Varie Da B SQUAROTTI - Luoghi e Forme Della Lirica
Varie Da B SQUAROTTI - Luoghi e Forme Della Lirica
(D LAvventura Letteraria
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TEORIA E STORIA
DEI GENERI LETTERARI
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LI.JOGHIE FORME
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DELLA LIRICA
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F a cura di Giorgio Barberi Squarotti
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F Saggi di: G. BÂLDISSONE - C. PEIRONE - D. CHIODO - S. CALZONE - M. BOA-
ô GLIO - F. PEVERE - GToVANNI BARBERI SQTIAROTTI - M.G. STASSI - L. ORSE-
NIGO - P, PEPE
BCU - Lausanne
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L'AVVENTURA LETTERARIA
collana diretta da Giorgio Barberi Squarotti, Francesco Spera, Barbara Zandlino
LAvventura Letterana
AA.VV., La letteratura ín scena. II teatro del Novecetúo
Rinaldo Rinaldi, Miracoli della Stupidità. Discorso su Marinetti
AA.VV., I bersagli della scttira
Stefano Jacomtzzi, Sipari otlocenteschi e ahri studi
Antonio Gagliardi, L'esperienza del tentpo nel Decameron
AA.W., Prospettive sul Furioso
Mario Aversano, La quínta ruota.. Studi s¿¿llø Commedia
Barbara Zandlino, L'eclisse clel sublime
Davide Ghezzo, Fantascienza. e mito
AA.VV., Lo specchio che deþtma. Le immagini della parodía TEORIA E STORIA
Antonio Gagliardi, Lct ntisura. e la gra7.ía..S¿rl Libro del Cortegiano
Guido Davico Bonino, La conmtedía itctliana del Cinquecento DEI GENERI LETTERARI
AA.VV., Prospettíve søl Decameron
Pierpaolo Fonraro, Trapassato presente. L'appropriazionc dcll'antico attreyerso I.o nørratiya
modema
Sergio Blazina, La ma.no invisibile. Poetíca e procetlintenti na.rrativi del romanzo verghiano LUOGHI E FORMH,
Donatella Riposio, Nova comedia v'appresento. Il prologo ttelLa cotunedia del Cinquecento
Claudia Pehone, Storia. e trrul.iziotte tlello terca rima
Luca Orsenigo, L'ossessione dell'assoluîo. L'epiJània del srnro trclla letteraîut'a ital.iana
DELLA LIRICA
contenlporanea
AA.VV., I ¡nondi impossibili: I'ulopia
AA.W., Cronaca e letteraturet a cura di Giorgio Barberi SquaroUi
Luisa Mirone, LaJamiglkt a teaÍro. Cortflitti e comproftrcssi fanùIiari sulla scena del secondo
Ottocetxîo
AA.W., Prospetîíve søl Promessi Sposi
Valter Boggione, Claudia Peirone, I ntocli della tnetrico.: Murtola e Gozzano
AA.W., L'editoria torinese del secondo Ottocento: la narrativa
CarlaForno, Il"libroanùnato":teoriaescriÍturadeldialogodelCinr1uecento
AA.VV., Cantami o Dit,a. Latradizione del Poema
AA.VV,, La macchina meravigliosa: íl romtLnzo clalle originí al '700
Saggi di: G. BALDISSONE - C. PEIRONE - D. CHIODO - S. CALZONE - M. BOA-
AA.VV., Ascesa. e decd.ew.a del romanzo nto¿lento
GLIO - F. PEVERE - crovlNNr BARBERI SQUAROTTI - M.G. STASSI - L. ORSE-
Anna Ferraú, Lt deaJÞrita" Un alJi'esco di Tera e le origini di un mito NIGO. P. PEPE
Fabio Pierangeli, Pavese e i suoi núti toccati tlal destino. Per una. letturct. dei Dialoghi con Leucò
Paola Pepe, Novecento e utopia
Sergio Blazina, Evoluzíonisnto e storiø della letteraturcr
Baccio Tinghi (a cura di Delmo Maesh'i), Zibaldone
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Riccardo Verzini, II paragone d.elle parole. l¡¿ voce dei persormggi nei " Promessí Sposi" .
Cailo Torchio, Fra Ronnnticismo e decadenza. Studi sulla letterarut'a e sulla lingua letternria
Luigi Montella, La classicità nel moclerno. Sn'atigraJict linguistica di Giuseppe Raùnondi \l
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Tirrenia Stampatori
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Stampato con il contributo dell'Università degli Studi di Torino, Indice
Dipartimento di Scienze Letterarie e Filologiche.
Giusi Baldissone
L occhio lirico 9
Claudia Peirone
Approdi e naufragi nei tempestosi mari d'amore 29
Domenico Chiodo
"Fra liquido cristal nevi guizzantl":
la scena del bagno nella poesia italiana 47
Seryio Calzone
"Vermiglia tutta, d'ôr, candida e nera": metamorfbsi
BIBI.IOTHEOUE CANTONALE
FT UN|VERSITA|I''] dei codici cromatici da Petrarca ai petrarchisti 69
Fulvio Peverc
La macchina delle parole. Strumenti scientifici
e tecnologici nella poesia del Seicento 119
Prima edizione marzo 1996
Paola Pepe
Il fondamento lirico della concettualità. Un'idea di poesia 195
Per affi'ontare, nel nostl'o lavoro, che dura ormai da quasi vent'anni,
intorno ai generi letterari, il problema della lirica, abbiamo pensato che il
modo migliore fosse quello rli usoire dallo schema di storia e teoda, per
un'impostazione che rilevasse piuttosto la continuità nel tempo, la costan-
za nelle riprese e nei dtomi, I'intreccio degli sviluppi di singoli motivi, luo-
ghi, figure, attlaverso i tempi. Cercando di attuare questi progetti, si pre-
sentano qui i contributi sulla metafola dei "mari d'amore" (Claudia
Peirone), sullo "sguardo" come tipico strumento della rappresentazione
lirica (Giusi Baldissone), su nuotatrici e lavacri (Domenico Chiodo),
sull'emblematicità dei colori (Sergio Calzone), sulla scienza in lirjca per un
accoppiamento barocco dei più giudiziosi e avvenidstici (Fulvio Pevere),
sull'oltranza come segno e sogno di situazioni e forme "più in là" rispetto
allo stesso oggetto lirico (Gabriella Stassi). Accanto, ci sono studi di carat-
tere più esplicitarnente teorico, anche se la teoria del genere lirico, così
inafferrabile dalla ritlessione, per il pericolo, da un lato, che troppo analiz-
zato e costretto a canoni dstretti, si agglavi e si ottunda, e, dall'altro, di
sfuggire da ogni parte attraverso la capacità, che possiecle, di reinventarsi
diverso rispetto a ogni modello o di variare indetinitarnente i modelli stes-
si: quelli, cioè, di Marino Boaglio sul problema dell'imitazione lirica nel
primo cinquecento; quello di Giovanni Barberi Squarotti sulla mitologia in
lirica, fra Monti e Leopardi; quello di Luca Orsenigo sul simbolismo nove-
centesco; quello di Paola Pepe sull'essenza stessa del genere lirico come
sostanza stessa della poesia, attuazione più specifica e pura di essa.
Certamente, lo spazio per f indagine sul genere lirico pretende ulteriori
dcerche e indagini. Qui si propone una pdma ricognizione. I1 discorso dei
generi è inesauribile o quasi: ci auguriamo, noi che siamo stati i primi a
occuparcene in un tempo in cui nessuno ancora ci nominava, neppure per
inciso, di poterlo proseguire a lungo, con divertimento e rigore.
Giorgio Barberi SquaroÍti
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r Le poesie latine del Bembo, dopo un'ediziolle Írolto pât'ziale curata dal Pecoralo intor- SERGIO CALZONE
¡o alla metà del secolo e su cui si appuntarono gli strali demolitori del Dionisotti, sollo state
|ecentemente edite a cura di R. Sod¿no: P. Bembo, Cannina, Toriuo, Res, 1990. "Vermiglia tutta, d'ôr, candida e nera":
, Cfì.. L. de' Medici, Arnbra (Descriptio hientis), a cura di R. BesÄi, Fireuze, Sansoni, 1986.
3
La più accessibile edizione degli scritti speroniani è l'anastatica dell'edizione Occhi
metamorlosi dei codici cromatici da Petrarca ai petrarchisti
(1740)clelle Opere,rccentementeedita,acuradiM.Pozzi,perl'editoreVecchiarellidiRoma.
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L'Amadigi di Gaulati pubblicato da Bernardo Tasso a Venezia per i tipi del Giolito nel
1-560; la sua più reoente edizione, nel PantcLso íkLliano dell'editore veneziano Antonelli, data
al 1832.
s Sia le Egloghe pescatorie del Rota che i tre degli Anrcri tassiani sono stati editi da
libri
clri scrive: B. Rota, Egloghe ¡tescatori.e, Torino, Res, 1990; B. Tasso, Rime, vol.I, Torino,
Res, 1995.
6
Il testo della Clorida fu curato dal Flamini per un'edizione uapoletana del 1893: L'eglo'
ga e i poemetti di Luigi Tansillo; fu poi ristamp¿ìto â cura di C. Cappuccio: L. Tansillo,
Poemetti, Firenze, Sansoni, l9-54. Quando si esamini il Petrarchismo nel suo complesso, almeno dalle pro-
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I1 sonetto clel Fr¡ntanella si legge nelle raccolte dei Lirk:i nxari,xisti, a cura di Croce c ve del De Jennaro e del Boiardo fino alle tracce, evidenti, anche se, natu-
Getto; <lell'autore napoletano si putì leggere oggi il volume delle Ode, a cul'a di R. Contari¡ro,
ralmente, non più prcvalenti, in Leopardi, la più immediata impressione,
Torino, lìes, 1994.
8
Già pubblicato dal Croce nella sua antologia, il poemetto dell'Enico è ora riproposto in neppur bisognosa di dimostrazione, tanto è nota, è che in esso l'opera del
una nuova edizione: S. Elnico, Sonetti e MadrigaLi. E altre rime dalle raccoLte giovanili, acuta Maestro fosse vista le più volte come fbnte di un, per dirla con il Montanari,
di L. Mirone, Torino, Iìes, 1993. Per La Babilonia distruttct, che si citerà poco oltt'e, bisogna "lessico di eleganze formali". Taluni esiti del Bembo, della Colonna, del
invece r.icorrere alle edizioni secentesche: cito il testo da cluella che pt'esunro essercLaprint:e- Della Casa (e d'altri) testimoniano però, in realtà, come tale lessico fosse
pJ, in Messina per Gio. Fraucesco Bianco, 1623.
spesso piegato a ricrcare realtà poetiche che, se a Petrarca erano ovvia-
' Cti. G.F. Maia Materdonà, Opere, a cura di G. Rizzo, Lecce, Milella, 1989' mente riconducibili, non necessariamente del tutto dif-ettavano di odgina-
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Della Salmace esistono oggi due edizir¡ni: la prima foudata sulla prittceps del 1608:
Preti-Argoli-Busenello, LcL Salma.ce e altri idilli bru'occhi, ¿ cura di M. Pieri, Verona, lità e, dunque, di un qualcosa in più della semplice dignità letteraria. In
Fiorini, 1987; la secrlnda, londata sul testo clelirtitivo stabilittl dall'autore (1625): G Preti, altre parole, i codici espressivi petrarcheschi non cessavano di illustrare la
Poesie, a cul'a di D. Chiodo, Tot'ino, lìes, 1991. natura più evidente dell'arte: l'essere essa composta, per la gran parte, di
1r
Un'interessante analisi dell'ottavo dell'Adone a filma di Marziano Guglielminetti si quanto quella prccedente ha prodotto e meditato, compito essendo dell'arti-
può leggere itt Lectura Marini, a cuLa t1i F. Guardiani, Toronto, Dovehouse Editions, 1989.
sta di rinnovarc internamente materiali tolti alla tradizione antecedente.
12
Già scelta da Bruno Maier per la ricciardiana antok)gia dei Lirk:i del Settecento, l'ode è
Essendo dimostrata, come detto, oltre ogni ultedore necessità di inda-
ora riproposta in T. C|udeli, Opere, 't cula di M. Catucci, lìoma, Bulzoni' 1989'
13
L'orle si legge in Poesie e prose tlel ccLt,. Lttigi Lantherti reggicuro, Milano, per gine e, oomunque, per ammissione esplicita di un'intera epoca e di singoli
Giçva¡ni Silvestri, 1822. Dell'autore, trascuf iÌto pt'otagouista della lcttelatura dell'età napo- autod, non soltanto nelle operc teoriche (come, pure, fece il Bembo), ma
leo¡ica, è oggi disponibile 1'opera più importante: L. Lanrberti, Poesie di greci sr:rittori, persino con I'uso di farsi ritrarre dai pittori con il "petrarchino" tra le mani
Torino, Res, 1990. (come Laura Battifemi Ammannati nel quadro del Bronzino),la derivazio-
to
A.T. Romatto Cel.voue, La scuola clctssica estense, Roma, Bonacci, 1975, p 1'59
ls ne da Petrarca di pressoché tutti gli stilemi incontrati nelle operc di tale
A. Momigliano, Cinque saggl, Firenze, Sansoni, 194-5.
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A parte i riferimenti agli autoli più celebli, vorrei segnalare un bellissimo componi- movimento, risulterà tbrse più utile, e meno praticata, una ricerca in cefio
mento di Com'ad Ferdinand Meyer recentemeute tradotto dal tedesci'r da U. Colla, Lete: C.F. modo quantitativa, che si sforzi di misurare I'entità, e I'eventuale variare
Meyer, Poesie, Napoli, Mura, s.d. di tale entità, nei prestiti che, insieme, rappresentano tale lessico.
In questa sede, ci si propone di indagare quanto, in che modo, con qua-
li variazioni il codice cromatico contenuto nell'opera di Petrarca sia pas-
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sato nei suoi imitatori, e di valutare se tali, eventuali variazioni, sia rispef
to alla fonte, sia nel rafÏronto tra i petrarchisti stessi, diano intbrmazioni uti-
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li a meglio comprendere i rappofti con il Maestro e tra i seguaci.
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I'ambientazione "in esterni" di molte composizioni come causa presumi-
Naturalmente, ogni valutazitlne sulle dinamiche e sui risultati del pas- bile di tale, supposta sernplice curiosità statistica, certa poesia di Ovidio,
saggio ncln può pfescindefe da una prima, fohdamentale analisi: quella con i suoi certami amorosi di dei e di ninf'e spesso ambientati in boschetti
dell'intensità e dell'uso di quello stesso codice nel caposcuola. Analisi che, o lbnti, essendone magari la lontana ispiratrice. E il constatare la ricchez-
quando avviata, Suggerirà SubitO la sua non mafginalità, al constatare I'uso za di richiami al mondo vegetale contenuta nell'opera potrebbe indune un
massiccio che Petrarca fece ilei colori. l'also senso di comprensione del fenomeno.
Occorerà rillettere sugli impulsi che su di esso agifono, nel dettargli un In realtà, Petrarca non è naturalmente mai da trattarc colne un produtto-
ttlhzz.t-¡ tanto quantitativarnente rilevante (nelle Rime una schedatura non re di rcalismo, neppure quando descrive scene naturali, neppure quando
attrettata conterà almeno 179 usi del colole), e, con ogni probabilità, non cita con precisione specie vegetali: sarà sulïciente qualche indicazione,
Safà lontano clal vero Supporre che tre almeno dovettero essefe i moventi pur meritevole, poi, di sviluppo: le specie esplicitamente indicate in asso-
nelle scelte opefate: in primo luogo, L'ttLilizzrl, a Sua volta, di una tradizio- ciazione con colori sono il laulo (per ben 11 volte associato äil'aggettivo
ne Strettamente lettefaria che, in eSSo, si traduceva in una conoscenza "verde": XXn,39; XXVIII,80; xxtx,47; XXX,1 e 8; CXIX,103; CXCVII,l;
profonda clei classici, dei testi biblici, della poesia pfovenzale, della nafra- CCXXVIII,3; CCXLVI,l; CCLXVI,12;CCLXx,1) e la rosa (2 volte "candida":
iiva cortese e clella produzione stilnovista e dantesca; in secondo luogo, il CXXVII,71 e CCXLVI,5, e 3 "vermiglia": CXXVII,7l; CXXXI,g; CLVII,I2),
far proprie "nlode" cromatiche legate ai sutl tempo; in terzo, I'utilizzo' que- uno essendo, notoriamente, un gioco di parole sul nome amato di Laura,
sto probabilmente incttnscio, di legami con il colole che poÍemmo defini- 1'altra riprendendo la convenzione, già della letteratura d'Oil, della metafo-
fe ancestfali, e "flssati" nella Sua, come nella nostfa, Sensibilità, quasi comc ra rosa-viso t-enirninile; f insistere ossessivo in una sorta di ripetuta tauto-
un marchio distintivo della nostra specie. logia cromatica in cui "verdi" sono detti I'erba (ben 8 volte: x,J;Ltv,4;
Prima cli procedere oltfe, varrà senza dubbio la pena spendere due paro- CVI,6; CXXIX,4I ; CLXXVI,11; CXC,I-2; CXCllr,9; CCVIII,S), le tionile (6 vol-
le su quest'ultimo aspetto, il meno evidente, e cefto il meno legato, appa- E: r,3J : CXL[,8; CLXII,5; CXCVI,l; CCLXXX,I; CCLXXXVil,I0), i boschi
fentemente, a un discot'so che voglia esplofafe un vefsante che è tutto let- (3 volte: CCXIV, 1 4; CCXXXVI, 32; CCCtil,9), a<idirittura il prato (CCCX[,7 ),
terario. Prirna degli studi dello psicologo svizzefo Max Lüscher, infatti, era nella ricerca di un signilicato che, ceftamente, non può essere quello della
Opinione coffente che la percezione del colore fosse eminentemente colle- connotazione naturalistica, altrimenti del tutto supertlua; ancola, conlion-
gãtu a fattori culturali e che, ilunque, al variare tlelle epoche e/o delle aree tanclo la parte delle Rime "in vita ili Laura", con quella "in molte", la con-
geogralìche, essa mutasse e improntasse di sé diversamente le civiltà cii statazione che la percentuale di presenza del verde, sulla totalità dei colo-
vottã in volta esaminate. Ltlscher poté dimostrare e perentoriamente dichia- ri, cresce, nella seconda liazione , anziché diminuire, come sarebbe pfeve-
rare Ohe "Ogni specilico colore ispira non soltanto il rnedesimO StimOlO pef- dibile, se esso fosse costituito per la gran parte da elementi di "sl'ondo" a
oettivo, tofanche esattamente lo stesso stimolo sperimentativo in ogni sin- gesta amatorie, vagheggiate, ancorché non compiute.
golo indiviclutt, inclipendentemente dalla sua cultura". Cit) ò molto interes- Insomrna, questo verde non è colore della Natura (e ciò si accortla, in
õante, in quanto, prcscindendo, conte egli assicura, dalla cultura, Si pfe- realtà, alla nozione comune di un Petrarca tutto riolto, anche nelle Rinrc, e
scinde anChe dal tèmpo, e può quindi cssere attribuibile a personalità lon- alïatto dedito, ovviamente, alla sernplice eftusione sentimentale!), e, se
tane da quello in cui viviamo, quale è, appunto, Petrarca' neppure esso può cluindi sbrigativamente essere spiegato, a maggior ragio-
Si è detto di una schcdatura che quantilica in quasi 180 i cenni espliciti ne sarà necessaria un'indagine sugli altri colori.
a colori presenti nelle Rime, e andremo qui oltre notando come il colore Del lauro si è detto, e quanto questa associazione, di quella specilica
principale, numericamente, sia il vercle, seguittl a una cet'ta distanz'¿' dal pianta con un tanto ovvio coktre, ebbe successo, varrà a immaginarlo il
i,lun.ô e dal giallo, a una maggiore distanza dal celeste, e poi, appaiati nel ritrovarla (è curiosità, c1ni, I'anticiparlo) in De Jennaro (Lxxxu,2), in
loro distacco dagli altfi, dal fosso e dal nero, per chiudefe con pfesenze Boiardo (xLIII,1,15 e LIl,8), in Bembo (x,7), in Della Casa (xlvr,69), in
minime di viola e cli grigio. Se ci accontentassimo di una generica analisi, Guicliccioni (LxxxIv,11), benchó nessluxo di essi, naturalmenLe, cantosse
verrebbe fatto cli ricorclare alcuni brani tamosi, quali il sonetto Solo e pen- tuto donno dul nome Latra! Anche qllesto ooncorrcrà à spazz:àre via ogni
soso o la canzone Chiare, .fi'esche e dolci acque, per citare i celeberfimi, e, possibile, residuo sospetto di realisrno, o di uso realistico del colore...
appoggiandoci a questa prevalenza del verde, accontentarci di osselVate
12 13
Circa quella che abbiamo definito una tautologia cromatica, oltre a dcor- LII,6; LIX,11; LXVII,6; XC,1; CXXy\47; CXXVII,49,7J e 84; CXCV[,9;
dare come essa fosse già presente, ad esempio, nella Chanson de Rola.nd CCXI[,3; CCXIX,5; CCXX,Z; CCXXVII,l; CCLn,3; CCLXX,57; CCCXXIII,5O
(verso 2364), si noterà qui, anche a correzione e persino a capovolgimen- e 66; CCCXLilI,Z; CCCLIX,56) sul nero degli occhi (xxtx,23; LXXII,50;
to di quanto in passato da me scritto su argomento analogo, come occorra CLI,J), sul bianco della pelle (le tempie: LXXXIII,l; il collo: CLXXXV,2; le
(e sarà accortezza da applicare anche ad altri colori, come vedremo) saper mani: XXXV[,98; XXXVilI,12; CCVIII,L2; CCKXXIV,]; tI seno: CLX,11; il
distinguere tra almeno due verdi: il verde-giallo che, nella tradizione piede: CLXV,1) e dei denti (CxxVII,4g), anche attraverso tutta una serje cli
medievale, presiede al disordine, alla sregolatezza fino a poter giungere metafore non necessariamente, poi, spiegate in modo esplicito nello stesso
alla follia del solo giallo; e il verde profbndo, quello che il citato Ltischer testo, quali le rose già citate, la colomba candida (CLXXXVI,5), la cerva
chiama il "verde-pino", che rimanda invece alla stabilità, alla solidità, alla candida (CXC,1), la perla candida (cccxxv,80), l'aureo nodo (cccr-Ix,56),
costanza, alla persistenza, questo avendo, verosimilmente, il Petrarca inte- la neve (cccxxrrr,66), la candida gonna (cccxxIrr,65), ecc. Tali descri-
so come colore dell'erba, delle lionde, dei boschi, dei prati (e delle loglie ziclni, o tale descrizione complessiva, rccepiscr)no, certo, quanto già fissa-
[LX,14], e delle selve [Cvryl2], e delle rive [cxxv,49; CCXXVI,I3; to in canone dalla letteratura precedente, ma profondono l'oro dei capelli
CCCI,4I) nelle sue Ritne: forse un Eden emotivo, un luogo della memoria, in una proporzione percentuale che non pur) essere casuale: esscl, sotto le
preesistente e sopravvivente alla sua esperienza umana, una Natura ricrca- forme "biondo", "oro", "auleo", connota 1165%' delle descrizioni di Laura
ta colta in cui rappresentare il bianco e I'olo delle immagini più propria- comprendenti colori, e inevitabilmente suggerisce di riandare a quel signi-
mente descriventi Laura. Quando infatti egli esorbita dal verde nel conno- licato del giallo-oro a cui si ò già accennato a proposito dei tìori: esso indu-
tare cromaticamente la Natura, mai la descrizionc cntra in concorrenza con ce nell'umano il concetto di calore, stimolo, pùrez,za., allegria, serenità,
i colori dell'amata, o piegandosi a metafbrica allusione a lei, come nelle liberazione, vasta spaziosità: è il colore dell'aureola del cristo Redentore;
rose già citate, oppure, negli unici due casi in cui fìori (dunque generici) sul versante più propriamente sociologict), aveva acquistato, a partire dal
mostrano di vivere autonomi, tãcendosi latori cli coclici gioiosi ("vermigli XIII secolo, il significato di un colore che rapplesentasse mateda e luce
e bianchi", gli uni IxLVI,1l; "bianchi e gialli", gli altri lcxxvll,81l, colori insieme. Non sarà casuale che, nelle rime in mortc, si liduca percentual-
tutti in direzione della purezza, della vitalità, della serenità), tuttavia inse- mente la presenza di questo oro, al crescere delf immateriale celeste, qua-
riti in contesti che rimandano alla donna c nella donna trovano spiegazio- si allo svanire della rnateria e all'assolutizzarsi della luce.
ne ed esaltazione. Vale forse la pena di sollermarci un istante a meglio con- Il nelo degli occhi non pare, invece, di derjvazione cortese, e ciò nep-
siderare le impressionanti conispondenze tfà implicazioni cromatichc e pure può essere casuale, ove si veda come il nero, nel Medioevo centrale
contesto, in fali occasioni: in XLVI,1, come detto, i fiori sono vermigli e ancora collegato al "non pulito", prenda, proprio a partire dal XIV secolo,
bianchi, latori di p\tezzae vitalità, di ricreazione, ed essi risultano al Poeta quelle caratteristiche di modestia e tempefanza destinate, più tardi, a fare
"acerbi e velenosi stecchi", poiché la sua vita, per il gran duol, si avvia la sua fortuna, in Botgogna, in Spagna, in Europa, nel Mondo: qui, occhi
all"'eterno oblio": la contrapposizione è evidente, e evidentemente cerca- neri sono funzionali a doti, come quelle indicate e che il secolo stesso indi-
ta; in modo simile, ma non uguale, quelli cli cxxvll,81 sono bianchi e gial- cava, ben atte ad armonizzare con I'oro plima delinito e con la purezza del
li, e più direttamente richiamano le chiome e il viso di Laura, associando bianco ("bianco", "candido", "eburner)") della pelle tutta, per rappresenta-
intanto allapvez,za del bianco la serenità del giallo-oro, tanto che al Poeta re un modello morale, anch'esso tutto colto, infinitamente prima che un
subito "toma a la mente il loco / e 'l primo di ch'i' vitli a l'aura sparsi i i ril'erimento fisicr-r.
capei d'oro, ond'io sì subito arsi" (vv. 82-84): anche qui, è palese la ricer- Né varrà più a stupire alcuno, se nuove conf-erme verranno dagli abiti:
ca di un colore, il giallo, che non soltanto rirnandi al "orine" della donna, la definizione dei loro colori occupa uno spazio relativamente piccolo, nel
ma crei un'atmosfera di voluta serenità, condizione per la successiva cotl- canzoniere, ma vale a delimitare un campo sutlicientemente vasto, com-
parsa, anche soltanto evocata, di quella. prendente il verde (xu,6; xxIX,1), il sanguigno (XXIx,1), I't'rscuro
Pare inevitabile, a qucsto punto, spostarc la nostra attenzione proprio (xxtx,1), il perso (XXrX,1), il purpureo (cr-xxxv,9;CCCxxr[,50), il negro
sulla descrizione lisica di Laura, e scoprire come essa sia giocata sul bion- (ccr-xvtIt,82), all'interno del quale viene un primo aiuto dal petrarca stes-
do dei capelli (la serie è inlinita: xI,9;xil,5;xxx,3; xxx,24 e 38;XXXIV,3; so il quale attrjbuisce gli abiti verdi alla gioventù e quelli negri al lurto (nel
r
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14
XIV secokr, rnentre gli storici lissano nel successivo I'epoca del suo all'er-
in tal senso, tna si vuole qui insistere sul carattere di progressiva invaden-
za di questo colore, al progressivo trasfigurarsi dell'esperienza amorosa
15
con un rcalismo che ben merita la definizione, talvolta usata, di "petrar- "lito" l"'onda" clel maro Rosso (x,2 e L,5,3), il "sole vermiglio e d'oro
e
chismo gotico": la donna è di occhi neri e capelli biondi, come nel Maestro, (xv,5,10), l"'alba" (xxvl,13), la "lllce" iiel tramonto (XI,11 e XV,4,6) e
ma, aocanto ai vari "capei", "crin", "chiome", "tÍeze", compafc una "testa quella ilella passione (1t,13), ultima, lbrse decisiva prova dell'irrompere
bionda" (cLxxt,10) di inedita vivacità colloquiale; la bianchezza, tradizio- del leale nel verosimile!
nalmente ril'eritale, è audacemente detta "celeste" (x,5), così come audace Quanto, a quest¡ punt¡, ci si fosse allontanati dalla lezione originale,
la policromia che, allineata in rapida successione, la rappresenta: ella ò varrà a esemplilicarlo la produzione di Benedetto Gareth, di Marco
"vermiglia tutta, d'or, candida e nera" (xlvrIl,ll). Accanto a una minore Antonio Tebalcli, tli Serafintt De' Ciminelli ilali'Aquila, meglio noti,
compostezza, è evidente come I'essere cantato sia meno allegorico c intel- rispettivamente, come il Cariteo, il Tebaldeo e I'Aquilantl: in essi, piutto-
reLfiarizzato, per attingere, invece, a una vivacità di tratti per ccrti vclsi Sto clamorosamente, è assente il vercle! Il verde che, nel Maestro, era il
molto materiale. Eppure lo stesso Boiardo si alfietta a riprendere il simbo- presupposto stesso della poesia. La donna è di capelli d'oro, ceftamente
lo del cigno ("bianco", CXv,2 e CXLV,2,11), doppiandolo anzi nell"'olore" iCariteo: III,-5; IX,8; xxv,g; Tebaldeo, III,1), di volto roseo (Cariteo,
("bianco", x,9), subito però contrapponendo ad esso il concreto cromati- XXIX,3), ma è soprattutto bianca (Cariteo: "cOll0 niveo", XXV,10; "latteg",
smo del "verde" dorso di un "angue" (CLXXIX,3,6) e quello, quasi mac- v, 14; "petto bianco", XXIX,3 ; "malmoreo", v,l[;xxv, 1 1 ; "mant) bianca",
chiaiolo, di una "bianca torma" di pecore (CLII,2). Irlesistibilmente attrat- III,1; v;|3; "candore", Ii1,7; Tebalcleo: "denti bianchi"' III,2; "ninla candi-
to dal mondo naturale, clel rcsto, egli davvero è, se, passando, quasi a obbli- da", xII,6, "biancher,r.a", xII,3; Aquilano: "clenti bianchi", xvl11,$; "pettcl
gato tributo, dal "verde" del lauro (xLllt,1,15 e L[I,8), dilaga, poi, nei bianco", IX,6), a cofonalnento di un processo che abbiamo visto insorge-
"zigl7" ("bianchi", V,9;X,3;CXLV,3,6;CLXVII,6), nel "ligustro" ("bianc{)", re subito, a partire clal De Jennaro, e che trtlva qui la sua massima espres-
X,3), nei "dumi" ("verdi", XI,1), per impennarsi in coloratissirne rose sione, superanclo semprc la metà dei colori complessivamente uLllizzati.E,
("bianca", XLVII, l 2; Lxxxil,4,6; " candida", xxvll, 6, 1 ; Lxxt,5, l l ; "vermi- a riprovC rjell'intefesse sensuale che cit) pare sottointendere, si hanno nel
glie", v,9, "bianche e venriiglie", CXIX,l; "sanguigna", CXLV,3,6) e in lìo- Cariteo le massime concentrazioni di sempre nel bianco destinato a
ri ("bianco", XLVII, l 2; "vermigll", xLrrr,4,3 ; Lxxxlt,4,7 ; " e aandidi e ver- clescrivere Seno e cttllo, a petto di un mai, prima e doptl, visto calo di fre-
migli", xxxvl,s), in una veta orgia cromatica, ripresa, d'altra parte, quenza dell'oro dei capelli.
nell'Irutarnorato, a conf'erma di un gusto realistico e, insieme, ideahzzalo Si incarica di lipristinare la corretta lettura petrarchesca, notoriamente,
della natura. Chi, se non Boiardo, puìl alhontare il tema, nel Medioevo Pietro Bembo, e intatti ecco i codici cromatici t'iprendere, quasi per incan-
delicatissirno, della policromia, e ubriacarsi di colore, giungendo a clescri- to, la distribttzione proporzionale primitival Il verde ritorna elemento pre-
vere la Terra "verde celeste d'oro perso e llavo candido e vermiglio" pOnclerante, inçrementancltl, Anzi,lA Sua pefcentuale, in una SOfta di rea-
(CxLv,3,l-3)'/ Si tratta, qui, di una vera anticipazictne della visione più iione, forse acldirittura voluta, agli abusi opposti. I capelli, anche, dpren-
moderna della policromia, sentita oggi come energia e vigore, ma ardita- dono la loro principale llnzione descrittiva della donna, seguiti, castamen-
mente contrapposta alla visione medievale (e ancora ben viva nei trattati- te, ilal viso e dalle rnani, mentre spariscono riferinenti ad altre pafti clel
sti del Cinquecento) di disordine e perturbazione: suoni a conl'erma, dal co1p0, anclando persintl oltre la lettura originale! Bembo, all'interno di tan-
versante dei codici cromatici, dell'intluenza determinante, sul Nostro, pro- tir verde, cita il lauro (cloptl le "dimenttcànze" degli ultimi tre), ed evita,
prio di quel "gotico cortese" che nei colori si sforza di rappresentare l'idea- signilìcativamente, cii dettagliare la vegetazitlne, abbandonando la strada
lizzazione di quel mondo passato, sentito come la surruno di ogni elegan- tracciata dal Boiarilo e quasi lichiamando Valchiusa in quel "verde Sog-
za. Si osservi come tanta vitalità sia ben rappresentata dall'inusitata pre- giorno" (IV,1) nel quale dice di scrivere. Come il Petfafca, ignora ia fauna,
senza (mai, prima e dopo, neppure avvicinata quantitativamente) del "ver- e, anche dal particolare punto di vista dei codici cromatici, opefa una auten-
miglio", colole per eccellenza, secondo Lüscher, della penetrazione ener- tica restaurazione petrarchista.
getica, della ricreazione, della vitalità e dell'energia: oltre alle rose, ai tjo- Sostanzialmentc allineato a tale canone Si mostra Michelangelo
ri, alla donna, alla Terta, già citati, segnaliamr) il "volto" (CLVII,10), il "fio- Buonarroti, curiosamente, dato il suo talento plastico, indifferente alla
reto candido e vermiglio" in cui è mutato Narciso (CLXxIx,5,3),le "foglie- descrizione fisica clella donna, limitata invece al solo capo. Anche la Natura
te vermiglie e bianche e flave" (III,7), la "porpora", 1ìnanco (xt-tx,5), il è conipletamente sLtlizzata, con "prati Verdi" (tXVtt,27) e "legno Vefde"
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(xxv,10 e GLXXVI,9), nel solco del Maestro o, piuttosto, del Bembo: pro- secolo prima il Sicillo, araldo di re Alfonso di Aragona, aveva inserito nel
prio in ciò, nel comportamento apparentemente contraddittorio di quètto suo Trottato dei colori n.el.l.e arm,e, nelle livree e nelle divise, ove si eta
che è uno dei rnassimi scultori e pittori italiani, e che dimostra invecè tan- giunti ad attribuire al colore degli abiti significati diversi a seconda che, a
ta insensibilità ad occasioni di ellusione cromatica, sta la prova pirì con- indossarli, fossero uomini o donne: così, nell'uomo, il bianco attestava one-
vincente della voluta, cercata strumentalità delle omissioni o delle-enfatiz- stà, il giallo godirnento o ricchezza, il rosso buon cuore, il verde vaghezz.a
zazioni legate alla clescdzione del colpo lèmniinile e a quella della Natura, e piacevolezz.a,l'azzLtÍro il sapere, mentre, nella donna, essi testimoniava-
lontana da ogni residuo sospetto rli casualità, o di sernplice predilezione no, rispettivamente, castità, gelosia, ostentazione, amore, cortesia; soltan-
personale. Quale abbandono al gusto individuale vi potrebbe intatti essere, to il violetto e il nero avevano identità di significato, tra i sessi: I'uno la
se un Michelangelo Buonarotti non sente il bisogno di tornire un petto, o lèdeltà,1'altro "simplicità etasprezza di vita", in una parziale smentita del-
un collo, o di caratterizzare un paesaggio'l le presunte intenzioni con cui Petrarca aveva usato tali colori, a proposito,
Della colonna, si è detto, così come del Tansillo, ma converrà ossela- appunto, degli abiti di Laula.
re, qui, come inevitabilmente scatti la consolidata rcgola che vuole i poeti Con Giovanni Guidiccioni abbiamo forse la massima adelenza ai cano-
più austeramente impegnati a riluggire dalle allusioni lisiche, riguarào la ni cromatici petrarchisti, tanto equilibrato appare il paritetico spartirsi di un
loro donna: se Tansillo deünisce Lttcrezia"candicla" (Lxxt,4), limita poi ai quarto dei cobri tra il verdc, il giallo-oro, il bianco, e l'assestarsi del cele-
soli capelli la lode d'essa e, parallelamente, mantiene la descrizione dclla ste e del nero su valori sirnili al Maestro, con un sernplicc incremento nel-
Natura su teflnini assolutamente generici, giungendo a omettere il lauro. la zona del rosso. I colori fisici della donna sono concentl'ati sui capelli
conviene spendere qualche liase per la colorazione degli abiti, propr.io qui, (proporzione, anchc questa, sirnile a Petrarca), e sulla mano ("bianca",
dove, con colonna e Tansillo, essi appaiono esclusivamente ,,neri,' xxr,L2 e LXXXIV,9; "candor", XLIII,6; "avo[io", xCV,5), mentre tofna
(colonna, LXVIII,2; Tansillo, cx,2; cxxv,3 e 9): essi non hanno ntni, innes- 1'omaggio al lauro (LXXXIV,11) e i lìori prendono una cololitura insolita-
sun petrarchista, la varietà del Maestro, e, se in un De Jennaro ancora vi è mente ricca ("bianchi e vermigli", Ltt,13; "persi c vermigli", LXXXIII,9).
una "vesta bruna" (t-xxxvr,2), un "velo candido" (lxxxvt,9) e Llno "bian- Verrnigiia è pure la rosa (xxx e Lv,J), Torse che vi losse un legame con il
co" (cxII,1), uno scialle "candido" (LXVIII,7), nel pur policromo Boiardo vi Boiardo, impressione ralTorzata dalla ripresa anche del cigno simbolico
è una sola "veste d'oro e di rose" (XLIII,1,14), per non esservi accenni (bianco, xxxvil,1).
nell'Aquilano, nel cariteo, nel rebaldeo, fino a quello "nel.o" (appartenen- Giovanni Della Casa ripropone una crescita del nero, a petto di una
te a vittoria colonna) nel Benibo (cxxvr,3) e a quello d'ostrcl della sua discesa del verde e soprattutto del celeste: per questa operazione giunge a
dignità cardinalizia (cxxxvttt,T), all'ingannevole "vestito d'oro" ciel Falso ispirazioni dantesche ("osoure selve", xrrY,2), ma è attento (quasi in con-
in Buonarroti (LXVII,98), ai citati abiti al nero della colonna e del ransilkr, traddizione, rna in realtà rivolto già, lbrse, a quella sensualità venata di
per continuare con una piccola ripresa di varietà nel Guiriiccioni (,,panni morte che sarà del Barocco) a una sfaccettata resa fisica della donna: capel-
netÌ", ancora per lutto, Xlx,3; "mantO nefn", XLII,1;..velo bianc o,,,LV,IZ; li, naturalmente, ma anche occhi ("lume ardente e chiart)", VII,6), viso
"ghirlande verdi", LXXXIII,l6), e ritornare alla "veste nera" (xxxvll,l e ("candido e vermiglio", xxIX,8; "fiesche rose", xxxIv,2), mani ("candi-
lu,5) contrapposta all"'ostLo" (XLVil,90; xLvttt,2; LVI,1; Lxt,1) e al ,.ver_ de",xl,7; "bianche", xxIV,9; XLVII,2-5), lionte ("chiara", XI,3; XXIV,5),
miglio" (LII,5) carclinalizi nel Della casa, all'assenza totale nel Di rarsia, lino al piede ("oanilido", xLVII,29) e al collo ("puro latte", xxxlv,2).
nella Starnpa (una donna!) e nel Manliedi, tjno al "bianco" panno della Con Galeazzr¡DiTalsia la palma va al giallo-oro: nella scarsità dei rilè-
Madonna (xnt,3) e alla sua "aurea e bianca gnnna" (xIII,3) nel Ghedini. rimenti clomatici nella sua opera (la quale però non è "al nero", ché,'ànzi,
Non difficile sembra osservars come non si superi mai una epiderniica con- esso clamorosamente manca del tutto), sono i capelli d'uro della donna a
trapposizione tra il nero del lutto e il bianco della purezza temcna, sullo occupare, insieme alla dorata saetta d'amore (v) e alle chiome dell'Aurora
piano di quel biancore di pelle che così spesso, nel cinquecento, si (xtI), oltre ll40o/r, degli esiti. Vi sono, bensì, mani "d'avorio" (tI) e bianche
flesso
identiüca pudicamente nelle mani, e in signilicativa opposiziône al peso (m), rna ciò è tutto, e anche la genericità della descrizione della Natura ci
simbolico attribuito al codice clegli abiri nei trattatisti coèvi: si veda, in par- dice come egli sia stato curiosamente sordo ai cotiici cromatici del Maestro,
ticolare, Antonio calli il quale, anzi, cttaper disteso quanto in proposito un o anche dei suoi altri inlitatori.
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zione letteraria che l'ha prececluto. Altri vorranno forse assumersi I'onele
Petrarchista, invece, della piir rigorosa ossefvanza è Gaspara Stampa che
di verificare, nei petrarchismi di Francia, Gran Bretagna e, soprattutto, di
ripristina il prirnato del verde, non deprime pitì di tanto il giallo-oro nono-
Spagna, se un'operazione di questo genere apporti dei frutti, e, se sì, quan-
Stante I'approccio anomalo, nella descrizione dell'amato, dell'esserc dcln-
to essi siano paragonabili a questi, pur se rnediati (e, magari, rioavando da
na (oltre a un "crin d'oro" in LXXI,3, ricone al pitì vit'ile "pelo biondo" in
ciò ulteriori dati) dalla conoscenza più dell'Aquilano, in Francia e Gran
vII,5), contiene numericamente il nero, sa mostrare pudore, usandcl il "can-
Bretagna, che del vero e proprio Petrarca, e del Sannazaro (ttanne Lopez
dido" per una notte d'amore (ctv,13), e, forse di ploposito, lbrse, chi sa, per
de Santillana che direttaniente si ril-ece ai Fragntenrn) in Spagna: I'indagi-
subconscio timorc di un giudizio superno, evita quasi totalmente il celeste
ne attende di essere intrapresa.
del trascendente. Con lei i liori torn¿Ìno "vermigli e bianchi" (LXII,5), come
nel Della CaSa, come in Guidiccioni, conte in Boiardo, colne in Petrarca
stesso, a cont-erma di un canone rialliorante soltanto a tfatti ma, per questo,
non meno forte.
Poi vi è la lunga pausa del Barocco, e, al rialÏorarc del Petrarchismo,
Eustachio Manl.redi e Fernand'Antonio Ghedini hanno ormai pefso oefti
rit-erimenti interni che dovevano, prima, essefe ben presenti anche a chi,
poi, non li osservasse: il verde è del tutttl assente nel Ghedini e appena
accennato nel Manl'redi, del nefo non vi è traccia, né del foSSO, mentfe
Bibl.iografia
apparc evidente come, cromaticamente parlandtl, ttttttl si regga sulla cop- I. Testi sul coktre
pia giallo-biancr), e 1'antica valietà,di temi si sia ridotta all'oro dei capelli
e al candorc del piede e dei denti, mentre, signillcativamente, la Natura ha Pastoureau M., L'uonto e il. colore, Filenze, Giunti Barber¿, 1987.
perso del tutto il suo l'uolo di solida sponda a cui appoggiare il fianco Brusatin M., StoricL tlei colori, Toriuo, Einaucli, 1983.
dell'accecante (nel senso prima ricordato) comparire della donna. Cian V., Del sigtriJir:rLto dei <:olori c deifiori nel Rinasr:intento itcr.liatxo, in"G'¿'t.zetla lettera-
ria", nn. 13-14, 1894.
Varrà la pena di ricordare il ct'omatismo petrarchesco in Leopardi, sen-
Balocchi P. (a cura dt), Scritti d.'cn'tc del CinE.rct:ento. IX. Colore, Toriuo, Ricciardi-Einaudi,
za che sia necessario lipetere quanto tale elemento sia ovviamente margi- 1919.
nale, r), colnunque, non prevalente nella sua procluzione: ebbene, con mano Lüsclrer M.,ll test dei colori, Roma, Astrolabio, 1976.
Sicura, egli evita 1'ovvitt del giallo-tlrtl, evita il celeste, poco congeniale, Id., I.,a persotta ct quctttt'o colori, Rom4 Astrolabio, 1993.
naturalmente, al suO pensiertl, evita fir-ranCcl il rtlssO, ma fecupera, da Kandinskij Y ., Della. spirinalitci nell'arte, Bari, De Donato, 1976.
prolbndo conoscitore di Petrarca, il verde, e nella piùr lèdele indetermina- Gcretlre J.W,, La teoria dei. colorl, Milano, Il Saggiatore, 198i.
Ecluicola M., Lihro di na.tura. d'anutre, Veuezia, Lorio, 1-52-5.
tezza ("ramo", vI,91 ; "zt)Ila" , xxII,10), e, quando vuole prcndcre a presti-
Caili 4., Discorso de' colori, Paclova, Pasquati, 1-59-5.
t0 uno c un sglg elemento descrittivo l'emminile, con 1èlice scelta, e signi- C)ccolti C.,Tratta.to de' colori, Pat'ma, Seth Viotto, 1-568.
ficativa, si rivolge, come già ricoldattl, a quella "mano candida" (xx,62) Dc' lìinaldi G., Il. ntostruosissimo il1ostro, Fetrara, Baldini, 1-584.
che, non dimentichiamolo, era prevalcnte nel bianctlre di Laura. Sicillo, Le Blason des couleurs en cu'tìtcs livré¿:s eI det,ises par Sk:i.lle,Paris, Aubry, 1860.
Varietà di scelte, clunque, e non poche tortuosità cronologiche, in questi
codici cromatici petrarcheschi, ma anche la sostanziale verifica di un assun-
2. Testi r:ritk:i
to: che, esasperando perittdicamente aspetti sccondari del Maestro, o dan-
rlo voce a elementi addirittura latenti in esso (si pensi al cigno, si pensi alla AA.VV., Petrarca e petrarchisnto nel ntondo, Bologna, Minerva, 1961.
sensualità clel biancore della pelle), e ritotnandtl all"'t)rtO<1OSSia", per subi- Baldacci L.,Il petrarchismo italicuto nel Cinquecetzfo, Milano-Naprlli, Ricciardi, 1957.
to ripartirne, tre secoli di autori hanno avuttl materia nuova su ctti svilup- Quondam A., Petrarchisnto mediato, Roma, Buizoni, 1974.
pare un'originalità el'lettiva, non subordinata al grande esempio dei Rerttrn. Montanari F ., Sndi ,çul " Canz.oniere" del Petran:a, Roma, Studium, 1912.
vulgal'itun..fragmenta quanto SpeSSo si creda, rna rivolti ad essi Oome ci si Zolla 8., L'antante invisibile, Veuezia, Marsilio, 1986, a cui si dcve la citazione da
Wc'¡rdsworth.
rivolge a colui che è la sintesi e I'avanzamento insieme della grancle tradi-
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3. Testi letterari MARINO BOAGIJO
non meditazione o disputa concettuale - ma neppllre introspezionc, come rnadrigali, le canzoni, più raramente le scstine, cli at'tiua costruzione e "gra-
pure Petrarca potcva lasciar presagire. vissimo suono" a mcltivo delle rime lontane lÌa lolo),'ma anche le situa-
Ed è proprio in tale arnbito (teorico e 'tecnico', prirna che crcativo) che zioni sentimentali, la trama delle irnmagini, le suggestioni del paesaggio
nasce il petrarchismo, il quale impregner'à di só tanta parte della letteratu- (invero con qualche fbrzatura, se è vero che persino il Bernbo in un sonet-
ra e della mentalità del cinquecento, non solo in ltalia. Le prose delkt vol- to allora molto apptezzalo, Orn,bre, in cui spesso, parla disinvoltamente di
gnr lingua. (1525) sono infatti un trattato sulla lingua, condotto sotto lorma "queste chiuse valli", traducendcl un caro I.ocus deIIa memoria petrarche-
di dialogo in trc libri, in cui il Bembo artionta e riesce a ilare soluzione sca, la Valchiusa, in un nome puramente letterario, senza più alcuna rispon-
all'annosa questione del volgare italiano, sia pur inteso quale lingua lette- denzaeflèttiva). Significt) altresì, al di là di episodici componimenti enco-
raria, non rel'erenziale, e dunque all'interno di un problema preminente- rniastici o di corrispondenza, restringere la propria tematica all'amore,
mente di stile. Vi si traccia la storia del volgale, indivicluando nel florenti- posto al centro della vita interiore come era stato per Petrarca. Volle dire
no letterario elaborato nel Trecento il suo momento di maggior ptrezza ed, anche ordinare le proplie rime seconcio una storia ideale che, toccando
afTermando la superiorità di Petrarca e di Boccaccio (libro prirno); poi si alcuni punti obbligati (f innamoramento, la lode dell'amata, la sofferenza
discute dello stile, dell"'elezir)ne" e della "dispnsizione" delle voci della lontananza), culminasse nel riconoscimento della vanità di ogni pas-
all'interno di un testo letterario, con diletto liferimento al suono, al nume- sione, nel pentimento per aver amato e in un desiderio d'abbandono tra le
ro, soprattutto al loro decoro e alla "convenevolezza" (libro secondo); infi- braccia di Dio. Oltre a questo, i petrarchisti dovettero ellìgiare la propria
ne, nel terzo libro, viene tratteggiato lo schema di una grammatica dcl vol- clonna amata sul modello di Laura, escludendo dalla lirica le inlinite altre
gare, desunta ovviamente dai modelli di Petrarca per la poesia e di situazioni della vita alnorosa, e soprattutto vollero operarc con lavoro di
Boccaccio per la prosa nalrativa. intarsio e di ricalco sui versi petrarcheschi, per combinare locuzioni, stile-
Le Prose vertono per loro natura sull'analisi e sulla 'sistemazione' clegli mi e situazioni del Can.zon.iere secondtl nuove bellezze e dignità f ormali.
esiti conseguiti dai due grandi trecentisti; pertanto, se letti come testo {i Insomrna, i petrarchisti * o lorse sarebbe più esatto dire "bembisti" - del
poetica, non possoncl che proporre un'imitazit'lne di lorme concluse, ili Cinquecento si accostarono all'esercizio poetico con la disposizione dei
risultati già deliniti, senza molto dire dei complcssi e rallinati processi mcs- rifacitori, dei ripetitori attenti ed esperti, perseguendo variazioni e alÏna-
si in opera per laggiungerli, cioè dell'attività crcativa e stilistica vera e pro- nrenti a partire dal comune exentpl,um., mirando in delinitiva non a un'ope-
pria. vogliamo dile che, a1-lermandosi in tal modo, come úaduzione in ter- ra originale, bensì a un 'originale' contrappunto stilistico.
mini concreti di una dilltsa aspirazione alla normatività e all'identificazio- Va detto inoltre che sul modello petrarchcsco vennero a innestarsi altre
ne di canoni esernplari, il petrarchismo non poteva che perseguire un'imi- esperienze letterarie, che, pur non intaccandone la centralità, lo ctlndizio-
tazione passiva, tutt'al più misurata e decorosa, del moclello scelto. A mal- narono in parte: negli autori più avvertiti si colgono intatti alcuni precisi
grado dei propositi e delle buone intenzioni del Bembo, ovviamente: la sua aspetti della civiltà rinascimentale o del suo rapido declino, con l'idealiz-
teoria delf imitazione era infatti tutt'altro che statica, anzi doveva avere zazione della società aristocratica e mondana delle colti (Della Casa,
valorc emulativo, incentivante, presupponendo una volontà di rinnova- Bembo, Gaspara Starnpa), ma anche con il gusto di una scontrosa intimità
mento e di intensificazione clelle proprie energie intellettuali e mitanilo personale, nutrita di tormenti e cii amaro distacco dagli inganni del mondo
all'edificazione di una civiltà dell'afte e della poesia in grado di compete- (Michelangelo, Vittoria Colonna). In tutti, poi, alÏora in vario modo la
re con l'archetipo petrarchesco e, di conseguenza, con l'antichità classica. tematica dell"'amor platonico", che Bembt) aveva divulgato e mtlndaniz-
Ma se i tanti rimatori cinquecenteschi 'alla maniera di petrarca' furono, per zato negli Asolcuti fin dal 1505, filtrandovi il neoplatonismo filosofico tli
lo più, lirici eleganti e "adorni di letteraria compostezza" (come il magiste- Marsilio Ficino insieme con il culto 'romanzesco' dell'amore cortese e con
ro di Bernbo richiedeva), non giunsero certo a una grande statura cli poeti, quel misticismo amoroso che dalla lirica provenzale era passato agli stil-
in specie se messi a contionto col modelkr inalrivabile del canz.oniere. novisti e a Petrarca. Il platonismo ftt un nuovo modo di sentire il mondo,
Eppule si erano dotati di una strumentazionc di prirno piano, studiando di avvicinarsi alle cose e alla natura, Ficino nellaTheoLogir.L ¡tlotonica ¿ve-
e meditando i versi del maestro. Imitare Petrarca per loro signilìcò ripren-
va rivendicato I'armonia prolbnda dell'universo,la sua perl'etta gradualità
deme non soltanto le forme estrinseche e gli schemi rnetrici (i sonetti, i
ascendente, la sua bellezza che come intirna spiritualità traspare in ogni
(')
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individuo, quindi anche I'immortalità dell'anima umana. Al contempo ave- "sonetti del guanto" (CXCIX, CC e CCI), elaborati da Petrarca con particola-
va sostenuto che l'amore, fbrza unitiva universale, suscitando in noi I'intui- re perizia ed artiflcio sulle "vaghe nove forme oneste" di Laura.
zione del bello ci rende possibile comprenclere nel monclo I'espressione I petrarchisti del Cinquecento scelgono invece una lettura diretta ed
armonica dell"'arte divina". L'arnore quindi si pone al centro della vita spi- esclusiva di Petrarca e, sulle tracce delf insegnamento bembiano, lo eleva-
rituale e intellettuale, quale stlumento di perf-ezionamento dell'animó e no al rango di auctor per eccellenza, operando un rifiuto consapevole e fìn
fonte di poesia. vi è nelle pagine ficiniane Lln vero e proprio entusiasmo per anche polemico dell'eclettismo letterario e clell'ibridismo linguistico quat-
la razionalità e la bellezza della Natura ("che cosa è la natura? un'arte ðhe trocenteschi. Se dunque essi petrarcheggiano per temi e strutturc composi-
modella la materia dalf interno", Th.eol. ¡tlat., ry, t) e par.imenti, attraverso tive e toscaneggiano nella lingua, 1o tãnno anche perché la lezione di stile
grandi lÌgurazioni e un armonico perioilare, si eviclenziano le immense e di gusto desunta dall'opera di Petrarca si è venuta trasformando in un
capacità del linguaggio umano, che può creare e trastbr.mare le cose, dan- nuovo atteggiamento intellettuale di lÌonte alla realtà: in una disposizione
do forma all'inlbrme. ProprÌo procedendo dalle teorie di Ficino, negli più apefia verso Iabellezza,la gtazia,la proporzione, I'armonia delle for-
Asolani Bembo propone un' immagine spiritualizzata dell' esercizio lette- me, in altri termini verso la piacevolezza dell'arte e della poesia. "Il senso
rario e indica nell'attività poetica la suprema prova cli raflinamento e tli dell'armonia tbrrnale come espressione dell'armonia spirituale, I'altissima
perlèzionamento di sé, nel quadro di una società elegante e interiormente visione del lare poetico, I'idoleggiamento di un dramma interno che però
ratÏnata. E questo non per una concordanza ili pensiero, clatc¡ che Bembo può emergere in superficie soltanto se le ligure poetiche lo hanno definito
non ehbe animo o vocazione di filosotb, bensì per una sorta di fascino, di e composto - tutto cir) che costituisce i'insegnamento più alto del Petrarca
suggestione che gli veniva dalla comunanza, ili stati d'animo: essenzial- viene ora inteso e ripreso, anche se con risultati molto alterni, nella schie-
mente da un'intima tensione verso le più alte torme dell'essere e del vive- ra di rimatori che 1o fanno proplio"," ha scritto con acutezza Asor Rosa,
Ie, verso un rappofto di edonistica armonia, da risolversi per lui strl piano inserendo il petrarchismo lirico alf intcrno dei valori e degli icleali del clas-
squisitarnente letterario come ideale di vero e superiore "olassicisnlo" sicismo rinascimentale, anzi f acendone un esempio emblematico, altneno
moilerno. per quanto concerne gli intendimenti. La lolo lirica, dunque, non impose
I lirici del cinquecento inserirono le suggestioni neoplatoniche nel pro- soltanto un exemplurn poetico, ma anche un tn,odus culturale nuovo, basa-
prio mondo petrarchesco, làcendolo modello di letteratura e di comporta- l.o sulla teoria neoplatonica dell'amore e sulla superiorità spirituale
mento. Lo stesso linguaggio poetico desunto dal Ca.nzpniere si trasformò deli'esperienza letteraria. In etfetti, I'iclea stessa di letteratura quale è giun-
presto in un codice di amplissima circolazione, che trovò ovunque acco- ta sino a noi, f immagine del letterato come autore di testi e la valoúzza-
glienz,a e applicazione: nei riti mondani di corte e negli scambi epistolari, zione del libro come esempio più alto della cultura hanno prcso a clefìnirsi
nelle discussioni accademiche e, ovviamente, nella produzione letteraria. proprio in quella situazione intellettuale, primariamente attraverso 1'opera
Ciò dimostra che il principio dell'imitazione ha consentito in larga misura c I'autorità del Bembo.
l'adeguazione a una comune regola linguistica e il raggiungimento di una
sicura omogeneità di stile, quali non a caso in Italia allola ebbe la lirica, e la
lirica soltanto; e quali non erano stati conseguiti dai numerosi irnitatori cli Pietro Bentbo: "Pir.utsi e cantai lo stt'az.io e L'a.spra g,u.erro"
Pefarca del secolo precedente, prigionieri di una sostanziale inrletermina-
tezza stilistica. I rimatori quattnrcenteschi, infatti, su una base generica- I lirici del Cinquecento, volendo esemplare i loro versi sul Petrarca, pre-
mente petrarchesca avevano accolto con indulgenza gli influssi più ciiversi starono costante attenzione alla struttura e, in particolare, agli esordi dei
della lirica predantesca (anche trobadorica), clantesca, boccacciana e persi- loro canzonieri, ai sonetti d'apeftura, che dovevancl subito lbrnire una chia-
no di alcuni maestri contemporanei, corne quel Giusto de' Conti che a metà ve di lettura petrarchesca, quasi un 'marchio' di riconoscimento. In realtà,
secolo aveva composto il primo organico canzoniere di gusto petrarchesco, nessuno osò dare alle proprie prove letterarie il nome impegnativo di
La belh tnanxo, indicativo detla riduzione ilei Rerum. vulguritun.fragmentcL "Canzonierc" (che Bembo nelle Prose tlellu volgar linguct aveva riferito al
a un limitato rcpeftorio di situazioni e di voci episodiche e parziali il tit¡- libro di Petrarca,loro comune modello, come a sottolinearne I'aspetto uni-
- tario e armonioso), bensì quello più modesto di "Rime", raccolta cli liriche
1o emblematicamente rinvia a un monìento ben individuato del modello, i
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la scelta stessa dell'opti- introduzione per I'edizione veneziana delle sue Ritne.I termini decisivi di
vafie, di rliverso valore. Del lesto, agiva su di loro questa lirica riprendono il sonetto d'apertura del Cctnz,ottiere: "van desio"
fiammentaf ia'
tnlts, che,consapevole d'un¿l esprJssione inevitabilmente e piìt' (ricorrente nel Trion.fo del, Tetnpo al verso 55) riconduce alle "vane spe-
aveva chiamato i propri versi in volgare Rerutn.vulgaritun fragtnenta f^nze" e al "van dolo[e", I'apertura "Piansi e cantai" traduce "piango e
conto, pur continuan-
tardi li aveva deflnrtittugae, n.ugel1a¿, cose cli ptlco ragiono", la stessa indicazione temporale ("ebbi a sostener molti e.molti
della perfezione di
do a limarli e a ripulirli, nella sua instancabile licerca anni") riprende il petrarchesco "favola.lui gran tempo". Anche il sistema
Iingua c di stile.
Se non di rime è contrassegnato dall'occorrenza petrarchesca: le due quaftine sono
Lesorciio ¿i una raccolta è sempre un lui'rgo poetictl importante' costruite su rime tratte direttamente daI Canz,oniere ("aspra guerra" v. 1
introduce
ciecisiv.: l'autore si interroga suirnotivi del p'oprio
scrivere,
la voce, cercanclo il tono e il timbro rimanda a RVF CCLXIV, I 11; "non mai vedute in terra" v. 4 a "non si vede
situazioni e lìgure stilistiche] moclula in terfa", RVFXXVI, 1;"s'apre... eserfa"v.5 aRvpCCLXXV, 13 eCXXXIV,
fionte alla promessa c1i
pìt-o,fo,,i, nelîneclesimo punto, il lettore si trova cli
5; "molti e rnolti anni" v. 2 a Rvp XXX, 3; "lunghi alTannit' v. 3 a Rvp
pefcofso lettcrario -
nuove bellez,ee preziosiià, a1la proposta di un nutjvo
questo aspetto nella civiltà CCLIV, 10; "illustli inganni" v. 6 ad "amorosi inganni" di nvp CCXCVIII, 5;
e sappiarno quonio importanza avesse acquisito "de' miei danni" v.7 a più luoghi: RVF xII, 7, CCLIV, 12, CCLXXXII, 11,
e che t-aceva del pub-
rinascimentale, che ou.uo da poco scopeti,', la stampa
'fecita'' A dar CCXCVilI, 8 e CCCXXV, 108), mentre le terzine se ne distaccano in parte,
blico (per lo piir cortigiano) un p"rnu ìlella propria sapiente ma il discorso scadc snbitil di tono, rivelandosi più lÌagile ed incerto.
vefamente elevato di let-
conto cli cit), del resto,"basta con;idefare il numero
I'alta fiequenza delle A rispecchiare il modelkr petrarchesco è certamente I'aspetto lbrmale
terati attivi nel primo cinquecento e, all'altro polo, (oltre alle rime e ai termini-chiave, vi sono altre evidenti spie testuali qua-
stampe e clelle edizioni, nonché delle letture a
corte. Per questo il momen-
in litttfue - fu particolarme.n- li le ripetute scelte lessicali del sonetto e in apertura la dittologia in antite-
tO dell,,,esoLrlio" - proemio e quasi epigrate
Casa' alle si "Piansi e cantai"), ma non sono da meno le situazioni e le vicende uma-
te curato da tutti i petralchisti Aet témpo, da Bembo.a.Della ne,'ànzi è proprio il porre la propria misera condizione colne "duro exeln-
della nostra cultura'
nutnefose pgetesse Ëh", p.r'la prirna volia nella StoIia pio" per gli "amanti accorti" alllnché tuggano il "breve sogno" delle gioie
letterarie. Nessuno si sot-
poterono cimentarsi apertamente con le prove
pärticolarmente tenene e si indirizzino a Dio ad innestarsi direttarnente su Voi ch'ct.scoltote,
,rorr", ad cccezione dì Vtictrelangelo, dal ternperamento ma senza quei sospiri trattenuti e pur così eloquenti che fanno del
(nõn cliversamente dalla scul-
energico e risentito, che intendcvi la poesia
I'intbrme' Ca,nz,oniere un testcl unico di ralllnata introspezione e di sensibilità poeti-
i.r.o¡"ro*. travagliå spirituale e di .stiic, come aspra lotta contro di ingen- ca. Petrarca è stato il primo grande poeta moderno in cui sia apparso com-
o
. non si pose davvero^il problerna della ca¡ttr'rtio benevolentioe "tofsi"' medita- piutamcnte che I'amore (come, in ultima analisi, ogni vero sentimento uma-
ii¡re i pioprl versi (anzi, spesso 1i lascit) non ftniti, come
no) si svolge in perenne conflitto con se stesso, sopporta la lotta inarrivabi-
zioni in.t'ieri).
le lÌa realtà e ideale; ma questo nuovo e acuto senso lirico, che è I'anima
A guiclare ia schiera tlegli "tlrttldossi" ht ovviamente Pietr0 e nìae-
Bernbo'
iniziatofe del petrarchismo, rimane assente nei suoi imitatori cinquecenteschi (e lo
trattatista cl'arnore e teoricJdella lingua, ma soprattutto
posto pfeminente chc la pri- rimanà a lungo, se escludiamo Tasso e, più di recente, Foscolo e Leopardi).
stro del petrarchismo. E,gli è ben conscio ilel
occupa alf interno del Bembo non confessa il peccato, né lo 1ãrà nel seguito delle Rime, in quan-
ma lirica, voi cl,t'r.tscoltctte in rÌnte spcrrse il suono,
alle "rime SpatSe"' ma insie- to non lo toccano davvero il senso religioso della vita, il tormento del dub-
Cr.mz.ottierepetrarChesCtl: sonettO introrjuttivo
protasi e giudizio al tempo bio e della seduzione del male, I'ansia irrcquieta di verità. Anzi, quando
me anche sguarclo retrospettivo vefso cli esse,
rilacendosi a tale poesia, con dovrà aflrontare il percorso penitenziale (dal peccato al pentimento fino alla
stesso. Sceglie quindi di aprire le sue Rint.e
un rninimo di santiticazione in Dio) per assecondarel'iter petrarchesco, riuscirà nei ver-
on gi,r.o [ãguiético-letterãrio scoperttl a chittnque avesse
en Stat0 Oomp0sto si più falsi e declamati del suo canzoniere, come ben dimostrano il sonetto
confidenza col testtl tl'origine. Come Voi ch'oscoLtate
XLII (,Se dul più sca.ltro) e quelli immediatamente successivi.
cla Petrarca soltanto tfalli34l e il 1350, in
occasitlne tli un riordinamen-
nella prima Invece del pentimento e della "vergogna", assistiamo a una sterile inili-
to dei Rertun vtrl.grtriunt .frogmentL, tanto che non compariva
il sclnetto Pirtttsi cazione di "quella strada, ch'a buon line porti" e, addilittura, alla convo-
torma della laccoita rlsaibnté al 1342,così Bembo scrisse
intorno al 1530' come cazione delle Muse, "Dive, per cui s'apre Elicona e selra", al fine di aver-
e crtntcti lo straz.io e l,'Lsprn. Suerroprobabilmeute
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"date a 1o stil, che nacque de' Rerum.vulgarium..fra.gmento, ma sempre in maniera generica, non sostan-
ne ispirazione e conseguire gloria eterna: ziale. Come in una 'recita' petrarchesca, Io, che già vago accorpa e con-
dolci e "lunghi
miei danni, / vivef, quu"n,t'lolorò spento e sottefra"' I due densa i sonetti r (Per .fore una Leggiadra sua. vendettn) eIII (Era il giorn.o
atïanni,, di petrar.ca, Louto e I'alloio, non causano
più quel sottile turba-
ch'al sol si scoloraro) del Cattzoniere, per presentare il modo e il tempo
mento che pervad e i Rerutn vulgaritun .fi"agm.enta e tl secretur7l,
vengono
cofti- dell'innamoramento. In Per.fhre uno leggiudt'a suo vendetta il dio Amore
anzi dconclotti a una misura di piacevole e indolorc conversazione tende I'arco contro il poeta e lo raggiunge con un "colpo moltal", vincen-
"SOSpifi", mA SOltantO lO "StrA-
giana. L'amOre n.n prOVOOa "Uérg.gna" e do la resistenza della "virtute" e irnpedendo lo scampo al "poggio tatico-
Z\r,, guarru" (non è chi non veda in sirnili voci una stridente esa-
so" della ragione; tn Era. il giorno Petrarca fa memoria del giorno delf inna-
ìmg-uistlca¡ il una strada sbagliata; e la fama poetica, lungi
"l,,,aspfa dal
*p.ro"ion. moramento: non una nuda data, peftinente soltanto alla cronologia o al noti-
concludeva
rivelarsi etTìmãra ("quanto piace al mondo è bfeve St)gno", ziaio di cronaca, bensì un momento simbolico, quasi un segno celeste di
conseguita, se
amaramente Petrarcaj, puÒ bèn essere perseguita e fin'anche predestinazione. L'innanioramento fiorisce improvvistt in uira chiesa, il
è vero che le MuSe ,,-o ",'ra far a 1ã mofte illustfi
inganni"' rendendo
sono petfaf- venerdì santo, giorno per i cristiani del grande lutto ("Ela il giorno ch'al sol
immortale il nome dei grandi poeti. Dunque, tn Pittnsi e cttntai si scoloraro / per la pietà del suo fattore irai I quando i' fui preso"), a sot-
del sonetto
cheschi il lessico, le sðelte stilistiche, le indicazioni tematiche tolineare che le leggi del cuore non coincidono con le convenienze
di fondo: la rnedi-
e dell,intera raccolta, ma manca del Petrarca un elemento iJell'anno liturgico e che amore e rimorso non andranno mai divisi. Di tut-
in perf-etta sinto-
tazione dell'animo Su se SteSSo, quella forza patetica che' te queste evenienze (o di altre di pari pregnanza) non c'è ttaccia nel pur pro-
I'attenta elabora-
nia con il linguaggio pacato e so-brio, eppul'liric_o, e con grammaticamente similare sonetto bembiano. Bembo si l'erma a un gene-
zione letteraùa, ftá daio forma a dei versi straordinari. rico incontro di ascendenza stilnovista: "Giva solo per via, quando cla lato
Bembo mostfa nelle Prose tlella volga.r lingua cii aver
ritlettuto a lungo
secclndo libro, / donna scesa dal ciet vidi passal'me", e il memento petrarchesco si attua
. purtiturn.nte sul sonetto d'apettuta del canz.oni¿r¿. Nelnotando c0me e soltanto pelché viene usata I'identica metafbra a spiegarc la mancata dil'e-
iniatti, ne analizzala genesi e le varie possibili varianti, sa: "[La mia viftutel Però turbata nel primiero assalto, / non ebbe tanto né
la disposi-
.on quuf" sensibilità lînguistica Petraria mutasse e dmutasse vigor, né spazio / che potesse al bisogno prendel I'arme", scrive Petrarca
voci alcuna lorcl palte, tl
zione ilei vocaboli lungJ i versi, "togliendo alle nel sonetto II, e Bembo chiosa: "e pef mirarla, a piè mi cadder I'arme, / che
giunge'e alla per'lè-
aggiugnend. O pufe trirnutando come che Sia", tino a tenendo, sarei lorse campato". Anche gli effetti delf innamolamento leg-
,Lin"-("p"r che rneglio lu il dire come egli fe', che se egli avesse detto gennente mutano, transitando dalla lirica psicologica di Petrarca, sclbria-
altranrànte", pp. 3 tqi ¡ t S). Ma la sua attenzione si l'erma
alla"vaghez¿'ù" '
Citlè a valCrri mente moncllogante, a quella più esteriore, cortigiana, di cui Bembo lu
alla "dtllce varietà", all"'armonia" del dettatO petrarcheSCO, alliere e maestro: Laura non risente di alcun colpo d'Amore ("ferir me da
esclusivamente di *iil., o, per meglio dire, <Ji gusto,
in conf ormità con la
l'inventio oratoria' saetta in quello stato, / a voi almata non mostrar pur 1'arco"), mentre il
preclilezione - alf interno dell'arte retorica - non per rimatore mclndano del Cinquecento ha ben presente i giochi della seduzio-
pef le regclle
fondata sempre sulla folza degli argomenti, ma piuttosto ne e non dispera, quando che sia, in una rispondenza da parte della donna
nella variatio e nella concitt-
dell' elocutio, il cui eft-etto persriasivo risiecle amata: "Tal per te sono, e non men pento, Amore, / pur che tu lei, che sì
più
ttitas rlell'orchestrazione (ovvero nella "leggiadria" ilell'espressione m'accese e strinse, / qualche poco, Signor, leghi e riscalde", conclude infat-
mettendosi nella
che nella "grandezza ilel suggetto"). È inevitabile che' Li Io, ch.e già vago. Se Laura è la fonla piùr che teffena dell'amore e della
bellezze" del
disposizionã di tra^sporr. nãi propri versi le "peregrine
poesia, la figura del Bembo ci riporta invece a una dama di ctlfte dai tratti
Petrarca, Bembo scivolasse ueri,, un'algirla orchestlazione
di motivi e di
riconoscibili e in qualche modo rassicuranti, se pur misurati sulla divina
sintagmi,purcontuttal'eleg¿¡nZ¿-elapiacevolezzache.glivannoricono. proporzione della B eLlezza platonicarnente intesa.
ma invertl
sciute. L'imitazione di Petraica viene infatti esibita, dichiarata, Per chiarire quanto detto, ci pare emblematica I'operazione di virtuoso
non attllata, se non a livello di superficie' artifex, ma anche di cristallizzatore di forme, che, anctlra in limine alle
rivol-
Lo stesso appunto (valido per molte liriche bembiane) può essere Rime, Bembo ha attuato nel notissimo sonetto V Crin d'oro crespo elenca
sciolto Ovet petx-
to al secondo sonetto tle|le sue Rime, Io, che già vugo e
inlatti con leggiadria le bellezze lisiche e morali della donna amata, rileg-
sato, incui c¡ntinua I'esplicita concordanza con i sonetti d'apertura
dei
t
i
,,¡
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La poesia fem.tninile
gendo la fìgura di Laura alla luce del platonisrno degli Asolani ("tubini e
perle, ond'escono parole / sì dolci, ch'altro ben I'alma non vòle"). Le figu-
Abbiamo iniziato la nostra analisi con il Bembo, perché il sutt canz(J-
iazioni e i sintagmi petrarcheschi (non manca neppufe la paronomasia niere, pur non giungendo a significativi vertici di poesia, dà la misura del
"l'aura"), minutamente ricercati lungo f intero Canz.oniere e poi giustap- petrarchismo cinquecentesco, nei pregi (il sostanziale dominio formale,
posti nella lirica, riescono a delineare un mosaico di grazia ed eleganza, cli
I'ideale di un superiore equilibrio espressivo) come nei difetti (Ia carenza
compiuta nobiltà, ma appunto s'an'estano lì, al piacevole ritratto tli una rara
di sensibilità e di sentimento, quindi anche di stile). Bembo seppe incon-
bellezza, Senza entrafe dentro I'immagine dell'amata, né tantomeno dentrcl
trare il lavore di tutti, assecondò il gusto del suo tempo per la lirica, finen-
l'animo dell'amante. È ancora un gioco ad intarsio, dunque, anche Se con-
do per assurgere al ruolo di maestro cli letteratura e di "misllra" critica,
dotto con alta perizia, come per gareggiare in abilità con il modello, senti-
come ben dimostrano la persistente fbrtuna delle Prose dello volgctr lingua
to come inarrivabile sul piano del sentimento. Non è tln caso allola che, in
e la concomitante revisione linguistica dell'Orlan¿lo .furi'oso operata
sinossi con il sonetto delle bellezze delladonna, Bembo ponga quello clel-
dall'Ariosto dopo ll 1525.Il suo magistero penetrìr nella mentalità del seco-
le virtù dell'uomo: Moderati rhesit"i, imtnenso ardore (sonetto VI), ove sontl
lo, insieme con gli ideali di armonia e di politezza formale, di distacco
elencati e disposti con fied<io gafbo r plaz,er del nobile cavaliere, ardimen-
dall'urgenza delle passioni; ma soprattlltto fi plolondo e duraturo I'inlfus-
toso nel Suo amofe, servitore e lodatole dell'amata, legato indissolubil-
so del suo petrarchismo, a paltire dall'edizione critica del Canzoniere dahti
mente a lei da "adamantina l-ede". A fianco dei ritratttl della dama di corte
curata con grande scrupolo 1ìlologico e stampata nel 1501 presso il
ecco intatti quello del perfetto petrarchista, involontaria parodia della lìgtt-
Manuzio. Schiere di rimatori ne seguirono I'esempio, f imitazione del
fa del Petrarca e, per altfi aspetti, anche di quell'uomo di prlazTn che in Petrarca nei versi e nei comportamenti mondani diventò un latto di costu-
quegli stessi anni I'amico Baldassarre Castiglione veniva delineando nel me e presero a circolarc nella società letteraria "petrarchini" (glossari del
Cortegiano.
lessico petrarchesco) e rimari del Cunz.oniere.
Ogni intonazione tfoppo aulica risveglia il controcanto del comico, il La moda petrarchesca ú'ovò interesse e consonanza anche tra le donne, in
divertito contrasto della parodia. Avrà lãcile compito il Berni, colto anti- una cerchia tradizionalmente estranea al mondo della lettelatura, se non qua-
classicista, a rovesciare di segno le nobili elencazioni dei due sonetti bem-
le 1ìuitrice dei generi più leggeri (come dimostra di conoscere il Boccaccitt
biani, cantando con uguale tono elevato non lebellezze di una giovane don-
nelf introduzione alla quafta giornata del Decnm.eron). La. presenza l-emmi-
na e il coraggio ili un leale cavaliefe, ma le bntttezze di una vecchia mege-
nile nel mondo intellettuale e nell'esercizio diretto della poesia è un segno
ra (sonetto XXXI: Chiome d'argento.fitto, irte e attorte) e le disavventllrc primario dell'ampiezza di civiltà raggiunta dal Rinascimento, che vede nei
erotiche del "bacciliel'O" a cui è stato l'Otto "'l pentolin" (sonetto XVIII: primi anni del Cinquecento I'espansione massima della partecipazione alla
Pia.n.gete, tlestri, il caso orren.do e .fïero, in cui il baccelliere, cioè lo stu-
vita culturale, sia pur, ovviamente, all'interno degli ineludibili limiti della
dentc che ha conseguito il prirno grado accademico, allude con signifìca-
corte e dell'ambiente signorile. Anche le rirnatrici vivono e operano in quei
zione oscena al "baccello"). Il tutttl con una Semplice inversione nel lega-
ristretti circoli; sono, come Vittoria Colonna, nobildonne dall'alta posizione
me trA SoStAntiVO e aggettivo, per cui "crin d'Ofo crespo" diventa "chiotne
sociale, o dame clella piccola nobiltà, che fiequentano al pari dei gentiluomini
cl'argentO tino", "mAn d'aVOriO" Si traSfOtma in "Ciglie C1i neve" e in "dita
gli ambienti di colte (Veronica Gambara, Barbara Torelli, l'inlèlice Isabella
e man rlolcemente gfOSSe e cofte", e così via, Secondo un pfocedimento
di Morra), o ancora, come Veronica Franco, Tullia d'Aragona e lbrse Gaspara
divertito e caficaturale. Le voci usate dal Berni, come quelle del Bembo, Stampa, vivono come "cortigiane", versate nelle arti dell'amorc e dell'intrat-
sono rigolosamente desunte dalla lirica del Petrarca, così come le lìgure sti-
tenimento (la musica, i piacevoli conversari e, appllnto, la poesia), circonda-
listiche e Ie immagini metatbriche, ma un piccolo spostamento nella loro
te di lispetto e di dignità, come le etèrc dell'antica Grecia. Di molte non fa
disposizione ha creato una condizione di netto contfasto, anzi di opposi-
conto parlarc, se non come fatto di costume - indice di quella società assai
zione. Quasi ad insinuare che di pafodie (volute e più ancora inconsapevt-r-
aperta, mondana ed elegante, di cui abbiamo detto -, ma tutte coltivarono la
li) i versi ,JeI Canz,oniere nehanno davvercl sopportate m01te, anche da par- poesia dentro la tradizione del petrarchismo, per lo più bernbista, e riconob-
te dei loro piir zelantt cultori.
bero nel far versi la n-ranit'estazione più alta della gentilezz,'ù e della grazia.
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Non è casuale che tale esercizio sia avvenuto proprio nel campo della co e delicato, dalle sfumature d'elegia, soltanto in brevi momenti, mentre
lirica, il genere più intimo e 'pdvato' tla quelli letterad: essa è infatti il luo- per il resto soccombe sotto un'insistita ripetizione di luoghi e stilemi petrar-
go di una più immediata espressiclne del sentilnento e insieme il campo in cheschi; la "cortigiana honesta" Veronica Franco, al contrario, subisce in
cui poteva risultarc lneno grave I'inlÌazione alla norrna sociale, che rele- nrisura ridotta il rnodello del Ccutz.oniere e compone deLIe Terz.e rime sen-
gava la donna nelle attività domestiche e limiliari, o ct'lmunque, anche nel- suali e galanti, ma poverc di elaborazione letteraria, non di rado prosaiche,
le proposte più avanzate, in una posizione laterale e complementare a quel- di sciatta versiticazione; Tullia d'Aragona sosta inesoluta tra accenti di ele-
la del maschio - ben lo evidenzia il Castiglione, che nel terzo libro del gante mondanità e aspirazioni platonizzanti, divisa tra le sue passioni di
Cortegiano porta vari elementi alla valorizzaz,ione della "donna di palaz- cortigiana romana e un'incerta nostalgia di contemplazione; la giovane
zo" ("non men pudica, prudente ed umana, che piacevole, arguta e discre- Isabella di Morra, dalla breve e disperata esistenza, leva lamenti e gri<ta per
ta", dotata di "prudenziù", di "magnanitnità" e di "cclntinenzla", oltre che la feroce segregazione a cui i lratelli la sottopongono in un isolato castello
di quelle "virtrì dell'animo" che "si convengono a tutte le donne"), ma che lupano, perr) I'udo non prende forma di poesia, a motivo di un'bducazione
nel contempo distingue tra le funzioni del cortigiano (la "conversazione" letteraria volonterosa ma troppo incerta e fi'ammentaria.
intellettuale elà"gtùzia" derivante da "una cefia sprezzatura") e quelle del-
la dama (il saper "gentilmente intertenere", pratica mondana più che cul-
turale, e una "teneÍezza rnolle e delicata"): linzioni speculari, ma in posi- Gaspcu'a Strun¡ta: "Voi ch'ascoltute in cpteste meste ritne"
zioni di responsabilità e di prestigio ben diverse.
Scegliere la poesia lirica voleva dire accostarsi al modello di Petrarca e, Gaspara Stampa non ebbe la salda e rallinata cultura urnanistica del
con i buoni ulüci del Bembo, imitare i versi del Cunz,oniere. Ma per una Bembo, che ne aveva 1-avorito I'accostamento al neoplatonismo di Ficino
voce e una sensibilità t'emrninile cit) signitìcava provare ad esprimersi (negli Asolani) e poi preparato la conversione ai modelli 'assoluti' di
attraverso un linguaggio doppiarnente 'altnr' da sé: non soltanto per la sh- Petrarca e di Boccaccio (nelle Prose del.lo volgcLr lingua.); pertanto il suo
da, comune con i rimatori uomini, di interpretare il modello petrarchesco, petrarchismo fu più immediato, meno scaltro: distante dall'alto ideale clas-
ma anche pelché tale niodello derivava (non poteva non delivare) da un sicistico rinascimentale e intessuto con i rnodi e le rispondenze del diario
sentire maschile,.e quindi si era strutturato in un linguaggio maschile. intimo, tutt'al più della privata corrispondenza d'amore. Questo costituisce
Siamo ad una questione centrale per la poesia t'emminile cinquecentesca: il suo limite, se si gualda alla mancanza di una superiore contemplazione
come coniugare imitazione petrarchesca e sensibilità f-emminile, denlro poetica e ai difetti di elaborazione ftrrmale, ma anche il suo interesse, per-
I'imprescindibile alterità di ligurazioni e di imrnaginari. Le poetesse ché inserisce una nota di sicura originalità nella produzione uniforrne clei
rispondono con i limitati stlumenti a loro disposizione e soltanto in rari casi tanti rifacitori del Ca.nz.on.iere. originalità innanzitutto tematica, a paftire
riescono a dare una sia pur parziale composizione al conflitto, dmarcando dalf inlÌazione allo schema, omrai usurato, delle lamentele sulla crudeltà
il fondo passionale della propria condizione (Gaspara Stampa) o filtrando del dio Arnore, per cui I'anima innamorata patisce in prigionia e non può
i propri versi alla luce di una limpida e austera moralità, tlutamente 'per- liberarsene; la Stampa sofÏre alla stregua di chi ama, ma non vonebbe non
sonale' (Vitturia Colonna). Le altre si fermano al di qua dclla poesia, in un alllare, anzi ringraziale "catene" che le 1ãnno "dol<le ed onorata guerra"
linibo indistinto di buoni propositi e di incerte realiz'zaz,ioni, maroate per 1o (sonetto vI) e loda la schiavitÌr tl'amore ("Io benedico, Amr)r, tutti gli affan-
più da un'evidenziata (e irdsolta) 'espressività'. ni, / tutte I'ingiurie e tutte le làtiche, / tutte le noie novelle ed antiche, / che
Quello che un facile giuciizio put) scambiare per naturale tendenza fem- m'hai latto provar tante e tanti anni", apre il sonetto cIII), perché la vera
rninile all'el1ìrsione immediata del sentimento fu in eft-etti il tentativo, con- desolazione discende non dalle sol-lerenze degli afl'etti, bensì clall'aridità
clotto nei limiti del proprio stile, di imitare Petrarca conselando - e valo- del cuore, e quindi paradossalmente sorge ploprio quando si viene 'aflian-
rizz.ando - la propria radioale diversità rispetto al modello. Proprio in que- cati' dall'amole: liberi, allora, ma inf-elici, privati di sentimento e di vita.
sta direzione, non a caso, si 1ãnno evidenti le diverse fragilità della più par- Mano a mano che si procede lungo le Rime d'otn,ore, che costituiscono
te delle rimatrici del tempo, anche di quelle chc pure possono ambire a un I'area più corposa ed ispirata del suo esercizio poetico, preniie vita un col-
ricordo antologico: Veronica Gambara trova il suo tono piÌr vero, melodi- loquio appassionato e vibrante con la proplia anima, in cui Gaspara Stampa
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fcclele occupa le due quartine: I'altacco, la disposizione útmica, gli accenti lungo
t'erma con rapi<li tratti tli poesia le sue vicende interiori, specchio
A far da cornice i versi, i calchi esibiti (oltre al citato "Voi, ch'ascoltate" ecco "rime", "il
delle illusionie clegli scorimenti di un amole contfastato'
al suo canzoniere Stanno le vicen<Je altefne del rappoltcl ctln contc il suon", "perdon... spero trovar") rendono celto chiunque di trovarsi din-
Collatino di Collalto, gentiluomo di antico casato, tlot110 d'armi tra i
pitì nanzt a una ripres a di Voi ch'ascoltate in. rim.e sparse il, sttotto, e quindi alla
Collatino proposizione del sommesso calnnìino di un'altra anima in dialogo con se
noti del primo Cinquecãnto, nonché cttltore cli musica e rimattlre.
pfe- stessa, lungo le diverse evenienze della vita amol'osa. Ma in qllesto appel-
viene in^tliCattl nelle rime COn I'allusi¡ne On¡mastica "Colle" ("Vefde,
"anlat¡", "gfaditt)" e "grAZit'lSO"), men- 1o al lettore non vengono invocati "pietà" e "perdono" per il "giovenile
giatO ed AltO" nel SOnettO III, altfgve
efrore", per il peccato d'amore, bensì "gloria" poetica (oltre che "perdon")
ire Gaspar.a assllme 1o pseudonimo di Anassilla, tratto da Anaxunt, nolne
Ma per i propri "amorosi lamenti", cioè per i versi e l'attività letteraria. La con-
latino il^el plave, il tlume che scorre nei pfessi del castello di Collalto'
erantl assai esperte, sonanza, allora, non è più con Petrarca e i sucti o'sospil'i", ma con la solu-
simili giochi di società, tli cui le corti rinascimentali zione 'mondana' àvùnz,aLa da Bembo in Pian.si e ccmtni, colne abbiamo
n,rn nir.,,ncfuino la Sostanza passiontrle del rappolto: Gaspafa conobbe
visto in precedenza: "date a lo stil, che nacque de' miei danni, / viver,
Collatino nel Natale del 1-54t1 e pet tte anni condusse con lui un amore
clal-
ma anche ctln quand'io sarò spento e sotterr'à". La vicinanza tra Gaspara Stampa e
lc instabili fortune, con la t'elicità clella passione condivisa
Bembo, e I'innegabile estraneità dei due rispetto al più profonilo sentire
I'insistente timore, quasi un presagio, del tradimento e del dclinitivo
abban-
(I-CCI) costittliscono gfan pat- petrarchesco, ci danno I'esatta misura della particolarità del petrarchismo
dono. Le liriche relátive a questa esperienza
rinascirnentale: tutto intomo si sente come il bisbiglìo dei gentiluomini e
te del volume, seguitc cla pochc rime cli pcntimcnto c di contemplazione
delle dame di corte, si muove I'adunanza mondana e signorile delle "ben
ploinni.o clell'f iniern tbellezz'" dell'amato (CCII-CCVII) e dal prolilarsi di
ed umiltate / nate genti" (come scrive la Stampa) e degli "amanti accorti" (come quasi
un nuOvo am()re, più Sereno e Spirituale - "Carità, paCe' l'ede
in altra eta- vent'anni prima aveva scritto il Bembo). I riniatori del Cinquecento (si pen-
sian le nostf'armi, oncle si meni vita / raclo o non tnai menata
si anche al Della Casa, al Castiglione, al Molza) non ctano proplio nati per
te" -, per Bailolomeo Zen (sonetti ccvttt-ccxxt)'
ritilarsi nella solitudine della meditazione, lra per le piacevolezz,e galanli
Le Rime cl'tun.ot"e si presentano pcrtantt) come il racconttl interiorc
di
(un'asstlluta e rallinate; alnavano Urbino e Roma, non la Valchiusa, negoti,orum cupidi
una passione; toccang 1è confidente <lell'amore ricambiato
neviià per I'area petrarchesca), I'amara ltlntananza, i dubbi sul ritorno
(in specie se si trattava di commende o di porporc cardinalizie) e non prc-
cul negotiis, come si era deünito il Petrarca.
dell'amato e sulla iua tbcleltà, la gioia dei sensi e il timore dell'abbandono'
La presa di distanza di Gaspara Starnpa da Petrarca si la evidente poi
fino all,ansia cli pentimentO e di liberazione cla ogni aI'l'etto. Ma i divcrsi
costante' nelle terzine del sonetto, che svolgono il terna d'esordio in una direzione
momenti della passione amOrosa SOno oggetttl cli una corrczione
dell'amorc di originale, di pretta sensibilità l'emminile: "E spero ancor che debba dir
per acleguar.li, pcr quanto possibile, alla vicencla psicologica
Þrtrnr.i pel Liura ("..u ullc,ro i sonetti in lode degli occhi dell'amato, il
qualcuna: / - Felicissima lei, da che sostcnne / per sì chiala cagion danno
della nave senza "vele" e "silrte"' I'acctl- sì chiarol llDeh, perché tant'amor, tanta lortuna / per sì nobil signor a me
tiequenté ritorno deìla
'retatìrra per fisponderc non vennc, / ch'anch'io n'andrei con tanta donna a paro'f". La parola vie-
rata invocazionc alla Murte, perché I'Amtlre non sente) e
canzoniele in tutto l'edele exem'- ne data alle altre dame, per commentare, momlorare, invidiare I'amica che
all'intendimento iniziale ili costruife un 'Ill'
intro- sì soflie, nia per un degno amore; e così, in controluce, ttaspare il sottile
pltun. peLrarchescg, come dimostlano i primi sonetti della racctllta,
calchi stilisti- compiacimento della donna graziosa che vive un'esistenza libera e galan-
cluttivi della materia d'amore e volutamònte 'marchiati' con
te e, con malcelata civetteria, ama essere invidiata e suscitare intorno a sé
ci rJei piùr noti luoghi dei Rerunt. vulgoritutt.fi'rtgrn.entct..
ch'rtscol'- piccole e grandi gelosie. Anche I'esprcssione sembra 'sciogliersi' in una
Si vecla la lirica d'apeLtura, evidônte fin dal primo verso: Voi,
alla nrisura più conlacente, di grazia pre-arcadica. L'inizio della lirica era stato
t.te i, clLreste meste riinr; nrtnsiamtl pitì cli lionte all'imitazitlne, bensì
cttf'r l'invtlca- lãticttso, con calchi petrarcheschi mal tlisposti e alcune scelte retoriche
verA e propria copiatura clel vcrso il'esorclio del Cttnz,rtttiertt,
a chi assai discntibili (la greve ripetizione "in queste meste rime, / in questi
zione al lettore partecipe di riservare comprensit)ne e colllpassione
jamenti" (Pet'arca áveva scritt' con più neLtezza di mesti, in questi oscuri accenti" e la rima equivoca "lamenti" dei versi 3 e
rinremcrra gli "amorclsi
6, senza che ve ne fosse la pur minima necessità), nelle terzine invece
"pfimo giÑenile err0re"). Il iliretto rilerimcnto al modello petlarchesco
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adorno, / col quale, avendcl Amor le reti tese / fia due begli occhi ed un riso,
GasparaStarnpaacquistaqueltono'briosoemusicalecheèpiùsuo,di mi prese"). In simili 'imitazioni', che testimoniano di un'al1ìnità che non
rJi grazia: il chiasmo del v' 11 ("per sì
petrarchismo ,oinorJioo non privo scade a prosaica ripetizione, possiamo individuare la particolarità 'madri-
chiara cagion rlanno lnioroì") rnantiene nella giusta proporzione ritmo
,i galesca' di Gaspara Stampa, certo tenendo sempre presente che la grande
petrarchescoedeleganzaclidettato,mentfel,esclamativaeladomanda
più mo99a,.in
poesia è altra cosa e che Petrarca, anche per lei, rappresenta un modelkr
una nota
retorica concrusiva introducono neila composizione troppo alto.
ÇOstantemente I'equilibrio'
direzione melotlrammatica. Se Petrarca riðerca
passioni in una forma fassele-
iulnisuru espressiva, la tlecantazione delle
nante, Gaspara stampa puntà invece a sotìoline4re
i tratti psioologici e Vttoria Colonna: "Scrivo sol per s.f'ogrtr l'intema. doglia" (Rime amo-
documentaridellavicentlad,amofe,senzacheperquestopossavenirtla- rose) e "Poi che '1. mio c(sto (tnot' gr(m tempo tenn,e" (Rime spirituali)
f-u fattô nel secolo Scorso' In ogni
sformata in etoina romantica, come pure
di nostalgia e di dmor-
caso, siam. molto lontani dal meditãto Sentimento Raramente è dato vedere, nei medesimi anni ed ambienti sociali, due
e propri. i minimi interventi
so che nutre il ron*,i ã;opertura di Petrarca, personalità 1-emminili così distanti tra loro come quelle di Gaspara Stampa
ingessata nell'imi-
rli cui abbiarno detto rivitalizzunct una lirica altì'imenti e di Vittoria Colonna: I'una tutta dedita all'esistenza libera ed elegante del-
tazionc,'antiquaria'' la giovane cortigiana, ammilata e passionale, con la predilezione per gli
poesia successiv à" Erct
una situazione non dissimile la trclviamo nella scenad galanti di Venezia e delle ville venete; I'altra, dopo una severa vita
vefso richiarna apeftamente
vicitto il ¿ì che 'l Cìecrtore, che fin clal p'imo coniugale, decisa a rinunciare all'amore e a ogni bene mondano e a rin-
uno dei più noti ron.üi p.itarcheschi,
Errt it' giorno ch'al sol sì scoloraro chiudersi in un monastero, pul'senza prendere i voti, per dedicarsi alla pre-
desunti dal Petrarca
(nvn, ut). Ancora.,* u.,ttu inlatti i calchi e gli stilemi di tan-
ghiera e alle pratiche di urniliazione. Le due figure idealmente delimitano
percofso obbligato
sembrano tracciare ia via ilel1a freclda irnitaziône, i confìni, molto vasti, della civiltà rinascimentale, certamente più com-
ti rimatori (e rimatrici) del tempo' ma poi sopravìien? 1rn'ii':l-1:1Ï.1:Ì plessa e intrecciata di ideali e di suggestioni di quanto si sia soliti pensare
musica coltivato per tantl annl
libera - f orse un residúo di quei senso della (basti ricordare che - per rimanere ai rnaggiori - vi operano a stretto con-
con la sorella Corsunjta -, .ht rivolge
i versi in lieve melodia' puf entfo tatto individualità tanto diverse quali Ariosto e Machiavelli, o, nel campo
un magistero che rimane sicuramente
petfafchesco: "Da incli in qua pensieri
artistico, Ralïaello, Leonardo e Michelangelo). La Stampa e la Colonna
e speme e sguardi/ volsi a lui ttttti, iuor
d'ogni misura / chia'o e gentil' hanno però qualcosa che le accomuna: la pratica dell'esercizio lettelario, il
,l è la scelta di porre in littti-
quanto sol giri e guardi". 9ot* pet'a'chescã culto della poesia e di conseguenza,l'adesione al petrarchismo, anche se
al giorno dell'innamofamento
ne ul canzoniere io"Jata simbolica relativa con percorsi sensibilmente distinti. Se la scelta petrarchesca della giovane
(decisiva concordanza che ci ta leggere come
ipeculari i ilue sonetti): cit) "inegolare" veneta fu un fatto di consonanzalirica, di slancio all'ettivo per
signilicacheper.GasparaStampaeperPetrarcalavicendaamOfOsanOn il belb e l'amonioso, I'adesione della nobililonna romana passò piuttosto
pur) prender" ouuio n'.äo gtnttitit¡lel tempi
t o:ll:Ïlli (come invece attraverso intlussi neoplatonici (evidenti nelle giovanili rirne di carattere
geñbo), ma si inserisce necessarianrente nel calen-
accade nelle Rimeáet amoroso) e poi si sviluppt), nella f'ervida e tormentata produzione spiritua-
dariocristiun.,,uiu,ncltempotlellericorrenzeemblematiche.Petrarca le dell'età matura, soprattutto nel conlÌonto con il Petrarca delle Rime in
Cristo e lo stesso giorno' ven-
incontra Laura I liorno della Passione del morte di Modonna Laura - ed è signilicativo che nel prediligere la secon-
tunanniclopo,laperderà;GasparatrovaúcettonelcuorecliCollatino da parte del Crmz,oniere laColonna si ritrovasse in assai ristretta compagnia
precisione storica e astrazione
durante il pcrioi¡r ãel Natale. In tal modo tra i dmatori del Cinquecento, che come i lolo predecessori quattrocente-
degli anni segna ancfe ll
nobilitante u"ngonü o c.incidere, e il trascttnere schi si rivolsero di preferenza al Petrarca lieve e 'madrigalesco', per evi-
e più ha già.voltato il cielo, /
t.itorno costante tlella memoria (..Due anni denti motivi di alllnità lirica e sentimentale.
CLV) e il rinnovarsi della
ch,iu restai pr.ro o i'o,nororn ìisco", sonettir Il problerna morale è invece centrale nell'esistenza e nella scrittura di
parabola amol.Osa (conre
nostalgia, fin oltre la conclusione clella Stessa Vittoria Colonna, amica di Michelangelo e vicina ai rifìlrmatori italiani
clocumentailtardoS0nett0CCIX:..IOnonveggiogiamaigiungerquelgiot- (Valdés, Bernardino Ochino, Renata di Francia), con i quali condivideva
ncl,/OvenacqueColuichecarneprese/...¡.t'.nonnririsovengailnodo
103
t02
e della f-ede' Per lei "'l grave pianto / è tal che tempo né ragion I'alÏ'ena" (vv. 11-12) ribadi-
1'esigenza di una sevela ritorma clella chiesa cattolica scono la centralità della sollèrenza, attraverso un eloquio sfbrzato e con-
il cuore, per
I'attõ dello scr.ivere impegna in primo luogo la coscienzl: Poi venzionale che solo nell'ultima terzin:à, con un sapiente uso dell'antitesi,
I'abbandono
cui la fennez,z'¿stessa^,1"t *uo sèntile religioso le impedisce trova una misura piùr distesa: "Amaro lacrimar, non dolce canto, / loschi
cioè a tanto
alla nostalgia clei sentimenti c ai voli clelf immaginazione, sospiri e non voce serena, / di stil no ma di duol mi danno vanto".
,petrarchisino' accattato, SpeSSg a tortg, nci versi del Pettalca' Le sue Rl¡n¿
(vi Petrarca invoca "pietà" e "perdono" per lo smarrimento giovanile,
,ï pnrrnnn ilividere in dtie iontlamentali categori e, Atnoro,se e S¡tirinLnl'i pcr Bembo e Gaspara Starnpa perseguono la "gloria" poetica pel ripagare il
sono anche le Epistolarl, ma di interesse c¡uasi soltanttl.dtlcumcntaritl' "danno" e gli "amorosi larnenti", Vittoria Colonna indica la propria sotlè-
e corrispondono
un,eventuale storia della spiritualità dei cinquecento), rente vcdovanza come centro tematico del volume e la pratica letteraria
generahnente a due periodisuccessivi tli cornposizitlne:
fino al 1538 pre-
marito, poi' come oomc possibile lenitivo, unico in grado di sublimare il dolore umano. In
ãornina la poesia o,r*rn.o, in vita e in morte dell'amato el'lètti, come dimostra anche il sonetto d'apertura, Ie Ritne arnòrose si ple-
graduale matLua sempre
sviluppo consequenziale, attravefso un pfocesso sentano subito indirizzaLe verso il superamento dell'amorc: suonano in
piU filrpiruzioné religiosa. Tra i due m.omenti non vi fu
un sensibile catn-
in quanto sia le morte dell'amato (col taglio secco, irreparabile, del verbn al passatu remo-
biamento di tong, nJã..u,l.n2a ligurativa nell'espressione, t0: "morte la svelse", al sonetto IIt; e pirì avanti "llofte estinse", "tli)ncò)"),
esigenza: ntln
rime amOrose sia quelle spirituali nasc0no ila una medesima mentre rare sono quelle scritte "in vita" (semprc percorse da funesti pre-
<1a11'adeguamentO a un modelltl esterno, f osse
pure PetraLca, bensì prima-
(le quali, a que- sagi: Ferrante tra i pericoli della guerra, Vittoria nell'angosciante attesa di
riamente come espressioni intime di sentimenti personali sue notizie) e tutte indistintamente si raccolgono intorno a nuclei tematici
punt0 soltanto, cefcano riterimenti ed csempi nel campo
lcttefario)' A
sto lbschi, sconsolati, nei cui paraggi non s'intravvedc traccia del dio Amorc.
(dal dolore per
uorior", semmai, sono f intensità c la clualità del sentirnento Senrbrano insomma un primo passo sulla via delle Rime spiritua.li, una pre-
a Dio'
fa perOita del n-raritg alla sublimazione del ricordo all'alTidamento parazione ad esse, con la stessa drammaticità e la stessa intensità di medi-
secondo il moclulo petrarchesco clelle rime Ír n1'orte
tli Madorutrt Lotrra)'
I'intendimenttl, attuato sol- tazione; manca ancora l'orizzonle più propriamente religioso (il timore
con un parallelo prirsciugarnenttl dello stilc e
della dannazione eterna, la conl'essione delle propric colpe, la lunzione sal-
di vita'
tanto in parte, cli irn rigore cli parola degno clell'ascetismo viüca della Grazia e della Fede), ma già è posto in primo piano il senso
agli ulti-
L elemente n1orol"".ntopaie tìn dai primi vel'si, che risalgono intericlre, sofl'erto, del proprio vivere, insieme con la lacerazione platoni-
morto
mi anni vissuti col marito, Ferrante tl'Avalcls, marchese di Pcscara, co-giovannea tra anima e corpo, tra esilio terreno e perl'etta vita in cielo.
nemoLia'
nel 1525, e impronta di sé già tutttl il cot'pLts delle liriche.in
stta
omoro'se' L'esercizitl letterario sem- A far da tramite tra i due luoghi 'unlani' (del merito e della ricompensa) è
che costitttiscono I'ossaturid elle Rime posto l'amalo marito Ferrante d'Avalos, novello unto del Signore ("chia-
lode e quin-
bra a Vittoria Cokrnna un moclo per ricordare il coniuge
nella
I'interna doglia / ro spirt{r", "onofata spoglia"), "bel Sole" che scalda il cuore e illumina la
¿i per cons¡lare il f¡oprio dolorå: "sotivo sol per sttlgar mente. Compare così, fin dal primo sonetto, la voce "snle", che, insieme
sul valo-
ch'al cot'mandar fc fucl al mondtl Sole". Con questa al'fenlazione con diversi snoi sinonimi ("tulgente lume", "splendof", "giorno", "luce
ie terapeutico della composizione poetica si apre il
primo sonetto del can-
marito (ancora una vol- gloriosa ed alma") indica clirettamente le virtù di Feuante quale "scorta"
zonicre amofoso, *tffn oppunm dopo la pertlittl del verso il Paradiso, quasi novella Beatrice. E,, per via clella seniplice metal'o-
procedono separate)' per
ta disposizione in voturnå è clonoltlgia di scrittura ra, Ferrante viene accostato prima al sole (che esce dal conlionto "disco-
i1i larnento e di
cui le rime si presentano suhito vestite a lutttl, circondate klratt'1, mesto, afllitto e nern", come recita il sonetto XXI con vigoroso c/r-
.,grou" pianto'i Assistiarno così a uno scafto notevole rispetto alla rnedia dei
rimario petrarche- tnax), poi allo stesso Dio, di cui, direbbe Francesco d'Assisi, "porta signi-
rimatori del tempo, rli cui è ripreso soltanto il consueto licatione".
1a tima "SOle"-
sco (tutte le voci in rima rimandano a Petrarca' addirittura "Lallra" inclicava l'allclro poetico, "colle" il rilèriniento al casato e al
.,Sole,,-,'dole"-"parolc" ficoffe pari pari in due sonetti del cattz'ottiere' 1l
e clella sete castello natio cli Collatino da Collalto, "Snle" rimanda alla pura luce spiri-
CLVI e il ccLXXV), mentre I'insí.stenza sui termini clell'angoscia tuale, astrae dai percorsi terreni della gloria o dell'amorc per indtrizz.are
di consolaziun" ,iiro 1a poesia al cli là anche dei
"sospirt" di Voi ch'ascoL-
lamentar rn'invoglia" (v' 5)' I'anima a Dio, lungo un itinerario nristico e poetico che identifica quasi
tate in rim.e s¡tnyse il suono. "Giusta cagion a
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condivise con lei ansie ed attese spirituali, visse i suoi tormenti nella soli-
l'una esperienza con I'altra. Ma tale "Oammino" dell'anima, più che quel- tudine del rcietto, di chi si sente inadeguato alla conoscenza e alla salvez-
par-
Ie del Cà.nz.oniere di Petrarca, Segue le otme della Comtnetlia dantesca, za; e i tanti petrarchisti 'ortodossi', in buon numero uomini di chiesa, sen-
ticolarmente della terza cantica, ãove tutto ò luce, splentlore e afmonia divi-
allo tirono poco o niente alïatto I'esigenza del ravvedimento dal peccato, pur
na. E questa Scelta non è di poco c6nt¡, in piena 'dittatura' bembesca,
trattandone nei loro canzonieri perché tema presente nei Rerumvulgarium
stesso^modo dei ril'erirnenti alla lirica di Dante contenuti nelle Rime
cuno-
rose e,più ancora, nelle successive.Rfuz¿ spit'ituali: vi sono riprese temati- .fragmenta. Nelle Rim.e spiritua.li, invece, il lirismo stesso brucia al f'uoco
quali la della fede, si innalza dalla desolazione del mondo alla contemplazione del-
che e spunti ritmici, ma anche consonaRze stilistiche più protbnde,
La grazia divina. Pertanto le stesse sorgenti della poesia devono passarc al
predilezione per la parola isolata e f invenzione vefbale nei velbi pafasin-
vaglio dell'evangelo: "Chiamar qui non cclnvien Parnaso {) Delo", recita il
ietici a pfetìsio "ifì-": "t'interni", "s'invia", "s'interna"'
verso 9 della citata lirica d'apertura, e gli fa eco I'attacco del cornponi-
Dicevamo che non si nota un significativo distacco tfa le due fasi
mento successivo: "L'alto Signor... / prego che sia il mio Apollo, e gli
dell'esercizio poetico di Vittoria Colonna e che quella amofosa introduce
occhi e 'l petto / mi bagni omai del Suo celeste fonte". Le ligurazioni sono
progressivamente a quella più direttamente religitlsa. L al'l€rmazione trova
rrra altamente drammatizzate, di gusto maniedsta e prcbarocco, con evi-
t:nrif"rrnu nello sviluppo interno della prin-ra faccolta (rJal dolore alla lode
dente scarto dalla rnusicalità lineare e solnlnessa del modello petralchesco.
dello scomparso al riiugio in Dio) e nei sonetti 'proemiali' alle Rime spiri-
Si legga la seconda quartina del sonetto cl'esordio: "i santi chiodi omai sie-
tuali, che f'anno memofia del lontano amofe pef dirne I'irrevocabilità e no mie penne, / e puro inchiostro il prezïoso sangue, I vetgatacarta il sacro
introilurre la nuclva ben diversa conclizione. Si veda I'esclrdio della prima
corpo exangue, / sì ch'io scriva per me quel ch'Ei sostenne". Le ardite
lirica: "Ptli che 'l mio casto amof gfan tempo tenne / I'alma di fama acce-
metafore prcsenti in così gran numero testimoniano di una sensibilità diver-
sa, ed ella un angue / in sen nudúo, per cui tlolente tlr langue /
volta al
penne" '"' sa, di una predisposizione anticlassicista pelle immagini tbrti, oltre che di
Signor', onde il rimedio venne, // i santi chiotli omai sieno mie
cuore, ad un'invo- una irrisolta tensione stilistica. Ad apeltura delle Sptrituuli, Vittoria
Siámo di tionte a un lamento che sale clal profondo del
Colonna prcsenta se stessa nell'atto di vergale le proprie parole sul corpo
cazione all'altissimo e lontano Dio rJa parte di una cfeatura che si sente
di Gesù crocifisso, intingendo la penna conre chiodo nel suo sangue: una
macchiata dal peccato, sia pure per ragione di "casto amof". E
questo
scena estremizzata, abnorme, che richiama da presso gli imrnaginari acce-
lamento contiene un fadicale distacco, quasi SprezZ'ùnte, VefSO tutto cit)
che
"quanto piace al mondo" si e morbosi della Controrifbrma; Lln segno anche che il dispelato anelito
è terreno, amofe e t-ama poetica compresi, perché
nella prirna di pace non put) trovare dstoro a nessuna sorgente terrcna (non nelle vanità
nOn SOltanto "è breve Sogntl", COme AVeVa SOStenutO Petralca
"angue" che I'uOmO Si mondane, ma neppure nell'amore platonizzante o nella pratica della poe-
delle Sue "rime SpAfSe",ìoO a"tp*nte ingannatgre,
sia), bensì soltanto sul versante dell'eternità, in Dio.
porta in Sen¡ e ðresce con afLtt0, fìno a festarne colpittl a morte. Per
di Non è un caso che la voce che piùr ricorre nelle due liriche citate sia
Vitmria Colonna, cinta del "vel clel cof' non meno iii Piccarda Donati e
I' aggettivo "alt[o": "ad altra acqua s'aspira, ad altro monte / si poggia" pro-
Costanza d'Altavilla, soltanto la durezz'¿ dell'un-riliazione e dell'espiazio-
clama il sonetto I (siarno chiamati non alla firnte Castalia, ma al lbnte bat-
ne può esserc úsposta adeguata a|la chialrata di Dio, di quel Ditl che-ha
del- tesimale, e non al monte Parnaso, ma alla montagna del Purgatorio), "sco-
rovesciato i ruoli e le iligniià della storia umana attfavefso lo scandalo
I'alto pra altre muse ed altro monte / la vera l'ede" e "spiri I'aura sacra altro con-
la croce per "insegnarne urniltate" (come dice il sonetttl XXX, Vedeo
cetto / che renda al cor I'eterne grazie cofìte", risponde il sonetto II (non
Signor, óhe riperðorre il mistero clell'incarnazione del Cristo seguendo
sono importanti le pur piacevoli l¿vole mitologiche, le 'verità' della poe-
t'òsempio petrarchescO: "di sé, nascendo, a ROma non f-e' grazia'/ a Giudea
sia, ma la livelazione cristiana, che sol¿r put) portare alla salvezza dell'ani-
sì, tantã swr'ogni stato / umiltate esaltar sempre gli piacque!",
RVF,IV).
questioni di l'ede la Coionna ma). Siamo veramente a una svolta culturale plolonda e la civiltà
A questo proposito, va detto che nelle dell'Umanesirno, con la sua scommessa di armonizzare fede cristiana e
mostfa non soltanto rigorosa spiritualità, nta anche chiarezza e coraggio
di
mondo pagano, lascia il passo a un sentire controrilormistico sempre più
pensiero teologictl, fino ai limiti dell'eterodossia (il concetto di Grazia'
acceso, a una spiritualità esasperata e quasi voluttuosa nell'espiazione,
quello della "sóla Fedc", la metatbra del raggio di Dio che scluta il fondo
pure come di 1ì a poco dimostrerà con prolonda intensità poetica il Tasso. Se
dei cuori SOnO "tesi" clal saporc luterano); mentre Michelangelo, che
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10(r valore universale, in cui Michelangelo esprcsse una gcnialità che trova ben
..altf0,, dev,essere il monte su cui salire e "altfo" il concetttl cla seguire' sol- pochi paragoni. "La concezione del mondo che si esprime in quelle statue,
tlare I'acqua viva "a 1A gran sete
tanto l,Alterità assoluta, cioè Dio, potrà dal Duvi¿l ar Prigioni, dal Mosé alla Notte e all'Awonr, all'incompiuto
prirno Sonetto della taccolta. E
equale,,, conclude allora coefentemente il Crepuscolo; la visione religiosa che anima il Giutliz,io .t'ina.le, hanno riscon-
praticato (le Rime
.ri;oplriuto di volume indicativa del genei'e lettcrario tro solo, lungo la storia dell'Occidente, nella incomparabile lisione di pen-
un pefcol'so pefsonale dal
spirituuli, il libro del pcntimento), ma anche di siercr e poesia che si realizzi'¡ in qualche momento l'elice della cultura gre-
.,falso mondo" al "fonìe" della vita eterna, dalle vanità mondane (anche le ca, e nei luoghi più alti della Corn.m.e¿liu di Dante",a scrive ad esempio
in Ditl: quel Dio
più ilolci e in apparenza "caste") al totale annullarnento Eugenio Garin, un ülosolb che ha dedicato particolare attenzione proprio
del Paradiso dantesctl' "St)l
che viene subito O"finit,r, con peritiasi degna al periodo dell'Umanesimo e del Rinascimento. Certamente siamo su un
e S.mnìa Sapienza che
ch,alluma gli elementi c '1CióIo", S.ntnlt'l Amore piano lontanissimo da quello della sua poesia, né d'altronde si potrebbe
dà oldine e sonso all'intero universo' seriamente pensare a un conlionto di valore tra una pratica'lettelaria di
'dilettante' e un'attività artistica incommensurabile, in cui vanno indivi-
duati "il più alto poema e la più plofonda sapienza di tutta una civiltà"
Michelrtn gelo Buon arrott (ancora Garin, p. 182). Se perr) usciamo da questo luorviante paragone e
consideriam ct Ie Rime michclangiolcsche a conlionto con i canzonieri con-
canzonier.e tii vittOria ctllonna, con il trasformarsi
della tematica
11 temporanci, non possiamo non rilevare che esse - pur raccolte e presenta-
'clolortlsa' , tOÇCAta dalla mofte) in accen-
cl'amore (già <lel tutto pefsonale, te in edizioni non sempre adeguate'- costituiscono una delle esperienze più
al petrarchismo
ti di rigorosa spiritualità, ,.gnu uno stacco netto rispel"to inlercssanti tra quelle che nel primo Cinquecento si sono richiarnate
bembiano, lievi ec1 eleganti della prima parte dei Rerurn all' e x e ntp lunr petrarchesct-r.
"r'optoüi.rul'r.,ni
vttlgrl.riw,n'.t'i,ctgrnetltt't'. Mllta non soltanl"o
la scelta ilei contenuti, discen- La personalità tolmentata e cupa di Michelangelo, perennemente chiu-
etici e religiosi' rna il registro
clente da una profoncla diversità cli sentimenti sa in un disperato anelito di pace, non poteva accostare il Petrarca se non
gualclare al ctlmune model-
poetico stess., t'ongrriori,,ne espressiva da cui in primo luogo quale esempio di perplessità dei sentimenti, di insoddista-
tessuto stilistico non
i,i p.iroi.tt.r.,',, n.íloaie ui"nå ctrsì evir1enziato un zione di sé, di meditazione. Pirì che la centralità della tbrma poetica, che
mediata e ratÏnata.
uniforme, pur alf intärno di una lingua ugualmentc per il cantore cli Laura rapprcsenta la più alta espressione dello spilito uma-
spirituali, di pentimento'
Scegliere nel ca.nz.:oniere di Petrarca le liriche no, lo interessava la complessa psicologia del Canz.oniere, con cui trovava
'grave" energict.r, di quello madrigale-
significa optare per Lln registro pitì molteplici consonanze, e quindi i modi espressivi segnati in particolare dal
a unã ristretta.ccrchia di socla-
sco imitato ¿ai nem¡i.sti, ã quinài riv-olgersi contrasto, dalla tensit)ne verso la suprema crcazione del bello. In tal modo,
li, non direttamentt ui plnt'úto monclano clelle corti
rinasllmeltill
li':T'
vasta lison'ùnz'ùC^ stima pfeSSO l oon-
Michelangelo veniva a hrrzare la lingua petrarchcsca, la costringeva in un
a Vittoria Co¡lnna, chã pur conseguì oontorno duLo, talora aspro, esasperandone al contempo i motivi fino a una
corlispontl.:n'.1..1,ot"ici' chc con-
temporanei, si fbrmò unì'isttetto grtlppo. di potenza passionale cstranea al niodello. Il suo intcndimento di 'imitare'
e, in oampo artistictl e cultura-
divideva con lei rc iJee di riformã rôtiglosa Petrarca per 'imparare' a "conlporre" poesia (Michelangelo non usò mai il
fcile cristiSna e del rigore
le, la prem inenz,a J"lt'.ti.o sull'estetica, della verbo "cantafe", ril'erendosi ai versi, ma "ct)mporfe", "scfivere", t)pput.e
lbrmale' E proprio o .tt'l.
morale sulla ricerca del bello e <lella perlezione I'cspressione metalbrica "scolpire": il che è tutto Lln programma di poeti-
che matura la poesia di
tattO con questa cerchia tormentata c ascetica ca) si scontra con resistenze insormontabili: Petrarca persegue un'elegan-
spirituale della gcn-
Michelang*fo guonairoti, attascinato clalla superiofità za misurata, l'rutto di lima e di esercizio assidno all'annclnia, Michelangelo
devozitlne c dedicò una parte
tildonna fomana, u.ui ti legt) con prtlf oncla ägisce di martello e di scalpello anche nei conlronti delle parole, che gli
consistente delle sue liriche cl'atnore' resistono, colne il marmo allo scultole. Il suo stile nasce da questa lotta
cli Michelangelo abbia goilu-
A lungo si è rliscusso se l'esercizio poetictl quarantennale con I'idea della fonla, e pertanto lisulta movimentato, lude,
più che un episodio I mar
to di un,elïettiva autonomia 0 se non sia stato non di rado inasprito oppure oscul'o sino all'incomprcnsibile. Ma, si badi
pittore e architetto' Sulla disputa
ll* O"ffo sua triplice attività tli scultore' sue opere artistiche' dt
bene, 1'oscurit¿ì michelangiolesca non è conseguenza dei suoi limiti espres-
pesa .vviamente 1a straordinaria g'ande )'¿a 'JeIle
109
108
mini essenziali ncl momcnto stesso in cui purc lo si accetta come discipli-
sivi (che pule sono evidenti, soprattutttl in campt'l metrico) o della tram-
na artistica, o, meglio, si la "tragico", pensoso, veicoltl di meilitazione più
mentarietà clelle sue pfove poetiche, del "non finito" che lo contraddistin-
che di cspressione lirica e sentimentale.
gue, e neppure deriva soltanto da una volontà di mistero, di ermeticità (in
Come la scultura procede "per forza di levat.e", liberando la fìgura dal-
consonanza con certo neoplatonismo misterico, 'pichiano'), ma procede
la prigione clel marmo, così anche la poesia deve togliefe il "Sovelchio",
sopfattutto dal perseguire tcnacenlcnte un discorso rnonologico, chiustl
liberare l"'idea" prigioniera nella 'materia' linguistica, dando vita alla
all'altro, di dura introspezione, su ctti vienc a pesarc come un macigno la
"fr)[ma", al "concettt)", ohe, il più delle volte, non contiene alcuna imma-
disperazione dell'uomo solo ("chi è solo in ogni cosa, in ctlsa alcuna non
gine concreta, ma nomi astratti dalla potente lorza cli signilicazit)ne: "pIe-
può aver compagni", scrisse in una lettera all'amato Tommaso de'
senza", "assenza", "callsa", "condizione", "disciplina", "neoessità", "inge-
Cavalieri), il suo sentirsi inadeguattt, reietto. Invero, anche la poesia di
gno", "forma", "colpa", "privilegio", "valofe". Sono concetti impalpabili'
Petrarca ha caratterc monologico, tanto da aprire la stracla alla lirica moder-
ma perfettamente vivi nel travaglio intellettuale di Michelangelo; conten-
na come poesia dell'assenza c della separazione, dunque della solitudine,
gono malinconia e tragicità, intensità e passione, che si riversano in cilÌa
ma nel Cutl4oniere a prevalere Su tutto, ad armonizzare i conllitti, ò la paro-
la poetica, che 'dice' anche la solitudine, assectlnda la rnemoria, dà tlrdine
stilistica: suoni aspri c duri, metalore tradizitlnali della poesia d'amtlre
riprese con eccessiva veemenza, antitesi tesc fino al paladosst'l, simbolo-
e proporzione ai sentimenti.
gie 'Scure' (il tuoco, la notte, la morte). Per ntln parlare dei tropi da lui
Dal superirtre esercizio della parola nasce la dolce contenutezza delle
creati, che aprono veri abissi tra la cosa e l'immagine ("tular Ogn'ifa",
inimagini petrarcheschc, dall'esasperazione del conllitto con le cose e ctln
"piantare uomini"), o clel quaclro sintattictl, ben sintctizzato nella sua
la propria stessa coscienza viene rnvece il dinamismo lingnistico tli
abnorrnità cla queste parole àel Frietlrich: "È come se le parole si intral-
Michelangelo, che rappresenta 'in movillenttl' anche idee e situazioni,
ciasselo reciprocamente. Omissioni (ellissi), abbanclono ili una stfuttura
come klssero avvenimenti interiori. Per questo la sua poesia si pfesenta
già iniziata nel cttrso dclla liase (anacoluto), applicazitlne di una torma
così concettuale, poco pl'Opensa alla figurazione, alla tlistesa descrizione
verbale adatta ad un primo Soggetto anche pef un secondtl (zeugma), iper-
clel visibile (come i suoi afl'reschi della Sistina, chc accampantl gcsti, movi-
bato (per cui si alter¿r l'ttrdine normalc delle parolc nel discorso), eccessi-
menti, sguardi, e non paesaggi). I sttoi versi miglitlri stlno vefc c prtlprie
va estensione della lrase mcdiantc lunghc inserzioni, sptlstamento dellc
nreditazioni - sulla bellezz\ sull'anima, sulla sorte terrena e ulttatcrrena
parolc tunzionali nel posto sbagliato, doppio o non chiaro rilèr'imento dei
dell'uomo -, sì che la sua arte si tcnde sino al limite della parola-simbtllo,
pronomi relativi e degli avverbi di quantità".n In parte tali sregolatezze ptls-
clell'emblematicità. È una scúttura tormentata e personalissima, su ctti
inlluiscono l'ardore cladurezz¿del dramma interiorc non meno della 'fati-
sono esscre attribuite a limiti linguistici e ad incapacità letteraria
(Michelangelo non possiede un'adeguata cultura umanistica e nessun altro
ca' del mestiere di scrivere, per chi ptteta non si sentiva (è noto che le sue
canzoniere italiano clel Cincluecento è così scarso di rcminiscenze classi-
lettcre poftano SpeSSo accanto alla finla I'aggiunta "scultilLe"); e così il
che come il suo), tanto che ritornano anche nell'episttllario, ma la loro pre-
travaglio intellettuale prende vita dalle tensioni mistiche e religiose, da una
Senza è impressionante, 'regttlat.e ', si direbbc vtllontaria. Se poi si guarda
plotbncla insoddistazione di sé c del mondtl. Non bisogna dimenticare che
alle varianti, si puòr notare che non di rado le lielaborazioni manoscritte
Michelangelo sentì con particolare intensità il contrasto neoplatonictl tra 1o
delle liriche mostrano il passaggio da un periodo inizialmentc corfetto,
spirito e la materia, tra I'ansia di elevazione dell'anima e il carcerc dclla
normale, acl uno contofto, involttttl, feso Osctlfo. Il pOeta ha eliminattl
cafnc, del crtrpo, e che soprattutto puòl consiclerarsi figlio spirituale di
quanto per lui era "sovcrchio" nei primi abbt¡rz) (cioÒ la norrnalità della
Gerolamo Savonarola, quel "prolbta dei dispelati" che, pur legato al mon-
lingua corrente e insien'ic la niedietà di quella lctteraria), perseguendo una
do rinascimentale (dalla Fenara estense alla splendida Firenze del
litrma linguistica più concretata, ritorta sll se stessa, fortemcnle caratteriz-
Magnilìco), vide in esso un'ulteriore calls¿r cli crisi e di decadenza ntoralc,
zaLa dal timbro individuale. Le ctlrrczioni di Michelangclo, quindi, per-
predicando un rinnovamento radicale non pef via di cultura, ma in termini
di apocalissc. La poesia miohelangittlesca, come la ben più decisiva sua corfono la via opposta ¿l labot' lintrt.e di Pctrarca, che anche a distanza di
opera cli scultore e gli atheschi inarrivabili della Sistina, ne esce inesora- anni tornava sugli stessi versi per conseguire omogeneità di stile, medietà
bilmente improntata: quindi il petrarchismo vienc come negato nei suoi ter-
linguistica, armonia di voci.
I
111
110
conte Ugolino, e in Pr.u: xV, 10-12), piÌt volte aperl.atllcnte confessata, e il
A Michelangelo pfeme invece 1'espressit'rne: dar forrna vigorosa ai pen- (per i ritèrimenti
tribut¡ stilistico e sentimentale nei conlionti di Petrarca
sicri, lacendoli uscire dalla nebulosa dell'indistinto, anche a costtl di lotta-
ai testi citati, ma anche per la clittologia sinonimica linale: "mi lamento e
fc con la clifficoltà della cleazione poetica come Giacobbe con I'angelo del
piango"), ma soprattutto li imprirne col sigillo della propria tormentata per-
Signore. Ne sono prova non soltanto i sonetti c i madrigali, che costittti-
SOnalità, "Ardend6 all't'lntbfA" e "prostratg in terra" - Oltt'e Che, Va dettO, COn
sconola pitì parte delle Rim,e, ma anche la cinquantina di frammenti ritro-
esiti espressivi riistanti sia dall'uno che dall'altro modelltl.
vati su fogli volanti o in margine aschtzzi e disegni: sono testi abnormi
Michelangelo non ha curato la pubblicaz,iç¡ne'dei suoi frammenti, né
(quartine, appunti poetici, frammenti di sonetti, strof-e di diversa misura),
iJell'intero corpus tlelle rime, c forse la loro incompletezza è dovuta in pri-
non finiti, tipici di un "pt)eta in lÌlrmazit)ne", che pelt) non poSSOno essere
nro ltrogo a motivi contingenti , allr'abbç¡z,zare un testo Senza poi tinirlo, per
consiclerati incompleti. Hanno infatti una loro stl'uttura definita e un senso
mancanza ili stirnoli interiori o di costrizioni esteme, ma, conoscendo la sua
poetico contpiutt't, a malgraclo delf inadeguatez,za rispetto agli schemi stro-
attività tli scultore (i Prigioni, i volti del Gioruo e del Crepttsco,kt nelle tom-
tlci tradizionali.
be nrerlicee, la tarda Pietrì Rondanini, in cui 1'opera d'arte tfapassa in con-
Nc ripoltiamo Lln solo escmpio, il testo II secondtt I'cdizione curata ncl
Ièssione estatica, prossitna all'inhltme), è lecito stlpporfe che il "ntln fini-
1960 da Enzo Noè Girarcli: "sol io arclendo all'ombra mi rimango, /
to" risponrla a una sua precisa esigenza estetica, a una misura interiore che
quand'el sol cle' suo razzi el mondtt spoglia: i ogni allro per piacere, e io per
non si conlãceva alle norme e ai precetti dei generi lettelari e artistici. Come
doglia, / prostrato in terra, mi lamenttl e piaugtl". E una quaftina isolata,
nelle opere di scultura e negli atlreschi della Sistina (in particolare nel
risalente con tutta probabilità agli esordi poeticr di Michelangelo, verso il
Giudiz,io Jitm.le,ltrogo dello smarrimento disperato, Vera e propria "invoca-
1502-1503, lbrse un inizio di sonetto. Ma le caratteristiche del testo auto-
zionc davanti al <JaoS"), così anche nel campo dell'esplessione poetica
nomo ci sono tutte, innestate sull'antitesi lra la pace dell"'ombra" Sefale e
Michelangelo decideva della lìrnna non in base a leggi morfoklgiche codi-
il soft-erto "ardefe" del pfotagonista: mentre gli altri uomini si avviano al ficate, bensì al proprio ricco tormenttl di pensieú, al proprio impulso di
riposo nottulnO, il poeta rimane nell'tlscurità della notte a dolersi e piange-
"clcatore" che defbnla e disintegra la netta visione rinascimentale. Anche
re, "pl'Ostfato in terra". Il tliverstl destino che lo Separa dal resto dell'ttma-
in questo sta il lãscino, se pur non ia grander,za, del suo essere pocta.
nit¿ì, clichiat'ato in apettufa cii quartina ("Sol io") e ribadito con l'avversati-
va del terzo verstt ("e it)"), ci riporta a una delle ossessioni più caratteristi-
che <li Michelangelo: il senso dell'csclusione, la cliversità, l'inadegtatezza
Giovcutlti Dello Casr.r: "Poi ch,'og,ni esperta, ogtti speditct morto"
al vivere comune; c al contempo rinvia a luoghi letterari di prirnaria impor-
tanza nelle nostrc lettere: innanzitutto lL Conz.onier¿ di Petrarca (la sestina
Vittrtria Colonna e (in rnisura cefto più signilìcativa e drarnrnatica)
A qm.lmqtte crn,im.ole alberga in terra,,la canzone Ne la stagion, che 'l ciel
Michelangelo muovono dal niagistelo del Bembo verso esiti originali e del
rupitlo in.chi,n.a, momenti dei sonetti CLXIV e CCXVI), ma anche la notissi-
tntto eterodossi: si f iportano a stilerni e lnovenze petlarchesche per fotzar
rnã apertura dei secontlo canto dell'InfÞrno dantesco e, per suo tramite, i
li, cambiarli di segno, tenderli sino al limite di una nuova espressione, ma
vari passi 'Jell'En.eide in cui Virgilio descrive il calar della notte, con il son-
senza quella periz;a d'arte e quel paziente tirocinio letterario chc avrcbbc-
no profondo di tutti gli esseri viventi a contrasto con la turbata vigilia cli
ro consentito un'esplessione più equilibrata della loro inclttbbia vitalità
Enea: "NOX efat et terfas anirnalia fessa per omnis / alituum pecudumque
umana e spirituale. I limiti di elaborazione letteralia li tengono imimedia-
genus sopor altus habebat: / cum pater in ripa gelidique sub aetheris axe /
bilmcnte al di qua della grande poesia (in special modo la Colonna, pove-
Aeneas. . " (canto Yrrr, 2(¡-29; si vedano anohe llr, I41 e lx, 224-225) .
ra di lãntasia creativa e dai modi cspressivi più convenzionali), che, lÌa i
.
Nella quartina, Michelangelo situa i suoi versi tra I'alÏinità ctln Dantc
("Sol i6" riprencle "e io sttl uno" di Inf.lrl,3, allorquando' mentre "lo gitlr-
lirici clel Cinquecento, ò raggiunta - sia puf a tratti - dal solo Giovanni
Della Casa, lirtunato autttre del Galateo (1"'aureo libretto" delle "grazio-
n0 Se n'andava, e I'aefe bruno / toglieva li animai che sontl in teffa / da le
se maniere"), oltre che di Rime peLrarchesche. Della Casa è I'unico a man-
f atiche 1oro", il poeta si prepara "a Sostenef la gucrra / sì tlel cammino e sì
tenefe Strettamente unite motivazione artistica e sostanza d'ispirazione,
de la pietate"; inrtltt€ sono dautesche anche le rime: "rimangt)"-"piângo" in
co\tt-¡ la.bor litn.ae e sensibilità poetica, perché per lui, come e più ancora che
Inf. vltt,32-34, "spoglia"-"doglia" in Inf. xxxIII, 61-63, nell'episodio del
712
per il Bembo, lo stile ò innanzitutto un alto ideale di vita e di cultura: quin-
l' vi accenti delle Ritne in vita di Modonna Luura alla triste armonia, flebile
113
di 'imitare Petrarca' non è soltanto un'operazione linguistico-letteraria, tna e quasi desolata, della seconda parte del Ccutzoniere. E gliè quindi ben con-
vuol dire in prirno luogo perseguire la conquista, per mez,zo di una forma sapevole che quella nota e risÍ'etta tematica deve essere innalzata per forza
contemperata ed armoniclsa, di una situazione sentimentale di sereno e pro- di stile, per abilità di composiz,ione e di ledistribuzione dei motivi d'oligi-
porzionato equilibrio. Siamo così al centro dei valori e degli ideali ilel ne nelle nuove eleganze, seconckl quel procedimento eminentemente 'let-
Rinascimento, che per i petrarchisti potevano trovare espressione soltanto terario' per cui più dei motivi o della loro natura e provenienz^contàla loro
attraverso situazioni spirituali (la vicenda d'amt)re, nutrita di sospiri, di armoniosa disposizione lungo i velsi (Seroni ha parlato al riguardo di "reto-
errore e di rnalinconie, che la spazio a un progressivo riavvicinamenttr rica neo-ciceroniana", consistente nel restaurale più che rinnovare, o,
penitente a Dio) e atteggiamenti stilistici (il culto della forma, lil sttenua meglio, nell'innestarc e nel variare il moderno sull'anticct, in conlbrmità
costante rielaborazione linguistica e lettelalia) alTini a quelli rinvenuti nei con le indicazioni dcllo stesso Cicerone: "Ego autem et me saepe nova vide-
Rerum. vulgaritun.fiagrnen.tu.ll rischio era quello di farsi irnitatori non tan- ri dicere intellego, cum pervetera dicam sed inaudita plerisque").8
to di Petrarca, bensì della sua elocttzione, riducendo la sua lingua d'antore Per compiere davvero una tale operazione era perr) necessario possede-
pura e 'assoluta' a un comune linguaggio di società, a una misura di ele- le una salda cultura classica, oltre che conoscere i versi in volgare di
gante conversazione mondana, colne ltt pel la gran parte dei rimatori del Peú'arca -e lu peftanto clecisiva la solida educazione umanistica del Della
tempo. Quella cinquecentesca, infatti, ai vari livelli di elaborazione stili- Casa, condotta prima a Bologna e a Fircnze, poi nello Studio di Padova e
stica, si presenta come lirica volta alla lecitazione, piùr che alla lettura, in infine a Roma, dove il brillante letterato abbracciò la carriera ecclesiastica
quanto in prirno luogo prova di eloquenza e di ors dicendi (ne tanno testo sotto la protezione dei Farnese (il principio cli un'esistenza bilanciata sulla
la ricerca di ampie sonorità, il gioco sapiente dei contrasti e delle coni- collrpresenza dihonotzs e di cut'tn.in,a lo accomuna alle più note persona-
spondenze, la solennità d'eloquio). lità letterarie del Cinquecento, l'arnico Bembo in testa, oltre che al
Della Casa non la eccezione, con una minuziosa selezione di toni e per- Petrarca). Della Casa studiìt con rigorc e competenza i suoi auctores, gre-
sino di sottili distinzioni loniche chc si innestano rctoricamentc sul niodel- ci e latini; tra i primi tradusse Tucidide (alcune Oruz.ion.i e Lo peste di
lo petlarchcsco, per slla natura così parco di segni cl'intetpunzione. Ma la Aten.e) e Platone (il Menesseno) e postillò la Poeticr¿ di Aristcttele, mentre
sua alta elaborazione stilistica, I'rutto di una salda cultura lctteraria e di un con la lingua e gli scrittori dell'antica Roma conservr) un lungo l-econdo
tìne gusto personale, gli pcrmette poi di non ridume I'eleganza a pulo ver- Iapporto, nutrito di venerazione e di comnosso intelesse: coltlpose nu[ìe-
balismo musicale e la parola recitante a vacua declaniazione; e al tempo rosi carmi latini c orazioni in stilc ciceroniano e su Cicerone esempk) per-
stesso interviene colne col'retlivo verstt cvcntuali compiacimenti psicologi- sino il suo Epistolr.l'io (seguendo i suggerinienti del Petrarca, che nelle
ci ed esistenziali nell'interpretazione della vicencla d'amore petrarchesca. Familicu'es aveva individuato nel prosatore di Alpino il lÌrndatore di quel
Certamente, anche il suo canzonierc si articola in modtl da suggerire un'esi- llLlovo genere letterario), ma soprattutto lxrono vaste e rilevanti le sue lbn-
genzà di "diario d'amore?' (con una prima parte 'madrigalesca' e dolce e ti poetiche latine: in prirno luogo Virgilio e Orazio, i poeti più citati dallo
una seconda segnata dalla gravi¡as a livello stilistico e dall'alta rneditazio- stcsso Petrarca (del primo lo interessava ll po.th.os malinconico che perua-
ne sulla vanità dei beni teneni), ma dai suoi versi si evince chiaramente chc de il nrondo delle Bucoliche, abllmente messo a reagire con la netta e pura
tutto questo è dovnto, che è conscguente alla scelta del gcnere lirico, per- geogralìa petrarchesca, del secondo I'elegante m,edietas stilistica e, coltìc
ché nel Cinquecento cor-nporre poesia amorosa equivaleva a seguire un opere, prinia Ie Satire e le E¡tisnle che non la gravità e la perl'ezione clas-
genere letterario e non un'esperienza personale. Della Casa sa che dopo sica delle Odi, aLtive seurniai in un mornento piùr tardo, a conlÌonto con i
I'alto esempio di Petrarca la lirica non poteva essere concepita che ctlmc "sonetti della maturità"), ma anche Catullo (talune rapide e graziose simi-
poesia d'amr)re, 'sentimentale', c{)n tutte le conseguenze di algomenti e di litudini, come quella del "purpuLet) fiole" nel sonetto XXX, Le ch.iom.e
tono poetioo che questo compot'tava: da un lato la lipctizione dei mtlmenti d'or), Ovidio (tradizionale riserva di spunti mitologici, purchó avvaklrati
privilcgiati dell'escmplare vicenda petrarchesca (il "giovenilc erri)re", il da riprese petrarchcsche) e gli elegiaci, specialmente Tibullo, il più arcadi-
pentimento e la preghiera a Dio), dall'altro il mantcnimento di una rafÏna- co del gruppo,la cui lacile ekrquenza poté essere scambiata da molti rima-
ta elaborazione di stile, pur all'interno di un sottile slittamento dai più lie- tori del Cinquecento per elegante e dolce sensibilità.
Å
115
l14
Fu qucsto fetrotefl'a classictl ¿r contbrire a Della Casa quell'ampiez,za e canzoniere di Della Casa, in special modo nelle plove pitì elaborate e
maestàrd'esprcssione che ltl contracldistingue dal l'acile petrarchcggiare di sapienti (si vedano almeno i sonetti VIII e LIV, indirizza|i Al.la. gelosirL e Al
sonno, e le liriche dell'età matura, percorse dalla solitudine e dal disingan-
troppi suoi contemporanei e ad 'cclucarlo' al culto della palola e dell'artno-
¡ia proloncla, che non appafe a una lettura superticiale: un classicistno che no, ma sempfe attentamente vigilate nelle scelte espressive), e viene espo-
è mociello rli gusto e di iclealità, fondato sulla venerazione della.belIezza, sto con chiarczza ad apertula di volume nel sonettt'l Poi ch'ogtti espertct,
su urÌ superiore equilibrio cli ltxme, sll un attento senso della misura uei ogrti spedita m,otl.o. È c¡uesta una poesia coscientemente proemiale - coûie
comportamcnti cli vita e nella cornptlsizione lettefaria. Proplitl di qui, in la prima lirica nelle Rim.e deI Bembo, cli Gaspara Stampa, di Vittoria
combinazione con il preminente modello petrarchesco, prende avvio la Colonna e di tanti altri petrarchisti cincluecenteschi -, collrposta come rie-
scommessa stilistica dellacasiana, dentro e oltre il bembismo. Per lui, inlãt- laborazione di un precedente sonetto, Deh uvess'io così ,spedito stile, pctt
ti, come già del resto anche per Petrarca (precursore, Se non prirno degli ripucliato dall'autore. Le puntuali c ripetute sorniglianze fra i due testi non
umanisti), lo stile non deriva dall'imitazione di un modelltl esclttsivo, nó lasciano dubbio sulla derivazione I'uno clall'altro: in Poi ch'ogni esperta
tantomeno clalle direttc espcrienze di vita, bensì puòl essefe paragonato al ricorrono rime (la serie "stile"-"gentile"-"Lu-nile", rintracciabile anche nel
lavoro clelle api che volano di fiore in fiore, traeniltlne il polline per lirnc Ca.nzpniere di Petrarca: nci sunetti LxxvtII, CLXXXIV e CCXLVI e nella
rniele c cela: "Nec huius stilum aut illius, sed ttnum nostrlun conl'latum ex conclusiva canzonc AIIa Vergine), aggettivi ("spedita", "prontn", "genti-
pluribus", aveva scritttt Petrarca nelle Funtilirt.res (t, 7) a clelinearc il piùr 1e") ed interi sintagmi ("i1mio dir tardo umile", "angel novo del ciel") prc-
prolìcuo pfocesso cf imitazione; e avcva aggiunto che non bisogna leggere senti nel giovanile Deh o.ves,ç'¡lo, col quale viene condiviso anche il proce-
irna volta sola, nta molte ("nec Sentel, secl milies"), c ni)n limitarsi a legge- dimento d'avvio delle qualtine; e quindi le variazioni introdotte possono
re, ma ripensare a ciìt che si è letto e lasciare che si depositi nella memo- dirci molto sui motivi della 'riscrittura' clella lilica e della sua disposizio-
ria, tanto cla rillorire in noi come nuovo virgulto, Senza più che ne siamtl nc itt limitte al canzonierc.
consapevoli. La novità più evidente tra i due componimenti consiste nel passaggio da
Nel prendere le distanze dal culto csclusivo che i pctrarchisti orttliio.ssi Lln sonetto d'occasione, indirir,zato a un'amica che ha agito per conto del
riscrvavano allc "rime SpatSe" clel Petrarca, quindi, Della Casa si rivela poeta sull'animo della donna amata, a uno memore del petrarchesco Voi
miglior 'cliscepolo' di loro, perchó coglie non soltanto gli exernpl¿¿ concltt- ch'ascoltate, primo delle "rime sp¿rfse", col quale Poi ch'og,rti csperrn con-
si clel Canz.on,iere, le suc lormule definitivc e tlrmai depttrate di passione, divide la lcvigata trasparcnza del dettato (tiutto pure delle più intime e sor
ma segue il loro colto e cotrulrosso sorgcre e prender forma, a contatto con tili vibrazioni dell'animo) e i modi dell'elaborazione formale, tesa a
il lèrvore mistcrioso clella lettula che si la crcazione ("nescio quid occul- un'espressione limpida, elegiaca e pur nobilmente modulata, armonios¿r.
tunl", aveva notato al riguardo Petlarca nellc Fatn.iliares).In più, dal pro- Anchc in Poi clt'ogtti esperto' inoltre, assistiamo a una dicotomia irrisolta
cedere lctterario petfafchesco Della Casa deriva I'esigcnza di rivedere c tra l'¿rmore c il suo superan-ìento, con la pleliminare dichialazione della
ripulirc costantemente le proprie lilichc, ritornando su di esse più e più vol- propria inadeguatezz.a sia a cantare la "loda" dell'amata, sia a clistogliele
ta, p"t riordinarle e valiarle con amorosa Cufa. È un costante e ralÏnato da lei (appellata "angel novo clel ciel", c{)n evidente contaminazione stil-
lavor¡ di corrczione, che nasce innanzitntto dalla ricerca delia purezza sti- novista) Io "stile" della poesia. A contit)nto con Voi ch'ctscol.tate, manca
listica c clella lorma più aclatta, nella scelta di un tono di atrrea ntediocrittts peròr in Della Casa il motivo del pentiniento ("sovente / di me medesmo
assolutamentc controllato a livello verbale e sintattico, nta che non nascoll- nreco mi vergogno; // e del mio vancggiar vergogna è 'l fiutto / e '1 pen-
cle, ci pare, una sia pur tacita consapcvoler,'tn della loro esemplarità. Ecco tersi", aveva scritto Petrarca), che purc occuperà un'intera sezione delle
qtrindi la vera imitazione di Petralca: ispirazionc letteraria e lahor linut.e, sue Ritne, e compare invece una strllttula tematica tipica dei proemi poe-
incursione tra le bellezz,c dei classici (i modclli antichi cl'a.ttctor mtlder- miali, con i momenti canonici clella dedica (all"'alma gentilc" di Camilla
no, già elevatosi per forza di stile al ratlgcr tli "autorità") per trafne il pro- Gonzaga, bembianamente appellata "pregio del mondo c mio solnltlo e
prio miele, OVVefO un"'Aspfa diSciplina" ritmica e lonic¿i c 1"'esercizio" sovrano"), della giustilicazione clei propri versi e dell'invocazione alle
cliut"trrno clcl la pocsia. Muse - che dunque è motivo riconente tra i limatori petrarchisti, avendo-
L intendirncnto "classict't" tl'ova ripetuta esplicazione lungo i versi del lo trovato tn Piutsi e can.toi del Bernbo ("Dive, per cui s'apre Elicona e ser-
11ó tn
illustri inganni, I daLe a lo stil, che nacque de' miei
ra, / use f-ar a la morte per un lessico latineggiante e ripetuti stilemi di derivazione classica). Croce
danni, / viver") e, sia pur per essere negato in quanto tale, nel sonetto ha proposto per Della Casa la deünizione di "travagliato 'stilistâ"',rtt o
d'apertura delle Rirne sptrinml.i di Vittoria Colonna ("Chiamar qui non con- intendere la sua laboriosità, il suo impegno 'drammatico' nei confronti del-
vien Pamaso o Delo").0 la pagina bianca; Seroni ha voluto sostituirc "travagliato" con "organizza-
A livello espressivo, le voci. si presentano pitì rilevate che nel to stilista", privilegiando la sua attività di arguto distributore degli elementi
Cottzoniere petrarchesco, nette, letteradamente nobilitatc, e si assiste al tra- verbali, "teso alla ricerca di una icleale forma esteriore che sistemasse i rit-
valicamento dell'unità metrica del verso anche da quartina aterzina ("trop- nii in fìgure di suono e in architettule gratìche".'r
po ampio spazio il rnio dir tardo umile / dietro al vostro valor verrà lonta- Non è poi così importante stabilire chi tra i due illustri critici avesse più
nçt: /l e più mi fôra onor volgerlo altrove"), secondo quel modulo di canto discernimento nella scelta dell'aggettivo, in quanto 1o stile di Della Casa
prolungato che è alla base della nuova unità ritmica dellacasiana. La pre- put) essere insieme "travagliato" (esptessione delle risonanze intcriori, del-
minenza è quindi data alla poesia, che nasce a partire da altra poesia, in le proprie verità umane e letterarie) e "organizzato" (disposizione cquili-
conlormità con le poetiche classicistiche: al punto da concentrare tutta brata delle voci e dei sentimenti, per via di una raffinata rillessione sul fare
I'attenzione sul fare poetico, nella duplice direzione della conlbssione del- poesia). Più rilevante semmai è ribadire il sostantivo "stilista" - che non
la propria insullìcienza di tionte allabcllezza e alle viltrì della donna ama- ec¡uivale a letore o a puro dicitore -, pcrché nei versi di Della Casa elabo-
ta ("troppo ampio spazio il mio dir tardo umile / dietro al vostro valor vcrr¿ì razione lbrmale e rillessione linguistica mantengono il primo piano, anzi
lontano") e della sottolineatura dell'assiduo esercizio letlerario praticato I'unico, della scena poetica. Probabilniente solo in quella direzione era pos-
lìn dalle ore della notte ("O se cura di voi, l1glie di Giovc, / pur suol destar- sibile acoostarsi davvero all'alto magistelo di Petrarca (per via mediata,
mi al primo suon di squilla"). E si noti che le parole in rima del sonctto ril-lessa, appunto 'letteraria': unendo la lezione pettarchesca con una salda
richiamant) apertamente le rime petrarchesche ("stilc" ricorre 21 volte nei educazione classica), sia pur con la consapevolezza del proprio "dir tardo
RVF, "gentile" lJ volte, "nlan()" 11, "umant)" 10, "tu-nilc" 9, "altfove" [ì umile" rispetto alle alte prove di stile e al mondo icasticamente clelineato
volte), mcntrc gli elementi essenziali dello "scriver vcrsi" - dell'attività del del Conz.on.iere.
poeta che in quanto nrti.fÞx con paziente lavoro cli "lima" dà forma all'inlitr-
me - crano già presenti nel sonetto XX di Petralca, Vergog,nando tulor
ch'ot't.cor,çi îacciu: k) "stile", "ogni speclita mano" e l"'intelletto umano" Note
di Poi clt'ogrti espertu riprendono inlatti I'ultirna lerzina del sonetto pctlar-
tCiti¿nxr dalla preziosa edizione curata da Malio Malti (P. Bembo, Opcre in volsarc,
chesccr citato, insieme con la dichiarazione d'impotenz'ù'à lodare adegr,ra-
tamente la clonna amata ("Pitì volte incominciai di scriver versi, / ma la Filenzc, Sansoni, l9rj0), ¿ cui si fa lilèr'imento anchc pcl i versi bembiani.
Per c¡uanto corìcel'ne gli altli poeti del Cinclueccnto, le citazioni st'rno ct¡ndrttte sulle segueu-
penna e la mano e I'intclletto / dm¿iser vinti nel primier assalto").
ti edizioni critiche: G. Stanipa, V. Franco, Rintc, a cura di A. Salz.a, Bali, Laterza, 1913; V.
Della Casa riüuta coll1c Petrarca il verso lacile, lluente, non attenta- Cokrnna, Rintc, tt cur¿ di A. Bullock, Bari, Laterza, l9iì2; M. Buonanoti, Riute,'¿ cura tli E.N.
mente tornito, ma per lui I'impegno stilistico non vuol dire riduzione dei Gir'¿rdi, Bali, Laterza, 1960; G. Della Casa, La rintt:, ¿ cura di lì. Fedi, 2 vol., lloma, Salerno,
suoni e dclle imrnagini a una misura pura e unilorme, in cui il litmo plc- 1978. Il testo clel Ccutz.oniere di Petrarca è qucllo st¿bilito da Giar.rlì'anco Coutiui, anunoder-
vale sulla semanticità (corne avviene, a ben considerare, nel Cunz.on.iere), n¿rto nella gralica sectudo I'edizir¡ne a cur¿i r1i Car'lo Muscetta e l)aniele Ponchiloli,
Canz.oniere, TriottJ'i, Rinu varie e unu scelta di versi lalini, Tc¡titto, Einaudi, 19-58.
bensì piuttosto attiene all'arnpiezza e maestosità dcll'espressione e non I Scl'ive ¿ncol'¿r il Bembo nelle P¡zs¿: "Più grave suono tendono le rimc più lontane; per
esclude la 'sperimentazione' di nuove tecniche di versillcar,ione. pitì arcli-
che glavissimo suorìo da cluesta palte è ciucllo delle sestiue, iu quauto rnat'avigliosa gravità
tc: un ritrno più incisivo e spezzato di quello petrarchesco, sonorità libere porge il dinrtrlare ¿r sentilsi chc alle l'irnc si risponda plimielamentc per li sci versi plinricri"
e talora quasi asprc (in specie negli ultimi sonetti, che recitano Ia disillu- þ. 326). Si putì intenclelc chc 1¿r scelta pronúnente di ur.r Petlarca 'niath'igalista' e non 'gtave'
sione e I'àmarezza degli inganni tcrreni), lrequenza e ricchezza degli abbia corrtlibuito ¿rlla sc¿u'sa Lict'lrcuz-¿i dclla scstina, lirrnia poetica particolalmeute dilTicile e
en jrunbern.enl"r' (con casi-limite quale il notissimr) sonetto Al. sotuto, in cui di origine plovenzale (Bembo ne indiviclua i1 "r'itrovatolc" in Aln¿ut Daniel, ¿rutorc tladizio-
rralmente 'dantesco', comc testirnonia il c¿ruto XXVI del PurgcLtorio).
ben 9 dei 14 cndccasillabi poggiano per I'inarcatura sul verso sncccssivtl, 3
A. Asol Rosa, .S/¿rrln delh l,ettarattu'a. italiana., Firenze, La Nuov¿r ltalia, 19tl-5, p. 1-50.
delineando un vcrseggiare rottt'r, irregolare, altcrnativo a PetraLca, anche aE. Garin, La cultLta delRinascimento,Baú, L¿itelza, 1973,p. 182.
118
5
La lunga e intricata vicenda editorÌale delle Rinte di Michelangelo, a partire dalla lacu- FULVIO PEVERE
nosissima edizione del L623 ad opera del pronipoté Michelangelo il Giovine, è ricostruita da
Enzo Noè GirardtnellaNotafi.lologicadiesplicazione alla sua edizione critica (citata nella nota
La macchina delle parole.
l), alle pagine 501-529.
Si rimanda anche alla più. recente edizione delle opere letterarie del Buonanoti: Strumenti scientifici e tecnologici nella poesia del Seicento
Michelangelo, Rime e Lettere, a cura di P. Mastrocola, Toriiro, UTET, 1992.
6
H. Friedrich, Epoche della lirica italiana. Il Cùtquecento, Milano, Mursia, L964, p. 62.
?
Quando scrisse le sue rime, Michelangelo non mirava alla gloria poetica, eppul'e attese
per quarant'anni alla loro composizione g al lavoro di perfezionamento su di esse (con meto-
do e inteudimenti molto diversi dalla tradizione petrarchesca, come abbiamo visto). Talora,
spinto da amici, pensò anche di pubblicarle, almeno in parte, ma rirunciò sempre al progetto,
non lasciando neppure tracce sicure di cernita e di ordinamento per una loro eventuale futura
edizione.
E
La citazione ciceroniana (tratta dall' Orutar ad M. Brutunt) e il giudizio di Adriano Seroni
si leggono nell'introduzione a Le rime dí Giovanni Della Casa, edizione curata nel 1944 dallo Sullo scorcio del XVI secolo Bernardino Baldi, nella premessa al suo
stesso Seroni per i tipi della Le Monnier di Firenze, rispettivamente alle pagine 16 e 10.
e
volganzzamento del trattato sugli automi di Erone Alessandrino, individua
Ricordiamo che anche la raccolta dei Rerunt vulgariunt fragmenta tisalente al 1342 ettt
aperta da un sonetto di invocazione (non alle Muse, ma direttamente ad Apollo, dio della poe-
la funzione primaria della macchina (e, nel caso specifico, di quella mac-
sia), che troviamo nella redazione definitiva al numero XXXN, come quarto e ultimo testo di china "ludica" per eccelleîza che, nella sua mancaflza di utilità pratica è,
una corona dedicata a Laura ammalata. Con esso, Petrarca poneva le sue "rime" sotto il segno appunto, 1'automa) nella meraviglia suscitilta"dalveder alcuno effetto non
dellabellezza e della lettcratura, richiamando il trionfo della primavera sulla stagione inver- solito, e giudicato impossibile, e del quale non si sappia la cagione",
nale (il "pigro gielo" e il "tempo aspro e rio") e dell"'onerata e sacra fronde" (Laura-Dafne, la nell"'onesto e virtuoso piacere" che essa può destare in noi quando non sia
donna amata e I'alloro) sull"bblio" degli anni.
opera di artefici "plebei" e "d'animo abietto", attenti uniÇamente alla "sol'
10
B. Croce, La lirica cinquecentesca, in Poesia popolare è poesia d'arte, Bad¡ Laterza,
1933,p.375. didezza del guadagno".r Tale concezione della macchina come risultato di
It A. Seroni, op. cit., p.21. un puro e giatuito esercizio d'ingegno, retaggio di una tradizione cultura-
le che per lunghi secoli aveva visto con estremo sospetto, quando non con
disprezzo, ogni applicazione concreta delle conoscenze tecnologiche, con-
cezioîe che prescinde totalmente da ogni consideruzíone sulle effettive
possibilità di impiego della macchina stessa e sui vantaggi pratici che il suo
uso poteva pfodurre (tanto che il Baldi ci riferjsce ancofa di uno straordi-
nario meccanismo, ideato da "Bartolomeo Campi da Pesalo, uomo di gran-
de ingegno", in grado di sollevare una nave affondata dalle profondità
maline, che, se pure non riuscì allo scopo per cui era stato progettato, tut-
tavia mostrò ugualmente come il suo artefice fosse "giudizioso invento-
1e"2), non cessa di infolmare di sé la cultura del secolo che nasce sotto il
segno della rivoluzione scientifica e metodologica di Galileo, mostrandosi
particolarmente radicata nell' immaginario degli scrittoti.
I1 fascino esercitato dai continui progressi della tecnica, che si tladuco-
no nella costruzione di strumenti e meccanismi sempre più complessi e pier-
fezionati, fa sì, infatti, che il linguaggio della letteratura, e in particolare
quello della poesia, nel momento in cui si apre al reale nella'sua totalità,
nell'ambizione di organizzare e ordinare una sorta di esaustivo catalogo
dell'esistente, si impossessi di tali strumenti, ad esso tradizionalmente