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Escatologia N.T

L'escatologia del Nuovo Testamento è centrata su Cristo e sul Regno di Dio, che si realizza attraverso la sua persona e la comunità dei credenti. I Vangeli presentano una visione dinamica del Regno, già presente ma non ancora compiuto, e l'escatologia giovannea enfatizza la vita eterna e il giudizio. L'Apocalisse utilizza il genere apocalittico per confortare i fedeli, promettendo una nuova condizione escatologica nella Gerusalemme celeste, dove i credenti vivranno in comunione con Dio.

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Escatologia N.T

L'escatologia del Nuovo Testamento è centrata su Cristo e sul Regno di Dio, che si realizza attraverso la sua persona e la comunità dei credenti. I Vangeli presentano una visione dinamica del Regno, già presente ma non ancora compiuto, e l'escatologia giovannea enfatizza la vita eterna e il giudizio. L'Apocalisse utilizza il genere apocalittico per confortare i fedeli, promettendo una nuova condizione escatologica nella Gerusalemme celeste, dove i credenti vivranno in comunione con Dio.

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ESCATOLOGIA NEL N.T.

Escatologia neotestamentaria
Tutta l'escatologia del Nuovo Testamento è cristologicamente orientata: non può esistere
escatologia senza Cristo. L'evento di Gesù Cristo è il culmine di tutta la Rivelazione
neotestamentaria e il centro dell'attesa escatologica. A differenza del "Giorno di Jahwè"
indefinito del profetismo, nel Nuovo Testamento l'attesa si compie in Cristo.
La categoria che risalta nel NT è quella di Regno di Dio. Questa è una formula centrale nella
predicazione di Gesù, con un profondo significato cristologico ed escatologico.
Per comprendere il Regno di Dio nei Vangeli, è fondamentale Mc 1,15: "Il tempo è compiuto e il
Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo". Questo avvicinamento del regno di dio
proclamato da Gesù indica l’irrompere della sovranità di dio nella storia degli uomini, perché
non c’è più distanza tra storia di dio e storia degli uomini.
Per Giovanni, il Regno di Dio si realizza accogliendo Gesù come Figlio di Dio e inviato del
Padre; il peccato contro lo Spirito consiste proprio nel non riconoscere il Messia. Con la
categoria regno di dio invece si sta dicendo una realtà incipiente dinamica nuova, di una
creazione destinata al compimento che trova in cristo il suo punto massimo di espressione perché
cristo rivelando l’uomo all’uomo ed essendo il culmine della creazione è la pienezza della stessa
creazione.
A differenza delle attese veterotestamentarie di un clamoroso "giorno del Signore", il Regno di
Dio si manifesta senza clamori, come dice Lc 17-21.
Il regno di dio dunque è una realtà dinamica, esprime la salvezza escatologica strettamente
connessa alla persona di Gesù, tra il già e il non ancora. Questo dinamismo lo viviamo ogni
giorno nella liturgia, stiamo nel già e non ancora, in questo tempo sospeso nell’attesa che si
compia la beata speranza e venga il nostro salvatore gesù cristo, ma stiamo celebrando già la
presenza reale di cristo.
Il regno di dio non è qualcosa di esterno a noi ma è interno, per i vangeli sinottici è una realtà
che si compie in chi accoglie il vangelo di cristo quindi chi accoglie il vangelo e vive come
comunità di credenti sta già realizzando il regno di dio.

Il destino della storia per i vangeli sinottici lo troviamo nei famosi discorsi escatologici Mc 13,
Mt 24-25, Lc 21. Letterariamente si ispirano al genere delle apocalissi ma a livello di contenuto
sono caratterizzati dal messaggio teologico del NT, il centro del discorso è costituito da un
evento che giustifica la speranza dei discepoli.
Ci sono elementi apocalittici, in Mc 13-24,27 l’autore Mc riprende l’apocalittica per dire che il
giudizio riguarda tutto il mondo, è un evento cosmico. Però a differenza dell’apocalittica dell'AT
qui abbiamo un messaggio di consolazione, il Figlio dell’uomo infatti raduna gli eletti e
garantisce loro la salvezza.
Anche in Matteo il destino finale della storia, l'inizio del mondo futuro, coincide con l'avvento
del Figlio dell'uomo. Un avvento glorioso, escatologico, detto dall'evangelista con il termine
parusia, cioè venuta di Cristo nella gloria. Con il giudizio si determina l'esito finale, la
separazione escatologica di vicinanza o lontananza.
Luca invece mostra un interesse specifico per la sorte personale del singolo dopo la morte, a
differenza degli altri evangelisti che sembrano concentrarsi maggiormente sul giudizio
comunitario. Tuttavia, Luca non affronta questo tema in modo isolato, ma si inserisce in una
tradizione precedente, quella dei Vangeli di Marco e Matteo. Il brano più significativo a tal
proposito è Lc 23,39-43: il dialogo tra Gesù in croce e i due ladroni crocifissi con lui. La
promessa di Gesù al ladrone, "Oggi sarai con me in paradiso", rivela che il paradiso consiste in
una relazione intima con Gesù. È la sua vicinanza e la sua condivisione delle sofferenze del
ladrone a rendere l' "oggi" un momento definitivo: l'oggi è la relazione e l'affidamento a Gesù.
Gesù corregge l'aspettativa del malfattore, che chiedeva di essere ricordato "quando entrerai nel
tuo regno" (un tempo indefinito). Gesù gli promette invece una salvezza che si realizzerà
nell'oggi.
Luca afferma che la realtà messianica e redentrice di Gesù non è solo per gli ultimi tempi, ma
è già operante nel momento in cui Egli è crocifisso. L'uomo può beneficiarne scegliendo di
essere in comunione con Lui.
L’escatologia in Giovanni
Giovanni collega strettamente cristologia ed escatologia, basando il suo messaggio su vita
eterna, giudizio e resurrezione. In Giovanni 3,16-18 si afferma che Dio ha dato il Figlio
unigenito non per giudicare il mondo, ma perché chiunque creda in lui abbia la vita eterna e sia
salvato. Chi crede non è condannato, mentre chi non crede è già condannato.
I doni escatologici sono già una realtà viva nell'esperienza dei credenti, ma devono ancora
realizzarsi pienamente nel futuro, oltre la morte. Per Giovanni, queste due dimensioni
dell'escatologia, presente e futura, non si contraddicono, ma si completano. Come si legge in Gv
12,48, la Parola di Gesù condanna chi la rifiuta nell'ultimo giorno. Questo significa che
l'escatologia iniziale (il compimento in Cristo qui e ora) e l'escatologia finale (il giudizio
futuro) si compenetrano. La Parola di Gesù, essendo Parola incarnata e divina, possiede una
potenza autonoma: non si impone con la forza a chi la rifiuta, ma ha comunque il potere di
giudicarlo. Il compimento si realizza in Cristo per tutti, anche per coloro che non lo accolgono.
La pienezza della vita futura non è legata solo all'ascolto della Parola di Gesù, ma anche ai
sacramenti, in particolare il mangiare il suo corpo e il suo sangue (Gv 6,48ss). Nutrendosi del
cibo eucaristico, il credente si immerge in un processo vitale, realizzando il "già"
dell'accoglienza di Cristo nel "non ancora" del completamento.
Questa è la sinassi eucaristica: non solo la messa, ma le comunità di credenti che si riunivano
per ricordare, leggere il Vangelo, condividere i beni e celebrare l'Eucaristia. Questa pratica
diventa un anticipo del Regno. Anche in Paolo troviamo questa escatologia: per lui, il corpo di
Cristo è la comunità dei credenti che si riunisce in nome del Messia e celebra l'Eucaristia.
Quindi per quanto riguarda l'escatologia giovannea, il fulcro è la rivelazione di Cristo e, in
particolare, l'ora di Cristo, che si manifesta nella sua passione, morte e risurrezione. Per
Giovanni, l'ora simboleggia l'esaltazione di Gesù nella gloria, e l'intero Vangelo è orientato a
questa manifestazione. Il nucleo centrale è l'ora, il mistero della morte e risurrezione, e la gloria
di Cristo nella risurrezione finale, intesa come compimento della vita.
L'escatologia dell'Apocalisse è un capitolo complesso nel Nuovo Testamento perché riprende il
genere letterario apocalittico. L'autore ha scelto questo genere letterario perché era uno
strumento noto e diffuso all'epoca, spesso usato per consolare i fedeli nei momenti di prova.
Quindi, il genere apocalittico ha una finalità pedagogica, non mira a spaventare, ma a confortare.
Il suo scopo è unire tempo futuro e tempo presente, comunicandolo con un linguaggio
comprensibile ai lettori in un periodo di guerre e persecuzioni. Il genere apocalittico nasce in un
tempo di guerre. L'Apocalisse esprime il dinamico rapporto tra presente e futuro principalmente
attraverso il tema della venuta di Cristo, centrale in tutto il libro. Questa venuta non è solo un
evento futuro, ma una dialettica che contrappone un tempo presente provvisorio a un tempo
futuro ultimo e definitivo.
Apocalisse 5 9 10 è un inno che dice “tu sei degno di prendere il libro e si aprirne i sigilli
perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua
popoli e nazioni e li hai costituiti per il nostro dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la
terra”.
Apocalisse 5,9-10 presenta un inno che esalta l'Agnello immolato. Questo Agnello, che è in
piedi ma appare sgozzato (simbolo di Cristo risorto dalla crocifissione), è degno di prendere il
libro e aprirne i sigilli. Si tratta del libro della vita e della storia, e solo l'Agnello ha il potere di
svelare il mistero dell'uomo e di Dio.
Egli possiede questo potere perché è stato immolato e ha riscattato (termine che include
giustificazione, redenzione e salvezza) con il suo sangue uomini da ogni tribù, lingua, popolo e
nazione. Li ha costituiti in un regno di sacerdoti per il nostro Dio, e il loro destino è regnare
sulla terra per sempre, nell'eternità stessa di Dio che si sta realizzando.
Nel frattempo, i fedeli e, in particolare, i martiri, vivono la loro dignità regale, qualificando Dio
come il "Dio dei viventi". Apocalisse 20,6 dichiara: "Beati e santi coloro che prendono parte alla
mia resurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del
Cristo e regneranno con lui per mille anni".
I "mille anni" indicano un tempo illimitato, sottolineando il linguaggio simbolico e il genere
apocalittico del testo. I sacerdoti, tradizionalmente mediatori, vengono qui trasformati in un
popolo di mediatori, unendo i concetti di tempo futuro e presente. Però coerentemente con la
Lettera agli Ebrei che afferma Cristo come unico mediatore dopo la sua venuta, l'Apocalisse
intende i "sacerdoti" come l'intero popolo dei fedeli.
L’escatologia dell’apocalisse si muove attorno a questi 2 tempi, tempo futuro e tempo presente,
Cristo che viene è anche il Cristo che è venuto, che sta venendo e che verrà. Mentre la "seconda
morte" è riservata a coloro che non sono stati fedeli, la Gerusalemme del cielo (il Regno) è la
meta di coloro che sono stati autentici testimoni della risurrezione di Cristo. Quest'ultima
rappresenta il risultato compiuto della venuta di Cristo, che ha aperto le sue porte. La città santa,
senza descrizioni fisiche, indica una nuova condizione escatologica qualitativamente diversa
dalle realtà precedenti. Apocalisse 21,3-4 descrive: "Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli
abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà
ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le
cose di prima sono passate".
Nella Gerusalemme celeste si manifesta pienamente la meta della Chiesa: unirsi al proprio
Sposo e condividere la sua stessa eredità, la vita eterna. Questa è una novità nell'escatologia
dell'Apocalisse: la Gerusalemme celeste non è indefinita, ma visibile perché si concretizza
nella Chiesa, che assume il volto delle varie chiese locali a cui l'angelo si rivolge in modi
diversi, similmente a quanto avviene nei Vangeli, dove ogni evangelista si rivolge a una
comunità specifica.
L’escatologia del NT dunque è l’annuncio di salvezza definitiva per l’uomo, la sua storia e il
suo mondo ed è legata essenzialmente a Cristo, la cristologia è la costante dell’escatologia di
tutto il NT e i credenti vivono il loro presente come un tempo qualitativamente nuovo per il loro
appartenere a cristo.
La percezione del tempo
Per i cristiani, il tempo è relativo e si è "accorciato" perché l'eterno è entrata in esso, alterandone
la percezione. L'escatologia, quindi, non è solo l'attesa cronologica di una data. La fine non sarà
la distruzione del mondo, ma il completamento del tempo, la sua pienezza, ovvero il Regno di
Dio che si realizza in coloro che accolgono il Vangelo come un tempo alternativo alla logica del
mondo. Cristo annuncia una novità che introduce nel tempo una dinamica nuova, vissuta dalle
prime comunità attraverso tre aspetti fondamentali:
1. Rapporto singolo/comunità: Il singolo è inserito in una comunità, sia quella sociale (la
famiglia) che quella ecclesiale (la Chiesa, tramite il battesimo). E in questo rapporto c’è
una novità perché nella comunità dei credenti l’appartenenza si struttura come
partecipazione alla stessa vita di dio che si è manifestata in Cristo. non è una
partecipazione come quella sociale, esterna, ma è una partecipazione intima che
coinvolge i membri della comunità nella stessa vita di dio padre che si rivela in cristo.
2. Le leggi che si devono rispettare in questa comunità di credenti. La legge
fondamentale che guida questa comunità è quella dell'amore, espressa concretamente nel
comandamento di amare il nemico e porgere l'altra guancia. Anche nel sacramento del
matrimonio, il legame indissolubile tra marito e moglie riflette l'unione tra Cristo e la
Chiesa.
3. Rapporto col tempo. I cristiani vivono nel "già e non ancora", percependo il presente e il
futuro insieme. Questo perché l'eterno ha fatto irruzione nel tempo con la risurrezione di
Cristo, che annulla la morte e riattiva la vita. L'unica "morte" per il cristiano è il
battesimo, che lo introduce nella vita eterna. L'alterazione dello spazio-tempo deriva dal
fatto che il cristiano è orientato verso una patria non di questo mondo.

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