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Meridiana Del Duomo

Il documento descrive la meridiana del Duomo di Milano, realizzata nel 1786 per regolare l'orario secondo il nuovo sistema ultramontano, in sostituzione del metodo tradizionale italiano basato sul tramonto del sole. La meridiana, che utilizza un foro gnomonico per proiettare l'immagine del sole, segna il mezzogiorno vero locale e rappresenta un'importante innovazione nella misura del tempo. Viene inoltre menzionato un convegno del 2006 in onore di Gerberto d'Aurillac, che evidenzia l'importanza storica e scientifica della meridiana.

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Meridiana Del Duomo

Il documento descrive la meridiana del Duomo di Milano, realizzata nel 1786 per regolare l'orario secondo il nuovo sistema ultramontano, in sostituzione del metodo tradizionale italiano basato sul tramonto del sole. La meridiana, che utilizza un foro gnomonico per proiettare l'immagine del sole, segna il mezzogiorno vero locale e rappresenta un'importante innovazione nella misura del tempo. Viene inoltre menzionato un convegno del 2006 in onore di Gerberto d'Aurillac, che evidenzia l'importanza storica e scientifica della meridiana.

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“Meridianum in Plano”

“Templo maximo Mediolani”


Abate Giovanni Angelo De Cesaris
Abate Guido Francesco Reggio
Astronomi dell'Imperiale Regio Osservatorio di Brera
Anno Domini MDCCLXXXVI
Non tutti sanno che nel pavimento appena oltrepassato l’ingresso
del Duomo di Milano è posizionata con direzione da Sud a Nord la
barra di ottone della più grande e importante meridiana di Lombardia.
La barra materializza al suolo il meridiano locale.
Un foro opportunamente praticato sul tetto della navata sud lascia
entrare un raggio di luce che produce al suolo l’immagine del Sole.
Nell’istante in cui l’immagine della nostra stella si trova centrata sulla
barra di ottone essa si trova in Meridiano ed è Mezzogiorno
vero locale. Il Sole si trova alla sua massima altezza sull’orizzonte per
quella data e divide esattamente in due parti l’intervallo che intercorre
tra alba e tramonto locali.
Visione della prima
campata nel momento
del mezzogiorno vero
locale
La realizzazione della grande meridiana del Duomo e la sua importanza
storica sono legati alla riforma della "Misura del Tempo" decretata
dal Regio Imperiale Consiglio di Governo della Lombardia Austriaca
il 12 maggio 1786.

Mediante questo decreto si riformava il metodo di computo del tempo


All’Italiana, sostituendolo con il metodo “Ultramontano” o “Francese,
conformandoci così con i paesi del Nord Europa.

Lo stesso decreto del 12 maggio 1786 a firma di Cesare Beccaria,


ordinava agli astronomi di Brera di realizzare una meridiana nel Duomo
di Milano, per “esattamente regolare l’orario col punto del mezzogiorno
fisico e con la maggior precisione” inoltre venivano incaricati di
preparare due tavole che evidenziassero la differenza nel corso
dell'anno, fra il vecchio ed il nuovo metodo.
DE LINEA MERIDIANA
DESCRIPTA IN TEMPLO MAXIMO MEDIOLANI
ANNO MDCCLXXXVI
COMMENTARIUS
Angeli de Cesaris
Lege lata de publicis horologiis ad normam transalpinorum
conformandis, datæ sunt letteræ Regii Concilii Administrationis
Insubricæ, quibus mandata est Astronomis cura describendæ linea
meridianæ in templo hoc maximo Mediolanensi. In iisdem litteris…
“E’ stata promulgata una legge che stabilisce che gli orologi pubblici
devono conformarsi al sistema ultramontano, sono state inviate delle
lettere dal Regio Consiglio Amministrativo, con le quali è assegnato
il compito agli Astronomi di descrivere il tracciato della meridiana
in questo grande tempio milanese…”
Con queste parole l’Astronomo Abate Angelo De Cesaris
inizia la relazione sulla costruzione della meridiana.
La differenza fra i sistemi orari Italico e Francese non era di
poco conto, bisognava modificare riferimenti radicati
nelle abitudini della popolazione fin da tempi molto remoti.
Prima di questa forzata modifica del sistema di misura del Tempo,
il principale riferimento sul quale si incardinava il giorno civile
era il tramonto del Sole che definiva l’ora 24.
In quel momento si iniziava a contare il tempo del nuovo giorno.
Così per tutti i giorni dell'anno, indipendentemente dalla differenza
dell’arco di luce e buio generato dal variare delle stagioni.
In questo modo i ritmi di vita, i tempi di lavoro e tutte le attività
quotidiane dei nostri avi scorrevano in sintonia con le variazioni
naturali del giorno e della notte.
Il nuovo metodo invece, prevedeva la divisione della giornata
in due parti uguali di 12 ore ciascuna, da mezzogiorno,
quando il Sole transita al Meridiano locale, a mezzanotte termine
del giorno ed inizio del nuovo e del secondo gruppo di 12 ore.
Il sistema orario alla Francese rendeva indipendente
dalla misura del tempo l’arco di luce diurno stagionale disponibile.
Ovviamente questo nuovo modo di misurare il tempo aveva creato
nella popolazione un certo sconcerto; ci vollero alcuni anni
prima che divenisse di uso comune.
In alcune attività legate alla campagna furono necessarie
alcune deroghe o compromessi per renderlo accettabile.
Foro Gnomonico

La foto è stata scattata in occasione di lavori di restauro


Foro Gnomonico
visto dall’interno del Duomo
Barra in ottone infissa nel pavimento del Duomo
che materializza al suolo il meridiano locale
Proiezione sul pavimento del Duomo dell’immagine del Sole
Si avvicina l’istante del mezzogiorno vero locale
Indicazione del mezzogiorno vero locale
“Astronomia in Chiesa”

Convegni in onore di Gerberto d’Aurillac

Duomo di Milano
venerdì 12 maggio 2006, dalle ore 10

prof. Carlo Monti


Politecnico di Milano

prof. Costantino Sigismondi


Università La Sapienza di Roma
Gerberto d'Aurillac, che fu papa col nome di Silvestro II (999-1003),
era astronomo, matematico, musico e costruttore d'organi, filosofo
e grande docente alla scuola cattedrale di Rheims, costruì anche
un horologium solare a Magdeburgo.

Si è celebrato l'anniversario della sua morte, il 12 maggio 2006,


mediante la celebrazione della Messa ed un convegno nelle Chiese
con le grandi meridiane come il Duomo a Milano e
Santa Maria degli Angeli a Roma.
L'osservazione del transito al meridiano ha coronato la giornata.
Nell'edizione del 2006 il prof. Carlo Monti ha celebrato anche
il trentennale del ripristino della meridiana del Duomo,
riproponendo il lavoro edito nel 1977 con la Veneranda Fabbrica
del Duomo, ormai introvabile.

La misura dell'azimut della meridiana con il teodolite conferisce


all'eccellente testo un ulteriore valore aggiunto.

Geodesia ed astronomia si incontrano così sulla linea meridiana,


e questi strumenti storici diventano palestre per le nuove
generazioni di studiosi.
La Meridiana nel Duomo di Milano
Verifica e ripristino nel 1976 ad opera di
Carlo Ferrari da Passano
Carlo Monti
Luigi Mussio

Scienza in Duomo
Conferenze Gerbertiane 2006
Presentazione di Carlo Monti, 12 maggio 2006, nel trentesimo del suo ripristino
Creazione del cosmo

Dal “Trittico della


creazione”
di Maffiolo da Cremona
Eseguito nel 1417
Museo del Duomo
A Sinistra:
Con ingiunzione del Regio
Imperiale Supremo Consiglio di
Governo del 12 maggio 1786, a
firma di Cesare Beccaria, si
ordina agli astronomi di Brera di
creare una meridiana nel Duomo
di Milano, per “esattamente
regolare l’orario col punto del
mezzogiorno fisico e con la
maggior precisione”.

A destra:
E’ riprodotta la minuta datata 2
giugno 1786 della risposta degli
astronomi di Brera in esecuzione
degli ordini ricevuti, dando
indicazioni sulle modalità
costruttive. Gli astronomi abati
Giovanni Angelo De Cesaris
(1749-1832) e Guido Francesco
Reggio (1745-1804) si assunsero
l’impegno del sopralluogo in
Duomo e di informare delle loro
ispezioni l’abate Ruggero
Giuseppe Boscowich (1711-1787)
e il gesuita Prof. Carlo Francesco
Gianella (1740-1810).
La costruenda meridiana doveva
posizionarsi nella prima campata con
foro gnomonico previsto sulla volta
della prima navata a meridione e con
sviluppo della linea meridiana,
costituita da una verga di ottone
incassata in una fascia di marmo
bianco di mezzo braccio milanese
(1braccio = 0,595m) e dello spessore
di circa tre once (1 oncia = 0,036m)
posta su stabile fondamento e con
riportate le posizioni dei segni
zodiacali. Essendo insufficiente la
dimensione trasversale della prima
campata, rispetto all’altezza dello
gnomone per vedere l’immagine del
disco solare sulla meridiana in tutti i
periodi dell’anno, questa dovrà
risalire per un tratto sulla parete
a settentrione.
E’ riprodotta la minuta datata
13 luglio 1786 della conferma degli
astronomi di Brera sul compimento
del lavoro di determinazione della
direzione meridiana e della misura
esatta dell’altezza dello gnomone

I lavori di costruzione della


meridiana vengono terminati
presumibilmente intorno al mese
di ottobre dello stesso anno.
Ordinanza del 23 ottobre 1786
del conte De Wilzeck, presidente del
Regio Imperiale Consiglio di Governo
e Commissario Plenipotenziario della
Lombardia in cui si precisa il “nuovo
regolamento degli orologi pubblici
all’uso francese restando abolito quello
delle ore d’Italia con entrata in vigore
il 1° dicembre 1786.

Significativa la grida del 24 dicembre


portante il “nuovo metodo dell’orario per
le irrigazioni dei terreni, adattato al nuovo
metodo degli orologi alla francese”.
Ora del mezzogiorno

Quando il nostro orologio da polso o un segnale orario indica il mezzogiorno, sappiamo che si tratta di
un’ora convenzionale, valida per tutto il nostro territorio nazionale appartenente a un dato fuso orario,
secondo una convenzione internazionale. E’ il cosiddetto Tempo Medio dell’Europa Centrale
e corrisponde al mezzogiorno propriamente detto, ossia al passaggio del sole sul meridiano
15° Est da Greenwich (ossia, quello che passa sull’Etna).
Solo sui luoghi toccati da detto meridiano è anche il mezzogiorno vero, ossia, come dice la parola stessa,
la metà del giorno: dall’alba è passato quasi esattamente lo stesso tempo che ci separa dal tramonto.
Poiché il sole apparentemente impiega un’ora per percorrere 15° di longitudine (infatti impiega 24 ore
per un giro completo di 360°) su tutti i luoghi che non stanno sul meridiano centrale arriverà prima se
si trovano a Est di tale meridiano o dopo se a Ovest. A Milano, nello stesso istante del mezzogiorno
convenzionale di cui sopra, il sole non è sul meridiano, ma vi arriverà solo dopo poco più di 23 minuti.
E’ chiaro, quindi, che le ore convenzionali o ore civili non tengono conto della vera posizione del sole,
per ovvi motivi di uniformità di orario in vaste zone della terra. Da qui la convenzione dei fusi orari.
Ma fino al 19° secolo si utilizzava il termine mezzogiorno in senso proprio, ossia si consideravano le ore
12h corrispondenti al passaggio del sole sul meridiano, dette ore solari o locali o astronomiche: quasi tutte
le meridiane d’un tempo indicavano questo tipo d’ora, e sono immediatamente riconoscibili perché la linea
del mezzogiorno è sulla verticale dello gnomone nel caso degli orologi solari e nel caso delle meridiane
vere e proprie dirette come il meridiano, cioè orientate verso il nord. A Milano, nel Duomo, il mezzogiorno
civile ovvero quando il nostro orologio segna il mezzodì occorrerà aspettare le 12h 23m, oggi 12 maggio
2006, per vedere il sole transitare sulla meridiana, tenuto conto della differenza di longitudine dal
meridiano 15°. Ma in realtà occorrerà apportare una ulteriore correzione, come si vedrà più avanti.
Le Ore al tempo della costruzione della Meridiana

L’ordinanza del Conte de Wilzeck, come visto, precisa il “nuovo regolamento degli orologi pubblici
all’uso francese restando abolito quello delle ore d’Italia” con entrata in vigore il 1° dicembre 1786.
Ma quali erano i sistemi orari in vigore all’epoca della costruzione della meridiana?
In genere siamo soliti definire le ore, cosiddette civili e quelle cosiddette solari quelle che hanno
origine costante (si cominciano a contare sempre dalla mezzanotte o, in altri termini, le ore 12 si
riferiscono sempre al passaggio del sole sul meridiano, poco importa se quello locale o quello del fuso)
e durata costante le prime e quasi costante le seconde e rappresentano sempre la 24a parte della giornata.
Esistono poi sistemi in cui le ore, sempre di durata costante, hanno origine mobile.
E’ il caso delle ore italiche, per le quali le 0h 00m coincidono con l’istante del tramonto.
Ma l’ora del tramonto del sole varia di giorno in giorno, e quindi questo sembra un sistema
inutilmente complicato. Ma non è così. In tempi non troppo lontani, una delle informazioni
temporali più utili era l’ora del tramonto.
Contadini, viandanti, lavoratori all’aria aperta sapevano bene che a quell’ora avrebbero dovuto
interrompere la loro attività. Perciò un orologio solare a ore italiche si prestava benissimo allo scopo:
quando l’ombra, ad esempio, indicava le 23, si sapeva che mancava solo 1 ora al tramonto
(ab occasu solis). E questo valeva per tutto il corso dell’anno, indipendentemente dalla durata delle
giornate. Questo orologio aveva però l’inconveniente di doversi adeguare alla variazione del tramonto
nell’arco dell’anno; lo stesso momento della giornata era individuato, al variare delle stagioni, con ore
diverse. Infatti il mezzodì coincideva all’incirca con l’ora 19a in inverno, e con l’ora 16a in estate.
L’uso degli orologi solari ad ora italica venne definitivamente abbandonato all’inizio dell’epoca
Napoleonica, a favore del sistema ad ora francese, che offriva il vantaggio di avere l’ora di durata
costante per tutto l’anno.
Il giorno era diviso in due parti di 12 ore chiamate antimeridiane e pomeridiane. L’istante del
passaggio del sole sul meridiano locale corrispondeva al mezzodì. Nel caso di orologio solare
ad ora francese lo si riconosce dalle linee orarie, convergenti in un unico punto chiamato centro
del quadrante, e dalle ore generalmente scritte in cifre romane; l’ora XII è la linea meridiana
del mezzogiorno.
Sempre alla stessa categoria, origine mobile e lunghezza costante, appartengono le ore babilonesi.
A differenza delle precedenti, il riferimento è l’alba (ab ortu solis), istante a cui si associa il valore
0h 00m. Questo quadrante indica, pertanto, quante ore sono già trascorse dall’inizio del giorno.
Curioso è il sistema delle ore temporarie, caratterizzato da ore a origine fissa, ma di durata
variabile. Indipendentemente dalla sua durata, che notoriamente è molto variabile nel corso dell’anno,
il giorno viene comunque suddiviso in 12 parti, in modo che il sole risulti sorgere sempre alle 06h
00m e tramontare alle 18h 00m. Il mezzogiorno, ovviamente, coincide con quello solare. In altre
parole, così come d’inverno abbiamo giornate corte, avremo anche “ore corte”, sempre in numero di
12 dall’alba al tramonto. D’estate, al contrario, le ore si allungano in proporzione alle giornate.
Registro giornale dell’orologio alla francese
e all’italiana. La longitudine, indicata nella
prima pagina del registro è riferita all’Isola
del Ferro fino 1885, successivamente
a Greenwich.
Lo spostamento del meridiano di
riferimento da Parigi all’isola del Ferro
(Canarie) fu conseguenza di un convegno
organizzato dal cardinale Richelieu con
geografi del tempo per avere longitudini
sempre crescenti in Europa.
Appendice alle Ephemerides astronomicae
ad meridianum mediolanense del 1778 in
cui vengono descritte le operazioni
compiute per la realizzazione della
meridiana nel Duomo di Milano.

Frontespizio delle Effemeridi di Milano,


pubblicazione annuale iniziata nel 1775 e
terminata nel 1874 fra le prime, in ordine
di tempo, e particolarmente apprezzate
nel mondo scientifico europeo. I primi
autori furono De Cesaris e Reggio.
Prime due pagine della relazione sulla
costruzione della meridiana.
SINTESI DEL PROGETTO E DELLA REALIZZAZIONE DELLA MERIDIANA
EFFETTUATI DAL DE CESARIS NEL 1786

In appendice alle Effemeridi Astronomiche per l’anno 1788, l’astronomo Giovanni Angelo De Cesaris
fece una completa e precisa relazione sulle “determinazioni, operazioni ed esecuzioni” cui egli stesso
dovette procedere per la realizzazione della meridiana nel Duomo di Milano. Da questa relazione si
apprende che la scelta della posizione all’interno del Duomo, già condizionata dalla collocazione
dell’edificio, doveva "avere cura che non fossero turbate le cerimonie sacre e che i cittadini potessero
con la massima facilità accedervi per osservare la meridiana". Il tracciamento della linea nell’area della
prima campata rispondeva perfettamente a queste due prime condizioni e per di più dava la possibilità,
giudicata dagli astronomi di notevole importanza pratica, di "vedere direttamente dal tavolato
provvisorio sovrapposto alla volta la specola astronomica, riuscendo anche a traguardare lo strumento
meridiano, così da trasferire nella linea meridiana quei dati già accuratamente e sicuramente misurati
all’Osservatorio di Brera".
La meridiana si sarebbe quindi estesa da Sud a Nord nella prima campata senza interferire né con i
pilieri, né con l’interno della facciata data la disposizione quasi ad occidente di quest'ultima.
Purtroppo, mentre sembrava che tutto procedesse per il meglio, ci si accorse che a causa dell’eccessiva
altezza del foro gnomico posto sulla volta della navata centrale la linea che ne derivava non risultava
contenibile all’interno del tempio per la sua eccessiva lunghezza. Si tentò allora di tagliare più in basso
il paramento marmoreo dello spessore di 1.2m "con grandissimo dispendio di tempo, di denaro e
dell’ornato esterno" per cui alla fine lo gnomone fu collocato sulla volta della prima navata
meridionale. Così fatto, la linea meridiana risultava estesa lungo tutte le cinque navate risalendo di un
piccolo tratto sulla parete settentrionale, condizione questa del tutto accettabile in quanto il disco solare
in inverno risulta così più luminoso e più definito.
La determinazione del piede della verticale calata dal foro fu eseguita con un filo a piombo.
Nel pavimento fu posato un cubo di marmo di circa 3 piedi (1 piede = 0,325m), incavato sulla faccia
superiore e riempito d’acqua per smorzare le oscillazioni del pendolo.
La determinazione della direzione della linea meridiana uscente dal piede della verticale calata dal foro
gnomico poteva essere eseguita in diversi modi. Avendo osservato altezze uguali del sole prima e dopo
del mezzogiorno, il meridiano era determinato come asse di archi di cerchio concentrici, tracciati sul
pavimento, i cui punti estremi erano individuati nell’essere attraversati dal disco solare.
Oppure conoscendo con sicurezza l’istante del mezzogiorno, il meridiano era determinato
semplicemente dalla posizione del centro del disco solare.
"Benchè il primo metodo potesse forse dare risultati più precisi, la conoscenza del momento del
mezzogiorno con un’incertezza inferiore alla quarta parte di secondo grazie agli strumenti nella specola
dell’Osservatorio Astronomico di Brera e, secondo stime degli operatori, alla terza parte per la
trasmissione del segnale ed alla metà per l’ampiezza ed il moto dell’immagine solare, fece optare per
il secondo", bastando allo scopo per cui si doveva costruire la meridiana una precisione di uno o due
secondi.
Le operazioni, descritte dal De Cesaris fino nei minimi particolari, vedono misure per determinare
l’altezza del foro gnomico, per la rettilineità della linea di ottone che materializza la meridiana con
qualche strana incertezza su problemi ben noti già al tempo e riferite alle misure relative alla posizione
del foro gnomico: ad esempio, l’incertezza dell’equilibrio di un pendolo immerso in un liquido, l’entità
dell’allungamento elastico di un filo dovuto al peso proprio.
E’ però da tener presente che l’istruzione allora impartita nei ginnasi era fondamentalmente umanistica,
mentre la formazione scientifica era ancora separata in branchie quasi autonome nei singoli Istituti di
ricerca e Università, mancando a quell’epoca corsi sinottici scientifici.
Bisognerà aspettare la seconda metà dell’ottocento, quando la rivoluzione industriale e la cultura
positivista imporranno alle scienze in avanzata fase di sviluppo l’interdisciplinarietà.
VERIFICHE SUCCESSIVE AL 1786

Nel 1827, 41 anni dopo la costruzione della meridiana, in seguito al rifacimento e al conseguente
abbassamento del piano del pavimento, si resero necessarie la sua verifica e il suo ripristino.
Di ciò fu incaricato l’ormai anziano astronomo De Cesaris.
Nel 1921 si procedette ad una nuova verifica. Infatti durante la seconda metà del XIX secolo la
costruzione della falconatura sovrapposta al parapetto superiore, la posa di una spessa lastra di vetro
sulla copertura onde evitare la caduta della pioggia nel tempio attraverso il foro gnomico, ed alcuni
lavori al pavimento avevano reso la meridiana inservibile. In particolare la falconatura sovrapposta al
parapetto superiore impediva l’uso della meridiana in tutto il periodo attorno al solstizio d’inverno,
intercettando i raggi solari particolarmente bassi. In seguito a contatti occorsi fra l’Amministrazione
della Veneranda Fabbrica del Duomo e la Direzione del Regio Osservatorio Astronomico di Brera,
l’astronomo Gabba procedette, nel giugno del 1921, ad una verifica della meridiana indicando
successivamente le operazioni necessarie per il suo ripristino. Collaborò alle operazioni l’architetto del
Duomo Adolfo Zacchi e all’esecuzione delle misure, fornendo inoltre gli strumenti necessari, Giuseppe
Ferrario, professore di Topografia dell’Istituto Tecnico Superiore di Milano, l’attuale Politecnico.
L’opera di verifica del Gabba fu integrata nel 1923 con la costruzione di una nuova falconatura
collocata sul parapetto dell’ultima campata Sud, opportunamente interrotta in corrispondenza della
linea meridiana, in modo da consentire, anche nel periodo del solstizio d'inverno, il suo funzionamento.
La soluzione adottata dall’arch. Adolfo Zacchi tenne conto delle esigenze tecniche contemperandole in
modo opportuno con quelle architettoniche ed artistiche. Mediante una composizione ornamentale,
modellata dallo scultore Arturo Malerba, che richiamava con motivi zodiacali la meridiana e
giustificava la funzione del taglio, l’ispirazione artistica della decorazione riuscì a compensare,
almeno in parte, la menomazione architettonica dovuta alla interruzione della falconatura.
Interruzione della falconatura sulla
prima campata del terrazzo laterale
meridionale con la bocca riattata del
foro gnomonico.

Particolare del tegolone con il taglio


rettificato per l’ingresso del raggio
solare nel foro gnomico anche nel
periodo invernale.
LETTURA ED USO DELLA MERIDIANA

La meridiana del Duomo aveva lo scopo di indicare il mezzogiorno fisico.


Quando l’immagine del sole è tagliata centralmente dalla verga d’ottone è il mezzodì locale.
Il passaggio del sole in meridiano veniva (sembra) segnalato da un alfiere in loco ad un altro di vedetta
sulla torre (58.10m) del Palazzo della Ragione, il quale a sua volta ripeteva il passaggio ad un artigliere
posto col suo pezzo sulla torre del Filarete (69.40m al piano del terrazzo) al Castello Sforzesco.
Un colpo di cannone annunciava il mezzodì con sufficiente precisione, a tutta la cittadinanza.
La costruzione napoleonica del Foro Buonaparte e dei nuovi edifici di Via Dante e del Cordusio
e le modifiche del Mengoni alla Piazza Duomo non hanno alterato a tutt’oggi la visibilità fra i tre punti.
Per poter utilizzare nuovamente la meridiana non più come origine del giorno, ma come fatto storico
e culturale, nonché per la comprensione delle operazioni di cui al capitolo successivo, occorre accennare
alle convenzioni attuali che regolano il tempo. Questo è una grandezza che si può misurare attraverso
fenomeni ripetitivi o periodici. Il moto diurno della sfera celeste, l’oscillazione di un pendolo, le
vibrazioni di un quarzo piezoelettrico, i salti energetici di elettroni eccitati sono campioni per la misura
del tempo.
Fino a pochi decenni fa però il campione assoluto era costituito dal moto della terra rispetto alle stelle
fisse. Il problema della determinazione del tempo era quindi principalmente un problema astronomico:
già Aristotele aveva affermato del resto che “il tempo sembra essere identico con il moto della sfera
celeste”. La durata di una rotazione intera della terra coincide con l’intervallo di tempo fra i due passaggi
consecutivi di una stella a distanza infinita allo stesso meridiano passante per il luogo considerato.
Questo intervallo, praticamente costante, è chiamato giorno sidereo e il tempo definito da questa unità
di misura si chiama tempo sidereo. Dato che le attività umane sono regolate sul moto del sole, riesce
logico considerare, anziché il giorno sidereo, il giorno solare.
Quest’ultimo è definito dall’intervallo di tempo che intercorre fra due passaggi successivi del sole al
semimeridiano passante per il punto d’osservazione. Il mezzogiorno fisico solare locale costituisce
l’inizio del giorno solare vero, unità di misura del tempo solare vero; questa non ha durata costante. Si
assume, quindi, per gli usi civili il tempo solare medio in un dato luogo che si deduce dal tempo solare
vero correggendolo di tutte le irregolarità secolari e periodiche come insegna la meccanica celeste.
Il giorno solare medio ha durata costante.
Per effetto del moto apparente annuo del sole sulla sfera celeste si ha che questo ritorna sul punto γ o
vernale o di primavera, intersezione fra l’eclittica e l’equatore celeste, dopo aver compiuto 366.2422
rivoluzioni diurne o giorni siderei. Il sole però, nello stesso intervallo di tempo, per effetto del suo moto
apparente sull’eclittica compie una rotazione in meno, cioè 365.2422 rivoluzioni. Il tempo solare medio è
quindi legato al tempo sidereo da questa semplicissima legge, così come sono ambedue legati, per quanto
detto, al tempo solare vero. Il divario fra tempo solare medio e tempo solare vero prende il nome di
equazione del tempo; si annulla quattro volte all’anno e raggiunge due massimi e due minimi relativi, la
cui differenza è dell’ordine di mezz’ora. La durata del giorno solare medio è di 24 ore, suddivise in
minuti e secondi. Nell’uso civile attuale si adotta il giorno solare medio ma contato dalla mezzanotte
precedente invece che dal mezzogiorno. Questa grandezza è il tempo civile locale. Il tempo civile locale
reale varia da punto a punto fuori meridiano; il tempo civile locale di Greenwich viene chiamato Tempo
Universale. Poichè il tempo civile è funzione della posizione di un punto, si è adottato
internazionalmente il sistema dei fusi orari nel 1878.
Ritornando al problema della meridiana del Duomo, questa indica l’istante del mezzogiorno fisico
ovvero misura il tempo solare vero. Questo varia, come detto, sensibilmente, nell’arco di un anno.
Ad esempio, oggi 12 maggio 2006, abbiamo che il sole dovrebbe arrivare sulla linea meridiana alle 12h
23m 14s per la differenza di longitudine col 15° meridiano, ma in realtà arriverà alle 12h 19m 35s grazie
all’equazione del tempo, cui va aggiunta poi l’ora legale.
La meridiana era stata costruita indicando anche ai suoi lati i segni zodiacali. I segni zodiacali hanno
esclusivamente un valore artistico e di costume. E’ interessante risalire alle origine storiche di questa
tradizione. Reperti archeologici del XIV secolo a.C., rinvenuti nella regione del Tigri e dell’Eufrate,
documentano con certezza alcuni segni zodiacali. L’origine risale quindi ai popoli dell’antica
Mesopotamia. I greci vennero a conoscenza dello zodiaco intorno al VI secolo a.C. Fu soltanto grazie
all’astrologia e non all’astronomia che questi ebbero diffusione popolare, fino ad essere oggetto di
elementi architettonici, giunti fino a noi.
Lo zodiaco è sulla sfera celeste una fascia di 18° centrata sulla eclittica e divisa in 12 parti di 30°. A
ciascuna di queste corrisponde una determinata costellazione, cioè un certo insieme di stelle che per la
loro particolare proiezione sulla sfera celeste la fantasia dei popoli antichi identificò con forme mitiche
di animali e più raramente di oggetti. Le diverse dimensioni di ciascuna costellazione fanno sì che il
sole, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, attraversi ciascuna in un tempo compreso fra un minimo
di 6 giorni per lo Scorpione e un massimo di 45 per la Vergine. In questa fascia, fin dai tempi antichi,
si era osservato che apparivano tutti i pianeti allora conosciuti e la luna; solo Venere era al limite della
zona considerata. Quando i Greci nel IV secolo a.C. posero le basi dell’Astronomia si accorsero che il
primo punto d’incontro dell’eclittica con l’equatore celeste cadeva nella costellazione dell’Arìete.
Nel II secolo a.C. l’astronomo greco Ipparco osservando la posizione della stella Spica, la più
luminosa nella costellazione della Vergine, e confrontandola con quella determinata circa 150 anni
prima dall’astronomo alessandrino Timocari, notò che tale stella si era spostata rispetto al punto γ,
incrocio tra eclittica e equatore celeste, detto anche equinozio di primavera, da Ovest verso Est
(precessione degli equinozi). Dato che tale moto di precessione fa avanzare di circa un grado in 72
anni il punto γ nella fascia zodiacale, questi dopo quasi 2400 anni si trova spostato di circa 33°,
cadendo quindi attualmente nella costellazione dei Pesci. L’uso dei segni zodiacali è però ancora oggi
riferito alla loro posizione nel IV secolo a.C. come se il moto di precessione degli equinozi non fosse
avvenuto. Diversa quindi la posizione del sole in una costellazione dello zodiaco, in un determinato
periodo, dal segno zodiacale convenzionalmente fissato per ciascuno in una trentina di giorni.
Visione della prima campata
nel momento del
mezzogiorno vero.
La lapide in marmo di
Candoglia, murata sulla parete
settentrionale della prima
campata, indica con il segno
del Capricorno il limite finale
della meridiana.

Particolare del segno zodiacale


del Capricorno.
Tre fasi del percorso dell’immagine solare in corrispondenza della meridana:
prima del mezzogiorno, a mezzogiorno, dopo mezzogiorno.
OPERAZIONI E CALCOLI ESEGUITI NELL’AGOSTO DEL 1976
PER LA VERIFICA E IL RIPRISTINO DELLA LINEA MERIDIANA

Punti di stazione per le operazioni trigonometriche ed astronomiche Strumentazione impiegata:

Il luogo delle operazioni è stata ovviamente la Piazza del Duomo. Per ragioni logistiche e di tranquillità
operativa si è deciso di fare una stazione astronomica in Piazza Reale, nell’angolo Sud-Ovest, anziché
sul sagrato prospiciente il frontale del Duomo, come in un primo tempo si era pensato.
Ciò ha comportato un trasporto angolare in più, compensato però da una maggiore calma
e conseguente cura nelle operazioni.
La stazione astronomica A è sita nell’angolo ovest di Palazzo Reale, quella sul sagrato S, è materializzata
da una borchia di ottone infissa per circa 50 mm nel selciato e provvista nel suo centro di un foro di 1
mm per la collimazione col piombino ottico strumentale. La mira M è in corrispondenza del CS 51 della
livellazione di alta precisione istituita da anni per il controllo del Duomo ed è costituita da una delle
medesime stadiette applicabili magneticamente nella sede tronco-conica del supporto.
La stazione astronomica A non è stata materializzata, in quanto temporanea ed ausiliaria. I punti I ed F,
interni al tempio, sono individuati da forelini di 1mm di diametro, posti sull’asse della meridiana e
rispettivamente il primo al centro della placca esagonale che materializza l’inizio della meridiana ed il
secondo a 53.858m da questo, ovvero a poco più di 1m dalla parete Nord.
Inoltre dal punto I è visibile il punto S attraverso la prima porta Sud del Duomo.
Schema delle operazioni geodeti
che per determinare la direzione
del nord geografico in corrispondenza
dell’angolo sud di Palazzo Reale
e trasporto del medesimo
all’interno del Duomo.

Strumenti usati:
- teodolite Kern DKM 3
sessagesimale del 1° ordine
- teodolite Wild T2 centesimale al
secondo centesimale
- livello Zeiss Ni 1 con stadie in invar
- nastro d’acciaio graduato per la
determinazione dell’altezza del foro
gnomico;
filo a piombo con speciale attacco e
contrappeso
orologio a quarzo Longines telesprint
- radio Zenit transoceanica per la
ricezione dei segnali di tempo
campione (T.U.)
Tav.2.1.1
DETERMINAZIONE DELLE COORDINATE ASTRONOMICHE
DEL PUNTO I, INIZIO DELLA MERIDIANA, DEL PUNTO A, STAZIONE ASTRONOMICA

Le coordinate astronomiche dei punti I ed A, necessarie per i calcoli di verifica della meridiana,
sono state ottenute nel seguente modo: si è partiti dal punto trigonometrico del l ordine IGM
costituito dall’asse della guglia portante la "Madonnina" e materializzato sul pavimento del
Duomo (G). Con una semplice poligonale si sono calcolate le coordinate del punto I a partire
dal punto G, asse della guglia, prendendo come assi cartesiani la linea meridiana stessa e la
normale a questa passante per G. Essendo in prima approssimazione la linea meridiana orientata
al Nord geografico, per trasformare le coordinate così ottenute in coordinate Gaussiane,
da trasformare a loro volta infine in geografiche, si è calcolato con opportuno programma
la convergenza γ dei meridiani in G ed il modulo di deformazione lineare puntuale η.
Le coordinate Gaussiane del punto I, note quelle di G, risultano pertanto:

Punto G N = 5034554.51m E = 1515028.34m γ = 0°08’10” η = 0.999603


Punto I N = 5034527.95m E = 1514937.90m

Le coordinate di I Gaussiane sono state quindi trasformate in coordinate geografiche (ellissoide


internazionale di Hayford 1924), risultando:

Punto I φe= 43° 27’ 47”,768, λe= 9° 11’ 27”,843 Est Greenwich.
Per conoscere le coordinate astronomiche di I occorre conoscere la deviazione della verticale nel punto
stesso. Viste le coordinate impiegate dal De Cesaris, dal Gabba, nota la conoscenza della deviazione
della verticale in Brera e al Politecnico, si è deciso di assumere come dati della deviazione della
verticale quelli di Brera, distante poche centinaia di metri dal Duomo, prescindendo da eventuali,
anche se improbabili ed in ogni caso trascurabili per il lavoro in corso, microondulazioni del geoide.
Le componenti della deviazione della verticale in Brera valgono:

Componente ortodromica: (λastr - λell) cos φe = 3”,28


Componente meridiana: (φastr - φell) = 14”,92

e pertanto, per il punto I, le coordinate astronomiche risultano:

Punto I φastr = 45° 27’ 32”,85 λastr= 9°11’32”,52 Est Greenwich

In modo perfettamente analogo si è proceduto al calcolo delle coordinate astronomiche del punto di
stazione A, con l’unica differenza che più semplicemente le coordinate Gaussiane di quest’ultimo sono
state ottenute direttamente dal rilievo aerofotogrammetrico 1:2.000 (aggiornamento 1972) del Comune
di Milano.
Mentre infatti si è voluta conservare per il punto I la medesima precisione intrinseca del vertice del 1°
ordine G, attraverso la poligonale interna del Duomo, per la stazione astronomica provvisoria ciò non
avrebbe avuto nè un senso ideale come per I, nè pratico
Le coordinate di tale punto risultano pertanto:

PuntoA N=5034431,64m φastr=45°27’29”,73


E=1514931,06m λastr=9°11’32”,20
Il motivo per il quale è necessario conoscere del punto A le coordinate astronomiche φ e λ,
provenienti da calcoli che assumono come riferimento la direzione fisica della verticale sulla terra e
la posizione delle stesse sulla sfera celeste (effemeridi) deriva dal fatto che l’azimut da determinare
è una direzione assoluta astronomica, cioè la direzione del Nord Geografico ovvero dell’asse di
rotazione terrestre.

La conoscenza delle coordinate astronomiche per I è utile, in quanto la vera longitudine da


Greenwich, ci permette di prevedere con precisione l’ora di passaggio del sole sulla meridiana
e la vera latitudine di fare i calcoli previsionali sulla distanza di passaggio dell’immagine solare
dal punto iniziale I con maggior precisione.

Si ricordi che 1” in longitudine ed in latitudine corrisponde, alla latitudine di Milano,


rispettivamente a circa 22 m e 30 m. Determinare perciò A con una precisione inferiore al metro,
come facilmente si ottiene dalla carta 1: 2.000, significa spingere la precisione delle coordinate φ e
λ nettamente al di sotto di 0.1”.
DETERMINAZIONE ASTRONOMICA DELL’AZIMUT DALLA
STAZIONE A SITA IN PIAZZA REALE

La decisione di ricorrere, per la determinazione dell’azimut, a puntate alla sola stella polare, anzichè a più
stelle circumpolari, deriva dalle seguenti considerazioni:
- il luogo della stazione, sempre affollato anche a tarda notte, invita a rendere le operazioni più celeri;
-la luminosità della Piazza del Duomo, disturba e a volte rende problematica la visione di stelle di
magnitudo elevata (comunque minore di 6), quali la maggior parte delle circumpolari visibili
- (la magnitudo di una stella è una grandezza inversamente proporzionale in ragione geometrica
alla sua intensità luminosa);
- la non certa, anche se probabilmente corretta conoscenza della deviazione della verticale ;
la convinzione, suffragata da operazioni similari, che con opportuna strumentazione, metodologia ed
elaborazione delle misure, si può ottenere anche con la sola polare una buona precisione;
- l’inutilità di una raffinata determinazione d’azimut da doversi poi trasportare con operazioni di
poligonale angolare, con gli inevitabili errori d’angolo e di centramento strumentale sui punti di
riferimento a terra.

Deciso perciò questo metodo speditivo si è alternativamente puntato col DKM 3 alla mira Wild posta sul
sagrato (S) ed alla Polare con micrometro a destra (M.D.) e micrometro a sinistra (M.S.): l’operatore stesso
con un comando a distanza visualizzava sul display dell’orologio i tempi (T.U.) di passaggio dell’astro al
filo verticale in prossimità del centro dei reticolo.
Nella tabella 2.3.1 sono riportate le letture eseguite, con evidente successione; mancano (tab. 2.3.1) alcune
letture intermedie alla mira, ritenute superflue vista la costanza nel tempo delle stesse.
Appena terminate le operazioni di cui in tabella 2.3.1., si è fatta stazione col teodolite T2 in S,
sostituendolo alla mira, e si è misurato l’angolo ε (Tav. 2.1.1) fra la stazione A e la mira M.
In A si è collimato il centro del DKM 3 stesso, dopo averlo puntato sul T2 in S, individuato dalla traccia
dell’asse di simmetria del supporto dello specchio catadiottrico coincidente con l’asse ottico strumentale.
Questa operazione è stata necessaria in quanto non è stato possibile, per varie ragioni, trasportare l’azimut
misurato della Polare direttamente all’interno del Duomo. Dovendo perciò riprendere l’operazione
successivamente è stato necessario un riferimento angolare, quale appunto ciò ha comportato il ripristino
della messa in stazione dello strumento in S con conseguente eventuale piccolo errore angolare dovuto al
centramento a terra.
POLIGONALE PER IL TRASPORTO D’AZIMUT
Facendo successivamente stazione col teodolite T2 in S ed in I si sono misurati, la mattina del 5 agosto
1976, gli angoli β, ε e ξ (Tav. 2.1.1) dopo aver posto tre treppiedi in S, I e F e la mira M sul CS 51.
L’errore di centramento a terra in S è stato sicuramente molto modesto (max 0.2 ÷ 0.3mm) che, date le
distanze in gioco, comporta al massimo un errore angolare di 2”. La collimazione tra il punto I e S è
avvenuta attraverso la prima porta Sud del Duomo, aperta per l’occasione.
I risultati medi di queste misure eseguite con la classica metodologia e ripetute più volte, sono riportati
nella tabella 2.4.1. assieme ai loro s.q.m.
In tabella è riportata anche la lettura media dalla stazione A verso S, i cui singoli valori, abbinati a quelli
alla Polare, compaiono in tabella 2.3.1.

I termini fra parentesi


provengono dalla
trasformazione degli angoli
dal sistema centesimale a
quello sessagesimale.
Con i valori riportati in
tabella, una volta calcolato
l’azimut della Polare in A e la
differenza di convergenza dei
meridiani fra A e I, si è stati in
grado di verificare l’azimut
della congiungente i punti I, F
rispetto al Nord geografico.
DETERMINAZIONE DELL’AZIMUT DELLA POLARE NELLA STAZIONE A

Il metodo di calcolo seguito per la determinazione dell’azimut della Polare è rigoroso. Si sono dapprima
trasformati i tempi universali T.U. in tempi siderei locali T.S.L. con opportuno programma dopo aver
assunta come longitudine λ del luogo di Stazione A quella precedentemente calcolata:

λ = 9° 11’ 32”.20 = 0h 36m 46s,14

Il calcolo dell’azimut è avvenuto per mezzo di formule complete programmate prendendo come imput la
latitudine φastr di A già calcolata, nonché la declinazione δ e l’ascensione retta α della Polare il 4 agosto
1976 interpolate dall’FK4 per le ore 20.00 di T.U.
I risultati di queste
elaborazioni sono
riportati nella tabella
2.5.1, unitamente ai
tempi e alle letture al
cerchio azimutale del
DKM 3 dalla stazione A,
ridotte in meridiano.
La media dei valori M.D.
ed M.S. degli azimut alla
Polare risulta, col
micrometro a destra
(M.D.)
υ = 1° 29’ 45”,7
σm = 1”, 3
TRASPORTO DELL’AZIMUT. VERIFICA DELLA MERIDIANA

Con riferimento alla Tav. 2.1.1, alle tabelle 2.4.1 e 2.5.1, si ha:

α = 360° - 347° 45’ 02”, 4 + 1° 29’ 45”, 7 = 13° 44’ 43”, 3


β = 310° 39’ 00”,0 ξ = 63° 05’ 36”,5

da cui:

β - α + ξ = 360° = - 0° 00’ 06”,8

A tale valore va sommata col suo segno la differenza per la convergenza dei meridiani fra il punto A ed il
punto I.

Quest’ultima risulta:
∆γ = γA - γI = -0”,2

Perciò il valore definitivo dell’azimut della linea meridiana è di 7” con σm = 1”, 3

La congiungente i punti I-F è quindi spostata in senso orario di 7” rispetto al meridiano passante per I.
L’azimut reale della meridiana è perciò assai piccolo, confermando la bontà dell’esecuzione iniziale e la
successiva conservazione e stabilità nel tempo dell’opera.
POSIZIONE PLANIMETRICA DEL FORO GNOMONICO

Per individuare il piede del baricentro del foro gnomico si è ricorsi al classico e semplice sistema
del filo a piombo, una volta accertata la visibilità verticale foro-pavimento Duomo.

Questo consiste in un attacco


superiore speciale, creato con lo
scopo di rendere il filo coassiale
con l’asse verticale passante per
il baricentro del foro.
Quest’ultimo è praticato in una
piastra metallica non perfettamente
orizzontale ed ha un diametro di
25.2mm.
Nella Tav. 2.7.1 è illustrata questa
attrezzatura, che è dotata nella parte
superiore di una bolla sferica per la
messa in verticale dell’attacco del
filo.
Nella parte terminale si è applicato
uno dei consueti pesi con smorzatore
utilizzati per il controllo periodico
dei pilieri.
Lasciato stabilizzare il pendolo così formato,
si è visto che il piede P’ del foro gnomico P era
pressoché sul punto iniziale della meridiana (I).
La metodologia che si è seguita è stata perciò
semplicissima: posti due teodoliti uno sulla linea
meridiana e l’altro sulla normale a questa passante
per I si è misurato l’angolo diedro avente per
costola l’asse strumentale, e piani passanti per il
filo a piombo (di 1mm di diametro) ed il punto I,
materializzato quest’ultimo da un cilindretto (di
1mm di diametro) infisso in esso. Noto l’angolo e
la distanza orizzontale I-centro strumento, se
quest’ultima è grande rispetto allo spostamento
pianimetrico ad essa normale, l’errore commesso
nella misura dello spostamento è generalmente
trascurabile.
La posizione planimetrica dell’asse dei foro
gnomico è risultata, pertanto, rispetto al punto I
(Tav. 2.7.2):

0,1mm verso Est


12,1mm verso Sud
σ = 0,2mm
POSIZIONE ALTIMETRICA DEL FORO GNOMONICO

L’altezza del foro gnomico, rispetto al punto I, è stata determinata per mezzo di un nastro d’acciaio graduato.
Bloccato il nastro in corrispondenza della tacca
22.10m sulla graduazione mediante un morsetto
Tav: 2.8.1 costituito da due piastrine d’acciaio, si è calato lo
stesso giungendo circa a 1.70m dal pavimento,
badando di disporre il supporto d’attacco
secondo la retta orizzontale del piano della
piastra contenente il foro, come già detto, non
perfettamente orizzontale. Dopo aver teso il
nastro con un contrappeso di 5Kg si è misurata la
distanza fra un tratto millimetrato degli ultimi
10cm di questo e il punto I mediante letture
ripetute al nastro e ad una stadia in invar, con
livello di alta precisione, risultando le medie
rispettivamente 19.045mm e 1723.828mm.
In tal modo si è misurata l’altezza del foro gnomico pari a 23.8048m (Tav. 2.8.1), con uno s.q.m. dovuto ai
soli errori di livellazione di 0.2mm, valore un po’ alto causa la scadente incisione delle tacche del nastro e le
sue piccole oscillazioni. Successivamente il nastro è stato tarato, sotto la medesima tensione di 5 Kg, per
22m sul campione lungo 30 m esistente in Istituto e per i rimanenti 81mm circa sulla Genevoise.
Tenuto conto della differenza di temperatura in Istituto durante la taratura e all’interno del Duomo durante le
misure, dell’allungamento elastico dovuto al peso proprio del nastro, peraltro risultato trascurabile, l’altezza
del foro gnomico P dal suo piano superiore al piano orizzontale tangente in I è stata determinata in 23.8188m.
Lo s.q.m. complessivo delle operazioni di taratura è risultato 0.1mm; pertanto lo s.q.m. dell’altezza del foro
gnomico vale 0.22 mm.
POSIZIONE DEI SEGNI ZODIACALI

Al fine di fornire le indicazioni necessarie per il ripristino con tavolette o appositi riferimenti lungo la
meridiana dei punti d’ingresso e d’uscita del sole dai vari segni zodiacali, si è calcolata la distanza di questi
punti dal punto iniziale della linea meridiana. Nella tabella 2.9.1 è riportata l’ora d’ingresso del sole, espressa
in T.U., nel segno zodiacale indicato, calcolata in base alla longitudine vera del sole, ovvero rispetto alla
longitudine dell’equinozio vero a quella data, per l’anno 1976.
La meridiana del Duomo non ha la funzione di determinare la posizione del sole nella sfera celeste, ma solo
quella di segnare il mezzogiorno vero, avendo qui tutte le altre indicazioni proprie di un quadrante e fra
queste i segni zodiacali, un valore puramente descrittivo.
Al tempo stesso, data la provvisorietà, in termini di
ore, dell’ingresso del sole nei segni zodiacali da un
anno all’altro per i noti moti secondari della terra, si
è ritenuto opportuno calcolare la posizione delle
future tavolette sul pavimento, assumendo per il
calcolo l’altezza trovata del foro gnomico e la
declinazione del sole, tenuto conto della rifrazione,
arrotondata a un 1’, all’ora ed alla data di cui in
tabella 2.9.1
Le distanze tengono inoltre conto della posizione
planimetrica del foro gnomico mentre nessuna
correzione è apportata per le piccole differenze di
quota lungo la linea.
Si ha quindi che il passaggio dell’immagine del sole,
a mezzogiorno, sulla meridiana, segnala l’avvenuto o
meno ingresso di questi in un determinato segno.
Questo vale, come detto, per il 1976: tuttavia le
variazioni sono assai modeste nel tempo e pertanto
l’esplicazione del fenomeno, da un punto di vista
descrittivo, è largamente sufficiente.
La Tav. 2.9.1 riporta ancora le distanze dal punto
iniziale della meridiana e in loro corrispondenza le
date d’ingresso e d’uscita dai vari segni zodiacali.
La distanza d’ingresso nel Capricorno è puramente
indicativa: infatti la meridiana risale per 2.90 m sulla
parete Nord; l’ingresso in questo segno avviene a
2.50 m d’altezza e non sul pavimento.
Tav.2.9.1

Schema delle posizioni


d’ingresso e di uscita del
sole dai segni zodiacali
nei vari periodi dell’anno
e la distanza dall’inizio
della meridiana in cui ciò
avviene.
DIMENSIONI APPARENTI DEL SOLE SUL PIANO MERIDIANO

Le dimensioni apparenti dell’immagine del


sole sulla meridiana, considerato il foro
gnomico non puntiforme e i raggi solari non
provenienti dall’infinito, dipendono dai
seguenti fattori:
- altezza del foro gnomico;
- dimensioni del foro gnomico;
- inclinazione del foro gnomico rispetto al
piano orizzontale;
- piano di proiezione;
- diametro apparente del sole;
angolo d’altezza del sole.
Si riportano in tabella 2.10.1 le dimensioni
apparenti dell’immagine solare in
corrispondenza dell’ingresso nei vari segni
zodiacali, tenuto conto che:
- l’altezza del foro gnomico è quella
misurata, corrispondente a 23.82m;
- il diametro del foro gnomico è di 25.2mm;
- l’effetto dell’inclinazione del foro gnomico,
rispetto al piano orizzontale, è trascurabile in
questo caso;
- il piano orizzontale di proiezione, cioè il pavimento del Duomo è orizzontale;
- il diametro apparente del sole dipende dalla sua distanza dalla terra e quindi è funzione della data;
- l’angolo d’altezza del sole dipende dalla data.
Con riferimento alla Tav. 2.10.1 si è costruita la tabella 2.10.1 in cui sono riportati i valori dimensionali
dell’immagine solare ipotizzando dapprima il foro gnomico puntiforme e poi correggendo i valori del
diametro dello stesso nell’ipotesi da verificarsi nel corso di un intero semestre che nessun ostacolo
impedisca il passaggio dei raggi solari.
Si vede quindi come si passi da una immagine circolare al solstizio d’estate, ad una immagine sempre
più ellittica negli altri periodi, per ritornare quasi circolare al solstizio d’inverno, per effetto del piano di
proiezione verticale, anzichè orizzontale.
I valori in tabella sono approssimati al centimetro.Si vede quindi come si passi da una immagine
circolare al solstizio d’estate, ad una immagine sempre più ellittica negli altri periodi, per ritornare quasi
circolare al solstizio d’inverno, per effetto del piano di proiezione verticale, anzichè orizzontale.
I valori in tabella sono approssimati al centimetro.
VERIFICA DELLA RETTILINEITA DELLA RIGA MERIDIANA
E DEL SUO ANDAMENTO ALTIMETRICO

La linearità della meridiana è stata controllata ponendo un teodolite sul punto I e collimando la graduazione
di un righello calibrato posto trasversalmente alla linea ogni 5m, con una origine arbitraria posta sul lembo
Est della stessa.
L’operazione è avvenuta muovendo la sola vite dei piccoli movimenti zenitali dopo aver preso come
allineamento la congiungente I-F, cui si tornava, per controllo, dopo ogni lettura. L’andamento è visualizzato
nella Tav. 2.11.1, in cui si è riportato anche lo spostamento della linea a 2.50m sulla parete Nord e la
direzione del Nord geografico.
La planarità della meridiana è stata controllata mediante una livellazione di alta precisione,
eseguita ponendo le stadie, munite di apposita sfera per la messa in stazione sulla verga di ottone,
in corrispondenza dei medesimi punti di cui al controllo precedente.
Nella Tav. 2.11.2 è visualizzato l’andamento altimetrico.
Le variazioni altimetriche, con riferimento al punto I di quota 121.38m s.l.m. raggiungono
il valore massimo di circa 14mm, con uno s.q.m. sulla quota di ciascun punto inferiore a 0,2mm.
Tali valori non hanno alcuna influenza sulla misura del tempo, ma solo un effetto, peraltro trascurabile,
sulla distanza dall’origine dell’immagine.
Le variazioni planimetriche hanno invece influenza sulla misura del tempo. Come si vede dalla
Tav. 2.11.1 lo scostamento dell’asse della meridiana dalla direzione del Nord geografico presenta valori
sensibili, maggiori di 2mm tra 2 e 18m dall’origine, e tra i 44 e i 50m.
Tenuto conto delle velocità del sole nei vari periodi dell’anno alla data d’ingresso nei segni zodiacali, si
ha che questo attraversa la linea meridiana a mezzogiorno con circa 3s di ritardo nei mesi da aprile ad
agosto e con poco meno di 1s di ritardo nei mesi di gennaio e novembre.
Nei periodi equinoziali e intorno al solstizio d’inverno la quasi coincidenza dell’asse della linea
meridiana con la direzione del Nord riduce gli errori nella stima del mezzogiorno ai soli fattori casuali.
Intorno al solstizio d’estate il sole attraversa la linea meridiana circa 3s dopo il dovuto.
MOTO APPARENTE E VELOCITA’ DELL’IMMAGINE SOLARE SUL PIANO MERIDIANO

Il moto apparente dell’immagine solare sul pavimento del Duomo avviene secondo iperboli, in quanto
il piano della meridiana forma con il piano equatoriale un angolo maggiore della massima declinazione
solare, in valore assoluto pari a 23° 27’ circa.
Solo nei giorni equinoziali le iperboli degenerano in una retta, detta appunto equinoziale. Se si ritiene
costante il moto apparente dell’immagine solare in un breve intorno della linea meridiana, ipotesi
senz’altro accettabile, è possibile calcolare in modo assai semplice la velocità del disco solare
in funzione della data.
Questo calcolo ha lo scopo di verificare con quale approssimazione, che dipende fra l’altro,
proprio dalla velocità dell’immagine del sole, si riesce a stimare il mezzogiorno vero.
Al doppio scopo quindi di valutare velocità e direzione secondo le quali il sole attraversa a date epoche
il piano meridiano, si è costruito il grafico di Tav. 2.12.1 avente carattere puramente descrittivo e in cui
viene presentata una ipotetica meridiana. Gli elementi che interessano per il calcolo della velocità, sono:

- P’ piede del foro gnomico P;


- Pm ribaltamento di P sul piano orizzontale in direzione normale alla linea meridiana;
- C punto per cui passa la parallela all’asse di rotazione terrestre passante per P;
- K intersezione della retta equinoziale con l’asse della meridiana;
Pe ribaltamento di Pm sul piano orizzontale attorno alla linea equinoziale ee.

Con i valori in precedenza calcolati si ottiene:

PmP’ = 23,82m P’K = 24,19m P’C = 23,43m PmK= KPe = 33,94m


Con riferimento alla Tav. 2.12.2, è noto che all’equinozio il sole percorre la distanza K’K nell’intervallo di
1 ora e quindi un angolo K’ Pe K di 15° dalle 11 alle 12. Analogamente ad 1° di ampiezza dell’angolo K”
Pe K corrispondono 4 minuti di tempo, pari ad una distanza KK” = 0,5925m.
Il moto del sole in un intervallo di tempo così breve può ritenersi uniforme e la sua velocità, al passaggio
in meridiano e nel periodo equinoziale, vale: V = (0.5925/240) = 2,47mm/s

Confondendo, in prossimità della linea meridiana il


tratto di iperbole con una retta (Tav. 2.12.3) ed
indicando con N il punto di passaggio del sole a
mezzogiorno, si ha:

N’N/ K”K = (NC/KC) → N’N = K”K (NC/KC)


N’N = K”K (P’C + P’N)/(KP’ + P’C) = 0,5925x
(23,43 + P’N)/47,62 da cui:

V = (N’N / 240) = 5,184 x 10-5 x (23,43 + P’N) m/s

Nella tabella 2.12.1 viene data la velocità apparente


del sole in corrispondenza delle distanze IN calcolate
per l’ingresso nei vari segni zodiacali (tabella 2.9.1).
Come si vede, le velocità variano da un minimo di
1,8mm/s ad un massimo di 3,9mm/s: in
corrispondenza a tali velocità si ha la minima e la
massima dimensione dell’immagine.
Tav: 2.12.2
Tenuto conto che esiste una certa diffrazione della stessa,
per cui il bordo dell’ellisse luminosa non è ben definito, e
della velocità, si può stimare in 1÷2 secondi la precisione
con cui si può "leggere" il mezzogiorno vero.
Questa precisione si ottiene facilmente purchè però si
prenda la media fra l’istante t1 e t2 in cui il sole entra ed
esce con la sua immagine prima e dopo il mezzogiorno sulla
riga meridiana (Tav: 2.12.4)

Tav: 2.12.3

Tav: 2.12.4
VERIFICHE SPERIMENTALI

Le verifiche si dividono in due parti: la prima riguarda l’ora del passaggio in meridiano dell’immagine
solare, le sue dimensioni, la sua velocità e la distanza dall’origine I; la seconda consiste in una
constatazione degli ostacoli che si frappongono ai raggi solari, sì da impedire in certi periodi dell’anno la
funzionalità parziale o totale della meridiana.

Prima parte
Tabella 2.13.1 Nelle date che compaiono in
tabella 2.13.1 si sono eseguite
le verifiche sperimentali
menzionate attraverso le
seguenti osservazioni:
- rilievo del passaggio
dell’immagine sulla linea
meridiana secondo le modalità
dette, in tempi universali presi
con segnali radio campione e
visualizzati su orologio a
quarzo Longines Telesprint;
-misura delle dimensioni
dell’immagine con un
doppio metro;
- misura della distanza dall’inizio della meridiana del centro dell’immagine con nastro d’acciaio graduato;
- calcolo della velocità attraverso la presa dei tempi di passaggi successivi a tratti calibrati in prossimità
della riga meridiana (i valori della riga vuota della colonna “Data” si riferiscono ai valori teorici).
Queste osservazioni sono poste a
confronto, sempre nella medesima
tabella, con i valori teorici
calcolati per quella data. Per questi
ultimi si è tenuto conto sia della
parallasse orizzontale, sia degli
effetti della rifrazione normale (a
mezzogiorno).
L’effetto di parallasse deriva,
com’è noto, dal fatto che la terra
non è puntiforme, ma ha una
dimensione di cui non si può non
tener conto nei confronti della
distanza dal sole.

Come si vede l’angolo di altezza h deve essere diminuito, in quanto (Tav. 2.13.1) non si può considerare il
sole a distanza infinita, il che comporta una correzione minima di circa 3”,2 al solstizio d’estate e massima
di circa 8”,3 al solstizio d’inverno. Questi valori si traducono rispettivamente in uno spostamento
dell’immagine solare di +0,2mm e +7,0mm. Ben più influente è l’effetto della rifrazione normale, che fa
si che il sole appaia più alto di quanto non sia realmente (Tav. 2.13.2).
L’influenza della rifrazione dipende dall’angolo di altezza del sole sull’orizzonte ed ha come effetto
sistematico quello di aumentare questo angolo, avvicinando, di conseguenza, l’immagine all’origine della
meridiana. In questo caso esso varia tra un massimo di 67° 58’ al solstizio d’estate ed un minimo di 21° 06’
al solstizio d’inverno, cui va applicata una correzione di rifrazione che varia da circa 24” a 2’ 35”: Ciò
comporta un avvicinamento all’origine I dell’immagine solare variabile rispettivamente fra 3mm e 138mm.
Dalle effemeridi del sole a mezzogiorno vero a quella data, tenuto conto della influenza di questi due
fattori ed in particolare della rifrazione atmosferica, delle relazioni che intercorrono fra tempo universale
T.U. e tempo solare vero T.S.V., e di quanto visto e detto in precedenza, si sono calcolati i valori teorici in
tabella.

I dati sperimentali coincidono coi dati teorici nei limiti previsti adesso e al tempo della sua costruzione.
Questi dati provengono dalla stima del mezzogiorno e degli altri parametri, compiuta da operatori diversi,
non certo esercitati a tale tipo di misura. La bontà dei risultati e la casualità del campione assicura ad ogni
possibile utente della meridiana una stima corretta.
Seconda parte
La funzionalità parziale o totale della meridiana è impedita in certi periodi dell’anno da ostacoli che si
frappongono nel percorso dei raggi solari.
Successive constatazioni visive ne hanno permesso l’identificazione.
La disposizione delle lastre dei tegoloni della copertura del Duomo attorno al foro gnomico determinano
una bocca, attraverso la quale sono convogliati i raggi solari. Essa non crea alcun ostacolo quando questi
sono alti sull’orizzonte, mentre intercetta quelli aventi un angolo di altezza inferiore a 27° (Tav. 2.13.3).
Con un clinometro si è misurato l’angolo di altezza fra il centro del gnomone e la lastra che profila a sud la
bocca, secondo la direzione di massima pendenza. La semplicità del procedimento di misura permette
solamente di leggere questo angolo determinato in 27° con un errore possibile di ± 1°, precisione tuttavia
sufficiente per quantificare il disturbo arrecato al funzionamento della meridiana. L’angolo di altezza del
sole al solstizio d’inverno, nota la sua declinazione δ = 23° 27’ e la latitudine del punto φ = 45° 27’, è di 21°
6’, quindi ben inferiore al più piccolo angolo d’altezza utile al funzionamento della meridiana. Questa
disposizione della bocca costituisce un ostacolo frapposto al percorso dei raggi solari per tutti i giorni
compresi fra il 15 novembre ed il 27 gennaio, limitando inoltre nella parte nord l’immagine del disco solare
sul piano meridiano nei tre giorni appena precedenti e seguenti il periodo d’oscurità. Essendo di 0.66m la
distanza obliqua (Tav. 2.13.3) fra il foro gnomico e la lastra che profila a sud la bocca, tale lastra dovrà
essere arretrata nel suo piano orizzontale di circa 0,20m, tanti sono necessari per un angolo di 21°6’.
Sarà poi necessario un ulteriore piccolo arretramento tenuto conto delle reali dimensioni dello gnomone
tutt’altro che puntiforme, nonchè ad evitare fenomeni di diffrazione dei raggi solari in prossimità del bordo
della lastra stessa. Per effettuare le osservazioni in tale periodo i tecnici della Veneranda Fabbrica del
Duomo hanno provveduto in data 16 novembre 1976 ad allungare verso sud la bocca, fresando il tegolone
fino ad allineare il suo bordo superiore con il foro gnomico ed il bordo interno del parapetto della
falconatura, realizzando così un angolo d’altezza di 19°. Tuttavia, l’apparire eccessivamente pallido del
disco solare sulla parete settentrionale del tempio, rende difficile la determinazione del mezzogiorno, nel
periodo attorno al solstizio d’inverno.
Ricorrendo ad opportuni artifici (oscuramento dell’ambiente, schermatura bianca sulla parete) si può
ancora stimare correttamente il mezzogiorno, ritrovando, al solito, buona concordanza con i valori teorici;
in questo breve periodo quindi la meridiana pur non perdendo la sua funzione, cessa di avere uso pratico.
Non si è ritenuto opportuno perciò riportare i valori osservati in tabella 2.13.1. La catena disposta fra le
imposte della volta nella prima campata fra la navata centrale e quella subcentrale meridionale, ed il
lampadario ad essa appeso costituiscono altri ostacoli frapposti al percorso dei raggi solari. La catena
segna semplicemente l’immagine del disco solare sul piano meridiano nei due periodi equinoziali. Non è
possibile facendo parte della struttura portante del Duomo, rimuovere questo ostacolo, del resto poco
influente, senza modificare la statica della costruzione.

Tav. 2.13.3

Il lampadario intercetta i raggi solari in due periodi dell’anno attorno alla seconda e terza decade di
febbraio e ottobre. L’ostacolo verrà rimosso traslando il lampadario lungo la catena cui è appeso, fino a
portarlo fuori dal piano meridiano individuato dal foro gnomico e dalla linea meridiana.
Caratteristiche dello strumento:

Lunghezza teorica della linea meridiana 61.53 m


Orizzontale 55.07 m - Verticale 2.90 m.
(la larghezza del duomo non è sufficiente a contenere la linea in
piano)

Altezza gnomonica 23.82 m


(altezza dal piano di calpestio del foro gnomonico)

Diametro foro gnomonico 25.2 mm

Verifiche e ripristini della Meridiana sono stati effettuati negli anni


1827, 1921 e 1976.
Il tema è trattato nel sito internet:
www.icra.it/seminari/Link/Gerbert_D'Aurillac/2006/Welcome.htm

L’A.R.A.S.S - Brera
ringrazia il prof. Costantino Sigismondi
coordinatore del ciclo di convegni
organizzati in occasione delle Celebrazioni Gerbertiane
per la cortese disponibilità.

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