Schemi Completi Storia Dell'Architettura
Schemi Completi Storia Dell'Architettura
STORIA DELL’ARCHITETTURA
Lo studio dell’architettura deve essere collocato, come quello di qualsiasi altra
forma artistica, nel tempo e nello spazio. I fenomeni architettonici sono, infatti,
suddivisi in funzione degli Stili succedutisi nei vari periodi storici con differenze e
varietà distintive per aree geografiche, fino all’arrivo della Globalizzazione,
diffondendo un unico stile in tutto il mondo.
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2. FUNZIONE : l’edificio deve essere funzionale, ossia deve rispondere a
determinate necessità con l’aggiunta di bassi costi.
Questi tre elementi furono identificati per la prima volta da Marco Vitruvio Pollione,
architetto e ingegnere romano, nel trattato De Architectura.
MESOPOTAMIA
Gli edifici più antichi sorsero nel Medio Oriente, e più precisamente in Mesopotamia,
tra il Tigri e l’Eufrate, corrispondente all’odierno Iraq. Il popolo dei Sumeri fu il primo
ad inserirsi in Mesopotamia, intorno al 5000 a.C. , nella preistorica città di Eridu, che
raggiunse il punto più alto con le gigantesche ziqqurat e i sontuosi templi sumeri,
babilonesi e assiri.
Si riteneva che le città fossero di proprietà degli dei, perciò era essenziale
proteggerli e offrire loro un riparo il più possibile solido e sicuro.
I SUMERI
Uruk fu una grande città realizzata dai Sumeri a sud di Babilonia, datante il IV
millennio a.C. Il piccolo sedimento divenne una vera e propria città, la prima per cui
sia possibile utilizzare questo termine; perché fu la prima ad avere due caratteri
fondamentali per una città: stratificazione sociale e la specializzazione del lavoro.
Un terzo della superficie finì per essere occupata da templi e edifici pubblici. Come
il santuario dedicato a Inanna, la dea dell’amore e della guerra. Nel quale possiamo
osservare le prime colonne circolari di mattoni crudi di cui si abbia notizia.
I muri e i pilastri presentavano una primitiva decorazione di coni di terra cotta rossi,
beige e neru, lunghi circa 10 cm, disposti secondo schemi geometrici.
Nel santuario adiacente, dedicato ad Anu, dio del cielo, sorgeva il cosiddetto
tempio Bianco, forse all’origine delle ziqqurat. Costruzione di mattoni, con musi
decorati dipinti e rilievo non avevano una funzione puramente esornativa, ma
servivano anche a mettere in risalto la struttura.
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TEMPLI ZIQQURAT
ASSIRI
I principi architettonici sumeri furono ripresi e sviluppati tra la fine del II millennio e il
612 a.C. dai bellicosi re assiri, originali della Mesopotamia settentrionale. Due sono
le grandi città, Ninive e Nimrud, delle quali rimane ben poco, ma quel poco ci
mostra semicostruzioni in mattoni crudi, con case a due piani e intonacate.
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forma rettangolare, con mure munite di torre. L’insediamento comprendeva il
palazzo per il fratello del re, un tempio dedicato a Nabu, dio della scrittura e della
saggezza; e poi il palazzo di Saragon.
Quest’ultimo era un enorme edificio con oltre 200 stanze ordinate intorno a
numerosi cortili interni, ed cinto da ulteriore mura di mattoni. Sviluppato intorno a
tre cortili, rialzato su una piattaforma con un pesante rivestimento di pietre
squadrate e dotato di un complicato sistema di scoli in terracotta. Il palazzo era
suddiviso on tre zone principali: l’area templare, il quartiere amministrativo e di
immagazzinamento e l’area palatina. In un angolo del palazzo sorgeva un tempio-
ziqqurat.
Dopo la caduta di Ninive nel 612 a.C. e dell’impero assiro, il centro di potere si
spostò dall’alto Tigri al basso Eufrate, dove i monarchi di una dinastia
neobabilonese ricostruirono la città di Babilonia.
La conquista di Babilonia nel 539 a.C. da parte di Ciro il Grande, fondatore della
dinastia degli Achemenidi di Persia, pose fine alla civiltà mesopotamica e alla sua
architettura.
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ANTICO EGITTO
Tecniche edilizie dell’antico Egitto.
La civiltà Egizia si sviluppò a partire dal IV millennio a.C. con il cosiddetto periodo
Predinastico. Ossia la fase precedente alla formazione dello stato unitario egizio. Il
periodo inizia nel Neolitico antico e arriva fino a circa il 3060 a.C. con il paese
suddiviso nei due regni del Basso e Alto Egitto.
Gli egizi si stanziarono nell’Africa settentrionale sviluppandosi lungo le rive del Nilo,
per un’estensione complessiva di circa 1000 km, del Tigri e dell’Eufrate. Questo
vasto territorio, nel quale si stanziò il popolo egizio, viene comunemente chiamata
“Mezza luna fertile”. Termine coniato negli anni venti dall’archeologo James Henry
Breasted. Questa terra viene spesso definita come la “culla della civiltà” a causa
della sua straordinaria importanza nella storia umana, grazie al suo terreno molto
fertile si svilupparono le prime grandi civiltà prettamente agricole stazionarie, le
quali, grazie a questo, si legarono alla terra, tra cui anche il popolo egizio.
- Mezzaluna fertile: il clima della mezzaluna fertile era di tipo mediterraneo ( con
estati lunghe e secche e inverni miti e umidi); tale clima favorisce lo sviluppo di
piante annuali con grossi semi e fusto non legnoso come le diverse specie di
cereali e anche di legumi selvatici. Inoltre erano presenti 4 delle 5 più importanti
specie di animali da allevamento: mucche, capre, pecore e maiali.
- Nilo: è un fiume africano lungo 6.853 km. Tradizionalmente considerato il fiume
più lungo al mondo. Il Nilo possiede due grandi affluenti, il Nilo Bianco e il Nilo
Azzurro. Il Nilo è strettamente legato allo sviluppo dell’antica civiltà egizia, con la
maggior parte della popolazione e delle città situate nella valle a nord di Assuan.
Esso fu soprattutto un’importante fonte di sostentamento per le popolazioni lungo
le sue sponde perché rendeva estremamente fertile il terreno circostante dopo le
annuali inondazioni. Gli egiziani furono per tanto in grado di coltivare il grano e
altre colture. Grazie a questo la società egiziana fu una delle più stabili nella
storia.
Il fiume attraversa il Sudan, l’Egitto per poi sfociare nel Mar Mediterraneo. Il clima di
questa terra è di tipo mediterraneo, soggetto quindi a grandi piogge nel periodo
compreso tra giugno e settembre. Le notevoli piogge facevano aumentare la portata
del fiume che finiva per straripare. Le acque quindi inondavano le campagne
circostanti. In autunno le acque si ritiravano lasciando sul terreno una fanghiglia
molto fertile, detta Limo, molto utile per l’agricoltura.
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Queste inondazioni si ripetevano ogni anno, sempre nello stesso periodo. Questa
condizione, invece di essere un ostacolo, diventa uno stimolo a per il popolo
egiziano. Tanto che nacque una vera e propria Classe Tecnica, la quale, basandosi
su queste inondazioni crearono degli strumenti per tracciare delle linee di confine,
delimitando l’aere soggetta. Lo strumento più utilizzato era il Tiracorda, ossia
attraverso l’utilizzo di cordicelle che naturalmente venivano fissate a delle rotelle che
consentivano poi la creazione di linea per la realizzazione di scavi di fossati, cosi da
realizzare delle forma geometriche sul terreno. Questa è l’origine della Classe
Tecniche conosceremo con il tempo come Architetti. Una classe che nasce nelle
campagne che trasporta le proprie conoscenze geografiche e matematiche nella
creazione di vere e proprie civiltà.
Dal punto di vista architettonico è possibile osservare nel popolo egizio l’esigenza di
un’architettura funzionale e pratica, spesso simbolica.
Nella sua fase più antica l’architettura assorbì elementi tratti dagli edifici di mattoni e
argilla, dagli alberi e dalle piante, forme teoricamente non adatte alla pietra. Il suo
senso è riposto non tanto nella forma quanto nell’iconografia.
Il termine Faraone venne largamente utilizzato durante tutta la civiltà egizia, per
indicare la figura del re e deriva dalla parola pr-o che significa “grande casa”. Al re o
la faraone ci si rivolgeva sempre come a un dio, in quanto in grado di eseguire i
rituali per preservare l’Egitto e quindi l’universo. Perciò il re e dio erano
interdipendenti: il dio accordava favori al re in cambio del compimento di cerimonie
rituali. Inoltre il faraone era anche la fonte d’ispirazione architettonica.
MATERIALI UTILIZZATI
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l’esito di un’alterazione meccanica e chimica di rocce magmatiche silicee
antichissime che si trasforma in una terra particolare, ossia composta da
differenti elementi organici che la rendono molto plastica e compatta, dando la
possibilità di modellarla creando dei muri verticali.
II. Occorre sottolineare la scarsa, quasi inesistenza di foreste e boschi sul territorio
africano, ma ci sono tante Canne Palustri ( canna di papiro) . Presenti sia in
Mesopotamia che lungo il Nilo. E queste canne palustri servono per tutta una
serie di usi, ad esempio per le barche. In Egitto erano rarissime le barche
costruite con il legno, le possedeva solamente il Faraone. La gente comune, la
cosiddetta classe media possedeva barche costruite con le canne. Questa
pianta è caratterizzata da un fusto lungo, cavo e robusto, in grado di galleggiare.
Queste prime barche erano a forma di zattera nelle quali al posto dei tronchi
c’erano dei fasci di canne di papiro strettamente legati assieme con cavi, anche
essi di papiro. Queste piccole barche venivano utilizzate per attraversare il
grande fiume da una sponda all’altra o per percorrerlo in senso longitudinale,
servivano per il trasporto quotidiano, per la pesca o per l’esplorazione del suo
corso. L’utilizzo di queste canne non riguarda solo la costruzione di barche e
zattere per la navigazione del fiume, ma esse vennero utilizzate anche per la
costruzione di abitazioni. Questa tecnica era utilizzata soprattuto in
Mesopotamia, tra il Tigri e l’Eufrate. Praticamente si prendevano queste canne,
si legavano tra di loro e si otteneva una specie piedritto (struttura verticale, con
funzione di sostegno), una sorta di fascio di canne. Questo fascio aveva la
capacità di essere flessibile e tale caratteristica portò la costruzione di vere e
proprie abitazioni con soffitto a volte a botte. I popoli stanziati in Mesopotamia
credevano fermamente in una vita dopo la morte, immaginandola simile a quella
terrena. Grazie a questa forte credenza oggi possediamo moltissimi corredi
funebri, ossia elementi, decorazioni e oggetti appartenenti al defunto che
venivano inseriti all’interno della tomba. Nelle tombe dei più agiati si trovano
stele iscritte con il loro nome e quello dei loro familiari, statue e tavolette per
ricevere le offerte, oltre a mobili, tessuti, oggetti di vita quotidiana. Questo
sistema lo possiamo osservare anche in Egitto. Ma in Egitto ha un’importanza
maggiore, grazie soprattuto alla scoperta di un di un piccolo modellino, nel
quale viene raffigurato un momento della vita quotidiana. Tale modellino è di
fondamentale importanza dal punto di vista architettonico per la tettoia creata
per il bestiame (corredo funebre creato probabilmente per un allevatore) . Tale
tettoia è retta da dei piedritti, ossia dei sostegni verticali in pietra. Questi
sostegni hanno una forma particolare, cioè non sono perfettamente centrici, essi
sono a sezione tonda ma vanno a stringendosi in determinati punti lungo il fusto.
Queste strozzature lungo il fusto ci danno l’idea che questi sostegni non furono
levigati, ma lasciti nella loro forma naturale. Questi sostegni però rappresentano
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in un certo senso l’origine della colonna. Tutto questo per dire che gli antichi
egizi, pur essendo cosi avanti dal punto di vista dei materiali, con l’utilizzo della
pietra, essi utilizzavano le forme dell’architettura primitiva delle origini, quindi per
loro la colonna sarà fatta come un fascio di papiri.
IV. Altro materiale molto diffuso in queste aree geografiche era il Gesso. Il gesso è
in realtà una pietra, chiamata solfato di calcio, molto tenera che riscaldandola, a
seguito della cottura a temperatura molto bassa ( 100-150 C°), si elimina parte
dell’acqua attraverso il processo di evaporazione. Ottiene un impasto duttile e
plastico che consente l’utilizzo nell’edilizia. Con questa malta di gesso si
potevano legare dei blocchi; fare l’intonaco…
Questi materiali molto poveri sono materiali utilizzati ancora oggi, quindi non si parla
di cose a noi sconosciute.
Essi però non erano utilizzati in modo puro, essendo materiali molto plastici.
Venivano quindi corretti con l’aggiunta di sgrassanti o aggreganti, impedendone
cosi la rottura. Quali sono questi sgrassanti? Essi possono essere di natura
minerale, come la sabbia o la ghiaia, creando un impasto che mi consente di
costruire senza crepature; o di natura vegetale, come la paglia, erba, pula
( rivestimento del cereale), che servono a migliorare la coesione del materiale,
servono ad alleggerire e facilitano il processo di evaporazione.
I. Il Legno veniva utilizzato molto poco, per via della scarsa presenza sul territorio
egizio. Esso però non è che non era neanche preso in considerazione, anzi. Il
legno veniva utilizzato per la creazione di strumenti, decorazioni ecc. molto
preziosi. Proprio per questo nacquero i primi carpentieri, i quali divennero con il
tempo gli unici in grado di costruire le strutture in legno, possono essere quindi
chiamati i primi architetti. Questi carpentieri inizialmente utilizzavano per la
maggior parte delle costruzioni strumenti in legno e in pietra. Durante le prime
dinastie la lavorazione dei blocchi venivano utilizzati strumenti creati con lapidei
in diorite ( una pietra basaltica).
II. Una grande rivoluzione dal punto di vista dei materiali nel mondo dell’edilizia
scoppia. Portando alla lavorazione di materiali più importanti, come il rame, il
bronzo e il ferro.
Esempi di strumenti
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piano in modo che il filo passa per l’indice fissato a metà dell’asta trasversale,
questa definisce una retta orizzontale parallela a quella d’appoggio.
- Filo a piombo: detto anche piombino, è uno strumento utilizzato per determinare
la direzione verticale rispetto ad un determinato punto. È costituito da un filo
flessibile, in genere di canapa o di nylon, con ad una estremità una massa, in
genere un cilindro o una sfera.
- Leva : asta di metallo che serviva per spostare i pesi e i gravi per brevi tragitti.
- Abbiamo infine una specie di slitta: questo strumento ha una doppia valenza: può
essere utilizzato come slitta per lo spostamento; ma anche come una specie di
gru per il sollevamento.
- Levigatore
COME SI COSTRUISCE UNA CASA?
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materiale simile al calcestruzzo, di colore grigio, il quale veniva, attraverso l’utilizzo
di una mazza, compresso e veniva buttato fuori l’eccesso. Una volta solidificato, si
toglieva il cassaro ottenendo il cosiddetto Pisè, il quale poteva essere sia in gesso
che in terra. Questa tecnica anticipa per esempio il concetto di getto del
calcestruzzo nel cassaro che avviene oggi nella costruzione. I Romani, ad
esempio, la utilizzavano con il calcestruzzo.
Tecnica dell’Adobe, ossia dell’utilizzo del mattone crudo. Il materiale utilizzato era
un impasto di argilla, sabbia e paglia lavorato a mano ed essiccato al sole.
Le case private differivano poco dalle costruzioni dei templi più antichi. Erano
entrambe a pianta rettangolare, divise in più stanze e a un solo piano. Le stanze si
affacciavano su un cortile centrale, dal quale ricevevano la luce. La casa era
circondata da un muro esterno, con una sola entrata. Le abitazioni urbane venivano
costruite una accanto all'altra e si affacciavano su vicoli stretti e serpeggianti, e
potevano essere racchiuse in isolati per mezzo di cancelli.I palazzi reali avevano la
stessa pianta delle case private e differivano per la grandezza e, presumibilmente,
per il lusso. Molto spesso la residenza reale era vicino a un complesso templare.
Queste case potevano essere isolate ma anche raggruppate in città. ( es. Deir-el-
medinah).
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Possiamo attribuire la creazione delle prime grandi città al Faraone egiziano. Infatti
fu decisione del Faraone di raggruppare tutte le maestranze (uomini/lavoratori che si
occupavano della costruzione delle necropoli dei Re) in un unico luogo cosi da
poterle controllare e sorvegliare.
Un altro mito da sfatare è quello che riguarda la tipologia di lavoratore. Tutti credono
che la costruzione di queste necropoli, o comunque di questi grandi edifici costruiti
per i Re, era ad opera degli schiavi. Non è cosi. Anzi i lavoratori che troviamo nel
campo dell’edilizia erano gli egiziani, agricoltori e allevatori, i quali, durante la
stagione primaverile/estiva coltivavano, durante la stagione invernale lavoravano
nei cantieri, avevano ben due lavori.
Le tecniche utilizzate dagli antichi egizi per la costruzione delle proprie abitazioni
erano ben studiate. Questo lo può testimoniare il fatto che alcune di esse sono
riuscite a sopravvivere per secoli, rimanendo in piedi.
La maggior parte di esse furono costruite con la tecnica del Pisè e dell’Adobe,
caratterizzate da:
- Angoli (punto più debole e critico della costruzione) rafforzati :spesso con fasci di
giunchi intonacati con malta di fango;
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COME SI ESTRAEVA LA PIETRA ?
La cava veniva coltivata per avere la massima resa per l’estrazione della pietra,
creando dei veri e propri blocchi, i quai venivano formati lavorando il materiale
direttamente all’interno della cava. I blocchi venivano estratti dalla roccia, facendovi
una fessura secondo il contorno del blocco che si desiderava, e a intervalli, si
scavavano fori più profondi, dove i cunei di legno, che vi venivano posti, si
dilatavano per l’acqua di cui venivano imbevuti, staccando in tal modo,
progressivamente, il blocco. Tale processo veniva svolto dai Cavatori.
La parte più difficile du questo processo era rappresentata dal momento del taglio
del blocco e dalla fuori uscita di esso, che avveniva utilizzando strumenti di legno.
I problemi sopraggiungevano con il trasporto, che avveniva sia per via terra che per
mare. Per questo motivo si cercava di estrarre la pietra a valle.
Il trasporto per via terra veniva fatto con l’uso di Slitte. Essendo però zone
desertiche, il trasporto doveva avvenire con la realizzazione di piste, eliminando cosi
le rocce, sassi e altre tipologie di ostacoli, cospargendo questo “marciapiede” con il
limo del Nilo. Una volta che il blocco di pietra raggiungeva le rive del Nilo, vi erano
delle barche.
Questa tipologia di trasporto era molto faticosa, cosi tanto che spesso i blocchi non
arrivavano a destinazione. Ad esempio con il trasporto di quello che doveva
diventare il più grande Obelisco, poi mai realizzato, che pesava circa 200 tonnellate,
doveva essere lungo 42 metri.
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Con l’unificazione dell’Alto e del Basso Egitto, avvenuta tra il 3200 a.C e il 3000 a.C
gli edifici divennero molto più monumentali.
N.b. prima grande civiltà costruita con l’utilizzo della pietra fu NAU KRATIS, grazie
agli scavi archeologici effettuati nell’area di Naucrati, a partire dal 1884 hanno
portato alla luce i resti di un importante tempio dedicato ad Amon e Thoth. Gli scavi
hanno portato alla luce anche i resti di alcuni templi in stile greco dedicati ai
Dioscuri, ad Apollo ed a Era.
COLONNE - PIEDRITTI
• Tempio di Luxor: situato sulla riva orientale del Nilo della città di Luxor. Il tempio
era dedicato a Amon, costruito nel XIV secolo a.C. nel quale possiamo trovare i
marchi di due soli sovrani sulle strutture architettoniche. All’interno di questo
grande complesso funerario, dopo il cortile si accede ad un corridoio lungo 100
metri e fiancheggiato da 14 colonne con capitello a forma di papiro con foglie
chiuse, costruite utilizzando la pietra arenaria. La parte inferiore più stretta e
avvolta dal motivo di cinque foglie lanceolate. Il fusto è composto dal motivo di
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sei-otto steli a tre nervature legati a fascio sotto il capitello, il quale raffigurava
ombrelli (corimbi) socchiusi di papiro.
• Tempio di Iside, il tempio di Iside si trova all’interno del complesso di templi che
sorgevano sull’omonima isola del Nilo in Egitto, poi smantellati e trasferiti sulla
vicina isola di Agilikia nel 1977. Il tempio di Iside rappresenta il principale centro
del culto isiaco. Una delle principali innovazione che troviamo all’interno del
tempio riguarda il capitello delle colonne, un capitello Palmiforme: collana che
rappresenta un tronco di palma decorato con foglie di palma strette al fusto da
diverse legature che terminano in un triplice laccio, visibile sul davanti.
Tutte queste tipologie differenti di colonna hanno una caratteristica in comune: ossia
tutte erano COLORATE! Non solo le colonne, ma tutte le varie tipologie
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architettoniche erano colorate, dalle case comuni alle tombe, le quali venivano
costruite non solo per ospitare il defunto ma che anche la maggior parte, se non
tutti, dei suoi averi, dei suoi oggetti che utilizza in vita.
Questa scoperta emerse tra la fine del 700 e l’inizio dell’800 grazie a un gran
archeologo italiano GIOVAN BATTISTA BRENZONI………….. le redini di questa
scoperta vennero prese dai francesi, i quali grazie a Napoleone Bonaparte,
condussero la cosiddetta campagna d’Egitto.
ANTICO REGNO
l’Antico Regno è il periodo che va dalla III alla VI dinastia e che, indicativamente è
compreso tra il 2700 a.C ed il 2192 a.C. A questo periodo risalgono le costruzioni
più famose ed importanti della civiltà egizia: le piramidi
Oltre alle piramidi vediamo anche la diffusione delle Tombe Rupestri. Ossia una
tomba scavata in parte nella roccia di una collina, spessa detta anche ipogeo, per la
presenza di uno o più locali sotterranei. Ad esempio la Tomba di SETI I ( scoperta
nel 1817 da parte di Giovanni Battista Belzoni ). situata nella valle dei Re in Egitto,
era la tomba del faraone Seti I, padre di Rameses II. Essa è una delle tombe più
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lunghe della Valle dei Re con i suoi 130 m. E presenta una planimetria alquanto
complessa.
TOMBA
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del sepolcro. L’interno è molto semplice, essa è costituita da un “gradone” di forma
tronco-piramidale. La struttura conteneva alcune cappelle rituali, una falsa porta
decorata e incorniciata. Queste tombe sono realizzate in Pietra o Terra Cruda e
sono l’origine delle Piramidi.
PIRAMIDI
Le prime piramidi sorsero durante l’Antico Eregno (2700-2200 a.C. circa ) e il loro
uso si essere fino alla XVII dinastia, intorno al 1600 a.C.
1. Terza e quarta dinastia: in tempi più antichi queste piramidi erano costruite
interrante in pietra, con blocchi di piccole dimensioni. Le locali cave di calcare
erano le principali fonti di materiale per il copro principale, mentre un calcare di
maggior qualità, estratto a Tura, era utilizzato come copertura esterna. Il granito
serviva per la costruzione di alcuni elementi architettonici. Nelle prime piramidi,
gli strati di pietra che formavano il corpo della piramide erano posati inclinati
verso l’interno. Si scoprì in seguito che questa configurazione era meno stabile
di quella che vedeva le pietre appoggiate orizzontalmente l’una sull’altra. Al
centro della piramide c’è una struttura costituita dalla presenza di edifici in Petra
in cui il sovrano, una volta giunto nell’aldilà, dei riti religiosi di grande
importanza. La prima piramide venne realizzata durante la terza dinastia sotto il
regno di re Djoser. Progettata da Imhotep. Essa era fatta a gradoni, come una
specie di immensa scala che si alzava verso il cielo e che il sovrano poteva
salire dopo la morte per raggiungere gli dei suoi fratelli.
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2. Qualche tempo dopo, durante quella che noi chiamiamo quarta dinastia, si
cominciarono a costruire piramidi non a gradoni ma con gli spigoli acuti : legate
a sovrani come Cheope, Chefren e Micerino.
Gli antichi egizi per decidere l’inclinazione che doveva avere una piramide
utilizzavano delle tecniche molto banali e che portavano alla costruzione di piramidi
non regolari nella forma. Utilizzavano per esempio la sabbia, facendola cadere su
una superficie e osservando l’inclinazione spontanea che andava a crearsi, la quale
cambia a seconda del materiale che si utilizza.
Piramide di Cheope : è la più antica e la più grande delle tre piramidi principali
della necropoli di Giza, eretta nel 2500 a.C. dai faraoni della IV Dinastia, è inoltre una
delle sette meraviglie del mondo antico. Con la costruzione di questa piramide si
raggiunge la perfezione, anche se le tecniche di costruzione sono ancora
misteriose. Sappiamo però che vennero utilizzati cunei, leve e assi ricurve.
All’esterno dell’ossatura di pietra della piramidi vennero costruite rampe carrabili di
pietrisco usare per traportare i materiali su slitte trainate a mano. Inclinazione di 52°,
il corpo della piramide era rivestito da uno strato di bianchissimi blocchi di calcare
di Tura, lavorati e levigati in modo da creare una perfetta forma a piramide, con le
pareti lisce. La piramide è stata realizzata sovrapponendo corsi ( cioè strati) di
blocchi di pietra calcarea gli uni sugli altri, sfalsati tra loro e con alcuni che
allungano verso l’interno, in modo da migliorare la stabilità e la solidità della
struttura. All’interno la Grande Piramide ha tre camere funerarie, la camera inferiore
è la struttura più bassa della piramide, di forma rettangolare. Il motivo della
presenza di questa camera incompiuta costituire un mistero; l’opinione tradizionale
è che questa sia un diversivo per i ladri.
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Camera intermedia ( chiamata camera della regina) è esattamente a metà strada tra
le facce nord e sud della piramide. La camera è stata chiamata in questo modo
dagli arabi, ma all’interno no sono state trovate evidenze archeologiche di sepolture.
Camera di scarico
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Piramide di Micerino : costruita a circa 450 metri rispetto alla piramide di Chefren,
dimostra la fretta del costruttore, che la edificò in più riprese, materiali vari ei
tecniche varie. Venne costruita con l’utilizzo di blocchi molto grandi, quindi risulta
molto più pesante rispetto alle altre piramidi. Le facce della piramide hanno
superfici imperfette e le pietre sembrano sistemate senza armonia.
Gli antichi egizi utilizzavano delle rampe, a quel tempo miglior sistema di trasporto,
anche se si trattava di un metodo incompleto. Prove archeologiche riguardanti
l’utilizzo delle rampe sono state trovate presso la Grande piramide di Giza e presso
altre piramidi. Praticamente queste rampe facilitavano la spinta da parte dei
lavoratori nel muovere il blocco, portandolo in cima. vi sono punti in cui è evidente
l’utilizzo della rampa, ma non per esterno, bensì per l’interno. ( come nella Piramide
di Cheope ). Le rampe per interni erano caratterizzate da scalette laterali che
servivano per coloro che spingevano per non scivolare.
Esistono molti stili di rampe ipotizzate, con notevoli differenze tra di loro. Uno dei
metodi più utilizzati è l’utilizzo di grandi rampe dritte; oppure rampe a zig-zag;
rampe a spirale.
Altro metodo per il trasporto questi grandi blocchi di pietra era attraverso la leva,
metodo più fattibile, che veniva utilizzato per il trasporto orizzontale.
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LA SFINGE
La sfinge nella mitologia egizia era un monumento che veniva costruito vicino alle
piramidi come simbolo protettivo, per augurare una serena vita nell’aldilà al faraone.
Ha copro canino e testa umana maschile che si crede raffigurasse il faraone che
doveva proteggere. La sfinge egizia più grande e famosa è la Grande Sfinge di Giza,
adiacente alle grandi piramide. Si trova sulla riva occidentale del Nilo ed è rivolta
verso est. L’inclusione delle sfingi nelle tombe e nei complessi templari divenne una
tradizione in maniera rapida. Molti faraoni fecero scolpire le loro teste in cima alle
statue custodi delle loro tombe anche per mostrare la loro stretta relazione con la
potente divinità solare Sekhmet, una leonessa.
ERODOTO
ARCO
Le volte costruite dal popolo egizio erano volte costruite con più ghiere
concentriche e sovrapposte, cosi da dare maggior resistenza. Le facce dei mattoni
presentano striature praticate con delle dita per una miglior presa della malta di
terra.
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VOLTA IN MATTONI SENZA CENTINA : la costruzione delle volte in mattoni senza
l’utilizzo della centina era dovuto principalmente alla scarsa presenza di legno sul
territorio egizio. Perciò il popolo egiziano ha creato delle tecniche per la
realizzazione di muri di fondo più alti ( base più alta) , tenendo cosi il peso.
TEBE
La traduzione delle piramidi reali ebbe fine con il crollo del Regno Antico e con lo
spostamento della capitale da Menfi a Tebe nell’Alto Egitto. La nazione venne
riunificata da Mentuhotep II (2040-2010 a.C.), che costruì un complesso funerario
scavato nella roccia presso l’odierna Deyr el-Bahri. Per arrivare alla tomba di
Mentuhotep bisognava percorrere una terrazza artificiale coperta con un boschetto
che ricordava un’antichissima collina. Rivolta verso est dove sorge il sole, circonda
la valle su tre lati, lasciando perciò l’apertura verso est. I tre livelli che si susseguono
uno dopo l’altro sono collegate da rampe carrabili ( spiantate) sopraelevate e
fiancheggiate da colonnati doppi con un austero carattere protodorico.
(nell’architettura egizia è stata definita protodorico la collana, su base a semplice
cilindro piato, con fusto sfaccettato sormontato da un abaco liscio ).
KARNAK E LUXOR
La vicinanza dei due complessi di Karnak e Luxur alla vita cittadina di Tebe
suggeriscono l’esistenza di un rapporto simile a quello tra le città dell’Europa
medievale e le loro grandiose cattedrali.
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Il tempio di Amon-Ra fu ampliato fino a divenire uno degli edifici più affascinanti
della storia dell’architettura.
Davanti al pilone d’ingresso di apre un bacino d’acqua collegato al Nilo per mezzo
di un canale che permetteva l’immagine divina di Amon-Ra di compiere una
navigazione cerimoniale fino al tempio di Luxur. Un viale di sfingi con il corpo di
leone e la testa di ariete simbolo di Amon-Ra, conduce al pilone d’ingresso, il primo
di una serie. Segue poi un grande cortile che rappresentava il collegamento tra cielo
e terra, aperto in alto e fiancheggiato da colonne coronate da capitelli. Questo
conduce al cuore del complesso, la straordinaria sala ipostila, con le sue 134
colonne disposte su 16 file con capitelli papiriformi che creano l’effetto di una
piantagione. Gli interni erano coperti di iscrizioni e rilievi colorati scolpi in onore dei
sovrani e degli dei.
Un altro pilone conduce al santuario che ospita la barca sacra, al di là del quale si
apre un’altro vasto cortile. Incontriamo un misterioso sentiero che posta al vero
santuario introno di Amon-Ra, che ospita la statua dorata del dio su un blocco di
granito rosso. Esso è uno spazio riservato al faraone o al sommo sacerdote,
rappresentava infatti il culmine dell’intera successione di spazi, dove l’uomo e dio si
incontravano.
Il tempio di Luxor, dove il faraone celebrava ogni anno il suo matrimonio divino, fu
edificato secondo lo schema grandioso di Karnak.
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Il sistema cronologico Egeo è considerato tripartito, basata sulle sequenze
strategiche e sulle variazioni tecnologiche e degli stili della ceramica. Il periodo
minoico viene quindi suddiviso in tre fasi principali: Periodo antico, dal 2000 al 1900
a.C.; il medio periodo dal 1900 al 1700 a.C. e infine il periodo recente, che va dal
1700 al 1400 a.C.
Tra il periodo antico e il periodo medio si assiste alla realizzazione dei primi palazzi,
era la cosiddetta “architettura palatale”
Con la fine del periodo medio e l’inizio del periodo recente ha inizio la storia
dell’architettura palatina occidentale, fatta di un’articolata sistemazione degli spazi e
di una raffinata decorazione degli ambienti.
LE ABITAZIONI
Il palazzo di Malia rappresenta uno dei palazzi più rappresentativi. Questo palazzo
era costituito da numerose stanze, nate spontaneamente una accanto all’altra.
Questa tecnica ha però una logica, tutti gli spazi costruiti, solitamente spazi
destinati alle mercanzie e alle attività sociali, vengono realizzati attorno a una corte.
L’edificio era disposto a più livelli e disposto a risalti ed avancorpi, con coperture
piane in forma di ampie terrazze ( dovuto al fatto che non pioveva quasi mai). Due
erano gli accessi principali ( per un motivo di sicurezza e di tranquillità). Il palazzo
era rifornito mediante delle cisterne le quali servivano per la raccolta dell’acqua
piovana. Infine altro importante elemento erano i muri, i quali erano costruiti con
spessi blocchi di pietra.
Ciò che resta sono solo le fondamenta del palazzo. Ossia la zoccolatura di murature
in pietrisco, con porzioni di lastre e ortognati uniti a incastro. ( tecnica di ortostato:
ossia una lastra di pietra, legno terracotta con funzione di sostegno o di
contenimento e anche di abbellimento, se decorato o iscritto ).
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Il sito archeologico nel quale troviamo il Palazzo reale di Festo è uno dei siti più
importanti della civiltà minoica.
• magazzini;
• ingesso principale;
Anche in questo caso la disposizione degli spazi interni del palazzo non seguono
schemi precostituiti, ma è generata da regioni topografiche.
I muri sono realizzati attraverso dei blocchi di pietra creati con materiali differenti,
creando dei blocchi irregolari.
Palazzo di crosso
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Le strutture principali che possiamo trovare all’interno del palazzo sono : la corte
ovest, ingesso ovest, il corridoio delle processioni, propilei, scala monumentale,
magazzini, cortili centrali, ingresso nord.
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create in legno, per un motivo di elasticità. La fama di queste colonne è molto
particolare, il fusto è rastremato verso il basso, scelta detratta da alcune ragioni
pratiche legate al materiale; la rastremazione in basso venne utilizzata per far si che
la colonna siano meno ingombranti possibile inoltre serviva per facilitare l’ingresso
della luce, aumentando la lunghezza delle trabeazioni, così da non far spezzare la
struttura sopra ( effetto mensola dei capitelli ), diradare i punti di appoggio. Le
colonne non presentano la base, esse venivano inserite all’interno di cilindri creati
direttamente nel blocco di pietra, quindi con la possibilità di estrazione.
Importantissima sala all’interno del palazzo di crosso era la sala del Trono. Essa è.
Conosciuta con il nome di Megaron . Rappresenta il cuore di questo palazzo
MEGARON : con vestibolo, antisala e focolare. Era una stanza con 4 colonne che
reggevano un soffitto forato per far uscire il fumo. Se noi lo guardiamo non è altro
che l’atrio della casa Romana, in questo caso però veniva inserita una vasca per
raccogliere l’acqua piovana.
Poi con il tempo vediamo la realizzazione dei primi intonaci realizzati con malta di
calce, quindi più resistente. Il calce è ottenuto dalla pietra calcarea. Fece la sua
comparsa a Creta a partire dal 1600 a.C. ( l’affresco è una tecnica complessa , che
permette di dipingere su un muro appena intonacato)
ETA’ MICENEA
Sulla terraferma greca era andata intanto svilupparsi una cultura parallela, nota oggi
come micenea o tardo ellanica. I Greci dominarono le regioni dell’Egeo negli ultimi
secoli dell’età del bronzo, dal 1400 al 1200 a.C.. Svilupparsi circa dopo il declino
della civiltà minoica ( 1400 a.C. ) nel quale molti erano già gli influssi sulla cultura
della popolazione della Grecia continentale.
Essa era una civiltà prettamente agraria e guerriera, in particolare coloro che erano
che erano legati alla terra erano molto gelosi e volevano possedere sempre più
terre, facendo così emergere il lato guerriero.
L’architettura della civiltà micenea non è simile a quella minoica. La struttura della
città appare solo per alcuni aspetti uguale a quella minoica. Essa è una città
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fortificata e “ondulata”, perciò rinchiusa all’interno di mura , la cui costruzione
rappresentò la principale attività edilizia, creando un’unica entrata.
Il palazzo reale era posizionato al centro e accanto all’entrata c’erano le tobe reali.
I poemi Omerici citano Micene come capitale del re Agamennone, le cui gesta sono
drammaticamente narrate nella grande trilogia drammatica di Eschilo, l’Oresta, dove
il nome della città è riportato come Argo.
L’ingresso : PORTA DEI LEONI. (1250 a.C.) Costituisce l’imponente porta creata
per far entrare il minor numero di possibile di persone, questo sopratutto per la
difesa della città ( strategia militare ). (altra strategia militare è per esempio la
disposizione delle case matte a destra, creata perché il guerriero portava lo scudo a
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destra.) È una porta chiusa, creata con la tecnica trilitica, con nell’architrave, creato
con una lastra calcarea molto spessa cosi che non si rompa, appaiono due leoni
affrontanti, separati da una colonna. Questa lavorazione rappresenta il manifesto
dell’intera architettura micenea. La struttura sopra alla porta è un struttura a falso
arco( struttura costituita da elementi, conci, pietre, mattoni, i quali vengono disposti
uno sopra l’altro in leggero aggeto, ossia un po sporgenti, facendo attenzione al
baricentro.) tale arco viene detto falso perché i conci non sono radiali, ossia disposti
verso il centro, ma posizionati in orizzontali. Ogni blocchetto creava una spianta. La
realizzazione di questa porta fu molto complicata, questo dovuto per l’utilizzo di
queste pietre. Hanno posizionato un falso arco per la paura che tutto potesse
cadere.
Le mure erano costruite con grandi massi, non legati tra di loro. Tagli dei blocchi
non erano raffinati, non levigati e quindi non perfettamente quadrati, quindi essi
dovevano essere posizionati ad incastro.
Uno dei palizzi dove possiamo trovare l’elemento di blocchi di pietra non levigati è
nel Palazzo di Nestore. ( nel 13° sec a.C. ). all’interno del palazzo, secondo la
mitologia viveva il famoso re Nestore, il quale assieme ad Agamennone e agli latri re
partì per la conquista di Troia. Quello che si ritene essere il suo palazzo è quello
meglio conservato di tutti gli edifici reali micenei. Venne rinvenuto nel 1939
dall’architetto statunitense Carl William Blengen. Il Propileo era l’ingresso principale
dell’edificio e vi si accedeva da una larga corte a sud-ovest. I resti si presentano a
forma di lettera H, consistono in due portici collegati da un portale centrale; il tetto
di ciascun portico era sostenuto da un’unica colonna scanalata in legno. Le basi in
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pietra delle colonne sono ancora
visibili. Era presente una grande sala
del trono con all’interno un focolare.
con una lastra di copertura ( trilite con più profondità) ), di forma circolare.
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montagna, ma è la montagna che è stata
realizzata sopra la struttura, vi si accede
attraverso dei lunghi corridoi ( domos ). Il
peso del tumulo non fa si che ceda la
struttura, perche il peso dei mattoni era
verticale. 6 metri è lo spesso della muratura
in blocchi di pietra.
Altre famose strutte a falsa cupola sono le strutture difensive tronco coniche della
civiltà nuragica. La primitiva torre di Barumini, suddivisa in tre ambienti sovrapposti.
Trilli ad alberello, architettura spontanea a falsa volta, senza il tomolo sovrastante.
L’architettura di queste comunità arcaiche ha, nei primi tempi, ben poco della
monumentali dell’età classica. La casa arcaica è caratterizzata da un tetto
spiovente, eretto da un cavalletto fatto da pali disposti lungo la linea longitudinale
della casa. Grazie alla presenza di questi paletti si è aggiunta una trave di colmo
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( trave che va da un appoggio all’altro sulla quale si dispongono i diagonali che
dalla trave vanno al muro di posta del tetto). La struttura è coperta dalla paglia.
Queste case, dissolte dal tempo, presentano una finestra sopra alla porta d’entrata,
che serviva per far uscire il fumo del focolare. Le case hanno due colonne in una
tettoia davanti alla porta, che viene chiamato pronao. ( origine del pronao che
troviamo nei templi )
Gli spioventi delle coperture ero particolarmente inclinati, il tetto era dotato di un
aggetto molto pronunciato alla base ( gronda ) per riparare i muri dalla pioggia.
Sull’asse longitudinale di questi edifici si trova una fila di pali, più altri e più robusti
di quelli perimetrali, i quali sostenevano la copertura attraverso la trave di colmi sulla
quale appoggiano i pontoni. Esempio di casa arcaica , casa di ozi.
TEMPIO GRECO
Il tempo greco quindi nasce da una lunga e lenta trasformazione, riguardante anche
la dimensione. Il tempi rappresentava la casa degli dei, perciò ognuno di essi
doveva avere una stanza a lui dedicato. Nel fonte rivolto ad oriente, il vestibolo o
atrio colonnato (pronao) conduceva direttamente al nucleo o cella del tempio, dove
era disposto l’idolo della divinità a cui era dedicato. La statua era collocata
all’estremità opposta, e rivolta verso oriente. Dietro a essa talvolta si trovava una
sala interna (adyton) usata come camera del tesoro, santuario o camera
dell’oracolo.
Dal punto di vista delle dimensioni si passa progressivamente al tempio che assume
caratteristiche considerevoli, con cella absidale. A forma allungata, con appoggi
per le cavallette, ci sono i colonnati perimetrali che consentono le falde del tetto.
Tutto il tempi era costruito attraverso mattoni di fango e legno.
Tra VIII e VII secolo c’è un grande cambiamento dal punto di vita dei materiali,
passando da un materiale povero, mattoni in terra cotta e il legno, a utilizzare la
pietra, determinando così la forma del tempio, che noi oggi conosciamo. La cella
diventa più stretta e allungata, si realizza un colonnato regolare e perfetto, campate
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uguali. Si comincia quindi a progettare secondo tecniche standard, realizzando dei
veri e propri progetti.
Dal punto di vista della scultura monumentale in pietra, è possibile osservare una
grande influenza egizia, sopratutto con la creazione di rigide figure frontali.
L’influenza egizia nell’architettura sembra essere stata massima sul finire del VII e
all’inizio del VI secolo, soprattutto nella tecnica di posa in opera e di levigatura delle
pietre massicce. Per la fine del VI secolo i Greci avevano sostituito molte di queste
tecniche con altre di loro invenzione, sebbene ancora nel V secolo Erodoto restasse
impressionato dall’architettura egizia.
Pressapoco allo stesso periodo risale il tempio di Hera a Olimpia, costruito in una
combinazione di muratura di calcare, mattoni essiccati al sole e colonne di legno
che, a partire dalla metà del VI secolo, vennero gradualmente sostituite con altre di
pietra.
Il più antico colonnato pervenutoci di un tempio del VI secolo è costituito dalle sette
colonne del tempio di Apollo a Corinto, che risale circa al 540 a.C.. le colonne in
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calcare, originariamente rivestite con stucco bianco, manifestano un suggestivo e
poderoso carattere primordiale, dovuto in parte al loro profilo completamente
perpendicolare. Se le colonne sono piuttosto tozze, i pavimenti di pietra su cui
poggiano salgono verso il centro, formato, su tutti e quattro i lati, una curva
leggermente convessa. Un’altra raffinata soluzione presente nel tempio di Corinto
riguarda il problema dei triglifi d’angolo. Ossia nei templi di ordine dorico, al di sopra
del colonnato che circonda la cella (peristasi), si trova una trabeazione il cui fregio
risulta composto da triglifi e metope in successione alternata: i primi decorati da
quattro scanalature verticali (due centrali e due laterali larghe metà delle centrali ) al
di sotto di un listello orizzontale, rappresentano le testate delle travi di copertura e
sporgono leggermente, mentre le metope, ornate da motivi decorativi vegetali o
figurativi, dipinti o scolpiti a rilievo, che chiudevano gli spazi vuoti tra una trave e
l’atra negli arcaici templi lignei. A causa della loro origine i triglifi erano disposti in
partenza sull’asse di ciascuna delle colonne; d’altra parte si riteneva necessario che
in corrispondenza dell’angolo il fregio terminasse con un triglifo, e non con parte di
una metopa, che veniva ritenuta un elemento visibilmente più debole. ( foto su
wikipedia).
CORINTO
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Questa fioritura culturale potè svilupparsi nel mezzo secolo di pace che intercorse
tra la Guerra persiana e quella del Peloponneso.
Nel VI a.C. l’architettura greca compì un prodigioso balzo in avanti, grazia alla
conquista di materiali nobili, e all’introduzione della pietra tagliata, abbandonando il
legno e il mattone cotto, portando una rivoluzione planimetrica ( es santuario di Era
a Samo ). Fa inoltre la sua comparsa una sala rituale molto allungata con copertura
sostenuta da una fila assiale di pilastri interni ( complessi edilizi impostati
planetricamente su un asse orizzontale mediano non necessariamente simmetrico,
rispetto al quale dipendono in subordine tutte le parti della composizione) poi ornata
di un peristilio di pilastri lignei. A partire dal VII sec a.C. il colonnato presente
all’interno del tempio fu eliminato e costituito da pilasti ( poi eliminati) addossati alle
pareti.
In particolare, i materiali che vennero introdotti nella realizzazione dei templi sono
calcari e poi il marmo, che trasformano il muro di pietrisco e di mattoni in una
muratura a blocchi regolari e ben squadrati. Questi blocchi venivano chiamati
PLINTHOI, trasformano il pilastro di legno in una colonna sottile e slanciata fin
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quando resse una trabeazione leggera in legno, poi più tozza e pesante con una
trabeazione in pietra.
Dal punto di vista del soffitto si passa, in origine, dall’utilizzo di semplici cavalletti a
cavalletti senza appoggio interno. Posizionando una trave orizzontale, che passa
attraverso la cella, appoggiando poi alla trave dei tronchi tagliati che servono a
reggere la trave di colmo.
Queste prime costruzioni avevano delle coperture a terrazza, tipiche coperture del
territorio greco, per via della scarsità di pioggia.
LA CAPRIATA.
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capriata. Nei tetti più grandi i tiranti vengono collocate oltre che al piede dei
puntoni, anche ad una quota intermedia. Per impedire la flessione dei puntoni si
disponevano delle travi più corte, chiamate saette, che venivano utile con la staffa.
Praticamente viene inserita una trave, chiamata catena, che viene collegata ai
puntoni collegai con un tirante . Questa tecnica fa si che ci si possa liberare di molte
travi, semplificando la costruzione. Viene inserito un 4 elemento, il monaco, ossia un
secondo tirante posizionato nella parte superiore.
A partire dal VII sec a.c., vediamo, sopratutto in Italia e in Grecia, l’introduzione di
TEGOLE, nasce un nuovo elemento che rappresentava una specie di manto di
copertura, ossia il rivestimento. Le tegole di copertura in terracotta vennero utlizzate
per la prima volta a Corinto nel VII sec. a.C, svolsero un lavoro determinante nella
ricerca di una maggiore monumentalità e duratura, in quanto il loro peso indusse a
colonne in pietra anziché in legno, oltre che a condurre al miglioramento nella
costruzione dei muri. Il tetto era fatto da COPPO e EMBRICE. Il primo è una tegola
curva, localmente detta anche “canale” , leggermente conica, usata in disposizione
a file parallele, per coperture di tetti. Il secondo è un tipo di tegola che prevedeva
delle semplici lastre in terra cotta o in
pietra con due risvolti nei lati lunghi che
consentivano l’incastro.
LACONICO.
Tetto corinzio.
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L’edificio vero e proprio era per i greci la casa del dio, collocata nella cella. Questa
stanza ospitava la statua della divinità a cui il tempio era dedicato, e il sacerdote era
l’unico ad avere accesso, mentre il culto si svolgeva su un altare situato davanti al
tempio ed altri edifici ad esso connessi.
Il tempio si trova molto spesso nella posizione più alta della città e isolato: sopra a
una collina, sui fianchi delle montagne, sulle acropoli…sempre per risaltare
l’importanza.
Il tempio greco è sempre orientato est-ovest, con l’ingresso aperto verso est.
Questa peculiarità si differenzia fin da subito dai templi romani.
Il tempio sorgeva al si sopra di una superficie, chiamata stilobate, essa era una
piattaforma, sopraelevata rispetto al terreno circostante, per mezzo di pochi gradini,
i quali venivano chiamati crepidoma. Sopra ai gradini ci sono le colonne. La
disposizione delle colonne determina la classificazione dei tipi dipinta del tempio
greco, che ci è stata tramandata da Vitruvio.
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FONDAZIONI LINEARI
Attraverso questo tipo di fondazione si creano dei reticoli. Con l’aggiunta del
raccordo si eliminava la possibilità di crollo dell’edificio.
Il tempio greco quindi veniva costruito su una piattaforma ( crepidoma ) che serve
anche per elevare il tempio, dando importanza all’edificio. La fondazione avveniva
attraverso l’utilizzo di blocchi di pietra.
Il tempio veniva costruito sulla base di canoni proporzionali, che contribuisce alla
bellezza. Tutto ciò viene trasmesso attraverso l’occhio umano, che rappresenta il
primo elemento alla ricerca della proporzione, proprio perchè i calcoli numerici non
erano in grado di farli.
Il numero diventa parte integrante del progetto, grazie ai quali l’uomo poteva legare i
rapporti del proprio mondo con quello divino ( i numeri erano ritenuti immanenti ad
ogni realtà, secondo la concezione pitagorica riflettevano l’armonia universale );
L’ORDINE DORICO
Nella seconda metà del VII sec a.C. l’architettura religiosa nella Grecia continentale
e in Occidente trova nell’ordine dorico la forma più equilibrata.
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secondo precise norme stilistiche e proporzionali. Alla base della formazione degli
ordini c’era la ricerca dell’armonia e delle proporzioni delle parti, che si concretizzò
con la scelta e la
ripetizione di un
modulo
( generalmente il
raggio di una
colonna misurato
all’altezza
dell’entasi).
Al di sopra del
fregio è presente
la cornice che
contiene il
timpano, uno spazio triangolare che andrà ad accogliere le decorazioni frontali. La
cornice è formata da un geison orizzontale poggiante sulla trabeazione e da uno
inclinato poggiante sul frontone, su cui appoggia una sima. Tra il fregio e la cornice
vi è una decorazione continua a gocce, leggermente inclinata per far sgocciolare
meglio l'acqua, che qui però cambia il nome da regulae a mutuli.
Gli architravi in
legno, i fregi di
mattoni e terra
cotta dipinta
accentuavano
questo strano
miscuglio in cui
la policromia era
particolarmente
viva.È possibile
osservare che le
colonne non
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sono uguali tra di loro, alcune colonne sono più tozze di altre ma tutte essere sono
state costruite molto basse. Queste colonne assomigliano alle colonne che
possiamo trovare nel complesso di Zoser.
In pianta le proiezioni del tempio dorico erano molto allungate. Perimetro con
doppio pronao in antis, la cella è un hecatompedon (ossia lunga 100 piedi ), con
colonne e setti intermedi per l’appoggio delle travi di copertura.
Anche il tempio di ordine dorico era colorato, esso veniva intonacato con colori
accesi, come il rosso.
Altro tempio esempio dell’ordine dorico è il tempio di La colonna era posta al di sopra del
Zeus, sempre ad Olimpia, del V sec a.C. Esso è si crepidoma, il quale veniva formato
attraverso una scalinata.
La colonna non presentava alcuna base
di appoggio, essa infatti era posta
direttamente sullo stilobate, il
basamento dell’edificio.
La colonna è a sezione circolare
composta da: fusto, rastremato verso
l’lato, ornato da un collarino, percorso
da 20 scanalature con crinale divisorio
tagliato ad angolo vivo; e dal capitello,
formato da abaco ( parallelepipedo
schiacciato ) ed echino ( con forma
sfasata).
Sopra il capitello si trova la trabeazione.
Dal basso verso l'alto, in questo ordine
essa è composta da un architrave liscio
formato da blocchi che si accostano tra
di loro al centro della colonna secondo
lo schema trilitico, sopra cui poggia il
fregio, suddiviso alternativamente in
metope (spazi rettangolari che
potevano essere lisci, scolpiti o dipinti)
e triglifi (rettangoli solcati verticalmente
da due scanalature). Tra l'architrave e il
fregio vi è un listello continuo detto
tenia, su cui sono applicati degli
elementi rettangolari, le regulae, posti in
corrispondenza dei triglifi e decorati a
gocce (guttae).
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presenta come un tempio dorico ancora molto pesante e con colonne tozzo,
sebbene questo fosse il periodo di snellimento. Questo tempio è famoso perchè
conteneva una delle statue più enormi della Grecia, la statuta criselefantina di Zeus.
Il tempio, periptero esastilo, con 13 colonne sui lati lunghi, presenta un crepidoma
rialzato di tre metri dal piano con alti gradini (l'ultimo, più alto, di 0,56 m) e con
rampa di accesso sulla fronte. L'interno ha due colonne in antis sul pronao e
sull'opistodomo e il vano della cella è tripartito da due file di colonne doriche. Le
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correzioni ottiche sono presenti nelle colonne dei lati lunghi, inclinate di circa
60 mm, ma assenti sulla fronte, eccezion fatta per le colonne d'angolo che
partecipano del sistema laterale. Fu costruito con calcare conchilifero locale e
coperto con stucco colorato per nascondere le imperfezioni, come era comune
nell'architettura greca. Il manto di copertura del tetto e la decorazione scultorea,
giunta in gran parte fino a noi, erano invece in marmo.Matopee del tempio di Zeus.
Il Tesoro di Sicione è uno degli edifici più eleganti nel quale osservare tutte le
caratteristiche che rispecchiano un tempio dorico. Il tesoro stesso, sostituì due
edifici precedenti : il Tholos e i monasteri. La tholos di Sicione era probabilmente la
costruzione più antica, risalente al 580 a.C. la particolarità di questa tomba è che la
cella era di forma circolare.
Il tempio di Aphaia ad Egan. Esso è meglio conservato rispetto agli altri. V secolo
a.c. il colonnato esterno, muro della cella, e altro colonnato doppio su due registri
con un motivo di sovrapposizione dell’ordine architettonico.
Tagli a U.
Numerosi sono gli accorgimenti vidivivi utilizzati nell’ordine dorico dagli architetti
greci, che volevano rendere la solo visione dei loro templi più armoniosa e perfetta.
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• In primo luogo le colonne sono rastremate, ovvero il diametro si riduce man mano
che dalla base si risale verso la cima. La rastremazione non è per uniforme: a
circa un terzo del fusto è presente un live rigonfiamento detto entasi, che
impedisce alla colonna di sembrare innaturalmente sottile.
• Un ultimo accorgimento è quello che riguarda lo stilobate, che a volte, come nel
Partenone, è leggermente convesso al fine di correggere l’aberrazione
prospettica e farlo sembrare perfettamente orizzontale.
MAGNA GRECIA
La colonia greca per eccellenza è la Magna Grecia, l’area geografica della penisola
Italiana meridionale che fu anticamente colonizzata dai Greci a partire dal VIII sec.
a.C. La Magna Grecia comprendeva le attuali Basilicata, Calabria, Campania, Puglia
e Sicilia.
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•Possiamo trovare a
Siracusa il Tempio di
Apollo, databile all’inizio del VI sec. a.C., è il tempio dorico più antico della Sicilia.
Impressionante consumo dei materiali, che denota l’arcaicità del progetto e
l’ignoranza delle caratteristiche di resistenza dei materiali lapidei. Gli architetti che
realizzarono l’opera furono Cleomene ed Epido, che scrissero il loro nome nel
crepidoma.
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• Tempio di Atena, dove però compare un nuovo ordine, ossia l’ordine ionico. Le
antre del pronao in antis, erano precedute da 2 semicolonne, che insieme ad altre
6 colonne ioniche, costituivano quello che si dice un prostilo. Anche i capitelli
delle delle colonne sono in stile ionico, ma con proporzioni ancora poco
aggraziate, rivelando delle grandi volute e un corpo centrale piuttosto tozzo, di
tipo assai comune in Asia Minore. Unità di misura è costituita dal cosiddetto “
cubito ionico”.
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Pianta della città di Mileto, costruito attraverso una specie di reticolo, originato da i
accampamenti militari. E attraverso questa tecnica la città è meglio organizzata, con
una serie di edifici pubblici, come l’Agorà, che è la piazza della città su cui si
svolgono le attività di vario genere pubblici; il teatro, costruzione del mondo greco
dedicata al divertimento e forma di istruzione per i cittadini nel quale venivano fatte
delle rappresentazioni che contengano delle morali; la palestra, per la cura del
corpo, dove i giovani erano obbligati; l’agora meridionale è circondata da portici, e
sta all’origine di quello che sarà il foro romano; i Tempio di Atena e lo stadio.
Questo tipo di città rappresenta la base, ossia l’empio principale da seguire per la
costruzione di tutte le altre città.
Questo spazio lo possiamo trovare : nella bassa Atene, sotto l’acropoli, configurato
come un quadrato con una sala assemblea attorno alla quale si disponevano delle
gradinate su tre pareti; a Mileto, importante perchè realizzato dall’architetto Ictino,
realizza questo spazio con una disposizione più razionale di soli 4 piedritti. La
copertura venne realizzata attraverso capriate che appoggia su delle travi correnti
lignee; di Priene, il quale si restringe la luce libera e si dispongono le capriate al di
sopra. All’interno di questa struttura vi è un elemento particolare nella capriata la
quale venne composta da più travi di legno, incastrate tra di loro con delle staffe.
Questo tipo di tecnica venne fatta per renderle o più lunghe o più spesse.
• Telesterion, altro spazio importante, essa era un grande sala cerimoniale per le
assemblee. Questo spazio lo possiamo trovare a Elefusi ( 525 a.c ). Essa era
ispirata dalla Tenda di Serse, che era stata lasciata dal re Serse lasciato sul
campo di battaglia dopo la sconfitta di Platea ( 479 a.c. ) .Ma l’assetto più
razionale sarà conferito da Ictino, che liberò lo spazio centrale, riducendolo alla
metà i sostegni disposti in due corone concentriche. Non è nota la struttura di
copertura, di cui è stato ipotizzato l’asse a capriata. Ma nel IV sec. a.C. l’assetto
di Ictino verrà abbandonato per tornare a un maggior numero di appoggi.
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contro cui si stagliano le masse degli edifici principali; nel V sec a.C. tali superfici
coperte furono impiegate come sale, contri commerciali, amministrativi e religiosi.
La planimetria della Stoà poteva articolarsi secondo: semplice schema
rettangolare, schema a I, schema a C. Il. Numero delle navate dipendeva dalla
larghezza della struttura e della necessità di disporre piedritti intermedi per
reggere la copertura. La prima struttura porticata si sviluppò su ben tre lati, con
destinazione rituale e commerciale (suddiviso in sale in cui le ancelle della dea
consumavano i loro pasti comuni) è quella del santuario di Artemide a Brauron
in Attica ( V sec. a.C). Nel III sec a.C., Apollonide, moglie di Attalo I, fece costruire
ad Atene la grande stoà lunga 85 metri.
IL TEATRO.
Il teatro è un importante tipo edilizio, i cui semi erano stati gettati sul finire del V
Secolo a.C., ma che raggiunse la punta più alta sul finire del IV secolo. L’elemento
fondamentale del teatro era l’orchestra ( vale a dire il luogo riserva alla danza ) : una
zona circolare sulla quale si esibivano, alternandosi, gli attori e il coro; gli spettatori
sedevano su un pendio roccioso a essa rivolto, in quanto i teatri greci venivano
costruiti su declivi naturali, e non poggiavano su volte e terrazze artificiali.
Le file dei posti erano suddivise in settori e al centro del teatro vi era uno spazio
circolare, ossia l’orchestra ( agiva il coro), ed infine il proscenio, è la parte del
palcoscenico teatrale protesa verso la platea, leggermente curva. Il fondale del
teatro greco era il paesaggio stesso. Il teatro veniva costruito secondo la tecnica
dell’imbuto rovesciato, così che la voce si sentisse in tutto il teatro, anche nelle
gradinate più lontane. Comunque gli attori utilizzavano dei vasi per amplificare la
loro voce. Esempio meglio conservato il Teatro di Epidauro. Risale forse al 300
circa a .C. La sua vasta cava simmetrica, a pianta più ampia di un semicerchio, è
articolata da scalinate radicali, e presenta un’inconsueta granita suddivisa in due
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porzioni, di cui la superiore è più rapida. I sedili dei settori inferiori venivano
probabilmente ricoperti da cuscini.
Il prototipo del teatro greco è quello dedicato a Dionisio sulle pendici dell’acropoli
di Atene. Sul finire del V secolo a.C. era diventata usanza comune la presenza di
una scena di legno montata contro la parete posteriore di una stoà , che risale forse
al V secolo, ebbe origine il foyer di tutti i teatri successivi, compresi quelli dei nostri
tempi. Più tardi, forse già alla fine del IV secolo a.C., la scena lignea fu sostituita da
una struttura permanente in pietra, mentre le gradinate di pietra sostituirono quelle
in legno.
GLI STADI
Lo stadio antico era destinato alle corse atletiche e consisteva praticamente in due
rettilinei e una curva, sullo schema dell’ippodromo. Vennero messe delle gradinate
tutto in torno allo stadio (tipicamente romano). Lo stadio più conosciuto è lo stadio
di Olimpia. Oltre allo stadio c’è anche il Circo Massimo, il quale era lo stadio
deputato alle corse dei cavalli.
ACROPOLI DI ATENE
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PARTENONE
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a caso, ma si decise di posizionare cosi il Partenone per un motivo di bellezza e di
grandezza.
Nel 447 a.C., sotto il governo di Pericle, l’architetto Ictino e lo scultore Fidia
ereditarono il cantiere dove sorgeva il tempio. La sistemazione e le dimensioni dello
spazio interno di stampo tradizionale non erano adeguate secondo Fidia che
prevedeva l’inserimento della grande statuta criselefantina di Atena, sul modello di
quella di Zeus per Olimpia.
Enormi lavori di colmata permisero di estendere verso sud la spianata su cui sorse
nuovo tempio. E fra i pezzi impiegati per la costruzione anche le colonne, i blocchi e
i frontoni del primo Partenone.
Nelle gallerie del Partenone vi sono dei dettagli inseriti nella pavimentazione , cosi
l’acqua scorreva verso l’esterno, costruito attraverso delle lastere di rivestimento del
crepidoma ( ossia lo stilobate ) e del canale di scolo. Il numero delle colone ( non
potendo variare l’interesse) fu portato a 6 a 8 sul lato corto; da 16 a 17 su lato
lungo.
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• Avvicinamento ai muri laterali della cella dei colonnati dorici sovrapposti, non più
tre navate grossolane
• Andamento a U del colonnato interno alla cella: con 10 piedritti sui lati lunghi e 5
sui lati corti;
CORREZIONI OTTICHE
2. L'entasis è il leggero rigonfiamento posto sul fusto a 1/3 della sua altezza per
dare l'idea della tensione che subiscono le colonne. L'effetto di queste leggere
curve è quello di far apparire il tempio regolare nelle sue forme più di quanto
realmente sia.
3. Altra correzione è la diversa distanza delle colonne per risolvere il problema della
soluzione d'angolo, o la diversa forma delle colonne d'angolo per correggere il
diverso intercolumnio tra i lati del tempio.
PROPILEI
Egli si trovò davanti a non poche difficoltà per poter costruire una grandiosa
costruzione simmetrica. Oltre al terreno in forte pendenza, vi era anche un muro di
contenimento preesistente che seguiva il profilo irregolare delle rocce dell’Acropoli.
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Questo passaggio era costituito da un colonnato di ordine ionico in entrambi i lati, le
quali sostenevano un ricco soffitto marmoreo che, con i cassettoni adorni di stelle
d’oro su fondo azzurro, era una delle meraviglie dell’epoca.
La particolarità di questa costruzione sta nel fatto che le architravi dei propilei sono
armate, ossia presentano una barra di ferro all’interno per rinforzare le travi di pietra
stesse. È uno dei primi tentativi che si vedono in questo senso.
Le colonne erano sia di ordine dorico sia di ordine ionico, con travi di 6 metri di
lunghezza.
Nella progettazione dei propilei sono presenti altre tante peculiarità, tra cui il ricorso
a correzioni ottiche e l’inclusione di corsi di scura pietra eleusina. Ma la sua
particolare importanza risiede nel costruire un precoce esempio di organizzazione di
un’opera a pianta complessa, su più livelli, che configura armoniosi rapporti spaziali
tra le varie parti.
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ORDINE IONICO
L’origine dell’ordine ionico è ancora
incerta. Alcuni ne vedono le radici nei
cosiddetti capitelli eolici del VI a.C.,
scoperti in Eolia, regione nordoccidentale
dell’Asia Minore. Il capitello eolio presenta
uno sviluppo rettangolare allungato, che
risulta anche più funzionale per sostenere
travi disposte longitudinalmente. Altri
vedono l’origine dell’ordine ionico in
Palestina e a Cipro.
Esso è un ordine che assorbe e rielabora motivi tipici dell’ordine dorico, con
l’aggiunta di una ricca decorazione che orna la struttura architettonica.
LA COLONNA.
La colonna dell’ordine ionico è una colonna più slanciata, più snella ma nello stesso
tempo anche più massiccia che si spara alle proporzioni femminili.
Questo tipo di colonna nasce a Ionia, regione l’Asia minore Occidentale. Nascendo
in un contento dove si può osservare una rivoluzione materiale di costruzione
dovuto soprattutto con la presenza di maggior cave di pietra.
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La colonna è più scanalata, non poggia direttamente sullo stilobate ma su una base
formata da un anello connesse e da uno concavo sovrapposti.
L’ordine ionico conobbe ampia diffusione per il proprio carattere decorativo anche
in epoca ellenistica e romana e fu perfezionata in Attica, nel V sec. a.C.
Uno dei primi esempi di tipo ironico è possibile vederlo al Tempio di Atene Nike
( 427 a.C.) . Esso costituisce il più riuscito esempio di architettura ionica nella Grecia
continentale. Di ridotte dimensioni, con colonne ioniche monolitiche e scanalate in
marmo pentelico. Con ricco fregio figurato. Murature a tessitura isodoma in blocchi
di marmo pentalico regolari, copertura a cassettoni a struttura marmorea. Gli
sfondati dei cassettoni hanno una funzione decorativa e di alleggerimento.
ERETTEO
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(Atena, Bute, Efeso.. ), perciò l’interno è suddiviso in 4 sale/santuari. È costituito da
un colonnato ionico esastilo. I fusti sono a rocchi sovrapposti. Il capitello ionico in
marmo pentelico. Esso è conosciuto soprattutto per la loggia delle Cariatidi.
Particolarmente significativa per la presenza di statue che hanno il compito di
colonna a forma di figura femminile, ricordando perciò l’origine delle colonne
ioniche che derivano dalle proporzioni femminili. Questa donne sono posizionate in
modo da poter reggere l’intero peso del tempio.
La copertura del tempio era molto pesante, con uno schema della struttura di
soffittatura lapidea. La struttura fu realizzata con blocchi di pietra ricavate da cave a
cielo aperto. Con sistema di posa a secco dei blocchi, quindi con pietre
standardizzate, disposte una dietro l’altra. Questi blocchi, dal punto di vista della
superficie, non sono uguali . C’è una parte semilavorata, che costituiva la parte di
superficie che non si vedeva la quale si appoggiava agli altri blocchi, poi però vi è la
parte esterna che veniva levigata in maniera perfetta. Sui blocchi vi erano delle
graffe di ferro che servivano per migliorare il traporto. Esse venivano incastrate e
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fuse con il piombo questo tipo di schema con il tempo non venne più utilizzato
perché si verificavano dei furti del metallo, che era considerato molto prezioso.
Praticamente l’ancoraggio dei blocchi avveniva attraverso dei perni. Queste graffe a
I o T venivano realizzate in ferro, fissate con plombo. Ad esempio il Partenone, che
venne realizzato con questo tipo di tecnica, fu privato in gran parte dei perni e delle
graffe in ferro, oltre che dei sigilli in piombo. Il portico incorniciava la scalinata di
accesso alla tomba ipogea di Cecrope ( leggendario Re di Atene )
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SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
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singolarissima combinazione di piramide e tempio ionico ne fecero, secondo gli
antichi scrittori, una delle sette meraviglie del mondo. Si occuparono della
progettazione gli architetti Piteo e Satyros. È la monumentale tomba che Artemisia
fece costruire per il marito Mausolo. Questa tomba è di dimensioni gigantesche
costruita su un alto podio. (Da questo re le tombe si chiamano Mausolei). È una
sorta di struttura piramidale e un tempio ionico. Di tutto questa costruzione non
rimane nulla.
(p 37) Altra grande architettura monumentale ionica, che si trova anche essa ad
Alicarnasso, è il Santuario di Artemide, a Efeso, in Asia Minore. Dedicato alla dea
Artemide, è una grande costruzione. Costruito dagli architetti Teodoro, Chersifane e
Metagene, i quali sono importanti dal punto di vista della realizzazione di grandi
macchine per i trasporto dei pezzi per la costruzione. Il tempio era diptero. Anche
qua non resta niente.
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ORDINE CORINZIO
L’ordine corinzio è l’ultimo degli
ordini architettonici
dell’architettura romana.
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corinzie, ognuna alta 17 metri. A partire dal 174
a.C., Antioco IV, sovrano di Siria, continuò i
lavori su questo tempio come dono per il
popolo ateniese e a testimonianza della sua
fede negli ideali greci. L’architetto adottò la
piattaforma e la pianta del tempio del VI secolo,
ma, fatto significativo, cambiò l’ordine da dorico
a corinzio. L’edificio fu completato solo
all’epoca di Adriano, nel 132 d.C.
La torre dei Venti ad Atene ( metà I sec. a.C.) pianta ottagonale, con i lati allineati in
direzione dei quattro punti cardinali e dei quattro punti intermedi da cui si ritenesse
soffiassero gli otto venti principali. Ogni lato veniva raggiunto da un diverso vento;
all’esterno erano anche orrori solari, mentre all’interno un orologio ad acqua. Sulla
copertura la statuta bronzea di un tritone fungeva da anemoscopio.
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ARCHITETTURA ROMANA
I sovrani Etruschi avevano conquistato Roma nella seconda metà del VII secolo
a.C., dominandola per quasi un secolo e mezzo. La civiltà da loro introdotta, dalla
quale ci sono pervenuti pochi e misteriosi monumenti, aveva subito l’influenza
greca. Gli etruschi furono i primi a costruire a Roma edifici di scala monumentale,
come ad esempio il tempio di Giove. Nel 506 a.C. gli Etruschi furono scacciati e a
Roma sorse una città-stato repubblicana, governata dai patrizi. Segui un marcato
declino culturale, che durò circa fino alla metà del secolo II a.C. in questo arco di
tempo i Romani intrapresero una serie di guerre con le quali stabilirono il loro
dominio dapprima su tutta l’Italia, poi sull’intero bacino del Mediterraneo.
Nel II secolo a.C. lo sviluppo della tecnica costruttiva del cementizio viene
prontamente sfruttato per le forme dello spazio interno degli edifici, a cui i Romani
sono maggiormente interessati sia per ragioni pratiche, sia dal punto di vista
artistico. Una caratteristica dell'espansione romana è l'intensa opera
di urbanizzazione del territorio, che porterà alla fondazione di moltissime città, oltre
all'ingrandimento di quelle già esistenti.
Dal punto di vista strutturale con Roma si assiste alla modernità, passando dal
sistema trilitico all’arco (volta), costruito con materiale sociale, come il
calcestruzzo.
Con Roma non vi è più la problematica dello spazio, infatti esso si libera. Questo su
deve soprattutto all’assorbimento delle varie tecniche di differenti civiltà, creando
una struttura innovativa.
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I Romani riuscirono a raggiungere l’apice della civiltà, con l’avvenimento del suo
declino nel Medioevo. Anche perchè loro avevano praticamente tutto, per via delle
varie invasioni, ma dopo la caduta per più di mille anni questo tutto diviene
dimenticato fino al Rinascimento, che costituisce il tentativo di riportare la
costruzione Romana all’apice. Questo apice venne raggiunto anche grazie ad una
grandezza presente nel mondo della politico e dell’economia, diventando la
principale città per i commerci.
Opus latericium: veniva posta l’argilla in stampi di legno e lasciata essiccare al sole,
ottenendo cosi dei pratici mattoni che venivano posti in opera su letti di malta di
argilla. Secondo Vitruvio la confezione del lateres doveva avvenire in autunno o in
primavera per evitare un’essiccazione troppo rapida. La stagionatura doveva durare
due anni per evitare il ritiro dopo la posa con conseguente distacco dell’intonaco
protettivo. Sempre secondo Vitruvio l’impiego del lateres era diffusa nelle campagne
e nelle città. I muri erano disposti su zoccoli di pietra, intonacati e protetti da falde
sporgenti. Sottogonna si impiegavano preferibilmente lateres cocti. La misura
media della muratura era di 1 piede.
Nell’architettura romana troviamo anche molti edifici costruiti attraverso l’utilizzo del
mattone. Esso era un materiale economico, robusto e refrattario, realizzato con
materia prima facilmente reperibile (argilla), lavorabile e caldo nell’aspetto. La civiltà
antica che più utilizza questo materiale è proprio la civiltà romana. La disponibilità di
argilla indusse uno sviluppo della qualità produttiva, fino all’impiego del mattone
nella realizzazione degli archi e nelle volte.
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OPUS
• La più antica opus è quello dell’opera incerta. Essa è fatta da pezzi di pietra di
forma irregolari e poligonale, fu il più antico rivestimento dell’opus cementicium
sin dalle sue prime applicazioni in tarda età repubblicana. Rimase in uno sino al II
sec d.c. questa tecnica costa poco, e gli unici lavori impegnativi erano la
realizzazione degli angoli. La tenuta di queste murature, diffuse ancora nel
Medioevo, era determinata dalla resistenza della malta. Esempio: parete curva nel
Tempio della Fortuna Virile (realizzato in pietra, di costruzione ionica). Nell’Italia
settentrionale l’opus conobbe una variante con i ciottoli di fiume , disposti anche a
spina di pesce a 45 gradi, come il Ponte sul Mincio. A Pompei, Oderon.
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• Opus vittatum: opera listata, nella quale il parametro del nucleo di cementizio
della muratura è costituito da filari di laterizi alternati a filari di altri
materiali( specialmente blocchetti di tufo) . La più celebre opera è Vallo di
Adriano in Inghilterra.
Il mattone cotto si chiama opus testaceum. Il vantaggio era che nella realizzazione
del mattone vi era il passaggio della cottura, che rendeva più forte il materiale.
La cottura dei mattoni preso avvio nella regione campana in epoca piuttosto tarda,
ossia a partire dal I sec. A.C. ciò avvenne per influenza delle colonie della Magna
Grecia e della civiltà etrusca.
Questa tecnica veniva realizzata lungo la valle del Tevere che si trasformò in una
industria laterizia; la produzione di materiale edilizio tese alla standardizzazione.
Esso diviene progressivamente una sorta di autostrada pluviale lungo la quale
vengono disposto delle fornace. Queste fornace vennero concepite come dei
tronchi, coni. I mattoni venivano impilati nella camera; il calore del focolare
penetrava. L’inserimento della cottura all’interno della realizzazione del mattone
venne inserita per far bruciare gli sgrassanti vegetali. Nei forni laterizi la parte
superiore era lasciata aperta per il tiraggio e tutt’al più protetta da tegole per
proteggere la camera di carico (detta laboratorio) da pioggia e vento. Il focolare era
interrato per consentire un più rapido raggiungimento di temperature elevate.
La produzione del mattone era molto costoso, vediamo infatti all’inizio della
produzione edilizia la realizzazione del mattone era affidata a produttori privati che
contrassegnavano i propri prodotti con i cosiddetti bolli laterizi. Questo indusse
l’amministrazione romana ad immettersi all’interno di queste produzioni,
controllando.
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I romani producono una serie di trattamenti che sono funzionali all’estetica e alla
resistenza del mattone, togliendo tutte le imperfezioni, impedendo introduzione di
acqua, che porta il mattone alla rottura.
Il mattone era dotato di particolari, alcuni creati dal peso della catasta, altri ricaviti
da un taglio, che costituiva un manubrio, l’impugnatura cosi da poter essere presi e
facilmente trasportabili. Questi pezzi erano per lo più di forma triangolare scaleni
( isosceli se ricavati da mattoni quadrati) ed erano utilizzati come casseri permanenti
dell’opus cementicium. L’addentellato verso l’interno granita una perfetta aderenza
fra il rivestimento e il nucleo. L’aderenza poteva essere aumentata inserendo
mattoni interi in grado di attraversare l’intero spessore della muratura.
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Generalmente i mattoni sono levigati e stirati, i quali dovevano essere lasciati a
vista. Questi venivano differenziati, con il colore del mattone, alcuni rossi e altri gialli.
I mattoni sono legati con la malta di calce, che viene trattata con diversi tipi di
finitura.
Questo perchè viene inserito un muro portante oltre il muro che si può osservare,
che diviene un muro strutturale.
Mercati traianei: dove vi sono degli archetti che vennero lasciati a vista, importanti
per il sostegno della trave posizionata sotto. Perciò le travi sono rimaste intatte
grazie alla presenza dell’arco del calcestruzzo che permettono il sostegno del peso.
Muratura armata con la presenza di archi che servono per il peso.
LA MALTA
La malta dei latini, come si deduce da un celebre contratto edilizio del 106 a.C.
ritrovato a Pozzuoli, era costituito da calx ( calce ) e harena ( sabbia). Quasi
certamente la malta di calce giunse a Roma dalla Magna Grecia e il suo uso
divenne comune entro la prima metà del III sec. a.C.
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ottiene la calce spenta che con l’aggiunta di aggreganti, che conferivano a questo
materiale delle caratteristiche particolari ( sabbia, pozzolana, cocciopesto: questi
ultimi due conferiscono a una normale malta di calce una particolare resistenza
soprattuto all’umidità e all’acqua) e mediante il processo di cristallizzazione del
carbonato di calcio, ottenuto dalla cottura, producendo una sorta di calcare
artificiale.
La calce viva si ottiene per calcinazione della pietra calcare a circa 100 gradi, in
questo processo il carbonato di calcio si scinde in anidride carbonica e ossido di
calcio. Ottenendo quindi la calce viva.
Il grassello veniva traportato dalla fossa di spegnimento mediante anfore ( ala quale
veniva spesso tolta la parte superiore ). Disposta la sabbia in forma di cratere, posto
il grassello al centro si mescolava l’impasto con una marra, eliminando eventuali
grumi residui. Una volta impastata la malta era riposta in un triangolo per il pronto
impiego.
• Malte di calce idrauliche: il nome deriva dal fatto che la loro cristallizzazione
avviene per mezzo di un liquido, potendo la malta essere immersa anche
nell’acqua
La differenza di queste due malte la si può trovare all’interno della loro realizzazione.
FORNATE DA CALCE
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Vitruvio era a conoscenza della diversità di calce, egli infatti cerca di dare delle
indicazioni. Egli scrisse che l’aggiunta di aggreganti rende l’impasto più poroso,
facilitandone l’indurimento e impedendone la fessurazione per ritiro, si poteva
aggiungere sabbia di cava, sabbia di fiume, parti di pozzolana.
Il termine cementicium deriva dal latino, questo termine non riguarda solo la malta
in se ma anche i vari frammenti, i vari pezzi che si possono osservare in una
costruzione ( pietre..)
La pozzolana poteva aver diversi colori ed veniva macinata, dando alla malta molta
resistenza.
La malta serviva per gli intonaci.. ma soprattutto per la realizzazione dei muri
portanti degli edifici.
I periti, nel determinare il valore dei fabbricati costruiti con quella tecnica, badavano
all’età della struttura, diminuendo il valore di 1/80 per ogni anno trascorso
dall’esecuzione, affermando implicitamente che la loro durata non poteva durare più
di 80 anni.
La solidità della malta romana è straordinaria, dimostra infatti una perfetta aderenza
con il pietrisco. I manufatti giunti a noi sono però quelli meglio costruiti essendo
andati distrutti tutti gli altri. Le case di Pompei denotano infatti, al di sotto di
rivestimenti estremamente preziosi, cortine murarie realizzate spesso con la malta di
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calce di cattiva qualità, nella quale si trova una percentuale elevata di argilla e
materie terrose, particolarmente vulnerabili all’umidità e alle infiltrazioni d’acqua.
CALCESTRUZZO
Con il calcestruzzo non si fecero solo delle piccole volte, con il tempo questo
materiale inizia ad essere utilizzato per la realizzazione di volte con dimensioni molto
più grandi, con ad esempio alle terme di Caracalla. L’utilizzo del calcestruzzo è
rapida, molto economica. ( il pantheon).
Sempre con l’opera cementizia potevano essere fatto architetture con forme
particola, come le cupole. Ad esempio l’interno della sala ottagonale della domus
aurea di Nerone. La quale occorre immaginarla con un rivestimento di marmo, con
la volta colorata che rappresentava la vota celeste.
DOMUS AUREA
È forse l’unica costruzione romana ancora interamente in piedi. Esso è realizzato tra
il 118 e il 128 d. C. L’edificio del Pantheon sostituisce la precedente struttura
augustea eretta da Agrippa e andata distrutta da un incendio. Il volume cilindrico
della sala non doveva essere visibili all’esterno, ma restare inglobato in altre
strutture. La cella ha un colonnato seudoperiptero, molto più piccolo di un tempio
normale.
Il pantheon è eccezione sia per le dimensioni sia per la struttura interna, essa infatti
non ha un podio e una cella rettangolare. Ma le colonne sono corinzie, costruite in
granito egiziano e monolitiche. Il soffitto cassettonato ricoperto in bronzo, il quale
venne eliminato in tempi relativamente recenti per realizzare il baldacchino di S.
Pietro.
La struttura del Pantheon era famosa anche per la forma, ossia un cerchio di 44
metri di diametro. Questo significa che avevano raggiunto la massima estensione
con questa costruzione, ossia per le cupole.
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Questa struttura è in calcestruzzo e a mezzasfera e va rastremandosi verso l’alto.
Essa è solo parzialmente estradosso perchè i pesanti rinfianchi ne ne occultano gli
strati di imposta.
Sul soffitto è presente un vuoto, chiamato oculo, costruito perchè i romani erano già
a conoscenza della pesantezza di una struttura a sfera, quindi lasciarono questo
spazio vuoto per alleggerire la struttura. All’interno, sempre la cupola, è decorata da
cinque ordini di ventotto cassettoni, di misura decrescente procedendo verso l'alto,
e sono assenti nell'ampia fascia liscia vicina all'oculo centrale, che misura 9 m di
diametro. L'oculo, che dà luce alla cupola, è circondato da una cornice di tegoloni
fasciati in bronzo fissati alla cupola, che forse proseguiva internamente fino alla fila
più alta di cassettoni. Una tradizione romana vuole che nel Pantheon non penetri la
pioggia per il cosiddetto "effetto camino": in realtà è una leggenda legata al passato
La realizzazione fu resa possibile grazie a una serie di espedienti che contribuiscono
all'alleggerimento della struttura: dall'utilizzo dei cassettoni all'uso di materiali via
via sempre più leggeri verso l'alto. Nello strato più vicino al tamburo cilindrico si
trovano strati di calcestruzzo con scaglie di mattoni, salendo si trova calcestruzzo
con scaglie di tufo, mentre nella parte superiore, nei pressi dell'oculo, si trova
calcestruzzo miscelato a lapilli vulcanici[32]. La cupola fu realizzata in unico getto
sopra una enorme centina in legno.
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I cassettoni nella volta creano un gioco di luce, alleggerendo la struttura, facendo si
che essa diventasse indistruttibile. Venne concepita secondo la concezione latina
della presenza di una suddivisione, utilizzata nel caso fosse successo qualcosa di
catastrofico.
Tempio di vesta è un piccolo tempio Toronto situato all’estremità orientale del Foro
Romano, lungo la via Sacra. I resti attualmente visibili appartengono ad una parziale
ricostruzione moderna dell’ultima fase dell’edificio, che comprende alcuni elementi
originali in marmo completati in travertino. In questa fase il tempio monopetto era
costituito da un podio circolare in opera cementizia rivestito da lastre di marmo, che
sosteneva la cella rotonda, dal podio sporgevano i piedistalli per le venti colonne
corinzie che costituivano la peristalsi. Esso si rifà al tholos greco dove i capitelli
corinzi sono confrontabili con quelli del tempio di Zeus ad Atene. Il significato del
tempio era quello di rappresentare un
focolare domestico più importante,
connesso alla vicina casa del re.
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Giuseppe Vaòadier. La struttura, di pianta ellittica, presenta all’esterno della facciata
tre ordini di arcate sovrapposti, poggiati su pilastri e sormontati da un attico, in
origine, preceduta da un portico ellittico impiantato su du na platea di lastroni in
travertino in cui pilastri originari in piperanno donati da semicolonne vennero in
seguito rinforzati con grandi pilastri in laterizio.
Il teatro di Marcello:
Palatino: è uno dei sette colli di Roma, situato tra il Velabro e il Foro Romano, e dè
una delle parti più antiche della città. La leggenda vuole che Roma ebbe le sue
origini sul Palatino, esso rimase il centro al quale si sviluppò la città. Per questo
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senso longitudinale, circondato su tre lati da un doppio portico, rialzato su tre
gradini. Sul lato di ingresso sud-orientale il portico era in origine aperto sull’antica
strada , in seguito però inglobato nella realizzazione del muro di recinzione del
complesso di Nerva. Sul lato sud-occidentale il portico è stato in parte rialzato dopo
gli scavi degli anni trenta nella sua fase dioclezianea, con fusti in granito e capitelli.
All’interno del tempio troviamo fregio corinzio con capitelli decorati con foglie
d’acanto.
Foro di Augusto: il foro di Augusto è assai simile alla concezione del foto di Cesare,
disposto però ortogonalmente rispetto al precedente foro di Cesare, con una piazza
porticata dove sul lato beve dominava il tempio dedicato a Marte Ultore. I colonnati
laterali reggevano un attico fregiato da Cariatidi mutuate dall’Eretto.
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Accanto al foro della Pace c’è il Foro di Nerva, realizzato tra l’81 e il 96 d.C. questo
foro venne costruito da Domiziano, inserendolo tra altri due fori, determinandole la
forma allungata. Le colonne del foro sono isolate con la trabeazione risvoltante.
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l’amministrazione delle giustizia, equivalente
all’amministrazione comunale oggi. Essa è
l’origine delle Basiliche Cristiane.
All’interno del foro si trovano due
biblioteche unite dalla colonna traina, che
rappresenta una sorta di cernia tra le due
Biblio. Una doppia coppia di absidi fungeva
le Gallerie. L’architetto del foro di Traiano è
Apollodoro di Damasco.
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I primi rivestimenti latini vennero eseguiti da sottili strati di intonaco di colore bianco
mischiati con polvere di calcare, imitanti la pietra e il marmo.
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di giunti fittizi che imitassero l’opus quadratum. L’intonaco veniva utilizzato
principalmente come falso strumento al posto del marmo e della pietra.
Molto spesso l’intonaco veniva levigato con l’olio cosi da farlo diventare lucido,
come la pietra.
• Opus albarium: era uno stato di finitura bianco che generalmente serviva alla
decorazione pittorica. Il chiarore dell’intonaco faceva si che il colore per le
decorazioni potesse essere meglio steso.
Il riazaffo andava lavorato a cazzuola, ossia uno strumento manuale di lavoro usato
nell’edilizia per modellare strutture di fendi e medie grandezze, l’arriccio (una malta,
piuttosto irregolare e granulosa, fatta di calce e sabbia non ben setacciata, ed ha
due scopi: far si che l’intonaco si aggrappi grazie alla sua consistenza granulosa, ed
essere una buona riserva di umidità) e la finitura a franato, per essere poi spesso
lucidata.
STUCCO
Con il termine stucco sono generalmente indicati gli intonachi di calce, gesso o
miscele di cemento usate come rivestimento di superfici interne od esterne, oppure
come elementi decorativi per edifici. Questo termine deriva dalla parola germanica
“stucchi”, indicando una crosta. Gli intonachi sono applicati bagnati, ed asciugando
formano uno strato resistente, il quale poteva essere facilmente decorato.
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Antichi scrittori descrivono l’uso dello stucco, come Plinio, ad esempio, scrive che
nessun costruttore dovrebbe impiegare calce che non sia spenta almeno da tre
anni; certamente più la calce è spenta da tempo e meglio riesce il lavoro.
Con questo termine venivano indicate le decorazione a rilievo eseguite con malta; la
definizione non risiede tanto nella composizione del materiale impiegato
(generalmente a bassa gessosa, con polvere di marmo e colle animali) quanto nel
tipo di decorazione realizzata con sagome, stampi spatole. Esso è un materiale
molto plastico che si prestava ad una vera e propria scultura. Con questo tipo di
tecniche furono realizzate moltissime decorazioni come ad esempio il rivestimento a
stucco dipinto nel peristilio della casa del Fauno di Pompei. O il tempio di Iside a
Pompei, il quale doveva sembrare tutto di marmo, ma il marmo è presente solo
nelle colonne. Anche il tempio di Portuno a Roma, realizzata in stucco applicato su
un profilo di tufo (100 a.C.) . Troviamo poi una figura plasmata a stucco nelle terme
stabbiare di Pompei, e cassettoni policromi nella volta del Tepidarium delle terme
del Foro, sempre a Pomperi.
COLONNE.
I romani erano piuttosto abili a realizzare delle strutture che formavano delle
colonne, legate con manda di calce e rivestire di stucco.
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Il primo esempio noto di colonna in muratura è quello della Basilica di Pompei ( 120
a.C.). i fusti scanalati del colonnato centrale sono costituiti da una regolare
sovrapposizione di mattoni, tagliati in modo da formare un fiore composto da un
nucleo rotondo circondato da 10 petali pentagonali che arrivano fino al bordo
completati da 10 segmenti a losanga ( termine per indicare una figura geometrica di
quattro lati con l’angolo superiore e quello inferiore acuti, mentre i due laterali sono
ottusi) che in pianta disegnano il profilo di 20 scanalature.
PITTURA
L’intonaco poteva essere rifinito con la pittura. Come ad esempio le colonne che
spesso venivano decorate interamente con il colore rosso.
La pittura veniva eseguita principalmente con l’affresco. È una tecnica che prevede
la stesura del colore quando l’intonaco è ancora fresco. Questa tecnica è piuttosto
impegnativa, essa infatti richiedeva giorni di lavorazione. Nel senso che ogni giorno
il pittore doveva intonacare muro cosi da poterlo affrescare. Il vantaggio
dell’affresco è che l’intonaco asciugato assorbe il colore, diventando un tutt’uno.
Questo tipo di tecnica è estremamente resistente, i colori restavano perfettamente
in opera. Era un tipo di esecuzione rapita, dove i dettagli venivano realizzati a secco,
con pigmenti miscelati con colle animali, dando il tocco finale di dettaglio alla figura.
Questa tecnica non è propria dell’elemento strutturale ma utilizzata anche varie altre
decorazione di oggetti. Le difficoltà della pittura d’affresco erano legate anche dal
fatto che l’artista doveva avere in testa il disegno da eseguire. Spesso infatti veniva
eseguito un disegno preparatori direttamente sull’intonaco. Questi disegni
geometrici venivano realizzati con il pennello, o a carboncino o a stilo. L’ultima
difficoltà è quella di maschere i bordi delle giornate dei lavori ad affresco andavano
dissimulate, era necessarie creare delle giornate per eliminare l’eccesso, non
lasciando il lavoro a metà. Una volta completato il disegno, l’artista opera con degli
oli o cera che servivano a rendere più brillante la superfici. La contro indicazione di
questi materiali era che trattenevano la polvere, sporcando alla lunga l’affresco.
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• Pictor ossia il pittore decoratore che poteva essere specializzato un parietarius
( creando le quadrature ) o un imaginarius ( figurativo, quello che andava oltre la
costruzione prospettica, ideando le figure umane e animali, i paesaggio).
Altro grande esempio nel quale possiamo trovare un gran lavoro di pittura è la
Domus Aurea (64-68 D.c) costituita per Nerone dagli architetti Savero e Celeste.
Circondata da un parco con un lago artificiale al quale di accedeva dal Foro
Romano mediante un vestibolo colmato dominato dalla Statua colossale
dell’imperatore alta 36 m.
CRUSTA MARMOREA
PAVIMENTI E SOFFITI
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I pavimenti e i soffitti erano quasi sempre parte integrante del decoro della sala, il
pavimento rispecchiava la decorazione del soffitto. Nelle regioni settentrionali i
pavimenti erano prevalentemente lignei, talvolta posti su suspensurae, cosi da non
toccare direttamente il pavimento.
un correnti o pali paralleli al muro (come ancora nel medioevo ) che costituivano la
base per le palanche di un solaio;
Le travi sostegno in tavolato che a sia volta è ricoperto da uno strato di malta
( generalmente di 15-30 cm).
I pavimenti non andavano poi gettati su tavolati di quercia per la tendenza naturale
di quest’ultime di torcersi nel momento in cui assorbivano umidità. In caso contrario
occorreva assicurare le tavole agli angoli piantandovi dei chiodi.
All’esterno, affinchè la malta fra le commessure non fosse rovinata dalla brina,
occorreva spalmare una volta all’anno, prima dell’inverno, l’olio.
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• Opus vermiculatum, particolare forma di mosaico. Esso viene detto cosi perché
le tessere sono talmente piccole che assomigliano a dei vermicelli, misurano
infatti non più di 8 mm. Esse venivano impiegate per la realizzazione di soggetti
figurati
Con questi mosaici si poteva fare anche decorazioni parietali di murature esterne
all’edificio.
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muovere rapidamente l'esercito.La lastricatura viene realizzato con piccoli ciottoli
colorati.
Con il nome di via venivano indicate le strade extraurbane che partivano da Roma.
La loro creazione fu inizialmente spontanea, e presero normalmente il nome delle
città alle quali conducevano, mentre altre avevano i nomi delle funzioni alle quali
servivano o delle popolazioni che arrivavano a raggiungere.
A partire dal V secolo a.C. venne avviata la costruzione di nuove strade, dirette
verso regioni lontane e aventi funzioni di tipo principalmente militare. Le strade
erano pensate per durare a lungo: prima di tutto veniva scavata una trincea
profonda circa 45-60 cm, che veniva riempita con successivi strati di terra, pietra e
sabbia fino a raggiungere il livello del terreno. Il tutto veniva cementato con la
calcine. Poi venivano rivestite di grosse lastre poligonali di basalto o calcare
incastrate perfettamente tra di loro. Questo profondi letti di pietra sbriciolate
servivano anche per far si che le strade rimanessero asciutte, in quanto l’acqua
sarebbe filtrata attraverso le pietre.
Abbiamo poi la strada in basoli; esso era riservato al traffico regolare, sia per strade
urbane che per vie che collegavano le regioni con Roma. l’aspetto della
pavimentazione è piuttosto variabile secondo il grado di squadratura e planaria del
pezzo utilizzato passando da semplici massicciate di battuto rinforzare da scapoli di
pietrame, a basolati di ciottoli piuttosto tondeggianti a vere e proprie lastre
perfettamente planari e ben accostate. (Il barolo è una lastra di roccia di origine
vulcanica o calcarea, di potevo peso e dimensioni. ) La massiccia strada era
costituita da un primo strato di ciottoli e schegge di pietre, che sono molto più
spesse che larghe, perché essere dovevano essere disposte senza mai essere
cambiate, un secondo in ghiaia, un terzo in sabbia e pietrisco, sul quale era posato
il pesante lastricato.
Infine come ultima cosa inventano le strisce pedonali, utilizzate per creare una sorta
di ruscello/torrente nei periodi di pioggia ai lati della strada ma anche per la pulizia
delle strade stese. Esse pero erano dei vasoli che rappresentano le nostre strisce.
L’ARCO
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È costituito normalmente da conci, cioè pietre tagliate, o da laterizio, in cui i giunti
sono disposti in maniera radiale verso un ipotetico centro: per questo hanno forma
trapezoidale e sono più propriamente detti cunei;
nel caso di una forma rettangolare (tipica dei mattoni) hanno bisogno di essere uniti
da malta che riempia gli interstizi; essenzialmente l'arco con cunei non ha bisogno
di essere sostenuto da malta, stando perfettamente in piedi anche a secco, grazie
alle spinte di contrasto che si annullano tra concio e concio.
L'arco è anche alla base di strutture tridimensionali come la volta, che è ottenuta
geometricamente dalla traslazione o dalla rotazione di archi. Nel caso di volte
complesse come le volte a crociera, gli archi costitutivi vengono distinti in base alla
loro posizione (archi trasversali, longitudinali, ecc).
Gli archi possono essere di vario tipo, a seconda della forma geometri e della
funzione:
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ARCO RIBASSATO
ARCO RIALZATO
ARCO A TUTTO SESTO ( O
SEMICIRCOLARE )
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L'utilizzo sistematico dell'arco a tutto sesto (e dell'arco in generale) si deve ai
Romani, che lo appresero dalla poliedrica funzione che aveva tra gli etruschi e lo
utilizzarono prevalentemente in funzione della praticità piuttosto che dell'estetica,
pur senza escluderla. L'uso maggiore degli archi in successione ebbe luogo nella
costruzione degli acquedotti.Il centro del cerchio è al di sotto di quello della luce.
Un esempio è l’arco di Costantino. P 78
Arco a sesto acuto: L'arco a sesto acuto, detto anche ogivale, è un arco bicentrico
che contempla arcate appartenenti a circonferenze con raggio maggiore o uguale
alla base dell'arco stesso.
Tipo di arco utilizzato con sesto ribassato ma raccordato ai piedritti mediante due
archi di circonferenza con centro posto sul piano di imposta. Denominato anche
“arco ad ansa di paniere” è frequente nell’architettura siciliana di stile gotico-
catalano.
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esercitati dalle forza peso che caricano i singoli conci. L’intensità degli sforzi in ogni
singolo concio è decrescente all’estradosso all’intradosso.
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ribassati, si divide l’arco in segmenti per mezzo di tre corte uguali prolungate uno al
punto C e F sino a equiparare la lunghezza di BA E de, individuando l’estradosso
delle spalle. Questo vale sia per gli archi semicircolari che ribassati, solo che i
ribassati chiedono una spalla più spesse.
Il fregio lapideo in una trabeazione retta da trave lignea. Una seconda trave lignea
regge una solaio ligneo. Piattabanda a arco rampante: una piattabanda con
un’imposta più bassa dell’altra, andando verso l’alta. Questi archi venivano ultimati
per scarica il peso nelle cattedrali gotiche. Nel mondo romano vengono utilizzate
per la realizzazione delle scale, realizzando un piccolo pilastro che serve a reggere
l’arco rampante per evitare che ceda.
L’arco naturale e l’arco di scarico: rottura ad arco naturale al di sopra di una trave
incurvata; l’arco individua il carico sopportando dalla trave che accusa il maggior
per in mezzeria, laddove cioè maggiore è la faccia di flessione.
Arco laterizio.
• La volta a botte, che rientra nella grande categoria delle volte semplici (costituite
cioè da superfici appartenenti ad un unico solido, a differenza delle volte
complesse, costituite da superfici appartenenti a corpi solidi diversi), è un
elemento tridimensionale, ottenuto geometricamente, dallo sviluppo di una
superficie nello spazio, più precisamente dalla traslazione o rotazione di una curva
direttrice (profilo dell’arco) lungo una retta generatrice.La volta a botte, quindi,
deriva dall’arco, che è una struttura bidimensionale: in sostanza, l’unione di più
archi nel senso dello spessore (definito “generatrice”) dà luogo alla volta.In linea
generale la volta a botte, che rientra nelle superfici coniche, nasce, come tutte le
strutture voltate, per coprire edifici con struttura portante in muratura o pietra, e
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della cupola che prevalente era la mezza sfera, rappresentando la forma perfetta.
Ma abbiamo anche la volta a catino su pianta semicircolare.
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La centina a tre appoggi, con puntoni radiali e controventature diagonali per la
realizzazione di una grande volta a botte, (centina di sostegno della vola del
calidario delle Terme di Ercolano. )
LE MACCHINE COMPLESSE
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SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
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a piombo. Secondo Vitruvio, Metagne, figlio di Chersifone, ideò ( per lo stesso
tempio) il trasporto delle travi impiegandole come asse rotante mediante due
enormi ruote da 12 piedi ad esso fissate. Secondo alcuni studiosi questo sistema
funzionava per travi che non superavano i 6 metri di lunghezza. La macchina di
Metagne avrebbe però richiesto strade larghe almeno 10 metri, il che ha indotto gli
archeologi a considerare l’eventualità di una disposizione longitudinale del blocco
( magari appeso per non risentire dei sobbalzi), mosso su due coppie di ruote. Le
ruote erano poste a una distanza trasversale fortemente ridotta per non caria assi e
mozzi. Un certo Paconio cercò di migliorare le macchine derivate da della di
Chersifrone e Mategene.
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STRUMENTI DI TRACCIAMENTO E
STIMA DELLE PENDENZE:
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MACCHINE SEMPLICI
STRUMENTI DI SOLLEVAMENTO
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camminando all’interno di essi, imprimevano la rotazione al perno principale, dove
qui era fissata la fune di sollevamento.
Capra con paranco :esso è un apparecchio costituito da due o più carrucole. Essa
può essere con paranco a bozzello o verricello. La prima Vine mossa da un grande
timpano rotante accoppiato direttamente all’ade del verricello. Mentre la seconda è
una macchina di sollevamento mossa da ruota a gabbia di scoiattolo.
IMPALCATURE
SCRIVI
99 PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
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incastro e a sbalzo, in entrambi il ridotto interesse verticale fra le buche pontaie
indica la quota di lavoro utile alla quale si sovrapponevano alcuni cordoli di
contrappeso prima di spostare il ripiano del ponteggio. Queste buche sono a
distanza l’uno dall’altra di un
metro, un metro e 10, questo
perché al di sopra di essere
venivano realizzate altre murature
rialzando cosi l’edificio.
SCALE
SERRAMENTI
La casa romana ha poche aperture. Per questo che abbiamo l’atrio con un’apertura
sul soffitto, cosi passava la luce.
Le finestre sono molto piccole. Quando sono grandi essere sono protette da
inferiate di armatura.
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LE LATRINE
Anche se nell‘Antica
Roma soltanto i cittadini
più abbienti potevano
permettersi il lusso di
disporre di tubature
d’acqua in casa, è pur
vero che tutti gli altri
potevano contare su
bagni pubblici
assolutamente efficienti
considerata l’epoca.
I “fori” erano posti a pochissima distanza l’uno dall’altro, con buona pace della
privacy, visto che si andava in bagno tutti insieme, magari socializzando e
chiacchierando amabilmente con i “vicini”.
Esistevano delle latrine pubbliche ( le latrine vespasiani), dove un corso d’acqua che
scorreva sotto le sedute, una fontana serviva per le abluzioni ( ossia dei lavaggi)
( ostia, Foro). Poi vi è anche la latrina domestici, spesso disposta in adiacenza alla
cucina per sfruttarne le condutture di scarico in fossa.
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https://www.romanoimpero.com/2017/11/idraulica-romana.html i sifoni
Il peristilio: il termine peristilio indica un giro, per lo più ininterrotto di colonne che
cingono uno spazio delimitato. Nelle ville è possibile trovare questo cortile entro le
mura della casa, che stava al centro.
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latrine); i più basso (l’ultimo a essere interrotto) agli edifici privati e alle pubbliche
fontane.
Nelle case dell’Urbe arrivava un’acqua con una quantità di piombo 100 volte
superiore al normale. Questo perché nell’acqua che bevevano gli antichi romani
c’era una quantità di piombo almeno 100 volte superiore rispetto all’acqua delle
sorgenti locali. Questa contaminazione era dovuta alla realizzazione di un
complesso sistema di tubature degli acquedotti, avvolgendo questi tubi con lastre
di piombo su mandrini calibrati. ( le dimensioni erano standardizzate prima sulla
dimensione della lastra poi sul diametro del condotto); raccordi e rubinetti.
Generalmente queste tubature ero poste a circa 50-60 cm sotto terra.
Successivamente il piombo venne colato nero una forma in cui era inserita un’anima
cilindrica di metallo, mediante la quale si determinava il diamante voluto. I tubi
fabbricati con questo metodo hanno sezione perfettamente ellittica. Per gli
allacciamenti si inseriva nella conduttura principale una scatola di derivazione, fatta
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di piombo, da dove, in direzione perpendicolare alla condotta madre, si dipartivano
da un lato e dall’altro due tubi di derivazione di calibro inferiore, questo per avere
più servizi in un solo punto di presa.
FONTANE
I Romani avevano una grande passione per le acque pubbliche, dagli acquedotti
alle terme e infine nella realizzazione di fontane. Le fontane vere e proprie, ancora
chiamate “fontes”, ebbero origine, quando l’esigenza di raccogliere quelle acque
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sorgive, furono attivati i primi interventi di incanalamento, drenaggio e parziale
immagazzinamento delle acque.
Nel peristilio, giardino posizionato sul retro della casa romana. Ai piedi del portico vi
erano delle cavallette, attraverso le quali passava il getto d’acqua, arrivano alle
fontane.
Fontane pubbliche alimentate attraverso una rete da dei tubi in metallo e nella
fattispecie di piombo. Questi tubi erano realizzati di dimensioni standard. I tubi
possibilmente non venivano mai posti sotto il piano della strada.
ARCHIETTURA
PALEOCRISTIANA E
BIZANTINA
A partire dal IV secolo si verificarono, nei vasti territori dell’Impero romano, profonde
trasformazioni. Culture diverse si sovrapposero a quella latina, avviandola verso il
tramonto e determinando, in tal modo, le premesse per la formazione dell’Europa
medievale. In questo processo fu fondamentale la diffusione, nei territori occidentali
dell’Impero, del Cri- stianesimo, nato in Palestina. La nuova religione affermava la
redenzione dell’anima attraverso l’opera di Gesù Cristo e, in quanto monoteista, non
riconosceva l’autorità divina dell’imperatore. Per questo motivo, il suo impatto fu
così dirom- pente da determinare persecuzioni contro i Cristiani.
Quando nel 313, con l’Editto di Milano, l’imperatore Costantino concesse libertà di
culto ai Cristiani, la nuova fede aveva già conquistato un’ampia parte della
popolazione, appartenente ad ogni strato sociale.
Nel 476, con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, il re dei Goti Teodorico,
sovrano in Italia per volontà dell’impe- ratore d’Oriente, fissò la propria sede a
Ravenna. Affacciata sull’Adriatico con il porto di Classe, la città mantenne stretti
rapporti commerciali, culturali e politici con Costantinopoli, l’antica Bisanzio.
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Costantino era uno spirito pratico e soldato geniale, seppe infondere espressione
concreta alle sue convinzioni, apparentemente eccentriche. Coloro che gli
succedettero ne condivisero la visione: alla fine del IV secolo, la figura
dell’imperatore era quindi investita di sacralità; sacro era pure il palazzo della
ribattezzata Costantinopoli, entro il quale il sovrano viveva al entro di un’elaborata
liturgia, governando autocraticamente.
COSTANTINOPOLI
Dopo la vittoria a Ponte Milvio su Massenzio (312 d.C.) Costantino fece erigere
l’arco di Costantino e terminò la basilica di Massenzio dove fu collocata la colossale
statura dell’imperatore.
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“In hoc signo vinces”, frase che vide Costantino, che lo portò, sul letto di morte, a
battezzarsi, dopo aver consentito e incentivato la libera pratica della fede cristiana,
prima disprezzata.
ROMA
Se i primi Cristiani mostrano poco interesse per l’arte, in particolare ovviamente ai
tempi delle persecuzioni, già sotto Costantino avevano preso a decorare con dipinti
parietali i loro luoghi di riunione e le catacombe.
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BASILICA DI MASSENZIO
Essa non aveva solo scopo religioso, ma anche amministrativo. Essa venne iniziata
dall’Imperatore Massenzio nel 306 d.C. e ultimata poi da Costantino nel 312 d.C.
questo edificio venne realizzata su una base estremamente rivoluzionaria, proprio
perché essa non doveva avere un unico scopo, ossia religioso, ma doveva
rappresentare anche un luogo pubblico e amministrativo.
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Venne iniziata nel 333 come sacrario o martyrium ( è una chiesa tipica dell’arte
bizantina, costruita sulla tomba di un martire o sul luogo in cui avveniva la sia morte
e dedicata al suo culto) sul sepolcro di san Pietro apostolo, era stata dotata di un
ampio transetto fra l’abside e la navata, che consentiva la circolazione delle migliaia
di pellegrini provenienti da tutte le parti dell’Impero per venerare la reliquia,
posizionata sulla corda dell’abside. È possibile affermare anche che essa venne
costruita sopra i resti del Circo di Nerone, imperatore che attivò la persecuzione dei
Cristiani. La Necropoli Vaticana è la più sacra delle necropoli cristiane con tombe
databili tra il V e il VI secolo a.C.
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La basilica era a cinque navate (87x64 metri), con la centrale rialzata e più larga, e
coperta da capriate. Le navate erano divise da quattro colonnati di ventidue colonne
ciascuno, coperti da architravi nella navata centrale e da archi in quelle laterali.
L'illuminazione interna era garantita dalle finestre che numerose si aprivano nella
parte che si elevava della navata maggiore (in rapporto 3:1), il cleristorio. La
copertura era in capriate lignee. La facciata aveva degli spioventi digradanti, ma a
differenza di San Giovanni in Laterano non vi era uno spiovente per navata, ma le
navate minori erano coperte da un'unica travatura digradante.
Un'altra peculiarità di San Pietro era l'uso del transetto[8] (trans saepta, "oltre i
cancelli"), il primo ad essere concepito come navata trasversale indipendente, alto
come la navata centrale (ma meno ampio) e dotato di una propria copertura. Sul
transetto si apriva l'abside e in fondo ai bracci si trovavano due nicchie rettangolari
che sporgevano esternamente oltre il profilo delle navate. In corrispondenza della
navata centrale si apriva sul transetto l'arcone ("arco di trionfo") tipico della
basiliche paleocristiane, sia cristiane che civili (come nella basilica Palatina di
Costantino a Treviri). Le navatelle terminavano invece con trifore colonnate, simili a
quelle che si aprivano nelle nicchie laterali del transetto.
La necropoli Vaticane è la più sacra delle necropoli cristiane con tombe stabili dal I
al IV secolo d.C., sia pagane che cristiane. Fu scavata fra il 1939 d il 1949, è posta
da 5 a 12 metri sotto il livello del pavimento.
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Sull’antico impianto Costantino, restaurati nei secolo e ancora nel XV secolo ( 1415)
sotto Papa Niccolò V e con la consulenza di Leon Battista Alberti e di Bernardo
Rossellino, verrà edificata la nuova basilica a pianta centrale progettata da Donato
Bramante, assiema a Papa Giulio II.
Nel XII secolo la chiesa fu inglobata in una struttura talmente conservatrice che si
pensava durante gli scavi archeologici del 1857-61 fu creduta essere quella
originaria.
La chiesa paleocristiana del VI sec d.C. fu eretta a sua volta al disopra di una
Domus Romana, tra cui il tempio Mitra (divinità orientale il cui culto aveva
rivaleggiato in popolarità col Cristianesimo). La modesta navata, larga, corta e molto
bassa, era affiancata su ogni loro da otto colonne ampiamente spaziate, diverse tra
loro per dimensioni e materiale , che sostenevano gli archi
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La basilica paleocristiano meglio conservata. Realizzata tra il 432 e il 440, durante
forse il pontificato di Sisto II, nel pieno splendore dell’arte cristiana.
Colonne ioniche che suddividono la navata maggiore con quello minori, con l’arco
trionfale mosaicato, e il soffitto appeno (cielo appeso) alle capriate. Venne realizzata
dall’imperatore Teodosio, che rovescia il paganesimo a favore del cristianesimo.
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BASILICA DI SAN LORENZO (ROMA)
La basilica di San Lorenzo è una delle 7 chiese situate all’inizio del tratto
extraurbano della via Triburtina.
L’attuale cupola è stata ricostruita dall’architetto Martino Bassi nella seconda metà
del ‘500 dopo un rovinoso crollo della crociera originaria.
RAVENNA
È a Ravenna, in Italia settentrionale, che si trovano alcuni dei migliori esempio di
architettura paleocristiana orientale. La città era stata dal 402 al 455 la capitale degli
imperatori d’occidente, e poi dei conquistatori ostrogoti. Il più importante
Teodorico- per diventare infine sede dei vicari imperiali di Bisanzio.
Il successo del suo governo deriva dalla lunghezza di esso, ossia tra il 500 e il 560
d.C.
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MAUSOLEO DI GALLA PLACIDIA (ravenna)
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subsidenza ha abbassato la struttura originaria di 1,5 metri. Le poche decorazioni
esterne sono la pigna posta sulla sommità,[5] la cornice e le arcate cieche
apparentemente prive dello zoccolo di base, che movimentano le pareti ad
eccezione del braccio settentrionale lì dove si apre l'ingresso, e il fregio posto sopra
il portale d'ingresso, raffigurante due felini che si affrontano ai lati di un cratere a
volute, tra rami di vigna carichi di grappoli d'uva.[6]Cristo è raffigurato come un
giovane pastore imberbe che pesca il suo gregge sotto un luminoso cielo azzurro. I
pennacchi delle cupole emisferica sono decorati con i simboli alati di quattro
evangelisti. Nelle lunette che stanno nei sottarchi vi sono altre figure sempre legate
al culto cristiano, tra cui San Lorenzo.
Il riferimento planimetrico di questa chiesa può essere ricercato nella Piazza d’Oro
di Villa Adriana a Tivoli.
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Anche in questo caso sono rimaste solamente alcune rovine, che ci mostrano tre
navate colonnate con abside semicircolare all’interno. Incontriamo poi ricche
decorazione lapidea con scultura a traforo per i dettagli dell’ordine architettonico ed
opus sestile per la pavimentazione.
Capitello corinzio, con una lavorazione differente ossia A TRAPANO, con cui si
praticano tutta una serie di buchi non passanti, che costituiscono il disegno delle
foglie sulle quali poi si interviene per la realizzazione delle decorazioni.
Grazie alla favorevole posizione, affacciato sul Mare Adriatico è stato costruito
integralmente in pietra d’istria , un buon calcare in grado di resistere egregiamente
ad agenti atmosferici. La cupola è costituita da un monolite di 470 tonnellate, e di
11 metri di diametro decorato con motivi a tenaglia. Per essere messo in opera è
stato sollevato.
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Esternamente si presenta con una facciata a SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
clienti, realizzata in laterizio. Nella parte
superiore si trova, esattamente al centro, una
grande e larga bifora in marmo, sormontata da
altre due piccolissime aperture, l’una a fianco dell’altra. Il nartece presenta un tetto
spiovente, che scende verso le colonne portanti. La navata centrale, larga il doppio
di quelle laterali, terminava con un’abside semicircolare all’interno e poligonale
all’esterno. La navata mediana è delimitata da dodici coppie di colonne poste una
di fronte all’altra che sorreggono archi a tutto sesto.
Come tutte le altre chiese dei periodi Romani, anche questa al suo interno presenta
delle decorazioni in mosaico. Qui però vi è la netta influenza del mondo bizantino,
che si osserva nei mosaici, con la prevalenza del colore d’oro sullo sfondo. parete
delle navate centrali sono divise in tre fasce bene distinte dalle decorazioni. La
fascia più alta è decorata da una serie di riquadri intervallati dal motivo allegorico di
un padiglione co due colombe. I riquadri presentano scene della vita di Cristo e
sono particolarmente curati nei dettagli.La fascia mediana è composta da riquadri
tra le finestre che incorniciano solide figure di Santi e Profeti dalle vesti ombreggiate
e morbidamente panneggiate. Essi, nonostante l'indefinito fondo oro, si dispongono
su un piano prospettico.La fascia inferiore, la più grande, è anche quella
maggiormente manomessa. Sulla parete di destra (guardando verso l'altare), è
raffigurato il famoso Palazzo di Teodorico, riconoscibile dalla scritta latina
PALATIUM (Palazzo) nella parte bassa del timpano. Gli edifici interni rappresentati
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sono mostrati in prospettiva ribaltata. Trasformando l’intero edificio in una vera e
propria celebrazione del suo impero.
Fondata forse alla fine del V secolo e fedelmente ricostruita dopo un incendio nel
1917. Agli archi della navata creano un ritmo complesso scandito da gruppi di tre,
quattro e ancora tre colonne intervallate da pilastri ; la tomba di San Demetrio,
posta nella cripta, non prevaricava la sorprendente configurazione architettonica
dell’insieme.
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Edifico ebbe grande influenza sull’architettura basilicale bizantina diffusasi
nell’intero bacino del Mediterraneo.
L’ARCHIETTURA AI TEMPI
DELL’IMPERATORE GIUSTINIANO
Essa, più piccola e più compatta di Santa Sofia, è a pianta quadrata, con una volta
ottagonale che forma una zucca, alta circa 21 metri.
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SANTA SOFIA
È uno dei principali monumenti di Istanbul. Dedicato alla Sophia (la sapienza di Dio).
Anche questa costruzione non è l’originale, perché essa bruciò sino alle fondamenta
durante l’insurrezione di Nike del 532. Venne poi ricostruita da Giustiniano.
Gli architetti che realizzarono questa chiesa erano due greci : Antemio di Tralles e
Isidoroda Mileto, costruttori che possedevano solide conoscenze matematiche,
geometriche ed astronomiche.
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L’asimmetria del sistema strutturale ha messo in crisi l’equilibrio dell’edificio:
I decori dei capitelli sono a trapano, tipica dell’arte bizantina. L’intera cupola è
rivestita in mosaico, con sfondo oro. Con la caduta di Costantinopoli tale chiesa
viene convertita in moschea, salvando tutto quello che vi era dentro di cristiano.
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Altro importante edificio che esercitò maggior influenza fu quella di SS. Apostoli.,
distrutta dai Turchi nel 1469. Venne costruita dagli stessi architetti che si
occuparono della realizzazione di Santa Sofia.
Impianto a croce greca,( tipicamente bizantino,), con una cupola sopra ogni braccio
e una più alta alla loro intersezione. vi sono 5 cupole posizionate negli angoli inscritti
nel quadrato centrale, schema chiamato QUINCONCE.
Nel 1453, con la conquista Ottomana di Maometto II, venne trasformata (come
Sanata Sofia) in moschea e successivamente riedificata, tanto che l’impianto
Giustiniano non resta alcuna traccia.
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Come Santa Sofia fu fondata da Giustiniano nell’anno 532, ricostruita nel 564 d nel
740, è preceduta da un quadripartito, da un nartece, al quale segue una campata
che anticipa quella centrale cupolata.
Nel 740, proprio sulla campata d’ingresso, venne costruita una seconda cupola di
impianto però ellittico e non circolare. Fu cosi enfatizzato un impianto che p sintesi
fra quello centrale e quello longitudinale.
Le murature sono fatte di mattoni, spesso lunghi e sottili, legati con una buona
malta di calcio.
La tradizione latina era ancora attiva, per lo meno nelle tecniche esecutive. La
cupola poi è creata attraverso dei tubi fitti ( tubi incastrati tra lo che pesano
pochissimo) e malta di calcio.
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Le colonne e i capitelli sono pienamente bizantini e di provenienza orientale. I
capitelli con pulvini sono lavorati a traforo e dipinti in policromia, come anche i
cassettoni alle imbotti degli archi. La simbologia è quella cristiana. Con le
decorazioni colorate.
Il presbiterio absidale è in asse con uno dei due ingressi muniti di nartece
rettangolare.
L’alzata con incrostazioni marmoree interne e i mosaici che si concentrano nei due
registri, sopra il nuovo testamento, mentre sotto il vecchio testamento.
In questo caso non c’è uno fondo oro, ma abbiamo un fondo pittoricamente reso
paesaggio, con montagne.
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Il fuoco della composizione è il Cristo pantocrator assisto su un globo azzurro, tra
due arcangeli, con il Rotolo di Sette sigilli in mano e una corona trionfale all’alloro
che porge a San Vitale. Assistono alla scena dei cortei di Giustiniano. Il quale venne
rappresentato, assiema alla sua corte, su sfondo oro.
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stata dedicata a sant'Apollinare, il primo vescovo di Ravenna[3], e vi furono portate
le sue spoglie.
A sinistra della chiesa ce il campanile del IX secolo che si alza con la sua forma
cilindrica, mentre le finestre, dal basso verso l’alto, prima sono monofore, poi bifore
e infine trifore.
La basilica è a tre navate con copertura in capriate scoperte, con corpo mediano
rialzato e abside poligonale affiancata da due cappelle absidate.
Le navate sono separate da due file di dodici colonne con fusti di marmo striato del
Proconneso, capitelli a foglie "mosse dal vento" e pulvini con una croce scolpita sul
lato della navata; le colonne sono collegate da arcate.
Al centro della basilica, sul luogo del martirio del santo, è collocato un altare antico.
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Gli edifici che sopravvivo di questo periodo sono soprattutto le chiese, di cui
significativi esempi si trovano nel Peloponneso, a Mistà.
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La pianta della chiesa aveva originariamente un impianto a croce greca inscritta con
5 cupole, tale pianta venne in seguito sostituita con la pianta cruciforme, con una
cupola ali entro della navata e una per ciascuno dei quattro bracci. Il sistema
portante è costituito da piloni in muratura, le pareti sono dei tamponi.
BIZANTINI, ARABI,NORMANNI:
IL CASO SICILIANO
La Sicilia costituisce un caso emblematico di commissione fra culture, sopratutto
dal punto di vista architettonico, nella quale vediamo un assimilazione di influenze
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orientali e occidentali. L’isola, che dal 535 faceva parte dell’Impero
Bizantino,Nell’827 cadde sotto la dominazione degli Arabi.
Fra il 1061 e il 1091 viene conquista dai Normanni, rinnovando i legami culturali con
la corte di Bisanzio, pur conservando alcuni elementi islamici, quali gli archi
cuspidati o a sesto acuto, le nervature e i soffitti alveolari o a stalattiti. Importanti le
fabbriche fondate dal re normanno Ruggero II, come la Cappella Palatina di
Palermo costituita fra il 1132 e il 1143.
Altri significativi movimenti, come le Cattedrali di Cefalù (fondata nel 1131) Palermo
(fondata nel 1172 ), Monreale ( fondata nel 1174) sono espressione di questo
multiculturalismo, fatto di influenze orientali ed occidentali, cristiane e musulmane.
Su queste costruzioni possenti abbiamo il tocco decorativo arabo e bizantino,
quindi fatto da maestranze orientali.
Essa è una piccola cappella, costruita dal re normanno Ruggero II, nel 11232-43. Si
tratta di una combinazione tra
basilica latina e navata bizantina
cipollata. Le colonne e i capitelli
bizantini sostengono archi a
sesto acuto di ispirazione
islamica che la suddividono in 3
navate.
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Nel corso degli anni venne modificata, prolungando le navate. E l’accesso non è più
sull’asse longitudinale, ma viene spostata al lato della chiesa.
Questa chiesa è l’esempio perfetto che mostra il passaggio dalla pianta quadrata
alla cupola tonda, quindi con una pianta ottagonale anche all’interno dell’edificio.
Dove possiamo osservare la decorazione moscata, dove viene raffigurato il Cristo,
su sfondo dorato.
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con un intreccio a tutto sesto che descrive l’arco acuto, archi cerchi a pieno centro
e infine un lungo presbiterio absidato con coro.
Il fulcro decorativo è costituito dal grande mosaico col Cristo Pantrocatore su fondo
oro ( opere di maestranza di origine bizantina).
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Costruita a partire dal 1174 per volere di
Guglielmo II d'Altavilla, re di Sicilia dal
1166 al 1189, è famosa per i ricchi mosaici
bizantini che ne decorano l’interno.
La cattedrale di Santa Maria Nuova si trova nel centro storico di Monreale, adagiato
sulle pendici del monte Caputo.
Nella parte superiore della facciata, terminante con un basso timpano triangolare, si
apre una monofora ogivale ( finestra con una parte affusolata e a simmetria
assiale )incorniciata da una decorazione ad archetti ciechi intrecciati fra di loro.
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Costituisce un caso assai singolare di
influenza bizantina nel cuore della Francia.
Costruzione priva di decorazione, non
arrivano a completare l’edificio. Resta
quindi una struttura nulla, con la presenza
però di blocchi di pietra. Questa tecnica in
Francia sopravvive anche per una maggiore
disponibilità di pietra, e anche perché la
tradizione del laterizio cotto è stata meno
diffusa. La pietra viene tagliata in piccoli
blocchi, quindi facilmente maneggiabili,
legati con malta di calce.
L’ASCESA DEL
SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
MONACHESIMO
Nel periodo intercorrente tra la morte di Teodorico nel 526 e l’incoronazione di Carlo
Magno nell’800, l’Europa occidentale non si isterilì dal punto di ista architettonico.
Una delle più autorevoli forse fu il monachesimo, approdato in Europa nel IV e V sec
nella forma ascetica praticata dagli eremiti cristiani nelle loro grotte o capanne nei
deserti della Siria e dell’Egitto. Questi eremiti in poco tempo cambiarono il luogo in
cui si riunirono, iniziando a recarsi in cenobi, i nuclei dei primi monasteri; da essi si
sviluppò il sistema monastico. Uomini e donne potevano dedicare la propria vita
all’adorazione di Dio.
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ARCHITETTURA CAROLINGIA,
ARABA, OTTONIANA,
ROMANICA
Nel 476 a.C, con la deposizione dell’ultimo imperatore, il giovane Romolo Augusto,
determinata da Odoacre, generale germanico, proclamatosi Rex Italia, cadde
l’impero Romano d’Occidente.
La penisola italiana diviene territorio perfetto per l’espansione e poi lo sviluppo della
civiltà barbarie, i quali invasero l’intera Europa Romana. Il fenomeno si conclude
sostanzialmente con la formazione dei Regni latino-germanici e la fine definitiva del
cosiddetto Mondo Classico (o evo antico) e l’entrata dell’Europa nel Medioevo.
3 Angli, che sono gli isolani della Britannia, e Sassoni, che provengono dalla
Sassonia, Germania, crearono la popolazione degli anglosassoni. Non sono note
date precise, ma si sa che l'invasione iniziò al principio del V secolo, dopo che le
truppe romane lasciarono la Britannia nel 410, con l'iniziale sbarco dei Sassoni in
prossimità del vallo di Antonino, e proseguì per i decenni successivi. popolazioni
arrivano in Italia per colpa di Carlo Magno che li cacciò dalla penisola. Si
stanziarono nell’isola della Gran Bretagna.
Nel 711 gli Arabi, che vengono da sud-est, nell’ottavo secolo invadono la Spagna
(dopo aver sottomesso la Sicilia e l’Italia Settentrionale) . Ad un certo punto gli arabi
tentano di scavalcare i Pirenei, ma vennero fermati da Carlo Martello ( di origini
Franche) nella battaglia di Poities nel 732.
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Nel 732, a Poitiers, il condottiero franco Carlo Martello sconfisse l’esercito arabo
che aveva attraversato i Pirenei nel tentativo di annettere anche la Gallia all’Impero
islamico d’Occidente, che comprendeva già la Sicilia, parte dell’Italia meridionale e
quasi tutte la Spagna. Il figlio di Carlo Martello, Pipino, si autonominò re dei Franchi
nel 751, dando così inizio alla dinastia carolingia. Nel giorno di Natale dell’800, nella
basilica di San Pietro, Carlo,, con il nome di Carlo Magno, figlio di Pipino, si
proclamò imperatore del Sacro Romano Impero.
AQUISGRANA
La prima cittadina che andò a modificare fu Aquisgrana, uno dei grandi centri del
potere del re. Qui fa costruire un palazzo imperiale simili a quello che Costantino
fece costruire per se stesso. Il palazzo viene quindi chiamato Laterano, inserito
all’interno del complesso della Cappella Palatina.
Nel complesso vi è inoltre il grande palazzo delle Udienze, ispirato all’aula palatina
(basilica di Costantino) del palazzo di Treviri (IV sec), essa è una vasta sala del trono
absidata, o sala Regalis, che equilibrava la cappella all’estremità opposta lungo
asse. È presente una statua equestre di Teodorico che richiamava quella di Marco
Aurelio (creduta di Costantino) esposta nel Medioevo appunto al Laterano;
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analogamente, nel vestibolo della capella di Aquisgrana sorgeva una statua in
bronzo raffigurante una lupa capitata da quella capitolina, allora in Laterano.
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ispanico-visigota. Munito di 4 piccole cupole poggiate su trombe coniche nei vani
angolari e di un tiburio finestrato retto da 4 pilastro. L’interno presenta una
decorazione tipica dell’epoca, nella falsa galleria (galleria cieca) nella zona absidale
principale, con un colonnato in pietra uniti da archi a tutto sesto, e decorazione
geometriche. Nel catino absidale una decorazione interamente in oro, che
rappresenta due arcangeli affiancati alla mano di dio che scende dal cielo per
indicare l’arca dell’alleanza (contenitore che contiene le tavole della legge, che
riceve Mose), raffigurazione che annulla la Vergine Maria.
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L’Abbazia di Centula, in Francia. Venne completamente ricostruito in età gotica.
Ma rappresenta uno dei più grandi esempi di abbazia cristiana carolingia, facendo
emergere l’importanza degli elementi che caratterizzano dal punto di vista
architettonico questa popolazione. Questo edificio era caratterizzato dalla presenza
di alte torri all’intersezione fra navate principale e i due transetti, con un
quadripartito che la precedeva; due navate laterali, abside, alte torri all’intersezione
tra la navata e il transetto e sopra l’elaborato Westwerk, nartece. Con il coro
caratterizzato da un’abside notevolmente aggettante, affiancato da due torri scalari
cilindriche e una navata molto articolata con cappelle e gallerie. Gli altari erano
disposti non in maniera organica, ma ci sono più altari: uno in mezzo alla navata,
uno nel presbiterio (capella maggiore riservata ai sacerdoti).
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lessico antico: grandi arcate semicircolari, quasi trionfali; con semicolonne
composite; fascia sopra alla chiave degli assi con una pseudo opera articolata;
sopra alla trabeazione ( che ne divine una cornice) vi sono delle lesene,
assomiglianti a quelle del pantheon, con sopra degli archi a due conci o delle
cuspidi. Comunque si il tetto tradisce la tipica costruzione nordica.
GRAN BRETAGNA
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anglosassone. Mentre la sua architettura
profana rimase prevalentemente in legno,
i missionari romani introdussero un
nuovo sistema costruttivo in pietra e
mattoni. Che venne adottata nelle chiese
come quella piccola di St Jhon a
Escomb, che conteneva frammenti
murari romani riutilizzati: ha una navata
lunga e stretta e un piccolo coro,
entrambi a pianta rigidamente
rettangolare.
Poco è rimasto delle basiliche e delle cappelle galliche di quegli anni, mentre i lavori
in metallo, le sculture in pietra e i dipinti della scuola angloirlandese realizzati nel VII
e VIII sec ci sono pervenuti in quantità sufficiente.
SPAGNA
Negli stessi anni abbiamo anche un grande sviluppo in Spagna. Dove lo sviluppo
architettonico fu reso più complesso dalla conquista, all’inizio dell’VIII sec, di gran
parte del paese, a opera degli Arabi. Nell’estremità nordoccidentale della Spagna,
che non era caduta preda dell’invasione moresca, il regno delle Asturie sviluppò, tra
l’VIII e il X sec, uno stile elaborato e raffinato.
A Noranco, presso Olviedo, accanto al Palazzo Reale e alle terme, re Ramiro I fece
erigere nel 840 una sala palatina, poi consacrata nell’848 come chiesa di S. Maria
di Naranco. Il corpo dell’edificio, eretto a sua volta su di una cripta, è costituito
dalla sala rettangolare alla quale ci si accedeva mediante un ingresso laterale,
attraverso una scala di pietra che conduce ad un vestibolo al centro di uno dei lati
lunghi dell’edificio. La sala o navata è i n comunicazione con archi, con logge aperte
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non vetrate. Gli archi formati le logge sono rette da sontuose colonne con capitello
corinzio, mentre le colonne binate che scandiscono le pareti interne sono
rozzamente scolpite con motivi spiraliformi e sormontata da dei cartelli cubici non
meno rozzi. La volta a botte, in calcestruzzo, chiaramente ispirato al mondo
romano, snervata con dei conci in opera quadrata.
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Corano) formata da 8 archi intrecciati che formano un ottagono o una stella ad otto
punte.
GERMANIA
L’idea imperiale fu tuttavia fatta rivivere da Ottone I il Grande (936-739), che nel 962
fu incoronato imperatore a Roma. Il primo impero ottomano, che sopravvisse fino al
1056, fu meno esteso di quello carolingio infatti il territorio non comprendeva la
Francia ed era limitato alla sola Germania e alcune regioni dell’Italia Settentrionale.
La Francia e la Germania presero strade diverse, sviluppando culture differenti. I
principi vescovi dell’Impero ottoniamo eressero castelli oltre che a chiese.
Molto chiese ottoniane sono state distrutte o ricostruite, ma quella del convento di
S. Ciriano a Gernrode, iniziata nel 959, è un esempio ben conservato di chiesa.
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una successone di campate quadrate ottenute dall’alterazione degli elementi
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Cattedrale Treviri (XI-XII sec),
cattedrale Romana, fondata ai tempi
di Costantino, fu ristrutturata nell’XI
secolo con una facciata dotata al
centro di un’abside che, con le
quattro torri, costituisce a vigorosa
ripresa di un motivo carolingio.
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LA FRANCIA NEL X SECOLO E ALL’INIZIO DELL’XI
Il potere dominate era costituito dalla Chiesa e, in particolare, dai due ordini
monastici dei Benedettini e dei Cistercensi. pur essendo meno feconda
architettonicamente delle Germania, la Francia diede importanti contributi allo
sviluppo dell’architettura delle chiese romaniche, soprattutto nell’organizzazione
spaziale e distributiva della zona del presbiterio e del coro, in relazione alla
crescente diffusione dei pellegrinaggi. In particolare i grandi complessi abbaziali di
Cluny e Citeaux, rispettivamente benedettina e riformata cistercense, esercitarono
un’importante influenza religiosa.
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Abbazia di Cluny II (X sec). fondata nel 910 da Guglielmo, duca di Aquitania.
Rompendo con la tradizione benedettina, secondo la quale ogni monastero era
autonomo, l’abate di Cluny giunse ad esercitare un controllo diretto su almeno 1450
sedi cistercensi. Le successive chiese di Cluny sono conosciute oggi come Cluny I,
Cluny II e Cluny III. Cluny I venne consacrata nel 927, fu sostituita con Cluny II verso
il 955-81, che non fu coperta con una volta a botte fino al 1010 circa; fu a sua volta
sostituita verso il 1088-1130, da Cluny III. La chiesa è molto grande, con le volte a
botte in pietra. La zona absidale di Cluny III era del tipo a échelon, o a gradoni: sui
lati orientali dei transetti si aprivano absidiole racchiudenti gli altari; inoltre le
navatelle proseguivano verso l’abside, oltre i transetti, terminando con absidiole
giustapposte dall’abside principale. La sistemazione esterna, con i due campanili in
facciata e una torre di maggiore altezza all’intersezione fra la navata e il transetto.
Uno dei primi esempi pervenutici di deambulatorio radiale è quello della chiesa di
saint Philibert Tournus, in Borgogna: la costruzione iniziò verso il 1008 e proseguì
fino alla fine dell’XI sec. La facciata dispone di un nartece a due piani e il coro
absidato, con cappelle radiali a livello dia della cripta che del piano terreno, un
westwerk munito di tribuna superiore, di un’aula a 3 navate, con presbiterio munito
di deambulatorio e di tre cappelle radiali. Al di sotto è la cripta, che riprende lo
stesso impianto della sovrastante posizione presbiteriale. La muratura è in pietre
rozzamente squadrate e legate con malta di calce. Spoglie colonne sorreggono le
volte a crociera in pietra e una piccola cupola emisferica domina la prima campata
del presbiterio. La navata centrale è coperta da una singolare sequenza di volte a
botte trasversali impostate su archi a sesto pieno.
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Saint Bénigne, Dijon (1001-18). Fu realizzata nel 1001-18
da san Guglielmo da Volpiano, un colpo abate che aveva
molto viaggiato. edificio cluniacense, parzialmente distrutto,
con atrio porticato, 5 navate, grande torre più torri minori,
I Normanni riuscirono i poco tempo a imporre uno Stato organizzato e potente sulle
due sponde della Manica, in Francia a partire dal 911.
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Abbaye-aux-Dames, Caen ( dal 1062) L’edificio ben rappresenta il sistema murario
normanno, strutturato come una doppia parete, molto spessa e dotata talvolta di
galleria praticabile non solo al matroneo, ma anche al clerestory.
Abbaye-aux-Hommes : L'abbazia è un
grande complesso architettonico costruito
tra il XI e il XVIII secolo. Lo stile
dell'abbazia, il romanico che si stava
diffondendo all'epoca in Europa, risente
delle inflessioni provenienti dalla Renania.
Le torri della facciata, infatti, hanno
un'impostazione affine al Westwerk
ottoniano. L’originaria copertura a capriate
lignee è stata sostituita fra il 1105-15 da volte a crociera in pietra. Uno tra i primi
esempio europei di grandi volte a crociera.
Abbazia di Mont_Saint Michel (XI- XII sec) . La chiesa romanica, unico avanzo
dell’abbazia, costruito dal sec XI alla fine del XII, e di puto stile normanno.
Le pretese al trono di Guglielmo I avevano origine nei suoi rapporti con Edoardo il
Confessore che, prima di morire, lo aveva nominato suo successero al trono.
Edoardo mori nel 1066 e venne succeduto da suo cognato Aroldo. Questo fece
infuriare Guglielmo, tanto che alcuni giorni dopo l’incoronazione sbarcò nel sud
dell’Inghilterra, scontrandosi con l’esercito di Aroldo. La battaglia di Hastings fu
decisiva, le forze di Guglielmo sconfissero Aroldo che morì nello scontro.
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Dal punto di vista architettonico in Inghilterra fu importata l’architettura di due tipi
edilizi diversi: il castello e la chiesa
abbaziale benedettina.
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Conquistatore presso il Tamigi. Coi suoi muri in pietra di Caen da 3,60 m., di
spessore alla base e i suoi 4 piani, in un’epoca di case di legno, terra e paglia,
costituiva l’edificio più straordinario dai tempi di Roma. Il fianco orientale, con
l’angolo absidale, è dominato dalla cappella a 3 navate, con volta a botte poggiata
su possenti archi, pilastri e colonne.
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In Francia, accanto allo stile normanno si sviluppò per suo conto una serie di scuole
romaniche regionali, le più importanti delle quali, oltre che nella Normandia a nord
anche nella parte centromeridionale del Paese. Regioni caratterizzate
dall’architettura delle quattro vie di pellegrinaggio, che partivano da città site in zone
diverse della Francia e che convergevano, sul versante spagnolo dei Pirenei.
soprattutto lungo le vie di pellegrinaggio, che portavano ai Pirenei e quindi a
Santiago de Compostela. In queste chiese troviamo volte a botte in pietra, rette da
un solo ordine di gallerie. Essendo progettate per ospitare non solo cori di monaci o
di canonici, ma anche folte processioni di pellegrini che assistevano a imponenti
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cerimonie, le più vaste erano solitamente dotate di 5 navate, un reliquiario sopra o
sotto l’altare maggiore, un’abside e grandi transetti, tutti provvisti, sul modello di
Tours, di un deambulatorio e di cappelle radiali, destinate a raccogliere reliquie o
alla celebrazione di messe private.
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Abbazia di Cluny III (1088-1130) la nuova abbazia era destinata a competere con
quella di Spira, direttamente sottoposta all’autorità imperiale. Cluny III progettata dal
monaco, musicista e matematico Gunzo, realizzata da Hézelon, anch’egli
matematico. Questo spiega la ricorrenza di misure modulari nel progetto
dell’edificio. Era lungo 183 m e alt 30,5 m. al colmo della volta a botte della navata
maggiore, queste misure erano correlate ad un preciso e completo procedimento
matematico. Questo sistema di proporzioni non fu adottato per ragioni estetiche ma
per comodità pratica. I frammenti superstiti del grande portale di Cluny III attestano
la sua monumentalità e la policromia. Divenne un centro di potere papale in
contrapposizione con quello imperiale. Il timpano, del 1113 circa, del grande portale
della facciata era scolpito con un’impressionante raffigurazione allegoria a Cristo in
maestà, in trono in una posizione tipica bizantina; pur essendo andata distrutta, dei
frammenti rimasti risulta evidente che era dipinta, come lo era la maggior parte della
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scultura dell’antichità. Il portale di Cluny diede avvio alla grande serie di portali
romanici delle chiese abbaziali di Moissac e Conques, in Linguadoca; dell’abbazia
di Vézlay….
PORTALI
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Chiesa di Notre Dame, Poitiers: la facciata è
ricoperta da una ricca decorazione scultorea. Le
torri concluse a cono sono ricoperte da tegole in
pietra disposte secondo un motivo a squame.
IL ROMANICO IN ITALIA
SANT’AMBROGIO A MILANO
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L’interno della cattedrale vi sono delle decorazione tipiche romaniche, create dal
pittore parmigiano Gambara e Girolamo Bedoli Mazzola nella volta. La cupola fu
decorata da Antonio Allegri.
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iscrizione sul portale. Importante all’interno il Ciclo dei Mesi, capolavoro di Antelmi.
L’unica curva a sesto rialzato è quella nel fregio. Nel 1216 l’edificio arrivata al
secondo registro ed era protetto da una copertura lignea provvisoria, i lavori
ripresero nel 1249. La struttura è capitile sono dall’interno perché coperta da una
struttura che porta alla deformazione della pianta. Realizzata per verticalizzare la
risultate, in modo tale da non far aprire il battistero. Non fu una costruzione
semplice perché è estremamente onerosa dal punto di vista dei materiali. Il calcare
di Verona di cui è costituito cessò di arrivate per costruii politici con Ezzelino da
Romano.
Altro Battistero a Cremona, nasce sull’esempio dei battisteri creati con il calcare di
Verona. Interamente costruito in laterizio, con un rivestimento in calcare veronese.
Anche qui ci si ferma, mostrando il nucleo di muratura e il rivestimento. Le logge si
riducono. Organismo cupolaro a spicchi.
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colore. Anche qui vi sono tracce del terremoto del 1117, che abbatte numerosi
dicidi in tutto il nord Italia non danneggiò però la cattedrale di Modena, che
all’epoca era coperta da capriate lignee ed era priva di volte (costruite fra 1437 e
1455). Essa venne presa ad esempio per la costruzione di altre chiese come la
cattedrale di Ferrara, Parma e Piacenza. Ai maestri campionessa, subentrati nel
cantiere nel 1167, oltre alla Porta Regia, si possono fra le altre cose attribuire: il
rosone di facciata , il pontile, la guglia della Girlandina.
Basilica di san Zeno ; Verona. Sorge su una chiesa antica danneggiata dal
terremoto del 1117. Viene poi ingrandita, granzie all’opera di Giovanni e Nicolò da
Ferrara. Il rosone, che fu opera di Brioloto, è decorato da sei state che raffigurano le
alterne vicende umane : la prima figura rappresenta l’uomo saldamente sul trono,
che poi precipita, continuamente schiacciato dalla sentirà e infine è in ripresa e
risalita. La porta; le scuolure mostrano episodi del Vecchio e Nuovo testamento e
della vota di Teodorico. Sono attribuite ai maestri Guglielmo e Niucholaus da
Ferrara. Il protiro: con la figura di San Zeno che calpesta il grafo del paganesimo e
consegna le insegne di Verona agli equites e ai pedites del Comune, è opera di
Nicholaus da Ferrara. Sulle trabeazioni risvoltate sono i 12 mesi dell’anno. La
grande porta a due battenti ciascuno dei quali esibisce con 24 formelle in bronzo
raffiguranti scene del vecchio e nuovo testamento e delle avi di san zeno. Le
formelle sono opera di almeno due autori diversi, uno dei quali dovrebbe essere
maestro Nicholaus. Una serie, forse più antica, possiede caratteri simili alla formelle
bronzee del San Michele ad Hildesheim. Le formelle di dimensione maggiore sono
perimetro da un fregio di listelli a traforo che negli incroci è “legata” da una ventina
di mascherine raffiguranti volti umani od animali ad otto figure di re ed è incompleto
in alcuni punti. La basilica fu finita nel 1397, con rifacimenti del soffitto a crarena
rovesciata e dell’abside in stile gotico.
Firenze:
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chiesa iniziò nel 1013. Numerose sono le citazioni anche nell’impianto, nella
costruzione e ornamentazione, nella scansione geometrica della superfici interne ed
esterne. Sopra vi è un
tempio, con 4 appoggi e una
trabeazione. È una basilica
molto semplice con 3 navate
e un’abside in fondo. Ha un
podio e una sorta di cripta al
di sotto. La chiesa è stata
edificata al di sopra di una
precedente luogo di culto
eretto ove si diceva fossero
conservate le spoglie del
martire paleocristiano San
Michele. L’interno della chiesa
esibisce una scansione a 3 navate con presbiterio e con coro rialzati su una
piattaforma per la grande cripta. Davanti al pontile con pulpito è un elegante ciborio
( cappella del crocifisso) con volta a botte
cassettonata eseguito nel 1447-48 da Michelozzo
di Bartolomeo. il catino absidale è decorato da un
grande mosaico del Redentore tra la Madonna e
San Miniato. Il pavimento itarsiato risale al 1207.
Lucca :
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S. Martino: altrettanto singolare è la facciata, del 1204, della cattedrale di S.
Martino, che divenne meta di pellegrinaggi, essendovi conservato in un tempietto il
Sacro Volto, crocifisso ligneo vestito di una tunica che, secondo la tradizione,
astenne stato scolpito da san Nicodemo.
Pisa : il complesso è un a grande piazza, posizionata sul terreno più giovane della
città, una volta area paludale. All’interno del piazzale abbiamo la cattedrale, il
battistero della cattedrale e il camposanto (il cimitero recintato. ) il camposanto è
un commesso monumentale. La Cattedrale fu la prima ad essere iniziata nel 1067,
poi il battistero nel 1153. La torre Camponaria nel 1174 e infine il campo santo risale
al 1276. L’intero complesso venne realizzato dopo la vittoria della flotta pisana sui
Saraceni presso Palermo.
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Salomone. Rivestimento: ….. nella figurazione dell’ERCOLE Nicola Pisano esibisce
la sua adesione…
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GOTICO
PRIMO GOTICO
Il periodo del gotico rappresenta una vera e propria rivoluzione. Il termine “gotico”
venne utilizzato inizialmente in modo dispregiativo, infatti significa “barbarico”. Lo
stile gotico nacque nella regione di Parigi -l’Ile-de-France- nel quarto decennio del
XII secolo. L’architettura gotica però non ha niente di barbaro, essa viene chiamata
così perché non contiene nessun elemento tipico del rinascimento. Infatti, lo stile
gotico introduce elementi come:
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profilo della curva delle pressioni (catenaria) che corrisponde all’andamento delle
pressioni in un arco acuto. Dinamica di rottura per quanto riguarda
l’avvicinamento dei piedritti: l’arco se sottoposto a spinte dell’imposta, 3 sono i
punti di rottura in corrispondenza della tangenza all’arco della curva degli sforzi
interni. Uno dei problemi legati all’utilizzo dell’arco a tutto sesto sono le misure di
lunghezza e altezza, mentre il vantaggio dell’arco acuto è la possibilità, a parità di
diametro, di deformarlo a piacimento, potendo anche allineare le chiavi di arcate
di luce differente. In più essendo ottenuto dall’incrocio di due mezze circonferenze
i conci che costituiscono questo arco non sono altro che i conci che costituiscono
i due semicerchi, potendo così realizzare molti più archi. Gli archi realizzati con la
tecnica a piccoli blocchi, con l’utilizzo di pezzi standard; consente anche
un’economia delle centine per la sua maggior snellezza; rendeva meno percettibili
gli errori di tracciamento. In termini estetici: eliminazione della massiccia struttura
muraria e della frontali delle chiese romaniche in favore di una struttura più
leggera e diafana, che valorizza maggiormente le linee e le vedute diagonali.
L’arco acuto di utilizza per : costruire archi di grandi dimensioni (i più difficili da
realizzare per le grandi spinte); allineare le chiavi di arcate di luce differente (come
all’inizio del gotico, nella chiesa di Noyon): l’arco a sesto acuto permette di
ottenere archi della stessa luce con differenti altezze o, viceversa, archi della
stessa altezza con luci differenti.
• La suddivisione degli spazi interni in una successione di celle nervate, così che gli
edifici godici, grandi o piccoli, religiosi o civili, risultano articolari in modo analogo
a uno scheletro;
Il Gotico si sviluppò cronologicamente dal primo stile francese del XII secolo in una
versione più elaborata, nota come Gotico rayonnant (radiante); a essa seguì in
Francia una versione più ricca, detto Gotico flamboyant (fiammeggiante), diffusasi in
molte parti d’Europa, ma non in Inghilterra, dove la progressione del semplice stile
archiacuto del XII secolo al più elaborato Decorsted Style (stile ornato) si conclude
nel Perpedicular Style (stile perpendicolare).
Questa nuova architettura si sviluppò mentre l’Europa stessa entrava, dopo il 1110,
in una nuova fase do stabilità e prosperità.
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nartece con due torri (di cui una rimasta incompleta) e il rosone centrale
(diventando, probabilmente, la prima facciata di questo tipo). Ispirandosi forse alla
chiesa normanne di Caen. L’interno costituisce una grossa novità: la porzione dello
chevet, facendo penetrare più luce all’interno. Perché puntare sulla luce? Non solo
per un aspetto simbolico, ma anche per l’utilizzo di una serie di nuove tecniche: la
parete si smaterializza, i sostegni sono costituiti da pilastri e colonne, utilizzando
come copertura l’arco acuto, con la particolarità di una campata trapezia, non più
quadrata.
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GEOMETRIA DELLA VOLTA A CROCIERA
La crociera fu la volta più impiegata nelle costruzioni gotiche. Ogni campata era
configurata da: 1) ares doubleaux (trasversali alla navata); 2) ares formerets
(longitudinali, compresi nei muri laterali).
Con l’adozione di archi ogivali (un arco il cui profilo è costruito da due archi di
cerchio intersecanti in modo da formare un vertice alla sommità) semicircolari e
archi acuti a definizione della campata fu ribaltato il problema che aveva angustiato
i costruttori romanici: essi, partendo da curve regolari, ebbero difficoltà a definire il
tracciato delle loro intersezioni, il cui andamento era ellittico e irregolare. Non
sempre la quota della chiave degli archi formerets e doubleaux era però parificata a
quella degli archi ogivali. Le curve delle volte (nell’uno e nell’altro caso) erano
ottenute rispondendo i blocchi fra egli predisposte linee di intersezione con
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andamento calante dei corsi fra le sezioni degli archi ogivali semicircolari e le
corrispettive degli archi acuti.
Con questo espediente i costruttori sono pronti a sfidare la forza di gravità: una
volta crociera gotica veniva costruita utilizzando delle centine molto leggere,
partendo a costruire i profili degli archi, retti dalle centine. Per poi disporre con un
altro tipo di centine delle vele. La deformazione dell’ellisse dell’arco determinava
l’irregolarità che andava sulle vele. L’importante era vedere la perfezione geometrica
dell’arco, per questo vi sono ancora in alcuni archi dei costoloni.
ESEMPI:
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geometrica, come si può osservare nelle torri dove viene celebrata la forza e il
servizio reso ai costruttori dei buoi, indispensabili per il trasporto dei pesanti carichi
di pietre. All’interno la navata maggiore è coperta da volte esapartite (volte a
crociera divise in 6, che ha un settimo arco che taglia sulla mezzeria
trasversalmente, questo per creare 6 vele che servono a raccordare la grande
campata quadrata con le due crociere minori che si trovano accanto alla navata
principale, di fatto la partizioni coincide con gli innesti) impostate su archi acuti, le
minori da crociere a pinta quadrata. Dagli abachi delle eleganti colonne partono
pilastri politici filiformi che si ricongiungono ai costoni. Le pareti, che risultano oggi
spoglie, erano intonacate.
Cattedrale di Notre Dame, Fracia (dal 1163) molto importante è la facciata, che
venne ristrutturata da Viollet-le-duc. È più evidente la
strombatura dell’arco trionfale, privo come è di
ghimberge, più ordinata e regolare la scansione
orizzontale dei registri architettonici. Il rosone è
affacciato da due bifore monumentali. Al di sopra un
esile loggiato ad archi acuto prelude alle altissime
bifore delle 2 torri. L’intento della cattedrale venne
modificato nel 1230 quando i quattro piani originari
furono ridotti a soli tre. Il vetro che costituisce il
rosone venne colorato nel momento di realizzazione
del vetro stesso. Lo stesso rosone è una struttura
portante, su cui appoggiato i telai. La realizzazione fu
molto costoso, ma al tempo stesso l’effetto che si ha
all’interno è spettacolare. Nel 1230 viene eliminato il
triforio. La bellezza della cattedrale sta nella razionalità
dell’impianto: la chiesa è tutta inscritta in un
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perimetro, non c’è niente di gettante. È una chiesa costituita da una 1 navata
centrale e 4 navate
laterali coperte da volte a
crociere esepartite, con
uno pseudo transetto
entro il profilo dei
contrafforti, uno chevet.
Per prevenire un possibile
crollo furono aggiunti nel
1180 (quando ancora i
registri erano 4) gli archi
rampanti. Utilizzati anche
per lo scolo dell’acqua e
della stabilità dell’edifico
stesso. (Pinnacolo: serve
per verticalizzare le
forze ). La tendenza
dell’architettura gotica
sarà quella di snellire
sempre di più la parte
strutturale dell’edificio.
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ne sono state realizzate solo 2. Gli esili pilastri polistili, che dal pavimento giungono
alla linea d’imposta delle volte, dove si fondano con le nervature. Il costruttore
aveva evidentemente dedotto che gli archi rampanti sarebbero stati sufficienti a
dare stabilità alle alte volte, senza che si rendesse necessario l’utilizzo si un ulteriore
sostegno.
GOTICO MATURO
La differenza principale tra i due gotici è lo snellimento sempre più visibile dei vari
elementi strutturali dell’edificio.
Esempio del gotico maturo è la Catterdrale Bourges (dal 1195). Non ha più il
matroneo, ha un alto registro di arcate acute, con pilastri poliesteri che partono da
terra che con le varie nervature vanno fino in alto. Altezza molto maggiore delle
arcate, con una pianta molto più compatta e lineare, con le ripartire sull’arcata
principale e le due navatelle accanto.
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Cattedrale Amiens ( dal 1220) progettata da
Robert de Luzarches che edificò la chiesa
sulla precedente romanica, distrutta da un
incendio. Le volte sono ancor più alte: quasi
42,5 m di altezza. Anche i trafori seguono un
evoluzione: le quadrifonie (un tipo di finestra,
divisa verticalmente in quattro aperture,
divise da tre colonnine o da pilastri o altro, su
cui poggiano quattro archi, a tutto stesso o
acuti) sono qui sormontate da tre anelli di
trafori, così che la parete sembra dissolversi
in una superficie vitrea intessuta di membrane
in pietra simili alle venature di una foglia. 2 torri, 3 navate, 3 registri trafori, ampio
transetto, chevet a 7 cappelle, volte alte 42,50 m.
GOTICO RADIANTE
La prima fase del Gotico radiante francese è noto talvolta come stile cortese, per la
sterra connessione con il regno di Luigi IX ( 1227-70), canonizzato nel 1297 come
S. Luigi di Francia. Non punta alla verticalità, ma alla leggerezza e alla trasparenza,
alla raffinata eleganza quasi metallica e fragile di decori e trafori. La severa linearità
della decorazione dello stile cortese è sinteticamente espressa nei tre capolavori del
quarto decennio del XIII secolo: la cattedrale di Troyes; la ricostruzione della chiesa
abbaziale di Saint- Denis, la cappella di Luigi IX a Saint-Germain-en-Laye.
Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, Troyes ( dal 1208) triforio e claristorio sono
estremamente vetrati e fra loro collegati., alla fine di un
processo iniziato nel 1220.
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Verso l’interno il triforio diventa una gallerie senza vetri. all’interno claristorio e
triforio sono integrati sui due registri da esili semicolonne. Questa soluzione è la
stessa adottata nel Coro di Amines e di Beauvais e porterà alla parete interamente
vetrata. Nella prima metà del XII secolo, Sugerio, consigliere dei re Luigi VI e Luigi
VII e abate di Saint-Denis dal 1122 al 1151, volle rinnovare la vecchia chiesa
carolingia. Spinto da esigenze estetiche ma anche da necessità teologiche e
politiche. La struttura romanica originaria viene abbattuta per essere sostituita da
una monumentale Facciata armonica con nartece.
Reinterpretazione normanna del Westwerk romanico,
dove la massa architettonica appare tripartita
verticalmente, aperta in basso da tre portali dalle ricche
decorazioni scultoree e serrata da due torri.
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Cattedrale Saint-Urbain a Troyes (dal 1262) fondata dal pontefice francese
Urbano IV in onore del Sio santo patrono e per commemorare il proprio luogo di
nascita. All’esterno i frontoni aguzzi e i pinnacoli generano nervosi assottigliamenti,
mentre all’interno il triforio è ormai scomparso: la chiesa è a due piani, con pareti
quasi interamente vetrate, separate da fragili trafori. In questa architettura le vetrate
aumentano per estensione e luminosità: ai colori intensi (rosso e blu) delle vetrate
precedenti si sostituiscono vetri bianchi e grigi che creano un effetto più freddo e
chiaro.
GOTICO FIAMMEGGIANTE
Esso è un gotico tardivo, questo prece nel 1340 scoppia la guerra dei 100 anni.
Paladina di questa guerra fu Giovanna D’Arco. Questa guerra fu dal punto di vista
economico logorante, portò ad un rallentamento dell’attività costruttiva.
Nonostante ciò in quel periodo furono poste le basi dell’ultima fase del Gotico
francese, lo stile noto come Gotico flamboyant. Questo gotico è caratterizzato da
trafori con motivi a doppia curva, simili a fiamme levantisi verso l’alto.
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Questo stile fiorì con particolare vigore
nella Francia settentrionale. La fantastica
facciata pentagonale di St Maclou a
Rouen è il risultato dell’aspirazione a
dissolvere il volume pieno in una polifonia
diagonale di ornati a pinnacoli, che
svanisce impercettibilmente nell’aria
come una scintillante foschia di carole. Le
torri e le guglie si presentavano meglio
delle facciate a questo trattamento.
CHIESE A SALA
A partire dalla fine del XIII secolo si costruiscono cattedrali in Gotico rayonnant nella
Francia meridionale e occidentale, proseguendo la proprio a tradizione delle chiese
a sala vale a dire delle chiese con navate laterali della stessa altezza della navata
centrale: ne è un esempio la cattedrale di Poitiers. Le chiese a sala furono
predilette dell’Ordine francescano e da quello domenicano, istituiti all’inizio del XIII
secolo.
Una tradizione, che si scostava con i modelli del Gotico maturo, è la sostituzione
delle navate minori con cappelle laterali; uno dei primi esempi in un chiesa gotica è
reperibile verso il 1270 nella navata della chiesa domenicana di S. Catalina a
Barcellona.
IL GOTICO IN INGHILTERRA
Il lessico formale del Gotico flamboyant era stato preannunciato dal tardo stile
ornato o curvilineo in Inghilterra: in alcune chiese infatti è possibile vedere
un’influenza inglese.
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le semicolonne, i capitelli scolpiti a foglie di acanto,
gli archi acuti e il deambulatorio semicircolare. Nel
1178 Guglielmo si ferì gravemente cadendo da
un’impalcatura. Fu sostituito dall’inglese Guglielmo
l’inglese che innestò sul coro la Trinity Chapel, con
colonne binate ispirate a esempi della Francia
nordorienale, e la cosiddetta Corona circolare
entrambe destinate ad accogliere le reliquie di
Thomas Bechet, arcivescovo assassinato nella
cattedrale. L’allungamento della cattedrale, con il
lungo Coro dotato di un secondo transetto, la
Trinity Chapel e la corona, costruiscono una
prerogativa tutta inglese che non trova riscontro
nell’architettura francese. Numerose sono le
citazioni normanne che troviamo nella cattedrale:
arcate a pieno centro, matroneo, claristorio, mentre
gotiche sono le volte a crociera impostate su archi
acuti. un’altra differenza rispetto alle chiese francesi è data dall’estrema lunghezza
della cattedrale, che era già stata raddoppiata del 1096-1130.
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inglese. Nel coro vi sono delle arcate cieche incrociate normanne. La facciata gotica
(parte che va al di sopra della cornice e che prosegue fino alle torri) si fuse con il
nucleo normanno (dall’arco trionfale in giù). Lincoln p anche notevole per l’uso
continui della parete angloknormanna di elevato spessore o a doppio guscio, dove
viene riproposta in chiave gotica a sovrapposizione di archi. La biconimia è data dal
contrasto fra pietra chiara e marmo nero di Purbeck.
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che fa uso di
Sala capitolare: la volta è retta da pilastri perimetrali, dal pilastro centrale che regge
il cuore della cupola.
LO STILO ORNATO:
Il periodo maturo dello stile ornato si sviluppa a partire dal 1290, caratterizzato da
trasparenza delle superfici ed uso delle curve inflisse, cioè doppie, che compaiono
per la prima volta nelle Croci di Eleonora, erette da Edoardo I nel 1291-94.
Cattedrale di Wells: gli interventi iniziati nella cattedrale di Walls verso il 1285 e
continuati fino al quarto decennio del XIV secolo. Nella sala capitolina, a pianta
ottagonale, è riproposto il motivo di foglie di palma: 32 costoni scaturiscono dal
pilastro centrale per incontrarsi con quelli irradianti dalle otto semicolonne sul
perimetro del locale. Lo stesso effetto è in parte presente nella Lady Chapel, a
pianta ottagonale irregolare, con due pilastri rivolti verso il presbiterio, che si
compenetrano ambiguamente con il retrocoro, notevolmente basso. Questo gioco
spaziale, che comporta un’accentazione delle vedute all’intersezione tra navata e
transetto, è ripreso in due altre importanti innovazioni introdotto nella Lady Chapel:
gli archi inflessi tridimensionali dei sedili (i saggi scolpiti per il clero sul lato
meridionale del presbiterio) e la volta a liernes, cioè con nervature non portanti, che
non hanno origine né dalla chiave, né dagli elementi d’imposta, ma sono introdotte
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per configurare motivi decorativi a forma di stelle. Nella cattedrale questo tema
raggiunse l’apice nella volta, dove l’assenza di costoloni diagonali e longitudinali
offusca la distinzione tra le campate in favore di una decorazione continua, formata
da grandi losanghe cuspidate di differenti dimensioni. L’ultima grande novità di
Wells è costituita dagli straordinari archi di rinforzo introdotti nel quarto decennio del
XIV secolo all’intersezione fra navata e transetto, per contribuire a sostenere il peso
della torre.
Il motivo delle liernes raggiunge il suo apice nella volta del Coro,
dove l’assenza di costoloni diagonali e longitudinali rende difficile
distinguere le campate e favorisce la percezione di una
decorazione continua costituita di grandi losanghe
quadrangolari ed esagonali.
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Lo stile ornato è visibile anche nella chiesa di St. Mary Readcliff, sempre a Bristol.
Il portale risente di influenze arabe, costruito com’è con un profondo mistilineo a 6
curve inflesse. Le guglie sono riccamente traforate a giorno e ornate. Il vestibolo
esagonale venne aggiunto nel 1325.
LIERNES:Il termine lierne deriva dal francese lier (legare). Diffuso in tutta Europa
nell’architettura gotica (fine del XIII-XVI secolo), lierne indica un costolone, di ridotta
lunghezza e senza funzione strutturale, che collega la chiave di volta con altre
nervature. L’utilizzo del lierne ha dato origine a un tipo di volta denominata lierne
vault o stellar vault caratterizzata da reticoli a rombi e a losanghe.
STILE PERPENDICOLARE
Il gotico rayonnant nell’abbazia di Westmister alla metà del XIII secolo continuò in
alcune parti d’Inghilterra settentrionale. Questo stile diede tuttavia origine anche a
due tendenze contrastanti: il gotico ornato e il gotico perpendicolare. Quest’ultimo
definito così in quanto è caratterizzato dall’impostazione secondo uno schema
rettilineo della composizione architettonica e decorativa, fondato sull’iterazione di
pannelli con terminali cuspidi.
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le superfici delle pareti erano vivacizzate da traforature
cieche, presenti anche sugli scomparti verticali dei
parapetti delle finestre all’interno, e i suoi montanti
proseguiti sotto le finestre all’esterno. L’edifici fu
costruito dal magistra Michele di Canterbury, al quale
succedette il figlio nel 1323, che proseguì con la sala
capitolare del chiostro. Le volte della chiesa inferiore
esibisce la prima liernes, mentre le pareti erano decorate
con archi inflessi. Nell chiesa inferiore compaiono per la
prima volta le volte quadricentiche caratteristiche del
gotico perpendicolare. Anche qui era rutto vivacemente
dipinto. Purtroppo nel 1834, un incendio distrusse
l’intera struttura che du soggetta ad un interale restauro
ricostruttivo.
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vetro, articolata con trafori, composta dagli stessi pannelli cuspidati che ornano le
pareti.
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EUROPA CENTRALE E
MERIDIONALE
La Germania, l’Italia e il resto d’Europa centrale, Belgio..adottarono il gotico in un
periodo successivo rispetto alla Francia o all’Inghilterra; le loro realizzazioni più
significative sono quindi risultate prevalentemente tardo gotico. Questo perché
all’epoca si pensava che uno stile tardo corrispondesse ad uno stile decadente
rispetto alle sue prime manifestazioni.
GOTICO IN GERMANIA
Lo stile gotico ha successo anche in Germania. Qui però vi sono degli esempi
differenti uno dall’altro.
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eccessivamente ambizioso e nel Medioevo ne fu realizzato solo il Coro. La navata e
le torri risalgono al XIX sec e furono eseguiti dopo la riscoperta dei progetti originali.
La Cattedrale fu danneggiata nel corso della Seconda Guerra Mondiale e quindi
restaurata dopo la fine del conflitto. Superano i 43 m di altezza nelle volte.
In Italia e in Francia, gli Ordini mendicanti manifestarono, a partire dal XII secolo,
una particolare predilezione per le chiese a sala. In Germania questa tradizione
trovò una precoce ed elaborata espressione nella chiesa parrocchiale della S.
Croce a Schwaebisch- Gmund (dal 1320). Heinriche Parler, nato nel 1290, realizzò
la chiesa, introducendo articolati elementi decorativi all’esterno all’interno, con
contrafforti, guglie e trafori ciechi e a giorno. I semplici pilastri cilindrici con capitelli
ridotti al minimo della navata percorrono anche il Coro iniziato nel 1350 su modello
delle chiese a sala e forse già da Einrich Parler o da suo figlio Peter.
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DINASTIA DI PARLER: questo tardo tale è particolarmente connesso ai Parler, una
dinastia di capomastri attivi nella Germania meridionale e soprattutto in Svevia e in
Boemia, particolarmente a Praga, dove si crearono per più generazioni legami
professionali attraversi opportuni matrimoni.
IL GOTICO A PRAGA
L’imperatore Carlo IV nel 1344 fondò a Praga la nuova cattedrale, S. Vito, su
progetto di Mathieu di Arras, architetto francese, forse attivo per la Cattedrale di
Narbona e per il Palazzo di Avignone. Mathieu usava già elementi funzionali a scipo
decorativo, ad esempio nei pinnacoli collegati ai confrattorti dea zona absidale della
cattedrale di Praga. Nel 1356 subentrò nel cantiere Peter Parler che interruppe lo
chevet di influenza francese con deambulatorio e cappelle radiali inserendo (al lato
nord) una sagrestia a due campate (1356-62). Nel 1366-67 Parler aggiunse sul lato
sud la grande cappella quadrata di S. Vanceslano che occupa parte del transetto e
adornò di pietre pregiate: contrariamente alla tradizione, questa cappella assorbe
parte del transetto meridionale, che egli dotò. Voltando tutti questi ambienti con
tiercerons e liernes ed eliminando i capitelli sui pilastri; le singolari nervature
rampanti della sacrestia e del portico. Nei piani superiori del coro di Parler a Praga,
costruito nel 1374-85, la valorizzazione delle diagonali è ottenuta facendo avanzare
ad angolo smussato le estremità inferiori ondulato è ripreso nelle finestre del
clerestory, dotata anche di nicchi a edicola disposte obliquamente, con sommità
inflisse cuspidate.
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Coro della cattedrale di Aquisgrana: il coro aggiunto tra il 1355 e il 1414 alla
cattedrale, luogo di incoronazione degli imperatori tedeschi, è un altro capolavoro
commissionato da Carlo IV. Il contrasto tra il basso e massiccio ottagono della
Cappella Palatina del IX secolo, dove Carlo era stato incoronar nel 1349, la
gigantesca e slanciata gabbia in vetro.
IL GOTICO A VIENNA
il coro a sala della cattedrale venne commissionata da Carlo IV, ed è del 1304-40,
la navata e le torre furono iniziate nel 1359, mentre la volta reticolare della navata fu
costruita nel 1446. Ogni torre contiene una cappella, con una volta in cui le
nervature rampanti terminano in chiavi pendule. Le prime di queste volte risale al
1370 circa, mentre la splendida torre meridionale è databile intorno al 1370-1433 :
la dissoluzione dei diversi livelli in una terna di pinnacoli, edicole, trafori, crochets ( è
la parte superiore di una sostegno posto
direttamente a contatto con un elemento
sostenuto) percorre significativamente le
torri a giorno.
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LA GRANDE TERRA:
Cattedrale di Ulm : nel 1392 Ulrich von Ensungen divenne architetto proseguendo
l’opera iniziata dai Perler. L’alto portico a 3 fornici (ultimato nel 1434) è posto alla
base della grande Torre centrale alla facciata, che, dopo il 1419, fu proseguita da
Mattgeaus von Ensingen (figlio di Ulrich). Nel 1399 Urlich continuò a lavorare alla
facciata della chiesa di Strasburgo, il suo successore, Johannes Hultz, a partire dal
1419 accentuò nella fase finale della costruzione il carattere fantastico della torre di
Friburgo, e la sua griglia divenne una sorta di piramide gotica gradonata e
trasparente. Contrafforti della navata laterale destra con gli archi rampanti della
volta principale. I pilastri sono cilindrici, i capitelli ridotti al minimo, le volte delle
navate laterali sono a liernes.
IL GOTICO IN ITALIA
L’Italia adotta in ritardo lo stile Gotico che ebbe espressioni meno evidenti a casa
del robusto retroterra classico dell’area. Questo dovuto anche al fatto che in Italia
dominava in quel periodo il Classicismo, noto come Rinascimento.
I primi importanti edifici gotici italiani sono due chiese francescane: la basilica di
Assisi e la basilica di Bologna.
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splendidamente alla rappresentazione pittorica a
fresco delle vite dei santi, che ornano le pareti
dei tante chiese italiane. Costruita in un collina,
sopra un’importante cripta che forma una chiesa
inferiore, la basilica ha una semplice croce latina
priva di navate laterali, ha un interno che mostra
una maggiore comprensione del gotico, a pianta
basitale con navatelle, un deambulatorio dotato
di cappelle radiali a archi rampanti. Il materiale
utilizzato per la realizzazione della basilica è il
mattone rosso locale, materiale molto semplice.
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progettata da Arnolfo di Cambio. Alla sua morte, nel 1302, doveva esser completata
la parte del coro e del transetto con late cappelle. È nota come il “Tempio dell’Itale
glorie” in quanto vi si conservano spoglie dei
grandi del passato. Il parametro è in semplice
pietraforte.
Duomo di Orvieto : la costruzione della chiesa fu avviata nel 1290 per volontà di
papa Niccolò IV, allo scopo di dare degna collocazione al Corporale del miracolo di
Bolsena. Disegnato in stile romanico da un artista sconosciuto (probabilmente
Arnolfo di Cambio), in principio la direzione dei lavori du affidata a fra Beignate da
Perugia a cui succedette ben presto, prima della fine del secolo, Giovanni di
Uguccione, che introdusse le prime forme gotiche.
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Duomo di Milano: a Milano, alla fine del XIV secolo, venne data esecuzione a un
tentativo serio, anche se non riuscito, di edificare una cattedrale coerente con la
prassi costruttiva francese. Per essere assistiti alla costruzione del grande duomo a
pianta basilicale a cinque navate, ispirato alle cattedrali di Bourges e di Le Mans, tra
il 1387 e il 1401 i Milanesi chiesero il contributo di diversi architetti campionessa e
bolognesi, dei parigini Nicolas de Bonaventure e Jean Mignot, dei tedeschi Von
Freiburg e Hnas Parler. L’interno è di impressionante grandiosità, a cui conferiscono
risonanze di tono quasi antico i
pilastri, dai curiosi capitelli in forma di
edicole contenenti statue, che
richiamano in qualche misura le
colonne con sculture. La ricca
solennità è accentuata dal marmo
rosa di Candoglia che riveste sia
l’esterno e l’interno.
RINASCIMENTO
Gli eruditi del Rinascimento attingevano largamente alla letteratura classica. Con lo
sviluppo della città-stato si formò in Italia una nuova classe di funzionari laici che
coltivavano il latino, la filologia, la grammatica e la retorica. Leggendo i classici a
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scopi letterali, questi umanisti instaurarono un clima intellettuale nel quale era
opinione sempre più diffusa che non solo i resti classici erano validi in se stessi, ma
anche la civiltà che li aveva prodotti avrebbe dovuto essere presa come modello per
la rinascita culturale. In Italia vediamo una rinascita dell’architettura classica che qui
sopravvive come ricordo perenne dell’antico romano.
In Italia tale periodo viene identificato con umanesimo, dove l’uomo viene posto al
centro. Con tale periodo c’è una presa di coscienza dell’individuo, sotto l’aspetto
filosofico e tecnico, trasformandosi in super uomini.
Brunelleschi, figlio di un notaio, nasce nel 1377 a Firenze e muore nel 1446. Il primo
vero architetto dell’Umanesimo.
Firenze è la capitale economica e sociale. Città che non aveva mai dimenticato il
passato classico dell’Italia. Il cosiddetto Protorinascimento dell’XI e XII secolo aveva
dato origine ad edifici come S. Miniato al Monte, progettato secondo uno stile
classico attraente ed elegante. Questo periodo a Firenze vediamo emergere la
figura del banchiere, una figura di grande rilievo dal punto di vista sociale, negli anni
si è talmente tanto arricchito da poter finanziare la realizzazione di grandi edifici e di
grandi opere artistiche, per dimostrare la raggiunta ricchezza economica. Una delle
più ricchi famiglie di Firenze sono gli Strozzi
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1. La cupola di creste e vele: è un tipo di
volta composta. Ha la forma di cupola
ma è suddivisa in spicchi identici da
costoni, viene utilizzata in ambienti
poligonali con unghie simili a quelle
delle volte a crociera.
Santa Maria del Fiore: Ritornato a Firenze si concentrò sul problema della cupola
Santa Maria del Fiore (di cui il progetto lo si può trovare all’interno del dipinto di
Andrea Bonaiuti in Santa Maria Novella )( progetto di Arnoldo di Cambio -1367). La
chiesa venne iniziata, procedendo con la navata, il tamburo… fino a decidere di
aggiungere un attico, alzando il tamburo. Ma realizzato l’innalzamento ci si accinge
che questo non sarebbe mai stato
possibile. Questo fa fermare il
cantiere. Viene bandito un concorso di
idee per la risoluzione di tale
problema. Brunelleschi, dopo essersi
consultato con il matematico Giovanni
dell’Abaco, presenta nel 1418 un
modello rivoluzionario, eseguito cioè
non in legno ( come era prassi
dell’epoca), ma in mattoni legati da
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malta di calcio, posti in opera senza alcuna armatura, senza alcuna centina di
grandi dimensioni. È una cosa che viene tentata anche da Lorenzo Ghilberti, che
realizza un modello di cupola realizzato in “mattoni piccolini crudi”. Scelsero infine
l’idea di Brunelleschi e realizzata tra il 1420 e il 1436.
Brunelleschi introduce una serie di straordinarie innovazioni, arrivate a noi non solo
grazie alll studio dell’edificio, ma anche grazie a dei documenti:
• Cupola a padiglione: cupola fatta di 8 spicchi e costoloni tra uno spicchio e l’altro.
Questi spicchi sono collegati con un’unica nervatura, incastrata. Non ce
discontinuità tra i costoloni e le vele. Addirittura la loro costruzione è
perfettamente concatenata.
• Non è una cupola a tutto sesto, ma è una cupola a quinto acuto: forse l’elemento
più gotico che si possa trovare all’interno della chiesa.
Il problema a livello costruttivo era la realizzazione della cupola senza l’utilizzo della
centina. Brunelleschi inventa 8 centine leggere e mobili. Esse funzionano con delle
squadre di costruttori che devono procedere simultaneamente. La centina si sposta
man mano che si innalzi la cupola. La costruzioni avviene con anelli concentrici
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successivi dello spessore di 2 braccia (servendosi di centine alte 4 braccia, fatte
scivolare verso l’alto a cavaliere fra cordolo e cordolo e tenute ferme con staffe in
ferro lasciate poi in opera) All’epoca questa grande innovazione non viene capita. Il
diametro esterno della cupola è di 54,20 metri e quello interno è di 45,24 metri. Gli
spessori: la calotta estera, da 2,21 a 1,47 metri in sommità; calotta interna da 0,73 a
0,49 metri in sommità. La costruzione della chiesa durò 16 anni.
L’interno della cupola fu affrescata da Vasari. Dove le figure vengono realizzate con
grande virtuosismo, che presentano una deformazione, sono infatti allungate verso
l’alto.
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calcestruzzo saldamente ancorate alle creste, quasi a formare
un copro monolitico. Ciò spiga le fessure longitudinali in
mezzeria alle creste (sono degli archi rampanti, su cui imposta le
volte tra un arco rampante e l’alto). La novità sta non solo nella
forma, ma anche nell’utilizzo di materiali antichi, come il
calcestruzzo. Il tutto sormontato da una piccola lanterna, che
costituisce l’oculo. La cupola a creste e vele di San Lorenzo è
ricoperta da volticciole, creando un manto a squame. Strutture
murarie e membrature della sagrestia vecchia: le ghiere degli
archi sono in soli 3 conci. Le membrature architettoniche sono
delle palstre che inquadrano la scarsella. Lesene ad angolo,
ripiegate a libro. Al di sopra di queste trabeazioni posiziona
l’arco a tutto sesto, realizzato secondo la teoria del numero
minimo di conci , in questo caso solo 3 conci. (l’arco ideale è
l’arco monolite). Il tutto venne realizzato in pietra
serena. Donatello riceve l’incarico da i Medici di
realizzare gli affreschi interni: di realizzare le porte
con le membrature architettoniche; le ante bronze,
tutte raffigurate; inserisce dei pannelli policromi e
realizza i tondi degli spicchi. I tondi con effetto
schiacciato, bassissimo rilievo e viste prospettiche.
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dilatano lo spazio, che si vede chiaramente il motivo introdotto da Brunelleschi, le
lesene che reggono la trabeazione con interassi brevi, sormontati dagli archi.
Questo sistema viene chiamato “travata ritmica”. Cappella pazzi.
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non vi sono i due archi ogivali, in realtà vi è una sorta di cupola a mezzasfera
tagliata dai 4 archi. Per capire meglio la struttura, sarebbe meglio chiamare tale
volta, a vela. Il vantaggio poi delle cupolone è la spinta verso l’alto, cosi da renderla
molto slanciata. Il portico degli innocenti è costituito da 9 campate porticate e 2
campate cieche alle estremità disposte su una sostituzione in pietra forte (contente
le cisterne granarie , circolari con volte semisferiche, una delle quali coperta a
spinapesce), fungente da podio per rendere maggiormente visibile la pura
geometria delle volte domicali. Proporzioni ad quadratum anche in elevato. Il piano
superiore è stato aggiunto in un secondo tempo (1436-40) al posto di un “tetto
selvatico”; i tondi dei Della Robbia occupano plausibilmente originari occulti di
sottotetto. Il fregio è sproporzionatamente alto perché uniformato all’altezza delle
volte tonde. All’interno le parti decorate sono successive. Con capitelli tiranti. Le
spinte degli archi trasversali sono contenute catene di ferro “scoperte” (ossia a vista
) e “coperte” ( ossia all’estradosso) mentre quelle degli archi longitudinali si
contrastano reciprocamente. Gli archi frontali sono realizzati con struttura a conci di
pietra serena, mentre quelli trasversali e quelli addossati al muro di schiena sono in
mattoni intonacati e dipinti a simulare la pietra serena. La purezza geometrica è
evidenziata dall’impiego di membrature in pietra serena grigia e superfici intonacate
in “bianco di San Giovanni”.
Semplicità costruttiva della volta domicale: bastava disporre sono agli abachi 4
appoggi dove lavoravano 3
operai, il centro del piano
di lavoro aveva un anello,
al quale veniva fissato un
raffio di curvatura della
volta. Nel solaio al primo
piano dell’Ospedale vi era
un piano di calpestio retto
da travi. Le ghiere degli
archi dell’Ospedale degli
Innocenti sono costituite
da soli 5 conci; i conci di
imposta sono fra loro
tangenti per evitare
qualsiasi movimento a
danno del tondo superiore.
L’architrave murale è costituito da lunghi conci disposti su due corsi.
Con questa logica Brunelleschi realizza anche grandi chiese come Santo Spirito:
grande raffinatezza nell’intaglio della pietra serena, realizzate da uno scalpellino,
con raffigurazioni tipiche dell’antico.
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San Lorenzo : colonne dal “fusto polito” e pilastri angolari scanalate e rudentate.
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porticato d'angolo (murato nel 1517);
all'ultimo piano, al posto del cornicione a
mensole scolpite erano presenti dei merli
che ne accentuavano il carattere militare.
Lungo i lati est e sud corre una panca di
via, un alto zoccolo in pietra, che serviva
per ragioni pratiche e estetiche.Le bifore
scandiscono regolarmente la facciata,
incorniciate da una ghiera a tutto sesto
con un medaglione al centro con l'arme
dei Medici e rosoncini. Le finestre sono
leggermente differenziate tra piano e
piano, con cornici più larghe in alto in modo da bilanciare la minore altezza del
piano. L'effetto è comunque quello di dare maggior risalto al piano nobile.Il primo
registro è composto da un portico con colonne a fusto liscio e capitelli compositi ed
è concluso da un alto fregio con medaglioni che contengono stemmi medicei di
varia foggia e raffigurazioni mitologiche (attribuite a Bertoldo di Giovanni),
raccordate da affreschi di festoni (oggi frutto di ridipinture), ad opera di Maso di
Bartolomeo. Il secondo ordine, a muratura piena, è caratterizzato dalle bifore in
asse con gli archi del portico, che riprendono la foggia di quelle esterne, con in alto
un fregio graffito, mentre l'ultimo registro presenta una loggia trabeata con
colonnine d'ordine ionico, allineate con le linee del portico. La decorazione, nel
complesso, è tratta dal repertorio classico e composta con fantasia e secondo un
gusto per la contaminazione.
Alberti nasce nel 1404 e muore nel 1472. Prima della pubblicazione di De Re
Aedificatoria aveva già scritto i trattati De Statua (1434) e il De Pictura (1435-36)
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rispettivamente dedicati alla scultura e alla pittura. Quest’ultimo era stato dedicato
al Brunelleschi e ai principali artefici del rinascimento fiorentino.
• i “disco calibrato” ( per il calcolo delle distanze, forse mutuato dalla diottra di
Erone di Alessandra;
• e scale graduate;
• le squadre mobili.
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STRUTTURA, OSSATURA E RIEMPIMENTI:
Alberti è molto chiaro nella ricerca della solidità,
data dallo studio dell’ossatura. L’edificio, detto
“structura”, si compone infatti di “ossatura” e
“riempimenti”, come era stato per i romani. Alberti
capisce che la perfetta solidità si ha con la perfetta
omogeneità del materiale. Se non fosse troppo
costoso ogni edificio dovrebbe essere
integralmente “ossea” e senza soluzione di
continuità fra strutture verticali ed orizzontali ( nel
caso di volte) o con perfette legature delle travi alle
murature e loro fitta disposizione (senza travicelli,
per i solai piani o palchi) . Per la “ossatura”
occorre impiegare i materiali migliori che devono
essere realizzate in “muratura ordinaria in tutto il
loro volume” e preferibilmente con pietre. La
solidità di un edificio comincia dalle fondazioni.
Alberti conosce gli effetti dei carichi concentrati
(esempio della racchetta da nave impiegata dagli abitanti dell’Appennini). Per
evitare cedimenti fondali consiglia l’esecuzione di: pozzi in muratura da riempire in
pietrame; pali o travi per palificazione; archi a cavallo dei settori che hanno ceduto o
più deboli. muratura in pietra e mattoni: segnala un’idea chiara del carico
concentrato e il carico distribuito. Suggerisce l’uso di grandi conci squadrati e l’uso
delle gradi bugne.
Sempre a Firenze troviamo il Palazzo Pitti, costruito dal 1458 al 1469. L’ultimo
piano sarà poi eseguito un secolo dopo. È la prima applicazione dell’ordine
architettonica di Alberti alla facciata di un palazzo. In tal palazzo possiamo trovare
conci “ciclopici” (di diversi metri) che sporgono anche 50 cm. Bozze in pietra forte
(cavate sul posto) su tutti i piani; muri spessi per reggere le volte disposte su tutti i
piani; balconate di distribuzione esterna.
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spessi in fase di cottura dovevano essere forati con un bastonino. Esano diffuse le
murature a secco e l’Alberti affermava che nel “tamponamento” lo spazio fra gli
involucri andava riempito con qualsiasi genere di pietre e frammenti vari.
La colonna per Alberti non era altro che un muro con vuoti prevalenti su pieni. Egli,
come Brunelleschi, preferisce le colonne “tonde” e “polite” (che meglio si addicono
ai templi) su quelle scanalate e rudentate. Le colonne giungevano in cantiere ancora
da “digrossare” e “tondare”, l’operazione avveniva mediante modelli in legno. Una
prima sgrossatura a martellina poteva essere fatta a piè d’opera: poi si procedeva in
opera anche la “renatura” (da eseguirsi con paste abrasive), la “stuccatura” e la
“lucidatura”. Alberti suggerisce di scomporre le colonne in: base, fusto (monolitico),
capitello, legati insieme da caviglie in ferro fissate a piombo. Le scanalature (da
verificare mediante squadre a 90°) servivano a far apparire i fusti più grossi, mentre
gli “ovoli” della rudentatura erano necessari per proteggerle nella parte bassa da
possibili colpi. Le colonne, come le spalle lapidee degli stipiti, venivano poste in
opera con speciali macchine:
• Macchina a vite.
Le aperture: arco e trave e relativi appoggi : Alberti conferma la sua superiorità del
sistema tràbéato rispetto a quello ad arco. Ne riconosce però al contempo la
debolezza strutturale. Consiglia allora di disporre sopra gli architravi in pietra degli
archi ribassati in mattoni, sormontati da archi a tutto sesto.
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richieste dai committenti. Per cui è estremamente versatile da questo punto di vista.
Resta però alla base dell’opera tutti quegli elementi che annuncia all’interno delle
sue opere.
Le corti in cui lui lavorò e soggiornò: si presume che il De Re Aedificatoria sia stata
iniziato da Alberti allorquando frequentava la corte estense di Ferrara. Alberti dedicò
a Melladuse d’Este i Ludi Matematici nei quali affronta anche il problema del rilievo
geometrico. Alberti dedicò a Leonello d’Este il De equi animante, compilato in
occasione dell’arbitrato relativo al monumento equestre. Leonello d’Este è citata nel
De Re Aedificatoria laddove Alberti racconta di un suo coinvolgimento nelle
bonifiche idrauliche ferraresi.
Santa Maria Novelle: la facciata di Santa Maria Novelle, frontone retto da una
sorte di tempio tetrastilo; bicromie nere e bianche grazie al marmo utilizzato.
Commissionata dalla famiglia
Rucellai. Realizzata da Alberti sono il
registro basso. Ordine di archi acuti,
ingressi laterali e esili semicolonne
(esene) che definiscono i comparti
quadrati. Alberti interviene
completando il registro cartonano il
portale. Arcata teatrale romana,
trasposizione in pietra motivo
disegnato da Brunelleschi. Per
mescolare le carte la semicolonna
ribadisce l’angolo, dove Alberti
inserisce una citazione dell’antico
per sdrammatizzare. Il registro superiore è completamente di Alberti, che realizza
l’attico, con una fascia in cui inserisce dei piedritti posizionati a suo piacimento. A
completare le campate maggiore e le campate minori, inserisce delle volute con
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decori marmorei. Il rivestimento è addossato, incastrato alla muratura di pietra. Nel
rinascimento ciò che è antico diventa moderna, ciò che è contemporaneo diventa
antico.
Palazzo Rucellai (1460): in realtà non lo costruisce ex novo, ma era già presente. Il
palazzo quindi è in realtà un insieme di costruzioni e di stili. Che poi venne
comprato dalla famiglia Rucellai, lasciando la muratura principale, modificando il
rivestimento. Alberti collabora con Rossellino, che diventerà poi il suo braccio
destro e che completerà l’edificio. La facciata originaria a 5 campate, subito
ampliate a 7 e prevista ancora più ampia, ma rimasta incompiuta. Il rivestimento di
conci in pietra forte ancorati alla muratura mediante staffe di ferro. Per la prima volta
compare un ordine architettonico nella facciata, trasformando l’edifico in un
agglomerato di ordini diversi. Venne realizzato uno schema verticale /orizzontale,
inserendo le varie finestre. Vi sono ancora le panche all’esterno, utilizzate dalle
persone per riposarsi durante l’attesa. Il registro basso è marcato da un motivo a
lombi, fatta di pietra. La parte inferiore era destinata ad uffici e magazzini, mentre la
parte superiore era quella nobiliare. Porte a volute con architrave in tre blocchi
sormontato da sopraluce di alleggerimento.
Tempio Malatestiano (dal 1450) : a Rimini Alberti venne chiamato dal cosiddetto
“tiranno di Rimini”, è l’autocrate, ossia il principe guerriero con potere assoluto che
ha bisogno di nuovi edifici, Sigismondo Malatesta. Esso più che una chiesa è un
tempio. Realizzato per celebrare la vittoria contro Alfonso d’Aragona. Alberti
interviene sull’edificio pre-esistente, questo
voluto dal committente. Egli costruisce una
seconda pelle, un involucro nel quale inserire
il tempio. Costruisce una serie di grandi
pilastri e la facciata. Utilizza dei marmi antichi
provenienti delle necropoli di Rimini, utilizza
pietre gessose locali, camuffando questa
chiesa. La medaglia che testimonia il lavoro di
Alberti, 1450, venne coniata da Matteo
d’Pasti, che mostra il progetto completo con
strutture e dettagli parzialmente eseguite:
basamento in opera isodoma; facciata a 3
fornici aperti; campata centrale con portale
arretrato; semicolonne reggenti una
trabeazione aggettante; tordi nei pennacchi
dei 3 archi; edicola comporta da arco con apertura tripartita; tribuna con cupola
emisferica. Il progetto anche in questo caso non viene compiuto. Il basamento è
un’opera quadrata. Alberti utilizza la tecnica dei piccoli blocchi, impiegando: pietre
gessose tagliata (tipiche del luogo), marmi antichi, pietra d’Istria, calcari veronesi,
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pietre dure e pregiate degli scavi di
Ravenna. Il registro superiore non è finito,
si può infatti osservare la muratura della
cattedrale. Questa facciata confine degli
intagli, affidati ad Agostino Duccio. Il
modello di questa architettura lo trae
direttamente dall’arco di Augusto. Il
tempio venne gravemente danneggiato
con le guerre, venne poi ampiamente
ricostruito. Alberti decise di inserire anche
ai fianchi del tempio una serie di pilastri
con arcate che si ripetono, costituiscono il
pretesto per inserire le arche dei dignitari di corte e iscrizioni encomiastiche e
mascherare. Utilizza una pietra locale tagliate
a lastre. Il fatto di staccarsi dalla parete
medievale non è casuale, egli infatti prese le
dovute distanze, anche per evitare di coprire
le finestre medievali. Alberti opta per coprire
la navata con una volta in legname ( o in
canna greca) in sostituzione di una volta in
muratura. Sempre nel 1454 Alberti dà
indicazione al De’Pasti su come modificare i
raccordi di facciata, arricchendoli di 2 ampie
motivi a voluta. Probabilmente per
mascherare la volta a botte ingombrante, che
egli voleva modificare. La cupola doveva essere semicircolare. Ma ci sono dei dubbi
sulla statica, decide quindi di realizzare una cupola come quella dei romani. La
cupola è emisferica, forse a creste e vele, forse a spina pesce e a corsi orizzontali.
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contenere i pilastri e che devono reggere la cupola.
S. Andrea: è l’opera più elegante di Alberti, creando un nuovo tipo di chiesa, dove
le tradizionali navatelle delle chiese basilicali e gotiche furono sostituite da una serie
di cappelle laterali: questo impianto permetteva ai fedeli che si riuscivano in chiesa
di avere una perfetta vista. L’ispirazione per questo tipo di pianta venne da edificio
romani come le terme di Diocleziano e la basilica di Massenzio, dove il peso della
volta era sostituita da enormi piedritti che potevano essere resi cavi per formare
aperture ortogonali all’asse principale. L’enorme volta a botte cassettonata, larga
quasi 18 metri è retta da pilastri concentrici piccole cappelle quadrate a cupola, che
si alternano con le cappelle maggiori voltate a botte interposte ai pilastri. La facciata
è una variante perimetri incisiva di temi antichi.
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cornicione a mensole scolpite erano
presenti dei merli che ne accentuavano il
carattere militare. Lungo i lati est e sud
corre una panca di via, un alto zoccolo in
pietra, che serviva per ragioni pratiche e
estetiche.Le bifore scandiscono
regolarmente la facciata, incorniciate da
una ghiera a tutto sesto con un
medaglione al centro con l'arme dei
Medici e rosoncini. Le finestre sono
leggermente differenziate tra piano e
piano, con cornici più larghe in alto in
modo da bilanciare la minore altezza del piano. L'effetto è comunque quello di dare
maggior risalto al piano nobile.Il primo registro è composto da un portico con
colonne a fusto liscio e capitelli compositi ed è concluso da un alto fregio con
medaglioni che contengono stemmi medicei di varia foggia e raffigurazioni
mitologiche (attribuite a Bertoldo di Giovanni), raccordate da affreschi di festoni
(oggi frutto di ridipinture), ad opera di Maso di Bartolomeo. Il secondo ordine, a
muratura piena, è caratterizzato dalle bifore in asse con gli archi del portico, che
riprendono la foggia di quelle esterne, con in alto un fregio graffito, mentre l'ultimo
registro presenta una loggia trabeata con colonnine d'ordine ionico, allineate con le
linee del portico. La decorazione, nel complesso, è tratta dal repertorio classico e
composta con fantasia e secondo un gusto per la contaminazione.
DONATO BRAMANTE
(1444-1514)
Donato bramante nacque a Fermignano, presso Urbino, dove si forma, nella Corte
di Montefeltro nella quale lavorano una serie di personaggi importanti in questo
periodo, e dove Bramante diventa pittore prospettico. Ad Urbino vi è una palestra
molto importante dal punto di vista della prospettiva, dove troviamo ad esempio
Piero della Francesca con la Flagellazione (1444-1470). Altri dipinti prospettici sono:
“la Città ideale” a Washington; “la città ideale” a Berlino e infine “la Città ideale” ad
Urbino. Dove maturano nuove ricerche prospettiche.
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le quali venivano estratti da questi finti
armadi. In realtà appaiono come finti
armadi, ma vi sono presenti delle ante,
dove all’interno troviamo anche qua
oggetti vari. Capacità straordinaria per la
realizzazione dei riflessi degli oggetti. Lo
studiolo di Federico venne corredato
anche da una serie di dipinti, conservati
solo in parte ad Urbino il resto sparsi per
il mondo. Sopra vi sono i grandi
pensatori laici ed ecclesiastici,
Sant’Agostino, Aristotele… anche il
principe in questione venne raffigurato.
Rappresenta la figura ideale del principe del passato, seduto sopra un torno e che
si occupa della propria cultura.
Nel nord vige ancora la cultura tardo-gotica. Vediamo in particolare che nel 1470
venne commissionata da Bartolomeo Colleoni a Giovanni Antonio Amedeo il
completamento della sua Capella funeraria, la Cappella Colleoni sempre a
Bergamo, iniziata da Guiniforte e Francesco Solari. Amedeo aggiunse delle
decorazioni policrome e diverse sculture in stile antico, alcuni medaglioni, piccole
colonne, busti, altorilievi di Storie dell’Antico Testamento e Storie di Ercole. I due si
incontreranno anche a Milano, nei cantieri del Tiburio
del Duomo e di Santa Maria delle Grazie.
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impianto stellare, con le porte che stanno nelle
concavità della stella, gli assi, l’acquedotto
ispiratosi a quelli romani e il cuore pulsante
della città circolare che si estende. Tutto questo
non venne realizzato.
BRAMANTE A MILANO
Bramante viene coinvolto nella questione del Tiburio del Duomo di Milano ( il
tiburio è un elemento architettonico che racchiude una cupola proteggendola. Può
assumere svariate forme, come quella cilindrica, cubica, parallelepipeda o
prismatica, a seconda che la cupola abbia pianta poligonale p circolare.
Generalmente è costituito da un tetto a spioventi chiuso in sommità da una
lanterna) . Nel 1481 muore Guiniforte Solari, che intorno al 1470 aveva rafforzato gli
arconi gotici tra i quattro pilastri centrali con dei robusti “archi romani” nascosti nella
muratura. Restano a capo del cantiere suo figlio Pietro Antonio Solari e il genero
Giovanni Antonio Amedeo. Viene allora convocato il maestro tedesco Giovanni
Nexemperger, all’epoca responsabile della Cattedrale di Strasburgo. Vengono
convocati, fra gli altri, anche Bramante, Leonardo da Vinci, Luca Fancelli che definì il
Duomo “..fabbrica senza misura e senza ossa..”.
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Il cantiere dove Bramante tocca l’apice è S. Maria
presso San Satiro. La chiesa fu costruita per ospitare
un’immagine miracolosa della Vergine. Il committente
fu inizialmente il duca Galeazzo Maria Sforza,
raffigurato con la moglie Bona di Savoia nell’icona
sull’altare. La costruzione continuò poi grazie al
sostegno di Ludovico il Moro. La successione dei
lavori fu complessa ed in parte ancora da chiarire, e i
documenti sinora reperti non comprovano
definitivamente che la soluzione dell’abside
prospettica sia da attribuire a Bramante: questa
comunque è l’attribuzione preponderante nella
letteratura artistica, nonostante nel contratto del 1486
l’Amedeo appaia in una veste preponderante e che pertanto
alcuni ritengono che la paternità dell’intero progetto sia da
ascrivere all’Amedeo. Aveva una pianta a croce greca
inscritta in un quadrato circoscritto da un cerchio; aveva
perciò in sé il germe del futuro progetto bramantesco di S.
Pietro a Roma. Originariamente il tutto era decorato in
bianco, azzurro ed oro, e l’impressione ottica doveva essere
ricchissima. Altrettanto contrastante ed incerta è
l’attribuzione della Sacrestua bramantesca a pianta
ottagonale. Nell’estremo del complesso troviamo il primo
esempio di utilizzo a Milano di un ordine classico, nella
facciata su via Falcone.
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Canonica di S.Ambrogio: Ludovico il
Moro e il fratello Ascanio Sforza
commissionarono l’uno la Canonica per
il clero secolare (attorno ad un
monumentale cortile quadrato, a nord
della basilica), e l’altro i due chiostri per il
convento dei monaci cistercensi (a sud
della basilica). Bramante venne chiamato
per realizzare il cortile porticato, con una
serie di colonne all’antica, ma molto più
slanciate per dilatare verso l’alato la
proporzione del loggiato. Inserisce un
tributo a Vitruvio, nei fusti delle colonne.
Sono le cosiddette colonne a forma di tronco d’albero, con dei rami in qualche
modo tagliati ma non recisi. Bramante riuscì a costruire, tra il 1492 e il 1499, solo
uno dei quattro lati previsti e ad impostare le colonne per il secondo, che non verrà
mai completato.
Chiostro di S.Ambrogio: (dal 1497 al XVI sec.) anche qui l’uso dell’ordine, con
colonne sopraelevate. Al primo piano è la soluzione tipicamente “ bramantesca”
delle finestre incorniciate in arcate minori, che vedeva un “pieno”, cioè una lesena,
impostato sopra la mezzeria di un arco.
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Chiostro Grande, su cui affacciano le
celle dei frati, e il Chiostro dei Morti
attiguo alla chiesa. Di questo chiostro
oggi è possibile vedere solo la
ricostruzione post-bellica, in quanto
interamente distrutto dai
bombardamenti del 1943. Iniziata dalla
zona absidale, contemporaneamente
alla costruzione del convento. Il Solari
si attenne alla tradizione gotica
settentrionale: tre navate, archi a sesto
acuto, facciata a capanna, cotto per le
murature, granito per le colonne e i
capitelli a foglia. Le navate sono coperte da volte a crociera con castoni. La fattura
dei capitelli, non più a foglie lisce com’era uso, ma con motivi che richiamano
l’ordine corinzio, è una timida concessione allo stile classicheggiante che ormai si
stava diffondendo anche al nord.
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absidale dell’edificio e della sagrestia. Il cantiere proseguì lentamente attraverso i
secoli con diverse fasi costruttive, ritardi dovuti alla mancanza di fondi e farvi
problemi strutturali. Nel cinquecento diresse a lungo i labori Pellegrino Tibaldi, ma fu
solo nel XVIII secolo che si lavorò agli otto titanici pilastri dell’ottagono innalzando,
sotto la direzione di Benedetto Alfieri, l’altissimo tamburo, aperto da sedici finestrini,
che nel 1766 fu portato fino all’altezza dell’imposta della cupola e poi coperto da un
soffitto provvisorio in legno, destinato però a durare per oltre un secolo.
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cortile del Palazzo Ducale di Urbino. L’ala
d’ingresso fu completata nel 1495 dopo che
Pontelli lasciò il cantiere nel 1492. L’area su cui
sorse il palazzo era occupata dalla chiesa di san
Lorenzo in Damaso. I lavori vennero programmati
in modo da non interrompere il culto nella vecchia
chiesa paleocristiana che verrà demolita dopo la
costruzione della nuova. Sono quattro le torri
angolari come nei palazzi di ispirazione
filarentiana, albertiniana e fancelliana e rivestito in
pietra.
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Cortile del Belvedere: costruito per papa Giulio II su modello della Domus
transitoria, (un edifico di 1000 passi, che con Nerone collegava il Palatino alla
Domus Aurea), Bramante venne chiamato per collegare il cortile con il Vaticano.
Bramante prevede due corridoi di 1000 piedi divisi da un ampio cortile terrazzato
con scalinate, rampe e giardini. Bramante si ispira al Tempio della Fortuna, che è di
fatto un santuario caratterizzato da una serie di terrazze collegate tra loro con
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scalinate. In questo caso lo spazio è molto più dilatato in senso longitudinale. Per
evitare la monotonia tra gli spazi, li differenzia, realizzando un enorme cortile
d’onore, con un porticato su pilastri dai quali partono altri piani. Diventando lo
spazio di rappresentanza del papa, dove avvengono cerimonie, tornei… questa
sorta di grande rettangolo diventa quindi una sorta di anfiteatro, prevedendo anche
una gradinata, realizzata verso il Vaticano. Bramante realizza con acceso vertila,
una scalinata elicoidale, ossia fatta lungo l’aspirale.
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pilastri e sugli archi di Bramante. Il progetto subisce da subito delle critiche, ci si
pone il problema dello spazio, dei rischi strutturali e sull’eccessiva snellezza dei
piloni progettati da Bramante il quel procede a rinforzarli e a citare il proprio
progetto in una pianta longitudinale con ambulacri di
rinforzo. Per ragioni di costi i deambulatori vengono
abbandonati e Bramante è costretto a riutilizzare le strutture
murarie del Coro di Rossellino. Nonostante gli sforzi, in
sette anni, si costruiscono solo i piloni della grande cupola
e Giulio II dispone che il Coro ( Cappella Iulia) venga ornato
di marmi e mosaici ed illuminato da sedici seriane che
dovevano impiegate parte delle colonne della basilica
costantiniana. Bramante scandisce l’interno con un ordine
gigante di paraste su alti dadi ispirato a quello del
Sant’Andrea albertiano.
La santa casa di Loreto: tra il 1507 e il 1509, in qualità di architetto a servizio per il
papa, Bramante fu chiamato ad occuparsi del Santuario della Santa Casa di Loreto,
che Giulio II aveva portato sotto la diretta giurisdizione pontificia. La chiesa era già
stata edificata e l’intervento di Bramante si limitò al progetto della facciata (mai
realizzata), della piazza antistante e del Palazzo Apostolico adiacente, oltre che al
disegno di quell’autentico gioiello che è il rivestimento marmoreo che racchiude
“Santa Casa di Nazareth”. Esso è il primo santuario dedicato alla vergine.
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• Il testamento del papa riprendeva il vecchio progetto, che però, d’accordo con gli
eredi, venne modificato, siglando un nuovo contratto nel maggio di quell’anno. La
modifica fu l’addossamento della tomba a una parete e l’eliminazione della
camera mortuaria, caratteristiche che vennero mantenute fino al progetto finale.
L’abbandono del monumento isolato, troppo grandioso e dispendioso per gli
eredi, comportò un maggiore affollamento di statue sulle facce visibili.
• TERZO PROGETTO: Nel luglio 1516 si giunse a un nuovo contratto per un terzo
progetto, che riduceva per un progetto, che riduceva il numero delle statue. I lati
vennero accorciati dino alla spessore di una sola nicchia, ancora contenente una
Vittoria e due Prigioni addossati ai pilastri al di sotto dei
busti. Il monumento andava assumendo così l’aspetto di
una monumentale facciata, mossa da decorazioni
scultoree. Al posto della partitura liscia al centro della
facciata viene forse previsto un rilievo bronzeo e, nel
registro superiore, il catafalco viene sostituito da una
↑
figura del papa sorretto come in un pietà da due figure
sedute, coronate da una Madonna col Bambino sotto una
nicchia. I lavori alla sepoltura vengono bruscamente
interrotti dalla commissione da parte di Leone X dei lavori
alla basilica di San Lorenzo, proseguiti poi anche sotto
Clemente VII.
• Quarto progetto: I rapporti con gli eredi Della Rovere si fanno in questo periodo
sempre più tesi:nel 1522 Francesco Maria Della Rovere chiese indietro il denaro
anticipato per la tomba e nel 1524 arrivò a minacciare un processo. Michelangelo
preparò così, nell'ottobre 1526, un nuovo progetto, il quarto, che però venne
rifiutato dagli eredi. Non si sa esattamente in cosa consistesse, ma
probabilmente, come ricostruito da Charles de Tolnay, si trattava di un'ulteriore
semplificazione, con la rimozione dello spessore per le nicchie laterali, ottenendo
così una forma puramente frontale, e con una serie di nicchie in cui, al centro,
doveva esser collocata la figura del papa seduto.
• Quinto progetto: A quel punto intervenne Clemente VII, che mediò per
raggiungere un nuovo accordo. Il 29 aprile 1532 si arrivò così a un nuovo
contratto, con cui l'artista si impegnava a eseguire il lavoro in tre anni. Si sa solo
che in quell'occasione venne mutata la destinazione del sepolcro, non più San
Pietro in Vaticano ma San Pietro in Vincoli, e che dovevano essere impiegati i
marmi già lavorati.Di nuovo però le statue furono lasciate incomplete e, sebbene,
unite a quelle già scolpite, avrebbero potuto essere sufficienti per la sepoltura,
secondo le vantaggiose condizioni ottenute con la mediazione papale,
Michelangelo non riuscì a onorare le condizioni contrattuali: infatti di lì a poco
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accettava l'incarico di dipingere per Clemente VII il
fantasmagorico Giudizio Universale (1534-1541): per
liberarlo dagli impegni con gli eredi Della Rovere papa Paolo
III arrivò a emettere un motu proprio che liberasse l'artista
da altri incarichi (17 novembre 1536).Tra gli anni trenta e i
primi anni quaranta si arriva al culmine della "tragedia della
Sepoltura": Michelangelo viene accusato di essersi
appropriato iniquamente di grossi anticipi e di aver
addirittura praticato l'usura con tali proventi, accuse
gravissime, dalle quali l'artista cercò di difendersi
alacremente.
RAFFAELLO SANZIO
Raffaello è allievo di Perugino, ricevette una formazione come pittore in Umbria.
Raffaello si specializza nella definizione degli sfondi architettonici dipinti,
raggiungendo vette di straordinaria qualità nella tavola con Lo Sposalizio delle
Vergini del 1504 superando il suo maestro. Fu in particolar modo attratto dalla più
pacata armonia classica delle prime opere di Bramante, come di avverte in dipinti
quali la Scuola d’Atene nelle Stanze Vaticane.
Stanze Vaticane: le stanze vaticane sono 4 sale in sequenza che fanno parte dei
Musei Vaticani e sino cos’ chiamata perché affrescate dal grande pittore Raffaello.
Giulio II, pochi anni dopo l’inizio del suo pontificato, si rifiutò di utilizzare
l’Appartamento Borgia, indissolubilmente legate al suo predecessore Alessandro VI.
Seconda quanto testimonia Vasari questi ambienti presentavano già decorazioni
quattrocentesche importanti, con alcune pareti affrescate da Piero della Francesca,
Benedetto Bonfigli… in un primo tempo la ridecorazione degli ambienti venne
affidata a un gruppo di artisti tra cui Pietro Perugino, Peruzzi… perugino, ad
esempio, lavorò alla volta della Stanza dell’incendio nel 1508, ma il suo lavoro non
piacque al papa che lo liquidò velocemente. Fu probabilmente Bramante, architetto
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pontifico incarica di ricostruire la Basilica Vaticana, a suggerire al pontefice il suo
conterraneo Raffaello Sanzio.
Stanza Eliodoro: Fu i secondo ambiente che Raffaello affrescò, tra il 1511 e il 1514.
Il nome deriva da uno degli affreschi delle pareti, che sono composte da un grosso
lunettorne, su cui è imposta una volta a crociera.
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Raffaello e le scuderia della Farnesina: la scuderia sono commissionate a
Raffaello dal banchiere Agostino Chigi. L’edifico è scandito da una sequenza di
paraste binate sovrapposte (doriche e corinzie) a definire la regolare scansione delle
scuderie vere e proprie al piano terra e della Foresteria al primo piano. Le Scuderie
sono state in gran parte demolite ed il loro prospetto principale era rivolto a via
Lungara. Oltre alle scuderia, Raffaello e la sua équipe si occupano della
decorazione pittorica di Villa Farnesina. Alla mano del
maestro va ascritta la celebre Galatea.
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l’altezza dell’edificio con l’attico, che ha una sorta di ordine astratto, cioè delle
riquadrature. Un piccolo cortile al centro, una scala di servizio a chiocciola. Questo
palazzo venne edificato per Jacopo da Brescia, medico del papa Leone X. Vengono
impiegati mattoni e peperino stuccati a simulare il più pregiato travertino. Come le
Scuderie della Farnesina anche qui il piano terreno è voltato, mentre il piano nobile
è soffittato con palchi lignei. Le botteghe al piano terreno, con il loro mezzanino,
sono ritagliata entro un basamento con bugne a corsi schiacciati quasi a formare un
cuscino. Il piano nobile è architettonicamente rilevato, grazie all’articolata palasticità
delle finestre frontonate e ai fasci di paraste tuscaniche. Il piano attico con
quadrature. La facciata prospettante su Piazza San Pietro era dotata di un’insolita
quadratura trionfale che incorniciava lo stemma marmoreo di papa Leone X. Visto
da Piazza San Pietro il Palazzo sembrava più lungo perché la trabeazione mostrava
6 triglifi nella prima campata e 4 triglifi nelle 4 campate seguenti con restringimento
delle matope. Oggi l’edificio ha perduto il proprio isolamento.
Villa Madama: nel 1517 Leone X acquista in lotto il terreno su Monte Mario e
dall’anno successivo inizia i lavori di edificazione. La villa si ispira ai modelli antichi
descritti da Plinio il Giovane (per l’articolata complessità e la natura degli ambienti) e
da VItruvio (per la sequenza vestibulum, atrium e peristylium), da Bramante (per le
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logge). L’approccio alla villa del Vaticano aveva le caratteristiche di un percorso
processuale che attraverso un viale rettilineo conduceva prima ai giardini terrazzati (
di forma ovale, rotonda e quadrata) e poi all’edificio. Un portale fiancheggiato da
due torri circolari si apre sul primo cortile,
profondo circa 50 metri, al quale sono
collegate la cantina, la cucina e la dispensa.
Si attraversa il vestibolo e l’atrio per arrivare
al cortile interno ( inizialmente rettangolare e
poi circolare). Dal cortile si entra nella
grande loggia affacciata sul giardino
terrazzato. Oltre il muro di cinta del giardino
terrazzato l’asse longitudinale si sviluppa
lungo gli altri giardini con un’estensione
maggiore di quella del Cortile del Belvedere
in Vaticano. All’angolo del muro di cita dello xystus è prevista una torre con la
cappella il cui interno è conformato come quello del tempietto bramantesco di San
Pietro in Montorio. L’asse trasversale collega la
villa con Ponte Milvio. Nel 1518-17 iniziano i
lavori e movimenti franosi sconsigliano un
cortile rettangolare, sostituito da Antonio da
Sangallo il Giovane con un cortile tondo,
statisticamente più resistente. Nel secondo
progetto il cortile diventa circolare, Raffaello si
ispira a Plinio il Giovane. L’appartamento estivo
è l’unico ad essere stato realizzato e si
compone della celebre loggia da una sala, da un’anticamera, dal soggiorno del
cardinale e dalla piscina esterna il cui muro sostiene il terrazzo dello xystus. Nel
1520 l’unica parte terminata alla morte di Raffaello è la Loggia sul giardino, forse
l’architettura profana più
importante del
Rinascimento. La grande
loggia si distacca dal
modello del Ninfeo di
Genazzzano per
accostarsi alla
monumentalità degli
ambienti absidati delle
Terme di Diocleziano a
Roma. Le decorazioni
pittoriche sono di Giulio
Romano, Giovanni da Urbino e Baldassarre Peruzzi. L’esterno della villa venne
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realizzato dopo la morte di Raffaello, sotto la supervisione di Giulio Romano. Il
primo piano è scandito da un ordine ionico gigante mentre il cortile, non finito, è
scandito sa semicolonne alternate a finestre in edicola.
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Palazzo di Adimari-Salviati ( 1520): Giulio inizia la costruzione per il vescovo
Filippo Adimari, dell’edificio su via della Lungara, ma l’esecuzione, mentre lui è a
Roma, non va oltre il piano terreno. Il fronte si connota
per l’impiego delle bugne in travertino che marcano il
basamento, la campata mediana terrena del portale e
profilano le finestre del piano terra e i settori verticali
sino alla cornice. L’avancorpo centrale, con gli
ambienti di rappresentanza (atrio e salone), aggetta
leggermente rispetto alle ali laterali che contengono le
stanze private. L’edifico verrà completato e ampliato a
partire dal 1550 dopo la morte di Giulio. Il centro
dell’asse viene marcato con l’intensificazione delle
bugne, con la realizzazione del balcone. ( caratteristica che prende dagli antichi, in
particolare visibile negli acquedotti romani). Per la realizzazione dell’edificio utilizza
pietra di recupero in particolare per i motivi ornamentali.
Villa Lante ( 1521) : villa di Baldassarre Turrini, ossia colui che si occupò del
testamento di Raffaello. La villa viene eretta sul
colle Gianicolo sulle rovina di un edificio antico
appartenente ad un poeta latino, utilizzandone le
fondamenta. Essa è un piccolo circolo realizzata
come luogo di incontro per un ristretto numero di
amici intellettuali. Nelle camere Giulio dipinge la
Riscoperta dei testi antichi e Raffaello, in veste di
poeta, con Dante, Petrarca e Poliziano. A pianta
quadrata con un piano terra contenuto con la presenza di 4 spazi chiusi, dal quale si
accede ad una loggia ora vetrata. Gli ambienti sono tutti voltati. I prospetti esterni
sono giocati su ordini sovrapposti, uno diverso dall’altro. Con addirittura il fianco
che ospita il salone con un prospetto cieco, realizzato per dissimulare le diverse
quote delle volte delle camere, per la presenza di finestre. La villa è organizzata
secondo una precisa e moderna organizzazione degli spazi, con la presenza di un
piano basamentale, che costituisce il piano dei servizi. Al di sopra del piano terra
c’è la parte per la servitù. La cosa originale sta anche nella loggia, che esibisce la
Serliana Continua ( apertura continua, composto da un arco a tutto sesto
affiancato simmetricamente da due aperture sormontate da un architrave, fra l’arco
e le due aperture sono collocate due colonne) Con stucchi antichi, sia con motivi
geometrici che scultorei.
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l’ordine binato è ridotto in
astratte fasce geometriche e le
finestre sono chiuse da archi
ribassati. Le bugne diventano
motivo dominante del piano
basamentale, che vanno a
fasciare l’ingresso principale,
realizzate in travertino. Con
piattabande monumentali.
Mentre la muratura era in
origine rivestita di un intonaco
chiaro a finto travertino.
L’impianto completamente
simmetrico , con camere di
diverso formato, ma con la presenza di un cortile centrale. Con ingresso disastrato,
presente al lato. Lo stretto e alto androne introduce nell’angolo del cortile, unico lato
porticato di uno spazio scandito dalla sovrapposizione di alte lesene tuscaniche e
ioniche. Al capo opposto del portico sono le scale.
Giulio Romano e la propria casa: Macello dei Corvi : Giulio eredita la casa dEI
genitori e nel 1524 ( alla vigilia della sua partenza a Mantova) ne progettò il restauro.
Non è una delle sue opere più originali a causa dei forti condizionamenti delle
preesistenze. Il fronte dell’edifico (demolito) era pensato solo su due campate,
quella dell’ingresso ad arcate trionfale romana, trabeazione semplificata, ma fregiata
da un motivo a greca sulla quale poggiava la finestra ad edicola ionica con
semicolonne fasciate. La seconda campata, leggermente arretrata, era fregiarti
come la prima, da un’opus isodomum particolarmente raffinato che ne accentuava
invece la bidimensionalità.
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novità che importa Giulio, con la realizzazione di un triforio con tre aperture e
voltate, con un doppio loggiato, abbinate, rette da pilastri fasciati da bugnato, non
perfettamente regolati. Le ghiere sono fatte di finti conci di pietra sbozzata rustica,
che vanno a tagliare la cornice. L’opera rustica, che serviva soprattuto nei piani
terreni, torna qui su tutta la villa. Di fronte agli appartamenti non c’è più l’ingresso
ma un cortile privato. L’ingresso avviene da un vestibolo che richiama l’atrio
tetrastilo romano. Ai lati del vestibolo si organizzano degli spazi di servizio.
Consesso con l’appartamento maschile, si ha l’appartamento dell’Ospite, ossia di
rappresentanza per Carlo V. Una serie di camere dedicate ai trionfi ( sala dei cesari,
la camera dei giganti.. trionfi legati alla vita di Carlo V). Infine gli ambienti
dell’appartamento di Carlo V. Gli accessi ai giardini erano voltati con un gioco di
nervature esagonali, rette da colonne semi-lavorate, con un fusto rustico, il quale
attende di essere levigato e perfezionato. Le falde del tetto non erano visibile,
perché c’era un terrazzo cieco. La facciata verso il giardino, con triglifi che cadono
assieme al concio, sono le chiavi delle piattabanda della trabeazione. Grande loggia
di Davide: con gruppi tetrastili, interamente costruiti in 3d, colonne in laterizio
intonacato. Una delle logge più monumentali del 500, dove vi sono 4 colonne
trabeate, volte e dipinti. La loggia si specchia nella peschiera, realizzata per fornire
pesce e dalla quale si specchia l’edifico. Arcate nel ponte, servivano per creare
degli spazi cosi il pesce poteva stare all’ombra. L’effetto è sfalsato, perché nel 700
venne demolito l’attico e una seconda loggetta. Nell’anticamera c’è la sala
completamente affrescata con dei cavalli, i preferiti dal marchese. Tutto dipinto con
finti marmi e statue. l’unico elemento in pietra è il camino. Il soffitto è cassettonato
appeso, con un fregio interamente realizzato con putti (sempre per fare scherzi).
Camera di psiche: la storia di psiche è rappresentata nella volta, L’episodio qui
descritto rappresenta il momento in cui Psiche, istigata dalle sorelle invidiose,
decide di scoprire il vero volto di Amore, sfidando la sua volontà di restare celato.
Camera dei giganti: l’intera camera viene amplificata da due effetti: con il
pavimento: realizzato con piccoli ciottoli, incavato e in penombra con un camino;
architettura terrena sulle pareti realizzata in fina pietra che regge dei pennacchi al
dispera delle quale ci sono le nuvole, sulle quali poggiano gli Dei dell’Olimpo.
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Costantiniano. Volte a botte delle prime due navate laterali. Viene ultimata dopo la
morte di Giulio.
ANTONIO DA SANGALLO IL
GIOVANE (1485-1546)
Antonio da Sangallo il Giovane per San Pietro.
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presenza di un doppio tamburo, con la sovrapposizione di ordine ionico e dorico; un
cambiamento nella realizzazione della cupola con l’inserimento di un enorme
lanterna centrale. Nel 1538 Sangallo fece costruire un enorme modellino ligneo, il
quale è giunto sino a noi. Si tratta di un modello apribile che consente di
apprezzare anche l’interno della Basilica.
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trasformazione da palazzo cardinalizio a palazzo pontifico. La monumentalità la si
osserva dentro il Salone di Ercole su due livelli illuminato da una doppia serie di 5
finestre e 3 in testata. Per poter far ciò deve spostare le rampe superiori della scala
nell’ala sinistra , conferendo ai gradini un profilo lievemente inclinato all’insù. Il
salone è privo di decorazioni. La sala dei Fasti, al disopra del vestibolo. Le finestre
di Michelangelo, si discostano dalle finestre di Sangallo, vennero realizzate sul
modello del secondo piano del cortile bramantesco del Belvedere; le paraste
sovrapposte richiamano quelle del raffaellesco di Jacopo da Brescia. Esse vengono
realizzate con doppia cornice e orecchioni.
BALDASSARRE PERUZZI
(1481-1536)
È stato un architetto, pittore, scenografo studioso dell’architettura e ingegnere
militare. Impiegato in vari campi di attività, fu uno dei pochi a potersi considerare un
“uomo universale”, a pari della figura di Raffaello.
Nato ad Ancaiano, nell’attuale comune di Siena, si formò come pittore a Siena con
Pinturicchio e Francesco di Giorgio Martini al seguito del quale è probabile abbia
iniziato un’attività architettonica, a soli vent’anni infatti gli venne affidata la
realizzazione del progetto di Villa le Volte della famiglia
Ghigi.
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la villa, è inserito in un più vasto giardino, all’interno del quale vi era un seconda
loggia con piscina e grotta direttamente affacciate sul Tevere. La cucina, la dispensa
e la cantina sono ricavate nel piano basamentale
seminterrato. I 2 mezzanini sopra il piano terreno ed il
piano nobile contengono le stanze degli ospiti di minor
riguardo e le stanze della servitù. Il piano nobile ospita il
salone, le camere dei Chigi e il belvedere. La villa
presenta delle decorazione a rilievo con putti, festoni a
stucco nel fregio del piano superiore. La loggia: la loggia
consentiva, a destra il diretto accesso all’anticamera e
alla camera privata di Agostino Chigi. Proseguendo verso
l’interno, attraversando il vestibulum, si accedeva alla
sala da pranzo che, mediante una corte scala,
comunicava con giardino segreto ricavato sul retro. Le decorazione del vestibolo o
Loggia di Amore e Psiche sono a opera di Raffaello e dei suoi collaboratori. Mentre
la stanza delle prospettive venne dipenda dallo stesso Peruzzi.
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La cupola non è estradossata, ma racchiusa entro un alto tiburio; le finestre sono
seriane.
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Villa Imperiale a Pesaro (dopo il 1522) : nel 1522, Genga riceve l’incarico di
ampliare la quattrocentesca Villa Imperiale di Pesaro. Successivamente gli venne
affidata la realizzazione di un’ala nuova del palazzo per ospitare gli svaghi e i piaceri
del duca: si tratta dell’aggiunta di un corpo quadrangolare, con logge ai 4 angoli, le
stanze vengono realizzate anche in forma ovali, circolari e poligonali, con i disegni
del soffitti che vengono ripresi sui pavimenti dal gioco delle maioliche. L’ingresso è
monumentale, atrio colonnato che assomigli a quello di Palazzo Farnese, con un
gioco di più corsi, 5 navate voltate a botte cassettonate, mentre le due laterali con
copertura piana sempre cassettonata. Le colonne di ordine ionico. L’ingresso
conduce al cortile interno. Il cortile privo dei rivestimenti di intonaco. Estremamente
povera, con la presenza di nicchie. Con una soluzione particolare negli angoli. 8
stanze della villa sono decorate con cicli encomiastici su ariosi paesaggi e cieli
dipinti.
Si recò infine a Mantova per lavorare al Duomo della città, dando un modello, oggi
perduto, per la facciata. Una grande tela di Jacopo Tintoretto, dipinta per essere
inserita nella Camera dei Marchesi dell’appartamento berranno di Corte Nuova in
Palazzo Ducale, mostra in facciata alla Cattedrale una finestra a serliana.
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SEBASTIANO SERLIO
Nasce a Bologna e di forma come pittore sotto il Genga. Nel 1522 collabora con
Baldassarre Peruzzi alla stesura dei progetti per il completamento di San Petronio.
Nel 1525 sarà a Roma presso Peruzzi che lo avvia definitivamente all’architettura.
Nel 1527-28 si trasferisce a Venezia dove consolida la propria fama di teorico e
conoscitore dell’architettura degli antichi. Nel 1537 pubblica il Quarto libro
dedicato agli ordini architettonici dove affianca alla terna vitruviana anche il
tuscanico e l’italico. Nel 1540 pubblica il Terzo libro nel quale descrive gli esempi
antichi affiancandoli con opere di contemporanei.
Francia: Grand Ferrare ( 1541-48) di Fontainebleau: nel 1541 parte per la Francia
e diventa architetto e pittore reale della corte di Francesco I. In Francia prosegue la
pripria carriera di travista e qui pubblica il Sesto Libro dedicato all’edilizia
domestica, il Quinto Libro sull’edilizia ecclesiastica e altri due libri dedicati alla
geometrica e alla prospettiva. L’ottavo Libro sull’architettura militare uscirà
postumo. In Francia progetta a Fontainebleau la Grand Ferrare, residenza per il
cardinale di Ippolite D’Este. Con questo edificio egli organizza una tipologia
francese ( lo chateau) secondo le regole della simmetria e dell’assialità.
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Le Cour Carrèe del Louvre ( dal 1546): costruisce una delle opere più importanti e
monumentali del Rinascimento Francese per il sapiente impiego dell’ordine
sovrapposto (corinzio e composto), per le cornici delle finestre, le decorazioni
scultoree.
MICHELE SANMICHELI
(1484-1559)
Architetto veneto. Egli nacque a Verona, figlio d’arte, il padre
infatti era uno scalpellino, e Sanmicheli stesso di formò
come tale. Nei primi anni di vita si trasferì assieme al padre e
al nonno a Roma, per motivi di lavori. Sanmicheli a Roma
studiò e apprese la scultura e l’architettura. Si trasferisce poi
a Orviedo dove lavora nel 1512 nella Cattedrale all’Altare
del Re Magi seguendo il modello delle tombe di Andrea
Sansovino in S. Maria del Popolo. Cattedrale nella quale
possiamo vedere il grande volere di Sanmicheli ad
avvicinarsi alla classicità antica.
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Palazzo Bevilacqua: palazzo di 7 campate
delle 15 previste; l’ingresso doveva essere
al centro, mentre attualmente è eccentrico.
Bugnato al registro terreno, con forma più
severa rispetto ala Palazzo Canossa ordine
architettonico di paraste e lesene, con
bugne che fasciano i lati. Le lesene
inquadrano le finestre ad arco, posizionate
all’interno di arcate a campate maggiore.
Travata ritmica che fregia il registro
inferiore, con la presenza di aritmie nella
grandezza delle finestre. Grandi bancali
sostenute da grandi mensole, con la voglia di enfatizzare gli
elementi architettonici come vediamo in Giulio Romano. Per
celebrare l’amore verso l’antico, troviamo dei busti
d’imperatore incastonati nelle bugne. Inserimento di grandi
balconate, poggiata su grandi mensole, decorate con
l’inserimento di balaustre. Grande cornicione aggettante.
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Porta Palio: 1547: il progetto originario prevedeva in sommità una piattaforma per
l’artiglieri, mai realizzata a causa della morte di Sanmicheli. Massiccio utilizzo di
pietra.
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Essa è la chiesa dei Medici, realizzata per omaggiare la
città di Firenze. Facciata con corsi aggettati. Nel dubbio
su quello che voleva fare, non venne mai realizzato e
completato niente. Realizza un registro basso in forma di
3 archi di trionfo semplificati, sormontati da un attico
riccamente decorato con un coronamento in forma di
fronte al tempio.
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vada a toccare gli elementi del terzo registro. Questo incarico gli frutta una certa
fama. Le finestre sono rettangolari con esili cornici, la trabeazione aggettanti e
plastiche.
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Villa Garzoni ( Pontecasale) : Sempre in Veneto, essa è l’unica villa che venne
progettata da Sansovino. Accanto ad essa di svolge l’attività rurale di. Una grande
azienda. Accordo compatto che sorge su di un alto basamento con scalinata e
profondo vestibulum a 5 arcate replicate sopra e sotto, con ordine dorico sotto e
ordine ionico sopra, al quale si sovrappone una loggia di pari estensione. Le ali
sono compatte, con la presenza di finestre ad arco. In accordo con l’antico,
Sansovino realizza un cortile, con la presenza di una terrazza, al quale ci si
accedeva dal vestibulum.
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prende sotto la sua protezione attribuendogli il nome di Palladio ( da un suo
personaggio della sua opera l’Italia liberata dai Goti). Palladio creava progetti a
nastro, commissionati da diverse persone, poi continuati da il gruppo di architetti
che si creò.
Trissiano lo coinvolge nella ricostruzione della sua Villa di Cricoli, terminata entro il
1527. il giovane palladio diventa quindi un architetto.
Nel 1541-42 intraprende un viaggio verso Roma col Trissino. Esso è un viaggio di
acculturazione. Una volta rientrato in Veneto, propone alla nobiltà locale la
costruzione di Ville all’Antica ( derivate come il tempio, dal modello della capanna
primordiale) ma con materiali economici: laterizio, intonaco e stucco. Fra le
primissime opere di Palladio vediamo la realizzazione della Villa Pisani a Lonigo,
con piano interrato, piano nobile e mezzanino. Mentre sul retro si trova una loggia a
triforio con frontone. Presenta già una scansione della tipica villa Palladiana, con
una perfetta simmetria ( elemento per lui fondamentale). Secondo palladio tutto
deve essere armonizzato secondo la simmetria musicale pitagorica, identificando i
vari rapporti musicali, facendoli corrisponde alle misure dei suoi ambienti.
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Dal 1542-43 e dal 1547, Palazzo di Iseppo da Porto ( Venezia): anche per questo
palazzo, il primo progetto spetterebbe a Giulio Romano. Su di esso interviene nel
1547 Palladio che lo modifica avvisandosi più a modelli di Sanmicheli ( festoni,
vittorie mascheroni) con un ordine di semicolonne ioniche trionfali con dadi e
trabeazioni. Il bugnato perde la plasticità dei modelli rustici giulieschi per avvicinarsi
all’astrazione dell’opus isodomum.
Sempre negli anni quaranta, Palladio venne chiamato per la realizzazione della
Basilica di Vicenza, uno degli edifici più prestigiosi della città. Il comune di Vicenza
indice un concorso, per aggiornare l’aspetto della grande piazza e della cattedrale.
Nel primo progetto del 1546 Palladio prevede al piano terreno una sequenza di
arcate e un ordine binato tutto bugnato, al pino nobile delle serliane. Decide di
conservare la basilica, la quale aveva subito un crollo nella parte della loggia,
rivestendola con una seconda pelle tridimensionale, con una pelle sotto e sopra.
Utilizzando il tema della serliana (La serliana è un elemento architettonico
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composto da un arco a tutto sesto affiancato simmetricamente da due aperture
sormontate da un architrave; fra l'arco e le due aperture sono collocate due
colonne.), perché essa si presta molto bene per racontare l’antico ma al tempo
stesso molto flessibile. Gli angoli sono rinforzati da triadi di semicolonne.
1556, Villa Barbaro ( Maser, Treviso) questa villa non è importante solo per
l’architettura ma anche per il committente, sia Daniele Barbaro. Il quale, dopo il
viaggio compiuto a Roma, Barbaro pubblica la prima edizione del De Archietctura di
Vitruvio, le cui illustrazioni sono affidate a Palladio. È allora che decise di affidare
all’architetto anche la ricostruzione della propria Villa di Maser. La villa non è di
grandi dimensione, realizzata su tre assi. L’asse mediano è marcato dalla porta
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d’ingresso trabeata e dalla porta ad arco del balcone. Il frontone è fregiato dallo
stemma e da 2 geni e figure allegoriche. Gli intercolunni contengono le finestre
frontonate. A destra venne realizzato il tempietto di Barbaro, con pianta circolare.
L’interno venne decorato da Paolo Veronesi, specializzato nella realizzazione delle
prospettive. In questo caso Veronesi dissolve completamente la struttura muraria
creata da Palladio.
Barbaro: apparteneva alla ricca famiglia veneziana con estese proprietà terriere. Fu
diplomatico, poeta, autore di una storia di Venezia, di un trattato sulla prospettiva,
altre che dalla celebre edizione vitruviana.
Progetta poi per un altro convento, sempre a Venezia, Convento della Carità, una
ristrutturazione nella quale rispetta la sequenza di ambienti della casa antica
vitruviana: con Vestibulum, atrium, tablinum, cavadium e peristylium. Gran parte
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dell’opera resta sulla carta: solo alcune parti di uno dei due cortili porticati vengono
costruiti e mai vedranno la luce l’atrium tetrastilo con impluvi e colonne d’ordine
gigante e tablina.
Palladio, negli anni di costruzione della chiesa di S. Giorgio, venne chiamato per la
realizzazione di Palazzo Valmarana (Vicenza). Realizzato come se fosse una sorte
di grande domus romana. Il fronte monumentale è scandito da un ordine di
semicolonne gigante, ossia da un ordine sui lati che occupa due piani. Nella
facciata, sopra vi è un attico fregiato da pilastri con sopra sculture. L’ordine gigante
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trionfale è sovrapposto da un ordine minore. Le estremità sono marcare da lesene
sormontate da telamoni ( statue che dovevano essere anche nell’attico). Gli stretti
intercolunni cono occupati dalle finestre bugne lisce e dalla decorazione scultorea.
Al pino nobile esiste un salone che, versoio cortile, poggia sul colonnato ionico
incompiuto del piano terreno.
Villa Rotonda 1566, la villa, commissionata dal canonico Paolo Almerigo, sorge su
di un podio per i servizi. Essa è simmetrica sui due assi (trasversali e longitudinali) e
si sviluppa intorno ad una sala circolare centrale, dotata di ben 4 vestibolo in forma
di colonnato ionici esastili con scalinate monumentali. La villa venne ultimata da
Vincenzo Scamorzzi. La cupola non è estradossata né emisferica come previsto da
Palladio, ma poggiata su di un basso tamburo e coperta da un sistema gradonato.
La luce previene dalla finestre del tamburo e della lanterna. La decorazione interna
è barocca.
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1571, Loggia del Capitanio: la loggia, edifico civico, venne iniziata nell’anno della
vittoria cristiana di Lepanto per accogliere,
realizzato per gli uffici dell’autorità veneziana.
L’edifico doveva essere di 5 o 7 campate, ma ne
vennero realizzate sono 3. L’ordine gigante in
questo caso trionfa, le pareti vennero realizzate in
laterizio gli spazi vuoti sono fregiati da episodi che
portarono alla vittoria. Palladio firmò il fregio. Nella
realizzazione delle colonne si vede bene l’illusione
dei materiali. Dove si osserva il fusto realizzato in
laterizio, il quale con il tempo perse l’intonaco.
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1575-82, Palazzo Porto Barganze ( Vicenza): il palazzo doveva disporre di 7
campate, ma ne vennero costruite solo 3. Le alte colonne laterizie e intonacate
raggiungono i 13,50 metri.
1577, Chiesa del Redentore ( Venezia ): nel 1576 tutta l’Italia viene afflitta dalla
peste. Quindi le popolazioni delle città si riducono fortemente. La facciata rivestita
in pietra d’Istria richiama nel disegno quella di San Giorgio Maggiore. Slanciati
campanili cilindrici con scale a chiocciola fanno da corono alla cupola.
1580, Teatro Olimpico ( Vicenza) : il teatro venne progettato nel 1580, per gli
Olimpici, erano coloro che si occupavano della cultura. Esso venne realizzato
all’interno di un edificio già esistente. Nella realizzazione di questa struttura, Palladio
segue la struttura del teatro latino descritto da Vitruvio. La cavea non è
perfettamente emicicli, ma si adatta all’irregolarità dello spazio a disposizione. Con
proscenio e gradonate. La novità che introduce è la scena prospettica fissa, prima
venivano realizzate tele dipinte che rappresentavano generalmente la città antica
(scena tragica) , la città medievale (scena comica) e la scena boschereccia (scena
pastorale).
MICHELANGELO ( 1475-1564)
Michelangelo nasce nell’ultimo quarto del 400, muore nella seconda parte del 500.
Era un uomo complicato e difficile, tanto che egli lavorò per tutta la vita da solo.
Non fu solo un grande architetto ma anche un grande pittore. Si forma però come
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scultore, e la sua fortuna fu l’aver iniziato a lavorare subito nella corte di papa Giulio
II, il quale riceve la commessa di realizzare il grande sepolcro/ mausoleo per il
papa, per essere posto in uno dei bracci di S. Pietro in Vaticano. Un enorme
costruzione in marmo di Carrara.
All’inizio del 500, Giulio II decide di completare l’opera del ciclo degli affreschi
all’interno del palazzo del vaticano. In questo caso Michelangelo si occupò di
realizzare la Volta della cappella Sistina, tra il 1508-12. Egli realizzò l’opera in un
tempo record, con un affresco di quasi 500 mq. Michelangelo dipinse sulla volta a
botte ribassata le storie dell’umanità “ante legame”, cioè prima che Dio inviasse le
Tavole della Legge a Mosè. La struttura architettonica della volta complicava il
lavoro decorativo e venne pertanto costruita una impalcatura di legno
complementare alla concavità della volta che costringeva il maestro a lavorare in
una posizione scomoda, in alcuni casi stesa. Per semplificarsi il lavoro,
Michelangelo utilizzò la tecnica della quadratura tramite la quale dipingeva una falsa
architettura costituita da cinque grandi archi delimitati da cornici ed architravi ed
ornati da capitelli e statue. Tale tecnica gli permise di frazionare la volta in tre registri
sovrapposti e la parte centrale in nove riquadri. Michelangelo impiegò inoltre la
tecnica del colore cangiante, un procedimento pittorico che consentiva di definire i
volumi senza ricorrere al colore chiaroscuro.
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Dal 1516 Michelangelo ritornò nel suo città natale, Firenze, dove riceve l’incarico di
terminare la facciata S. Lorenzo, della quale si occupò anche Brunelleschi e
Sansovino. Creando una sorta di grande piano, con l’inserimento di. Un ordine
sovrapposto, avancorpi a chiudere gli angoli, posizionando due parte a sbalzo.
Il complesso di San Lorenzo diventa per Michelangelo una grande palestra, anche
la facciata non venne mai realizzata. Ma Michelangelo si occupò, dopo la morte di
Giuliano e Lorenzo de’ Medici, della realizzazione delle Sagrestia, in posizione
simmetrica rispetto alla brunelleschiana Sagrestia Vecchia, dovendo realizzare una
sala a pianta quadrata, a copia di quella di Brunelleschi. Quindi Michelangelo si
adegua al sistema brunelleschiano per l’impianto, la tipologia, le dimensioni e per il
contrasto fra pietra serena ed intonaco. Ma Michelangelo decise di fare a modo
suo, cercando una soluzione più monumentale, dilata lo spazio verso l’alto ed
introduce un attico prima della cupola. Realizzando una sagrestia nella quale elimina
le decorazioni pittoriche, impreziosendola con l’inserimento di membrature
architettoniche ( porte e finestre molto delle quali cieche) che divengono ricchi
dettagli scultorei insieme ai due monumentali sepolcri. Nell’attico realizza una
cupola cassettonata sul modello del Pantheon, inserendo 4 finestre ad edicola che
vennero realizzate per meglio illuminare le tombe che vengono addossate alle
pareti.
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due rampe secondarie con grandini dritti. La sala a 3 rami risale al 1550 e a un
progetto maturo di M., che venne condotta con delle modifiche da parte di un altro
architetto fiorentino. È quindi una soluzione molto scenografica, tanto che le scale
divengono grande elemento scultoreo. M. Utilizza le membrature architettoniche,
che utilizza per pura scenografia e sfoggio di abilità. Inserisce delle colonne binate
trionfali a tutto tondo, le quali non reggono nulla e che vanno ad inquadrare delle
nicchie, realizzate come false finestre, con frontoni alternati tondo e triangolo, vuote.
La trabeazione trionfale è al negativo e arretra in corrispondenza dell’ordine. Nella
trabeazione vennero realizzate delle finestre ad edicola con frontoni alternati
triangolari e curvi. La regola vitruviana viene infranta e lo scultore prende la mano
dell’architetto. La sala non è libera, non presenta scaffalature, i libri vengono inseriti
nelle panche. Nel 1524, Michelangelo realizzata un secondo progetto, che
prevedeva l’inserimento, al termine della Sala dello Studio, una Sala triangolare
nellea quale conservare i libri rari. Non venne mai realizzata.
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1534: Giudizio Universale: Michelangelo rientra a Roma, e venne chiamato per
lavorare all’interno della Cappella Sistina, per la realizzazione del Giudizio
Universale. Orchestra questa parete senza l’inserimento di elementi architettonici.
Con uno sfondo celeste, dove al centro inserisce Cristo, raffigurato come un
giovane uomo. Egli è in moto, cerca infatti, con il braccio, di richiamare l’attenzione
dei suoi discepoli.
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Nel 1559, Michelangelo venne chiamato a progettare Santa Maria degli Angeli da
papa Pio IV, il quale si occupò della trasformazione della chiesa sepolcrale. Non
modifica la struttura, ne conserva infatti l’impianto a 2 assi. Si limitò a delimitare a
tre campate contigue, coperte a crociera, a cui furono aggiunte due cappelle laterali
quadrate, creando così un edificio ecclesiastico singolare per la sua epoca, con una
spazialità dilatata lateralmente anziché longitudinalmente, nonostante il parere dei
committenti. L'asse principale partiva dal vestibolo, ricavato da un piccolo vano
adibito a ninfeo di passaggio verso il calidarium e si concludeva nel coro ricavato
nella zona della natatio. La tomba del Pontefice venne posizionata al centro della
chiesa, mentre nelle quattro cappelle dovevano essere poste quelle dei suoi
familiari.
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1561, Fronte interno di Porta Pia, dove Michelangelo realizza una sorta di porta
militare. Non inserisce nulla dell’arco trionfale ed elementi canonici, tipici dei
portoni. Essa venne realizzata al termine di Strada Pia, la più sontuosa via di Roma,
anche essa voluta da papa Pio IV. La vigorosa decorazione scultorea architettonica
realizzata in travertino contrasta con la strutta in laterizio della porta. I mattoni non
sono però stati confezionati per essere lasciati a vista è pertanto plausibile che la
porta dovesse essere rivestita da un intonaco-stucco a base di travertino per
simulare la superficie lapidea.
Dal 1563, Michelangelo si occupò della Piazza del Campidoglio.nel 1538 la Statua
equestre di Marco Aurelio viene trasferita dal Laternao al Campidoglio. In
quell’occasione a Michelangelo venne affidata l’esecuzione del piedistallo. Oltre al
piedistallo, Michelangelo si dovette
occupare anche la definizione dei
prospetti dei palazzi che danno sulla
piazza. I lavori prendono avvio dal
Palazzo dei Conservatori del quale
M. Mantiene la giacitura, ma applica
l’ordine gigante tipo palladiano. La
forma trapezia e antiprospettica della
piazza fornisce una percezione di
spazio quadrato. Grazie alla
deformazione antiprospettica l’ovale
a stella della rappresentazione
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sembra un cerchio. Michelangelo elimina gli angoli della piazza e la dilata, inserendo
un disegno a stella sulla pavimentazione. In entrambi palazzi vennero realizzati dei
lunghi prortici trabeati e per ridurre la luce dell atrave inserisce colonne ioniche
addossate ai dadi con paraste di cordine corinzio gigante. Il Palazzo Nuovo venne
costruito come doppio nel Palazzo dei Conservatori. Il Palazzo Senatorio risaliva
anch’esso all’età tardomedievale e si configurava in forma di palazzo fortificato
turrito. La facciata dominata dalla doppia scalinata con state, è scandita, al piano
nobile sopra il basamento, da paraste e lesene di ordine gigante che terminano in
un cornicione con sopra una balaustra e statue.
Dal 1545, Palazzo Bocchi (Bologna): Inaugurato nel 1546 su progetto di Jacopo
Barozzi da Vignola, l’edificio, di proprietà dell’umanista bolognese Achille Bocchi
(1488 – 1562), divenne presto sede dell’accademia da lui fondata. Si denota una
grande influenza dell’esperienza francese, soprattutto nella porta d’ingresso, che
assomiglia a quella della Grande Ferrare.
Una delle sue opere più importanti è a Roma, ottenendo una commessa pontificia.
Ossia la realizzazione di Villa Giulia, nel 1550. Ha un’impostazione planimetrica
anomala, dove il copro di fabbrica con le stanze è posizionata al termine della villa:
realizzato con un avancorpo (piuttosto modesto) con 3 sale; che precede,
mostrando un fronte compatto, un emiciclo, con la presenza di colonnati che
reggono volte a botte. Segue poi un secondo corpo di fabbrica, che è una sorta di
casina affacciato sul cortile e sul ninfeo. Con una base centrale, dalla quale partono
ambienti secondari. Dalla loggia partono due scalinate che scendono verso il basso,
portando al ninfeo. Il ninfeo è alimentato da una fonte secondario, realizzato come
fosse un’antica grotta. Sequenza di spazi piuttosto articolati, con uno sviluppo
longitudinale. Il prospetto della palazzina si articola secondo modalità caratteristiche
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di Giulio Romano e di Sebastiano Serlio. Maggior risalto è dato ai tre assi mediani,
con un motivo di ingresso a loggia trionfale. Superato il corpo della palazzina si
entra nel portico semicircolare con volte a botte anulari, che ricorda le esedre del
Tempio della Fortuna Vitale. Il primo registro è scandito non da colonne, ma da un
ordine ribassato di lesene. Il motivo dell’arco trionfale si ripete sul fronte interno ( nel
cortile della palazzine), nell’ingresso e nelle due logge del ninfeo della villa. Le volte
dell’intero portico sono decorate con schema che ripete, con una fitta pergola. Il
giardino è caratterizzato dalla prosecuzione scenografiche del colonnato ionico. La
loggia del primo giardino è attribuita all’Ammannati, mentre si riconosce la mano di
Vignola nella realizzazione delle paraste posteriori al Ninfeo.
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Sant’Andrea sulla via Flaminia: è una semplice chiesa a pianta rettangolare, con
cupola ellittica. ( prima volta che l’ellisse venne introdotta in una struttura
architettonica) essa si ispira al Pantheon, con uno sviluppo verticale che si accosta
alla mezza sfera con gradoni di rinfianco. L’esterno si ispira ai monumenti funerari,
in cui c’era il mattone che dominava, con lesene che scandivano il frontone e gli
angoli, richiamando cosi l’architettura antica. La facciata quindi è dominata da un
frontone che ne copre la mole massiccia del piano attico, è piatta e scandita da
lesene corinzie quasi incise sull’intonaco, con portale ionico sfrontato, da finestre
ricavate entro nicchie con catini in forma di conchiglia rovesciata.
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centro, dove venne posizionata una fontana. Per accedere al piano basamentale
occorreva arrivare ad una piazza che precede il palazzo e che è costituita da un
piazzale artificiale, con un grande basamento, superato da due scalinate a forbice.
È una struttura piuttosto complessa. I fronti sono trattati con bugne e lesene
sovrapposte. È presente una sola grande loggia a 5 arcate al piano nobile del fronte
principale. Il piano terra confina con gli appartamenti estivi, mentre il piano nobile gli
appartamenti invernali. La costruzione prende avvio nel 1558. Al centro vi è
l’impluvium ( per la raccolta delle acque). Nel cortile a livello terreno è porticato con
pilastri bugnati e al piano un loggiato ionico. Il loggiato è sormontato da una
terrazza. Torna la travata ritmica a definire il cortile. A Villa Giulia le volte anulari
sono interamente dipinte. Per salire ai vari piani, venne realizzata una scala a spirale
a 30 colonne di peperino, attraverso le quale, secondo la leggenda, il cardinale
transitava a cavallo per raggiungere il piano nobile, affrescata con l’inserimento di
figure che rappresentano i segni zodiacali. I temi degli affreschi furono ispirati dal
letterato Annibal Caro e realizzati da Taddeo Zuccari, che realizzo il piano rialzato e
il primo piano, alla sua morte venne sostituito dal fratello, Federico. Mentre Vignola
realizza il dipinto al piano rialzato, le Stanze delle Stagioni.
1566, Villa Lante ( Bagnaia ) : Borgo con un asse principale che costeggia con due
vie il complesso centrale. Si accede mediante un rettifilo, ma qui l’architettura si
perde nel verde. Costruita per il cardinale bresciano Gianfrancesco Gambare, il
progetto è stato attribuito a Vignola. Consiste in un bellissimo giardino su più livelli
entro il quale i due casini gemelli (case estive staccate) di mole sostanzialmente
quadrata, con un piano terra ad arcate bugnate, o logge, che sostengono il piano
nobile sovrastate. Ciascuna facciata, su questo piano, ha esattamente tre finestre,
che alternano frontoni curvi o a punta. Ciascuna finestra è divisa da coppie di
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paraste. Un piano superiore è appena accennato da piccolo finestre rettangolari, del
tipo mezzanino, che si aprono in posizione corrispondente rispetto quelle del piano
nobile.
Nel 1562, Chiesa del Gesù a Roma: essa è la chiesa madre dell’ordine Gesuitico,
fondato da Sant’ Ignazio di Loyola. Per la progettazione di affidata al Vignola che,
dopo un lungo dibatto coi Gesuiti (che volevano un soffio ligneo per una migliore
acustica) circa l’impianto da assumere (ovale o rettangolare, navata unica o tre
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navate) per volere diretto di Alessandro Farnese
introdusse un modello che avrà larghissima diffusione.
La chiesa presenta una pianta longitudinale con una
sola navata, coperta da una volta a botte, affiancata da
tre cappelle per lato, un presbiterio, sormontato da un a
cupola sull’incrocio del transetto. La facciata sormontata
da un timpano triangolar, con il quale la larga fascia
inferiore è divisa da quattro coppie di paraste e chiusa in
alto da ampie volute che chiudono il tetto. Imposta la
futura gestione delle facciate barocche, con un ordine
sovrapposto e con i raccordi fatti con volute ( Alberti,
Tempio Malatestiano, Rimini). Questa è una delle
facciate più elementari di questo periodo.
Nel 1565 realizza il “nicchione” sull’esedra del Cortile del Belvedere: Divenuto
l’architetto preferito di papa Pio IV progetta e realizza l’attico di San Pietro e il
Nicchione sull’esedra del Cortile superiore del Belvedere. La prospettiva del cortile
era conclusa infatti, grazie a Bramante, da un esedra posta come punto di fuga
della prospettiva del grande invaso architettonico e con la funzione di nascondere
l’antico Casino del Belvedere. Ligorio, durante i lavori di completamento, trasformò
l’esedra in una grande nicchia completata nel 1565. Al centro del “nicchione” è
posta una pigna bronzea di epoca romana. La pigna fu portata in Vaticano in epoca
assai antica e posizionata nell’atrio della Basilica di San Pietro.
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piano nobile di Palazzo Pitti, che palio le ali posteriori del palazzo, verso il giardino,
abbracciando cosi il cortile e chiudendolo sul lato ovest da un corpo sovrastato da
una terrazza alla quale si accedeva dagli appartamenti nobiliari del primo piano.
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Corridoio Vasariano (Firenze): per il matrimonio del figlio Francesco con Giovanna
d’Austria, nel 1565, il Duca decretò di aprire una
via sopraelevata e segreta tra Palazzo Vecchio e
Palazzo Pitti. Il Vasari in soli sei mesi costruì il
cosiddetto Corridoio Vasariano che, da Palazzo
Vecchio, superata via della Ninna con un ponte
coperto, percorre parte della galleria, superando
l’Arno sopra al Ponte Vecchio, sbuca nel quartiere
d’Oltrarno, arrivando a Palazzo Pitti. Il corridoio ha
un percorso abbastanza lineare realizzato costruendo senza sostanziali vincoli di
rispetto per gli edifici esistenti.
Le città ideali.
Un esempio di città rinascimentale con pianta a griglia è Sabbioneta, nella valle del
Po, città modello costruita dal duca Vespasiano Gonzaga tra il 1560 e il 1584. Si
trattava di una città ben equilibrata di 30 isolati rettangolari, in cui erano distribuite
funzioni militari, civiche, culturali e abitative.
Molti ritengono che il contributi più significativo degli urbanisti italiani sia la
creazione delle piazze. Figura importante per la definizione delle caratteristiche della
piazza di città fu Leon Battista Alberti, ispirandosi alla descrizione di Vitruvio del
Foro Romano, stabilì che la piazza fosse colonnata e accessibile attraverso archi
trionfali. Dall’influsso sulla realizzazione delle piazze vediamo, da parte di
Michelangelo, la realizzazione della Piazza del Campidoglio a Roma, tra il 1530 e il
1540, partendo dalla trasformazione dei tre edifici medievali.
La strada monumentale.
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importante il movimento.
David (1623-24), scultura di rara bellezza, con elementi di sproporzione voluti, come
la testa, per dare il senso di forza. Realizzata su commissione di Alessandro Peretti.
Morto quest’ultimo la commissione dell’opera fu rilevata da Scipione Caffarelli-
Borghese.
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emerse il problema del materiale. Si decide quindi di spogliare il bronzo che si
trovata all’interno del Panthon pagano. Esso si sviluppa su 4 colonne, alle quale
aggiunge movimento realizzando colonne tortili, avvolgendole, al di sopra della
parte scanalata, con racemi e motivi naturalistici, termina con 4 volute che si
incurvano a dorso di delfino sorrette da angeli, e culmina con il globo e la croce. La
parte alta del baldacchino è avvolto da una sorta di telaio, come fosse un tessuto
decorato sempre da motivi naturalistici. L’intero baldacchino poggia su un
basamento marmoreo con lo stemma barberiniano. In questa opera collabora con il
suo nemico, Borromini, ossia l’alterego dello
stesso Bernini. Il baldacchino inquadra la
Cattedra di S. Pietro. Straordinaria architettura,
inserita nell’architettura, essa rappresenta il
trono di S. Pietro, ossia la seduta del celebrante.
Non ci si può sedere, dal momento che è
posizionato in alto rispetto alla superficie, retto
dai 4 Dottori della Chiesa, attorniata da nuvole e
da angeli. Questi sono illuminati in maniera
prepotente dalla luce del sole che filtra dalle
finestre. In particolar modo la luce va ad illuminare una colomba realizzata
all’interno di una cornice. Rappresentazione tipica barocca, nella quale Bernini
incastra architettura insieme alla scultura, con l’utilizzo preponderante della luce,
creando elementi scenografici.
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Il barocco di Bernini è sempre ben definito, ad esempio il colonnato è
estremamente classico, questo perché Bernini puntava soprattuto sul movimento.
Fuori dal Vaticano, Bernini realizzata tutta una serie di edifici cristiani a pianta
centrale, di importanza minore:
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sagrato, che termina con una muratura convessa, realizzando l’angolo della
facciata, che termina con una muratura concava, ossia l’ingresso. La chiesa ha un
impianto a cupola non estradossata su base ellittica, inserita all’interno di un tiburio.
L’inserimento urbanistico è risolto dalla facciata, molto più stretta rispetto al corpo
centrale, sostenuta da due paraste corinzie di ordine gigante, sostenenti
trabeazione e timpano piuttosto aggettante. l’apice della teatralità lo si coglie nel
cancello presbiteriale, dove una cupola invisibile a chi sta
nell’aula, investe di luce mistica la statua in stucco del
santo martire che sale in cielo e la pala che fregia l’altare.
Progetto per il Louvre: Bernini realizza due progetti, estremamente barocchi, per la
realizzazione del Louvre, per Luigi XIV. Egli propone due soluzione diverse: un
palazzo che viene conformato con grande conca aperta su un cortile centrale;
mentre l’altro con il motivo a muratura concava, convessa e concava. Entrambi i
progetti non vennero mai realizzati.
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FRANCESCO BORROMINI
(1599-1667)
Antagonista del Bernini. Nacque a Bissione, sul lago di Lugano, da una famiglia di
muratori. Carattere irrequieto, l’esatto contrario della serafica sicurezza di Bernini.
Era un uomo malinconico, incostante e nevrotico, che alla fine morì suicida.
Raccolse in sé il meglio della tradizione costruttiva gotica e di quella antica.
Rifiutando la serena concezione dell’architettura intesa come riflesso delle
proporzioni del corpo umano, idea che era stata accolta da minuti alti architetti.
Sosteneva invece un’architettura basata sulla natura, su Michelangelo e sugli
antichi. Le fonti antiche a cui si ispirava Borromini erano edifici curvilinei ricchi
d’inventiva. Iniziò la propria carriera in San Pietro come intagliatore di marmi verso il
1620, sotto la direzione del parente Carlo Maderno e lavorò al baldacchino bronzeo
del Bernini. I suoi principali incarichi non gli vennero dalla corte pontificia, ma dagli
ordini ecclesiastici locali.
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due registri di ordine sovrapposti. Il tutto è
talmente compresso, che contribuisce a creare
movimento. Le trabeazioni sono piegate da
una forza invisibile, ke membrature
architettoniche
aggettano plasticamente e le muratore si infettano
e si incarnano come superfici tese.
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della facciata e che ricordano le facciate delle chiese medievali. A pianta centrale.
L’interno, riccamente decorato, di marmi, dorature, dipinti e stucchi non rispecchia
la sobria essenzialità delle finiture borromiane.
PIETRO BERRETTINI DA
CORTONA (1596- 1669)
Il terzo grande maestro del barocco è Pietro Berrettini da Cortona. Si formò
prevalentemente come pittore.
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che
creano
una
cornice
di una
facciata
che
sembra si stia staccando verso l’esterno. Inserimento di
elementi secondari. All’interno venne realizzata una chiesa a croce greca, con delle
absidi tronche ed incurvate ( non del tutto definite). Ma se
si va dentro si capisce che il movimento tipico del
barocco è inserito nelle colonne ioniche, facendo si che
essere rappresentino la parete stessa, enfatizzando
l’ordine. Sotto la chiesa di Santa Martina: essa assomiglia
più ad una cripta.
Chiesa di S. Maria della Pace ( Roma): nella chiesa di S. Maria della Pace venne
realizzata da Pietro da Cortona una delle più affascinanti facciate del barocco
italiano. La facciata, commissionata da Alessandro VII, celebra la chiesa come
tempio di pace. Dominato da uno spazio regolare . Il Cortona escogita, nel piccolo
spazio a disposizione, una soluzione urbanistica con un sagrato architettonicamente
definito da fronti scenografici. La definizione del sagrato è
possibile mediante alcune demolizioni che definiscono uno spazio
poligonale nel quale si inserisce il protiro convesso con colonne
binde libere. Per monumetalizzare la facciata la alza e così accieca
parte del tamburo della preesistente cupola. Sopra alla
trabeazione curva si sviluppa il secondo registro con le lesene e le
semicolonne che incurvano la parete di facciata con frontone
triangolare e curvo.
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facciate ricurve e dei sinuosi vicoli è Piazza S’Ignazio a Roma, realizzata da Filippo
Raguzzini. Con palazzine dalle ricurva facciate concave, separate da vincoli obliqui
fronteggiano la preesistente chiesa di S. Ignazio.
FERDINANDO FUGA
Ferdinando rimase più fedele agli ideali barocchi, come
nella scalinata di Palazzo Corsini, voluta da Clemente XII,
e nella splendida facciata monumentale di Santa Maria
Maggiore. Assume il carattere di un palazzo reale, che
inquadra un portico con loggia. La loggia servivano
come spazio di servizio per il pontefici.
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naturalistiche ricoperte dalla vegetazione scolpita, neolitica per il riferimento all’arco
trionfale. Anche in questo caso l’ordine gigante scandisce la superficie impreziosita
dalle finestre fontonate
IL BAROCCO A BOLOGNA
Carlo Francesco Dotti
Santuario della Madonna di San Luca: riprogettato
da Carlo Francesco Dotti. Chiesa che sorge in cima al
monte della Guardia ai margini della città. Questa è una
chiesa ellittica a croce greca coperta a cupola,
possiede un accesso scenografico: un lungo portico
ad archi che sale lungo la collina con una gran serie di
curve e zigzag.
IL BAROCCO A VENEZIA
Venezia è una città che rimane prettamente medievale, la quale non conosce
elementi rinascimentali.
Uno degl iinterventi barocchi a Venezia è grazie a Baldassarre Longhena: con Santa
Maria della Salute, realizzata a pianta centrale. Due cupole, dove al di sotto della
cupola maggiore venne realizzata la pianta centrale. La pietra d’Ittrio riveste l’interno
impianto. Nella facciata viene utilizzato il tema dell’arco di trionfo. La grande
cupola, con estradosso confido, contraffortata con delle volute concave e a spirale.
La scarsella è cupolata ed estradossata. A impianto ottagonale sormontato dalla
cupola estradossata con lanterna impostata su grandi pilastri colonnati che
definiscono il deambulatorio esterno. La teatralità degli interni e data
dall’architettura, dagli arredi e dagli addobbi e dalla luce. L’interno sono in pietra
grigia e intonaco bianco.
IL BAROCCO IN PIEMONTE
Il Piemonte, sotto la dinastia dei Savoia, si elevò alla posizione di potenza europea
tra la metà del XVI e la metà del XVIII secolo. Torino capitale fu ristrutturata nel
1563 secondo criteri barocchi nel corso del XVII secolo, pur mantenendo l’impianto
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a scacchiera dell’originaria città romana. Nel 1663 Carlo Emanuele II duca di Savoia
chiamò a Torino Guarino Guarini.
Guarino Guarini
Guarino Guarini nacque a Modena e si avviò alla carriera ecclesiastica come il padre
Teatino. Dal 1639 al 1674 studiò teologia, filosofia e matematica nella Casa sei
Teatino di Roma dove fu nominato professore di filosofia nel 1650. Studiò con
attenzione soprattutto l’opera di Borromini, la cui influenza è evidente sin dalle
prime opere di architettura. Le sue opere sono particolari per via della grande
complessità che crea in esse.
Guarnini fui un uomo di mondo, visitando diverse città, nelle quali si occupò di
progettare diversi edifici.
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Cappella della Sacra Sindone: a Torino, dove egli trovò casa, lavorò per i Savoia, i
quali commissionano la realizzazione della Cappella per la Santa Sindone. La
cappella sorse tra il Palazzo Reale e il Duomo. La Cappella è più alta del piano del
Duomo ed è ad esso collegata mediante due rampe buie con gradini convessi.
Interviene su un’architettura già progettata, Guarini inventa due rampe strette, dove
non ci sono finestre, per ragione simbolica, realizzate verso l’alto. Questa scatola è
convessa, con due vestiboli circolari, i quali sono irrealtà fregiati da tre gruppi di tre
colonne ( la trinità), che reggono tre archi, che reggono tre pennacchi che reggono
una piccola cupola. Questo motivo di tre lo si ritrova anche nella cappella vera e
propria. Per aumentare l’altezza crea 3 grandi imposte nella
cupola. La cupola non è concepita con costoloni o vele,
ma come una sovrapposizione di archi sfalsati che vanno
rastremandosi verso l’alto, sormontati da una calotta. Per
evitare che l’appoggio e il carico degli archi vada a far
cedere, inserisce dei piedritti nei punti di avvio delle
sovrapposizioni. Impiega marmi sicuri nella parte
basamentale e marmi grigi nella parte alta e nella cupola.
È comunque una struttura leggere, per la realizzazione di
parecchie aperture. Purtroppo è andata parzialmente
distrutta da un incendio.
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ballatoio dei musicisti e la cupola.
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superficie di questa è forata da quattro aperture curvilinee attraverso le quali è
visibile la seconda cupola, affrescata con un cielo popolato da angeli e santi.
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