblico bene, risoluto di non imitare chi innanzi a lui
avea atteso più ad arricchire i proprii parenti, che a procurar con
vero zelo la pubblica felicità. Il marchese di Lucerna, ambasciatore
allora di Savoia nella corte di Roma, in una sua relazion manuscritta
asserisce d'aver più volte inteso dalla bocca stessa del pontefice
l'avversione sua ad ingrandir con soverchie ricchezze i nipoti,
detestando egli l'opulenza e i tesori di quattro case pontifizie formate
a' suoi giorni, e dicendo di avere abbastanza provveduti i suoi
parenti coi suoi beni proprii loro rinunziati, e colle cariche anche
prodigamente loro assegnate, bastando tali rendite al decoroso loro
mantenimento. Ma non cessavano i parenti suoi di lagnarsi
liberamente di questa, come essi dicevano, stitichezza del papa, e gli
mettevano intorno tentatori potenti per ismuoverlo da sì glorioso
proponimento: laonde stava curiosamente aspettando la gente l'esito
della battaglia, e se le batterie della tenerezza del sangue fossero da
tanto che conducessero il papa a mostrarsi uomo.
Si mutò in fatti a poco a poco registro, non forse perchè il buon
pontefice recedesse dalle onorate sue massime, ma perchè la sua
decrepitezza e poca sanità il costrignevano bene spesso al letto,
convenendogli perciò di lasciar molta parte delle redini in mano del
cardinale Altieri, di modo che non passò gran tempo che il popolo
dicea essere Clemente X papa di nome, e il cardinale papa di fatti. E
giacchè abbiam fatta menzione dell'ambasciator di Savoia, conviene
aggiugnere che, nella congiuntura della sua ambasceria, fra lui e il
marchese Francesco Riccardi ambasciator di Toscana, nacque
controversia di uguaglianza o di precedenza; e n'era per seguire
scandalo, giacchè l'una e l'altra parte aveano fatto armamento di
gente. Ma seppe il cardinale Altieri colla sua destrezza calmar quella
tempesta senza pregiudizio dei contendenti, che deposero l'armi, ma
non già gli odii. Un principio di sollevazione fu nell'aprile in Messina,
dove, provandosi carestia, ne attribuiva il basso popolo la colpa al
mal governo degli Spagnuoli, o all'avidità dei nobili, per vendere più
caro i loro grani. Un certo Giuseppe Martinez, preso un pugnale in
mano, andò gridando per le strade: Ammazza, ammazza. Unitisi con
lui molti della feccia della plebe, corsero ad incendiar le case di
alcuni del governo, e seguirono uccisioni e saccheggi. Inoltre
segretamente spedirono costoro a Parigi, per impegnar quella corte
in loro aiuto; ma ritrovarono il re Lodovico XIV con altri pensieri in
testa, cioè tutto rivolto a preparamenti per muovere guerra agli
Olandesi. Mancata questa speranza, venne meno anche la sedizione,
che costò la vita ad alcuni capi di quegli ammutinati. Nè si vuol
tralasciare un editto pubblicato nel dì 20 di maggio dal pontefice
Clemente X, per cui decretò che nulla pregiudicasse alla nobiltà di
tutto il suo Stato l'esercizio della mercatura, purchè i nobili non
vendessero alla minuta le merci. Utilissimo e lodevole decreto per
animar la gente al commercio e alle arti, che sono il sugo vitale per
arricchire e rendere felici gli Stati; laddove la guerra, di cui tanti si
pregiano, non serve che ad impoverirli. Attendevano i più antichi
Romani all'agricoltura, e non lasciavano per questo d'essere
segnalati guerrieri, allorchè il bisogno lo richiedeva.
Cristo mdclxxii. Indizione x.
Anno di Clemente X papa 3.
Leopoldo imperadore 15.

Pieno d'umiltà il buon pontefice Clemente IX avea ordinato un


ignobil sepolcro al corpo suo. Clemente X esercitò la sua gratitudine
verso del defunto benefattore con ergergli ancora una suntuosa
memoria nell'anno presente. Inoltre pose la prima pietra per un
insigne ristoramento ed ornamento alla basilica Liberiana, ossia a
Santa Maria Maggiore, che fu condotto alla sua perfezione nel
seguente anno. In auge grande di felicità si trovavano gli Olandesi in
questi tempi. Affidati nella lor lega coll'Inghilterra e colla Svezia, si
vantavano di aver fatto paura al re di Francia Luigi XIV nella
precedente guerra da lui mossa alla Spagna; ed avendo alterato il
commercio coi Franzesi, parlavano alto alle occasioni. Il re
Cristianissimo, che non solo avidamente aspettava, ma cercava col
moccolino le occasioni di farsi rispettare, di accrescere la sua gloria e
di far nuove conquiste, non lasciò cader questa per terra. Tante
segrete ruote seppe maneggiare lo industrioso e liberal suo
gabinetto, che gli riuscì di staccar la Svezia e l'Inghilterra dalla lega
colle Provincie Unite, e di stabilir anche una forte alleanza con Carlo
II re britannico contra delle medesime. Dormivano i lor sonni gli
Olandesi, quando sul principio d'aprile il re di Francia e d'Inghilterra
dichiararono la guerra all'Olanda; e il primo passò con potente
esercito a' suoi danni. Presero i Franzesi in sei giorni le prime quattro
piazze di frontiera. Fu poi considerato come azione veramente
mirabile l'avere la cavalleria franzese valicato il vasto fiume del Reno
in faccia ai nemici, che fecero ben qualche resistenza, ma in fine,
atterriti da tanto ardire, si diedero alla fuga. In cinque settimane
ridusse il vittorioso re più di quaranta piazze alla sua ubbidienza;
commosse ancora l'elettor di Colonia e il vescovo di Munster contro
gli stessi Olandesi, la fortuna de' quali parea omai ridotta agli
estremi, se la città d'Amsterdam, col rompere le dighe ed allagar le
campagne, non fermava il rapido corso del valore e della fortuna
franzese. Di altro non si parlava allora per tutta Italia che di sì
strepitosi avvenimenti; e se ne parlava con piacere, per la speranza
che di tali acquisti avesse a profittar la religion cattolica, e fu infatti
inviato un vescovo cattolico alla già presa città d'Utrect. Ma si trovò
vicina anche l'Italia a veder crescere un acceso fuoco di guerra fra
Carlo Emmanuele II duca di Savoia e la repubblica di Genova.
Passano per eredità gli odii di quei confinanti fra loro. Ma si
aggiunse a muovere il duca una cospirazione di Raffaello dalla Torre
bandito da Genova, che fecegli sperar facile l'acquisto di Savona.
Scopertasi a tempo da' Genovesi questa mena, vi provvidero. Ma
giacchè s'era dato principio alle ostilità col pretesto di controversie di
confini, si continuò poscia il ballo; furono presi luoghi dall'una parte
e dall'altra, e succederono delle azioni calde con far di molti prigioni,
e sì gli uni che gli altri vantavano superiorità di forza e di bravura.
Ma il re Cristianissimo, sia perchè fosse implorata la sua mediazione,
o perchè a lui non piacessero questi romori, spedì il signor di
Gaumont per interporsi con amichevoli persuasioni a far posare
l'armi, e a rimettere in arbitri le lor differenze, ordinando anche di
valersi del tuono di minaccie contro chi si trovasse renitente. Tregua
pertanto fu fatta, e destinata la città di Casale per luogo delle
conferenze. Riuscì alla voce del Gallo ciò che non aveano potuto
ottenere co' loro uffizii il papa ed altri principi d'Italia. Il bello poi fu,
che dopo avere il ministro franzese stabilito il luogo del congresso,
venne un imperioso ordine del re, che le pretensioni delle parti si
dovessero dedurre alla sua corte, con aspettarne la decisione del
savio giudizio di sua maestà. Rincrebbe più d'un poco questo alto
parlare al duca di Savoia, nulla dipendente dall'autorità del re, e
molto più a' Genovesi, che erano da gran tempo sotto la protezione
del re di Spagna. Tuttavia sì formidabile era il monarca franzese, che
convenne piegare il capo. Spediti poscia a Parigi dall'una e dall'altra
parte ministri ben informati delle scambievoli ragioni, nell'anno
appresso la tregua si convertì in pace, e le restanti controversie de'
confini furono rimesse ai giudici italiani da eleggersi di soddisfazion
delle parti. Terribili memorie lasciò in quest'anno un tremuoto, a cui
simile non s'era forse mai provato nella Romagna e Marca. In Rimini
spezialmente fu il maggior flagello, perchè per la maggior parte in
quella città chiese, palazzi e case andarono per terra. Ed essendo
succeduta la maggiore scossa, mentre in dì di festa le genti si
trovavano alle chiese, vi perderono la vita più di cento persone, e
senza paragone molti più vi restarono feriti. Pretesero i sacri oratori
zelanti questo essere stato un visibil gastigo di Dio, perchè non era
portato il dovuto rispetto alla casa del Signore. Sommamente ancora
patirono le città di Ancona, Fano, Pesaro e Sinigaglia, col
rovesciamento di assai chiese e case, e colla morte di molti abitanti,
essendo ridotti que' popoli a dormire a cielo scoperto. In quest'anno
la contestabilessa Colonna e la duchessa Mazzarina si fuggirono da
Roma per andarsene in Francia.
Cristo mdclxxiii. Indizione xi.
Anno di Clemente X papa 4.
Leopoldo imperadore 16.

Aveano i perfidi Musulmani con varii pretesti mossa la guerra


contro la Polonia, regno di gran potenza, ma regno più debole di
tanti altri minori, e sempre mal preparato per la difesa, per cagion
della forma del governo, sì disadatta all'union degli animi, e a
procurare il pubblico bene. Coll'improvvisa irruzione di un
potentissimo esercito si impadronirono i Turchi dell'importante piazza
di Caminietz, e di quaranta quattro altri luoghi fra città e castella. Per
sottrarsi a perdite maggiori, fece il re Michele una vergognosa pace,
con cedere que' luoghi, cioè tutta la Podolia, al gran signore, e con
obbligarsi inoltre di pagare venti mila scudi annualmente alla Porta.
Non sofferì la generosa nazion polacca un sì obbrobrioso accordo, e
dichiarata la guerra al Turco, si diede a sollecitar l'aiuto de' principi
cristiani contro il comune nemico. Con essi Polacchi entrò in lega il
gran duca di Moscovia; e questi inviò a Roma Paolo Manesio
cavaliere scozzese, capitan delle sue guardie, per implorar gli aiuti
del pontefice. Trovò ottimo trattamento, carezze e regali in quella
corte, ma niuna voglia di collegarsi con quel barbaro principe; e se
ne partì mal soddisfatto, perchè il papa nelle risposte non volle
accordare al Moscovita il titolo di czar, ossia di Cesare, che Giovanni
Basilide dopo l'ampie sue conquiste avea cominciato ad usare,
riputandolo la corte romana lo stesso che quel d'imperadore. Nè
altro parimente che belle parole potè ottenere dal senato veneto
quell'ambasciatore, cioè quella stessa moneta che i Polacchi e
Moscoviti aveano adoperato allorchè i Veneziani si trovarono in tante
angustie per la guerra di Candia. A Giovanni Sobieschi generale della
Polonia toccò di rintuzzare col suo valore l'ardire turchesco; e questi
poi seppe farsi eleggere re di quel regno dopo la morte del re
Michele, succeduta nell'anno presente.
Più che mai continuò ancora lo sforzo dell'armi franzesi contro le
Provincie Unite, e dopo un famoso assedio di sole tre o quattro
settimane ebbe il re Lodovico XIV, nel dì 5 di luglio, il contento e la
gloria di entrar vittorioso nella fortezza creduta inespugnabile di
Maestricht. Tanti progressi del monarca franzese, il quale intanto non
lasciava di dar buona pastura di accomodamento, essendo anche
stata scelta la città di Colonia per luogo de' congressi, cagion furono
in fine che l'imperadore Leopoldo, Carlo II re delle Spagne e Carlo IV
duca di Lorena, ne' mesi di luglio e d'agosto, strinsero lega con gli
Olandesi. All'incontro il re chiamato Cristianissimo, per dare
apprensione da un'altra parte a Cesare, conchiuse, nel dì 5 di
giugno, col gran signore Maometto IV un'alleanza più stretta che le
precedenti. Stava forte a cuore ad esso monarca il tener ben affetta
a' suoi interessi la corona della gran Bretagna; e giacchè il re Carlo II
non avea successione, e si trattava di far passare alle seconde nozze
Jacopo Stuardo duca d'Yorch, fratello del medesimo re, che già s'era
dichiarato cattolico, si prese il pensiero esso re Cristianissimo di
trovargli moglie. A sì sublime grado fu scelta Maria Beatrice d'Este,
sorella del giovinetto duca di Modena Francesco II, principessa, nel
cui animo e cuore aveano posto seggio le più eminenti virtù. Ma
perchè più alto tendevano i pensieri di questa principessa, risoluta di
consecrarsi a Dio in un monistero, s'incontravano troppe difficoltà ad
ottenere il suo assenso. Nè si sarebbono superate, se il sommo
pontefice, considerando che in tai nozze concorreva il bene della
cristianità, non avesse interposte le sue paterne esortazioni. Però nel
dì 30 di settembre, in Modena dal conte di Peterburug a nome del
duca di Yorch fu sposata essa principessa. Dopo di che,
accompagnata dalla duchessa Laura sua madre e dal principe
Rinaldo suo zio, si mise in viaggio alla volta di Parigi, dove
pervenuta, ricevè onori immensi da quella corte. Quivi si fermò ella,
finchè pacificato l'eretico parlamento inglese, che non di buon occhio
mirava una principessa tale, perchè cattolica, e destinata al trono
della Gran Bretagna, permise la sua entrata nel regno nel principio di
dicembre, onorata da frequenti salve d'artiglieria, ma lacerata da non
poche mormorazioni di chi troppo odio professava alla religion
cattolica. Trovò in fatti questa principessa il parlamento affaccendato
per islontanare dal regno ogni ombra di esercizio pubblico della
medesima religione. Papa Clemente X in questi tempi, con cadere
infermo, fece sperare o temer mutazioni in quella corte. Parea che la
sua grande età nol lascerebbe risorgere; ma si riebbe, ed uscì in
pubblico. Alzavano intanto i nipoti Altieri da' fondamenti un superbo
palazzo in Roma, pel quale fu creduto dalla gente maligna che
s'impiegasse parte del danaro che sua santità avea fatto depositare
nel monte della Pietà, quando è certo ch'egli inviò di grosse somme
per difesa della Polonia contro de' Turchi.
Cristo mdclxxiv. Indiz. xii.
Anno di Clemente X papa 5.
Leopoldo imperadore 17.

Cominciarono in quest'anno a cangiar faccia gli affari dell'Olanda,


perchè tanto s'industriarono i ministri di Spagna e gli amici degli
Olandesi in Londra, che il re Carlo II lasciò andare la finora inutile
alleanza colla Francia, e stabilì pace con essi Olandesi. Altrettanto
poi fecero l'elettor di Colonia e il vescovo di Munster. Sbrigata
l'Olanda da questi nemici, e rinforzata dall'armi dei collegati, cioè
dell'imperadore e della Spagna, fece prendere altre risoluzioni al
monarca franzese. Cioè abbandonò egli, alla riserva di Mastrich e di
Grave, tutte le altre piazze occupate agli Olandesi, ma
coll'avvertenza di torchiar prima le borse degli abitanti, di minare e
far saltare le fortificazioni, e di asportarne tutte le artiglierie e
munizioni. In bene e in male si parlò forte dappertutto di questo
abbandonamento e di tante asprezze. Alla testa delle sue armate
passò il re medesimo di nuovo nel mese di aprile verso la Franca
Contea, e dopo alcuni vigorosi assedii s'impadronì di Gray, di
Besanzone, di Dola, e d'ogni altro luogo forte di quella contrada, con
piantarvi i gigli, che quivi fecero buone radici. Inferì danni ben gravi
al palatino del Reno, perchè, lasciato il suo partito, aveva abbracciato
quello dei collegati. Riuscì intanto agli Olandesi di guadagnar
l'elettore di Brandeburgo, che con grandi forze venne in loro aiuto.
Contra di tanti nemici era la sola Francia, ma senza sgomentarsi.
Seguirono poi battaglie con varia fortuna dell'armi. Dall'un canto il
maresciallo di Turrena e il principe di Condè fecero di grandi
prodezze. Minori dall'altra parte non furono quelle di Guglielmo
principe d'Oranges, del vecchio generalissimo conte Raimondo
Montecuccoli Modenese, e del general Caprara Bolognese. Gran
teatro di miserie per tanti paesi fu l'anno presente; e tutto per
l'ambizione d'un solo monarca, le cui trionfali imprese venivano da'
suoi popoli e parziali esaltate alle stelle, ma con diverso giudizio
riguardate da altri, e detestate poi sommamente dai suoi avversarii.
Scoppiò nell'anno presente la ribellion di Messina. Potea dirsi ben
felice quella città per la copiosa popolazione e per l'abbondanza del
commercio mercè del suo porto, il più sicuro di tutto il Mediterraneo;
più felice ancora, perchè fra le città sottoposte alla monarchia di
Spagna, niuna godea tanti privilegii ed esenzioni, come Messina,
perchè avea ben governatore spagnuolo, ma ritenea forma di
repubblica col suo senato, composto di nobili senatori e di alcuni
ancora del popolo. Fu creduto che desse impulso alla sollevazione
l'avere i regii ministri imposti nuovi tributi; perciocchè uso fu degli
Spagnuoli, allorchè li pungeva la necessità delle guerre, di
provvedere al bisogno presente, senza mettersi pensiero
dell'avvenire col vendere i fondi del demanio e delle rendite regali
nei regni di Napoli e Sicilia. Tornando poi nuove angustie per nuove
guerre, altro ripiego non restava che d'inventar altre gabelle ed
aggravii: del che si risentivano forte i popoli. Ma, per sentimento di
altri, ebbe origine quell'incendio dall'avere i ministri spagnuoli
introdotte e fomentate due fazioni nella città di Messina, o tentato di
escludere dal governo i senatori. Nacquero perciò lamenti, satire e
commozioni; e perchè furono castigati alcuni dei più insolenti,
crebbe maggiormente l'alterazione del popolo, che spedì a Madrid le
sue suppliche, affinchè il re provvedesse alla mala condotta de' suoi
ministri, ma con riportarne solamente minaccie di gastighi e rigori.
Perchè un dì del mese di agosto furono dal governator chiamati a
palazzo tutti i senatori, sorse e prese fuoco una voce che si volesse
levar loro la vita; e brutto indizio certamente fu l'essere state chiuse
le porte del palazzo, appena vi furono essi entrati. Allora il popolo
tutto corse all'armi, e trasse furiosamente al palazzo. Avvertito di
questa sollevazione il governatore don Diego Soria, fece aprir le
porte, e lasciò tosto uscire i senatori illesi; ma questo non bastò a
calmare l'ammutinata gente, che fieramente cominciò a cercare gli
Spagnuoli, e gli obbligò a ritirarsi nelle quattro fortezze della città;
ma senza insultare il governatore, che non volle abbandonare il
palazzo, gridando essi intanto: Viva il re di Spagna. Informati
pertanto di sì gran torbido il marchese di Baiona vicerè di Sicilia, e il
marchese d'Astorga vicerè di Napoli, non perderono tempo a spedir
gente e navi alla volta di Messina, e far piazza d'armi a Melazzo,
dando assai a conoscere che voleano colla forza soffocare quel
fuoco.
Allora fu che i Messinesi ruppero ogni misura, s'impossessarono
di varii posti e del palazzo, e cominciarono le ostilità spezialmente
contro la fortezza di San Salvatore, posta alla bocca del porto.
Cacciarono anche di città chiunque era tenuto per ben affetto agli
Spagnuoli. Intanto al vicerè Baiona giunsero cinque galee di Malta,
altrettante di Genova; e vennero da Napoli e dalle città di Sicilia
rinforzi di gente, coi quali cominciò egli a strignere la città
coll'occupazione di vari siti. Ma usciti i Messinesi, con tal fierezza
trattavano gii Spagnuoli, che questi ad ogni lor comparsa battevano
la ritirata. La proposizion fatta d'un perdon generale ebbe poca
fortuna, perchè venendo accompagnata dall'armi, non istimò il
popolo di potersene fidare, e massimamente sapendo di che tempra
fosse il genio spagnuolo. Aveano già i Messinesi, assai conoscenti
che le lor forze non avrebbono potuto reggere, spedito a Roma
Antonio Caffaro a trattare col duca di Etrè ambasciatore di Francia,
con offerir la loro città al re Cristianissimo, ottenuta la quale, si facea
credere assai facile la conquista di tutta l'isola. Volarono corrieri al re
Luigi, che corse tosto al buon mercato, ed ordinò che il
commendator di Valbella con sei vascelli da guerra portasse viveri e
munizioni a Messina; che questo presentemente era il suo maggior
bisogno. Arrivato che fu colà il Valbella, fu proclamato il re di Francia
per suo padrone dal popolo, cantato il Te Deum, inalberati
dappertutto gli stendardi coi gigli, ed affrettata l'espugnazione di San
Salvatore, che in fine fu costretto alla resa. Nuovo vicerè in questo
mentre giunse in Sicilia il marchese di Villafranca, e colà arrivarono
ancora molte milizie spedite da Milano e dalla Catalogna, colle quali
si cominciò a maggiormente angustiar Messina, impedendo
l'introduzione dei viveri; di maniera che non finì l'anno presente che
si trovò ridotto quel popolo in pessimo stato, e gli Spagnuoli si
teneano come in pugno di vederlo venir fra poco colla corda al collo
a chiedere misericordia.
Nè mancarono a Roma i suoi sconcerti nell'anno presente.
Intento il cardinale Altieri a rendere maggiormente fruttifera la
dogana di Roma, trovò il gran segreto di mettere una nuova imposta
di un tre per cento sopra qualsivoglia roba mercantile che
s'introducesse nella città, obbligando a questo pagamento
qualsivoglia persona, senza dichiarar punto di eccettuarne i cardinali
e gli ambasciatori: dal che sarebbe provenuto un gran vantaggio alla
camera, e, per quanto fu creduto, anche al cardinale stesso,
dicendosi che i gabellieri gli aveano promesso venti mila doble, se
levava le esenzioni ad essi ambasciatori. Furono anche in procinto di
mettere la pena di scomunica contro i contravventori, se saggi
teologi non l'avessero impedito. Pretendeva infatti il cardinale che
quei pubblici rappresentanti si abusassero dell'esenzion fin qui loro
accordata; e non avea il torto, perchè ordinario costume degli uomini
è il far fruttare, per quanto si può, la propria bottega. Per questo
editto, pubblicato nel dì 18 di giugno, e poi con dichiarazione più
precisa nel dì 11 di settembre, dove tutti si vedeano sottoposti alla
confiscazion delle robe, a pene pecuniarie ed anche corporali si
alterarono forte non pochi porporati, ma specialmente protestarono
offeso il lor carattere, e i pretesi lor diritti gli ambasciatori delle
corone; perlochè unironsi insieme quei di Cesare, di Francia, di
Spagna e di Venezia, chiedendone soddisfazione. Rispondeva l'Altieri
che il papa era padrone in casa sua, e co' suoi domestici si burlava di
loro, perchè le potenze si trovavano allora in troppi impegni di
guerra. Mandarono tutti e quattro gli ambasciatori i lor gentiluomini
a chiedere udienza al papa; e il maestro di camera rispose che sua
santità per quattro giorni avvenire si trovava impedito, benchè poi lo
stesso pontefice confessasse di non averlo saputo, e ne sgridasse,
quando lo seppe, il mastro di camera. Inviarono i lor segretarii per
avere udienza dal cardinale Altieri, ed egli fece serrar loro in faccia le
porte del suo appartamento, tirar le catene a quelle del palazzo
papale e rinforzar le guardie; locchè pretesero gli ambasciatori un
maggiore strapazzo alla lor dignità. Intanto fu scritto ai nunzii,
affinchè rappresentassero alle corti gli eccessi degli ambasciatori,
pretendendo questi, all'incontro, che fossero calunnie, e di provarlo
coi mandati da loro spediti, dei quali mai non poterono ottener nota.
Continuò tutto il resto dell'anno con varie scene, raggiri ed artifizii,
che si leggono nelle relazioni manuscritte di quei tempi. Il papa
rimise l'affare in arbitri, ad una congregazione; e finì l'anno senza
che gli ambasciatori spuntassero cosa alcuna. Il duca di Etrè quasi
solo tenne saldo, perchè dal suo sovrano ricevè ordine di sostener
con vigore tutto quanto o di ragione o di fatto aveano praticato i
precedenti ministri.

FINE DEL VOLUME VI.


INDICE
ANNALI D'ITALIA FINO ALL'ANNO 1500

MCCCCLXIV MCCCCLXV MCCCCLXVI MCCCCLXVII MCCCCLXVIII


MCCCCLXIX MCCCCLXX MCCCCLXXI MCCCCLXXII MCCCCLXXIII
MCCCCLXXIV MCCCCLXXV MCCCCLXXVI MCCCCLXXVII
MCCCCLXXVIII MCCCCLXXIX MCCCCLXXX MCCCCLXXXI
MCCCCLXXXII MCCCCLXXXIII MCCCCLXXXIV MCCCCLXXXV
MCCCCLXXXVI MCCCCLXXXVII MCCCCLXXXVIII MCCCCLXXXIX
MCCCCXC MCCCCXCI MCCCCXCII MCCCCXCIII MCCCCXCIV
MCCCCXCV MCCCCXCVI MCCCCXCVII MCCCCXCVIII MCCCCXCIX MD

CONCLUSIONE DELL'OPERA
ANNALI D'ITALIA FINO ALL'ANNO 1750
PREFAZIONE

MDI MDII MDIII MDIV MDV MDVI MDVII MDVIII MDIX MDX
MDXI MDXII MDXIII MDXIV MDXV MDXVI MDXVII MDXVIII MDXIX
MDXX MDXXI MDXXII MDXXIII MDXXIV MDXXV MDXXVI MDXXVII
MDXXVIII MDXXIX MDXXX MDXXXI MDXXXII MDXXXIII MDXXXIV
MDXXXV MDXXXVI MDXXXVII MDXXXVIII MDXXXIX MDXLI MDXLII
MDXLIII MDXLIV MDXLV MDXLVI MDXLVII MDXLVIII MDXLIX MDL
MDLI MDLII MDLIII MDLIV MDLV MDLVI MDLVII MDLVIII MDLIX
MDLX MDLXI MDLXII MDLXIII MDLXIV MDLXV MDLXVI MDLXVII
MDLXVIII MDLXIX MDLXX MDLXXI MDLXXII MDLXXIII MDLXXIV
MDLXXV MDLXXVI MDLXXVII MDLXXVIII MDLXXIX MDLXXX
MDLXXXI MDLXXXII MDLXXXIII MDLXXXIV MDLXXXV MDLXXXVI
MDLXXXVII MDLXXXVIII MDLXXXIX MDXC MDXCI MDXCII MDXCIII
MDXCIV MDXCV MDXCVI MDXCVII MDXCVIII MDXCIX MDC MDCI
MDCII MDCIII MDCIV MDCV MDCVI MDCVII MDCVIII MDCIX MDCX
MDCXI MDCXII MDCXIII MDCXIV MDCXV MDCXVI MDCXVII
MDCXVIII MDCXIX MDCXX MDCXXI MDCXXII MDCXXIII MDCXXIV
MDCXXV MDCXXVI MDCLXXVII MDCXXVIII MDCXXIX MDCXXX
MDCXXXI MDCXXXII MDCXXXIII MDCXXXIV MDCXXXV MDCXXXVI
MDCXXXVII MDCXXXVIII MDCXXXIX MDCXL MDCXLI MDCXLII
MDCXLIII MDCXLIV MDCXLV MDCXLVI MDCXLVII MDCXLVIII
MDCXLIX MDCL MDCLI MDCLII MDCLIII MDCLIV MDCLV MDCLVI
MDCLVII MDCLVIII MDCLIX MDCLX MDCLXI MDCLXII MDCLXIII
MDCLXIV MDCLXV MDCLXVI MDCLXVII MDCLXVIII MDCLXIX
MDCLXX MDCLXXI MDCLXXII MDCLXXIII MDCLXXIV
Welcome to our website – the perfect destination for book lovers and
knowledge seekers. We believe that every book holds a new world,
offering opportunities for learning, discovery, and personal growth.
That’s why we are dedicated to bringing you a diverse collection of
books, ranging from classic literature and specialized publications to
self-development guides and children's books.

More than just a book-buying platform, we strive to be a bridge


connecting you with timeless cultural and intellectual values. With an
elegant, user-friendly interface and a smart search system, you can
quickly find the books that best suit your interests. Additionally,
our special promotions and home delivery services help you save time
and fully enjoy the joy of reading.

Join us on a journey of knowledge exploration, passion nurturing, and


personal growth every day!

ebookbell.com

Potrebbero piacerti anche