PETRARCA, IO MI RIVOLGO INDIETRO A CIASCUN PASSO
Io mi rivolgo indietro a ciascun passo
col corpo stancho ch’a gran pena porto,
et prendo allor del vostr’aere conforto
che ’l fa gir oltra dicendo: Oimè lasso!
Poi ripensando al dolce ben ch’io lasso,
al camin lungo et al mio viver corto,
fermo le piante sbigottito et smorto,
et gli occhi in terra lagrimando abasso.
Talor m’assale in mezzo a’ tristi pianti
un dubbio: come posson queste membra
da lo spirito lor viver lontane?
Ma rispondemi Amor: Non ti rimembra
che questo è privilegio degli amanti,
sciolti da tutte qualitati humane?
Il sonetto "Io mi rivolgo indietro a ciascun passo" di Petrarca è un lamento elegiaco
in cui il poeta esprime, attraverso un lessico intensamente emotivo e un tessuto
fonico calibrato, il dolore della separazione dalla donna amata e la fatica del vivere
senza di lei. Fin dal primo verso, il ritmo spezzato da enjambement e pause (“Io mi
rivolgo indietro a ciascun passo / col corpo stancho”) mima il cammino incerto e
faticoso del poeta, che avanza solo fisicamente, mentre la mente e lo spirito si voltano
indietro. La ripetizione di suoni nasali e gutturali (n, ch, c) in “stancho ch’a gran pena
porto” rafforza la sensazione di peso, stanchezza e oppressione. Il terzo verso
introduce un primo sollievo momentaneo con il “vostr’aere”, ovvero il ricordo della
donna, ma il conforto è subito sopraffatto dal lamento, segnato dal grido fonico
“Oimè lasso!”, che spicca come un’esclamazione isolata e carica di pathos. Nella
seconda quartina, l’andamento si fa ancora più pesante: l’allitterazione della l in
“dolce ben ch’io lasso”, “longo”, “lagrimando” crea un ritmo lamentoso, mentre i
suoni cupi e gravi delle vocali chiuse (o, u) esprimono la malinconia profonda del
poeta. L’effetto fonico dell’esitazione e dello sfinimento si concretizza
nell’espressione “fermo le piante sbigottito et smorto”, dove le occlusive (b, g, t)
danno il senso del blocco fisico e spirituale.
Le terzine introducono una riflessione più astratta: l’oscillazione fra domanda e
risposta genera un movimento retorico e fonico che rompe il tono narrativo
precedente. L’interrogativa “come posson queste membra / da lo spirito lor viver
lontane?” è attraversata da una cadenza dolente, potenziata dall’uso delle liquide e
dalle assonanze che suggeriscono una voce rotta dall’incertezza e dal pianto. L’ultima
terzina introduce la voce di Amore, che risponde con tono solenne e sentenzioso:
“questo è privilegio degli amanti, / sciolti da tutte qualitati humane”. Qui il ritmo si
fa più regolare, quasi dottrinale, e la sonorità si distende, come a segnare una verità
rivelata. La contrapposizione tra corpo e spirito, tra dolore e amore eterno, si riflette
pienamente nella tessitura fonica, che alterna momenti aspri e franti a passaggi più
melodici e fluidi, sostenendo in modo coerente l’intensità emotiva e la complessità
concettuale del testo.