Evola - Loperaio Nel Pensiero Di Jünger
Evola - Loperaio Nel Pensiero Di Jünger
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Opere di Juliu:s Evola.
a cura. di Gianfranco, de Turri
JULIUS EVOL ·.
L'"Operaio''
nel pensiero di Emst Jiinger
Terza edizione· c·orr,etta ,c,on u·na Lettera· e un.a Appendi,c.e
Saggio i.ntrodu_ tivo di Marino1 Freschi
1
In ope.rlitu,:
Julius Evo.fa.fotagra/ato da .S1.a11irlao · _ie.PO (1969·
,. anifesto ori ·mn'le ,del/Um _.· tropo�i di Fnrz lan · (J92
L �a:n'droide · ;ineco111-orfò·. creato dallo . cienz.ialo Ro.twa·ng p · r . tregare · ondtz.ioiruu·1
Je nu1.s · • merge til:anico. contro .i · silhouett: - : d i gttl'ltat:i li .d IJà Vetropolf fumrQ_
Eterno prin ipia ,m ,.,,r i.dco e femmùdle d Ila· ·Potenza ·, s.usc.rtata CO'ltf, ,n,toma
h pr.r.md.'e fo�ma di donna d.a'i' ma· . hird·"mi dflfanim·a.ti · dall' · · t , -,1,.ologie al/u,cinalo-ri
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Presentazione 33
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L.A .FIGURA D. LL ÙPERA.J:-0 41
Volto e limiti della civiltà bo�hese, ._-].
L''irruzione dell 'e.lem.,entar,e nello spazio borgh,ese, 46
11 concetto di lavoro 54
La dottrina della figura, 57
L'Operaio e il Supe·ruomo, $9
Sul.la. fase di transizione, 62
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A··p NDIC::
.Altri scritti di Julius E ola su. Emst Jiin.ger (] 943-J 97 )
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Nota del Curatore
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significativo o irnportante presentare in quella nuova e desolante
realtà italiana.
Non sempre vi riuscì, e per diversi motivi. Il primo era l'avversione,
più o 1neno palese, d i certa importante editoria italiana per autori
all'epoca visti con sospetto o anche ostilità a causa delle loro idee o
del loro passato politicamente "co1npro1nettente". Il secondo, la cau
tela di alcuni degli interpellati: è il caso di Sch1nitt e Jiinger. La loro
non-riposta alle richieste di Evola di tradurre in italiano certi loro spe
cifici testi, o le difficoltà e obiezioni frapposte, sono collegabili - e non
è difficile inn1irlo - al fatto di non 1noltiplicare i problemi che già ave
vano in patria (prigione, ostracismo, proibizione di pubblicare, pole
miche di ogni genere) e in parte anche aU'estero, e riconducibili, in que
st'ultimo caso, sia al nome che fàceva loro da tra1nite (cioè Evola, che
si portava appresso il loro stesso "111archio"), sia probabihnente alle case
editrici presso le quali avrebbero potuto essere tradotti in Italia.
Così Evola non riuscì a raggiungere un accordo con Schmitt per tra
durre - assai prima della sua "riscoperta" da parte della intellighenzia
ufficiale italiana - alcuni suoi scritti per la casa editrice che Giovanni
Volpe varò nel 1963-4, così co111e un decennio pri111a non era riuscito
ad ottenere da Jiinger il permesso di tradurre Der Arbeiter. E rnentre
di Sch1nitt non djce alcunché nella sua autobiografia Il ca,n,nino del
cinabro ( 1963), ecco cosa scrive iJ1vece Evola circa il tentativo jiinge
riano: "Da ternpo 1ni ero proposto di fàr conoscere il libro [Der Arbeiter]
in Italia mediante una traduzione. Ma nel rileggerlo mi sono convinto
che con una traduzione non si sarebbe raggiunto lo scopo che avevo
in vista. In effetti, nel libro le parti valide appaiono co111miste con
altre che per un lettore non capace di discriJninazione possono pregiu
dicarle, perché risentono di situazioni locali tedesche di ieri, né tengono
conto di esperienze di cui nel frattempo è apparsa tutta la problemati
cità. In più, vi erano alcune difficoltà editoriali. Cosi ho lasciato cadere
l'idea di una traduzione sostituendola con quella di una vasta sintesi
basata in larga misura su estratti del libro, con separazione delle parti
accessorie o spu1ie, per 1nettere in evidenza l'essenziale e il durevole:
aggiungendo un minimo di inquadra1nento critico e illustrativo".
Sono le stesse cose scritte, più in sintesi, nella introduzione del 1960
a L '"Operaio" nel pensiero di Ernst Jiinger, con l'aggiunta delle
"difficoltà editoriali", che diventano genericamente dei "vari motivi"
in un articolo apparso nel 1960 e poi nel I974 (riportato in Appendice).
Quali? Forse quelli di opportunità (dal punto di vista di Jiinger) da noi
ipotizzati, dato che del carteggio che dovrebbe essere esistito fra
Evola e lo scrittore tedesco esiste nell'.Archivio Jtinger una sola let-
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influenzate dalla guerra in atto e le cui sorti sono incerte; le seconde
dall'atmosfera del dopoguerra (ed ecco i riferimenti all"'arrnistizio",
alla "guerra fredda", agli "opposti blocchi di potenza", all'ipotesi di
un "uso bellico" dell'"èra atomica"), ma sostanziahnente uguali; anzi
già nel 1943 emerge l'immagine - om1ai canonica - delle "rovine del
mondo borghese del Terzo Stato". Le vie, dunque, divergono dopo la
sconfitta: 1nentre Jiinger continuerà a scrivere secondo i suoi consoli
dati interessi (romanzjere, osservatore scientifico ed "esterno", lette
rato, filosofo esistenziale), Evola si assunse il cotnpito di indicare quel1e
vie, interiori e metapolitiche, personali e di posto nel mondo, che
potevano condurre ad una "salvezza" rispetto alla società nata dalla
catastrofe del '45. In fondo, entrambi avevano di fronte la Modernità:
e quello che Evola rimproverava a Jtinger era proprio di aver ceduto
su quel fronte: come scrive nel 1956, la sua ultin1a produzione, "se rap
presenta un progresso dal punto di vista letterario, accusa però una visi
bile caduta di livello quanto a tensione spirituale, a orizzonti politici,
a visione della vita". Quello, appunto, che al contrario Evola proponeva
nei suoi scritti della stessa epoca.
Sicché, si deve tener conto di "quando" venne elaborato L' "Ope
raio" nel pensiero di Ernst .!iinger: la seconda metà degli Anni Cin
quanta, cioè insie,ne alla stesura defi,ùtiva di Cavalcare la tigre (già
scritto in parte, o forse anche tutto, all'inizio del decennio) sotto l'in
fluenza pessimistica della situazione politico-esistenziale italiana e delle
delusioni prodottegli dagli ambienti giovanili a lui vicini, impastoiatasi
in quella che oggi si definirebbe la "politica politicante". È ovvio,
dunque, ritenere che Evola considerasse questa sua fatica - pur "minore"
rispetto ad altre - come comple,nentare a certi suoi testi, e che avesse
riassunto e adattato Der Arbeiter ponendo in risalto quanto egli stesso
considerava "positivo" e ancora fruibile, elimu1ando il superfluo e il
non più attuale, proprio per 1netterlo in sintonia con certe sue posi
zioni già note o che lo sarebbero diventate presto. E da questo punto
di vista appare singolare la sua critica al Waldgiingerjiingeriano che ha
rnolti punti in con1une con la "apolitia", e del resto "la via della sala
n1andra che passa attraverso il fuoco", cioè la l'v1odemità, di cui parla
lo scrittore tedesco nell 'Arbeiter, è un esatto parallelo con I'"uomo dif
ferenziato" evoliano di Cavalcare la tigre, la cui non-compro1nissione
spirituale con la �lodemità lo fa passare indenne da ogni prova.
Pur respingendo l'impostazione "ottimistica" di Jiinger e amman
tando tutto il suo con1mento di un'aura scettica, anche se non totalmente
pessin1istica, il punto di vista da cui ci si pone è identico: cosa fare,
co1ne comportarsi, nel mondo della tecnica moderna, tecnica che non
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ha "carattere neutro, di semplice 1nezzo". Il problema che si pone allora,
secondo Evola, rispetto all'"ottimismo" jiingeriano che vede nell'"Ope
raio" un nuovo tipo tunano capace di padroneggiarla, è il seguente: "Che
spazio lascia la tecnica e il presupposto di essa,'la scienza, ad una visione
non solo attivistica o agonistica del inondo? E evidente che la scienza
di tipo moderno comporta una cotnpleta desacralizzazione della visione
del inondo (... ). [n che modo, in che temùni possa tornare a rivalersi e
a farsi valere concretamente una din1ensione spirituale, sacrale e
metafisica della società in una umanità che concepisce l'universo in
puri termini di scienza moden1a e di tecnica, quindi in un mondo disa
nimato, è difficile irnmaginarlo".
L"'Operaio" jiingeriano, così come "rettificato" da Evola, cioè
spogliato dalle sue caratteristiche non più attuali, o superflue, o uto
piche, può allora dal punto di vista del filosofo trad.izionalista essere
ancora utile co1ne rnodello esistenziale per i "tempi ultin1i", per i tempi
in cui la Tecnica è l'espressione più totalizzante della tvtodemità, anche
se essa ha onnai assunto aspetti non certo ipotizzabili negli Anni Ses
santa: si pensi soltanto agli sviluppi della cibernetica (computer e "realtà
virtuale" soprattutto) che, pur nella loro "astrazione", non sono meno
concreti e coinvolgenti. Anche di fronte a queste nuovissin1e espres
sioni della Scienza e della Tecnica la lezione di Jiinger (e di Evola) risulta
illuminante e quindi utile: sempre di "una epoca della dissoluzione" si
tratta, anche se in forn1e non in1n1aginate ...
Del resto, ci si rende conto di quali idee jiingeriane, e addirittura
espressioni, siano state da Evola riprese esatta1nente, o ri1neditate e rie
laborate in modi più congeniali: dal "realis.1no eroico" (che non è per
nulla un materialis1no, co1ne sottolinea più volte il pensatore tradizio
nalista), al concetto delle é/ites portato anche su un piano esistenziale
(e cbe non è una "selezione della razza"), alla insistente precisazione
della differenza fra "libertà da qualcosa" e "libertà per qualcosa",
all'idea co1nune sulla necessità di costituire "Ordini" invece di "par
titi", e così via, sino alla sottolineatura che "tutta la problematica
dello Jiinger verte sul volgere il negativo nel positivo per mezzo di un
ca1nbia1nento di segno": è, com'è noto, il filo conduttore di Cavalcare
la tigre, ispirato al detto orientale della "trasfom1azione del veleno in
f•·arn1aco".
Tutto ciò, al di là delle incomprensioni contingenti, consente di
leggere proficuamente in parallelo certo .liinger e certo Evola come
interpreti della Moden1ità e come loro antidoti, il primo anche dal punto
di vista letterario (narrativo). Di questo E vola - lo evidenzia bene
Marino Freschi - si era accorto, forse il solo, per tempo: la sua recen-
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Metropolis è, in fondo, proprio come l'Operaio, una visione del
futuro del mondo in chiave di una antiutopia positiva.
G.o.T.
Ron1a, novernbre 1997
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I. Jiinger
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sociali. Nello stesso anno Franz Tunda, l'eroe rotbiano di Fuga senza
fine, percorreva i continenti dalla Siberia a Parigi, ostile alla ideologia
bolscevica, cotne pure alla società borghese e alla retorica nazista, in
nome di una assoluta Libertà interiore. Eppure quell'enorme 1narea stava
ormai tracin1ando gli argini della precaria sicurezza e solidità borghese,
travolgendo impietosamente gli esponenti più fragili del reducismo, ben
presto arruolati e sedotti dalle nuove retoriche totalitarie, incolonnati
nelle schiere annate e osannanti capi dal caris1na populistico. Furono
pochi a restare immuni dai vari contagi ideologici, a non accettare gli
onori e gli orpelli, a non lasciarsi irregilnentare nelle squadre che dietro
nuovi gagliardetti e bandiere, con camicie dai vari colori, servivano,
in ultin1a istanza, vecchi interessi economici. Jiinger - · come in Italia
Evola, che non aderì mai al PNF pur senza identificarsi nelle frange del
!'opposizione crociana o comunista - seppe 1nantenere la sua neutra
lità, la sua libertà spirituale. Già nell'Operaio aveva individuato la
differenza tra la rivoluzione dei partiti e quella dell'Arbeiter. Furono
pochi i tedeschi che nel 1932 scrissero simili giudizi:
«Dovunque in Germania si credette di compiere un Lavoro rivolu
zionario, in realtà si recitò a soggetto, si giocò a fare la rivoluzione.
Gli autentici rivolgi1nenti avvennero in maniera invisibile, nel
silenzio di camere tranquille e appartate, oppure celati dietro gli
incandescenti sipari della battaglia. f\.1a ciò che è veran1e11te nuovo non
ebbe bisogno di manifestarsi attraverso la rivolta. La sua maggiore peri
colosità consiste semplicemente neJla sua esistenza».
Siffatta perspicua saggezza, un simile distacco dall'intrigante gro
viglio della crisi di Weimar riposavano su un'esperienza spirituale, il
cui segreto solo rararnente affiora nell'opera jungeriana, come avveru1e
nella seconda edizione, runpia1nente rivista, di Das abenleurliche Herz.
Figuren und Capriccios (Il cuore avventuroso. Figure e capricci) del
1938, distribuita nelle successive edizioni ai soldati tedeschi al fronte
e parzialmente tradot1a in appendice a Sulle scogliere di 111ar1no,
curata per la prestigiosa collana mondadoriana della "Medusa" nel 1942
da Alessandro Pellegrini. In quelle rammeruorazioni autobiografiche,
Ji.inger sollevava, con estrema discrezione, il pesante sipario del mistero
della sua iniziazione ad una remota sapienza:
«Nigrornontanus rn'iniziò al metodo. Egli era un eccellente tnaestro,
del quale purtroppo solo a fatica mi ricordo. Forse io n1e ne sono dimen
ticato quasi intera1nente, perché a1nava far sparire le tracce dietro di sé,
come alcuni ani1nali che dimorano nel profondo della foresta. Ma la
similitudine non è ben scelta, e sarebbe più opportuno assomigliarlo
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al raggio proveniente da una fonte di luce che faccia visibile quanto è
nascosto, 111entr'essa permane nell'ambito dell'invisibile».
Ciò che sorprende nella produzione di Jtinger è quella sua straordi
naria capacità d i passare da un piano a un altro: dagli orizzonti dell'u
topia tecnica dell 'Arbeiter alla raffinata eleganza, alla sottile allusione
a una presenza esoterica, a una suggestione pitagorica, che a mo' di
catena iniziatica ripropone l'elusività degli arcani ennetici, proprio nella
terra dei misteriosi n1aestri rosacrociani:
«Nigromontanus sapeva dire di spiriti solitari, la cui dimora
sen1bra essere fra di noi, e tuttavia è inaccessibile. Costoro, abituati al
puro ardore del fuoco, nei suoi alti gradi, solamente quando la vicinanza
del supremo pericolo faccia sopportabile l'uscire dalla solitudine, allora
si fanno innanzi».
Quell'esperienza spirituale doyette subire una brusca interruzione.
Simile all'incauto apprendista di Zanoni -· il romanzo iniziatico di
Bulwer Lytton -, anche Ji.inger si smarrì nella selva oscura all'inse
gui1nento degli idoli fascinosi e infidi del suo tempo:
«Purtroppo è vero che io ben presto dimenticai i suoi insegna
menti; ed invece di insistere nei rniei studi, entrai a far parte dell'Or
dine dei Mauretani, questi subalterni della potenza>>.
Come un filo rosso l'Ordine dei Mauretani, dei Mauretanier, per
corre l'intera opera jiingeriana senza aver destato l'indiscreta curio
sità nei critici. La fenomenologia dell'Ordine, presente in tutti i luoghi,
in tutti gli schieramenti, anche se contrapposti sul piano delle lotte poli
tiche e sociali, attento a perseguire il potere e a usare spregiudicata
mente la potenza, potrebbe far pensare a una onnipotente associazione
segreta, a una sorta di inflazionata e sublin1ata metafora della masso
neria, i cui aderenti in tedesco si chiamano Maurer, un nome che offre
una certa assonanza con Mauretanier. Nigro1nontaous può essere un
uomo pa1ticolanuente saggio, inunune al canto suadente delle sirene
mauretane, con1e pure può raffigurare un insegnamento, un simbolo
di tenuta interiore, un'aspirazione spirituale, uno stile, un messaggio,
una missione e un imperativo, oppure alludere a un contatto - vivente
e/o ideale, esterno e/o interno - con la (o una) tradizione esoterica:
«Nigromontanus m'insegnava la certezza che una scelta schiera fra
di noi, da gran tempo toltasi dalle biblioteche ed anche dalla polvere
delle arene, nelle più segrete stanze è al lavoro, in un oscurissùno 'fibet.
Egli mi parlava di uomini che siedono in nortu111e stanze, solitari, immo
bili co1ne la roccia donde proro1npe la fiamma che muove laggiù la ruota
ed ani1na l'esercito delle macchine; ma la fia1nma è in loro estranea
ad ogni i1nrnediato scopo, raccolta nei cuori, che tolti per sempre ad
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scrittura 1nitologica entra in consonanza con una annotazione di Karoly
Kérenyi che spiega ogni tentativo di approdare alla narrazione mitolo
gica nella nostra epoca: «La mitologia, come la testa di Orfeo, continua
a cantare anche dopo la sua morte, anche a lunga distanza dal tempo
della sua rnorte».
Jiinger si rivela quale cauto trasportatore di icone preziose, che non
si riduce alla pur utile opera di conservare o di restaurare con la sensi
bilità dell'antiquario perché lo scrittore non ha mai perso di vista che
quelle rare reliquie sono indispensabili cellule nella ricostruzione del
tempio, della casa sacra alla comunità n1ontaoa.
2. Evo/a
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- sono gli unici arnesi che Fratello Otto pone in salvo dati 'incendio
dell'Eremo della Ruta, 1nentre le fia1nme divorano gli esiti di anni di
dura, silente ricerca.
Accanto alla suggestione esoterica i due intellettuali ebbero in
comune anche l'apertura verso l'adattamento della tradizione spirituale
nel nuovo te1npo senza lasciarsi mai avvinghiare dal sentin1entalis1no
e dalla nostalgia per le fonne assW1te dalla tradizione nelle varie epoche
e che loro avevano pur imparato a conoscere, ricercare, frequentare e
amare, senza confondere mai il contenuto con i suoi rivestin1enti sto
ricamente condizionati. Cavalcare la tigre del 1961 corrisponde a
tutta un'ampia messe di saggi e interventi jiingeriani aperti alla pro
gettualità futura: dall'Arbeiter ai contributi successivi alla catastrofe
europea del '45 con Ober die Linie (Oltre la linea) del I950, con Der
Waldganger (Trattato del ribelle) del 195 l , fmo aAn der Zeitmauer del
I 959 che Evola (con lo pseudonitno di Carlo d'Altavilla) tradusse nel
1965 col titolo Al rnuro del ten1po, nonché con i romanzi utopici
Heliopolis del 1949 e Eu111es�vil del 1977 (quest'ultimo però Evola non
fece in tempo a leggerlo).
Per decenni E vola si occupò dell'opera di Jiinger, di cui fu uno dei
prin1i conoscitori italiani e che contribuì a diffondere con un saggio del
1943, dedicato a L'Operaio e le Scogliere di mar,no, pubblicato su
Bibliografia Fascista (a. xviii, n. 3), e poi nel 1960 con un volumetto
di 118 pagine: L' "Operaio" nel pensiero di Ernst Jiinger per i tipi Avio
di Armando Armando, noto editore romano di testi didattici, che ospitò
il saggio _evoliano nella collana "I problemi della pedagogia", volume
cinquantaduesimo, diretta dal pedagogista Luigi Volpicelli, genti
liano, successivamente comunista. L'anno successivo Vanni Scheiwiller
pubblica Cavalcare la tigre con una fascetta rossa che proclamava pro
gra1mnatican1ente "Orientamenti esistenziali per un'epoca in dissolu
zione". In entrambi i testi Evola, venendo a parlare di Jiinger, prende
anche le distanze dall'opera del tedesco, notando in Cavalcare la tigre
che lo scrittore dopo l'Arbeiter: «doveva passare regressivamente a tutto
un altro ordine di idee». li voluinetto del 1960 - che qui si ripropone
- è w1 'ampia esposizione, parafrasi e cotn1neuto dell'Arbeiter di Jiinger,
che Evola sottopone a una critica serrata, affermando polemicamente
che l'attività successiva dello scrittore tedesco «è abbastanza scesa di
livello, sia per la prevalenza del n1omento letterario e estetistico, sia per
l'influenza subita da parte di un ordine di idee di carattere diverso, tal
volta perfu10 antitetico rispetto a quelle informanti la sua prin1a pub
blicistica: quasi che la carica spirituale creata in lui dalla guerra e poi
applicata al piano intellettuale, si fosse a poco a poco esaurita».
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Si tratta di un giudizio senza possibilità d'appello della più coe
rente intransigenza evoliana. E tale giudizio l'aveva insistentemente
precisato in diversi articoli (anch'essi pubblicati in questo volu111e) con
la recensione del 1956 al saggio jiingeriano li nodo gordiano, che è forse
l'intervento più critico con la pole111ica ingenerosa e disinformata sul
dibattito tedesco, che aveva solJecitato quella riflessione di Junger. Evola
denuncia le «idee confuse, inquadra1nenti unilaterali e discutibili» che
connoterebbero le opere dello scrittore tedesco dopo il 1945. li disap
punto evoliano prosegue anche nell'ainpio articolo per L'italiano del
1960, che recensisce il volu1ne jilngeriano Al ,nuro del te,npo, in cui
torna l'accusa per <run sensibile sfaldamento spirituale» e per una sor
prendente apertura del tedesco «perfino a motivi non lontani dalla rie
ducazione "democratica" o almeno "umanista" del nuovo dopoguerra».
Più equilibrato, ma anche n1eno concentrato su Jilnger, è l'intervento
evoliano a proposito dell'edizione tedesca di La l�ivoluzione Conser
vatrice in Gerrnania 1918-1932 di Armin Mohler, lo studioso sviz
zero che è stato anche segretario personale di Jiinger dopo la Seconda
Guerra mondiale. Ciò che a Evola proprio non piace è la scrittura let
teraria di .lilnger, verso la quale formula apprezzamenti seve1i, lasciando
l'opera artistica del tedesco, come si esprime causticamente nella recen
sione a proposito di Al ,nuro del te,npo, alle «note cricche di critici
letterari e di intellettuali dilettanti» che hanno «in vista solo gli aspetti
delle opere dello Junger che rientrano nei loro orizzonti e che van110
incontro ai loro gusti, aspetti, che a noi (e, speria1no, anche ai nostri let
tori) interessano invece assai poco». Il saggio, tuttavia, viene letto con
n1aggiore indulgenza poiché «spirituabnente, rispetto alla produzione
or ora accennata, rappresenta dunque un risolleva111ento», ancorché assai
distante dalla meditazione del primo dopoguerra. Qui è lo Evola mae
stro di vita e pensatore sapienziale che parla, di1nentico della sua
esperienza giovanile di pittore dada e del suo poema, per altro notevole,
di quegli anni. Si potrebbe riflettere anche sull'estetismo di questi
giudizi che oggettivan1ente trascurano il n1essaggio spirituale delle
rnetafore poetiche jiingeriane. Ma a Evola nel secondo dopoguerra di
Jilnger interessa soprattutto L'Operaio (anche se non si è 1nai conciliato
con questo titolo così "infelice"). Nell'unica lettera nota allo scrittore
tedesco del I 952, in cui gli propone la traduzione del libro, Evola è
estreman1ente franco, affennando che delle sue opere «mi sono spe
cialmente vicine quelle del primo periodo, diciarno fino aJ!e "Scogliere
di Manno"».
Questa riflessione ci riconduce a quel romanzo centrale nella pro
duzione jiingeriana che Evola aveva segnalato nell'articolo del 1943,
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ma che risultano gli unici ancora capaci di raffigurare l'oscura, confusa
genesi del nuovo. La tensione è verso le più ardite costruzioni future,
verso il Weltstaat, lo Stato planetario, che oggi sembra già meno assurdo
di quando Junger lo propose nel 1960, creando all'interno di quella pro
posta utopica una dialettica tre1nenda fra la struttura oggettiva e l'in
dotnito spirito del ribelJe, dell 'anarca, che è poi la figura distillata e
sublimata dell'avventuriero novecentesco che ]unger impersonò in gio
ventù dalla fuga in Africa nella Legione Straniera alle gesta eroiche
della Prima Guerra Mondiale che gli valsero la supretna onorificenza
gennanica. Era una apparizione straordinaria, ma non tmica, con1e dirno
strano altri scrittori alla ventura, per terra e per tnare, con1e D'Annunzio,
fle1ningway, T.E. Lawrence, Malraux e Saint-Exupéry.
A più di trent'anni dai giudizi lin1itativi di Evola e alla luce della coe
rente e appartata attività letteraria di Jilnger, sempre fedele a una strenua
ricerca di stile, si può avanzare l'ipotesi che l'apprezzan1ento evo
liano del '43 sia sostanzialmente più equo nei confronti dell'opera com
plessiva e della peripezia spirituale di ]unger.
Evola e Jilnger, due solitari, due ricercatori indipendenti, attratti
dal pericolo e dall'insidia, e lontani dall.e mode, dalle facili sugge
stioni del potere, dalle seduzioni dell'industria culturale, dalle tenta
zioni di agevoli successi, restano due scrittori molto letti, meditati e allo
stesso tempo ancora paradossalmente emarginati dalla discussione cul
turale attuale, cbe, recuperandoli, può soltanto arricchire la propria capa
cità c1itica e progettuale. Le loro ricerche culturali sono intente a trac
ciare sentieri, ancorché ardui e inattuali. E in questi percorsi si sono
avvicinati più di quanto loro stessi avessero compreso e avvertito. A
siffatta prospettiva ideale, nel senso più universale, alludeva già nel
1938 Ji.inger, scrivendo:
«La fede nei solitari risponde alla nostalgia di una fraternità senza
nome e di un rapporto spirituale più profondo di quanto sia possibile
fra uomini».
MARINO FRESCHI
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Una lettera a Ernst Jiinger
Julius Evola
29
Verehrter Herr I
14e1n Nalllen dflrf te lhnen belr.annt se1n, wei.l 1ch -
v1elle1cht durch Ver1111t telung von Dr. Il o h l e r -
unl/lngst eln gew1dmetea Execnplar von "Hellopolla"
erhalteo habe und aucb w ell w 1r 1111 Re1cb v1ele ge
me1nasme Beltannt-en natten - z.B, l)rot', C,8ct,m1tt
und Frh• von Glel chen.
Ioh habe ae1t 1,..ngea> lhre Tllt1glte1t mlt )1esonàe
rem Interesse verfolgt uod batte ort Gelegenhelt,
m1 on aur Ihre Werke zu berufen, Von d1eaen l1egon
mlr nabe elgenUlch d1e àer erete o Per1ode, sageo 1'1r
b1 a "llannor Kl1ppen". U11d ea 1st 1n dl8sem Zuaa111111en
hang,dass 1ch lll1r erls\Jbe, ,nlcb an S1e zu wenden.
lch gleube, elne ltallenlscho Uebersetzung von "Der
Arbelter" versnlassen zu kllnnen, Wegen der Analogie
der ersten mlt der zwelten Naohkr1egsze1t 1 s t m.i,.
d1e 1n Jen em Buch eutworfene Problemat1k 11lader ak
tuell - Ubrlgeos dle Ll!sungen,dle man ln der Zwlachen
zelt 1m Relch uod 1n !talleo zu flnden geglaubt bet
te, 1'aren 7.U!ll grHseten Tell nur Scbe1nl�sungen,Er
slltze und KonJunkturersche1nungen. Icn glaube eleo,
dass dao Bucb heute nocb e1ne "erweclteode " 1'11rlr.1.1ng
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30
Ernst Ji.inger viene considerato co1ne uno dei 1naggiori scrittori tede
schi viventi, ed è noto anche in Italia per diverse sue opere tradotte e
pubblicate da importanti case editrici. Però qui si tratta soprattutto dei
libri del suo secondo periodo, di carattere letterario e saggistico.
Il presente saggio espone e analizza invece l'opera principale dello
Jtinger del prin10 periodo, nella quale era ancora viva l'eco delle espe
rienze esistenziali di lui corne co1nbattente pluridecorato, e che affronta
essenzialmente il proble1na della visione e del senso della vita nell'e
poca 1nodema, e soprattutto nell'èra della tecnica. L'"Operaio", per lo
Jiinger,
'
non è una
'
classe sociale e ancor n1eno il "lavoratore proletario".
E un sirnbolo. E il simbolo di un nuovo tipo un1ano capace di volgere
a suo vantaggio, di trasfonnare in forza spirituahnente forrnatrice, tutto
ciò che di apparentemente distruttivo e di pericoloso presenta l'epoca
ultima.
Acuta e accurata diagnosi del inondo contemporaneo, questa ricerca
è quindi lontana da ogni pessimismo di maniera o da otti.Jnismi acritici,
e viene espressa con la forza della drammatizzante fantasia di un grande
artista. Ed è analisi di vivo interesse non solo per l'epoca in cui apparve
( 1932), 1na quanto 111ai attuale, tanto da potersi affennare che, contro
ogni fonna di evasione dalla tenace guerra fredda, nella quale i ter
nrini di "oriente" ed "occidente" assutnono un significato cosn1ico, lo
Ji:inger indica agli uomini più responsabili d'oggi, ai veri antibor-
33
Questa ''presentazioue" pur datata come "Roma 1960'' nou è presente uella priiua edi
zione del libro pubblicata da Armando nel settembre dì quell'anno. Poiché sembra impro
babile che Evola l'abbia redatta cou tale data per la secouda edizione Volpe del 1974, si
deve ritenere che fosse stata approntata per la priiua, Li ooo corupresa, quindi riproposta
per la seconda. Il riferimento polemico alla "borgbesizzazione degli stessi gruppi che osten
tano la divisa della antiborghesia". vale a dire certa Destra della seconda tnetà degli
Ann.i Cinquanta, coofern1erebbe tale ipotesi. (N.d.C.).
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Introduzione
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Ora, una i11ti1na continuità collega questa pritna produzione all'o
pera suaccennata, L'Operaio, nei seguenti tennini: nella guerra u1oderna
si scatena I'ele,nentare, I'ele1nentare legato al materiale, cioè a un
sistema di mezzi tecnici di·estrema distn1zione ("battaglie del mate
riale"). È co1ne una forza non umana 1nessa in n1oto dall' uom.o e alla
quale il singolo co1n.e soldato non può sfuggire; egli deve 1nisurarsi con
essa, farsi strumento della 1neccanicità e, iu pari ten1po, usarla, tenervi
testa: spiritualtnente, oltre che cnaterialtnente. Ciò è possibile solamente
rendendosi capaci di una nuova fonna d'esistenza, nella quale è co1n
presa anche l'eventualità della propria distruzione; eventualità, che tut
tavia finisce con l'apparire irrilevante rispetto ai momenti di un esser
totalrnente in atto e della realizzazione di un senso assoluto del vivere.
Questi significati, Ìl1 origine scoperti dunque là dove regna "la tnorte
meccanica", nelle esperienze delle "battaglie del rnateriale", dallo Ji.inger
sono stati successivamente estesi alla vita nel inondo 1noden10 della tec
nica e della 111eccanizzazione, mondo in cui, in forme diverse, va mani
festandosi paiin1enti l'elen1entare e si svolgono processi distruttivi, ritor
cendosi quasi contro di lui, lo stru1nento che l'uorno aveva creato pel
dominio della natura, la tecnica, a guisa di un Gole1n. A questo m.on
do l'uomo om1ai non può più sfuggire; così poco, quanto in guerra al
n1aleriale in atto e alle te111peste di ferro e di fuoco che egli. stesso sca
tena. La situazione si ripete: per far fronte a siffatta realtà, creata nel
punto di rendersi signore della terra e di realizzar quasi il biblico: «Sarai
sirnile a Dio», 1na scioltasi da lui, occorre che prenda forma una
nuova figura umana. È quella di chi, dinanzi alla sfida della distruzione
e della 1neccanizzazione, risponde con un atto inten10 assoluto, fa
proprie una nuova etica e una nuova visione dell'esistenza. La for-
111ula che dalla vita di guerra dovrà estendersi a quella di pace in un
inondo che volge verso la cornpleta n1otorizzazione e n1eccanicizza
zione è la mobilitazione totale, presa ora in senso anzitutto inten10. In
tale senso essa vuole appunto dire i1npegno totale della vita, l'essere
interamente in atto e corne un tutto nell'atto, di là dai vmcoli, dalle con
dizionalità e dalle antitesi della semplice esistenza individuale. Tale
orientamento, dallo Jiinger è stato anche chiamato "realismo eroico".
Questa è dunque la geuesi ideale del 'Operaio e il senso ultimo del-
1' ordine di idee in esso svolto. Il libro già da tempo ci aveva colpito
con1e una testirnonianza delle più significative del te1npo nostro. Così
aveva1no divisato di farlo conoscere in Italia traducendolo. In effetti, al
proble1na centrale ora accennato se ne associano vari altri non meno
importanti. li primo di essi riguarda la crisi della civiltà borghese, o
civiltà del Terzo Stato, e può formularsi così: si può riconoscere la
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crisi irreparabile del inondo borghese, anzi salutare ogni attacco contro
quanto resta di esso e associarsi alla polernica antiborghese, senza dover
fin.ire nel n1arxisrno, avendo invece in vista un realisrno e un antindi
vidualisn10 di segno assoluta1nente opposto? E il inondo della tecnica
in cbe ternuni può contribuire a questo orienta1nento antiborghese posi
tivo, libero dalle pre1nesse n1aterialistiche e "fisiche"? Al che si associa
direttan1ente il probletna circa l'individuaLismo e il collettivismo, l a per
sonalità e l'impersonalità, in un ideale differenziato della fonnazione
u1na.na, adatto ai tetnpi ù1 cui viviamo e a quelli che si preparano. Non
n1eno iinportante è il proble1na della stnunentalità e dei limiti della tec
nica e quello dei rapporti tra sviluppo ù1def1nito e dinamismo puro, da
una parte, e dall'altra l'esigenza di una stabilità, ù1 vista di un mondo
nel quale, di là dal sen1plice 1novimento, regnino di nuovo l'essere e
1a.for,na intesa ù1 quel senso superiore, quasi metafisico, a cui vedremo
corrispondere il tennine tedesco Gestalt usato dallo Ji.inger. Il proble1na
centrale, quello del passaggio di là dal nihilistno, dal "punto zero dei
valori" (dei valori, s'intende, propri alla civiltà in crisi), e il problema
della 111isura e delle forme in cui n1olti processi dissolutivi possono avere
un valore catartico, cioè propiziare una liberazione, costituendo soltanto
la premessa per una èra costruttiva, non è meno ùnportante, non solo
per iI singolo 1na anche in sede di n1orfologia e di prognosi della
storia. In effetti, per tal via, possono essere rin1esse in discussione le
prospettive divenute note ad ognuno attraverso il Tra111011to del/ 'Occi
dente di Oswald Spengler: si tratta di vedere se il feno1neno della "civi
lizzazione" (Zivilisation è, nella terminologia spengleriana, la civiltà
1neccanica, antitradizionale, cosmopolita, razionalistica, donùnata dal
l'economia e dalle n1asse), fase ultin1a e senile, secondo lo Spengler,
con cui si tennin.a regressiva1nente il ciclo di una civiltà in senso pro
prio e qualitativo (Kultur, nell'accezione spengleriana) (2), nel nostro
caso segni davvero una fine, comporti una radicale soluzione di conti
nuità rispetto ad un eventuale nuovo ciclo positivo, ovvero prepari
tale ciclo attraverso trasfonnazioni esistenziaLi che possono essere scorte
soltanto da chi ha un senso della "n1etafisica" del processo co1nples
s1vo.
Se, dunque, per via dei rapporti che il contenuto del libro dello Ji.inger
ha con problemi così i1nportanti, aveva,no ritenuto opportuno che
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Lo Jiinger parte da un esarne dell 'èra del Terzo Stato, cioè della bor
ghesia, rnette in luce il carattere apparente del suo dominio, parla
della crisi della sua civiltà e delle sue idee di base, passa quindi a descri
vere una nuova figura umana che egli si propone di «rendere visibile
co1ne una grandezza (in senso n1ate1natico) in atto che si è già inserita
potente1nente nella storia e già detennina in 1nodo preciso le strutture
di un mondo trasfonnato». A questo riguardo, non si tratterebbe «di
nuove idee o di un nuovo sistema, ma soprattutto di una nuova
realtà», da cogliere con un occhio libero da prevenzioni, e il cui carat
tere rivoluzionario più profondo sarebbe dato dalla sua sen1plice esi
stenza. La capacità di riconoscere il nuovo appunto in termini esisten
ziali di pura realtà, 1nettendo da parte ogni valutazione, adeguandosi
attivamente ad esso, verrà indicato corne uno dei tratti essenziali del
l'atteggiamento di "realis1no eroico".
Il mondo del Terzo Stato viene presentato come un modo di sovra
strutture artificiali e precarie, «il cui dom.inio non è mai riuscito a rag
giungere il più profondo nucleo da cui dipendono il vigore e la pienezza
di ogni vita». In questa èra «dovunque si è più profondamente e più
audacetnente pensato, dovunque si è sentito in 1nodo davvero vitale,
dovunque si è più inesorabilmente colpito, è riconoscibile chiara-
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listica, privatistica della libertà è 1 'idea societaria, il sistema determi
nato dal principio del contratto sociale. Al borghese è proprio il d i s
solvere ogni unità organica, il «trasformare ogni impegno basato sulla
responsabilità in una relazione contrattualistica suscettibile di revoca)),
in base, appunto, all'anzidetto concetto della libertà astratta. Pel vivere
associato, la categoria specifica e valida della 1nentalità borghese è
quella della "società", in opposto alla categoria propriamente politica
dello "Stato": pertanto, lo Stato viene concepito in termini di "società".
A tale riguardo lo Jiinger si rifà a una dottrina abbastanza coerente negli
scrittori politici tedeschi; essa riguarda appunto l'antitesi che si pensa
esistere fra i sistemi aventi per punto fondamentale di riferimento e
per ideale la "società" e quelli che invece per base e per ideale hanno
lo "Stato": lo Stato essendo qui inteso con1e un principio sopraelevato
in sé reale, non riconducibile ai se1nplici fatti associativi empirici e
utilitaristici della massa inorganica e atomica degli individui che esso
comprende.
Cosi nella civiltà borghese tutto viene concepito in termini di
"società", su di uno sfondo razionalistico e moralizzante. I 1nezzi più
sottili sono ,nessi io opera a che ogni grandezza venga ricondotta a
tale forma. Al limite, cotne "società" viene concepita la stessa popola
zione complessiva della terra, <<presentata teorica1nente come una uma
nità ideale la cui divisione in Stati, nazioni o razze si baserebbe su di
un errore: errore, che sarà però eli1ninato con l'andar del tempo grazie
a trattati, ad un'opera di illu1ninazione delle mentì, all'incivilimento
o, infine, più se1nplicemente ancora, grazie allo sviluppo dei mezzi di
trasporto e di comunicazione».
In particolare, «il borghese conosce solo la gue1Ta difensiva, il che
vale quanto dire che non conosce affatto la guerra, e ciò già per il fatto
che la sua natura esclude qualsiasi elemento guerriero ... E quand'anche
egli per un'evidente utilità chiama in suo aiuto il soldato o si traveste
lui stesso da soldato, non rinuncerà mai a pretendere che egli lo fa
solo .per difendersi, o, se può dare ad intenderlo, solo per difender l'u-
'
rnanrtà>>.
La scoperta più preziosa della 1nentalità borghese, che in pari tempo
«ha costituito l'oggetto inesau1ibile di una con·ispondente fantasia arti
stica», è dunque stata una «irnagine strana e astratta dell'uo1no»: l'in
dividuo. Però, in pratica, «l'individuo vede di contro a sé la ,nassa,
che è il suo esatto riflesso». «Massa e individuo sono le due facce di
una stessa medaglia>>, in essenza sono una stessa cosa. Sono i due
poli, solo in apparenza opposti, della "società". E «da tale unità è
derivato lo stupefacente, duplice spettacolo offertoci da tutto un secolo:
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fu cercato un 1nodello a cui poi si dette una precisa interpretazione eco
no111ica, in quanto la rivendicazione della libertà da parte dell'individuo
e delle n1asse fu presentata con1c una rivendicazione economica entro
un mondo economico». Qui «l'ideale razionalistico e moralizzante coin
cide con una concezione utopistica, ed è a delle istanze econo1niche che
si va a riferire ogni problema». Questo è un pw1to importante, per capire
ciò a cui lo Jiinger 1nira: perché col far rientrare ogni rivolgimento deter
minato dalla semplice econotnia nel! 'area ideale della civiltà del
Terzo Stato si indica il carattere solo apparentemente rivoluzionario,
quindi irrilevante, d i ogni dialettica rivoluzionaria sociale quale è
concepita dagli stessi schieratnenti di sinistra, e si postula un diffe
rente spazio per la figura che, secondo lo Jiinger, caratterizzerebbe l'era
nuova. «E inevitabile che iJ1 questo inondo di sfruttatori e di sfruttati
non sia possibile alcuna grandezza che per ultima istanza non abbia il
fatto econo1nico. Vengono bensì contrapposte due specie di uomini,
di arti, di morali, n1a non occorre aver molto acume per accorgersi che
unica è Ja sorgente che le ali1nenta. Cosi è anche da tm n1edesimo tipo
di progresso che i protagonisti della lotta econo1nica traggono la loro
giustificazione. Essi s'incontrano nella pretesa fondamentale d i essere
ognuno il vero fautore della prosperità sociale, per cui ognuno è con
vinto di poter 1ninare le posizioni dell'avversario quando riesce a con
testargli ogni diritto di presentarsi co1ne tale». Lo Junger conclude: «.Non
è il caso di fermarsi ulteriormente su tutto ciò, perché ogni partecipa
zione alla discussione varrebbe non a porvi tennine 1na a protrarla inde
fini tan1ente. Da riconoscere è dunque una dittatura del pensiero eco
nornico preso in sé stesso, tale da riafferrnarsi su ogni altra possibile
dittatura e da litnitare tutto ciò che essa può favorire. In effetti, entro un
tale mondo non è possibile alcun movimento che non vada ad agitare
la sporca rnota degli interessi n1ateriali, né vi è posizione, partendo dalla
quale si possa venire ad uno sfondatnento ... Quale pur sia, delle due
parti, quella che si assicura il dotnittio, essa sernpre dipenderà dall'e
conomia come da un più alto potere». In pari tempo, si precisa questo
punto i1npo11ante: «Col negare il inondo econo111ico come quello che
determina la vita, cioè conte un destino, se ne vuol contestare il
rango, non già l'esistenza». Non si tratta di patrocinare un estrania-
1nento dello spirito da ogni lotta econon1ica; potrà anzi esser bene che
la lotta econon1ica «assurna una estrema asprezza». Ma «non dovrà esser
l'econo1nia a dettar le leggi del giuoco», questo deve «esser ordinato
ad una più alta legge della lotta>>. Il supera1nento del mondo borghese
richiede «la dichiarazione d'indipendenza di un uomo nuovo dal mondo
economico», dichiarazione che «non significherà la rinuncia a tale
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lità con l'.ele1n.entare», l'un attacco può identificarsi all'altro. Questa
antitesi non può esser ritenuta valida da un nuovo tipo umano: del resto,
essa è superata di fatto da figure «co1ne per esernpio quella del credente,
del guerriero, dell'artista, del navigatore, del cacciatore, dell'operaio
e perfino del delinquente», tutte figure per le quali, anche a prescindere
dall'ultima, il borghese nutre una più o n1eno aperta avversione perché,
«per cosi dire, già nelle vesti portano dentro le città l'odore del peri
coloso, perché già con la loro se1nplice presenza rappresentano una
istanza contro il culto della ragione».
Ma «pel guerriero la battaglia è una vicenda in cui si realizza un
supremo ordine, pel poeta i conflitti più tragici sono situazioni in cui
si può cogliere i n modo partic0Jarn1ente netto il senso della vita»,
nella stessa delinquenza può esplicarsi una lucida razionalità, «il cre
dente partecipa alla più vasta sfera di una vita piena di significato. Sia
con la sventura e il pericolo, sia col miracolo, il destino lo inserisce
direttamente in una più possente vicenda. Gli dèi amano manifestarsi
negli ele1nenti, negli astri infuocati e nel fulmine, nel roveto che la
fia1nma non consu1na». Il punto decisivo da riconoscere è piuttosto che
«l'uomo può stare con l'ele1uento in rei.azioni di tipo sia superiore, sia
inferiore e che rnolteplici sono i piani sui quali tanto la sicurezza che
il pericolo rientrano nell'ordine. Invece neJ borghese va visto l'uomo
che come valore supren10 riconosce soltanto la sicurezza, detenninando
in base a ciò la sua condotta di vita». «Le condizioni per la sicurezza
che il progresso cerca di realizzare si legano al dominio universale della
ragione borghese, la quale dovrebbe non solo lirnitare, ma alla fine
distruggere le fonti del pericoloso. E per venire a tanto che, alla luce
della ragione, il pericoloso viene presentato come l'irrazionale, tanto
da togliergli ogni diritto di fare parte della realtà. È assai importante,
in tale mondo, vedere l'assurdo nel pericoloso: questo se1nbra elimi
nato nel punto in cui allo specchio della ragione esso appare con1e un
errore>>.
«Negli ordìna1nenti sia spirituali che oggettivi del mondo borghese
si può constatare tutto ciò», continua lo Junger. «In grande, lo si può
vedere nella tendenza a concepire lo Stato, il quale si basa essenzial
mente sulla gerarchia, in termi1ti di società, cioè di una forma cbe per
principio fondamentale ha l'eguaglianza e che si è costituita n1ediante
un atto della ragione. Si rivela nell'organizzazione co1nplessiva di un
sisten1a di sicurezza che dovrebbe ripartire ogni rischio non solo nel
carnpo della vita politica interna ed estera ma anche in quello della
vita individuale, nella tendenza a dissolvere il destino attraverso un cal
colo delle probabilità. Si rivela infine nei 1nolteplici, complessi tenta-
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tivi di riportare la vita dell'anima a rapporti di causa ed effetto, tanto da
trasferirla dal dominio dell'imprevedibile a quello del calcolabile,
epperò di inserirla nella sfera illun1inata dalla coscienza esterna». In
tutti i ca,npi, la tendenza è di evitare i conflitti, di dimostrare l'evita
bilità dei conflitti. E dato che questi malgrado tutto intervengono, pel
borghese «l'i1nportante è din1ostrare che essi sono un errore di cui l'e
ducazione o l'illun1inazione delle 111enti dovrà impedire il ripetersi>).
Tutto questo sarebbe però un inondo di o,nbre, e l'illuminismo
sopravvaluterebbe le forze di cui dispone nel credere che esso possa
tenersi in piedi. In realtà, «il pericoloso è se,npre presente; come un ele-
1nento della natura esso cerca di continuo di infrangere la diga con cui
l'ordine lo chiude, e per le leggi di una 1natematica occulta ma infalli
bile, esso si fa tanto più minaccioso e mortale quanto più l'ordine cerca
di escluderlo. Infatti, esso vuol essere non soltanto un ele1nento di quel
!'ordine, n1a anzi il principio di una superiore sicurezza, che il borghese
non potrà 1nai conoscere». In genere, se si potrà anche escludere l'ele
mentare da un dato genere di esistenza, «a ciò sono poste certe leggi,
perché l'ele1nentare non esiste soltanto nel mondo esterno ma è anche
inseparabile dalla vita di ogni individuo>). L'uomo vive nella elemen
tarità sia in quanto è un essere naturale, sia in quanto è un essere
mosso spiritualmente da forze profonde. «Nessun sillogismo potrà.mai
sostituire il battere del cuore o l'attività dei reni, né esistono grandezze,
a partir dalla stessa ragione, che di tempo in ten1po non soggiacciano
alle passioni, nobili o ignobili che esse siano». Infine, riferendosi al
inondo economico, lo Jiinger nota che <<per bello che sia il modo co11
cui vengono impostati i calcoli, l'unico risultato dei quali dovrebbe
essere la felicità, ri1nane pur se111pre un residuo che si sottrae ad ogni
analisi e che l'essere umano avverte per via di un sentimento di
depauperazione e di crescente disperazione)>.
L'ele1nentare ha perciò una duplice scaturigine. «Per un lato, ha la
sua fonte in un mondo che è sempre pericoloso, così con1e il mare
cela in sé il pericolo anche quando non è mosso da un alito di vento.
Dall'altro, le sue sorgenti si trovano nell'anitna u1nana, la quale
bran1a il giuoco e l'avventura, l'amore e l'odio, i trionfi e le cadute,
sente il bisogno del rischio non n1eno che della sicurezza; ad essa w10
stato assolutamente ' sicuro appare, a ragione, cotne uno stato di
incomJJletezza'i>. E però abbastanza evidente che con tali parole lo Jtinger
si rife.risce di già ad un tipo umano diverso da quello da cui ha preso
le 1nosse il inondo borghese, e che, a sua volta, tale mondo alleva.
11 dominio dei valori borghesi lo si può dunque 1nisurare «dalla
distanza in cui l'elen1entare sembra essersi ritirato dall'esistenza>). Lo
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Dovunque lo Stato, seguendo rigidamente i1 principio borghese, si
rifà ad astratte categorie razionali e rnoralizzanti, ed esclude l'elemen
tare, in realtà fa sì che quest'ulti1no si attivi al di fuori di esso. «11 n1orale
e il razionale non essendo leggi primordiali ma solan1ente leggi dello
spirito astratto», dice lo Jiinger, «ogni autorità o dominio che voglia
basarsi su di essi è solo apparente, e nell'area corrispondente la sicu
rezza borghese non tarda a palesare il suo carattere utopico e effunero».
Sarebbe difficile contestare la realtà di questa dialettica anche nel
periodo dopo che L'Operaio fu scritto. Ad essa si legano uno dei fat
tori principali della crisi del mondo borghese e l'altra faccia, infon11e,
oscura e pericolosa, delle strutture societarie moderne ordinate e rego
late solo in superficie, prive sia di un Si!,'11ificato sopraordinato, sia di
radici negli strati psichici più profondi.
Già quando fu scritto L'Operaio, dopo la prima guerra inondiate, era
apparso chiaro co1ne un analogo fenon1eno di contraccolpo fosse stato
provocato sul piano internazionale dall'applicazione di analoghi prin
cipi, in pa11icolare del concetto borghese della libertà astratta: nella
1nisura in cui al principio della den1ocrazia nazionale è stata ricono
sciuta una validità universale e indiscri1ninata, esso ha contribuito ad
uno stato di anarchia mondiale creando nuove cause di crisi dell'or
dine antico, cotne nella rivolta dei popoli coloniali e di tutte le forze a
cui, in Europa e fuori, il principio dell'autodecisione dei popoli ha dato
una sovranità politica anche quando si trattava di ceppi e di popolazioni,
dice lo Jiinger, «il no111e delle quali ci era noto non attraverso la storia
politica ma al massitno attraverso i rnanuali di etnologia. Di ciò la natu
rale conseguenza è la penetrazione di correnti puramente elernentari, di
forze appartenenti meno alla storia che non alla storia naturale, nello
spazio politico». Oggi tutto questo appare esatto in ancor più alto grado.
Per noi è però più i1nportante esarninare la crisi del siste1na nei
suoi aspetti spirituali. Lo Jiinger parla anzitutto di fonne di difesa o di
co1npensazione già 1nanitestatesi in margine alla società borghese col
fenomeno romantico. «Vi sono periodi nei quali ogni relazione del
l'uorno con l'elementare si n1anifesta i.n propensioni romantiche nelle
quali f,,jà si cela un punto di frattura. Dipende da.ll'una o dall'altra cir
costanza che cotesta frattura si faccia anche visibile, in un perdersi nelle
lontananze, nell'ebrezza, nella follia, nella miseria o nella morte.
Sono tutte fonne di una fuga nella quale il singolo, dopo aver cercato
invano una via d'uscita in tutta l'area del inondo spirituale o 1nate
riale, cede le arn1i. Però talvolta la capitolazione può aver anche le appa
renze di un attacco, come quando una nave da guerra che già affonda
spara alla cieca un'ultima bordata».
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(I) Cfr. l'omonimo scritto jungeriano: // cuore avventuroso. Guanda, Parma, I 994
(N.d.C.).
52
(2) Pubblica10 nel 1929, divenne famoso anche grazie ad lUJ fìln1. Noto anche con altri
titoli - Ad Ovest 11111/a di 1111ovo e Niente di nuovo sulfronte occidentale - è con que
st'ulti,no che è stato ris1runpato per l'ultima volta da Mondadori nel 1986 (N.d.C.).
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combattiva nell'insieme della vicenda assume un carattere meno indi
viduale che funzionale». Inoltre si scoprono corrispondenze fra il punto
della distruzione e l'àpice spirituale di una esistenza; e qui scaturiscono
presentimenti della persona assoluta. I rapporti con la morte si trasfor
mano e «la distruzione può cogliere il singolo in quegli attirnj preziosi
in cui a lui si richiede un massimo di in1pegno vitale e spirituale». Allora
«nella fine può esser anche riconosciuta la più alta libertà». Tutto ciò
diviene una parte naturale, voluta in anticipo, di un nuovo stile di. vita.
Si presentano infine «imagini dì una supre1na disciplina del cuore e
dei nervi, prove dì una estrema, lucida, quasi metallica freddezza, nelle
quali la coscienza eroica sa usare il corpo come un puro strumento,
imponendogli una serie di azioni complesse di là dall'istinto di con
servazione. Fra le fianm1e di w1 aereo colpito, nelle can1ere d'aria di un
so1runergibile affondato si compie ancora un lavoro che, propria1nente,
trascende la sfera della vita e dì cui nessun co1nunicato darà 1naì notizia».
I due termini che in questo "tipo" si uniscono sono dw1que l'elen1en
tare in atto in sé e fuori di sé, e la disciplina, l'estrema razionalità e
oggettività,
. un controllo astratto assoluto nell'attivazione totale del pro-
pno essere.
È così che, secondo lo Jlinger, già nel corso della pritna guerra mon
diale si è preannunciata una nuova "forma inten1a", e noi abbiamo già
detto che in essa egli vede quella che, a parte le estrinsecazioni guer
riere e le accennate, eccezionali culminazioni, sarà decisiva per una
Utnanità in divenire. La crisi definitiva del mondo borghese e di tutti gli
antichi valori, per Io JUnger è dovuta alla civiltà della tecnica e della
tnacchina, con tutte le forme di ele1nentarità che vi si legano. Sostai1-
zialmente identico sarebbe il tipo dì colui che spiritualmente è non il
vinto ma il vincitore, sia sui moderni ca1npi di battaglia, sia in un mondo
assolutamente tecnicizzalo. Sostanzialmente identico sarebbe il genere
di superamento e di formazione interiore che in entrambi i casi è
richiesto. È così che si delinea la figura di colui che lo Jiinger chiama
l'operaio, der Arbeiter, e che una continuità idea.le unirebbe «al soldato
vero, invitto, della grande guerra».
Il concetto di lavoro
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dell'esposizione il significato attribuitogli subisce notevoli ,nutarnenti,
e che il lettore di questi dovrà tener conto.
L'Operaio jtingeriano non si identifica allo strato sociale cui viene
abituahnente riferita tale designazione. li "lavoro" che lo definisce
include, sì, le attività corrispondenti alle fonne moden1e della produ
zione e del dominio della materia, ,na anche le trascende ed esprime un
modo generale di essere. Lo Jiinger in un punto parla perfino, kantia
namente, di un carattere non empirico, rna "intelligibile" (noumenico)
del lavoro, e poi, esplicitamente e ripetutamente, di una ",netafisica" di
esso. Nell'epoca del lavoro, egli dice, non v'è nulla che non possa venir
concepito sotto specie di lavoro. Lavoro «è l'attacco e il tener fe,mo su
posizioni perdute» non ,neno del produrre. È lavoro «la velocità del
pugno, del pensiero, del cuore, della vita diun1a e nottun1a, la scienza,
l'atnore, l'arte, la fede, il culto, la guerra: lavoro è la vibrazione del
l'atomo e la forza che muove gli astri e i sistemi solari». L'"Operaio"
è una figura inedita che co,npenetra di un nuovo significato ogni estrin
secazione dell'esistenza, come in altri tempi accadde, per esempio,
per la figura del cavaliere e pel sentilnento cavalleresco. In genere, come
lavoro nel senso dello Juuger si può intendere la categoria dell"'essere
in atto", con relazione ad un tipo umano caratterizzato da rapporti attivi,
inattenuati, efficienti con le forze pure, oggettive della realtà, da un
nuovo connubio con l'elementare in sé e fuori di sé. Tuttavia resta anche
un riferimento specifico al inondo mode1no della tecnica, una fonnula
preferita dello Ji.i.nger essendo che «la tecnica è il 1nodo con cui la figura
dell'operaio 1nobilita il inondo», e lo stato finale essendo associato alla
tecnicizzazione e motorizzazione totale, per quanto in vista meno
delle realizzazioni materiali che non in funzione del co1nando, dell'esser
in atto, dominando la propria creatura e la propria opera, a cui la
natura si piega. Pertanto qui il "lavoro" appare come una grandezza
auto1101na, non derivata, non subordinata alla economia, alla politica e
alla cultura; vale come un modo d'essere, che non è quello dell'ho,no
faber semplicen1ente, nia di chi sente di stare nell'essere e di parteci
pare all'essere in quanto è assolutamente in atto. È cosi che, come
vedremo, vengono anche distinti due gradi del lavoro, corrispondenti,
nella ten11i.nologia dello Jiinger, al "carattere speciale" e al "carattere
totale" di esso. Nei suoi aspetti speciali (o meglio, specializzati), il
lavoro subisce la condizionalità del suo oggetto; nel suo aspetto totale
ha la qualità i11divisibile di un unico n1odo d'essere, e si riferisce al tutto.
Del resto, che l'operaio dello Jiinger non sia una grandezza econo
mica, lo si poteva già desu1nere da quel che il nostro autore ha detto a
proposito dell'economia e dell'impossibilità di venire ad uno sfonda-
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la dottrina dellafigura
Lo Jiinger parla del nuovo tipo co1ne di una figura, Gestalt. Nel sigru
ficato speciale in cui qui viene usato, questo terrnine è preso dalla
filosofia organica, o dell'interezza (Ganzheitslehre). Il principio di
questa dottrina, che in Gennaoia ha vari esponenti, è che «il tutto è
più della somma delle parti che lo co1npongono», e in essa alla "figura"
viene dato il significato di un tipo p1imordiale o archetipo, quasi di idea
platonica, che si crea una propria fonna vivente nello spazio visibile
«corue un sigillo la sua impronta». Dice lo Junger che il 111ondo bor
ghese «non ha avuto alcun rapporto col mondo delle figure. Esso rusfece
tutto in idee, in concetti o meri feno1ne:ni, e di questo spazio fluido i poli
furono la ragione e la sentimentalità». Nel inondo nuovo, si tornerà
invece a pensare in funzione di figura. Solo così si «potranno conoscere
gli esseri in tutta la ricchezza e l'unità della loro vita». Le figure non
sono storicamente condizionate; invece sono esse a condizionare la
storia, la quale è la scena del loro rnanifestarsi, del loro succedersi,
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l'Operaio e il Superuo,no
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superuomo e volontà di potenza perdono le loro dimensioni anarchjche,
nihilistiche e individualistiche; è bensì conservata la corrispondente
dimensione "ele1nentare", tna nel quadro di fonne oggettive precise,
impersonali, di estrinsecazione. Il punto finale di riferimento per lo
Jiinger sarà infatti un mondo dell'ordine e dell'essere, non della potenza
informe.
Lo .funger ha riconosciuto che l'orientamento del superuo1no non
si esaurisce nell'episodio costituito dalla filosofia nietzschiana. Lo
ritrova «nella storia delle scoperte geografiche e cosrnografiche, in
quelle invenzioni il cui senso riposto è una volontà di onnipotenza, di
onnipresenza e onniscienza, il più temerario degli eritis sicut Deus»; lo
ritrova altresì nelle stesse teorie del progresso, ove si prescinda dai loro
aspetti illununistici e rnaterialistici. Vi è, nel progressis1no, un «fondo
nascosto», «una ebrezza del conoscere la cui 01igine è più che logica,
un orgoglio della invenzione tecnica, dell'accesso al dominio illimitato
dello spazio, che contiene il presentin1ento di una più profonda volontà
di potenza, rispetto alla quale tutto ciò è solo annatura per insospet
tate lotte e rivolte, e proprio per questo essa è così preziosa e degna di
una cura più an1orosa di quella che mai guerriero abbia dedicato alle
sue armi». Ma qui torna a porsi il proble1na della giustificazione o, co1ne
Jùnger lo chiama, della legittimazione. La legittimazione del nuovo tipo
sarà da din,ostrarsi con la sua reale capacità di controllare tale mondo,
dato che «Io spirito, per così dire, ha sopravvanzato sé stesso nell'ac
cun1ulare un 1nateriale il quale attende ancora un potere che lo ordini.
Così è nato un caos di fatti, di stru1nenti di potenza e di possibilità di
1novimento», e l'attuale situazione proble1natica dipenderebbe dal fatto
«che questo dorninio non si è ancora realizzato, che quindi viviamo in
un'epoca in cui i 1nezzi sen1brano più importanti dell'uomo».
La seconda differenza fra la teoria del!'operaio e quella nietzschiana,
sta nella subordinazione. propria alla prin1a, della potenza ad un
"essere", cosa che appare nan1rale conseguenza del rigetto della con
cezione astratta e anarcmca della volontà di potenza. Lo Jiinger postula
«la connessione inseparabile della potenza con una unità di vita salda
e ben determinata, con un "essere" indiscutibile; l'espressione di un tale
essere è appunto ciò che si 1nanifesta come potenza, e senza di esso
portar delle insegne è cosa priva di senso». Perciò «la diversa natura
dell'operaio, quel suo speciale essere che abbiamo chiamato la sua
figura, è assai più i1nportante delle forme di una potenza voluta. Questo
essere è potenza, in tutt'altro senso; è un capitale originale che investe
sia lo Stato che il inondo e che si crea propri concetti e proprie orga
nizzazioni>). L'eliminazione del mo1nento individualistico è poi con-
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Sullafase dì transizione
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M atenal e protetto da copyright
particolare riguardo del inondo 1neccanizzato lo Jiinger aggiunge:
«Osservando questo tnovimento, tnonotono .
malgrado tutto, che fa .pen-
sare ad un ca1npo di mulini tibetani da preghiera, questi ordinamenti
che rassomigliano alla geometria delle Piranudi, la quantità di vitti1ne
che, maggiore di quelle che nessuna Inquisizione o nessun Moloch mai
richiese, cresce di giorno in giorno con mortale certezza, nell'osservare
tutto questo, quale occhio che sappia verarnente vedere non riconoscera
che un destino e un culto agiscono dietro le cause e gli effetti che velano
le lotte dei nostri tetnpi?». L'elemento metafisico è una immobilità
che si nasconde dietro il 1novi1nento: «Quanto più si corre tanto più inti
mamente dobbiamo sentire che nel movimento si cela un essere i.mn10-
bile e che ogni accelerazione della velocità è solamente la traduzione
di una lingua pri,nordiale eterna». Lo Ji.inger crede di percepirne «la
calma, preformata potenza in alcuni 1no1nenti i.n cui intenzioni e scopi
non turbano il sentire. Così talvolta, quando into1110 a noi tace la tem
pesta dei 1nartelli e delle ruote, sembra che ci si faccia incontro in modo
quasi corporeo la cabna che si nasconde dietro l'eccesso del movimento,
ed è una buona usanza del nostro te1npo che, per onorare i morti o per
itnprimere nella coscienza mo1nenti di particolare significato, si
sospenda per alcuni minuti il lavoro, come per un superiore co1nando.
Quel movimento è infatti solo un si,nbolo della forza più interna ... Lo
stupore per l'arrestarsi di esso è, in fondo, lo stupore dell'udito che
per un n1omento crede di percepire le più profonde sorgenti che ali
mentano lo svolgersi del rnovin1ento nel ternpo: il che eleva quell'atto
alla dignita di un rito)>.
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Il inondo della tecnica
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scia di cadaveri, di si1nboli spezzati», crea aree di distruzioni in corri
spondenza al graduale, invisibile affermarsi della nuova figura.
Ci si parla dello spettacolo offerto dalle grandi città, «che è quello
di un ,novimento crescente svolgentesi in un rigore i1npersonale. Questo
movilnento è tninaccioso e uniforme; trasporta tàsce di masse mecca
tùche le une vicino alle altre, in una mareggiata monotona regolata da
segnali luminosi e acustici. In questi insiemi scivolanti e rotanti che fan
pensare al 1noto di un orologio o di un mulino, l'ordine rappresenta il
suggello della coscienza, del lavoro razionale preciso ... Il genere del
1novi1nento, di cui si tratta, non regna soltanto nel ritn10 dei freddi e
luminosi cervelli 1neccanici che I 'uon10 si è creato. Lo si percepisce
dovunque l'occhio arriva: non solo nei mezzi di comunicazione, in
cui il superamento meccanico delle distanze cerca di raggiungere la
velocità dei proiettili, ma anche in ogni attività», nei campi, nelle
n1iniere, sulle dighe, dalla più modesta banca operaia fino ai grandi
distretti della produzione; non esula dai lavoratori della scienza e
dagli uffici com111erciali. «Vige dove si pensa e si agisce, così come
dove si combatte e ci si diverte ... In esso si_ esprime la voce del
lavoro, tanto prilnitiva quanto onnicomprensiva, che tende a tradurre
nei suoi termini tutto ciò che può essere pensato, sentito o voluto». La
natura di tale lingua è essenzialmente 1neccanica. Ma per lo Jiioger è
assai importante rilevare che nello spazio nuovo <<l'antica distinzione
tra forze meccaniche e forze organiche cade in difetto». «Qui tutte le
frontiere si confondono stranamente e sarebbe ozioso chi.edersi se la
vita avverta un crescente irnpulso ad esprimersi in tennini 1neccanici
ovvero se speciali potenze rivestenti ,naschere 1neccaniche stiano ripren
dendo la realtà vivente nella loro orbita», l'una cosa potendo, del
resto, non escludere l'altra. «Ma quali pur siano le ragioni, partendo
dalle quali si produce lo sfondamento, e quale pur sia l'atteggiamento
che si prende di fronte ad esso, non può esservi dubbio circa la sua
ineluttabile realtà».
Lo Junger dà dunque adeguato rilievo ad un punto non sufficiente
mente riconosciuto dalla critica al nostro tempo, la quale partendo
dall'idea del preteso carattere neutro, cioè di semplice mezzo, della tec
nica moderna non approfondisce le fatali implicazioni di essa. Ogni vita
ha una sua tecnica che, sola, le è adeguata e congeniale, dice lo
Jiinger. Così «accogliere una tecnica estranea è un atto di vassallaggio
le cui conseguenze .sono tanto più gravi, in quanto esso si compie
anzitutto nello spirito». La tecnica moderna, che è quella della mac
china, «va compresa come il simbolo di uno speciale tipo umano, per
cui quando è un tipo diverso a servirsene è come se si riprendesse un
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rituale da un culto straniero». 11 centro dell'argomentazione dello Jiinger
è appunto che se tale tecnica ha un rapporto organico e naturale con la
figura dell'Operaio, essa è distruttiva per ogni diversa figura, comporta
un attacco, visibile, contro tutti gli antichi legami Ciò spiega l'avver
sione per la tecnica, in origine istintivamente provata dagli tùtimi rap
presentanti delle caste principali (Ursti:inde) in cui le società tradizio
nali si articolano prima dell'èra borghese: sacerdoti, guen·ieri e conta
dini: «li vero guerriero usa malvolentieri i nuovi mezzi bellici messi a
sua disposizione dalla tecn.ica. Negli eserciti moden1i dotati degli ultin1i
mezzi tecnici non è più il guerriero come esponente di w1a casta a com
battere allorché li usa, ma quegli eserciti sono la fortna guerriera in
cui appare la figura dell'Operaio. Analogamente, nessun sacerdote cii
stiano dovrebbe aver dubbi sul. fatto che la lampadina elettrica al
posto della fia1n1na perpetua non è più qualcosa di sacro, n1a soltanto
di tecnico. Ma se non esiste una tecnica neutra, astratta, è certo che
qui agisce una diversa influenza; quei religiosi cbe ancora identifi
cano il re1:,1110 della tecnica con quello di Satana diinostrano un istinto
più sicuro di quegli altri che mettono il 1nicrofono vicino al corpo del
Cristo. Del pari, dovunque il contadino usa rnaccbine e motori, non si
può più parlare di una casta contadina. li contadino che comincia a lavo
rare i ca1npi con la forza rnotrice, anziché coi cavalli, non appartiene
più ad una casta. È un operaio in speciali condizioni, e contribuisce alla
distruzione dell'ordine sociale articolato in corpi o caste non 1neno di
quanto vi contribuirono i suoi padri passati direttamente all'industr i a
lismo. Per cui, non meno che per l'operaio industriale, il nuovo p r o
blema che .
gli si pone è di incarnare la figura dell'operaio oppure di
sco1npanre».
Che la tecnica colpisca le unità storiche e tradizionali, appare
anche nel caso particolare della guerra. Dice lo Jiinger che nella loro
di1nensione metafisica i veri fronti della guerra rnodema sono stati
diversi da quelli che hanno diviso i combattenti, ed è con1e se i bom
barda1nentj contro gli opposti fronti si fossero diretti contro un unico
fronte essenziale. Considerata come un processo tecnico, I.a guerra
moderna spezza qualcosa dì più della sernplice resistenza della nazione
vinta. Essa in1plica un attacco invisibile contro coloro che usano i mezzi
tecnici. In guerra le nazioni e gli Stati non corrispondono che molto
poco a quel che erano nell'èra precedente; essi assu1nono la forma di
unità del lavoro. Vengono evocate, rnobilitate e attivate forze che vanno
assai oltre gli scopi voluti. «E se al centro della vicenda, cioè nel
punto da cui si irradia la disnuzione, rna ad essa non soggiacendo, scor
geremo la figura dell'operaio, ci si rivelerà il carattere unitario, la logica
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attraverso il fabbro, la nave attraverso il tipo del navigatore, del pari
la metafisica dello stJumentario tecnico si paleserà solo nel punto in cui
apparirà la razza dell'operaio con1e una grandezza ad esso sopraordi
oata».
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e «anche là dove si vedono colonne come di fon11iche il cui 1noto in
avanti non avviene a piacere 111a obbedisce ad una automatica disci
plina», non si può disconoscere che «essa comincia a presentare una
diversa struttura».
«Anche a prescindere dal fatto che l'epoca riduce ad un minimo la
differenza fra gli individui, può constatarsi una particolare inclinazione
al rittno con1une dei pensieri, dei sentimenti e dei 1novi1nenti». Tutto
ciò che ancora si lega alle articolazioni, ai corpi delle società tradizio
nali (vesti, gesti, rnodo di parlare, comporta1nenti) appare anacronistico,
ha il carattere dei residui e delle fon.ne vuote. «Distinguere ancora gli
individui secondo classi, caste e perfino secondo professioni è, perlo-
1neno, divenuto difficile)). E dovunque sul piano etico, sociale o poli
tico, ci si sforza ancora di venire ad un ordinamento partendo da
quelle antiche articolazioni, si finisce col trovarsi non nei settori deci
sivi del fronte «ma in una provincia del XlX secolo che il liberalismo,
in un lavoro di decenni, col suffragio universale, la coscrizione gene
rale, l'istruzione obbligatoria, la mobilitazione della proprietà fondiaria
e altri principi ancora, ha livellato a tal segno che ogni sforzo in quel
senso, e ricorrendo a quei ,nezzi, appare come uno scherzo. Quel che
però non risulta ancora in ,nodo altrettanto chiaro è il modo in cui la
diversità delle occupazioni sta venendo meno a poco a poco», pel
fatto che tutto assume un carattere di "lavoro". «Mentre cresce la
divisione dei singoli dominì e, quindi, anche il nurnero delle profes
sioni, dei tjpi e delle possibilità di attività, questa stessa attività si
unifonnizza e in ognuna delle sue varietà va quasi ad esprirnere uno
stesso 1novi1nento elementare. Ne risulta una stupefacente uniformità
dei procedimenti che può essere colta in tutta la sua estensione solo da
colui a cui fosse dato di guardare dall'esterno il nostro mondo. Tutto
questo tramenìo rasson1iglia alle imagini mutevoli di una lanterna
1nagica che proietta un'unica luce».
Al che va anche riferito il fatto, che lo stesso concetto della presta
zione personale sta profondamente mutandosi. «La ragione specifica di
tale fenomeno è che oggi il centro di gravità dell'attività si è spostato
dal lato individuale del lavoro al lato totale di esso. Pertanto, diviene
secondario a quali persone, a quali nomi, si leghi il lavoro. Ciò vale non
soltanto per le azioni in senso proprio, n1a anche per ogni specie di atti
vità. Ci si può riferire al fenomeno del milite ignoto)). Ma, dice lo Jiinger,
oggi non esistono soltanto militi ignoti, esistono anche stati maggiori
ignoti. «Dovunque si porti lo sguardo, s'incontra un lavoro prodotto
in questo senso, anonitno>>.
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Nello stesso dominio delle moderne conquiste tecnico-scientifiche
le cose non vanno altrimenti. «Spesso l'origine effettiva delle più i1npor
tanti invenzioni scientifiche e tecniche 1noden1e è oscura. La situazione
fa pensare ad una trama dove ogni nuova maglia è prodotta da fili
1nolteplici. Si possono, sì, indicare dei nomi, 1na essi hanno qualcosa d.i
accidentale. Sono quasi lampeggianti anelli di una catena, i presupposti
della quale restano nel bnio. Vi sono prognosi di scoperte che conferi
scono un carattere puramente casuale al felice contributo di indi
viduo: materie della chimica organica ancora mai viste eppure già
note in ogni loro proprietà, astri accertati dal calcolo ma non ancora
scorti da alcun telescopio>>. A tale riguardo lo Jiingcr rileva che sarebbe
superficiale ascrivere in attivo a enti collettivi, istituti di ricerca, labo
ratori tecnici o complessi industriali ciò che va perduto per .l'individuo.
In realtà il carattere totale del lavoro abbatte le frontiere sia indivi
duali che collettive ed è ad esso che nel nostro ten1po si rifa ogni pro
duttività.
«Il grado raggiunto dal processo di dissoluzione dell'individuo lo
si può riconoscere ancor 1neglio dal modo in cui cotninciano a trasfor
m.arsi le relazioni fra i due sessi>>. Quando l'èra borghese scoprì l'in
dividuo, fu anche concepito un nuovo tipo di amore romantico, idea-
1 izzato e sentimentale, che orn1ai appartiene al passato: Werther e
Carlotta rientrano nei bei tempi antichi co1ne, a sua volta, il mondo della
Nuova Eloisa e di Paolo e Virginia era apparso scaduto. In questo, con1e
in altro campo, è visibile un processo di dissoluzione e di impoveri
mento. l\tfaggiore spazio di quel che lo Jiinger vi abbia dato in un rapido
accenno, potrebbe essere infine concesso ali'osservazione del I' at
tacco contro l'individuo insito nei ritorni alla natura: rito1ni, i quali
hanno un carattere assai diverso da quello idilliaco e pittoresco del
periodo borghese. Vi è un elemento nihilistico, primitivizzante e livel
latore, nota giustamente lo .Jiinger, sia pure senza sviluppare a suffi
cienza questo punto, in tutto ciò che oggi è cultura del corpo, sport,
igiene, banale culto del sole da spiagge estive, «vita nella natura».
Cosi il morire dell'individuo presenta oggi forme 1nolteplici: da
quelle che sono ancora argo,nento di una letterah1ra crepuscolare, fino
a quelle grigie della "n1orte econon1ica", con «processi che, come
l'inflazione, mietono innu,nerevoli vite anoni,ne». Queste trasfonna
zioni colpiscono l'essere, colpiscono «sia ciò che è più visibile, sia
ciò che è più nascosto». Cosi per lo Jiinger è cosa indifferente, secon
daria, che la fine dell'individuo coincida, o meno, con la morte del
singolo. A tale proposito egli non manca di riferirsi nuovamente all'e
sempio della guerra rnoderna, le esigenze della quale eliminano tutto
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battere che dello sport, del cameratismo, della poljtica, oltre che in quei
luoghi in cui l'uomo ha stretti rapporti, rapporti quasi da centauro, coi
mezzi tecnjci ... Come l'habitus in genere, la foggia di vestire è più pri
mitiva, pritnitiva nello stesso senso delle caratteristiche di razza. La
caccia e la pesca, la vita sotto deterrninati cieli, l'aver a che fare con
an.itnali, in ispecie con cavalli, creano un analogo unifonnisn10. Cotesto
unifonnismo è uno dei segni del rafforzarsi e del moltiplicarsi dei nessi
oggettivi che oggi inlpegnano l'individuo».
In genere, il Tipo segna il passaggio dall"'unico" aJl'"univoco". L'.in
dividuo borghese si presenta con un carattere unico, irripetibile (ein
malig), il Tipo con un carattere univoco (eindeutig). Questo punto
sarà approfondito più oltre. Lo JUnger torna spesso a questa contrap
posizione, che qui gli serve per lumeggiare la trasforn1azione subita dal
concetto di qualità. Nell'ultima fase del periodo borghese il "qualit a
tivo" aveva strette relazioni con l'individuale e, nel campo delle cose,
si riferiva a quel che è proprio ad un'opera o ad un oggetto unico, p r o
dotto a sé. Oggi il suo significato è diverso. Rileva lo JUnger che, ad
esempio, ai nostri giorni chi guida una macchina non penserà mai di
possedere un n1ezzo fabbricato in vista di ciò che egli è, come partico
lare individuo. Quel che egli tacitarnente intende per qualità è la marca,
il modello, un dato tipo. La qualità individuale dell'oggetto gli vale
come una semplice curiosità addittiva, o come cosa da museo. A suo
luogo, lo Jii.nger farà delle riserve, distinguendo ciò che è "tipico" da
ciò che è standardizzato. Si può pensare che l'uno e l'altro siano però
le due facce, positiva e negativa, della stessa medaglia, due n1anifesta
zioni dello stesso processo.
Osservazioni analoghe vengono fatte nel do1ninio del teatro e del
cine1na. Al centro del teatro vi era l'attore come individuo, e a un lavoro
· drrunmatico si chiedeva che rappresentasse l'individuo. Invece nel film
si richiederebbe che l'attore rappresenti piuttosto un tipo. E il film
ooo conosce differenze di esecuzione, interpretazioni che non si ripe
tono più; un fihn viene riproiettato con precisione 1natematica in qual
siasi quartiere di una città e in qualsiasi paese; il suo pubblico non è
un pubblico paiticolarc, una comunità estetica, ,na un pubblico uniforme
quale lo si può trovare dappertutto.
Ha relazione col carattere a 1naschera del Tipo, di cui si è detto, I' i m
portanza crescente che ,
nella vita ,node.ma ha il nu1nero, proprio i n ter-
mini di precise cifre. E, di nuovo, un processo corrosivo per l'individuo,
che però prepara nuove strutture, quelle che lo Jiinger chiamerà le
"costruzioni organiche". Se in precedenza il singolo «nella stessa deter
tninazione della sua individualità si era riferito ai suoi valori partico-
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che nelle foreste tropicali incide l'albero della gomma. J-la dunque carat
tere totale e si distingue dall'inserimento teorico del singolo nella
sfera dei diritti universalistici dell'uon10 per il suo carattere assoluta-
1nente pratico e necessario. Se si poteva scegliere di essere, o meno,
un borghese, una uguale libertà non è più data riguardo ali'esser operai.
Ciò delimita di già l'ambito complessivo di una diversa gerarchia: è
quello di una appartenenza esistenziale inevitabile al tipo, in una to r -
1naziooe interna, in una impronta unpressa dalla figura; iinpronta che
si realizza per la forza di una ferrea legge».
Qui, di nuovo, è ancora difficile separare con esattezza le fonne pas
sive da quelle attive e positive. Nel secondo caso sono richieste altre
qualità, altre virtù, altre vocazioni di quelle a cui fu e spesso ancora
viene riconosciuto un valore. Di contro al precedente isolamento indi
vidualistico, l'uo,no nuovo dovrebbe sentire che la libertà «non è più
il principio per la formazione di una esistenza a sé, ma consiste nel grado
in cui nell'esistenza del singolo si esprime la totalità del inondo in cui
è inserìto».
L'univocità del Tipo, di cui si è parlato, ha strette relazioni con la
funzionalità di esso. E un altro aspetto del nuovo mondo del Tipo
sarebbe, che il singolo «non è insostituibile, ma assolutamente sosti
tuibile». Anche questa è una prova di resistenza da superare, nel pro
cesso della spersonalizzazione attiva o passiva. A d una parte di un
n1otore che si spezza o logora se ne può sostituire un'altra, purché
risponda all'identica, rigorosa funzionalit.-'1 oggettiva.
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o dì un ring». La differenza viene chiarita col fatto che mentre la 1nassa
è essenzialmente inforn1e, sì che ad essa può bastare l'eguaglianza
astratta, pura1nente teorica degli individui, al contrario «le costruzioni
organiche del XX secolo sono tonne di tipo cristallino e come tali richie
dono un. ben diverso grado di strutturazione nel Tipo che vi figura».
Praticarnente, a tutto ciò, a quanto oggi si preannuncia con1e
costruzione organica, si appartiene meno per una decisione della libertà
borghese, che non in forza di nessi oggettivi detern1inati daJ carattere
speciale del lavoro. Dal piano banale, riferendosi al quale lo Jiinger,
esemplificando, rileva che «se è facile entrare in un partito di vecchio
tipo e uscirne, non è altrettanto facile staccarsi dal gntppo di cui si fa
parte quale utente dell'energia elettrica», si va fino alle partecipazio11i
fw12ionali; per un analogo carattere di appartenenza oggettiva, «auche
un sindacato può innalzarsi al rango di una costruzione organica». Lo
Jiinger ritiene che «nel suo senso nascosto ogni lotta economica del
nostro ternpo tende ad elevare la stessa economia, presa nel suo c o m
plesso, al rango di una costruzione organica, che come tale sarà sottratta
all'iniziativa sia dell'individuo isolato che dell'individuo quale sem
plice parte di una ,nassa».
Riassu1nendo, il processo co1uplessivo dei te,npi moderni si pre
senterebbe dunque nei seguenti termini: l'individualisrno ha dato luogo
dissolutivan1ente alla massa portando verso l'uniforme, verso il puro
regno della quantità; però la fase collettivistica (fase che lo Jtinger
non ha però considerato in tutta la sua importanza, nei suoi aspetti anche
psichici) sarebbe destinata a dar luogo a unità oggettive funzionali
ben differenziate, caratterizzate, fra l'altro, dal superan1ento del!'op
posizione tra fonne organiche e fonne ,neccaniche. L'espressione scelta,
"costn1zioni organiche", si rifà palesemente a questa caratteristica, in
apparenza paradossale. ln essenza, sernbrerebbe trattarsi di una orga
nicità non avente una base naturale, naturalistica e, in genere, data, come
nel caso dei corpi o delle caste delle società tradizionali, ma creata da
un associarsi di volontà nel quadro di processi necessari e oggettivi, col
"lavoro" come sfondo specifico, e di pari passo con la spersonalizza
zione insita nel valore funzionale proprio al Tipo. Per le forme più
alte, Io Jiinger parlerà di Ordini e, in genere, traccerà lo schema di una
nuova gerarchia destinata a prendere il posto di quella fondata sui valori
individualistici o sul concetto borghese di "classe".
�fa tonliamo allo studio dello stadio di transizione. Scrive lo Jiinger:
«In relazione all'uon10 il lavoro può essere considerato corue un
modo di vita, in relazione alla di lui attività con1e un principio, in rela
zione alle forme come uno stile>>. Ogni rnutamento dello stile si maui-
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festa più tardi di quello dell'uomo e delle sue attività, perché presup
pone una consapevolezza, una assunzione attiva. Oggi il nuovo stile
come sigillo di una mutata coscienza, lo si può soltanto presentire, l'at
tuale situazione essendo che «ciò che appartiene aJlo ieri non è più reale
e ciò che appartiene al dotnani non è ancora n1anifesto. Così è scusa
bile l'errore di chi ritiene che l'unifornuzzazione del mondo antico sia
la caratteristica essenziale del nostro tempo. Ma questa u11iformizza
zione riguarda esclusivan1ente l'area della dissoluzione... La nuova cor
rente per un certo tempo scorre ancora pigramente fra gli antichi àrgini,
così come ancor per un certo teinpo si costruirono ferrovie suI tipo delle
corriere, auto1nobili sul tipo delle carrozze a cavalli e fabbriche nello
stile delle chiese gotiche. Ma ogni spazio devastato e evacuato è a poco
a poco occupato da nuove forze e i ri1npianti pei bei tempi tramontati
esprimono soltanto la voce della senilità». Lo Ji.inger paragona lo
stato attuale ad un intermezzo: «Il sipario è calato, si sta preparando la
trasfonnazione delle persone e delle scene. Su tutta la terra le trasfor
mazioni distruttive per le forme naturali e spirituali colpiscono lo
sguardo più dei preparativi delle nuove scene: le 1nasse e gli individui,
i sessi, le razze, i popoli, le nazioni, i paesaggi non meno delle persone,
delle professioni, dei sistemi ideologici e degli Stati subiscono un 'a
zione che a tutta prima sembra comportare la completa distruzione delle
I.oro leggi». Qui si tratta di educare un diverso sguardo, capace invece
di capire «i preparativi di una nuova unità del tempo, del luogo e delle
persone, di una nuova unità dram1natica il cui avvento può essere pre
sentito di là sia dalle rovine della civiltà (Kultur) che dalla 1naschera
mortale della civilizzazione>> (1 ).
A voler cogliere il nuovo, ciò che comincia a riflettere il Tipo, bisogna
cercare là dove di solito rneno si guarda, cioè nella vita corrente. Bisogna
convincersi che oggi gli uomini sono interessanti non già quando si pre
sentano con1e nature proble1natiche, bensì quando sono "se1nplici",
senza problemi. Più che nelle biblioteche e nei centri culturali si deve
andare «nelle strade e sulle piazze, nelle case e nei cortili, sugli aero
plani e nella n1etropolitana, dovunque l 'uon10 vive, combatte o si
diverte, in breve: dovunque è al lavoro». Esemplificando, lo Jiinger si
chiede: «Cosa vi è di più banale e di più prosaico, anzi di più noioso,
dell'automatismo del traffico di una grande arteria? Ma non vi è forse
anche un segno, un simbolo del modo con cui oggi l'uomo co1nincia a
rnuoversi per silenziosi, invisibili comandi? Lo spazio vitale gua-
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«uno dei primi esempi di rappresentanti del tipo attivo è il soldato
sconosciuto, incarnazione di un 111assi1no di virtù attive, di coraggio,
di prontezza all'azione, di spirito di sacrificio». La virtù di tale tipo con
siste <<nella sua sostituibilità: dietro ad ogni caduto sta in riserva chi lo
sostituirà. La sua misura è la prestazione oggettiva, senza inutili parole»,
og11i altro punto di vista, perfino il particolare fronte su cui ci si batte,
passando in secondo piano; per questo, si osserva, si è incontrato un
tipo unico con un unico stile, di là dalla stessa opposizione dei fronti,
anche qualcosa co1ne '
una fratellanza, «che al pensiero umanitario sarà
sempre preclusa>>. E a questo livello che lo Jiinger parla altresì di Ordini,
chiarendo così ciò che egli propriamente intende per "raz1.,a". Ven
gono ricordati gli ese1npi già offerti dal pn1ssianesi1no, dagli ordini
cavallereschi e infine da certi ordini religiosi, co1ne i Gesuiti: qui una
uguale formazione spirituale e una uguale disciplina sono la base di par
ticolari tipi di unità. Del secondo grado, cioè del tipo attivo, si trove
rebbero anticipazioni anche neU'àmbito del inondo tecnicizzato. «Già
oggi accade talvolta di penetrare nella cerchia di tali esseri, intorno a
cui si cristallizza un ordine nuovo. In piena indifferenza per le antiche
divisioni, qui una potenza e una energia radiante rivelano chiaramente
che nel nuovo spazio il lavoro ha il rango di un culto. E anche qui
s'incontrano dei volti segnati, i quali dimostrano che il carattere di
maschera è suscettibile di un potenziamento, di un potenzia1nento che
può definirsi come una qualità araldica».
La gerarchia non terntina a questo punto; qui viene indicato ciò che
propriamente si riferisce al vèrtice della pira1nide. A differenza dei
due primi gradi, della fonna passiva e della forrna attiva del tipo, già
preannunciatesi sia in guerra che nel mondo moderno in genere, qui si
tratta di figtire che, dice Lo Jiinger, non sono ancora apparse. Nell'ul
timo grado della gerarchia «il singolo si presenterà in un rapporto diretto
col carattere totale del lavoro, e solo con l'apparire di tali esseri si
renderam10 possibili l'arte dello Stato e la sovranità in grande stile. Tale
sovranità (della figura) è parziahnente preparata dall'apparire del Ti
po attivo, che in modi molteplici spezza le antiche fonne. li Tipo attivo
non è però in grado di oltrepassare i confini posti dal carattere spe
ciale del lavoro: sia come uo1no dell'economia che con1e tecnico, sol
dato o nazionalista, gli abbisogna una integrazione, un comando che
parta direttamente dal principio capace di conferire un senso alla realtà».
Soltanto in questo vèrtice si accorderanno «le molteplici antitesi che
con l'oscillazione dei loro termini producono la luce incerta e insta
bile propria alla nostra epoca. Sono le antitesi di vecciùo e nuovo, di
potenza e di diritto, di sangue e spirito, di tecnica e arte, di cono-
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l 'uorno e la tecnica. Il problerna del liniite
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un uo1no nuovo, del Tipo, affennante il proprio modo di essere e la pro
pria legge in uno spazio che di necessità si stenderà all'intero pianeta.
Tutto il resto è conseguenza; in quel presupposto perfino le estreme
alternative appariranno secondarie. l.'ordine e l'unità sussisteranno,
la fase anarchica, contradittoria e rivoluzionaria (nella quale rientre
ranno eventuali conflitti ancora da venire) sarà infatti idealmente con
clusa e esaurita. Così pe11sa lo Jiinger.
Il paesaggio da cantiere
tice, come nel loro naturale terrninus ad que,11: mentre l'area è ingo1nbra
dei residui di forme e di attività appartenenti al passato.
Dove non si tratta di un paesaggio da 1uuseo (come varì autori
tedeschi, lo Jlinger usa il tennine paesaggio, Landschajt, per desi
gnare un dato ambiente e il clima che gli corrisponde), si può parlare di
un paesaggio di transizione avente caratteri da fucina o da cantiere.
«Non vi è, in esso, stabilità di forme, tutto vi viene incessantemente
ri1nodellato secondo un inquieto dina1nismo». Nulla vi viene costruito
per durare, come ne era il caso per gli antichi edifici e per la lingua
valida delle forrne già creata dall'arte tradizionale. «Ogni mezzo ha
un carattere provvisorio ed è destinato ad usi dalla durata limitata)>.
Come nell'architettura, così anche nell'economia e nella condotta di
vita non vi è stabilità alctu1a. «Il singolo vive vegetativan1ente in n1ezzo
a questo paesaggjo dove gli si chiede il contributo di un lavoro parziale
il cui carattere effi1nero non gli è dubbio». In economia la mutevo
lezza dei mezzi ba per conseguenza «1 'incessante investimento del capi
tale e del lavoro che, dietro la maschera della' libera concorrenza, è in
contrasto con tutte le leggi dell'economia. E così che si succedono gene-
razioni le quali non lasciano dietro di sé né monumenti né risparn1i,
ma sen1plicemente un certo grado della n1obilitaziooe del inondo». <<La
legge ccono1nica viene sopraffatta da altre leggi che ricordano quelle
della guerra; non solo sui campi di battaglia ma anche in economia si
delineano tonne di lotta nelle quali, in tondo, nessuna delle due parti
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è veramente vincitrice». «Questa situazione di provvisorietà», continua
lo Ji.inger, «è anche visibile nella confusione e nel disordine che da
più di un secolo contrassegnano il paesaggio tecnico. E uno spetta-
colo che ferisce lo sguardo e di cui è causa non soltanto la distruzione
del paesaggio naturale o culturale 1na anche il carattere incompleto della
tecnica. Queste città coi loro fili e con le loro esalazioru, col loro fra
stuono e con la loro polvere, con la loro confusione da fonnicaio e il
loro caos di architetture antiche e moderne che ad ogni decennio danno
loro un volto se1npre diverso, sono dei giganteschi cantieri di forme,
ma esse stesse sono informi. Manca loro uno stile, a meno che non si
voglia considerare l'anarchia con1e un particolare stile».
<<Per lo stato di incessante movimento in cui ci troviamo, le energie
e le riserve della vita vengono sempre di più accaparrate ... Ciò impe
disce che in uno qualunque dei suoi don1inì l'esistenza possa fissarsi
in ordina1nenti precisi e indiscutibili. L'esistenza rassomiglia piut
tosto ad una 1nortale 1naratona in cui bisogna irnpiegare tutte le
energie se non si vuol restare sul terreno». «Per chi non appartiene al
nostro spazio l'insieme deve presentare qualcosa di incomprensibile,
anzi di pazzesco. Dietro la maschera spietata dell'economia e della con
correnza avvengono cose inaudite. Per esempio, il cristiano dovrebbe
vedere qualcosa di satanico nelle forme assunte dalla pubblicità con
temporanea. Le evocazioni astratte e le gare d i luci al centro delle
città fanno pensare alla muta e spietata lotta delle pia11te per assicu
rarsi terra e spazio. Un Orientale [qui sarebbe bene precisare dicendo:
un Orientale di ieri] dovrebbe avere una impressione penosa nel vedere
che ogni persona, ogni passante delle nostre vie ha tutte le caratteri
stiche di un conidore in gara. Le installazioni più moderne hanno breve
vita: dopo un dato periodo vengono trasfonnate o s1nontate. Cosi non
esiste più nemmeno un capitale nel senso antico, statico; lo stesso valore
dell'oro è divenuto incerto». «A tutto ciò si unisce l'indiscriminato susci
tamento di nuovi bisogni, la creazione di comodità senza le quali I 'uo1no
orinai crede di non poter più vivere 111a che accrescono se1npre più la
sua dipendenza e i suoi obblighi ... A loro volta, i nuovi bisogru sono
tanto vari quanto mutevoli. I l senso della durata quale si esprimeva
nel piacere di possedere certi beni i1nmobili sen1bra che stia sco1npa
rendo; altrimenti apparirebbe incon1prensibile, per ese1npio, che per un
auto, il quale ha pochi anni di durata, oggi si spendano son1me suffi
cienti per acquistare una vigna o una casetta di carnpagna». «Non esiste
più un artigianato in cui si possa conseguire una abilità definitiva da
.maestro: si è tutti eterni apprendisti. Il traffico e la produzione hanno
qualcosa di illirnitato e di ì1nprevedibile; quanto più rapidamente si
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dicendo che la figura dell'operaio renderà possibile alla vita di avere
essa stessa una figura>>. La fase ultima sarà, peraltro, la Gestaltung, l ' a
zione formatrice in senso superiore, con un nuovo stile il quale in
ogni dotninio avrà tratti naturali, spontanei e necessari.
Lo Jiinger giudica che in una forma o nell'altra «si giungerà ad una
conclusione dello sviluppo tecnico e, quindi, ad una stabilità. Io
effetti, in epoche 1nolteplici la stabilità è stata se,npre la regola,
rnentre il rit1no febbrile dei cambiamenti del nostro tempo è senza
esempio nella storia». «La 1nutevolezza dei ,nezzi non esiste in sé; essa
è soltanto un segno che la tecnica non sta ancora, rispetto all'uorno, in
un chiaro rappo1to di servizio, in altre parole: che non si è ancora rea
lizzata una vera sovranità su di essa>>. Per tutte le crisi, i conflitti e gli
sconvolgimenti avvenuti o ancora da avvenire viene data l'i.magine degli
scoppi o dei nunori della fase di avviatnento di un tnotore di vecchio
tipo, alla quale seguirà il 1novirnento regolare e quasi silenzioso.
Il nostro, sarebbe dunque «uno strano pe1iodo di sovranità tramon
tate e di sovranità non ancora sorte». Tuttavia si sarebbe già «oltrepas
sato il punto zero». «La prima fase della tecnica, della tnobilitazione
del mondo attraverso la figura dell'operaio, avente necessaria1ncnte un
carattere distruttivo, sta già dando luogo ad w1a seconda fa,;e, nella quale
la tecnica sta al servigio di grandi e audaci piani>>. Ancora lontana è
però la terla fase, la fase decisiva, in cui la figura dell'Operaio si pre
senterà come quella di un costn1ttore in senso superiore, e nel nostro
spazio si manifesterà ciò che appunto gli manca, «la figura, la metafi
sica, quella autentica grandezza che non si può raggiungere forzata
mente, con la volontà di potenza o con la volontà di credere».
Intanto, per quel che riguarda lo stile si nota che nel dominio più
esterno sono già visibili fom1e etnbrionali di costruzione organica, cor
rispondenti ad una fusione annonica dell'uomo e degli strun1enti a
sua disposizione. Già oggi «non si può non 1iconoscere un iJnpulso non
solo verso una maggiore utilità ma anche verso una 1naggiore se1nplici
tà di linee. E noi sentiamo che tali sviluppi soddisfano non soltanto la
ragione 1na anche l'occhio e, a dir vero, secondo l'inintenzionalità
caratteristica in ogni forma organica di crescenza». «Almeno in certi
scorci parziali il XX secolo presenta di già una ,naggiore purezza e deci
sione di linee, tradisce di già una incipiente chiarificazione della volontà
tecnica fonnatrice ... Si comincia ad avere un senso delle alte tetnpe
rature, delle fredde geotnetrie delle luci e dell'incandescenza del metallo.
Il paesaggio diviene più costruttivo e più pericoloso, più freddo e più
infuocato; in esso scompaiono gli ultimi resti del "carino" e della cor
dialità che parla all'anitna. Vi sono già dei settori che si possono attra-
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versare come delle regioni vulcaniche o delle rnorte lande lunari dove
regna una presenza lucida e invisibile». Lo stato di perfezione che certi
strwnenti hanno già raggiunto può essere anche osservato in alcune parti
dello spazio tecnico, «dove si affenna una crescente unitarietà e tota
lità. A tutta prima i rnezzi tecnici penetrano come una malattia in dati
punti, rappresentando quasi dei corpi estranei nella sostanza in cui
appaiono. Nuove invenzioni investono i domini più diversi, come colpi
sparati a caso. In egual 1nisura cresce il nurnero delle distruzioni e dei
nuovi problemi da risolvere. Però si potrà parlare di uno spazio tec
nico solo quando questi punti si uniranno, con1e tante 1naglie di un w1ico
tessuto. Soltanto allora apparirà che non esistono prestazioni partico
lari prive di rapporto le une con le altre. fn una parola, attraverso la
so1n1na dei caratteri speciali del lavoro apparirà il carattere totale di
esso>>. E allora che si affcnnerà completamente lo stile delle costruzioni
organiche, perché si accorderanno due fatti: quello, che il "Tipo" per
agire ha bisogno di mezzi a lui adeguati, e quello che in tali mezzi si
cela una lingua elementare che soltanto il "Tipo" può parlare.
Co,ne è evidente, a questo pw1to si ripresenta il problema dell'o
rientamento interiore più conveniente all'epoca di transizione, in rela
zione, anche, al inondo della cultura e alla tenuta interna. A giudizio
dello Jiinger, oggi esiste una cultura borghese residuale che «è una specie
di stupefacente>>, «un lusso che non ci si può permettere nelle attuali
condizioni, in cui non si tratta di discotTere i.ntorno alla tradizione ma
di crearla». «Viviamo in un periodo storico in cui tutto dipende da una
intensa 1nobilitazione e concentrazione delle energie disponibili.
Forse i nostri padri avevano ancora tempo per occuparsi degli ideali
di una scienza oggettiva e di un'arte coltivata per sé stessa». lnvece noi
ci trovere1nmo in una situazione in cui sia nel campo esterno, materiale,
che in quello interno, spirituale, deve porsi il crudo problema di ciò che
è necessario e in cui deve essere il necessario a indicare i compiti ad
ogni energia creativa, dalle più semplici alle più elevate. A tale riguardo
lo Jiinger si con1piace di espressioni abbastanza drastiche. Per esempio,
egli dice che quanto più la condotta di vita avrà «1.tn carattere cinico,
prussiano, spartano o anche bolscevico [nel qual riguardo egli si rife
risce evidenten1ente al tipo dei "pw·i" vagheggiato dal pri1no con1u
nis1no], tanto meglio sarà»; che «un taglio abbastanza profondo da libe
rarci dal.l'antico cordone on1belicale» può effettuarlo soltanto una
coscienza energica incarnantesi in ele1nenti giovani e risoluti, «e quanto
1neno cultura vi sarà in tale strato, tanto meglio sarà». Purtroppo l'e
poca della cultura generale ci ha privati di una riserva di analfabeti
capaci; allo stesso 1nodo, se oggi è facile trovare migliaia di persone
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che discutono sulla Chiesa, invano si cercherebbero gli antichi santi
delle rocce e delle foreste>>. A parte questi paradossali spunti polemici
antintellettualistici, quanto al carattere spartano, lo Jiinger associa effet
tivarnente al tipo dell'operaio una linea virile e quasi ascetica di vita.
rI principio è che importa «non già migliorare le condizioni di vita
dell'operaio ma attribuir loro un significato superiore, decisivo». «Il
primo passo è non pensare e non sentire più nelle antiche for1ne, il
secondo è non agire più secondo esse». «Si può prevedere che pel sin
golo in un puro inondo del lavoro i gravami non din1inuiranno 1na
perfino cresceranno; però nel conten1po si libereranno forze nuove,
del tutto diverse, alla loro altezza. Ogni nuova coscienza della libertà
conduce verso nuove gerarchie, e in ciò starà il principio di una più
profonda felicità, annata per la stessa rinuncia: quand'anche di feli
cità sia ancora il caso di parlare>>. Lo Jiinger aggiunge: «Come fa pia
cere vedere libere tribù del deserto che, vestite di cenci, per unica ric
chezza hanno i loro cavalli e le loro anni preziose, così pure piacerebbe
vedere il grandioso e prezioso arrna1nentario della "civilizzazione"
(2) servito e diretto
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da un personale vivente in una povertà monacale
o soldatesca. E, questo, uno spettacolo che dà una gioia virile e che si
è rinnovato dovunque, in vista di grandi co1npiti, all'uo1no sono state
poste esigenze superiori. A tale 1iguardo fenomeni, cotne l'Ordine dei
Cavalieri Teutonici, l'esercito prussiano, la Con1pagnia di Gesù sono
dei 1nodelli, e si deve rilevare che a soldati, a sacerdoti, a scienziati e
ad artisti è proprio un rapporto naturale con la povertà>>. Cosa analoga
dovrebbe apparire possibile e naturale nel «paesaggio da fucina in cui
la figura dell'operaio mobilita il mondo», in stretta relazione con l'o
rienta1nento verso il reale, l'essenziale e il necessario. Così si presenta
anche una «imagine dello Stato non come un piroscafo da passeggeri
o da crociera ma co1ne una nave da gue1Ta in cui deve regnare la mas
si1na se1nplicità e sobrietà e ogni atto deve essere compiuto con una
sicurezza istintiva».
Ritrovia1no infine il terna nietzschiano dell'ascesi della potenza,
quando lo Jiinger, parlando dei mezzi di chi potrà co1nandare alle ric
chezze di province e di rnetropoli, dice che costui «potrà con1andare ad
esse in modo tanto più sicuro quanto più egli saprà disprezzarle». Torna
così a confem1arsi quel che abbiamo già ripetutamente rilevato: l'an
titesi fra l'ideale dell'operaio jiingeriano e quello del benessere vege-
(2) Pel significato di questo tennine, riandare di ouovo alla uota 2 dell'lnh·oduzione.
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tativo e della sen1plice prosperità, che vi.ene tuttora associato aJlo scopo
di ogni progresso tecnico e sociale.
Come si è visto, lo JUnger ha paragonato lo stato attuale ad un
intennezzo in cui, dopo che il sipario è sceso, si stanno preparando
nuovo scene per i personaggi. I temi elementari permarrru1no, nuova
sarà la lingua in cui si tradurranno, «l'assegnazione delle parti nel
ripetersi del grande drarnn1a>}. «Gli eroi, i credenti e gli arnauti non
muoiono n1ai; ogni epoca li scopre sen1pre di nuovo», essi corrispon
dendo ad altrettante "figure" di un piano "n1itico", cioè superstorico. Si
porrebbe allora il problema specifico delle forme umane proprie all'e
poca dell'Operaio, o del Tipo, e allo spazio tecnicizzato. Dato che qui
co,ne categoria fondamentale è stato indicato l'essere con1e esser in
atto, in un rapporto attivo con l'elementare, con energie pure, essenziali
e, eventualmente, perfino pericolose, per la forma nuova in cui i tipi pri
mordiali riappariraru10 sulle diverse scene in preparazione, dovrebbe
dunque pensarsi ad una estensione di cotesto modo di essere al carnpo
della vita personale in senso proprio, cioè a quella privata. Se questa è
certrunente l'idea dello Ji.inger, egli però non tratta partitarnente l'ar
go.,nento; ad esempio, non ci dice nulla di dettagliato circa la forma che
nel mondo del Tipo assumeranno le relazioni fra i sessi, la famiglia, le
principali relazio1ù wnane.
Quanto alla fede, il Tipo lascerebbe indietro le antitesi proprie al libe
ralisrno laico, sarebbe caratterizzato «non dal non avere una fede ma
dall'averne una diversa. È destinato a riscoprire una grande verità andata
perduta, ossia la vita e culto fanno tutt'uno». Si è visto che lo Jiinger
parla ripetutarnente di una nascosta dimensione "cultuale" (kulti.sche)
del lavoro. Però nemmeno questa veduta viene precisata. La "vita"
essendo una realtà dalle facce molteplici, una assunzione " cultuale" di
essa può avere significati diversi, anche naturalistici e problen1atici.
Sen1brerebbe che la formula ora accennata dallo Junger si riferisca ad
un atteg1,riamento che, senza escludere uno sfondo metafisico, sia di
irnpegno totale nella vita e escluda ogni specie di evasione. ln effetti,
in un punto viene detto che un pensiero nuovo, formatosi in funzione
del principio della figura, «si può riconoscerlo dal suo saper scorgere
gli universalia in re», cioè, secondo il senso di questa espressione
scolastica, i p1incip1 trascendenti, superindividuali, in quanto sono in
atto nella realtà. Perciò ogni dualisn10 speculativo, al Tipo appari
rebbe come una specie di "eresia" o di "alto tradimento spirituale". Dal
dualismo, dice lo Jiinger, derivano <<tutte le antitesi di potenza e di diritto,
di sangue e di spirito, di idea e di n1ateria, di arnore e di sesso, d i
anima e di corpo, di uomo e di natura, di spada spirituale e spada
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secolare, antitesi appartenenti ad una Lingua che dovrà esser sentita come
straniera)>. Secondo il nostro autore, coteste antitesi alimentano anco
ra un interminabile discorso dialettico, hanno una azione corrosiva e
alla fu1e conducono al nihilismo «perché, con esse, tutto si trasforma in
via di evasione». Ciò dunque conferma l'idea, che lo Ji.inger pel com
porta1nento umano abbia essenzialmente in vista un ideale di inte
rezza attiva, anche se a tale riguardo egli si ferma al se1nplice enunciato,
mentre partendo da esso avrebbero dovuto essere chiariti molti probÌemi
essenziali della vita interiore, e prevenute deviazioni e sfaldamenti a
cui non poche correnti spirituali del nostro tempo ha dato luogo lo
sposare una confusa religione irrazionalistica della vita.
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Sovranità dell'Operaio
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stata già data una libertà di cui s i deve unicamente apprendere l'uso. Lo
Jiinger spiega con questo stato di fatto l'improduttività e la non-crea
tività spesso rinfacciate alla nostra epoca nel dominio estetico. Egli parla
anche di «un feticisn10 storicistico che sta in rapporto diretto col difetto
di forza creatrice}>, giudicando che tutto quanto riguarda «la conserva
zione e la riproduzione dei cosidetti valori della cultura ha assunto tali
propor.tioni da far apparire necessario un alleggerimento del bagaglio».
Egli aggiunge: «La cosa peggiore non è che intorno ad ogni guscio
già rivestito e smesso dalla vita si formi una cerchia di critici, di inten
ditori e di collezionisti, perché ciò, in fondo, in n1aggiore o 1Tiinore
1nisura è sempre accaduto. Più preoccupante è invece il fatto, che questo
traffico genera un complesso di valori stereotipi il quale cela una apatia
profonda. Qui si giuoca con l'ombra delle cose e si fa pubblicità al con
cetto di una cultura estraniatasi da ogni forza primigenia: tutto questo,
in tempi in cui l'elementare sta di nuovo penetrando nello spazio
vitale con le sue inconfondibili esigenze>>.
Alcuni ritengono che la creazione originale oggi venga ostacolata
daJle situazioni e dai 1neZ7j specifici dell'epoca tecnica. Ma per lo Jiinger
«tali mezzi non sono impedimenti, bensì pietre di prova della forza crea
tiva, la misura della quale sarà data dalla capacità di impiegare unita
riarnente proprio quei 1nezzi: cosa impossibile finché sussisterà l'idea
dell'antitesi fra inondo organico e inondo meccanico. Tale idea tradisce
soltanto una .fiacchezza, la perplessità suscitata dall'entrata in azione di
leggi diverse, ma per nulla puramente meccaniche. Si indulge in ten
tativi i quali, in fondo, manifestano la volontà di esser originali nel senso
individualistico. Invece si deve riconoscere l'esistenza di uno spazio in
cui oggi vige una originalità assai maggiore di quella del mondo del
l'individuo». Si torna quindi ad accusare quell'arte contemporanea che
non partecipa affatto agli antichi valori di una qualche "figura" ma ne
vive da parassita mentre svolge una polemica contro il clima e i 1nezzi
di oggi, pole1nica dettata dalla volontà di distogliere lo spirito «da quello
spazio più duro e più duro che sarà il teatro dell'attività decisiva}}.
Questa attività avrà per oggetto forme aventi un carattere non più
soggettivistico ma "tipico". Evidentemente, è la stessa direzione
lungo la quale l'individuo dà luogo al tipo, incarnazione della nuova
figura. Lo Jiinger rileva che parallelamente ali'avvento della borghesia
e della democrazia mentre l'arte si era assolutizzata e generalizzata, sì
era anche affermata l'idea che essa è essenzialmente una manifesta
zione individuale. Tale orientamento ha culminato nel culto del genio
proprio al XIX secolo. «Così la storia dell'arte si è essenzialmente
presentata come una storia delle personalità e le stesse opere d'arte sono
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valse corne tanti docun1enti autobiografici. In con·elazione con ciò sono
venuti in primo piano i generi artistici in cui il fattore soggettivistico e
individuale predo1nina, con un regresso di generi oggettivi, corne la
scultura e l'archjtettura». Più in generale, il concetto stesso della cul
tura è stato influenzato da quello di individuo: «la cultura è stata rife
rita ad uno sforzo individuale, al sentirnento di una esperienza unica e
ali'importanza di essere autori... L'opera creativa si svolgerebbe in
uno spazio speciale e eccezionale, nella superiore sfera dell'idea
lis1no, in ro,nantiche evasioni dalla vita giornaliera o nelle zone esclu
sivistiche di una attività astrattarnente estetica. In corrispondenza, come
soggetto di cotesta attività si è presentato chi possiede facoltà uniche,
straordinarie, non norn1ali perfino in senso patologico. Tale rango è
tanto più elevato, quanto più cresce l'importanza della 1nassa, data la
con·elazione esistente fra questi due poli del n1ondo borghese: nulla
accade nell'un polo che non si ripercuota sull'altro. Quanto più la massa
cresce, tanto più si sente il bisogno di grandi individualità, nelle quali
le particelle di essa vedono la loro confenna. Questo bisogno ha finito
col produn·e uno strano fenon1eno dei nostri giorni: l'invenzione del
genio artificiale che, sostenuto dai mezzi della pubblicità, ha il compito
di incarnare la parte avuta in altri te1upi dalle grandi personalità. Anche
a queste figure viene tributato un culto particolare, in cui ciò che è
personalità vien riportato alle prospettive del semplice individuo. Così
si spiega il sorprendente successo avuto da certa letteratura biografica
contemporanea, la quale in fondo tende unicamente a dimostrare che
non esistono degli eroi 1na soltanto degli uomini, cioè degli indi
vidui».
Tutto ciò è di pertinenza della fase terminale del precedente periodo.
Pel nuovo inondo sarebbe caratteristico un orientamento del tutto
diverso, l'idea che «in una vera cultura la vita e l'attività estetica for-
1natrice sono troppo intimamente connesse, perché il possesso della
forza creativa possa essere considerato come qualcosa di unico, di straor
dina1io e di miracoloso. Qui il meraviglioso si trova dappertutto, rientra
nell'ordine. Non esiste perciò una cultura nel senso oggi divenuto
correote».
Lo Ji.inger aggiunge: «Come il sentimento moderno della natura
attesta una scissione avvenuta fra l'uomo e la stessa natura, del pari quel
concetto di cultura è segno della distanza dell'uomo moderno dalla crea
tività vera. Non si riesce più a concepire che delle forine possano
esser create senza sforzo, con un movi1uento che è già espressione e
rappresentazione di una n1isura; che qtùndi possa esistere una cultura
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transizione), bensì verso il super-personale: lo confènna appunto il pren
dere per esernpio l'arte tipica e simbolica delle civiltà tradizionali, dove,
ancor fino al periodo gotico, in pri1no piano stava l'opera nella sua
oggettività, nel suo potere di esprin1ere nessi universali, e non l'autore
coi suoi problenli e la sua soggettività.
Peraltro lo Jtinger non trascura di accusare l'equivoco di chi n1et
tesse in relazione le fonne tipiche e oggettive da lui intese, con quelle
create in un rapporto diretto con la rnassa e con l'industrializzazione;
delle quali i prodotti di tàbbrica in serie sono l'ese1npio. Questi ultimi
«hanno in con1une con le forme tipiche soltanto il carattere dell 'u
niformità, e questo stesso tratto riguarda unica1nente l'esteriore. Vi è
una precisa differenza fra l'univocità propria' ai ciottoli di una marina
e l'univocità delle forme di tipo cristallino. E la stessa differenza che
intercorre fra l'atomo del XIX secolo e l'atomo del XX secolo,
ovvero fra le grandezze meccaniche e la costruzione organica». La tipi
cità sitnbolica non deve esser dunque confusa con la vuota unifor
mità. «Le forn1e tipiche sono incomprensibili, impossibili, irrealizza
bili senza un preciso 1iferin1ento alla figura, con la quale esse stanno
in un rapporto da impronta a sigillo>>; appunto per il loro carattere rap
presentativo e simbolico, esse, sebbene non riflettano nessuno dei valori
individualistici, «si distinguono dall'insignjficanza propria a quel che
si ritèrisce alla ,nassa astratta>>. E se per la fase finale della sovranità
dell'Operaio potrà anche concepirsi un affermarsi e ditiondersi dap
pertutto delle forme tipìche, questa universalità non deriverà dal loro
corrispondere ad una società cosmopolita livellata secondo la fisima
razionalistica, bensì dal fatto che la figura umana ben determinata, uni
voca, da cui esse derivano, è assurta ad una potenza formatrice dalle
dimensioni universali.
In opposto al concetto di arte e cultura come un dominio staccato
viene, in genere, aflem1ato ancor una volta che la vera forma non ha
nulla di straordinario; essa non può apparire isolatarnente, in recinti
chiusi e preziosi; deve 1nanifestarsi eguahnente in quanto rientra nella
vita ordinaria. Come ben si vede, anche questo è un ritorno a quanto
fu proprio a cìviltà tradizionali, dove non vi era do1ninio che in una certa
misura non recasse l'impronta dei temi elementari specifici caratteriz
zanti ciascuna di esse. <<A creare la cultura e la fonna più alta nel inondo
del lavoro sarà chia,nato il Tipo, nella cui azione si esprimerà diretta-
1nente il carattere totale del lavoro. Una lingua di simboli immobili in
cui sì sensibilizzerà ìl puro essere andrà a testimoniare che la figura del
)' operaio contiene più del semplice movirnento, che essa ha anche un
significato culturale».
l OI
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Con tutto ciò, dal dominio delle arti in senso ristretto si passa
ovviamente a quel più vasto donùnio a cui abbiamo detto corrispondere
l'espressione Gestaltung. Sì porrà il proble1na della Gestaltung di
un'area totale, nello stesso senso della potenza che l'avrà resa possibile
materiabnente. Se la n1obilitazione totale riguarderà «la trasformazione
della vita in energia quale si manifesta nella tecnica, nell'econornia e
nel traffico, col frullìo delle ruote o sui campi di battaglia come fuoco
e movi1nento», riferita invece alla potenza della vita «la Gestaltung
esprimerà l'essere e dovrà dunque servirsi di una lingua non di movi
tnenti 1na di fonne».
Oltre che nei domin'ì speciali dell'arte, la Gestaltung in senso etni
nente riguarderà lo spazio terrestre. «Non mancheranno di certo com
piti adeguati ad una volontà che nella terra vede i l suo nlateriale ele
mentare. Saranno compiti nei quali anzitutto si paleserà lo stretto nesso
che, dovunque la vita è in ordine, esiste fra arte e arte dello Stato. La
stessa forza che sul piano politico si 1nanifesta nella sovranità, nell'arte
si manifesterà come Gestaltung. L'arte dovrà ditnostrare che nei suoi
aspetti più alti la vita è da concepirsi come una totalità. L'arte non
sarà nulla di staccato dalla vita, e avente un valore autonomo, né vi sarà
dominio che non possa venir considerato anche conte rnateriale del-
1 'arte». fl cornpito più alto che nell'èra dell'Operaio può proporsi la
volontà artistica, è la for1nazione del paesaggio. «La formazione del
paesaggio in funzione di una idea è una delle testunonianze proprie ad
ogni epoca che conobbe una indiscutibile, inoppugnabile sovranità. Gli
esernpi più irnportanti ci vengono offerti dai grandi paesaggi sacrali
dedicati al culto degli dèi e dei morti, disposti intorno a fiumi e a
monti sacri». A tale riguardo, dalla leggendaria Atlantide con le sue
i,nmense costruzioni si va sino ai paesaggi della valle del Nilo, a
quelli dell'antico Messico, ai parchi nei quali imperatori cinesi tra
sformarono intere provincie, ai giardini moreschi di Granada e alle resi
denze di Bagdad. «Sono tutti esempi di una perfezione che suscita
una gioia quasi dolorosa. Sono testimonianze di una volontà bra1nosa
di creare paradisi terrestri. Tale volontà opera partendo dalla unità di
rutte le energie, delle energie tecniche, sociali e ,netafisiche ... Qui nulla
è isolato, nulla viene considerato troppo grande o troppo piccolo per
non stare al servigio del tutto. Chi ha un senso di questa tm.ità e di questa
identità dell'arte con una altissima energia vitale investente tutto lo
spazio, non potrà non riconoscere quanto siano assurde le nostre atti
vità da n1useo».
Come è ovvio, il presupposto di queste prospettive del inondo del-
1'0peraio è sempre l'ipotesi di una occulta metafisica conte suo sub-
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strato. Solo cosl è possibile non ritenere paradossale, che paesaggi asso
lutamente dominati dalla tecnica, nudi e matematici, pianificati, quali
si preannunciano in alcuni settori del rnondo conten1poraneo, posseg
gano anche quell'anilna, quella diinensione spirill1aJe, simbolica e "cul
turale" che è essenziale in tutti gli ese1np1 di Gestaltung tratti dallo
Jiinger dalle civiltà tradizionali del passato e presentati come rnodello.
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mensa varietà delle specie che popolano il nostro mondo vige una legge
rigorosa che cerca di garantire nette strutturazioni e la costanza scru
polosa di ogni fonna, in ciò apparendo assai più 1nirabile che non in
quelle eccezioni su cui invece si po1ta generalmente l'attenzione. Non
vi è nulla di più regolare della disposizione degli assi dei cristalli o dei
rapporti architettonici di quelle piccole opere d'arte calcaree, cornee o
silicee che popolano il fondo dei 1nari; e non senza ragione vi è stato
chi ha pensato di fare una wùtà di misura del diametro d i una cella di
alveare. Nello stesso uomo quale essere di natura, cioè considerato nella
sua razza, sorprende l'alto grado di uniformità e di inevitabilità rive
lantesi sia nel suo esteriore che nei suoi pensieri e nelle sue azioni».
Se non si vede tutto ciò, se si crede di riconoscere la vera forza f o r
matrice della natura non nelle figure conchiuse e tipiche 1na nelle varia
zioni, nelle oscillazioni e nelle deviazioni, è perché alla natura è stata
applicata la stessa mentalità individualistica che ha fatto nascere il con
cetto astratto della libertà. Da questa mentaJità deriva anche la teoria
biologica dell'evoluzione, che è una controparte della teoria economica
della concorrenza e di quella sociale del progresso nella storia; così
«la vita viene dappertutto concepita in funzione di finalismi e di
intenzionalità, 1nai come cahna espressione di sé stessa, nella perfe
zione insuperabile delle forme tipiche», dove essa obbedisce non a un
meccanismo causale ma alla legge di sigillo e i1npronta. Ci si astenga
dall'applicare le categorie riflettenti l'individualismo: allora non sarà
difficile riconoscere quanto più adeguata alla realtà della natura, che
non l'evoluzionistno del XIX secolo, sia la dottrina della "evoluzione
vivente", della «evolu.zione intesa quale proiezione, nello spazio sen
sibile, di archetipi», di forme originarie che esistono in sé e per sé (quasi
come le idee platoniche) e che, qualunque spiegazione e1npirìca venga
data al loro tnanifestarsi empirico, derivano da uno speciale atto crea
tivo. (Qui lo Jiinger rileva, corne a questa teoria, in parte goethiana, che
con troppa disinvoltura il darwininis1no ha ritenuto superata, in fondo
si riaccosti la 1noden1a teoria delle "variazioni" del Driesch) (2).
(2) Hans Driesch (1867-1941 ), biologo e filosofo tedesco, iosegnò alle Università di
Heidclberg, Colonia e Lipsia. Continuatore delle ricerche e1ubriologicbe di Haeckel, viene
considerato dal punto di vista filosofico il 1naggior rappreseotante del vitalis1110 del XIX
secolo, che ebbe una notevole influenza sulla cultura dei pri1n.i decenni del Novecento.
Sostenne l'esistenza d.i un principio i11U11ateriale, che chiamò "entelechia", esercitante una
azione regolatrice sulla n1ateria. A suo parere la spiegazione fisico-cbitnica dei processi
biologici è insufficiente a spiegarli: è quindi uecessario ricorrere ad un agente individua
lizzante di origine super-individuale (N.d.C.).
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Sulle parti del libro ove lo Jiinger considera gli sviluppi politico
sociaJi, ci soffenneremo assai brevemente, percbé esse hanno un carat
tere accessorio, provvisorio e talvolta perfino problematico, dovuto al
fatto che il libro fu scritto prima che si definissero alcune esperienze
politiche del più recente passato e cbe da esse si avesse il senso pre
ciso delle deviazioni che possono determinarsi ove si assumano indi
scriminata1nente posizioni in apparenza simili a quelle de L'Operaio.
Del che, lo Ji.inger del secondo periodo si è reso conto, anzi, direnuno,
quasi fm oltre il segno.
Riprendendo io esame il periodo di transizione, lo Jiinger rileva
cbe i processi che vi corrispondono tendono già ad abbracciare tutta la
Terra. Benché ci si trovi ancora nella fase rivoluzionaria, le dimensioni
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dere misure arbitrarie. li suo potere è delimitato dai 1nezzi e dai co1n
piti del mondo del lavoro e il suo avvento è legittimato da tutte le situa
zioni che onnai contraddicono di fatto il concetto borghese della libertà
e i modi di vita basati su di esso>>.
Quanto alla fonna in cui, a seconda delle circostanze, potrà com
piersi il passaggio al nuovo tipo di unità politica, essa, per lo Jiinger, è
secondaria; il passaggio potrà avvenire per opera di un ministro o di
un capo-partito in cui d'un tratto si manifesti il Tipo nella sua fonna più
alta, oppure attraverso un movimento nazionale o social-rivoluzionario,
attraverso l'ele1nento militare o, ancora, per l'iniziativa di un corpo di
funzionari, organizzatosi seguendo la nuova legge delle costn1zioni
organiche. «Nemmeno farà differenza che la conquista del potere si
compia sulle barricate o nella fredda forma di un dato piano di lavoro.
Infine, sarà irrilevante che il rivolgimento avvenga fra le acclama
zioni delle masse e pel trionfo di una concezione collettivistica, o che
chi acclama vi veda la vittoria della personalità, dell'uomo forte».
Importa solo il punto di arrivo secondo il significato oggettivo che esso
avrà nell'insieme dello sviluppo: l'istituzione di un sistema organico
e non più "societario", di un sistema in cui il piano di lavoro si sosti
tuisca al contratto sociale e alle carte costituzionali, in cui, poi, viga il
principio dell'essere in atto in posizioni ben precise e adeguate, con la
gioia e la libertà di questo esser i11 atto. «Il Tipo si sentirà responsabile
di fronte alle sue supreme possibilità, cioè di fronte al carattere totale
del lavoro, quanto più unitarie saranno le nuove strutture».
Il fattore essenziale pel rivolgimento auspicato sarà dunque «l'o
rientarsi del Tipo attivo verso lo Stato», vale a dire una sua vocazione
politica. Allora si avrà «il passaggio di partiti, di 1novi1nenti e di isti
tuzioni alla forma delle costruzioni organiche, in unità di nuovo tipo
che si potrebbero anche chiamare Ordini, e la caratteristica delle quali
sarà il loro avere un rapporto culturale con la figura dell'Operaio. Su
tale base un 111ovi1nento di ex-combattenti, un partito sociale rivolu
zionario, un esercito possono egualmente trasfonnarsi in una nuova ari
stocrazia in possesso di ,nezzi tecnici e spirit11ali decisivi. La differenza
fra tali grandezze e un partito del vecchio tipo è evidente: qui si tratta
di fonnare e di selezionare la sostanza umana, mentre un partito si sforza
sol.tanto di reclutare una ,nassa». Appunto nel parlare d i "Ordini", lo
Ji.inger si riferisce ancor una volta alla possibilità di una fom1azione del
l'uomo tale da riflettersi perfino nei tratti somatici, possibilità a t t e
stata da tradizioni sia rnilitari, sia religiose, avendo però cura di preci
sare che, nella sua idea, si tratta di cosa del tutto diversa «da quelle fan
tasie di selezione e di 1niglioramento della razza che già fecero parte
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delle prime utopie politiche». ln essenza, possiamo dire cbe qui si tratta
del concetto delle élites portato su di un piano anche esistenziale. L'a
zione fonnativa dovrà avere u11a carattere rigoroso. Dovranno anche
esistere scuole «in cui il lavoro deve rendersi visibile aJl'uorno come
stile di vita e come potenzà, mentre il momento soltanto econornico
avrà un rango subordinato, passerà in secondo piano». In un punto, è
detto che <(JlOn si tratta di disprezzare l'intelletto rna di averlo in sog
gezione)>. Per esempio, fra l'altro si dovrà avere «un più preciso
istinto circa le cose che si vogliono sapere e quelle che non si voglio
no sapere>>. Altrove si parla della élite «come di una specie di guardia)>.
A tale riguardo si presenta naturalmente aJla mente l'analogia con quel
l'ordine dei "custodi" dello Stato platonico che qualcuno ha definito
come «la coscienza armata dello Stato». Uno dei cotnpiti essenziali di
questo gruppo selezionato sarà «La costruzione organica nel quadro delle
masse e delle energie prese in un n1ovirnento illi1nitato, che il pro
cesso di dissoluzione della società borghese ha liberato». Qui viene
anche considerato un uso adeguato, coerente, antindividuaJistico e antia
narchico degli stntmenti di formazione dell'opinione pubblica perfe
zionati e potenziati dallo sviluppo della tecnica «in uno spazio in cui
la simultaneità, l'u11ivocità e l'oggettività delle esperienze crescono»
(grande sta1npa, radio, cinema, ecc.). In effetti, in 1nolte aree cotesti
mezzi sono oggi "in libertà", nel senso che sono nelle mani di gruppi
particolari e di forze spesso irresponsabili che ne abusano (può essere
istruttivo, noteremo, uno sguardo a ciò che accade in America). Così
viene ripetuto ciò che era stato già detto per la tecnica in genere, ossia
che un uso diverso, orga1lico, dei nuovi rnezzi «è possibile solo al Tipo,
perché lui solo ha una relazione metafisica, conforme alla figura, con
la tecnicro> e può considerate naturale la diversa lingua oggettiva cor
rispondente a quei 1nezzi. Si apriranno allora prospettive per «un'azione
fonnatrice quale la libera opinione non è stata mai capace di attuarla,
parallelamente a quella che potrà estendersi alla stessa espressione dei
visi e al timbro delle voci». Circa la doppia, pericolosa faccia di pos
sibilità del genere,
, attestata da esperienze di ieri e di oggi, non ci sof-
fem1ere1no. E evidente che tutto il sisten1a dello Jiinger poggia su di
una assunzione ottimistica, cioè sull'idea che le strutture conternplate
non portino oltre il mondo della libertà astratta e individualistica bor
ghese solo per stare al servigio di forze assai diverse da quelle di una
civiltà del tipo detenninando una regressione. Torneremo breve1nente
su questo punto nelle nostre considerazioni conclusive.
Lo Ji.inger non crede che per la fase costruttiva possa avere un qual
che senso riprendere precedenti tradizioni pre-borghesi, ad ese1npio quel-
11 O
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diversità di mere opinioni, non una differenza sostanziale. Non vi
sono istanze rivoluzionarie che oggi possano qualcosa sul corso della
scienza e della tecnica; non si è in grado di escludere l'uso di una sola
vite o di un solo dispositivo cinen,atografico. Una in.dipendenza e un
potere nei confronti del sapere, come quelli che si affennarono coi grandi
roghi di libri ordinati da sovrani orientali oggi appaiono inconcepibili.
Le donne har.mo lottato per prender parte al processo produttivo. Quanto
alle zone ufficialmente e aperta1nente socializzate, un socialista del 1900
oggi si stupirebbe nel constatare che I' i11teresse prù1cipale non si rife·
risce ai salari 1na agli indici di produzione, che i.n esse per sabotaggio
del lavoro si può essere fucilati con1e il soldato che abbandona il posto,
che da anni i viveri sono razionati come in una città assediata. Queste
e tante altre cose che ancor neJ 1914 avevano un carattere di utopia, pei
nostri cootetnporanei sono divenute correnti. Nelle dette zone i n
modo drastico, altrove in ,nodo più attenuato, rna non diverso, il socia
lismo ideologico si capovolge, perché, una volta venuto gradatamente
meno l'ostacolo, cioè la società ordinata in corpi e caste, e perfino in
classi, le posizioni sgombrate dall'avversario vengono occupate, e il
socialista non è più l'avvocato degli oppressi e degli sfruttati ma colui
che s'inserisce nello Stato e esercita il comando, le idee sociali origi
narie conservando una se1nplice funzione di facciata.
Tale quadro, tracciato dallo Junger in base alla situazione già deli
neatasi quando scrisse il suo libro, potrebbe essere validamente inte
grato attraverso l'osservazione di fatti più recenti. Oggi si usa dare gran
risalto all'opposizione fra il cosidetto "inondo libero" ove nominal
mente vigono ancora i sistemi derivati dal concetto borghese della
libertà, e il mondo controllato dal co1nunismo. Tale opposizione riguarda
assai più le ideologie di cornice che non la realtà pratica. «II socialismo
senza socialisti» (con1e qualcuno l'ha definito), la socializzazione e l 'u
nifom1izzazione di fatto, il sistema di vincoli non sentiti tali, solo perché
divenuti ormai naturali in un clima generale di conformistno, riflettono,
negli stessi "paesi liberi", l'identico processo che in forme cn1de e coat
tive si può osservare nell'area "non libera". A parte le sovrastn1tture
ideologiche, vi è da pensare che più si andrà avandi, più queste analogie
e queste convergenze, che in altra sede abbiamo studiato più da presso
(3), si accentueranno.
(3) Cfr. Julius Evola, Rivolta conrro il mondo moderno (I 934), Edizioni Mediterranee,
Roma' 1969, 11, § 16; e Il ciclo si chiude, a cura di Gianfranco de TU1TiS, Fondazione J.
Evola, Ron1a, 1991 (N.d.C.).
112
Il termine ultù110
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Si deve andar oltre, ma il processo ulteriore sarà più ur1a estensione
che non una rimozione del nuovo principio. Potrà anche accadere che
l'affermarsi di Stati del lavoro nazionali porti a forme chiuse di orga
nizzazione le quali, in vista del carattere planetario preconizzato per
la nuova civiltà, potranno sernbrare un regresso rispetto alla inten1a
zionalizzazione e alla liberalizzazione proprie a molti aspetti dell'at
tuale periodo transizionale. «Ma questo sarà come iJ retrocedere di chi
prende la rincorsa per un salto>>. L'attacco che all'interno delle
nazioni si porta contro le caste e le classi, contro la massa e l'i.ndividuo,
si estenderà alle stesse nazioni nella rnisura in cui esse concepiscano
ancora sé stesse secondo un rnodello "borghese": o atomicamente
sovrane, co1ne già fu pensato l'individuo del XIX secolo, oppure aggre
gate estrinsecamente in forme societarie, senza nesSlUl principio sostan
ziale e superiore di autorità e di ordine, corne nel XIX secolo all'interno
di ogni nazione fu concepita la vita pubblica conforn1e al contratto
sociale. Lo Ji.inger rileva che esistono già tendenze e inizi di formazioni
costruttive supernazionali, co1nportanti un attacco contro il principio
delle assolute sovranità nazionali. Si tratterebbe però di fonne imper
fette, perché ancora non vi si realizza «l'identità di potenza e diritto,
con uguale accentuazione dei due termini»: o si è sulla linea dell'im
perialismo con un sussistente sottofondo nazionalistico, si che la potenza
sopravva11za il diritto, o si tratta di strutture societarie nelle quali la
definizione teorica di una data area del diritto non ha la controparte di
una adeguata potenza e autorità (lo Jiinger aveva in vista, per questo
secondo caso, la ginevrina Società delle Nazioni; gli sviluppi futuri ci
diranno fino a che punto il ripullulare di essa sotto specie di ONU
cada sotto la stessa critica) (4). Nondin1eno coteste iniziative ancora
embrionali e imperfette rifletterebbero un fatto di portata più gene
rale, cioè il fatto che al livello più alto, al livello proprio alla figura
dell'operaio, i singoli paesaggi pian.ificati, malgrado la loro conchiu
sezza o chiusura, appaiono con1e tanti do1ninì particolari in cui si svolge
un unico processo fonda1nentale. Così si preparerebbe un dominio su
tutto il nostro pianeta di quella figura, e nella tendenza delle fon11e nazio
nali che tuttora esistono a trasfonnarsi in unità che si avvicinano al 1·ipo
dello Stato del lavoro, si delineerebbe già la loro futura inclusione nello
spazio unificato di una irrunensa costruzione organica. La mèta sarebbe
(4) Com'è noto dagli esen1pi degli Anni Ottanta e Novanta (dal Libano alla Sonialia,
dall'Iraq alla Bosnia all'Albania) il rapporto fra "diritto" e "autorità" da un lato, "potenza"
dall'altro, è stato per l'ONU diverso a motivo di ragioni non solo pratiche 01a soprat
tutto ideologiche e politiche (N.d.C.).
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effettivamente il dorninio del nostro pianeta, come supremo si1nbolo
della nuova figura. Solo ciò darebbe la misura di una sicurezza di là
da tutti gli sviluppi del "lavoro", pacifici o guerrieri che siano.
Sappiamo che per lo Ji.inger il carattere totale del lavoro corrisponde
anche al regin1e di una attivazione senza residuo delle energie. La guerra
moderna ne ha presentato l'esempio, come una istanza che si estende
a tutti i domini, facendo passare in sott'ordine ognj distinzione tra fronte
e patria, esercito e popolazione civile. La guerra come feoorneno pri
rnordiale, e.lementare, ha fatto scoprire uno spazio nuovo, la dimensione
della totalità, disponibile per i movimenti dell'Operaio. I pericoli che
si celano in questo processo, dice lo Jiioger, sono ben noti. Si tratta di
superarli senza lasciar venir meno la tensione, il presupposto essendo
quella diversa formazione spirituale dell'uorno che è stata sufficiente
mente cruarita nelle pagine che precedono.
Attuahnente vi sono punti della Terra in cui «Ja tendenza ad ab
bracciare la vita nella sua totalità e a inetterla in fom1a è manifesta»,
anche se nel segno di idee contrastanti. Al che si accompagnano
ambizioni egemonistiche nell'organizzazione econo1nica e tecnica, in
un regime di competizione. L'accesso ad un inondo sicuro e con
chiuso nelle forme non sarebbe da attendersi prima che, in un 1nodo o
nell'altro, si sia venuti ad una decisione, prima che ad Ltnità pluriine di
uno stesso rango sia subentrata una unità sovrana di rango superiore.
<<Non si può ancora sapere per quale via en1piri�a il problema di tale
sovranità sarà risolto», dice lo Jiinger, «appunto perché si è in regime
di competizione; n1a qualunque sarà la soluzione, a chi la attuerà, si trat
terà sempre di una realizzazione legata alla figura dell'Operaio». Per
conto nostro, riteniru110 però che uno sguardo realistico dato al n1ondo
attuale e anche a quanto può attenderci nel più i1nmediato futuro non
può non lasciarci dubbiosi circa quest'unico, necessario esito: lo accen
neremo nel concludere.
L'unità dello spazio del lavoro è il tennine ftnale. Da essa dipende
ranno «la regolazione delle funzioni dell'economia e della tecnica, la
produzione e la distribuzione dei beni, la deli1nitazione e l'assegnazione
dei compiti per le nazioni». «Solo partendo da quell'tu1jtà saranno pos
sibili azioni formatrici e sin1boli, grazie ai quali ogni sacrificio avrà il
suo co1npi1nento e la sua giustificazione: i.Jnagini dell'eterno, nella legge
ru111oniosa dello spazio e in 1nonun1enti che sfidano il te1npo».
Quanto al clirna generale, lo sfondo di esso ci è già noto: «L'atti
vità fervida e il riposo, la vita seria e la vita lieve, ciò che è di tutti i
giorni e il clima da fest-a qui non potranno essere tennini opposti o, al
rnassimo, potranno esserlo solo subordinatarnente, presso ad un senti-
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1nento unitario della vita»: di una vita improntata dal lavoro concepito
come quell'
. <<elemento di pienezza e di libertà la cui scoperta deve ancora
avvenire».
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Co11siderazioni finali
(1) Principahncnte in Rivolta contro ìl mondo moderno, cit., e Gli uomini e le rovine
(1953), Edizioni Setti1110 Sigillo, Rorna•, 1990. La problematica, riferita ai vari domini, di
un inondo in dissoluzione, insierne a quella degli atteggia,nenti che si propongono ad un
tipo urnano differenziato, è esaminata io Cavalcare la tigre (1961), Edizioni Mediterranee,
Rorna', 1995.
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evidente il diverso senso che ha la teoria di .Ji.inger, quanto alla sua dire-
zione, al suo essenziale orientamento. E come se, prendendo le mosse
dallo stato di fatto, cioè da un mondo che sta tendenzialmente nel segno
del lavoro; ci si proponesse la via di un risollevarnento, di là dal punto
più basso del processo discendente. In effetti, presi nel senso jiinge
riano, lavoro, operaio e Stato del lavoro non sono più categorie del
Quarto Stato, appaiono integrati con valori di carattere eroico, attivi
stico e, in un certo senso, anche ascetico-guerriero. Peraltro, abbiamo
visto che anche genetican1ente I'attualis1no de L'Operaio non deriva né
da esperienze filosofiche, co1ne quello di certi epigoni dell'idealismo
assoluto, né da applicazioni del rnarxismo, com.e quello concepito in
certi settori dell'area comunista; è un attualismo "esistenziale" scoperto
per la prima volta da un tipo u1nano altan1ente differenziato fra le
esperienze della grande guerra. Cosi è come se ai processi potenzialmen
te distruttivi per la civiltà del 'ferzo Stato, o civiltà borghese, venisse ri
conosciuto soltanto un valore tattico, avendo come 1nèta positiva non
una civiltà del Quarto Stato, n1a strutture e leggi di vita affmi come spi
rito a quelle proprie a civiltà del Secondo Stato. Non per nulla nello
Ji.inger, accanto al modernismo più spinto, ricorrono tuttavia re1nini
scenze prussiane, cioè di una tipica tra.dizione del Secondo Stato. Non
solo: per gli accem1i molteplici alla "metafisica" del mondo del lavoro
e alla figura a esso sovraordinata, per gli esempi scelti da civiltà tradi
zionali a sfondo malgrado tutto sacrale quando egli ha voluto dare una
suggestione delle forme ter1ninali, non più dinamiche, rivoluzionarie
e attivistiche, del mondo del Tipo, lo Jiinger si è spinto ancor più oltre
verso le origini. Questo è dunque il luogo e i l significato della teoria
dello Jiinger nella problematica del nostro tempo.
Quale sia l'istanza positiva più attuale del 'Operaio, lo abbiamo
accennato al principio: proporre un tipo di etica, di formazione del-
1'uomo (incidente perfino sulla sua sostanza vitale), uno stile e una
visione della vita che, pur essendo realistiche e decisamente antibor
ghesi, sono di segno opposto rispetto a quelli del marxismo e del cotnu
nismo. Il Tipo riprende ciò che di accettabile ha potuto presentare un
certo ideale u1nano attivo e realistico, alieno dal culto dell'individuo,
quasi ascetico, immunizzato contro il "decadentismo borghese", che
le ideologie estremiste di sinistra avevano già abbozzato: staccandolo
però nettarnente dal quadro del materialismo storico marxista. Nel con
tempo esso raccoglie anche alcu1ù elementi di stile affacciatisi presso
correnti opposte, anticomuniste e nazionali, della rivoluzione mondiale,
ma pregiudicati da miti e da punti di riferimento non adeguati e non
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scogliere di n1arn10 (Au,f"den Marmorklippen, Han1burg, 1939) (3) - si
dovrebbe riconoscere che lo Jtinger ha ben finito col considerare la pos
sibilità negativa dianzi accennata. In effetti, l'ambiente di quel libro è
da ragna-rok, da "crepuscolo degli dèi". li mondo delle bassure e
delle selve, il n1ondo dei "Verrni del Fuoco" il cui capo viene chia
mato l'Oberforster, in quel libro rappresenta effettivamente il mondo
dell'elementare nei suoi aspetti inferiori e distruttivi, di violenza, di
ignominia, di disprezzo di ogni valore urnano. E nella vicenda simbo
lica, lo scatena1nento di esso travolge l.'opposto mondo delle Sco
gliere di Marn10 dove sussistevano i sirnboli d i discipline umani
stiche, del!' ascesi, di una vita patriarcale; lo travolge, malgrado la
resistenza organizzata dal rappresentante di una nobiltà ormai esausta
(il principe di San1nyra) avente al suo fianco quello di una astratta
volontà di potenza (Braquemart) inteso ad usare le stesse anni del
l'avversario e, infine, colui cbe ancora aveva raccolto intorno a sé. quanto
restava di intatto, di non 1ninato, nelle forze di una gente legata alla terra
(Belovar). Si parla, sì, di scampati alla catastrofe e di una cattedrale che,
quando i te1npi saranno venuti, sarà costruita avendo incastrata nelle
fondamenta una reliquia da essi portata. Ma per quel ciclo, riferito
alle simboliche Scogliere di Marmo, il trionfo delle potenze suscitate
dall'Oberforster, cioè dell'elementare in senso assolutamente negativo,
è l'ultima parola, e si finisce con l'indicare corne unica speranza, che
«l'esperienza del fuoco distruttore sia valsa al singolo come la soglia
per cui si passa ad lLn mondo incorruttibile».
Se infine dovessimo esarninare scritti ancor più recenti dello Jiinger,
difficilmente vi si ritroverebbero le massime del cavalcare la tigre, dello
scoprire il luogo dove I'anna può essere afferrata dalla parte che non
taglia, del portarsi non nei settori dove ci si difende ma in quelli dove
si attacca. Anzi ne La via del bosco (Der Waldweg, Frankfurt, 1945)
(4), accanto ad un curioso riaffiorare di valori che il pri1no Jiinger
avrebbe certamente stigmatizzato come "borghesi", si finisce addirit
tura con lo studiare il modo con cui l'individuo può occultarsi e resi
stere invisibilmente in un mondo controllato da poteri totalitari, il che
vale quanto dire, accanto a strutture sul tipo dello Stato del lavoro,
ove però l'elen1entare si tnanifesta nei suoi aspetti negativi.
(3) Si veda in appendice l'articolo che Evola dedicò al libro quando apparve nel 1939,
e la bibliografia per l e varie edizioni (N.d.C.).
(4) lapsus per Der Waldgang. Cfr. Bibliografia (N.d.C.).
122
123
124
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"teologia" adeguata, diversa solo nella forma, non come livello, da
quelle proprie alle grandi correnti tradizionali di precedenti civiltà.
Se prescindiamo dalle prospettive finali ( che tuttavia dovrebbero
essere chiarite fm dall'inizio, perché soltanto esse possono differenziare
già in partenza i vari orientamenti), il valore delle teorie dello Jiinger
in relazione al n1ondo d'oggi può essere riconosciuto in tennini di etica.
Di fronte al materialisrno econotnico, di fronte agli ideali di una pro
sperità banale quasi da bestiame bovino e alla corrispondente borghe
sizzazione degli stessi gn1ppi che avevano ostentato la divisa dell'an
tiborghesia, é indubbio che l'operaio jiingeriano rappresenti un tipo più
alto: vi si riflette, ahneno, l'atteggiamento spirituale antiedonistico e
anche antieuden1onistico del con1battente di rango della grande guerra,
nei tern1ini di una forza positiva1nente, in1personahnente fonnatrice.
Uomini pronti a seguire non chi pro,nette ma chi esige, questa
sarebbe certamente la pre1nessa di una superiore civiltà. Se un tale
tipo u,nano fosse poi anche da tanto, da controllare lo sviluppo illirni
tato dei mezzi, da imporre ad esso un limite, affinché essi stiano real-
1nente al servizio di quel che è davvero degno di essere perseguito,
un'altra auspicabile premessa per un ordine nuovo sarebbe realizzata.
Essenzializzare, "alleggerire il bagaglio" mettendo da pa11e quel che
si è riconosciuto essere soltanto vuota, sopravvivente forma, tenuta in
vita dai pregiudizi e dal confonnis,no, eleggere dunque tm realismo per
nulla sinonimo di materialismo, è, di nuovo, un tratto positivo. Inftne,
se si ha in vista lo spazio che nei paesi detti liberi ha una generazione
da dirsi non bruciata, secondo l'abusata, scontata formula, 1na piuttosto
franata, disgregata o traumatizzata, se si hanno presenti tutte le forme
di compensazione derivate dalla carenza di un senso profondo dell'e
sistenza e di leggi di vita capaci di organizzare gli strati più profondi,
elementari dell'essere; se si tiene conto di tutto ciò, il principio del
"lavoro" nel senso jiingeriano, cioè in quello di un esser completamente
in atto di là dal.le antitesi dell'individuo, in una insofferenza per le
evasioni e in una nuova libertà, ben diversa dall'anarchia benché pas
sata attraverso l'anarchia, anche questo principio si presenta come un
punto positivo di riferimento, e se nel inondo d'oggi si annunciassero
tendenze in una tale direzione, secondo ciò che a suo te1upo lo Jiinger
aveva creduto di ravvisare in alcuni settori della nuova generazione
(anche se «cotne bandiere tattiche destinate ad indicare la direzione di
1narcia ad eserciti ancora lontani>>), ciò potrebbe solo valere come un
sintomo favorevole.
Raggiungere tali linee, sarebbe il ptimo passo. La fase ulteriore,
legata ai problemi e ai significati ultimi di natura specificamente spi-
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rituale poco su accennati, sen,bra difficile ad i1runaginare (per le ragioni
dette) senza partire da qualche fatto itnprevedibile d'ordine non sem
plicemente umano. Anche in un n1ondo che non fosse quello del
1naterialisn10 contemporaneo rna già quello dell'Operaio e del Tipo, non
si vede infatti come possa inserirsi, a rettificarlo e innalzarlo, la di1nen
sione del non se1nplice1nente u1nano, la dimensione metafisica,
sacrale o trascendentale che dir si voglia: inserirsi, beninteso, in termmi
esistenziali e non già corne una qualche teoria o nuova credenza m a r
ginale.
Nel cainpo delle civiltà spesso si ripete quel che, secondo la teoria
delle mutazioni, accade in biologia: una certa, imprevedibile rottura
di livello è il principio che imptime un nuovo orientamento e dà una
nuova entelechia alla n1ateria vitale esistente. In parte, ciò lo ha anche
presentito lo Jiinger quando ha ripreso la dottrina della "figura": le
"figure", che non sono generate dalla storia, ma che col loro manifestar
si determinano la storia. Bisognerebbe assumere tale idea su di un piano
superiore, realn,ente 1netafisico, senza però illudersi che si tratti di più
che una postuI azione in ordine ad una condizione che, ora co,ne ora,
nulla può dirci se e quando sarà realizzata: perché, ad attenersi ad una
considerazione oggettiva, già il passaggio dalle forme passive,
problematiche e dissolutive, del mondo moderno della tecnica e del
ntunero a quelle attive e legittime del "Tipo", è ancora lungi dall'esser
garantito.
126
(I) Ciò si riferisce naturahnente alla prinia edizione che reca come data di stainpa il
23 settembre 1960 (N.d.C.).
(2) Una disan1ina più arnpia dell'opera - che lo stesso Evola tradusse per l'editore
Volpe - è nella Appendice (N.d.C.).
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iniziazione" da dare a tutte le crisi e le distruzioni provocate dalla civiltà
ultima e quello quasi di una oscura offerta per tutte Je sofferenze e i
sacrifici dell'ultima umanità. Da qui, infine, l'assoluto venir meno del
significato che già avevano tutti i precedenti concetti della vita
u1nana. ''Muro del te,npo" è inteso in n1odo analogo a "rnuro del suono",
cioè nel senso di un lirnite destinato ad essere infranto e trasceso. Lo
Ji.i11ger dice che come i te,npi preistorici e "mitici" non furono u11a parte
del nostro stesso te1npo (del tempo "storico"), rna ut1 tempo qualitati
vamente diverso (l'idea era stata già sviluppata dal secondo Schelling),
del pari ciò che è tempo storico sta per finire, e un limite ci separa da
qualcosa d.i parimenti nuovo e di imn1inente, di trans-storico, discon
tinuo rispetto a tutto ciò che abbiaino conosciuto come "storia" e alle
corrispondenti categorie.
Lo Ji.inger accenna anche a quel che noi dicevamo nelle nostre consi
derazioni finali, in due punti. Anzitutto la "fine del mondo" è da lui intesa
come la fine di un mondo (di un ciclo), in un senso che potrà essere sia
catastrofico, sia positivo (con superamento della soluzione di continuità
e della cesura). In secondo luogo, in relazione a ciò, parla di una prova a
cui sarà messo l'uomo, per via di un processo necessario: quella di esser
capace di saltare il "muro del tempo", sboccando libero nel nuovo mondo.
In un certo modo, anche lo Ji.inger si riferisce alla necessità di quella impre
vedibile "mutazione", di quella modificazione essenziale, spirituale e esi
stenziale, da noi indicata come la condizione a che il mondo dell'"ope
raio" riceva un superiore cris1na nel suo eventuale affennarsi. In più egli
accenna ali'idea che nuove potenze ("metafisiche'') si celino dietro le forze
astratte e meccaniche del nostro tempo, come "presenze" già evocate, con
troparte invisibile delle trasfon11azioni in corso.
Il libro contiene qua e l à intuizioni e considerazioni valide, 1nesco
late però a fantasie e a dubbie speculazioni. Con1e sistematicità e con
chiusezza non è al livello de L '0/Jeraio. Soprattutto, per affrontare seria
rnente la metafisica della storia (concezione del tetnpo, dottrina delle
quattro età del mondo, escatologia ecc.), non possono bastare vedute
personali, anche se di una mente sagace e da artista; occorre invece
rifarsi a un sapere oggettivo, tradizionale, corne ha tàtto per esempio
un René Guénon e il suo gruppo e corne noi stessi abbiamo cercato di
fare, trattando analoghi problemi. Come si .è detto, i problemi essenziali
su cui abbia1no portato l'attenzione del lettore nelle precedenti
pagine, cioè quelli della formazione immanente di un superiore tipo
un1ano di fronte alle situazioni liminali, anche distruttive, del mondo
moderno, in Al ,nuro del te111po non hanno invece avuto ulteriori svi
luppi. Senza l'ipotetico sfondo escatologico e diagnostico, questa pro
blematica è stata da noi ripresa particolarmente nel libro già accennato,
Cavalcare la tigre.
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APPENDICE
Già da tempo è uscito un libro di Ernst Jilnger, uno scrittore che sem
pre più doveva affermarsi con1e uno dei più signifi.cativi deHa G e r
mania contemporanea. Il libro s'intitola Der Arbeiter, cioè "Il lavora
tore" o, se si preferisce, "L'operaio": esso s'intende a individuare il volto
delle forze che cercano di crearsi rivoluzionariamente un inondo nuovo.
In questo periodo, in cui n1olte cose assumono di nuovo un carattere
problematico, non è privo di interesse riprendere le considerazioni dello
Jilnger e presentire anche il nesso con cui esse stanno con le idee
espresse in forma romanzata in un'altra sua opera assai più recente,
uscita ora anche in traduzione italiana: Sulle scogliere di ,narmo (1).
Il centro del precedente libro dello Jilnger è costituito dall'esame
delle forme, nelle quali si co1npie, secondo una fatale, incoercibile neces
sità, il superan1ento dell'èra borghese e individualistica presso a un
nuovo irrompere, nel mondo moderno, di ciò che egli chiama I"'ele-
131
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1ncntare", vale a dire delle forze più profonde della vita e della realtà
in genere. La preoccupazione costante del mondo borghese era di creare
una ennetica cinta di sicurezza contro tali forze. Appw1to la "sicurezza"
nella vita era il suo n1ito, che la religione della "ragione" doveva legit
tin1are e consolidare: la ragione, per la quale l'elementare s'identifica
con l'assurdo e con l'irrazionale. Amare e volere il destino, la lotta, il
pericolo, tutto ciò appariva al borghese privo di senso, co1ne una aber
razione da eli1ninare per mezzo di una adeguata pedagogia. Ma forze
più profonde ha1u10 ripreso il sopravvento. L'elementare, che come
un fuoco vulcanico se1npre cova sotto le contingenti costruzioni di
coloro che vogliono il vivere comodo e sicuro, si è riaffermato nel
mondo 1nodemo e, presso a esso, sorge un nuovo tipo umano, W1a nuova
generazione e una nuova civiltà, priva di rapporti con la precedente
(pp. 4 5 -46, 50-53).
Tale nuova generazione è appunto caratterizzata dal fatto di cono
scere I "'ele1nentare" e di stare con esso in un rapporto, di cui il borghese
e la civiltà del l'erzo Stato non ebbero nemmeno un sospetto (p. 14).
Essa costituisce W1a specie di protesta realizzantesi direttarnente in una
azione che cerca la vita pericolosa. La sua parola d'ordine è un "rea
lismo eroico''. 11 suo stile è la totalitarietà, la "mobilitazione totale" della
vita, su tutti i piani. Nel suo nuovo rnondo, appunto !'"elementare" è
una parte integrante. Esso produce una specie di catarsi, di purifica
zione, nelle sue molteplici distruzioni. Impone all'uorno un impegno
assoluto. Enuclea gradatamente, di là da tutto ciò che sia "individuo",
sia "n1assa", quel che I.o Jiinger chia1na !"'assoluta persona" (p. 132).
Resosi palese l'alto tradimento che lo "spirito" ha consumato contro
la vita, si rende ora palese che esso ha trovato la sua sanzione in un
alto tradimento dello spirito contro lo spirito stesso, attraverso un pro
cesso cli autoconsunzione (p. 40). Mobilitazione totale è, per lo
Jiinger, il portarsi di là dalle contrapposizioni di idea e materia, di sangue
e spirito, di potenza e diritto, di individuo e collettività, che sono tutti
concet1i legati 'a questa o quella prospettiva parziale del precedente
secolo (p. 42). E anche l'aver scoperto di nuovo che vita e culto fanno
tutt'uno (pp. 43, 154), e che vi sono cose assai più vicine e importanti,
che non principio e fine, vita o 1norte (p. 79).
Si tratta dunque di una "sostanza eroica", la quale è passata attra
verso la scuola dell'anarchia, che ha vissuto la distruzione degli antichi
vincoli e che quindi può realizzare la sua pretesa di libertà in una nuova
èra, in W1 nuovo spazio e attraverso una nuova aristocrazia (p. 66).
In tema di libertà, questo nuovo tipo u1nano sente - di contro alle
vedute predominanti nella civiltà del Terzo Stato- che potere e servizio
132
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sono una stessa cosa. Obbedire, per esso, vuol dire arte di udire;
ordine significa prontezza all'azione, al comando, che con1e un raggio
folgorante corre dalla cuna alla radice. Così esso riferisce l'ordine e la
libertà non alla "società", bensì allo Stato. Per la sua articolazione, il
modello è costituito non dal "contratto sociale", bensì dallo stile del
l'esercito. E il grado supren10 della sua forza è raggiunto, quando non
vi è più dubbio nei riguardi della funzione del guidare e del seguire, del
Fuhrertu,n e della Gejòlgschaft (p. 13). Il nuovo tipo non appartiene
più a una associazione o a un "partito", bensì a un "1novimento" o a
un "seguito", non conosce co1nizi, 1na marce (p. 97). Morire, per esso,
è divenuto cosa più facile, meno itnportante, meno tragica (p. 141 ). Nel
suo nuovo inondo il carattere di totalitarietà si esprirne anche nel
tàtto, che il singolo, lo voglia o no, ha una sua responsabilità nel tutto,
in cui è ripreso (p. 144).
Per caratterizzare questo nuovo tipo lo Jlinger usa il tennine Arbeiter,
cioè lavoratore o operaio. Benché egli avverta che un tale termine va
inteso in modo "organico" e che nel corso della esposizione esso assume
un vario significato (p. I 5), pure v'è da domandarsi, se esso non si
basi su di un equivoco fonda1nentale. L'Autore sottolinea che non si
tratta dell'avvento di un dato strato sociale, 1na di una nuova figura,
la quale compenetra di un nuovo senso ognj aspetto particolare della
esistenza, così come in altri ternpi tutte le forme della vita erano con1-
penetrate, per esempio dal senso cavalleresco (p. 64). Egli aggiunge che
come "lavoro" egli intende «la velocità del pugno, del pensi.ero, del
cuore, della vita di giorno e di notte, la scienza, l'amore, l'arte, la
fede, il culto, la gue1Ta: lavoro è la vibrazione dell'atomo e la forza
che ,nuove le stelle e i siste1ni solari» (p. 65). Si tratta dunque - con1e
forse direbbe Burzio - di "de1niurgicità", di una figura caratterizzata
appunto da una relazione diretta, attiva, totale con le forze della realtà,
con !'"elementare" in sé e fuori di sé. Non è però che con ciò l'equi
voco cessi: anzi esso è confem1ato da precisi riferimenti al mondo
moderno della tecruca, così come subito vedremo. E lo Jlinger dice chia
ra1nente che vi sono, onnai, due soli criteri: quello che ha per punto di
riferimento il "rnuseo" e quello che per punto di riferirnento ba invece
I '"officina" (p. 166).
Pur non identificando il tipo generale del "lavoratore" all'operaio
mdustriale, lo Jlinger riconosce che l'apparire di quest'ultirno ha con
tribuito a'render palese I' unpossibilità del protrarsi delle vecclue fonne
(p. 74). E nel inondo della tecnica che egli vede più precisan1ente
prender fonna il nuovo tipo e il nuovo inondo. Il mondo della tecnica
per lui è appw1to da intendersi co,ne il simbolo di una figura partico-
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lare, di quella dell"'operaio": è il modo, «col quale la figura del lavo
ratore mobilizza il mondo>> (pp. 72, 150). Il "lavoro" diviene così un
simbolo totalitario, è il corpo nel quale si manifesta oggi l'elementare
e la
.
potenza
'
con la quale un nuovo tipo u1nano, tuta nuova razza dovrà
m1surars1.
Lo Jiinger vede bene le distruzioni che l'ele1nento meccanicistico e
tecnico realizza. Ma ciò per lui costituisce solo l'aspetto contingente di
un fenomeno assai più vasto e, in ultima istanza, positivo. L'uomo -
egli dice - non deve cercare di scusare la sua impotenza col mettere in
rilievo il carattere disanimato dei mezzi di cui si serve. I mezzi pale
seranno un significato nascosto nel punto in cui essi saranno pienamente
dominati, sì da farsi simbolo di un potere sopraordinato (pp. 192-3).
Allora si paleserà anche la legittimità della rivoluzione da essi provo
cata. Allora la tecnica, con tutte le sue conquiste, apparirà come
un'armatura per insospettate rivolte e insospettate lotte, da avere non
meno cara di quel che l'antico cavaliere ebbe la sua spada (p. 44). La
fase della distruzione sarà sostituita da un ordine reale e visibile con
l'avvento di quella nuova razza, che saprà parlare la lingua nuova
della tecnica non nel senso del n1ero intelletto, del progresso, della
utilità o della co1nodità, 1na come una lingua "elementare", intensiva
mente reale: e tale sarà anche il punto, in cui il volto dell '"operaio" rive
lerà i suoi tratti eroici (p. 162). Il titolo di legittimità delJ'"operaio" con
sisterà appunto nel padroneggiamento di forze divenute strapotenti e
nel controllo del movimento assoluto (p. 76). Bisogna rendersi capaci
di presentire le fom1e spirituali e la "metafisica" da cui sono n1osse le
1naschere metalliche e un1ane del te,npo nostro (p. 124).
Di "1naschere u1nane", peraltro, lo Jiinger parla anche in un senso
specifico. Un carattere fondarnentale del mondo nuovo, del mondo
del!"'operaio", infatti, sarebbe dato dal sostituirsi del tipo ali' individuo;
Mentre la gerarchia del XIX secolo aveva per 01isura l'individualità,
il criterio del secolo nuovo è la 1naggiore o minore corrispondenza a un
tipo, che si afferma dappertutto attraverso una rivoluzione si.lenziosa.
A tale tipo appartiene l'impersonalità. Esso non è insostituibile: è tale,
che un caduto può essere subito sostituito da altri, nello spirito di una
stessa tradizione o ftmzione (pp. 144-148). Corne scon1pare l'individuo,
così pure scompare, del resto, la massa come mera quantità - si va invece
verso nuove forn1azioni organiche e perfino qualitative. Vi è si da
constatare un irnpoverimento, un certo vuoto, una certa uniformità, visi
che assumono appunto i caratteri di maschere, distacco dal "colore",
dalla "varietà" perfino nei vestiti, nei gesti, nei riti, spazio sempre mag
giore che l'elemento "uu1nero" e geometria prendono nella vita: .rna
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tutto ciò esprime una essenzializzazione, un potenzia1nento realistico
(pp. I J 0-122). Il criterio è ora l'azione oggettiva, senza grandi
parole, la rivoluzione senza retorica. E anche corne rivoluzione vera,
sociale, non si tratta orn1ai più di masse che si riversano confusa
mente nelle piazze, ma di un gruppo di uomini decisi che s'impadro
niscono dei gangli vitali di una città seguendo una tecnica precisa (p.
110). Gli uomini sono nuovamente tipici e importanti là dove essi, per
l'assenza di complicazioni intellettuali o sentitnentali, 1neno credevano
di esserlo: nella vita reale, nelle strade e nelle piazze, nelle case 'e nei
cortili, sugli aeroplani e nelle ferrovie sotterranee, dove si lavora. E qui
che si comincia a presentire una umanità che già si 1nuove seguendo
una comando invisibile e .senza parole (pp. I 31-2).
Si voglia o no parlare di nuova barbarie - dice lo Jiinger (p. S6) -
l'importante, tuttavia, oggi, è il constatare la nuova, indomita corrente
di forze elementari che si è i1npadronita del nostro mondo. Presso alle
ingannevoli sicurezze dei vecchi ordinamenti, esse sono troppo vicine
e troppo distruttive a che se 11e possa intendere il senso ultimo. La
loro forma di apparire ha dell'anarchia, è come il prorompere di un sot
tosuolo vulcanico. Chi però crede, che un simile processo possa
essere frenato con ordinamenti dell'antico stile, appartiene alla razza
dei vinti, di coloro che sono condannati alla distruzione. Sorge invece
la necessità di ordinamenti nuovi, di ordinamenti basati non sulla esclu
sione del pericolo, ma su di un nuovo connubio della vita col pericolo.
Il nuovo mondo dell'"operaio" per il singolo potrà significare non un
alleviamento, rna un aggravamento: n1a gli saranno anche date tor.le
nuove per padroneggiare il uuovo peso (p. 6S). Non ci si deve nem1neno
lasciare ingannare dal livellamento al quale oggi uomini e cose sog
giacciono. Esso altro non significa, che la realizzazione del grado più
basso, della base del inondo del "lavoro". Dipende da ciò, che il pro
cesso oggi appaia spesso, in un aspetto prevalentemente passivo,
come una cosa subita. Ma per quanto più la distn1zione e la trasfonna
zione procederanno, di altrettanto si renderà visibile la possibilità di una
nuova costruzione organica (p. 148).
Lo Junger, in realtà, non solo parla di "rniliti ignoti" quali simbolo,
ma altresì di "duci ignoti" (p. I 00). Nel mondo che lui chiama del
"lavoro" si realizzano nuove prove, nuove selezioni: prove di un'e
strema, nuda, quasi metallica freddezza, nelle quali la coscienza
eroica padroneggia il corpo come uno strun1ento itnponendogli una serie
di azioni complesse di là dai li1niti dell'istinto di conservazione. Ciò
che si compie anonimamente in tal senso, in azioni di cui nessuno saprà,
in un aeroplano in fiarnrne o in un sommergibile affondato, porta gli
13S
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stessi caratteri di altre prove che, in vario grado, si estendono a tutto il
mondo del "lavoro" e della nuova "elementarità", come nuda, silen
ziosa selezione delle essenze (p. I 07). Per tal via lo Junger pensa a
una nuova aristocrazia. Il proble1na del potere per lui è quello di una
salda, esatta unità di vita, d i un "essere" inequivocabile; il potere è
l'espressione di questo "essere", senza di che le insegne e i simboli sono,
nel nuovo mondo, privi di significato. Potere è essere: lo si riconosce
in chi ha una statura esattamente adeguata ai mezzi e alle armi di cui
si serve (pp. 69-70). 11 segreto del vero comando non sta nel promet
tere, ma nell'esigere. Sacrificarsi, per l'uomo, è una gioia: e la più alta
arte di comando consiste nel! 'additare scopi, che siano degni di un
tale sacrificio (p. 71 ). Lo Jtinger ba pensato a una élite quale conden
sazione essenziale e attiva del modo d'essere dell'"operaio" nei termini
di una specie di guardia, di nuova spina dorsale di fom1azioni guerriere,
come una selezione, che si può chiamare anche un Ordine (p. 109): e
infatti negli antichi Ordini l'impersonalità, il primato del fine sulla per
sona e il .principio della selezione erano elementi costitutivi strettrunente
connessi.
Il carattere di "totalitarietà" del inondo del "lavoro" rende, per lo
Ji.inger, aftàtto relativa ogni distinzione fra "città" e "ca1npagna", tende,
anche a tale riguardo, a un'unificazione di tipi. Del pari relativa è, alla
sua stregua, la ,nobilitazione in tempo di pace e quella in tempo di
guerra, e, in questo, la distinzione fra il con1battente e il non co1nbat
tente (proprio allo Ji.inger, notiamolo di passata, si debbono le prime
vedute in fatto di "guerra totale"). Il mondo del "lavoro" impegna
tutto l'essere, tutta la vita. E ama, vuole questo impegno totale, fino al
limite, fmo alla distn1zione.
Si parla così anche di una fede che può vincere pur non avendo dei
dogn1i o in un mondo, che non conosce dèi; di un sapere, che non ha
bisogno di principii; di una patria, che da nessuna forza al mondo può
venire occupata (p. 92). Considerando il moto uniforme delle nuove
forze, le forrne precise, geo,netriche di ordu1runenti simili a piramidi,
e i sacrifici e le vittime, più numerose di quelle che una qualsiasi Inqui
sizione o un qualsiasi Moloch abbiano ,nai richieste e il cui numero si
accresce con mortale certezza per ogni passo avanti; considerando tutto
ciò lo .ltinger si chiedeva come si possa non presentire qualcosa di fatale
e di degno di venerazione dietro al velo delle cause e degli effetti (p.
45). Non si tratta di opporsi alla nuova realtà, ma di travolgerla, di
portarla più innanzi. È come un esser in piena traiettoria. Figli, njpoti
o pronipoti di uomini che perfino di fronte al dubbio nutrirono diffi
denza, si ,narcia su terre in cui la vita è minacciata da temperature
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estreme. Per quanto più i singoli e le ,nasse saranno spossate, di tanto
maggiore sarà la responsabilità che tocca solo a pochi. Non vi è dove
evadere, dove scartare, dove indietreggiare. Bisogna invece intensifi
care la violenza e la velocità dei processi nei quali si è presi. Ed è allora
bene presentire che dietro alla immane dinamica di questi tempi si
cela un centro invisibile (pp. 193-194).
ln ordine alla organizzazione del mondo del lavoro sul piano più
iminediato, dove questa parola ha il suo senso normale, lo Jiinger è stato
fra i primi a parlare di uno "spazio in1periale" - ùnperialer .Raum - come
del luogo proprio a un "piano" poggiante essenziahnente sul principio
politico, sullo Stato (p. 277).
In un altro punto del libro, egli aveva parlato di tre principali fasi
di svolgimento del nuovo mondo dell'"operaio": la prùna si sarebbe
sviluppata attraverso la guerra mondiale 1914-18; la seconda corri
sponderebbe alla "rivoluzione mondiale" (in senso generale antibor
gbese); per la terza fase, aveva pensato possibile il riprecipitare in tonne
guerriere (p. 153).
La printa edizione del libro in parola è uscita nel 1932. Si può dunque
dire che lo Jiinger sia stato un buon profeta. Importante sarebbe
quindi una disamina delle sue idee alla luce del bilancio della stessa
storia di questi ultimi anni. È possibile che lo stesso Jiinger l'abbia fatta
nel suo libro recentissimo: Sulle scogliere di marmo, di cui brevemente
diremo, dopo qualche rilievo critico all'ordine di idee fm qui esposto.
Lo Jiinger era certamente ottimista nei riguardi del mondo che egli
sentiva venir su e a cui aveva legato il simbolo del "lavoratore". Ge
neralizzato, come si è detto e si è visto, il significato di "lavoro" e di
"operaio", egli aveva affermato esplicitamente che i movimenti ope
rai non sono, come i "borghesi" pretendono, dei movi1nenti di schiavi,
·bensì nascosti movimenti di signori, verkappte Herrenbewegungen
(p. 41). Abbiamo visto che egli non vuole identificare I'"operaio" a una
data classe sociale, ma farà di esso un tipo generale, centro di una data
visione del mondo. Con ciò, nulla del lato ambiguo della sua veduta
resta però rimosso. Infatti nel mondo tradizionale come all'aristocrazia
spirituale, all'a�stocrazia guerriera e poi alla stessa borgbesia,.come
caste gerarchic�mçnte ordinate, corrispondevano vari �pi e varie vi�ioni
del inondo, così anche l "'operàio" non era una astrazione classista nel
senso moderno, bensì una figura ben definita. Il fatto, dunque, che lo
Jiinger sia stato· indotto proprio a scegliere,il simbolo e la· designa
zione di "operaio" per la più recente civiltà di là dalle rovine del inondo
borghese o del Terzo Stato, questo fatto non ci sembra accidentale o
arbitrario, ma una conferma in più di una verità presentita da vari autori,
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cioè: oggi cerca di prendere il sopravvento una fon11a di civiltà (con una
sua corrispondente visione del n1ondo), legata a ciò che fmo a ieri fu
il Quarto Stato, civiltà caratterizzata, pertanto, non dalla soppressione
degli altri strati sociali e di ogni don1inio di attività diversa da quella
del Quarto Stato (cioè del "lavoro"), bensì da una trasformazione in
senso di "lavoro" di ogni esplicazione umana. È esattamente quel che
dice lo Jiinger, quando parla del «carattere totalitario del lavoro, che è
il modo con cui la figura dell 'Opcraio co,nincia a compenetrare il
mondo» (p. 99). TI che significa che, lungi dal!'essere un mondo "nuovo"
in senso positivo, quello cbe lo Jiinger aveva preveduto è piuttosto un
mondo crepuscolare, lo stadio al quale si giunge dopo la dissoluzione
delle civiltà incentrate o nel capo spirituale, o nel monarca guerriero,
o nel Terzo Stato.
La dissoluzione e il livellamento - dice lo Jiinger - non sono che
aspetti contingenti e iniziali. Siamo d'accordo. Anche il mondo del
Quarto Stato può conoscere una gerarchia e una selezione. Può cono
scere anzi, perfino, una disciplina, una ascesi, un eroismo. Si consi
deri il fenomeno bolscevico, ora che sono visibili vari aspetti di esso
prima celati da una propaganda troppo ingenua, e di ciò si potrà avere
senz'altro la conferma. Ulteriori sviluppi in tale senso sono anche
pensabili in quadri diversi da quello propriamente bolscevico-comu
nista. Ma la sostanza resta la stessa. Ogni valore va ad avere l'impronta
di quello che, in un edificio gerarchico normale, corrispondeva agli e l e
menti più bassi, al Quarto Stato.
Il fenomeno della irruzione dell'"elementare" nel mondo rnoden10
è reale, e reali sono varie delle conseguenze acutamente messe in luce
dallo Jiinger. Importa però non perdere di vista, qui, i giusti punti di rife
rimento. Non ci si debbono cioè fare delle illusioni circa la qualità
predominante nella sostanza "eroica", attivistica e tragica che è affio
rata spezzando le effimere costruzioni e il 1nito della "sicurezza" del-
1'èra del Terzo Stato. Per quanto egli non sia che un "filosofo da salotto"
ossessionato dall'importanza della propria persona, pure è del tutto
esatto ciò che il Keyserling ha scritto nel libro La rivoluzione mondiale
e la responsabilità dello spirito (uscito anche in una traduzione italiana,
presso l'editore Hoepli) intorno al carattere "tellurico" e "infero" di
questa rivoluzione, epperò anche di tutti i sacrifici, gli eroisrni, le disci
pline, le ascesi che essa implica. Così anche accettando in pieno la gene
ralizzazione del concetto di "operaio", eliminando, per il n1omento, ogni
riferimento diretto o indiretto a un avvento del Quarto Stato, se1npre
ci troviamo dinanzi - in questa nuova en1ergenza dell"'ele1nentare" e
di coloro che in esso hanno spostato il centro della loro vita - a qual-
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cosa di ambiguo e d i preoccupante. E oggi lo si vede chiaro quanto n1ai,
perché si ba il senso di grandi forze che sono già organizzate "totalita
riamente" e "totalitariamente" sono ",nobilitate" - nel senso dello
Jiinger -, che quindi hanno ormai dietro d.i loro la fase del caos e della
distruzione rivoluzionaria, ma che tuttavia appaiono come lasciate a
sé stesse, scagliate in una vicenda tragica che non si vede come potrà
essere completamente controllata e ricondotta a un significato dav
vero superiore.
Invece, come si è visto dalla nostra esposizione, è nella speranza di
questo significato superiore, portato da una vicenda tempestosa e i:,rrave
di destino, e dall'"elementare" latente nel mondo della tecnica e della
1nacchina, che la concezione dello Junger e la sua prognosi della nuova
civiltà di là dal Terzo Stato avevano il loro centro.
E ora cade di parlare delle Scogliere di ,narmo. È opinione generale,
che tale libro sia uno Schliisselroman, cioè un ro1nanzo a chiave, nel
quale le vicende e gli stessi personaggi hanno un carattere simbolico e
si riferiscono a rivolgimenti e forze in atto ai nostri giorni, avendo
dunque il valore di 111ezzi espressivi fantastici per una idea precisa.
11 centro di questo nuovo libro, scritto dallo Jiinger nel 1939, è il con
trasto fra due n1ondi. L'uno è quello della "Marina" e dei pascoli, sovra
stati dalle "Scogliere di Marmo"; è un inondo patriarcale e tradizionale,
ove la vita e la natura hanno per controparte una superiore saggezza e
un sin1bolo ascetico e sacrale incorpor-ctto eminentemente, nel romanzo,
dalla figura di Padre Lampro. Di contro al mondo raccolto presso le
"scogliere di manuo" sta quello delle paludi e dei boschi, ove signo
reggia una paurosa, diabolica figura che lo Jiinger chiama l'Oberfor
ster (tradotto con "Forestaro"): è, questo, un mondo "elen1entare", di
violenza, di crudeltà, di igno1ninia, di disprezzo di ogni valore umano.
Il tono della vicenda fantastico-simbolica descritta con arte magi
strale dallo Jiinger è da "crepuscolo degli dèi". Il mondo del "Forestaro"
finisce col sopraffare quello della Marina e delle Scogliere di Manno.
La civiltà e i costu1ni della Marina sono alterati da processi d i corru
zione oculata,nente diretti, l'anarchia vi si infiltra e non trova nessuna
remora in uomini d'azione capaci davvero di imporsi, di far fronte al
nihilis1no e alla distruzione. Nel 1no1nento del ,nassimo pericolo, due
uomini cercano di assumere l'iniziativa di una azione Liberatrice. L'uno,
Braquemart, incarna una volontà di potenza e una teoria del superuon10
e della superrazza alla nietzschiana, teoria che qui si risolve essa
stessa in una fonna di nihilìsm.o ed è condannata nella sua astratta cere
bralità e nella sua mancanza di spontanea grandezza, a fare il giuoco
dell'avversario, a cui Braquemart cerca di contrapporsi usando le sue
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più tardi, incastonata nella prima pietra, doveva servir di fondamento
a una nuova Cattedrale. Ma per quel ciclo, per quel inondo legato alle
Scogliere di Manno, il trionfo delle potenze scatenate dal Forestaro è
l'ultima parola. E l'unica speranza nella tragedia è che proprio l'espe
rienza del fuoco distruttore sia, per il singolo, un principio di rina
scita, la soglia per passare in un inondo incorruttibile.
Nel inondo ideale proprio al nuovo libro simbolico dello Ji.inger si
ba dunque quasi un ritorno a valori, cbe nel precedente non stavano di
certo in pri1no piano. Molti elen1enti fanno pensare, che si tratti, qui,
di una specie di bilancio negativo proprio del mondo "elementare",
epperò, in buona n1isura, ancbe dal inondo dell'"operaio". Le forze sca
tenate che distruggono le città della Marina, dopo aver travolto sia la
sopravvivenza generosa, ma pure stremata, della civiltà del Secondo
Stato, sia gli artificiali, nihilistici rappresentanti della se1nplice volontà
di potenza e, infine, in Belovar, le poche energie ancora schiette e legate
alla terra - queste forze del "Forestaro" danno ben l'impressione del
inondo della <<tnobilitazione totale» (2), del inondo del Quarto Stato e
del "tellurismo" rivoluzionario giunto al li1nite e rivelante alla fine la
sua vera natura. Con l'avvento di tali forze nelle terre della "Marina"
non è il mondo della borghesia, dell'individualismo o del Terzo Stato
che crolla, 1na un inondo della qualità, della personalità, dell'ascesi,
della tradizione misterica e sacra, della "cultura" in senso superiore. È
lo stesso Jiinger, già assertore della guerra totale e quasi estrema istanza
a sé stessa, che ora riconosce che <<il coraggio gue,,-iero non è il valore
supre1no»; che è inevitabile andare incontro al 111ondo della "selva" e
del Forestaro quando, insieme alla forza, non si possegga un principio
superiore, una legittimazione, per così dire, dall'alto, co1ne quella
simboleggiata dalla figura dell'asceta travolto lui stesso nel crollo del
tempio in firunme, dopo l'ultima benedizione.
Tolti i suoi lati apocalittici, il nuovo libro dello Jiinger ba dunque
w1 contenuto profondo. Una chiaroveggenza lo pervade, superiore di
certo a quella del periodo di Der Arbeiter, adeguata alla serietà di questi
tempi. Il feno1neno dell'irruzione dell'"ele111entare", co1ne si è già detto,
è reale: e reale è anche il processo di enucleazione di un nuovo tipo,
realistico, eroico, i1npersonale, capace di un controllo e d'un'azione
assoluta, proteso verso una assunzione totale della vita. Anche se il
inondo di questo nuovo tipo non corrisponde proprio a quello del "Fore-
(2) Rifcrirnento ad un famoso saggio jiingcriano del 1931: Die 101ale Mobilma
chung. Cfr. Bibliografia (N.d.C.).
14]
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Una rivoluzione ma11cata:
"la rivoluzione co11servatrice"
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(4) li Mohler rileva che risentono delle idee della "rivoluzione conservatrice" le ten
denze a creare, durante il nazionalsocialismo, quasi uno Stato nello Stato, una specie di
Ordine, contrapposto aJ partito di massa. E qui sarebbe interessante stud.iare la parte avuta
da siffattetendenze nelle stesse SS, organizzazione di cui da noi non sono ooti che gli
aspetti più contingenti e deprecabili. In genere, giudica falsamente la Germania nazista
chi non vi riconosce una mera aggregazione di forze contrastanti, che furono solidali
solo in vista di una risoluzione di alcuni problemi nazionali improrogabili e di fronte alle
influenze non-tedesche, forze che però miravano ognuna a dar essa sola la propria fonna
all'intera Gennania. Quelle che facevano capo a Goring (con esponenti dell'anticaReichs
wehr), allo stesso Himmler e ad elementi della diplomazia (co1ne von Papen, questi
però, subito scalzato, perché troppo espostosi) possono coQSiderarsi appunto corne l'ala
che rifletteva, più o tneno deformata, la tendenza conservatrice-rivoluzionaria, 1nentre la
tendenza propriamente nazista si legava a Hitler, a Gobbels a Ley e in parte anche a R.osen
berg.
(5) La cosiddetta Notte dei Lunghi Coltelli durante la quale vennero epurati soprat
tutto i vertici delle SA, ma anche d i altri ambienti considerati ostili al nuovo regime
(N.d.C.).
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II Mohler io una parte notevole ciel suo libro ha cercato, in partico
lare, di individuare la "visione del inondo" - Weltanschauung - più o
meno comune alle varie correnti conservativo-rivoluzionarie. Il suo
inquadramento impone tuttavia delle riserve. Anzitutto ci sembra che
l'autore abbia troppo puntato su di un piano ideale e troppo poco sulle
forme politiche che davvero potevano corrispondere allo spirito del
movimento. Per quel che riguarda appunto il dominio politico, ci sembra
che egli accentui troppo il distacco che sarebbe esistito tra quelle cor
renti e il conservativismo vero e proprio, compreso quello a tendenza
monarchica, djstacco che in realtà in Germania non fu così grande e
generale quanto cbi legge il libro sarebbe portato a credere. Il pro
cesso in negativo contro lo stesso secondo Reich non fu condotto che
da elementi estremistici, i quali poco sembrarono ricordarsi della
parte che nello stesso secondo Reich ebbe la tradizione federichiaoa.
Quanto alla visione del inondo, il Mohler prende per base l'opposi
zione esistente fra due concezioni generali, da lui chiamate lineare l'w1a,
ciclica l'altra. Secondo la prima, la storia è sviluppo, novità, evoluzione,
essa tende ad un termine finale che la giustifica - è, questa, la conce
zione propria alle varie correnti progressistiche, ma altresì al cristia
nesimo, in quanto esso gravita verso una "fine dei tempi". La seconda
concezione si baserebbe invece sull'idea dell"'eterno ritorno", del ricor
rere delle stesse forme - e tale sarebbe la veduta basale della "rivolu
zione conservatrice". Ora, secondo noi, la contrapposi7jone in tali ter
mini non è ben fonnulata. Se mai, si dovrebbe parlare di storicismo e
di antistoricismo, di "civiltà dell'essere" e di "civiltà del divenire". Non
si tratta di aspettarsi il ritorno delle stesse forme (Vico, Spengler), bensì
del non credere cbe, quanto ai valori fondamentali, qualcosa muti; di
riconoscere un ordine normativo contenente già a priori e ab initio tutti
i principii, senza i quali una civiltà e una società normali non sono con
cepibili.
Al che può riallacciarsi un'altra critica allo schema del Mohler, il
quale troppo si rifà a vedute d'intonazione nietzschiana, e ad un
immanentismo che, a dir vero, poco si concilia con lo spirito di un
vero conservativismo, rivoluzionario o meno che sia. Il Mohler attri
buisce a questo una tendenzialità "anticristiana", perché l'esigenza fon
damentale della corrente trattata sarebbe l'unità, la totalità (Ganzheit),
n1entre il cristiaoesilllo è caratterizzato dal dualismo, dalla separazione
fra due n1oodi, dei quali l'uno non ha lo stesso valore dell'altro. Ora,
qui si dovrebbe distinguere fra dualis1no e dualismo, perché se esiste
un dualismo dilaceratore, ve ne è però un altro che è il presupposto di
ogni azione formatrice in senso tradizionale. Se dal .mondo contingente
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(1) Tr. il.:// nodo di Gordio, in Ernst Jiinger · Carl-Scb.mitt, il nodo di Gorrlio. Dia
logo su Oriente e Occide11/e 11ella sioria del mondo, Il Mulino, Bologna, 1987 (N .d.C.).
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(2) Lapsus per Der Waldgang. Tr. it.: Trattato del Ribelfe, Adelphi, Milano, 1990
(N.d.C.).
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Al muro del tempo
Ernst Jiinger viene considerato co111e uno dei maggiori scrittori tede
schi viventi e in Italia sono già uscite traduzioni di diverse sue opere
presso editori che vanno per la maggiore (.'>ulle scogliere di n1armo
presso Mondadori, Giardini e strade presso Bompiani, Radianze presso
Longanesi) (1). Tuttavia da noi sono state soprattutto le note cricche
di critici letterari e di intellettuali dilettanti ad interessarsi di lui, avendo
in vista gli aspetti delle opere dello Jiinger che rientrano nei loro oriz
zonti e che vanno incontro ai loro gusti, aspetti, che per noi sono invece
i meno rilevanti.
Da tempo, ad attirare la nostra attenzione non è stato lo Jiinger let
terato, il saggista, lo scrittore di uno stile forbito personalissimo, bensì
l'autore delle prime opere che riflettevano diretta1nente l'esperienza
vissuta della vita del fronte in guerra. Lo Jilnger aveva appena frnito
le scuole inedie quando, insofferente del clin1a borghese e stagnante
dell'runbiente in cui viveva, fuggì dalla casa patema per entrare nella
Legione Straniera. Scoppiata la prima guerra mondiale, si arruolò
volontario, fu molte volte ferito ed ebbe le massime decorazioni al
(I) Evola cita, traducendo in italiano il titolo originale tedesco, quello che era stato
presentato conte Diario 1941-1945 (Longanesi, Milano, 1957). Prenderà il titolo di Irra
diazioni solo in una edizione successiva, treniacinque anni dopo (Guanda, Panna, 1993)
(N.d.C.).
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valore. I suoi libri del primo periodo trattano appunto della guerra. Si
è potuto chiamare lo Jiinger I'"anti-Remarque": in contrasto con la
letteratura disfattistica e pacifista del primo dopoguerra, egli mise in
risalto le dimensioni spirituali, anzi trascendenti, che la guerra può pre
sentare nelle sue stesse fonne 1noderne "totali" tecnicizzate più distrut
tive per un determinato tipo umano.
Dopo i libri di guerra, venne l'opera che per noi resta quella più
importante del nostro autore, L'Operaio - la sua figura, la sua sovra
nità. Essa ebbe una vasta eco e, in realtà, è fondamentale pel pro
blema della visione e del senso della vita nell'epoca moderna. Dare
mo un cenno del suo contenuto: solo un cenno, anche perché su di es
so è uscito un nostro saggio, che tiene il luogo di una traduzione del
libro (apparsa non possibile per van motivi) (2), al quale rimandiamo
il lettore.
Vi è una continuità fra i libri di guerra e l'Operaio, in questi termini:
nella guen·a moderna l'uon10 deve tener testa non tanto all'uomo (al
nemico) quanto allo scatenrunento dei mezzi tecnici (le "battaglie del
1nateriale", la "morte meccanica") e,·con essi, di forze distruttive di
un carattere non-umano, "elementare" (l'"emergenza dell'elen1entare",
come le forze di natura sono "elen1entari"). Può tenersi io piedi, può
sopravvivere non solo fisicamente ma soprattutto spiritualn1ente nelle
vicende in cui ci si trova gettati, solo un nuovo tipo umano, che sa
lasciare dietro di sé tutto ciò che si lega alla sua particolare persona e
ai suoi stessi istinti, al modo di pensare e di agire, agli "idealisrni" e ai
valori della vita borghese: un tipo capace di un impegno assoluto e
impersonale, amante l'azione per se stessa, lucido e freddo e, insieme,
pronto ad uno slancio elementare, tale infine da saper presentire e
cogliere un significato superiore dell'esistenza nel connubio fra vita e
pericolo, fra vita e distruzione. Lo Jiinger ha creduto di constatare l'ap
parire incipiente del tipo di una nuova umanità, quasi di una nuova razza,
riconoscibile negli stessi tratti fisici, in coloro che dall'esperienza della
guerra moderna non sono stati spezzati, che sono stati, interionnente,
i vincitori di essa, di là dall'opposizione dei fronti e delle ideologie,
come pure dall'esito della guerra.
L'Operaio sviluppa analoghi motivi in relazione al clirna generale
dell'ultima civiltà. La scelta del termine "operaio" è infelice. Come lo
(2) Q uesti motivi sono tuttora ignoti, dato che non si conosce, come detto nella Nota
del Curatore, la risposta di Jilnger alla lett.era di Evola del 1953, in precedenza riportata.
Forse lo scrittore tedesco -all'epoca -non riteneva questa traduzione per lui opportuna
(N.d.C.).
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concepisce
' lo Jiinger, l"'Operaio" non corrisponde ad una classe sociale.
E un nuovo tipo umano capace di adeguarsi attivatnente a tutto ciò
che nel inondo moden10 ha un carattere distruttivo dal punto di vista
della precedente civiltà. Non solo in guerra 1na anche in pace le forze
messe in 1noto dall'uomo con la tecnica e la 1neccanizzazione si ritor
cono contro di lui. Esse distruggono gli antichi ordinainenti e gli antichi
valori, e soprattutto quel che l'epoca borghese aveva cercato di creare
con la sua concezione della "società", col culto dell'individuo, della
ragione, della "u1nanità". Tutto ciò è entrato in crisi per l'apparire, anche
qui, di forze "elementari" in fom1e meccaniche, io processi oggettivi
generali, in una "mobilitazione totale" della esistenza. Co1ne in guerra,
all'uomo moderno non è dato sottrarsi alla corrispondente situazione.
Così gli si pone la stessa alternativa: di venire distrutto - non fisica
mente ma interionnente (nichilis,no moderno, "tnorte di Dio", n1ate
rializzazione, livellamento, regitne della masse), ovvero di trasfonnarsi,
di divenire un nuovo essere.
L"'Operaio" dello Jiinger è un simbolo e corrisponde a questo nuovo
tipo. La tecnica è lo stru1nento con cui egli "mobilita'' il mondo,
desta, attiva e domina forze elementari. Egli affronta tutti i processi che
col colpire l'individuo, col distruggere tutto ciò che sussiste del mondo
borghese, tradizionale, "da museo'', col dissolvere gli antichi nessi
sociali e le antiche abitudini, con l'abolire sempre più tutto quel che è
colore, varietà, particolarità, soggettività, dando invece risalto al m.ec
canico, al matematico, all'oggettivo, sembra con1portare un mortale
impoverimento, un disanimazione dell'intera esistenza. L'"Operaio"
assume tutto ciò ai fini, per così dire, di una esseozializzazione o puri-,
ficazione («la via della salamandra, che passa attraverso il fuoco»). E
una sfida esistenziale che lo mette alla prova e che, se la prova è supe
rata, lo porta ad affermarsi in una ditnensione nuova dell'essere.
E anche in questo ambito lo Jiinger crede al preannunciarsi di tm
nuovo tipo, con caratteristiche unifonni riconoscibili perfino fisica
mente. Ad esso sono propri l'in1personalità, la lucida, attiva adegua
zione al fu1e, iJ disprezzo per tutto ciò che è soltanto individuale, il taglio
netto coi valori del passato, la disposizione naturaJe al cotnaodo o ali'ob
bedienza, ad un "realis1no eroico", a una nuova positiva anonimìa (sim
bolo del "milite ignoto", però da integrarsi con quello del "capo ignoto").
Lo Jiinger qui aveva parlato di uno stile che può dirsi tanto "spartano"
che "prussiano" o "bolscevico" (con riferimento al tipo "ascetico" del
primo con1unis1no). Aveva preconizzato gerarchie nuove stabilentisi di
fatto, essenzialmente col differenziarsi di coloro che subiscono i pro
cessi di dissoluzione insiti in w1a fase di transizione e coloro che invece
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li assu1nono in modo attivo. In particolare (e questo è un interessante
1uotivo specifico) aveva parlato di una "metafisica" chiusa dentro il
inondo 1neccanizzato. Nei gradi supre1ni della nuova gerarchia !'"Ope
raio" incarnerebbe tale metafisica nelle forme di una nuova unità esi
stenziale, di là dalle antitesi di sangue e spirito, di potenza e diritto, di
libertà e necessità, di servizio e co1nando. Su tale base, si riproponeva
l'ideale degli Ordini: come quelle unità differenziate di vita ove una
disciplina severa imprimeva una fo1ma precisa all'essere e all'azione
del singolo. Su degli Ordini dovrebbe basarsi il nuovo Stato, lo Stato
del! '"Operaio". Infine, di là dalla fase di transizione, dalla fase dina-
1nica, 1ivoluzionaria e distn1ttiva nel inondo mobilitato e trasformato
dalla tecnica, veniva prospettata una fase, per così dire, "classica",
con fon11e compiute e stabili, simboliche, quasi co1ne nelle civiltà unper
sonali e sacrali delle origini, però, ora, con una estensione planetaria.
Perché come la tecnica abbraccia irresistibilmente tutto il inondo, di
là da ogni frontiera, così come stadio fmale non può essere concepito
che un sistema abbracciante parimenti tutto il mondo, in cui si affer
merebbero la figura e la sovranità dell"'Operaio", dopo gli ultimi urti
eventuali fra blocchi antagonistici di potenze.
ln sintesi (e per il resto dobbiamo rin1andare ad un nostro saggio)
queste erano le vedute de L'Operaio. Esse . esercitarono una notevole
influenza sulle co1Tenti nazionaliste e combattentistiche tedesche del
primo dopoguerra e anticipavano alcuni orientamenti essenziali della
corrispondente rivoluzione, e poi del nazionalsocialis1no. Senonché pro
ptio all'avvento di questo regùne, nello Jiinger si ebbe un irnprovviso
cambia1nento di orientamento e di livello. Se1nbra che egli abbia visto
in molti aspetti del nazionalsocialismo una specie di distorsione o di
1iduzione all'assuJ"do di varie posizioni de L'Operaio. Personalmente,
si tenne i.n disparte (nella seconda guerra mondiale, richia,nato, non si
fece particolarrnente notare). Come scrittore, la sua nuova produzio
ne, quando non ha avuto un carattere di semplice letteratura e di spi
golatura (appunti, osservazioni psicologiche, saggistica, il ro1nanzo fan
tasioso avveniristico Eliopoli - ad un livello più alto, con un conte
nuto sùnbolico, Sulle scogliere di ,narmo), ha presentato un sensibile
sfaldatnento spirituale. Ciò vale soprattutto per alcu1ù scritti minori a
pretese ideologiche, per lo Scritto sulla pace, 11 nodo gordiano e La via
del bosco (3 ). Quasi si direbbe che, come non pochi suoi connazio-
(3) Traduzione lctter<1lc dei titoli t.edeschi. Opere apparse poi con altri in italiano: Helio
polis, Rusconi, Milano, 1972; La pace, Guaoda, Panua 1993; Il nodo di Gordio, Il Mulino,
Bologna, 1987; 7ì·aitato del ribelle, Adelphi, Milano, 1990 (N.d.C.).
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nali, la disfatta abbia in lui provocato uno shock e lo abbia aperto sor
prendente1nente perfino a motivi non lontani dalla rieducazione "demo
cratica" o, almeno, "umanistica" condona in Genuania nel nuovo dopo
guerra, in aperto contrasto con quelli già da lui difesi nel precedente
periodo. Basti dire che, 1nentre egli aveva coniato la parola d'ordine
d.i po1iarsi non SlLi settori in cui ci si difende 1na su quelli in cui si attacca,
e quella della sfida deH"'ele,nentare", La via del bosco nell'edizione
francese la si è potuta definire co1ne una specie di manuale "del-
1'uotno della resistenza", al quale sono indicati i mezzi per celarsi e sot
trarsi nell'èra dei "totalitarismi". Anche Il nodo gordiano, in cui si vor
rebbe trattare dei rapporti fra ideali "europei" e "Oriente", risente
sotto più di un riguardo delle parole d'ordine politiche del nuovo
clima tedesco.
Il libro nuovo dello Jiinger, Al rnuro del tetnpo (An der Zeitlnauer,
Klett-Verlag, Stuttgart, 1959), segna daccapo un carnbian1ento di rotta
e riporta i11 una certa 1nisura al campo dei problemi trattati ne L 'Ope
raio. Spirituahnente, rispetto alla produzione or ora accennata, rap
presenta dunque un risolleva111ento (4). Dal pw1to di vista oggettivo,
non aggiunge però 1nolto a quel che nelle precedenti posizioni era valido
e che a noi più interessava..La trattazione non è sisternatica; e invece di
approfondire i problerni inunanenti della formazione interiore e dei
significati sovraordinati dell'esistenza nell'"èra dell'Operaio", essa in
gran parte si porta in un do1ninio diverso, in quello della escatologia e
della 111etafisica della storia.
Ora, quando si vuole entrare in tale domiiùo, non si può più proce
dere con intuizioni personali, ma bisogna rifarsi a precisi insegna-
1nenti tradizionali, come per ese1npio l'han fatto René Guénon e la
sua scuola, e co1ne noi stessi abbiamo cercato di fare. Allo .Jiinger rnan
cano tali riferimenti; egli va da solo, oppure si rifà alla cultura corrente,
per cui le cose giuste da lui sono colte qua e là, quasi per caso, e sono
mescolate a molte divagazioni e scorie.
L'espressione "muro del tempo" va presa in un senso analogo di
"muro del suono": un limite, superando il quale subentrano forme nuove
di movimento. La sensazione confusa di un mondo che sta per fmire è
anche quella di un li1nite analogo, da oltrepassare. Vi è w1 certo riferi
n1ento alla "civiltà dell'Operaio", che ora è presentata con1e una "civiltà
cos1nica", nel senso che in essa le forze dell'uomo cominciano ad
(4) Di sicuro è il rnotivo per cui Evola consigliò il libro e Giovanni Volpe, quando
questi fondò la propria casa editrice, e lo tradusse con lo pseudonimo di ··Carlo d'Alta
villa". Usci nel 1965 (N.d.C.).
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incidere profondan,ente sul substrato della realtà e della natura, e ad
attivarlo (èra atomica, nuovi orizzonti della tecnica). In più, secondo lo
Jiinger, qualcosa comincerebbe a muoversì anche in quel fondo del-
1 'universo, di là dall'uo1no, quasi nella gestazione dolorosa e, per ora,
distruttiva di una realtà nuova. l'ornano le idee dell'Operaio, nel
senso che delle potenze "rnetafisiche" sono presentite dietro la facciata
di tutto il mondo moderno meccanizzato e disanitnato. E tutte le s o f
ferenze, le crisi, i sacrifici dell'ultima umanità (in <<ntunero maggiore
di quanti un Moloch ne abbia mai richiesti e di quante vittitne l'Inqui
sizione abbia mai rnietute») sarebbero oscura1n.ente ordinati allo sbocco
di questa èra nuova, di là dal "1nuro del tempo".
A dire il vero, più che di "ternpo" qui sarebbe da parlare, in un senso
particolare, di "epoca storica". Infatti lo Junger parte dalla osservazione,
in sé giusta (oltre che negli scrittori della scuola "tradìzionaJe" e nella
stessa etnologia, la si ritrova già nello Schelling), che ciò che abitual-
1nente viene chia1nato tempo della preistoria, o tempo "mitico" (per
intendersi, prin1a di Erodoto), non corrispondeva ad una sernplice
porzione dello stesso "tempo storico" che noi conosciamo, ma ad un
tempo diverso, ad un clima spirituale, umano e esistenziale differente,
a noi non più noto. Dopo, è venuta l"'epoca storica" in senso proprio
co1ne un ciclo che, con tutti i suoi valori, le sue ìstituzioni e le sue
idee sta per esaurirsi: donde il senso del "muro del tempo", di là dal
quale, come di là da uno iato o una "soluzione di continuità", ripren
deranno ad agire poteri e processi che non sono semplicemente
umani, che i n un certo senso sono "metafisici", come nell'età
"mitica" ("mondo trans-storico"). In questa sede, non possiamo sof
fermarci su simili idee, che sono di un campo tutto speciale. Comunque,
l'importante sarebbe superare attivamente quel Limite, qui intervenendo
una alternativa analoga a quella già considerata in altri cainpi, per la
guerra, pel mondo dell"'Operaio". Di là dal limite, qualunque cosa
accada, almeno alcuni dovrebbero salvare la "libertà umana".
Prima che il nuovo Iibro uscisse, nell'esaminare L'Operaio avevamo
già indicato la necessità di considerare due possibìlità dell'esito di tutto
il processo della civiltà ultima, positiva l'una, negativa l'altra. Infatti,
per quella emergenza del!"'elementare" e per tutto il rnondo tecnico,
meccanico, disanimato e nemico dell'individuo e dell'umano si può
anche concepire uno sbocco negativo, regressivo, barbarico ("arima
nico") - e negli stessi riguardi del tipo nuovo, come abbiaruo visto, lo
Jiinger aveva potuto accostare tipo spartano, tipo prussiano e tipo "bol
scevico" nel segno di un wùco realisn10 attivo e antipersonalistico: il
che era già signitìcativo. Nel nuovo libro anche lo Junger viene a
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riconoscere il pericolo di questo sbocco negativo, che condurrebbe verso
«ordinamenti zoologici, magici o titanici». In corrispondenza alle
note angosce che nei nostri conte,nporanei, nell'eventualità di una
guerra, fanno da contrappeso all'euforia dell'èra atomica con la inci
piente "seconda rivoluzione industriale" che dovrebbe apportare ogni
bene e ogni felicità, non mancano nem1neno accenni a una possibile
catastrofe di proporzioni planetarie. Ma il tono prevalente del libro
sembra essere ottimistico. La fase nichilista può essere superata. Le dis
soluzioni e il livellan1ento son paragonati alla mano di calce che si dà
alle pareti di u11a abitazione che aspetta altri inquilini. Si constata il
vuoto; si pensa però che esso sia quello di una fon11a nuova, o stampo,
creata da una più alta forza per essere riempita. L'antico motivo riap
pare, co1ne una specie di fede, con riferimento al tipo dell"'Operaio".
Considerando tutto ciò che accade e che potrà ancora accadere, lo Jiinger
dice: «Da quell'incendio, vediamo innalzarsi soltanto la figura del
l'Operaio, divenuta più possente. Ciò fa supporre che gli elementi più
ignei sono celati io lui e che essi non hanno ancora avuto una pura
fusione. Vi sono ancora tnolti stampi vuoti».
Ma con questo s'incontra anche il problema essenziale, che non si
risolve con una semplice imagine. Anzi i problemi, propriamente, sono
due. Anzitutto è da chiedersi se di là dall'èra borghese e dal nichi
lismo successivo si verrà davvero al clima di alta tensione (di "tempe
rature estreme") cbe caratterizza gli orizzonti del mondo del! '"Operaio"
e del "realismo eroico": perché a rnolti tale mondo potrà anche sem
brare anacronistico e fanatico, dati gli ideali di una vita, invece, più
sicura, più facile, "sociale", con scienza e tecnica al servigio dell'ani
male uoumo debitamente imbrigliato e normalizzato: sono gli ideali
oggi prevalente1nente coltivati in varie aree del mondo, specie nel
l'Occidente democratico e nella società consun1istica. In secondo luogo,
nell'ipotesi che si formi il mondo dell'"Operaio", il proble1na riguar
da un necessario, essenziale mutamento interno, il quale faccia appa
rire con1e qualcosa di più che come una vuota parola e come una otti
mistica assunzione la "metafisica" a cui cosi spesso lo Jiinger si rife
risce come alla controparte invisibile e alla giustificazione di quel
mondo, quindi anche del nuovo tipo o, almeno, degli esponenti supe
riori di esso.
Già in precedenza egli aveva avvertito sia la lacuna che il problen1a,
col paragonare il tipo dell'"Operaio" ad una 1noneta che su di una faccia
è fortemente coniata ma che nel retro è informe. E qui, per ipotesi (cioè
per il fatto che il nichilis,no della fase di transizione esclude l'apporto
che potrebbero dare valori della precedente tradizione) tutto resta allo
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stato fluido e proble1natico; nulla di esterno può indicare una dire
zione e fornire u11a appoggio. Pel problema della "spiritualizzazione"
del nuovo tipo (spiritualizzazione in un senso profondo, ontologico, esi
stenziale, di là dalle teorie, dalle morali e dalle confessioni religiose)
e quindi anche di tutta la nuova civiltà e della terra controUata dall'"Ope
raio", lo Ji.inger nell'ultirno suo libro accenna a due possibilità. La prima,
è che ciò avvenga per via di uo processo cosmico, il quale si serva
dell 'uo1no co1ne di un mezzo e di un collaboratore munito di una respon
sabilità e di una facoltà di direzione. Ma qui si resta nel campo di una
pura ipotesi, e a noi non sembra che tale ipotesi oggi sia confortata da
qualcosa di positivo e di tangibiJe, sia pure solo come u11 Iontano indizio.
La seconda possibilità è che dall'uomo stesso parta l'iniziativa, che egli
con una se1npre più precisa coscienza penetri in strati sempre più
profondi della realtà, di là da quello "storico" (non si sa bene che cosa
lo Jiinger quj voglia dire), mobiljtandoLi e spirituaJizzandoli. Ma questo
è evidente1nente un circolo vizioso, perché per spiriruaJizzare e tra
sformare occorre cominciare con lo spiritualizzare e trasformare sé
stessi. Occorrerebbe cioè quella "mutazione" (si intenda "mutazione"
proprio nel senso che il termine ha nella biologia e nella genetica, ove
designa l'origine brusca e indeducibile di specie o forme nuove) che,
appunto, costituisce il problerna. Invece a tale riguardo non si hanno,
nello Jiìnger, che le vaghe e ottimistiche prospettive "cosmiche", cioè
di un processo genera.le, nel senso ad esso attribuito dalla sua interpre
tazione. Ora, il cento di gravitazione e la giustificazione di tuno l'in
sien1e si connettono proprio a questo punto.
Dato l'accennato carattere asistematico de Ai rnuro del ten1po, qui
non è il caso di sviluppare una analisi più dettagliata del suo contenuto.
Già dai riferi1nenti fatti si potrà notare come, rispetto a L'Operaio, il
piano risulti. sensibilmente spostato, in una direzione dove, ripetiarnolo,
è difficile non divagare con idee semplicen1ente personali quando non
ci si rifaccia ad una salda dottrina tradizionale. Invece alle posizioni
valide del prin10 libro, che a noi possono interessare, quasi nulla è stato
aggiunto. Corne abbiamo detto, questa parte valida e Ì.lnportante si rife
risce alla proble111atica relativa ad un nuovo tipo u .1naoo che, conge
nialmente affme a quello dell'uomo non spezzato formatosi per sele
zione nella grande guerra, sia capace di capovolgere i processi più
dissolutivi e nicrulistici dell'epoca attuale tecnicizzata e spesso por
tata da nuove forze elementari, e di farli servire ad una sua forma
zione spirituale, di là da tutto ciò che appartiene al mondo borghese, ma
anche alla fase disanimata e caotica di transizione: per degli sviluppi
positivi, i quali però presuppongono un mutamento interno della
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sostanza u1nana, il possesso di un nucleo spirituale percbé esistenzial
mente com1esso a qualcosa di trascendente (ci espritniamo approssi
mativamente, perché il discorso qui sarebbe lungo). A tale riguardo, noi
spesso abbiamo usato la fonnula e il simbolo del "cavalcare la tigre".
161
(I) Si indica tra parentesi il titolo originale dell'opera seguito da luogo e data della
prima edizione. Va tenuto però presente che quasi tutte le opere jih1geriaoe s0110 state
sottoposte dall'autore a revisioni, talvolta-corne nel caso di In Stahlgewillern -profonde
e ripetute. A partire dagli Anni Sessanta le traduzioni sono state condotte di regola sulle
versioni contenute nei Werke, 1 O voli., Stuttgart 1960-65, e successivamente su quelle
inserite nei Siimtliche Werke, 18 voli., Stuttgart 1978-1983.
163
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165
Material e protetto da copyright
nentur,n, Frankfurt am Main 1955; Das spanische Mondhorn, Olten
1962; Sardische Hein1at, in "Antaios", 3/1962; Drei Kiesel, Frank
furt am Main 1952; Ein Vorrnittag in Antibes, Olteo 1960; Die
Staubdèirnonen, in Bliitter und Steine, cit., precedentemente col titolo
Alfreds Kubin Werk, in " Ha1nburger Nachrichten", 30-12-1931),
Guaoda, Parma 1995.
La forbice (Die Schere, Stuttgart 1990), trad. di Alessandra ladicicco,
Guanda, Panna 1996.
Cacce sottili (Subtile Jagden, Stuttgart 1967), trad. di Alessandra
Iadicicco, Guanda, Parma l 997.
Foglie e pietre (Blèitter und Steine, Hainburg 1934), trad. di Flavio Cuni
berto, Adelphi, M . ilano 1997.
(I) Degli onnai numerosissimi articoli giornalistici su Ernst Jiinger e delle altret
tanto numerose recensioni delle sue opere apparse s u quotidiani e riviste vengono qui ripor
tati solo quelli che sono apparsi particolarmente significativi per l'evolversi della rice
zione di Jiinger in Italia.
166
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172
M atenal e protetto da copyright
Indice dei nomi e dei testi citati
173
M atenal e protetto da copyright
D'Altavilla (pseudonimo di JuJius Fuga senza fine, 18
Evola), 24, 157n
D'Annunzio, 27 Giirten und Strassen (Giardini e
Daudet, 17 strade), 153
Darwin, L04 Geist der Utopie, 16
Das Wii/dchen (Il boschetto), 35, Giano, 69
125 Gli Uo,nini e le rovine, 117n
De Maistre, l 48 Goethe, 20, 104, 140
De .Poncins, 144 Gobbels, 146n
De Tttrris, l l 2n Goring, 146n
Der abenteurliche Herz (Il cuore Grossato, 12
avventuroso), 18, 52n, 131o Guanda (editore), 5211, 13 I n,
Der Arbeiter, 9-13, 17-22, 24, 153n, 156n
26, 35, 131 Guénon, 8, 128, 157
Der Wa/dgiinger (Trattato del Guerra, 17
ribelle), 11, 20, 22, 24, 26, 122,
151, 156-157 Haeckel, I 04n
Der Waldweg (La via del bosco), I-lanseatische Verlagsanstalt ( edi-
122, 151, 156-157 tore), 13 l n
Der gordische Knoten (Il nodo Heidegger, 26
gordiano), 25, 150, 156-157 Hen1ingway, 27
Der KarrqJJals inneres Erlebnis (Il Hesse, 17
co,nbattere con1e esperienza Himmler, 14611
interiore), 35 Hoepli (editore), 138
Donoso Cortès, 148 Hofmannsthal, 144
Driesch, 104 Holderlin, 26
174
M atenal e protetto da copyright
Jiinger F.G., 22 Ordine dei Mauretani, 19
Orienta,nenti, 26
Kafka, 17, 22
Kant, 55, 76 Pellegrini, 18, 131n
Kérenyi,23 Prezzolini, 7
Keyserling, 138 Principe,13
Kre1nmerz, 20
Kriiger, 15 Rassegna Italiana (rivista), 148
Reghini, 20
L'Italiano (rivista), 25, 16 I Reininger, 8
l '"Operaio" nel pensiero di Ernst Retnarque, 16, 35,53, 154
Junger, 7-10, 12-13, 17-18,24- Renn (pseudonimo di Vieth von
25, 27, 33, 35-39, 53,65, 87, Golssenau),17
117-124, 127,149, 154-156, Ricognizioni, 161
160 Rivolta contro il rnondo moderno,
L 'Uorno senza qualità, 17 11211,11711
La Biblioteca errnetica, 8 Rosacroce, 14511
La Rivoluzione Conservatrice in Rosenberg,146n
Gern1ania 1918-1932,25, 144n Rusconi (editore), 131n
Lang,13
Laterza (editore), 8 Saint-Exupéry, 27
Lawrence, 27 Scheiwiller, 24
Ley,14611 Schelling, 128,158
L'Italiano (rivista), 161 Schtnitt, 8 -9, 150n
Longanesi (editore), 153 Siddharta, 17
Soggiorno in Dal,nazia, 131n
Malraux, 27 Sornbart,86
Mann, 16, 21-22, 145 Spengler, 8, I 6, 37, 147
Marx, l 6, 120 Strahlungen (Diario 1941-1945, o
Maurras, 144 Irradiazioni), J 23, 153
Meyrink,8
Mohler, 25, 143-144, 146-148 The New Yorker Review ofBooks
Moller van den Bruck, 144, 145n (rivista), 22
Mondadori (editore), 53n, 131n, Traverso,22
153 Tunda, 18
Musi!, 17
Ober die Linie (Oltre la linea),
Niekisch, 15 24
Nietzsche,8,16,26,42,59-62,84, Ur (Gruppo), 23
93,139, 147 Ur (rivista), 20, 23
Nietsche e il senso della vita, 8
Nigromontanus, 18-19, 23 Yenner,14511
Vico, 147
175
M atenal e protetto da copyright
·. i th von ·Go1 ·· · n.a.u 17 ·. oiw -r · Verla,g ( editoJ'ie) 144n
Vo I p : (editor _ ) . 8-9· ;, 3, , 12 7 n. ,,
·,1l 5-· .·.7·. n
Volpic�Hi 2-4
Von Gl ei.,cben 145n
1
·von. Harbou l 3
Vo.n Pap -n 146n Zanonl , 91
176
JUL.Iu·s EVOLA
J u lìus E ola ( I ·9 maggio 18 98- -· 1 .· g i u,gno 197 4) n ,sce a Romia da fam · glia di
nobi H ,origini F'onnato i ull · o r,. di N·ie t:zsche : ichel taedter , · w·e ·ranger,
1 •
pru,ecj_pa. aUa prima . : uerra rn.oncliale come ufficiale di .arti.� lie-ria. L' e �perienza ar-
ti tica .io a ·. · . icina a Pa,p.mi e· a_· .·"ari.netti, a tllla e a Brag· ;glia, ma e ] '"incontro · ,_ �1�
to· : re e n T, ara eh lo im on.e -com.e pri.ncip·al . e· pon 11te di D� da 1n J:tatia: di
pin . e ed e po,ne ·m ciu, · m quadri a Roma e a B erUno. coUabora. alle ri- L te .B le.u ,e Noi,
1
., . ntars,i ,oome un · uperamento de] I' ideaii. tno class.ico e lo fa pr ced. r. · da una ra -�
colta di scri1:·· (Sa·8, i suU ideal'is,no magico 1925 -- Teoria dell'Individuo ,usoluto ,,
19'.27; .F. ·no,m· · nolo , la ,d . U 'lndi"viclu:v- , . · '.·oluto, 193 ·. ,.
Attira I __.ttenzione di Croce . Tilgher e Calo ·eJo.. ..·. onten1_po,raneatnente ,, copre le
1
dottri.n · di :realiz · · z·ioi:r� · estren1 . -ori.ental ·, cura 1.u a ·ver� ione ita1iana d m Tao�.t'è..,
ch:iti:. (/:l Libro della Via ,e della Vi.'rtù •. 1923) e pubblica la prima opera "italiana
su· Tao.tra ,(L 'uo.,no .con, - po.ter1; a, 1926) se - uita da un libro moUo polemjco smi
Japporti ll'a fai ci si-no e c·ri tiane im,o ..l,npe riatis,no p·a gaoo- 1928,, •
Divi <o tra l'".e]evazione · pi.rituale d u� o · gli interventi ·nella vi.�a · ultur-(lde del
I t- ·m.p ··, olla.bora �.t lgni ., .· tanòr '" Bil_ •.chn,is, · pubbUc:a i q_uade:mi mer1.ili di : · r
(lli927-192,8. e Krur . 1929) dov,e. cri· ono, Reghini, .. ohaza ..Pari' e ,Qnofri�. Conli
Serva.dio; poi ·:1..· uindtcina.i· · .La To,rre· · m.930), ch1u op ·r l .u ·, int,e·rpr.i taz.ioni
troppo et,e1r __· o e de1 :fascisrn.o.
Continua �a :ua indag'" ne u 1 e fonn,e di :rea] w u�zione uteriore e si intere sa quindi
1
Ali,·. ba-· · d. ,,·1.a sua. Weltans ··hauung antini1od ma. antimat ·ria]i ta antiprogr· ·... -
..i. t · - che ,gi i face ·. a -cri ti-care . i a bols,c- vi mo e he �med,c:ani smo consid .·· · ati
du : -. · e delh1, , · -: m dagli.·, n 1 pri ·t d.1 .. , aggio om ,nimo app· .:- o ulla uova
' Antolà 'ia ( 929)i- c''. · R.iiolta coritro il 1.1101t.do 1n'Ode,rno .· 1·934), la un ,opera. piu
1
ci . ilizrnionc cont,emporanea. Dopo averlo letto ci s.i · ent,e tra formati seri · ·e I
1
Go fried Be.nn. Cerca d'''introdurre que �e t,ematiche nel d1batt:ho di que,- ]i anni
curando la pa,gina "'' Dio-rama filo ·ufico i( 1934- I 943) d_ � quotidian, . l'l R .g. ·ni · a
s · '. ·ta di remon: che os ·· to tutt , l. _: rnig'I iori firme d. g· i i , llettuali un. .•. · ....
·N· i,
tori den· ,ep - ·.· .. S · -:1uppa anche ,cont· itti p. rsonali ,con 1ue- t" ambienti tenendo .molte
1
del r-a · rl ·· m.o in eh ·i.a v,e ,e· . clu .· iv a1n.en1 . biolo� i ca' · R. D �, F,elice ; e � cri ve:: Tre
a pe.rti tk 'l _problema ebro.-i,o ( _ 9 6 li 1ni.to· d. i fa·.ngu - ,( 19 ,7 · .lnd,,i-�l per iina
1
educazione ra'Lja,l··. ,( ]l 94 l che · ·U. cita l inteli se di Musi oti.-ni il quale lo oon
'!·
I
1
·GeneraJle dì Hider. Ritorna quind"· in Italia e l , eia def initi. ament,e Roma quando
g ·i americani entra no ne 1 la capit · 1 e ( 4 iu no) .. Nel 1945. a V:ienna poco prima
deH'in,�r .. sso de' .-ovi- t··ci ! .:i tro· a coi.nvolto in un bo:mbard.amen.o · , in· e· .uito
ad. u.n ..e· ion a1 mjdoi o. ,prinak·., �- ub�. e · una :paresi pe.nn . 1 nte agli arti in eri:od.
Rientra. in Itali . n ,J 1948 ed è dco�. erato a B 0! :_ n·. quindm. o·_ g1 m,erà. fra la 1
romana daUa hne de· l '9'5 .. : . a non è :r 'rma to i-natti . o, perché tra n osp · dal u111
. ltro ri ede il g�ov.ande t ·uomo ome pot. ·n�a . gi . ri. crwno negli , · nni Trenta
che diventa Lo Yoga; d ·Ua por, 'fl._ a _.1949 � r.i b1bon1 ed adaua ·i t, 'ti. app.ar·i in
re Kru-r nei tre, volumi di lnt,rodu-10-ne .al/6· Magia quale Sc.ien-a d .ll'Jo 1955�
56) ri 1ede anche T. o ria .dell '.Indi. iduo, ,assoluto e .riprende l · col abo-razio:ni ·ior
·nali . twche che gli procureranno anche una a v ntura ,giuw zi · a da cui u . �ra con1-
p,-1ellam
- 1 · -- -e Dli
-+,e ·- ca.
- - 1-·on ru.. (". 11 co .
g . ,a·-t.,� · , L"dd.ett'.il'iiliJ'. ''p..roce
· •. . . • ·o
·..·• d.. · -�
� FAR;;
- .·. i 1,9. .50· l
1,,,, �
"o;. u - colo O'ri _·· nta1:ne ,u i ·_ l 9150 · conUene in m, ·e tutte 1 · po iz�oui poi ,. vilu_pp,. -
te in re libn · ucce ivi dove·, o o · .po te le, ue idee per· vi� ere nel mondo del
.
po: r- 1945 ...··-e,h e· -empr pwu - . o 1 a v·,e d•e come e. pre :. ione•-deu ·· n -.· tà.·· u 1u· ma. 1· 1. K'. ,a1,J�·
m .. •
yuga _ l èr" ., scura: querule suUa. poHu., ·-a in Gli uomini e .le r;ovùie 195 · ) t :. ull eroti-
mo in Metafisica det esso ( 1958) 1e 11.gU orientamenti. . ,,.J.. · nZJi .. h in Càv,{dcare
la ti re ( 1961 ) .
�- .J 1963 vi:. rn_, r'·.scoperto com. dadrusta: Endco C'.ri:.:polti o-r amiz.za. una. mo tr
.
1
dei uoi I uadr' alla Gal Ieri a. u· a - d.U' a ' di Ron a. Segu no un au · o iografia
atti aver.· o i · u ·. i libri (Il c:,ammi'no, d l: .. inabro 196. ')i un sag _ .io d interpireta
zion. � · torìco-i.d - lo·_ i,ca (li fas ismo, 1. . , : , ,, due , o,lumri. mi -. llan ·· i. L 'arco . · la.
ia i a. l 968,� Ri ·c1gnizi.ruii, � 914 )r,, la ra,ccolta di tutt · l · .,u , poe i (Radga
Blanda�. 196'9'),.
, · on I a · dirig per �,e· Edizioni - , .__·diterranee ·, .. · m -· -68 a� � .. 74 - aun · d.e ia ua ·>è
S . om,p1arsa - la collana ·n,ori.zzo:nti dello . pirito' Il. Ua. qual,e in eri �- operie . , au e
i: . uoi s, ggì. i , uo/ libri ..ono . t· ti trad0itti e pubbJ\ ali i·n 01 rmania, Frani ia
Spa. na. Po11o,g, Uu t Grecia�, S i. era Gran Bretagna., Ru sia,. Stati U nitw · -e ,1co,
Canada. R. mania Argenti.ria B,ra i le, .- · nghed _, Polonia, Turch1 a ,.,
u
Oper:e di Ju.liu'·. Evola
pretazione in _pro.·'onditi\ deì - ari in- ego.amenti e de,�i vari · im· . or1 t effetruando
ac, o.stamenb e paraU. :ti an,che con dottrine magiche ed . ·. ot,edche occidentali
anche per una , · entuale pratica.
Ques - opera ,con id . ra il ; e._ so e 1 · e.· p . ri nza del ses o econdo a. petti ,e di-
men. ioro i diver. 'i da qu Jli cui · i · ono, arre ta , l ricerc ,e p .icologicb · · es
� uolo, ich · e p- i .. alitir ·he. L 'A.u ore me te in risalto� · · _o come una potenza
1
IL MIS--T.·ERO. EL GRAAL
r.• ·.I'; ' . - ...- o·
. - . ·: ·. I.·. :,- ·.. �-- ,
Nuo1 a .edizione ri v.ed:utti - Co,n un :;tJ"ggio t,uroduttb. o .di F.ra.n ..o ·. ardini
Ba· and.o .j su tutti i. princi.pali testi orligi.nan della: eggenda e ru ,"i.eh affini
1
;,
antichi france t in le �i . · ted -chi, .- 1 Autore pr1eci a il · en o d 1 mistero de�
,Graa.1 mi ·t· ro che - on ha carauere agm-nente n1itico, ma iniziatico e re.gaie
,e cl � i lega ad una tradizione an.terior,e e preesi t::nte aJl cri :·tiane- ·imo,. :cene
varie: .vventure cavai 1 ere e� Evo,la. indi.,ca il signi:ficato nasco.·:to, rifacente· i
es enzi a m nte ad esperienze e a prove interne� : nche H imbo-1ismo della
<{donna», e dell ·ero· V"l.ene adeguaiam- nte · pie .. atIJ, p ..r !, vale ze e e a in
,q u · to .pe 1 fico coni, e .to.
Ze. ·hi
LA TRADIZJONE ERMETICA
Nuova edi.·ione ri"veduta e' ompUata
Co.n un sag ·io· int'roduuivo· di Sevyyed Hos. eitz ---asr
L aJ.chlmia, s. trettam nt connessa con 1 · ermefr mn e la trad1zj:one e eti.c,o.. 1 � 1 ,
- i ··e
. !· -prende do, in e,: ame .realtà 1 legat - a_g- Li in , -_ _ m nti tradi: 'on - li.... e]I aHa •con ...
I · - -e -d -..· . - re o ano po ta . 1 e b a '"'. n - e
cezio e g ner, - 'I - d e 1 · , -- o ,do 1
•
"'..
U d· .ourtn
d__ e.ne ., e otenc • h_ . - mi• .teno • - 0_1c. ... �I'" non nu�no e�h e onen-
fi h·e, 0CC1''dent�1 • 1 1
tali. ·uno· de· li intenti di E vola. è di indicare i a ,q u · - f arte una formuiazi onc spc
c·i. J · deU a vi a iniziatica , carau � rizzata da. un orientamento afl"nnativ,o ·<<tega·�
'·n - - n ·o tra ·lato,, piu che . on� mp]arivo o _-- ohanto mtell 'ttuale o ·- ,pi, nzi · le.
'TA 0--T -- --CHlN·G 1
di p :iù per :il t_ to di Lao-Tz · • dato :il carattere elH ttico e : . pesso , ·ermetico · dleUe
1
,
ua ma, ime. Ev,ola �i,· tenuto al JiveHo, :interprretatl .o· pim atto utilizzando
anche Mel. ,commeoto, citazio·ni c1e:1 e ,opere de.i princi.pa] i Padri. del _ aoi m.o,
per un .inquadrament . , più · -satto . _ e11 �-o - �r, di Lao-T� :- �
ln questa nuo, a edi Ul en,gono rip11opo . ia la prima, ve . -- ione evolian · · d :i
1
·· -•
rici _ interpr _ tati vi, ma anc h.e i re nconti di .� _ _ rienz� prati he furono tr, _dotti
per. la prima. - volta antichi te. ti apparv,ero, m _·. s -, a. punto, pole1niche ul neo- pi
riruaJi.s.mo.. Un· ope.ra ancora unica nel, uo g ·nere, e per �'originalità. del ''im
po - azione e per lo · ·, · · · ore d -H :interventi ,eh-, ten 0110 e� me _punto di ri. ·en
.m 'l1l _, I el vaz·one dell'Io.,
. .
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. rranee .. R'oma ... Vi
. 1·a F'- -.,-aminia .10·
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Ti ·I. 06/3'2.35.194 - Fax _ 2.23.. :,40
,Qriz.1,onti de-Ilo spiri'to
Càlla,ia jo,ulata da J;ulius Evo/a
.
G .. ,d e 'T, .urns - 'TES' _ · ,TIMO . : . . Nl.· .·..· · , · ·. Z � - s·.. EVOL
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1
' . ' . I .'l'Uld·e .... M' . · O' .. F. ELE',::. : E. L..A' ·... 'D,_.RO ·· ..."' G
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:M; Bliade � .LO SCIAMANISMO E LE 'EC. 1 ICHE DELL 1 E .c-T��s1
J� E.vola - L.,,- OMO co ·, ·,1 POTE .-ZA,
1
J .. E a - 'IL
- ..i..
_ V'·· O, _. .·1,_··-·T ,E · _ ..o-.···. o· . ·.·L. a. .�'R··' ' . 'i' ·.
. .R
J�: .ola-RNO, > CO · RO·,L· .O _·Q _10D ,··o
J. , ... , ola - , E,QRIA D , , , -�IN- TV ': O ASS0 LU O 1
'' - . , .
E..a1z1on1
...1, • • ,M · iterrane.e - R· oma - ..,J.:
· ed. v,;a F
·.· wminta · ·
:,, 109
Tel. .06132.35.194 - Fax 3.2�21�540
01cizzoJJ1iJi'elLCLs-pirltq
Collana fondata. da Julius Evola
RO?vlAN01
. ·. y· · ·o .. o-·..· · ·· DEL · · · e 1.mmorta l- ita .. ...
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Lu 'K 1'uan ·yu - BUDDHISMO PRATICO
Lu.. ·zu - IL .MISTER,Q DEL FIORE D ',QR.O a cura di J.. Evo.fa
J.. Markal 1e - ]L. DR:UJDJSM·O - Religione e divi,iita de'i ,Cel'ti
,Q_ O.rotino � ]NS.EGN.AMENTI TIB,ETANI SU MORTE E LIBERA-
ZIO...NE ·, ·. .
..
P.:D� Ouspensky -· C,QSCIE'NZA. LA RICERCA. DE LA VERJT A
P:D. Ou penslcy -· C·OL:LOQ'UI CON UN DIAVOLO
P.D .. 01 usp,en.s.:ky - L 1 EVOL.UZ]ONE I.NTERIO.RE DELL 1 UOM:o, -
Introd z.i'on e alla psico.l,og ia di ·Gurdji iff
P:D. Ou pensky - UN NU,OVO MODELL0 DELL'UNIVERSO 1
11 111111111111111
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