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Schemi Completi Storia Dell'Architettura

Il documento esplora la storia dell'architettura, evidenziando l'importanza del contesto storico e geografico nella formazione degli stili architettonici. Viene analizzata l'architettura mesopotamica, con focus su Sumeri e Assiri, e l'architettura egizia, sottolineando l'uso di materiali e tecniche specifiche. Si conclude con una riflessione sull'evoluzione dell'architettura in relazione alle necessità umane e ai cambiamenti culturali nel tempo.

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Schemi Completi Storia Dell'Architettura

Il documento esplora la storia dell'architettura, evidenziando l'importanza del contesto storico e geografico nella formazione degli stili architettonici. Viene analizzata l'architettura mesopotamica, con focus su Sumeri e Assiri, e l'architettura egizia, sottolineando l'uso di materiali e tecniche specifiche. Si conclude con una riflessione sull'evoluzione dell'architettura in relazione alle necessità umane e ai cambiamenti culturali nel tempo.

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domenica 14 ottobre 2018

STORIA DELL’ARCHITETTURA
Lo studio dell’architettura deve essere collocato, come quello di qualsiasi altra
forma artistica, nel tempo e nello spazio. I fenomeni architettonici sono, infatti,
suddivisi in funzione degli Stili succedutisi nei vari periodi storici con differenze e
varietà distintive per aree geografiche, fino all’arrivo della Globalizzazione,
diffondendo un unico stile in tutto il mondo.

L’architettura è una disciplina che ha come scopo l’organizzazione dello spazio su


scala, ma principalmente quella in cui vive l’essere umano. Essa si basa su una
conoscenza sia teorica che pratica .
Con partita si intende il saper disegnare, mentre con il termine teoria ci si riferisce
all’informazione, alla conoscenza specifica della materia in questione studiando in
particolare le arti, l’astronomia, la matematica…

Architettura deriva da Architetto, termine derivato nelle lingue occidentali dallato


architectus , ma di origine greca, che significa “ingegnere”, “capo cantiere”, “primo
artefice” o proprio “architetto”.

Il fenomeno architettonico è stato sempre presente nella cultura dell’uomo,


acquistando caratteristiche, definizioni, funzioni, aspetti spaziali e costruttivi spesso
differenti o addirittura contrastanti da civiltà a civiltà o da epoca a epoca. Finché
l’uomo ha avuto capacità cognitive l’architettura è sempre esistita. Essa è nata per
soddisfare le necessità biologiche dell’uomo quali la protezione degli agenti
atmosferici…Perciò l’architetto del passato può essere considerato il
rappresentante della conoscenza umana, la quale con il trascorrere degli anni fu
condizionata dal tempo, dal luogo, dalle maestranze e infine dai committenti, i
quali ebbene un ruolo fondamentale soprattutto nel passato,

Perciò le varie creazioni architettoniche già nell’antichità non furono frutto di


un’unica persona, di un’unica mente, furono, e sono ancora oggi, frutto dei
cambiamenti avvenuti nel tempo, basti osservare l’utilizzo dei vari materiali di
costruzione.

L’architettura del passato si fondava su tre concetti :

1. STRUTTURA : un buon edificio doveva essere solido, stabile, forte. Doveva


durare nei secoli. Però la maggior parte degli edifici costruiti nel passato, che
sono arrivati a noi, sono rovinati, colpa sopratutto dell’uomo che con lo scoppio
di guerre e conflitti distrussero e rovinarono la maggior parte di essi.

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2. FUNZIONE : l’edificio deve essere funzionale, ossia deve rispondere a
determinate necessità con l’aggiunta di bassi costi.

3. ESTETICA: l’estetica è legata alla bellezza. La bellezza era data dall’armonia,


spesso quasi musicale, della simmetria, delle proporzioni, dell’armamento ( dato
dagli ordini architettonici : la colonna e la trabeazione che da elemento
prettamente strutturale si trasformò in elemento ornamentale, decorativo).

Questi tre elementi furono identificati per la prima volta da Marco Vitruvio Pollione,
architetto e ingegnere romano, nel trattato De Architectura.

MESOPOTAMIA
Gli edifici più antichi sorsero nel Medio Oriente, e più precisamente in Mesopotamia,
tra il Tigri e l’Eufrate, corrispondente all’odierno Iraq. Il popolo dei Sumeri fu il primo
ad inserirsi in Mesopotamia, intorno al 5000 a.C. , nella preistorica città di Eridu, che
raggiunse il punto più alto con le gigantesche ziqqurat e i sontuosi templi sumeri,
babilonesi e assiri.

Si riteneva che le città fossero di proprietà degli dei, perciò era essenziale
proteggerli e offrire loro un riparo il più possibile solido e sicuro.

I SUMERI

Uruk fu una grande città realizzata dai Sumeri a sud di Babilonia, datante il IV
millennio a.C. Il piccolo sedimento divenne una vera e propria città, la prima per cui
sia possibile utilizzare questo termine; perché fu la prima ad avere due caratteri
fondamentali per una città: stratificazione sociale e la specializzazione del lavoro.
Un terzo della superficie finì per essere occupata da templi e edifici pubblici. Come
il santuario dedicato a Inanna, la dea dell’amore e della guerra. Nel quale possiamo
osservare le prime colonne circolari di mattoni crudi di cui si abbia notizia.

I muri e i pilastri presentavano una primitiva decorazione di coni di terra cotta rossi,
beige e neru, lunghi circa 10 cm, disposti secondo schemi geometrici.

Nel santuario adiacente, dedicato ad Anu, dio del cielo, sorgeva il cosiddetto
tempio Bianco, forse all’origine delle ziqqurat. Costruzione di mattoni, con musi
decorati dipinti e rilievo non avevano una funzione puramente esornativa, ma
servivano anche a mettere in risalto la struttura.

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TEMPLI ZIQQURAT

L’edificio più caratteristico della civiltà mesopotamica era rappresentato dalla


ziqqurat. Era una piramide che serviva a collegare idealmente, come una scala che
sale al cielo, il mondo terreno alle civiltà celesti. La ziqqurat era il centro religioso,
ma anche il cuore economico della città.

La più straordinaria di queste torri a gradoni e la meglio conservata è quella di Ur


( 2125 a.C.), che nel suo complesso doveva raggiungere i 25 m d’altezza dedicata al
dio Nannar. Costruita in mattoni crudi rivestita con mattoni cotti e da spettacolari
rampe. La città di Ur era circondata da mura, dove all’interno si poteva trovare i
templi, i principali edifici pubblici e palazzi.

ASSIRI

I principi architettonici sumeri furono ripresi e sviluppati tra la fine del II millennio e il
612 a.C. dai bellicosi re assiri, originali della Mesopotamia settentrionale. Due sono
le grandi città, Ninive e Nimrud, delle quali rimane ben poco, ma quel poco ci
mostra semicostruzioni in mattoni crudi, con case a due piani e intonacate.

Tipica realizzazione Assira è la città di


Due Sharrukin, l’odierna Khorsabad,
che fu capitale del nuovo impero assiro
al tempo di Sargon II che la fondò. Le
mura di Due Sharrukin racchiudevano
un’area di circa 300 ettari, di cui 10
occupai dal palazzo reale. La città era a

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forma rettangolare, con mure munite di torre. L’insediamento comprendeva il
palazzo per il fratello del re, un tempio dedicato a Nabu, dio della scrittura e della
saggezza; e poi il palazzo di Saragon.

Quest’ultimo era un enorme edificio con oltre 200 stanze ordinate intorno a
numerosi cortili interni, ed cinto da ulteriore mura di mattoni. Sviluppato intorno a
tre cortili, rialzato su una piattaforma con un pesante rivestimento di pietre
squadrate e dotato di un complicato sistema di scoli in terracotta. Il palazzo era
suddiviso on tre zone principali: l’area templare, il quartiere amministrativo e di
immagazzinamento e l’area palatina. In un angolo del palazzo sorgeva un tempio-
ziqqurat.

Dopo la caduta di Ninive nel 612 a.C. e dell’impero assiro, il centro di potere si
spostò dall’alto Tigri al basso Eufrate, dove i monarchi di una dinastia
neobabilonese ricostruirono la città di Babilonia.

Di questo periodo storico vi è la città ricostruita da Nabucodonosor II. Con pianta a


scacchiera e una doppia cinta muraria, torri e canali artificiali che la collegavano
all’Eufrate. La via d’accesso principale era una larga strada lastricata, la via delle
Processioni. L’ingresso alla parte interna della città avveniva attraverso la porta di
Ishatar, rivestita di mattoni smaltata di un blu vivido, con una decorazione a rilievo di
tori e draghi gialli e bianchi. A ovest della posta fu costruito il palazzo di
Nabucodonosor, costruito introno a cinque corti, con facciate decorate di mattoni
smaltati.

La conquista di Babilonia nel 539 a.C. da parte di Ciro il Grande, fondatore della
dinastia degli Achemenidi di Persia, pose fine alla civiltà mesopotamica e alla sua
architettura.

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ANTICO EGITTO
Tecniche edilizie dell’antico Egitto.
La civiltà Egizia si sviluppò a partire dal IV millennio a.C. con il cosiddetto periodo
Predinastico. Ossia la fase precedente alla formazione dello stato unitario egizio. Il
periodo inizia nel Neolitico antico e arriva fino a circa il 3060 a.C. con il paese
suddiviso nei due regni del Basso e Alto Egitto.

Gli egizi si stanziarono nell’Africa settentrionale sviluppandosi lungo le rive del Nilo,
per un’estensione complessiva di circa 1000 km, del Tigri e dell’Eufrate. Questo
vasto territorio, nel quale si stanziò il popolo egizio, viene comunemente chiamata
“Mezza luna fertile”. Termine coniato negli anni venti dall’archeologo James Henry
Breasted. Questa terra viene spesso definita come la “culla della civiltà” a causa
della sua straordinaria importanza nella storia umana, grazie al suo terreno molto
fertile si svilupparono le prime grandi civiltà prettamente agricole stazionarie, le
quali, grazie a questo, si legarono alla terra, tra cui anche il popolo egizio.

- Mezzaluna fertile: il clima della mezzaluna fertile era di tipo mediterraneo ( con
estati lunghe e secche e inverni miti e umidi); tale clima favorisce lo sviluppo di
piante annuali con grossi semi e fusto non legnoso come le diverse specie di
cereali e anche di legumi selvatici. Inoltre erano presenti 4 delle 5 più importanti
specie di animali da allevamento: mucche, capre, pecore e maiali.
- Nilo: è un fiume africano lungo 6.853 km. Tradizionalmente considerato il fiume
più lungo al mondo. Il Nilo possiede due grandi affluenti, il Nilo Bianco e il Nilo
Azzurro. Il Nilo è strettamente legato allo sviluppo dell’antica civiltà egizia, con la
maggior parte della popolazione e delle città situate nella valle a nord di Assuan.
Esso fu soprattutto un’importante fonte di sostentamento per le popolazioni lungo
le sue sponde perché rendeva estremamente fertile il terreno circostante dopo le
annuali inondazioni. Gli egiziani furono per tanto in grado di coltivare il grano e
altre colture. Grazie a questo la società egiziana fu una delle più stabili nella
storia.

Il fiume attraversa il Sudan, l’Egitto per poi sfociare nel Mar Mediterraneo. Il clima di
questa terra è di tipo mediterraneo, soggetto quindi a grandi piogge nel periodo
compreso tra giugno e settembre. Le notevoli piogge facevano aumentare la portata
del fiume che finiva per straripare. Le acque quindi inondavano le campagne
circostanti. In autunno le acque si ritiravano lasciando sul terreno una fanghiglia
molto fertile, detta Limo, molto utile per l’agricoltura.

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Queste inondazioni si ripetevano ogni anno, sempre nello stesso periodo. Questa
condizione, invece di essere un ostacolo, diventa uno stimolo a per il popolo
egiziano. Tanto che nacque una vera e propria Classe Tecnica, la quale, basandosi
su queste inondazioni crearono degli strumenti per tracciare delle linee di confine,
delimitando l’aere soggetta. Lo strumento più utilizzato era il Tiracorda, ossia
attraverso l’utilizzo di cordicelle che naturalmente venivano fissate a delle rotelle che
consentivano poi la creazione di linea per la realizzazione di scavi di fossati, cosi da
realizzare delle forma geometriche sul terreno. Questa è l’origine della Classe
Tecniche conosceremo con il tempo come Architetti. Una classe che nasce nelle
campagne che trasporta le proprie conoscenze geografiche e matematiche nella
creazione di vere e proprie civiltà.

Dal punto di vista architettonico è possibile osservare nel popolo egizio l’esigenza di
un’architettura funzionale e pratica, spesso simbolica.

Nella sua fase più antica l’architettura assorbì elementi tratti dagli edifici di mattoni e
argilla, dagli alberi e dalle piante, forme teoricamente non adatte alla pietra. Il suo
senso è riposto non tanto nella forma quanto nell’iconografia.

Il termine Faraone venne largamente utilizzato durante tutta la civiltà egizia, per
indicare la figura del re e deriva dalla parola pr-o che significa “grande casa”. Al re o
la faraone ci si rivolgeva sempre come a un dio, in quanto in grado di eseguire i
rituali per preservare l’Egitto e quindi l’universo. Perciò il re e dio erano
interdipendenti: il dio accordava favori al re in cambio del compimento di cerimonie
rituali. Inoltre il faraone era anche la fonte d’ispirazione architettonica.

Non è rimasto alcun progetto di edificio importante, ed è evidente che si ricorreva a


progetti standardizzati.

MATERIALI UTILIZZATI

I. La terra era, ed è tutt’oggi (esempio in Sardegna), un materiale ampliamento


utilizzato sia per le costruzione di case ed edifici sia per la realizzazione di
decorazioni. Essa è il frutto della decomposizione meccanica e chimica delle
rocce, la quale è naturalmente mescolata con sostanze organiche. Ad esempio
la terra cruda, che veniva utilizzata soprattutto per la presenza nella sua
composizione chimica di elementi argillosi. Passando poi all’utilizzo della Terra
Cotta. La terra cotta è un materiale inorganico, non metallico, molto duttile allo
stato naturale, rigido dopo la fase di cottura. Questo materiale è ottenuto da
argille comuni contenenti ossidi di ferro, che nella cottura nella fornace danno al
prodotto il caratteristico colore giallo-rossiccio. Opportunamente modellata, è
usata come materiale edilizio, come vasellame, o in forme e con intenti più
espressamente artistici. Il materiale più utilizzato però è l’Argilla . Anche essa è

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l’esito di un’alterazione meccanica e chimica di rocce magmatiche silicee
antichissime che si trasforma in una terra particolare, ossia composta da
differenti elementi organici che la rendono molto plastica e compatta, dando la
possibilità di modellarla creando dei muri verticali.

II. Occorre sottolineare la scarsa, quasi inesistenza di foreste e boschi sul territorio
africano, ma ci sono tante Canne Palustri ( canna di papiro) . Presenti sia in
Mesopotamia che lungo il Nilo. E queste canne palustri servono per tutta una
serie di usi, ad esempio per le barche. In Egitto erano rarissime le barche
costruite con il legno, le possedeva solamente il Faraone. La gente comune, la
cosiddetta classe media possedeva barche costruite con le canne. Questa
pianta è caratterizzata da un fusto lungo, cavo e robusto, in grado di galleggiare.
Queste prime barche erano a forma di zattera nelle quali al posto dei tronchi
c’erano dei fasci di canne di papiro strettamente legati assieme con cavi, anche
essi di papiro. Queste piccole barche venivano utilizzate per attraversare il
grande fiume da una sponda all’altra o per percorrerlo in senso longitudinale,
servivano per il trasporto quotidiano, per la pesca o per l’esplorazione del suo
corso. L’utilizzo di queste canne non riguarda solo la costruzione di barche e
zattere per la navigazione del fiume, ma esse vennero utilizzate anche per la
costruzione di abitazioni. Questa tecnica era utilizzata soprattuto in
Mesopotamia, tra il Tigri e l’Eufrate. Praticamente si prendevano queste canne,
si legavano tra di loro e si otteneva una specie piedritto (struttura verticale, con
funzione di sostegno), una sorta di fascio di canne. Questo fascio aveva la
capacità di essere flessibile e tale caratteristica portò la costruzione di vere e
proprie abitazioni con soffitto a volte a botte. I popoli stanziati in Mesopotamia
credevano fermamente in una vita dopo la morte, immaginandola simile a quella
terrena. Grazie a questa forte credenza oggi possediamo moltissimi corredi
funebri, ossia elementi, decorazioni e oggetti appartenenti al defunto che
venivano inseriti all’interno della tomba. Nelle tombe dei più agiati si trovano
stele iscritte con il loro nome e quello dei loro familiari, statue e tavolette per
ricevere le offerte, oltre a mobili, tessuti, oggetti di vita quotidiana. Questo
sistema lo possiamo osservare anche in Egitto. Ma in Egitto ha un’importanza
maggiore, grazie soprattuto alla scoperta di un di un piccolo modellino, nel
quale viene raffigurato un momento della vita quotidiana. Tale modellino è di
fondamentale importanza dal punto di vista architettonico per la tettoia creata
per il bestiame (corredo funebre creato probabilmente per un allevatore) . Tale
tettoia è retta da dei piedritti, ossia dei sostegni verticali in pietra. Questi
sostegni hanno una forma particolare, cioè non sono perfettamente centrici, essi
sono a sezione tonda ma vanno a stringendosi in determinati punti lungo il fusto.
Queste strozzature lungo il fusto ci danno l’idea che questi sostegni non furono
levigati, ma lasciti nella loro forma naturale. Questi sostegni però rappresentano

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in un certo senso l’origine della colonna. Tutto questo per dire che gli antichi
egizi, pur essendo cosi avanti dal punto di vista dei materiali, con l’utilizzo della
pietra, essi utilizzavano le forme dell’architettura primitiva delle origini, quindi per
loro la colonna sarà fatta come un fascio di papiri.

III. Pietra (vedere altre fotocopie)

IV. Altro materiale molto diffuso in queste aree geografiche era il Gesso. Il gesso è
in realtà una pietra, chiamata solfato di calcio, molto tenera che riscaldandola, a
seguito della cottura a temperatura molto bassa ( 100-150 C°), si elimina parte
dell’acqua attraverso il processo di evaporazione. Ottiene un impasto duttile e
plastico che consente l’utilizzo nell’edilizia. Con questa malta di gesso si
potevano legare dei blocchi; fare l’intonaco…

Questi materiali molto poveri sono materiali utilizzati ancora oggi, quindi non si parla
di cose a noi sconosciute.

Essi però non erano utilizzati in modo puro, essendo materiali molto plastici.
Venivano quindi corretti con l’aggiunta di sgrassanti o aggreganti, impedendone
cosi la rottura. Quali sono questi sgrassanti? Essi possono essere di natura
minerale, come la sabbia o la ghiaia, creando un impasto che mi consente di
costruire senza crepature; o di natura vegetale, come la paglia, erba, pula
( rivestimento del cereale), che servono a migliorare la coesione del materiale,
servono ad alleggerire e facilitano il processo di evaporazione.

I. Il Legno veniva utilizzato molto poco, per via della scarsa presenza sul territorio
egizio. Esso però non è che non era neanche preso in considerazione, anzi. Il
legno veniva utilizzato per la creazione di strumenti, decorazioni ecc. molto
preziosi. Proprio per questo nacquero i primi carpentieri, i quali divennero con il
tempo gli unici in grado di costruire le strutture in legno, possono essere quindi
chiamati i primi architetti. Questi carpentieri inizialmente utilizzavano per la
maggior parte delle costruzioni strumenti in legno e in pietra. Durante le prime
dinastie la lavorazione dei blocchi venivano utilizzati strumenti creati con lapidei
in diorite ( una pietra basaltica).

II. Una grande rivoluzione dal punto di vista dei materiali nel mondo dell’edilizia
scoppia. Portando alla lavorazione di materiali più importanti, come il rame, il
bronzo e il ferro.

Esempi di strumenti

- Archipenzolo: è il più antico strumento di livellazione (livellamento), atto a


individuare o verificare l’orizzontalità di una retta. È costituito da una struttura in
legno triangolo isoscele e da un filo a piombo, appeso al vertice individuato dalle
due aste ugelli e sovente ad un angolo retto. Si appoggia lo strumento su un

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piano in modo che il filo passa per l’indice fissato a metà dell’asta trasversale,
questa definisce una retta orizzontale parallela a quella d’appoggio.

- Filo a piombo: detto anche piombino, è uno strumento utilizzato per determinare
la direzione verticale rispetto ad un determinato punto. È costituito da un filo
flessibile, in genere di canapa o di nylon, con ad una estremità una massa, in
genere un cilindro o una sfera.

- Leva : asta di metallo che serviva per spostare i pesi e i gravi per brevi tragitti.
- Abbiamo infine una specie di slitta: questo strumento ha una doppia valenza: può
essere utilizzato come slitta per lo spostamento; ma anche come una specie di
gru per il sollevamento.

- Levigatore
COME SI COSTRUISCE UNA CASA?

I principali metodi di costruzione sono:

La tecnica TAUF , utilizzata per la costruzione di capanne. Questa tecnica edilizia


prevedeva la costruzione di muri in fango e paglia realizzati a mano costruiti su
fondazioni di pietra.

Tecnica con cassaforma, tecnica più complessa attraverso la realizzazione del


Pisè. Costruzione di un muro fatto non più a mano ma attraverso il Cassaro. Esso
è una struttura costruita in legno o piuttosto con stuoie per gettarvi dentro un

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materiale simile al calcestruzzo, di colore grigio, il quale veniva, attraverso l’utilizzo
di una mazza, compresso e veniva buttato fuori l’eccesso. Una volta solidificato, si
toglieva il cassaro ottenendo il cosiddetto Pisè, il quale poteva essere sia in gesso
che in terra. Questa tecnica anticipa per esempio il concetto di getto del
calcestruzzo nel cassaro che avviene oggi nella costruzione. I Romani, ad
esempio, la utilizzavano con il calcestruzzo.

Tecnica dell’Adobe, ossia dell’utilizzo del mattone crudo. Il materiale utilizzato era
un impasto di argilla, sabbia e paglia lavorato a mano ed essiccato al sole.

COME ERA FATTA LA TIPICA CASA EGIZIA?

Le notizie più sicure e complete sull'architettura domestica dell'Antico Egitto ci sono


fornite dai modellini di case e dalle descrizioni degli edifici rinvenute nelle tombe.
Esse però venivano considerate come alloggi temporanei, mentre le tombe come
dimore permanenti fino alla resurrezione. La maggior parte delle costruzione
egiziane che sorsero lungo il corso del Nilo erano realizzate con materiali
degradabili, come i mattoni crudi, il legno e le canne intrecciate. Grazie a questo
non è sopravvissuto molto dell’architettura popolare dell’antico Egitto.

Le case private differivano poco dalle costruzioni dei templi più antichi. Erano
entrambe a pianta rettangolare, divise in più stanze e a un solo piano. Le stanze si
affacciavano su un cortile centrale, dal quale ricevevano la luce. La casa era
circondata da un muro esterno, con una sola entrata. Le abitazioni urbane venivano
costruite una accanto all'altra e si affacciavano su vicoli stretti e serpeggianti, e
potevano essere racchiuse in isolati per mezzo di cancelli.I palazzi reali avevano la
stessa pianta delle case private e differivano per la grandezza e, presumibilmente,
per il lusso. Molto spesso la residenza reale era vicino a un complesso templare.

Mediante una porta si accedeva al cortile interno, nel quale si svolgevano la


maggior parte delle attività lavorative: si creavano i cesti, si svelavano le galline…

Appoggiati al muro di cinta solitamente colorato si trovavano dei piccoli vani


accessori: latrine, granai, cucine e dispense.

Le abitazioni egizie erano caratterizzate da un’apertura sul tetto. Non esistevano i


camini e neanche i comignoli, quindi furono create queste finestre che si aprivano al
cielo per far uscire il fumo dall’abitazione. In quel foro c’è l’origine di quello che sarà
il tipo atrio romano (foro).

Queste case potevano essere isolate ma anche raggruppate in città. ( es. Deir-el-
medinah).

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Possiamo attribuire la creazione delle prime grandi città al Faraone egiziano. Infatti
fu decisione del Faraone di raggruppare tutte le maestranze (uomini/lavoratori che si
occupavano della costruzione delle necropoli dei Re) in un unico luogo cosi da
poterle controllare e sorvegliare.

Un altro mito da sfatare è quello che riguarda la tipologia di lavoratore. Tutti credono
che la costruzione di queste necropoli, o comunque di questi grandi edifici costruiti
per i Re, era ad opera degli schiavi. Non è cosi. Anzi i lavoratori che troviamo nel
campo dell’edilizia erano gli egiziani, agricoltori e allevatori, i quali, durante la
stagione primaverile/estiva coltivavano, durante la stagione invernale lavoravano
nei cantieri, avevano ben due lavori.

SOPRAVVIVENZA DEL MODELLO

Le tecniche utilizzate dagli antichi egizi per la costruzione delle proprie abitazioni
erano ben studiate. Questo lo può testimoniare il fatto che alcune di esse sono
riuscite a sopravvivere per secoli, rimanendo in piedi.

La maggior parte di esse furono costruite con la tecnica del Pisè e dell’Adobe,
caratterizzate da:
- Angoli (punto più debole e critico della costruzione) rafforzati :spesso con fasci di
giunchi intonacati con malta di fango;

- Muratura a scarpa : è un allargamento progressivo della muratura verso la base,


un’inclinazione antiribaltamento. Infatti allargare la base, significava avere più
stabilità e maggior superficie di appoggio. Esso ha generalmente una due
necessità: quello di distribuire maggiormente il peso sul terreno ; e quello di
aumentare la staticità.
- Aperture ridotte : sia perché rappresentavano un punto di debolezza (dal punto di
vista del muro) sia per mantenere il microclima interno dell’abitazione fresco;

- Motivi decorativi a fasce


- Muratura difensiva che assunse con il tempo un carattere puramente
armamentari. Per la creazione delle fortificazioni utilizzavano mattoni crudi
regolari ( formati con stampo a telaio in legno) con andamento concavo-convesso
seguendo l’andamento del terreno, non possedendo fondamenta. (inizieranno a
costruire le fondamenta con l’utilizzo della pietra)

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COME SI ESTRAEVA LA PIETRA ?

Quando nell’architettura si iniziò ad utilizzare il blocco di pietra, di dimensioni molto


grandi, il materiale si estraeva dalle cave attraverso l’utilizzo di mezzi meccanici e
strumenti estremamente poveri.

La cava veniva coltivata per avere la massima resa per l’estrazione della pietra,
creando dei veri e propri blocchi, i quai venivano formati lavorando il materiale
direttamente all’interno della cava. I blocchi venivano estratti dalla roccia, facendovi
una fessura secondo il contorno del blocco che si desiderava, e a intervalli, si
scavavano fori più profondi, dove i cunei di legno, che vi venivano posti, si
dilatavano per l’acqua di cui venivano imbevuti, staccando in tal modo,
progressivamente, il blocco. Tale processo veniva svolto dai Cavatori.

La parte più difficile du questo processo era rappresentata dal momento del taglio
del blocco e dalla fuori uscita di esso, che avveniva utilizzando strumenti di legno.

I problemi sopraggiungevano con il trasporto, che avveniva sia per via terra che per
mare. Per questo motivo si cercava di estrarre la pietra a valle.

Il trasporto per via terra veniva fatto con l’uso di Slitte. Essendo però zone
desertiche, il trasporto doveva avvenire con la realizzazione di piste, eliminando cosi
le rocce, sassi e altre tipologie di ostacoli, cospargendo questo “marciapiede” con il
limo del Nilo. Una volta che il blocco di pietra raggiungeva le rive del Nilo, vi erano
delle barche.

Questa tipologia di trasporto era molto faticosa, cosi tanto che spesso i blocchi non
arrivavano a destinazione. Ad esempio con il trasporto di quello che doveva
diventare il più grande Obelisco, poi mai realizzato, che pesava circa 200 tonnellate,
doveva essere lungo 42 metri.

Importante personaggio nel processo di realizzazione del blocco di pietra era lo


Scalpellino. Era colui che lavorava e levigava il blocco di pietra solitamente con lo
scalpello. La lavorazione avveniva a piè d’opera, con piccoli strumenti.

Attraverso questo processo venivano realizzate i grandi edifici, come le piramidi.

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Con l’unificazione dell’Alto e del Basso Egitto, avvenuta tra il 3200 a.C e il 3000 a.C
gli edifici divennero molto più monumentali.

N.b. prima grande civiltà costruita con l’utilizzo della pietra fu NAU KRATIS, grazie
agli scavi archeologici effettuati nell’area di Naucrati, a partire dal 1884 hanno
portato alla luce i resti di un importante tempio dedicato ad Amon e Thoth. Gli scavi
hanno portato alla luce anche i resti di alcuni templi in stile greco dedicati ai
Dioscuri, ad Apollo ed a Era.

COLONNE - PIEDRITTI

• Tempio di Luxor: situato sulla riva orientale del Nilo della città di Luxor. Il tempio
era dedicato a Amon, costruito nel XIV secolo a.C. nel quale possiamo trovare i
marchi di due soli sovrani sulle strutture architettoniche. All’interno di questo
grande complesso funerario, dopo il cortile si accede ad un corridoio lungo 100
metri e fiancheggiato da 14 colonne con capitello a forma di papiro con foglie
chiuse, costruite utilizzando la pietra arenaria. La parte inferiore più stretta e
avvolta dal motivo di cinque foglie lanceolate. Il fusto è composto dal motivo di

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sei-otto steli a tre nervature legati a fascio sotto il capitello, il quale raffigurava
ombrelli (corimbi) socchiusi di papiro.

• Tempio di Iside, il tempio di Iside si trova all’interno del complesso di templi che
sorgevano sull’omonima isola del Nilo in Egitto, poi smantellati e trasferiti sulla
vicina isola di Agilikia nel 1977. Il tempio di Iside rappresenta il principale centro
del culto isiaco. Una delle principali innovazione che troviamo all’interno del
tempio riguarda il capitello delle colonne, un capitello Palmiforme: collana che
rappresenta un tronco di palma decorato con foglie di palma strette al fusto da
diverse legature che terminano in un triplice laccio, visibile sul davanti.

• Capitello lotiforme : Di diametro uniforme per tutta la sua altezza, il fusto


rappresenta un fascio di 4-6 e più tardi anche di otto steli di fiori di loto legati
sotto il capitello. Questo è formato da sei calici leggermente aperti, tra i quali
figurano sei fiori più piccoli, il cui stelo si prolunga sul fusto. Leggermente
impiegata durante l'Antico Regno, a partire dalla V dinastia e nel Medio Regno,
ritornò di moda in Epoca Tarda. Il loto era legato al culto solare: fu infatti il fiore
dal quale il sole uscì sulle acque primordiali il giorno della creazione.

Tutte queste tipologie differenti di colonna hanno una caratteristica in comune: ossia
tutte erano COLORATE! Non solo le colonne, ma tutte le varie tipologie

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SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.

architettoniche erano colorate, dalle case comuni alle tombe, le quali venivano
costruite non solo per ospitare il defunto ma che anche la maggior parte, se non
tutti, dei suoi averi, dei suoi oggetti che utilizza in vita.

Questa scoperta emerse tra la fine del 700 e l’inizio dell’800 grazie a un gran
archeologo italiano GIOVAN BATTISTA BRENZONI………….. le redini di questa
scoperta vennero prese dai francesi, i quali grazie a Napoleone Bonaparte,
condussero la cosiddetta campagna d’Egitto.

ANTICO REGNO
l’Antico Regno è il periodo che va dalla III alla VI dinastia e che, indicativamente è
compreso tra il 2700 a.C ed il 2192 a.C. A questo periodo risalgono le costruzioni
più famose ed importanti della civiltà egizia: le piramidi

Oltre alle piramidi vediamo anche la diffusione delle Tombe Rupestri. Ossia una
tomba scavata in parte nella roccia di una collina, spessa detta anche ipogeo, per la
presenza di uno o più locali sotterranei. Ad esempio la Tomba di SETI I ( scoperta
nel 1817 da parte di Giovanni Battista Belzoni ). situata nella valle dei Re in Egitto,
era la tomba del faraone Seti I, padre di Rameses II. Essa è una delle tombe più

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lunghe della Valle dei Re con i suoi 130 m. E presenta una planimetria alquanto
complessa.

Altra scoperta molto importante da parte di Belzoni è il Tempio di Abu Simbel,


anche esse tempio di tipo rupestre.

TOMBA

Gli egizi non consideravano la morte come estinzione completa dell’uomo, ma


piuttosto come fosse una continuazione della vita, concepita la vita come qualcosa
di immortale. Perche il corpo del defunto possa continuare a vivere nell’aldilà era
necessario che esso rimanesse integro. Questo veniva assicurato tramite la tecnica
della mummificazione. Il procedimento consisteva nell’aspirazione dei visceri, che
venivano avvolti in bende e conservati in 4 vasi. È per questo motivo che esse
venivano costruite come delle case in montatura, a forma geometrica, nelle quali
inserivano dentro tantissimi oggetti appartenenti sl defunto stesso e molte
decorazioni, come statuette… anche esse, come tutte le altre tipologie di
costruzioni degli egizi, era completamente colorata.

Un esempio ti tomba egizia è MASTABA : essa è una tomba monumentale


utilizzata durante le prime fasi della civiltà egizia, edificate nel Basso Egitto. Esse
venivano riunite in necropoli. La parte esterna della Mastaba, quella in superficie, ha
come funzione quella di chiudere l’accesso alla tomba e di segnalare la presenza

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del sepolcro. L’interno è molto semplice, essa è costituita da un “gradone” di forma
tronco-piramidale. La struttura conteneva alcune cappelle rituali, una falsa porta
decorata e incorniciata. Queste tombe sono realizzate in Pietra o Terra Cruda e
sono l’origine delle Piramidi.

Ad esempio la piramide a gradini di Re Zoser ( 2650-2600 a.C. ). Questa piramide la


possiamo trovare nel complesso funerario di Saqqara. Essa è la prima grande
piramide ed fu concepita come una sovrapposizione di Mastate. Costruita in blocchi
di pietra calcare, di dimensioni un pò più grandi dell’adobe, con rivestimento in
pietra calcare bianca. Questa piramide è alta 60 metri, con base 109x122 metri (non
è quadrata).

PIRAMIDI

Le piramidi egizie sono costruzioni architettoniche in forma di solido geometrico,


normalmente di forma quadrata, costituita da un vertice.

Le origini dell’opera architettonica vanno ricercate in ambito religioso, avendo infatti


una unica funzionalità, proteggere il defunto corpo del faraone. Esse sono di enormi
dimensione proprio perché per gli antichi egizi il re era un dio che discendeva sulla
Terra per ritornare in cielo dopo la morte: le dimensioni delle piramidi segnavano
che la tomba che stava sotto o dentro di esse ospitava il corpo dei un dio, non
quello di un uomo.

Le prime piramidi sorsero durante l’Antico Eregno (2700-2200 a.C. circa ) e il loro
uso si essere fino alla XVII dinastia, intorno al 1600 a.C.

1. Terza e quarta dinastia: in tempi più antichi queste piramidi erano costruite
interrante in pietra, con blocchi di piccole dimensioni. Le locali cave di calcare
erano le principali fonti di materiale per il copro principale, mentre un calcare di
maggior qualità, estratto a Tura, era utilizzato come copertura esterna. Il granito
serviva per la costruzione di alcuni elementi architettonici. Nelle prime piramidi,
gli strati di pietra che formavano il corpo della piramide erano posati inclinati
verso l’interno. Si scoprì in seguito che questa configurazione era meno stabile
di quella che vedeva le pietre appoggiate orizzontalmente l’una sull’altra. Al
centro della piramide c’è una struttura costituita dalla presenza di edifici in Petra
in cui il sovrano, una volta giunto nell’aldilà, dei riti religiosi di grande
importanza. La prima piramide venne realizzata durante la terza dinastia sotto il
regno di re Djoser. Progettata da Imhotep. Essa era fatta a gradoni, come una
specie di immensa scala che si alzava verso il cielo e che il sovrano poteva
salire dopo la morte per raggiungere gli dei suoi fratelli.

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2. Qualche tempo dopo, durante quella che noi chiamiamo quarta dinastia, si
cominciarono a costruire piramidi non a gradoni ma con gli spigoli acuti : legate
a sovrani come Cheope, Chefren e Micerino.

3. Medio Regno: durante il medio regno le tecniche di costruzione delle piramidi


cambiarono di nuovo. Molte delle piramidi costruite in quel periodo sono poco
più che montagne di mattoni di fango coperti da uno strato di calcare lucido;
utilizzano un nuovo tipo di struttura: telaio. Questo tipo di piramidi sono a basso
costo.

COME SI CAPISCE L’INCLINAZIONE ?

Gli antichi egizi per decidere l’inclinazione che doveva avere una piramide
utilizzavano delle tecniche molto banali e che portavano alla costruzione di piramidi
non regolari nella forma. Utilizzavano per esempio la sabbia, facendola cadere su
una superficie e osservando l’inclinazione spontanea che andava a crearsi, la quale
cambia a seconda del materiale che si utilizza.

Piramide di Amenemhat III : il complesso piramidale di Amenemhat III è l’insieme


degli edifici funerari dedicati al culto di questo sovrano. La piramide, già violata
nell’antichità, è un modello tipico del Medio Regno costituito da un nucleo
compatto di mattoni, realizzati con vegetali e cocci di terracotta dell’antico regno, e
con una copertura di calcare bianco di Tura che creava un notevole effetto
cromatico.

Piramide di Cheope : è la più antica e la più grande delle tre piramidi principali
della necropoli di Giza, eretta nel 2500 a.C. dai faraoni della IV Dinastia, è inoltre una
delle sette meraviglie del mondo antico. Con la costruzione di questa piramide si
raggiunge la perfezione, anche se le tecniche di costruzione sono ancora
misteriose. Sappiamo però che vennero utilizzati cunei, leve e assi ricurve.
All’esterno dell’ossatura di pietra della piramidi vennero costruite rampe carrabili di
pietrisco usare per traportare i materiali su slitte trainate a mano. Inclinazione di 52°,
il corpo della piramide era rivestito da uno strato di bianchissimi blocchi di calcare
di Tura, lavorati e levigati in modo da creare una perfetta forma a piramide, con le
pareti lisce. La piramide è stata realizzata sovrapponendo corsi ( cioè strati) di
blocchi di pietra calcarea gli uni sugli altri, sfalsati tra loro e con alcuni che
allungano verso l’interno, in modo da migliorare la stabilità e la solidità della
struttura. All’interno la Grande Piramide ha tre camere funerarie, la camera inferiore
è la struttura più bassa della piramide, di forma rettangolare. Il motivo della
presenza di questa camera incompiuta costituire un mistero; l’opinione tradizionale
è che questa sia un diversivo per i ladri.

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Camera intermedia ( chiamata camera della regina) è esattamente a metà strada tra
le facce nord e sud della piramide. La camera è stata chiamata in questo modo
dagli arabi, ma all’interno no sono state trovate evidenze archeologiche di sepolture.

Camera delle saracinesche o anticamera è situata al termine della grande galleria. In


questo vano si possono riscontrare 4 alloggiamenti, tre dei quali erano
probabilmente destinati ad accogliere delle grandi saracinesche di granito, destinate
a chiudere definitivamente la Camera del Re.

Camera di scarico

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Piramide di Chefren : è seconda come grandezza dopo la famosa piramide di


Cheope. Nella metà inferiore presenta grandi blocchi grezzi ed irregolari disposti
con scarsa precisione, mentre verso la sommità questi appaiono disposti in maniera
più uniforme. La piramide appare però più alta di quella di Cheope perchè venne
costruita su uno zoccolo di roccia alto 10 metri. Ha la particolarità di essere l’unica
piramide che conserva sulla sommità una parte della copertura di calcare bianco di
Tura. L’unico arredo funerario ritrovato è il sarcofago in granito rosso,
completamente privo di iscrizioni e spezzato.

Piramide di Abu Sir : situata ad alcuni chilometri a nord di Saqqara, la necropoli


ebbe particolare importanza per le sepolture reali durante la V dinastia.

Piramide di Micerino : costruita a circa 450 metri rispetto alla piramide di Chefren,
dimostra la fretta del costruttore, che la edificò in più riprese, materiali vari ei
tecniche varie. Venne costruita con l’utilizzo di blocchi molto grandi, quindi risulta
molto più pesante rispetto alle altre piramidi. Le facce della piramide hanno
superfici imperfette e le pietre sembrano sistemate senza armonia.

Ci si chiede come era possibile trasportare questi blocchi di enorme dimensione e


quindi si grande pesantezza fino in cima.

Gli antichi egizi utilizzavano delle rampe, a quel tempo miglior sistema di trasporto,
anche se si trattava di un metodo incompleto. Prove archeologiche riguardanti
l’utilizzo delle rampe sono state trovate presso la Grande piramide di Giza e presso
altre piramidi. Praticamente queste rampe facilitavano la spinta da parte dei
lavoratori nel muovere il blocco, portandolo in cima. vi sono punti in cui è evidente
l’utilizzo della rampa, ma non per esterno, bensì per l’interno. ( come nella Piramide
di Cheope ). Le rampe per interni erano caratterizzate da scalette laterali che
servivano per coloro che spingevano per non scivolare.

Esistono molti stili di rampe ipotizzate, con notevoli differenze tra di loro. Uno dei
metodi più utilizzati è l’utilizzo di grandi rampe dritte; oppure rampe a zig-zag;
rampe a spirale.

Altro metodo per il trasporto questi grandi blocchi di pietra era attraverso la leva,
metodo più fattibile, che veniva utilizzato per il trasporto orizzontale.

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LA SFINGE

La sfinge nella mitologia egizia era un monumento che veniva costruito vicino alle
piramidi come simbolo protettivo, per augurare una serena vita nell’aldilà al faraone.
Ha copro canino e testa umana maschile che si crede raffigurasse il faraone che
doveva proteggere. La sfinge egizia più grande e famosa è la Grande Sfinge di Giza,
adiacente alle grandi piramide. Si trova sulla riva occidentale del Nilo ed è rivolta
verso est. L’inclusione delle sfingi nelle tombe e nei complessi templari divenne una
tradizione in maniera rapida. Molti faraoni fecero scolpire le loro teste in cima alle
statue custodi delle loro tombe anche per mostrare la loro stretta relazione con la
potente divinità solare Sekhmet, una leonessa.

ERODOTO

Erodoto è lo storico delle guerre persiane ( 5° secolo a.C.), ma è anche un attento


indagatore degli usi, dei costumi e della regione di popolazioni bagnare.

La vita : Erodoto nacque ad Alicarnasso, sulla costa meridionale dell’Asia Minore,


fra il 490 e il 480 a.C. dopo essere stato coinvolto nelle lotte intestine della sua città,
fu esiliato. Viaggiò molto e la sua curiosità sospinse a visitare l’Egitto, la Fenicia, la
Mesopotamia, la Scizia. Dalle esperienze di viaggio trasse molto materiale per la
sua opera, conosciuta con il titolo di Storie.

La prima parte dell’opera descrive la Persia, l’Egitto, la Lidia, la Scrizia, la Tracia,


fino all’inizio delle guerre persiane avvenute nel 494 a.C.

In Egitto, Erodoto rimase affascinato dalle magnifiche architetture e in particolarità


dalle piramidi della Pina di Giza, tanto da volerle riportare all’interno dell’opera.

ARCO

Gli antichi egizi conoscevano la struttura dell’arco a tutto sesto, ma preferivano


utilizzare all’interno dei loro edifici l’arco a 2 conci e a più conci. Esempio i
sotterranei nel Ramesseum, ossia il tempio funerario del faraone Ramses II. Esso è
collocato a Tebe, nell’Alto Egitto, nei pressi del fiume Nilo a poca distanza dalla
moderna città di Luxor. All’interno di questi sotterranei possiamo trovare la volta con
un profilo parabolico a moto rialzato, la quale migliorò la stabilità.

Le volte costruite dal popolo egizio erano volte costruite con più ghiere
concentriche e sovrapposte, cosi da dare maggior resistenza. Le facce dei mattoni
presentano striature praticate con delle dita per una miglior presa della malta di
terra.

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VOLTA IN MATTONI SENZA CENTINA : la costruzione delle volte in mattoni senza
l’utilizzo della centina era dovuto principalmente alla scarsa presenza di legno sul
territorio egizio. Perciò il popolo egiziano ha creato delle tecniche per la
realizzazione di muri di fondo più alti ( base più alta) , tenendo cosi il peso.

TEBE

La traduzione delle piramidi reali ebbe fine con il crollo del Regno Antico e con lo
spostamento della capitale da Menfi a Tebe nell’Alto Egitto. La nazione venne
riunificata da Mentuhotep II (2040-2010 a.C.), che costruì un complesso funerario
scavato nella roccia presso l’odierna Deyr el-Bahri. Per arrivare alla tomba di
Mentuhotep bisognava percorrere una terrazza artificiale coperta con un boschetto
che ricordava un’antichissima collina. Rivolta verso est dove sorge il sole, circonda
la valle su tre lati, lasciando perciò l’apertura verso est. I tre livelli che si susseguono
uno dopo l’altro sono collegate da rampe carrabili ( spiantate) sopraelevate e
fiancheggiate da colonnati doppi con un austero carattere protodorico.
(nell’architettura egizia è stata definita protodorico la collana, su base a semplice
cilindro piato, con fusto sfaccettato sormontato da un abaco liscio ).

KARNAK E LUXOR

All’estremità settentrionale di Tebe sorgeva la città-tempio di Karnak, dedicata ad


Amon-Ra, noto come il “re degli Dei”. La costruzione ebbe inizio nel Medio Regno,
con la creazione di un modesto santuario dedicato ad Amon-Ra. Aggiunte
successive fecero di questo il più importante centro religioso del Paese.

Al complesso religioso di Amon-Ra si contrappose quello di Luxor, sul confine


meridionale di Tebe, il quale venne collegato attraverso una via processionale dritta,
lunga 3 km, fiancheggiata da statue di sfingi.

La vicinanza dei due complessi di Karnak e Luxur alla vita cittadina di Tebe
suggeriscono l’esistenza di un rapporto simile a quello tra le città dell’Europa
medievale e le loro grandiose cattedrali.

I templi esercitavano un ruolo religioso, artistico ed educativo in parte simile a


quello dei monasteri medievali. Di trattava di centri di potere che derivavano grandi
ricchezze dai terreni di loro proprietà, in cui le autorità religiose talvolta si
occupavano di riscuotere le imposte.

Data l’importanza di questi templi i faraoni successivi si sentirono in obbligo ad


ampliarli, così essi vennero progettati come un tutto unico omogeneo, i templi egizi
consistevano in una successione di edifici con grandi sale ipostile. A mano a mano
che si ampliavano i templi diminuivano in altezza dietro a una sequenza di svettanti
piloni.

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Il tempio di Amon-Ra fu ampliato fino a divenire uno degli edifici più affascinanti
della storia dell’architettura.

Davanti al pilone d’ingresso di apre un bacino d’acqua collegato al Nilo per mezzo
di un canale che permetteva l’immagine divina di Amon-Ra di compiere una
navigazione cerimoniale fino al tempio di Luxur. Un viale di sfingi con il corpo di
leone e la testa di ariete simbolo di Amon-Ra, conduce al pilone d’ingresso, il primo
di una serie. Segue poi un grande cortile che rappresentava il collegamento tra cielo
e terra, aperto in alto e fiancheggiato da colonne coronate da capitelli. Questo
conduce al cuore del complesso, la straordinaria sala ipostila, con le sue 134
colonne disposte su 16 file con capitelli papiriformi che creano l’effetto di una
piantagione. Gli interni erano coperti di iscrizioni e rilievi colorati scolpi in onore dei
sovrani e degli dei.

Un altro pilone conduce al santuario che ospita la barca sacra, al di là del quale si
apre un’altro vasto cortile. Incontriamo un misterioso sentiero che posta al vero
santuario introno di Amon-Ra, che ospita la statua dorata del dio su un blocco di
granito rosso. Esso è uno spazio riservato al faraone o al sommo sacerdote,
rappresentava infatti il culmine dell’intera successione di spazi, dove l’uomo e dio si
incontravano.

Il tempio di Luxor, dove il faraone celebrava ogni anno il suo matrimonio divino, fu
edificato secondo lo schema grandioso di Karnak.

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LA CIVILTA’ MINOICA (creta)


Nella civiltà greca, il primo fondamentale periodo storio è quello legato alla
cosiddetta Civiltà Minoica, sviluppatasi durante il periodo neolitico. Essa era un
civiltà isolana , costituisce una caratteristica fondamentale rappresentando un
elemento di difesa, infatti non furono costruite le mura difensive, sorta intorno a
grandi complessi palazziali, organizzati in modo casuale o asimmetrico intorno a un
cortile e ravvivate da portici. Questa isola è posizionata nel mar Egeo, questa
posizione è strategica perchè permette scambi commerciali marittimi.

La civiltà minoica fu scoperta tra il 1901 e il 1905, attraverso il lavoro


dell’archeologo britannico Arthur Evans.

Il termine, derivato dal mitologico re Minosse, fu coniato dall’archeologo britanni


Arthur Evans. Nella mitologia greca Minosse venne associato al labirinto, che Evans
identificò con il sito di Cnosso.

Le città minoiche erano connesse con strade pavimentate in pietra, formate da


blocchi tagliati con seghe di bronzo. Le strade erano drenate e l'acqua e gli impianti
fognari erano disponibili per la classe superiore, per mezzo di condutture in argilla.

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Il sistema cronologico Egeo è considerato tripartito, basata sulle sequenze
strategiche e sulle variazioni tecnologiche e degli stili della ceramica. Il periodo
minoico viene quindi suddiviso in tre fasi principali: Periodo antico, dal 2000 al 1900
a.C.; il medio periodo dal 1900 al 1700 a.C. e infine il periodo recente, che va dal
1700 al 1400 a.C.

Tra il periodo antico e il periodo medio si assiste alla realizzazione dei primi palazzi,
era la cosiddetta “architettura palatale”

Con la fine del periodo medio e l’inizio del periodo recente ha inizio la storia
dell’architettura palatina occidentale, fatta di un’articolata sistemazione degli spazi e
di una raffinata decorazione degli ambienti.

Il materiale principale di costruzione è la pietra e il mattone di fango , che viene


realizzata attraverso l’utilizzo di frammenti e scarti, i quali vengono variamente legati
per la costruzione della pietra. Tale pietra è molto più duratura rispetto alla pietra
utilizzata dal popolo egiziano.

LE ABITAZIONI

Le abitazioni si dispongono in una sistemazione quasi spontanea. Al centro della


città c’era il palazzo principale che rappresenta l’architettura più monumentale
dell’intera città. I primi palazzi furono costruiti a partire dalla fine del periodo
dell’antico minoico del terzo millennio a.C.. i palazzi all’interno della città servivano
per una serie di funzioni: come centri di governo, uffici amministrativi, santuari,
officine e spazi per l’immagazzinamento,

Il palazzo di Malia rappresenta uno dei palazzi più rappresentativi. Questo palazzo
era costituito da numerose stanze, nate spontaneamente una accanto all’altra.
Questa tecnica ha però una logica, tutti gli spazi costruiti, solitamente spazi
destinati alle mercanzie e alle attività sociali, vengono realizzati attorno a una corte.
L’edificio era disposto a più livelli e disposto a risalti ed avancorpi, con coperture
piane in forma di ampie terrazze ( dovuto al fatto che non pioveva quasi mai). Due
erano gli accessi principali ( per un motivo di sicurezza e di tranquillità). Il palazzo
era rifornito mediante delle cisterne le quali servivano per la raccolta dell’acqua
piovana. Infine altro importante elemento erano i muri, i quali erano costruiti con
spessi blocchi di pietra.

Ciò che resta sono solo le fondamenta del palazzo. Ossia la zoccolatura di murature
in pietrisco, con porzioni di lastre e ortognati uniti a incastro. ( tecnica di ortostato:
ossia una lastra di pietra, legno terracotta con funzione di sostegno o di
contenimento e anche di abbellimento, se decorato o iscritto ).

Palazzo reale di Festo

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Il sito archeologico nel quale troviamo il Palazzo reale di Festo è uno dei siti più
importanti della civiltà minoica.

Anche all’interno di Festo si si susseguirono diversi palazzi, per lo più articolati


intorno ad una corte centrale. A est i magazzini, a ovest le stanze di
rappresentazione e cerimoniali, a sud le stanze di servizio e a nord la sala ipostila, la
scala monumentale e il quartiere dell’agorà.

Gli spazi principali:

• corale principale lastricato in pietra e con due accessi;

• magazzini;

• ingesso principale;

• cortile a peristilio quadrato.


Ai piani superiori si accedeva mediante una scalinate. Nel complesso possiamo
osservare l’impiego di diversi colonne e pilastri alternati posti all’interno di un
piccolo cortile ( introducendo cosi le colonne) .

Anche in questo caso la disposizione degli spazi interni del palazzo non seguono
schemi precostituiti, ma è generata da regioni topografiche.

Le cisterne sono prevalentemente ipogee ( sotterranee ) per meglio conservare al


fresco vino e granaglie.

I muri sono realizzati attraverso dei blocchi di pietra creati con materiali differenti,
creando dei blocchi irregolari.

Il Palazzo reale di Festo ha un PROPILEO, ossia un ingesso monumentale, nel


quale, al disopra del basamento in pietra tagliata calcarea gialla, viene posto al
centro una colonna. Questo ingresso era privo di finestre, per ragioni difensive e
microclimatiche. Le aperture erano riquadrate in AMMUDA. Questi edifici per
essere su più piani hanno all’interno di queste murature dei telai dei legno, creato
attraverso dei montanti, elementi verticali ed orizzontali, che costituiscono una
struttura. Questa struttura serviva principalmente per far si che il palazzo fosse
antisismico, essendo quel territorio particolarmente soggetto ad azione sismica. In
particolare i terrazzamenti vennero creati sfruttano i dislivelli del terreno.

Palazzo di crosso

Il palazzo di Cnosso è il più importante sito archeologico dell’età del bronzo di


Creta. Sorge nella parte centrale dell’isola di Creta. Fu un importante centro della
civiltà minoica. Il palazzo di Cnosso è legato ad antichi miti della Grecia classica,
come Minosso e il labirinto. Tanto che la città si presenta con una struttura

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urbanistica a labirinto, anche per una questione di sicurezza, facendo un labirinto


nel quale i nemici si perdevano abbassando così la guardia.

Grazie all’utilizzo di questi labirinti, la città non presenta fortificazioni. Questo ci


porta anche a pensare che i palazzi e le stanze vennero progettate per un genere di
vita tranquillo e civile.

Poco si sa dell’esterno dell’edificio. Ma i palazzo costituiva il centro politico,


religioso ed economico dell’impero marittimo. Il palazzo ricopriva una superficie di
circa un ettaro, a più piani e a pianta molto complessa e intricata.

Le strutture principali che possiamo trovare all’interno del palazzo sono : la corte
ovest, ingesso ovest, il corridoio delle processioni, propilei, scala monumentale,
magazzini, cortili centrali, ingresso nord.

Anche in questo caso vediamo una costruzione architettonica colorata.

La compatta massa dell’edifico era “bucata” da cortili, cortiletto e cavedi ( cortile


interno per arieggiare e illuminare i servizi di un fabbricato ), che servivano come
spazi di distribuzione, ma anche per dare aria e luce all’interno dell’edificio,
organizzato a più livelli.

Questi cortili erano caratterizzati dalla presenza di colonne, molto semplici,


costituite da capitelli con abaco ( colonna minoica ). Anche essere erano dipinte,

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create in legno, per un motivo di elasticità. La fama di queste colonne è molto
particolare, il fusto è rastremato verso il basso, scelta detratta da alcune ragioni
pratiche legate al materiale; la rastremazione in basso venne utilizzata per far si che
la colonna siano meno ingombranti possibile inoltre serviva per facilitare l’ingresso
della luce, aumentando la lunghezza delle trabeazioni, così da non far spezzare la
struttura sopra ( effetto mensola dei capitelli ), diradare i punti di appoggio. Le
colonne non presentano la base, esse venivano inserite all’interno di cilindri creati
direttamente nel blocco di pietra, quindi con la possibilità di estrazione.

Importantissima sala all’interno del palazzo di crosso era la sala del Trono. Essa è.
Conosciuta con il nome di Megaron . Rappresenta il cuore di questo palazzo
MEGARON : con vestibolo, antisala e focolare. Era una stanza con 4 colonne che
reggevano un soffitto forato per far uscire il fumo. Se noi lo guardiamo non è altro
che l’atrio della casa Romana, in questo caso però veniva inserita una vasca per
raccogliere l’acqua piovana.

Gli intonaci erano prevalentemente a base gessosa, dipinto con tauromachia.


Armatura lignea delle pareti, con rivestimenti. Il notevole spessore delle mura era
funzionale al microclima interno.

Poi con il tempo vediamo la realizzazione dei primi intonaci realizzati con malta di
calce, quindi più resistente. Il calce è ottenuto dalla pietra calcarea. Fece la sua
comparsa a Creta a partire dal 1600 a.C. ( l’affresco è una tecnica complessa , che
permette di dipingere su un muro appena intonacato)

ETA’ MICENEA
Sulla terraferma greca era andata intanto svilupparsi una cultura parallela, nota oggi
come micenea o tardo ellanica. I Greci dominarono le regioni dell’Egeo negli ultimi
secoli dell’età del bronzo, dal 1400 al 1200 a.C.. Svilupparsi circa dopo il declino
della civiltà minoica ( 1400 a.C. ) nel quale molti erano già gli influssi sulla cultura
della popolazione della Grecia continentale.

Essa era una civiltà prettamente agraria e guerriera, in particolare coloro che erano
che erano legati alla terra erano molto gelosi e volevano possedere sempre più
terre, facendo così emergere il lato guerriero.

Il nuovo ordinamento ellenico non presentava un sistema unitario di governo, ma


era caratterizzato da staterelli autonomi di volta in volta governati da sovrani.
Queste venivano chiamate Città-Stato.

L’architettura della civiltà micenea non è simile a quella minoica. La struttura della
città appare solo per alcuni aspetti uguale a quella minoica. Essa è una città

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fortificata e “ondulata”, perciò rinchiusa all’interno di mura , la cui costruzione
rappresentò la principale attività edilizia, creando un’unica entrata.

Le città elleniche erano caratterizzate dalla presenza di templi che accoglievano le


statute degli dei. Questi primi sacrali, ai quali si accedeva attraverso un portico a
due colonne che portava alla sala interna o cella, riecheggiavano il megaron dei
palazzi micenei. Costruiti in mattone essiccato al sole, con aggiunta di elementi
lignei al centro, i primi di essi avevano sicuramente la copertura in paglia, e quindi
tetti a falde, anziché piani come quelli minoici e micenei.

Il palazzo reale era posizionato al centro e accanto all’entrata c’erano le tobe reali.

I poemi Omerici citano Micene come capitale del re Agamennone, le cui gesta sono
drammaticamente narrate nella grande trilogia drammatica di Eschilo, l’Oresta, dove
il nome della città è riportato come Argo.

L’ingresso di Micene è costruita in alto, protetto da un cortile di mura intervallate da


casematte, rivelino, pusterle, sale fortificate, tutto in opera megalitica o ciclope a
secco. Il materiale utilizzato erano enormi blocchi di pietra, legati alla necessità di
difesa, il quale presenta dei locali ( casematte, ossia false case per la difesa, li
succedevano cose matte ).

L’ingresso : PORTA DEI LEONI. (1250 a.C.) Costituisce l’imponente porta creata
per far entrare il minor numero di possibile di persone, questo sopratutto per la
difesa della città ( strategia militare ). (altra strategia militare è per esempio la
disposizione delle case matte a destra, creata perché il guerriero portava lo scudo a

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destra.) È una porta chiusa, creata con la tecnica trilitica, con nell’architrave, creato
con una lastra calcarea molto spessa cosi che non si rompa, appaiono due leoni
affrontanti, separati da una colonna. Questa lavorazione rappresenta il manifesto
dell’intera architettura micenea. La struttura sopra alla porta è un struttura a falso
arco( struttura costituita da elementi, conci, pietre, mattoni, i quali vengono disposti
uno sopra l’altro in leggero aggeto, ossia un po sporgenti, facendo attenzione al
baricentro.) tale arco viene detto falso perché i conci non sono radiali, ossia disposti
verso il centro, ma posizionati in orizzontali. Ogni blocchetto creava una spianta. La
realizzazione di questa porta fu molto complicata, questo dovuto per l’utilizzo di
queste pietre. Hanno posizionato un falso arco per la paura che tutto potesse
cadere.

La città era rifornita da un acquedotto sotterraneo, la Sorgente Perseia, con


ingresso e galleria a falsa volta.

Le mure erano costruite con grandi massi, non legati tra di loro. Tagli dei blocchi
non erano raffinati, non levigati e quindi non perfettamente quadrati, quindi essi
dovevano essere posizionati ad incastro.

Uno dei palizzi dove possiamo trovare l’elemento di blocchi di pietra non levigati è
nel Palazzo di Nestore. ( nel 13° sec a.C. ). all’interno del palazzo, secondo la
mitologia viveva il famoso re Nestore, il quale assieme ad Agamennone e agli latri re
partì per la conquista di Troia. Quello che si ritene essere il suo palazzo è quello
meglio conservato di tutti gli edifici reali micenei. Venne rinvenuto nel 1939
dall’architetto statunitense Carl William Blengen. Il Propileo era l’ingresso principale
dell’edificio e vi si accedeva da una larga corte a sud-ovest. I resti si presentano a
forma di lettera H, consistono in due portici collegati da un portale centrale; il tetto
di ciascun portico era sostenuto da un’unica colonna scanalata in legno. Le basi in

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pietra delle colonne sono ancora
visibili. Era presente una grande sala
del trono con all’interno un focolare.

Passando oltre la Porta dei Leoni, si


trova a destra un vero e proprio
cimitero con tombe sotterranee a
Tholos ( termine greco che significa
cupola), in qui i re si facevano
seppellire. La struttura era
interamente realizzata con lastre
ortostatiche ( lastre messe in piedi,

con una lastra di copertura ( trilite con più profondità) ), di forma circolare.

TOMBA A THOLOS : la tomba è costituita da un vano circolare, spesso sottostante


ad un tumulo di terra e coperto con cerchi concentrici di blocchi lapidei a costituire
una sezione piò o meno ogivale.

Esempio : tesoro di Atreo , detta anche tomba di Agamennone, è una maestosa


tomba situata nei pressi di Micene, in Grecia. Si tratta di una camera semi-semi-
sotterranea a pianta circolare, con una copertura a sezione ogivale, realizzata con
massi progressivamente aggettati( falsa cupola) .Essa non è scavata dentro alla

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montagna, ma è la montagna che è stata
realizzata sopra la struttura, vi si accede
attraverso dei lunghi corridoi ( domos ). Il
peso del tumulo non fa si che ceda la
struttura, perche il peso dei mattoni era
verticale. 6 metri è lo spesso della muratura
in blocchi di pietra.

L’ingresso del Tesoro di Atreo ha l’apertura


rastremata verso l’alto e una conformazione
a scarpa verso l’intero. Al disopra
dell’architrave si trova un’apertura
triangolare, destinata a ridurre la
compressione esercitata sai corsi di pietra
sovrastanti l’architrave. L’ingresso è ornato da da una coppia di semicolonne, in
origine rivestite da lastre decorative in pietra ornate da fregi a spirali. Anche ai tanti
della porta erano poste semicolonne di calcare verde, i loro fusti erano decorati a
zigzag e a spirale.

Altre famose strutte a falsa cupola sono le strutture difensive tronco coniche della
civiltà nuragica. La primitiva torre di Barumini, suddivisa in tre ambienti sovrapposti.
Trilli ad alberello, architettura spontanea a falsa volta, senza il tomolo sovrastante.

L’ETA’ GRECA ARCAICA 1200 -


700 a.c
Le prime civiltà di cui si ha notizia per la Grecia antica sono la civiltà egra, quella
ciclica e quella micenea, influenzata dalla civiltà minoica.

Ma la civiltà micenea cadde sotto la spinta di altre popolazioni elleniche, soprattutto


dai Dori e, grazie alle varie invasioni, molte realizzazioni architettoniche Micenee
andarono distrutte tra il XII e il XI secolo a C

La caduta della civiltà micenea determinò consistenti spostamenti di popolazioni


che andarono progressivamente a colmare i vuoti.

L’architettura di queste comunità arcaiche ha, nei primi tempi, ben poco della
monumentali dell’età classica. La casa arcaica è caratterizzata da un tetto
spiovente, eretto da un cavalletto fatto da pali disposti lungo la linea longitudinale
della casa. Grazie alla presenza di questi paletti si è aggiunta una trave di colmo

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( trave che va da un appoggio all’altro sulla quale si dispongono i diagonali che
dalla trave vanno al muro di posta del tetto). La struttura è coperta dalla paglia.

Queste case, dissolte dal tempo, presentano una finestra sopra alla porta d’entrata,
che serviva per far uscire il fumo del focolare. Le case hanno due colonne in una
tettoia davanti alla porta, che viene chiamato pronao. ( origine del pronao che
troviamo nei templi )

Gli spioventi delle coperture ero particolarmente inclinati, il tetto era dotato di un
aggetto molto pronunciato alla base ( gronda ) per riparare i muri dalla pioggia.

Sull’asse longitudinale di questi edifici si trova una fila di pali, più altri e più robusti
di quelli perimetrali, i quali sostenevano la copertura attraverso la trave di colmi sulla
quale appoggiano i pontoni. Esempio di casa arcaica , casa di ozi.

TEMPIO GRECO

Il tempo greco quindi nasce da una lunga e lenta trasformazione, riguardante anche
la dimensione. Il tempi rappresentava la casa degli dei, perciò ognuno di essi
doveva avere una stanza a lui dedicato. Nel fonte rivolto ad oriente, il vestibolo o
atrio colonnato (pronao) conduceva direttamente al nucleo o cella del tempio, dove
era disposto l’idolo della divinità a cui era dedicato. La statua era collocata
all’estremità opposta, e rivolta verso oriente. Dietro a essa talvolta si trovava una
sala interna (adyton) usata come camera del tesoro, santuario o camera
dell’oracolo.

In esso però possiamo osservare dei cambiamenti avvenuti nell’arco di secoli,


passando da un modello di casa absidale ( IX sec. a.C) , passando a quello
perimetro con cella circondata da portico originariamente ligneo ( VIII sec. a.C.) e
infine a quello a cella con filare centrale di pilastri ( VII sec. a.C.).

Dal punto di vista delle dimensioni si passa progressivamente al tempio che assume
caratteristiche considerevoli, con cella absidale. A forma allungata, con appoggi
per le cavallette, ci sono i colonnati perimetrali che consentono le falde del tetto.
Tutto il tempi era costruito attraverso mattoni di fango e legno.

A partire dal XI a.c. vediamo un’altra importante trasformazione, con pianta


rettangola e la parte terminale della cella conformata da abside. Questa
suddivisione nella cella corrisponde a quello dei templi classici. Es tempio di apollo
a termo (golfo di Corinto).

Tra VIII e VII secolo c’è un grande cambiamento dal punto di vita dei materiali,
passando da un materiale povero, mattoni in terra cotta e il legno, a utilizzare la
pietra, determinando così la forma del tempio, che noi oggi conosciamo. La cella
diventa più stretta e allungata, si realizza un colonnato regolare e perfetto, campate

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uguali. Si comincia quindi a progettare secondo tecniche standard, realizzando dei
veri e propri progetti.

Nei primi templi i Greci rendevano ancora a riecheggiare la tecnica costruttiva e la


decorazione di quelli costruiti in precedenza in legno e in mattoni crudi con aggiunte
in terracotta: il risultato è stato chiamato a volte “ carpenteria in pietra”.

Ma la teoria secondo cui le caratteristiche dell’ordine dorico si sarebbero sviluppate


da precedenti strutture lignee risale a Vitruvio.

Dal punto di vista della scultura monumentale in pietra, è possibile osservare una
grande influenza egizia, sopratutto con la creazione di rigide figure frontali.
L’influenza egizia nell’architettura sembra essere stata massima sul finire del VII e
all’inizio del VI secolo, soprattutto nella tecnica di posa in opera e di levigatura delle
pietre massicce. Per la fine del VI secolo i Greci avevano sostituito molte di queste
tecniche con altre di loro invenzione, sebbene ancora nel V secolo Erodoto restasse
impressionato dall’architettura egizia.

Il grande tempio di Artemide a Garitsa, nell’isola di Corfù, fu costruito verso il 590 o


580 a.C. ed è uno dei primi templi greci perimetri in pietra. È anche importante
perché costituisce il primo esempio conosciuto di inserimento nei frontoni di gruppi
scultorei.

Pressapoco allo stesso periodo risale il tempio di Hera a Olimpia, costruito in una
combinazione di muratura di calcare, mattoni essiccati al sole e colonne di legno
che, a partire dalla metà del VI secolo, vennero gradualmente sostituite con altre di
pietra.

Il più antico colonnato pervenutoci di un tempio del VI secolo è costituito dalle sette
colonne del tempio di Apollo a Corinto, che risale circa al 540 a.C.. le colonne in

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calcare, originariamente rivestite con stucco bianco, manifestano un suggestivo e
poderoso carattere primordiale, dovuto in parte al loro profilo completamente
perpendicolare. Se le colonne sono piuttosto tozze, i pavimenti di pietra su cui
poggiano salgono verso il centro, formato, su tutti e quattro i lati, una curva
leggermente convessa. Un’altra raffinata soluzione presente nel tempio di Corinto
riguarda il problema dei triglifi d’angolo. Ossia nei templi di ordine dorico, al di sopra
del colonnato che circonda la cella (peristasi), si trova una trabeazione il cui fregio
risulta composto da triglifi e metope in successione alternata: i primi decorati da
quattro scanalature verticali (due centrali e due laterali larghe metà delle centrali ) al
di sotto di un listello orizzontale, rappresentano le testate delle travi di copertura e
sporgono leggermente, mentre le metope, ornate da motivi decorativi vegetali o
figurativi, dipinti o scolpiti a rilievo, che chiudevano gli spazi vuoti tra una trave e
l’atra negli arcaici templi lignei. A causa della loro origine i triglifi erano disposti in
partenza sull’asse di ciascuna delle colonne; d’altra parte si riteneva necessario che
in corrispondenza dell’angolo il fregio terminasse con un triglifo, e non con parte di
una metopa, che veniva ritenuta un elemento visibilmente più debole. ( foto su
wikipedia).

CORINTO

Corinto era un ricco entro commerciale costiero, posizionata in un punto strategico


per il commercio via terra fra settentrione e meridione e via mare tra oriente e
occidente. La città è dominata dal monte Akrokorinthos. Abitata già prima del 4000
a.C., Corinto raggiunse forse il suo massimo splendore sotto il governo di Cipselo e
di suo figlio Periandro nel VII secolo. Saccheggiata e distrutta dai Romani nel 146
a.C., fu rifondata come colonia romana nel I secolo a.C., sotto Giulio Cesare.

Il tempio di Apollo va stilisticamente connesso ad altri due templi: uno ad Atene,


Polias sull’acropoli di Atene, che fu costruito nella seconda metà del VI secolo a.C.,
il primo in cui le sculture del frontone siano in marmo e a tutto tondo, in quanto
realizzate separatamente dal loro sfondo di calcare; ed il secondo si trova a Delfi.

(VEDI PAGINA 42 PER L’ORDINE DORICO)

L’ETA’ CLASSICA ( VIII-IV a.C. )


Il periodo conosciuto con il nome di età classica è un’epoca di confronto fra città-
stato in lotta (es. Atene, Sparta ) e continuo contrasto, non solo armato ma anche
politico, culturale e artistico.

L’Partenone, i Propilei e l’Eretteo, raggruppati sull’acropoli o rocca di Atene, sono


considerati il punto più elevato dello sviluppo degli ordini dorico e ionico. Questa è
l’epoca che vede l’affermazione della prima cultura umanistica del mondo antico
con la quale l’uomo moderno possa identificarsi emotivamente e intellettualmente.

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Questa fioritura culturale potè svilupparsi nel mezzo secolo di pace che intercorse
tra la Guerra persiana e quella del Peloponneso.

Nel VI a.C. l’architettura greca compì un prodigioso balzo in avanti, grazia alla
conquista di materiali nobili, e all’introduzione della pietra tagliata, abbandonando il
legno e il mattone cotto, portando una rivoluzione planimetrica ( es santuario di Era
a Samo ). Fa inoltre la sua comparsa una sala rituale molto allungata con copertura
sostenuta da una fila assiale di pilastri interni ( complessi edilizi impostati
planetricamente su un asse orizzontale mediano non necessariamente simmetrico,
rispetto al quale dipendono in subordine tutte le parti della composizione) poi ornata
di un peristilio di pilastri lignei. A partire dal VII sec a.C. il colonnato presente
all’interno del tempio fu eliminato e costituito da pilasti ( poi eliminati) addossati alle
pareti.

In particolare, i materiali che vennero introdotti nella realizzazione dei templi sono
calcari e poi il marmo, che trasformano il muro di pietrisco e di mattoni in una
muratura a blocchi regolari e ben squadrati. Questi blocchi venivano chiamati
PLINTHOI, trasformano il pilastro di legno in una colonna sottile e slanciata fin

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quando resse una trabeazione leggera in legno, poi più tozza e pesante con una
trabeazione in pietra.

Dal punto di vista del soffitto si passa, in origine, dall’utilizzo di semplici cavalletti a
cavalletti senza appoggio interno. Posizionando una trave orizzontale, che passa
attraverso la cella, appoggiando poi alla trave dei tronchi tagliati che servono a
reggere la trave di colmo.

Queste prime costruzioni avevano delle coperture a terrazza, tipiche coperture del
territorio greco, per via della scarsità di pioggia.

es l’arsenale del tiro ad Atene

Le chiodature erano rare, perchè il metallo costava. Quindi venivano utilizzate


tecniche più complesse come : innesti lignei ad incastro, tipici della carpenteria
greca antica.

LA CAPRIATA.

Con il termine capriata si intende l’elemento architettonico triangolare ,


tradizionalmente realizzato con il legno, che rappresenta quello che noi chiamiamo
comunemente tetto. La tecnica della capriata fa si che il peso della copertura si
scarichi verticalmente sulle strutture murarie e non lateralmente. La capriata è
formata da due elementi:

• Puntoni: gli elementi inclinati del triangolo strutturale;

• Catena: rappresenta l’elemento tirante orizzontale del trinato strutturale, la sua


funzione è quella di annullare, tirando verso l’interno i punti di appoggio dei
puntoni, le forse divaricanti che agiscono su tali punti, in pratica rappresenta
l’ipotenusa del triangolo strutturale.

La capriata rappresenta una grande rivoluzione dal punto di vista architettonico.


Essa nacque in Grecia, e verrà perfezionata creando quella che è la moderna

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capriata. Nei tetti più grandi i tiranti vengono collocate oltre che al piede dei
puntoni, anche ad una quota intermedia. Per impedire la flessione dei puntoni si
disponevano delle travi più corte, chiamate saette, che venivano utile con la staffa.

Praticamente viene inserita una trave, chiamata catena, che viene collegata ai
puntoni collegai con un tirante . Questa tecnica fa si che ci si possa liberare di molte
travi, semplificando la costruzione. Viene inserito un 4 elemento, il monaco, ossia un
secondo tirante posizionato nella parte superiore.

Introduzione delle Tegole:

A partire dal VII sec a.c., vediamo, sopratutto in Italia e in Grecia, l’introduzione di
TEGOLE, nasce un nuovo elemento che rappresentava una specie di manto di
copertura, ossia il rivestimento. Le tegole di copertura in terracotta vennero utlizzate
per la prima volta a Corinto nel VII sec. a.C, svolsero un lavoro determinante nella
ricerca di una maggiore monumentalità e duratura, in quanto il loro peso indusse a
colonne in pietra anziché in legno, oltre che a condurre al miglioramento nella
costruzione dei muri. Il tetto era fatto da COPPO e EMBRICE. Il primo è una tegola
curva, localmente detta anche “canale” , leggermente conica, usata in disposizione
a file parallele, per coperture di tetti. Il secondo è un tipo di tegola che prevedeva
delle semplici lastre in terra cotta o in
pietra con due risvolti nei lati lunghi che
consentivano l’incastro.

LACONICO.

Tetto corinzio.

ORANIZZAZIONE DEL TEMPIO GRACO

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L’edificio vero e proprio era per i greci la casa del dio, collocata nella cella. Questa
stanza ospitava la statua della divinità a cui il tempio era dedicato, e il sacerdote era
l’unico ad avere accesso, mentre il culto si svolgeva su un altare situato davanti al
tempio ed altri edifici ad esso connessi.

Il tempio si trova molto spesso nella posizione più alta della città e isolato: sopra a
una collina, sui fianchi delle montagne, sulle acropoli…sempre per risaltare
l’importanza.

Il tempio greco è sempre orientato est-ovest, con l’ingresso aperto verso est.
Questa peculiarità si differenzia fin da subito dai templi romani.

Il tempio sorgeva al si sopra di una superficie, chiamata stilobate, essa era una
piattaforma, sopraelevata rispetto al terreno circostante, per mezzo di pochi gradini,
i quali venivano chiamati crepidoma. Sopra ai gradini ci sono le colonne. La
disposizione delle colonne determina la classificazione dei tipi dipinta del tempio
greco, che ci è stata tramandata da Vitruvio.

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FONDAZIONI LINEARI

Perchè il tempio stesse in piedi servivano le fondamenta. Il tipo più comune di


fondazione è quella Lineare, svolta sotto il perimetro dell’edificio, anche sotto i
colonnati .

Attraverso questo tipo di fondazione si creano dei reticoli. Con l’aggiunta del
raccordo si eliminava la possibilità di crollo dell’edificio.

Il tempio greco quindi veniva costruito su una piattaforma ( crepidoma ) che serve
anche per elevare il tempio, dando importanza all’edificio. La fondazione avveniva
attraverso l’utilizzo di blocchi di pietra.

La progettazione e la costruzione del tempio avveniva grazie alla figura


dell’architetto, inteso come uomo teorico e pratico che ha in se la conoscenze per
la creazione di questi edifici. Questi architetti possedevano anche una conoscenza
scritta, ad esempio con il trattato di Vitruvio.

Il tempio veniva costruito sulla base di canoni proporzionali, che contribuisce alla
bellezza. Tutto ciò viene trasmesso attraverso l’occhio umano, che rappresenta il
primo elemento alla ricerca della proporzione, proprio perchè i calcoli numerici non
erano in grado di farli.

Perciò la bellezza era determinata da : simmetria, proporzione, numeri e


modularità.

Il numero diventa parte integrante del progetto, grazie ai quali l’uomo poteva legare i
rapporti del proprio mondo con quello divino ( i numeri erano ritenuti immanenti ad
ogni realtà, secondo la concezione pitagorica riflettevano l’armonia universale );

Modularità significa semplificare la vita a coloro che costruivano, consentiva il


rispetto dei rapporti proporzionali stabilendo uno standard e un’indiretta modularità
di dimensionamento statico delle strutture portanti e portate. Esso divine elemento
molto importante per la creazione dei blocchi di pietra, per non sprecare materiale.

L’ORDINE DORICO

Nella seconda metà del VII sec a.C. l’architettura religiosa nella Grecia continentale
e in Occidente trova nell’ordine dorico la forma più equilibrata.

Nell’architettura classica l’ordine architettonico è il sistema di norme destinate a


regolare la composizione, in un sistema organico, di elementi architettonici; riguarda
pertanto la disposizione degli elementi fondamentali di un organismo architettonico

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secondo precise norme stilistiche e proporzionali. Alla base della formazione degli
ordini c’era la ricerca dell’armonia e delle proporzioni delle parti, che si concretizzò
con la scelta e la
ripetizione di un
modulo
( generalmente il
raggio di una
colonna misurato
all’altezza
dell’entasi).

Al di sopra del
fregio è presente
la cornice che
contiene il
timpano, uno spazio triangolare che andrà ad accogliere le decorazioni frontali. La
cornice è formata da un geison orizzontale poggiante sulla trabeazione e da uno
inclinato poggiante sul frontone, su cui appoggia una sima. Tra il fregio e la cornice
vi è una decorazione continua a gocce, leggermente inclinata per far sgocciolare
meglio l'acqua, che qui però cambia il nome da regulae a mutuli.

La copertura dell'edificio è solitamente in tegole di laterizio, convesse e piane e solo


talvolta in marmo. Il tetto è fornito di grondaia decorata sui lati lunghiI primi ordini
dorici si hanno a Tirinto, Argo o nelle più antiche colonie doriche della Magna
Grecia come Siracusa… ecc. Possiamo inoltre affermare che l’ordine dorico sia
nato ad Olimpia, la città dei giochi olimpici. ( 620-600 a.c. ). In particolare all’interno
del tempio l’Heraion di Olimpia possiamo trovare il perfetto esempio di colonna
dorica, dove però le colonne erano ancora in legno, poggiavano talvolta su zoccoli
di legno che proteggevano il pilone e con il capitello in pietra.

Gli architravi in
legno, i fregi di
mattoni e terra
cotta dipinta
accentuavano
questo strano
miscuglio in cui
la policromia era
particolarmente
viva.È possibile
osservare che le
colonne non

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sono uguali tra di loro, alcune colonne sono più tozze di altre ma tutte essere sono
state costruite molto basse. Queste colonne assomigliano alle colonne che
possiamo trovare nel complesso di Zoser.

In pianta le proiezioni del tempio dorico erano molto allungate. Perimetro con
doppio pronao in antis, la cella è un hecatompedon (ossia lunga 100 piedi ), con
colonne e setti intermedi per l’appoggio delle travi di copertura.

Anche il tempio di ordine dorico era colorato, esso veniva intonacato con colori
accesi, come il rosso.

La pietra utilizzata era un tipo di calcare poco pregiato.

Altro tempio esempio dell’ordine dorico è il tempio di La colonna era posta al di sopra del
Zeus, sempre ad Olimpia, del V sec a.C. Esso è si crepidoma, il quale veniva formato
attraverso una scalinata.
La colonna non presentava alcuna base
di appoggio, essa infatti era posta
direttamente sullo stilobate, il
basamento dell’edificio.
La colonna è a sezione circolare
composta da: fusto, rastremato verso
l’lato, ornato da un collarino, percorso
da 20 scanalature con crinale divisorio
tagliato ad angolo vivo; e dal capitello,
formato da abaco ( parallelepipedo
schiacciato ) ed echino ( con forma
sfasata).
Sopra il capitello si trova la trabeazione.
Dal basso verso l'alto, in questo ordine
essa è composta da un architrave liscio
formato da blocchi che si accostano tra
di loro al centro della colonna secondo
lo schema trilitico, sopra cui poggia il
fregio, suddiviso alternativamente in
metope (spazi rettangolari che
potevano essere lisci, scolpiti o dipinti)
e triglifi (rettangoli solcati verticalmente
da due scanalature). Tra l'architrave e il
fregio vi è un listello continuo detto
tenia, su cui sono applicati degli
elementi rettangolari, le regulae, posti in
corrispondenza dei triglifi e decorati a
gocce (guttae).

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presenta come un tempio dorico ancora molto pesante e con colonne tozzo,
sebbene questo fosse il periodo di snellimento. Questo tempio è famoso perchè
conteneva una delle statue più enormi della Grecia, la statuta criselefantina di Zeus.

Il tempio, periptero esastilo, con 13 colonne sui lati lunghi, presenta un crepidoma
rialzato di tre metri dal piano con alti gradini (l'ultimo, più alto, di 0,56 m) e con
rampa di accesso sulla fronte. L'interno ha due colonne in antis sul pronao e
sull'opistodomo e il vano della cella è tripartito da due file di colonne doriche. Le

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correzioni ottiche sono presenti nelle colonne dei lati lunghi, inclinate di circa
60 mm, ma assenti sulla fronte, eccezion fatta per le colonne d'angolo che
partecipano del sistema laterale. Fu costruito con calcare conchilifero locale e
coperto con stucco colorato per nascondere le imperfezioni, come era comune
nell'architettura greca. Il manto di copertura del tetto e la decorazione scultorea,
giunta in gran parte fino a noi, erano invece in marmo.Matopee del tempio di Zeus.

Altro tempio importante dorico è il tempio di Apollo a Adelfi, con rampa


cerimoniale di acceso e colonne a rocchi ( 12 per colonna) in tufo di Corinto. Tale
tempio è posizionato sul lato orientale del Parnaso, perciò per arrivare al tempio
occorreva percorre una strada in salita, dove vennero costruite delle piccole
architetture chiamate Anastilosi.( ricostruzione di edifici ottenuta mediante la
ricomposizione, con i pezzi originali, delle antiche strutture)

Il Tesoro di Sicione è uno degli edifici più eleganti nel quale osservare tutte le
caratteristiche che rispecchiano un tempio dorico. Il tesoro stesso, sostituì due
edifici precedenti : il Tholos e i monasteri. La tholos di Sicione era probabilmente la
costruzione più antica, risalente al 580 a.C. la particolarità di questa tomba è che la
cella era di forma circolare.

Il tempio di Aphaia ad Egan. Esso è meglio conservato rispetto agli altri. V secolo
a.c. il colonnato esterno, muro della cella, e altro colonnato doppio su due registri
con un motivo di sovrapposizione dell’ordine architettonico.

Tagli a U.

LE ANOMALI DELL’ORDINE DORICO

Numerosi sono gli accorgimenti vidivivi utilizzati nell’ordine dorico dagli architetti
greci, che volevano rendere la solo visione dei loro templi più armoniosa e perfetta.

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• In primo luogo le colonne sono rastremate, ovvero il diametro si riduce man mano
che dalla base si risale verso la cima. La rastremazione non è per uniforme: a
circa un terzo del fusto è presente un live rigonfiamento detto entasi, che
impedisce alla colonna di sembrare innaturalmente sottile.

• Le colonne non sono mai perfettamente verticali, ma presentano una leggera


inclinazione verso l’interno o, nel caso delle quattro d’angolo, verso le diagonali
della base del tempio, determinando un’anomalia nell’angolo, fa si che diventi
impossibile porre in asse il colonnato ( esempio, le colonne della Stoa di Mileto)

• Un ultimo accorgimento è quello che riguarda lo stilobate, che a volte, come nel
Partenone, è leggermente convesso al fine di correggere l’aberrazione
prospettica e farlo sembrare perfettamente orizzontale.

MAGNA GRECIA

La colonia greca per eccellenza è la Magna Grecia, l’area geografica della penisola
Italiana meridionale che fu anticamente colonizzata dai Greci a partire dal VIII sec.
a.C. La Magna Grecia comprendeva le attuali Basilicata, Calabria, Campania, Puglia
e Sicilia.

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•Possiamo trovare a
Siracusa il Tempio di
Apollo, databile all’inizio del VI sec. a.C., è il tempio dorico più antico della Sicilia.
Impressionante consumo dei materiali, che denota l’arcaicità del progetto e
l’ignoranza delle caratteristiche di resistenza dei materiali lapidei. Gli architetti che
realizzarono l’opera furono Cleomene ed Epido, che scrissero il loro nome nel
crepidoma.

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• Tempio di Selinunte. Dove la pietra non ha alcuna qualità, si presenta degradata.


I grandi templi siciliani furono costruiti in tenero tufo o con una più resistente
pietra calcarea di origine conchiglifera.

• Tempi di Agrigento, tracce di intonaco bianco. La lavorazione dei fusti

• In Campania: Altro esempio I Tempio di Era a Paestum, chiamato anche


Basilica , perchè dal tempio greco ha origine la basilica latina. Colonnato arcaico
della Basilica . Il tufo è un materiale vulcanico, poco resistente ma molto facile da
lavorare. Il calcare è difficile da lavorare ma molto resistente. Il tufo viene utilizzato
per realizzare fra due e in pietra cacare le travi di fondazione.

• Tempio di Atena, dove però compare un nuovo ordine, ossia l’ordine ionico. Le
antre del pronao in antis, erano precedute da 2 semicolonne, che insieme ad altre
6 colonne ioniche, costituivano quello che si dice un prostilo. Anche i capitelli
delle delle colonne sono in stile ionico, ma con proporzioni ancora poco
aggraziate, rivelando delle grandi volute e un corpo centrale piuttosto tozzo, di
tipo assai comune in Asia Minore. Unità di misura è costituita dal cosiddetto “
cubito ionico”.

PIANIFICAZIONE URBANISTICA IPPODAMEA

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Pianta della città di Mileto, costruito attraverso una specie di reticolo, originato da i
accampamenti militari. E attraverso questa tecnica la città è meglio organizzata, con
una serie di edifici pubblici, come l’Agorà, che è la piazza della città su cui si
svolgono le attività di vario genere pubblici; il teatro, costruzione del mondo greco
dedicata al divertimento e forma di istruzione per i cittadini nel quale venivano fatte
delle rappresentazioni che contengano delle morali; la palestra, per la cura del
corpo, dove i giovani erano obbligati; l’agora meridionale è circondata da portici, e
sta all’origine di quello che sarà il foro romano; i Tempio di Atena e lo stadio.

Questo tipo di città rappresenta la base, ossia l’empio principale da seguire per la
costruzione di tutte le altre città.

Fra gli spazi della città greca occorre ricordare:

• il Bonuleuterion ( consiglio dei saggi), che è l’equivalente del consiglio degli


anziani ( equivale al senato oggi), i quali si trovavano all’interno di aule spesso a
pianta rettangolare con sedute su due fianchi e corsia centrale. Di Bonuleuterior
sopravvissero diversi esempi in Asia Minore, uno di questi è quello di Priene.

Questo spazio lo possiamo trovare : nella bassa Atene, sotto l’acropoli, configurato
come un quadrato con una sala assemblea attorno alla quale si disponevano delle
gradinate su tre pareti; a Mileto, importante perchè realizzato dall’architetto Ictino,
realizza questo spazio con una disposizione più razionale di soli 4 piedritti. La
copertura venne realizzata attraverso capriate che appoggia su delle travi correnti
lignee; di Priene, il quale si restringe la luce libera e si dispongono le capriate al di
sopra. All’interno di questa struttura vi è un elemento particolare nella capriata la
quale venne composta da più travi di legno, incastrate tra di loro con delle staffe.
Questo tipo di tecnica venne fatta per renderle o più lunghe o più spesse.

• Telesterion, altro spazio importante, essa era un grande sala cerimoniale per le
assemblee. Questo spazio lo possiamo trovare a Elefusi ( 525 a.c ). Essa era
ispirata dalla Tenda di Serse, che era stata lasciata dal re Serse lasciato sul
campo di battaglia dopo la sconfitta di Platea ( 479 a.c. ) .Ma l’assetto più
razionale sarà conferito da Ictino, che liberò lo spazio centrale, riducendolo alla
metà i sostegni disposti in due corone concentriche. Non è nota la struttura di
copertura, di cui è stato ipotizzato l’asse a capriata. Ma nel IV sec. a.C. l’assetto
di Ictino verrà abbandonato per tornare a un maggior numero di appoggi.

• La Stoà, è un’altro ambiente tipico dell’architettura grata antica, costituita da


passaggi coperti o portici per uso pubblico in un edificio di forma rettangolare
allungare che presenta uno dei lati lunghi aperto e colonnato. Questi spazi
servivano come rifugio e riparo per i cittadini; costituivano il fondale architettonico

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contro cui si stagliano le masse degli edifici principali; nel V sec a.C. tali superfici
coperte furono impiegate come sale, contri commerciali, amministrativi e religiosi.
La planimetria della Stoà poteva articolarsi secondo: semplice schema
rettangolare, schema a I, schema a C. Il. Numero delle navate dipendeva dalla
larghezza della struttura e della necessità di disporre piedritti intermedi per
reggere la copertura. La prima struttura porticata si sviluppò su ben tre lati, con
destinazione rituale e commerciale (suddiviso in sale in cui le ancelle della dea
consumavano i loro pasti comuni) è quella del santuario di Artemide a Brauron
in Attica ( V sec. a.C). Nel III sec a.C., Apollonide, moglie di Attalo I, fece costruire
ad Atene la grande stoà lunga 85 metri.

• Ecclesiastetion, altro tipo di edilizio, non è un tipo di anfiteatro ma ci va molto


vicino. Rimangono ancora due di questi spazi: Paestum e Metaponto. Questo
spazio serviva per le riunioni di tutti i cittadini, all’area aperta. ( dalla metà del VI
sec a.c.)

EDIFICI PUBBLICI E CITTA’ NELLA GRECIA CLASSICA:

IL TEATRO.

Il teatro è un importante tipo edilizio, i cui semi erano stati gettati sul finire del V
Secolo a.C., ma che raggiunse la punta più alta sul finire del IV secolo. L’elemento
fondamentale del teatro era l’orchestra ( vale a dire il luogo riserva alla danza ) : una
zona circolare sulla quale si esibivano, alternandosi, gli attori e il coro; gli spettatori
sedevano su un pendio roccioso a essa rivolto, in quanto i teatri greci venivano
costruiti su declivi naturali, e non poggiavano su volte e terrazze artificiali.

La costruzione del teatro era strettamente legato al paesaggio e doveva essere


abbastanza grande per riunire un numero consistente di spettatori. I teatri erano una
specie di cave a cielo aperto, adagiando le gradinate sul colle. Un esempio cavea a
residuo della scena del teatro di Priene ( V-IV sec a.c. ). originariamente le
gradinare si disponevano su declivi naturali o su gradinate in legno. Solo a partire
dal IV sec. a.C. compaiono scalinate di pietra disposte a semicerchio lungo il fianco
della collina.

Le file dei posti erano suddivise in settori e al centro del teatro vi era uno spazio
circolare, ossia l’orchestra ( agiva il coro), ed infine il proscenio, è la parte del
palcoscenico teatrale protesa verso la platea, leggermente curva. Il fondale del
teatro greco era il paesaggio stesso. Il teatro veniva costruito secondo la tecnica
dell’imbuto rovesciato, così che la voce si sentisse in tutto il teatro, anche nelle
gradinate più lontane. Comunque gli attori utilizzavano dei vasi per amplificare la
loro voce. Esempio meglio conservato il Teatro di Epidauro. Risale forse al 300
circa a .C. La sua vasta cava simmetrica, a pianta più ampia di un semicerchio, è
articolata da scalinate radicali, e presenta un’inconsueta granita suddivisa in due

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porzioni, di cui la superiore è più rapida. I sedili dei settori inferiori venivano
probabilmente ricoperti da cuscini.

Il prototipo del teatro greco è quello dedicato a Dionisio sulle pendici dell’acropoli
di Atene. Sul finire del V secolo a.C. era diventata usanza comune la presenza di
una scena di legno montata contro la parete posteriore di una stoà , che risale forse
al V secolo, ebbe origine il foyer di tutti i teatri successivi, compresi quelli dei nostri
tempi. Più tardi, forse già alla fine del IV secolo a.C., la scena lignea fu sostituita da
una struttura permanente in pietra, mentre le gradinate di pietra sostituirono quelle
in legno.

GLI STADI

Lo stadio antico era destinato alle corse atletiche e consisteva praticamente in due
rettilinei e una curva, sullo schema dell’ippodromo. Vennero messe delle gradinate
tutto in torno allo stadio (tipicamente romano). Lo stadio più conosciuto è lo stadio
di Olimpia. Oltre allo stadio c’è anche il Circo Massimo, il quale era lo stadio
deputato alle corse dei cavalli.

ACROPOLI DI ATENE

L’acropoli di Atene è posizionata nel versante dell’Acropoli di Atene, e si può


considerare la più rappresentativa delle acropoli greche. È una rocca, spianata nella
parte superiore della città.

Le antiche fortificazioni, le costruzioni, gli edifici templari e le statue furono distrutte


durante saccheggio e l’occupazione persiana del 480 a.C. i primi sforzi ricostruttivi
degli ateniesi si concentrarono sulle opere di maggiore utilità: le mura.

L’ANTICO TEMPIO DI ATENA

L'antico tempio di Atena Poliàs fu un tempio greco arcaico situato sull'Acropoli di


Atene. Fino alla sua distruzione da parte dei Persiani nel 480 a.C., fu il santuario di
Atena Poliàs (o Poliade), la divinità protettrice della città di Atene, e venne in seguito
sostituito dal Partenone. Si trovava al centro del pianoro dell'Acropoli,

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1. PARTENONE, 2. ANTICO TEMPIO DI ATENA POLIAS, 5. PROPILEI.

probabilmente sui resti di un palazzo miceneo. La pianta del primo Tempio fu


progettata da Callicrate.

PARTENONE

Il Partenone, uno dei più famosi edifici


del mondo, considerato il capolavoro
dell’ordine dorico, fu all’epoca della sua
costruzione un tema di almeno una
trattazione monografica. Esso è però il
risultato di un processo di
compromessi e adattamenti. Il primo
tempio ad Atena sull’Acropoli era stato
probabilmente costruito verso la metà
del VI secolo, ma verso il 490 a .C. Fu
posto mano a un edificio artificiale di
solido calcare sul pendio meridionale
dell’Acropoli.

Il Partenone all’interno dell’Acropoli non


era in asse né con la città né con i
propilei, questa decisione non avvenne

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a caso, ma si decise di posizionare cosi il Partenone per un motivo di bellezza e di
grandezza.

Nel 447 a.C., sotto il governo di Pericle, l’architetto Ictino e lo scultore Fidia
ereditarono il cantiere dove sorgeva il tempio. La sistemazione e le dimensioni dello
spazio interno di stampo tradizionale non erano adeguate secondo Fidia che
prevedeva l’inserimento della grande statuta criselefantina di Atena, sul modello di
quella di Zeus per Olimpia.

Con la costruzione del Partenone si raggiunge la perfezione dell’ordine dorico.

Il Partenone è interamente decorato con sculture realizzate da Fidia, sui due


frontoni, sulle 92 metope (con episodi legati alla vita politica. Militare) e nella
penombra della galleria, con la celebre Processione Panatenaica.

Enormi lavori di colmata permisero di estendere verso sud la spianata su cui sorse
nuovo tempio. E fra i pezzi impiegati per la costruzione anche le colonne, i blocchi e
i frontoni del primo Partenone.

La costruzione del Partenone fu molto complicata, proprio perché doveva rispettare


le fondamenta già presenti del tempio di Atena.

In particolare, per creare un edificio più grandioso, non fu possibile demolire, né


aumentare l’interesse delle colonne per non sconvolgere le proporzioni dettate dal
loro diametro.

Fu però possibile allargarlo verso nord ed allungarlo verso ovest, mantenendo


l’impianto periptero, anfiprostilo, con opistodomo a tesoro e cella, entrambi
colonnati.

Nelle gallerie del Partenone vi sono dei dettagli inseriti nella pavimentazione , cosi
l’acqua scorreva verso l’esterno, costruito attraverso delle lastere di rivestimento del
crepidoma ( ossia lo stilobate ) e del canale di scolo. Il numero delle colone ( non
potendo variare l’interesse) fu portato a 6 a 8 sul lato corto; da 16 a 17 su lato
lungo.

Vi è una particolarità nel fianco meridionale: ossia è stato inserito un dettaglio


strutturale per un motivo statico con travi accostate di trabeazione, perciò la
costruzione è formata non da una singola trave ma da una serie di travi.

Altri cambiamenti che avvennero da parte dell’architetto Ictino furono:

• La riduzione delle gallerie del peristilio;

• Ingrandimento della cella la cui ampiezza raggiunse i 19 metri

• Conservazione dell’opistodomo di 4 slanciate colonne ioniche che raggiungevano


direttamente il soffitto

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• Avvicinamento ai muri laterali della cella dei colonnati dorici sovrapposti, non più
tre navate grossolane

• Andamento a U del colonnato interno alla cella: con 10 piedritti sui lati lunghi e 5
sui lati corti;

• Collocazione nella cella della statua criselefantina di Fidia.

CORREZIONI OTTICHE

In epoca classica si raggiunse la perfezione nell’architettura, ma la sola precisione


matematica applicata agli elementi architettonici non bastava per i Greci, che
tenevano in grande considerazione la perfezione visiva del tempio. Per cui essi
applicarono una serie di impercettibili correzioni ottiche affinché anche la visuale e
non solo l’architettura fosse perfetta.

1. Lo stilobate, piattaforma sulla quale si reggono le colonne, curva leggermente in


su per compensare la visione data dalla curvatura dell'occhio, che fa apparire le
lunghe superfici in piano come concave.

2. L'entasis è il leggero rigonfiamento posto sul fusto a 1/3 della sua altezza per
dare l'idea della tensione che subiscono le colonne. L'effetto di queste leggere
curve è quello di far apparire il tempio regolare nelle sue forme più di quanto
realmente sia.

3. Altra correzione è la diversa distanza delle colonne per risolvere il problema della
soluzione d'angolo, o la diversa forma delle colonne d'angolo per correggere il
diverso intercolumnio tra i lati del tempio.

PROPILEI

Il propilei, costruiti nel 437 - 432 a.C., è un monumentale vestibolo d’ingresso al


sacro recinto templare dell’acropoli di Atene, i quali non furono subito completati,
per via dello scoppio della guerra del Peloponneso, ma poi portati a termine. Furono
la seconda opera commissionata da Pericle. Il quale non si rivolse a Ictino, ma
Mnescicle, di cui non si conosce molto.

Egli si trovò davanti a non poche difficoltà per poter costruire una grandiosa
costruzione simmetrica. Oltre al terreno in forte pendenza, vi era anche un muro di
contenimento preesistente che seguiva il profilo irregolare delle rocce dell’Acropoli.

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Questo passaggio era costituito da un colonnato di ordine ionico in entrambi i lati, le
quali sostenevano un ricco soffitto marmoreo che, con i cassettoni adorni di stelle
d’oro su fondo azzurro, era una delle meraviglie dell’epoca.

La particolarità di questa costruzione sta nel fatto che le architravi dei propilei sono
armate, ossia presentano una barra di ferro all’interno per rinforzare le travi di pietra
stesse. È uno dei primi tentativi che si vedono in questo senso.

Le colonne erano sia di ordine dorico sia di ordine ionico, con travi di 6 metri di
lunghezza.

Attraversato l’atrio, il visitatore si trovava


di fronte allo scopo dell’intero momento:
il grande varco d’ingresso nel muro,
formato da una porta centrale carrabile e
da altre due porte laterali pedonali. Per la
forte inclinazione del terreno il portico
dorico non è che l’avancorpo di un
edificio coperto da un proprio tetto, più
altro di quello contenente il portico
occidentale d’ingresso; il raccordo tra i
due tetti doveva costituire un elemento
piuttosto infelice del prospetto esterno.

Il fronte occidentale d’ingresso è


affiancato da due ali laterali colonnate.
Poiché le loro colonne sono più basse di
quelle del portico, Mnesicle dovette
affrontare il problema di collegare due
trabeazioni di diversa altezza: lo risolse facendo in modo che tali trabeazioni
proseguissero senza soluzione di continuità oltre le colonne d’angolo del portico;
creando una sorta di piccoli anditi ( corridoio, ingresso, androne ) nel punto di
raccordo tra le ali laterali e il portico.

La sala dell’ala settentrionale era forse destinata a pranzi rituali.

Nella progettazione dei propilei sono presenti altre tante peculiarità, tra cui il ricorso
a correzioni ottiche e l’inclusione di corsi di scura pietra eleusina. Ma la sua
particolare importanza risiede nel costruire un precoce esempio di organizzazione di
un’opera a pianta complessa, su più livelli, che configura armoniosi rapporti spaziali
tra le varie parti.

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ORDINE IONICO
L’origine dell’ordine ionico è ancora
incerta. Alcuni ne vedono le radici nei
cosiddetti capitelli eolici del VI a.C.,
scoperti in Eolia, regione nordoccidentale
dell’Asia Minore. Il capitello eolio presenta
uno sviluppo rettangolare allungato, che
risulta anche più funzionale per sostenere
travi disposte longitudinalmente. Altri
vedono l’origine dell’ordine ionico in
Palestina e a Cipro.

È possibile osservare l’elaborazione dello


stilo ionico all’interno di due grandi templi
greci: il terzo tempio di Hera a Samo e il
tempio di Artemide a Efeso. Si tratta di sue
templi dipteri, cioè circondati sui 4 lati da
un peristilio di colonne a doppio pterom.

Il tempio di Artemide era costruito


internamente in marmo. Le sue colonne
erano più snelle di quelle doriche, con
SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
capitelli ricchi di modanature alle loro basi.
La parte inferiore di alcune colonne era
scolpita con figure, da qui avrà origine
l’utilizzo della scultura come decorazione dei templi ionici.

Esso è un ordine che assorbe e rielabora motivi tipici dell’ordine dorico, con
l’aggiunta di una ricca decorazione che orna la struttura architettonica.

LA COLONNA.

La colonna dell’ordine ionico è una colonna più slanciata, più snella ma nello stesso
tempo anche più massiccia che si spara alle proporzioni femminili.

Questo tipo di colonna nasce a Ionia, regione l’Asia minore Occidentale. Nascendo
in un contento dove si può osservare una rivoluzione materiale di costruzione
dovuto soprattutto con la presenza di maggior cave di pietra.

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La colonna è più scanalata, non poggia direttamente sullo stilobate ma su una base
formata da un anello connesse e da uno concavo sovrapposti.

Il capitello è formato da due eleganti volute e il fregio è scolpito in tutta la sua


lunghezza, essendo privo di triglifi. Una volta realizzate e colocate le colonne le basi
si devono disporre le basi devono essere perfettamente perpendicolari, le colonne
angolari e laterali invece, di destra e di sinistra, dalla parte interno e rivolte verso la
cella devono essere perpendicolari.

L’ordine ionico conobbe ampia diffusione per il proprio carattere decorativo anche
in epoca ellenistica e romana e fu perfezionata in Attica, nel V sec. a.C.

Uno dei primi esempi di tipo ironico è possibile vederlo al Tempio di Atene Nike
( 427 a.C.) . Esso costituisce il più riuscito esempio di architettura ionica nella Grecia
continentale. Di ridotte dimensioni, con colonne ioniche monolitiche e scanalate in
marmo pentelico. Con ricco fregio figurato. Murature a tessitura isodoma in blocchi
di marmo pentalico regolari, copertura a cassettoni a struttura marmorea. Gli
sfondati dei cassettoni hanno una funzione decorativa e di alleggerimento.

ERETTEO

Lo ionico per eccellenza è il tempio Eretteo ( 421-406 ) esso è un tempio costituito


da un insieme di celle, precedute da colonnati, logge.. dedicate a diverse divinità

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(Atena, Bute, Efeso.. ), perciò l’interno è suddiviso in 4 sale/santuari. È costituito da
un colonnato ionico esastilo. I fusti sono a rocchi sovrapposti. Il capitello ionico in
marmo pentelico. Esso è conosciuto soprattutto per la loggia delle Cariatidi.
Particolarmente significativa per la presenza di statue che hanno il compito di
colonna a forma di figura femminile, ricordando perciò l’origine delle colonne
ioniche che derivano dalle proporzioni femminili. Questa donne sono posizionate in
modo da poter reggere l’intero peso del tempio.

All’intero del tempio vi è la presenza di altre colonne, costruite attraverso il tipico


ordine ionico, con i fusti che sono a rocchi sovrapposti.

La copertura del tempio era molto pesante, con uno schema della struttura di
soffittatura lapidea. La struttura fu realizzata con blocchi di pietra ricavate da cave a
cielo aperto. Con sistema di posa a secco dei blocchi, quindi con pietre
standardizzate, disposte una dietro l’altra. Questi blocchi, dal punto di vista della
superficie, non sono uguali . C’è una parte semilavorata, che costituiva la parte di
superficie che non si vedeva la quale si appoggiava agli altri blocchi, poi però vi è la
parte esterna che veniva levigata in maniera perfetta. Sui blocchi vi erano delle
graffe di ferro che servivano per migliorare il traporto. Esse venivano incastrate e

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fuse con il piombo questo tipo di schema con il tempo non venne più utilizzato
perché si verificavano dei furti del metallo, che era considerato molto prezioso.

Praticamente l’ancoraggio dei blocchi avveniva attraverso dei perni. Queste graffe a
I o T venivano realizzate in ferro, fissate con plombo. Ad esempio il Partenone, che
venne realizzato con questo tipo di tecnica, fu privato in gran parte dei perni e delle
graffe in ferro, oltre che dei sigilli in piombo. Il portico incorniciava la scalinata di
accesso alla tomba ipogea di Cecrope ( leggendario Re di Atene )

Odine ionico Monumento delle Nereidi.

Il mausoleo di Alicarnasso ( Asia


minore) : mausolei appartengono
alla tradizione asiatica. Il più
importante tra essi è dedicato a
Mausolo, regnante dal 377 al 353
a.C.. fu egli stesso ad iniziare la
costruzione ad Alicarnasso. Le
dimensioni, la ricca
ornamentazione e la

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SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
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singolarissima combinazione di piramide e tempio ionico ne fecero, secondo gli
antichi scrittori, una delle sette meraviglie del mondo. Si occuparono della
progettazione gli architetti Piteo e Satyros. È la monumentale tomba che Artemisia
fece costruire per il marito Mausolo. Questa tomba è di dimensioni gigantesche
costruita su un alto podio. (Da questo re le tombe si chiamano Mausolei). È una
sorta di struttura piramidale e un tempio ionico. Di tutto questa costruzione non
rimane nulla.

(p 37) Altra grande architettura monumentale ionica, che si trova anche essa ad
Alicarnasso, è il Santuario di Artemide, a Efeso, in Asia Minore. Dedicato alla dea
Artemide, è una grande costruzione. Costruito dagli architetti Teodoro, Chersifane e
Metagene, i quali sono importanti dal punto di vista della realizzazione di grandi
macchine per i trasporto dei pezzi per la costruzione. Il tempio era diptero. Anche
qua non resta niente.

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ORDINE CORINZIO
L’ordine corinzio è l’ultimo degli
ordini architettonici
dell’architettura romana.

Ha le caratteristiche degli stessi


elementi dell’ordine ionico, con
alcuni elementi rielaborati, con
un capitello decorato con foglie
d’acanto.

Secondo Vitruvio, il capitello


corinzio sarebbe stato inventato
da Callimaco, di cui si sa che fu SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
l’autore dell’eretto di un camino
in bronzo, simile a una palma.
Le fonti del capitello corinzio vanno forse rintracciate nell’ambito dei lavori in
metallo, degli arredi e della decorazione. I Greci furono sicuramente restii a
impiegarlo per gli esterni, ma nel IV secolo lo vediamo comparire negli interni di
molti edifici, trionfando con il grande tempio di Zeus Olimpio ad Atene.

Il primo tempio in cui compare l’ordine corinzio è il Tempio di Apollo


( Peloponneso), costruito dall’architetto Ictino. Le rovine del tempio vennero notate
da viaggiatori francesi e tedeschi nella seconda metà del XVIII secolo. Il tempio
sorge sul fianco di una montagna. Ha un allineamento nord-sud, questo dovuto alla
scelta di mantenere dei legami con la tradizione dei templi edificati sul luogo in
epoca arcaica. L’esterno è costruito in gran parte da una pietra calcarea, il marmo
viene impiegato per il fregio, i capitelli, i cassettoni dei vestiboli, le matope e per il
tetto.

Le colonne della cella, la quale è costituita da delle ante, sono connesse


direttamente al muro attraverso dei setti. In oltre troviamo un’altra particolarità nelle
colonne, esse infatti non sono state realizzate secondo le regole di un unico ordine,
ma troviamo tutti e tre gli ordini architettonici della Grecia classica: ordine dorico
esterno, ordine ionico alle partite della cella, ordine corinzio della colonna isolata
all’interno.

Tholos di Epidauro di Policleto il Giovane ( IV a.C.) venne progettata


dall’architetto-scultore Policleto il Giovane verso il 360 a.C. 14 colonne con vivaci
capitelli erano delicatamente scolpiti con foglie d’acanto.

Tempio di Zeus ad Atene. Opera dell’architetto romano Cossuzio. Il tempio è


costruito in marmo e misura 108 metri in lunghezza. In esso ci sono 104 colonne

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corinzie, ognuna alta 17 metri. A partire dal 174
a.C., Antioco IV, sovrano di Siria, continuò i
lavori su questo tempio come dono per il
popolo ateniese e a testimonianza della sua
fede negli ideali greci. L’architetto adottò la
piattaforma e la pianta del tempio del VI secolo,
ma, fatto significativo, cambiò l’ordine da dorico
a corinzio. L’edificio fu completato solo
all’epoca di Adriano, nel 132 d.C.

Tholos di Lisicrate ad Atene : il monumento si


compone di una base quadrata con un cilindro
molto alto caratterizzato da 6 semicolonne in
ordine corinzio, con vistosi e allungati capitelli,
ed è sormontato da un elaborato elemento
ornato con foglie d’acanto.

La torre dei Venti ad Atene ( metà I sec. a.C.) pianta ottagonale, con i lati allineati in
direzione dei quattro punti cardinali e dei quattro punti intermedi da cui si ritenesse
soffiassero gli otto venti principali. Ogni lato veniva raggiunto da un diverso vento;
all’esterno erano anche orrori solari, mentre all’interno un orologio ad acqua. Sulla
copertura la statuta bronzea di un tritone fungeva da anemoscopio.

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ARCHITETTURA ROMANA
I sovrani Etruschi avevano conquistato Roma nella seconda metà del VII secolo
a.C., dominandola per quasi un secolo e mezzo. La civiltà da loro introdotta, dalla
quale ci sono pervenuti pochi e misteriosi monumenti, aveva subito l’influenza
greca. Gli etruschi furono i primi a costruire a Roma edifici di scala monumentale,
come ad esempio il tempio di Giove. Nel 506 a.C. gli Etruschi furono scacciati e a
Roma sorse una città-stato repubblicana, governata dai patrizi. Segui un marcato
declino culturale, che durò circa fino alla metà del secolo II a.C. in questo arco di
tempo i Romani intrapresero una serie di guerre con le quali stabilirono il loro
dominio dapprima su tutta l’Italia, poi sull’intero bacino del Mediterraneo.

L’architettura romana è probabilmente una delle testimonianze più gloriose della


Civiltà romana. I romani adottarono adottarono il linguaggio dell’architettura greca.

L'originalità artistica nell'architettura romana si sviluppò abbastanza tardivamente:


per l'intero periodo repubblicano le forme architettoniche in uso dipendono
fortemente dalle precedenti tradizioni italiche, a loro volta fortemente influenzate
dall'arte greca, ma già portatrici di importanti innovazioni (per esempio l'uso
dell'arco).

Nel II secolo a.C. lo sviluppo della tecnica costruttiva del cementizio viene
prontamente sfruttato per le forme dello spazio interno degli edifici, a cui i Romani
sono maggiormente interessati sia per ragioni pratiche, sia dal punto di vista
artistico. Una caratteristica dell'espansione romana è l'intensa opera
di urbanizzazione del territorio, che porterà alla fondazione di moltissime città, oltre
all'ingrandimento di quelle già esistenti.

Le città romane di fondazione si basavano sullo schema dell'accampamento


romano.

Dal punto di vista strutturale con Roma si assiste alla modernità, passando dal
sistema trilitico all’arco (volta), costruito con materiale sociale, come il
calcestruzzo.

Con Roma non vi è più la problematica dello spazio, infatti esso si libera. Questo su
deve soprattutto all’assorbimento delle varie tecniche di differenti civiltà, creando
una struttura innovativa.

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I Romani riuscirono a raggiungere l’apice della civiltà, con l’avvenimento del suo
declino nel Medioevo. Anche perchè loro avevano praticamente tutto, per via delle
varie invasioni, ma dopo la caduta per più di mille anni questo tutto diviene
dimenticato fino al Rinascimento, che costituisce il tentativo di riportare la
costruzione Romana all’apice. Questo apice venne raggiunto anche grazie ad una
grandezza presente nel mondo della politico e dell’economia, diventando la
principale città per i commerci.

La loro rivoluzione architettonica romana si basa su due grandi concetti:

• Introduzione del calcestruzzo : il calcestruzzo non ha di per se una forma,

• E il cassero a-perdere : questo è uno stampo fatto da paramenti murari che si


perde con la muratura.

Altro importante materiale era l’argilla cotta : essa è costituita da finissime


particelle di rocce feldspatiche ( rocce a base di silice e alluminio), che si ricavava
da cave superficiali ( per lo più in terreni di pianura). Nelle cave le argille sono
mescolare con altri minerali e materiali organici. Gli ossidi di ferro, sempre presenti,
variano percentualmente, conferendo ai mattoni cotti la caratteristica di una
colorazione rossastra. Le argille più plastiche sono più facilmente lavorabili perchè
più capaci di assorbire acqua nell’impasto, ma tendono a fessurarsi durante
l’essiccazione e la cottura (i ritiri possono raggiungere anche il 10%). Questo difetto
può essere corretto con l’aggiunta di sabbia silicea ( sgrassante), calcari e per i
mattoni più raffinati, anche di polvere di laterizio finemente tritata.

Opus latericium: veniva posta l’argilla in stampi di legno e lasciata essiccare al sole,
ottenendo cosi dei pratici mattoni che venivano posti in opera su letti di malta di
argilla. Secondo Vitruvio la confezione del lateres doveva avvenire in autunno o in
primavera per evitare un’essiccazione troppo rapida. La stagionatura doveva durare
due anni per evitare il ritiro dopo la posa con conseguente distacco dell’intonaco
protettivo. Sempre secondo Vitruvio l’impiego del lateres era diffusa nelle campagne
e nelle città. I muri erano disposti su zoccoli di pietra, intonacati e protetti da falde
sporgenti. Sottogonna si impiegavano preferibilmente lateres cocti. La misura
media della muratura era di 1 piede.

Nell’architettura romana troviamo anche molti edifici costruiti attraverso l’utilizzo del
mattone. Esso era un materiale economico, robusto e refrattario, realizzato con
materia prima facilmente reperibile (argilla), lavorabile e caldo nell’aspetto. La civiltà
antica che più utilizza questo materiale è proprio la civiltà romana. La disponibilità di
argilla indusse uno sviluppo della qualità produttiva, fino all’impiego del mattone
nella realizzazione degli archi e nelle volte.

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OPUS

I romani utilizzavano questo termine per identificare le varie tecniche che


utilizzavano per la realizzazione di edifici.

• L’opus mixtum: essi identificavano con questo termine il raggruppamento di vari


tipi di muratura. In generale si intendono i parametri in cui vengono impiegati
contemporaneamente pietre e mattoni.

• La più antica opus è quello dell’opera incerta. Essa è fatta da pezzi di pietra di
forma irregolari e poligonale, fu il più antico rivestimento dell’opus cementicium
sin dalle sue prime applicazioni in tarda età repubblicana. Rimase in uno sino al II
sec d.c. questa tecnica costa poco, e gli unici lavori impegnativi erano la
realizzazione degli angoli. La tenuta di queste murature, diffuse ancora nel
Medioevo, era determinata dalla resistenza della malta. Esempio: parete curva nel
Tempio della Fortuna Virile (realizzato in pietra, di costruzione ionica). Nell’Italia
settentrionale l’opus conobbe una variante con i ciottoli di fiume , disposti anche a
spina di pesce a 45 gradi, come il Ponte sul Mincio. A Pompei, Oderon.

• Opus spicatum: basato sulla disposizione a spinaci pesce di elementi lapidei e


laterizi con un’inclinazione di 45 gradi.

• Opus quasi reticulatum: viene definita da Vitruvio “ un reticolato antico detto


incerto”. Poteva essere formato da scapoli irregolari.

• Opus reticulatum : questo tipo di opus costitutiva anche una decorazione,


questo dovuto dall’impiego di materiali diversi. Realizzato con blocchetti di pietra
di origine irregolare, che vengono lavorati creando dei piccoli quadrati. Posizionati
lungo un corso orizzontale, dove l’angolo venne rinforzato. Essa veniva utilizzato
anche come decorazione, il quale non veniva intonacato, lo fu solo in seguito per
mutato gusto ornamentale. Utilizzato sino all’impero di Adriano.

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• Opus vittatum: opera listata, nella quale il parametro del nucleo di cementizio
della muratura è costituito da filari di laterizi alternati a filari di altri
materiali( specialmente blocchetti di tufo) . La più celebre opera è Vallo di
Adriano in Inghilterra.

• Opus craticium: era impiegato per la realizzazione specialmente tramezzi interno


e porzioni in aggetto; costituito da una struttura lignea riempita da scampoli,
possedeva lo svantaggio di infiammarsi facilmente, di fessurarsi in corrispondenza
di montanti e traversi, di deformarsi per la flesso del solaio. Vitruvio lo
sconsigliava, portando per tramezze in mattoni cotti. La struttura era spesso
disposta su uno zoccolo in muratura o su una tavola lignea. Talvolta era dotata di
diagonali lignei di rinforzo. Es Casa di Ercolano.

Il mattone cotto si chiama opus testaceum. Il vantaggio era che nella realizzazione
del mattone vi era il passaggio della cottura, che rendeva più forte il materiale.

La cottura dei mattoni preso avvio nella regione campana in epoca piuttosto tarda,
ossia a partire dal I sec. A.C. ciò avvenne per influenza delle colonie della Magna
Grecia e della civiltà etrusca.

Questa tecnica veniva realizzata lungo la valle del Tevere che si trasformò in una
industria laterizia; la produzione di materiale edilizio tese alla standardizzazione.
Esso diviene progressivamente una sorta di autostrada pluviale lungo la quale
vengono disposto delle fornace. Queste fornace vennero concepite come dei
tronchi, coni. I mattoni venivano impilati nella camera; il calore del focolare
penetrava. L’inserimento della cottura all’interno della realizzazione del mattone
venne inserita per far bruciare gli sgrassanti vegetali. Nei forni laterizi la parte
superiore era lasciata aperta per il tiraggio e tutt’al più protetta da tegole per
proteggere la camera di carico (detta laboratorio) da pioggia e vento. Il focolare era
interrato per consentire un più rapido raggiungimento di temperature elevate.

Il tempo di cottura era mediante 3 giorni e si ottenevano laterizi di 3 qualità: cotti,


poco cotti (che venivano realizzati con il fumo che fuori usciva, essi spesso veniva
scartati o pestati per realizzare il concio), troppo cotti( nei quali la sabbia si
pietrificava facendo diventare il mattone color nero, molto brutti da vedere ma molto
resistenti).

La produzione del mattone era molto costoso, vediamo infatti all’inizio della
produzione edilizia la realizzazione del mattone era affidata a produttori privati che
contrassegnavano i propri prodotti con i cosiddetti bolli laterizi. Questo indusse
l’amministrazione romana ad immettersi all’interno di queste produzioni,
controllando.

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Questi mattoni vengono standardizzati.


Crearono tre tipologia di misure del mattone,
tutti di misura quadrata. La misura più piccola
era il Bessales, Sesquipedales, Bipedales.
Queste misure sono ottenute attraverso
l’utilizzo del piede.

I blocchi potevano essere tagliati attraverso


due modalità: a spacca, dopo aver tracciato
sul mattone crudo la linea di rottura; o a
taglio di sega.

Le superfici del mattone potevano essere


arrotondate prima o dopo la posa a secco:
sfregando i mattoni con altri mattoni ad umido,
aggiungendo acqua al processo.

L’arrotatura serviva a migliorare la regolarità delle superfici e ad incrementare la


resistenza all’aggressione degli agenti atmosferici.

LAVORAZIONE DEL MATTONE

I romani producono una serie di trattamenti che sono funzionali all’estetica e alla
resistenza del mattone, togliendo tutte le imperfezioni, impedendo introduzione di
acqua, che porta il mattone alla rottura.

Il mattone era dotato di particolari, alcuni creati dal peso della catasta, altri ricaviti
da un taglio, che costituiva un manubrio, l’impugnatura cosi da poter essere presi e
facilmente trasportabili. Questi pezzi erano per lo più di forma triangolare scaleni
( isosceli se ricavati da mattoni quadrati) ed erano utilizzati come casseri permanenti
dell’opus cementicium. L’addentellato verso l’interno granita una perfetta aderenza
fra il rivestimento e il nucleo. L’aderenza poteva essere aumentata inserendo
mattoni interi in grado di attraversare l’intero spessore della muratura.

Una delle architettura esempio dove è possibile osservare i mattoni romani è il


Castro Petrorio, costrito da Tiberio. Il muro, conservato molto bene, è molto liscio,
questa è frutto della levigazione della superficie della pietra, la quale venne
posizionata con molta cura, concepiti per durare nel tempo e a vista, manutenzione
0 . Concepiscono un cassato disposto a formato triangolare, questo stampo diviene
il rivestimento definitivo del calcestruzzo, il quale, una volta asciugato, non deve
essere più lavorato perchè perfetto così. La forma è triangolare scaleni. Economico
ed efficace.

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Generalmente i mattoni sono levigati e stirati, i quali dovevano essere lasciati a
vista. Questi venivano differenziati, con il colore del mattone, alcuni rossi e altri gialli.

I mattoni sono legati con la malta di calce, che viene trattata con diversi tipi di
finitura.

All’interno dell’architettura romana la colonna diviene un elemento decorativo, viene


quindi estrapolata tutta la sua funzione strutturale che si trova negli edifici greci.

Questo perchè viene inserito un muro portante oltre il muro che si può osservare,
che diviene un muro strutturale.

Opus testaceum. Esempi

Facciata laterizia nella necropoli dell’isola sacra di ostia, dove si conservano i


migliori insuli: erano dei condomini, progettati per l’inserimento di negozi al primo
piano e al secondo le varie abitazioni.

Insula di Diana, a più piani con sporti


( balconi) .

(Per osservare questi condomini nelle


città del nord occorre aspettare l’800.)

SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.


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Mercati traianei: dove vi sono degli archetti che vennero lasciati a vista, importanti
per il sostegno della trave posizionata sotto. Perciò le travi sono rimaste intatte
grazie alla presenza dell’arco del calcestruzzo che permettono il sostegno del peso.
Muratura armata con la presenza di archi che servono per il peso.

Paramento dell’Anfiteatro Castrense con semicolonne, capitelli laterizi e archi di


alleggerimento del tamburo (inizio del III sec. A.c.) dove troviamo archi con tante
tegole, laterizi molto sottili, posizionate uno accanto all’altro in modo radiale. Con
dietro il nucleo di calcestruzzo.

LA MALTA

La malta dei latini, come si deduce da un celebre contratto edilizio del 106 a.C.
ritrovato a Pozzuoli, era costituito da calx ( calce ) e harena ( sabbia). Quasi
certamente la malta di calce giunse a Roma dalla Magna Grecia e il suo uso
divenne comune entro la prima metà del III sec. a.C.

Ottenuta con la cottura e la disidratazione delle pietra calcare, ottenendo la


cosiddetta calce viva, idratando quest’ultima con acqua ( ossia spegnendola), si

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ottiene la calce spenta che con l’aggiunta di aggreganti, che conferivano a questo
materiale delle caratteristiche particolari ( sabbia, pozzolana, cocciopesto: questi
ultimi due conferiscono a una normale malta di calce una particolare resistenza
soprattuto all’umidità e all’acqua) e mediante il processo di cristallizzazione del
carbonato di calcio, ottenuto dalla cottura, producendo una sorta di calcare
artificiale.

Quindi la malta di calce consente una trasformazione da materiale naturale a


materiale artificiale.

La calce viva si ottiene per calcinazione della pietra calcare a circa 100 gradi, in
questo processo il carbonato di calcio si scinde in anidride carbonica e ossido di
calcio. Ottenendo quindi la calce viva.

Con la malta si creavano delle pietre ( o zolle) pulverulente in superficie che


vengono idratate ( o spente) immergendole nell’acqua. Esse allora iniziavano a
sciogliersi, rigurgitando, ribollendo, liberando un forte calore ( 160 gradi),
trasformandosi in una pietra detta calce spenta.

Erano le zolle a essere vendute perche facilmente trasportabili.

PREPARAZIONE DELLE MALTA

Il grassello veniva traportato dalla fossa di spegnimento mediante anfore ( ala quale
veniva spesso tolta la parte superiore ). Disposta la sabbia in forma di cratere, posto
il grassello al centro si mescolava l’impasto con una marra, eliminando eventuali
grumi residui. Una volta impastata la malta era riposta in un triangolo per il pronto
impiego.

Secondo Vitruzio questo processo avveniva in 3 anni.

• Malta di calce aerea: è un impasto che cristallizza in presenza di aria, ossia si


asciuga all’area aperta. Questa caratteristica aerea lo si ottiene in base alle
percentuali di calcare che si trova all’interno dell’argilla. Questo porta a una netta
divisione: calce grassa: ottenuta da cottura e spegnimento di calcare puro
contenente dallo 0,1 all’1 % di argilla; e calce magra : caratterizzata da calcari
contenenti dal 2 all’8 % di argilla

• Malte di calce idrauliche: il nome deriva dal fatto che la loro cristallizzazione
avviene per mezzo di un liquido, potendo la malta essere immersa anche
nell’acqua

La differenza di queste due malte la si può trovare all’interno della loro realizzazione.

FORNATE DA CALCE

Descritta da Catone nel De Agricoltura

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Vitruvio era a conoscenza della diversità di calce, egli infatti cerca di dare delle
indicazioni. Egli scrisse che l’aggiunta di aggreganti rende l’impasto più poroso,
facilitandone l’indurimento e impedendone la fessurazione per ritiro, si poteva
aggiungere sabbia di cava, sabbia di fiume, parti di pozzolana.

In particolare l’aggiunta di silicato di alluminio, contenuto nella pozzolana e nei


derivati dell’argilla, consentiva alla malta di indurirsi in presenza di acqua e di
assumere quindi un comportamento idraulico. Con l’aggiunta di cocciopesto si
confezionava il cosidetto opus signinum, impiegato soprattutto per la
pavimentazione.

La pozzolana è una rocca vulcanica che si può trovare in diversi formati, è


praticamente della malta vulcanica che s trova in campagna alle appendici del
Vesuvio. Questo materiale era particolarmente importante, soprattutto perchè
faceva si che la malta poteva essere anche buttata in acqua che tanto non
succedeva niente.

Il termine cementicium deriva dal latino, questo termine non riguarda solo la malta
in se ma anche i vari frammenti, i vari pezzi che si possono osservare in una
costruzione ( pietre..)

La pozzolana poteva aver diversi colori ed veniva macinata, dando alla malta molta
resistenza.

L’opus ceamenticium : essi utilizzano questa opera cementizia prendendola dal


mondo greco, questa tecnica prevede la posa della malta secondo determinati
criteri

La malta serviva per gli intonaci.. ma soprattutto per la realizzazione dei muri
portanti degli edifici.

All’inizio dell’età repubblicana, Vitruvio scrisse che la realizzazione cementizie era


insita nell’impiego di pietre porose per i rivestimenti; assorbendo l’acqua della
malta ne impedivano di fatto la perfetta presa. Per cui gli edifici costruiti durante il
periodo di Vitruvio non è rimasto praticamente niente.

I periti, nel determinare il valore dei fabbricati costruiti con quella tecnica, badavano
all’età della struttura, diminuendo il valore di 1/80 per ogni anno trascorso
dall’esecuzione, affermando implicitamente che la loro durata non poteva durare più
di 80 anni.

La solidità della malta romana è straordinaria, dimostra infatti una perfetta aderenza
con il pietrisco. I manufatti giunti a noi sono però quelli meglio costruiti essendo
andati distrutti tutti gli altri. Le case di Pompei denotano infatti, al di sotto di
rivestimenti estremamente preziosi, cortine murarie realizzate spesso con la malta di

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calce di cattiva qualità, nella quale si trova una percentuale elevata di argilla e
materie terrose, particolarmente vulnerabili all’umidità e alle infiltrazioni d’acqua.

CALCESTRUZZO

Il calcestruzzo è un conglomerato artificiale costituito da una miscela di legante,


acqua e aggregati fini e grossi ( sabbia e ghiaia ) e con l’aggiunta, secondo le
necessità, di additivi e/o aggiunte minerali che influenzano le caratteristiche fisiche
o chimiche, nonché le prestazioni.

Con il calcestruzzo non si fecero solo delle piccole volte, con il tempo questo
materiale inizia ad essere utilizzato per la realizzazione di volte con dimensioni molto
più grandi, con ad esempio alle terme di Caracalla. L’utilizzo del calcestruzzo è
rapida, molto economica. ( il pantheon).

Sempre con l’opera cementizia potevano essere fatto architetture con forme
particola, come le cupole. Ad esempio l’interno della sala ottagonale della domus
aurea di Nerone. La quale occorre immaginarla con un rivestimento di marmo, con
la volta colorata che rappresentava la vota celeste.

DOMUS AUREA

Il primo e più sensazionale esempio di costruzione in calcestruzzo è la Domus


Aurea, costruita dall’imperatore Nerone nel 64-68 a.C., dopo l’incendio del 64 a.C.
in cui andò distrutto almeno un terzo di Roma. Con l’assistenza

PANTHEON (opus cementicum )

L’archiettura più famosa costruita in calcestruzzo è il Pantheon.

È forse l’unica costruzione romana ancora interamente in piedi. Esso è realizzato tra
il 118 e il 128 d. C. L’edificio del Pantheon sostituisce la precedente struttura
augustea eretta da Agrippa e andata distrutta da un incendio. Il volume cilindrico
della sala non doveva essere visibili all’esterno, ma restare inglobato in altre
strutture. La cella ha un colonnato seudoperiptero, molto più piccolo di un tempio
normale.

Il pantheon è eccezione sia per le dimensioni sia per la struttura interna, essa infatti
non ha un podio e una cella rettangolare. Ma le colonne sono corinzie, costruite in
granito egiziano e monolitiche. Il soffitto cassettonato ricoperto in bronzo, il quale
venne eliminato in tempi relativamente recenti per realizzare il baldacchino di S.
Pietro.

La struttura del Pantheon era famosa anche per la forma, ossia un cerchio di 44
metri di diametro. Questo significa che avevano raggiunto la massima estensione
con questa costruzione, ossia per le cupole.

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Questa struttura è in calcestruzzo e a mezzasfera e va rastremandosi verso l’alto.
Essa è solo parzialmente estradosso perchè i pesanti rinfianchi ne ne occultano gli
strati di imposta.

Sul soffitto è presente un vuoto, chiamato oculo, costruito perchè i romani erano già
a conoscenza della pesantezza di una struttura a sfera, quindi lasciarono questo
spazio vuoto per alleggerire la struttura. All’interno, sempre la cupola, è decorata da
cinque ordini di ventotto cassettoni, di misura decrescente procedendo verso l'alto,
e sono assenti nell'ampia fascia liscia vicina all'oculo centrale, che misura 9 m di
diametro. L'oculo, che dà luce alla cupola, è circondato da una cornice di tegoloni
fasciati in bronzo fissati alla cupola, che forse proseguiva internamente fino alla fila
più alta di cassettoni. Una tradizione romana vuole che nel Pantheon non penetri la
pioggia per il cosiddetto "effetto camino": in realtà è una leggenda legata al passato
La realizzazione fu resa possibile grazie a una serie di espedienti che contribuiscono
all'alleggerimento della struttura: dall'utilizzo dei cassettoni all'uso di materiali via
via sempre più leggeri verso l'alto. Nello strato più vicino al tamburo cilindrico si
trovano strati di calcestruzzo con scaglie di mattoni, salendo si trova calcestruzzo
con scaglie di tufo, mentre nella parte superiore, nei pressi dell'oculo, si trova
calcestruzzo miscelato a lapilli vulcanici[32]. La cupola fu realizzata in unico getto
sopra una enorme centina in legno.

Il pavimento sono in marmo, costruiti tramite la tecnica del lopus (?).

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I cassettoni nella volta creano un gioco di luce, alleggerendo la struttura, facendo si
che essa diventasse indistruttibile. Venne concepita secondo la concezione latina
della presenza di una suddivisione, utilizzata nel caso fosse successo qualcosa di
catastrofico.

ALCUNI ESEMPI DELL’ARCHITETTURA ROMANA:

Tempio di vesta è un piccolo tempio Toronto situato all’estremità orientale del Foro
Romano, lungo la via Sacra. I resti attualmente visibili appartengono ad una parziale
ricostruzione moderna dell’ultima fase dell’edificio, che comprende alcuni elementi
originali in marmo completati in travertino. In questa fase il tempio monopetto era
costituito da un podio circolare in opera cementizia rivestito da lastre di marmo, che
sosteneva la cella rotonda, dal podio sporgevano i piedistalli per le venti colonne
corinzie che costituivano la peristalsi. Esso si rifà al tholos greco dove i capitelli
corinzi sono confrontabili con quelli del tempio di Zeus ad Atene. Il significato del
tempio era quello di rappresentare un
focolare domestico più importante,
connesso alla vicina casa del re.

Tempio della fortuna primigenia


( Palestina) . È un complesso sacro
dedicato alla dea Fortuna. Il santuario fu
costruito alla fine del II secolo a.C. il
santuario si articola su sette
terrazzamenti artificiali, edificate sulle
appendici del monte Ginestro, collegate
tra lo con delle rampe e scalinate di
accesso.

Anfiteatro Flavio ( colosseo) architettura


che venne realizzata da Vespasiano tra il
75 e l80 d.C. grazie ad una diversa
organizzazione del cantiere e del
calcestruzzo. Esso viene costruito con
una base di calcestruzzo, sul fondo di un
lago, nel bacino lacustre della Domus
Aurea, quindi su di un terreno instabile. Poteva accogliere da 50.000 a 75.000
persone mediante 76 ingressi numerati. L’ultimo livello ospitava le antenne lignee
necessarie alla manovra del velario. A manovrare le cime e le vele erano i marinai
militari della flotta di Miseno. Il Colosseo è stato restaurato nel 1823 dall’architetto

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Giuseppe Vaòadier. La struttura, di pianta ellittica, presenta all’esterno della facciata
tre ordini di arcate sovrapposti, poggiati su pilastri e sormontati da un attico, in
origine, preceduta da un portico ellittico impiantato su du na platea di lastroni in
travertino in cui pilastri originari in piperanno donati da semicolonne vennero in
seguito rinforzati con grandi pilastri in laterizio.

Il teatro di Marcello:

Foro romano: esso è un’area archeologica di Roma racchiusa tra il Palatino, il


Campidoglio, Via dei Fori Imperiali e il Colosseo. Creando della che viene chiamata
via sacra, ossia la cosiddetta via dei trionfi.

Palatino: è uno dei sette colli di Roma, situato tra il Velabro e il Foro Romano, e dè
una delle parti più antiche della città. La leggenda vuole che Roma ebbe le sue
origini sul Palatino, esso rimase il centro al quale si sviluppò la città. Per questo

motivo moltissimi imperatori romani


costruirono sopra di esso i loro palazzi, come
Augusto, Tiberio e Domiziano. Costruito
dall’architetto Rabirio

Foro di Cesare: il foro di Cesare fu il primo dei


Fori Imperiali ad essere realizzato, con lo
scopo di ampliare gli spazi del centro politico,
amministrativo e religiose della città. Del Foro
di Cesare oggi è visibile oltre metà della
superficie originaria del commesso, tagliata in
senso longitudinale. La piazza vera e propria
era costituita da un rettangolo sviluppato in

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senso longitudinale, circondato su tre lati da un doppio portico, rialzato su tre
gradini. Sul lato di ingresso sud-orientale il portico era in origine aperto sull’antica
strada , in seguito però inglobato nella realizzazione del muro di recinzione del
complesso di Nerva. Sul lato sud-occidentale il portico è stato in parte rialzato dopo
gli scavi degli anni trenta nella sua fase dioclezianea, con fusti in granito e capitelli.
All’interno del tempio troviamo fregio corinzio con capitelli decorati con foglie
d’acanto.

Foro di Augusto: il foro di Augusto è assai simile alla concezione del foto di Cesare,
disposto però ortogonalmente rispetto al precedente foro di Cesare, con una piazza
porticata dove sul lato beve dominava il tempio dedicato a Marte Ultore. I colonnati
laterali reggevano un attico fregiato da Cariatidi mutuate dall’Eretto.

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Foro della Pace : eretto da vespasiano tra il 71 e il 75 d.C., il terzo in ordine


cronologico, per commemorare la conquista di Gerusalemme. Esso si trova accanto
al fori di Augusto, separate solo dalla strada dell’Argileto. Il foro era costituito da un
vasto complesso di edifici, i resti sono però oggi molto scarsi. Il foro della Pace
consisteva in una grande piazza quadrata sistemata a giardino, con portici su tre
lati, mentre il lato frontale era decorato da colonne in marmo africano lungo la
parete, ricordando comunque un peristilio. Il lato opposto all’entrata principale era
centrato sul vero e proprio tempio, circondato da una serie di aule simmetriche. Qui
erano ospitate una biblioteca, le spogli del sacco di Gerusalemme e un vero e
proprio museo pubblico. La zona centrale era sistemata a giardino

Accanto al foro della Pace c’è il Foro di Nerva, realizzato tra l’81 e il 96 d.C. questo
foro venne costruito da Domiziano, inserendolo tra altri due fori, determinandole la
forma allungata. Le colonne del foro sono isolate con la trabeazione risvoltante.

Foro di Traiano : realizzato dall’Imperatore Traiano. Costruito per celebrare la


vittoria militare contro i Daci, popolazione insediata nell’attuale Romani. I Daci erano
un popolo particolarmente bellicoso e ostile verso Roma, e questo portò a due
spedizioni, di qui la seconda rappresentò la vittoria da parte dei romani. Traiano
posizionò la sua statua al centro del foro, tale statua era di dimensioni moto grandi.
Il fronte meridionale era definito dalla Basilica Ulpia ( eretta con il bottino della
guerra contro i Daci), enorme edifico pubblico nella quale si svolgeva

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l’amministrazione delle giustizia, equivalente
all’amministrazione comunale oggi. Essa è
l’origine delle Basiliche Cristiane.
All’interno del foro si trovano due
biblioteche unite dalla colonna traina, che
rappresenta una sorta di cernia tra le due
Biblio. Una doppia coppia di absidi fungeva
le Gallerie. L’architetto del foro di Traiano è
Apollodoro di Damasco.

Colonna Traina: era una specie di fumetto,


nel senso che lungo lo spiraglio della
colonna venne raccontata la battaglia
intrapresa da Traino con il popolo dei Daci.
Era una colonna cava, per cui esiste all’interno
una scala che porta fino alla sommità più alta.
Alla base della colonna vi è la tomba di Traiano,
dove ora il suo corpo non ce più.

Arco di Tito: pag 56

Arco di Costantino: l’arco di Costantino è un


arco trionfale a tre fornici, con un passaggio
centrale affiancato da due passaggi laterali più
piccoli). L’arco fu dedicato al senato per
commemorare la vittoria di Costantino I contro
Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio e
inaugurato nel 315 in occasione dei dieci anni
di regno.

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RIVESTIMENTO DELLA PARETE

I primi rivestimenti latini vennero eseguiti da sottili strati di intonaco di colore bianco
mischiati con polvere di calcare, imitanti la pietra e il marmo.

L’intonaco solitamente veniva lasciato a vista, ed era caratterizzato dalla presenza


di diversi strati che divennero spesso sempre più spessi al fine di nascondere
sempre al meglio le irregolarità dei materiali di aggrappo e per consentire l’incisione

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di giunti fittizi che imitassero l’opus quadratum. L’intonaco veniva utilizzato
principalmente come falso strumento al posto del marmo e della pietra.

Molto spesso l’intonaco veniva levigato con l’olio cosi da farlo diventare lucido,
come la pietra.

Anche Vitruvio parla dell’intonaco, raccomandando che la malta venisse ben


rimestata per evitare la presenza di calcinaroli, ossia di nuclei di calce viva, che
assorbendo umidità dopo la posa, sarebbero aumentati di volumi rompendo
localmente l’intonaco. Gli stati di intonaco, i quali si basano sull’agronometria, sono
nel mondo romano:

• Opus tectorium: detto areandum ossia contenente sabbia a varia granulometria e


calce spenta in proporzioni variabili a seconda degli strati e delle decorazioni.
Esso è lo stato che noi definiamo di rinzaffo o arricciatura.

• Opus albarium: era uno stato di finitura bianco che generalmente serviva alla
decorazione pittorica. Il chiarore dell’intonaco faceva si che il colore per le
decorazioni potesse essere meglio steso.

• Opus marmoratum: era un composto di calce spenta e polvere di marmo


ricavata dalla finitima triturazione dei residui di lavorazione

Il rivestimento ideale era per Vitruvio costituito da 7 strai di intonaco. Il primo di


rinzaffo; 3 strati di opus arenatum o tecrorium; 3 strati di opus albarium e
marmoratum.

Plinio ne raccomandava solo 5: 3 di malta e sabbia; 2 di malta e marmo.

Ma generalmente ne venivano stesi in totale solo 3 a spessore e granulomentria


decrescente verso l’esterno.

Il riazaffo andava lavorato a cazzuola, ossia uno strumento manuale di lavoro usato
nell’edilizia per modellare strutture di fendi e medie grandezze, l’arriccio (una malta,
piuttosto irregolare e granulosa, fatta di calce e sabbia non ben setacciata, ed ha
due scopi: far si che l’intonaco si aggrappi grazie alla sua consistenza granulosa, ed
essere una buona riserva di umidità) e la finitura a franato, per essere poi spesso
lucidata.

STUCCO

Con il termine stucco sono generalmente indicati gli intonachi di calce, gesso o
miscele di cemento usate come rivestimento di superfici interne od esterne, oppure
come elementi decorativi per edifici. Questo termine deriva dalla parola germanica
“stucchi”, indicando una crosta. Gli intonachi sono applicati bagnati, ed asciugando
formano uno strato resistente, il quale poteva essere facilmente decorato.

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Antichi scrittori descrivono l’uso dello stucco, come Plinio, ad esempio, scrive che
nessun costruttore dovrebbe impiegare calce che non sia spenta almeno da tre
anni; certamente più la calce è spenta da tempo e meglio riesce il lavoro.

Vitruvio descrive dettagliatamente, nel 16 a.C., la preparazione della calce e


l’importanza che sia ben spenta, poiché se parti di calce non spenta permangono a
lavoro finito, possono danneggiare la superficie qualora vengono a contatto con
l’acqua. Vitruvio ricorda anche che i decoratori greci usavano un mastello, , in cui gli
operai mescolavano lo stucco con mestoli di legno.

I romani preparavano molto accuratamente le loro malte. Sulla colonna Traiana, a


Roma, è scolpita una tinozza, o mortarium in cui venivano mescolate le malte con
un tipo speciale di badile. Questo utensile è tutt’ora in uso in Inghilterra. Altro
metodo per spegnere la calce era attraverso la realizzazione di una buca nel terreno
poco profonda, depositare in essa la calce e poi spegnerla con la calce. È evidente
che l’operazione di spegnimento della calce era eseguita con cure particolari, e
probabilmente la calce veniva riparata dalle intemperie con paglia e felci allo scopo
di preservare il più possibile il calore sprigionatosi durante il processo di
spegnimento e assicurare cosi una completa idratazione.

Vitruvio descrivendo il processo di preparazione dello stucco, afferma che se


durante il processo di spegnimento si taglia la calce con un badile, e si trovano
ancora delle zolle, la calce non è ben cotta. Se si estrae il badile e questo risulta
asciutto e pulito, allora la calce è magra, se invece la calce aderisce all’utensile
come se fosse colla, ciò significa che è grassa, ben spenta e ben mescolata.

Con questo termine venivano indicate le decorazione a rilievo eseguite con malta; la
definizione non risiede tanto nella composizione del materiale impiegato
(generalmente a bassa gessosa, con polvere di marmo e colle animali) quanto nel
tipo di decorazione realizzata con sagome, stampi spatole. Esso è un materiale
molto plastico che si prestava ad una vera e propria scultura. Con questo tipo di
tecniche furono realizzate moltissime decorazioni come ad esempio il rivestimento a
stucco dipinto nel peristilio della casa del Fauno di Pompei. O il tempio di Iside a
Pompei, il quale doveva sembrare tutto di marmo, ma il marmo è presente solo
nelle colonne. Anche il tempio di Portuno a Roma, realizzata in stucco applicato su
un profilo di tufo (100 a.C.) . Troviamo poi una figura plasmata a stucco nelle terme
stabbiare di Pompei, e cassettoni policromi nella volta del Tepidarium delle terme
del Foro, sempre a Pomperi.

COLONNE.

I romani erano piuttosto abili a realizzare delle strutture che formavano delle
colonne, legate con manda di calce e rivestire di stucco.

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Il primo esempio noto di colonna in muratura è quello della Basilica di Pompei ( 120
a.C.). i fusti scanalati del colonnato centrale sono costituiti da una regolare
sovrapposizione di mattoni, tagliati in modo da formare un fiore composto da un
nucleo rotondo circondato da 10 petali pentagonali che arrivano fino al bordo
completati da 10 segmenti a losanga ( termine per indicare una figura geometrica di
quattro lati con l’angolo superiore e quello inferiore acuti, mentre i due laterali sono
ottusi) che in pianta disegnano il profilo di 20 scanalature.

Realizzavano colonne anche in calcestruzzo. Con mattoni fatti ad arco di cerchio


posizionati uno sopra l’altro

La colonna pompeiana da peristilio con struttura in blocchetti di lava e malta di


calce, rivestimento in intonaco e capitello di tufo. Perciò creata attraverso dei ciotti
legati tra di loro, che dal punto di vista statico non era particolarmente stabile.

PITTURA

L’intonaco poteva essere rifinito con la pittura. Come ad esempio le colonne che
spesso venivano decorate interamente con il colore rosso.

La pittura veniva eseguita principalmente con l’affresco. È una tecnica che prevede
la stesura del colore quando l’intonaco è ancora fresco. Questa tecnica è piuttosto
impegnativa, essa infatti richiedeva giorni di lavorazione. Nel senso che ogni giorno
il pittore doveva intonacare muro cosi da poterlo affrescare. Il vantaggio
dell’affresco è che l’intonaco asciugato assorbe il colore, diventando un tutt’uno.
Questo tipo di tecnica è estremamente resistente, i colori restavano perfettamente
in opera. Era un tipo di esecuzione rapita, dove i dettagli venivano realizzati a secco,
con pigmenti miscelati con colle animali, dando il tocco finale di dettaglio alla figura.
Questa tecnica non è propria dell’elemento strutturale ma utilizzata anche varie altre
decorazione di oggetti. Le difficoltà della pittura d’affresco erano legate anche dal
fatto che l’artista doveva avere in testa il disegno da eseguire. Spesso infatti veniva
eseguito un disegno preparatori direttamente sull’intonaco. Questi disegni
geometrici venivano realizzati con il pennello, o a carboncino o a stilo. L’ultima
difficoltà è quella di maschere i bordi delle giornate dei lavori ad affresco andavano
dissimulate, era necessarie creare delle giornate per eliminare l’eccesso, non
lasciando il lavoro a metà. Una volta completato il disegno, l’artista opera con degli
oli o cera che servivano a rendere più brillante la superfici. La contro indicazione di
questi materiali era che trattenevano la polvere, sporcando alla lunga l’affresco.

I colori utilizzati erano molto molto accessi, i pigmenti erano prevalentemente


minerali, ma non mancavano quelli vegetali e animali. Le squadre dei decoratori
erano formate da :

• Dealbar (che imbiancava le pareti per la stesura del colore)

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• Pictor ossia il pittore decoratore che poteva essere specializzato un parietarius
( creando le quadrature ) o un imaginarius ( figurativo, quello che andava oltre la
costruzione prospettica, ideando le figure umane e animali, i paesaggio).

• Abbiamo infine dei Garzoni, che aiutavano.

L’abilità del pittore era quella di farsi i colori, sperimentando continuamente la


realizzazione di nuovi colori con l’utilizzo di nuove tecniche. Un grande esempio è
Leonardo.

Esempio Pittore della Casa dei Misteri.

Altro grande esempio nel quale possiamo trovare un gran lavoro di pittura è la
Domus Aurea (64-68 D.c) costituita per Nerone dagli architetti Savero e Celeste.
Circondata da un parco con un lago artificiale al quale di accedeva dal Foro
Romano mediante un vestibolo colmato dominato dalla Statua colossale
dell’imperatore alta 36 m.

CRUSTA MARMOREA

I rivestimenti paleitali potevano essere fatti anche dalle cosiddette Cruste


marmoree. esse erano delle lastra che venivano generalmente fissate con la sola
malta o graffe metalliche, nel caso la malta cedesse.

Molte di queste croste furono spogliate durante il Rinascimento, sopratutto quelle in


vista. Per poi riutilizzare il metallo che le legava.

PAVIMENTI E SOFFITI

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I pavimenti e i soffitti erano quasi sempre parte integrante del decoro della sala, il
pavimento rispecchiava la decorazione del soffitto. Nelle regioni settentrionali i
pavimenti erano prevalentemente lignei, talvolta posti su suspensurae, cosi da non
toccare direttamente il pavimento.

Possiamo osservare spesso delle mensole di appoggio in travertino per ricevere:

un correnti o pali paralleli al muro (come ancora nel medioevo ) che costituivano la
base per le palanche di un solaio;

le travi portanti di un solaio.

Es casa del laratorio, Ostia.

Le travi sostegno in tavolato che a sia volta è ricoperto da uno strato di malta
( generalmente di 15-30 cm).

Secondo Vitruvio se il pavimento veniva eseguito ai piani superiori occorreva evitare


la corrispondenza con pareti al piano inferiore; se ciò non era possibile occorreva
lasciare un’intercapedine fra la struttura verticale e il tavolato di quella orizzontale,
per impedire che al normale cedimento del solaio il muro sottostante determinasse
un inarcamento e quindi la fessurazione del pavimento.

I pavimenti non andavano poi gettati su tavolati di quercia per la tendenza naturale
di quest’ultime di torcersi nel momento in cui assorbivano umidità. In caso contrario
occorreva assicurare le tavole agli angoli piantandovi dei chiodi.

All’esterno, affinchè la malta fra le commessure non fosse rovinata dalla brina,
occorreva spalmare una volta all’anno, prima dell’inverno, l’olio.

La superficie del cassetto (ossia elemento costruttivo orizzontale che viene


adottato per raggiungere uno o più dei seguenti obbiettivi: livellare una superficie,
rendendola perfettamente piana; ripartire il carico degli elementi sovrastanti;
ricevere la pavimentazione finale) poteva essere vagamente decorata. Vi sono
differenti tecniche per la realizzazione del mosaico:

• opus signinum, composto da malta di calce, cocciopesto ( utilizzato come


rivestimento impermeabile per pavimenti sia interni che esterni, è composto da
frammenti di laterizi minutamente frantumati e malta fine a base di calce aerea,
che serve a renderlo traspirante) e piccoli frammenti di pietra ( che rappresentano
il minimo di decoro, ad esempio a mosaico) ) poteva essere disposto al piano
terreno, ma anche ai piani superiori su di uno stato di malta.

• Opus musivum, l’artigiano stendeva uno strato di malta di calce e cocciopesto


inserendo le tessere del mosaico una ad una, infatti esso viene chiamato anche
tesselatum. Richiedeva una lunga preparazione preliminare nella realizzazione
delle tessere che dovevano essere realizzate a mano. Nel mosaico troviamo dei

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disegni geometrici ma anche dei piccoli decori policromo e a disegni vegetali e


animale.

• Opus vermiculatum, particolare forma di mosaico. Esso viene detto cosi perché
le tessere sono talmente piccole che assomigliano a dei vermicelli, misurano
infatti non più di 8 mm. Esse venivano impiegate per la realizzazione di soggetti
figurati

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Con questi mosaici si poteva fare anche decorazioni parietali di murature esterne
all’edificio.

LASTRICATURA (strada romana)

I Romani, per scopi militari, politici e commerciali, iniziarono la costruzione di lunghe


strade il più possibile rettilinee, in modo da minimizzare le distanze. Le strade
romane erano essenziali per la crescita dell'Impero, in quanto consentivano di

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muovere rapidamente l'esercito.La lastricatura viene realizzato con piccoli ciottoli
colorati.

Con il nome di via venivano indicate le strade extraurbane che partivano da Roma.
La loro creazione fu inizialmente spontanea, e presero normalmente il nome delle
città alle quali conducevano, mentre altre avevano i nomi delle funzioni alle quali
servivano o delle popolazioni che arrivavano a raggiungere.

A partire dal V secolo a.C. venne avviata la costruzione di nuove strade, dirette
verso regioni lontane e aventi funzioni di tipo principalmente militare. Le strade
erano pensate per durare a lungo: prima di tutto veniva scavata una trincea
profonda circa 45-60 cm, che veniva riempita con successivi strati di terra, pietra e
sabbia fino a raggiungere il livello del terreno. Il tutto veniva cementato con la
calcine. Poi venivano rivestite di grosse lastre poligonali di basalto o calcare
incastrate perfettamente tra di loro. Questo profondi letti di pietra sbriciolate
servivano anche per far si che le strade rimanessero asciutte, in quanto l’acqua
sarebbe filtrata attraverso le pietre.

La pavimentazione delle arre pubbliche e private riservate al solo transito pedonale


erano realizzate con il cosiddetto opus sectile, ossia un’antica tecnica che utilizza
marmi tagliati per realizzare pavimentazioni e decorazioni murarie a intaso.

Abbiamo poi la strada in basoli; esso era riservato al traffico regolare, sia per strade
urbane che per vie che collegavano le regioni con Roma. l’aspetto della
pavimentazione è piuttosto variabile secondo il grado di squadratura e planaria del
pezzo utilizzato passando da semplici massicciate di battuto rinforzare da scapoli di
pietrame, a basolati di ciottoli piuttosto tondeggianti a vere e proprie lastre
perfettamente planari e ben accostate. (Il barolo è una lastra di roccia di origine
vulcanica o calcarea, di potevo peso e dimensioni. ) La massiccia strada era
costituita da un primo strato di ciottoli e schegge di pietre, che sono molto più
spesse che larghe, perché essere dovevano essere disposte senza mai essere
cambiate, un secondo in ghiaia, un terzo in sabbia e pietrisco, sul quale era posato
il pesante lastricato.

Infine come ultima cosa inventano le strisce pedonali, utilizzate per creare una sorta
di ruscello/torrente nei periodi di pioggia ai lati della strada ma anche per la pulizia
delle strade stese. Esse pero erano dei vasoli che rappresentano le nostre strisce.

L’ARCO

L’arco in architettura è un elemento strutturale a forma curva che si appoggia su


due piedritti ( elemento verticale che sostiene il peso di altri elementi) e tipicamente
è sospeso in uno spazio vuoto.

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È costituito normalmente da conci, cioè pietre tagliate, o da laterizio, in cui i giunti
sono disposti in maniera radiale verso un ipotetico centro: per questo hanno forma
trapezoidale e sono più propriamente detti cunei;

nel caso di una forma rettangolare (tipica dei mattoni) hanno bisogno di essere uniti
da malta che riempia gli interstizi; essenzialmente l'arco con cunei non ha bisogno
di essere sostenuto da malta, stando perfettamente in piedi anche a secco, grazie
alle spinte di contrasto che si annullano tra concio e concio.

Il cuneo fondamentale che chiude l'arco e mette in atto le spinte di contrasto è


quello centrale: la chiave d'arco, o, più comunemente detta, O
chiave di volta.

L'arco è una struttura bidimensionale e viene spesso utilizzato per sovrastare


aperture. Per costruire un arco si ricorre tradizionalmente a una particolare
impalcatura lignea, chiamata centina.

L'arco è anche alla base di strutture tridimensionali come la volta, che è ottenuta
geometricamente dalla traslazione o dalla rotazione di archi. Nel caso di volte
complesse come le volte a crociera, gli archi costitutivi vengono distinti in base alla
loro posizione (archi trasversali, longitudinali, ecc).

Gli archi possono essere di vario tipo, a seconda della forma geometri e della
funzione:

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ARCO TRIANGOLARE ( TRAVI OBLIQUE


ACCOSTATE)

ARCO RIBASSATO

ARCO RIALZATO
ARCO A TUTTO SESTO ( O
SEMICIRCOLARE )

ARCO A SESTO ACUTO

Arco a tutto sesto:

L'arco a tutto sesto o semicircolare è un


ARCO ASIMMETRICO
tipo di arco contraddistinto da una volta a
semicerchio. È detto anche arco a pieno
centro. È la tipologia più semplice di arco
e prevede che il centro verso il quale convergono i giunti si trovi sulla linea
d'imposta, cioè su quella linea che unisce i punti dove finiscono i sostegni e inizia
l'arco.

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L'utilizzo sistematico dell'arco a tutto sesto (e dell'arco in generale) si deve ai
Romani, che lo appresero dalla poliedrica funzione che aveva tra gli etruschi e lo
utilizzarono prevalentemente in funzione della praticità piuttosto che dell'estetica,
pur senza escluderla. L'uso maggiore degli archi in successione ebbe luogo nella
costruzione degli acquedotti.Il centro del cerchio è al di sotto di quello della luce.
Un esempio è l’arco di Costantino. P 78

Arco a sesto acuto: L'arco a sesto acuto, detto anche ogivale, è un arco bicentrico
che contempla arcate appartenenti a circonferenze con raggio maggiore o uguale
alla base dell'arco stesso.

Arco ribassato a tre centri (archi ribassati policentrici) :

Tipo di arco utilizzato con sesto ribassato ma raccordato ai piedritti mediante due
archi di circonferenza con centro posto sul piano di imposta. Denominato anche
“arco ad ansa di paniere” è frequente nell’architettura siciliana di stile gotico-
catalano.

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Arco a terzo medio: sforzi e condizioni di stabilità: Il componimento statico di un


arco a conci è differente da quello di un falso arco; l’arco è in equilibrio quando la
risultante dei pesi e delle spinte orizzontali che si trasmettono fra i conci cade nel
cosiddetto termo medio del piedritto. Il principio di stabilità è basato sulla
permanenza del “terzo medio” o “nocciolo d’inerzia” della risultante degli sforzi
interni taglianti e di compressione (e quindi della relativa cerca delle pressioni)

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esercitati dalle forza peso che caricano i singoli conci. L’intensità degli sforzi in ogni
singolo concio è decrescente all’estradosso all’intradosso.

DEFORMAZIONE DELL’ARCO SOVRACCARICATO

Un carico eccessivo esercitato su un arco a conci dimostra la dinamica dei


deformazioni della struttura. È evidente che non bisogna caricare molto la chiave di
volta, bensì le reni dell’arco per contrastare la deformazione estroflessa. L’angolo di
30° , grado di autoportanza, è quello al di sotto del quale la struttura dell’arco è
ancora in grado di reggersi autonomamente; al di sopra la struttura tende a
collassare per effetto della forza pesa. Per deviare a questo fenomeno dello
schiacciamento, i romani applicano delle cose già note portandole alla perfezione.
Come la cloaca maxima, in cui il centro del cerchio coincide con quello della luce,
ossia della linea di imposta) costituito da più ghiere (armillae), ossia da corsi di conci
sovrapposti per aumentare la resistenza.

Archi a conci: costruzione e stereometria:

Iniziano a costruire stereometrica con i conci di arco a senso pieno; inizialmente


l’arco era semplicemente estradosso (superficie esterna della struttura di una volta,
o di un arco) e la cornice sporgente della ghiera (in architettura si dice ghiera
l’elemento formativo dell’arco estradosso, quando, rimanendo di uniforme alteza, p
reso in qualche modo appariscente da artifici architettonici o decorativi) serviva a
mascherare le irregolarità nella disposizione dei blocchi. Successivamente
l’estradosso venne legato ai filiali con conci pentagonali e a L. Vediamo però che si
crea una discontinuità. I conci potevano essere allineati all’estradosso per ridurre la
lunghezza e consentire una migliore integrazione col paramento superiore.

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Come si facevano a dimensionare le spalle e i piedritti? Attraverso un semplice


sistema grafico per proporzionare le spalle di un arco o di una volta a pieno centro o

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ribassati, si divide l’arco in segmenti per mezzo di tre corte uguali prolungate uno al
punto C e F sino a equiparare la lunghezza di BA E de, individuando l’estradosso
delle spalle. Questo vale sia per gli archi semicircolari che ribassati, solo che i
ribassati chiedono una spalla più spesse.

Un arco insolito: la piattabanda.

La piattabanda è un elemento architettonico analogo visivamente all’architrave, ma


legato da un punto di vista statico-edilizio all’arco, dal quale è praticata una sezione
ad intradosso retto.

Essa è una creazione propriamente romana. Con l’allineamento dei conci


dell’intradosso si ottiene la struttura detta piattabanda, che lavora come un arco,
spingendo cioè sulle spalle. (sbeitla, capitolium ) . Invenzione estremamente geniale
perchè consente di risolvere il problema della luce ( la distanza tra i due piedritti)
della trave monolitica, dove più distanti erano i piedritti e più possibilità aveva l’arco
di cedere.

Il fregio lapideo in una trabeazione retta da trave lignea. Una seconda trave lignea
regge una solaio ligneo. Piattabanda a arco rampante: una piattabanda con
un’imposta più bassa dell’altra, andando verso l’alta. Questi archi venivano ultimati
per scarica il peso nelle cattedrali gotiche. Nel mondo romano vengono utilizzate
per la realizzazione delle scale, realizzando un piccolo pilastro che serve a reggere
l’arco rampante per evitare che ceda.

L’arco naturale e l’arco di scarico: rottura ad arco naturale al di sopra di una trave
incurvata; l’arco individua il carico sopportando dalla trave che accusa il maggior
per in mezzeria, laddove cioè maggiore è la faccia di flessione.

Arco laterizio.

GEOMETRIA E COSTRUZIONE DELLA VOLTA.

• La volta a botte, che rientra nella grande categoria delle volte semplici (costituite
cioè da superfici appartenenti ad un unico solido, a differenza delle volte
complesse, costituite da superfici appartenenti a corpi solidi diversi), è un
elemento tridimensionale, ottenuto geometricamente, dallo sviluppo di una
superficie nello spazio, più precisamente dalla traslazione o rotazione di una curva
direttrice (profilo dell’arco) lungo una retta generatrice.La volta a botte, quindi,
deriva dall’arco, che è una struttura bidimensionale: in sostanza, l’unione di più
archi nel senso dello spessore (definito “generatrice”) dà luogo alla volta.In linea
generale la volta a botte, che rientra nelle superfici coniche, nasce, come tutte le
strutture voltate, per coprire edifici con struttura portante in muratura o pietra, e

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pertanto essa stessa ne assume il medesimo impianto strutturale.Volta a botte in


calcestruzzo, volte a botte, annullate e unghiata ( tanto da essere assimilabile a
una sequenza di crociere) eseguita in calcestruzzo. Evidenti le tracce lasciate dai
tavolati lignei dei cassieri.

• Volta a crociera: ottenuta dalla compenetrazione di due volte a botte; archi


perimetrali su appoggi puntiformi. La sua superficie è costituita quindi, nella forma
più semplice, da un'ossatura di quattro archi perimetrali e due archi diagonali.
menzionata da Vitruvio perché diffusa dal I sec. d.C. il termine crociera deriva
dall’incrocio che viene creato dalle due volte.

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• Volta a padiglione: ottenuta dalla compenetrazione di due volte a botte;


appoggio perimetrale continuo.Si ottiene anche, come nel caso della volta a
crociera, dall'intersezione di due volte a botte conservandovi - contrariamente a
quanto avviene nella volta a crociera - le parti in comune a tali volte: non esistono
quindi gli archi perimetrali. Le parti in comune vengono dette fusi cilindrici (cioè
superfici cilindriche sezionate con due piani incidenti). Il perimetro è quindi
quadrangolare e coincide con le linee d'imposta (nella volta a crociera il perimetro
è dato dagli archi perimetrali). Nei casi più frequenti la volta a padiglione viene
ottenuta dall'intersezione di due semiclindri di rotazione ad assi orizzontali
(paralleli al piano del geometrale) e perpendicolari tra loro.Piuttosto rara
nell’architettura romana. Essa la vedremo molto più spesso nell’architettura
gotica.

• Volta a cupola: la volta a cupola è ottenuta tramite: la rotazione di un arco; la


giustapposizione di spicchi. Potevano essere imposte su perimetri: circolari e
poligonali; quadrati. Nel caso di perimetri di imposta quadrati le volte potevano
essere ottenute impostate su: pietre triangolare, disposte orizzontalmente in falso;
tombe coniche; pennacchi sferici ( con delle mensole scavate su cui si appoggia
la calotta della cupola). I pennacchi sono l’evoluzione della tomba conica, ossia
strutture esposte negli angoli della campata quadrata per ricevere i carichi della
volta che stava sopra, sono sostanzialmente di proto-pennacchi. La geometria

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della cupola che prevalente era la mezza sfera, rappresentando la forma perfetta.
Ma abbiamo anche la volta a catino su pianta semicircolare.

Esempi : cupola semisferica in calcestruzzo, Mausoleo di Gordio( roma).

• Volta ad ombrello in calcestruzzo : è una tipo di volta composta. Ha la forma di


una cupola ma è suddivisa in spicchi identici da costoloni, viene utilizzata in
ambienti poligonali (spesso ottagoni) con unghie simili a quelle delle volte a
crociere; raramente rimangono piatte e, all'aumentare delle luci, si fanno
convergere in un cervello molto alto per costituire le strutture portanti di vere e
proprie cupole. Rintracciabile in repertori della tarda antichità viene ripresa nel XV
secolo da Filippo Brunelleschi.

sistemi di alleggerimento: estradosso di una cupola cementizia in cui sono


evidenti i grandi alveoli determinati dall’inserimenti di anfore laterizie, che venivano
legate dentro alla struttura per costituire delle bolle/ sacchi d’aria. Questo tipo di
tecnica gli architetti del rinascimento la recuperano.

CENTINE PER LA COSTRUZIONE DI ARCHI E VOLTI.

La realizzazione delle volte richiedeva la posa di centine lignee le cui dimensioni


variavano con il variare delle dimensioni della luce della volta; da ciò dipendeva
anche il numero degli appoggi a terra: Centine a struttura portante triangolare, con 1
o 2 appoggi a terra. La realizzazione della centina si basava sopratutto sulla
realizzazione di capriate, al di sopra della quale si creava la struttura.

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La centina a tre appoggi, con puntoni radiali e controventature diagonali per la
realizzazione di una grande volta a botte, (centina di sostegno della vola del
calidario delle Terme di Ercolano. )

Grande centrina riposizionabile su mensole per la realizzazione delle arcate a


conci paralleli (pont-du-gard, 15 d.C.) ; arcate dell’acquedotto di Metz a Jouy-aux-
Arches: i risalti a piani inclinati dei piloni fungevano da punto di appoggio.

Centine mobili: il tempio di Diana a Nimes, i grandi archi aggettanti all’intradosso e


a conci paralleli furono plausibilmente eseguiti mediante centine mobili; quelli in
sotto sguardo furono poggiati semplicemente sugli archi già costruiti.

Centine a perdere, sesquipedali e bipidali: piano di centine permanente costituito


da grandi laterizi.

Centina a perdere: tubi fitti. Volta su centina permanente costituita da tubuli in


ceramica. Questa prassi ebbe diffusione nelle province povere di legname. Queste
centine servivano soprattutto per la realizzazione delle volte in calcestruzzo. La
struttura in terzino indirizzava le eventuali fenditure del calcestruzzo trasformando la
volta da un monolite a un insieme di archi fatti da conci in pietra artificiale. Esse
sono connesse con i diaconi che servono ad evitare la deformazione dell’arco.
Terme di Caracalla a roma. Villa Adriana, grandi terme.

LE MACCHINE COMPLESSE

Viene utilizzata la Macchina di Chersifrine ( ideata per trasportare i fusti delle


colonne del Tempio di Diana/Artemide a Efeso ): le colonne sbozzate erano
rinchiuse in un telaio entro il quale ruotavano come rulli su perni dissi in ferro, legati

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a piombo. Secondo Vitruvio, Metagne, figlio di Chersifone, ideò ( per lo stesso
tempio) il trasporto delle travi impiegandole come asse rotante mediante due
enormi ruote da 12 piedi ad esso fissate. Secondo alcuni studiosi questo sistema
funzionava per travi che non superavano i 6 metri di lunghezza. La macchina di
Metagne avrebbe però richiesto strade larghe almeno 10 metri, il che ha indotto gli
archeologi a considerare l’eventualità di una disposizione longitudinale del blocco
( magari appeso per non risentire dei sobbalzi), mosso su due coppie di ruote. Le
ruote erano poste a una distanza trasversale fortemente ridotta per non caria assi e
mozzi. Un certo Paconio cercò di migliorare le macchine derivate da della di
Chersifrone e Mategene.

Monokolos: macchina da sollevamento per


piccoli pesi descritta da Erone di Alessandria
e costituita da una trave con cerniera al
piede, tenuta in verticale da tre funi, dotata
di due carrucole alle estremità (paranco),
con argano per il sollevamento dei pesi (

Dikolos :macchina da sollevamento


descritta da Vitruvio, costituita da una
struttura a triangolo (formata da due travi
con argano solidale), incastrata nel terreno e
vincolata da 4 supporti. Due paranchi o
bozzelli ( ai quali è fissata una tenaglia
autoserrante) demoltiplicano lo sforzo.

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STRUMENTI DI TRACCIAMENTO E
STIMA DELLE PENDENZE:

La groma viene utilizzata per tracciare sul


territorio allineamenti tra loro ortogonali,
quindi necessari per il tracciamento di
nuove città, quartieri e strade. La verticalità
dello strumento e l’orizzontalità della
squadra superiore venivano verificati
osservando il parallelismo dei fili a piombo
rispetto all’asta. Si poteva traguardare
mediante i fili o mediante la squadra e la
misura, sulle brevi distanze, rileva una
precisione paragonabile agli strumenti
moderni.

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Corobate o livella ad acqua in cavalletta e a fili a piombo: descritta da Vitruvio, è


uno strumento che serviva al tracciamento dei livelli e definizione delle pendenze,
utilizzato principalmente per livellare canali e condotte idrauliche e per la
costruzione degli acquedotti. ( con palline e stadile) .

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MACCHINE SEMPLICI

Il principio del paranco o bozzolo composto da due carrucole (la carrucola o


puleggia è un disco rotante rispetto a un asse o fulcro; funziona come una leva
continua). Forse derivato dalla tecnica navale, il paranco, attribuito ad un’idea di
Archimede, venne descritto nelle opere di Erone di Alessandria anche se ne
compaiono esemplari probabilmente già dal V e dal IV sec. a.C.. la disposizione
orizzontale di paranchi a due carrucole mossi senza argano, ossia una macchina
che può esercitare sforzi verticali, per sollevare carichi, o orizzontali, per trascinarli.
La somma di più carrucole contribuisce a demoltiplicare lo sforzo e ad aumentare il
peso del carico da sollevare.

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STRUMENTI DI SOLLEVAMENTO

La gru calcatoria : la gru romama, realizzata completamente in legno, era utilizzata


per il sollevamento di materiali, avendo la possibilità di posizionare oggetti a varie
altezze. Trainata da buoi per mezzo dei due cilindri, i quali fungevano da ride
durante il trasporto e da propulsore durante il sollevamento. I cilindri erano
sufficientemente gradi da poter ospitare un nuove certo di persone che,

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camminando all’interno di essi, imprimevano la rotazione al perno principale, dove
qui era fissata la fune di sollevamento.

Mediante olivelle metalliche : un esempio è il capitello dorico monolitico del


Tempio di Apollo a Delos con i segni per il sollevamento mediante due olivelle.

Capra con paranco :esso è un apparecchio costituito da due o più carrucole. Essa
può essere con paranco a bozzello o verricello. La prima Vine mossa da un grande
timpano rotante accoppiato direttamente all’ade del verricello. Mentre la seconda è
una macchina di sollevamento mossa da ruota a gabbia di scoiattolo.

Pinza od livella autoserrante (di invenzione romana)

IMPALCATURE

Attraverso l’utilizzo di questi strumenti appena elencati venivano realizzati i ponteggi


edilizi, creati per reggere il “castello” sul quale i muratori si muovevano.
Sull’impalcatura venivano eseguiti
i lavori di posa, taglio, scultura,
lisciatura dei paramenti qualora
fosse impossibile mutilarli
mediante incastri.

Ne esistevano di diverso tipo:

• un ponteggio indipendente dal


muro (autonomo),

• quando la muratura lo consente


si utilizzava il ponteggio a

SCRIVI
99 PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
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incastro e a sbalzo, in entrambi il ridotto interesse verticale fra le buche pontaie
indica la quota di lavoro utile alla quale si sovrapponevano alcuni cordoli di
contrappeso prima di spostare il ripiano del ponteggio. Queste buche sono a
distanza l’uno dall’altra di un
metro, un metro e 10, questo
perché al di sopra di essere
venivano realizzate altre murature
rialzando cosi l’edificio.

• Impalcature a incastro con


sostegni passanti: i travicelli
venivano tagliati fungendo da
diatoni permanenti.

• Impalcature buche pontaie : in un


parametro di opus reticolatum.
L’archetto di scarico superiore
sovrastante potesse serrare il
travicello del ponteggio e impedirne la rimozione

SCALE

Se a Ostia le case disponevano di scale in muratura, a Pompei e a Ercolano esse


erano preferibilmente in legno a gradini o a pioli, eccezion fatta per il primo tratto
della rampa che era in muratura. La scala era talvolta nascosta da una leggera
parete in opus craticium.

SERRAMENTI

La casa romana ha poche aperture. Per questo che abbiamo l’atrio con un’apertura
sul soffitto, cosi passava la luce.

Le finestre sono molto piccole. Quando sono grandi essere sono protette da
inferiate di armatura.

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LE LATRINE

Anche se nell‘Antica
Roma soltanto i cittadini
più abbienti potevano
permettersi il lusso di
disporre di tubature
d’acqua in casa, è pur
vero che tutti gli altri
potevano contare su
bagni pubblici
assolutamente efficienti
considerata l’epoca.

Tali strutture, poste


all’interno degli edifici
termali, nelle vicinanze dei fori e lungo le strade principali, erano gestite dai
conductores foricarum (forica era la latrina) e l’uso da parte degli utenti prevedeva
il pagamento di una modica somma di denaro.

Le latrine romane consistevano in un lungo basamento in pietra o in marmo, le


cosiddette sellae pertusae (sedili forati), sui quali per maggior comodità venivano
adagiate assi di legno bucate; all’interno, grazie ad una pendenza, scorreva l’acqua
che poi confluiva nelle fogne o nei fiumi, mentre in basso, proprio ai piedi dei sedili,
un’altra canaletta d’acqua serviva per lavarsi e per sciacquare gli strumenti per
l’igiene personale, come le spugne, i pettini, gli indumenti ecc.

I “fori” erano posti a pochissima distanza l’uno dall’altro, con buona pace della
privacy, visto che si andava in bagno tutti insieme, magari socializzando e
chiacchierando amabilmente con i “vicini”.

Tuttavia abbiamo almeno la certezza che si trattasse di ambienti tutt’altro che


squallidi o sporchi, poiché ciò che oggi rimane di alcuni di questi impianti, denota la
presenza di ambienti confortevoli, esteticamente curati, a volte persino affrescati, e
quasi sempre riscaldati

Esistevano delle latrine pubbliche ( le latrine vespasiani), dove un corso d’acqua che
scorreva sotto le sedute, una fontana serviva per le abluzioni ( ossia dei lavaggi)
( ostia, Foro). Poi vi è anche la latrina domestici, spesso disposta in adiacenza alla
cucina per sfruttarne le condutture di scarico in fossa.

Importante elemento era il voltino di scarico a protezione delle condutture di uno


scarico domestico pompeiano. Nella città campana, di fondazione artica, mancava
una rete fognaria e gli scarichi avvenivano direttamente in strada.

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https://www.romanoimpero.com/2017/11/idraulica-romana.html i sifoni

APPROVIGIONAMENTO IDRICO PUBBLICO E DOMESTICO

Il peristilio: il termine peristilio indica un giro, per lo più ininterrotto di colonne che
cingono uno spazio delimitato. Nelle ville è possibile trovare questo cortile entro le
mura della casa, che stava al centro.

L’acquedotto: i romani hanno costruito numerosi acquedotti per portare acqua da


sorgenti distanti le loro città. Le acque di scarico furono eliminate con complessi
sistemi fognari e scaricare in corsi d’acqua nelle vicinanze, mantenendo le città
pulite e prive di effluenti. Gli acquedotti spostavano acqua solo per gravità, quindi
venivano costruiti con una leggera pendenza verso il basso all’interno di condotti di
pietra, mattoni o cemento. La maggior parte erano sepolti sottoterra. Dove c’erano
valli o pianure, il condotto era sostenuto da opere con arcate, o il suo contenuto era
immesso a pressione in tubi di piombo, ceramica o pietra e sifonati. Il primo
acquedotto romano fu quello dell’Aqua Appia, costruito intorno al 300 a.C.. I
romani portano alla perfezione il sistema dell’acquedotto. Esso è una via per l’acqua
che intercettava una foto su un colle, su una montagna, comunque su un punto
elevato, e attraverso delle vie scavate sotto terra passava l’acqua arrivando fino alle
grandi città. Arrivava tanta acqua quanto ne arriva oggi a noi. L’importante era che il
getto d’acqua fosse costante.

Nel piscina limaria: era un


contenitore atto ad accogliere le
acque, posta lungo il corso o al
termine d’un acquedotto, serviva a
chiarificare e purificare le acque
per la loro distribuzione. Infatti era
limaria perché oltre all’acqua
accoglieva il limo, cioè il fango che
vi si depositava. Essa poteva
raggiungere alti livelli di
complessità, tali da garantire
contemporaneamente la possibilità
di effettuare opere di
manutenzione senza interrompere
il flusso idrico; inoltre erano
essenziali quando la capostazione
avveniva direttamente da un fiume.

Il castello d’acqua: secondo Vitruvio la distribuzione dell’acqua avveniva si diversi


livelli: il più altro era riservato ai giochi d’acqua; il medio agli edifici pubblici (terme e

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latrine); i più basso (l’ultimo a essere interrotto) agli edifici privati e alle pubbliche

Arco di via Mercurio a Pompei: fungeva da


castellum acquea secondario e le canalizzazioni
in piombo passavano lungo condotti scatti nella
muratura dei pilastri.

SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.

fontane.

LE CONDOTTE IDRICHE IN PIOMBO

Nelle case dell’Urbe arrivava un’acqua con una quantità di piombo 100 volte
superiore al normale. Questo perché nell’acqua che bevevano gli antichi romani
c’era una quantità di piombo almeno 100 volte superiore rispetto all’acqua delle
sorgenti locali. Questa contaminazione era dovuta alla realizzazione di un
complesso sistema di tubature degli acquedotti, avvolgendo questi tubi con lastre
di piombo su mandrini calibrati. ( le dimensioni erano standardizzate prima sulla
dimensione della lastra poi sul diametro del condotto); raccordi e rubinetti.
Generalmente queste tubature ero poste a circa 50-60 cm sotto terra.

Successivamente il piombo venne colato nero una forma in cui era inserita un’anima
cilindrica di metallo, mediante la quale si determinava il diamante voluto. I tubi
fabbricati con questo metodo hanno sezione perfettamente ellittica. Per gli
allacciamenti si inseriva nella conduttura principale una scatola di derivazione, fatta

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di piombo, da dove, in direzione perpendicolare alla condotta madre, si dipartivano
da un lato e dall’altro due tubi di derivazione di calibro inferiore, questo per avere
più servizi in un solo punto di presa.

LE CONDOTTE IDRICHE IN TERRA COTTA

FONTANE

I Romani avevano una grande passione per le acque pubbliche, dagli acquedotti
alle terme e infine nella realizzazione di fontane. Le fontane vere e proprie, ancora
chiamate “fontes”, ebbero origine, quando l’esigenza di raccogliere quelle acque

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sorgive, furono attivati i primi interventi di incanalamento, drenaggio e parziale
immagazzinamento delle acque.

Le prime soluzioni erano ovviamente di tipo utilitaristico e funzionale alle necessità


degli abitanti e all'abbeveraggio degli animali. Si trattava di vasche generalmente
quadrangolari in muratura o pietra impermeabilizzata, all'interno delle quali da un
pilastrino contenente un cannello (magari con un elemento decorativo) sgorgava
l'acqua; oppure erano piccoli ambienti coperti a volta e aperti su un solo lato per
l'utilizzazione: abbeveratoi, più che vere fontane.

Nel peristilio, giardino posizionato sul retro della casa romana. Ai piedi del portico vi
erano delle cavallette, attraverso le quali passava il getto d’acqua, arrivano alle
fontane.

Fontane pubbliche alimentate attraverso una rete da dei tubi in metallo e nella
fattispecie di piombo. Questi tubi erano realizzati di dimensioni standard. I tubi
possibilmente non venivano mai posti sotto il piano della strada.

ARCHIETTURA
PALEOCRISTIANA E
BIZANTINA
A partire dal IV secolo si verificarono, nei vasti territori dell’Impero romano, profonde
trasformazioni. Culture diverse si sovrapposero a quella latina, avviandola verso il
tramonto e determinando, in tal modo, le premesse per la formazione dell’Europa
medievale. In questo processo fu fondamentale la diffusione, nei territori occidentali
dell’Impero, del Cri- stianesimo, nato in Palestina. La nuova religione affermava la
redenzione dell’anima attraverso l’opera di Gesù Cristo e, in quanto monoteista, non
riconosceva l’autorità divina dell’imperatore. Per questo motivo, il suo impatto fu
così dirom- pente da determinare persecuzioni contro i Cristiani.

Quando nel 313, con l’Editto di Milano, l’imperatore Costantino concesse libertà di
culto ai Cristiani, la nuova fede aveva già conquistato un’ampia parte della
popolazione, appartenente ad ogni strato sociale.

Nel 476, con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, il re dei Goti Teodorico,
sovrano in Italia per volontà dell’impe- ratore d’Oriente, fissò la propria sede a
Ravenna. Affacciata sull’Adriatico con il porto di Classe, la città mantenne stretti
rapporti commerciali, culturali e politici con Costantinopoli, l’antica Bisanzio.

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Ravenna rappresentò, dunque, il centro da cui si irradiò in Italia la cultura bizantina,


per molto tempo arte ufficiale del Cristianesimo.

Costantino era uno spirito pratico e soldato geniale, seppe infondere espressione
concreta alle sue convinzioni, apparentemente eccentriche. Coloro che gli
succedettero ne condivisero la visione: alla fine del IV secolo, la figura
dell’imperatore era quindi investita di sacralità; sacro era pure il palazzo della
ribattezzata Costantinopoli, entro il quale il sovrano viveva al entro di un’elaborata
liturgia, governando autocraticamente.

COSTANTINOPOLI

La fondazione di Costantinopoli, chiamata anche Nuova Roma, avvenne nel 333,


per opera di Costantino, creando una nuova capitale amministrativa e religiosa sul
luogo dell’antica Bisanzio ebbe l’effetto di accelerare il processo di separazione tra
Oriente e Occidente, il primo di lingua greca, il secondo di lingua latina.

Nel 364 associò al potere il fratello Valente, affidandogli le province orientali.

Dopo la vittoria a Ponte Milvio su Massenzio (312 d.C.) Costantino fece erigere
l’arco di Costantino e terminò la basilica di Massenzio dove fu collocata la colossale
statura dell’imperatore.

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“In hoc signo vinces”, frase che vide Costantino, che lo portò, sul letto di morte, a
battezzarsi, dopo aver consentito e incentivato la libera pratica della fede cristiana,
prima disprezzata.

ROMA
Se i primi Cristiani mostrano poco interesse per l’arte, in particolare ovviamente ai
tempi delle persecuzioni, già sotto Costantino avevano preso a decorare con dipinti
parietali i loro luoghi di riunione e le catacombe.

La nuova immagine pubblica dela cristianità costantiniana imponeva una


corrispondente espressione architettonica, che cercò ispirazione non
nell’architettura dei templi, ma nelle basiliche a navate.

Fin dall’inizio del IV sec le sale di riunione cristiane consistevano di combinazioni


diverse dei seguenti elementi basilicali: la pianta rettangolare, tetto ligneo con
capriata a vista o nascoste da un soffitto piano, navata centrale e navatelle, talora
con colonnati, un’alta fascia superiore finestrata su ogni parete lunga, e sempre, a
un’estremità, una zona rialzata e talvolta absidata, la tribuna ( tribunal) che un tempo
accoglieva il seggio del magistrato e ora la cattedrale episcopale.

Con la liberalizzazione del culto cristiano, si comincia ad realizzare una serie di


edifici nel quale professare questa religione. Venne utilizzata la basilica, molto ampio
e perfetto per il grande numero di cristiani presenti.

Il primo esempio è la Basilica di S. Giovanni in Latrano (roma): Iniziata da


Costantino nel 313 d.C. costruita prevalentemente in calcestruzzo, con un
pavimento di mattoni, fu in seguito ricostruita e ampliata. Sappiamo però che in
origine conteneva sette altari d’oro e decorazioni musive scintillanti sotto la luce di
cento lampadari e sessanta candelabri d’oro o d’argento. Essa venne costruita su
dei terreni di proprietà della moglie di Costantino, sorella di Massenzio. Costituita da
5 navate, con il soffitto di quella centrale a cassettoni e le due limitrofe a piccole
cupolette, le navatelle estreme hanno il soffitto piatto e sono divise in campate
quadrate e rettangolari da lesene. Nella navata centrale in alcune nicchie ricavate
nei pilastri, si trovano le statue dei dodici apostoli. Lungo le navate laterali estreme
si apre una serie di cappelle. il tribunale diventa l’abside con la cattedra vescovile
l’altare maggiore. I colonnati delimitano le navate, definendo il percorso processuale
verso l’altare. Le pareti erano in opus caementicium con fodera in opus testacee.

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BASILICA DI MASSENZIO

Essa non aveva solo scopo religioso, ma anche amministrativo. Essa venne iniziata
dall’Imperatore Massenzio nel 306 d.C. e ultimata poi da Costantino nel 312 d.C.
questo edificio venne realizzata su una base estremamente rivoluzionaria, proprio
perché essa non doveva avere un unico scopo, ossia religioso, ma doveva
rappresentare anche un luogo pubblico e amministrativo.

Venne realizzata in calcestruzzo, con fodera di mattoni. La navata centrale è più


alta, per la presenza di grandi finestre termali ( finestre costituite da un mezzo-
cerchio spesso unite con due pilastri, che troveremo in particolare durante il
Rinascimento) sotto le volte, che danno luce a tutto l’ambiente. Le crociere
appoggiano su dei pilastri, marcati dalla presenza di colonne addossate ai pilastri
stessi, perciò senza alcuna funzione portante. Gli ingressi erano due :uno principale
e uno verso la Via Sacra. All’interno della Basilica è presente Costantino,
posizionato sul “tribunal”, ossia sull’abside, ricordandoci l’impianto di una chiesa, in
particolare della Chiesa di Sant’Andrea di Mantova.

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BASILICA DI SAN PIETRO

La più grande delle basiliche Costantiniane è quella di S. Pietro a Roma, che


sarebbe stata interamente sostituita nel XVI secolo dall’attuale edificio.

Venne iniziata nel 333 come sacrario o martyrium ( è una chiesa tipica dell’arte
bizantina, costruita sulla tomba di un martire o sul luogo in cui avveniva la sia morte
e dedicata al suo culto) sul sepolcro di san Pietro apostolo, era stata dotata di un
ampio transetto fra l’abside e la navata, che consentiva la circolazione delle migliaia
di pellegrini provenienti da tutte le parti dell’Impero per venerare la reliquia,
posizionata sulla corda dell’abside. È possibile affermare anche che essa venne
costruita sopra i resti del Circo di Nerone, imperatore che attivò la persecuzione dei
Cristiani. La Necropoli Vaticana è la più sacra delle necropoli cristiane con tombe
databili tra il V e il VI secolo a.C.

Perciò la navata maggiore e quelle secondarie fungevano da cimitero coperto e da


mensa funebre, mentre davanti alla basilica un grande atrio o cortile con al centro
una fontana di bronzo, in forma di pigna.

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La basilica era a cinque navate (87x64 metri), con la centrale rialzata e più larga, e
coperta da capriate. Le navate erano divise da quattro colonnati di ventidue colonne
ciascuno, coperti da architravi nella navata centrale e da archi in quelle laterali.
L'illuminazione interna era garantita dalle finestre che numerose si aprivano nella
parte che si elevava della navata maggiore (in rapporto 3:1), il cleristorio. La
copertura era in capriate lignee. La facciata aveva degli spioventi digradanti, ma a
differenza di San Giovanni in Laterano non vi era uno spiovente per navata, ma le
navate minori erano coperte da un'unica travatura digradante.

Un'altra peculiarità di San Pietro era l'uso del transetto[8] (trans saepta, "oltre i
cancelli"), il primo ad essere concepito come navata trasversale indipendente, alto
come la navata centrale (ma meno ampio) e dotato di una propria copertura. Sul
transetto si apriva l'abside e in fondo ai bracci si trovavano due nicchie rettangolari
che sporgevano esternamente oltre il profilo delle navate. In corrispondenza della
navata centrale si apriva sul transetto l'arcone ("arco di trionfo") tipico della
basiliche paleocristiane, sia cristiane che civili (come nella basilica Palatina di
Costantino a Treviri). Le navatelle terminavano invece con trifore colonnate, simili a
quelle che si aprivano nelle nicchie laterali del transetto.

La necropoli Vaticane è la più sacra delle necropoli cristiane con tombe stabili dal I
al IV secolo d.C., sia pagane che cristiane. Fu scavata fra il 1939 d il 1949, è posta
da 5 a 12 metri sotto il livello del pavimento.

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Sull’antico impianto Costantino, restaurati nei secolo e ancora nel XV secolo ( 1415)
sotto Papa Niccolò V e con la consulenza di Leon Battista Alberti e di Bernardo
Rossellino, verrà edificata la nuova basilica a pianta centrale progettata da Donato
Bramante, assiema a Papa Giulio II.

CHIESA DI SANTA COSTANZA

Vediamo anche la realizzazione delle prime basiliche a pianta centrale. Il mausoleo


di Costanza fu costruito tra il 340 d il 345, come proprio un mausoleo ( è una tomba
di eccezionale monumentalità, generalmente tratta per custodire il corpo di una
grande personalità), da Costantina, figli di Costantino.

L’edificio introduce elementi dell’architettura paleocristiana, pur rappresentando la


fade finale dell’architettura tardo romana. Il mausoleo ha una pianta centrale con un
vano circolare coperto da una cupola ed illuminato da dodici finestre superiormente
concluse ad arco che definiscono una fascia lumino intorno al tamburo ( elemento
architettonico, posizionato tra la volta a cupola e il perimetro d’imposta). La cupola
poggia su 12 coppie di colonne, binate in senso radiale, disposte ad anello.

La spinata della cupola è contrastata da una volta a botte anulare, riccamente


fregiata da mosaici. I mosaici ritraggono motivi a losanghe e falsi lacunari. Questi
ultimi contengono figure umane, angeliche e animali. di vite e la vendemmia sono
anch’essi motivi cristiani, allusivi al sacrificio di Cristo che compare al centro della
composizione.

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SAN CLEMENTE A ROMA (380 d.C)

Nel XII secolo la chiesa fu inglobata in una struttura talmente conservatrice che si
pensava durante gli scavi archeologici del 1857-61 fu creduta essere quella
originaria.

Essa venne iniziata intorno al 380, presenta numerosi cambiamenti. Come


l’aggiunta nell’872 del coro, circondato da basse transenne marmoree (plutei) e
contenente un ambone ( tribuna destinata alla lettura del Vangelo e dell’Epistola) su
ogni lato; il complesso di questa elaborata recinzione, entro cui i monaci o i canonici
cantavano le antifone, invade lo spazio della navata.

La chiesa paleocristiana del VI sec d.C. fu eretta a sua volta al disopra di una
Domus Romana, tra cui il tempio Mitra (divinità orientale il cui culto aveva
rivaleggiato in popolarità col Cristianesimo). La modesta navata, larga, corta e molto
bassa, era affiancata su ogni loro da otto colonne ampiamente spaziate, diverse tra
loro per dimensioni e materiale , che sostenevano gli archi

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BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA (385)

Costruita sul luogo di sepoltura dell’Apostolo


Saulo, fu fondata a Roma nel 385 per offrire
al sacello dell’apostolo Paolo
un’ambientazione splendida quanto quella di
S.Pietro. Le colonne lungo la navata
sostengono archi e non una trabeazione
ordinaria. Di grande pregio i mosaici
dell’Arco Trionfale ( si celebrava il trionfo di
cristo, perciò l’arco trionfale pagano venne
riciclato e inserito all’interno delle chiese
cristiane ) restaurati al tempio della
ricostruzione dell’edificio seguita all’incendio
del 1823, che portò poi alla ricostruzione SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
dell’intera chiesa.

L’attuale basilica ricalca pressappoco la


precedente, devastata da un incendio nel 1823.

BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE A ROMA

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La basilica paleocristiano meglio conservata. Realizzata tra il 432 e il 440, durante
forse il pontificato di Sisto II, nel pieno splendore dell’arte cristiana.

Colonne ioniche che suddividono la navata maggiore con quello minori, con l’arco
trionfale mosaicato, e il soffitto appeno (cielo appeso) alle capriate. Venne realizzata
dall’imperatore Teodosio, che rovescia il paganesimo a favore del cristianesimo.

La basilica presenta tre navate, divise da 21


colonne di spoglio per lato, sormontate da
capitelli ionici, sopra le quali correva un
architrave continuo. La navata centrale era
illuminata da 21 finestre per late ed era
sormontata da una copertura lignea con capriate
a vista.

Le navate vennero decorate con splendidi


mosaici, entro pannelli collocati sotto le finestre,
di origine racchiusi da edicolette, con un ciclo di
storie del Vecchio Testamento.

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BASILICA DI SAN LORENZO (ROMA)

La basilica di San Lorenzo è una delle 7 chiese situate all’inizio del tratto
extraurbano della via Triburtina.

La chiesa è stata fondata su di un impianto quadrato quadrilobato, impianto ripreso


all’interno da colonnati su due piani muniti di catini absidali. La struttura era
originariamente munita di una volta a crociera, simile a quella della Basilica dei
Massanzio.

L’attuale cupola è stata ricostruita dall’architetto Martino Bassi nella seconda metà
del ‘500 dopo un rovinoso crollo della crociera originaria.

RAVENNA
È a Ravenna, in Italia settentrionale, che si trovano alcuni dei migliori esempio di
architettura paleocristiana orientale. La città era stata dal 402 al 455 la capitale degli
imperatori d’occidente, e poi dei conquistatori ostrogoti. Il più importante
Teodorico- per diventare infine sede dei vicari imperiali di Bisanzio.

I monumenti di Ravenna ci conducono a trattare dello stile noto come bizantino e


che, sotto alcuni aspetti, può essere considerato il momento più alto
dell’architettura paleocristiana. Le origini di Ravenna sono strettamente connesse
alle ambizioni politico-culturali di Giustiniano, che governò l’impero Romano dal 527
al 565.

Come altri imperatori, Giustiniano promosse un’intensa attività edilizia, come


espressione di sovranità e mezzo per conferire identità visiva alla propria
concezione dell’ordine terreno. Tanto che, fu probabilmente su richiesta di
Giustiniano stesso, che il suo maggiore storico, Procopio di Cesare, dedicò un
intero libro, DE AEDIFICIIS, alle iniziative architettoniche imperiali.

Dalla descrizione fatta da Procopio delle centinaia di costruzioni giustinianee, e in


particolare della fortificazione, risulta evidente che l’imperatore pose tra i suoi
principali doveri la sostituzione delle due maggiori chiede di Costantinopoli e
l’ampliamento del Sacro Palazzo, la trasformazione di Ravenna in una degna
capitale, il restauro dei santuari di Gerusalemme e del monte Sinai.

Il successo del suo governo deriva dalla lunghezza di esso, ossia tra il 500 e il 560
d.C.

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MAUSOLEO DI GALLA PLACIDIA (ravenna)

Secondo la tradizione Galla Placidia,


figlia di Teodosio, reggente dell'Impero
romano d'Occidente per il figlio
Valentiniano III, avrebbe fatto costruire
questo mausoleo per sé, il marito
Costanzo III e il fratello Onorio. Tale
tradizione non è confermata da dati
documentari ed è riportata come
tradizione orale I mosaici in pasta vitrea
e foglia d’oro costituiscono l’espressione
di una contaminazione orientale.

La pianta del piccolo edificio presenta


una forma a croce greca irregolare,
poiché il braccio longitudinale
dell'ingresso è leggermente più lungo
degli altri.

Esternamente l'edificio ha un paramento SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.


in semplice laterizio con la cupola
nascosta da un tiburio a base quadrata,
che si sopraeleva sulla copertura a tetto
a due spioventi dei quattro bracci. Anche qui come in altri monumenti ravennati, la

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subsidenza ha abbassato la struttura originaria di 1,5 metri. Le poche decorazioni
esterne sono la pigna posta sulla sommità,[5] la cornice e le arcate cieche
apparentemente prive dello zoccolo di base, che movimentano le pareti ad
eccezione del braccio settentrionale lì dove si apre l'ingresso, e il fregio posto sopra
il portale d'ingresso, raffigurante due felini che si affrontano ai lati di un cratere a
volute, tra rami di vigna carichi di grappoli d'uva.[6]Cristo è raffigurato come un
giovane pastore imberbe che pesca il suo gregge sotto un luminoso cielo azzurro. I
pennacchi delle cupole emisferica sono decorati con i simboli alati di quattro
evangelisti. Nelle lunette che stanno nei sottarchi vi sono altre figure sempre legate
al culto cristiano, tra cui San Lorenzo.

Poiché Galla Placidia soggiornava frequentemente a Costantinopoli, si potrebbe


ritenere che l'artista incaricato dei mosaici fosse bizantino. Forse è più corretto
pensare ad una partecipazione di maestranze di diversa provenienza.

La cupola è dominata dalla Croce in


una volta di stelle di grandezza
decrescente verso l'alto, su sfondo blu,
secondo un modello che durerà
per tutto il Medioevo. La
rappresentazione del cielo
notturno continua senza
soluzione di continuità verso i
quattro pennacchi dove viene
rappresentato il tetramorfo ( è
una raffigurazione iconografia
composta da quattro elementi,
risalente a una simbologia
SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
medievale)

SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.

SAN GIOVANNI IN STDIOS

Il riferimento planimetrico di questa chiesa può essere ricercato nella Piazza d’Oro
di Villa Adriana a Tivoli.

A Costantinopoli ( 463 d.C.) nulla di sostanzialmente integro o non pesantemente


modificato sopravvive dell’architettura paleocristiana del V sec.

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SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.

Anche in questo caso sono rimaste solamente alcune rovine, che ci mostrano tre
navate colonnate con abside semicircolare all’interno. Incontriamo poi ricche
decorazione lapidea con scultura a traforo per i dettagli dell’ordine architettonico ed
opus sestile per la pavimentazione.

Capitello corinzio, con una lavorazione differente ossia A TRAPANO, con cui si
praticano tutta una serie di buchi non passanti, che costituiscono il disegno delle
foglie sulle quali poi si interviene per la realizzazione delle decorazioni.

MAUSOLEO DI TEODORICO , RAVENNA ( 520 D.C)

Grazie alla favorevole posizione, affacciato sul Mare Adriatico è stato costruito
integralmente in pietra d’istria , un buon calcare in grado di resistere egregiamente
ad agenti atmosferici. La cupola è costituita da un monolite di 470 tonnellate, e di
11 metri di diametro decorato con motivi a tenaglia. Per essere messo in opera è
stato sollevato.

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CHIESA DI SANT’APPOLINARE NUOVO,


RAVENNA

Sempre a Ravenna venne realizzata nel 490 ad


opera di Teodorico.

Si tratta di un edificio a tre navate, attualmente


privo di quadriportico e preceduto da un portico
o nartece, risalente al XVI secolo. Il nartece
viene più propriamente chiamato artica.

Esternamente si presenta con una facciata a SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
clienti, realizzata in laterizio. Nella parte
superiore si trova, esattamente al centro, una
grande e larga bifora in marmo, sormontata da
altre due piccolissime aperture, l’una a fianco dell’altra. Il nartece presenta un tetto
spiovente, che scende verso le colonne portanti. La navata centrale, larga il doppio
di quelle laterali, terminava con un’abside semicircolare all’interno e poligonale
all’esterno. La navata mediana è delimitata da dodici coppie di colonne poste una
di fronte all’altra che sorreggono archi a tutto sesto.

Come tutte le altre chiese dei periodi Romani, anche questa al suo interno presenta
delle decorazioni in mosaico. Qui però vi è la netta influenza del mondo bizantino,
che si osserva nei mosaici, con la prevalenza del colore d’oro sullo sfondo. parete
delle navate centrali sono divise in tre fasce bene distinte dalle decorazioni. La
fascia più alta è decorata da una serie di riquadri intervallati dal motivo allegorico di
un padiglione co due colombe. I riquadri presentano scene della vita di Cristo e
sono particolarmente curati nei dettagli.La fascia mediana è composta da riquadri
tra le finestre che incorniciano solide figure di Santi e Profeti dalle vesti ombreggiate
e morbidamente panneggiate. Essi, nonostante l'indefinito fondo oro, si dispongono
su un piano prospettico.La fascia inferiore, la più grande, è anche quella
maggiormente manomessa. Sulla parete di destra (guardando verso l'altare), è
raffigurato il famoso Palazzo di Teodorico, riconoscibile dalla scritta latina
PALATIUM (Palazzo) nella parte bassa del timpano. Gli edifici interni rappresentati

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sono mostrati in prospettiva ribaltata. Trasformando l’intero edificio in una vera e
propria celebrazione del suo impero.

BASILICA DI SAN DEMETRIO ( SALONICCO )

SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.

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Fondata forse alla fine del V secolo e fedelmente ricostruita dopo un incendio nel
1917. Agli archi della navata creano un ritmo complesso scandito da gruppi di tre,
quattro e ancora tre colonne intervallate da pilastri ; la tomba di San Demetrio,
posta nella cripta, non prevaricava la sorprendente configurazione architettonica
dell’insieme.

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Edifico ebbe grande influenza sull’architettura basilicale bizantina diffusasi
nell’intero bacino del Mediterraneo.

L’ARCHIETTURA AI TEMPI
DELL’IMPERATORE GIUSTINIANO

Come detto in precedenza Giustiniano


promosse un’intensa attività edilizia,
ponendo tra i suoi principali doveri la
sostituzione delle due maggiori costruzioni
presenti a Costantinopoli:

SANTI SERGIO E BACCO

Viene realizzata nel 525. Importante perché


venne realizzata pochi anni prima della
realizzazione della chiesa di Santa Sofia.

Presenta un interno spazialmente


complesso, in cui una zona centrale a SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
cupola è circondata da diaframmi di
colonne, sia allineate che a esedra,
attraverso le quali sono visibili le navatelle
esterne con matronei.

Essa, più piccola e più compatta di Santa Sofia, è a pianta quadrata, con una volta
ottagonale che forma una zucca, alta circa 21 metri.

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SANTA SOFIA

È uno dei principali monumenti di Istanbul. Dedicato alla Sophia (la sapienza di Dio).

Anche questa costruzione non è l’originale, perché essa bruciò sino alle fondamenta
durante l’insurrezione di Nike del 532. Venne poi ricostruita da Giustiniano.

Gli architetti che realizzarono questa chiesa erano due greci : Antemio di Tralles e
Isidoroda Mileto, costruttori che possedevano solide conoscenze matematiche,
geometriche ed astronomiche.

SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.

La pianta è costituita da un immenso rettangolo, in cui è inscritto un ambiente


quadrato centrale, definito dai quattro piloni di sostegno della cupola emisferica. La
cupola è molto particolare, non vi è più anello che arriva con un unico appoggio a
terra, ma vi sono 4 pilastri.

Due sono i sistemi strutturali utilizzati:

• Il principale: 4 piloni principali; 4 grandi archi principali; 4 piloni secondari; 4 archi


secondari; 4 piloni di contrafforte e 4 absidi.

• Il sistema secondario è quello costituito da: sostegni alle volte secondarie.

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L’asimmetria del sistema strutturale ha messo in crisi l’equilibrio dell’edificio:

• Due grandi archi poggiano su piloni che, mediante archi, scaricavano su


contrafforti. Gli archi dei contrafforti
sono stati eliminati nel 1854 dai
restauratori di Gaspare Fossati.

• Due grandi archi poggiano su piloni


senza contrafforti. I due grandi archi
sono rinforzati mandiate: un maggior
spessore; due grandi archi inferiori di
sostegno.

I lavori procedono con la: costruzione


delle fondamenta e dei pilastri principali;
secondari e contrafforti i pietra tagliata;
dal piano della galleria la costruzione
procede con una muratura di mattoni e
malta di calce.

Appena ultimata la costruzione dei


grandi archi, essi hanno cominciato a
spingere e a deformare la struttura
(colmo dei pilastri, archi, pennacchi,
volte) (comportamento plastico).

Per vedere una cupola posizionata su 4


archi occorre aspettare la cupola di San
Pietro. La quale viene poi realizzata con
un tagli di luce all’imposta, creato per
mancanza di materiale. E a conoscenza
dell’indebolimento della struttura, venne
realizzata una grande cerchiatura di
legno, posizionata all’imposta. (In legno, SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
perché al tempo non vi era tanto ferro da
poter realizzare una struttura di cosi
grande dimensioni.) Lo spessore è sottile
perché doveva essere leggera. Non ce loculo ma ce una colletta superiore co
diametro di 7 che costituisce una sorta di tamponamento/ chiusura.

I decori dei capitelli sono a trapano, tipica dell’arte bizantina. L’intera cupola è
rivestita in mosaico, con sfondo oro. Con la caduta di Costantinopoli tale chiesa
viene convertita in moschea, salvando tutto quello che vi era dentro di cristiano.

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CHIESA DI SS. APOSTOLI.

Altro importante edificio che esercitò maggior influenza fu quella di SS. Apostoli.,
distrutta dai Turchi nel 1469. Venne costruita dagli stessi architetti che si
occuparono della realizzazione di Santa Sofia.

Impianto a croce greca,( tipicamente bizantino,), con una cupola sopra ogni braccio
e una più alta alla loro intersezione. vi sono 5 cupole posizionate negli angoli inscritti
nel quadrato centrale, schema chiamato QUINCONCE.

Venne riedificata su ordine di Giustiniano dagli architetti Antemio di Tralle e Isidoro


da Mileto nel 564. Il nuovo edificio fu consacrato nel 550 e aveva un impianto a
croce greca con 5 cupole.

In essa troviamo le reliquie di Costantino e la tomba di Giustiniano.

Ma fu saccheggiata dai veneziani durante la Crociata del 1204, fu allora che i


sepolcri imperiali vennero profanati.

Nel 1453, con la conquista Ottomana di Maometto II, venne trasformata (come
Sanata Sofia) in moschea e successivamente riedificata, tanto che l’impianto
Giustiniano non resta alcuna traccia.

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CHIESA SANT’IRENE A COSTANTINOPOLI

Come Santa Sofia fu fondata da Giustiniano nell’anno 532, ricostruita nel 564 d nel
740, è preceduta da un quadripartito, da un nartece, al quale segue una campata
che anticipa quella centrale cupolata.

Nel 740, proprio sulla campata d’ingresso, venne costruita una seconda cupola di
impianto però ellittico e non circolare. Fu cosi enfatizzato un impianto che p sintesi
fra quello centrale e quello longitudinale.

SAN VITALE A RAVENNA ( 532-546)

Di impianto assimilabile alla chiesa dei Santi Sergio e Bacco di Costantinopoli.


Fondata nel 532 e completata nel 546-48

Iniziata sotto il dominio ostrogoto da Ecclesio, vescovo di Ravenna, e finanziata da


un banchiere locale, Giuliano Argentario, fu completata da Giustiniano dopo la
riconquista dell’Italia.

Impianto ottagonale, comprende poi al suo interno un secondo ottagono costituito


da pilastri e da colonne disposte a ferale le absidi che reggono la cupola.

Le murature sono fatte di mattoni, spesso lunghi e sottili, legati con una buona
malta di calcio.

La tradizione latina era ancora attiva, per lo meno nelle tecniche esecutive. La
cupola poi è creata attraverso dei tubi fitti ( tubi incastrati tra lo che pesano
pochissimo) e malta di calcio.

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Le colonne e i capitelli sono pienamente bizantini e di provenienza orientale. I
capitelli con pulvini sono lavorati a traforo e dipinti in policromia, come anche i
cassettoni alle imbotti degli archi. La simbologia è quella cristiana. Con le
decorazioni colorate.

Il presbiterio absidale è in asse con uno dei due ingressi muniti di nartece
rettangolare.

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La cupola è dentro un tiburio (elemento architettonico che racchiude al suo interno


una cupola proteggendola. Può assumere svariate forme, come quella cilindrica o
cubica. )

L’alzata con incrostazioni marmoree interne e i mosaici che si concentrano nei due
registri, sopra il nuovo testamento, mentre sotto il vecchio testamento.

In questo caso non c’è uno fondo oro, ma abbiamo un fondo pittoricamente reso
paesaggio, con montagne.

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Il fuoco della composizione è il Cristo pantocrator assisto su un globo azzurro, tra
due arcangeli, con il Rotolo di Sette sigilli in mano e una corona trionfale all’alloro
che porge a San Vitale. Assistono alla scena dei cortei di Giustiniano. Il quale venne
rappresentato, assiema alla sua corte, su sfondo oro.

Grande protagonista è la luce, che penetrando da diverse angolazioni determina un


gioco luminoso degli innumerevole scroci, crea un effetto di sfavillo che sembra
annullare il peso della costruzione in una dimensione quasi soprannaturale.

BATTISTERO DEGLI ORTODOSSI, RAVENNA CUPOLA

Il Battistero Neoniano, detto anche il Battistero degli Ortodossi, si trova a Ravenna e


risale al V secolo. Prende il nome dal vescovo Neone che ne fece proseguire la
costruzione dopo il suo predecessore Orso.

Col passaggio della sede vescovile da


Classe a Ravenna alla fine del IV secolo, fu
iniziata una nuova cattedrale, la Cattedrale
Ursiana (dal nome del vescovo Orso Ursus),
della quale sopravvivono pochi resti
inglobati nell'attuale duomo di Ravenna e
nell'attiguo Museo arcivescovile. Il
Battistero fu avviato nei primissimi anni del
V secolo dallo stesso vescovo Orso e
terminato verso il 450 circa. Neone, nel 458
circa, intervenne con importanti opere
strutturali, in particolare con la costruzione
della cupola (alleggerita da tubi fittili) in
sostituzione del soffitto originariamente
piano, cupola che fu decorata con ricchi
mosaici ancor oggi visibili.

Una vecchia tradizione, priva di fondamento


storico, vuole che l'edificio fosse costruito
sopra il calidarium delle antiche terme SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
romane.

SANT’APPOLINARE IN CLASSE, RAVENNA

La basilica di Sant'Apollinare in Classe è una basilica situata a Classe, a circa 5


chilometri dal centro di Ravenna.Fu costruita e finanziata nella prima metà del VI
secolo dal banchiere[senza fonte] Giuliano Argentario per il volere dell'arcivescovo
Ursicino; fu consacrata il 9 maggio 549 dal primo arcivescovo Massimiano ed è

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stata dedicata a sant'Apollinare, il primo vescovo di Ravenna[3], e vi furono portate
le sue spoglie.

SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.

La facciata è preceduta da un nartece sotto cui ci sono marmi ed iscrizioni, che


originariamente era un quadriportico, ed è alleggerita dall’apertura di una trifora. Gli
stipiti e l’architrave del portale sono in marmo greco.

A sinistra della chiesa ce il campanile del IX secolo che si alza con la sua forma
cilindrica, mentre le finestre, dal basso verso l’alto, prima sono monofore, poi bifore
e infine trifore.

La basilica è a tre navate con copertura in capriate scoperte, con corpo mediano
rialzato e abside poligonale affiancata da due cappelle absidate.

Le navate sono separate da due file di dodici colonne con fusti di marmo striato del
Proconneso, capitelli a foglie "mosse dal vento" e pulvini con una croce scolpita sul
lato della navata; le colonne sono collegate da arcate.

Al centro della basilica, sul luogo del martirio del santo, è collocato un altare antico.

ARCHIETTUTA TARDA BIZANTINA MISTRA’. Peloponneso.

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Una caratteristica delle


chiese bizantine dell’XI
secolo fu la pianta a
“quinconce”, o a croce
inscritta in un quadrato,
consistente in un edificio
rettangolare o quadrato
diviso in nove campate, di
cui quella centrale è
quadrata e coperta da una
cupola, le quattro che le
affiancano sono rettangolari
con volta a botte, e le
quattro minori, una per
SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA. ciascun angolo, anch’esse
quadrate e solitamente
coperte da cupole.

Gli edifici che sopravvivo di questo periodo sono soprattutto le chiese, di cui
significativi esempi si trovano nel Peloponneso, a Mistà.

I parametri caratteristici del bizantino sono dettati cloisennes, costruiti ds blocchi di


pietra incocciati da mattoni.

BASILICA DI SAN MARCO

Realizzata nell’830 ma riedificata nel 1063.

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La pianta della chiesa aveva originariamente un impianto a croce greca inscritta con
5 cupole, tale pianta venne in seguito sostituita con la pianta cruciforme, con una
cupola ali entro della navata e una per ciascuno dei quattro bracci. Il sistema
portante è costituito da piloni in muratura, le pareti sono dei tamponi.

La nartece a C sono piccole cupole che avvolge il braccio di ingresso, che è


leggermente più ampio e, come gli altri 2 di transetti, fiancheggiato colonnati con
archi che reggono tribune inquadrate dai grandi archi trionfali che sostengono le
singole cupole maggiori.

Le cupole all’esterno di san marco sembrano delle mongolfiere, hanno un profilo


rialzato a tal punto da avere un rigonfiamento. Troviamo poi delle false cupole,
costruite in legno, e rivestite con lastre di piombo.
La calotta interna è in muratura.

A partire dal XII secolo la semplice muratura


bizantina venne coperta da una ricca decorazione
di lastre di marmo, colonne, capitelli, sculture e
mosaici, presi talvolta da edifici precedenti, come
i Tetrarchi e i Cavalli posti in facciata, i quali
provengono dal saccheggio di Costantinopoli
preparato dai Crocuiati nel 1204.

L’esterno, suddiviso in tre differenti registri-piano


inferiore, terrazza e cupole- prevale la larghezze,
poiché in un città come Venezia, che poggia su SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
un terreno sabbioso, si tendeva a realizzare gli
edifici in larghezza, dal peso più equilibrato.

BIZANTINI, ARABI,NORMANNI:
IL CASO SICILIANO
La Sicilia costituisce un caso emblematico di commissione fra culture, sopratutto
dal punto di vista architettonico, nella quale vediamo un assimilazione di influenze

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orientali e occidentali. L’isola, che dal 535 faceva parte dell’Impero
Bizantino,Nell’827 cadde sotto la dominazione degli Arabi.

Fra il 1061 e il 1091 viene conquista dai Normanni, rinnovando i legami culturali con
la corte di Bisanzio, pur conservando alcuni elementi islamici, quali gli archi
cuspidati o a sesto acuto, le nervature e i soffitti alveolari o a stalattiti. Importanti le
fabbriche fondate dal re normanno Ruggero II, come la Cappella Palatina di
Palermo costituita fra il 1132 e il 1143.

Altri significativi movimenti, come le Cattedrali di Cefalù (fondata nel 1131) Palermo
(fondata nel 1172 ), Monreale ( fondata nel 1174) sono espressione di questo
multiculturalismo, fatto di influenze orientali ed occidentali, cristiane e musulmane.
Su queste costruzioni possenti abbiamo il tocco decorativo arabo e bizantino,
quindi fatto da maestranze orientali.

Possenti architetture quasi fortificare, arricchite da eleganti archi acuti, preziosi


mosaici ed ornamenti architettonici, la cui esecuzione è generalmente affidata a
maestrale bizantine.

CAPPELLA PALATINA DI PALERMO (1182-1283)

Essa è una piccola cappella, costruita dal re normanno Ruggero II, nel 11232-43. Si
tratta di una combinazione tra
basilica latina e navata bizantina
cipollata. Le colonne e i capitelli
bizantini sostengono archi a
sesto acuto di ispirazione
islamica che la suddividono in 3
navate.

Il soffitto a nido d’ape dipinto


rivela ancor più l’influsso del
SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.
mondo arabo.

Nel quinto decennio del XII sec


numerosi artisti greci furono
chiamati da Costantino per ornare il tamburo e cupola con mosaici raffigurati il
Cristo Pantocrator (è una raffigurazione di Gesù timida dell’arte bizantina e più in
generale paleocristiana, egli è ritratto in atteggiamento maestoso e severo, seduto
su un trono, all’atto di benedire con le tre dita della mano destra).

CHIESA DELLA MARTORANA, PALERMO. (1143)

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Come dimostrato da un diploma greco-arabo del 1143, da un'iscrizione greca


all'esterno della facciata meridionale e dalla stessa raffigurazione musiva di
dedicazione, la chiesa fu fondata nel 1143 per volere di Giorgio d'Antiochia[6],
grande ammiraglio siriaco di fede ortodossa al servizio del re normanno Ruggero II
dal 1108 al 1151.

La chiesa possiede il tipico impianto bizantino a croce greca inscritta in un


quadrato, con cupola centrale retta da quattro colonne e i quattro bracci coperti da
volta a botte e da un atrio porticato.

Nel corso degli anni venne modificata, prolungando le navate. E l’accesso non è più
sull’asse longitudinale, ma viene spostata al lato della chiesa.

Questa chiesa è l’esempio perfetto che mostra il passaggio dalla pianta quadrata
alla cupola tonda, quindi con una pianta ottagonale anche all’interno dell’edificio.
Dove possiamo osservare la decorazione moscata, dove viene raffigurato il Cristo,
su sfondo dorato.

CATTEDRALE DI CEFALU’ (1132)

Con la presenza di possenti torri (carattere tipicamente normano), mure merlate,


loggiati ciechi con archi intrecciati che descrivono apparenti logge non utilizzate,

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SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.


SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.

con un intreccio a tutto sesto che descrive l’arco acuto, archi cerchi a pieno centro
e infine un lungo presbiterio absidato con coro.

L’interno a 3 navate è ritmato da archi acuti su colonne corinzie. Le murature sono


in pietra, in pietra quadrata con fasce ornamentali in bicromia. La decorazione
interna è tipica bizantina, in gran parte opera di artigiani fatti appositamente venire
da Costantinopoli.

PARETE ESTERNA, LOGGIA/PRATONE E PARETE INTERNA: QUESTA ERA LA TIPICA MURATURA


UTILIZZATA IN QUEGLI ANNI. PER AVERE UNA MURATURA PIÙ STABILE E FORTE.

Il fulcro decorativo è costituito dal grande mosaico col Cristo Pantrocatore su fondo
oro ( opere di maestranza di origine bizantina).

CATTEDRALE MONREALE (1174)

La cattedrale di Santa Maria Nuova è il principale luogo di culto cattolico di


Monreale, nella città metropolitana di Palermo, sede arcivescovile dell'arcidiocesi
omonima.

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Costruita a partire dal 1174 per volere di
Guglielmo II d'Altavilla, re di Sicilia dal
1166 al 1189, è famosa per i ricchi mosaici
bizantini che ne decorano l’interno.

Secondo la leggenda, Guglielmo II il


Buono[2][5], succeduto al padre sul trono di
Sicilia, si sarebbe addormentato sotto un
carrubo, colto da stanchezza, mentre era a
caccia nei boschi di Monreale. In sogno gli
apparve la Madonna, a cui era molto
devoto, che gli rivelò il segreto di una
“truvatura” con queste parole: “Nel luogo
dove stai dormendo è nascosto il più
grande tesoro del mondo: dissotterralo e
SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA. costruisci un tempio in mio onore”. Dette
queste parole, la Vergine scomparve e
Guglielmo, fiducioso della rivelazione in
sogno, ordinò che si sradicasse il carrubo e gli si scavasse intorno. Con grande
stupore venne scoperto un tesoro in monete d'oro che furono subito destinate alla
costruzione del Duomo di Monreale, cui furono chiamati per la realizzazione maestri
mosaicisti greco-bizantini

La cattedrale di Santa Maria Nuova si trova nel centro storico di Monreale, adagiato
sulle pendici del monte Caputo.

L'edificio segue il modello delle grandi basiliche benedettine di provenienza


cluniacense. La facciata, prospiciente una piazza quadrangolare, è stretta fra le due
torri campanarie, delle quali quella di sinistra rimasta incompiuta al primo ordine.
L'ingresso è preceduto dal portico settecentesco, in stile barocco, che si apre
sull'esterno con tre archi a tutto sesto poggianti su colonne tuscaniche;

Nella parte superiore della facciata, terminante con un basso timpano triangolare, si
apre una monofora ogivale ( finestra con una parte affusolata e a simmetria
assiale )incorniciata da una decorazione ad archetti ciechi intrecciati fra di loro.

SAINT- FRONT , PERIGUEX (1125-1130)

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Costituisce un caso assai singolare di
influenza bizantina nel cuore della Francia.
Costruzione priva di decorazione, non
arrivano a completare l’edificio. Resta
quindi una struttura nulla, con la presenza
però di blocchi di pietra. Questa tecnica in
Francia sopravvive anche per una maggiore
disponibilità di pietra, e anche perché la
tradizione del laterizio cotto è stata meno
diffusa. La pietra viene tagliata in piccoli
blocchi, quindi facilmente maneggiabili,
legati con malta di calce.

L’ASCESA DEL
SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.

MONACHESIMO
Nel periodo intercorrente tra la morte di Teodorico nel 526 e l’incoronazione di Carlo
Magno nell’800, l’Europa occidentale non si isterilì dal punto di ista architettonico.
Una delle più autorevoli forse fu il monachesimo, approdato in Europa nel IV e V sec
nella forma ascetica praticata dagli eremiti cristiani nelle loro grotte o capanne nei
deserti della Siria e dell’Egitto. Questi eremiti in poco tempo cambiarono il luogo in
cui si riunirono, iniziando a recarsi in cenobi, i nuclei dei primi monasteri; da essi si
sviluppò il sistema monastico. Uomini e donne potevano dedicare la propria vita
all’adorazione di Dio.

Il monachesimo romano obbediva alla Regola istituita da san Benedetto nel


monastero da lui fondato a Montecassino verso il 530. Alla figura del monaco
eremita si affiancò la figura del monaco studioso, l’amanuense. Il quale si occupava
in primis della realizzazione dei libri, che venivano riscritti interamente a mano, sotto
forma di copie, e tenute poi custodite all’interno delle prime grandi biblioteche.

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ARCHITETTURA CAROLINGIA,
ARABA, OTTONIANA,
ROMANICA
Nel 476 a.C, con la deposizione dell’ultimo imperatore, il giovane Romolo Augusto,
determinata da Odoacre, generale germanico, proclamatosi Rex Italia, cadde
l’impero Romano d’Occidente.

La penisola italiana diviene territorio perfetto per l’espansione e poi lo sviluppo della
civiltà barbarie, i quali invasero l’intera Europa Romana. Il fenomeno si conclude
sostanzialmente con la formazione dei Regni latino-germanici e la fine definitiva del
cosiddetto Mondo Classico (o evo antico) e l’entrata dell’Europa nel Medioevo.

1 Longobardi: il dominio fu articolato in numerosi ducati, che godevano di marcata


autonomia rispetto al potere centrale dei sovrani insediati a Pavia. Il Regno
longobardo, che tra il VII e l'inizio dell'VIII secolo era arrivato a rappresentare una
potenza di rilievo europeo, cessò di essere un organismo autonomo nel 774, a
seguito della sconfitta subita a opera dei Franchi guidati da Carlo Magno. Franchi
( tedeschi), i quali possiedono un impero vasto, dalla Germania fino alla Gallia
Francese.

3 Angli, che sono gli isolani della Britannia, e Sassoni, che provengono dalla
Sassonia, Germania, crearono la popolazione degli anglosassoni. Non sono note
date precise, ma si sa che l'invasione iniziò al principio del V secolo, dopo che le
truppe romane lasciarono la Britannia nel 410, con l'iniziale sbarco dei Sassoni in
prossimità del vallo di Antonino, e proseguì per i decenni successivi. popolazioni
arrivano in Italia per colpa di Carlo Magno che li cacciò dalla penisola. Si
stanziarono nell’isola della Gran Bretagna.

4 i Visigoti, penetrano nell’Impero d’Oriente giungendo all’isola iberica. All’inizio del


V secolo i Visigoti furono sospinti dalla pressione dei Franchi fuori dalla Gallia verso
la Penisola Iberica, dove diedero vita ad una società con una forte eredità politico-
amministrativa romana con capitale Toledo

Nel 711 gli Arabi, che vengono da sud-est, nell’ottavo secolo invadono la Spagna
(dopo aver sottomesso la Sicilia e l’Italia Settentrionale) . Ad un certo punto gli arabi
tentano di scavalcare i Pirenei, ma vennero fermati da Carlo Martello ( di origini
Franche) nella battaglia di Poities nel 732.

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Nel 732, a Poitiers, il condottiero franco Carlo Martello sconfisse l’esercito arabo
che aveva attraversato i Pirenei nel tentativo di annettere anche la Gallia all’Impero
islamico d’Occidente, che comprendeva già la Sicilia, parte dell’Italia meridionale e
quasi tutte la Spagna. Il figlio di Carlo Martello, Pipino, si autonominò re dei Franchi
nel 751, dando così inizio alla dinastia carolingia. Nel giorno di Natale dell’800, nella
basilica di San Pietro, Carlo,, con il nome di Carlo Magno, figlio di Pipino, si
proclamò imperatore del Sacro Romano Impero.

Carlo Magno fu in primo luogo un condottiero militare, ma parlava correttamente il


latino, anche se la lingua nativa era il tedesco, e lo impose come lingua ufficiale
dell’Impero. Egli intraprese anche un grande rinnovamento dal punto di vista
architettonico delle principali città dell’impero. Oggi però ben poco è sopravvissuto.

AQUISGRANA

La prima cittadina che andò a modificare fu Aquisgrana, uno dei grandi centri del
potere del re. Qui fa costruire un palazzo imperiale simili a quello che Costantino
fece costruire per se stesso. Il palazzo viene quindi chiamato Laterano, inserito
all’interno del complesso della Cappella Palatina.

La cappella palatina è di costruzione ottagonale di circa 31 m d’altezza e 16 m di


diametro, sostenuta da forti pilastri. L'ingresso era anticamente preceduto da un
quadriportico, come nelle basiliche paleocristiane. Qui sul lato minore si trova un
Westwerk (il corpo d’ingresso orientale a occidente) serrato fra due torri scalari (torri
contenenti le scale per i piani superiori, antesignane dei campanili), conteneva una
tribuna da dove l’imperatore in trono poteva rivolgersi alla folla. La cappella, come
dice il suo nome stesso, era parte integrante del complesso del palazzo imperiale;
distrutte in gran parte le strutture di quest'ultimo, si adattò la cappella a chiesa
cattedrale, aggiungendovi in epoca gotica un lungo coro dal tetto a forte
spiovente.All'interno, si accede dal Westwerk ad un deambulatorio anulare, di 16 lati
con basse volte a crociera. Circondato da questa struttura, il vano cupolato
presenta forma ottagonale ed è sorretto da pilastri a forma di croce.L’intera basilica
è realizzata con pietre di recupero, ricavate da edifici Romani; come anche le
colonne di marmo e i parapetti che vengono portate da Ravenna. Questo perché i
barbari non erano ancora a conoscenza delle tecniche edilizie. Molto importante è
la decorazione creata con il marmo, presente all’interno dell’edificio.

Nel complesso vi è inoltre il grande palazzo delle Udienze, ispirato all’aula palatina
(basilica di Costantino) del palazzo di Treviri (IV sec), essa è una vasta sala del trono
absidata, o sala Regalis, che equilibrava la cappella all’estremità opposta lungo
asse. È presente una statua equestre di Teodorico che richiamava quella di Marco
Aurelio (creduta di Costantino) esposta nel Medioevo appunto al Laterano;

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analogamente, nel vestibolo della capella di Aquisgrana sorgeva una statua in
bronzo raffigurante una lupa capitata da quella capitolina, allora in Laterano.

Altro edificio palatino, di carattere bizantino, scomparso, venne costruito a


Germigny-des-Pres presso Benoit-sur-loire, nella Francia settentrionale. Venne
costruito per volontà dell’imperatore e del vescovo della città, Teodulfo (vicino
consigliere del re). Il complesso era composto dall’oratorio, pervenutoci, anche se
restaurato nel 1867-76, collegato ad una villa o un palazzo di cui ben poco è
rimasto. Il piccolo oratorio presente la tipica pianta bizantina a quinconce, con
quattro colonne vani d’angolo. All’interno di essa vediamo anche archi a ferro di
cavallo e alle absidi è forse riconoscibile un’influenza dell’architettura cristiana

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ispanico-visigota. Munito di 4 piccole cupole poggiate su trombe coniche nei vani
angolari e di un tiburio finestrato retto da 4 pilastro. L’interno presenta una
decorazione tipica dell’epoca, nella falsa galleria (galleria cieca) nella zona absidale
principale, con un colonnato in pietra uniti da archi a tutto sesto, e decorazione
geometriche. Nel catino absidale una decorazione interamente in oro, che
rappresenta due arcangeli affiancati alla mano di dio che scende dal cielo per
indicare l’arca dell’alleanza (contenitore che contiene le tavole della legge, che
riceve Mose), raffigurazione che annulla la Vergine Maria.

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L’Abbazia di Centula, in Francia. Venne completamente ricostruito in età gotica.
Ma rappresenta uno dei più grandi esempi di abbazia cristiana carolingia, facendo
emergere l’importanza degli elementi che caratterizzano dal punto di vista
architettonico questa popolazione. Questo edificio era caratterizzato dalla presenza
di alte torri all’intersezione fra navate principale e i due transetti, con un
quadripartito che la precedeva; due navate laterali, abside, alte torri all’intersezione
tra la navata e il transetto e sopra l’elaborato Westwerk, nartece. Con il coro
caratterizzato da un’abside notevolmente aggettante, affiancato da due torri scalari
cilindriche e una navata molto articolata con cappelle e gallerie. Gli altari erano
disposti non in maniera organica, ma ci sono più altari: uno in mezzo alla navata,
uno nel presbiterio (capella maggiore riservata ai sacerdoti).

WESTWERK:Il Westwerk si presenta come un grande corpo a più piani protetto ai


fianchi da due alte torri (mascherate da campanili). Il complesso veniva aggiunto sul
lato ovest di basiliche e cattedrali (spesso superandole in altezza) e fungeva
esternamente da ingresso laterale e facciata.Generalmente era costruito a tre livelli:
cripta sotterranea, vestibolo (o nartece) d'ingresso alla chiesa, e al livello superiore,
non collegato con quelli inferiori, un ambiente a cui si accedeva solo dalle strette
scalinate inserite nelle torri laterali. Questo ambiente era costituito da un
appartamento, spesso da una cappella dedicata a san Michele (Michaelskapelle), e
da un ampio balcone che si apriva per mezzo di arcate sull'interno vero e proprio
della chiesa, e che permetteva di assistere alle funzioni senza scendere nella
navata.

Altra architettura carolingia giunta in minima parte è la Tor(porta)halle(sala) a


Lorsch. Attribuita all’abate Richbod, della scuola palatina di Aquisgrana. Esso è una
piccola parte di un complesso più vasto. È una sorta di propileo, di arco di trionfo,
nato per essere isolato dal resto nel monastero ( andato distrutto). Esibisce un

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lessico antico: grandi arcate semicircolari, quasi trionfali; con semicolonne
composite; fascia sopra alla chiave degli assi con una pseudo opera articolata;
sopra alla trabeazione ( che ne divine una cornice) vi sono delle lesene,
assomiglianti a quelle del pantheon, con sopra degli archi a due conci o delle
cuspidi. Comunque si il tetto tradisce la tipica costruzione nordica.

Abbazia di San Gallo (Svizzera). 820.


Enorme chiesa, con tre grandi navate.
All’interno delle prime abbozzi
possiamo osservare il lavoro dei
monaci nel riscrivere i libri, ed è
proprio da qui che nascono le prime
biblioteche, rappresentavano il luogo
nel quale i monaci lavoravano. Di
questa abbazia non resta molto. Ma
un elemento molto importante e ben
conservato è il westwerk. È uno dei
pochi esempi che consente di capire
come era una chiesa carolingia.

GRAN BRETAGNA

Nonostante l’iniziale rozzezza degli Angoli e i Sassoni pagani, che provenienti da


una regione corrispondente all’attuale Germania nordoccidentale, invasero le Isole
Britanniche nel V e VI secolo. Sviluppando quella che viene chiamata popolazione

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anglosassone. Mentre la sua architettura
profana rimase prevalentemente in legno,
i missionari romani introdussero un
nuovo sistema costruttivo in pietra e
mattoni. Che venne adottata nelle chiese
come quella piccola di St Jhon a
Escomb, che conteneva frammenti
murari romani riutilizzati: ha una navata
lunga e stretta e un piccolo coro,
entrambi a pianta rigidamente
rettangolare.

Più notevole è la chiesa parrocchiale di


Brixworth, una fondazione monastica
della fine del VII sec. È a impianto
basilicale, a quattro campate con
navatelle; la navata, conclusa con
un’abside poligonale nella zona
presbiteriale, presenta una fascia
superiore a finestre ( il clerestorey ). Gli archi del clerestorey e quelli che in origine
separavano la navata principale delle navatelle, costituiti da una dubbia ghiera di
mattoni rossi.

Poco è rimasto delle basiliche e delle cappelle galliche di quegli anni, mentre i lavori
in metallo, le sculture in pietra e i dipinti della scuola angloirlandese realizzati nel VII
e VIII sec ci sono pervenuti in quantità sufficiente.

SPAGNA

Negli stessi anni abbiamo anche un grande sviluppo in Spagna. Dove lo sviluppo
architettonico fu reso più complesso dalla conquista, all’inizio dell’VIII sec, di gran
parte del paese, a opera degli Arabi. Nell’estremità nordoccidentale della Spagna,
che non era caduta preda dell’invasione moresca, il regno delle Asturie sviluppò, tra
l’VIII e il X sec, uno stile elaborato e raffinato.

A Noranco, presso Olviedo, accanto al Palazzo Reale e alle terme, re Ramiro I fece
erigere nel 840 una sala palatina, poi consacrata nell’848 come chiesa di S. Maria
di Naranco. Il corpo dell’edificio, eretto a sua volta su di una cripta, è costituito
dalla sala rettangolare alla quale ci si accedeva mediante un ingresso laterale,
attraverso una scala di pietra che conduce ad un vestibolo al centro di uno dei lati
lunghi dell’edificio. La sala o navata è i n comunicazione con archi, con logge aperte

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non vetrate. Gli archi formati le logge sono rette da sontuose colonne con capitello
corinzio, mentre le colonne binate che scandiscono le pareti interne sono
rozzamente scolpite con motivi spiraliformi e sormontata da dei cartelli cubici non
meno rozzi. La volta a botte, in calcestruzzo, chiaramente ispirato al mondo
romano, snervata con dei conci in opera quadrata.

Grande Moschea, Cordoba. (786-988). Città romana, diventata la principale città


Araba in Spagna. L’edificio più importante è la Grande Moschea, collegata al
Palazzo del Califfo mediante un ponte che attraversa la strada, un po come il
Palazzo di Aquisgrana. La Grande Moschea è preceduta da un grande cortile
porticato (spazio pubblico), che precede una costruzione di 11 navate, ciascuna
della quali composta da 12 campate circa. Quando Cordoba cade sotto il dominio
cristiano la mosche viene consacrata in chiesa. Accanto alla grande moschea
scorre il fiume Guadalqquivir, superato da un massiccio ponte. Il suo elemento più
significativo è costituito dalle tre cupolette, formate ciascuna da otto archi che si
intersecano, creando una stella a otto punte; gli angoli dei locali sottostanti sono
tagliati diagonalmente da elementi detti trombe (la tromba è un elemento di
raccordo tra la base di una cupola, quindi un cerchio, un poligono o una ellisse, e la
struttura dell’apertura nell’edificio coperta dalla cupola stessa, un quadrato, un
rettangolo o un poligono) .L’interno della moschea presenta moltissime colonne
(856), con capitelli differenti l’uno dall’altro. Per evitare l’effetto di schiacciamento, le
colonne reggono una sequenza di archi sopra i quali ve ne sono degli altri, che
reggono la copertura. In maniera tale da sopraelevare l’edificio. Sulle colonne vi
sono solo dei pesi del plinto. Le coperture sono piane e decorate, eccezione fatta
per alcuni locali. Nel Mirhab ( cella cupolata, nella quale veniva conservato il

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Corano) formata da 8 archi intrecciati che formano un ottagono o una stella ad otto
punte.

GERMANIA

Le conquiste carolinge si disintegrarono nell’anarchia nel IX sec, con l’invasione dei


Vichinghi, Arabi e Magiari.

L’idea imperiale fu tuttavia fatta rivivere da Ottone I il Grande (936-739), che nel 962
fu incoronato imperatore a Roma. Il primo impero ottomano, che sopravvisse fino al
1056, fu meno esteso di quello carolingio infatti il territorio non comprendeva la
Francia ed era limitato alla sola Germania e alcune regioni dell’Italia Settentrionale.
La Francia e la Germania presero strade diverse, sviluppando culture differenti. I
principi vescovi dell’Impero ottoniamo eressero castelli oltre che a chiese.

Molto chiese ottoniane sono state distrutte o ricostruite, ma quella del convento di
S. Ciriano a Gernrode, iniziata nel 959, è un esempio ben conservato di chiesa.

Chiesa dell’abbazia benedettina di S. Pantaleone a Colonia, ricostruita verso il


966-80 da Ottone I e da Ottone II. Il Westwerk turrito e la navata centrale, entrambi
pervenutici, sono originali, mentre le navatelle sono un’aggiunta successiva.
Elementi caratteristici della chiesa sono le lesene, gli architetti pensili e le arcate
cieche.

San Michele a Hildesheim. (1001-33). La chiesa presenta a ciascuna delle testate


un’abside semicircolare e anche un transetto, ciascuno con una torre centrale
affiancata da torri scalari cilindriche. L’Abside occidentale sorge infatti sopra una
cripta o cappella sotterranea, mentre l’insolito ingresso alla chiesa vera e propria è
costituito da porte situate nella navicella meridionale, che diventa pertanto una
sorta di endonartece. Le intersezioni fra la navata e i transetti dono sottolineate su
tutti i quattro lati dagli archi del coro, simili ad archi trionfali, e la navata p divisa in

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una successone di campate quadrate ottenute dall’alterazione degli elementi

portanti, consistenti in un pilastro seguito da due colonne.

Cattedrale, Spira ( 1030-1106) questa


diventa la cattedrale sepolcrale della
famiglia reale. Realizzata con un’ampia
navata centrale, dotata di una copertura in
legno, e due navate laterali, che
costituiscono il transetto, con la facciata
d’ingresso verso oriente. La longitudinalità
è molto marcata, perché la lunghezza è
molto maggiore rispetta alla larghezza. Il
cuore della grande cattedrale era costituito
dalla cripta, marcata da grandi pilastri e
murature. Fu iniziata da Corrado II nel
1030. Questa cattedrale conosce una
trasformazione importante nel corso dell’XI
secolo, quando vengono sostituite le coperture lignee con grandi volte a crociera.
Questo tipo di operazione è importante perché esse sono le prime grandi volte a
crociere costruite con quelle dimensioni. Vengono rinforzati i pilastri fasciati, che
sono dei rinforzi che confluiscono nella parete nelle volte stesse.

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Cattedrale Treviri (XI-XII sec),
cattedrale Romana, fondata ai tempi
di Costantino, fu ristrutturata nell’XI
secolo con una facciata dotata al
centro di un’abside che, con le
quattro torri, costituisce a vigorosa
ripresa di un motivo carolingio.

Abbazia di santa Maria Laach. Realizzata tra il 1093 e


il 1156, dotata nella testata occidentale, contrapposta
al coro, di un’abside a cui a cui si accede attraverso in
atrio; la vigorosa composizione all’esterno è coronata
da ben sei torri e arricchito di elementi decorativi
lombardi. Molto importante sono i vari elementi
decorativi, gli archetti pensili che pelimetrano le parti
alte della chiesa, fregiando tutta l’abbazia, le logge e le
tribune. Con questa si inizia a vedere il colore nelle
sculture.

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LA FRANCIA NEL X SECOLO E ALL’INIZIO DELL’XI

Dopo il crollo del Sacro Romano impero carolingio, la Francia si frantumò


politicamente e culturalmente dando vita, sul piano architettonico, a scuole ragionali
che produssero edifici di culto soprattutto lungo le vie di pellegrinaggio verso Roma
e la Penisola Iberica.

Il potere dominate era costituito dalla Chiesa e, in particolare, dai due ordini
monastici dei Benedettini e dei Cistercensi. pur essendo meno feconda
architettonicamente delle Germania, la Francia diede importanti contributi allo
sviluppo dell’architettura delle chiese romaniche, soprattutto nell’organizzazione
spaziale e distributiva della zona del presbiterio e del coro, in relazione alla
crescente diffusione dei pellegrinaggi. In particolare i grandi complessi abbaziali di
Cluny e Citeaux, rispettivamente benedettina e riformata cistercense, esercitarono
un’importante influenza religiosa.

Un primo importante esempio è offerto dalla chiesa di St-Martin a Tours, dove la


tomba del santo era situata in prossimità dell’abside, oltre il coro dei canonici; per
consentire ai pellegrini di visitarla senza disturbare, fu introdotto intorno all’abside
un deambulatorio, da cui si irradiavano cappelle secondarie, in forma di absidiole
arrotondate dall’estremità con gli altari per le messe dei canonici. Questa soluzione
è nota con il termine francese chevet (capocroce) Ebbe larga diffusione
nell’architettura romanica e gotica francese. La necessità della costruzione di tanti
altari deriva dal fatto di fare tanti soldi. Il pellegrino, nel momento in cui intraprende
il viaggio, per non ammalarsi pregava al santo. Questo bisogna porta quindi alla
realizzazione di più altari. Questo porta alla costruzione di più chiese e quindi più
sacerdoti. Portando le chiese a diventare dei luoghi in qui il denaro circola.

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Abbazia di Cluny II (X sec). fondata nel 910 da Guglielmo, duca di Aquitania.
Rompendo con la tradizione benedettina, secondo la quale ogni monastero era
autonomo, l’abate di Cluny giunse ad esercitare un controllo diretto su almeno 1450
sedi cistercensi. Le successive chiese di Cluny sono conosciute oggi come Cluny I,
Cluny II e Cluny III. Cluny I venne consacrata nel 927, fu sostituita con Cluny II verso
il 955-81, che non fu coperta con una volta a botte fino al 1010 circa; fu a sua volta
sostituita verso il 1088-1130, da Cluny III. La chiesa è molto grande, con le volte a
botte in pietra. La zona absidale di Cluny III era del tipo a échelon, o a gradoni: sui
lati orientali dei transetti si aprivano absidiole racchiudenti gli altari; inoltre le
navatelle proseguivano verso l’abside, oltre i transetti, terminando con absidiole
giustapposte dall’abside principale. La sistemazione esterna, con i due campanili in
facciata e una torre di maggiore altezza all’intersezione fra la navata e il transetto.

Uno dei primi esempi pervenutici di deambulatorio radiale è quello della chiesa di
saint Philibert Tournus, in Borgogna: la costruzione iniziò verso il 1008 e proseguì
fino alla fine dell’XI sec. La facciata dispone di un nartece a due piani e il coro
absidato, con cappelle radiali a livello dia della cripta che del piano terreno, un
westwerk munito di tribuna superiore, di un’aula a 3 navate, con presbiterio munito
di deambulatorio e di tre cappelle radiali. Al di sotto è la cripta, che riprende lo
stesso impianto della sovrastante posizione presbiteriale. La muratura è in pietre
rozzamente squadrate e legate con malta di calce. Spoglie colonne sorreggono le
volte a crociera in pietra e una piccola cupola emisferica domina la prima campata
del presbiterio. La navata centrale è coperta da una singolare sequenza di volte a
botte trasversali impostate su archi a sesto pieno.

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Saint Bénigne, Dijon (1001-18). Fu realizzata nel 1001-18
da san Guglielmo da Volpiano, un colpo abate che aveva
molto viaggiato. edificio cluniacense, parzialmente distrutto,
con atrio porticato, 5 navate, grande torre più torri minori,

cripta e rotonda cupolata con torri scalari cilindriche. La


rotonda richiama l’Anastasis (rotonda della resurrezione)
costruita nel IV sec, dietro al santuario costantiniano del S.
Sepolcro di Gerusalemme. Poggia su di una cripta costruita
da un doppio giro di colonne che reggono volte a crociera e
a botte.

L’ARCHITETTURA NORMANNA IN FRANCIA (1000-70)

I Normanni riuscirono i poco tempo a imporre uno Stato organizzato e potente sulle
due sponde della Manica, in Francia a partire dal 911.

Nel 1002 Riccardo II, induca di Normandia, incaricò S. Guglielmo da Volpiano di


riformare le abbazie normanne, secondo il modello cluniacese. Una delle
conseguenze architettoniche di questa missione fu l’abbazia di Bernay (1017-1055)
Tra le innovazioni di maggior successo si trovano le semicolonne addossate ai
pilastri della navata e il tentativo di realizzare un alzato a tre ordini, con il triforio e
clerestorey. Bernay presentava versoio coro quella che si potrebbe definire una
pianta a échelon.

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Notre- Dame, Jumèges la chiesa fu consacrata nel 1067 da Guglielmo il


Conquistatore, durante il ritorno trionfale della conquista dell’Inghilterra. Costituisce
un ottimo esempio di romanico normanno, anche se in rovina e priva della copertura
lignea del tetto sulla navata maggiore. Nella facciata sono presenti due torri,
tipiche delle grandi chiese tedesche di periodo ottoniamo e
del XI sec., concludendole però alla sommità con elementi a
pianta ottagonale. L’altra navata è caratterizzata dal sistema
a doppia campata, in cui i pilastri cilindrici sono alteranti da
altri polistili, articolati da semicolonne. Nel transetto
troviamo il primo grande esempio del tipico sistema murario
normanno, caratterizzato dal notevole spessore o dalla
doppia parete: il muro è cosi massiccio da assumere la
complessità di un vero e proprio edificio, con un piano
terreni ad arcate che reggono una profonda galleria interna
o matroneo, mentre talvolta, davanti al clerestorey, corre un
ulteriore passaggio praticabile.

Guglielmo il Conquistatore: Guglielmo I di Inghilterra - conosciuto storicamente


anche come Guglielmo il Conquistatore - nasce nel 1028 a Falaise da Roberto I di
Normandia e dalla sua concubina. Eredita nel 1035, all'età di otto anni, il ducato del
padre. Nel 1048 riesce a domare una rivolta in
Normandia con l'aiuto del re di Francia Enrico I. Il
suo è uno dei feudi più grandi di Francia e l'amicizia
del re gli facilita l'ampliamento del suo potere. In
seguito, infatti, Enrico I avrà riconoscenza nei
confronti di Guglielmo perché quest'ultimo lo aiuterà
a sconfiggere Goffredo Martello, potente feudatario
e conte d’Angiò. Grandi capacità di comando e di
strategia politica, unite a determinazione e coraggio,
in poco tempo lo rendono capace di controllare un
vasto territorio. Negli anni di regno come feudatario
debella alcune rivolte e aumenta il suo territorio. Nel 1066 muore Edoardo il
confessore, re d'Inghilterra e, fra le varie parentele, cugino del padre di Guglielmo.
Con l'aiuto del papa, dell'imperatore e del suocero Baldovino avanza la pretesa al
trono. Una coalizione di feudatari lo contrasta ma nella battaglia di Hastings, che si
svolge il 14 ottobre del 1066, vince ogni resistenza. Guglielmo il Conquistatore viene
dunque incoronato re d'Inghilterra il 25 dicembre del 1066.

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Abbaye-aux-Dames, Caen ( dal 1062) L’edificio ben rappresenta il sistema murario
normanno, strutturato come una doppia parete, molto spessa e dotata talvolta di
galleria praticabile non solo al matroneo, ma anche al clerestory.

Abbaye-aux-Hommes : L'abbazia è un
grande complesso architettonico costruito
tra il XI e il XVIII secolo. Lo stile
dell'abbazia, il romanico che si stava
diffondendo all'epoca in Europa, risente
delle inflessioni provenienti dalla Renania.
Le torri della facciata, infatti, hanno
un'impostazione affine al Westwerk
ottoniano. L’originaria copertura a capriate
lignee è stata sostituita fra il 1105-15 da volte a crociera in pietra. Uno tra i primi
esempio europei di grandi volte a crociera.

Abbazia di Mont_Saint Michel (XI- XII sec) . La chiesa romanica, unico avanzo
dell’abbazia, costruito dal sec XI alla fine del XII, e di puto stile normanno.

ARCHITETTURA NORMANNA IN INGHILTERRA

A partire dal XI secolo avvenne l’invasione da parte dell’esercito dei normanni,


bretoni e francesi, guidati da Guglielmo I, duca di Normandia, conosciuto in seguito
come Guglielmo il Conquistatore.

Le pretese al trono di Guglielmo I avevano origine nei suoi rapporti con Edoardo il
Confessore che, prima di morire, lo aveva nominato suo successero al trono.
Edoardo mori nel 1066 e venne succeduto da suo cognato Aroldo. Questo fece
infuriare Guglielmo, tanto che alcuni giorni dopo l’incoronazione sbarcò nel sud
dell’Inghilterra, scontrandosi con l’esercito di Aroldo. La battaglia di Hastings fu
decisiva, le forze di Guglielmo sconfissero Aroldo che morì nello scontro.

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Dal punto di vista architettonico in Inghilterra fu importata l’architettura di due tipi
edilizi diversi: il castello e la chiesa
abbaziale benedettina.

Uno dei primi esempi si ritrovano nel


transetto con navatelle dell’abbazia di
Winchester (1079-90) dove possiamo
trovare l’influenza normanna. Questo
perché normalmente le costruzione
partivano dall’altare, cosi da poter subito
iniziare con le messe. Vi sono delle
tribune, al secondo piano, che divengono
con il tempo dei ponteggi. Essi venivano
costruiti grandi alla struttura stessa
posizionata al di sotto, senza la
realizzazione di alcuna struttura lignea.

Altro interrate esempio di architettura normanna è costituito dalla facciata della


Cattedrale di Lincoln ( 1072-92). È il prototipo completo di architettura gotica
inglese[senza fonte]; presenta tutti i caratteri distintivi: policromia dei marmi, elevata
decorazione delle volte e attenzione al senso orizzontale della composizione.
Presenta due transetti di diverse dimensioni e un coro rettilineo tipicamente inglese;
suddiviso in due: il coro di Sant'Ugo e il coro degli Angeli. Il coro di Sant'Ugo
presenta copertura con le classiche volte a crociera che vengono sdoppiate per
creare un effetto di maggiore decorazione. In alzato presenta due ordini di arcate
sovrapposte, un ordine di archi trilobati distanziati dalla parete e archi ad ogiva
nascosti affiancati alla parete. Il coro degli Angeli è decorato con la presenza di
rosoni

White Tower, London ( 1077-97) I normanni furono i primi in Europa a costruire


castelli di tale complessità e il fortilizio londinese costituisce uno dei primi esempi e
di quelli meglio conservati. Si tratta di un possente mastio-palazzao rettangolare
minuto di piccole torri (anche poligonali) fatto costruire da Guglielmo il

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Conquistatore presso il Tamigi. Coi suoi muri in pietra di Caen da 3,60 m., di
spessore alla base e i suoi 4 piani, in un’epoca di case di legno, terra e paglia,
costituiva l’edificio più straordinario dai tempi di Roma. Il fianco orientale, con
l’angolo absidale, è dominato dalla cappella a 3 navate, con volta a botte poggiata
su possenti archi, pilastri e colonne.

Cattedrale Durham (1093) L’edificio ha dimensioni imponenti con un corpo


longitudinale di notevole lunghezza. Edificio a 3 navate con facciata munita di 2
possenti torri, campate delle navate minori e della maggiore coperte da volte a
crociera, transetto, con alta torre lanterna all’incrocio, lungo coro con presbiterio,
deambulatorio e secondo transetto con 9 altari. Questa costruzione conserva nella
navata gli elementi tipici normanni: pilastri polisti. Fu la prima volta che venne
progettata una chiesa con navate unitarie e volte in pietrisco intonacato. Gli archi
trasversali delle volte sono, per la prima volta che in questo caso però per ragioni
statiche, archi acuti.

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Cattedrale Ely (fine XI - metà XIII sec) Fu il primo


edificio cristiano ad essere edificato nel 673 che
monastero sia femminile che maschile. Venne però
distrutto dai danesi nell’870, ricostruito nel 970
divenne una comunità benedettina. La prima
edificazione della chiesa nella forma attuale, iniziò
nel 1083. La chiesa venne consacrata nel 1109. Dal
punto di vista architettonico la cattedrale ha due
particolarità: la prima è l’ottagono e la seconda è la
cappella della Madonna. L’ottagono, costruito al
posto della torre normanna crollata nel 1322: le circa
200 tonnellate di legno, piombo e vetro, sostenute
da otto pilastri, danno l'impressione di essere
sospese nello spazio e da allora sono state
l'orgoglio di Ely.

SCUOLE ROMANICHE REGIONALI IN FRANCIA

In Francia, accanto allo stile normanno si sviluppò per suo conto una serie di scuole
romaniche regionali, le più importanti delle quali, oltre che nella Normandia a nord
anche nella parte centromeridionale del Paese. Regioni caratterizzate
dall’architettura delle quattro vie di pellegrinaggio, che partivano da città site in zone
diverse della Francia e che convergevano, sul versante spagnolo dei Pirenei.
soprattutto lungo le vie di pellegrinaggio, che portavano ai Pirenei e quindi a
Santiago de Compostela. In queste chiese troviamo volte a botte in pietra, rette da
un solo ordine di gallerie. Essendo progettate per ospitare non solo cori di monaci o
di canonici, ma anche folte processioni di pellegrini che assistevano a imponenti

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cerimonie, le più vaste erano solitamente dotate di 5 navate, un reliquiario sopra o
sotto l’altare maggiore, un’abside e grandi transetti, tutti provvisti, sul modello di
Tours, di un deambulatorio e di cappelle radiali, destinate a raccogliere reliquie o
alla celebrazione di messe private.

Uno degli esempi più importanti è quello di Sainte-Foy a Conques in Linguadoca


(1050-1130). È costruita su un borgo montano, non di grande dimensione.
Importante dal punto di vista planimetrico, croce latina, tre navate che percorrono
anche le braccia del transetto. La grande caratteristica della chiesa è la verticalità,
dove troviamo una serie di archi a tutto sesto e il matroneo. Il tutto dominando da
una volta a botte che si impunta su delle costole. Il nucleo di questa è costituito
dall’altare e da delle reliquie. Le chiese di pellegrinaggio hanno un elemento in più:
portali istoriati figurati. Con la realizzazione di rilievi e sculture poste in posizioni
strategiche (ingresso) che raccontavano scene della bibbia. All’interno di queste
decorazioni, posizionate al di sopra della porta d’ingresso, vi era anche la frase “
ricordati che devi morire”. Costruzione in pietra tagliata, volte a coricare sulle
navate laterali, volta a botte rinforzata con archi traversi sulla navata maggiore.
Dentro non ci sono decorazioni.

Saint- Sernin a Tolosa ( dal 1080) la più grande chiesa


francese con 5 navate, ma con pianta a croce latina.
Costruita in mattoni, il suo deambulatorio poliabsidato è
sorprendentemente articolato all’estero. Mentre la chiesa è
dominata dall’immensa torre ottagonale, in gran parte gotica,
che sormonta l’intersezione tra le navate e il transetto. La
facciata è incompiuta, delle torri sono stati costruiti solo i
possenti basamenti, il portale d’ingresso è a 2 arcate con
colonna centrale. Costruzione degli interno in pietra
accuratamente tagliata.

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Capolinea del pellegrinaggio: Santiago de Compostela. (1111-16) l’interno della


cattedrale è da esempio per recupero della scultura ornamentale monumentale in
pietra.

Abbazia di Cluny III (1088-1130) la nuova abbazia era destinata a competere con
quella di Spira, direttamente sottoposta all’autorità imperiale. Cluny III progettata dal
monaco, musicista e matematico Gunzo, realizzata da Hézelon, anch’egli
matematico. Questo spiega la ricorrenza di misure modulari nel progetto
dell’edificio. Era lungo 183 m e alt 30,5 m. al colmo della volta a botte della navata
maggiore, queste misure erano correlate ad un preciso e completo procedimento
matematico. Questo sistema di proporzioni non fu adottato per ragioni estetiche ma
per comodità pratica. I frammenti superstiti del grande portale di Cluny III attestano
la sua monumentalità e la policromia. Divenne un centro di potere papale in
contrapposizione con quello imperiale. Il timpano, del 1113 circa, del grande portale
della facciata era scolpito con un’impressionante raffigurazione allegoria a Cristo in
maestà, in trono in una posizione tipica bizantina; pur essendo andata distrutta, dei
frammenti rimasti risulta evidente che era dipinta, come lo era la maggior parte della

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scultura dell’antichità. Il portale di Cluny diede avvio alla grande serie di portali
romanici delle chiese abbaziali di Moissac e Conques, in Linguadoca; dell’abbazia
di Vézlay….

PORTALI

L’intensità espressiva di queste raffigurazioni, in origine colorate, dell’Apocalisse,


del Giudizio universale e di Cristo in maestà è accentuata dal senso di potente
compressione indotto dalle forme degli elementi
architettonici che le circondano.

Il più originale dei portali è quello dell’Abbazia della


Maddalena , Vézlay: che rappresenta il mandato di
evangelizzazione conferito agli Apostoli: il dinamismo delle
linee crea l’impressione che siano all’opera forze
soprannaturali, con risultati che non hanno riscontro nella
scultura occidentale.

CHIESE ROMANICHE FRANCESI DEI GRANDI PORTALI SCOLPITI

Il timpano di Autun, cattedrale. L’interno , nella


scansione della navata mostra ornamenti architettonici
di ascendenza classica ( Lesene lisce e scanalate,
capitelli presudocorinzi e preudodorici) anche se il
fulcro scultoreo è costituito dal Timpano, opera firmata
dallo scultore Gisleberto, dove vediamo la
raffigurazione del Giudizio Universale.

Cattedrale, Angouleme (1130) si tratta del primo esempio in cui la decorazione


scultorea viene estesa dal portale all’intera facciata della chiesa. La facciata
esprime, nella sua scansione e proporzione una classicità che l’ha resa
paragonabile alla scena frons di un teatro romano. L’edificio riveste importanza
anche per disporre di una soluzione presbiteriale con grande cupola.

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Chiesa di Notre Dame, Poitiers: la facciata è
ricoperta da una ricca decorazione scultorea. Le
torri concluse a cono sono ricoperte da tegole in
pietra disposte secondo un motivo a squame.

IL ROMANICO IN ITALIA

Italia settentrionale: nell’Italia settentrionale, in Lombardia, in Piemonte, in Liguria,


in Emilia e in parte nel Veneto, con Milano e Pavia centri principali, si sviluppò alla
fine dell’IX secolo e all’inizio del XII secolo, uno stile massiccio, in cui un largo
impero del laterizio si univa a influenze germanico-imperiali e romanico-francesi.

SANT’AMBROGIO A MILANO

Esiste una chiesa romanica in


Italia, la chiesa di
Sant’Ambrogio a Milano, nella
quale venivano incoronati gli
imperatori tedeschi. La
ricostruzione della basilica di S.
Ambrogio, fondata nel IV
secolo, fu iniziata verso il 1080
nello stile imperiale , ma
probabilmente la copertura a volte fu realizzata dopo il 1117, successivamente al
terremoto. Fortemente influenzata dal romanico tedesco sassone e renano, tanto
che venne costruita interamente in laterizio, con la presenza di innesti in pietra.
( materiale che in questo periodo costava molto). La chiesa è affiancata a due torri
campanarie a pianta quadrata, una delle quali risale al X secolo: come le volte a
castoni, anche queste torri sarebbero divenute caratteristiche del Romanico
lombardo.L’impianto è tipico di questo periodo, con la realizzazione del
quadriportico, per il battesimo dei catecumeni. La basilica sorse per volere del
vescovo Ambrogio accanto una necropoli nella quale erano sepolti i protomartiri
Gervasio, Protasio, Vittore, Nabore.. ecc.Il cancello di San Vittore in Ciel d’Oro fu
eretto nel IV sec per accogliere il corpo di San Vittore. La facciata è rivolta al
quadriportico

All’interno un mosaico con Cristo in trono […]

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PARMA: CATTEDRALE BATTISTERO CAMPANILE (1284-94).

L’architetto che opera a


Parma è lo scultore
Benedetto Antelami, al
quale si deve anche il
completamento degli
interni. La cattedrale è
dotata di un enorme cripta
e di transetti con absidi
ampie quasi quanto quella
del coro. il Protiro con
leoni sfilofari (funzione di
cacciare il peccatore
all’ingresso della chiesa,
non a caso hanno
solitamente tra gli artigli
delle figure umane) è di
Giambono di Bissone
(1281); la lastra tombale è
del matematico Biagio Pelancani (1416).

L’interno della cattedrale vi sono delle decorazione tipiche romaniche, create dal
pittore parmigiano Gambara e Girolamo Bedoli Mazzola nella volta. La cupola fu
decorata da Antonio Allegri.

Battistero: particolarmente potevo è il torreggiante battistero ottagonale. Il progetto


e la decorazione scultorea spettano a Benedetto Antelmi, come attestato da una

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iscrizione sul portale. Importante all’interno il Ciclo dei Mesi, capolavoro di Antelmi.
L’unica curva a sesto rialzato è quella nel fregio. Nel 1216 l’edificio arrivata al
secondo registro ed era protetto da una copertura lignea provvisoria, i lavori
ripresero nel 1249. La struttura è capitile sono dall’interno perché coperta da una
struttura che porta alla deformazione della pianta. Realizzata per verticalizzare la
risultate, in modo tale da non far aprire il battistero. Non fu una costruzione
semplice perché è estremamente onerosa dal punto di vista dei materiali. Il calcare
di Verona di cui è costituito cessò di arrivate per costruii politici con Ezzelino da
Romano.

Altro Battistero a Cremona, nasce sull’esempio dei battisteri creati con il calcare di
Verona. Interamente costruito in laterizio, con un rivestimento in calcare veronese.
Anche qui ci si ferma, mostrando il nucleo di muratura e il rivestimento. Le logge si
riducono. Organismo cupolaro a spicchi.

Modena: la cattedrale. Costituisce un esempio romanico italiano, iniziata verso la


fine dell’anno mille. La chiesa p stata eretta dall’architetto Lanfranco (che troviamo
in una lapide). Esso è. Il luogo di sepoltura di San
Germiniano, patrono di Modena, le cui reliquie
sono conservate nella cripta. L’architetto portò
con se maestri campionessa, ossia muratori
provenienti dal Lago di Como, i cosiddetti
maestri comacini. A Lanfranco si affiancò nome
presto lo scultore Wiligelmo, il cui nome è
riportato in una lapide della facciata della
chiesa. Il cantiere porta simultaneamente ai due
capi opposti: Wiligelmo partì dalla facciata e
Lanfranco dalle absidi. L’incontro dei due
cantieri è probabilmente segnata ai due
fianchi da irregolarità nella scansione delle
archeggiate. Le decorazioni scultoree
aumenta, sopratutto nelle porte: con i rilievi
della porta della Pescheria con il Ciclo dei
Mesi. Gran parte della pietra di rivestimento
è ricavata da ruderi romani di edifici e di una
necropoli ritrovate a Modena, non lontano
dalla Cattedrale. Molte pietre riportano resti
di iscrizione originarie latine. Il protiro della
Porta dei Principi è uno dei primi esempio (secondo alchili primo ) con leoni stilobati
che potrebbero essere addirittura antichi. L’interno la pianta: a tre navate, a tre
absidi, con la cripta. Importante per via del pontile che costituisce un affaccio verso
il navatorio. vi sono delle decorazione poste sul pontile, dove si è conservato il

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colore. Anche qui vi sono tracce del terremoto del 1117, che abbatte numerosi
dicidi in tutto il nord Italia non danneggiò però la cattedrale di Modena, che
all’epoca era coperta da capriate lignee ed era priva di volte (costruite fra 1437 e
1455). Essa venne presa ad esempio per la costruzione di altre chiese come la
cattedrale di Ferrara, Parma e Piacenza. Ai maestri campionessa, subentrati nel
cantiere nel 1167, oltre alla Porta Regia, si possono fra le altre cose attribuire: il
rosone di facciata , il pontile, la guglia della Girlandina.

Basilica di san Zeno ; Verona. Sorge su una chiesa antica danneggiata dal
terremoto del 1117. Viene poi ingrandita, granzie all’opera di Giovanni e Nicolò da
Ferrara. Il rosone, che fu opera di Brioloto, è decorato da sei state che raffigurano le
alterne vicende umane : la prima figura rappresenta l’uomo saldamente sul trono,
che poi precipita, continuamente schiacciato dalla sentirà e infine è in ripresa e
risalita. La porta; le scuolure mostrano episodi del Vecchio e Nuovo testamento e
della vota di Teodorico. Sono attribuite ai maestri Guglielmo e Niucholaus da
Ferrara. Il protiro: con la figura di San Zeno che calpesta il grafo del paganesimo e
consegna le insegne di Verona agli equites e ai pedites del Comune, è opera di
Nicholaus da Ferrara. Sulle trabeazioni risvoltate sono i 12 mesi dell’anno. La
grande porta a due battenti ciascuno dei quali esibisce con 24 formelle in bronzo
raffiguranti scene del vecchio e nuovo testamento e delle avi di san zeno. Le
formelle sono opera di almeno due autori diversi, uno dei quali dovrebbe essere
maestro Nicholaus. Una serie, forse più antica, possiede caratteri simili alla formelle
bronzee del San Michele ad Hildesheim. Le formelle di dimensione maggiore sono
perimetro da un fregio di listelli a traforo che negli incroci è “legata” da una ventina
di mascherine raffiguranti volti umani od animali ad otto figure di re ed è incompleto
in alcuni punti. La basilica fu finita nel 1397, con rifacimenti del soffitto a crarena
rovesciata e dell’abside in stile gotico.

Piacenza : tra il 1122 d 1160 vennero costruite l’area …..

Firenze:

battistero di S. Giovanni: la sua origine risale al V secolo, ma


la forma attuale gli venne data nell’XI e XII secolo, mentre
parte delle arcate esterne, i mosaici e la pavimentazione
interna sono del XIII secolo. Il motivo del rivestimento interno
ed esterno dell’edificio in marmo policromo costituisce una
reazione tipicamente fiorentina alla ricchezza decorativa
dell’architettura dal carattere massiccio, della pesantezza e
dal vigore plastico del Romanico settentrionale. Il pavimento
in tarsio marmorea al 1209.

La chiesa di S. Miniato a Monte: la costruzione attuale della

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chiesa iniziò nel 1013. Numerose sono le citazioni anche nell’impianto, nella
costruzione e ornamentazione, nella scansione geometrica della superfici interne ed
esterne. Sopra vi è un
tempio, con 4 appoggi e una
trabeazione. È una basilica
molto semplice con 3 navate
e un’abside in fondo. Ha un
podio e una sorta di cripta al
di sotto. La chiesa è stata
edificata al di sopra di una
precedente luogo di culto
eretto ove si diceva fossero
conservate le spoglie del
martire paleocristiano San
Michele. L’interno della chiesa
esibisce una scansione a 3 navate con presbiterio e con coro rialzati su una
piattaforma per la grande cripta. Davanti al pontile con pulpito è un elegante ciborio
( cappella del crocifisso) con volta a botte
cassettonata eseguito nel 1447-48 da Michelozzo
di Bartolomeo. il catino absidale è decorato da un
grande mosaico del Redentore tra la Madonna e
San Miniato. Il pavimento itarsiato risale al 1207.

Lucca :

S. Michele in Foro: iniziata nel 1143,


l’insieme dei due ordini superiorri
della facciata sono semplicemente
una cortina di leggete ornamentali,
ricoperte da una decorazione
marmorea presa da motivi di tessuti
orientali.

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S. Martino: altrettanto singolare è la facciata, del 1204, della cattedrale di S.
Martino, che divenne meta di pellegrinaggi, essendovi conservato in un tempietto il
Sacro Volto, crocifisso ligneo vestito di una tunica che, secondo la tradizione,
astenne stato scolpito da san Nicodemo.

Pisa : il complesso è un a grande piazza, posizionata sul terreno più giovane della
città, una volta area paludale. All’interno del piazzale abbiamo la cattedrale, il
battistero della cattedrale e il camposanto (il cimitero recintato. ) il camposanto è
un commesso monumentale. La Cattedrale fu la prima ad essere iniziata nel 1067,
poi il battistero nel 1153. La torre Camponaria nel 1174 e infine il campo santo risale
al 1276. L’intero complesso venne realizzato dopo la vittoria della flotta pisana sui
Saraceni presso Palermo.

Cattedrale: edificata su progetto di magistra Buscheto con la decima parte del


bottino conquistato dai pisani consto gli Arabi a Palermo (1063). Fu ampliata nella
prima metà del XII sec da magistra Rainaldo al quale spetta il progetto della
facciata. Il tetto fu rifatto subito dopo l’incendio del 1595. Chiesa a 5 navate, con
colonne molto costose e faticose da posizionare. Ce una cupola all’incrocio tra la
navata maggiore e il transetto. Essa è costruita su trombe coniche e di singolare
impianto ellittico per ridurre le spinte sugli archi liberi trasversali alla navata, non
rinfiancati. I grandi archi trionfali su cui si impara la cupola sono ogivali per meglio
sopportane il peso. La navata è scandita dalla sequenza di arcate a pieno centro di
ridotto diametro, impostato su solide colonne corinzie all’antica e in granito. Al di
sopra è la galleria del matroneo e il claristoro bastato tutto a fasce in micronia. Le
colonne corinzie provenivano dallo spoglio delle Moschea di Palermo (1063). Il
mosaico nel catino du eseguito fra il 1302-20 su disegno di Cimabue; il pavimento è
in paste cosmatesco. vi sono poi degli elementi decorativi come il Trigone arabo; il
pergameno o pulpito, opera dello scultore Giovanni Pisano eseguita tra il 1301, non
fu danneggiato dall’incendio del 1595, ma fu allora comunque smontata, venne
assemblata nel 1926. Sempre nella cattedrale abbiamo una porta bronzea (l’unica
porta che si salva dall’incendio). Frutto del lavoro di Pisano, molto simile alla porta
di San Zeno. La facciata ha un profilo di logge che ricorda il romanico lucchese.

Battistero: sta sull’asse della cattedrale. Fu costruito da magistra Diotisalvi, come


risulta da iscrizione incisa in un pilastro dell’edificio. Fu poi proseguita da Nicola e
Giovanni Pisano che realizzarono la calotta esterna in appoggio sul tronco di cono
che protegge la calotta emisferica. Nel corso dell’800 l’edifico fu restaurato
dall’architetto Alessandro Gherardesca con la ricostruzione di alcuni portali e di
tram parte dell’apparato decorativo. Quello originario dei Pisano andò in grand
parte perduto. Il modello tipologico è quello dell’Anastasis al S. Sepolcro di
Gerusalemme e della Moschea della Roccia eretta sulle rovine del Tempio di

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Salomone. Rivestimento: ….. nella figurazione dell’ERCOLE Nicola Pisano esibisce
la sua adesione…

Torre: non si conosce l’architetto, da alcuni indicato in Diotisalvi, il progettista del


Battistero. Vasari l’ha attribuita a Bonanno Pisano e l’attribuzione ha goduto a lungo
di credito dopi il ritrovamento della lapide funeraria di Bonanno, poi murata alla
base della torre. Dopo la formazione e la costruzione dei primi 3 piani, la
costruzione fu sospesa sino al 1275, quando i lavori ripresero con Giovanni di
Sirmion e Giovanni pisano e con l’aggiunta di altri 3 piani. Solo verso la metà del
300 viene aggiunta la cella campanari, anche essa eccentrica per non aggravare la
pendenza della torre. Il cedimento iniziò già durante la costruzione è dovuto alla
relativa giovinezze dei terreno.

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GOTICO
PRIMO GOTICO
Il periodo del gotico rappresenta una vera e propria rivoluzione. Il termine “gotico”
venne utilizzato inizialmente in modo dispregiativo, infatti significa “barbarico”. Lo
stile gotico nacque nella regione di Parigi -l’Ile-de-France- nel quarto decennio del
XII secolo. L’architettura gotica però non ha niente di barbaro, essa viene chiamata
così perché non contiene nessun elemento tipico del rinascimento. Infatti, lo stile
gotico introduce elementi come:

• la volta a costoni: detta anche a nervature, è un elemento architettonico tipico


dell’architettura romanica e gotica, costituisce la struttura di una volta o di una
cupola, di cui suddivide la superficie, coinvolgendo le spinte ai pilastri di
sostegno. I costoni spesso proseguono idealmente nei pilastri a fascio della
campata.

• Arco acuto: arco creato come intersezione di due


archi di cerchio, utilizzandolo come elemento
strutturale. Esso ha una serie di vantaggi, in
particolare statici: l’arco acuto a parità di peso
spinge la metà rispetto all’arco a tutto sesto. Per
quanto riguarda la dinamica di rottura dell’arco per
allontanamento dei piedritti, se viene sovraccarico, si
rompe in 4 punti (e non 5) in corrispondenza della
tangenza all’arco della curva degli sforzi interni. Per
risolvere questo problema venne lasciato pendere
una fune da due capi, ottenendo così una curva;
ribaltandola idealmente secondo l’asse di simmetria
costruito dalla linea passante per la luce, si ottiene il

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profilo della curva delle pressioni (catenaria) che corrisponde all’andamento delle
pressioni in un arco acuto. Dinamica di rottura per quanto riguarda
l’avvicinamento dei piedritti: l’arco se sottoposto a spinte dell’imposta, 3 sono i
punti di rottura in corrispondenza della tangenza all’arco della curva degli sforzi
interni. Uno dei problemi legati all’utilizzo dell’arco a tutto sesto sono le misure di
lunghezza e altezza, mentre il vantaggio dell’arco acuto è la possibilità, a parità di
diametro, di deformarlo a piacimento, potendo anche allineare le chiavi di arcate
di luce differente. In più essendo ottenuto dall’incrocio di due mezze circonferenze
i conci che costituiscono questo arco non sono altro che i conci che costituiscono
i due semicerchi, potendo così realizzare molti più archi. Gli archi realizzati con la
tecnica a piccoli blocchi, con l’utilizzo di pezzi standard; consente anche
un’economia delle centine per la sua maggior snellezza; rendeva meno percettibili
gli errori di tracciamento. In termini estetici: eliminazione della massiccia struttura
muraria e della frontali delle chiese romaniche in favore di una struttura più
leggera e diafana, che valorizza maggiormente le linee e le vedute diagonali.
L’arco acuto di utilizza per : costruire archi di grandi dimensioni (i più difficili da
realizzare per le grandi spinte); allineare le chiavi di arcate di luce differente (come
all’inizio del gotico, nella chiesa di Noyon): l’arco a sesto acuto permette di
ottenere archi della stessa luce con differenti altezze o, viceversa, archi della
stessa altezza con luci differenti.

• La suddivisione degli spazi interni in una successione di celle nervate, così che gli
edifici godici, grandi o piccoli, religiosi o civili, risultano articolari in modo analogo
a uno scheletro;

• Accentuato verticalismo, i. Cui le orizzontali risultano annullate, mentre tutte le


linee. Svettano verso il cielo, sfidando apparentemente la legge di gravità.

Il Gotico si sviluppò cronologicamente dal primo stile francese del XII secolo in una
versione più elaborata, nota come Gotico rayonnant (radiante); a essa seguì in
Francia una versione più ricca, detto Gotico flamboyant (fiammeggiante), diffusasi in
molte parti d’Europa, ma non in Inghilterra, dove la progressione del semplice stile
archiacuto del XII secolo al più elaborato Decorsted Style (stile ornato) si conclude
nel Perpedicular Style (stile perpendicolare).

Questa nuova architettura si sviluppò mentre l’Europa stessa entrava, dopo il 1110,
in una nuova fase do stabilità e prosperità.

Questo stile ha una data e un luogo di nascita: l’Abbazia di Saint-Denis, in un


piccolo borgo di Parigi. (1140-44). Tale abbazia è molto legata alla famiglia imperiale
francese, essa infatti è la cappella privata del re di Francia, che divenne poi anche
chiesa di sepoltura. Tale abbazia venne realizzata dal genio dell’abate Suger. Egli
interviene su due capi di un edificio pre-esistente molto rovinato: fece ricostruire un

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nartece con due torri (di cui una rimasta incompleta) e il rosone centrale
(diventando, probabilmente, la prima facciata di questo tipo). Ispirandosi forse alla
chiesa normanne di Caen. L’interno costituisce una grossa novità: la porzione dello
chevet, facendo penetrare più luce all’interno. Perché puntare sulla luce? Non solo
per un aspetto simbolico, ma anche per l’utilizzo di una serie di nuove tecniche: la
parete si smaterializza, i sostegni sono costituiti da pilastri e colonne, utilizzando
come copertura l’arco acuto, con la particolarità di una campata trapezia, non più
quadrata.

La costruzione di Suger appare subito come qualcosa di nuovo e innovativo, che fa


subito tendenza. Si scatena a partire dal 1140-44 una sorta di gara per la
costruzione di chiese con questo nuovo modulo strutturale. Tutto questo è possibile
però grazie ad una congiuttura storica favorevole: che deriva dalla ripresa
economica, soprattutto grazie ai commerci nel Mediterraneo con l’avvento delle
crociate; le città si modernizzano, investendo sull’agricoltura e sull’allevamento;
aumenta la demografia; aumenta la quantità di denaro che circola.

STAGIONI DELLE CATTEDRALI: si assiste perciò alla realizzazione di una serie di


chiese posizionate in tutto il territorio, non solo il Francia, ma anche in altri paesi
europei. Questo fenomeno è alimentato anche dal fatto che non tutti hanno la
possibilità di intraprendere il viaggio di pellegrinaggio in terra santa. Perciò il papa
decide di dare un finanziamento per la realizzazione di tali cattedrali.

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GEOMETRIA DELLA VOLTA A CROCIERA

Con l’utilizzo dell’arco acuto è possibile realizzare la volta


a crociera: la sua superficie è costituita da un’ossatura di
quattro archi perimetrali e due archi diagonali. Questi
ultimi due passano per il centro della volta e sono più
grandi di quelli perimetrali. Il centro è chiuso da una pietra
a forma di cuneo o di tronco di piramide, detta chiave di
volta: dopo la messa della chiave di volta, la struttura si
autosorregge, scaricando il proprio peso sui sostegni
(colonne, pilastri o altro). Gli spazi tra gli archi diagonali e
quelli perimetrali sono detti spicchi o vele e, talvolta, sono
separati da nervature che evidenziano le superfici
architettoniche, dette costoloni. Se gli archi che
compongono la volta sono a tutto sesto, la proiezione
della volta avrà di solito forma quadrata; nel caso di volte fatte a partire da archi a
sesto acuto, è frequente ottenere in proiezione basi rettangolari. Questo spazio è
detto campata, delimitato dai quattro (o sei o più) piedritti sui quali si sostiene la
volta.

La crociera fu la volta più impiegata nelle costruzioni gotiche. Ogni campata era
configurata da: 1) ares doubleaux (trasversali alla navata); 2) ares formerets
(longitudinali, compresi nei muri laterali).

SEMPLIFICAZIONE DELLA VOLTA A CROCIERA GOTICA SULLA GEOMETRIA DEL


CERCHIO E NON DELL’ELLISSE.

La costruzione di una volta a crociera du semplificata realizzando: 1) campate


quadrate e rettangolari; 2) archi diagonali (ogivali) secondo un profilo semicircolare;
3) modificando la forma ellittica dagli archi formerents e doubleaux secondo il senso
acuto, uniformando la quota della chiave di volta (all’incrocio degli archi ogivali con
quella degli archi laterali e trasversali).

VOLTE A CROCIERA GOTICA CON CHIAVI A QUOTE DIVERSE

Con l’adozione di archi ogivali (un arco il cui profilo è costruito da due archi di
cerchio intersecanti in modo da formare un vertice alla sommità) semicircolari e
archi acuti a definizione della campata fu ribaltato il problema che aveva angustiato
i costruttori romanici: essi, partendo da curve regolari, ebbero difficoltà a definire il
tracciato delle loro intersezioni, il cui andamento era ellittico e irregolare. Non
sempre la quota della chiave degli archi formerets e doubleaux era però parificata a
quella degli archi ogivali. Le curve delle volte (nell’uno e nell’altro caso) erano
ottenute rispondendo i blocchi fra egli predisposte linee di intersezione con

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andamento calante dei corsi fra le sezioni degli archi ogivali semicircolari e le
corrispettive degli archi acuti.

Con questo espediente i costruttori sono pronti a sfidare la forza di gravità: una
volta crociera gotica veniva costruita utilizzando delle centine molto leggere,
partendo a costruire i profili degli archi, retti dalle centine. Per poi disporre con un
altro tipo di centine delle vele. La deformazione dell’ellisse dell’arco determinava
l’irregolarità che andava sulle vele. L’importante era vedere la perfezione geometrica
dell’arco, per questo vi sono ancora in alcuni archi dei costoloni.

ESEMPI:

Cattedrale dell’Ile de France: la cattedrale di Noyon (iniziata


verso il 1150) e il primo triforio; siamo all’origine del gotico,
conserva ancora i bracci del transetto
con estremità arrotondate e l’alzato a
tre piani delle imponenti chiese
comiche normanne dotate di profondi
matronei. All’interno si osserva la
costruzione con l’aggiunta del traforo,
ossia un motivo ornamentale che
consente di avere una scansione
della parete a 4 registri: registro
dell’arcata, del matroneo, del triforio e
del claristorio. Il triforio è una galleria
praticabile con l’inserimento di una
serie di finestre. Vi è la volontà di
connettere i piani verticali con delle
linee (canne d’organo) che
proseguono verso la volta per diventare in fine dei costoloni. La
caratteristica principale è anche il fatto di avere i transetti
absidati.

Altra cattedrale famosa è quella di Laon (dal 1160, facciata del


1190). L’edificio è memorabile per le sue dimensioni enfatizzate
dalla posizione sulla collina e delle 5 grandi torri. Possente l’arco
trionfale con archi strombati e ghinberghe (frontoni che stanno
sopra ai portali strombati), grande rosone e profonde le monofore
laterali. Articolate e ben modellate nelle modanature
architettoniche e nelle aperture le 2 alte torni di facciata. La
caratteristica è la perfezione esecutiva, con una profonda ricerca

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geometrica, come si può osservare nelle torri dove viene celebrata la forza e il
servizio reso ai costruttori dei buoi, indispensabili per il trasporto dei pesanti carichi
di pietre. All’interno la navata maggiore è coperta da volte esapartite (volte a
crociera divise in 6, che ha un settimo arco che taglia sulla mezzeria
trasversalmente, questo per creare 6 vele che servono a raccordare la grande
campata quadrata con le due crociere minori che si trovano accanto alla navata
principale, di fatto la partizioni coincide con gli innesti) impostate su archi acuti, le
minori da crociere a pinta quadrata. Dagli abachi delle eleganti colonne partono
pilastri politici filiformi che si ricongiungono ai costoni. Le pareti, che risultano oggi
spoglie, erano intonacate.

Cattedrale di Notre Dame, Fracia (dal 1163) molto importante è la facciata, che
venne ristrutturata da Viollet-le-duc. È più evidente la
strombatura dell’arco trionfale, privo come è di
ghimberge, più ordinata e regolare la scansione
orizzontale dei registri architettonici. Il rosone è
affacciato da due bifore monumentali. Al di sopra un
esile loggiato ad archi acuto prelude alle altissime
bifore delle 2 torri. L’intento della cattedrale venne
modificato nel 1230 quando i quattro piani originari
furono ridotti a soli tre. Il vetro che costituisce il
rosone venne colorato nel momento di realizzazione
del vetro stesso. Lo stesso rosone è una struttura
portante, su cui appoggiato i telai. La realizzazione fu
molto costoso, ma al tempo stesso l’effetto che si ha
all’interno è spettacolare. Nel 1230 viene eliminato il
triforio. La bellezza della cattedrale sta nella razionalità
dell’impianto: la chiesa è tutta inscritta in un

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perimetro, non c’è niente di gettante. È una chiesa costituita da una 1 navata
centrale e 4 navate
laterali coperte da volte a
crociere esepartite, con
uno pseudo transetto
entro il profilo dei
contrafforti, uno chevet.
Per prevenire un possibile
crollo furono aggiunti nel
1180 (quando ancora i
registri erano 4) gli archi
rampanti. Utilizzati anche
per lo scolo dell’acqua e
della stabilità dell’edifico
stesso. (Pinnacolo: serve
per verticalizzare le
forze ). La tendenza
dell’architettura gotica
sarà quella di snellire
sempre di più la parte
strutturale dell’edificio.

I ROSONI: essi sono


realizzati con tante pietre.

La Cattedrale di Chartres, (1134-50) chiesa di enormi dimensioni. Essa è una


chiesa primitiva che venne ricostruita
dopo un incendio nel 1194, dove
sopravvisse solo la parte inferiore della
facciata principale. A Chartres, con
l’abolizione del matroneo, si ottenne un
assetto più leggero e più chiaro della
struttura della parete, riducendo cosi a
soli tre piani il prospetto intero: un ordine
di alti archi, un basso triforio e un
clerestorey delle finestre più ampie, in
modo che uguagliassero in altezza
l’arcata inferiore. La testata dei transetti
risalgono all’inizio del XIII sec. Dalle 9 torri

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ne sono state realizzate solo 2. Gli esili pilastri polistili, che dal pavimento giungono
alla linea d’imposta delle volte, dove si fondano con le nervature. Il costruttore
aveva evidentemente dedotto che gli archi rampanti sarebbero stati sufficienti a
dare stabilità alle alte volte, senza che si rendesse necessario l’utilizzo si un ulteriore
sostegno.

GOTICO MATURO
La differenza principale tra i due gotici è lo snellimento sempre più visibile dei vari
elementi strutturali dell’edificio.

Esempio del gotico maturo è la Catterdrale Bourges (dal 1195). Non ha più il
matroneo, ha un alto registro di arcate acute, con pilastri poliesteri che partono da
terra che con le varie nervature vanno fino in alto. Altezza molto maggiore delle
arcate, con una pianta molto più compatta e lineare, con le ripartire sull’arcata
principale e le due navatelle accanto.

Cattedrale di Reims è considerato l’edificio chiave dello sviluppo del


gotico maturo. La struttura originaria fu distrutta da un
incendio nel 1194 e ricostruita secondo il nuovo gusto che si
stava diffondendo nell’Ile-de-france. Il progettista di
Reims - probabilmente Jean d’orbasi- adottò, nel 1210,
l’alzato a tre ordini. Le volte quadripartire, i pilastri
polistili e gli archi rampanti di Charters. Arricchì tuttavia
questi elementi strutturali con numerose sculture, tra cui
gli angeli dei pinnacoli esterni.. a Reims si possono
vedere che i primi esempi di trafori a giorni: nei trafori piani le
aperture sono ritagliate nella pietra massiccia, in modo che
resti dominante la superficie muraria; nei trafori a Reims, le
bidelle formano un’unica apertura vetraria sormontata da un
ovulo circolare con un traforo esalonato, in cui i partiti a
giorno hanno sosotiruiro quasi interamente i volumi
piani. La facciata fu probabilmente progettata da Jean
Le Loup che adottò quanto già sperimentato da Leon:
con due torri in facciata; arco trionfale con ghimberghe;
rosone; pilastri polistili; alzati tripartiti (con traforo e
senza matroneo); volte barlongues; archi rampanti.
L’intera struttura è integralmente rivestita da un ricco
appartato scultoreo. Delle 7 torri ne sono state realizzate
solo 2. La chevet, a 5 cappelle radiali, conclude il
transetto molto ampio. Le volte sono alte 38 m.

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Cattedrale Amiens ( dal 1220) progettata da
Robert de Luzarches che edificò la chiesa
sulla precedente romanica, distrutta da un
incendio. Le volte sono ancor più alte: quasi
42,5 m di altezza. Anche i trafori seguono un
evoluzione: le quadrifonie (un tipo di finestra,
divisa verticalmente in quattro aperture,
divise da tre colonnine o da pilastri o altro, su
cui poggiano quattro archi, a tutto stesso o
acuti) sono qui sormontate da tre anelli di
trafori, così che la parete sembra dissolversi
in una superficie vitrea intessuta di membrane
in pietra simili alle venature di una foglia. 2 torri, 3 navate, 3 registri trafori, ampio
transetto, chevet a 7 cappelle, volte alte 42,50 m.

Cattedrale di Beauvais, si parte con una chiesa già realizzata precedentemente.


Questa chiesa è la chiesa con le più alte volte (46 m.). L’ambizione di costruire tali
volte fu bruscamente interrotta dal crollo di quelle del coro nel 1284. Esse furono
ricostruite, ma la chiesa rimase comunque interrotta. La struttura è talmente esile,
che per evitare delle deformazioni, fu interamente vincolato con barre di ferro.
L’interno il claristoro assume una tale estensione da tagliare completamente la parte
alta dell’edificio. vi è una sorta di triforio, galleria, enfatizzato che divine vetrato.
Entrando nella fase del gotico radiante (dove la luce diviene ponderante).

GOTICO RADIANTE
La prima fase del Gotico radiante francese è noto talvolta come stile cortese, per la
sterra connessione con il regno di Luigi IX ( 1227-70), canonizzato nel 1297 come
S. Luigi di Francia. Non punta alla verticalità, ma alla leggerezza e alla trasparenza,
alla raffinata eleganza quasi metallica e fragile di decori e trafori. La severa linearità
della decorazione dello stile cortese è sinteticamente espressa nei tre capolavori del
quarto decennio del XIII secolo: la cattedrale di Troyes; la ricostruzione della chiesa
abbaziale di Saint- Denis, la cappella di Luigi IX a Saint-Germain-en-Laye.

Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, Troyes ( dal 1208) triforio e claristorio sono
estremamente vetrati e fra loro collegati., alla fine di un
processo iniziato nel 1220.

Il gotico cortese è possibile trovarlo anche nella navata


dell’abbazia di Saint-Denis a Parigi (1231-81). Nella
parete esterna le finestre del claristorio sono estese
siano a intercettare il registro del triforio (che è posto ad
una quota superiore alla copertura delle navate laterali).

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Verso l’interno il triforio diventa una gallerie senza vetri. all’interno claristorio e
triforio sono integrati sui due registri da esili semicolonne. Questa soluzione è la
stessa adottata nel Coro di Amines e di Beauvais e porterà alla parete interamente
vetrata. Nella prima metà del XII secolo, Sugerio, consigliere dei re Luigi VI e Luigi
VII e abate di Saint-Denis dal 1122 al 1151, volle rinnovare la vecchia chiesa
carolingia. Spinto da esigenze estetiche ma anche da necessità teologiche e
politiche. La struttura romanica originaria viene abbattuta per essere sostituita da
una monumentale Facciata armonica con nartece.
Reinterpretazione normanna del Westwerk romanico,
dove la massa architettonica appare tripartita
verticalmente, aperta in basso da tre portali dalle ricche
decorazioni scultoree e serrata da due torri.

Saint- Chapelle di Parigi (1243-48). Venne


costruita per volere del re Luigi IX, come
sacrario nazionale destinato ad accogliere un
frammento della Santa Crocie e di un’altra
sacra reliquia ritenuta un frammento della
Corona di spine. Piccola capriata: chiamata
così non tanto per la dimensione, ma è piccola
perché le sezioni di legname con cui viene
costruito sono sezioni piccole, non vi sono più
grandi tronchi. Questo dovuto ad un periodo di
sboscamento del territorio europeo. Tanto che il progettista dovette fare più di 100
chilometri per trovare del legno. Queste piccole capriate che sono poi connesse tra
di loro vengono disposte non sul muro ma su dei binari di legno, su delle travi
orizzontali, che percorrono le pareti della parte alta, da pilone a pilone, che si
incastra. Scaricando sui binari che distribuiscono il peso su tutto il binario. Questo
consente di scavalcare le parti vetrate. vi sono poi delle catene che collegano tra
loro i contrafforti. L’effetto che abbiamo è quello di un edificio completamente di
vetro

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Cattedrale Saint-Urbain a Troyes (dal 1262) fondata dal pontefice francese
Urbano IV in onore del Sio santo patrono e per commemorare il proprio luogo di
nascita. All’esterno i frontoni aguzzi e i pinnacoli generano nervosi assottigliamenti,
mentre all’interno il triforio è ormai scomparso: la chiesa è a due piani, con pareti
quasi interamente vetrate, separate da fragili trafori. In questa architettura le vetrate
aumentano per estensione e luminosità: ai colori intensi (rosso e blu) delle vetrate
precedenti si sostituiscono vetri bianchi e grigi che creano un effetto più freddo e
chiaro.

GOTICO FIAMMEGGIANTE
Esso è un gotico tardivo, questo prece nel 1340 scoppia la guerra dei 100 anni.
Paladina di questa guerra fu Giovanna D’Arco. Questa guerra fu dal punto di vista
economico logorante, portò ad un rallentamento dell’attività costruttiva.
Nonostante ciò in quel periodo furono poste le basi dell’ultima fase del Gotico
francese, lo stile noto come Gotico flamboyant. Questo gotico è caratterizzato da
trafori con motivi a doppia curva, simili a fiamme levantisi verso l’alto.

Cattedrale di Strasburgo: nella navata la parete


viene smaterializzata con l’ampia dimensione delle
finestre che si estende a vetrate vero l’esterno, anche
il registro del triforio e quello terreno della navata
laterali. La facciata della cattedrale, iniziata verso il
1275-77, forse su progetto di un certo Erwin, che
realizzò la facciata occidentale, fu continuata da J.
Gerlach e U. Ensingen, mentre la guglia dell’alto
campanile (142 m) fu completata nel XV secolo da J.
Hultz.

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Questo stile fiorì con particolare vigore
nella Francia settentrionale. La fantastica
facciata pentagonale di St Maclou a
Rouen è il risultato dell’aspirazione a
dissolvere il volume pieno in una polifonia
diagonale di ornati a pinnacoli, che
svanisce impercettibilmente nell’aria
come una scintillante foschia di carole. Le
torri e le guglie si presentavano meglio
delle facciate a questo trattamento.

CHIESE A SALA
A partire dalla fine del XIII secolo si costruiscono cattedrali in Gotico rayonnant nella
Francia meridionale e occidentale, proseguendo la proprio a tradizione delle chiese
a sala vale a dire delle chiese con navate laterali della stessa altezza della navata
centrale: ne è un esempio la cattedrale di Poitiers. Le chiese a sala furono
predilette dell’Ordine francescano e da quello domenicano, istituiti all’inizio del XIII
secolo.

Una tradizione, che si scostava con i modelli del Gotico maturo, è la sostituzione
delle navate minori con cappelle laterali; uno dei primi esempi in un chiesa gotica è
reperibile verso il 1270 nella navata della chiesa domenicana di S. Catalina a
Barcellona.

IL GOTICO IN INGHILTERRA
Il lessico formale del Gotico flamboyant era stato preannunciato dal tardo stile
ornato o curvilineo in Inghilterra: in alcune chiese infatti è possibile vedere
un’influenza inglese.

Nel 1174 un incendio danneggiò il Coro della Cattedrale normanna, Canterbury.


Venne chiamato dalla Francia, per realizzare la cattedrale il magistero Guglielmo di
Sens (già attivo nella cattedrale di Sens), che non potè costruire un’opera
integralmente nuova e dovette scendere a compromessi con la parete normanna e
la preesistenza della cripta. Fu costretto a sostituire interamente il coro normanno,
costruendo una struttura gotica, ispirata alla cattedrale di Laon e a Notre-Dame di
Parigi. Questo alzato gotico su tre piani, con le volte costolonate esepartite in pietra,

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le semicolonne, i capitelli scolpiti a foglie di acanto,
gli archi acuti e il deambulatorio semicircolare. Nel
1178 Guglielmo si ferì gravemente cadendo da
un’impalcatura. Fu sostituito dall’inglese Guglielmo
l’inglese che innestò sul coro la Trinity Chapel, con
colonne binate ispirate a esempi della Francia
nordorienale, e la cosiddetta Corona circolare
entrambe destinate ad accogliere le reliquie di
Thomas Bechet, arcivescovo assassinato nella
cattedrale. L’allungamento della cattedrale, con il
lungo Coro dotato di un secondo transetto, la
Trinity Chapel e la corona, costruiscono una
prerogativa tutta inglese che non trova riscontro
nell’architettura francese. Numerose sono le
citazioni normanne che troviamo nella cattedrale:
arcate a pieno centro, matroneo, claristorio, mentre
gotiche sono le volte a crociera impostate su archi
acuti. un’altra differenza rispetto alle chiese francesi è data dall’estrema lunghezza
della cattedrale, che era già stata raddoppiata del 1096-1130.

L’influenza di Canterbury si estende a Chichester: ……..

Cattedrale di Wells : costruzione imponente, dove prevale l’orizzontalità ed è molto


decorate. Nella versione progettata tra il 1185 e il 1200 e realizzate delle modifiche
fino al 1240 circa il triforio è un elemento di accettazione dell’orizzontalità, senza
semicolonne che lo colleghino all’arcata sottostante; inoltre, i pilastri, composti da
un fascio di ben ventiquattro colonnine, determinano lungo la navata un sontuoso
effetto increspato. È evidente la tripartizione, i pilastri massicci e l’assenza di una
connessione tra i registri superiori e quelli inferiori.

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Cattedrale di Lincoln ( dal 1192). Anche qua vi ì è un magistro, Goffrey de Noters.


Per la prima volta il disegno delle volte si fece più ricco grazie a nuovi costoni
intermedi, che non seguono la geometria della volta, che diventa una trama lineare
continua, indipendente dalle partizioni delle campate, e che servono
sostanzialmente per la decorazione, dove troviamo per la prima volta i tiercerons,
nervature intermedie prime di funzione portante, che non conducono alle chiavi di

volta, ma in un punto situato su un costolone longitudinale che ne percorre gli apici.


Essi collegano quella che è l’imposta della volta a crociera con un costolone
mediano longitudinale posto in chiave alla volta. Sempre in questa cattedrale il
motivo predominante è quello delle volte, che confondono le idee così non
riconoscendo la crociera, assumendo una forma a foglia caratteristico dell’edilizia

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inglese. Nel coro vi sono delle arcate cieche incrociate normanne. La facciata gotica
(parte che va al di sopra della cornice e che prosegue fino alle torri) si fuse con il
nucleo normanno (dall’arco trionfale in giù). Lincoln p anche notevole per l’uso
continui della parete angloknormanna di elevato spessore o a doppio guscio, dove
viene riproposta in chiave gotica a sovrapposizione di archi. La biconimia è data dal
contrasto fra pietra chiara e marmo nero di Purbeck.

Cattedrale di Ely: la cattedrale di Lincoln esercitò enorme influenza, soprattuto su


quella di Ely, dove nel presbiterio (1234-52) troviamo i pilastri polistili, archi acuti
strombati, matroneo/triforio con galleria, effetti di bicromia, volte a crociera cin
costoloni e tiercerons, ampie monofore in testata.

Cattedrale di Salisbury (1220-1260) rispetto


alle cattedrali del primo gotico inglese, essa
esibisce una anomala austerità e uniformità,
dovutaa, caso eccezionale nel panorama
architettonico, ad un’esecuzione in unica
fase, senza preesistenze e modifiche
successive. Rappresenta l’esempio
emblematico della compartimentazione
planimetrica dell’architettura gotica inglese,
rispetto alla tendenza unificatrice
dell’architettura francese.

L’abbazia di Westmister, a Londra. (dal


1245) è la chiesa che recepisce di più le istanze del Gotico maturo francese nello
chevet con cappelle radiali e deambulatorio, nella proporzione e forma degli
elementi architettonici e dei registri (arcate, matroneo/triforio con galleria,
claristorio), volte a crociera con nervature.è opera del maestro Henry de Reynes,

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che fa uso di

tiercerns e di bicromia col marmo


nero di Purbeck. Il traforo a giorno delle ampie finestre
rimanda alla soluzione del Gotico cortese o rayomnnant
francese e anticipa gli sviluppi del gotico ornato inglese.
La volta poggia su un ardito e snello pilastro polistilo
centrale.

Sala capitolare: la volta è retta da pilastri perimetrali, dal pilastro centrale che regge
il cuore della cupola.

LO STILO ORNATO:
Il periodo maturo dello stile ornato si sviluppa a partire dal 1290, caratterizzato da
trasparenza delle superfici ed uso delle curve inflisse, cioè doppie, che compaiono
per la prima volta nelle Croci di Eleonora, erette da Edoardo I nel 1291-94.

Cattedrale di Wells: gli interventi iniziati nella cattedrale di Walls verso il 1285 e
continuati fino al quarto decennio del XIV secolo. Nella sala capitolina, a pianta
ottagonale, è riproposto il motivo di foglie di palma: 32 costoni scaturiscono dal
pilastro centrale per incontrarsi con quelli irradianti dalle otto semicolonne sul
perimetro del locale. Lo stesso effetto è in parte presente nella Lady Chapel, a
pianta ottagonale irregolare, con due pilastri rivolti verso il presbiterio, che si
compenetrano ambiguamente con il retrocoro, notevolmente basso. Questo gioco
spaziale, che comporta un’accentazione delle vedute all’intersezione tra navata e
transetto, è ripreso in due altre importanti innovazioni introdotto nella Lady Chapel:
gli archi inflessi tridimensionali dei sedili (i saggi scolpiti per il clero sul lato
meridionale del presbiterio) e la volta a liernes, cioè con nervature non portanti, che
non hanno origine né dalla chiave, né dagli elementi d’imposta, ma sono introdotte

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per configurare motivi decorativi a forma di stelle. Nella cattedrale questo tema
raggiunse l’apice nella volta, dove l’assenza di costoloni diagonali e longitudinali
offusca la distinzione tra le campate in favore di una decorazione continua, formata
da grandi losanghe cuspidate di differenti dimensioni. L’ultima grande novità di
Wells è costituita dagli straordinari archi di rinforzo introdotti nel quarto decennio del
XIV secolo all’intersezione fra navata e transetto, per contribuire a sostenere il peso
della torre.

Il motivo delle liernes raggiunge il suo apice nella volta del Coro,
dove l’assenza di costoloni diagonali e longitudinali rende difficile
distinguere le campate e favorisce la percezione di una
decorazione continua costituita di grandi losanghe
quadrangolari ed esagonali.

Lo spazio del matroneo e del triforio viene occupato da un ricco


traforo a giorno sul quale poggiano le finestre dal claristorio e
che con esse è integrato mediante gli altri montanti.

Gli archi trionfali che reggono il tiburio sono stati rinforzati


mediante: tre sottarchi acuti; un arco acuto rovesciato di raccolta
del peso che lo scarica sull’arco acuto dritto, rinforzato dai telai circolari degli oculi i
alleggerimento in tangenza alle cerniere potenziali da sovraccarico. Il doppio arco
esprime il massimo grado la “diagonalità” dello stile ornato.

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SCRIVI PER INSERIRE UNA DIDASCALIA.


St. Augustine Cattedrale di Bristol : nel
1298-1330 furono aggiunti un nuovo presbiterio e
una Lady Chapel. Il
presbiterio e le sue
navatelle formano
una chiesa a sala in
cui il peso della volta
del coro è trasmesso
ai contrafforti sulle
pareti esterne delle
navatelle mediante
singolari ponti arcuati
in pietra che le
attraversano.

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Lo stile ornato è visibile anche nella chiesa di St. Mary Readcliff, sempre a Bristol.
Il portale risente di influenze arabe, costruito com’è con un profondo mistilineo a 6
curve inflesse. Le guglie sono riccamente traforate a giorno e ornate. Il vestibolo
esagonale venne aggiunto nel 1325.

Altro esempio di struttura, estremamente inglese, è quella della cattedrale di Ely e


più esattamente il Triburio: nel 1322 crollò la torre normanna della Cattedrale. Venne
sostituita da un invaso a pietra centrale di oltre 20 m di diametro, sormontata da un
tiburio ottagonale con una volta in
legno costolata a stella, ottenuta dalla
combinazione di 8 volte a foglia di
palma. Nella progettazione della
grande lanterna i muratori di Ely furono
assistiti dal maestro carpentiere del re
William Hurley. Le volte in questo caso
sono in murature, sono delle mensole
che si proteggono con il principio di
autoportanza, in maniera tale da
costruire un’imposta a sbalzo, a
sostenere il tiburio ligneo. Sempre a
Ely, il Coro, con fondale trasparente,
venne ricostruito dopo il crollo della
torre normanna.

LIERNES:Il termine lierne deriva dal francese lier (legare). Diffuso in tutta Europa
nell’architettura gotica (fine del XIII-XVI secolo), lierne indica un costolone, di ridotta
lunghezza e senza funzione strutturale, che collega la chiave di volta con altre
nervature. L’utilizzo del lierne ha dato origine a un tipo di volta denominata lierne
vault o stellar vault caratterizzata da reticoli a rombi e a losanghe.

STILE PERPENDICOLARE
Il gotico rayonnant nell’abbazia di Westmister alla metà del XIII secolo continuò in
alcune parti d’Inghilterra settentrionale. Questo stile diede tuttavia origine anche a
due tendenze contrastanti: il gotico ornato e il gotico perpendicolare. Quest’ultimo
definito così in quanto è caratterizzato dall’impostazione secondo uno schema
rettilineo della composizione architettonica e decorativa, fondato sull’iterazione di
pannelli con terminali cuspidi.

La vicenda inizia con la cappella di St- Stephen Chappel di Westminster, Londra.


Costruita per Edoardo I nell’intento di competere con la Saint-Chapelle di Luigi IX. Il
lungo processo costruttivo si sviluppò in tre fasi: dal 1292 al 1297; dal 1320 al 1326
e infine dal 1330 al 1348. Tale chiesa ricorda per certi aspetti una gabbia di pannelli:

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le superfici delle pareti erano vivacizzate da traforature
cieche, presenti anche sugli scomparti verticali dei
parapetti delle finestre all’interno, e i suoi montanti
proseguiti sotto le finestre all’esterno. L’edifici fu
costruito dal magistra Michele di Canterbury, al quale
succedette il figlio nel 1323, che proseguì con la sala
capitolare del chiostro. Le volte della chiesa inferiore
esibisce la prima liernes, mentre le pareti erano decorate
con archi inflessi. Nell chiesa inferiore compaiono per la
prima volta le volte quadricentiche caratteristiche del
gotico perpendicolare. Anche qui era rutto vivacemente
dipinto. Purtroppo nel 1834, un incendio distrusse
l’intera struttura che du soggetta ad un interale restauro
ricostruttivo.

Coro della Cattedrale di


Gloucester. Gli elementi
perpendicolari venendo applicati
per la prima volta ad una chiesa di
grandi dimensioni con la
costruzione del coro della
cattedrale di Gloucester. Il coro era forse destinato a sacrario per le spoglie di
Edoardo II. L’intervento fu probabilmente sottoposto alla supervisione degli architetti
reali di Londra, forse William Ramsey o Tommaso di Canterbury. Le pareti del coro,
dell’XI secolo, furono lasciate quasi intatte sotto l’impiallacciatura di una griglia di
montanti e di pannelli cuspidati. L’estremità del coro di Gloucester è una parete di

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vetro, articolata con trafori, composta dagli stessi pannelli cuspidati che ornano le
pareti.

TARDO GOTICO PERPEDICOLARE

Importante elemento che caratterizza il tardo gotico perpendicolare sono le volte a


ventaglio: costituita essenzialmente dall’applicazione a semitoni pieni dei pannello
decorativi cuspidati, ispirati a quelli dei trafori delle finestre perpendicolari e divisi da
modanature che ricordano nervature.

Le volte a ventaglio nell’Ambulacro orientale del Chiostro della Cattedrale di


Gloucester: potrebbe trattarsi della prima applicazione di volte a ventaglio,
costituite da semitoni di imposta fregiati con le elaborate decorazioni a pannelli
decorativi.

La navata della cattedrale di Canterbury: essa è un esempio di gotico


perpendicolare, anche se le volte sono ancora a foglie di palma con tiercerons (Il
tierceron si innesta sul piedritto e prosegue fino a incontrare
la nervatura, lierne, che collega la chiave di volta con quelle
di inquadramento degli archi trasversali o longitudinale.
Insieme a queste definisce la volta stellata.Le sale capitolari
inglesi a pianta centrale si caratterizzano per la costruzione
della volta ornata da molteplici tierceron.) liernes non a
ventaglio.

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La navata della cattedrale di Winchester

Cappella reale del King’s College di


Cambridge : furono fondati da Enrico VI nel 1441.
nella cappella erano previste complesse volte a
liernes, ma fu poi costruita nel 1508-1515 una
splendida volta a ventaglio, progettata coda John
Wastell. Il grande peso della pietra lavorata con
delicati morivi sembra gravare su niente altro che
su pareti di vetro. In realtà il peso è sostenuto da
enormi contrafforti esterni, il cui aggetto è
nascosto dalle cappelle laterali tra essi inserite.

Cappella reale di Westmister: eretta da Enrico VII,


costruita verso il 1503-12, all’estremità dell’abbazia di
Westmister. Anche se il progetto è spesso attribuito
ai fratelli Verture, che in seguito sarebbero diventati
architetti di Enrico VII, è più probabile che sia di
Robert Janyns il Giovane, uno dei maestri d’opera
reali. La volta è abbellita da enormi chiavi pendule
che assumono la forma di coni a ventaglio, sostenute
da archi trasversali la cui sommità scompaiono dietro
le volte; le increspare estremità a cupide di questi
archi ricordano il Gotico fiammeggiante francese e
spagnolo. Il peso è sostenuto da torrette ortogonali,
ornate all’esterno con pennellate orizzontali, che si
fondano con le finestre a sporto con piata rilonaya, in
un flusso continuo e mosso di pietra e vento.

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EUROPA CENTRALE E
MERIDIONALE
La Germania, l’Italia e il resto d’Europa centrale, Belgio..adottarono il gotico in un
periodo successivo rispetto alla Francia o all’Inghilterra; le loro realizzazioni più
significative sono quindi risultate prevalentemente tardo gotico. Questo perché
all’epoca si pensava che uno stile tardo corrispondesse ad uno stile decadente
rispetto alle sue prime manifestazioni.

GOTICO IN GERMANIA
Lo stile gotico ha successo anche in Germania. Qui però vi sono degli esempi
differenti uno dall’altro.

Liebfrauenkirche di Treviri (chiesa della vergine): Chiesa gotica ad


impianto centrale, rappresenta una sorta di ibrido. Si tratta di una
croce greca inscritta in un cerchio, realizzata fra il 1230 e il 1240,
con trafori a giorno. Qui vi è comunque un marchio di fabbrica
del gotico strettamente legato alla tradizione locale: non vi
sono grandi ornamenti e sculture, anche le vetrate sono
piuttosto contenute. Qui prevale la geometria della
struttura. Vi è una zona absidata a pianta trilobata,

Molto più francese il Duomo di Colonia: terminato poco tempo fa.


Il cantiere partì nel 1248 fino al XX sec. La cattedrale di Amines fu
la principale fonte di ispirazione per magistro Gerhard che iniziò la
Cattedrale di Colonia dopo la distruzione del precedente edificio
carolingio. La cattedrale fu consacrata nel 1322. Il progetto fu

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eccessivamente ambizioso e nel Medioevo ne fu realizzato solo il Coro. La navata e
le torri risalgono al XIX sec e furono eseguiti dopo la riscoperta dei progetti originali.
La Cattedrale fu danneggiata nel corso della Seconda Guerra Mondiale e quindi
restaurata dopo la fine del conflitto. Superano i 43 m di altezza nelle volte.

In Italia e in Francia, gli Ordini mendicanti manifestarono, a partire dal XII secolo,
una particolare predilezione per le chiese a sala. In Germania questa tradizione
trovò una precoce ed elaborata espressione nella chiesa parrocchiale della S.
Croce a Schwaebisch- Gmund (dal 1320). Heinriche Parler, nato nel 1290, realizzò
la chiesa, introducendo articolati elementi decorativi all’esterno all’interno, con
contrafforti, guglie e trafori ciechi e a giorno. I semplici pilastri cilindrici con capitelli
ridotti al minimo della navata percorrono anche il Coro iniziato nel 1350 su modello
delle chiese a sala e forse già da Einrich Parler o da suo figlio Peter.

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DINASTIA DI PARLER: questo tardo tale è particolarmente connesso ai Parler, una
dinastia di capomastri attivi nella Germania meridionale e soprattutto in Svevia e in
Boemia, particolarmente a Praga, dove si crearono per più generazioni legami
professionali attraversi opportuni matrimoni.

IL GOTICO A PRAGA
L’imperatore Carlo IV nel 1344 fondò a Praga la nuova cattedrale, S. Vito, su
progetto di Mathieu di Arras, architetto francese, forse attivo per la Cattedrale di
Narbona e per il Palazzo di Avignone. Mathieu usava già elementi funzionali a scipo
decorativo, ad esempio nei pinnacoli collegati ai confrattorti dea zona absidale della
cattedrale di Praga. Nel 1356 subentrò nel cantiere Peter Parler che interruppe lo
chevet di influenza francese con deambulatorio e cappelle radiali inserendo (al lato
nord) una sagrestia a due campate (1356-62). Nel 1366-67 Parler aggiunse sul lato
sud la grande cappella quadrata di S. Vanceslano che occupa parte del transetto e
adornò di pietre pregiate: contrariamente alla tradizione, questa cappella assorbe
parte del transetto meridionale, che egli dotò. Voltando tutti questi ambienti con
tiercerons e liernes ed eliminando i capitelli sui pilastri; le singolari nervature
rampanti della sacrestia e del portico. Nei piani superiori del coro di Parler a Praga,
costruito nel 1374-85, la valorizzazione delle diagonali è ottenuta facendo avanzare
ad angolo smussato le estremità inferiori ondulato è ripreso nelle finestre del
clerestory, dotata anche di nicchi a edicola disposte obliquamente, con sommità
inflisse cuspidate.

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Coro della cattedrale di Aquisgrana: il coro aggiunto tra il 1355 e il 1414 alla
cattedrale, luogo di incoronazione degli imperatori tedeschi, è un altro capolavoro
commissionato da Carlo IV. Il contrasto tra il basso e massiccio ottagono della
Cappella Palatina del IX secolo, dove Carlo era stato incoronar nel 1349, la
gigantesca e slanciata gabbia in vetro.

IL GOTICO A VIENNA
il coro a sala della cattedrale venne commissionata da Carlo IV, ed è del 1304-40,
la navata e le torre furono iniziate nel 1359, mentre la volta reticolare della navata fu

costruita nel 1446. Ogni torre contiene una cappella, con una volta in cui le
nervature rampanti terminano in chiavi pendule. Le prime di queste volte risale al
1370 circa, mentre la splendida torre meridionale è databile intorno al 1370-1433 :
la dissoluzione dei diversi livelli in una terna di pinnacoli, edicole, trafori, crochets ( è
la parte superiore di una sostegno posto
direttamente a contatto con un elemento
sostenuto) percorre significativamente le
torri a giorno.

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LA GRANDE TERRA:

Cattedrale di Ulm : nel 1392 Ulrich von Ensungen divenne architetto proseguendo
l’opera iniziata dai Perler. L’alto portico a 3 fornici (ultimato nel 1434) è posto alla
base della grande Torre centrale alla facciata, che, dopo il 1419, fu proseguita da
Mattgeaus von Ensingen (figlio di Ulrich). Nel 1399 Urlich continuò a lavorare alla
facciata della chiesa di Strasburgo, il suo successore, Johannes Hultz, a partire dal
1419 accentuò nella fase finale della costruzione il carattere fantastico della torre di
Friburgo, e la sua griglia divenne una sorta di piramide gotica gradonata e
trasparente. Contrafforti della navata laterale destra con gli archi rampanti della
volta principale. I pilastri sono cilindrici, i capitelli ridotti al minimo, le volte delle
navate laterali sono a liernes.

IL GOTICO IN ITALIA
L’Italia adotta in ritardo lo stile Gotico che ebbe espressioni meno evidenti a casa
del robusto retroterra classico dell’area. Questo dovuto anche al fatto che in Italia
dominava in quel periodo il Classicismo, noto come Rinascimento.

I primi importanti edifici gotici italiani sono due chiese francescane: la basilica di
Assisi e la basilica di Bologna.

La basilica inferiore di Assisi : San Francesco d’Assisi, predicatore anche se non


sacerdote, aveva fondato un nuovo ordine religioso che aspirava al rinnovamento
della fede attraverso il ritorno
alla povertà cristiana. Questi
Ordini consideravano la chiesa
a sola più confacente alla loro
attività di predicazione.
L’insistita semplicità delle
pareti della chiesa
francescana ad assisi dà la
misura del loro debito verso
l’accentuazione della massa
muraria perseguita
dall’architettura romana e
romanica; si presentava inoltre

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splendidamente alla rappresentazione pittorica a
fresco delle vite dei santi, che ornano le pareti
dei tante chiese italiane. Costruita in un collina,
sopra un’importante cripta che forma una chiesa
inferiore, la basilica ha una semplice croce latina
priva di navate laterali, ha un interno che mostra
una maggiore comprensione del gotico, a pianta
basitale con navatelle, un deambulatorio dotato
di cappelle radiali a archi rampanti. Il materiale
utilizzato per la realizzazione della basilica è il
mattone rosso locale, materiale molto semplice.

Chiesa francescana di San Francesco a Bologna: più significativa e importante è


la chiesa di San Francesco a Bologna, pur avendo ancora una facciata di stampo
prevalentemente romanico, ha un interno che mostra una maggiore comprensione
del Gotico, a pianta basilicale con navatelle; un deambulatorio dotato di cappelle
radiali e archi rampanti.

Chiesa domenicana di Santa Maria


Novella a Firenze , iniziata nel 1279,
più leggera, più ariosa, più “gotica”
nelle aspirazioni rispetto alla chiesa
francescana bolognese. Essa
osserva le coperture piane di legno,
con capirete a giorno.

Chiesa francescana di Santa


Croce a Firenze: fu probabilmente

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progettata da Arnolfo di Cambio. Alla sua morte, nel 1302, doveva esser completata
la parte del coro e del transetto con late cappelle. È nota come il “Tempio dell’Itale
glorie” in quanto vi si conservano spoglie dei
grandi del passato. Il parametro è in semplice
pietraforte.

Duomo di Orvieto : la costruzione della chiesa fu avviata nel 1290 per volontà di
papa Niccolò IV, allo scopo di dare degna collocazione al Corporale del miracolo di
Bolsena. Disegnato in stile romanico da un artista sconosciuto (probabilmente
Arnolfo di Cambio), in principio la direzione dei lavori du affidata a fra Beignate da
Perugia a cui succedette ben presto, prima della fine del secolo, Giovanni di
Uguccione, che introdusse le prime forme gotiche.

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Duomo di Milano: a Milano, alla fine del XIV secolo, venne data esecuzione a un
tentativo serio, anche se non riuscito, di edificare una cattedrale coerente con la
prassi costruttiva francese. Per essere assistiti alla costruzione del grande duomo a
pianta basilicale a cinque navate, ispirato alle cattedrali di Bourges e di Le Mans, tra
il 1387 e il 1401 i Milanesi chiesero il contributo di diversi architetti campionessa e
bolognesi, dei parigini Nicolas de Bonaventure e Jean Mignot, dei tedeschi Von
Freiburg e Hnas Parler. L’interno è di impressionante grandiosità, a cui conferiscono
risonanze di tono quasi antico i
pilastri, dai curiosi capitelli in forma di
edicole contenenti statue, che
richiamano in qualche misura le
colonne con sculture. La ricca
solennità è accentuata dal marmo
rosa di Candoglia che riveste sia
l’esterno e l’interno.

RINASCIMENTO
Gli eruditi del Rinascimento attingevano largamente alla letteratura classica. Con lo
sviluppo della città-stato si formò in Italia una nuova classe di funzionari laici che
coltivavano il latino, la filologia, la grammatica e la retorica. Leggendo i classici a

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scopi letterali, questi umanisti instaurarono un clima intellettuale nel quale era
opinione sempre più diffusa che non solo i resti classici erano validi in se stessi, ma
anche la civiltà che li aveva prodotti avrebbe dovuto essere presa come modello per
la rinascita culturale. In Italia vediamo una rinascita dell’architettura classica che qui
sopravvive come ricordo perenne dell’antico romano.

Nella pittura, all’inizio del XV secolo, vediamo l’innovazione della prospettiva


geometrica, attribuita all’architetto Brunelleschi. Leon Battista Alberti, il più
eminente di questi uomini universali del Quattrocento.

Il primo rinascimento si identifica con il grande Filippo Brunelleschi. Il rinascimento


rappresenta il recupero dell’antico reinterpretato nelle tecniche e nelle forme. Una
rinascita che coinvolge tutti i campi del sapere, rinascita dell’arte, della letteratura..

In Italia tale periodo viene identificato con umanesimo, dove l’uomo viene posto al
centro. Con tale periodo c’è una presa di coscienza dell’individuo, sotto l’aspetto
filosofico e tecnico, trasformandosi in super uomini.

FILIPPO BRUNELLESCHI: l’erede dell’esperienza gotica e l’uomo nuovo.

Brunelleschi, figlio di un notaio, nasce nel 1377 a Firenze e muore nel 1446. Il primo
vero architetto dell’Umanesimo.

Firenze è la capitale economica e sociale. Città che non aveva mai dimenticato il
passato classico dell’Italia. Il cosiddetto Protorinascimento dell’XI e XII secolo aveva
dato origine ad edifici come S. Miniato al Monte, progettato secondo uno stile
classico attraente ed elegante. Questo periodo a Firenze vediamo emergere la
figura del banchiere, una figura di grande rilievo dal punto di vista sociale, negli anni
si è talmente tanto arricchito da poter finanziare la realizzazione di grandi edifici e di
grandi opere artistiche, per dimostrare la raggiunta ricchezza economica. Una delle
più ricchi famiglie di Firenze sono gli Strozzi

Questo periodo, nel mondo dell’arte, emerge la figura del committente.

Brunelleschi si colloca in questo contesto. Egli però comunque è ancora figlio


dell’arte del medioevo. Egli però è poliedrico (non si forma inizialmente come
artista) ma come orafo. L’orafo però, nel concetto dell’epoca, è una specie di
scultore, il quale plasma l’oro per realizzare le monete o piccole statue e
monumenti. Brunelleschi apparteneva all’arte della seta (sindacato di coloro che si
occupavano dei beni di lusso). Brunelleschi fu uno dei primi, assieme a Donatello, a
compiere un viaggio a Roma, un viaggio di istruzione. Osservano e studiando l’arte
antica, la tipica arte romana. Ma arrivati a Roma i due percorrono strade differenti,
Donatello scegli di approfondire la scultura, mentre Brunelleschi entra nel mondo
dell’architettura, affascinato dalla tecnica e dall’utilizzo dei materiale dei romani.
Brunelleschi può dirsi scopritore e riscopritore di tre distinti tipi di struttura:

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1. La cupola di creste e vele: è un tipo di
volta composta. Ha la forma di cupola
ma è suddivisa in spicchi identici da
costoni, viene utilizzata in ambienti
poligonali con unghie simili a quelle
delle volte a crociera.

2. La cupola semisferica su pennacchi


( Santa Sofia a Costantinopoli): è un
elemento di raccordo fra l’imposta di
una cupola e la struttura ad essa
sottostante, generalmente costituita da appoggi puntiformi;

3. Volta tonda o domicale

Le prime sperimentazioni strutturali le compie sulla cupola a creste e vele e sulla


semicalotta poste rispettivamente sull’aula e sulla casella della Sagrestia Vecchia di
San Lorenzo.

Santa Maria del Fiore: Ritornato a Firenze si concentrò sul problema della cupola
Santa Maria del Fiore (di cui il progetto lo si può trovare all’interno del dipinto di
Andrea Bonaiuti in Santa Maria Novella )( progetto di Arnoldo di Cambio -1367). La
chiesa venne iniziata, procedendo con la navata, il tamburo… fino a decidere di
aggiungere un attico, alzando il tamburo. Ma realizzato l’innalzamento ci si accinge
che questo non sarebbe mai stato
possibile. Questo fa fermare il
cantiere. Viene bandito un concorso di
idee per la risoluzione di tale
problema. Brunelleschi, dopo essersi
consultato con il matematico Giovanni
dell’Abaco, presenta nel 1418 un
modello rivoluzionario, eseguito cioè
non in legno ( come era prassi
dell’epoca), ma in mattoni legati da

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malta di calcio, posti in opera senza alcuna armatura, senza alcuna centina di
grandi dimensioni. È una cosa che viene tentata anche da Lorenzo Ghilberti, che
realizza un modello di cupola realizzato in “mattoni piccolini crudi”. Scelsero infine
l’idea di Brunelleschi e realizzata tra il 1420 e il 1436.

Brunelleschi introduce una serie di straordinarie innovazioni, arrivate a noi non solo
grazie alll studio dell’edificio, ma anche grazie a dei documenti:

• Cupola a padiglione: cupola fatta di 8 spicchi e costoloni tra uno spicchio e l’altro.
Questi spicchi sono collegati con un’unica nervatura, incastrata. Non ce
discontinuità tra i costoloni e le vele. Addirittura la loro costruzione è
perfettamente concatenata.

• 8 costoloni: (sproni) sono le ossa della struttura, vengono costruiti in pietra. Ci


sono 8 costoloni a vista, e altri 16 all’interno della struttura, due per ogni vela. In
totale sono 24 costoloni.

• Non è una cupola a tutto sesto, ma è una cupola a quinto acuto: forse l’elemento
più gotico che si possa trovare all’interno della chiesa.

• Doppia calotta: è una struttura a due strati, non ce una


muratura spessa con nel tamburo. Ma è presente una
cupola inferiore, quella portante, e una esterna, presente
per far si che la cupola sembri più grande e che ha
funzione di protezione. Crea una camera d’aria che serva a
ridurre gli sbalzi termici tra uno strato e l’altro. Questi
edifici infatti sono soggetti a questi sbalzi termici che
portano alla creazione di buchi.

• Per sistemare qualsiasi tipo di danno si poteva utilizzare


l’intercapedine. Esse sono realizzate con materiali
differenti, a seconda della posizione. In questo caso nella parte bassa viene
utilizzato un materiale molto pesante, creando un peso che funga anche da
cerchiatura: crea 6 catene di pietra tagliata, legati tra di loro con spranghe di ferro,
oltre a questo introduce delle catene di legno, quercia. Man mano che si sale
sopra a queste cerchiature la muratura cambia: viene realizzata in mattoni,
materiale più leggero. Questi mattoni non vengono posati secondo una semplice
trama ordinaria, ma vengono posati a lisca di pesce, cioè incastrati a 45°. Infine in
cima posizione una lanterna, molto pensate tutta in pietra. La quale serve per
verticalizzare le spinte.

Il problema a livello costruttivo era la realizzazione della cupola senza l’utilizzo della
centina. Brunelleschi inventa 8 centine leggere e mobili. Esse funzionano con delle
squadre di costruttori che devono procedere simultaneamente. La centina si sposta
man mano che si innalzi la cupola. La costruzioni avviene con anelli concentrici

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successivi dello spessore di 2 braccia (servendosi di centine alte 4 braccia, fatte
scivolare verso l’alto a cavaliere fra cordolo e cordolo e tenute ferme con staffe in
ferro lasciate poi in opera) All’epoca questa grande innovazione non viene capita. Il
diametro esterno della cupola è di 54,20 metri e quello interno è di 45,24 metri. Gli
spessori: la calotta estera, da 2,21 a 1,47 metri in sommità; calotta interna da 0,73 a
0,49 metri in sommità. La costruzione della chiesa durò 16 anni.

Sanpaolesi completa l’assonometria del Drum (tamburo) aggiungendo nel


particolare dell’angolo le linee di piegatura che mancavano con mattoni posti di
fascia a corsi orizzontali e di fascia secondo andamenti diagonali.

La lanterna: la lanterna venne realizzata nel 1436. Risponde a


esigenze non solo formali ma anche statiche, realizzata
interamente in pietra. Nel 1601, la lanterna venne colpita da
un fulmine. La lanterna inoltre corrisponde ad esigenze non
solo formali, ma anche statiche: la cupola brunelleschiana
non è un corpo rigido come quella del Pantheon, ma una
struttura spiccatamente verticale ed elastica, perché
soggetta a momenti flettenti esercitati da forze applicate in
sommità: scosse telluriche ondulatorie e venti. La lanterna,
con il suo peso, contrasta l’apertura in sommità e
verticalizza le tensioni interne.

L’interno della cupola fu affrescata da Vasari. Dove le figure vengono realizzate con
grande virtuosismo, che presentano una deformazione, sono infatti allungate verso
l’alto.

La centina e la grande gru: la macchina consentiva di spostare i pesi sia


verticalmente, che orizzontalmente (a 360°). Il peso era bilanciato da un
contrapposto regolato a sbalzo mediante una vite, braccio per cui moltiplicare la
forza.

Domo di San Lorenzo: Nel corso del XIV secolo Firenze


aveva combattuto a più riprese per stabilire la sua
supremazia rispetto a Milano, a Venezia, allo Stato del
Vaticano e al Regno di Napoli. La sua ambizione era
dominare la Toscana ì per creare uno stato regionale
invece che una città-stato. Il suo duomo, inizialmente
un’idea civica, era un simbolo potente di quell’ambizione,
mentre la sua cupo stava a simboleggiare la ricchezza e il
potere. La cupola a creste e di san Lorenzo (1421-28) è
imposta su pennacchi sferici in laterizio e costruita da
creste in mattoni (a senso rialzato) e vele in getto di

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calcestruzzo saldamente ancorate alle creste, quasi a formare
un copro monolitico. Ciò spiga le fessure longitudinali in
mezzeria alle creste (sono degli archi rampanti, su cui imposta le
volte tra un arco rampante e l’alto). La novità sta non solo nella
forma, ma anche nell’utilizzo di materiali antichi, come il
calcestruzzo. Il tutto sormontato da una piccola lanterna, che
costituisce l’oculo. La cupola a creste e vele di San Lorenzo è
ricoperta da volticciole, creando un manto a squame. Strutture
murarie e membrature della sagrestia vecchia: le ghiere degli
archi sono in soli 3 conci. Le membrature architettoniche sono
delle palstre che inquadrano la scarsella. Lesene ad angolo,
ripiegate a libro. Al di sopra di queste trabeazioni posiziona
l’arco a tutto sesto, realizzato secondo la teoria del numero
minimo di conci , in questo caso solo 3 conci. (l’arco ideale è
l’arco monolite). Il tutto venne realizzato in pietra
serena. Donatello riceve l’incarico da i Medici di
realizzare gli affreschi interni: di realizzare le porte
con le membrature architettoniche; le ante bronze,
tutte raffigurate; inserisce dei pannelli policromi e
realizza i tondi degli spicchi. I tondi con effetto
schiacciato, bassissimo rilievo e viste prospettiche.

Sullo schema da questa chiesa, Brunelleschi realizza la


Cupola a creste e vele di Santa Croce : tra il 29 e il
33, eseguita con creste e vele (a voltine doppie) in
laterizio. Le creste sono cerchiate da un tamburo
laterizio serrato da due catene di vero. I rinfianchi fra le
vele e le creste sono riempiti di tubi in terracotta (tubi
filitti) annegati in un getto di malta di calce e frammenti
di laterizio che definisce il profilo troncoconico della
struttura senza l’impiego (come anche in San Lorenzo)
di carpenteria lignea. Sul muro tondo si aprono feritoie
di ventilazione. L’impianto è leggermente dissimile, la
campata centrale è amplificata sull’asse trasversale da
due arconi. La cupoletta del vestibolo è costruita da
un assemblaggio di pezzi maiolicati, realizzati a
stampo della bottega dei Della Robbia. Arconi che

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dilatano lo spazio, che si vede chiaramente il motivo introdotto da Brunelleschi, le
lesene che reggono la trabeazione con interassi brevi, sormontati dagli archi.
Questo sistema viene chiamato “travata ritmica”. Cappella pazzi.

FILIPPO BRUNELLESCHI E LA SCOPERTA DELLA PROSPETTIVA

La prospettiva venne scoperta inizialmente dai Romani, ma con il tempo venne


perduta. Fino all’inizio del 1400 a Firenze, grazie a F.B., con la realizzazione di due
tavolette raffigurati Palazzo Vecchio e il Battistero di San Giovanni. Brunelleschi
realizza tali tavolette con un espediente: guardandole da dietro, attraverso un
forellinio e uno specchio. Cosi da osservarle attraverso un sistema meccanico, la
camera ottica ( l’antenata della camera fotografica, scatola di legno con un foro e
uno specchio all’interno. L’immagine veniva vista da questo foro e specchiata,
ricostruendo la possibilità di osservare in 3d) , è comunque una grande rivoluzione,
tanto che rivoluziona anche la progettazione.

La prospettiva scoperta da Brunelleschi trova subito applicazione non solo nella


progettazione di edifici, ma anche nella pittura, in particolare con Masaccio.
Nell’affresco della Trinità. La profondità è data dalla volta con cassettoni blu. Con
questa rappresentazione da la prima restituzione in 3d degli elementi classici
rinventati. Sotto è posizionato uno scheletro, perfettamente restituito nella sua
anatomia. Lo stesso Brunelleschi si ingegna nello studio dell’anatomia umana,
realizzando il crocefisso all’interno di Santa Maria Novella. Il corpo ha una grazia
tanto gotica, in realtà la realizzazione del corpo è perfettamente realizzato seguendo
l’anatomia. Ciò significa che che Brunelleschi non è solo un’artista ma anche uno
scienziato.

Questa ricerca anatomica deriva dalla ricoperta dell’uomo, punto fondamentale


dello stile di quel periodo. Ma questo non è solo il periodo dell’uomo, ma esso viene
identificato anche come il periodo nel quale vediamo la rinascita dell’antico. Questo
grazie sopratutto alla figura di Vitruvio, con la realizzazione del suo trattato “De
Architettura”. E in particolare modo Vitruvio venne riscoperto da Poggio Braccioli,
umanista, filosofo e epigrafista. Egli scopre nella Biblioteca del Monastero di San
Gallo una copia del trattato. Bracciolini è amico di Brunelleschi e non è escluso lo
abbia avviato allo studio dell’architettura antica in occasione dei viaggi compiuti dal
fiorentino a Roma insieme a Donatello. Qui, contrariamente a Donatello,
Brunelleschi avrebbe dunque esaminato e misurato non solo le sculture antiche, ma
anche i resti architettonici dell’antica Roma.

Geometria e struttura dell’Ospedale degli Innocenti ((1419-26); della crociera


alla volta dominicale: nell’ospedale degli innocenti venne realizzato un portico con
la geometria semplice della campata quadrata con volta domicale. Essa ha 4 archi
di appoggi laterali, i quali sono rigorosamente semicircolari; l’assenza degli spigoli,

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non vi sono i due archi ogivali, in realtà vi è una sorta di cupola a mezzasfera
tagliata dai 4 archi. Per capire meglio la struttura, sarebbe meglio chiamare tale
volta, a vela. Il vantaggio poi delle cupolone è la spinta verso l’alto, cosi da renderla
molto slanciata. Il portico degli innocenti è costituito da 9 campate porticate e 2
campate cieche alle estremità disposte su una sostituzione in pietra forte (contente
le cisterne granarie , circolari con volte semisferiche, una delle quali coperta a
spinapesce), fungente da podio per rendere maggiormente visibile la pura
geometria delle volte domicali. Proporzioni ad quadratum anche in elevato. Il piano
superiore è stato aggiunto in un secondo tempo (1436-40) al posto di un “tetto
selvatico”; i tondi dei Della Robbia occupano plausibilmente originari occulti di
sottotetto. Il fregio è sproporzionatamente alto perché uniformato all’altezza delle
volte tonde. All’interno le parti decorate sono successive. Con capitelli tiranti. Le
spinte degli archi trasversali sono contenute catene di ferro “scoperte” (ossia a vista
) e “coperte” ( ossia all’estradosso) mentre quelle degli archi longitudinali si
contrastano reciprocamente. Gli archi frontali sono realizzati con struttura a conci di
pietra serena, mentre quelli trasversali e quelli addossati al muro di schiena sono in
mattoni intonacati e dipinti a simulare la pietra serena. La purezza geometrica è
evidenziata dall’impiego di membrature in pietra serena grigia e superfici intonacate
in “bianco di San Giovanni”.
Semplicità costruttiva della volta domicale: bastava disporre sono agli abachi 4
appoggi dove lavoravano 3
operai, il centro del piano
di lavoro aveva un anello,
al quale veniva fissato un
raffio di curvatura della
volta. Nel solaio al primo
piano dell’Ospedale vi era
un piano di calpestio retto
da travi. Le ghiere degli
archi dell’Ospedale degli
Innocenti sono costituite
da soli 5 conci; i conci di
imposta sono fra loro
tangenti per evitare
qualsiasi movimento a
danno del tondo superiore.
L’architrave murale è costituito da lunghi conci disposti su due corsi.

Con questa logica Brunelleschi realizza anche grandi chiese come Santo Spirito:
grande raffinatezza nell’intaglio della pietra serena, realizzate da uno scalpellino,
con raffigurazioni tipiche dell’antico.

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San Lorenzo : colonne dal “fusto polito” e pilastri angolari scanalate e rudentate.

Brunelleschi si cimenta anche con la


realizzazione di una chiesa a pianta
centrale, Santa Maria degli Angeli:
opera che realizza in parte in
calcestruzzo. Opera incompiuta
impianto a 8 lati e 8 cappelle
all’interno e 16 lati all’esterno. Le
murature sono in pietre sbrecciate e
malta di cemento gettate entro
cassaforme di legno tolte a getto
concluso. Doveva essere coperta da
una cupola a spicchi (mai
completata) su tamburo ottagonale.

MICHELOZZO DI BARTOLOMEO E PALAZZO


MEDICI RICCARDI:
(dal 1444) si trova a Firenze, è. Un ‘opera di Michelozzo, commissionata dal
patriarca delle fortune dei Medici, Cosimo il Vecchio. Realizzò un palazzo cubico
dall'aspetto esterno imponente, ma sobrio ed austero (1444-1452 o 1460), intorno
ad un cortile centrale quadrato con colonne corinzie, ispirandosi in parte al recupero
di elementi classici operato da Leon Battista Alberti nella quasi contemporanea
realizzazione di Palazzo Rucellai. Fu però proprio il Palazzo Medici a fissare uno dei
modelli dell'architettura civile del Rinascimento a Firenze e non solo. Un esempio di
derivazione è Palazzo Strozzi. Michelozzo attinse dal rigore classico di Brunelleschi
per depurare ed arricchire la tradizione di stampo gotico fiorentina. La forma del
palazzo originario era pressoché cubica, con un cortile centrale dal quale un portale
permetteva l'accesso al giardino, circondato da alte mura.La sua facciata è un
capolavoro di sobrietà ed eleganza,
sebbene presenti caratteri
"eccezionali" come l'uso del
bugnato, che nel medioevo era
riservato normalmente ai palazzi
pubblici dove aveva sede un governo
cittadino. L'esterno è quindi diviso in
tre registri, separati da cornici
marcapiano con dentelli dalla
sporgenza crescente verso i piani
superiori. Al pian terreno esisteva un

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porticato d'angolo (murato nel 1517);
all'ultimo piano, al posto del cornicione a
mensole scolpite erano presenti dei merli
che ne accentuavano il carattere militare.
Lungo i lati est e sud corre una panca di
via, un alto zoccolo in pietra, che serviva
per ragioni pratiche e estetiche.Le bifore
scandiscono regolarmente la facciata,
incorniciate da una ghiera a tutto sesto
con un medaglione al centro con l'arme
dei Medici e rosoncini. Le finestre sono
leggermente differenziate tra piano e
piano, con cornici più larghe in alto in modo da bilanciare la minore altezza del
piano. L'effetto è comunque quello di dare maggior risalto al piano nobile.Il primo
registro è composto da un portico con colonne a fusto liscio e capitelli compositi ed
è concluso da un alto fregio con medaglioni che contengono stemmi medicei di
varia foggia e raffigurazioni mitologiche (attribuite a Bertoldo di Giovanni),
raccordate da affreschi di festoni (oggi frutto di ridipinture), ad opera di Maso di
Bartolomeo. Il secondo ordine, a muratura piena, è caratterizzato dalle bifore in
asse con gli archi del portico, che riprendono la foggia di quelle esterne, con in alto
un fregio graffito, mentre l'ultimo registro presenta una loggia trabeata con
colonnine d'ordine ionico, allineate con le linee del portico. La decorazione, nel
complesso, è tratta dal repertorio classico e composta con fantasia e secondo un
gusto per la contaminazione.

LEON BATTISTA ALBERTI: il


teorico e l’architetto.
Sarà Leon Battista Alberti a farsi interprete dell’opera vitruviana con le scritture dei
10 libri De Re Aedificatoria (1443-52, dedicato a Pio II) non una semplice
traduzione del lavoro dell’architettura romano, ma una moderna reinterpretazione
alla luce delle conoscenze dell’antico e del moderno.

Alberti nasce nel 1404 e muore nel 1472. Prima della pubblicazione di De Re
Aedificatoria aveva già scritto i trattati De Statua (1434) e il De Pictura (1435-36)

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rispettivamente dedicati alla scultura e alla pittura. Quest’ultimo era stato dedicato
al Brunelleschi e ai principali artefici del rinascimento fiorentino.

Intraprende lo studio dell’architettura anche grazie ad un’altra opera, la Descriptio


Urnis Romae (1446), opera onerosa segno della sua straordinaria frequentazione
delle rovine antiche: un vero rilievo topografico della città antica ( partendo dal
Campidoglio), e non una semplice descrizione scritta in prosa, ma una descrizione
numerica. Attendo quindi dal Campidoglio inizia a misurare tutte le rovine partendo
dal punto 0, realizzando una carta con coordinate cartesiane. Egli decise di
realizzare questo per poter studiare e conoscere la posizione “esatta” degli edifici.
Tutto questo venne realizzato grazie all’utilizzo di strumenti, che lui stesso inventa,
accenna all’interno della sua opera “Ludi rerum mathematicarum” (1448-50)
dedicati a Meliaduse d’Este:

• i “disco calibrato” ( per il calcolo delle distanze, forse mutuato dalla diottra di
Erone di Alessandra;

• lo “horizon” (si sua invenzione); l

• e scale graduate;

• le squadre mobili.

La prima stesura del De Re Aedificatoria avvenne forse a Ferrara alla corte di


Leonello d’Este. L’opera contiene una serie di principi, dove, in particolar modo,
viene esposto il concetto di un’architettura come un copro, le cui membra sono le
parti dell’edificio. Gli architetti imitano, interpretandola, la natura o, per meglio dire,
apprendono le regole che ne dominano i meccanismi (osservazione della natura,
anche del microcosmo, è sinonimo di conoscenza dell’universo, del macrocosmo.)
l’architettura deve essere espressione di “concinnitas universarum partium”,
ossia di armonia per la quale nulla possa essere tolto o aggiunto senza alterarne gli
equilibri. Equilibri traducibili in armonia musicale pitagorica, espressione
dell’armonia astrale, visualizzatile in rapporti geometrici sul piano e nello spazio.
Questa armonia è in un certo senso intrinseca nelle opere antiche. Secondo Alberti
devono essere rispettate “utilitas”, “venustas” e “firmitas”(solodità). La
corrispondenza fra corpo umano e architettura è ad esempio segnalata dal fatto che
un edifico deve avere un numero pari di membrature (colonne, pilastri, angoli) come
sono pari le membra dell’uomo e un numero disparti di aperture (porte, finestre,
occhi di portico, ecc.) .La bellezza intrinseca di un edificio è dunque dato dalla
“concinnitas”, ad essi si assomma la bellezza accessoria dell’ornamento, vale a dire
l’ordine architettonico, segno questo della perfettamente intesa lezione
dell’architettura romana.

Lo scopo dell’architettura è la facilità dell’uomo, del singolo e della comunità.

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STRUTTURA, OSSATURA E RIEMPIMENTI:
Alberti è molto chiaro nella ricerca della solidità,
data dallo studio dell’ossatura. L’edificio, detto
“structura”, si compone infatti di “ossatura” e
“riempimenti”, come era stato per i romani. Alberti
capisce che la perfetta solidità si ha con la perfetta
omogeneità del materiale. Se non fosse troppo
costoso ogni edificio dovrebbe essere
integralmente “ossea” e senza soluzione di
continuità fra strutture verticali ed orizzontali ( nel
caso di volte) o con perfette legature delle travi alle
murature e loro fitta disposizione (senza travicelli,
per i solai piani o palchi) . Per la “ossatura”
occorre impiegare i materiali migliori che devono
essere realizzate in “muratura ordinaria in tutto il
loro volume” e preferibilmente con pietre. La
solidità di un edificio comincia dalle fondazioni.
Alberti conosce gli effetti dei carichi concentrati
(esempio della racchetta da nave impiegata dagli abitanti dell’Appennini). Per
evitare cedimenti fondali consiglia l’esecuzione di: pozzi in muratura da riempire in
pietrame; pali o travi per palificazione; archi a cavallo dei settori che hanno ceduto o
più deboli. muratura in pietra e mattoni: segnala un’idea chiara del carico
concentrato e il carico distribuito. Suggerisce l’uso di grandi conci squadrati e l’uso
delle gradi bugne.

Alberti elogia le murature a conci di pietra impiegate a Firenze: richiamano l’antica e


poderosa massa delle costruzioni “etrusche” e conferiscono bellezza e solidità alla
città. Alberti consiglia l’impiego di simili tessiture anche per le fortificazioni. La
lavorazioni e la dimensione dei conci hanno un effetto anche psicologico sul nemico
(incutono terrore). Alberti consiglia la “politura” di qualsiasi pietra per salvarla dalla
“corrosione”. Le pietre vanno naturalmente fissate con grappe e caviglie.

Sempre a Firenze troviamo il Palazzo Pitti, costruito dal 1458 al 1469. L’ultimo
piano sarà poi eseguito un secolo dopo. È la prima applicazione dell’ordine
architettonica di Alberti alla facciata di un palazzo. In tal palazzo possiamo trovare
conci “ciclopici” (di diversi metri) che sporgono anche 50 cm. Bozze in pietra forte
(cavate sul posto) su tutti i piani; muri spessi per reggere le volte disposte su tutti i
piani; balconate di distribuzione esterna.

Alberti suggerisce l’uso del mattone, utilizzando mattoni regolari, di maggior


formato, levigato e tagliato, rendendo le superfici perfette come gli antichi. I mattoni
potevano anche essere “inventrati” (per resistere a umidità e gelo). I mattoni molto

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spessi in fase di cottura dovevano essere forati con un bastonino. Esano diffuse le
murature a secco e l’Alberti affermava che nel “tamponamento” lo spazio fra gli
involucri andava riempito con qualsiasi genere di pietre e frammenti vari.

Un ritorno all’antico è rappresentato anche dall’utilizzo del calcestruzzo. Alberti


individua l’origine di questo procedimento nella tecnica della “infactura”, ossia della
disposizione di malta di fango in cassero ligneo (il pisè), all’epoca ancora in uso in
Africa e in Spagna.

Alberti elogia le nicchie ricavate in spessore di muro che consentono di risparmiare


materiale, devono essere però ricavate in posizioni eminenti per evitare che
divengano ricettacolo di rifiuti,

La colonna per Alberti non era altro che un muro con vuoti prevalenti su pieni. Egli,
come Brunelleschi, preferisce le colonne “tonde” e “polite” (che meglio si addicono
ai templi) su quelle scanalate e rudentate. Le colonne giungevano in cantiere ancora
da “digrossare” e “tondare”, l’operazione avveniva mediante modelli in legno. Una
prima sgrossatura a martellina poteva essere fatta a piè d’opera: poi si procedeva in
opera anche la “renatura” (da eseguirsi con paste abrasive), la “stuccatura” e la
“lucidatura”. Alberti suggerisce di scomporre le colonne in: base, fusto (monolitico),
capitello, legati insieme da caviglie in ferro fissate a piombo. Le scanalature (da
verificare mediante squadre a 90°) servivano a far apparire i fusti più grossi, mentre
gli “ovoli” della rudentatura erano necessari per proteggerle nella parte bassa da
possibili colpi. Le colonne, come le spalle lapidee degli stipiti, venivano poste in
opera con speciali macchine:

• Macchina a vite.

• Macchina con carrello mobile.

• Macchina a sollevamento con funi: per le colonne “polite” e per le colonne


scanalate.

Le aperture: arco e trave e relativi appoggi : Alberti conferma la sua superiorità del
sistema tràbéato rispetto a quello ad arco. Ne riconosce però al contempo la
debolezza strutturale. Consiglia allora di disporre sopra gli architravi in pietra degli
archi ribassati in mattoni, sormontati da archi a tutto sesto.

Alberti si sofferma a parlare della disposizione delle finestre negli appartamenti:


ampie e basse in favore dei venti “salutari”; ampie e alte negli appartamenti
invernali; ampie a tramontana e piccole a meridione negli appartamenti estivi.
Suggerisce a chiusura e per purificare l’aria, altre al vetro, l’impiego di lastre
metalliche forate in rame e in piombo.

Alberti è un uomo che non ha un unico modo di fare architettura. La cosa


caratteristica è che si adatta ai contesti e ai materiali che ha, e che gli vengono

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richieste dai committenti. Per cui è estremamente versatile da questo punto di vista.
Resta però alla base dell’opera tutti quegli elementi che annuncia all’interno delle
sue opere.

San Sebastiano di Mantova: È il primo che introduce la voluta ionica, portale


tràbéato in cui compaiono “due orecchie da segugio” (ossia le volute dell’ordine
ionico).

Alberti parla anche della realizzazione di spazi di servizio, disapprovando le latrine.

Non si conosce alcuna firma di Leon Battista Alberti.

Le corti in cui lui lavorò e soggiornò: si presume che il De Re Aedificatoria sia stata
iniziato da Alberti allorquando frequentava la corte estense di Ferrara. Alberti dedicò
a Melladuse d’Este i Ludi Matematici nei quali affronta anche il problema del rilievo
geometrico. Alberti dedicò a Leonello d’Este il De equi animante, compilato in
occasione dell’arbitrato relativo al monumento equestre. Leonello d’Este è citata nel
De Re Aedificatoria laddove Alberti racconta di un suo coinvolgimento nelle
bonifiche idrauliche ferraresi.

Il campanile: è una costruzione duecentesca, che viene descritta da Alberti in


occasione della descrizione tra pilastri, colonne e archi. Alberti in qualche modo è
un personaggio che si adatta alle circostanze, manovra in perfetta armonia
l’adattarsi al lessico medievale. Utilizza il calcare di Verona, con la giunta di calcare
mericcio di color nero sempre veronese.

Santa Maria Novelle: la facciata di Santa Maria Novelle, frontone retto da una
sorte di tempio tetrastilo; bicromie nere e bianche grazie al marmo utilizzato.
Commissionata dalla famiglia
Rucellai. Realizzata da Alberti sono il
registro basso. Ordine di archi acuti,
ingressi laterali e esili semicolonne
(esene) che definiscono i comparti
quadrati. Alberti interviene
completando il registro cartonano il
portale. Arcata teatrale romana,
trasposizione in pietra motivo
disegnato da Brunelleschi. Per
mescolare le carte la semicolonna
ribadisce l’angolo, dove Alberti
inserisce una citazione dell’antico
per sdrammatizzare. Il registro superiore è completamente di Alberti, che realizza
l’attico, con una fascia in cui inserisce dei piedritti posizionati a suo piacimento. A
completare le campate maggiore e le campate minori, inserisce delle volute con

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decori marmorei. Il rivestimento è addossato, incastrato alla muratura di pietra. Nel
rinascimento ciò che è antico diventa moderna, ciò che è contemporaneo diventa
antico.

Palazzo Rucellai (1460): in realtà non lo costruisce ex novo, ma era già presente. Il
palazzo quindi è in realtà un insieme di costruzioni e di stili. Che poi venne
comprato dalla famiglia Rucellai, lasciando la muratura principale, modificando il
rivestimento. Alberti collabora con Rossellino, che diventerà poi il suo braccio
destro e che completerà l’edificio. La facciata originaria a 5 campate, subito
ampliate a 7 e prevista ancora più ampia, ma rimasta incompiuta. Il rivestimento di
conci in pietra forte ancorati alla muratura mediante staffe di ferro. Per la prima volta
compare un ordine architettonico nella facciata, trasformando l’edifico in un
agglomerato di ordini diversi. Venne realizzato uno schema verticale /orizzontale,
inserendo le varie finestre. Vi sono ancora le panche all’esterno, utilizzate dalle
persone per riposarsi durante l’attesa. Il registro basso è marcato da un motivo a
lombi, fatta di pietra. La parte inferiore era destinata ad uffici e magazzini, mentre la
parte superiore era quella nobiliare. Porte a volute con architrave in tre blocchi
sormontato da sopraluce di alleggerimento.

Tempio Malatestiano (dal 1450) : a Rimini Alberti venne chiamato dal cosiddetto
“tiranno di Rimini”, è l’autocrate, ossia il principe guerriero con potere assoluto che
ha bisogno di nuovi edifici, Sigismondo Malatesta. Esso più che una chiesa è un
tempio. Realizzato per celebrare la vittoria contro Alfonso d’Aragona. Alberti
interviene sull’edificio pre-esistente, questo
voluto dal committente. Egli costruisce una
seconda pelle, un involucro nel quale inserire
il tempio. Costruisce una serie di grandi
pilastri e la facciata. Utilizza dei marmi antichi
provenienti delle necropoli di Rimini, utilizza
pietre gessose locali, camuffando questa
chiesa. La medaglia che testimonia il lavoro di
Alberti, 1450, venne coniata da Matteo
d’Pasti, che mostra il progetto completo con
strutture e dettagli parzialmente eseguite:
basamento in opera isodoma; facciata a 3
fornici aperti; campata centrale con portale
arretrato; semicolonne reggenti una
trabeazione aggettante; tordi nei pennacchi
dei 3 archi; edicola comporta da arco con apertura tripartita; tribuna con cupola
emisferica. Il progetto anche in questo caso non viene compiuto. Il basamento è
un’opera quadrata. Alberti utilizza la tecnica dei piccoli blocchi, impiegando: pietre
gessose tagliata (tipiche del luogo), marmi antichi, pietra d’Istria, calcari veronesi,

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pietre dure e pregiate degli scavi di
Ravenna. Il registro superiore non è finito,
si può infatti osservare la muratura della
cattedrale. Questa facciata confine degli
intagli, affidati ad Agostino Duccio. Il
modello di questa architettura lo trae
direttamente dall’arco di Augusto. Il
tempio venne gravemente danneggiato
con le guerre, venne poi ampiamente
ricostruito. Alberti decise di inserire anche
ai fianchi del tempio una serie di pilastri
con arcate che si ripetono, costituiscono il
pretesto per inserire le arche dei dignitari di corte e iscrizioni encomiastiche e
mascherare. Utilizza una pietra locale tagliate
a lastre. Il fatto di staccarsi dalla parete
medievale non è casuale, egli infatti prese le
dovute distanze, anche per evitare di coprire
le finestre medievali. Alberti opta per coprire
la navata con una volta in legname ( o in
canna greca) in sostituzione di una volta in
muratura. Sempre nel 1454 Alberti dà
indicazione al De’Pasti su come modificare i
raccordi di facciata, arricchendoli di 2 ampie
motivi a voluta. Probabilmente per
mascherare la volta a botte ingombrante, che
egli voleva modificare. La cupola doveva essere semicircolare. Ma ci sono dei dubbi
sulla statica, decide quindi di realizzare una cupola come quella dei romani. La
cupola è emisferica, forse a creste e vele, forse a spina pesce e a corsi orizzontali.

La Chiesa di San Sebastiano: altra costruzione incompleta è la chiesa di San


Sebastiano a Mantova. Costruita come ex voto dedicato a San Sebastiano
protettore della peste e Miles Christi in previsione di una crociata, per liberare
Costantinopoli. Rimpianto a croce
greca, preceduta da un vestibolo,
non è contemplata nel De Re
Aedificatoria. Non è una perfetta
croce greca, non essendo le braccia
della croce allineate con gli angoli
rinforzati. È in realtà un quadrato con
angoli rinforzati. Le enormi braccia
sono dei contrafforti che devono

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contenere i pilastri e che devono reggere la cupola.

S. Andrea: è l’opera più elegante di Alberti, creando un nuovo tipo di chiesa, dove
le tradizionali navatelle delle chiese basilicali e gotiche furono sostituite da una serie
di cappelle laterali: questo impianto permetteva ai fedeli che si riuscivano in chiesa
di avere una perfetta vista. L’ispirazione per questo tipo di pianta venne da edificio
romani come le terme di Diocleziano e la basilica di Massenzio, dove il peso della
volta era sostituita da enormi piedritti che potevano essere resi cavi per formare
aperture ortogonali all’asse principale. L’enorme volta a botte cassettonata, larga
quasi 18 metri è retta da pilastri concentrici piccole cappelle quadrate a cupola, che
si alternano con le cappelle maggiori voltate a botte interposte ai pilastri. La facciata
è una variante perimetri incisiva di temi antichi.

Michelozzo, Bramante, Leonardo e Filarete laborano tutti per gli Sforza.

MICHELOZZO DI BARTOLOMEO E PALAZZO


MEDICI RICCARDI:
(dal 1444) si trova a Firenze, è. Un ‘opera di Michelozzo, commissionata dal
patriarca delle fortune dei Medici, Cosimo il Vecchio. Realizzò un palazzo cubico
dall'aspetto esterno imponente, ma sobrio ed austero (1444-1452 o 1460), intorno
ad un cortile centrale quadrato con colonne corinzie, ispirandosi in parte al recupero
di elementi classici operato da Leon Battista Alberti nella quasi contemporanea
realizzazione di Palazzo Rucellai. Fu però proprio il Palazzo Medici a fissare uno dei
modelli dell'architettura civile del Rinascimento a Firenze e non solo. Un esempio di
derivazione è Palazzo Strozzi. Michelozzo attinse dal rigore classico di Brunelleschi
per depurare ed arricchire la tradizione di stampo gotico fiorentina. La forma del
palazzo originario era pressoché cubica, con un cortile centrale dal quale un portale
permetteva l'accesso al giardino, circondato da alte mura.La sua facciata è un
capolavoro di sobrietà ed eleganza,
sebbene presenti caratteri
"eccezionali" come l'uso del
bugnato, che nel medioevo era
riservato normalmente ai palazzi
pubblici dove aveva sede un governo
cittadino. L'esterno è quindi diviso in
tre registri, separati da cornici
marcapiano con dentelli dalla
sporgenza crescente verso i piani
superiori. Al pian terreno esisteva un
porticato d'angolo (murato nel 1517);
all'ultimo piano, al posto del

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cornicione a mensole scolpite erano
presenti dei merli che ne accentuavano il
carattere militare. Lungo i lati est e sud
corre una panca di via, un alto zoccolo in
pietra, che serviva per ragioni pratiche e
estetiche.Le bifore scandiscono
regolarmente la facciata, incorniciate da
una ghiera a tutto sesto con un
medaglione al centro con l'arme dei
Medici e rosoncini. Le finestre sono
leggermente differenziate tra piano e
piano, con cornici più larghe in alto in
modo da bilanciare la minore altezza del piano. L'effetto è comunque quello di dare
maggior risalto al piano nobile.Il primo registro è composto da un portico con
colonne a fusto liscio e capitelli compositi ed è concluso da un alto fregio con
medaglioni che contengono stemmi medicei di varia foggia e raffigurazioni
mitologiche (attribuite a Bertoldo di Giovanni), raccordate da affreschi di festoni
(oggi frutto di ridipinture), ad opera di Maso di Bartolomeo. Il secondo ordine, a
muratura piena, è caratterizzato dalle bifore in asse con gli archi del portico, che
riprendono la foggia di quelle esterne, con in alto un fregio graffito, mentre l'ultimo
registro presenta una loggia trabeata con colonnine d'ordine ionico, allineate con le
linee del portico. La decorazione, nel complesso, è tratta dal repertorio classico e
composta con fantasia e secondo un gusto per la contaminazione.

DONATO BRAMANTE
(1444-1514)
Donato bramante nacque a Fermignano, presso Urbino, dove si forma, nella Corte
di Montefeltro nella quale lavorano una serie di personaggi importanti in questo
periodo, e dove Bramante diventa pittore prospettico. Ad Urbino vi è una palestra
molto importante dal punto di vista della prospettiva, dove troviamo ad esempio
Piero della Francesca con la Flagellazione (1444-1470). Altri dipinti prospettici sono:
“la Città ideale” a Washington; “la città ideale” a Berlino e infine “la Città ideale” ad
Urbino. Dove maturano nuove ricerche prospettiche.

Lo Studio lo Federico da Montefeltro (1473-76): lo studiolo è l’ambiente piccolo


nel quale vi soggiorna Federico. Il tutto viene concepito secondo uno schema ad
armadiatura. Vi sono alcune panche su cui il principe poteva appoggiare gli oggetti,

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le quali venivano estratti da questi finti
armadi. In realtà appaiono come finti
armadi, ma vi sono presenti delle ante,
dove all’interno troviamo anche qua
oggetti vari. Capacità straordinaria per la
realizzazione dei riflessi degli oggetti. Lo
studiolo di Federico venne corredato
anche da una serie di dipinti, conservati
solo in parte ad Urbino il resto sparsi per
il mondo. Sopra vi sono i grandi
pensatori laici ed ecclesiastici,
Sant’Agostino, Aristotele… anche il
principe in questione venne raffigurato.
Rappresenta la figura ideale del principe del passato, seduto sopra un torno e che
si occupa della propria cultura.

Ad un certo punto Bramante si sposta, trasferendosi a Milano, facendo prima tappa


in Lombardia. Prima a Mantova, dove vide le opere di Leon Battista Alberti e
Andrea Mantegna. Poi a Bergamo, dove affrescò la facciata del palazzo del
Podestà, commissionato un ciclo di filosofi dell’antichità.

Nel nord vige ancora la cultura tardo-gotica. Vediamo in particolare che nel 1470
venne commissionata da Bartolomeo Colleoni a Giovanni Antonio Amedeo il
completamento della sua Capella funeraria, la Cappella Colleoni sempre a
Bergamo, iniziata da Guiniforte e Francesco Solari. Amedeo aggiunse delle
decorazioni policrome e diverse sculture in stile antico, alcuni medaglioni, piccole
colonne, busti, altorilievi di Storie dell’Antico Testamento e Storie di Ercole. I due si
incontreranno anche a Milano, nei cantieri del Tiburio
del Duomo e di Santa Maria delle Grazie.

MILANO PRIMA DELL’ARRIVO DI BRAMANTE:


FILARETE.

Finalmente Bramante arriva a Milano, dove si trova un


fiorentino come architetto di punta, ossia Filarete.
Lascia alcune opere, tra cui la più celebre è quella
della Torre Sforzesca del Castello di Vigevano.
Questa torre ha delle caratteristiche non proprio
classiche, esso è oggi una sorta di falso storico, per
via delle tante trasformazioni e cambiamenti che sono
avvenuti negli anni. Sempre Filarete lascia un
documento, nel quale troviamo un progetto di
riedificazione della città di Milano. Osserviamo un

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impianto stellare, con le porte che stanno nelle
concavità della stella, gli assi, l’acquedotto
ispiratosi a quelli romani e il cuore pulsante
della città circolare che si estende. Tutto questo
non venne realizzato.

A Milano non vi è solo Filarete, ma anche


Michelozzo. Il quel venne inviato dai Medici
per progettare la filiare della banca a Milano, il
palazzo Banco Mediceo. Dell’edificio, andato
distrutto, sopravvive, nel Codice
Magliabechiano, un disegno di Antonio Avellino
e il Portale scolpito, che troviamo a Milano, nel
museo di Castello Sforzesco.
Sempre a Milano, vediamo la realizzazione della
Cappella Portinari (1462-68). Cappella a cubo, con tiburio e con una cappella
estradossata all’interno che dall’esterno non si vede. L’interno si attiene più a
schemi moderni sopratutto per quanto riguarda le decorazioni architettoniche grigie.
Le squame dell’intradosso.

A Milano troviamo anche Leonardo da Vinci. (1482-1499/1500) il quale fa una serie


di consulenze. Leonardo propone una città di due livelli, il livello superiore pedonale.
Cenacolo : dove domina la figura umana, non solo come personaggio ma
studiandolo dal punto di vista anatomico. Opera realizzata ormai alla fine del
soggiorno di Bramante.

BRAMANTE A MILANO

Bramante viene coinvolto nella questione del Tiburio del Duomo di Milano ( il
tiburio è un elemento architettonico che racchiude una cupola proteggendola. Può
assumere svariate forme, come quella cilindrica, cubica, parallelepipeda o
prismatica, a seconda che la cupola abbia pianta poligonale p circolare.
Generalmente è costituito da un tetto a spioventi chiuso in sommità da una
lanterna) . Nel 1481 muore Guiniforte Solari, che intorno al 1470 aveva rafforzato gli
arconi gotici tra i quattro pilastri centrali con dei robusti “archi romani” nascosti nella
muratura. Restano a capo del cantiere suo figlio Pietro Antonio Solari e il genero
Giovanni Antonio Amedeo. Viene allora convocato il maestro tedesco Giovanni
Nexemperger, all’epoca responsabile della Cattedrale di Strasburgo. Vengono
convocati, fra gli altri, anche Bramante, Leonardo da Vinci, Luca Fancelli che definì il
Duomo “..fabbrica senza misura e senza ossa..”.

Bramante propose un tiburio a impianto quadrato e sulla questione scrisse una


relazione.

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Il cantiere dove Bramante tocca l’apice è S. Maria
presso San Satiro. La chiesa fu costruita per ospitare
un’immagine miracolosa della Vergine. Il committente
fu inizialmente il duca Galeazzo Maria Sforza,
raffigurato con la moglie Bona di Savoia nell’icona
sull’altare. La costruzione continuò poi grazie al
sostegno di Ludovico il Moro. La successione dei
lavori fu complessa ed in parte ancora da chiarire, e i
documenti sinora reperti non comprovano
definitivamente che la soluzione dell’abside
prospettica sia da attribuire a Bramante: questa
comunque è l’attribuzione preponderante nella
letteratura artistica, nonostante nel contratto del 1486
l’Amedeo appaia in una veste preponderante e che pertanto
alcuni ritengono che la paternità dell’intero progetto sia da
ascrivere all’Amedeo. Aveva una pianta a croce greca
inscritta in un quadrato circoscritto da un cerchio; aveva
perciò in sé il germe del futuro progetto bramantesco di S.
Pietro a Roma. Originariamente il tutto era decorato in
bianco, azzurro ed oro, e l’impressione ottica doveva essere
ricchissima. Altrettanto contrastante ed incerta è
l’attribuzione della Sacrestua bramantesca a pianta
ottagonale. Nell’estremo del complesso troviamo il primo
esempio di utilizzo a Milano di un ordine classico, nella
facciata su via Falcone.

Sancello di S. Satiro: il sacello è un piccolo recinto


circolare o quadrato, con un altare, che nell’antica
Roma si dedicava a divinità protettrici; nell’architettura
cristiano, chiesetta o cappella costruita con particolari
caratteristiche e destinazioni devote. All’epoca del
Bramante risale la decorazione esterna. È di epoca
rinascimentale anche il rivestimento esterno, circolare,
con le nicchie affiancate da paraste corinzie, che
sorreggono un’alta trabeazione. Al di sopra della
struttura a Croce greca, che si vede emergere dalla
costruzione circolare, fu aggiunto i tiburio ottagonale,
sormontato dalla lanterna. La decorazione in cotto è costituita dai concioni a motivi
vegetali, dai capitelli delle paraste e dai tondi con teste scolpite caratteristici della
trabeazione milanese.

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Canonica di S.Ambrogio: Ludovico il
Moro e il fratello Ascanio Sforza
commissionarono l’uno la Canonica per
il clero secolare (attorno ad un
monumentale cortile quadrato, a nord
della basilica), e l’altro i due chiostri per il
convento dei monaci cistercensi (a sud
della basilica). Bramante venne chiamato
per realizzare il cortile porticato, con una
serie di colonne all’antica, ma molto più
slanciate per dilatare verso l’alato la
proporzione del loggiato. Inserisce un
tributo a Vitruvio, nei fusti delle colonne.
Sono le cosiddette colonne a forma di tronco d’albero, con dei rami in qualche
modo tagliati ma non recisi. Bramante riuscì a costruire, tra il 1492 e il 1499, solo
uno dei quattro lati previsti e ad impostare le colonne per il secondo, che non verrà
mai completato.

Chiostro di S.Ambrogio: (dal 1497 al XVI sec.) anche qui l’uso dell’ordine, con
colonne sopraelevate. Al primo piano è la soluzione tipicamente “ bramantesca”
delle finestre incorniciate in arcate minori, che vedeva un “pieno”, cioè una lesena,
impostato sopra la mezzeria di un arco.

Tribuna del Convento domenicano di


S. Maria delle Grazie: chiesa dedicata
alla Vergine, i lavori iniziano negli anni
60 del 400, dove vediamo per la
maggior parte maestranze lombarde. A
dirigere i lavori venne chiamato
Guinforte Solari, già ingegnere capo
della fabbrica del Duomo, dell’ospedale
Maggiore e della Certosa di Pavia.
Venne realizzata come cappella
commemorativa degli Sforza, a pianta
centrale, dove dalla tribuna si accede al
chiostro quadrato, anche esso opera di
Bramante. Il convento salariano si
articolava attorno a tre chiostri. Il
chiostro dell’Infermeria, originario
alloggio delle truppe del Vimercati (il
machete che donò l’appezzamento di
terra) inglobato nella costruzione. Il

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Chiostro Grande, su cui affacciano le
celle dei frati, e il Chiostro dei Morti
attiguo alla chiesa. Di questo chiostro
oggi è possibile vedere solo la
ricostruzione post-bellica, in quanto
interamente distrutto dai
bombardamenti del 1943. Iniziata dalla
zona absidale, contemporaneamente
alla costruzione del convento. Il Solari
si attenne alla tradizione gotica
settentrionale: tre navate, archi a sesto
acuto, facciata a capanna, cotto per le
murature, granito per le colonne e i
capitelli a foglia. Le navate sono coperte da volte a crociera con castoni. La fattura
dei capitelli, non più a foglie lisce com’era uso, ma con motivi che richiamano
l’ordine corinzio, è una timida concessione allo stile classicheggiante che ormai si
stava diffondendo anche al nord.

Tribuna di S. Maria delle grazie: nel 1492 il nuovo signore


di Milano, Ludovico il Moro, all’indomani del matrimonio con
Beatrice d’Este, decise l’erezione di un monumento che
testimoniasse anche a Milano il nuovo lessico
rinascimentale. La tribuna fu edificata fra il 1492 e il 1493
per suo volere come mausoleo per se e per la propria
famiglia. Un cubo di dimensioni imponenti, al cui centro si
erge la cupola emisferica, raccordata da pennacchi, nei
quali sono iscritti tondi che racchiudono i quattro Dottori
della Chiesa. In tutto la decorazione si ripetono i tondi
iscritti nell’alta trabeazione, nei pennacchi e nella cupola, il
motivo della ruota radiata, già usata da Bramante. Delicata
decorazione a graffito, che rende vibranti le superfici con il
suo tenue chiaroscuro. Vi è un mix di antico e medievale nella
concezione generale dell’edificio. All’interno si riconosce il
gusto di bramante per le citazione brunelleschiane. Con
cerchi decorativi con dipinti i balaustri.

Duomo di Pavia: Attribuito da Bramante, il progetto


planimetrico dell’imponente Duomo di Pavia è basato
sull’innesto di un nucleo ottagonale a cupola con un corpo
longitudinale a tre navate. Oltre al progetto planimetrico, a
Bramante viene attribuita anche il disegno della cripta
(terminata nel 1492), della parte basamnetale della zona

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absidale dell’edificio e della sagrestia. Il cantiere proseguì lentamente attraverso i
secoli con diverse fasi costruttive, ritardi dovuti alla mancanza di fondi e farvi
problemi strutturali. Nel cinquecento diresse a lungo i labori Pellegrino Tibaldi, ma fu
solo nel XVIII secolo che si lavorò agli otto titanici pilastri dell’ottagono innalzando,
sotto la direzione di Benedetto Alfieri, l’altissimo tamburo, aperto da sedici finestrini,
che nel 1766 fu portato fino all’altezza dell’imposta della cupola e poi coperto da un
soffitto provvisorio in legno, destinato però a durare per oltre un secolo.

BRAMANTE A ROMA ( dal 1455)

Con la caduta di Ludovico Sforza, Bramante si


trasferisce a Roma sotto il pontificato di Giulio II
della Rovere.

Palazzo Venezia: a Roma il Cardinale Pietro


Barbo aveva fondato nel 1455 il suo palazzo
turrito e meriato (palazzo Venezia) che, dopo la
nomina a papa come Paolo II, fa ingrandire e
trasformare dall’architetto Francesco del Borgo.
Un edificio tradizionale che poco concede alla
nuova maniera di L.B. Alberti.Il palazzo,
che venne costruito inglobando edifici
precedenti, era essenzialmente
articolato su due corpi di fabbrica: il
Palazzetto, affacciato tra piazza
Venezia e via San Venanzio, costruito
dal 1455, e il corpo principale. Quindi
un ampio cortile rettangolare ( il cui
loggiati superiore è rimasto
incompiuto) e un giardino pensile
anch’esso circondato da un porticato
loggiato. Il portico inferiore del
giardino pensile è scandito da colonne
ortogonali con capitelli in parte corinzi e in parte più fantasiosi che reggono arcate
con una trabeazione retta da mensole come quella brunelleschiana della Sagrestia
Vecchia di San Lorenzo a Firenze. Il registro superiore è strutturato analogamente
ma retto da tozze colonne ioniche.

Palazzo Riario ( della cancelleria) : costruito ero


Raffaello Riario a partire dal 1489 e probabilmente su
progetto di Baccio Pontelli dopo aver consultato Giuliano
da Dangallo, Mantegna, Melozzo da Forlì e forse
Bramante. Il cortile è una declinazione monumentale del

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cortile del Palazzo Ducale di Urbino. L’ala
d’ingresso fu completata nel 1495 dopo che
Pontelli lasciò il cantiere nel 1492. L’area su cui
sorse il palazzo era occupata dalla chiesa di san
Lorenzo in Damaso. I lavori vennero programmati
in modo da non interrompere il culto nella vecchia
chiesa paleocristiana che verrà demolita dopo la
costruzione della nuova. Sono quattro le torri
angolari come nei palazzi di ispirazione
filarentiana, albertiniana e fancelliana e rivestito in
pietra.

Chiostro di S.Maria della Pace: venne realizzato a


partire dal 1500, si accede attraverso un portale
laterale (veduta diagonale) l’angolo con la soluzione
brunelleschiana della parasta filiforme. Sistema
tràbéato, però per il problema della luce inserisce
delle colonnine posizionare nel vuoto, perché nel
registro inferiore non vi è la continuazione.

Palazzo Caprini (casa di Raffaello) :


realizzato nel 1501, purtroppo andato
perduto ma che costituisce una vera e
propria rivoluzione dal punto di vista dei
palazzi. Esso è un palazzetto borghese,
divenendo il prototipo per la realizzare di
tutti gli altri edifici. Influsso dei mercati
traianei, sopratutto in basso. Trabeazione
dorica nella parte superiore, riprodotta per
la prima volta; applicazione per la prima
volta di semicolonne al piano superiore. La
grande rivoluzione sta anche nell’utilizzo di
materiali poveri, rivestendo la maggior parte della volte con lo stucco.

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Tempietto di S.Pietro in Montorio: essa è la prima


opera realizzata da Bramante a Roma, costruito
all’interno di un convento di francescani spagnoli.
Ricevette l’incarico nel 1502 da Ferdinando e Isabella
d’Aragona per indicare il punto in cui erroneamente si
pensava che fosse stato crocifisso San Pietro. Per la
prima volta dai tempi romani, Bramante prese un
edificio periptero a pianta centrale coperto da cupola,
cioè una cella circolare completamente circondata da
un colonnato. San Pietro in Montorio è un tentativo di
conciliare gli ideali cristiani con quelli umanistici, in
quanto il piccolo edificio a pianta centrale si rifà ai
martyria paleocristiani. In quanto edificio circolare la
sua forma venne inoltre considerata come la
rappresentazione della realtà terrena e divina.

Cortile del Belvedere: costruito per papa Giulio II su modello della Domus
transitoria, (un edifico di 1000 passi, che con Nerone collegava il Palatino alla
Domus Aurea), Bramante venne chiamato per collegare il cortile con il Vaticano.
Bramante prevede due corridoi di 1000 piedi divisi da un ampio cortile terrazzato
con scalinate, rampe e giardini. Bramante si ispira al Tempio della Fortuna, che è di
fatto un santuario caratterizzato da una serie di terrazze collegate tra loro con

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scalinate. In questo caso lo spazio è molto più dilatato in senso longitudinale. Per
evitare la monotonia tra gli spazi, li differenzia, realizzando un enorme cortile
d’onore, con un porticato su pilastri dai quali partono altri piani. Diventando lo
spazio di rappresentanza del papa, dove avvengono cerimonie, tornei… questa
sorta di grande rettangolo diventa quindi una sorta di anfiteatro, prevedendo anche
una gradinata, realizzata verso il Vaticano. Bramante realizza con acceso vertila,
una scalinata elicoidale, ossia fatta lungo l’aspirale.

L’idea originaria di Bramante è stata talmente variata da rendere irriconoscibile la


partitura delle fasciate. L’esedra di Bramante è stata modificata in nicchino
dall’architetto Pirro Ligorio, che ha anche alzato di un piano gli edifici del secondo
giardino. I piani concepiti da Bramante: 3 nel cortile basso; 2 nel primo giardino e 1
nel secondo giardino.

MICHELANGELO E LA TOMBA PER GIULIO II (dal 1505)

A Michelangelo venne affidato il compito di realizzare una monumentale tomba per


il papa, da collocarsi nella tribuna (in via di completamento) della Basilica di San
Pietro. Esso prevedeva una colossale struttura architettonica isolata nello spazio, a
base rettangolare composta ……

Bramante e il progetto per San Pietro: il progetto per la ricostruzione dell’antica


basilica paleocristiana di S. Pietro affidato nel 1506 da papa Giulio II a Bramante era
straordinariamente ardito. i progetto di Bramante è ricostruibile attraverso due fonti
principali: l’immagine su una medaglia coniata nel 1506 dal Caradosso e un disegno
autografo che ne rappresenta parte della pianta. Bramante elaborò il progetto di un
edificio a pianta ce tale come S. Pietro in Montorio, anche se di
dimensioni ben maggiori, su scala sovrumana. Si
trattava essenzialmente di una croce greca con
un’abside a conclusione di ogni braccio e una
gigantesca cupola simile a quella del Pantheon su un
tamburo colonnato sopra la crociera; cupole minori
erano poste gli angoli della croce e altri campanili
erano collocare a lato della facciata principale.
Tuttavia il progetto ebbe delle complicazioni in
particolare nella trasformazione delle quattro cappelle
d’angolo in croci greche supplementari, che venivano
così a configurare un deambulatorio quadrato intorno allo
spazio della cupola centrale. Alla morta di Bramante nel
1514 erano stati completati di questo progetto la parte
inferiore dei grandi pilastri della crociera e l’inizio degli
archi cassettoni che connettono i pilastri e sostengono la
cupola. l’attuale cupola di S. Pietro poggia ancora sui

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pilastri e sugli archi di Bramante. Il progetto subisce da subito delle critiche, ci si
pone il problema dello spazio, dei rischi strutturali e sull’eccessiva snellezza dei
piloni progettati da Bramante il quel procede a rinforzarli e a citare il proprio
progetto in una pianta longitudinale con ambulacri di
rinforzo. Per ragioni di costi i deambulatori vengono
abbandonati e Bramante è costretto a riutilizzare le strutture
murarie del Coro di Rossellino. Nonostante gli sforzi, in
sette anni, si costruiscono solo i piloni della grande cupola
e Giulio II dispone che il Coro ( Cappella Iulia) venga ornato
di marmi e mosaici ed illuminato da sedici seriane che
dovevano impiegate parte delle colonne della basilica
costantiniana. Bramante scandisce l’interno con un ordine
gigante di paraste su alti dadi ispirato a quello del
Sant’Andrea albertiano.

Mentre progetta e concepisce S. Pietro, Bramante realizza anche il Coro di s. Maria


del Popolo (1505-08): Giulio II incarica Bramante di sistemare il Coro della chiesa. Il
coro ha dimensioni monumentali e un a pianta a base quadrangolare con volta a
vela. Ai fianchi della campata quadrata cometa da una volta a vela in legno e
stucco distinta da Pinturicchio verranno collocare due monumenti funebri per di
Andrea Sansovino.

Progetto per il Palazzo del Tribunale: il progetto del palazzo fu commissionato a


Bramante intorno al 1506 da papa Giulio II che voleva realizzare una sede unica per
i vari tribunali civili, ecclesiastici e penali di Roma. Il progetto prevedeva una
grandiosa facciata su via Giulia, un grande cortile centrale porticato su due ordini e
una cappella sull’asse di simmetria. L’edificio fu iniziato introno al 1508 circa; nel
1511 i lavori si interruppero. Fu costruito così fino al primo piano e poi rimasto
incompiuto per alcuni decenni. In seguito, dopo la morte del pontefice, il progetto fu
abbandonato e sul sedile vennero costruiti edifici privati, utilizzandone in parte le
fondazioni e il basamento ancora visibili a tratti.

Progetto per la villa di Genazzano: resta incompiuta e rimangono i ruderi della


Loggia detta “Ninfeo”.

La santa casa di Loreto: tra il 1507 e il 1509, in qualità di architetto a servizio per il
papa, Bramante fu chiamato ad occuparsi del Santuario della Santa Casa di Loreto,
che Giulio II aveva portato sotto la diretta giurisdizione pontificia. La chiesa era già
stata edificata e l’intervento di Bramante si limitò al progetto della facciata (mai
realizzata), della piazza antistante e del Palazzo Apostolico adiacente, oltre che al
disegno di quell’autentico gioiello che è il rivestimento marmoreo che racchiude
“Santa Casa di Nazareth”. Esso è il primo santuario dedicato alla vergine.

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MICHELANGELO E LA TOMBA PER GIULIO II (dal 1505)

A Michelangelo venne affidato il compito di realizzare una monumentale tomba per


il papa, da collocarsi nella tribuna (in via di completamento) della Basilica di San
Pietro. Esso prevedeva una colossale struttura architettonica isolata nello spazio, a
base rettangolare composta da tre ordini, che dalla base, andavano restringendosi
gradualmente. Attorno al catafalco del papa, in posizione sopraelevata si trovavano
una quarantina di statue, dimensionate in scala superiore al naturale, alcune linee
nello spazio altre addossate a nicchie o ai pilastri. Il progetto per il nuovo S. Pietro
distolse il papa dall’impresa. Da un monumentale mausoleo a pianta rettangolare
con più di quaranta statue, si finì per arrivare a un monumento addossato a una
parete di una basilica secondaria romana, con appena 7 statue di cui solo tre create
da Michelangelo.

• Il primo progetto ci è noto tramite le fonti (Condivi e


Vasari): esso prevedeva una colossale struttura
architettonica isolata nello spazio, a base rettangolare
composta da tre ordini che, dalla base, andavano
restringendosi gradualmente, in una sorta di piramide
architettonico-scultorea. Al di sopra si trovavano una
quarantina di statue, dimensionate in scala superiore al
naturale, alcune libere nello spazio, altre addossate a
nicchie o ai pilastri, all’insegna di un gusto per la
grandiosità e l’articolazione complessa. Il registro inferiore
in particolare prevedeva da due a quattro nicchie,
ciascuna contenente una stataàiai di Vittoria alata,
incorniciata da una serie di statue maschili. Il piano
superiore doveva contenere quattro grandi figure sedute. Michelangelo partì cosi
alla volta delle cave di Carrara, dove desiderava scegliere personalmente i blocchi
di marmo da impiegare. Durante la sua assenza però si mise in moto una sorta di
complotto ai suoi danni, mosso dalle invidie tra gli artisti della cerchia papale. La
scia di popolarità che aveva anticipato l’arrivo di Michelangelo a Roma doveva
infatti averlo reso subito impopolare tra gli artisti al servizio di Giulio II,
minacciando il favore del pontefici e la relativa disposizione dei fondi che, per
quanto immensi, non erano infiniti. Fu così che nella primavera del 1506
Michelangelo, mentre tornava a Roma carico di marmo e di aspettative, fece
l’amara scoperta che il suo progetto non era più al centro degli interessi del papa,
accantonato in favore dell’impresa della basilica e di nuovi piani bellici contro
Perugia e Bologna.

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• Il testamento del papa riprendeva il vecchio progetto, che però, d’accordo con gli
eredi, venne modificato, siglando un nuovo contratto nel maggio di quell’anno. La
modifica fu l’addossamento della tomba a una parete e l’eliminazione della
camera mortuaria, caratteristiche che vennero mantenute fino al progetto finale.
L’abbandono del monumento isolato, troppo grandioso e dispendioso per gli
eredi, comportò un maggiore affollamento di statue sulle facce visibili.

• TERZO PROGETTO: Nel luglio 1516 si giunse a un nuovo contratto per un terzo
progetto, che riduceva per un progetto, che riduceva il numero delle statue. I lati
vennero accorciati dino alla spessore di una sola nicchia, ancora contenente una
Vittoria e due Prigioni addossati ai pilastri al di sotto dei
busti. Il monumento andava assumendo così l’aspetto di
una monumentale facciata, mossa da decorazioni
scultoree. Al posto della partitura liscia al centro della
facciata viene forse previsto un rilievo bronzeo e, nel
registro superiore, il catafalco viene sostituito da una


figura del papa sorretto come in un pietà da due figure
sedute, coronate da una Madonna col Bambino sotto una
nicchia. I lavori alla sepoltura vengono bruscamente
interrotti dalla commissione da parte di Leone X dei lavori
alla basilica di San Lorenzo, proseguiti poi anche sotto
Clemente VII.

• Quarto progetto: I rapporti con gli eredi Della Rovere si fanno in questo periodo
sempre più tesi:nel 1522 Francesco Maria Della Rovere chiese indietro il denaro
anticipato per la tomba e nel 1524 arrivò a minacciare un processo. Michelangelo
preparò così, nell'ottobre 1526, un nuovo progetto, il quarto, che però venne
rifiutato dagli eredi. Non si sa esattamente in cosa consistesse, ma
probabilmente, come ricostruito da Charles de Tolnay, si trattava di un'ulteriore
semplificazione, con la rimozione dello spessore per le nicchie laterali, ottenendo
così una forma puramente frontale, e con una serie di nicchie in cui, al centro,
doveva esser collocata la figura del papa seduto.

• Quinto progetto: A quel punto intervenne Clemente VII, che mediò per
raggiungere un nuovo accordo. Il 29 aprile 1532 si arrivò così a un nuovo
contratto, con cui l'artista si impegnava a eseguire il lavoro in tre anni. Si sa solo
che in quell'occasione venne mutata la destinazione del sepolcro, non più San
Pietro in Vaticano ma San Pietro in Vincoli, e che dovevano essere impiegati i
marmi già lavorati.Di nuovo però le statue furono lasciate incomplete e, sebbene,
unite a quelle già scolpite, avrebbero potuto essere sufficienti per la sepoltura,
secondo le vantaggiose condizioni ottenute con la mediazione papale,
Michelangelo non riuscì a onorare le condizioni contrattuali: infatti di lì a poco

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accettava l'incarico di dipingere per Clemente VII il
fantasmagorico Giudizio Universale (1534-1541): per
liberarlo dagli impegni con gli eredi Della Rovere papa Paolo
III arrivò a emettere un motu proprio che liberasse l'artista
da altri incarichi (17 novembre 1536).Tra gli anni trenta e i
primi anni quaranta si arriva al culmine della "tragedia della
Sepoltura": Michelangelo viene accusato di essersi
appropriato iniquamente di grossi anticipi e di aver
addirittura praticato l'usura con tali proventi, accuse
gravissime, dalle quali l'artista cercò di difendersi
alacremente.

• Sesto progetto (definitivo): Completato il Giudizio, Paolo III si


interpose (23 novembre 1541), affinché gli eredi di Giulio II,
tra cui Guidobaldo II Della Rovere, accettassero che la sepoltura fosse terminata
da altri artisti, sia pure sotto la guida di Michelangelo. Scaduta ormai da anni
l'impegnativa, il 20 agosto 1542 venne firmato l'ennesimo contratto: fu l'ultimo,
infatti questa volta si diede finalmente corso all'opera, che fu completata nel 1545,
con un ampio ricorso agli aiuti, che lavorarono in base ai suoi disegni. Il maestro
riutilizzò il Mosè al centro e fece di sua mano le due figure femminili di Rachele e
Lia, simboleggianti rispettivamente la vita contemplativa e la vita attiva

RAFFAELLO SANZIO
Raffaello è allievo di Perugino, ricevette una formazione come pittore in Umbria.
Raffaello si specializza nella definizione degli sfondi architettonici dipinti,
raggiungendo vette di straordinaria qualità nella tavola con Lo Sposalizio delle
Vergini del 1504 superando il suo maestro. Fu in particolar modo attratto dalla più
pacata armonia classica delle prime opere di Bramante, come di avverte in dipinti
quali la Scuola d’Atene nelle Stanze Vaticane.

Stanze Vaticane: le stanze vaticane sono 4 sale in sequenza che fanno parte dei
Musei Vaticani e sino cos’ chiamata perché affrescate dal grande pittore Raffaello.
Giulio II, pochi anni dopo l’inizio del suo pontificato, si rifiutò di utilizzare
l’Appartamento Borgia, indissolubilmente legate al suo predecessore Alessandro VI.
Seconda quanto testimonia Vasari questi ambienti presentavano già decorazioni
quattrocentesche importanti, con alcune pareti affrescate da Piero della Francesca,
Benedetto Bonfigli… in un primo tempo la ridecorazione degli ambienti venne
affidata a un gruppo di artisti tra cui Pietro Perugino, Peruzzi… perugino, ad
esempio, lavorò alla volta della Stanza dell’incendio nel 1508, ma il suo lavoro non
piacque al papa che lo liquidò velocemente. Fu probabilmente Bramante, architetto

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pontifico incarica di ricostruire la Basilica Vaticana, a suggerire al pontefice il suo
conterraneo Raffaello Sanzio.

Stanza della Segnatura: Affrescate da Raffaello tra i


1508 e il 1511. L’ambiente prende il nome dal più alto
tribunale della santa sede, presieduto dal pontefice.A
giudicare dai temi degli affreschi nonché da
testimonianze relative all'appellativo di biblioteca
superiore in uso sotto il pontificato del Della Rovere, si
suppone che la stanza dovesse essere destinata a
servire da studio e biblioteca di Giulio II.Il tema iconografico è quello
dell'ordinamento ideale della cultura umanistica, divisa in teologia, filosofia, poesia e
giurisprudenza, a ciascuna delle quali è dedicata una parete in corrispondenza della
personificazione femminile ritratta nel medaglione della volta. Inoltre vi si può
leggere un'esaltazione delle categorie neoplatoniche del Vero, del Bene e del Bello.
Il Vero razionale e naturale è rappresentato dalla Scuola di Atene; il Vero teologico (il
Vero Supremo, Dio) è rappresentato dalla Disputa del Sacramento; il Bello dal
Parnaso, il Bene dalle Virtù e dalla Legge raffigurata nella volta e nella parete delle
Virtù, sia come legge canonica (Gregorio IX approva le Decretali), che come legge
civile (Triboniano consegna le Pandette a Giustiniano).

Stanza Eliodoro: Fu i secondo ambiente che Raffaello affrescò, tra il 1511 e il 1514.
Il nome deriva da uno degli affreschi delle pareti, che sono composte da un grosso
lunettorne, su cui è imposta una volta a crociera.

Stanza di Costantino: la sala, commissionata nel 1517, venne affidata a Raffaello


che ebbe modo di esaltare la figura di Costantino Magno e della Chiesa, della sua
vittoria sul paganesimo e al suo insediamento nella città di Roma. Si tratta di una
celebrazione storico-politica che proseguiva le riflessioni della seconda e terza
stanza.

Stanza dell’incendio: è l’ultima stanza in cui lavorò personalmente Raffaello. La


volta invece venne affrescata dal Perugino tra il 1507 e il 1508.la stanza
dell’incendio di Borgo era destinata a sala da pranzo e prese il nome da uno delle
storie parietali. La scena mostra il miracoloso spegnimento dell’incendio divampato
nel Borgo grazie all’intervento di Leone IV. La scena, impostata su violenti gruppi
asimmetrici, alludeva al ruolo pacificatore del pontefice, ed alla sua attività per
spegnere i conflitti tra le potenze cristiane.

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Raffaello e le scuderia della Farnesina: la scuderia sono commissionate a
Raffaello dal banchiere Agostino Chigi. L’edifico è scandito da una sequenza di
paraste binate sovrapposte (doriche e corinzie) a definire la regolare scansione delle
scuderie vere e proprie al piano terra e della Foresteria al primo piano. Le Scuderie
sono state in gran parte demolite ed il loro prospetto principale era rivolto a via
Lungara. Oltre alle scuderia, Raffaello e la sua équipe si occupano della
decorazione pittorica di Villa Farnesina. Alla mano del
maestro va ascritta la celebre Galatea.

Realizza anche la cappella per Agostino Chigi di


Santa Maria del Popolo: realizzata per i due fratelli.
Raffaello concepisce un impianto centrico
sull’esempio del San Pietro bramantesco. Poggiando
la cupola su 4 piloni più ridurre lo spessore del miro
della cappella quatrocentesca ed ampliarla a ben 7
metri. La cappella è inquadrata da un ampio arco in
marmo che enfatizza l’effetto monumentale in uno
spazio ridottissimo. La ricchezza e la spazialità
dell’ambiente sono enfatizzate dalla luce che penetra
da ben 8 finestre nel tamburo. I monumenti funebri
conformati a svelta piramidale, conducono lo sguardo verso
l’alto e il finto oculo di cielo dal quale si affacciata Dio Padre
che chiama a sé le anime.

Sant’Eligio degli Orefici a Roma: Raffaello progetta un


edificio sacro con funzioni assembleari per gli Orefici di
Roma. Lo schema è quello di Santa Maria delle Carceri a
Prato, opera di Giuliano da Sangallo.

Palazzo di Jacopo da Brescia: Palazzo che venne demolito


e spostato. Fu realizzato sulla via Alessandrina. Fa una
reinterpretazione del palazzo Caprino. Togliendo però le
arcate dalla facciata. Realizza il piano nobile introducendo
una sequenza di lesene non singole ai lati. Aumenta

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l’altezza dell’edificio con l’attico, che ha una sorta di ordine astratto, cioè delle
riquadrature. Un piccolo cortile al centro, una scala di servizio a chiocciola. Questo
palazzo venne edificato per Jacopo da Brescia, medico del papa Leone X. Vengono
impiegati mattoni e peperino stuccati a simulare il più pregiato travertino. Come le
Scuderie della Farnesina anche qui il piano terreno è voltato, mentre il piano nobile
è soffittato con palchi lignei. Le botteghe al piano terreno, con il loro mezzanino,
sono ritagliata entro un basamento con bugne a corsi schiacciati quasi a formare un
cuscino. Il piano nobile è architettonicamente rilevato, grazie all’articolata palasticità
delle finestre frontonate e ai fasci di paraste tuscaniche. Il piano attico con
quadrature. La facciata prospettante su Piazza San Pietro era dotata di un’insolita
quadratura trionfale che incorniciava lo stemma marmoreo di papa Leone X. Visto
da Piazza San Pietro il Palazzo sembrava più lungo perché la trabeazione mostrava
6 triglifi nella prima campata e 4 triglifi nelle 4 campate seguenti con restringimento
delle matope. Oggi l’edificio ha perduto il proprio isolamento.

Il palazzo Albertini Cicciaporci (dal 1512): l’edificio è strutturato su di un piano


terra bugnato con botteghe e mezzanino, piano nobile con ordine architettonico e
piano attico con riquadrature. Questo è un
palazzo che nasce probabilmente come
palazzo d’affitto. Il palazzo possiede un
possente angolo acuto che assume il profilo di un
massiccio pilastro. Alla costruzione contribuito (dal
1516-17) anche Giulio Romano. Il paramento
laterizio di sottili mattoni a vista è messo in
contrasto con le membrature in travertino. Giulio,
dopo la morte di Sanzio, è chiamato a ridimensionare fortemente il progetto che
sarà concluso solo dopo il 1864.

Palazzetto Branconio dell’Aquila: progettato per l’amico Giovan Battista


Branconio dell’Aquila, ciambellano del papa, fu demolito già nel XVII secolo,
sorgeva in fregio al raffaellesco Palazzo di Jacopo da Brescia. Il piano terreno è
scandito da semicolonne tuscaniche che inquadrano le arcate di 4 botteghe con
mezzanino. Le finestre a parapetto inquadrate da una cornice con frontoni
triangolari a nicchie e sormontare da in mezzanino e dalla decorazione a medaglioni
e festoni vegetali a rilievo. Il pianto attico con finestre a parapetto è decorato, come
i precedenti palazzi di Raffaello, da riquadri architettonici in cui campi erano
originariamente affrescati.

Villa Madama: nel 1517 Leone X acquista in lotto il terreno su Monte Mario e
dall’anno successivo inizia i lavori di edificazione. La villa si ispira ai modelli antichi
descritti da Plinio il Giovane (per l’articolata complessità e la natura degli ambienti) e
da VItruvio (per la sequenza vestibulum, atrium e peristylium), da Bramante (per le

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logge). L’approccio alla villa del Vaticano aveva le caratteristiche di un percorso
processuale che attraverso un viale rettilineo conduceva prima ai giardini terrazzati (
di forma ovale, rotonda e quadrata) e poi all’edificio. Un portale fiancheggiato da
due torri circolari si apre sul primo cortile,
profondo circa 50 metri, al quale sono
collegate la cantina, la cucina e la dispensa.
Si attraversa il vestibolo e l’atrio per arrivare
al cortile interno ( inizialmente rettangolare e
poi circolare). Dal cortile si entra nella
grande loggia affacciata sul giardino
terrazzato. Oltre il muro di cinta del giardino
terrazzato l’asse longitudinale si sviluppa
lungo gli altri giardini con un’estensione
maggiore di quella del Cortile del Belvedere
in Vaticano. All’angolo del muro di cita dello xystus è prevista una torre con la
cappella il cui interno è conformato come quello del tempietto bramantesco di San
Pietro in Montorio. L’asse trasversale collega la
villa con Ponte Milvio. Nel 1518-17 iniziano i
lavori e movimenti franosi sconsigliano un
cortile rettangolare, sostituito da Antonio da
Sangallo il Giovane con un cortile tondo,
statisticamente più resistente. Nel secondo
progetto il cortile diventa circolare, Raffaello si
ispira a Plinio il Giovane. L’appartamento estivo
è l’unico ad essere stato realizzato e si
compone della celebre loggia da una sala, da un’anticamera, dal soggiorno del
cardinale e dalla piscina esterna il cui muro sostiene il terrazzo dello xystus. Nel
1520 l’unica parte terminata alla morte di Raffaello è la Loggia sul giardino, forse
l’architettura profana più
importante del
Rinascimento. La grande
loggia si distacca dal
modello del Ninfeo di
Genazzzano per
accostarsi alla
monumentalità degli
ambienti absidati delle
Terme di Diocleziano a
Roma. Le decorazioni
pittoriche sono di Giulio
Romano, Giovanni da Urbino e Baldassarre Peruzzi. L’esterno della villa venne

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realizzato dopo la morte di Raffaello, sotto la supervisione di Giulio Romano. Il
primo piano è scandito da un ordine ionico gigante mentre il cortile, non finito, è
scandito sa semicolonne alternate a finestre in edicola.

GIULIO ROMANO (1494(?)-1546)


(forse 1499)
Giulio Romano è allievo prediletto di Raffaello, all’intero della bottega sin dal 1513.
Egli non fu solo pittore, una delle sue opere di maggior prestigio venne realizzata tra
1515 e il 1519 occupandosi degli affreschi nelle Stanze Vaticane. A seguito della
morte di Raffaello (1520), agisce in autonomia con la costruzione di alcuni edifici e
palazzetti. Indurrà, per sempre, Baldassare Castiglione a proporgli ed ottenere la
sua partenza per Mantova, nel 1524.

I palazzetti, costruiti intorno alla metà del Quattrocento, dovettero conciliare le


esigenze di vita degli abitanti al rinnovamento del volto urbano delle città,
avvicinandosi, al contempo, ai prototipi dell'antichità.
L'introduzione del cortile al centro dell'edificio, derivata dai
modelli planimetrici del passato, divenne pertanto il principale
elemento caratterizzante la nuova disposizione all'antica.
Questa tipologia prevedeva un complesso edilizio chiuso
attorno ad un cortile, con piccole aperture al piano terreno e
finestre regolari, di dimensioni più ampie, nei registri superiori.Il
rivestimento parietale, nel primo Rinascimento, è costituito dal
bugnato (Il bugnato è una lavorazione muraria utilizzata
nell'architettura sin dall'antichità e ripresa, con modalità e forme
diverse, fino all'epoca contemporanea, caratterizzata da blocchi
di pietra sovrapposti a file sfalsate preventivamente lavorate in
modo che i giunti orizzontali e verticali risultino scanalati ed
arretrati rispetto al piano di facciata della muratura, con un effetto
aggettante di ogni singolo blocco) e dai semipilastri.

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Palazzo di Adimari-Salviati ( 1520): Giulio inizia la costruzione per il vescovo
Filippo Adimari, dell’edificio su via della Lungara, ma l’esecuzione, mentre lui è a
Roma, non va oltre il piano terreno. Il fronte si connota
per l’impiego delle bugne in travertino che marcano il
basamento, la campata mediana terrena del portale e
profilano le finestre del piano terra e i settori verticali
sino alla cornice. L’avancorpo centrale, con gli
ambienti di rappresentanza (atrio e salone), aggetta
leggermente rispetto alle ali laterali che contengono le
stanze private. L’edifico verrà completato e ampliato a
partire dal 1550 dopo la morte di Giulio. Il centro
dell’asse viene marcato con l’intensificazione delle
bugne, con la realizzazione del balcone. ( caratteristica che prende dagli antichi, in
particolare visibile negli acquedotti romani). Per la realizzazione dell’edificio utilizza
pietra di recupero in particolare per i motivi ornamentali.

Villa Lante ( 1521) : villa di Baldassarre Turrini, ossia colui che si occupò del
testamento di Raffaello. La villa viene eretta sul
colle Gianicolo sulle rovina di un edificio antico
appartenente ad un poeta latino, utilizzandone le
fondamenta. Essa è un piccolo circolo realizzata
come luogo di incontro per un ristretto numero di
amici intellettuali. Nelle camere Giulio dipinge la
Riscoperta dei testi antichi e Raffaello, in veste di
poeta, con Dante, Petrarca e Poliziano. A pianta
quadrata con un piano terra contenuto con la presenza di 4 spazi chiusi, dal quale si
accede ad una loggia ora vetrata. Gli ambienti sono tutti voltati. I prospetti esterni
sono giocati su ordini sovrapposti, uno diverso dall’altro. Con addirittura il fianco
che ospita il salone con un prospetto cieco, realizzato per dissimulare le diverse
quote delle volte delle camere, per la presenza di finestre. La villa è organizzata
secondo una precisa e moderna organizzazione degli spazi, con la presenza di un
piano basamentale, che costituisce il piano dei servizi. Al di sopra del piano terra
c’è la parte per la servitù. La cosa originale sta anche nella loggia, che esibisce la
Serliana Continua ( apertura continua, composto da un arco a tutto sesto
affiancato simmetricamente da due aperture sormontate da un architrave, fra l’arco
e le due aperture sono collocate due colonne) Con stucchi antichi, sia con motivi
geometrici che scultorei.

Palazzo Stati Maccarani : Giulio recupera un modello raffaellesco/bramantesco,


con un palazzetto ad asse centrale. Piano terra con botteghe e mezzanino, finito a
solido bugnato; piano nobile con ordine binato di lesene tuscaniche che inquadrano
campo di finestre con frontone triangolare e curve alternate. Al secondo piano

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l’ordine binato è ridotto in
astratte fasce geometriche e le
finestre sono chiuse da archi
ribassati. Le bugne diventano
motivo dominante del piano
basamentale, che vanno a
fasciare l’ingresso principale,
realizzate in travertino. Con
piattabande monumentali.
Mentre la muratura era in
origine rivestita di un intonaco
chiaro a finto travertino.
L’impianto completamente
simmetrico , con camere di
diverso formato, ma con la presenza di un cortile centrale. Con ingresso disastrato,
presente al lato. Lo stretto e alto androne introduce nell’angolo del cortile, unico lato
porticato di uno spazio scandito dalla sovrapposizione di alte lesene tuscaniche e
ioniche. Al capo opposto del portico sono le scale.

Giulio Romano e la propria casa: Macello dei Corvi : Giulio eredita la casa dEI
genitori e nel 1524 ( alla vigilia della sua partenza a Mantova) ne progettò il restauro.
Non è una delle sue opere più originali a causa dei forti condizionamenti delle
preesistenze. Il fronte dell’edifico (demolito) era pensato solo su due campate,
quella dell’ingresso ad arcate trionfale romana, trabeazione semplificata, ma fregiata
da un motivo a greca sulla quale poggiava la finestra ad edicola ionica con
semicolonne fasciate. La seconda campata, leggermente arretrata, era fregiarti
come la prima, da un’opus isodomum particolarmente raffinato che ne accentuava
invece la bidimensionalità.

Giulio Romano a Mantova (1524-36)


Palazzo Te: Era in realtà un edificio preesistente, una sorta di azienda agricola,
costituita da un insieme di fabbriche in uno spazio grosso modo quadrato.
Esistevano delle scuderia, con la presenza di una muraglia che chiudeva la fabbrica
verso ovest. Federico II di Gonzaga chiese a Giulio Romano di ristrutturare l’intero
fabbricato. Giulio Romano conserva le strutture antiche, non demolisce niente.
Recupera quando era possibile, nascondendo alcune murature o spostandole. Per
fare questo egli realizza una specie di seconda pelle, con l’utilizzo di pietra,
simulando le bugnate, giocando sulla plasticità della facciata. Giulio realizza una
facciata 3d, realizzando elementi in rilievo, utilizzando il mattone rivestito in stucco,
elemento caratterizzante l’architettura di Giulio. L’intera facciata in origine doveva
essere interamente rivestita con policromi. Anche il tema della loggia è una grande

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novità che importa Giulio, con la realizzazione di un triforio con tre aperture e
voltate, con un doppio loggiato, abbinate, rette da pilastri fasciati da bugnato, non
perfettamente regolati. Le ghiere sono fatte di finti conci di pietra sbozzata rustica,
che vanno a tagliare la cornice. L’opera rustica, che serviva soprattuto nei piani
terreni, torna qui su tutta la villa. Di fronte agli appartamenti non c’è più l’ingresso
ma un cortile privato. L’ingresso avviene da un vestibolo che richiama l’atrio
tetrastilo romano. Ai lati del vestibolo si organizzano degli spazi di servizio.
Consesso con l’appartamento maschile, si ha l’appartamento dell’Ospite, ossia di
rappresentanza per Carlo V. Una serie di camere dedicate ai trionfi ( sala dei cesari,
la camera dei giganti.. trionfi legati alla vita di Carlo V). Infine gli ambienti
dell’appartamento di Carlo V. Gli accessi ai giardini erano voltati con un gioco di
nervature esagonali, rette da colonne semi-lavorate, con un fusto rustico, il quale
attende di essere levigato e perfezionato. Le falde del tetto non erano visibile,
perché c’era un terrazzo cieco. La facciata verso il giardino, con triglifi che cadono
assieme al concio, sono le chiavi delle piattabanda della trabeazione. Grande loggia
di Davide: con gruppi tetrastili, interamente costruiti in 3d, colonne in laterizio
intonacato. Una delle logge più monumentali del 500, dove vi sono 4 colonne
trabeate, volte e dipinti. La loggia si specchia nella peschiera, realizzata per fornire
pesce e dalla quale si specchia l’edifico. Arcate nel ponte, servivano per creare
degli spazi cosi il pesce poteva stare all’ombra. L’effetto è sfalsato, perché nel 700
venne demolito l’attico e una seconda loggetta. Nell’anticamera c’è la sala
completamente affrescata con dei cavalli, i preferiti dal marchese. Tutto dipinto con
finti marmi e statue. l’unico elemento in pietra è il camino. Il soffitto è cassettonato
appeso, con un fregio interamente realizzato con putti (sempre per fare scherzi).
Camera di psiche: la storia di psiche è rappresentata nella volta, L’episodio qui
descritto rappresenta il momento in cui Psiche, istigata dalle sorelle invidiose,
decide di scoprire il vero volto di Amore, sfidando la sua volontà di restare celato.
Camera dei giganti: l’intera camera viene amplificata da due effetti: con il
pavimento: realizzato con piccoli ciottoli, incavato e in penombra con un camino;
architettura terrena sulle pareti realizzata in fina pietra che regge dei pennacchi al
dispera delle quale ci sono le nuvole, sulle quali poggiano gli Dei dell’Olimpo.

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Appartamento di Troia (1536-39):

Casa di Giulio Romano a Mantova: Essa venne modifica nell’assetta nell’800,


grazie alle modifiche realizzate dall’architetto Paolo Pozzo, ampia l’edificio. L’edifico
conserva però i caratteri della facciata Giuliesca. I sottarchi in finto porfido rosso
sono 500eschi, il bugna è appiattito con due livelli di finitura, piattabande sulle
aperture. Una seconda cornice che si spezza all’arrivo di quella sorta di frontone.
Nel sottarchi del piano nobile le finestre sono frontonate. Scultura di mercurio, che è
un torso antico con elementi moderni, posta sull’asse centrale. Al piano terra
l’ingresso di puzzola va a distruggere lo studio di Giulio, mentre sopra c’è il salone
affrescato con Giove. I festoni in alto di frutta e
fiori, intervallati da (vulcani) 3.17 se.

Abbazia di Polirone (1540) : edificio di


fondazione romanica, dove Giulio interviene
conservano i muri originali medievali, rivestendoli.
Riproducendo il motivo della travata ritmiche.
L’interno doveva essere romanico, con archi a
pieno centro su colonne, che vengono trasformate
in seriliane, sostituendo gli appoggi.

Cattedrale di Mantova: Nel 1545 il Duomo fu


ristrutturato da Giulio Romano, che lasciò intatte la facciata e le pareti perimetrali
ma ne modificò sostanzialmente l'interno, trasformandolo in forma simile all'antica
Basilica di San Pietro a Roma in versione paleocristiana. Dietro le incrostazioni, la
trabeazione, vi sono delle arcate romaniche ma viene eliminata nel registro basso.
Edifico che ha un navata maggiore con 4 laterali, dedicato a San Pietro

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Costantiniano. Volte a botte delle prime due navate laterali. Viene ultimata dopo la
morte di Giulio.

Porta Giulia (1549): A Mantova, nella Cittadella di Porto.


La porta era a est, concepita come una sorta di arco di
trionfo, ma in questo caso militare. Realizzata
interamente in pietra, questo perché costituiva un
materiale di maggior resistenza agli attacchi militari.

ANTONIO DA SANGALLO IL
GIOVANE (1485-1546)
Antonio da Sangallo il Giovane per San Pietro.

Nel 1514, poco prima della morire, Bramante


aveva iniziato a costruire ( con Giuliano da
Sangallo e Fra Giocondo) i transetto del
megalomane progetto voluto da papa Leone X
per San Pietro. Nell’estate del 1514, alla morte di
Bramante, subentra nel cantiere Raffaello. Nel
1515 Giuliano da Sangallo e Fra Giocondo
abbandonano il cantiere e Raffaello resta l’unico
responsabile. Nel 1516 Antonio da Sangallo il
Giovane subentra a Giuliano da Sangallo ed
affianca Raffaello. Dal 1518 prende le distanze dal
secondo progetto di Bramante e dalle idee di
Raffaello che lo conduce avanti, suggerendo
l’eliminazione degli ambulacri, l’allungamento
della navata e la sequenza di cupole sulla navata.
Poi, per conto, pensa all’accorciamento della
navata, riducendola a sole 3 campate, propone
l’eliminazione dei campanili, lamenta la mancanza
di cappelle laterali e la statica della cupola. In particolar modo, Antonio da Sangallo
propone per il nuovo progetto della basilica di San Pietro: lo che a quincunx; con la
realizzazione di un basamento per il pavimento, quindi andando ad soprelevare
l’intera struttura; la realizzazione dei deambulatori; l’eliminazione delle navate laterali
e la realizzazione nella navata centrale una copertura a tre campate; nella cupola la

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presenza di un doppio tamburo, con la sovrapposizione di ordine ionico e dorico; un
cambiamento nella realizzazione della cupola con l’inserimento di un enorme
lanterna centrale. Nel 1538 Sangallo fece costruire un enorme modellino ligneo, il
quale è giunto sino a noi. Si tratta di un modello apribile che consente di
apprezzare anche l’interno della Basilica.

Opera principale dal punto di vista di architetto urbanista, Palazzo Farnese a


Roma: realizzato per Cardinale Farnese. Questo modello, nella sua vista di facciata,
da l’idea di una maggiore rigidità. Sangallo non è considerato un maestro dal punto
di vista delle invenzioni architettoniche, questo però è un edificio estremamente
monumentale. Da un primo progetto semplice, si passa da un progetto più
ambizioso, collegandolo con la Villa Farnesina ( Villa Ghigi), con la realizzazione di
un ponte sopra il Tevere. Il palazzo poi verrà terminato da Michelangelo. Al suo
interno vengono disposti alcuni reperti archeologici di scavi delle terme di Caracalla,
ad esempio le due vasche di granito di fronte al palazzo, trasformando lo spazio in
un piazza privata. All’interno vengono disposte il famoso Leone ed Ercole. Il
prospetto non possiede mezzanini, si sviluppa su tre registri. Incornicia il portale
principale e gli angoli del palazzo. Il resto viene realizzato con paramento laterizio,
perfettamente levigato e posizionati secondo la tecnica romana. Si stacca quindi
dagli ordini precedenti. L’unico movimento, oltre alle finestre, è presento sul poggio,
ma di realizzazione di Michelangelo, come anche il cornicione. Intonaci corrugati nel
piano terreno; mattoni con la bicromia. La pianta costituisce un esempio di quasi
perfetta regolarità, qua infatti non sono presenti i problemi di precedenti edificio e
ne problemi economici. L’impianto ha la regolarità sia nella definizione delle camere
che del cortile. Il cortile è preceduto da un atrio colonnato tetrastilo. In
corrispondenza dell’atrio verso il giardino c’è la loggia. Il vestibolo atrio, voltato con
cassettoni piani riccamente decorati, con colonne. Il primo registro sul cortile era
un’arcata teatrale, con una sovrapposizione di ordini, di semicolonne ed arcate
trionfali romane, che rimandano ai modelli del Teatro di Marcello. Dal 1540 inizia la

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trasformazione da palazzo cardinalizio a palazzo pontifico. La monumentalità la si
osserva dentro il Salone di Ercole su due livelli illuminato da una doppia serie di 5
finestre e 3 in testata. Per poter far ciò deve spostare le rampe superiori della scala
nell’ala sinistra , conferendo ai gradini un profilo lievemente inclinato all’insù. Il
salone è privo di decorazioni. La sala dei Fasti, al disopra del vestibolo. Le finestre
di Michelangelo, si discostano dalle finestre di Sangallo, vennero realizzate sul
modello del secondo piano del cortile bramantesco del Belvedere; le paraste
sovrapposte richiamano quelle del raffaellesco di Jacopo da Brescia. Esse vengono
realizzate con doppia cornice e orecchioni.

BALDASSARRE PERUZZI
(1481-1536)
È stato un architetto, pittore, scenografo studioso dell’architettura e ingegnere
militare. Impiegato in vari campi di attività, fu uno dei pochi a potersi considerare un
“uomo universale”, a pari della figura di Raffaello.

Nato ad Ancaiano, nell’attuale comune di Siena, si formò come pittore a Siena con
Pinturicchio e Francesco di Giorgio Martini al seguito del quale è probabile abbia
iniziato un’attività architettonica, a soli vent’anni infatti gli venne affidata la
realizzazione del progetto di Villa le Volte della famiglia
Ghigi.

Villa alle Volte (1500) per Sigismondo Chigi: la sua


prima opera risale a poco dopo il 1500 quando il
banchiere Sigismondo Chigi gli commissiona di
ingrandire la Villa Chigi nei dintorni di Siena. La villa è
conformata a C con doppia loggia centrale di sole 4
campate. ( nel suo impianto generale anticipa per
certi aspetti la Farnesina)

Villa Farnesina: incaricato da Agostino Chigi di realizzare una villa affacciata al


Trastevere. L’edifico della villa con l’inserimento dei due avancorpi, inserita in un
grande giardino ( giardino maggiore) e un giardino segreto, posizionato sul retro.
Mentre le scuderie vennero progettate da Raffaello. Nella composizione generale,
l’ingresso principale avveniva attraverso la prima loggia, munito di avancorpi
(decorata da Raffaello) e preceduto da un cortiletto con recinzione che lo separava
dalla strada, dalle scuderie e dal giardino segreto sul retro. Il giardino segreto dietro

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la villa, è inserito in un più vasto giardino, all’interno del quale vi era un seconda
loggia con piscina e grotta direttamente affacciate sul Tevere. La cucina, la dispensa
e la cantina sono ricavate nel piano basamentale
seminterrato. I 2 mezzanini sopra il piano terreno ed il
piano nobile contengono le stanze degli ospiti di minor
riguardo e le stanze della servitù. Il piano nobile ospita il
salone, le camere dei Chigi e il belvedere. La villa
presenta delle decorazione a rilievo con putti, festoni a
stucco nel fregio del piano superiore. La loggia: la loggia
consentiva, a destra il diretto accesso all’anticamera e
alla camera privata di Agostino Chigi. Proseguendo verso
l’interno, attraversando il vestibulum, si accedeva alla
sala da pranzo che, mediante una corte scala,
comunicava con giardino segreto ricavato sul retro. Le decorazione del vestibolo o
Loggia di Amore e Psiche sono a opera di Raffaello e dei suoi collaboratori. Mentre
la stanza delle prospettive venne dipenda dallo stesso Peruzzi.

Facciata della cattedrale vecchia di Carpi


(1513) : nel 1513 Albero Pio, signore di Carpi,
commissiona a Peruzzi il disegno della facciata
della cattedrale Vecchia di Carpi. Peruzzi si ispira
alla soluzione adottata da Bramante per S.Maria
del Popolo a Roccaverano col corpo alto centrale
che corrisponde alla grande navata, e le ali più
basse che corrispondono alle navatelle. L’interno
della cattedrale di Capri venne realizzata sempre
da Peruzzi, ispirandosi al secondo progetto di
Bramante per San Pietro in Vaticano. Impianto a
quincunx e longitudinale con navate di 3 campate.

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La cupola non è estradossata, ma racchiusa entro un alto tiburio; le finestre sono
seriane.

Cattedra di Bologna : nel 1522, a Bologna, Peruzzi compila 3 progetti per la


facciata di San Petronio. Disegna una sezione longitudinale nella quale coniuga il
lessico fatico con la cupola ottagonale a spicchi.

Progetti per San Pietro a Roma: dopo la morte di Raffaello (1520)


Peruzzi viene nominato secondo architetto di San Pietro e vice di
Antonio da Sangallo il Giovane.

Peruzzi e il Palazzo Massimo a Roma: ( dopo il 1527): Peruzzi


viene chiamato per completare la residenza di uno dei fratelli Massimo, Pietro
Massimo, che possedevano 3 edifici sulla via papale, danneggiati durante il sacco
di Roma del 1527. Peruzzi avvia l’opera, interviene su un lotto molto irregolare, con
profilo curvo. E l’interno giocato su
una serie di ambienti di piccole
dimensioni senza alcuna simmetria.
Peruzzi inizialmente non sa come
muoversi, prevede di rettificare la
strada per creare una facciata piana,
optando in seguito per lasciare la
curva, mettendo in dialogo tale
facciata con una via laterale. Peruzzi
convince Pietro nell’acquistare una
parte di palazzo del fratello.
Enfatizza il tutto con un gioco di luce
ed ombra, realizzando una loggia,
posta all’esterno e al piano terra.
Una loggia concepita secondo le direttive antiche, con due
gruppi di colonne binate; gruppi di colonne e pilastri binati. La
planimetria segue la curvatura della facciata, amplificata dalla
due nicchie che servono per contenere le due statue,
interamente coperto da cassettoni. Peruzzi limita l’uso
dell’ordine architettonico solo al piano terreno con un binario
tuscanico di lesene che si fanno paraste e colonne nel
vestibulum loggiato. L’ordine architettonico è presente nelle
volute di ordine ionico, posizionate al di sopra di colonne di
ordine composito. Il fronte settentrionale è configurato con
una soffia tuscanica trabeata coperta da una olla a botte con
cassettoni aperti per dare luci.

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GIROLAMO GENGA (1476-1551)


La sua prima formazione avvenne ad Urbino dove si distinse come scenografo per
Francesco Maria delle Rovere. Fu, poi, negli ultimi anni del secolo, allievo al seguito
del pittore Luca Signorelli a Orviedo. Dopo il 1516 e l’allontanamento del Della
Rovere da Urbino, Genga si trasferì a Roma dove entrò in contatto con Raffaello,
Giulio Romano e Peruzzi.

Villa Imperiale a Pesaro (dopo il 1522) : nel 1522, Genga riceve l’incarico di
ampliare la quattrocentesca Villa Imperiale di Pesaro. Successivamente gli venne
affidata la realizzazione di un’ala nuova del palazzo per ospitare gli svaghi e i piaceri
del duca: si tratta dell’aggiunta di un corpo quadrangolare, con logge ai 4 angoli, le
stanze vengono realizzate anche in forma ovali, circolari e poligonali, con i disegni
del soffitti che vengono ripresi sui pavimenti dal gioco delle maioliche. L’ingresso è
monumentale, atrio colonnato che assomigli a quello di Palazzo Farnese, con un
gioco di più corsi, 5 navate voltate a botte cassettonate, mentre le due laterali con
copertura piana sempre cassettonata. Le colonne di ordine ionico. L’ingresso
conduce al cortile interno. Il cortile privo dei rivestimenti di intonaco. Estremamente
povera, con la presenza di nicchie. Con una soluzione particolare negli angoli. 8
stanze della villa sono decorate con cicli encomiastici su ariosi paesaggi e cieli
dipinti.

Si recò infine a Mantova per lavorare al Duomo della città, dando un modello, oggi
perduto, per la facciata. Una grande tela di Jacopo Tintoretto, dipinta per essere
inserita nella Camera dei Marchesi dell’appartamento berranno di Corte Nuova in
Palazzo Ducale, mostra in facciata alla Cattedrale una finestra a serliana.

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SEBASTIANO SERLIO
Nasce a Bologna e di forma come pittore sotto il Genga. Nel 1522 collabora con
Baldassarre Peruzzi alla stesura dei progetti per il completamento di San Petronio.
Nel 1525 sarà a Roma presso Peruzzi che lo avvia definitivamente all’architettura.
Nel 1527-28 si trasferisce a Venezia dove consolida la propria fama di teorico e
conoscitore dell’architettura degli antichi. Nel 1537 pubblica il Quarto libro
dedicato agli ordini architettonici dove affianca alla terna vitruviana anche il
tuscanico e l’italico. Nel 1540 pubblica il Terzo libro nel quale descrive gli esempi
antichi affiancandoli con opere di contemporanei.

Francia: Grand Ferrare ( 1541-48) di Fontainebleau: nel 1541 parte per la Francia
e diventa architetto e pittore reale della corte di Francesco I. In Francia prosegue la
pripria carriera di travista e qui pubblica il Sesto Libro dedicato all’edilizia
domestica, il Quinto Libro sull’edilizia ecclesiastica e altri due libri dedicati alla
geometrica e alla prospettiva. L’ottavo Libro sull’architettura militare uscirà
postumo. In Francia progetta a Fontainebleau la Grand Ferrare, residenza per il
cardinale di Ippolite D’Este. Con questo edificio egli organizza una tipologia
francese ( lo chateau) secondo le regole della simmetria e dell’assialità.

Annecy-le Franc ( Borgogna) ( 1542) : esso è


considerato il capolavoro di Serlio, all’interno del
quale inserisce elementi tipici dell’architettura
romana del XVI secolo. Il castello presenta una
pianta regolare, distribuita attorno ad un cortile
quadrato; quattrocorpi di fabbrica, ancora a pianta
quadrata, assumono l’aspetto di torrioni angolari. I
fronti esterni del palazzo sono scanditi da lesene di
ordine dorico molto semplificato, su due livelli e
sono conclusi da un cornicione con triglifi.

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Le Cour Carrèe del Louvre ( dal 1546): costruisce una delle opere più importanti e
monumentali del Rinascimento Francese per il sapiente impiego dell’ordine
sovrapposto (corinzio e composto), per le cornici delle finestre, le decorazioni
scultoree.

MICHELE SANMICHELI
(1484-1559)
Architetto veneto. Egli nacque a Verona, figlio d’arte, il padre
infatti era uno scalpellino, e Sanmicheli stesso di formò
come tale. Nei primi anni di vita si trasferì assieme al padre e
al nonno a Roma, per motivi di lavori. Sanmicheli a Roma
studiò e apprese la scultura e l’architettura. Si trasferisce poi
a Orviedo dove lavora nel 1512 nella Cattedrale all’Altare
del Re Magi seguendo il modello delle tombe di Andrea
Sansovino in S. Maria del Popolo. Cattedrale nella quale
possiamo vedere il grande volere di Sanmicheli ad
avvicinarsi alla classicità antica.

L’altare, posizionato all’interno della cattedrale di Orviedo,


non fu l’unico lavoro di Sanmicheli, egli infatti terminò la
realizzazione della facciata della cattedrale, per volere di Donato Bramante,
affiancato da Antonio da Sangallo il Giovane.

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1516: Cappella Petrucci, nella Chiesa di S. Domenico. È evidente l’influenza


bramantesca nella realizzazione della Cappello sotto il Coro della Chiesa di S.
Domenicano. Una cappello ipogea, a impianto ottagonale con due absidi sull’asse
trasversale ed una scarsella quadrata su quello longitudinale. Locale raggiungibile
da 4 scalinate a forbice simmetriche.

1526, il viaggio in Emilia Romagna: nel 1526 accompagna Antonio da Sangallo il


Giovane in Emilia Romagna per ispezionare le fortezze pontificie e per predisporre i
rilievi. In quell’occasione Sangallo e la sua cerchia rileveranno anche i monumenti
antichi romagnoli. Questa operazione è importante per due motivi : perché consentì
ai due architetti di visitare territori a loro sconosciuti e in particolar modo visitare
monumenti antichi di estrema importanza; e in secondo mondo di studiare l’arte
della fortificazione. Nel 1526 rientrerà in Veneto, a Verona, dove entrerà in contatto
con Giovanni Maria Falconetto a Padova e con Giulio
Romano a Mantova.

Falconetto: 1528, Falconetto progetta a Padova la


celebre Porta San Giovanni nella quale abbina alla
tipologia militare alla moderna ( con ponte levatorio senza
bolzoni, ma con carrucole nascoste per evitare i danni
delle artiglierie ) quella dell’arco trionfale all’antica.

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1527: a Verona a Sanmicheli venne commissionata la realizzazione della Capella


Pellegrini, all’interno della chiesa di San
Bernardino. Nella realizzazione della
Cappella possiamo osservare l’influenza
da parte di Bramante e del Tempietto di S.
Pietro in Montorio. Qui l’architettura invece
di essere prevalentemente introversa è di
fatto introversa, con la ripetizione al
registro Nasso dell’arcata trionfale romana
con frontoni curvi, una balaustra intento al
piano attico, un secondo registro fregiato
da nicchie e finestre e una ciao emisferica
a cassettoni con lanterna sommatale,
impiega le colonne con scanalatura a
spirale per marcare l’asse longitudinale e quella con scanalatura
ordinaria per l’asse trasversale. Lo spazio venne reso luminoso, con un grane
effetto di luce dato dalla verticalità della Cappella.

Sanmicheli non si cimenta solo cono la realizzazione di Cappelle, ma realizza anche


il Palazzo Canossa, sempre a Verona nel 1526/29. Il resto dell’edificio si affaccia
all’Adige. Tema del bugnato al piano
terreno, e dell’ordine architettonico ai
piani superiori. Il primo registro è
un’opera con dei corsi alti e bassi
realizzati in maniera irregolare, con
l’inserimento di grandi chiavi/conci al
disopra delle quali vennero inserite delle
finestrelle. La disposizione interna segue
la sequenza vitruviana di vestibulum (a 3
arcate), atrium, peristylum ( con soggetti
tamponati lungo le ali laterali). Il cortile
interno prosegue in un giardino che si
spinge fino alla sponda dell’Adige. La
facciata ricorda le archietture romane di Bramante, Raffaello e Giulio Romano.
Troviamo una delle caratteristiche principali dell’architettura veneta, con la presenza
di tetto a falsa terrazza.

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Palazzo Bevilacqua: palazzo di 7 campate
delle 15 previste; l’ingresso doveva essere
al centro, mentre attualmente è eccentrico.
Bugnato al registro terreno, con forma più
severa rispetto ala Palazzo Canossa ordine
architettonico di paraste e lesene, con
bugne che fasciano i lati. Le lesene
inquadrano le finestre ad arco, posizionate
all’interno di arcate a campate maggiore.
Travata ritmica che fregia il registro
inferiore, con la presenza di aritmie nella
grandezza delle finestre. Grandi bancali
sostenute da grandi mensole, con la voglia di enfatizzare gli
elementi architettonici come vediamo in Giulio Romano. Per
celebrare l’amore verso l’antico, troviamo dei busti
d’imperatore incastonati nelle bugne. Inserimento di grandi
balconate, poggiata su grandi mensole, decorate con
l’inserimento di balaustre. Grande cornicione aggettante.

1532-35: Porta Nuova : Sanmicheli


realizza Porta Nuova, dove la pietra
calcare riveste la struttura laterizia,
creando una fodera corazzata a
protezione della porta. La porta che
vediamo oggi è codificata rispetto alla
porta originaria. Nel 1852 vennero
aggiunto u due fornici laterali dagli
Austriaci con funzione di agevolare il
traffico veicolare. l’operazione ha però
squilibrato le proporzioni e l’armonio
della porta, in quanto si è perso il
ritorno tra fornice centrale e i due fornici laterali minori. La realizzazione di grandi
strutture ad arco e sulla parte sommiate vennero poste le difese militare.

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Porta Palio: 1547: il progetto originario prevedeva in sommità una piattaforma per
l’artiglieri, mai realizzata a causa della morte di Sanmicheli. Massiccio utilizzo di
pietra.

Santuario della Madonna di Campagna 1559 : sempre


a Verona, essa è una chiesa di pellegrinaggio. Esso
costituisce l’ultimo progetto di Sanmichele prima di
morire. Ospita un’immagine miracolosa della Vergine.
Sorta di tempio perimetro ispirato all’antico, con un
porticato più basso rispetto all’antico, con una cella che
svetta trasformandosi in una sorta di tamburo. Essa è
una rappresentazione dell’antica e del moderno.
L’esecuzione di protrae sino al ‘600 inoltrato con
alterazione del progetto originario. Si presenta con un
esterno circolare mentre l’interno è ottagonale.
All’interno vi è un grosso ordine di lesene, con la
presenza di 3 ingressi.

JACOPO TATTI DETTO IL


SANSOVINO (1486-1570)
Jacopo Tatti, nominato Sansovino, perché si forma sotto la bottega di Sansovino.
Nato a Firenze. Tatti inizia la propria carriera come scultore. Come testimoniato da
Vasari, Jacopo si distingue nel 1515 in occasione del trionfale ingresso a Firenze del
papa Leone X de Medici. In occasione predispone archi trionfali, scenografie e
facciate temporanee.

Progetto della facciata della chiesa di S. Lorenzo a Firenze: sempre a Firenze


Tatti venne chiamato per il completamento della facciata della chiesa di s. Lorenzo.

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Essa è la chiesa dei Medici, realizzata per omaggiare la
città di Firenze. Facciata con corsi aggettati. Nel dubbio
su quello che voleva fare, non venne mai realizzato e
completato niente. Realizza un registro basso in forma di
3 archi di trionfo semplificati, sormontati da un attico
riccamente decorato con un coronamento in forma di
fronte al tempio.

1531: progetto per la Scuola Grande della


Misericordia: Tatti si sposa a Venezia. Città, in
questo periodo, sulla cresta dell’onda.
Rappresentando il fiore ad occhiello
dell’architettura, in particolar dopo la crisi
subentrata dopo la concorrenza delle merci
americane e il crollo dell’impero. Opera non
pubblica, essa rappresenta la sede di una
corporazione di privati che si riunivano per varie
faccende. Questa scuola non è mai stata
completata, gli esterni sono allo stato grezzo, la si
può osservare nel suo volume laterizia con una serie di tagli e morse, per la
realizzazione di un rivestimento. Nella intenzione dell’aureo tutto doveva essere
rivestito in pietra d’Istria secondo una modularità ad arcate trionfale e con finestre
ad arco. La parte lignee che sta sotto, è i ottima salute perché è chiusa/
impacchettata.

Ristrutturazione ed ampliamento della chiesa di S. Francesco della Vigna 1534:


allunga l’edificio e lo conclude a croce latina, prolunga il coro, copre l’aula con una
volte a botte, amplia le cappelle, scandisce le pareti con paraste, archi e
trabeazione in pietra grigia su fondo intonacato bianco.

Zecca, 1536: sempre a Venezia, Sansovino


è incaricato di riedificare l’edificio andato
distrutto da un incendio nel 1532. Il
bugnato viene esteso a tutti i 3 i piani, delle
arcate del terreno alle semicolonne fasciate
sovrapposte ( doriche e ioniche). Sono più
i vuoti dei pieni, viene realizzata prendendo
in considerazione un palazzotto di stampo
romano: con l’utilizzo del bugnato. Sopra il
bugnato va a fasciare l’ordine
architettoniche, per motivi di solidità. La
finestra è dilatata in modo tale che essa

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vada a toccare gli elementi del terzo registro. Questo incarico gli frutta una certa
fama. Le finestre sono rettangolari con esili cornici, la trabeazione aggettanti e
plastiche.

Libreria Marciana (1537), sorge accanto


alla Zecca, di fronte al Palazzo Ducale.
Essa è la biblioteca pubblica di Venezia.
Sansovino riceve l’incarico di costruite la
più splendida biblioteca dell’Umanesimo,
egli si ispira all’antico, ossia la Basilica.
Propone quindi una Basilica di stampo
Vitruviano/ Repubblicano, costruendo un
edifico lungo con ordine romanico, dorico sotto e ordine ionico sopra . In origine
erano previste 17 finestre, ma nel 1554 sono aumentate a 21. Il tutto realizzato in
pietra d’Istria, dove il fregio ionico è ricamate ornato di putti e festoni, assomigliante
a quello che Michelangelo crea. Nel 1545 crollò il soffitto della sala di lettura e
Sansovino si ritrovò in carcere. Venne però presto rilasciato e potè riprendere
l’opera, ma dovette ripiegare il danno con denaro proprio. L’edifico du ultimato solo
nel 1588 da Vincenzo Scamozzi, che aveva assunto la direzione tecnica dell’opera
dopo la morte del Sansovino avventa bel 1570. Sansovino introduce il motivo delle
serliana doppia in spessore di muro, vale a dire ad occupare per interno la
massiccia sezione della parete. Una cura particolare p riservata alla definizione
degli angoli.

1537-49 Loggetta: essa è una sorta di piccola sala


per le riunioni die patrizi posizionata a Piazza San
Marco, ricostruita nel 1537, dopo che essa venne
distrutta da un fulmine. Sopra le arcate superiori si
trovano tre rilievi in marmo: l’isola di Candia, Venezia
sotto forma di giustizia e l’Isola di Cipro opera di
collaborazione del Sansovino. In seguito al crollo del
campanile nel 1902 la soggetta fi completamente
distrutta e benne ricostruita nel 1912.

1545, Palazzo Corner sul Canal Grande: anche qui


si ravviva la conoscenza dell’opera di Sanmicheli
come il palazzo Canossa con un vestibulum a triforio,
il piano terreno bugnato, i registri superiori
esibiscono ordini di semicolonne binate e finestre ad
arco. Il binato e le finestre con balcone (qui però non
trabeate) sono riprese da Palazzo Caprini a Roma.

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Villa Garzoni ( Pontecasale) : Sempre in Veneto, essa è l’unica villa che venne
progettata da Sansovino. Accanto ad essa di svolge l’attività rurale di. Una grande
azienda. Accordo compatto che sorge su di un alto basamento con scalinata e
profondo vestibulum a 5 arcate replicate sopra e sotto, con ordine dorico sotto e
ordine ionico sopra, al quale si sovrappone una loggia di pari estensione. Le ali
sono compatte, con la presenza di finestre ad arco. In accordo con l’antico,
Sansovino realizza un cortile, con la presenza di una terrazza, al quale ci si
accedeva dal vestibulum.

ANDREA DELLA GONDOLA,


DETTO PALLADIO (1508-80)
Ritratto di Andrea Palladio, realizzato da G. B. M….
Guarda slide.

Palladio non nasce come architetto, si forma come


scultore. Nasce a Padova, figlio di un piccolo
imprenditore; intraprende quindi la carriera di
scalpellino fino al 1523 quando incontra Falconetto.
Nel 1524 si trasferisce a Vicenza ed entra nella
famosa bottega dei Pedemuro, specializzati nella
produzione di portali, altari, monumenti funebri.
Come scultore di distingue subito, dotato di una
certa abilità, tanto che gli venne affidato la
realizzazione dell’altare…. Guarda su intendet. Nel
1531, viene scoperto dal conte, letterato ed
umanista vitruviano, Giangiorgio Trissiano che lo

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prende sotto la sua protezione attribuendogli il nome di Palladio ( da un suo
personaggio della sua opera l’Italia liberata dai Goti). Palladio creava progetti a
nastro, commissionati da diverse persone, poi continuati da il gruppo di architetti
che si creò.

Trissiano lo coinvolge nella ricostruzione della sua Villa di Cricoli, terminata entro il
1527. il giovane palladio diventa quindi un architetto.

Nel 1541-42 intraprende un viaggio verso Roma col Trissino. Esso è un viaggio di
acculturazione. Una volta rientrato in Veneto, propone alla nobiltà locale la
costruzione di Ville all’Antica ( derivate come il tempio, dal modello della capanna
primordiale) ma con materiali economici: laterizio, intonaco e stucco. Fra le
primissime opere di Palladio vediamo la realizzazione della Villa Pisani a Lonigo,
con piano interrato, piano nobile e mezzanino. Mentre sul retro si trova una loggia a
triforio con frontone. Presenta già una scansione della tipica villa Palladiana, con
una perfetta simmetria ( elemento per lui fondamentale). Secondo palladio tutto
deve essere armonizzato secondo la simmetria musicale pitagorica, identificando i
vari rapporti musicali, facendoli corrisponde alle misure dei suoi ambienti.

Retro della villa

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Dal 1542, Palazzo Thiene: nel 1542, Palladio venne


chiamato per la realizzazione del palazzo Thiere a Vicenza. In
realtà venne chiamato ad operare sull’edificio degli Thiere,
già in parte realizzato con un progetto di Giulio Romano.
Appartengono al lessico di Giulio Romano il bugnato del
piano terreno ottenuto stendendo l’intonaco sui mattoni
lavorati a scappello, le ghiere di conci bugnati radiali, la
cornice liscia che lega fra loro le piattabande bugnate, le
porte-finestre del piano nobile con le piattabande fortemente
rilevate e le semicolonne vigorosamente fasciate. Di Giulio è
anche l’atrio tetrastilo con colonne semilavorate, del tutto
simile a quello del Palazzo Te a Mantova. Sopra, l’ordine
delle finestre, è fatto da edicole con bugne fasciate.

Dal 1542-43 e dal 1547, Palazzo di Iseppo da Porto ( Venezia): anche per questo
palazzo, il primo progetto spetterebbe a Giulio Romano. Su di esso interviene nel
1547 Palladio che lo modifica avvisandosi più a modelli di Sanmicheli ( festoni,
vittorie mascheroni) con un ordine di semicolonne ioniche trionfali con dadi e
trabeazioni. Il bugnato perde la plasticità dei modelli rustici giulieschi per avvicinarsi
all’astrazione dell’opus isodomum.

1546/9, villa Pojana ( Pojana Maggiore, Vicenza) : commissionata da Bonifacio


Pojana, nobile e militare, che volle per sé una villa austera per la tenuta agricola di
sua proprietà. La villa sorge su di un podium per i servizi, è dotata di un piano nobile
rialzato e di un mezzanino. Grande parte dell’articolazione doveva essere riservata
alle ali rurali di servizio, con le barchette colonnate, che avrebbero descritto due
ampi cortili laterali. Gran parte del progetto è rimasto sulla carta. La sobrietà è
sottolineata dall’assenza dell’ordine architettonico. Unica concessione
all’ordinamento è data dalla bramantesca, ma astratta loggia a sterlina e
dall’incorniciatura ionica delle finestre. Il basamento quindi diventa il luogo di
servizio, dove possiamo trovare la cantina, la cucina… ( essendo anche uno spazio
fresco):

Sempre negli anni quaranta, Palladio venne chiamato per la realizzazione della
Basilica di Vicenza, uno degli edifici più prestigiosi della città. Il comune di Vicenza
indice un concorso, per aggiornare l’aspetto della grande piazza e della cattedrale.
Nel primo progetto del 1546 Palladio prevede al piano terreno una sequenza di
arcate e un ordine binato tutto bugnato, al pino nobile delle serliane. Decide di
conservare la basilica, la quale aveva subito un crollo nella parte della loggia,
rivestendola con una seconda pelle tridimensionale, con una pelle sotto e sopra.
Utilizzando il tema della serliana (La serliana è un elemento architettonico

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composto da un arco a tutto sesto affiancato simmetricamente da due aperture
sormontate da un architrave; fra l'arco e le due aperture sono collocate due
colonne.), perché essa si presta molto bene per racontare l’antico ma al tempo
stesso molto flessibile. Gli angoli sono rinforzati da triadi di semicolonne.

Negli anni cinquanta, Palladio è impegnato nella


realizzazione di uno dei palazzi più belli, ossia il
Palazzo Chiericati, sempre a Vicenza. Venne
realizzato un colonnato libero. Progetta una loggia,
come un unico grande portico su cui insistono le
pareti. tutti gli elementi della casa antica: con
vestibulum, atrium, loggia e cortile. La loggia diventa
il punto in cui ci sono delle scale doppie,
posizionante in perfetta simmetria, una scala di
servizio e una scala mobile. Il cortile si sviluppa
longitudinalmente. Il proprietario, Girolamo
Chiericati, tiene di ampliare il sito angusto occupando are del suolo pubblico a
condizione di non ostacolare il pubblico passaggio. È cosi che il portico divenne
spazio ibrido, sopra il quale è lo spazio privato del punto nobile ( parte del Salone ) :
un piano su di un vuoto. Anche in questo caso il palazzo sorge su un podio per i
servizi. Il vestibulum del piano terreno è dorico, il piano nobile ionico. Le 5 campate
centrali sono avanzate rispetto alle ali, leggermente arretrate e svuotate agli angoli
su entrambi i livelli. Il Salone del piano nobile occupa l’avancorpo centrale ed è
illuminato da 5 finestre e 5 mezzarini.

Villa Cornaro ( Piombino Dese, Padova) 1552: come il


Palazzo Chiericari di Vicenza, Palladio studia un fronte con
colonnati su due livelli, qui in corrispondenza del vestibulum
frontonato. L’atrium tetrastilo occupa solo il piano terra con
le svettati colonne libere corinzi. All’interno di questa stanza
spicca la luce.

1556, Villa Barbaro ( Maser, Treviso) questa villa non è importante solo per
l’architettura ma anche per il committente, sia Daniele Barbaro. Il quale, dopo il
viaggio compiuto a Roma, Barbaro pubblica la prima edizione del De Archietctura di
Vitruvio, le cui illustrazioni sono affidate a Palladio. È allora che decise di affidare
all’architetto anche la ricostruzione della propria Villa di Maser. La villa non è di
grandi dimensione, realizzata su tre assi. L’asse mediano è marcato dalla porta

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d’ingresso trabeata e dalla porta ad arco del balcone. Il frontone è fregiato dallo
stemma e da 2 geni e figure allegoriche. Gli intercolunni contengono le finestre
frontonate. A destra venne realizzato il tempietto di Barbaro, con pianta circolare.
L’interno venne decorato da Paolo Veronesi, specializzato nella realizzazione delle
prospettive. In questo caso Veronesi dissolve completamente la struttura muraria
creata da Palladio.

Barbaro: apparteneva alla ricca famiglia veneziana con estese proprietà terriere. Fu
diplomatico, poeta, autore di una storia di Venezia, di un trattato sulla prospettiva,
altre che dalla celebre edizione vitruviana.

1559-1665, Villa Emo (Fanzolo di Vedelago, Treviso).

1560-65, Villa Foscari, della La Malcontenta ( Mira, Venezia): realizzata su di un


alto podium per gli ambienti di servizio. È dotata di
rampe laterali che conducono al vestibulum
esastilo dal quale si accede alla grande sala
cruciforme, tipica di Palladio. La villa sorge sopra
un Canale. Il retro con finestre molto ampie, e la
grande finestra termale.

1560, Convento benedettino di S. Giorgio Maggiore ( Venezia, Isola di S.


Giorgio) :

Progetta poi per un altro convento, sempre a Venezia, Convento della Carità, una
ristrutturazione nella quale rispetta la sequenza di ambienti della casa antica
vitruviana: con Vestibulum, atrium, tablinum, cavadium e peristylium. Gran parte

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dell’opera resta sulla carta: solo alcune parti di uno dei due cortili porticati vengono
costruiti e mai vedranno la luce l’atrium tetrastilo con impluvi e colonne d’ordine
gigante e tablina.

1565, Chiesa di S. Giorgio Maggiore: Palladio realizza una facciata interrante


rivestita in pietra d’Istria. I due mezzi frontoni segnalano la presenza delle navate
laterali, il pornao tetrastilo frontonato corrisponde alla navata principale. Questo è
uno dei primi esempi di semi-facciata che realizza Palladio. Tanto che con Palladio
si inaugura un nuovo modello di facciata. Per quanto riguarda l’impianto, Palladio è
piuttosto innovativo: con 3 navate e 3 campate. L’ampio transetto absidato e la
campata che precede il presbiterio rendono la porzione centrale simile ad un
quincunx. Palladio si colloca in un periodo di grande cambiamento nel mondo della
chiesa, in particolar modo con il Concilio di Trento, che attuò una serie di grandi
innovazioni.Le parati della chiesa non vennero costruite per la realizzazione di
affreschi ma per la realizzazione di altari definiti con un numero canonico. La chiesa
deve poi valorizzare l’eucarestia, eliminando il valore simbolico della chiesa, una
serie di riti.. quindi l’eucarestia deve essere posizionato al centro della chiesa, la
confessione deve avere più spazio. La chiesa è una combinazione fra l’impianto a
croce latina e quello a quincunzx. La navata maggiore è scandita da pilastri ai quali
sono addossate semicolonne e paraste corinzie; è coperta da una volta a botte con
unghie ritagliate dalla grandi finestre termali. Le navate laterali sono coperte da
crociere. Gli interni sono rivestiti da intonaco. La chiesa si conclude

Palladio, negli anni di costruzione della chiesa di S. Giorgio, venne chiamato per la
realizzazione di Palazzo Valmarana (Vicenza). Realizzato come se fosse una sorte
di grande domus romana. Il fronte monumentale è scandito da un ordine di
semicolonne gigante, ossia da un ordine sui lati che occupa due piani. Nella
facciata, sopra vi è un attico fregiato da pilastri con sopra sculture. L’ordine gigante

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trionfale è sovrapposto da un ordine minore. Le estremità sono marcare da lesene
sormontate da telamoni ( statue che dovevano essere anche nell’attico). Gli stretti
intercolunni cono occupati dalle finestre bugne lisce e dalla decorazione scultorea.
Al pino nobile esiste un salone che, versoio cortile, poggia sul colonnato ionico
incompiuto del piano terreno.

1565, Villa Serego, (Santa Sofia di Pedemonte, Verona) . Il committente è il


veronese Marcantonio Serego, che entra in possesso della proprietà di Santa Sofia
nel 1552 ma che solamente dal 1565 decide di rinnovare radicalmente il complesso
edilizio ereditato dal padre. Palladio preferisce qui articolare lo spazio attorno al
grande “vuoto” del cortile centrale, prendendo probabilmente a modello le proprie
ricostruzioni della villa romana antica. Anziché di mattoni e intonaco, le grandi
colonne ioniche sono realizzate con blocchi di pietra calcarea appena sbozzati e
sovrapposti a creare pile irregolari

Villa Rotonda 1566, la villa, commissionata dal canonico Paolo Almerigo, sorge su
di un podio per i servizi. Essa è simmetrica sui due assi (trasversali e longitudinali) e
si sviluppa intorno ad una sala circolare centrale, dotata di ben 4 vestibolo in forma
di colonnato ionici esastili con scalinate monumentali. La villa venne ultimata da
Vincenzo Scamorzzi. La cupola non è estradossata né emisferica come previsto da
Palladio, ma poggiata su di un basso tamburo e coperta da un sistema gradonato.
La luce previene dalla finestre del tamburo e della lanterna. La decorazione interna
è barocca.

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Sempre a Vicenza, Palladio realizza il Palazzo Barbarano da Porto,


1570-75: originariamente l’edificio era di 5 campate con un augusto
cortile. In un secondo tempo Palladio potè aggiungere due campate
rendendo però asimmetrica la facciata. Mai è stata realizzato il
portico con sopra la soffia al fianco destro del cortile. Il fronte è
costituito dalla sovrapposizione di plastiche semicolonne ioniche ( al
piano terreno) e corinzie ( al pino nobile). La trabeazione sono
palsticatamente rilevate. Le finestre e le ornamentazioni scultoree riempiono gli
stretti incolonni. Gli angolo sono rinforzati da doppie semicolonne. L’elegante ,
sobrio e snello porticato ionico con loggia corinzia fregia solo il fianco sinistro del
cortile. Il resto è rimasto incompiuto.

1571, Loggia del Capitanio: la loggia, edifico civico, venne iniziata nell’anno della
vittoria cristiana di Lepanto per accogliere,
realizzato per gli uffici dell’autorità veneziana.
L’edifico doveva essere di 5 o 7 campate, ma ne
vennero realizzate sono 3. L’ordine gigante in
questo caso trionfa, le pareti vennero realizzate in
laterizio gli spazi vuoti sono fregiati da episodi che
portarono alla vittoria. Palladio firmò il fregio. Nella
realizzazione delle colonne si vede bene l’illusione
dei materiali. Dove si osserva il fusto realizzato in
laterizio, il quale con il tempo perse l’intonaco.

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1575-82, Palazzo Porto Barganze ( Vicenza): il palazzo doveva disporre di 7
campate, ma ne vennero costruite solo 3. Le alte colonne laterizie e intonacate
raggiungono i 13,50 metri.

1577, Chiesa del Redentore ( Venezia ): nel 1576 tutta l’Italia viene afflitta dalla
peste. Quindi le popolazioni delle città si riducono fortemente. La facciata rivestita
in pietra d’Istria richiama nel disegno quella di San Giorgio Maggiore. Slanciati
campanili cilindrici con scale a chiocciola fanno da corono alla cupola.

Tempietto di Maser: il tempesto venne realizzato nel 1580, esso è impostato su un


impianto circolare con cupola senza il tamburo, munito di 3 cappelle, di cui una per
l’altare maggiore e le altre 2 per gli altari

1580, Teatro Olimpico ( Vicenza) : il teatro venne progettato nel 1580, per gli
Olimpici, erano coloro che si occupavano della cultura. Esso venne realizzato
all’interno di un edificio già esistente. Nella realizzazione di questa struttura, Palladio
segue la struttura del teatro latino descritto da Vitruvio. La cavea non è
perfettamente emicicli, ma si adatta all’irregolarità dello spazio a disposizione. Con
proscenio e gradonate. La novità che introduce è la scena prospettica fissa, prima
venivano realizzate tele dipinte che rappresentavano generalmente la città antica
(scena tragica) , la città medievale (scena comica) e la scena boschereccia (scena
pastorale).

MICHELANGELO ( 1475-1564)
Michelangelo nasce nell’ultimo quarto del 400, muore nella seconda parte del 500.
Era un uomo complicato e difficile, tanto che egli lavorò per tutta la vita da solo.
Non fu solo un grande architetto ma anche un grande pittore. Si forma però come

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scultore, e la sua fortuna fu l’aver iniziato a lavorare subito nella corte di papa Giulio
II, il quale riceve la commessa di realizzare il grande sepolcro/ mausoleo per il
papa, per essere posto in uno dei bracci di S. Pietro in Vaticano. Un enorme
costruzione in marmo di Carrara.

All’inizio del 500, Giulio II decide di completare l’opera del ciclo degli affreschi
all’interno del palazzo del vaticano. In questo caso Michelangelo si occupò di
realizzare la Volta della cappella Sistina, tra il 1508-12. Egli realizzò l’opera in un
tempo record, con un affresco di quasi 500 mq. Michelangelo dipinse sulla volta a
botte ribassata le storie dell’umanità “ante legame”, cioè prima che Dio inviasse le
Tavole della Legge a Mosè. La struttura architettonica della volta complicava il
lavoro decorativo e venne pertanto costruita una impalcatura di legno
complementare alla concavità della volta che costringeva il maestro a lavorare in
una posizione scomoda, in alcuni casi stesa. Per semplificarsi il lavoro,
Michelangelo utilizzò la tecnica della quadratura tramite la quale dipingeva una falsa
architettura costituita da cinque grandi archi delimitati da cornici ed architravi ed
ornati da capitelli e statue. Tale tecnica gli permise di frazionare la volta in tre registri
sovrapposti e la parte centrale in nove riquadri. Michelangelo impiegò inoltre la
tecnica del colore cangiante, un procedimento pittorico che consentiva di definire i
volumi senza ricorrere al colore chiaroscuro.

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Dal 1516 Michelangelo ritornò nel suo città natale, Firenze, dove riceve l’incarico di
terminare la facciata S. Lorenzo, della quale si occupò anche Brunelleschi e
Sansovino. Creando una sorta di grande piano, con l’inserimento di. Un ordine
sovrapposto, avancorpi a chiudere gli angoli, posizionando due parte a sbalzo.

Il complesso di San Lorenzo diventa per Michelangelo una grande palestra, anche
la facciata non venne mai realizzata. Ma Michelangelo si occupò, dopo la morte di
Giuliano e Lorenzo de’ Medici, della realizzazione delle Sagrestia, in posizione
simmetrica rispetto alla brunelleschiana Sagrestia Vecchia, dovendo realizzare una
sala a pianta quadrata, a copia di quella di Brunelleschi. Quindi Michelangelo si
adegua al sistema brunelleschiano per l’impianto, la tipologia, le dimensioni e per il
contrasto fra pietra serena ed intonaco. Ma Michelangelo decise di fare a modo
suo, cercando una soluzione più monumentale, dilata lo spazio verso l’alto ed
introduce un attico prima della cupola. Realizzando una sagrestia nella quale elimina
le decorazioni pittoriche, impreziosendola con l’inserimento di membrature
architettoniche ( porte e finestre molto delle quali cieche) che divengono ricchi
dettagli scultorei insieme ai due monumentali sepolcri. Nell’attico realizza una
cupola cassettonata sul modello del Pantheon, inserendo 4 finestre ad edicola che
vennero realizzate per meglio illuminare le tombe che vengono addossate alle
pareti.

Sempre a S. Lorenzo, quindi terzo progetto di Michelangelo, venne chiamato per


costruire la Biblioteca Laurenziana. (1524). Michelangelo realizza una struttura
molto leggere, con uno spazio rettangolare adibita a sala di studio, che possiede
murature assottigliate per alleggerire l’intera struttura, illuminata da una sequenza di
aperture ritmate ( con tanti vuoti, quindi particolare leggerezza). Il secondo luogo, a
pianta quadrata, c’è un Vestibolo (Vestibolo della Laurenziana). Vestibolo
monumentale, con una monumentale scala, con gradini convessi verso il basso e

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due rampe secondarie con grandini dritti. La sala a 3 rami risale al 1550 e a un
progetto maturo di M., che venne condotta con delle modifiche da parte di un altro
architetto fiorentino. È quindi una soluzione molto scenografica, tanto che le scale
divengono grande elemento scultoreo. M. Utilizza le membrature architettoniche,
che utilizza per pura scenografia e sfoggio di abilità. Inserisce delle colonne binate
trionfali a tutto tondo, le quali non reggono nulla e che vanno ad inquadrare delle
nicchie, realizzate come false finestre, con frontoni alternati tondo e triangolo, vuote.
La trabeazione trionfale è al negativo e arretra in corrispondenza dell’ordine. Nella
trabeazione vennero realizzate delle finestre ad edicola con frontoni alternati
triangolari e curvi. La regola vitruviana viene infranta e lo scultore prende la mano
dell’architetto. La sala non è libera, non presenta scaffalature, i libri vengono inseriti
nelle panche. Nel 1524, Michelangelo realizzata un secondo progetto, che
prevedeva l’inserimento, al termine della Sala dello Studio, una Sala triangolare
nellea quale conservare i libri rari. Non venne mai realizzata.

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1534: Giudizio Universale: Michelangelo rientra a Roma, e venne chiamato per
lavorare all’interno della Cappella Sistina, per la realizzazione del Giudizio
Universale. Orchestra questa parete senza l’inserimento di elementi architettonici.
Con uno sfondo celeste, dove al centro inserisce Cristo, raffigurato come un
giovane uomo. Egli è in moto, cerca infatti, con il braccio, di richiamare l’attenzione
dei suoi discepoli.

Il 21 gennaio 1564 la Congregazione del


Concilio di Trento disposte infine la
copertura di ogni oscenità nel Giudizio,
compito che venne affidato a Daniele da
Volterra. Il suo intervento, che prese l’avvio
dopo la morte di Michelangelo, fu
massimamente discreto con interventi a
secco.

Dal 1550, Michelangelo si occupò del progetto per la ristrutturazione della


Basilica di San Pietro. Riprendendo il progetto di Bramante, modificando alcuni
elementi sia dell’esterno che dell’interno. Elimina gli
ambulacri introdotti nel secondo progetto di Bramante,i
campanili, le croci greche minori agli angoli e le campate
anteriori realizzate da Sangallo. Lasciando le cupolette.
Nel suo progetto prevede anche una facciata: la
costruzione di un pronao, realizzato con due file di
colonne, una che avanza verso l’esterno e l’altra interna
di 4 colonne (ricorda il pronao del pantheon), con pareti
articolate dalla fitta sequenza delle paraste gemelle
trionfali d’ordine gigante. Poi la cupola: questa cupola
doveva essere a mezzasfera, nella realtà dei fatti non
verrà realizzata a mezzasfera ma con un sesto
leggermente rialzato. Riduce il tamburo a 1 piano solo e
riporta il profilo della cupola alla mezza sfera. Nel 1564, alla morte di Buonarroti, il
tamburo poteva considerarsi prossochè stimato fino alla sommità degli speroni.

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Nel 1559, Michelangelo venne chiamato a progettare Santa Maria degli Angeli da
papa Pio IV, il quale si occupò della trasformazione della chiesa sepolcrale. Non
modifica la struttura, ne conserva infatti l’impianto a 2 assi. Si limitò a delimitare a
tre campate contigue, coperte a crociera, a cui furono aggiunte due cappelle laterali
quadrate, creando così un edificio ecclesiastico singolare per la sua epoca, con una
spazialità dilatata lateralmente anziché longitudinalmente, nonostante il parere dei
committenti. L'asse principale partiva dal vestibolo, ricavato da un piccolo vano
adibito a ninfeo di passaggio verso il calidarium e si concludeva nel coro ricavato
nella zona della natatio. La tomba del Pontefice venne posizionata al centro della
chiesa, mentre nelle quattro cappelle dovevano essere poste quelle dei suoi
familiari.

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1561, Fronte interno di Porta Pia, dove Michelangelo realizza una sorta di porta
militare. Non inserisce nulla dell’arco trionfale ed elementi canonici, tipici dei
portoni. Essa venne realizzata al termine di Strada Pia, la più sontuosa via di Roma,
anche essa voluta da papa Pio IV. La vigorosa decorazione scultorea architettonica
realizzata in travertino contrasta con la strutta in laterizio della porta. I mattoni non
sono però stati confezionati per essere lasciati a vista è pertanto plausibile che la
porta dovesse essere rivestita da un intonaco-stucco a base di travertino per
simulare la superficie lapidea.

Dal 1563, Michelangelo si occupò della Piazza del Campidoglio.nel 1538 la Statua
equestre di Marco Aurelio viene trasferita dal Laternao al Campidoglio. In
quell’occasione a Michelangelo venne affidata l’esecuzione del piedistallo. Oltre al
piedistallo, Michelangelo si dovette
occupare anche la definizione dei
prospetti dei palazzi che danno sulla
piazza. I lavori prendono avvio dal
Palazzo dei Conservatori del quale
M. Mantiene la giacitura, ma applica
l’ordine gigante tipo palladiano. La
forma trapezia e antiprospettica della
piazza fornisce una percezione di
spazio quadrato. Grazie alla
deformazione antiprospettica l’ovale
a stella della rappresentazione

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sembra un cerchio. Michelangelo elimina gli angoli della piazza e la dilata, inserendo
un disegno a stella sulla pavimentazione. In entrambi palazzi vennero realizzati dei
lunghi prortici trabeati e per ridurre la luce dell atrave inserisce colonne ioniche
addossate ai dadi con paraste di cordine corinzio gigante. Il Palazzo Nuovo venne
costruito come doppio nel Palazzo dei Conservatori. Il Palazzo Senatorio risaliva
anch’esso all’età tardomedievale e si configurava in forma di palazzo fortificato
turrito. La facciata dominata dalla doppia scalinata con state, è scandita, al piano
nobile sopra il basamento, da paraste e lesene di ordine gigante che terminano in
un cornicione con sopra una balaustra e statue.

JACOPO BAROZZI DA VIGNOLA


(1507-1573)
Egli si forma come pittore e passa lunghi anni a Roma, impegnato nel rilievo e nello
studio delle antichità romane. Nel 1541-42 collabora con Primaticcio per prendere
l’impronta delle sculture più famose custodite nel Belvedere Vaticano, su richiesta di
Francesco I re di Francia. Fu però anche fu un grande trattatista, soprattuto per aver
definito con estrema chiarezza il concetto di Ordine Architettonico, nella sua celebre
Regola della Cinque Ordini d’Architettura.

Dal 1545, Palazzo Bocchi (Bologna): Inaugurato nel 1546 su progetto di Jacopo
Barozzi da Vignola, l’edificio, di proprietà dell’umanista bolognese Achille Bocchi
(1488 – 1562), divenne presto sede dell’accademia da lui fondata. Si denota una
grande influenza dell’esperienza francese, soprattutto nella porta d’ingresso, che
assomiglia a quella della Grande Ferrare.

Una delle sue opere più importanti è a Roma, ottenendo una commessa pontificia.
Ossia la realizzazione di Villa Giulia, nel 1550. Ha un’impostazione planimetrica
anomala, dove il copro di fabbrica con le stanze è posizionata al termine della villa:
realizzato con un avancorpo (piuttosto modesto) con 3 sale; che precede,
mostrando un fronte compatto, un emiciclo, con la presenza di colonnati che
reggono volte a botte. Segue poi un secondo corpo di fabbrica, che è una sorta di
casina affacciato sul cortile e sul ninfeo. Con una base centrale, dalla quale partono
ambienti secondari. Dalla loggia partono due scalinate che scendono verso il basso,
portando al ninfeo. Il ninfeo è alimentato da una fonte secondario, realizzato come
fosse un’antica grotta. Sequenza di spazi piuttosto articolati, con uno sviluppo
longitudinale. Il prospetto della palazzina si articola secondo modalità caratteristiche

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di Giulio Romano e di Sebastiano Serlio. Maggior risalto è dato ai tre assi mediani,
con un motivo di ingresso a loggia trionfale. Superato il corpo della palazzina si
entra nel portico semicircolare con volte a botte anulari, che ricorda le esedre del
Tempio della Fortuna Vitale. Il primo registro è scandito non da colonne, ma da un
ordine ribassato di lesene. Il motivo dell’arco trionfale si ripete sul fronte interno ( nel
cortile della palazzine), nell’ingresso e nelle due logge del ninfeo della villa. Le volte
dell’intero portico sono decorate con schema che ripete, con una fitta pergola. Il
giardino è caratterizzato dalla prosecuzione scenografiche del colonnato ionico. La
loggia del primo giardino è attribuita all’Ammannati, mentre si riconosce la mano di
Vignola nella realizzazione delle paraste posteriori al Ninfeo.

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Sant’Andrea sulla via Flaminia: è una semplice chiesa a pianta rettangolare, con
cupola ellittica. ( prima volta che l’ellisse venne introdotta in una struttura
architettonica) essa si ispira al Pantheon, con uno sviluppo verticale che si accosta
alla mezza sfera con gradoni di rinfianco. L’esterno si ispira ai monumenti funerari,
in cui c’era il mattone che dominava, con lesene che scandivano il frontone e gli
angoli, richiamando cosi l’architettura antica. La facciata quindi è dominata da un
frontone che ne copre la mole massiccia del piano attico, è piatta e scandita da
lesene corinzie quasi incise sull’intonaco, con portale ionico sfrontato, da finestre
ricavate entro nicchie con catini in forma di conchiglia rovesciata.

Nel 1556 Vignola si occupa di Palazzo Farnese ( Caperatola): Dopo la morte di


papa Giulio III, Vignola diventa l’architetto del cardinale Alessandro Farnese. Per il
quale interviene sul progetto già avviato sotto Paolo III Farnese da Antonio da
Sangallo il Giovane e da Peruzzi. Con l’inserimento di un grande rettifilo che finisca
nella villa, la quale punta verso il paesaggio. Vignola interviene con una serie di
schizzi per capire come progettare i vari corpi e soprattutto come scavare il
pentagono, realizzando un edifico come una sontuosa villa cardinalizia con cortile
pensato prima in forma pentagonale e poi circolare. La villa si articola perciò intorno
ad un cortile circolare, su diversi livelli. Piano basamentale che ruota intorno al

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centro, dove venne posizionata una fontana. Per accedere al piano basamentale
occorreva arrivare ad una piazza che precede il palazzo e che è costituita da un
piazzale artificiale, con un grande basamento, superato da due scalinate a forbice.
È una struttura piuttosto complessa. I fronti sono trattati con bugne e lesene
sovrapposte. È presente una sola grande loggia a 5 arcate al piano nobile del fronte
principale. Il piano terra confina con gli appartamenti estivi, mentre il piano nobile gli
appartamenti invernali. La costruzione prende avvio nel 1558. Al centro vi è
l’impluvium ( per la raccolta delle acque). Nel cortile a livello terreno è porticato con
pilastri bugnati e al piano un loggiato ionico. Il loggiato è sormontato da una
terrazza. Torna la travata ritmica a definire il cortile. A Villa Giulia le volte anulari
sono interamente dipinte. Per salire ai vari piani, venne realizzata una scala a spirale
a 30 colonne di peperino, attraverso le quale, secondo la leggenda, il cardinale
transitava a cavallo per raggiungere il piano nobile, affrescata con l’inserimento di
figure che rappresentano i segni zodiacali. I temi degli affreschi furono ispirati dal
letterato Annibal Caro e realizzati da Taddeo Zuccari, che realizzo il piano rialzato e
il primo piano, alla sua morte venne sostituito dal fratello, Federico. Mentre Vignola
realizza il dipinto al piano rialzato, le Stanze delle Stagioni.

1566, Villa Lante ( Bagnaia ) : Borgo con un asse principale che costeggia con due
vie il complesso centrale. Si accede mediante un rettifilo, ma qui l’architettura si
perde nel verde. Costruita per il cardinale bresciano Gianfrancesco Gambare, il
progetto è stato attribuito a Vignola. Consiste in un bellissimo giardino su più livelli
entro il quale i due casini gemelli (case estive staccate) di mole sostanzialmente
quadrata, con un piano terra ad arcate bugnate, o logge, che sostengono il piano
nobile sovrastate. Ciascuna facciata, su questo piano, ha esattamente tre finestre,
che alternano frontoni curvi o a punta. Ciascuna finestra è divisa da coppie di

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paraste. Un piano superiore è appena accennato da piccolo finestre rettangolari, del
tipo mezzanino, che si aprono in posizione corrispondente rispetto quelle del piano
nobile.

Palazzo Farnese a Piacenza: nel 1560 Margherita d’Austria, figlia di Carlo V,


chiama Vignola per sostituire a Piacenza Francesco Paciotto, architetto del marito
Ottaviano Farnese. Viene realizzata la sola ala contenente gli appartamenti della
duchessa, non quella del duca che viene iniziata per sole 4 delle 10 campate
previste. Vignola connota il prospetto con un’alta torre. I suoi piani, con finestre e
mezzanini, raggiungono gli 11 metri d’altezza, traguardo sino ad allora mai
raggiunto da in nessun altro palazzo. I prospetti incompiuti dovevano esibire un
paramento di intonaco e alcuni dettagli in pietra viva : le incorniciatura delle finestre,
le bugne d’angolo la trabeazione del piano nobile, le conici marcapiano, il
cornicione di gronda. Nessuna concessione all’ordine architettonico riservata al
cortile. Il palazzo doveva disporre nell’ala posteriore di appartamenti estivi, aperti
mediante portici, su giardini che dovevano raggiungere la riva del Po. Il cortile è
progettato per ricavare nell’ala posteriore una esedra nella quale disporre la cavea
di un teatro all’aperto. Vignola cura particolarmente il progetto dell’accesso
monumentale. Per valorizzare le straordinarie dimensioni dell’edificio, rimasto
incompiuto, anche per la porzione del cortile, i cui angoli dovevano essere smussati
da profonde e monumentali nicchie.

Nel 1563,El Escorial: Filippo II d’Asburgo, fratellastro di Margherita d’Austria,


prenderà spunto dal Palazzo Farnese di Piacenza, per la realizzazione del Palazzo El
Escorial, come residenza e pantheon dei re di Spagna, ma l’Escorial sarà declinato
dall’architetto Juan de Herrera nel segno della severità controriformista e, al posto
di un teatro all’antica, sarà dotato di un monastero e di una chiesa sepolcrale.

Nel 1562, Chiesa del Gesù a Roma: essa è la chiesa madre dell’ordine Gesuitico,
fondato da Sant’ Ignazio di Loyola. Per la progettazione di affidata al Vignola che,
dopo un lungo dibatto coi Gesuiti (che volevano un soffio ligneo per una migliore
acustica) circa l’impianto da assumere (ovale o rettangolare, navata unica o tre

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navate) per volere diretto di Alessandro Farnese
introdusse un modello che avrà larghissima diffusione.
La chiesa presenta una pianta longitudinale con una
sola navata, coperta da una volta a botte, affiancata da
tre cappelle per lato, un presbiterio, sormontato da un a
cupola sull’incrocio del transetto. La facciata sormontata
da un timpano triangolar, con il quale la larga fascia
inferiore è divisa da quattro coppie di paraste e chiusa in
alto da ampie volute che chiudono il tetto. Imposta la
futura gestione delle facciate barocche, con un ordine
sovrapposto e con i raccordi fatti con volute ( Alberti,
Tempio Malatestiano, Rimini). Questa è una delle
facciate più elementari di questo periodo.

Regola della Cinque Ordini di Architettura: il breve


trattato si diffuse rapidamente in tutta Europa e diventa
un imprescindibile dotazione per generazioni di architetti.
Ancora all’inizio del XX secolo era annoverato fra i libri degli studenti di ingegneria e
architettura. All’interno, Vignola spiega efficacemente le regole pratiche con
dettagliate raffigurazioni che consentono ai progettisti di applicare l’ordine
architettonico su pareti di qualsiasi altezza.

PIRRO LIGORIO (1513/14-1583)


Nasce in una nobile famiglia napoletana ed esordisce come pittore. Nel 1534 (circa)
si trasferisce a Roma, forse allievo di Peruzzi. Si fa notare subito come decoratore di
facciate di palazzi. Come Vignola si specializza nel rilievo dei monumenti antichi
raggiungendo grande competenza. Dal 1549 avvia gli scavi a Villa Adriana come
consulente per le collezioni del cardinale Ippolito d’Este.

Nel 1565 realizza il “nicchione” sull’esedra del Cortile del Belvedere: Divenuto
l’architetto preferito di papa Pio IV progetta e realizza l’attico di San Pietro e il
Nicchione sull’esedra del Cortile superiore del Belvedere. La prospettiva del cortile
era conclusa infatti, grazie a Bramante, da un esedra posta come punto di fuga
della prospettiva del grande invaso architettonico e con la funzione di nascondere
l’antico Casino del Belvedere. Ligorio, durante i lavori di completamento, trasformò
l’esedra in una grande nicchia completata nel 1565. Al centro del “nicchione” è
posta una pigna bronzea di epoca romana. La pigna fu portata in Vaticano in epoca
assai antica e posizionata nell’atrio della Basilica di San Pietro.

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Completamento del Casino di Pio IV ( Vaticano, Roma): La Casina fu costruita nel


1558 per papa Paolo IV, su progetto di Pirro Ligorio coadiuvato da Giovanni
Sallustio Peruzzi (figlio del più noto Baldassarre). Alla morte del pontefice, l'edificio
fu portato a termine nel 1561 sotto Pio IV, che ne fece un ambiente di ricreazione e
rappresentanza. È formato da due edifici anteposti, il primo dei quali è una sorta di
ninfeo fronteggiato da una fontana, ornato da mosaici e nicchie con statue e rilievi
antichi, oltre che da una loggia dorica aperta nella parte superiore. L’edifico
maggiore, raccordato da una piazzetta ovale e attorno alla quale si sviluppano delle
panche marmoree addossate ad un basso muro coronato di vasi e sculture
all’antica. Mosaici pavimentali e due padiglioncini laterali coi portali d’ingresso,
presenta una facciata decorata con stucchi, interamente monocratica.

GIORGIO VASARI (1511-1574)


Nato ad Arezzo, si trasferisce a soli tredicenni a Firenze, dove diventa allievo di
Rosso Fiorentino e Andrea del Sarto e per breve tempo addirittura di Michelangelo.
Sino al 1550 si distingue solo come pittore e autore delle celebri Vite degli artisti
italiani. Soltanto dal 1555 riesce a imporsi come architetto.

Vasari si occupò nel 1565 della realizzazione di un corridoio ( il Corridoio


Vasariano) che attraversava Ponte Vecchio per collegare Palazzo Pitti con Palazzo
Vecchio, passando per la Chiesa di Santa Felicità, sull’altra sponda dell’Arno. Nel
frattempo, tra il 1558 e il 1570, Ammannati creò uno scalone monumentale per il

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piano nobile di Palazzo Pitti, che palio le ali posteriori del palazzo, verso il giardino,
abbracciando cosi il cortile e chiudendolo sul lato ovest da un corpo sovrastato da
una terrazza alla quale si accedeva dagli appartamenti nobiliari del primo piano.

Nel 1560 il granduca Cosimo volle riunire le 13 più importanti magistrature


fiorentine, dette “uffizi” e collocate in precedenza in varie sedi, in un unico edificio
posto sotto la sua diretta sorveglianza, in modo da affiancare al vecchio Palazzo
della Signoria. I lavori furono affidati a Giorgio Vasari che già si occupava del
cantiere dell’adiacente Palazzo Vecchio. Il progetto prevedeva un edificio a forma di
U, con quindi due corpi di fabbrica longitudinali, collegati verso sud, realizzando
così un piazzale centrale. I tre corpi di fabbrica presentano lo stesso modulo: a
pianterreno un loggiato architravato coperto con volte a botte, costituito da
campate delimitate da pilastri con nicchie e suddivise in tre intercolunni da due
colonne interposte tra i pilastri; a tale modulo corrispondo tre aperture nel
soprastante finto mezzanino che servono ad illuminare il portico e tre finestre al
primo piano che presentano l’atermana tra timpano triangolare e curvilineo,
comprese tra lesene. Al pian terreno corre un porticato per tutta la lunghezza dei lati
ovest e sud; sovrapponendo su un podio di alcuni gradini, il portico è costituito da
colonne doriche e pilastri con le nicchie per statue che sorreggono un architrave,
ma è coperto da lunghe volte a botte, decorate da cornici rettangolari a rilievo. Il
piano nobile si apre in triadi di grandi finestre a balcone provviste di frontoni
alternati e separate dall’ordine astratto.

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Corridoio Vasariano (Firenze): per il matrimonio del figlio Francesco con Giovanna
d’Austria, nel 1565, il Duca decretò di aprire una
via sopraelevata e segreta tra Palazzo Vecchio e
Palazzo Pitti. Il Vasari in soli sei mesi costruì il
cosiddetto Corridoio Vasariano che, da Palazzo
Vecchio, superata via della Ninna con un ponte
coperto, percorre parte della galleria, superando
l’Arno sopra al Ponte Vecchio, sbuca nel quartiere
d’Oltrarno, arrivando a Palazzo Pitti. Il corridoio ha
un percorso abbastanza lineare realizzato costruendo senza sostanziali vincoli di
rispetto per gli edifici esistenti.

Le città ideali.

l’urbanistica rinascimentale nacque verso la metà del XV secolo, con l’esperienza di


Pienza, cittadina toscana n cui venne inserita una scenografica piazza e con la città
ideale di Sfozinda del Filarete, mai realizzata, caratterizzata da un impianto viario
radiale.

Un esempio di città rinascimentale con pianta a griglia è Sabbioneta, nella valle del
Po, città modello costruita dal duca Vespasiano Gonzaga tra il 1560 e il 1584. Si
trattava di una città ben equilibrata di 30 isolati rettangolari, in cui erano distribuite
funzioni militari, civiche, culturali e abitative.

La creazione delle piazze.

Molti ritengono che il contributi più significativo degli urbanisti italiani sia la
creazione delle piazze. Figura importante per la definizione delle caratteristiche della
piazza di città fu Leon Battista Alberti, ispirandosi alla descrizione di Vitruvio del
Foro Romano, stabilì che la piazza fosse colonnata e accessibile attraverso archi
trionfali. Dall’influsso sulla realizzazione delle piazze vediamo, da parte di
Michelangelo, la realizzazione della Piazza del Campidoglio a Roma, tra il 1530 e il
1540, partendo dalla trasformazione dei tre edifici medievali.

La strada monumentale.

Lo sviluppo della strada monumentale fu particolarmente importante. Vediamo, ad


esempio, la realizzazione della strada di Vasari a Firenze, che realizzò una fuga
prospettica tra le due ali degli Uffizi.

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IL BAROCCO A ROMA E NELLO


STATO PONTIFICIO FRA IL XVII E
IL XVIII SECOLO.
L’esuberanza e la grandiosità dell’architettura barocca costituiscono il culmine del
potere ella Chiesa e dei principi cattolici. Essa si sviluppò nel XVII secolo, durante il
periodo dell’assolutismo. Il termine barocco, originariamente dispregiativo, indicava
la mancanza di regolarità e di ordine, che i fautori del neoclassicismo, influenzati dal
razionalismo illuminista, consideravano indice di cattivo gusto. Infatti, caratteristica
fondamentale dell’architettura barocca sono le linee curve, dagli andamenti sinuosi,
come ellissi, spirali o curve a costruzione policentrica.

L’architettura barocca si sviluppò a Roma e raggiunse i suoi massimi risultato tra il


1630 e il 1670. In Italia, il primo periodo barocco corrisponde all’attività di artisti e
architetti quali Maderno, Caravaggio.. il secondo periodo può essere ascritto a
Gianlorenzo Benini, Pietro da Cortona e Francesco Borromini.

GIANLORENZO BERNINI (1598-1680)


Il primo degli artisti del Barocco è Gianlorenzo Bernini, nato verso la fine del 500.
Figlio di uno scultore toscano Pietro, nasce a Napoli e segue le orme del padre. Egli
però fu una delle figure universali, infatti è conosciuto siamo come scultore ma
anche come architetto e pittore. La sua fortuna si ha a Roma, dove venne scoperto
da Scippione Caffarelli Borghese, che lo prese nella sua ala
protettiva.

Si fa notare inizialmente come scultore. Alcune opere giovanili:

Enea e Anchise ( 1618-19), a 20 anni realizza questa scultura a


tema classico, raccontando la storia di Enea che fugge da Troia,
portando sulle spalle il padre. Nella scultura barocca c’è da far
notare lo studio attento al tema del movimento che si affianca a
quello dell’anatomia.

Il gruppo di Ratto di Proserpina ( 1621-22): tre soggetti


mitologici e uno biblico che mostrano l’interesse antiquario del
suo mecenate: il Cardinale Scippione Borghese. Si tratta di una
struttura monolitica, dove anche in questo caso è molto il

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importante il movimento.

David (1623-24), scultura di rara bellezza, con elementi di sproporzione voluti, come
la testa, per dare il senso di forza. Realizzata su commissione di Alessandro Peretti.
Morto quest’ultimo la commissione dell’opera fu rilevata da Scipione Caffarelli-
Borghese.

Apollo e Dafne (1624-25) fu l’ultima di quella serie di commissioni rivolte dai


cardinale Scippioine Caffarelli Borghese. Apollo è colto nell’istante in cui termina la
sua corsa resa con un dinamismo siano ad allora sconosciuto. Nel marmo Apollo è
appena riuscito a raggiungere dafne, e la sfiora leggermente con la mano sinistra,
forse con l’intento di abbracciarla.

Oltre ad un grande scultore, Bernini entra all’interno del mondo dell’architettura,


creando una serie di grandi progetti:

1623, S. Bibiana ( Roma) : nel 1623 fu eletto papa


Maffeo Berberini col nome di Urbino VIII, il quale gli
commissionò la realizzazione della chiesa di S. Bibiana.
La facciata è suddivisa in due ordini. L’ordine inferiore
presenta un porticato a tre arcate, suddivisi da pilastri
con capitelli in stile ionico. L’ordine superiore è tripartito
dagli stessi pilastri, che separano finestre rettangolari.
Realizza un avancorpo leggermente aggettante,
realizzato su due registri, con l’inserimento di un
balconcino. Bernini inserisce una grande novità, unendo
la tradizione del palazzo alle novità barocche. Infatti, in
essa non troviamo particolare movimento, dove è la
parte superiore ad assomigliare alla facciata di un
palazzetto. l’intero dell’edifico è a tre navate suddiviso da colonne di spoglio. Su
ciascuna navata si apre una cappella.

Baldacchino di S. Pietro: erette sul luogo di sepoltura di


San Pietro, il baldacchino è una monumentale struttura
bronzea sorretta da colonne tortili: un’affermazione
trionfale dell’autorità e del fulgore della fede cattolica.
Questa soprintende composizione, alta circa una trentina
di metri, intendeva essere una cementazione simbolica
della supremazia della chiesa cattolica sul Paganesimo e
sull’Ebraismo. Nella realizzazione di questa struttura

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emerse il problema del materiale. Si decide quindi di spogliare il bronzo che si
trovata all’interno del Panthon pagano. Esso si sviluppa su 4 colonne, alle quale
aggiunge movimento realizzando colonne tortili, avvolgendole, al di sopra della
parte scanalata, con racemi e motivi naturalistici, termina con 4 volute che si
incurvano a dorso di delfino sorrette da angeli, e culmina con il globo e la croce. La
parte alta del baldacchino è avvolto da una sorta di telaio, come fosse un tessuto
decorato sempre da motivi naturalistici. L’intero baldacchino poggia su un
basamento marmoreo con lo stemma barberiniano. In questa opera collabora con il
suo nemico, Borromini, ossia l’alterego dello
stesso Bernini. Il baldacchino inquadra la
Cattedra di S. Pietro. Straordinaria architettura,
inserita nell’architettura, essa rappresenta il
trono di S. Pietro, ossia la seduta del celebrante.
Non ci si può sedere, dal momento che è
posizionato in alto rispetto alla superficie, retto
dai 4 Dottori della Chiesa, attorniata da nuvole e
da angeli. Questi sono illuminati in maniera
prepotente dalla luce del sole che filtra dalle
finestre. In particolar modo la luce va ad illuminare una colomba realizzata
all’interno di una cornice. Rappresentazione tipica barocca, nella quale Bernini
incastra architettura insieme alla scultura, con l’utilizzo preponderante della luce,
creando elementi scenografici.

1586, spostamento dell’obelisco di S. Pietro: obelisco egizio, il quale viene


spostato, all’interno della piazza di S. Pietro. Lo spostamento rappresenta un
grande momento per la storia, dal momento che esso fu il primo spostamento di un
elemento di cosi grandi dimensioni. Questo determinò anche la realizzazione della
grande piazza, delimitata dal Colonnato (1656). Utilizza l’asse trasversale
dell’ellisse, basandosi sulla posizione dell’obelisco. Continua poi il colonnato,
pelimetrando lo spazio tra l’ingresso della Basilica e il termine della piazza ovale.
Nell’apertura della piazza, è possibile osservare la cupola della basilica. Avanzando,
la cupola sarebbe progressivamente scomparsa dietro alla grande facciata di Carlo
Maderno, questo però non succede. Bernini
aveva previsto un settore di ellisse in
corrispondenza della spina del bordo. Il
colonnato ha una funzione anche pratica, esso
infatti consente di attraversale la piazza nel
momento in cui piove, può essere identificato
come il quadriportico delle vecchie Basiliche. Al
di sopra vennero posizionante una serie di
sculture rappresentanti santi.

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Il barocco di Bernini è sempre ben definito, ad esempio il colonnato è
estremamente classico, questo perché Bernini puntava soprattuto sul movimento.

Realizza l’ingresso trionfale del Palazzo Vaticano, la Scala Regia ( 1663-66) :


realizza una lunga rampa rastremata, che prosegue con
dimensioni sempre più sostenute. Bernini cerca di ottenere un
effetto strano a quel tempio, egli cercò di realizzate una rampa
che sembrasse più lunga, quasi infinita, per richiamare
l’importanza del papa. Riesce a realizzare questo con
l’inserimento di un colonnato, che impedisce di cogliere il vero
ornamento del muro. A questo colonnato ionico vennero
realizzate delle volte a botte, che necessariamente diventa più
stretto alla sommità, amplificando agli occhi dell’osservatore la
lunghezza del percorso, per mezzo di una prospettiva forzata.
Di fatto è un cono prospettico che decresce in larghezza e
altezza. La luce gioca un ruolo fondamentale, interrompendo la
penombra della scala e incrementando l’illusione di una
maggiore lunghezza. Lo scalone conduce agli appartamenti
papali. Sopra all’arco, all’inizio della rampa, c’è lo stemma di
papa Alessandro VII. Alla base delle scale, Bernini posizionò la
sua statua equestre dell’imperatore romano Costantino. Si
intendeva mostrare l’evento della conversione di Costantino,
prima della battaglia di Ponte Milvio. Essa non è una stata
libera, ma venne realizzata attaccata al muro.

Fuori dal Vaticano, Bernini realizzata tutta una serie di edifici cristiani a pianta
centrale, di importanza minore:

Nel 1658-61, S. Tommaso di Villanova (Castelgandolfo) : Bernini completa il


progetto di S, Tommadio di Villanova, con l’inserimento di elementi architettonici
tipicamente barocchi nella cupola. Dove vediamo il barocco nella luminosità, data
dallo stucco. Una cupola con tamburo e lanterna, decorata con otto tondi in stucco
rappresentanti Scene della vita di San Tommaso di Villanova, nei pennacchi invece
vi sono i 4 Evangelisti.

S. Andrea del Quirinale (1658-70): la chiesa è a pianta


ellittica, questo perché si basa su dei vincoli, per via del
lotto poco profondo. L’intento, nonostante le reali
dimensioni, suscita in chi entra un effetto di dilatazione,
dovuto alla scelta di disporre l’ovale della pianta nel
senso della larghezza. Quindi realizzandola in senso
longitudinale. Il movimento è dato appunto dalla
curvatura delle pareti, che definisce la parte del

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sagrato, che termina con una muratura convessa, realizzando l’angolo della
facciata, che termina con una muratura concava, ossia l’ingresso. La chiesa ha un
impianto a cupola non estradossata su base ellittica, inserita all’interno di un tiburio.
L’inserimento urbanistico è risolto dalla facciata, molto più stretta rispetto al corpo
centrale, sostenuta da due paraste corinzie di ordine gigante, sostenenti
trabeazione e timpano piuttosto aggettante. l’apice della teatralità lo si coglie nel
cancello presbiteriale, dove una cupola invisibile a chi sta
nell’aula, investe di luce mistica la statua in stucco del
santo martire che sale in cielo e la pala che fregia l’altare.

Estasi di S. Teresa in Santa Maria della Vittoria


( Roma) : Bernini realizzata una cupola interamente
rivestita di marmo pregiato. Per enfatizzare il concetto di
teatro realizza dei palchetti, affacciati per osservare il
momento dell’estasi. La scena è illuminata da una
finestrella, inserita in una nicchia in aggetto in cui all’interno venne inserita S.
Teresa.

S. Maria dell’Assunzione ( 1662-63): uno egli


esempi migliore di edificio a pianta centrale è la
chiesa di S. Maria. È una chiesa che sta al centro
del foro, realizzata con materiali molto povero. Un
pronao con archi e l’inserimento di una cupola, che
ricorda il Pantheon. L’interno della cupola ricorda
quella di S.Andrea, con l’inserimento di angeli e
festoni, che sorreggono ghirlande in onore
dell’Assunzione della Vergine Maria scolpiti in
modo molto realistico introno alla base della
cupola.

Palazzo Chigi Odescalchi ( 1664): un tipo di facciata monumentale, articolata con


giganteschi pilastri sopra uno zoccolo a bugnato, sviluppato poi nel colossale
progetto per il Louvre.

Progetto per il Louvre: Bernini realizza due progetti, estremamente barocchi, per la
realizzazione del Louvre, per Luigi XIV. Egli propone due soluzione diverse: un
palazzo che viene conformato con grande conca aperta su un cortile centrale;
mentre l’altro con il motivo a muratura concava, convessa e concava. Entrambi i
progetti non vennero mai realizzati.

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FRANCESCO BORROMINI
(1599-1667)
Antagonista del Bernini. Nacque a Bissione, sul lago di Lugano, da una famiglia di
muratori. Carattere irrequieto, l’esatto contrario della serafica sicurezza di Bernini.
Era un uomo malinconico, incostante e nevrotico, che alla fine morì suicida.
Raccolse in sé il meglio della tradizione costruttiva gotica e di quella antica.
Rifiutando la serena concezione dell’architettura intesa come riflesso delle
proporzioni del corpo umano, idea che era stata accolta da minuti alti architetti.
Sosteneva invece un’architettura basata sulla natura, su Michelangelo e sugli
antichi. Le fonti antiche a cui si ispirava Borromini erano edifici curvilinei ricchi
d’inventiva. Iniziò la propria carriera in San Pietro come intagliatore di marmi verso il
1620, sotto la direzione del parente Carlo Maderno e lavorò al baldacchino bronzeo
del Bernini. I suoi principali incarichi non gli vennero dalla corte pontificia, ma dagli
ordini ecclesiastici locali.

Dal 1634, Borromini si occupo della realizzazione San Carlo


alle 4 fontane e il Convento dei Trinitari scalzi: costituisce
il suo primo incarico per un ordine monastico povero.
Progetta e costruisce un’architettura di dimensioni
contenute: una piccola chiesa, un piccolo chiostro, un
piccolo convento in un piccolo lotto di terreno. la pianta
della chiesa ha una forma nuova, che in realtà nasce dalla
combinazione di forme a noi note. Si sviluppa sui due assi
principali, longitudinale e trasversale. Costruita con l’unione
di 2 triangoli equilateri che formano una losanga, realizzando
quindi un’ellisse, con l’inserimento di una cupola anche essa ellittica, costruita su 2
cerchi fra loro raccordati. Abbiamo delle absidi maggiori e minori, con linea curva
che definiscono il profilo concavo, convesso, concavo.. con una facciata anche
essa realizzata con motivo concavo, convesso e
concavo. Concepisce poi un colonnato con angoli
smussati, da porzioni convesse, le colonne sono
binate per creare un ritmo non monotono. La chiesa di
San Carlo possiede, grazie al vigoroso ordine gigante
e all’uso delle curve e delle aule una spinta vertile
assimilabile a quella gotica. L’interno è neutro per
espressa scelta di Borromini: intonaco e stucco,
nessun marmo colorato o finto fermo dipinto. La facciata venne costruita dopo la
morte di Borromini. La facciata, concava, convessa e concava, che si sviluppa su

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due registri di ordine sovrapposti. Il tutto è
talmente compresso, che contribuisce a creare
movimento. Le trabeazioni sono piegate da
una forza invisibile, ke membrature

architettoniche
aggettano plasticamente e le muratore si infettano
e si incarnano come superfici tese.

Oratorio dei fIlippini ( Roma) : la facciata


dell’Oratorio dei Filippini anticipa la soluzione di
San Carlino, con il suo gioco di forma concavo e convesse. La posa dei mattoni e la
qualità dei medesimi è particolarmente accurata e degna della migliore trabeazione
imperiale. L’oratorio è costituito da un’ala unica le cui pareti sono accollate da
pilastri giganteschi che proseguono lungo tutto la parete della navata fino al soffitto
ad archi, formando un reticolato intrecciato che assomiglia alle nervature di una
volta gotica, sebbene Borromini abbia ammesso nell’Opus Architectonicum di voler
produrre il modello antico delle volte rette da archi poggiati su
pilastri. La parte d’ingresso dell’Oratorio è una diaframma
traforato, costruito al piano terreno da tre aperture ad arco,
sormontate dalle corrispondenti aperture della loggia del
cardinale al primo piano.

Collegio di Propaganda Fide (Roma) concepisce la facciata in


maniera aperta, utilizza un ordine gigante astratto, che
inquadra delle campata con aperture in parte cieche e in parte
avete, con piano nobile scandito da finestre ad edicola, con
andamenti curvi. L’asse centrale marcato dal portone d’ingresso. La facciata ha la
concavità marcata, la quale viene seguita dall’ordine gigante. Costoloni che
marcano il soffitto, con funzione portante.

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La chiesa più importante di Borromini è la chiesa di San’Ivo alla Sapienza: la pianta


della chiesa è costituita da 2 triangoli equilateri sovrapposti che formano una stella
a sei punte, simbolo della sapienza, con uno spazio
centrale esagonale. Al lato dell’angolo esagonale
sono situate tre absidi semicircolari. Le sei punte
della chiesa sono alternativamente concave e
convesse, come rimarcato dal forte cornicione
intero. La facciata è chiusa da una conca, che si
contrappone alla convessità della cupola
sovrastante. La facciata ospita un piccolo
vestibolo, a ridosso delle cappelle vengono
ricavate degli ambienti di servizio, e poi si sviluppa
l’impianto centrale. La cupola, sormontata dal tamburo, in qui si apre una finestra. Il
tamburo è a sua volta convesso, concavo.. con
l’inserimento di contrafforti concavi, i quali possiedono
quindi una curva, che controspingono le spinte della
cupola. La cupola è costituita da nervature e vele
concave che seminano nella lanterna, decorate con
stelle e cherubini a stucco. La lanterna della cupola
possiede un gioco caratteristico con uno sviluppo
spirale, dove si trova una piramide a gradini incoronata
dalla lanterna. Nella pianta di S’Ivo si è voluto individuare la forma d’ape, emblema
araldico del papa Urbano VIII, che aveva nominato Borromini architetto della
Sapienza nel 1632.

Sant’Agnese in Agone ( Roma) : Giovan Battista Pamphili, papa Innocenzo X, volle


fare di Piazza Navona ( ricavata sul Circo di Domiziano, motivo per cui la piazza ha
una forma allungata) la più bella piazza di Roma. Borromini venne chiamato per
realizzare la chiesa, posizionata accanto a palazzo Pamphili. Sull’asse di questo
circo, Augusto aveva elevato un obelisco egiziano di granito rosso e nel 1647
Borromini consegnò a papa Innocenzo X il progetto poi una fontana per piazza
Navona su cui si stagliava un obelisco. L’incarico fu passato a Bernini, che eseguì la
celebre fontana della Fortuna. Borromini per la realizzazione della chiesa progettò
un edificio sulla base delle idee di Rainaldi. Il quale realizzò una chiesa a croce
greca. Borromini subentrò a Rainaldi nel 1653, rimodellando completamente la
facciata. La facciata è trasversale concava, quindi
bassa per consentire di vedere la chiesa. Prevede dei
campanili laterali che interrompono l’allungamento

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della facciata e che ricordano le facciate delle chiese medievali. A pianta centrale.
L’interno, riccamente decorato, di marmi, dorature, dipinti e stucchi non rispecchia
la sobria essenzialità delle finiture borromiane.

PIETRO BERRETTINI DA
CORTONA (1596- 1669)
Il terzo grande maestro del barocco è Pietro Berrettini da Cortona. Si formò
prevalentemente come pittore.

Una dei più importanti progetti fu la realizzazione della


Villa Sacchetti del Pigneto ( Roma) realizzata nel 1653
e ora scomparsa: essa è la prima grande opera
architettonica di Berrettini che, con la sua forma atipica,
costituisce una citazione della grande nicchia del
Belvedere. Per via della sua posizione, sul fianco della
collina, l’esedra d’ingresso venne realizzata mediante
rampe e terrazze che rimandano anche al Tempio della
Fortuna Virile a Palestina. Alcuni elementi della pianta,
come i due locali con ampie absidi semicircolari dotate
di un diaframma di colonne, derivano dai solari delle
terme romane. L’enorme nicchia d’ingresso, che
richiamava quella del Belvedere al Vaticano, era
affiancata da ali curvilinee, e competeva con l’Oratorio
dei Filippini di Borromini.

Altra opera solita posta accanto al Foro Romano, è la Chiesa


dei SS. Martina e Luca ( Roma). La chiesa fu commissionata
dal cardinale Francesco Barberini. Una chiesa ipogea,
realizzata in onore di Santa Martina; e la chiesa di Luca
posizionata al di sopra. La facciata è incurvata, quasi serrata
fra le due testate esterne. La facciata possiede un movimento,
grazie all’utilizzo dell’ordine architettonico realizzato in
travertino, realizzato con semicolonne e lesene. All’esterno si
osserva il contrasto tra facciata e resto della muratura. Angoli con paraste binate,

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che
creano
una
cornice
di una
facciata
che
sembra si stia staccando verso l’esterno. Inserimento di
elementi secondari. All’interno venne realizzata una chiesa a croce greca, con delle
absidi tronche ed incurvate ( non del tutto definite). Ma se
si va dentro si capisce che il movimento tipico del
barocco è inserito nelle colonne ioniche, facendo si che
essere rappresentino la parete stessa, enfatizzando
l’ordine. Sotto la chiesa di Santa Martina: essa assomiglia
più ad una cripta.

Chiesa di S. Maria della Pace ( Roma): nella chiesa di S. Maria della Pace venne
realizzata da Pietro da Cortona una delle più affascinanti facciate del barocco
italiano. La facciata, commissionata da Alessandro VII, celebra la chiesa come
tempio di pace. Dominato da uno spazio regolare . Il Cortona escogita, nel piccolo
spazio a disposizione, una soluzione urbanistica con un sagrato architettonicamente
definito da fronti scenografici. La definizione del sagrato è
possibile mediante alcune demolizioni che definiscono uno spazio
poligonale nel quale si inserisce il protiro convesso con colonne
binde libere. Per monumetalizzare la facciata la alza e così accieca
parte del tamburo della preesistente cupola. Sopra alla
trabeazione curva si sviluppa il secondo registro con le lesene e le
semicolonne che incurvano la parete di facciata con frontone
triangolare e curvo.

Chiesa di Santa Maria in via Lata: la chiesa preesistente è sorta


su di un sacello paleocristiano in una parte di horrea imperiali accanto a Palazzo
Pampihili. La facciata si gioca su due registri colonnati; quello inferiore richiama
Palazzo Massimo alle Colonne con un pronao in antis e, notando il pericolo che la
chiesa poteva essere sovrastata dalla costruzione di nuovi edifici, convinse
Alessandro VII a permetterei di aggiungere un enorme piano superiore, privo di
funzioni pratiche. Con la realizzazione di un loggiato a colonne. La facciata è un
volume a sé stante, un vestibolo su due piani, ben più alta del corpo della chiesa
preesistente retrostante. Con l’inserimento del motivo dell’architrave arcuata, vale a
dire una trabeazione piegata ad arco che invade i frontone.

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Alla fine del XVII secolo a Roma si distinsero due correnti


nell’architettura e nella decorazione barocca: quella stilisticamente
più radicale, di cui facevano parte Andrea Pozzo e Antonio Gherardi,
e quella più conservatrice guidata da Carlo Fontana.

ANDREA POZZO (1642-1709)


Andrea Pozzo du il principale quadraturista, o pittore di rappresentazioni
architettoniche illusionistiche. Le sue opere principale furono intraprese presso le
due più importanti chiese gesuite di Roma: il Gesù, dove eseguì la splendida
cappella di S.Ignazio di Loyola, e la chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in cui
decorò la volta della navata centrale, la finta cupola e la tribuna con affreschi che
rappresentano l’opera missionaria.

ALESSANDRO SPECCHI (1668-1729)


Porto di Ripetta : era uno scalo fluviale di Roma situato lungo il Tevere. Solamente
nel Settecento papa Clemente XI approvò il progetto per la
realizzazione di un nuovo porto dall’aspetto monumentale,
dotato di banchine, scalinate e piazzali. Il disegno fu
affidato all’architetto Alessandro Specchi, che si avvalse
della collaborazione di Carlo Fontana. La costruzione è
caratterizzata da due ampie scalinate curve, che
collegavano le banchine al livello del piano stradale; al
centro si apriva un emiciclo, dove era collocata una fontana
per abbeverare gli animali. Ai lati dell’emiciclo si
innalzavano due colonne ì, le quali furono utilizzate per
indicare il livello dell’acqua.

Scalinata di Piazza di Spagna. Trinità dei Monti. Al centro


della piazza vii è la famosa fontana della Barcaccia, scolpita da
Pietro Bernini e suo figlio Gialorenzo. Scalinata monumentale,
commissionata dal cardinale de Tencin, realizzata per collegare
l’ambasciata brorbonica spagnola alla chiesa della Trinità dei
Monti. Venne realizzata su più rami. Una scala con andamento
a linee speziate, con tre sostanziali rami, che si sdoppiano con
due tenagli.

FILIPPO RAGUZZINI (1680-1770)


Altro capolavoro di architettura urbana, con piccolo spazio
sinuoso, definito dalla scenografica disposizione delle

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facciate ricurve e dei sinuosi vicoli è Piazza S’Ignazio a Roma, realizzata da Filippo
Raguzzini. Con palazzine dalle ricurva facciate concave, separate da vincoli obliqui
fronteggiano la preesistente chiesa di S. Ignazio.

ALESSANDRO GALILEI (1691-1736)


Questi effetti curvilinei furono prevalentemente abbandonati a
Roma , anche a seguito dell’impatto del gusto classico del
cardinale francese Corsini che, dopo essere stato eletto papa,
sotto il nome di Clemente XII, chiamò a Roma l’architetto
fiorentino Alessandro Galilei.

Nel 1733-1735 Galilei costruì la basilica paleocristiana di S.


Giovanni in Laterano. Una monumentale facciata
classicheggiante, voluta da papa Clemente XII, solida, senza
alcuna concessione alle curve, che ricorda più quella di un severo palazzo che di
una chiesa: con i suoi due ordini, uno gigante e uno minore. All’interno della chiesa
Galileo edificò la cappella Corsini, una cappella di famiglia in austero stile classico.
L’interno venne ristrutturato da Borromini.

FERDINANDO FUGA
Ferdinando rimase più fedele agli ideali barocchi, come
nella scalinata di Palazzo Corsini, voluta da Clemente XII,
e nella splendida facciata monumentale di Santa Maria
Maggiore. Assume il carattere di un palazzo reale, che
inquadra un portico con loggia. La loggia servivano
come spazio di servizio per il pontefici.

NICOLA SALVI (1697-1751)


L’ultimo grande monumento del Barocco romeo settecentesco è la fontana di
Trevi, opera di Nicola Salvi. Venne realizzata un fontana addossata alla facciata di
un palazzo, andando quindi a coprire il tutto con un arco trionfale in modo da creare
la più grandiosa delle numerose fontane. Essa può essere considerata barocca per
le grandi dimensioni e per le esuberanti statue scolpite, rococò nelle rocce

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naturalistiche ricoperte dalla vegetazione scolpita, neolitica per il riferimento all’arco
trionfale. Anche in questo caso l’ordine gigante scandisce la superficie impreziosita
dalle finestre fontonate

IL BAROCCO A BOLOGNA
Carlo Francesco Dotti
Santuario della Madonna di San Luca: riprogettato
da Carlo Francesco Dotti. Chiesa che sorge in cima al
monte della Guardia ai margini della città. Questa è una
chiesa ellittica a croce greca coperta a cupola,
possiede un accesso scenografico: un lungo portico
ad archi che sale lungo la collina con una gran serie di
curve e zigzag.

IL BAROCCO A VENEZIA
Venezia è una città che rimane prettamente medievale, la quale non conosce
elementi rinascimentali.

Uno degl iinterventi barocchi a Venezia è grazie a Baldassarre Longhena: con Santa
Maria della Salute, realizzata a pianta centrale. Due cupole, dove al di sotto della
cupola maggiore venne realizzata la pianta centrale. La pietra d’Ittrio riveste l’interno
impianto. Nella facciata viene utilizzato il tema dell’arco di trionfo. La grande
cupola, con estradosso confido, contraffortata con delle volute concave e a spirale.
La scarsella è cupolata ed estradossata. A impianto ottagonale sormontato dalla
cupola estradossata con lanterna impostata su grandi pilastri colonnati che
definiscono il deambulatorio esterno. La teatralità degli interni e data
dall’architettura, dagli arredi e dagli addobbi e dalla luce. L’interno sono in pietra
grigia e intonaco bianco.

Sempre Loghena realizza un palazzo barocco, ossia Cà Bon-Rezzonico: edificio


isolato, con i canali sui tre lati. Con parte monumentale nella facciata che da sul
canale maggiore. Le stanze distribuite lungo il salone, fino ad arrivare al cortile di
servizio. A casa delle difficoltà economica dei committenti e dalla morte del
Longhana del 1682 i progetto venne abbandonato.

IL BAROCCO IN PIEMONTE
Il Piemonte, sotto la dinastia dei Savoia, si elevò alla posizione di potenza europea
tra la metà del XVI e la metà del XVIII secolo. Torino capitale fu ristrutturata nel
1563 secondo criteri barocchi nel corso del XVII secolo, pur mantenendo l’impianto

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a scacchiera dell’originaria città romana. Nel 1663 Carlo Emanuele II duca di Savoia
chiamò a Torino Guarino Guarini.

Guarino Guarini
Guarino Guarini nacque a Modena e si avviò alla carriera ecclesiastica come il padre
Teatino. Dal 1639 al 1674 studiò teologia, filosofia e matematica nella Casa sei
Teatino di Roma dove fu nominato professore di filosofia nel 1650. Studiò con
attenzione soprattutto l’opera di Borromini, la cui influenza è evidente sin dalle
prime opere di architettura. Le sue opere sono particolari per via della grande
complessità che crea in esse.

Guarnini fui un uomo di mondo, visitando diverse città, nelle quali si occupò di
progettare diversi edifici.

Come in Portogallo, a Lisbona con la realizzazione di S. Maria della Divina


Provvidenza: realizza una chiesa con navata impostata su una serie di ellissi
concatenate e cupolate per aumentare l’enfasi, dove gli archi trasversali erano
tridimensionali, nel senso che si flettevano in avanti oltre che verso l’alto; questo
andamento ondulatorio era ripreso nei pilastri tortili disposti lungo le pareti della
navata e delle sorprendenti finestre nelle lunette. Le due ellissi maggiori definiscono
la campata maggiore. Il tutto dominato da una cupola che sta su un cerchio, una
sorta di incrocio a impianti circolare che precede il cono semicircolare. La facciata è
concava, convessa e concava. La chiesa andò distrutta in occasione del terremoto
di Lisbona del 1755.

La chiesa di Sant’anna Royale a Parigi: progettò, ma non condusse a termine la


chiesa di Sant’Anna a impianto centrale, lasciando intendere il suo desiderio di
sostituire la cupola piena con in sistema traforato di costoloni intrecciati. La parte
del registro superiore possiede due calotte. Con un alto tamburo retto fa fregiati
sferici, con una galleria panoramica. La calotta venne realizzata da nervature, con
intreccio di costoloni che diventano archi portanti della cupola. Le vele. Sopra la
prima calotta, bucata da finestre, realizza una seconda calotta e una terna nella
quale inserisce una lanterna.

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Cappella della Sacra Sindone: a Torino, dove egli trovò casa, lavorò per i Savoia, i
quali commissionano la realizzazione della Cappella per la Santa Sindone. La
cappella sorse tra il Palazzo Reale e il Duomo. La Cappella è più alta del piano del
Duomo ed è ad esso collegata mediante due rampe buie con gradini convessi.
Interviene su un’architettura già progettata, Guarini inventa due rampe strette, dove
non ci sono finestre, per ragione simbolica, realizzate verso l’alto. Questa scatola è
convessa, con due vestiboli circolari, i quali sono irrealtà fregiati da tre gruppi di tre
colonne ( la trinità), che reggono tre archi, che reggono tre pennacchi che reggono
una piccola cupola. Questo motivo di tre lo si ritrova anche nella cappella vera e
propria. Per aumentare l’altezza crea 3 grandi imposte nella
cupola. La cupola non è concepita con costoloni o vele,
ma come una sovrapposizione di archi sfalsati che vanno
rastremandosi verso l’alto, sormontati da una calotta. Per
evitare che l’appoggio e il carico degli archi vada a far
cedere, inserisce dei piedritti nei punti di avvio delle
sovrapposizioni. Impiega marmi sicuri nella parte
basamentale e marmi grigi nella parte alta e nella cupola.
È comunque una struttura leggere, per la realizzazione di
parecchie aperture. Purtroppo è andata parzialmente
distrutta da un incendio.

Poco distante dalla Cappella, Guarini realizza la


Chiesa di S. Lorenzo. La quale vista da fuori
sembra un palazzo, che però nasconde
all’interno una struttura cupolata. Essa è un
omaggio a Bernini, per quanto riguarda la
pianta quadrata ma cin uno spazio centrale
circoscritto da otto lati convessi sui quali si apre
un ampio arco a serliana. Nartece che
corrisponde alla facciata del palazzo. Nei
quattro assi diagonali queste aperture
inquadrate da colonne corinzie conducono a
cappelle con una curiosa pianta quasi ellittica definita da due archi di cerchio. Nella
parte sovrastante, lunette con serliane si alternato a pennacchi di sostegno della
cupola a torre conica. La cupola è ancora più complicata. Essa infatti è suddivisa in
otto fascioni semicircolari intrecciatisi in una figura di stella a otto punte, che
lasciano al centro uno spazio ottagonale aperto. Al di sopra si eleva un’alta lanterna
coperta da una cupoletta, anche essa scompartita da costoloni.

Sempre a Torino, costruisce Palazzo Carignano: una monumentale facciata che


alterna tratti concavi con pareti convesse in una configurazione forse riconducibile
ai progetti del Bernini. Edicola che si stacca al centro, che definisce l’asse centrale.

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FILIPPO JUAVARRA (1676-1736)


Alla morte di Guarini seguì a Torino una fase di stasi nell’attività costruttiva finché
non salì al trono Vittorio Amedeo II di Savoia, che diventò re di Sicilia, poi re di
Sardegna. Nominò architetto di corte Filippo Juavarra, siciliano d’origine, che
godeva di fama internazionale, che si occupò della trasformazione della città
costruendo o ristrutturando ben sedici palazzi e otto chiese in stile Barocco.

Interviene prima su Palazzo Madama: tra il 1718 e il 1721


fu impegnato nella ricostruzione di Palazzo Madama.
Realizza una grande facciata, con un sapore prettamente
francese, richiamando gli elementi del barocco. Con ampie
finestre, realizza un corpo che contiene la sequenza tipica
di elementi del palazzo barocco: vestibolo, scalone e
salone. La facciata è in pietra, dominata da un ordine
gigante su alto basamento bugnato che risulta nelle
colonne dell’avancorpo centrale finestrato dello scalone monumentale. Il salone era
un ambiente vuoto, utilizzato per organizzare grandi cerimonie.

Sempre Juvara per i Savoia costruisce la Basilica di


Superga: esso rappresenta il capolavoro di Juvarra, che
realizza una chiesa-mausoleo voluta dai Savoia come ex
voto dopo l’assedio di Torino del 1706 posto in essere
dalle truppe francese di Luigi XIV. La cupola è simile alla
cupola si S.Andrea. la chiesa è una splendida
interpretazione barocca del Pantheon, con un enorme
pronao corinzio a pianta quadrata antistante l’alto cilindro
coperto a cupola della navata. Lateralmente sporgono due
campanili.

Palazzina di Caccia di Stupinigi ( Torino): fa parte di quella serie di residenze


Sabaude, realizzate in torno alla città di Torino. Le quali vengono unite da un lungo
rettifilo che conduceva alla città. Tale palazzina venne realizzata con ali, nei quali
troviamo spazi di servizio, che si estendono di
fronte al palazzo, in modo d formare un vasta
corte centrale esagonale. Poi la porzione della
Palazzina, contenente gli appartamenti reali,
con un grande salone, che costituiva la
divisione tra gli ambienti laterali. Sul tetto della
Palazzina venne inserito un grande cervo. Il
salone è concepito con un grande corpo
ellittico con quattro pilastri che reggono il

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ballatoio dei musicisti e la cupola.

BERNARDO VITTORE (1705-70)


Il vero erede di Guarini e Juvarra è Bernardo Vittore, ossia colui che curò gli scritti di
Guarini, di cui fu allievo. Realizza delle piccole architetture, prettamente chiese di
campagne. Esse sono curiose perché riproducono lo schema a pianta centrale, con
spazi sovrapposti. Cupole con grandi archi, vele traforate. Ad esempio il Santuario
della Visitazione, dove l’interno è riccamente dipinto con figure di santi e gerarchie
celesti nelle volte sovrapposte.

La sua prima opera importante di cui abbia


testimonianza è il piccolo santuario della Visitazione
a Vallinotto presso Carignano, Torino. Dove Vittore
realizza una cappella sul ciglio della strada rurale,
costruita per i braccianti agricoli nella tenuta di Antonio
Faccio. Vittore riunì in uno spazio esagonale, dal
diametro di una quindicina di metri, 6 pilastri
dell’invaso esagonale centrale, a lato dei quali si
trovano sei cappelle ad arco di cerchio, si dipartono 6
costoloni che si intersecano formando una cupola di stile
guaririano. Ma Vittore superò Guarini per quanto riguarda
la complessità spaziale, erigendo sopra questa cupola
altre due cupole o volte sottili, entrambe recanti affreschi
della gerarchi celeste. La prima senza finestre, contiene
al centro un’ampia apertura esagonale che si apre su
una seconda cupola, illuminata da finestre circolari
nascoste e sormontata da una lanterna, con un simbolo
della Trinità dipinto sulla volta.

S. Chiara a Bra, presso Cuneo: realizzata


nel 1742, ispirata probabilmente al salone
degli Stupidigi di Juavarra, Costituisce una
variazione sul tema del Santuario della
Visitazione a Vallinotto presso Carignano.
La struttura come la precedente è costruita
in laterizio, realizzata su due livelli con
balconata- matroneo. Benché i costoloni
qui non siano staccati dalla prima cupola, la

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superficie di questa è forata da quattro aperture curvilinee attraverso le quali è
visibile la seconda cupola, affrescata con un cielo popolato da angeli e santi.

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