Uuj 3 2022 © Uup
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Urbaniana
University Nova Series
ARTICOLI
Fátima María Naranjo Marrero – Giovanni Patriarca
A Praise of Slowness. Lanza del Vasto’s Pedagogy of Time
Reginald Alva
The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan
in the Contemporary Times
Mario Bracci
Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325) (I)
ACADEMICA
Card. Michael Czerny
Fraternità: utopia o salvezza?
Mario L. Grignani
L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
Urbaniana
Mariano Delgado University
Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros Press
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Urbaniana
University Nova Series
Journal 3/2022 LXXV
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Urbaniana
University
Journal
URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL EUNTES DOCETE
Rivista quadrimestrale
della Pontificia Università Urbaniana di Roma
Anno di fondazione 1948 Nova Series LXXV/3 2022
Direttore/Director
Giovanni Ancona
Redazione scientifica/Scientific editing
Elena Casadei
Comitato di Redazione / Editorial Commettee
Presidente – Leonardo Sileo
Pasquale Bua, Giambattista Formica, Ernest Okonkwo,
Antoine de Padou Pooda, Aldo Skoda
Hanno collaborato a questo numero/Contributors to this issue
Reginald Alva, Fabio Baggio, Stephen Bevans, Mario Bracci, Fernando Chica Arellano,
Lorella Congiunti, Michael Czerny, Mariano Delgado, Mario L. Grignani, Antonio Landi,
Fátima María Naranjo Marrero, Ardian Ndreca, Giovanni Patriarca, Mariangela Petricola,
Aldo Skoda, Giovanni Terragni, Simone M. Varisco, Laura Zanfrini
ISBN 978-88-401-9057-0 ISSN 2522-6215
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EDITORIALE 5
EDITORIAL 9
Giovanni Ancona
Introduzione 15
Aldo Skoda
ARTICOLI
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Indice
1
FRANCESCO, Omelia, santa messa e canonizzazione dei beati Giovanni Battista Sca-
labrini – Artemide Zatti, Roma 9 ottobre 2022 [https://www.vatican.va/content/francesco/
it/homilies/2022/documents/20221009-omelia-canonizzazione.html; https://archive.is/
cwgAu].
5
3/2022 ANNO LXXV, 5-7 URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Editoriale
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URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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Editoriale
sul serio l’esperienza della mobilità umana e che investano risorse nella li-
nea di una prospettiva educante, che conduca non solo all’accoglienza dei
migranti, ma anche allo sviluppo di un modo di vivere interculturale. Vo-
gliamo anche sperare che le nostre famiglie, le nostre comunità, le nostre
scuole diventino dei veri e propri laboratori di interculturalità, dove al cen-
tro vi sia la persona, la giustizia, la pace, l’accoglienza di ogni differenza,
il rispetto per ogni volto. Faccio mie, per concludere con un augurio, le pa-
role del titolo di un libro di Edgar Morin, molto impegnato sul fronte della
sana educazione all’interculturalità: che ognuno di noi possa «pensare il
Mediterraneo, mediterraneizzare il pensiero. [Perché] da luogo di conflitti
[si trasformi in] incrocio di sapienze»2. E che il Mediterraneo si trasformi
in luogo di vita e non di morte.
GIOVANNI ANCONA
Direttore
2
E. MORIN – G. GIACOMETTI – A. CAVADI, Pensare il Mediterraneo, mediterraneizzare il
pensiero. Da luogo di conflitti a incrocio di sapienze, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2019.
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EDITORIAL
1
FRANCIS, Homily, Holy Mass and Canonization of Giovanni Battista Scalabrini and
Artemide Zatti, 9 October 2022 [https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/
2022/documents/20221009-omelia-canonizzazione.html; https://archive.is/cwgAu].
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3/2022 ANNO LXXV, 9-11 URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Editorial
We are aware that we have to come up against walls and fences, but we
are also fully convinced that our commitment to offer migrants hospitality
is a genuinely anthropological choice that results in the transformation of
our social experience. We are committed to resolutely change the current
cultural trend into that of a shared space and time, thus pervaded by wide-
spread, effective and creative relationality among human beings. In this
sense, we want to commit ourselves to run over the paths – they, too, hard
to go through – of education.
It is clear that this hard educational commitment, aimed at developing in
human beings a welcoming mindset towards migrants, is a duty of all civil
and religious institutions, if they correctly understand and concretely im-
plement the fundamental rights of each person. And the essence of this du-
ty can be implemented as the development process of “basic” educational
pathways that aim first of all to bring back to the center the absolute value
of every human person and to affirm his/her freedom and right to be able to
move in a world that is our common home. In other words, it is a matter of
educating everyone to live fraternally in a common space, in relationship
with our fellow human beings, without discrimination and according to the
mindset of sharing goods and respect for cultures, life, identities, and reli-
gious experiences’ values. This will result into the persuasion that every mi-
gratory phenomenon will always be an opportunity for meaning-making, de-
spite the different hermeneutics of it; a gift for all and a sensitive reminder
of human identity: human being is an eternal pilgrim, a perpetual migrant,
always in search of him/herself.
In this very challenging context and the happy coincidence of the canon-
ization of Scalabrini, our Journal offers its focus on migration to believing
and non-believing reflection. As a matter of fact, aware of our educational
role, we want to keep the spotlight on this anthropological phenomenon that
affects our cities, pervades our streets, especially the outskirts, and consti-
tutes a great heritage for the West. From the phenomenon of migration, in
fact, we can learn much, and above all we can recalibrate our understand-
ing of ourselves, our world, our structural, cultural, economic, social and re-
ligious resources. Human mobility, in other words, is an asset we cannot let
slip through our fingers. The chit-chat of costs to be borne is really cheap.
The economic savings, if any, would turn into an anthropological disaster for
our societies. Therefore, we wish to hope that the various public institutions
will take the experience of human mobility seriously and invest resources
in the line of an educational perspective leading not only to the welcoming
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URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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Editorial
GIOVANNI ANCONA
Director
2
E. MORIN – G. GIACOMETTI – A. CAVADI, Pensare il Mediterraneo, mediterraneizzare il
pensiero. Da luogo di conflitti a incrocio di sapienze, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2019
[unpublished English translation of the italian Title].
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FOCUS
Le migrazioni tra pensiero teologico
e azione pastorale
Aldo Skoda
Introduzione
Laura Zanfrini
Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
Fabio Baggio
Migrazioni, missione e diffusione della Chiesa
Stephen Bevans
“They Have Much to Teach Us”:
Migrants, Their Experience, and Theology
Giovanni Terragni
Testimone di una Chiesa in uscita:
l’opera di Scalabrini per le migrazioni
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Aldo Skoda
INTRODUZIONE
1
Cf. W. BÜHLMANN, La terza chiesa alle porte, Edizioni Paoline, Alba, CN 1974.
2
Cf. K. RAHNER, Trasformazione strutturale della Chiesa come compito e come chance,
Queriniana, Brescia 1973.
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3/2022 ANNO LXXV, 15-18 URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Aldo Skoda
sco a cominciare da quel primo viaggio a Lampedusa nel 2013, serve oggi
una riflessione e azione per svegliare le coscienze dalla deriva della “glo-
balizzazione dell’indifferenza” di fronte all’immane e spesso tragico feno-
meno della migrazione.
L’approccio, tuttavia, sembra essere ancora molto influenzato da una vi-
sione emergenziale. Il messaggio per la GMMR3 di quest’anno introducen-
do la preposizione “con” pone una sfida ed insieme una visione. Una sfida
in quanto muove ad ampliare l’orizzonte di lettura e di azione di fronte al
fenomeno migratorio segnato spesso dalla paura, dalla crisi, dal sensazio-
nalismo, dalla strumentalizzazione delle persone che migrano a fini socia-
li, economici e politici. Questa visione ideologizzata intrappola continua-
mente le persone che vivono l’esperienza migratoria dentro certe categorie
riduttive e stereotipate come quella del povero, del bisognoso da aiutare o
dell’utile da tollerare. La comunicazione, la realtà sociale, economica e po-
litica, la cultura, le istituzioni e persino le religioni diventano così il terre-
no dello scontro, dell’esclusione o dell’indifferenza verso l’altro. Oltre ad
essere una sfida la preposizione “con” introduce anche una visione che, a
partire da un fondamento biblico teologico, cerca di leggere e rispondere
propositivamente alle dinamiche delle migrazioni definite “segno dei tem-
pi”. Il fenomeno della mobilità umana come realtà storica con tutte le sue
manifestazioni di ingiustizia e sofferenza diventa il luogo dove si incarna la
storia della salvezza intesa come un cammino di speranza ed insieme op-
portunità per vivere la fratellanza universale.
Passare da un paradigma dell’azione sociopastorale per a quella con i mi-
granti, rifugiati, sfollati, marittimi, persone e comunità in mobilità, non as-
serisce semplicemente al cambiamento di una proposizione, ma ad una di-
versa visione antropologica e fenomenologica delle migrazioni e delle per-
sone coinvolte, così come dell’azione concreta che ne consegue. Si tratta in-
nanzitutto di mettere in luce non solo quali azioni sono da mettere in atto
per i migranti, i rifugiati, sfollati, e persone in mobilità, ma soprattutto qua-
le futuro vogliamo costruire oggi con loro.
Il cambio paradigmatico sollecitato anche dal magistero di Papa France-
sco ha portato a riflettere sul pensiero della chiesa e l’azione pastorale nei
confronti di un fenomeno che continua a segnare la nostra attualità. I con-
3
Cf. FRANCESCO, Messaggio per la 108ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifu-
giato. Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati (25 settembre 2022).
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URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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Introduzione
tributi offerti dagli autori in questo focus sono un modo per affrontare in
maniera approfondita la complessità e le svariate sfaccettature delle que-
stioni che i fenomeni migratori sollevano. Nell’articolo di Zanfrini, acuta-
mente si fa notare come le migrazioni siano una specie di “specchio” dove,
al netto delle questioni fenomenologiche, si possono cogliere anche le im-
plicazioni etiche e le responsabilità delle scelte concrete operate in campo
sociale e pastorale. I migranti “provocano” ad una autoriflessione ed ana-
lisi e rivelano spesso i fallimenti delle strutture di partecipazione ma anche
le opportunità che si possono creare. Baggio, nel suo contributo, sottolinea
il nesso tra migrazioni e storia della Chiesa che può essere letto in due di-
verse chiavi ermeneutiche: una pastorale e una missiologica. In questo con-
tributo l’autore si concentra sulla prospettiva missiologica, soffermandosi
su alcuni momenti della storia della Chiesa nel primo secolo d.C., letti al-
la luce delle narrazioni contenute negli Atti degli Apostoli analizzando co-
sì alcuni temi centrali come l’identità itinerante e pellegrina della Chiesa,
la cattolicità come comunione nella diversità e la cittadinanza universale.
L’articolo di Bevans offre una intuizione coraggiosa e sfidante sul concetto
di evangelizzazione ed esperienza migratoria richiamando alcuni documen-
ti importanti come Evangelii Nuntiandi e Together Towards Life. I migranti
“hanno molto da insegnarci” grazie alle loro vita ed esperienza segnata
spesso dal dolore ma anche dalla speranza così come la chiesa e la società
hanno “tanto da imparare” da loro. L’esperienza migratoria diventa fonte
autentica del fare teologia e stimolo per affrontare in maniera originale il
discorso su Dio, la chiesa, l’antropologia cristiana, le strutture sociali di
peccato. L’articolo di Terragni presenta la poliedrica figura di Mons. Gio-
vanni Battista Scalabrini, recentemente canonizzato da Papa Francesco, co-
me l’emblema della sollecitazione sociale e pastorale della chiesa nei con-
fronti del fenomeno migratorio e delle sue implicazioni. Scalabrini promuo-
ve nel suo pensiero e azione una chiesa aperta, inclusiva, accogliente e vi-
cina alle persone, capace di rinnovarsi e di unire missionarietà, evangeliz-
zazione e promozione umana, annunciatrice del piano di Dio nascosto nel-
le migrazioni. Nel loro articolo Varisco e Skoda raccontano l’esperienza dei
seminaristi, dei diaconi e dei giovani presbiteri con background migratorio,
proprio o familiare. Tale esperienza evidenzia quanto la società e la Chiesa
siano realtà complesse e in continuo divenire, plasmate dal fenomeno del-
la mobilità. La presenza sempre più importante anche nel clero di persone
con background o esperienze migratorie genera una nuova realtà che già si
mostra, e ancor più si mostrerà nei prossimi anni.
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3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Aldo Skoda
Aldo Skoda
Pontificia Università Urbaniana
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Laura Zanfrini
Introduction – 1. How immigration challenges the idea of national society – 2. Why immi-
gration “disturbs” our democracies... – 3. ... and reflects the tensions that affect them; 3.1
Immigrants are “foreigners”; 3.2 Immigrants are “mobile”; 3.3 Immigrants are “poor”;
3.4 Immigrants are “different” – 4. Immigration is a mirror of society... – 5. ... and chal-
lenge for the Church
Introduction
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3/2022 ANNO LXXV, 19-43 URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Laura Zanfrini
ality, but also as an identity, sentimental, and sometimes even spiritual one.
Approximately, without going into too much detail regarding this complex
topic, we could say that the institution of citizenship has somewhat realized,
in our democracies, the ideal of fraternity1.
Specifically, there is a close connection between the concept of citizen-
ship and the principle of equality among all citizens, who are recognized as
having equal dignity and the possibility of enjoying inviolable freedoms and
citizenship rights, including the one of being actively involved in making
public decisions. In other words, citizenship, as is defined in contemporary
democratic States, is a universal juridical-political attribute, that does not
depend on the different peculiarities of individual citizens.
The emergence of citizenship rights has played a strategic role in the de-
mocratization of Western political societies, a process that has lasted for at
least two centuries – and is not concluded yet – along a dual movement2, in
order to achieve the goal mak people more “equal”, according to a univer-
salistic principle.
The first movement determined the increase of the number and type of
rights granted to citizens. Historically, as is well known, the first citizen-
ship rights to be recognized were the civil ones. Thanks to them, political
rights came into play, which, in turn, promoted the development of social
rights by pursuing in our democracies the plan to make citizens more
equal, not only in a formal, but also in a real way. This movement – culmi-
nating in the creation and consolidation of different models of the Welfare
State, especially in the decades following World War II – has at the same
time caused and fostered the progressive inclusion of new social groups in-
to the citizen category.
The second movement achieving the democratization of Western societies
was determined by the of people entitled to be considered citizens in a full
sense and, as such, holders of prerogatives determined by the citizenship
possession. This movement succeeded in eliminating the past limitations re-
garding the exercise of citizenship rights – especially political rights –
based on features like wealth and gender (just as a reminder, in many coun-
1
Cf. L. ZANFRINI, Fratelli o fratellastri? La fratellanza alla prova della multiculturali-
tà, in M. EPIS (ed.), Mai senza l’altro. L’imperativo etico della fratellanza, Edizioni Glos-
sa, Milano 2022, 109-149.
2
Cf. R. DAHL, Polyarchy. Participation and Opposition, Yale University Press, New
Haven, CT 1972.
20
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
tries the right to vote was extended to women only after World War II). But
it has also brought about the recognition of rights to individuals who were
not previously included, and the most emblematic case is the one of chil-
dren, who were once considered as a parents’ (or rather a father’s) “proper-
ty”, and today they have become holders of specific rights and protections.
It is manifest how this movement of progressive inclusion within the “com-
munity of citizens” finds its limit, in today’s society, precisely in the distinc-
tion between citizens and foreigners3. Despite the incredible growth of plan-
etary interdependencies and human mobility, our world is still divided into
States, each of them exercises its sovereignty over a territory and population.
The nation-state, since its development in the 18th century, is based on a uni-
fying ideology that, although often fictitious, has proved to be very strong, al-
lowing the creation of communities that are politically united, and ethnical-
ly and culturally homogeneous, where nationality overlaps with citizenship4.
This, actually, means that belonging to a nation coincides with membership
to the State and ownership of citizenship rights, a structure that during the
20th century has been strengthening as the “natural” political condition of
humankind5 and is practically based on the distinction between citizens and
foreigners: without the latter, there would not even be the former.
A sociologist of migration – and this discipline is naturally inclined to
grasp the ambivalence, whenever present, in the relationship between every
society and the foreigner6 – made the keen observation that immigration
represents the limit of the national State that, in order to exist, has estab-
lished its national borders and has adopted the necessary criteria to dis-
criminate between nationals and “the others”7. As there is no positive def-
inition of the term “foreigner” that is always described negatively (in other
words, one who is not a national), so the same national would not exist ex-
cept in the – actual or only possible – presence of the non-national, for the
3
Cf. L. ZANFRINI, Cittadinanze. Ripensare l’appartenenza e i diritti nella società del-
l’immigrazione, Laterza, Roma – Bari 2007.
4
Cf. A. WIMMER – N. GLICK SCHILLER, Methodological Nationalism, the Social Sci-
ences, and the Study of Migration: An Essay in Historical Epistemology, “International
Migration Review” 37 (2003), 3, 576-610.
5
Cf. A. GIDDENS, The Nation-State and Violence, Polity Press, Cambridge 1985.
6
Cf. G. SIMMEL, Exkurs über den Fremden, in Soziologie. Untersuchungen über die For-
men der Vergesellschaftung über, De Gruyter, Berlin 1908, 509-512.
7
Cf. A. SAYAD, La double absence, Seuil, Paris 1999.
21
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Laura Zanfrini
18
Ivi.
19
Among the very extensive literature on these issues, see T. HAMMAR (ed.), European
Immigration Policy, Cambridge University Press, New York, NY 1985; J.F. HOLLIFIELD,
Immigrants, Markets, and State. The Political Economy of Postwar Europe, Harvard Uni-
versity Press, Cambridge, MA – London 1992.
10
Cf. M. WALZER, Spheres of Justice: A Defense of Pluralism and Equality, Basic
Books, New York, NY 1983.
11
See for example, T.A. ALEINIKOFF – D. KLUSMEYER (eds.), From Migrants to Citizens.
Membership in a Changing World, Carnegie Endowment for International Peace, Wash-
ington, DC 2000.
12
For further information on this topic, see ZANFRINI, Cittadinanze.
22
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
13
Cf. WIMMER – GLICK SCHILLER, Methodological Nationalism, 576-610.
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Laura Zanfrini
14
Cf. L. ZANFRINI, The Challenge of Migration in a Janus-Faced Europe, Palgrave,
London 2019.
15
Cf. SAYAD, La double absence.
16
Cf. WIMMER – GLICK SCHILLER, Methodological Nationalism, 576-610.
24
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
17
G. ESPING-ANDERSEN, Social Foundations of Postindustrial Economies, Oxford Uni-
versity Press, Oxford 1999.
18
R. LODIGIANI, Lavoratori e cittadini, Vita & Pensiero, Milano 2018.
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Laura Zanfrini
But there is more. As mentioned above, immigration also has the effect of
revealing the tensions present in the traditional concept of democratic cit-
izenship, that is, of reflecting like in a mirror the main critical attacks on it
perpetrated by today’s political reflection20. By showing the limitations of
the key principles that we have just recalled, immigration – or, rather, im-
migrants – offers European democracies an extraordinary opportunity for
self-reflection.
Firstly, precisely because they are foreigners who have forced national bor-
ders to meet their needs, immigrants question the ability of citizenship
rights – as they are closely linked to a given nation State – to intercept the
requests of membership and justice in today’s global society. In addition,
because of their exclusion from citizenship rights – even though only par-
tially –, immigrants shed light on the arbitrary character of national borders
(and supra-national, in the case, for example, of the European Union) and
of systems of civic stratification that regulate access to rights and opportu-
nities, by going to classify the different categories of residents. Consider, for
instance, the different treatment reserved to non-European immigrants in
comparison to citizens coming from other member countries, rather than
long-term resident foreigners from those who have a temporary permit. As
a result of their different location in systems of civic stratification, people
19
Cf. ZANFRINI, The Challenge of Migration.
20
Cf. L. PAPAVERO, Il sistema politico, in L. ZANFRINI (ed.), Sociologia delle differenze
e delle disuguaglianze, Zanichelli, Bologna 2011, 239-256.
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
No one, then, can remain excluded because of his or her place of birth,
much less because of privileges enjoyed by others who were born in
lands of greater opportunity. The limits and borders of individual states
cannot stand in the way of this. As it is unacceptable that some have
fewer rights by virtue of being women, it is likewise unacceptable that
the mere place of one’s birth or residence should result in his or her
possessing fewer opportunities for a developed and dignified life21.
Indeed, this inclusive tension can give rise to new borders through
processes of “exclusion from within”. This came about, for instance, with
the introduction of European citizenship which, by enriching the basket of
rights enjoyed by European citizens, made even more tangible, from a prac-
tical and symbolic point of view, the limitations that affect the citizens of
the so-called Third Countries23.
Ultimately, through their quest for freedom, economic security and pro-
tection, and their often successful attempts to force both geographical bor-
21
FRANCESCO, Encyclical Letter Fratelli Tutti, 3 October 2020, no. 121.
22
Ibid., no. 139.
23
Cf. E. BALIBAR, Noi cittadini d’Europa? Le frontiere, lo Stato, il popolo, Manifesto-
libri, Roma 2004.
27
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Laura Zanfrini
ders and status boundaries (for example, when they reveal their needs for
subsistence and care, even though they are not formally entitled to them),
immigrants expose the fiction that has allowed our democracies to present
themselves as societies of equals – that is, the particularistic principle on
which our universalism is based – and are a warning sign against the ten-
dency to consider the citizen status a merit or a moral reward, encouraging
the search for new answers to the demands of justice and membership. This
is what “Fratelli tutti” (no. 125) reminds us of:
Secondly, because they move beyond national borders, meaning they are
mobile, immigrants are an exception to the principle of residency and ex-
clusive loyalty to the nation-State belong to, heralding a future – which for
many is already present – in which state borders will no longer mark the
boundaries of individual lives and projects. Migrants’ mobility raises the is-
sue of the portability of rights and protections, and more generally the inad-
equacy of the national protection systems (also based on the fiction of
closed societies) while facing the trans-nationalization of life and work ca-
reers. In this way, they allow us to grasp the most problematic implications:
24
FRANCESCO, Fratelli Tutti, no. 125.
28
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
what will be, for example, of the thousands of migrant women who came
alone, employed in our homes, who have sacrificed themselves for their
families and who sometimes no longer have a home to return to, now that
they have reached the threshold of old age? Guardians of heavy family man-
dates and intergenerational obligations, immigrants are helping to redesign
the demographic balance (both in the countries of destination, with a direct
and indirect contribution in mitigating the decline in fertility, as well as in
those of origin) and, even more, the balance of welfare (responding to the
caring needs of our families, but also causing a dramatic “care drain” – the
lack of care support – which further impoverishes the communities of ori-
gin, resulting in one of the most dramatic forms of inequality on a global
scale, that has already been pointed out for a long time25).
Those who emigrate “experience separation from their place of origin, and
often a cultural and religious uprooting as well. Fragmentation is also felt
by the communities they leave behind, which lose their most vigorous and
enterprising elements, and by families, especially when one or both of the
parents migrates, leaving the children in the country of origin26.
And, again, with their family practices (from families divided by migra-
tion to reunited ones, from arranged marriages to polygamous ones...) they
challenge “our” preconceived idea of family considered here as a social
structure as well as a moral order27. They question us on the sustainability
of reproductive processes based on intra-family solidarity (families separat-
ed by migration, in which one or more generations are “missing”, do they
not anticipate an increasingly widespread condition?) or even prefigure, ac-
cording to some28, new family models destined to substitute those consid-
ered so far homogeneous.
Finally, if analyzed from a perspective that is not simply our own conven-
ience to dispose of their cheap work and their hyper-availability, immi-
25
See, among others, B. EHRENREICH – A. RUSSEL HOCHSCHILD (eds.), Global Woman.
Nannies, Maids, and Sex Workers in the New Economy, Granta Books, London 2002.
26
FRANCESCO, Fratelli Tutti, no. 38.
27
Cf. R. GRILLO (ed.), The Family in Question. Immigrant and Ethnic Minorities in
Multicultural Europe, Amsterdam University Press, Amsterdam 2008.
28
Cf. U. BECK – E. BECK-GERNSHEIM, Fernliebe. Lebensformen im globalen Zeitalter,
Suhrkamp, Berlin 2011.
29
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grants are a warning against the unsustainability, in the long run, of mod-
els of division and organization of work that have generated new lines of seg-
mentation and inequity destined to have repercussions on the well-being of
individuals, families and communities. It is a matter of acknowledging how
the processes of social construction of migrants and their role, in the coun-
tries of destination and origin, violate exactly the goal of integral human de-
velopment for all. In this way, brotherhood is reduced to mere rhetoric, en-
hancing solutions that are absolutely imperfect and unsustainable over
time, because they are based not on a plan to achieve the common good, but
on the amount of personal gains.
The world exists for everyone, because all of us were born with the same
dignity. Differences of colour, religion, talent, place of birth or resi-
dence, and so many others, cannot be used to justify the privileges of
some over the rights of all. As a community, we have an obligation to
ensure that every person lives with dignity and has sufficient opportu-
nities for his or her integral development29.
Individualism does not make us more free, more equal, more fraternal.
The mere sum of individual interests is not capable of generating a bet-
ter world for the whole human family. Nor can it save us from so many
ills that are now increasingly globalized. Radical individualism is a
virus that is extremely difficult to eliminate, for it is clever. It makes us
believe that everything consists in giving free rein to our own ambitions,
as if by pursuing ever greater ambitions and creating safety nets we
would somehow serve the common good30.
Moreover, immigrants, because they are poor and driven by the need of
emancipation and well-being, challenge the discriminatory character of the
right to mobility (ensured only to holders of “strong” citizenships) and the
attributes of “morality” of the “immigration choisie”, selected because of its
economic advantage. Pushed into the lower places of social stratification (an
inevitable consequence of a model of integration that values primarily their
29
FRANCESCO, Fratelli Tutti, no. 118.
30
Ibid., no. 105.
30
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
31
Cf. L. ZANFRINI, I “confini” della cittadinanza: perché l’immigrazione disturba, “So-
ciologia del Lavoro” (2010), 117, 40-56.
31
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32
Cf. S. SEUBERT – D. GAUS, Report: Voter Turnout for the European Parliament and
Political Equality in the European Union, bEUcitizen 2016, Deliverable D.8.6.
[www.bEUcitize.er/publications].
33
FRANCESCO, Fratelli Tutti, no. 141.
34
Cf. H. ARENDT, The Origin of Totalitarianism, Harcourt, New York, NY 1951.
32
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
of health services only to those who are not held responsible for their dis-
eases – and that find their common denominator in a principle of merit de-
fined according to performance criteria and not on the basis of values pres-
ent in our cultural and religious heritage:
And finally taking into consideration the last key principle regarding the
concept of democratic citizenship, it should be noted that immigrants, be-
ing clearly different, challenge the idea of the nation considered as a com-
munity of ethnically and culturally homogeneous descent, in which nation-
ality overlaps with citizenship. Varying in different countries, the expecta-
tion of a set of shared values, based on public order and handed on through
generations, has even been codified within standard systems and proce-
dures aimed at assessing individual success, performance evaluation, and
reward allocation. This very expectation is at the heart of the European
35
FRANCESCO, Fratelli Tutti, n. 40.
36
Ibid., n. 108.
33
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37
Cf. C. JOPPKE, Transformation of Immigrant Integration: Civic Integration and An-
tidiscrimination in The Netherlands, France, and Germany, “World Politics” 59 (2007), 2,
243-273.
38
Cf. W. KYMLICKA, Multicultural Citizenship. A Liberal Theory of Minority Rights,
Clarendon, Oxford 1995.
39
Cf. V. CESAREO, Società multiculturali e multiculturalismi, Vita & Pensiero, Milano 2000.
34
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
therefore lies in the fact that they are constitutionally different from the pre-
vious ones – civil, political, social –: the latter are individual rights, while
the former are collective rights, forerunners of compromising the principle
of unity of the legal system (“the law is the same for all”), on which modern
democracies are founded, suggesting the addition of a national-cultural di-
mension to democratic citizenship, that is, legitimizing the differentiation of
citizenship regimes, with all the problems involved in this perspective.
Nevertheless, the perspective of multicultural citizenship opposes to the
idea of nation as a common descendant, the concept of the nation as a re-
ality that “updates itself” and is renewed through recurring processes of
self-constitution. In this new scenario, citizenship and citizenship rights are
tools aimed not so much at making people more “equal”, but at organizing
pluralism and differences, combining the claims of identity recognition
with the preservation of social cohesion.
Definitely, the challenging character of immigration refers not only to its di-
versity, but actually comes from its demand for inclusion and recognition.
Ultimately, the issue of citizenship for immigrants (or the recognition of
multicultural citizenship itself) does not only involve them and the criteria
they must meet in order to obtain it. What is often underestimated is how
citizenship is also the institution by which a national community reaffirms
the fundamental principles on which coexistence is based, expresses its cul-
tural identity and values, and asserts the duty of citizens to respect these val-
ues and hand them over to the new generations. Therefore, in its relation-
ship with immigration, citizenship has not only an integrative function – by
fostering the process of inclusion – but also a symbolic role. It is a way for
society to allow the inclusion of new members, recognizing their contribu-
tion to the economic, civil, and cultural development of the nation, but al-
so asking them to adhere to values and principles that are considered
mandatory. In other words, if immigrants are asked, if not really to make it
their own, at least to respect the national identity of the host country, it is
precisely the concept of national identity that must be the focus of discus-
sion. This is even more true since this concept seems to be increasingly
frayed and no longer synthesizable in the sharing of those characters en-
closed in an “ethnic” conception of belonging to the nation.
35
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40
FRANCESCO, Fratelli Tutti, no. 29.
41
Ibid., no. 14.
36
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
affecting the entire planet. All this brings out the positive meaning of
the right to property: I care for and cultivate something that I possess,
in such a way that it can contribute to the good of all42.
42
Ibid., no. 143.
43
Cf. L. ZANFRINI – M. MONACI, Introduzione. Di quale “diversità” e di quale “valore”
parliamo?, “Sociologia del Lavoro” (2014), 134, 7-39.
44
Cf. L. ZANFRINI, Lo sviluppo condiviso. Un progetto per le società locali, Vita & Pen-
siero, Milano 2001.
37
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It is, then, a matter of rethinking not only current citizenship regimes, but
also the very idea of citizenship, looking at a new generation citizenship: in
it, what binds citizens, considered here the people who live together within
the polis, in a shared space and time, is especially a norm of reciprocity of
rights and duties. This type of responsible citizenship emerges through con-
nective, inclusive and contributory ways of acting, thinking of freedom in
its relational value and consequently linking the creativity and innovation
of social actors to their desire for belonging, bonding and inclusion47.
It will not come as a surprise stating that, at the level of theoretical re-
flection and in the field of concrete experiences, it was often the immigrants
who inspired this perspective of looking at citizenship as something built
from the bottom, capable of incorporating the peripheries viewpoint and en-
hancing pluralism, even in its specific expression of religious pluralism.
45
FRANCESCO, Fratelli Tutti, no. 77.
46
Ibid., no. 215.
47
Cf. M. MARTINELLI, Cittadini e nuove forme di appartenenza: esperienze in discussione,
“Studi Emigrazione/International Journal of Migration Studies” 50 (2013), 189, 125-151.
38
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The arrival of those who are different, coming from other ways of life and
cultures, can be a gift, for “the stories of migrants are always stories of
an encounter between individuals and between cultures. For the commu-
nities and societies to which they come, migrants bring an opportunity
for enrichment and the integral human development of all” [...]48.
“[...] By ourselves, we risk seeing mirages, things that are not there.
Dreams, on the other hand, are built together”. Let us dream, then, as
a single human family, as fellow travelers sharing the same flesh, as
children of the same earth which is our common home, each of us bring-
ing the richness of his or her beliefs and convictions, each of us with
his or her own voice, brothers and sisters all49.
48
FRANCESCO, Fratelli Tutti, no. 133.
49
Ibid., no. 8.
50
Cf. L. ZANFRINI (ed.), Migrants and Religion: Paths, Issues, and Lenses. A Multidis-
ciplinary and Multi-sited Study on the Role of Religious Belongings in Migratory and In-
tegration Processes, Brill, Leiden – Boston, MA 2020.
51
The research Migrations and Religious Belongings. From the Periphery to the Core,
for a New Humanism was supported by the Università Cattolica del Sacro Cuore of Milan
and developed in 2016-2018.
52
Cf. P. GOMARASCA, The Uncanny ‘Religious’ Refugee: A Post-Secular Perspective on
Ethics of Hospitality, in ZANFRINI, Migrants and Religion, 53-73.
39
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lies, and where they can find personal fulfillment. Our response to the
arrival of migrating persons can be summarized by four words: wel-
come, protect, promote and integrate. For “it is not a case of implement-
ing welfare programmes from the top down, but rather of undertaking a
journey together, through these four actions, in order to build cities and
countries that, while preserving their respective cultural and religious
identity, are open to differences and know how to promote them in the
spirit of human fraternity”53.
53
FRANCESCO, Fratelli Tutti, no. 129.
54
Ibid., no. 115.
40
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
55
Cf. L. ZANFRINI, Migrazioni internazionali, in Dizionario della Dottrina Sociale del-
la Chiesa. Le cose nuove del XXI secolo, Fascicolo 2 – Aprile-Giugno 2021 [https://www.di-
zionariodottrinasociale.it/Voci/Migrazioni_internazionali.html; https://archive.is/kow2L].
56
Cf. See L. ZANFRINI – M. ANTONELLI, On the Role of Religion in the Process of Adap-
tation of (Forced) Migrants, in ZANFRINI, Migrants and Religion, 376-426.
41
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ity, inside and outside the Church, as well as the need to overcome a new
form of illiteracy that marks the existence of the most developed societies:
Finally, as it has emblematically emerged from the “Synod from the peo-
ple”, launched in January 2018 by the Diocese of Milan59, as different, im-
migrants represent an identity challenge and an opportunity for the devel-
opment of interreligious dialogue; a spiritual challenge and an opportunity
for the development of ecumenism, thanks to the presence of non-Catholic
Christian faithful; a pastoral challenge and a precious opportunity for self-
reflexivity, thanks to the coexistence with the faithful of other religious tra-
ditions within the Catholic world.
Laura Zanfrini
Università Cattolica del Sacro Cuore
([email protected])
57
FRANCESCO, Fratelli Tutti, n. 64.
58
Ibid., no. 104.
59
See L. ZANFRINI – L. BRESSAN, The Multi-EthnicaAnd Multi-Religious Transforma-
tion of the Largest Diocese in the World: the Church of Milan and the “Synod from the Peo-
ples”, in ZANFRINI, Migrants and Religion, 526-550.
42
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Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church
ABSTRACT
Dal punto di vista sociologico, l’immigrazione agisce come uno “specchio” at-
traverso il quale è possibile comprendere le nostre società, prevederne le pos-
sibili evoluzioni, far emergere le sfide da affrontare, cogliere le implicazioni eti-
che delle scelte politiche e delle pratiche sociali.
Collocandosi in tale prospettiva, questo saggio descrive come l’immigrazione
sfida l’istituto della cittadinanza nazionale e rivela molte delle tensioni sperimen-
tate dalle democrazie europee. L’immigrazione, soprattutto quando genera mi-
noranze visibili nello spazio pubblico, mette in discussione l’idea di cittadinan-
za e il modo in cui questo concetto è stato plasmato nell’esperienza delle de-
mocrazie europee. L’immigrazione “disturba” perché costringe le democrazie
europee a ricordare il loro carattere socialmente costruito e inevitabilmente ar-
bitrario, nonostante lo sforzo di naturalizzare i propri confini. Inoltre, l’immigra-
zione, poiché offre una straordinaria opportunità di autoriflessione, di approfon-
dimento della fede e di recupero del suo significato autentico, costituisce una
sfida anche per la Chiesa.
43
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Fabio Baggio
MIGRAZIONI, MISSIONE
E DIFFUSIONE DELLA CHIESA
La Chiesa del primo secolo – Nei secoli successivi – Alcune piste di approfondimento
«Le migrazioni, nelle loro diverse forme, non rappresentano certo un feno-
meno nuovo nella storia dell’umanità. Esse hanno marcato profondamente
ogni epoca, favorendo l’incontro dei popoli e la nascita di nuove civiltà»1.
Queste parole del Santo Padre trovano forte riscontro anche nella storia del-
la Chiesa, le cui pagine sono frequentemente segnate dalla presenza di mi-
granti, esuli e sfollati.
Il nesso tra migrazioni e storia della Chiesa può essere letto in due diver-
se chiavi ermeneutiche: una pastorale e una missiologica. Da una parte, la
sollecitudine pastorale verso i migranti è stata una costante della sollecitu-
dine pastorale della Chiesa verso i più vulnerabili, come bene ebbe a sot-
tolineare Pio XII nella Costituzione Apostolica Exsul familia nazaretana:
«La Santa Madre Chiesa [...] non ha tardato a prendersi la cura, special-
mente spirituale, anche dei pellegrini, dei forestieri, degli esuli, di tutti gli
emigranti, senza risparmio di forze»2. Dall’altra, il movimento missionario
della Chiesa e l’espansione di quest’ultima si pone come una delle espres-
sioni del fenomeno migratorio: «La Chiesa si è diffusa in tutti i continenti
grazie alla ‘migrazione’ di missionari che erano convinti della universalità
del messaggio di salvezza di Gesù Cristo, destinato agli uomini e alle don-
ne di ogni cultura»3.
1
FRANCESCO, Discorso ai partecipanti del Forum Internazionale Migrazione e Pace, Li-
breria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2017.
2
PIO XII, La famiglia esule, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2020, I, 5.
3
FRANCESCO, Discorso ai direttori nazionali della pastorale per i migranti, Libreria Edi-
trice Vaticana, Città del Vaticano 2017.
45
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Fabio Baggio
Sebbene la storicità degli Atti degli Apostoli sia stata oggetto di accese con-
troversie negli ultimi decenni, alla luce degli studi contemporanei e delle
scoperte archeologiche, il suo valore di accurato e affidabile documento
storico sembra oggi innegabile4. Ad ogni modo, non è mia intenzione argo-
mentare sulla veridicità assoluta dei fatti raccontati negli Atti. Intendo, in-
vece, concentrarmi sulla lettura di alcuni episodi in chiave missiologica.
Il primo movimento missionario è intimamente legato all’episodio che
Benedetto XVI (2012) ha definito come il “battesimo” della Chiesa: la Pen-
tecoste5. La sera della festività omonima, a pochi giorni dall’Ascensione, gli
apostoli erano radunati, a porte chiuse, a Gerusalemme, nella stanza al pia-
no superiore, dove erano soliti riunirsi (At 1,13). Fino a questo momento
erano rimasti isolati dal mondo, assieme a Maria ed alcune donne, in assi-
dua preghiera. Mattia aveva preso il posto di Giuda Iscariota come dodice-
simo apostolo.
4
Cf. M.A. POWELL, What Are They Saying About Acts?, Paulist Press, New York, NY 1991.
5
Vf. BENEDETTO XVI, Regina Coeli del 12 giugno, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 2011.
46
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Migrazioni, missione e diffusione della Chiesa
6
Cf. G. DANESI, Migration and Church in the New Testament, in PONTIFICAL COMMISSION
FOR THE PASTORAL OF MIGRANTS AND ITINERANT PEOPLES, Migrations, Vatican City 1985,
105-110.
47
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Migrazioni, missione e diffusione della Chiesa
7
Cf. G. BRIZZI, 70 d.C. La conquista di Gerusalemme, Laterza, Bari 2015.
49
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Settimio Severo tra il 193 e il 203, Caracalla intorno tra il 211 e il 212,
Massimino intorno al 235, Decio tra il 249 e il 250, Gallo tra il 251 e il
253, Valeriano tra il 257 e il 259, Aureliano nel 270 e Diocleziano tra il
300 e il 3108. Tali spostamenti furono comunque essenziali per la diffusio-
ne della Chiesa in tutte le provincie dell’impero.
Per il Medioevo ho scelto i movimenti missionari dei monaci in nord Eu-
ropa tra il VI e l’VIII secolo. A loro ha tributato un particolare riconosci-
mento Pio XII nella Exsul familia nazaretana:
18
Cf. H. JEDIN, Storia della Chiesa. Vol. I., Jaca Book, Milano 1983.
19
PIO XII, La famiglia esule, I, 8.
10
Cf. H. JEDIN, Storia della Chiesa. Vol. III, Jaca Book, Milano 1983.
50
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Migrazioni, missione e diffusione della Chiesa
Verso la fine del XIX secolo, quando si aprirono possibilità fino ad allo-
ra sconosciute di far fortuna, e fiumane di uomini affluirono in America
dalle regioni dell’Europa, e specialmente dall’Italia, la Chiesa cattolica
non ha rifuggito da cura o fatica per aiutare spiritualmente gli emigran-
ti. Infatti, per l’amore che aveva per i suoi figli, col succedersi dei seco-
li non solo fu pronta ad approvare nuovi metodi di apostolato più corri-
spondenti al progresso dei popoli e alle mutate circostanze dei tempi, ma
anzi con diligente alacrità li introdusse, chiaramente avvertendo i rischi
che correvano le società a proposito della morale e della religione13.
Tutti questi migranti cattolici hanno portato con sé la loro fede e le loro
tradizioni religiose, arricchendo le Chiese locali che li hanno accolti nei
11
PIO XII, La famiglia esule, I, 10.
12
Cf. M. BRESCHI – A. FORNASIN, Migrazioni e formazione delle società moderne, in Mi-
grazioni. scenari per il XXI secolo. Vol. 1. Agenzia Romana per la preparazione del Giubi-
leo, Roma 2000, 41-52.
13
PIO XII, La famiglia esule, I, 18.
51
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Alla luce dei fatti analizzati, possono essere identificate almeno quattro pi-
ste di approfondimento che mi sento di proporre a coloro che fossero inte-
ressati a continuare la riflessione su questi temi.
La prima riguarda l’identità della Chiesa. I migranti e i rifugiati di tutte
le epoche ricordano alla Chiesa la sua natura itinerante e pellegrina: «la
Chiesa non è una realtà statica, ferma, fine a se stessa, ma è continuamen-
te in cammino nella storia, verso la meta ultima e meravigliosa che è il Re-
gno dei cieli, di cui la Chiesa in terra è il germe e l’inizio»14. L’itineranza
rappresenta indubbiamente un elemento identitario contingente della Chie-
sa, ma visto che la meta è la Parusia, esso resterà fino alla fine dei tempi.
La seconda pista si riferisce alla missione della Chiesa. Anche in questo
caso si può parlare di una itineranza della Chiesa necessaria per annuncia-
re l’amore misericordioso di Dio che salva. La Chiesa è, quindi, sempre “in
uscita”, poiché deve muoversi per andare all’incontro delle donne e degli
uomini di ogni tempo e luogo: «L’intimità della Chiesa con Gesù è un’inti-
mità itinerante [...]. Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la
Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le oc-
casioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura»15. I migranti catto-
lici sono chiara immagine della Chiesa in uscita. Essi, attraverso la loro te-
stimonianza di fede semplice e diretta, realizzano la missione affidata da
Dio alla Chiesa.
Il terzo punto concerne la cattolicità della Chiesa. La capacità di acco-
gliere ed integrare migranti e rifugiati è uno dei principali indicatori del li-
14
FRANCESCO, Udienza Generale del 26 novembre, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 2014.
15
ID., Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 2013, 23.
52
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Migrazioni, missione e diffusione della Chiesa
vello di cattolicità delle comunità cristiane: «Le migrazioni offrono alle sin-
gole Chiese locali l’occasione di verificare la loro cattolicità, che consiste
non solo nell’accogliere le diverse etnie, ma soprattutto nel realizzare la co-
munione di tali etnie»16. La Chiesa è universale e per questo è chiamata ad
includere tutte e tutti, senza lasciare fuori nessuno, nel rispetto delle diver-
sità. L’ideale, infatti, è quello di raggiungere la comunione nella diversità.
L’ultima pista di approfondimento riguarda la cittadinanza nella Chiesa.
Si tratta, innanzitutto, di una cittadinanza universale, transnazionale, in
quanto è conferita sulla base di una scelta di fede personale sigillata dal
battesimo. Tale conferimento esula da qualsiasi accezione politica (ius san-
guinis o ius soli). «Tutti i cattolici hanno il diritto alla piena appartenenza
alla Chiesa, intesa come cittadinanza attiva: significa essere responsabili,
partecipare alla vita della Chiesa, animare la liturgia e raggiungere le co-
munità con la propria religiosità e le proprie espressioni culturali»17. Si
tratta, quindi, di una cittadinanza responsabile e partecipativa, che impe-
gna nel “già”, ma rimanda sempre al “non ancora”, poiché la vera cittadi-
nanza è quella del Regno dei Cieli.
Fabio Baggio
Sottosegretario del Dicastero
per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale
([email protected])
16
GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la Giornata Mondiale dell’Emigrazione, Libreria
Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1987.
17
Sezione Migranti e Rifugiati, Orientamenti sulla Pastorale Migratoria Interculturale,
LEV, Città del Vaticano 2022, Introduzione.
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Fabio Baggio
ABSTRACT
MIGRAZIONI, MISSIONE
E DIFFUSIONE DELLA CHIESA
Il nesso tra migrazioni e storia della Chiesa può essere letto in due diverse chia-
vi ermeneutiche: una pastorale e una missiologica. In questo contributo l’auto-
re si concentra sulla prospettiva missiologica, soffermandosi su alcuni momen-
ti della storia della Chiesa nel primo secolo d.C., letti alla luce delle narrazioni
contenute negli Atti degli Apostoli. Vengono poi analizzati altri eventi della storia
della Chiesa nei secoli successivi, episodi migratori particolarmente significativi
in chiave missiologica. L’autore conclude indicando quattro ulteriori piste di ap-
profondimento: l’identità itinerante e pellegrina della Chiesa, la missione della
Chiesa affidata ai migranti cattolici, la cattolicità della Chiesa come comunione
nella diversità e la cittadinanza universale nella Chiesa.
MIGRATIONS, MISSION
AND THE SPREADING OF THE CHURCH
The link between migration and the history of the Church can be read in two dif-
ferent hermeneutic keys: a pastoral one and a missiological one. In this contribu-
tion, the author focuses on the missiological perspective, discussing some mo-
ments in the history of the Church in the first century a.D. in the light of the narra-
tives contained in the Acts of the Apostles. Other events in the history of the
Church in the subsequent centuries are then analyzed, particularly significant mi-
gratory episodes from a missiological point of view. The author concludes by
indicating four further paths for in-depth study: the itinerant and pilgrim identity
of the Church, the mission of the Church entrusted to Catholic migrants, the
catholicity of the Church as communion in diversity, and the universal citizenship
in the Church.
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Stephen Bevans
Introduction – Much to Teach Us and Challenge Us about God – Much to Teach Us about
Christology – Much to Teach Us about Christian Anthropology – Much to Teach Us about
Ecclesiology – Much to Teach Us about Social and Structural Sin – Conclusion
Introduction
Two important documents on the church’s mission in the last decade con-
tain passages that can help us reflect on the kind of theology that can be
discerned and developed if we take the phenomenon of migration and the
experience of migrants seriously. These passages speak about the margin-
alized and poor of this world, and not of migration and migrants specifical-
ly, but of course, most of the world’s migrants are among these. Especially
those migrants who are refugees and asylum seekers are very much includ-
ed in such a designation.
In the second part of Chapter 4 of Evangelii Gaudium, entitled “The In-
clusion of the Poor in Society,” in what seems similar to his insistence that
the ordinary piety of the faithful people of God is a locus theologicus or a
rich source of Christian theologizing1, Pope Francis insists here that the op-
tion for the poor in today’s world is a theological category2.
This is why I want a Church which is poor and for the poor. They have
much to teach us. Not only do they share in the sensus fidei, but in their
difficulties they know the suffering Christ. We need to let ourselves be
evangelized by them. The new evangelization is an invitation to ac-
1
FRANCIS, Apostolic Exhortation Evangelii gaudium, 24 novembre 2013, no. 126.
2
Ibid., no. 198.
55
3/2022 ANNO LXXV, 55-67 URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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knowledge the saving power at work in their lives and to put them at the
center of the Church’s pilgrim way. (EG198).
The poor are also the privileged teachers of our knowledge of God; their
frailty and simplicity unmask our selfishness, our false security, our
claim to be self-sufficient. The poor guide us to experience God’s close-
ness and tenderness, to receive his love in our life, his mercy as the Fa-
ther who cares for us, all of us, without discretion and with patient trust3.
Living on the margins ... can provide its own lessons. People on the
margins have agency, and can often see what, from the centre, is out of
view. People on the margins, living in vulnerable positions, often know
what exclusionary forces are threatening their survival and can best dis-
cern the urgency of their struggles; people in positions of privilege have
much to learn from the daily struggle of people living in marginalized
positions5.
3
FRANCIS, Address at a Visit to the Astalli Centre, the Jesuit Refugee Service in Rome, 10
September, 2013 [https://www.vatican.va/content/francesco/en/speeches/2013/september/
documents/papa-francesco_20130910_centro-astalli.html; vhttps://archive.is/ZPrKP].
4
WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Together Towards Life: Mission and Evangelism in
Changing Landscapes (TTL), WCC Publications, Geneva 2013.
5
Ibid., no. 38.
56
URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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“They Have Much to Teach Us”: Migrants, Their Experience, and Theology
«The poor are [...] are the privileged teachers of our knowledge of God».
This powerful sentence, quoted above from Pope Francis’s talk at the Jesuit
Refugee Service headquarters in 2013, offer us a powerful image of contem-
plation of the image of God. Francis speaks of how refugees reveal to us
God’s tenderness and mercy, but we might press a bit more to ask in what
6
FRANCIS, Evangelii gaudium, no. 133.
7
See FRANCIS, Discorso del Santo Padre Francesco all’ Associazione Teologica Italiana,
29 December 2017 [https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2017/december/
documents/papa-francesco_20171229_associazione-teologica-italiana.html; https://ar-
chive.is/4Wg4k; https://archive.is/4Wg4k].
57
3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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way such tenderness and mercy are revealed. As a theologian, I would an-
swer that question first with another question: how can God possibly allow
such suffering to happen? How can God not intervene as leaky, unseawor-
thy boats capsize in the Mediterranean Sea, or people flee for their lives
rather than become slaves of extortioners in Honduras or Guatemala, or as
the Taliban begin a reign of terror in Afghanistan? How can God stand by
as people in Europe, North America, and other countries put up walls and
fences to keep migrants out of their countries?
The questions are not new. They have been asked before – after the Holo-
caust, for example – but the plight of the world’s migrants raise them in
strikingly urgent new ways: millions and millions of people without homes,
without resources, without citizenship, susceptible to disease, to human
trafficking, to all sorts of abuse. We cannot answer these cries of the suffer-
ing peoples of the world with pat answers and pious rhetoric. Migrants have
much to teach us, but also much with which to challenge us. The struggles
and sufferings of migrants force us to think in new ways about God, about
how God acts, and ultimately about our own responsibility as church to par-
ticipate in God’s mission of calling, persuading, and wooing human beings
toward the radical kinship that Jesus spoke of as the reign of God. Ques-
tions about God that the experience of migrants raise are intimately inter-
woven with questions of Christology and ecclesiology.
I think the only answer to these burning questions is that the power of
God is the power of love, mercy, and tenderness. God will not and cannot
directly intervene at all to calm the seas, or stop greedy criminals, or en-
lighten people with a twisted understanding of faith.
But God’s power is real power. God’s is the power that comes from a deep
commitment to creation’s – and perhaps especially humans’ – freedom, and
the power of love. God’s is the power of vulnerability, and the power of ac-
companiment. God does not intervene, writes theologian Elizabeth Johnson,
but also never abandons8. God’s love offers the power of resilience, the
power of courage, the power to resist, and the power to endure and even
grow in adversity.
We see this power clearly at work among the migrants of our world. With
deep faith in the God who sustains and accompanies them, they are willing
8
E.A. JOHNSON, Creation and the Cross: The Mercy of God for a Planet in Peril, Mary-
knoll, Orbis Books, New York, NY 2018, 110.
58
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“They Have Much to Teach Us”: Migrants, Their Experience, and Theology
9
C. SOUTHGATE, The Groaning of Creation: God, Evolution, and the Problem of Evil,
Westminster John Knox, Louisville, KY 2008, 52, as quoted in E.A. JOHNSON, Ask the
Beasts: Darwin and the God of Love, Bloomsbury, London 2014, 206.
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of God». The former translation we see how «Christ acted differently from
how “normal” gods act,» but the latter translation expresses that «Christ
acted as he did because that is the character of true divinity»10. To be God,
therefore, is not to be content in Godself, but to empty Godself, becoming
flesh, «taking the form of a slave, being born in human likeness» (Phil 2:7).
Another way of putting this is that the self-emptying of God in Christ re-
veals the nature of God as a migrant11. To be God is to leave Godself and
move into creation, onto this earth, into this universe, in the joy and pain of
humanity and all of groaning creation. In Jesus, God knows really and ful-
ly what it means to be a migrant. The gospel of Matthew captures this in his
story of Mary, Joseph, and the child Jesus having to flee as refugees into
Egypt, experiencing all the difficulties and suspicions of foreigners fleeing
a tyrant (Matt 2:13-15). Jesus’ itinerant ministry, and especially his being
recognized as a Galilean in Jerusalem also points to his migrant style of life,
where he had «no place to lay his head» (Matt 8:20). Perhaps as we con-
template and get to know migrants, refugees, and asylum seekers more
closely and fully, we can have a deeper knowledge of the heart of our mi-
grant God, revealed to us in Jesus. Migrants are icons of God. Migrants have
much to teach us.
Pope Francis emphasizes – as we have seen at the beginning of these re-
flections – that the sufferings of the poor, and so certainly many migrants,
know the suffering flesh of Christ as they encounter physical hardship, sus-
picion, hatred, and prejudice as they beg for asylum, or try to adjust to cul-
tures very different from their own. Francis says that we need to be evangel-
ized by them to understand who Christ really is12. Pope Benedict XVI wrote
that «God has suffered, and through his Son, he suffers with us. This is the
summit of his power, that he can suffer with us and for us. In our suffering
we are never left alone. God, through his Son, suffered first, and he is close
to us in our suffering»13. As we get to know more and more intimately the
10
M.J. GORMAN, Becoming the Gospel: Paul, Participation, and Mission, Eerdmans,
Grand Rapids, MI 2015, 107, note 6.
11
See P.C. PHAN, Deus Migrator—God the Migrant: Migration of Theology and Theol-
ogy of Migration, “Theological Studies” 77 (2016), 4, 845-868.
12
FRANCIS, Evangelii gaudium, no. 198.
13
BENEDICT XVI, Homily at Aosta, 24 July 2009 [https://www.vatican.va/content/bene-
dict-xvi/en/homilies/2009/documents/hf_ben-xvi_hom_20090724_vespri-aosta.html;
https://archive.is/2fuUe].
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“They Have Much to Teach Us”: Migrants, Their Experience, and Theology
For the last three decades or so I have lived among migrants and refugees,
mostly from Vietnam and Latin America, but also from many other places
in the world. I live in the SVD formation house in Chicago and rub shoul-
ders, pray with, and share meals with these young men every day. As I have
gotten to know these migrants and refugees as students and confreres, when
I have listened to their stories of escape from Vietnam in the 1980s, their
struggles to learn English in school, or their parents’ migration from Mexi-
co or Guatemala, I have come to a deeper understanding of human dignity,
the sacredness of human life, and the strength of human resilience against
seemly overwhelming odds. Their stories are bone-chilling – pirate attacks
in the South China Sea, years in refugee camps in Thailand or the Philip-
pines, feeling alien and unwelcome in small towns in the United States. In
addition, two works of fiction I have read in the last several years have al-
so opened my eyes and tendered my heart to the deep humanity of migrants.
Jenny Erpenbeck’s novel Go, Went, Gone is a stunning story of the human
conversion of a non-believing East German man, who finds his own human-
ity as he encounters the humanity of African refugees in East Berlin14. The
same kind of conversion happens in Ellen Wiles’s novel The Invisible
14
J. ERPENBECK, Go, Went, Gone, New Directions, New York, NY 2017.
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Crowd15. The novel is the story of Yonas, a refugee and asylum seeker from
Eritrea, who has been trafficked worker in a seafood processing factory in
Britain. He escapes this work and travels to London, finding some kind of
community in a low-paying job, making friends with a British woman, and
being helped by an immigration lawyer. All the while the reader gets to
know the humanity and goodness of this man whose only dream is to bring
his wife and small daughter to safety in Britain.
These encounters with migrants – in the flesh and in fiction – can teach
us to understand in a deeply personal, existential way the “bedrock princi-
ple” of Catholic social teaching: the ineffable dignity of every human per-
son. Migrants – speaking a different language than their new neighbors,
looking different from them, with different cultures or religions from them,
sometimes threatening to them – once people pay attention and see them as
persons and gifts, not statistics or problems – open them up in a new way
to a Christian anthropology that recognizes that human beings are sacred in
themselves and need to be met with awe and reverence. Recognizing the
personhood and humanity of migrants allows women and men in host coun-
tries to see that all of us are brothers and sisters, to allude to Pope Francis’s
2020 encyclical Fratelli Tutti16. Migrants can teach us much about human-
ity – theirs and our own.
Earlier in this reflection I spoke about the particular kind of power that God
possesses: «God’s love offers the power of resilience, the power of courage,
the power to resist, and the power to endure and even grow in adversity».
That power is manifested directly in God’s presence with, accompaniment
of, and suffering with migrants, but it is also a power that is shared with hu-
man beings as they open up to God’s powerful love for migrants and begin
working for, with, and among migrants to offer them hope, to struggle with
them for justice, and to help them grow to become members of the societies
into which they have entered.
15
E. WILES, The Invisible Crowd, HarperCollins, London 2017.
16
FRANCIS, Encyclical Letter Fratelli Tutti, 3 October 2020 [https://www.vatican.va/
content/francesco/en/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-
tutti.html; https://archive.is/YhAUn].
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“They Have Much to Teach Us”: Migrants, Their Experience, and Theology
Those women and men who do this in response to God’s love in Jesus are
the church. In them, the power of God is concretized in their commitment
to the suffering poor of the world, among whom are the world’s migrants.
The church has much to offer to migrants, but migrants have much to
teach the church about being church. The church does not just do things for
migrants – welcome them, protect them, promote their interests, and inte-
grate them into society, to allude to Pope Francis’s fourfold program17. The
church in the countries or areas into which migrants have come learns
about itself as it lives among migrants, discovers itself as a pilgrim people,
as a people formed – even at the local level – as formed «from every nation,
from all tribes and peoples and languages» (Rev 7:9). In October, 2021, my
friend Cathy Ross from the UK gave a marvelous presentation at a Zoom
conference on theological education in which she described the church as
the “Fellowship of the Unlike,” a gathering of people who may not prefer to
be together – the kind of people whom Jesus gathered together in the crowd
that surrounded him18. Through the presence of migrants, the church dis-
covers their gifts of new cultures, discovers the wealth of skills and wisdom
that migrants bring, discovers the agency that migrants possess. In many
places into which migrants have come the local church is enriched by their
presence, by their stories, by their deep faith and practices of popular reli-
gion, by their sense of community, by their simple joy and gratitude for be-
ing recognized and accepted for who they are. Because of the presence of
migrants, the church is able to turn outside itself to the wider world, to feel
the pain of others more deeply, to see the world from very different perspec-
tives. Migrants can teach the church how to become a “community of mis-
sionary disciples”19.
17
See, for example, FRANCIS, Fratelli Tutti, no. 129. See also S. BEVANS, SVD, Pope
Francis: Mission, Migration, and Christian Spirituality, “Studi Emigrazione” 57 (2020),
218, 267-293.
18
C. ROSS, Theological Education and Formation: Futures, Presentation at the Virtual
Conference of the Global Forum of Theological Educators, October 1, 2021. Ross made
reference to W. JENNINGS, Can White People Be Saved: Reflections on the Relationship of
Missions and Whiteness in ID. – L.L. SECREST – J. RAMÍREZ JOHNSON – A. YONG (eds.), Can
“White” People Be Saved? Triangulating Race, Theology, and Mission, InterVarsity Press
Academic, Downers Grove, IL 2018, 43.
19
FRANCIS, Evangelii gaudium, no. 24.
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One of the most profound theological insights that I have received from pay-
ing attention to the experience of migrants is a deep sense of sin – not so
much personal sin, but what I often feel is the rather illusive understand-
ing of sin as social and systemic, a web in which I and so many of us in the
world’s more affluent countries are caught. So much of the reason for mi-
gration in today’s world is because of human greed, which is concentrated
in systems that are indifferent to people and the common good of society.
Pope Francis has called this the “globalization of indifference”20.
Ideally, Francis writes, «unnecessary migration ought to be avoided»21,
but it is made necessary by people in affluent countries and in migrants’
home countries that «deprive people of the conditions needed for a digni-
fied life and integral development»22. Grueling poverty, often caused by
corruption and greed of local governments, but also by the exploitation of
local labor markets by affluent countries in the Majority World (e.g. Nike,
Apple), force people to seek jobs in countries like Saudi Arabia, Singapore,
and London, only to be exploited again by their employers or enslaved as
garment workers or sex workers.
Religious persecution – like of the Rohingyas in Myanmar, Christians in
the Middle East, or of fellow Muslims in Afghanistan – force migration as
well, making a mockery of religious faith. Political corruption, like in the
military coups in Myanmar and Sudan, or the dictatorship in Venezuela,
also cause the migration of innocent people, often people who are well-ed-
ucated and relatively economically well off. In February 2022, the world
has witnessed the migration of millions from Ukraine as a result of the vi-
cious and unnecessary war initiated by Vladimir Putin. Pope Francis
graphically describes how much migration is due to climate change – the
fault of the large industrial powers of the Majority World and their unwill-
ingness sometimes even to acknowledge the phenomenon. «Why do peo-
ple come to the big cities ...? [...] It is simply because the rural world does-
20
ID., Homily on Lampedusa, 8 July 2013 [https://www.vatican.va/content/francesco/
en/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130708_omelia-lampedusa.html;
https://archive.is/DNjjc].
21
ID., Fratelli Tutti, no. 129.
22
Ivi.
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“They Have Much to Teach Us”: Migrants, Their Experience, and Theology
Conclusion
As I come to the end of these reflections, I want to confess that I think that
the method that I have used is much better than the actual content of what
I have said. My method is to begin with the experience of migration and mi-
grants themselves, and let them teach us from their wisdom. Although I
have lived with migrants for the last several decades, and although I have
been keenly sympathetic to the experience of migration and migrants from
my own reading and attentive to migrants’ stories in the news, my own re-
ally personal contact has not been as close as it should have been to actu-
ally reflect as a theology on the experience of migration and with the expe-
rience of migrants. Hopefully, however, some of the issues and insights that
23
ID., Address at a Workshop on Modern Slavery and Climate Change, 21 July 2015
[https://www.vatican.va/content/francesco/en/speeches/2015/july/documents/papa-
francesco_20150721_sindaci-grandi-citta.html; https://archive.is/yhhbn].
24
FRANCIS, Address at a Meeting of Popular Movements, 28 October 2014 [https://www.
vatican.va/content/francesco/en/speeches/2014/october/documents/papa-francesco_
20141028_incontro-mondiale-movimenti-popolari.html; https://archive.is/nW8Op].
25
See BEVANS, Pope Francis, 285-287.
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I’ve been able to articulate here will be helpful as we reflect on the theolo-
gy that comes from the experience of migration and the experience of mi-
grants. In any case, there is no doubt: “They have much to teach us”.
Stephen Bevans
Catholic Theological Union, Chicago, IL
([email protected])
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“They Have Much to Teach Us”: Migrants, Their Experience, and Theology
ABSTRACT
Both Pope Francis in Evangelii Nuntiandi and the World Council of Churches in
its mission document Together Towards Life insist that those who are poor and
marginalized “have much to teach us,” that we have “much to learn” from their
daily struggles. Based on these challenging words, this article argues that the
experience of migrants can offer the church the elements of a rich and vital the-
ology. Migrants have much to teach us about God, about Christology, about
Christian anthropology, ecclesiology, and social and structural sin. Their experi-
ence opens up a theological method that recognizes that experience is an au-
thentic source of Christian theologizing.
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Giovanni Terragni
* Alcune sezioni testuali del contributo attingono a materiali dell’autore già pubblicati
su https://www.scalabriniani.org.
1
FRANCESCO, Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, 24 novembre 2013, ASS CI, 24.
2
Cf. J. SPALDING, Relazione e Sommario e nota d’archivio circa la presente condizione
della Chiesa cattolica negli Stati Uniti d’America, Acta SCPF, vol. 252, settembre 1883, 50;
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Giovanni Terragni
cf. S. TOMASI, Scalabrini e i Vescovi americani, in G. ROSOLI (ed.) Scalabrini tra vecchio e
nuovo mondo, CSER, Roma 1989, 453-466.
3
Tra gli antesignani dell’assistenza degli emigrati troviamo Giovanni Neumann, vesco-
vo di Filadelfia, Vincenzo Pallotti, Giovanni Bosco, Geremia Bonomelli e Giovanni Batti-
sta Scalabrini, Francesca Saverio Cabrini, Rosa Gattorno, Clelia Merloni, Assunta Mar-
chetti, ecc. Numerose Congregazioni religiose, maschili e femminili, ad es. i Francescani,
Cappuccini, Gesuiti, Verbiti, Pallottini, Salesiani, Maristi, Fratelli delle scuole cristiane,
ecc.; Suore Missionarie di S. Carlo Borromeo (Scalabriniane), Suore Apostole del S. Cuo-
re (Merloni); Missionarie del S. Cuore (Cabrini), Suore di S. Maria Ausiliatrice (Salesia-
ne), Suore Maestre Pie Filippini, Suore Francescane del S. Cuore di Maria, Francescane
del S. Cuore di Gesù, Francescane di Gesù Bambino, Suore Giuseppine di Chambéry, Suo-
re Giuseppine di Cuneo; Suore di carità dell’Immacolata Concezione di Ivrea, Suore Po-
verelle di Bergamo, Suore Clarettiane, Suore Orsoline, Piccole Suore dell’Immacolata
Concezione (Visintainer). Nel 1932 il card. Hlond fonda la “Società di Cristo” per gli emi-
grati polacchi. Trai i laici ricordiamo specialmente Volpe Landi, Schiaparelli e Toniolo per
gli italiani, ecc.
4
A. BAUSA, Lettera a Scalabrini, Firenze 27 dicembre 1894, Archivio Generale Scala-
briniano [d’ora in avanti AGS] / BA 02-19-13.
70
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Testimone di una Chiesa in uscita: l’opera di Scalabrini per le migrazioni
5
GIOVANNI PAOLO II, Omelia per la beatificazione, 9 novembre 1997, O.R., 10 novem-
bre 1997.
6
Scalabrini è considerato un pioniere del movimento catechistico in Italia. Organizza
a Piacenza il primo Congresso Catechistico Nazionale nel 1889; cf. Atti e Documenti del
primo Congresso Catechistico tenutosi in Piacenza nei giorni 24, 25 e 26 settembre 1889,
Tip. Vescovile G. Tedeschi, Piacenza 1890.
7
Cf. G.B. SCALABRINI, Il Socialismo e l’azione del Clero, Tip. Tedeschi, Piacenza 1899, 48.
71
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Giovanni Terragni
Riaffiora nella sua mente il ricordo di quando, giovane prete della dioce-
si di Como, si era recato a Milano da Mons. Marinoni, direttore dell’Istitu-
to S. Calogero delle Missioni Estere (PIME), per chiedere di essere accet-
tato come membro dell’istituto e poi partire per le missioni. Il suo vescovo
Mons. Marzorati non gli concede l’autorizzazione. Vent’anni dopo, già ve-
scovo di Piacenza, Scalabrini ricorderà quell’evento:
Lo confesso, non mai come allora mi augurai la vigoria dei miei 20 an-
ni, non mai rimpiansi come allora l’impossibilità di mutare la croce d’o-
ro del Vescovo in quella di legno del Missionario, per volare in soccor-
so di quegli infelici, veramente infelici, perché agli altri pericoli si ag-
giunge per essi quello di cadere nell’abisso della disperazione9.
Impegno missionario
Siamo qui come bestie; si vive e si muore senza prete, senza maestri e
senza medici […] Ecco col mio Istituto di patronato io penso appunto
8
G.B. SCALABRINI a M. Ledóchowski, Relazione dell’opera dei Missionari di S. Carlo,
Piacenza, 10 agosto 1900, AGS / BA 03-04-01.
9
ID., L’emigrazione degli operai, Conferenza al XVI Congresso Cattolico Italiano di Fer-
rara (1899), Atti e documenti, Opera dei Congressi, in S. TOMASI – G. ROSOLI (edd.), Sca-
labrini e le migrazioni moderne, SEI, Torino 1997, 144.
72
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Testimone di una Chiesa in uscita: l’opera di Scalabrini per le migrazioni
10
G.B. SCALABRINI, Il disegno di legge sull’emigrazione italiana. Osservazioni e propo-
ste, Piacenza, 1888, in TOMASI – ROSOLI (edd.), Scalabrini e le migrazioni moderne, 56.
11
G.B. SCALABRINI, L’emigrazione italiana in America. Osservazioni. Piacenza, 1887, in
TOMASI – ROSOLI (edd.), Scalabrini e le migrazioni moderne, 24.
12
La collaborazione con Propaganda dura fino al 1908 quando, con la riforma della Cu-
ria romana attuata da Pio X (Const. Apostolica Sapienti consilio), i territori nordamerica-
ni non sono più considerati territori di missione dipendenti da Propaganda ma passano al-
la dipendenza di un nuovo dicastero, la Congregazione Concistoriale. In questo modo an-
che la congregazione di Scalabrini cessa la sua dipendenza da Propaganda Fide e passa
ad una duplice dipendenza: dalla S. Congregazione Concistoriale per la parte pastorale e
della S. C. dei religiosi in ragione del giuramento perpetuo.
13
G. Simeoni (Paliano, 1916 - Roma, 1892), ordinato sacerdote nel 1839. Entra nella
carriera diplomatica della S. Sede. Nunzio apostolico in Spagna nel 1875, vescovo e car-
dinale nel 1875. Nel 1876 Pio IX lo nomina segretario di Stato e nel 1878 Leone XIII gli
affida l’incarico di prefetto della S. Congregazione di Propaganda Fide (1878-1892). So-
stenitore e garante delle iniziative di Scalabrini in favore dei migranti. Muore a Roma il
14 gennaio 1892.
14
G.B. SCALABRINI, Lettera al card. Simeoni, Piacenza, 11 gennaio 1887, AGS / BA 01-
02-01.
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guardo15. La stesura definitiva viene compilata a due mani nella sede ro-
mana di Propaganda Fide, e porta due firme, quella di Scalabrini e quella
del card. Simeoni. Il papa in “audientia coram” 14 novembre 1887 appro-
va l’apertura a Piacenza di una casa di formazione per sacerdoti per gli
emigranti e la rende pubblica con la lettera apostolica Libenter agnovi-
mus16. Pochi giorni dopo, Scalabrini dà inizio a Piacenza alla sua opera per
gli emigranti17.
Missionarietà e evangelizzazione
15
Cf. G. SIMEONI, Lettera a Scalabrini, Roma, 3 febbraio 1887, AGS / BA 01-02-01b.
16
LEONE XIII, Lettera Apostolica Libenter agnovimus a Mons. Scalabrini, 25 novembre
1887, AGS / BA 01-05-01a.
17
Cf. G. MOLINARI, Cronaca dell’Istituto Apostolico dei Missionari per le Colonie Italia-
ne all’estero, specialmente in America, Piacenza, novembre 1887, AGS / BA 01-06-01a.
18
G.B. SCALABRINI, Lettera pastorale Il prete cattolico, Piacenza, 1892, in O. SARTORI
(ed.), Lettere pastorali, SEI, Torino 1994, 492.
19
Attribuita a mons. Bonomelli, “L’Emigrato italiano” (1936), 2, 1.
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Testimone di una Chiesa in uscita: l’opera di Scalabrini per le migrazioni
Il progetto, per vari motivi indipendenti dalla sua volontà, non poté rea-
lizzarsi; resta, tuttavia, altamente significativa l’intuizione e la volontà mis-
sionaria del vescovo piacentino. Evangelizzazione e missione sono due ter-
mini correlati. Per questo chiede alla S. Sede che i suoi sacerdoti destinati
all’assistenza religiosa degli italiani emigrati in America abbiano il nome e
la qualifica di “missionari apostolici” al pari dei missionari inviati nelle
terre di missioni in Africa e in Asia. L’approccio missionario di Scalabrini
nella concezione del suo Istituto risulta anche dalla figura del “missionario
volante” che egli avrebbe voluto associare – come risulta dal primo proget-
to di regolamento del 16 febbraio 1887 – al gruppo dei missionari stabili.
Sull’idea dell’apertura di una casa di missionari “volanti” o “ambulanti”,
Scalabrini tornerà più volte anche in seguito: «È questo un mio antico de-
siderio, – scriveva nel 1893 al Delegato Apostolico negli Stati Uniti, Mons.
20
G.B. SCALABRINI, Lettera a Leone XIII, Piacenza, 13 giugno 1887, AGS / AB 01-01-31.
21
ID., Lettera a M. Corrigan, Piacenza, 18 agosto1887, AGS / EB 01-03.
22
ID., Lettera ai vescovi del Belgio e Lussemburgo, Piacenza, 1° aprile 1888, AGS / BA
01-08-13.
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Particolarità della fondazione scalabriniana è che essa non nasce come ope-
ra diocesana e di un solo vescovo, ma all’interno della S. Sede “come ap-
pendice di Propaganda Fide”. Scalabrini manifesta con chiarezza la sua vo-
lontà già alla presentazione del suo progetto alla S. Sede. Scrive al card. Si-
meoni:
23
F. Satolli (Marsciano, 1839 - Roma, 1910). Delegato apostolico negli Stati Uniti (1892),
cardinale (1895), prefetto della Congregazione per la revisione delle costituzioni e regole de-
gli Istituti religiosi.
24
G.B. SCALABRINI, Lettera a F. Satolli, Piacenza, 14 settembre 1893, AAV, prot. n. 891.
25
ID., Lettera e progetto di una “Associazione di sacerdoti per gli emigrati” a G. Simeo-
ni, Piacenza 16 febbraio 1887, AGS / BA 01-02-04a, b, c.
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Testimone di una Chiesa in uscita: l’opera di Scalabrini per le migrazioni
Corresponsabilità episcopale
26
ID., Regolamento della Congregazione dei missionari per gli emigrati, Piacenza, 19
settembre 1888, AGS / DE 22-04-07a.
27
ID., Relazione al card. Ledochowski M., Piacenza, 3 dicembre 1897, AGS / BA 02-
2-07.
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Da tutto ciò risulta che Mons. Scalabrini non solo ha spalancato i confi-
ni della sua diocesi ma ha anche influito efficacemente ad ampliarle il rag-
gio d’azione della congregazione di Propaganda, aggiungendo al suo inter-
no, oltre alla “Missio ad gentes”, anche un secondo fronte missionario quel-
lo della “Missio ad migrantes” per l’assistenza religiosa degli emigranti.
28
LEONE XIII, Lettera apostolica Quam aerumnosa, Roma, 10 dicembre 1888, ASS,
XXI, 1888, 258-260.
29
PIO XII, Costituzione apostolica Exsul familia, Castel Gandolfo, 1° agosto 1952,
AAS, 649-604, 44, c. IV.
30
G.B. SCALABRINI, Memoriale “Pro emigratis catholicis” al card. Merry del Val, Pia-
cenza, 4.05.1905, AGS / AB 02-02-08 b c. Cf. G. TERRAGNI, Un progetto per l’assistenza
agli emigrati cattolici di ogni nazionalità. Memoriale di G.B. Scalabrini alla S. Sede, “Stu-
di Emigrazione” 42 (2005), 159, 475-503.
31
G.B. SCALABRINI, Lettera a Pio X, S. Paulo (BR), 22 luglio 1904, AGS / AB 01-04-41b.
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Testimone di una Chiesa in uscita: l’opera di Scalabrini per le migrazioni
Non solo ha dato avvio nelle Chiesa ad una congregazione religiosa col fine
precipuo dell’assistenza degli emigrati italiani, allora i più numerosi e i più
abbandonati, ma ha anche influito a creare presso la S. Sede strutture pa-
storali per il coordinamento dell’assistenza degli emigranti cattolici di ogni
nazionalità, a livello internazionale.
Collaborazione con tutte le persone di buona volontà:
La Chiesa nella sua pienezza, non è costituita unicamente dai preti, ve-
scovi o dal Papa, ma da pastori e fedeli nel loro insieme. Colui che ha
ricevuto il battesimo è divenuto membra di questo grande Corpo misti-
co di Cristo […] Se dunque ogni membro deve cooperare alla salvezza
e al bene dell’intero corpo, è evidente che ogni cristiano, sia esso pre-
te o laico, deve secondo il suo ruolo e a misura delle proprie forze, con-
tribuire alla integrità e alla vitalità della Chiesa cattolica32.
Chiamo l’attenzione del clero italiano, del laicato cattolico e di tutti gli
uomini di buona volontà […] poiché la carità non conosce partito»33.
«All’azione del clero deve andare armoniosamente congiunta quella
del laicato»34. «Comprendete pertanto la nobiltà e grandezza della vo-
stra missione, o laici, e fate di corrispondervi degnamente. Voi potete
oggi moltissimo; potete penetrare là, dove noi, causa volgari pregiudi-
zi, non abbiamo l’accesso; potete compiere con felice risultato tante
opere che noi, per la tristizia dei tempi, non possiamo. Siate dunque
mediatori di Dio35.
32
ID., Lettera pastorale Azione cattolica, Piacenza, 1896, in SARTORI (ed.), Lettere pa-
storali, 359-360.
33
G.B. SCALABRINI, L’emigrazione italiana in America. Osservazioni, Piacenza 1887, in
TOMASI – ROSOLI (edd.), Scalabrini e le migrazioni moderne, 1, 3.
34
G.B. SCALABRINI, Lettera pastorale Azione cattolica, Piacenza, 1896, in SARTORI (ed.),
Lettere pastorali, 359.
35
Ibid., 360.
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La Chiesa di Gesù Cristo, che ha spinto gli operai evangelici tra le na-
zioni più barbare e nelle lande più inospiti, non ha dimenticato e non
dimenticherà mai la missione che le venne da Dio affidata di evange-
lizzare i figli della miseria e del lavoro [i migranti …] Nell’era futura,
non sarà con i Prìncipi e i Parlamenti, ma con le grandi masse, con il
popolo, che la Chiesa dovrà trattare. Che noi lo vogliano o no, ecco il
nostro impegno […] Sì, o signori, dov’è il popolo che lavora e che sof-
fre, ivi è la Chiesa38.
36
G.B. SCALABRINI, Progetto inviato al card. G. Simeoni sull’”Associazione di sacerdoti
allo scopo di provvedere ai bisogni spirituali degli italiani emigrati nelle Americhe”, Pia-
cenza, 16 febbraio 1887, AGS / BA, 01, 02, 04a, b, c., n. 6.
37
GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la giornata mondiale dei migranti e rifugiati, O.R.,
25 luglio 1995.
38
G.B. SCALABRINI, L’emigrazione degli operai italiani, in TOMASI – ROSOLI (edd.), Sca-
labrini e le migrazioni moderne, 148-149.
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Testimone di una Chiesa in uscita: l’opera di Scalabrini per le migrazioni
Oggi non è più consentito starcene neghittosi nelle nostre case sospi-
rando o piangendo, quando il fuoco della miscredenza si dilata e mi-
naccia di distruggere l’arca della fede delle nostre contrade. Usciamo
dunque dalle nostre tende, e innanzi tutto ricordiamo che non abbiamo
altre armi che la fede e la carità. Con queste armi entriamo, secondo le
leggi civili e la coscienza di cattolici, nella via pubblica, senza guarda-
re a parti politiche; pronti a morire anziché venire a patti mai col falso
e l’ingiusto. Entriamo nella vita pubblica non come nemici del potere
costituito, ma come instancabili avversari del male, ovunque esso sia;
entriamo come uomini d’ordine che sappiano, secondo l’esempio di
Cristo e della sua Chiesa, tollerare anche il male, ma approvarlo o far-
lo noi stessi, mai39.
Di fronte alle novità del mondo contemporaneo, invita il suo clero e i suoi
missionari a non rinchiudersi in sterili lamentele o a vani rimpianti del pas-
sato. Occorre, invece, prendere coscienza della realtà in cui si vive, adope-
rarsi per il bene e il rinnovamento della società, ed essere sempre al fian-
co del popolo:
39
ID., Lettera pastorale La Chiesa cattolica, Piacenza, 1888 in SARTORI (ed.), Lettere
pastorali, 437.
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Dobbiamo altresì essere uomini del nostro tempo […] Dobbiamo vivere
della vita del popolo, avvicinandoci a lui con la stampa, con le associa-
zioni, coi comitati, con società di mutuo soccorso, con pubbliche con-
ferenze, coi congressi, coi circoli operai, con i patronati dei fanciulli,
con ogni opera di beneficenza privata e pubblica […] Io vorrei che la
intendessero tutti i membri del mio clero. Ai nostri giorni è quasi im-
possibile ricondurre la classe operaia alla Chiesa, se non manteniamo
con essa relazione continua fuori della Chiesa. Dobbiamo uscire dal
tempio, o venerabili Fratelli, se vogliamo esercitare un’azione salutare
nel tempio»40 «Uscite, pure, come oggi suol dirsi di sagrestia, ma pie-
na la mente e il cuore dello Spirito41.
40
G.B. SCALABRINI, Commento all’enciclica “Rerum novarum”, Piacenza, 1 ottobre
1891, AGS / AO 02-22-08.
41
ID., Lettera pastorale, Unione colla Chiesa, Obbedienza ai legittimi Pastori, Piacen-
za 1896, in SARTORI (ed.), Lettere pastorali, 576.
42
ID., Lettera pastorale Unione, azione, preghiera, Piacenza 1890, in SARTORI (ed.), Let-
tere pastorali, 1994, 469.
43
ID.,, Intransigenti e transigenti. Osservazioni di un Vescovo italiano, Zanichelli, Bo-
logna 1885, 17-17 e 22.
44
Ivi.
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Testimone di una Chiesa in uscita: l’opera di Scalabrini per le migrazioni
Oh! Andate, novelli Apostoli di Gesù Cristo […] Vasto senza confine è
il campo dischiuso al vostro zelo. Là templi da innalzare, scuole da
aprire, ospedali da erigere, ospizi da fondare; vi ha il culto del Signore
cui provvedere, vi hanno fanciulli, vedove, orfani, poveri infermi, vec-
chi cadenti e tutte a dir breve le miserie della vita su cui far discende-
re gli influssi benefici della cristiana carità. Come sopperire a tanti e sì
gravi bisogni? […] Andate: ite! La Provvidenza divina che veglia con
tenerezza di madre sulle opere iniziate da lei risolverà essa l’arduo pro-
blema […]46.
45
Ibid., 17, 22 e 34.
46
ID., Omelia ai missionari partenti, Piacenza, 12 luglio 1888.
83
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Dio è Padre che sta ne’ cieli, padre di tutti gli uomini, degli ebrei co-
me dei gentili; che fa risplendere il sole sui buoni ugualmente che sui
malvagi; che manda la pioggia sul campo dei giusti, come su quello
dei peccatori […] E come egli ama noi, così vuole che amiamo i suoi
fratelli, cioè a dire, tutti gli uomini senza distinzione e senza eccezio-
ne di sorta, che li amiamo non a parole, ma fatti […] La Chiesa inse-
gna finalmente che tutti abbiamo origine da un Padre comune; che tut-
ti tendiamo a Dio, fine supremo […] che tutti siamo stati ugualmente
redenti da Gesù Cristo e chiamati alla dignità della figliuolanza divi-
na, per guisa che non solo tra noi, ma con Cristo Signore primogenito
tra molti fratelli siamo congiunti col vincolo di una santa fraternità»47.
«La Chiesa Cattolica è chiamata dal suo apostolato divino e dalla sua
tradizione secolare a dare la sua impronta a questo grande movimento
sociale, che ha per fine la sistemazione economica e la fusione dei po-
poli cristiani […] essa ha una bella e nobile missione da compiere,
provvedendo prima all’incolumità della fede, alla sua propagazione e
alla salvezza delle anime […] smussando gli angoli delle singole na-
zionalità, temperando le lotte di interessi delle diverse patrie, armo-
nizzando, in una parola, le varietà delle origini nella pacificatrice uni-
tà della fede48.
47
ID., Il socialismo e l’azione del clero. Osservazioni, Piacenza 1899, in TOMASI – RO-
SOLI (edd.), Scalabrini e le migrazioni moderne, 169, 175.
48
G.B. SCALABRINI, Lettera e memoriale “pro emigratis catholicis” al Card. Merry del
Val, Piacenza, 5 maggio 1905, AGS / AB 02-02-08 b, 16-17.
84
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Testimone di una Chiesa in uscita: l’opera di Scalabrini per le migrazioni
loro, si va maturando quaggiù un’opera ben più vasta, ben più nobile,
ben più sublime: l’unione in Dio per Gesù Cristo di tutti gli uomini di
buon volere49.
Giovanni Terragni
Archivio Generale Scalabriniano
[email protected]
49
ID., Memoriale “Pro emigratis catholicis” al card. Merry del Val, Piacenza, 4 maggio
1905, AGS / AB 02-02-08 b c.
85
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Giovanni Terragni
ABSTRACT
The pastoral project of Mgr. Scalabrini, Bishop of Piacenza and founder of mis-
sionary works for migrants, combines evangelization and human promotion; it
manifests his vision of an “outgoing Church”, and seeks to bring migrants into
communion with the host society and church.
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FAMIGLIE IMMIGRATE
E SACERDOZIO CATTOLICO
Giovani con background migratorio nei seminari italiani
1
Nel presente contributo il termine “background migratorio” è utilizzato per riferirsi
tanto ai giovani che hanno sperimentato personalmente l’immigrazione in Italia da un Pae-
se estero, da soli o con i propri genitori, quanto ai nati in Italia da genitori di cittadinan-
za straniera: in questo caso la mobilità costituisce più un tratto familiare che non un’espe-
rienza personale, ma nondimeno costituisce un elemento imprescindibile del patrimonio
storico e culturale. Le traduzioni sono degli autori.
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Dai 6.337 seminaristi dell’Italia del 19702 ai 1.804 del 2020, con una per-
dita di circa il 28% soltanto nei dieci anni dal 2009 al 2019. Sono questi
gli estremi quantitativi di una contrazione della vita seminariale e presbi-
terale le cui ragioni sono molteplici e sinergiche. Tra le ipotesi, che la cre-
scita economica influenzi negativamente la religiosità, non soltanto in Ita-
lia3. Come suggerito da alcuni autori, il benessere materiale eserciterebbe
un’attrattiva più immediata – anche in termini di scelte occupazionali – ri-
spetto alla pratica religiosa, soprattutto fra i giovani, più propensi ad affer-
marsi in una carriera apprezzata dal punto di vista socio-economico4. Da
qui, il calo più consistente di vocazioni presbiterali nei Paesi a Pil più ele-
vato. È altresì plausibile che la crisi vocazionale sia da ricondurre, al pari
2
UFFICIO CENTRALE DI STATISTICA DELLA CHIESA, Annuarium statisticum Ecclesiae, Li-
breria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2021.
3
Cf. L. DIOTALLEVI, Il rompicapo della secolarizzazione italiana: caso italiano, teorie
americane e revisione del paradigma della secolarizzazione, Rubettino, Soveria Mannelli,
CZ 2001; J.J. LINDENTHAL, The Delayed Decision to Enter the Ministry: Some Issues and
Prospects, “Review of Religious Research” (1968), 2, 108-114; R. STARK – W. SIMS BAIN-
BRIDGE, The Future of Religion: Secularization, Revival and Cult Formation, University of
California Press, Berkeley, CA 1985.
4
Cf. J.A. GONZALEZ ANAYA, Labor Market Flexibility in Thirteen Latin American Countries
and the United States. Revisiting and Expanding Okun Coefficients, Center for Research on
Economic Development and Policy Reform – Stanford University, Palo Alto, CA 1999.
88
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Famiglie immigrate e sacerdozio cattolico
5
Cf., ad esempio: W. SANDER, Catholicism and the Economics of Fertility, “Population
Studies” 46 (1992), 3, 477-489; J.H. FICHTER, Catholic Parents and the Church Vocation.
A Study of Parental Attitudes in a Catholic Diocese, Center for Applied Research in the
Apostolate (CARA), Washington, DC 1967.
6
UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
ITALIANA, Seminari d’Italia, Mediagraf, Noventa Padovana, PD 2021. La rilevazione stati-
stica ha coinvolto circa il 70% dei seminaristi in Italia.
7
Ibid., 25.
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5,40% Oceania
America
15,40%
38,50% Africa
Asia 19,80%
20,90% Europa
17,60%
19,20% Nord-Est
Centro 54,90%
8
Ibid., 33.
9
Ibid., 31.
90
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Famiglie immigrate e sacerdozio cattolico
250
200
150
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10
UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI, Seminari d’Italia, 50.
91
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11
Ai fini di questo studio, in considerazione dei dati disponibili riferiti al 2020, si so-
no considerati, in due casi, anche due ex seminaristi ordinati presbiteri nel 2021, come
si vedrà più avanti.
12
S.M. ASESE AIHIOKHAI, African Migrant Christians Changing the Landscape of Chris-
tianity in the West: Reading the Signs of the Times, in D.J. DIAS – J.Z. SKIRA – M.S. AT-
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Famiglie immigrate e sacerdozio cattolico
TRIDGE – G. MANNION (eds.), The Church, Migration, and Global (In)Difference. Pathways
for Ecumenical and Interreligious Dialogue, Palgrave Macmillan, Cham 2021, 291.
13
M. KAŁUSKI, Polish Religious Life in Australia, “Studia Polonijne” 12 (1989), 190.
14
S.A. BLEJWAS, Review of DANUTA MOSTWIN, Emigranci Polscy w Usa (Polish Immi-
grants in the Usa), “Journal of American Ethnic History” 14 (1995), 3, 73. In tema di vo-
cazioni presbiterali fra gli immigrati polacchi negli Stati Uniti si veda anche: J. RADZILOW-
SKI, A Social History of Polish-American Catholicism, “U.S. Catholic Historian” 27 (2009),
3, 21-43.
15
Cf. M. KŁAKUS, Udział duszpasterzy z Górnego Śląska w życiu religijnym polskich emi-
grantów we Francji w kresie Międzywojennym, “Śląskie Studia Historyczno-Teologiczne”
(SSHT) 47 (2014), 2, 331-332.
16
F.J.S. WIJSEN, Foreign Priests in the Netherlands: Reversed Mission, Mutual Assistance
and Internal Outsourcing, “Exchange, Journal of Missiological and Ecumenical Re-
93
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search”, 45 (2016), 1, 72. Di vocazioni all’interno della comunità vietnamita negli Stati
Uniti tratta P.C. PHAN, Vietnamese Catholics in the United States: Christian Identity be-
tween the Old and the New, “U.S. Catholic Historian” 18 (2000), 1, 19-35.
17
A. ARTAUD DE LA FERRIÈRE, Décomposition nationale et espoir universel. Le syndica-
lisme et le catholicisme en France face à la figure du migrant, “Tumultes” 50 (2018), 177.
18
E. SALERNO, Catholicism among the Chinese Diaspora in Europe. Ethnographic Re-
flections on Family and Spiritual Traditions (欧洲华侨的天主教团体 家庭和宗教传
统的民族志研究), “Review of Religion and Chinese Society” 8 (2021), 263-286.
94
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Famiglie immigrate e sacerdozio cattolico
4.1 «Ai miei genitori devo il dono della fede». Trasmissione della fede
4.1 e vocazione in famiglia
Per stessa ammissione della maggior parte degli intervistati, il legame con
la religione sviluppato da adolescenti è riconducibile ai modelli sperimen-
tati in famiglia durante l’infanzia. Famiglie i cui confini, in molte storie di
mobilità, si allargano ad includere un vissuto interfamiliare, fatto di rappor-
ti personali, accoglienza reciproca e talvolta anche di fede. Racconta Fran-
cesco21, 23 anni al momento dell’intervista, già ordinato diacono e al quin-
to anno di teologia, nato in provincia di Verona da genitori vietnamiti:
19
In un solo caso, che si esaminerà nel dettaglio in seguito, il percorso migratorio ap-
pare di ritorno, vale a dire con protagonisti di cittadinanza straniera ma di origine italia-
na rientrati in Italia. In tutti gli altri casi si tratta di immigrazione più comunemente inte-
sa, priva di precedenti legami con l’Italia.
20
UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI, Seminari d’Italia, 28.
21
Intervista realizzata il 28 luglio 2021.
95
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«Di quella famiglia [che ha accolto mio padre in giovane età] è poi rima-
sta una signora nubile, per tutti noi come una nonna. Una persona molto si-
gnificativa nella mia vita, venuta a mancare qualche anno fa. […] Ai miei
genitori devo il dono della fede, e anche a mia nonna. Ricordo le preghiere
della sera recitate insieme prima di dormire. Una fede semplice, fatta di mo-
menti feriali. Da mio padre ho ricevuto l’esempio della bontà, una grande
bontà, maturata anche attraverso prove e momenti dolorosi. Da mia mam-
ma l’amore per la famiglia: anche per lei il passaggio dal Vietnam all’Ita-
lia non è stato facile. Un taglio doloroso, nel quale però intravedere un bene
più grande».
Se in alcuni casi la famiglia risulta aperta alla dimensione spirituale, in
altri casi la fede degli intervistati – fino alla possibile consapevolezza vo-
cazionale – matura in contesti familiari meno esplicitamente coinvolti nel-
la pratica religiosa. È quanto sperimentato da Gaetano, 20 anni, al momen-
to dell’intervista al suo primo anno in seminario22:
«I miei genitori sono credenti, anche se non molto praticanti. Anche i miei
nonni. […] Mia madre ci mandava in chiesa, anche se lei non ci veniva. Sul
mio percorso, più dei miei genitori ha influito il mio parroco: mi ha aiutato
a cambiare la mia idea di una religione diciamo “punitiva”, cosa che ha ac-
cresciuto il mio desiderio di frequentare la parrocchia e di approfondire la
fede. Oggi frequento con piacere».
Non di rado le tradizioni familiari, anche in materia di fede, si protrag-
gono per generazioni. Lo spiega Alessandro, 27 anni, ordinato presbitero
nel 2021, al momento dell’intervista diacono e al sesto anno23. Quella del-
la sua famiglia è una storia di partenza e rientro, dalla Sicilia verso gli Sta-
ti Uniti e ritorno, in tre generazioni:
«Delle vacanze in America ricordo la grande devozione di mia nonna: la
messa ogni domenica, l’adorazione eucaristica il mercoledì, tutte le sere il ro-
sario. Ha mantenuto una forte devozione anche dopo il rientro in Italia […].
Da piccolo pregavamo insieme, mi piaceva pregare. Mia nonna ha insegna-
to a mia madre a pregare prima del lavoro, e allo stesso modo faceva prega-
re me prima della scuola».
In alcuni casi la trasmissione della fede da parte dei genitori si combina
ai tratti, anzitutto linguistici, propri del nuovo Paese di residenza. Ricorda
22
Intervista realizzata il 19 luglio 2021.
23
Intervista realizzata il 13 luglio 2021.
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Famiglie immigrate e sacerdozio cattolico
24
Intervista realizzata il 7 luglio 2021.
25
Intervista realizzata il 5 agosto 2021.
26
Intervista realizzata il 14 settembre 2021.
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Aldo Skoda – Simone M. Varisco
Sebbene il contesto familiare appaia per molti versi preminente nella tra-
smissione della fede ai più giovani, non è da sottovalutare l’importanza dei
molti ambienti di socialità e dei momenti comunitari della pratica religio-
sa, anche nel percorso di discernimento e nei termini di una maturazione
vocazionale. Ciò avviene per lo più in contesti di incontro e secondo moda-
lità comunitarie (campi scuola, campi estivi, parrocchia, oratorio, missio-
ni), cui però si affiancano momenti più intimi di riflessione personale. In
questo senso, l’esperienza degli intervistati sembra in linea con quella dei
seminaristi cresciuti in famiglie composte da soli italiani autoctoni. Ricor-
da Francesco:
«Sono diversi i “luoghi” in cui ho percepito la chiamata del Signore. Ad
esempio, fin da bambino mi ha affascinato il sacerdote durante la celebra-
zione. Poi sono cresciuto in parrocchia, per me una seconda casa: il servizio
come chierichetto, i campi scuola, il ruolo di animatore».
Anche momenti fortemente comunitari, come la Giornata mondiale delle
vocazioni o la Giornata mondiale della gioventù, possono rivelarsi luoghi
privilegiati di riflessione e di ascolto, anche del proprio intimo. È quanto
accade a Paolo:
«Ho partecipato ad una veglia di preghiera per la Giornata mondiale del-
le vocazioni. Il messaggio era quello rivolto a Giona: “Alzati e va’”27. Mi ha
toccato. Anche nella recente Giornata mondiale della gioventù si è parlato di
giovani “pantofolai” 28. […] Da allora ho iniziato un discernimento più ap-
profondito».
Durante il quale imparare, però, anche da realtà meno istituzionali:
«Durante il seminario, l’esperienza con una realtà dura come quella di
Scampia29 mi ha fatto riscoprire l’essenzialità».
Il contatto diretto con situazioni fino a quel momento sconosciute è un
elemento ricorrente nel percorso di crescita, di vita e vocazionale. Per
Alessandro l’occasione è un viaggio oltre l’Adriatico:
27
Alzati, va’ e non temere. 54a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, 2017.
28
FRANCESCO, Veglia di preghiera con i giovani, 31a Giornata Mondiale della Gioven-
tù, Cracovia (Polonia), Campus Misericordiae, 30 luglio 2016.
29
Quartiere di Napoli, fra i più popolosi della città, caratterizzato da una forte inciden-
za di degrado, povertà e criminalità.
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Aldo Skoda – Simone M. Varisco
perché gli insegnanti a scuola temevano che potesse creare problemi con l’ap-
prendimento dell’italiano. Ignoravano che i bambini sono ancora più stimo-
lati dalla conoscenza di più lingue».
Anche quello che si potrebbe definire lo “stile religioso”30 – la maniera di
intendere e di vivere la propria appartenenza di fede, il rapporto di questa
con la cultura di origine e con ciò che viene proposto dal contesto di riferi-
mento – appare influenzato più dalla cultura italiana che non dalla cultura
di origine dei genitori. Ciò conferma la relazione imprescindibile tra la fede
professata e la cultura alla quale si sente di appartenere31. Riferisce Pietro:
«Porto in me due culture, anche se non ho piena consapevolezza dell’ini-
zio e della fine di una cultura rispetto all’altra. Mi sento a casa fra gli stra-
nieri, perché anch’io, pur sentendomi anche italiano, mi sento straniero. I
tratti fisici, somatici […] Anche se delle Filippine conosco poco o nulla. Mi
sento “straniero” in senso generale».
Di contro, per come traspare dai racconti degli intervistati, lo stile reli-
gioso dei genitori, se credenti e praticanti, appare più legato – talvolta in
chiave critica – alla cultura di origine. Un modello trasmesso positivamen-
te anche ai propri figli. Prosegue Pietro:
«Ho sempre ammirato il modo di vivere la fede dei filippini: le feste, i can-
ti, la liturgia, il rispetto. Per la messa papà ci faceva indossare l’abito della
festa, non i vestiti ordinari. La domenica è sentita come un giorno importan-
tissimo della settimana. Ricordo che anche quando eravamo bambini papà
si vestiva elegante, si faceva la barba, mamma iniziava a cucinare prima.
Forse in Italia manca questa cultura del “prepararsi”. Mi è rimasto il senso
che la domenica è un giorno importante».
Lo stile religioso si conferma importante nel processo di inclusione nel
Paese di residenza, sebbene in alcuni casi possa aumentare la tentazione di
chiudersi in ambienti culturalmente omogenei oppure acuire la percezione
delle differenze rispetto al modo di vivere la fede da parte degli autoctoni.
Dice ancora Pietro:
«Alcune volte mi sono sentito un pesce fuor d’acqua nelle parrocchie italia-
ne. La forte esperienza che ho fatto nel Collegio filippino32 mi ha confermato
30
Cf. PAOLO VI, Udienza generale, Roma, 21 novembre 1973.
31
«Il Regno, che il Vangelo annunzia, è vissuto da uomini profondamente legati a una
cultura, e la costruzione del Regno non può non avvalersi degli elementi della cultura e
delle culture umane», PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, Roma, 8 dicembre 1975, 20.
32
Il Pontificio Collegio Filippino di Roma.
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33
Movimento nato in opposizione alle riforme ecclesiastiche introdotte dal Patriarcato
russo in epoca illuminista, rispetto al quale giunge infine a posizioni scismatiche. L’emi-
grazione di fedeli che ne segue diffonde il movimento in diversi Paesi, tra i quali Polonia,
Estonia, Austria, Canada, Stati Uniti, Giappone e Australia. Anche in Romania la presen-
za dei Vecchi Credenti (noti localmente come lipoveni) è connessa alle dinamiche di mo-
bilità in diversi distretti e città lungo il confine con Ucraina e Moldavia (Tulcea, Constanța,
Ialomița, Brăila, Odessa).
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Famiglie immigrate e sacerdozio cattolico
tro, senza vivere il seminario come uno studentato, per poi rientrare a casa per
mangiare e dormire. Mamma mi disse: l’importante è che tu sia felice».
Non da ultimo, le reazioni dei genitori rivelano dei legami anche con il
loro modo di vivere la fede. Ricorda Alessandro, tornando sullo stile «mi-
racolistico» della spiritualità, pur profonda, della madre:
«Mia madre è stata quella più scioccata. Forse perché glielo dissi quando
ancora ero insicuro della mia scelta. Non la convinsi, secondo lei non era la
strada giusta per me. Si convinse dopo, quando divenni anch’io più credibi-
le. Da parte di mio padre e dei miei fratelli ho avuto molta libertà. Mia non-
na si mise a piangere [di gioia]».
Alla vocazione presbiterale si accompagna ed intreccia la formazione
della propria identità personale e la differenziazione rispetto al contesto fa-
miliare di provenienza. La scelta di entrare in seminario è sempre percepi-
ta dagli intervistati come una sfida personale. Mediante le proprie esperien-
ze di vita gli intervistati denunciano la distanza che intercorre fra la realtà
e alcuni degli stereotipi più diffusi sull’immigrazione. Spiega Paolo:
«È la forma mentis della prima generazione di immigrati: i figli devono
pensare agli studi, al lavoro, avere amici filippini e sposarsi con una don-
na del proprio stesso Paese. Sono evidenti le differenze con la seconda gene-
razione: fidanzate e amici sono italiani, si fanno altre scelte di vita, anche
lavorative e per il proprio futuro. Siamo abituati a contesti multietnici e
multiculturali, abbiamo progetti accademici, lontani dagli stereotipi – nel
nostro caso, ad esempio, dallo stereotipo dei filippini come domestici. […]
Pensiamo a nuovi spiragli di possibilità, a nuove opportunità. L’approccio
al futuro è diverso. Sentiamo di poter scegliere in quanto persone integrate
nel posto, cresciuti italiani. In seminario ci sono altri seminaristi stranieri.
Mi dico filippino per i tratti somatici, ma linguisticamente e culturalmente
sono italiano».
Anche Francesco si confronta con sé stesso e con la propria storia, per-
sonale e collettiva:
«Una volta mi è stato fatto notare da un educatore [del seminario] che ho
una predisposizione al silenzio, un po’ tipica della spiritualità dell’Oriente
(ride). Ma non so se la cultura vietnamita ha un ruolo in questo o se è solo
il mio carattere».
Anche il percorso di fede e discernimento vocazionale è percepito dalla
maggioranza degli intervistati come personale ed intimo. Così è per Pietro:
«Devo ai miei genitori l’educazione alla fede cristiana, almeno fino al
punto in cui io stesso ho iniziato a fare l’esperienza di Dio, dell’incontro con
105
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Lui: da quel momento in poi non si è trattato più solo di una fede trasmes-
sa, ma di una fede incarnata, che senti e vivi nelle tue viscere, anche quan-
do ti arrabbi o piangi».
Il desiderio di acquisire autonomia e sviluppare la propria identità, pur
nel rispetto di un legame speciale, emerge con particolare forza nel caso di
Pietro e Paolo, fratelli gemelli. Ricorda Paolo:
«All’inizio non volevo entrare [nello stesso] seminario [dove] c’era già sta-
to mio fratello. Vivevo un vero e proprio conflitto d’identità con lui e volevo
distinguermi. Ho pensato di entrare in una famiglia [religiosa], ho fatto il
discernimento, poi grazie ai formatori ho capito che in seminario sarebbe co-
munque stato un percorso tutto mio, personale. Ho iniziato la formazione. Mi
è pesata, all’inizio, l’identificazione con “il fratello di Pietro”. Poi ho supe-
rato la cosa, anche perché ne parlavano bene! (ride)».
Tale è la profondità della riflessione, da condurre Paolo a mettere in dis-
cussione anche il modo di intendere la propria vita:
«Siamo una famiglia molto pratica, molto affine alla figura di Marta34:
approfondire la vocazione mi ha richiesto di passare dal fare all’essere. C’è
un fare che non è solo per “fare bene”, ma per essere perfezionisti, per farsi
apprezzare come persone. Ecco, fin dai primi anni di scuola con mio fratello
ci siamo distinti per il nostro profitto, ma anche per l’atteggiamento. È un
passaggio tosto verso l’essere, e ancora ci sto combattendo».
34
Sorella di Maria di Magdala e di Lazzaro (Lc 10,38-42), Marta è simbolo della vita
attiva, contrapposta e complementare alla vita contemplativa.
106
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Famiglie immigrate e sacerdozio cattolico
35
François-Xavier Nguyễn Văn Thuận (1928-2002), cardinale e arcivescovo cattolico
vietnamita. È venerabile della Chiesa cattolica.
107
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Nel complesso, l’esperienza dei seminaristi, dei diaconi e dei giovani pre-
sbiteri con background migratorio, proprio o familiare, evidenzia quanto la
società – e la Chiesa – siano realtà complesse e in continuo divenire, pla-
smate dal fenomeno della mobilità umana. Dinamica fra globale e locale – o
fra universale e particolare, per dirla con linguaggio ecclesiale – che gene-
ra realtà che già si mostrano, e ancor più si mostreranno nei prossimi anni,
con caratteristiche nuove. La complessità e gli intrecci di storie, sensibilità,
culture, lingue, tradizioni, valori, codici comunicativi diversi e religioni esi-
ge una competenza specifica, un approccio del tutto nuovo ed una continua
attenzione alla persona situata in una determinata cultura e contesto36.
Le persone migranti interpellano la comunità cristiana e la sua dimensio-
ne di cattolicità (universalità), la sua ecclesialità e missionarietà: con que-
sti presupposti, il discorso sulle migrazioni diventa teologico e non solo que-
stione meramente sociale. La presenza della persona migrante – e ancora
più della famiglia migrante – nella società come nella Chiesa, smette di es-
sere un problema da risolvere e diventa una risorsa, anzi, una necessità.
Seppure lo studio dal punto di vista quantitativo non permetta una vera
e propria analisi statistica, ci sembra di individuare nel racconto dei prota-
gonisti alcune direttrici o prospettive che certamente sono e saranno rile-
vanti nella nuova configurazione della comunità cristiana e più in là delle
società nell’era delle migrazioni.
Tra i diversi spunti offerti infatti ci sembra di cogliere alcune tematiche
trasversali. Innanzitutto, sembra importante sottolineare la dimensione
strutturale che hanno assunto le migrazioni e ancor più le trasformazioni or-
mai irreversibili che questi processi migratori attivano nelle comunità ren-
dendole maggiormente permeabili alla multiculturalità. Tali processi hanno
36
Cf. P.A. MELLOR – CHR. SHILLING, Sociology of the Sacred: Religion, Embodiment and
Social Change, Sage, London 2014. H.C.R. VILACA – E. PACE – I. FURSETH – P. PETTERS-
SON (eds.), The Changing Soul of Europe: Religions and Migrations in Northern and
Southern Europe, Ashgate Publishing, Farnham – Burlington, VT 2014.
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37
U. FABIETTI – R. MALIGHETTI – V. MATERA, Dal tribale al globale, Bruno Mondadori,
Milano 2000, 43.
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38
FRANCESCO, Segni di speranza in un deserto di umanità, Il saluto introduttivo del Pon-
tefice alla mostra «Volti al futuro» organizzata dal Centro Astalli, “L’Osservatore Romano”
16 novembre 2021 [https://www.osservatoreromano.va/it/news/2021-11/quo-261/segni-
di-speranza-in-un-deserto-di-umanita.html; https://archive.is/ODIE0].
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Famiglie immigrate e sacerdozio cattolico
ABSTRACT
The presence of citizens of foreign origin in Italy raises social, economic and po-
litical questions. The religious sphere is also challenged by growing pluralism
and in recent years this has prompted a proliferation of research on the links be-
tween religion and human mobility. Studies in this field have mostly focused on
the religious affiliation of immigrant citizens in Italy, on the transmission of faith
within the family and to young people. When attention has focused on the grow-
ing presence in the Catholic Church in Italy of priests, men and women religious
of non-Italian citizenship, the religious condition of the consecrated men and
women examined was already stable when they entered Italy, with the vocation
they had matured in their respective countries of origin. The present study aims
to examine for the first time the presence of young people with a migratory back-
ground, either their own or family, in Italian seminaries. In an attempt to explore
a new field of investigation, it will combine a national and regional perspective,
a reading of statistical data on the presence of young people of foreign origin in
Italian seminaries and interviews with seminarians themselves.
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UUJ
ARTICOLI
Reginald Alva
The Application of the Message of the Parable
of the Good Samaritan in the Contemporary Times
Mario Bracci
Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325) (I)
La struttura simbolica della formula di fede
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Fátima María Naranjo Marrero – Giovanni Patriarca
A PRAISE OF SLOWNESS
LANZA DEL VASTO’S PEDAGOGY OF TIME
A biographical foreword
Lanza del Vasto died on January 5, 1981 in Elche de la Sierra, Spain. The
Spanish newspaper El País traced his life and intellectual parabola, defin-
ing him as the “apostle of no-violence”1. After 40 years his philosophy and
teachings are still positively provocative in promoting a peaceful coexis-
tence in an international context of disquiet, turmoil and uncertainty2.
1
A. MUÑOZ, Murió el filósofo Lanza del Vasto, “apóstol de la no violencia” en Murcia,
“El Pais”, January 7, 1981 [https://elpais.com/diario/1981/01/07/cultura/347670007_
850215.html; https://archive.is/iyXhB].
2
Cf. A. FOUGERE – C.-H. ROCQUET, Lanza del Vasto. Pellegrino della nonviolenza, pa-
triarca, poeta, Paoline, Milano 2006.
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Fátima María Naranjo Marrero – Giovanni Patriarca
Born in Southern Italy in 1901, he spent his youth in Paris with all its in-
tellectual vibrancy. The consequences of the 1917 October Revolution had
transformed the French capital into one of the major centers of the Russian
religious diaspora. In the period among the two World Wars this intercul-
tural hybridization and crosspollination deeply marked European culture3
where the recurring themes of psychological and metaphysical introspec-
tion of Slavic literature, the insurgence of existentialism and phenomenol-
ogy were settled and revisited in an original way4. Not insignificant was the
positive contamination with the contemporary Jewish philosophy, especial-
ly the Eastern European Hasidism.
Furthermore, Lanza del Vasto’s ascetic walking voyage from the Ganges’s
sources to the Holy Land and Mount Athos can be considered as a keystone
in his cultural formation that, in a configuration as a bridge to East, cap-
tures its spiritual essence and all the smallest gradations, re-affirming them
in a modern way5. The earnest desire to discover the unexplored depths of
human nature – and its indissoluble bond with Transcendence6 – was the
primary stimulus to visit distant places that the fame of Mahatma Gandhi
had made intense in meaning7.
Due to this personal pilgrimage Lanza del Vasto – as through a kaleido-
scope – masterfully combines all these different perspectives in a harmon-
ic synthesis8. The significance of Lanza del Vasto’s work dwells on a return
3
See S. KARLINSKY, Freedom from Violence and Lies: Essays on Russian Poetry and Mu-
sic, Academic Studies Press, Boston, MA 2013.
4
See J. DEUTSCH KORNBLATT – R.F. GUSTAFSON (eds.), Russian Religious Thought, Uni-
versity of Wisconsin Press, Madison, WI 1966.
5
See A. DRAGO – P. TRIANNI (ed.), La filosofia di Lanza del Vasto. Un ponte tra Occi-
dente ed Oriente, Circolo Il Grandevetro – Jaka Book, Milano 2009.
6
Transcendence comes from Latin (trans + ascendere = to climb beyond) and it is the
perfect opposite of immanence. It is therefore the condition of being outside or above an-
other reality. For this reason, transcendence belongs above all to the first principle and to
God. In Husserlian phenomenology, transcendence is understood as a condition of objects.
According to this concept, transcendent is an object that transcends our own conscious-
ness. It is something objective rather than only a phenomenon of consciousness.
7
«Libero è colui che fa ciò che vuole e cui piace fare ciò che deve, facendolo per amo-
re piuttosto che per dovere», G.G. LANZA DEL VASTO, Vinôbâ o il nuovo pellegrinaggio, Ja-
ca Book, Milano 1980, 156.
8
«Lanza del Vasto è stato, a quanto noi sappiamo, l’ecumenista religioso più spinto, più
rischioso di questo secolo. Eppure egli è stato, dopo la sua conversione a 24 anni, un cat-
116
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A Praise of Slowness. Lanza del Vasto’s Pedagogy of Time
A meaning of existence
This desire to understand the meaning of existence leads Lanza del Vasto to
the study of philosophy. The in-depth reading of Thomas Aquinas and his
sapiential logic9 contributes to Lanza del Vasto’s intellectual formation and
reopens the doors of an uncertain faith. Through the influence of Romain
Rolland10, his charismatic sensibility accepts the “prophecy of the Other”
and the refusal of violence as a means of resolving disputes:
The same thirst for possessing things and subjugating others has, as a
counterpart, the inability to possess and dominate themselves11.
Do not trust the hurry, escape it, fight it, because it is one of the great
destroyers of inner life. [...] Do not lose our time to hurry. [...] let’s vol-
untarily resist not to be overwhelmed by this common inclination.
Let’s deliberately slow down our gestures and our steps, the expression
of the words and the course of our thoughts. Let’s suspend our acts and
tolico indiscutibile, sincerissimo ed anche obiettivamente verissimo. Questa sua doppia po-
sizione, insieme di identità e di apertura entrambe ad oltranza, è stata perciò tra le più ar-
due quanto a coerenza e possibilità per lui e per gli aderenti all’Arca […]», G. SOMMAVIL-
LA, Il bello e il vero: scandagli tra poesia, filosofia e teologia, Jaka Book, Milano 1996, 86.
19
Cf. C.A. TESTI, La logica di Tommaso d’Aquino. Dimostrazione, induzione e metafisi-
ca, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2019.
10
S. ZWEIG, Romain Rolland: The Man and His Work, Seltzer, New York, NY 1921, 84.
11
G.G. LANZA DEL VASTO, Introduzione alla vita interiore, Jaca Book, Milano 1989, 68
[our translation].
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Fátima María Naranjo Marrero – Giovanni Patriarca
Conversion is to be free and detached from the world and directing in-
telligence, heart, tastes, forces to the Inside13.
Is there any meaning in life? If there is, is that meaning moral in charac-
ter, and is its root in the moral sphere? In what does it consist, and what
12
Ibid., 212 (our translation).
13
Ibid., 41.
14
Cf. G. SALMERI, Lanza del Vasto tra metafisica greca e metafisica cristiana, in DRAGO
– TRIANNI (ed.), La filosofia di Lanza del Vasto. Un ponte tra Occidente ed Oriente, 31-46.
15
Cf. G. PATRIARCA, La riscoperta dell’essenziale. L’ontologia della pace e la metafisica
dell’incontro. Introduzione al pensiero di Lanza del Vasto, “Rassegna di Teologia” 58
(2017), 277-288.
16
Cf. N. VALENTINI, Pavel A. Florenskij: la sapienza dell’amore: teologia della bellezza e
linguaggio della verità, EDB, Bologna 2012.
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A Praise of Slowness. Lanza del Vasto’s Pedagogy of Time
is the true and complete definition of it? These questions cannot be avoid-
ed, and there is not agreement with regard to them in modern conscious-
ness. Some thinkers deny all meaning of life, others maintain that the
meaning of life has nothing to do with morality, and in no way depends
upon our right or good relation to God, men, and the world as whole; the
third admit the importance of the moral norms for life, but give conflict-
ing definitions of them, which stand in need of analysis and criticism17.
After the devastation of the World Wars, Lanza del Vasto analyses the caus-
es and consequences of irrational human behaviours that lead to violence
and destruction of nature. His thoughts can be helpful to understand the
contemporary instability and uncertainties as well as to find appropriate so-
lutions. As human history teaches, ages of instability and fluctuation have
heralded paradigm shifts in economic and geopolitical relations. Moreover,
these shifts are often experienced along with a sense of powerlessness and
decadence by the populace, leading to a sort of societal apathy.
One of the lateral contributions to the uncertainty of an individual’s fate
is the phenomenon of rapidification18 – the sheer speed and frequent inno-
vations of contemporary culture, communication, and production – empha-
sized even more by the digital revolution in a post-truth era19. In such a con-
text, social and technological processes happen so rapidly that an individ-
ual is unable to grasp the influences around himself and is transported, un-
consciously, as if carried away downstream by a river20. There is the im-
17
V.S. SOLOVYOV, The Justification of the Good, transl. N.A. DUDDINGTON, Cosimo Clas-
sics, New York, NY 2010, XV.
18
«The continued acceleration of changes affecting humanity and the planet is coupled
today with a more intensified pace of life and work which might be called “rapidification”.
Although change is part of the working of complex systems, the speed with which human
activity has developed contrasts with the naturally slow pace of biological evolution»,
POPE FRANCIS, Encyclical Letter Laudato Si’, (May 24, 2015), n. 18.
19
Cf. R. KEYES, The Post-Truth Era: Dishonesty and Deception in Contemporary Life,
St. Matin’s Press, New York, NY 2004.
20
Cf. G. PATRIARCA – J.T. THOMAS, A Common Nature and a Sound Encounter. The
Perennial Value of the Dialogical Fundamentals, “Alpha Omega” 19 (2016), 3, 395-414.
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Fátima María Naranjo Marrero – Giovanni Patriarca
This process has ancient origins and its devastating consequences were an-
ticipated more or less precisely by several authors over the past decades. A
few years ago, the French scholar Paul Virilio had an inspired idea, the ad-
vent of dromocracy (based on the Greek word for race)25 that he defined as
the importance of speed in interpersonal relations and political decisions.
This feature is not to be underestimated. We have the impression that all
21
See P. VIRILIO, Vitesse et Politique, Galilée, Paris 1976.
22
Cf. M.A. PETERS, Philosophy and Pandemic in the Postdigital Era: Foucault, Agam-
ben, Žižek, “Postdigital Science and Education” 2(3) (2020), 1-6, (Apr. 2020)
DOI:10.1007/ s42438-020-00117-4.
23
«The large scale, depersonalized, violent industrial technologies all disrupt the di-
versity and richness of nature and culture», A. DRENGSON, The Practice of Technology: Ex-
ploring Technology, Ecophilosophy, and Spiritual Disciplines for Vital Links, SUNY Press,
New York, NY 1995, 159.
24
Cf. R.A NEIMEYER, Narrative Disruptions in the Construction of the Self, in ID. – J.D.
RASKIN (eds.), Constructions of Disorder: Meaning-making Frameworks for Psychotherapy,
American Psychological Association, Washington, DC 2000, 207-242.
25
Cf. E. TRIVINHO, A dromocracia cibercultural. Lógica da vida humana na civilização
mediática avançada, Paulus Editora, S. Paulo 2007.
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processes happen so quickly that they fail to lay any structural foundation
for the future. A perpetual flow of stimuli in a context of technological opu-
lence causes a sense of defeat thereby by affecting the formation of real
ideas and concepts, obscuring the traditional channels of socialization and
radically changing the collective identity.
It seems that the freedom of thinking has been drastically reduced –
through a mechanism as subtle as subliminal – by a pathological massifi-
cation, filling this insurmountable gap with a kind of materialistic narco-
sis26. A permanent indifference destroys the realization of any serious en-
deavor and prefers all kinds of disengaged futile satisfaction nourishing an
epidemic «throw away culture»27. Additionally, contemporary relativism –
«recognizing nothing as definitive»28 – links contradictorily any criterion or
judgement only to an egoistic and utilitarian final choice with a significant
risk of manipulation through external sources29. If everything can be – in
general terms – accepted, the consequence could be a radical moving away
from the natural social norms. This aspect is an essential contributor to the
dismantling of interpersonal relationships and in the obscuration of the ba-
sic rules of coexistence30.
Without ideals and “happily” adrift, humanity lacks the highest stimuli
and inspirations which, despite their fragile condition, are opposed to a
blind pride and, in the long run, to an unsuccessful self-appropriation31
(Selbstaneignung). Such paradox is based on «a purely subjective faith
whose only interest is a certain experience or a set of ideas and bits of infor-
mation which are meant to console and enlighten, but which ultimately keep
one imprisoned in his or her own thoughts and feelings»32.
26
Cf. G. PATRIARCA, Oltre l’apatia. La riscoperta di un’identità culturale, “Angelicum”
90 (2013), 1, 129-164.
27
POPE FRANCIS, Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium (November 24, 2013), n.
53 [https://www.vatican.va/content/francesco/en/apost_exhortations/documents/papa-
francesco_esortazione-ap_20131124_evangelii-gaudium.html; https://archive.is/Gi8I0].
28
BENEDICT XVI, Message for the celebration of the World Day of Peace, 1 January
2012 [https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/en/messages/peace/documents/hf_
ben-xvi_mes_20111208_xlv-world-day-peace.html; https://archive.is/mSZHT].
29
PAUL VI, Encyclical Letter Ecclesiam Suam, (August 6, 1964), nn. 26-27.
30
See P. SEQUERI, Contra los ídolos posmodernos, Herder, Barcelona 2014.
31
Cf. E. BISER, Keine Angst, glaube nur. Das Eugen-Biser-Lesenbuch (Eingeleitet und
herausgegeben von M. ALBUS), Guetersoher Verlagshaus, Guetersloh 2008, 52.
32
POPE FRANCIS, Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, n. 94.
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This criterion deprives and stifles the human experience. In this frame-
work, only the superficial becomes the thesis and the anti-thesis of daily
life and the only response to this appears to be silent immobility in-
dulging in an indifferent laziness and leading to a general «dimension of
rejection»33:
33
«The personal dimension of rejection is inevitably accompanied by a social dimen-
sion, a culture of rejection which severs the deepest and most authentic human bonds,
leading to the breakdown of society and spawning violence and death», POPE FRANCIS, Ad-
dress to the Members of the Diplomatic Corps Accredited to the Holy See, 12 January 2015
[https://www.vatican.va/content/francesco/en/speeches/2015/january/documents/papa-
francesco_20150112_corpo-diplomatico.html; https://archive.is/NTquP].
34
G. GRAPER HERNANDEZ, Gabriel Marcel’s Ethics of Hope: Evil, God and Virtue, Con-
tinuum International, London 2011, 6.
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35
R. GUARDINI, The Essential Guardini. An Anthology, Liturgy Training Publications,
Chicago, IL 1997, 7.
36
ST. JOHN CASSIAN, The Institutes, 10.21, trans. B. RAMSEY, Ancient Christian Writers,
vol. 58, Paulist Press, New York, NY 2000, 231-232.
37
THOMAS AQUINAS, Summa Theologiae, IIa-IIae, 23.8.
38
Cf. R.K. DEYOUNG, Resistance to the Demands of Love: Aquinas on the Vice of Ace-
dia, “Thomist” 68 (2004), 2, 173-204.
39
EAD., The Vice of Sloth: Some Historical Reflections on Laziness, Effort, and Resist-
ance to the Demands of Love, “The Other Journal” n. 10 (Fall 2007)[https://theotherjour-
nal.com/2007/11/the-vice-of-sloth-some-historical-reflections-on-laziness-effort-and-re-
sistance-to-the-demands-of-love/; https://archive.is/eNb7N].
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The cognitive organism is really not satisfied with the mere fact of
knowledge. It needs more than this. We may say the same thing about
the object that is known. Its nature is not complete in the intentional
mode of existence which it shares with the subject of knowledge, but
cries aloud to be absorbed whole and entire and in its proper objective
mode of being. And so there is engendered in the cognitive subject a
desire to possess the object and hold it as it is in itself. The aspiration
thus created, tends to project the soul toward a union which will be re-
al, and not merely intentional. The life of man and beast alike would
end in indigence and fatuity unless it could pour itself out in desire.
Nature, however, has provided against this need, by supplying us with
appetites. Now, the law of appetites is the law of love: and love, in turn,
begets action. In this wise, then, by knowledge, love, and action, the cy-
cle of conscious life is complete, and the powers of man and the animal
are brought to perfect fruition42.
40
See S. FOX, Ontological Uncertainty and Semantic Uncertainty in Global Networks
Organizations, Helsinki School of Economics – Technical Research Center of Finland,
VTT, Helsinki 2008.
41
«The three subsystems of cognitive information processing can be described as fol-
lows. The first subsystem, “perception”, analyses properties of the object being studied.
Cognitive factors in it play a defining role. They are represented by a set of corresponding
characteristics. If it satisfies certain requirements of the first subsystem, the information
is sent to the second subsystem. The second subsystem, “processing”, process informa-
tion about the object being studied. […] The third subsystem, “representation”, converts
the results of information processing into a user-defined form. […] When studying an ar-
bitrary object, the human creates its cognitive information model that should meet the ba-
sic properties within the analysis properties subsystems», V. YAKOVLEVICH TSVETKOV, Cog-
nitive Information Models, “Life Science Journal” 11 (2014), 4, 470.
42
R.E. BRENNAN, Thomistic Psychology. A Philosophical Analysis on the Nature of Man,
The MacMillan Company, New York, NY 1967, 147-148.
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Back to sources
The first necessary step is the acceptance of our nature. This progression is
not only open to higher elaborated mental processes but also understands
that our existence is characterized not only by rights but especially by ob-
ligations and duties in a structurally ethical perspective. This point is a
deadly wound for one’s own self-interest and for the conceited attempt of
self-referentiality, which does not allow to discern with prudence and rec-
ognize the value, dignity, and greatness of the person. But even in that mo-
ment of sightlessness, there is the possibility to retake the lost path be-
cause, as Martin Buber affirms:
Of course, in many cases, a man knows his strongest feeling only in the
shape of a particular passion, of the “evil urge”, which seeks to lead
him astray. Naturally, a man’s most powerful desire, in seeking satisfac-
tion, rushes in the first instance at objects, which lie across his path. It
is necessary, therefore, that the power of even this feeling, of even this
impulse, be diverted from the casual to the essential, and from the rel-
ative to the absolute. Thus a man finds his way43.
43
M. BUBER, The Way of Man: According to the Teaching of Hasidism, Routledge, New
York, NY 2002, 11.
44
Cf. R. HASSAN, Uncontained: Digital Disconnection and the Experience of Time, Grat-
tan Street Press, Melbourne 2019.
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relation between time and existence, however, there is the first step towards
a wiser knowledge of oneself. In this passage, we recognize our humanity
and its indissoluble interdependence in a process of constant change:
45
POPE FRANCIS, Encyclical Letter Laudato Si’, (May 24, 2015), n. 18.
46
Cf. F. BOOTH, The Distraction Trap. How to Focus in a Digital World, Pearson, Har-
low, UK 2013.
47
POPE FRANCIS, Message for the XLVIII World Communications Day, January 24, 2014
[https://www.vatican.va/content/francesco/en/messages/communications/documents/papa-
francesco_20140124_messaggio-comunicazioni-sociali.html; https://archive.is/0bAqe].
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In this vortex of anxiety, Lanza del Vasto’s teaching can trace a new path.
Through his particularly human and spiritual experience, he calls for a re-
turn to an intimate and introspective reflection, expressed in poetic language
and lyrical tones:
The distracted man searches for his whole life not to reflect, not to turn
his attention to himself. But it happens that, at a certain point, he stum-
bles on the thing that obliges him to the reflection. And every effort he
makes to avoid this moment, every man, at one turn, will meet himself!
And that’s exactly what he does not want to meet, he does not want to
know, he does not want to hear about it. Stay closed with herself, nose
to nose, for long hours, especially at night, is a kind of disaster for the
man who has been distracted all day49.
It is evident that the rediscovery of the Desert Fathers50 and their essen-
tial approach to existence51 structure and shape the Lanza del Vasto’s Welt-
48
G. RAVASI, Elogio della Lentezza, “Avvenire”, 15 May 2004 [https://www.avvenire.it/
rubriche/pagine/elogio-della-lentezza; https://archive.is/T8lVq; our translation].
49
LANZA DEL VASTO, Introduzione alla vita interiore, 64 [our translation].
50
Cf. W. HARMLESS, Desert Christians: An Introduction to the Literature of Early Monas-
ticism, Oxford University Press, Oxford 2004.
51
See D.R. KELLER, Oasis of Wisdom: The Worlds of the Desert Fathers and Mothers,
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Like in music, you must achieve in the breathing the precision, the ex-
act measure, the sharpness, the intensity, the delicacy of the touch. Fi-
nally, you can make sense of your breath, like the musician at his song54.
The symbiotic activation of the mind and body together in this mystical
form of prayer, in fact, corresponds to the emptying of all that is considered
superfluous or supra-structural in a temporal process of continuous renew-
al55. Understanding your emptiness is first and foremost the sharing of pain
and suffering. This is the common denominator of humanity and leads to a
call to serve56.
Such a sympatheia (συμπάθεια-simpathy) is the ontological foundation of
a silent approach to the Other in the mutual belonging to human nature.
Otherness is not a distance, but a motive for a common engagement. A
shared proposal within a humanity torn by the voluntary condemnation to
an inner blindness that covers the beauty with ash and sneaks with jealousy
and misunderstanding. Even evil and pain become an instrument of a re-
generation that goes beyond any closure:
Liturgical Press, Collegeville, Minnesota, MN 2005 and K. WARE, The Inner Kingdom, St
Vladimir’s Seminary Press, Crestwood, New York, NY 2000.
52
See O. ZIJLSTRA (ed.), Letting Go: Rethinking Kenosis, Peter Lang, Frankfurt 2002.
53
Cf. L. ROSSI, I filosofi greci padri dell’esicasmo: la sintesi di Nikodemo Aghiorita, Il
Leone Verde, Torino 2000.
54
LANZA DEL VASTO, Introduzione alla vita interiore, 121.
55
Cf. A. BONGIOVANNI – P. TRIANNI (ed.), Lanza del Vasto. Filosofo, teologo e nonviolen-
to cristiano. Uno sguardo critico sull’opera omnia, Aracne, Ariccia, Roma 2015.
56
Cf. F. ROGNON (ed.), Lanza del Vasto. La sperimentazione comunitaria, Jaka Book, Mi-
lano 2016.
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rent that drags toward death. Going against time means to bring back
the desires, the abandonment, the collective lice. Nothing is more ap-
propriate than going against “the times that run” to fill gaps, warn souls
in danger of being submerged while they are sleeping or having fun57.
This renewed attention to the signs of time and its manifestations through
human experience is a service offered to reason which becomes formative,
opening itself to the outside and realizing the person in a “revelatory”
process. The reason, however, needs dialogue that develops in a daily per-
sonal encounter because «living with the other as a form of knowing is jus-
tice. Living with the other as form of being is love»58. In this way, they form
a deep relationship and a purposeful perception without the risk of getting
lost among the world’s appearances.
It is enlightening to understand that such a vision is the basis not of a
personal but also political and social renewal. Inspired by Nicholas of
Cusa59, Lanza del Vasto makes a remarkable attempt at reconciliation of op-
posites and reveals where that point of contact between the human and the
divine – the “unity of the contraries” – becomes the pedagogical architrave
in the perennial search for a constructive synthesis60. Such a search for uni-
ty is generated – as claimed by Simone Weil61 – by a leading “soul trans-
57
LANZA DEL VASTO, L’arca aveva una vigna per vela, Jaca Book, Milano 1979, 79 [our
translation].
58
M. BUBER, The Martin Buber Reader: Essential Writings, (edited by A. BIEMANN), Pal-
grave McMillan, New York, NY 2016, 83.
59
See I. BOCKEN (ed.), Conflict and Reconciliation: Perspectives on Nicholas of Cusa,
Brill, Leiden 2004 and C.M. BELLITTO – T.M. IZBICKI – G. CHRISTIANSON (eds.), Introduc-
ing Nicholas of Cusa: A Guide to a Renaissance Man, Paulist, New York, NY 2004.
60
Cf. W. BEIERWALTES, Identität und Differenz: Zum Prinzip cusanischen Denkens,
Rheinisch-Westfälische Akademie der Wissenschaften, Westdeutscher, Opladen 1977.
61
«Mi stanno dinanzi due vite poetiche, in quanto creative nella libertà di adesione al-
la propria incarnazione, quindi all’obbedienza alla propria vocazione, anche se questa ha
comandato cose impossibili. Questo, in una fedeltà alimentata da una volontà consapevo-
le, malgrado tutti gli impedimenti della loro condizione umana. Trasformando, nella luce
della “aspirazione al bene” (inglobante bellezza, verità, giustizia e ogni specie di virtù)
“la pesanteur” dell’apparenza fisica e psichica, attingendo la vera forza, che è energia di
“coraggio interiore”, all’unione con “l’altra realtà” (Simone Weil), dove avviene la Ricon-
ciliazione ispiratrice (Lanza del Vasto). È “il terzo ordine”, quello dell’abbandono della
volontà propria, ciò che riteniamo più prezioso, e che in effetti ci aiuta per una parte del
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formation”62. This is not a retreat from the world but a purification or, as we
would say with a language understandable to the contemporary audience, a
decontamination of the being from unnecessary and dangerous toxins63:
A Pedagogy of time
This journey back to the “original questions” – that are strictly correlated
with the “last things” – is a “pilgrimage to the sources” in a process in which
we are also able to partially annihilate ourselves to be daily reborn through
compassion and mercy. It deals with an “infinite relationship” between the I
and the Being, which – while distinct – complement each other65.
In this framework, a metaphysical union bonds individuals in a transcen-
dent perspective and makes them partakers of a common destiny. This in-
terdependence is based on a responsible sharing, temperance and sobri-
ety66. The beauty of simplicity is renewed in the encounter with those we
daily meet with their personal experience and with which we share our time
cammino; si tratta dell’ordine della Religione, il cui atto fondamentale è il Sacrificio (Lan-
za)», G. FIORI, Lanza del Vasto e Simone Weil. Prime note sulla sintonia fra i due pensatori,
“Prospettiva Persona” 86 (Dicembre 2013), 13, 30.
62
Read S. WEIL, Waiting for God, Harpers and Row, New York, NY 1951.
63
L. ADLER, L’indomabile. Simone Weil, Jaka Book, Milano 2009, 80.
64
S. WEIL, The Notebooks of Simone Weil, Routledge, New York, NY 2014, 501.
65
Cf. D. VIGNE, La relation infinie: la philosophie de Lanza del Vasto, Vol. I-II, Cerf, Pa-
ris 2008.
66
P. FABIANO – G. PATRIARCA, Una filosofia per la pace. Lanza del Vasto e l’elogio della
sobrietà, “Lessico di Etica Pubblica” 2 (2017), 91-100.
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They will never know what beauty is, those who seek it with ease and
take it for a pleasure more. But this hunger, this thirst, this extreme
abandonment, this burning vigil at the feet of the naked night, make it
shine in the blood most present to me of myself, it [is] “the truth of the
forms”, “the splendor of the true”68.
Every now and then the Vain is frightened of his inconsistency and, tak-
en up by dizziness, says “All is useless. God is not there.” Every now
and then the Dark is irritated, goes to shake the Vain, blushes with
madness or crime, or at least, nightmare and bad thoughts69.
67
«Quando avremo scoperto il nostro torto, invece di fare come il nostro nemico, inve-
ce di dissimularlo, di rinchiuderci nelle nostre giustificazioni e di confermarlo nelle sue,
confesseremo il nostro torto e offriremo riparazione con semplicità disarmante, al fine di
rompere il cerchio, al fine di costringere il nemico a far ritorno su se stesso», LANZA DEL
VASTO, Che cos’è la non violenza, Jaca Book, Milano 1990, 33 [our translation].
68
ID., Pellegrinaggio alle sorgenti, Jaka Book, Milano 1978, 216 [our translation].
69
ID., Introduzione alla vita interiore, 64 [our translation].
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hence, it is only through contraction of the light of the Infinite that man
can apprehend something of God70.
The son does all this to forget his father, and to escape from him, and
that’s why he sticks with agony to the outer objects and all the distrac-
tions, and clings to his alike futile and fluctuating like him. But his busi-
ness, the unremitting necessities of his work, the multiple duties are the
strongest bastion he can build between him and himself, protection and
support against the truth. The Father is doing everything he can to attract
the attention of the distracted person. It stirs it up, prevents it, makes it
stagger. Traps of temptation very often are not the bad intentions of in-
ner life, the effort of the powers of the soul [...]. Conversion begins when
the man is disconnected from things and people to turn to their own
shadow side and substance, towards their own soul to bring the light of
intelligence, the power of attention, the heat of life and love72.
70
I. KOREN, The Mystery of the Earth: Mysticism and Hasidism in the Thought of Mar-
tin Buber, Brill, Leiden 2010, 282.
71
LANZA DEL VASTO, Introduzione alla vita interiore [our translation], 44.
72
Ibid., 64-65 [our translation].
73
G. PATRIARCA, El diálogo: un Puente entre culturas, “Educatio Catholica” 6 (2020),
4, 237-249.
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74
Cf. E.M. YOUNG – G. PATRIARCA – D.M. VALENTINI, The Cost of Indifference. Gener-
al Apathy and Economic Paralyis?, “Journal of Catholic Social Thought”, 17 (2020), 2,
179-191.
75
See G. ONORATI – F. BEDNARZ (eds.), Building Intercultural Competences. A Handbook
for Professional in Education, Social Work and Healthcare, Acco, Leuven 2010 and M. CO-
LOMBO, Chi ha paura dell’intercultura? Come dialogare in Europa, in “Cortile dei Gentili”
[www.cortiledeigentili.com/chi-ha-paura-dellintercultura; https://archive.is/t3s6e].
76
«Intellectually, human beings tend to search for The One Thing. The One Thing is
that unifying insight, fundamental reality, or singular intuition that organizes the ten thou-
sand things into a comprehensible unit. It renders simplicity of sprawling multiplicity. It
also flattens and blinds», J.P. SYDNOR, Book Review Body Parts: A Theological Anthropol-
ogy, by Michelle Voss Roberts, “Interreligious Studies and Intercultural Theology”, 4
(2020), 1, 124.
77
R. PANIKKAR, Kierkegaard e Sankara. La fede e l’etica nel cristianesimo e nell’indui-
smo, a cura di M. CARRARA PAVAN, Jaka Book, Milano 2017.
78
See G.L. HEATH – S.M. STUDEBAKER (eds.), The Globalization of Christianity: Impli-
cations for Christian Ministry and Theology, McMaster Theological Studies, Pickwick,
Eugene, OR 2014 and J. RIEGER, Globalizzazione e teologia, Queriniana, Brescia 2015.
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Conclusions
In our historical and tragic contingency, the philosophy of Lanza del Vasto
is still valid for a sound dialogue among cultures and religions. In search of
common good, we are called to create the required conditions to cultivate a
culture of encounter82:
Through the living and hard experiences of the road, through the en-
counters and the school of ascetics, wise men, and religious, the pilgrim
knows the stages and the trials of every path to the truth (and as Gand-
hi says, “Truth is God”)83.
79
Pope Francis, Address to the meeting on the theme “Theology after Veritatis gaudium
in the context of the Mediterranean”, promoted by the Pontifical Theological Facultry of
Southern Italy, San Luigi Section, of Naples (Italy), 21 June 2019.
80
L. OSE, Intercultural Dialogue and Its Pedagogical Potential, “Proceedings of the
Latvian Christian Academy” 4 (2016), Latvian Christian Academy, Ju-rmala, 305.
81
M. ABU NIMER – R.K. SMITH, Interreligious and Intercultural Education for Dialogue,
Peace and Social Cohesion, “International Review of Education” 62 (2016), 393-405.
82
Cf. A. DRAGO (ed.), Il Pensiero di Lanza del Vasto. Una risposta al XX secolo, Il Poz-
zo di Giacobbe, Trapani 2010.
83
F. LOMBARDI, Lanza del Vasto, Pellegrinaggio alle sorgenti, “Civiltà Cattolica”, n.
3103-3108 (1979), 92.
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84
«Some have even spoken of an egolatry, a worship of the self, on whose altar every-
thing is sacrificed, even the most cherished human affections. This approach is far from
harmless, for it induces people to gaze constantly in the mirror, to the point of being un-
able to turn their eyes away from themselves and towards others and the larger world. The
spread of this approach has extremely grave effects on every affection and relationship in
life», POPE FRANCIS, Address to the Participants to the General Assembly of the Pontifical
Academy for Life, 5 October 2017 [https://www.vatican.va/content/francesco/en/speeches/
2017/october/documents/papa-francesco_20171005_assemblea-pav.html; https://archive.is/
kUH79].
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Fátima María Naranjo Marrero – Giovanni Patriarca
ABSTRACT
A PRAISE OF SLOWNESS
LANZA DEL VASTO’S PEDAGOGY OF TIME
This article aims to introduce the thought of Lanza del Vasto as an antidote to
the “triumph of speed” of the contemporary era. The dromocracy, in fact, is one
of its characterizing features with a series of contradictions that distract the indi-
vidual from any path of personal introspection and transcendence. This distrac-
tion is not only the cause of an obfuscation of reason but also of a radical cul-
ture of indifference. In this way, we approach the pedagogy of the time that Lan-
za del Vasto, through his formation rich in sapiential, musical and philosophical
references, repeatedly illustrates in his works. His thinking, based on the “meta-
physics of encounter”, is still extremely topical today in a historical contingency
of restlessness and uncertainty, where there is an urgent need to reconsider the
value of time as well as the importance of dialogue and witness.
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1. Introduction – 2. Analysis of the Parable of the Good Samaritan in Fratelli Tutti; 2.1 In-
difference; 2.2 Unbelieving Believers; 2.3 Double-standard Believers; 2.4 Injured Man
Feels Neglected; 2.5 Don’t Expect Super-Government; 2.6 Nishkamakarma (Selfless Ac-
tion); 2.7 Overcome Prejudices & See the Other as One’s Own Flesh – 3. Relevance of the
Parable of the Good Samaritan Amidst the Pandemic COVID-19; 3.1 Material help; 3.2
Psychological Support; 3.3 Spiritual Accompaniment – 4. Conclusion
1. Introduction
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Pope Francis in his encyclical Fratelli Tutti analyzes the parable of the Good
Samaritan from both spiritual and social perspective. He amalgamates both
the spiritual and social dimensions involved in this episode. He noted, «Je-
sus trusts in the best of the human spirit; with this parable, he encourages
us to persevere in love, to restore dignity to the suffering and to build a so-
ciety worthy of the name»1. Following are the key takeaways of Pope Fran-
cis’ analysis of the parable of the Good Samaritan.
2.1 Indifference
Pope Francis noted two people, a priest and a Levite passed by the wound-
ed man. However, they choose to keep a safe distance from the wounded
man for reasons they alone knew. Probably, they did not want to get in-
volved with this wounded man as it could result in loss of their time, en-
ergy and probably money. The priest and the Levite were too busy with
their own affairs. They had no time to “waste” for an injured man. On the
other hand, the Samaritan «was able to interrupt his journey, change his
plans, and unexpectedly come to the aid of an injured person who needed
his help»2.
Pope Francis noted the apathy of this class of people as follows: «This is
how some justify their indifference: the poor, whose pleas for help might
touch their hearts, simply do not exist. The poor are beyond the scope of
their interest»3. They are indifferent and hard-hearted. Their preoccupa-
tions are of greater value than the life of a person. They behave as if the
weak and the vulnerable people do not exist. They are too preoccupied with
their self-interests and their conscience is utterly singed that they can jus-
tify their uncharitable actions without any hesitation4.
1
FRANCIS, Encyclical Fratelli Tutti (FT) no. 71. [https://www.vatican.va/content/
francesco/en/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-
tutti.html; https://archive.is/YhAUn].
2
FT no. 101.
3
FT no. 73.
4
UNITED NATIONS DEPARTMENT OF ECONOMIC & SOCIAL AFFAIRS, The International Fo-
rum for Social Development: Social Justice in an Open World the Role of the United Na-
tions, United Nations Publications, New York, NY 2006, 80-83.
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The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan
Both the priest and the Levite were religious Jews. They probably had a
good knowledge of the Jewish scriptures, which requires the Jews to take
care of a wounded animal. «You shall not see your neighbor’s donkey or ox
fallen on the road and ignore it; you shall help to lift it up» (Dt 22:4). If God
has concern for a wounded animal, then how much more for a wounded per-
son. Would God ever condone their actions of neglecting to help a wounded
man? Pope Francis noted these two men were unbelieving believers. In oth-
er words, religion was merely a tool for them to get profits and social status.
They claimed to be believers, however their actions showed they did not be-
lieve in the God, who cares for the weakest and the lowest. Pope Francis
lamented such religiosity even among contemporary believers. He noted,
It shows that belief in God and the worship of God are not enough to en-
sure that we are actually living in a way pleasing to God. A believer may
be untrue to everything that his faith demands of him, and yet think he
is close to God and better than others. The guarantee of an authentic
openness to God, on the other hand, is a way of practising the faith that
helps open our hearts to our brothers and sisters […] Paradoxically,
those who claim to be unbelievers can sometimes put God’s will into
practice better than believers5.
The priest and the Levite are prototypes of all sinister believers who use
religion as a commodity for selfish gains. However, at heart they do not care
for religion or the good values, which it teaches6. In the contemporary
world, most of the people claim to be believers. However, not all people put
into action, the teachings of love and self-service, which most of the reli-
gions teach.
The priest and the Levite indirectly sided with the thieves by ignoring the
wounded man and walking on the other side of the road. Pope Francis noted,
5
FT no. 74.
6
Cf. J.W. SCHULZ, Hypocrisy as a Challenge to Christian Belief, “Religious Studies” 54
(2018), 2, 247-264.
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Robbers usually find secret allies in those who pass by and look the
other way. There is a certain interplay between those who manipulate
and cheat society, and those who, while claiming to be detached and
impartial critics, live off that system and its benefits7.
Both the priest and the Levite not only ignored the wounded man but
also failed to report the robbery to the concerned authorities. By doing so,
in fact they promoted robbery. They failed to appeal to the concerned au-
thorities to make the road-way safe by keeping silent about the crime.
Pope Francis noted in the contemporary world, one can find such double-
standard people who do not feel ashamed to thrive on unjust religious, so-
cial, economic and political structures. They are not concerned about jus-
tice or equity in the society. Their only concern is their self-interest. How-
ever, their silence breeds more corruption and crime in the society, which
would ultimately affect them sooner or later. It is probably at that time
they would find themselves caught in the webs, which they weaved them-
selves8.
7
FT no. 75.
8
Cf. D.O. MOBERG, Holy Masquerade: Hypocrisy in Religion, “Review of Religious Re-
search” 29 (1987), 1, 3-24.
9
Cf. THE INTERNATIONAL BANK FOR RECONSTRUCTION & DEVELOPMENT / WORLD BANK,
World Development Report 2000/2001: Attacking Poverty, Oxford University Press, New
York, NY 2001, 99-115.
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The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan
There are times when we feel like him, badly hurt and left on side of
the road. We can also feel helpless because our institutions are neglect-
ed and lack resources, or simply serve the interests of a few, without
and within. Indeed, globalized society often has an elegant way of shift-
ing its gaze. Under the guise of being politically correct or ideological-
ly fashionable, we look at those who suffer without touching them10.
The parable of the Good Samaritan depicts the spread of crime and deprav-
ity in Israel in those times. Probably, the authorities could not manage to
make the cities, towns and villages safe for all. In the contemporary times
too, there are many places around the world, which have a very high crime
rate. The law-enforcing authorities have failed to control the crime rate be-
cause of their inability and lack of will to reduce the crimes. Even though
the law-enforcing authorities and the governmental administration have a
prominent role in curbing violent crimes in the society, it would be naive to
expect that these authorities are solely responsible for controlling the crime
and improving the situation11. Authorities have their limitations because of
insufficient budget or lack of well-trained law-enforcing personnel. Pope
Francis noted,
We should not expect everything from those who govern us, for that
would be childish. We have the space we need for co-responsibility in
creating and putting into place new processes and changes. Let us take
an active part in renewing and supporting our troubled societies12.
10
FT no. 76.
11
Cf. UNITED NATIONS OFFICE ON DRUGS & CRIME, Handbook of the Crime Prevention
Guidelines: Making them Work, United Nations Publications, Wien 2010, 103-111.
12
FT no. 77.
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We can start from below and, case by case, act at the most concrete and
local levels, and then expand to the farthest reaches of our countries
and our world, with the same care and concern that the Samaritan
showed for each of the wounded man’s injuries […] Yet let us not do
this alone, as individuals. The Samaritan discovered an innkeeper who
would care for the man; we too are called to unite as a family that is
stronger than the sum of small individual members15.
13
Ivi.
14
FT no. 165.
15
FT no. 78.
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The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan
2.7 Overcome Prejudices & See the Other as One’s Own Flesh
The priest and the Levite in the parable of the Good Samaritan were Jews
and compatriots of the wounded man. However, they had their own preju-
dices and inhibitions, which prevented them from helping the wounded
man. They failed in their responsibility to proactively involve themselves
with the wounded man. Pope Francis noted, «He [Jesus] challenges us to
put aside all differences and, in the face of suffering, to draw near to others
with no questions asked. I should no longer say that I have neighbors to
help, but that I must myself be a neighbor to others»18. On the other hand,
the Samaritan acted very differently. He did not allow the feelings of ani-
mosity between the Jews and Samaritans to stop him from helping the
wounded man. He could overcome those cultural barriers and prejudices
because he did not bother to see the nationality of the wounded person. The
16
FT no. 79.
17
Cf. K.M. BROWN – R. HOYE – M. NICHOLSON, Self-Esteem, Self-Efficacy & Social Con-
nectedness as Mediators of the Relationships between Volunteering & Well-Being, “Journal
of Social Service Research” 38 (2012), 4, 468-483.
18
FT no. 82.
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Samaritan only saw a wounded man, who was left on the street all alone to
suffer and die. Pope Francis noted, «So, this encounter of mercy between a
Samaritan and a Jew is highly provocative; it leaves no room for ideological
manipulation and challenges us to expand our frontiers. It gives a universal
dimension to our call to love, one that transcends all prejudices, all histor-
ical and cultural barriers, all petty interests»19.
In the contemporary world, which boasts of tremendous advancements in
science and technology is still plagued by issues of discrimination because
of caste, creed, religion, race, culture, language and social status20. Pope
Francis noted it is a shame that the contemporary world with all its achieve-
ments cannot get rid of discrimination and ghettos. He notes,
What would be the reaction to that same story nowadays, in a world that
constantly witnesses the emergence and growth of social groups cling-
ing to an identity that separates them from others? How would it affect
those who organize themselves in a way that prevents any foreign pres-
ence that might threaten their identity and their closed and self-refer-
ential structures? There, even the possibility of acting as a neighbor is
excluded; one is a neighbor only to those who serve their purpose. The
word neighbor loses all meaning; there can only be associates, partners
in the pursuit of particular interests21.
It is a shame that there are some people, who claim to be Christians yet
justify their evil deeds of hypocrisy and discrimination. They look-down on
people who may belong to other faiths, culture or race. They wrongly as-
sume that their race and color of skin makes them superior to others. It is
a shame that the heads of some Christian institutions, which preach that
all humans have equal dignity, discriminate on basis of color of skin, race
and culture. Pope Francis noted about them as follows, «Still, there are
those who appear to feel encouraged or at least permitted by their faith to
support varieties of narrow and violent nationalism, xenophobia and con-
tempt, and even the mistreatment of those who are different»22. To have
19
FT no. 83.
20
Cf. D. BHUGRA, Social Discrimination & Social Justice, “International Review of Psy-
chiatry” 28 (2016), 4, 336-341.
21
FT no. 102.
22
FT no. 86.
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The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan
genuine faith implies that one need to respect others and uphold their
rights and dignity23.
Pope Francis noted, «Saint Paul urges us to rejoice with those who re-
joice, weep with those who weep (Rom 12:15). When our hearts do this,
they can identify with others without worrying about where they were born
or come from. In the process, we come to experience others as our own
flesh»24. When we see recognize the other person, as my own flesh then we
would probably never allow the weak and the needy to be left alone. We
would reach out to them with the love of Christ. All human beings are vul-
nerable and therefore in need of help from one another. There are no super-
humans who can manage to live an isolated life without the affection and
help of others25.
Pope Francis raised several pertinent issues in his analysis of the parable
of the Good Samaritan, which could be applied amidst the pandemic
COVID-19. In the following section, I will refer to his analysis of the para-
ble and propose ways to apply it during and after the pandemic COVID-19.
Authorities across the globe demanded people to maintain physical dis-
tance to stop the spread of the COVID-19. In some countries, physical dis-
tance is referred as social distance. Even though the meaning of both these
terms is same, the term social distance could also convey a different mes-
sage. In places, where there is social inequity because of difference of class
or caste, social distance could imply to keep distance (socially isolate) from
individuals belonging to other class or caste. Thus, it would be safe to use
the term physical distance in the pandemic times to ask people to maintain
physical distance to stop the spread of the infection.
In the parable of the Good Samaritan, the priest and the Levite kept a
safe distance from the wounded man. They too were Jews like the wounded
23
FT no. 85.
24
FT no. 84.
25
Cf. A.R. CHAPMAN – B. CARBONETTI, Human Rights Protection for Vulnerable & Dis-
advantaged Groups: The Contributions of the UN Committee on Economic, Social & Cul-
tural Rights, “Human Rights Quarterly” 33 (2011), 3, 682-732.
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man; however, they did not help him. They passed by him and left him
alone to die. On the other hand, a Samaritan chose to help the wounded
man. He was aware of the animosity between the Jews and the Samaritans;
however, class or caste differences were immaterial for him.
In contemporary times there is a lot of polarization because of divisive
politics. There is a growing animosity among people because of differences
of class, creed, race, caste, religion and nationality. Moreover, the pandem-
ic COVID-19 has pushed millions of people to utter poverty26. This has
widened the gap between the haves and the have-nots. The Samaritan
shared his resources to help the wounded man. He did not hesitate to spend
his time, energy and money for saving a person’s life. What would be our
response in a similar situation in the contemporary world? We can learn
from the Samaritan to get rid of our fears of losing time, energy and money
by helping the needy. If the Samaritan had abdicated his responsibility to
treat the wounded man, then the wounded man would have probably died.
The Samaritan did not wash his hands-off by assuming that someone else
would come forward to help the wounded man. He was convinced that it is
his responsibility at that time to go forward and help the wounded man. We
too, need to think like him. We cannot shift our responsibility on others to
help the needy.
Authorities imposed strict restrictions on human movement to prevent the
spread the infection of COVID-19. The worst affected groups because of
these restrictions were migrant workers, both domestic and international
and the workers of the unorganized sectors27. The sudden imposition of
lockdowns and restrictions left the poor and unskilled migrant workers with-
out jobs or any means of survival. They suffered the most because of the lack
of access to clean drinking water, food, personal hygiene and appropriate
medical services. The richer nations offered cash benefits to all their citi-
26
Cf. C. LAKNER, et al., Updated Estimates of the Impact of COVID-19 on Global Pover-
ty: Looking Back at 2020 & the Outlook for 2021, January 11, 2021, “World Bank Blog”
[https://blogs.worldbank.org/opendata/updated-estimates-impact-covid-19-global-pover-
ty-looking-back-2020-and-outlook-2021#:~:text=As%20reported%20above%
2C%20the%20pandemic,between%20143%20and%20163%20million;
https://archive.is/CQFoH].
27
OECD (2020), “What Is the Impact of the COVID-19 Pandemic on Immigrants &
Their Children?”, https://read.oecd-ilibrary.org/view/?ref=137_137245-8saheqv0k3&ti-
tle=What-is-the-impact-of-the-COVID-19-pandemic-on-immigrants-and-their-chil-
dren%3F (accessed 10 October 2022).
146
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The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan
zens to help them overcome the difficulties because of the various restric-
tions. However, the developing nations could not afford to pay all their citi-
zens. In addition, even if some developing nations gave cash-benefits or
food to the poor, all those benefits did not reach them because of red-tape
and bureaucratic mismanagement. Thus, this brought immense hardships
and sufferings, especially in the lives of the migrant workers and the poor.
Migrant workers or the poor have the same dignity as any other human.
No one has the right to discriminate them because of their weak social sta-
tus or poverty. In the Old Testament there are references, which exhort the
Israelites to treat right the migrants and the poor because the Israelites had
the experience of being migrants in Egypt. «You shall also love the stranger,
for you were strangers in the land of Egypt» (Dt 10:19). Jesus taught that
serving the weak and the needy is equal to serving God (see Mt 25:35).
Pope Francis noted Christians need to put into practice the tenets of their
faith. In pandemic times, millions of migrants are stranded without any job
security or means of livelihood. Christians, especially in privileged posi-
tions in government or private establishments need to take the lead to help
these migrants in the best possible way. Pope Francis noted:
[I]n some host countries […] Migrants are not seen as entitled like oth-
ers to participate in the life of society, and it is forgotten that they pos-
sess the same intrinsic dignity as any person […] No one will ever
openly deny that they are human beings, yet in practice, by our deci-
sions and the way we treat them, we can show that we consider them
less worthy, less important, less human. For Christians, this way of
thinking and acting is unacceptable, since it sets certain political pref-
erences above deep convictions of our faith: the inalienable dignity of
each human person regardless of origin, race or religion, and the
supreme law of fraternal love28.
28
FT no. 39.
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each of these needs and promptly helped the wounded man. In the follow-
ing sections, I will examine the three dimensions, namely material help,
psychological support and spiritual accompaniment, which are needed to
help the victims of the pandemic.
Material help is immediately needed in the form of cash, food, portable wa-
ter, personal hygiene kits, medicines, ventilators and vaccines to prevent
the spread of the infection COVID-1929. Millions of people in developing
nations need these materials and thus, the developed nations like the
Samaritan could respond to their immediate needs by dispatching the relief
materials. In addition, the leaders of the developed nations need to devise
means to help the developing nations to rebuild their shattered economies.
They could provide them financial aid, waive off their debts and invest in
building infrastructure to generate employment. They could also offer them
technological support to manufacture medicines and vaccines locally to
control the infection of COVID-19.
The pandemic COVID-19 has affected all the people in one way or the
other, across the globe, without making any differences. The world is fac-
ing a global health crisis30. Thus, even if the developed nations are suc-
cessful in controlling the rate of infection in their nations, it would be a mo-
mentary achievement. This is because, if the rate of infection of COVID-19
is very high in some part of the world, it would affect other nations. There-
fore, the infection COVID-19 needs to be eliminated in all the places. To
achieve this goal, the developed nations need to generously supply medi-
cines and vaccines to the developing nations. We are all inter-related. We
need to think, “My neighbors’ well-being affects me”. No country or no
person can afford to say that they don’t bother about the well-being of an-
other country or person.
29
Cf. WORLD HEALTH ORGANIZATION, “WHO Concept of Fair Access & Equitable Alloca-
tion of COVID-19 Health Products”, Final working version 9 September 2020
[https://www. who.int/docs/default-source/coronaviruse/who-covid19-vaccine-allocation-
final-working-version-9sept.pdf (accessed 5 October 2022)].
30
Cf. UNITED NATIONS, “Everyone Included: Social Impact of COVID-19”. [https://www.un.
org/development/desa/dspd/everyone-included-covid-19.html; https://archive.is/L2zL4].
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The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan
The fear of infection and the stigma attached to it, has brought tremendous
mental stress in the lives of people31. In addition, restrictions on movement
and socializing have increased their distress. Moreover, the fear of losing
job or means of livelihood has created havoc and panic in the lives of mil-
lions. Some depressed people are also thinking about committing suicide.
The pandemic has affected both the rich and the poor alike. However, the
poor are in deeper trouble because of financial difficulties.
Leaders of every nation need to take the lead to assure their citizens that
there is hope and they need not take extreme steps like suicides or violence.
Further, it is their responsibility to provide moral support to the depressed
people by employing trained psychologists in large numbers to counsel peo-
ple. Apart from leaders, religious institutions too need to be like the Samar-
itan, who was not worried about the cultural differences and animosity be-
tween the Jews and the Samaritans. Religious institutions need to welcome
people irrespective of their creed or faith and offer them moral support to
find meaning in their lives32.
Jesus said, «One does not live by bread alone, but by every word that
comes from the mouth of God» (Mt 4:4). In other words, material or emo-
tional needs alone cannot satisfy a person. He or she also has deep seat-
ed spiritual needs. Even though all the people in the contemporary world
do not believe in the existence of God, there are many people who are
seeking spiritual fulfillment in their lives33. Some of these people do not
belong to any organized religion or faith, however they are interested in
spirituality.
31
Cf. INTERNATIONAL FEDERATION OF THE RED CROSS & RED CRESCENT (IFRC) PSYCHO-
LOGICAL SUPPORT PROGRAMME, “Social Stigma Associated with COVID-19: A Guide to Pre-
venting & Addressing Social Stigma” [https://pscentre.org/?resource=social-stigma-associ-
ated- with-covid-19 (accessed 5 October 2022)].
32
Cf. WORLD VISION, “Faith in Action: Power of Faith Leaders to Fight a Pandemic”
[https://www.wvi.org/sites/default/files/2021-02/Faith_in_action_report_final_small.pdf
(accessed 5 October 2022)].
33
Cf. P. HEELAS, Spiritualities of Life: Romantic Themes & Consumptive Capitalism,
Blackwell Publishing, Malden, MA – Oxford 2008, 60-78.
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At that very time there were some present who told him about the
Galileans whose blood Pilate had mingled with their sacrifices. He asked
them, ‘Do you think that because these Galileans suffered in this way they
were worse sinners than all other Galileans? No, I tell you; but unless you
repent, you will all perish as they did. Or those eighteen who were killed
when the tower of Siloam fell on them do you think that they were worse
offenders than all the others living in Jerusalem? No, I tell you; but un-
less you repent, you will all perish just as they did’ (Lk 13:1-5).
Jesus told the people not to assume that sin was the main cause of all dis-
asters in the case of the Galileans or the eighteen people on whom the tow-
er of Siloam fell. In another passage, His disciples asked Him a similar
question.
His disciples asked him, “Rabbi, who sinned, this man or his parents,
that he was born blind?” Jesus answered, “Neither this man nor his par-
34
Cf. P. HEELAS, et al., The Spiritual Revolution: Why Religion is Giving Way to Spiri-
tuality, Blackwell Publishing, Malden, MA – Oxford 2005, 1-11.
150
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The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan
ents sinned; he was born blind so that God’s works might be revealed in
him” (Jn 9:2-3).
In this passage too, Jesus noted the blindness of the person had nothing
to do with his or his parents’ sins. Thus, from these two passages we can
conclude that disasters and sickness are not always related to people’s sins.
In the pandemic times, people could encourage each other and rekindle
hope instead of attempting to blame someone’s sin as the cause of the pan-
demic. Jesus’ death and resurrection gives us hope that no trial or suffering
will last forever.
The Samaritan took courage to reach out to the wounded man. Even
though he nursed his external physical wounds, his selfless love may have
also healed the wounded man’s internal spiritual wounds. Christians could
learn from the Samaritan to be healers and beacons of hope amid sufferings
and disasters.
4. Conclusion
Pope Francis noted Christians need to act as the Samaritan, who could over-
come all cultural barriers to help the wounded man. In the contemporary
world, the pandemic has caused distress in the lives of many people. Chris-
tians too are affected by the pandemic. They too face the same difficulties
as others. However, the message of the parable of the Good Samaritan en-
courages them, not to lose hope but to do their best for helping others.
Reginal Alva
Nanzan University
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Reginald Alva
ABSTRACT
Jesus’ parable of the Good Samaritan is well-known not only by Christians but
also by people who belong to other religious traditions or who have no affiliation
to any religion or faith. The primary reason for the popularity of this parable is
because of its core message of love, which has a universal appeal. In the con-
temporary times, the message of this parable has become even more relevant
because the pandemic COVID-19 has caused havoc in the lives of millions of
people and there is a great need to reach out to the weak and the vulnerable. In
this paper I will examine the application of this parable’s teachings in the con-
temporary times to encourage people to serve the needy amid the pandemic.
Pope Francis refers to this parable in his encyclical Fratelli Tutti to teach the im-
portance of caring for others, who may belong to different cultures or religions.
I will refer to the teachings of Pope Francis’ encyclical Fratelli Tutti and the
Catholic Church’s documents on social teachings in this paper.
La parabola del Buon Samaritano di Gesù è conosciuta non solo dai cristiani,
ma anche da persone che appartengono ad altre tradizioni religiose o che non
sono affiliate ad alcuna religione o fede. La ragione principale della popolarità
di questa parabola è il suo messaggio centrale di amore, che ha un fascino uni-
versale. Nell’epoca contemporanea, il messaggio di questa parabola è diventa-
to ancora più attuale perché la pandemia COVID-19 ha stravolto la vita di milio-
ni di persone e c’è un grande bisogno di raggiungere i deboli e i vulnerabili. In
questo articolo esaminerò l’applicazione degli insegnamenti di questa parabo-
la al giorno d’oggi per incoraggiare le persone a servire i bisognosi durante la
pandemia. Papa Francesco fa riferimento a questa parabola nella sua enciclica
Fratelli Tutti per insegnare l’importanza di prendersi cura degli altri, che posso-
no appartenere a culture o religioni diverse. In questo articolo farò riferimento
agli insegnamenti dell’enciclica Fratelli Tutti di Papa Francesco e ai documenti
della Chiesa cattolica sugli insegnamenti sociali.
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Fra tre anni si celebrerà il XVII centenario dal grande Concilio di Nicea
(325 d.C.). Nell’avvicinarci a questa importante ricorrenza, ci sembra utile
rileggere alcuni temi e questioni offerti dal primo concilio ecumenico del-
l’antichità. Nicea si presenta infatti come punto di arrivo di una discussio-
ne che ha saputo e dovuto intrecciare piani differenti – cristologico, trini-
tario, soteriologico, ecclesiologico – ma anche un vero e proprio punto di
partenza, volàno di una identità ecclesiale formatasi sotto l’egida imperia-
le all’alba del IV secolo. La riflessione qui offerta – cui seguirà il prossimo
anno un ulteriore contributo – tenterà di rileggere alcuni importanti nodi e
snodi suggerendo piste su cui provare a riflettere.
Se, infatti, è sempre utile mettere a fuoco il rapporto tra i termini chiave
della definizione, cercando anche di ricostruirne il percorso – dal testo ai
suoi canoni, delineandone i prodromi, le cause e gli effetti –, a noi pare non
indifferente andare alla risultante di quelle spinte confluite nella confessio-
ne a forma simbolico-battesimale del primo Concilio ecumenico. Riflette-
remo, pertanto, sul rapporto intrinseco alla struttura simbolica della defini-
zione, che portò i Padri a rigettare la teoria filosofica ariana in favore di una
lettura del Mistero di Dio, che prenda le mosse dalla struttura stessa della
fede: immersiva e rammemorante.
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1. Interrogare Nicea
1
Cf. J.N.D. KELLY, I simboli di fede della chiesa antica. Nascita, evoluzione, uso del cre-
do, Dehoniane, Napoli 1987, 29-35.
2
Cf. A. GENOVESE, Costantino e l’istituzione dell’ortodossia cattolica. Riflessioni in mar-
gine a un romanzo di successo, “Faleritanum” (2017), 2, 23-37.
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Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325)
3
Cf. B. CAPELLE, L’introduction du symbole à la messe, in Mélanges Joseph de Ghellinck,
S.J., vol. 2, Duculot, Gembloux 1951, 1003-1027; V. RAFFA, Liturgia eucaristica. mista-
gogia della Messa: dalla storia e dalla teologia alla pastorale pratica, CLV – Edizioni Li-
turgiche, Roma 1998, 344-347; A. ELBERTI, Il culto cristiano in occidente. Storia e fonda-
menti, Chirico, Napoli 2015.
4
Cf. M. FIEDROWICZ, Teologia dei Padri della Chiesa. Fondamenti dell’antica riflessio-
ne cristiana sulla fede, Queriniana, Brescia 2010, 229-230.
5
Cf. D. SPADA, Le formule trinitarie da Nicea a Costantinopoli, Urbaniana University
Press, Città del Vaticano 2003.
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16
Basilio (Spir. 66 [181]) parla della ricezione «della tradizione apostolica a noi trasmes-
sa attraverso il mistero (evn musteri,w,| en mysteríō», il luogo della sua trasmissione non è pe-
rò la dottrina pubblica, bensì quella «nascosta» [183]: della vita liturgica e sacramentale,
del battesimo e dell’eucarestia. Cf. FIEDROWICZ, Teologia dei Padri della Chiesa, 53-95.
17
Cf. R. CANTALAMESSA, Cristo “immagine di Dio”. Le tradizioni patristiche su Col 1,15,
in: ID., Dal Kerygma al dogma. Studi sulla cristologia dei Padri, Vita & Pensiero, Milano
2019, 11-17. L’ampliamento è ben testimoniato nel testo del Kelly quando mostra lo svi-
luppo delle forme fisse e le tappe che portarono verso una stabilizzazione delle stesse: cf.
KELLY, I simboli di fede della chiesa antica, 61-98.
8
Cf. ibid., 6.
19
Ibid., 208-209. Cf. A. GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Vol 1.1: Dal-
l’età apostolica al Concilio di Calcedonia (451), Paideia Editrice, Brescia 1982, 517. Per
i riferimenti al testo arrivato in lingua siriaca del Sinodo di Antiochia: J.R. MYMAN, The
Synod at Antioch (324-325) and the Council of Nicea, “Studia Patristica”, vol. 4, F.L.
Cross, Akademie Verlag – Berlin 1961, 483-489. Per uno studio sul rapporto tra il Sino-
do di Antiochia e Nicea si rimanda al testo di H. PIETRAS, Concilio di Nicea (325) nel suo
contesto, Gregorian & Biblical Press, Roma 2021, 117-130.
10
Cf. KELLY, I simboli di fede della chiesa antica, 217-222.
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Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325)
11
PIETRAS, Concilio di Nicea (325) nel suo contesto, 118.
12
Cf. Lettera di Eusebio di Cesarea ai fedeli della sua diocesi, in ATANASIO, Il credo di
Nicea, Città nuova, Roma 2001, 126-132.
13
«Non è facile dare preciso apprezzamento di questo racconto, tanto più che Eusebio
non lo ha riferito spassionatamente ma per giustificare di fronte la sua comunità l’appro-
vazione da lui data ad una formula di fede che contrastava non poco con l’atteggiamento
filoariano da lui tenuto sin dall’inizio della controversia. Perciò, alla luce del documento
sul concilio antiocheno del 325 che condannò Eusebio di Cesarea, insieme con Teodoto
di Laodicea e Narcisso di Nerodiade, demandando però la sanzione definitiva al concilio
di Nicea, si è interpretato l’operato di Eusebio a Nicea come condizionato dal desiderio
di chiarire la propria posizione: in tal senso egli avrebbe prodotto il simbolo della sua cit-
tà come propria formula di fede e Costantino l’avrebbe approvata scagionando ipso facto
Eusebio dalla precedente condanna. Invece il simbolo che sarebbe servito di base per la
formula nicena sarebbe stato un simbolo di città siro-palestinese non identificabile da
parte nostra»: M. SIMONETTI, La crisi ariana del IV secolo, Institutum Patristicum Augusti-
nianum, Roma 2010, 83.
14
Cf. W. KINZIG – M. VINZENT, Recent Research on the Origin of the Creed, “The Jour-
nal of Theologial Studies” (1999), 50, 534-559.
15
G. MAZZA, La liminalità come dinamica di passaggio. La rivelazione come struttura
osmotica-performativa dell’inter-esse trinitario, Pontificia Università Gregoriana, Roma
2005, 607.
16
Cf. KINZIG – VINZENT, Recent Research on the Origin of the Creed, 555.
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Eppure, la novità la si apprezza non appena si guarda ciò che accade a quel
dispositivo simbolico, interno al mistero battesimale: più che seguire spin-
te definitorie, erigendo confini certi e sicuri al fine di preservare la regola
della fede da possibili derive ereticali, il credo, nella sua tensione simboli-
co-immersiva, precede e accompagna l’interpretazione dogmatica.
Nel rito battesimale, il catecumeno nella sua confessione dichiarava la
propria fede nel Signore crocifisso e risorto: si lasciava riconoscere come
parte dell’unico corpo mistico del Signore Gesù dalla comunità celebrante
proprio attraverso quella fede professata20. La prassi catecumenale prevede-
va un doppio momento: il catecumeno riceveva dalle mani del vescovo la re-
gola della fede, nella sua forma tramandata e commentata, restituendola pri-
ma della celebrazione, in mysterio, nelle acque del fonte battesimale; era la
traditio e redditio symboli o a`paggeli,a th/j pi,stewj (hapanghelía tē s pís-
teōs). Seguiva la celebrazione: il catecumeno, assentendo alle domande del
celebrante, tripartite e formulate a partire dalle stesse parole evangeliche21,
17
Cf. PIETRAS, Concilio di Nicea (325) nel suo contesto, 91-109.
18
Cf. FIEDROWICZ, Teologia dei Padri della Chiesa, 229-235.
19
Casula, con uno sguardo più storico-critico, guarda al rapporto novità/discontinuità
di Nicea rispetto alla sua ricezione e discontinuità con la prassi precedente: L. CASULA,
La teologia nicena e la tradizione, in: F. SCANZIANI (cur.), Fare teologia nella tradizione,
Glossa, Milano 2014, 129-152.
20
Cf. G. CAVALLOTTO, Catecumenato antico, Dehoniane, Bologna 1996.
21
Già Agostino, nella polemica con i donatisti circa il battesimo, richiamava alle pre-
cise parole del Vangelo per la validità della formula battesimale: «Che forse se risultasse
che alcuni sono stati battezzati con l’acqua sulla quale sono state fatte queste invocazioni,
li obbligheremo a ribattezzarsi? Perché questo? Perché spesso il sentimento di chi invoca
prevale sul vizio della formula, e perché le precise parole del Vangelo, senza le quali non
si può consacrare il battesimo, hanno una efficacia così grande da annullare tutte le
espressioni contro la Regula fidei»: AGOSTINO, Sul battesimo contro i donatisti, VI, 25,47.
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Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325)
22
Cf. P. SEQUERI, Ritrattazioni del simbolico. Logica dell’essere-performativo e teologia,
Cittadella, Assisi, PG 2012.
23
H.U. VON BALTHASAR, Parola e mistero in Origene, Jaca Book, Milano 1991, 63.
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24
Ibid., 67. Heim osserva: «The crowd does not gather around a body; it gathers to be-
come Christ’s body in the world, animated by the Holy Spirit of peace»: S.M. HEIM, Saved
from Sacrificie. A Theology of the Cross, Wm. B. Eerdmans Publishing Company, Grand
Rapids, MI 2006, 233.
25
A. BERTULETTI, Dio, il mistero dell’unico, Queriniana, Brescia 2014, 544.
26
Così il documento della Commissione teologica internazionale nel 1989, L’interpre-
tazione dei dogmi, bene riassumeva: «In ultima analisi, ogni rivelazione è la rivelazione
e la comunicazione che Dio Padre fa di sé mediante il Figlio nello Spirito Santo, affinché
entriamo in comunione con lui. Per tale ragione Dio è l’unico oggetto, che tutto compren-
de, della fede e della teologia (san Tommaso d’Aquino). Di conseguenza è esatto dire che
actus credendi non terminatur ad enuntiabile, sed ad rem [S.Th. II-II, 1,2.]. In accordo
con ciò, la tradizione teologica del Medioevo stabilisce a proposito dell’articolo di
fede: articulus fidei est perceptio divinae veritatis tendens in ipsam [S.Th. II-II, 1,6]. Ciò
significa che l’articolo di fede è un’apprensione reale e vera della verità divina; è una
mediazione dottrinale che contiene la verità di cui è testimone. Proprio perché è vero,
esso rimanda, oltre se stesso, al mistero della verità divina. Ne consegue che l’interpre-
tazione dei dogmi è, come ogni interpretazione, un cammino che ci conduce dalla paro-
la esteriore al cuore del suo significato e, infine, all’unica ed eterna Parola di Dio»: COM-
MISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Documenti 1968-2004, Edizioni Studio Domenica-
no, Bologna 2006, 404.
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loro che entravano a far parte, come membra vive, del corpo del Signore
glorioso facevano l’esperienza di essere stati riconosciuti figli nel riconosci-
mento del Figlio (Mc 1,11: «Tu sei il mio figlio, l’amato, in te ho posto il mio
compiacimento»), ma anche di essere stati ammessi al reciproco riconosci-
mento aperto e offerto da Gesù (Mt 11,27: «nessuno conosce il Figlio se non
il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Fi-
glio vorrà rivelarlo»).
Nel simbolo la fede vede; la fede è una sorta di metaforizzazione del ri-
conoscimento27: nel riconoscere si è al contempo anche riconosciuti. Per-
tanto, occorre entrare nel riconoscimento di un A/altro: il proprio darsi a
conoscere ha, come suo corrispettivo, il farsi riconoscere altri rispetto ad un
altro, cosicché l’essere proprio di ciascuno, l’in-sé, riposa nello spazio la-
sciato aperto al riconoscimento che solo un altro compie come altro28. Que-
sta dinamica è la stessa entro cui devono entrare, immessi e ammessi, i di-
scepoli: essere riconosciuti da Gesù significa riconoscere la propria identi-
tà riconfigurata29. Nella scena dei discepoli di Emmaus (cf. Lc 24, 13-35),
riconoscere il Risorto è possibile solo a patto di aver fatto l’esperienza del-
la sua identità pre-pasquale. Solo così si passa all’evidenza della corrispon-
denza tra il suo darsi a conoscere rispetto a quanto è stato mostrato e, dun-
que, anche chiesto: d’essere riconosciuto per la sua singolarissima identi-
27
Cf. H. BLUMENBERG, Paradigmi per una metaforologia, Raffaello Cortina, Milano
2009; F. CERAGIOLI, «Il cielo aperto» (Gv 1,51). Analitica del riconoscimento e struttura del-
la fede nell’intreccio di desiderio e dono, Effatà, Cantalupa, TO 2012.
28
«“Conoscere” nell’ambito della rivelazione significa anche – e spesso soprattutto –
“conoscere obliquamente”. Non può esistere un’unica modalità conoscitiva e dunque an-
che comunicativa della rivelazione, perché essa è pluriprospettica e quindi anche pluri-
significante. Ancora di più, essa è un conoscere-prima, dal momento che è eternamente
rigenerata dalla forza vivificante dell’inizio: fondata sulla rivelazione, la teologia non
smette mai di “iniziare”, poiché non ha mai iniziato veramente a finire. L’esperienza sim-
bolica ha in tutto questo un valore insostituibile. Essa esprime al meglio la natura “obli-
qua” della recezione del fondamento e si presenta come approccio plurivoco tanto in or-
dine alla partecipazione noetica quanto in ordine alla sua riespressione […] la rivelazio-
ne divina non si dà mai in quadri di senso o di significati statici. Non è accettabile una
recezione del concetto di presenza simbolica che pretenda di esaurire la ricchezza della
categoria di presenza entro le coordinate di una raffigurazione fotostatica. Simbolo è mo-
vimento, dynamis, partecipazione senza possesso»: MAZZA, La liminalità come dinamica
di passaggio, 610.
29
Cf. M. GRONCHI, La singolare universalità dell’esperienza religiosa di Gesù (I), “Eun-
tes Docete” (2000), 2, 137-151.
161
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30
Cf. F.G. BRAMBILLA, Il Crocifisso Risorto, Queriniana, Brescia 1998, 271-289; P. SE-
QUERI, Il Dio affidabile. Saggio di teologia fondamentale, Queriniana, Brescia 1996, 184-
189.
31
Cf. M. BRACCI, Paterologia. Per una teologia del Padre, San Paolo, Cinisello Balsa-
mo, MI 2017; cf. P. SEQUERI, L’interesse teologico di una fenomenologia di Gesù: giustifi-
cazione e prospettive, “Teologia” (1988), 3, 289-329.
32
Cf. M. MERLEAU-PONTY, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano 2003;
per una analisi e critica del tema del riconoscimento si rimanda al saggio di P. RICŒUR,
Percorsi del riconoscimento, Raffello Cortina, Milano 2005. Per una rilettura del tema in
chiave teologica cf. S. TAMBINI, Nommer Dieu. L’itinerario filosofico e teologico di Paul Ri-
cœur e la sua pertinenza per gli studi trinitari, Antonianum, Roma 2021.
33
Cf. A. ZHOK, Fenomenologia e genealogia della verità, Jaca Book, Milano 1998.
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34
Cf. J. BENJAMIN, Il riconoscimento reciproco. L’intersoggettività e il Terzo, Raffaello
Cortina, Milano 2019, 31-67. Si confronti qui già l’intuizione di Balthasar riguardo al rap-
porto madre-bambino in Solo l’amore è credibile del 1963, successivamente ripreso in
L’accesso alla realtà di Dio del 1967; su questo percorso si rimanda a E. PRATO, Il princi-
pio dialogico in Hans Urs von Balthasar. Oltre la costituzione trascendentale del soggetto,
Glossa, Milano 2010.
35
«Il riconoscimento, infatti, va inteso come un processo relazionale temporalmente
disteso, costituito da eventi intersoggettivi affettivamente connotati, nei quali progressiva-
mente emergono l’identità dell’io e l’alterità dell’altro e, grazie all’interazione con l’altrui
libertà, la libertà del soggetto perviene a se stessa»: CERAGIOLI, «Il cielo aperto», 472.
36
M. BELLET, La lunga veglia 1934/2001, Servitium, Sotto il monte, BG 2004, 257.
37
Cf. J. BENJAMIN, Legami d’amore. I rapporti di potere nelle relazioni amorose, Rosen-
berg & Sellier, Torino 1991.
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38
G. BONACCORSO, Il corpo di Dio. Vita e senso della vita, Cittadella, Assisi, PG 2006,
141.
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39
SEQUERI, Ritrattazioni del simbolo, 116.
40
Riprendendo Agostino – quando afferma che «l’Apostolo dice: Siamo stati sepolti in-
sieme con Cristo nella morte mediante il battesimo. Non dice: “Abbiamo rappresentato la
sepoltura”; ma proprio: Siamo stati sepolti insieme [non ait: Sepulturam significavimus; sed
prorsus ait: Consepulti sumus]. Non ha voluto dare al sacramento di sì gran mistero altro no-
me che quello del mistero stesso» [AGOSTINO, Le lettere I (1-123), Città Nuova, Roma 1969,
296-297] – Bonaccorso sintetizza: «La sottolineatura è chiara: non significavimus ma su-
mus, non la via della semplice rappresentazione ideale, affidata all’intelletto, ma quella
dell’essere reale, affidata al battesimo, ossia un rito […] Il rito, per così dire, impone una
sua evidenza che sembra integrarsi molto bene con l’essenza più profonda di una fede irri-
ducibile alle opzioni (intelletto-volontà) umane»: BONACCORSO, Il corpo di Dio, 61.
41
Cf. W. KASPER, La Chiesa sacramento universale della salvezza, in: ID., Teologia e
Chiesa, Queriniana, Brescia 1989, 247.
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42
Cf. M. BRACCI, Nel seno della Trinità. Il mistero dell’Ascensione di Gesù, ETS, Pisa
2011.
43
G. LETTIERI, Il differire della metafora. I. Discordare dalla memoria e transfert del
Dono in Agostino, “Filosofia e Teologia” (2013), 3, 483-526, 585.
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Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325)
44
R. CANTALAMESSA, Cristo “immagine di Dio”. Le tradizioni patristiche su Col 1,15, in
ID., Dal Kerygma al dogma, 182.
167
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45
BONACCORSO, Il corpo di Dio, 92.
46
Cf. P. SLOTERIJK, Sfere. I: Bolle. Microsferologia, Raffello Cortina, Milano 2014.
47
Cf. B. STUDER, Dio salvatore nei Padri della Chiesa. Teologia – cristologia – soterio-
logia, Borla, Roma 1986, 182-197.
48
Cf. BASILIO MAGNO, Lettera 214 in: ID., Epistolario, Paoline, Alba, CN 1968.
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Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325)
Nella ambivalenza di Nicea forse è detto qualcosa che ha a che fare an-
cora una volta con il suo linguaggio simbolico immersivo e di riconoscimen-
to. Del Figlio si voleva affermare che «non veniva da nessun’altra ipostasi
preesistente accanto al Padre, ma era generato da Dio soltanto. Siccome
“Dio” è ovviamente un’ipostasi, nel senso di oggetto, e non nel senso di una
generica sostanza, si può a buon diritto ritenere che “le altre ipostasi” in-
dichino qualche oggetto analogo»49. Nella mens ariana l’u`po.stasij (hypò-
stasis) del Figlio rimandava ad una realtà concreta e oggettiva: un soggetto
distinto nell’ambito della specie e quindi distinto dall’ouvsi,a (ousía).
A Nicea, invece, è proprio questo spazio ad essere mantenuto aperto per
il riconoscimento nell’altro: il Figlio è riconoscibile nella sua identità al-
l’interno di uno spazio che solo in un Altro è possibile cogliere e percepi-
re. Proprio come nel luogo sacramentale, non è il logos della rappresenta-
zione ad aver esaurito le sue potenzialità; piuttosto, come afferma Sequeri,
è «il confronto con la struttura pre-platonica dell’eidolon» ad essere «infi-
nitamente più interessante e istruttivo: prima e più che immagine (mimesis
o doxa che sia), prima e più che dato e donato, prima che kaos e kosmos, il
fenomeno del sacramento autentico mette alla prova il discrimine della ve-
ra devozione. Il luogo del sacramento non è, in primo luogo, il logos della
rappresentazione: è la chṓra dell’affezione»50.
L’intuizione cui qui si accenna guarda alla connessione che lega tra loro
due generi, a ciò che li distingue separandoli: nasce così cw,ra (chṓra) «ri-
cettacolo invisibile e senza forma [...] dell’intero divenire»51. Non la si de-
scrive che in negativo, intermedia tra la materia sensibile e le idee intelli-
gibili, ma più facilmente indicabile come una sorta di luogo, che non trat-
tiene nulla ma è attraversata da tutto. Forse il potere del luogo simbolico è
ciò che andrebbe sondato più precisamente perché il nodo, il luogo, la
cw,ra (chṓra), cui si sta facendo riferimento, nel mistero cristiano è la liber-
tà: vero centro della realtà52; indeducibile a ragione logica necessitante, le
49
G. PRESTIGE, Dio nel pensiero dei Padri, EDB, Bologna 2018, 191.
50
SEQUERI, Ritrattazioni del simbolo, 52-52.
51
PLATONE, Timeo 49a, 62b. «Chṓra [cw,ra] riceve ogni cosa, senza prendere mai la
forma degli oggetti che ne diventano parte. É fatta per essere un modello per tutte le co-
se, che muove e prende la forma di ciò che riceve; ed è per questo che sembra ogni volta
diversa»: Timeo 50c.
52
Cf. L. PAREYSON, Essere, libertà, ambiguità, Mursia, Milano 1998; ID., Ontologia del-
la libertà. Il male e la sofferenza, Einaudi, Torino 1995. Cf. L. GHISLERI, Il simbolo nel pen-
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sfugge l’altra logica del simbolo: il suo essere coincidente con se stesso nel-
l’essere rimando ad altro perché solo nell’altro e per l’altro ha la sua con-
sistenza. Da qui la sua inesauribile trascendenza e, parimenti, il tentativo
continuo di allegorizzarla, metaforizzarla, riportandola al duale.
Nicea, con quella sorta di sospensione, indica come nel simbolo ci si
debba ritrovare, abbandonandosi ad essere trovati anziché a cercare, rico-
noscendo che il limite non è da travalicare ma da sperimentare come luo-
go di con-fine, porta che conduce a ciò che inserra. Il senso di smarrimen-
to lascia posto al riconoscimento del senso del potere, capace di differire
senza separare, congiungere senza unificare.
Per rendere ragione del concetto proviamo un’ultima immagine. Quando
perdiamo qualcuno, in realtà, è come se ci sentissimo persi; così, quando
ritroviamo qualcuno, è un po’ come se ci ritrovassimo, trovassimo quel
qualcosa di noi che senza l’altro si era perduto. Così è con Cristo Gesù: tro-
varlo è trovare l’uomo, perché quando conosciamo Lui, e Lui entra nella no-
stra intimità, noi troviamo qualcosa di noi che non sapevamo ma che era lì,
donato nel dono dell’esistenza dell’essere uomo, nella differenza del non
essere come Dio eppure Dio veramente, Dio da Dio. L’incontro con Dio è
questo accesso a qualcosa di noi che non era pensabile prima: non sta nel
potere di ciò che è, ma nel potere della differenza che abita quell’essere-
Dio di Dio che è solo come-Dio-sa-essere. Lo aveva intuito il racconto ge-
nesiaco di creazione (cf. Gen 1,26 ss) quando afferma che l’uomo è fatto a
immagine e somiglianza di Dio: quando l’uomo incontra Dio scopre che,
uscendo dallo sguardo rivolto solo verso di sé, vede ciò che gli si para in-
nanzi: lui è l’altro, ma l’altro è a sua volta una immagine. È l’effetto a spec-
chio che a volte ha il vetro: lascia vedere fuori ma anche intravedere ciò
che gli sta di fronte. Nell’immagine del Figlio, Dio si dà a vedere ma anche
intra-vede quale sguardo Dio ha verso l’uomo, quale sia la sua ultima vo-
cazione, la sua destinazione. Gesù, però, in quello specchiarsi ha visto an-
che come è visto dall’uomo e come è visto dal Padre. Lì ha impresso una
immagine dell’uomo: ne ha intravisto la sua somiglianza e la differenza non
per quello che è solo in-sé, ma per come quella immagine consegna uno
sguardo; si scopre, ma senza sentirsi nudo.
siero di Luigi Pareyson, in M.C. BARTOLOMEI (cur.), L’interrogazione del simbolo, Mimesis,
Sesto San Giovanni, MI 2014, 135-159.
170
URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325)
Il potere del riconoscimento opera su questi livelli e non sta che nell’ave-
re la libertà di un venire e andare, l’attaccamento che decide liberamente
della propria esistenza, che decide il dono della vita e ne giustifica e gene-
ra il senso della sua consegna. Così la Chiesa: o sta in questo sorgivo e sem-
pre determinante luogo di potere o cade nell’irrilevanza di segni che hanno
bisogno di una competenza logico-semiotica per essere compresi.
Mario Bracci
Pontificia Università Urbaniana
([email protected])
171
3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Mario Bracci
ABSTRACT
Lo studio è il primo che l’autore dedica a ripensare il contributo del primo Con-
cilio Ecumenico di Nicea in occasione del suo 17° centenario nel 2025. Nel pri-
mo di questi contributi si cerca di riflettere sul rapporto tra la struttura simbolica
del testo e il suo linguaggio legato alla prassi battesimale. La struttura con cui
si dice la fede è legata alla forma con cui la si comunica: la corporeità del mi-
stero pasquale rischiara la dimensione simbolica dell’atto di fede e permette di
riflettere sul come il rimandare del simbolo ad altro da sé coincida con la richie-
sta e l’invito ad essere riconosciuta.
FOR A REINTERPRETATION
OF THE NICEA SYMBOL (325)
The Symbolic Structure of Faith
The study is the first that the author dedicates to rethinking the contribution of
the first Ecumenical Council of Nicaea on its 17th centenary. In the first of these
contributions, the author attempts to reflect on the relationship between the
symbolic structure of the text and its language related to baptismal practice. The
structure with which faith is said is linked to the form with which it is communi-
cated: the corporeity of the Paschal Mystery illuminates the symbolic dimension
of the act of faith and gives us the opportunity to reflect on how the referral of
the symbol to something other than itself coincides with the request and invita-
tion to be recognized.
172
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UUJ
ACADEMICA
1622-2022, IV Centenario
di fondazione della Congregazione
per l’Evangelizzazione dei Popoli
Mario L. Grignani
L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis
de Propaganda Fide dell’Archivio Storico
del Dicastero per l’Evangelizzazione (1900-1938)
Mariano Delgado
Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros
y la actividad misionera de los Capuchinos durante
la Missio antiqua en el Reino del Congo (1645-1835)
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Card. Michael Czerny, S.J.
1. Il concetto di utopia: dalle origini ai nostri giorni – 2. La categoria biblica di sogno nella
Fratelli tutti – Conclusione
Parole chiave: Papa Francesco; fraternità; giovani; inclusione; utopia; bene comune; Fra-
telli tutti; alternativa praticabile; amicizia sociale
1
Cf. Utopia: storia e teoria di un’esperienza filosofica e politica, C. ALTINI (ed.), Il Mu-
lino, Bologna 2013.
2
Il titolo completo dell’opera è: Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus
de optimo rei publicae statu, deque nova insula Utopia.
175
3/2022 ANNO LXXV, 175-183 URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Card. Michael Czerny
176
URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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Fraternità: utopia o salvezza?
3
Ne è un esempio il romanzo L’An 2440, pubblicato nel 1770 dallo scrittore Louis-Sé-
bastien Mercier, in cui si preconizza il raggiungimento nell’anno 2440 di una società de-
mocratica, liberata da ogni sorta di immoralità e dall’oppressione.
177
3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Card. Michael Czerny
4
È doveroso ricordare che, nel corso del Novecento, il concetto di utopia non del tut-
to smarrito le sue connotazioni positive: in un’ottica marxista, autori quali Ernst Bloch,
Walter Benjamin e Herbert Marcuse hanno richiamato l’attenzione sull’utopia come ten-
sione verso il futuro e come apertura di nuove possibilità rispetto al “mondo dato”. Ciò
che mi preme mettere in rilievo in quest’ultimo passaggio, forse non senza una certa esa-
sperazione dei concetti, è l’affiorare di una sensibilità del tutto nuova rispetto alle prece-
denti elaborazione del significato di utopia.
178
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Fraternità: utopia o salvezza?
litica e, per molti versi, questo dato di fatto si pone come l’esito di un pro-
cesso storico in cui risentiamo del fallimento di utopie che non solo non si
sono realizzate, ma che non si sono neanche mostrate all’altezza delle pro-
prie promesse. Allo stesso tempo, però, se si osserva il modo in cui negli ul-
timi anni i giovani si sono mobilitati rispetto alla questione ecologica, scen-
dendo in piazza e reclamando il diritto di avere voce sul futuro dell’ambien-
te, avvertendolo come inevitabilmente legato al proprio destino, essi sem-
brano reclamare il ritorno di quelle grandi utopie che sembravano definiti-
vamente tramontate o compromesse dalla deriva disfattista delle distopie
post-moderne.
Ciò che essi chiedono – più o meno consapevolmente – è il recupero di
una progettualità comune, che orienti la politica e l’economia verso obiet-
tivi condivisi, verso l’edificazione di un mondo non soltanto più rispettoso
delle istanze della natura, ma anche più “vivibile”, più “umano”, cioè più
giusto ed equo.
Nel primo capitolo dell’Enciclica, Francesco sembra assumere e fare
proprie queste attese e speranze, sebbene si mostri conscio del fatto che:
«Il sogno di costruire insieme la giustizia e la pace sembra un’utopia d’al-
tri tempi» (FT 30). È interessante notare come attraverso l’accostamento al-
la categoria biblica di sogno, il papa declini l’idea di utopia quale strumen-
to di critica profetica alla realtà, in grado di squarciare nuovi orizzonti. Ri-
collegandosi quasi idealmente al senso attribuitole da Thomas More, l’uto-
pia è indice della tensionalità che spinge alla ricerca di un “oltre”, di nuo-
ve strade volte a mutare il presente.
È in questo orizzonte che bisogna allocare l’intenzionalità propria della
Fratelli tutti: immaginare che possa darsi un’alternativa praticabile alla si-
tuazione in cui attualmente versa l’umanità (FT 16), percorrendo la via del-
la fratellanza e dell’amicizia sociale.
Tale immaginazione di un mondo “altro” si contrappone anzitutto alla co-
lonizzazione dell’immaginario operato dal “culto della crescita”: si pensa
che è impossibile che il mondo possa funzionare in modo differente da co-
me viene proposto5.
In Laudato si’ c’è una visione esatta della crisi ecologica, una diagnosi
lucida della situazione, che in Fratelli tutti diventa analisi attenta delle sue
5
Cf. S. LATOUCHE, Come reincantare il mondo. La decrescita e il sacro, Bollati Borin-
ghieri, Torino 2020, 30-37.
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6
Cf. E. BAZZANELLA, Oltre la decrescita. Il tapis roulant e la società dei consumi, Abi-
blio, Trieste 2011, 97-110.
7
Cf. M. CZERNY – P. FOGLIZZO, La forza degli esclusi. L’Incontro mondiale dei movimen-
ti popolari in Vaticano, “Aggiornamenti Sociali” (gennaio 2015), 14-25; IID., Il mondo si
vede meglio dalle periferie, “Aggiornamenti Sociali” (gennaio 2022), 33-40.
180
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Fraternità: utopia o salvezza?
Conclusione
8
Cf. H. ARENDT, Vita activa. La condizione umana, Bompiani, Milano 1988, 58.
9
Cf. A. BERTHOUD, Une Philosophie de la consommation. Agent économique et sujet
moral, Presses universitaires du Septentrion, Ville-neuve-d’Asp 2005.
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Fraternità: utopia o salvezza?
ABSTRACT
The article begins by meditating on the concept of “utopia”, which can refer ei-
ther to a just city, a future towards which progress can strive or to the disillusion-
ment that leads to “dystopia”. Then it presents the teaching of Pope Francis.
The Encyclical Fratelli tutti calls us to plan for a concrete and feasible alternative:
a common, inclusive project of society that cares for “our common home” (to
this theme the Encyclical Laudato si’ is dedicated). The conclusion takes up
some strong points of the Exhortation Evangelii gaudium and invites us to reflect
on the meaning of life and the dignity of each human person.
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Mario L. Grignani
Introduzione
1
Il contributo che qui si pubblica è il testo della conferenza «L’America Latina negli
Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide dell’Archivio Storico della Congregazio-
ne per l’Evangelizzazione dei Popoli o de Propaganda Fide (1900 al 1938)» presentata
l’11 maggio 2017 durante il Simposio Internazionale «Verso il IV centenario di fondazio-
ne della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli: status quaestionis», Pontificia
Università Urbaniana, 11-12 maggio 2017. Al momento del simposio era possibile con-
sultare il materiale archivistico fino al termine del pontificato di Pio XI secondo i criteri
vigenti. Nel testo che qui si pubblica alcuni riferimenti archivistici e statistici sono stati
aggiornati in ragione dei cambiamenti occorsi dal 2017; per esempio: l’Archivio Segreto
Vaticano (ASV) è ora denominato Archivio Apostolico Vaticano (AAV) in seguito a quan-
to disposto dal pontefice FRANCESCO, Lettera apostolica in forma di «Motu Proprio» per il
cambiamento della denominazione da Archivio Segreto Vaticano ad Archivio Apostolico Va-
185
3/2022 ANNO LXXV, 185-212 URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Mario L. Grignani
sue missioni in America Latina2. Esso intende inserirsi nel solco degli stu-
di storico-missionari ecclesiastici che è andato formandosi prima nel Col-
legio Urbano e poi nella Pontificia Università Urbaniana ed in relazione ad
essa, specialmente in rapporto alla missione ed alla storia del Dicastero per
l’Evangelizzazione col quale l’Università ha uno «speciale legame»3. Tale
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URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
1. Osservazioni preliminari
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3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Mario L. Grignani
5
Per esempio da dicembre 2016 a giugno 2017 oltre al già citato Simposio Internazio-
nale Verso il IV centenario di fondazione della Congregazione per l’Evangelizzazione dei
Popoli: status quaestionis, altri se ne sono celebrati quali: Una nueva mirada sobre el Pa-
tronato Regio. La Curia Romana y el gobierno de la Iglesia Ibero-Americana en la edad
moderna, seminario internazionale organizzato dal Max-Planck-Institut für europäische
Rechtsgeschichte (Francoforte, 15-16 dicembre 2016); Da Puebla ad Aparecida. Chiesa
e società in America Latina (1979-2007), organizzato dall’Istituto di Studi Politici “S. Pio
V” con il patrocinio dell’Istituto Italo Latino Americano (IILA) (Roma, 26-27 gennaio
2017); Die Zeit der Reformation aus anderem Blickwinkel. Eine lateinamerikanisch-öku-
menisce Perspektive, organizzato da Institut Katholische Theologie dell’Università di Osna-
brück e da Intercambio Cultural Alemán-Latinoamericano (ICALA) (Magdeburgo, 30 giu-
gno-2 luglio 2017). Tra le iniziative accademiche internazionali antecedenti al convegno
internazione per il IV centenario di fondazione della Congregazione di Propaganda Fide
«Euntes in mundum universum» (Roma, Pontificia Università Urbaniana, 16-18 novem-
bre 2022), si può segnalare il Congresso internazionale Dilatando a Fé contra o Império?
Portugal, a Propaganda Fide e a Missionação Católica (Porto, Salão Nobre de Facultade
de Letras da Universidade do Porto, 11-12 de maio de 2022).
6
Per quanto concerne le pubblicazioni si può utilmente ricorrere in primo luogo ai più
recenti volumi di Bibliographia missionaria (Pontificia Università Urbaniana, Roma
1933-2014), un repertorio bibliografico che raccoglie le pubblicazioni di tutte le princi-
pali Chiese cristiane, e poi alla ricca produzione storiografica civile (per es., nel solo con-
testo italiano, si segnala il volume di R. CAMPA, L’America Latina. Un profilo, Il Mulino,
Bologna 2014, o quello di L. ZANATTA, Storia dell’America Latina contemporanea, Later-
za, Bari 2011³ e il più recente di M. DE GIUSEPPE – G. LA BELLA, Storia dell’America La-
tina contemporanea, Il Mulino, Bologna 2019.). Non bisogna poi tralasciare anche la sto-
riografia occasionata dal Bicentenario delle indipendenze dei Paesi latinoamericani di cui
un esempio è il volume di G. CARRIQUIRY LECOUR, Memoria, Coraje y Esperanza. A la luz
del Bicentenario de la Independencia de América Latina, Editorial Nuevo Inicio, Granada
2017², significativo per il fatto di contenere, da un lato, una riflessione critica sul passato
188
URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
189
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Mario L. Grignani
America Centrale Antillana, America del Sud) si trova il 41,8% dei battez-
zati nel mondo ovvero 537.102.00010.
Per quanto riguarda invece i dati statistici relativi alla presenza e all’a-
zione della CEP (oggi DE) in America Latina il cardinale Prefetto Fernan-
do Filoni li comunicava nel discorso introduttivo alla XIX Assemblea Ple-
naria della CEP, il cui testo è disponibile on-line11, e sono riportati nella
Guida delle missioni cattoliche12 (la cui ottava ed ultima edizione è del
10
Cf. SECRETARIA STATUS RATIONARIUM GENERALE ECCLESIAE, Annuarium statisticum ec-
clesiae 2015, LEV, Città del Vaticano 2017, 36-38 e 43. Per quanto riguarda i dati aggior-
nati al 2020 (relativi al biennio 2019-2020): «I cattolici battezzati nel mondo passano da
1.344 milioni nel 2019 a 1.360 milioni nel 2020, con un incremento assoluto di 16 milio-
ni, pari a +1,2% circa. Confrontando questi dati con l’evoluzione della popolazione mon-
diale, passata nello stesso periodo da 7.578 a 7.667 milioni, si osserva che l’incidenza dei
cattolici sulla popolazione mondiale è pari, in entrambi gli anni, al 17,7%. Se a livello del-
l’intero pianeta, dunque, non si modifica la presenza relativa dei cattolici, ben diversamen-
te si palesa la realtà nei diversi continenti: in alcuni gli incrementi relativi dei cattolici fra
il 2019 e il 2020 risultano significativi, in altri, molto più contenuti. Partitamente in Asia
si assiste ad un incremento importante di +1,8% (in modo particolare nell’area del Sud-
Est, e nonostante la flessione verificatasi nella zona del Medio Oriente) ed in Africa a quel-
lo massimo: +2,1%; all’estremo opposto, in Europa, si evidenzia un aumento di appena lo
0,3%. Guardando al numero dei cattolici delle varie aree continentali sul totale mondiale,
si conferma la tendenza verso un aumento del peso dell’Africa (i cui cattolici salgono dal
18,7% del 2019 al 18,9% del 2020 di quelli mondiali), e del calo, invece, di quello euro-
peo, per il quale la percentuale sul totale mondiale, scende nel 2020, dal 21,2% del 2019,
di quasi un quinto di punto percentuale. Nel 2020, l’America rimane il continente a cui ap-
partiene il 48% dei cattolici del mondo. Di questi, quasi il 28% è presente nell’America
del Sud. Moderatamente crescente appare, infine, l’incidenza nel mondo cattolico del con-
tinente asiatico che, con un peso del 59% della popolazione mondiale, si mantiene attorno
all’11% circa per quanto riguarda i cattolici. Stabile rimane l’incidenza dei cattolici bat-
tezzati in Oceania sul totale mondiale, anche se con una consistenza che raggiunge lo
0,8%»: L’Osservatore Romano, giovedì 10 febbraio 2022, 3 [https://www.osservatoreroma-
no.va/it/news/2022-02/quo-033/annuario-pontificio-2022-e-annuarium-statisticum-eccle-
siae-2020.html; https://archive.is/0UMa4]. La stima della popolazione mondiale data dal-
l’Annuarium del 2020 ammonta a 7.667.136.000; di essa 1.359.612.000, ossia il 17,7%,
compongono la voce Catholici baptizati; in America Latina (America Centrale Continenta-
le, America Centrale Antillana, America del Sud) si trova il 41,3% dei battezzati nel mon-
do ovvero 562.578.000: cf. SECRETARIA STATUS RATIONARIUM GENERALE ECCLESIAE, Annua-
rium statisticum ecclesiae 2020, LEV, Città del Vaticano 2020, 36-38 e 43.
11
Cf. http://www.fides.org/it/news/58770-VATICANO_La_relazione_del_Card_Filoni_
aumentano_quanti_non_conoscono_Cristo_e_le_sfide_per_la_Chiesa#.WQcIVY2wec0;
https://archive.is/QTBs1.
12
Cf. CONGREGATIO PRO GENTIUM EVANGELIZATIONE, Guida delle missioni cattoliche, Ur-
baniana University Press, Roma 2016.
190
URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
13
Cf. L’Osservatore Romano, domenica 22 maggio 2016, 8.
191
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Mario L. Grignani
14
M. MARCOCCHI, Colonialismo, cristianesimo e culture extraeuropee. La Istruzione di
Propaganda Fide ai vicari apostolici dell’Asia orientale (1659), Jaca Book, Milano 1981,
68-69.
15
J. METZLER, Francesco Ingoli, primo Segretario della Congregazione (1578-1649), in
F. INGOLI, Relazione delle quattro parti del mondo, F. TOSI (ed.), Urbaniana University
Press, Città del Vaticano 1999, 294.
16
Nella citata relazione il Cardinale Filoni riportava alcuni dati relativi all’APF: esso
è «composto da 10 milioni di documenti in 12.500 volumi, custodisce autentici tesori che
vanno dal 1622 al 1959. Vi lavorano 9 persone. Dal 2009 al 2015 l’Archivio è stato fre-
quentato da oltre 1600 persone di diversi Paesi per un totale di quasi 13.000 presenze.
Esso è stato anche oggetto di molte visite culturali di gruppi di Religiosi, Sacerdoti e Lai-
ci. Nel secondo semestre di ogni anno, poi, si è svolto un seminario di ricerca della Facol-
tà di Diritto Canonico della Pontificia Università Urbaniana (circa 40 alunni ogni anno).
Si è portata a termine la catalogazione della documentazione del pontificato di Papa Pio
XI (720 scatole di documentazione dal 1922 al 1939), ed è a buon punto quella di Papa
Pio XII (864 scatole di documentazione dal 1939 al 1958)».
192
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L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
17
Cf. http://www.catholic-hierarchy.org/diocese/dgeor.html; https://archive.is/W7gN.
18
Cf. http://www.catholic-hierarchy.org/diocese/dpara.html; https://archive.is/5XSc.
19
Cf. http://www.catholic-hierarchy.org/diocese/dbeli.html; https://archive.is/RCM9.
20
Cf. Acta Sanctae Sedis, XXXI, ex Typographia Polyglotta, Romae 1898-1899, 321-
322; https://www.vatican.va/content/leo-xiii/la/letters/documents/hf_l-xiii_let_189812
25_cum-diuturnum.html; https://archive.is/Yjj95.
193
3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Mario L. Grignani
21
Campa scriveva che «mentre il francescano Geronimo de Mendieta designa le Indie,
scoperte da Cristoforo Colombo e dagli altri navigatori rinascimentali, come il Nuovo Mon-
do, è la storiografia francese del 1860 a denominarle Latinoamerica, nell’intento di accre-
ditare le scoperte americane all’influenza dei paesi europei, promotori della modernità».
Il criterio che guidava quella storiografia era politico: essa era pensata in antagonismo al-
le potenze anglosassoni e il cattolicesimo ne era il «collante istituzionale», come più ol-
tre scrive lo stesso autore: R. CAMPA, L’America Latina. Un profilo, Il Mulino, Bologna
2014, rispettivamente 202 e 203.
22
«En la carta de convocación del Concilio Plenario de América Latina, firmada por
León XIII el 25 de diciembre de 1898, el papa habla de “los intereses comunes de la ra-
za latina (latini nominis) a quien pertenece más de la mitad del Nuevo Mundo”»: in PON-
TIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA [oggi Dicastero per la Cultura e l’Educazione:
https://www.vatican.va/content/romancuria/it/dicasteri/dicastero-cultura-educazione/pro-
filo.html; https://archive.is/40u6e], Diccionario de Historia Cultural de la Iglesia en Amé-
rica Latina [https://www.dhial.org/diccionario/index.php?title=AM%C3%89RICA_LA-
TINA:_El_T%C3%A9rmino; https://archive.is/65O7C].
23
Per quanto concerne il tema della periodizzazione dei decenni considerati si riman-
da al volume che raccoglie gli Atti del simposio storico svoltosi in Vaticano e curato dalla
PONTIFICIA COMMISSIO PRO AMERICA LATINA, Los últimos cien años de la evangelización en
América Latina. Centenario de Concilio Plenario de América Latina, LEV, Ciudad del Va-
ticano 2000, soprattutto alle pagine 255-262 del contributo di F. GONZÁLEZ FERNÁNDEZ,
Aplicación, frutos y proyección del Concilio Plenario Latinoamericano, 255-317.
24
J.M. PAVENTI, Prassi della S.C. de Propaganda Fide, in Misiones extranjeras II
(1950), 5, 1.
194
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L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
Basta una breve visita ai fondi dell’archivio di Propaganda Fide per in-
dividuare subito due grandi periodi o sistemi di ordinamento (rispetti-
vamente, dal 1622 al 1892 e dal 1893 – anno in cui fu cambiato il si-
stema d’archiviazione con l’introduzione delle rubriche e dei numeri di
protocollo – fino ai nostri giorni)25.
25
CUÑA RAMOS, L’Archivio Storico di Propaganda Fide: fonte per la storia delle missio-
ni e per il diritto missionario, 214; «Il sistema di archiviazione, introdotto all’inizio del-
l’attività della CPF, rimase sostanzialmente invariato fino all’anno 1892 […]. Nel 1893 fu
introdotto il sistema delle rubriche e dei numeri di protocollo», traduzione italiana da KO-
WALSKY – METZLER, Inventory of the Historical Archives, 136. In questo Inventario si trova
una utile bibliografia inerente all’APF.
26
KOWALSKY – METZLER, Inventory of the Historical Archives, 136.
195
3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Mario L. Grignani
Per quanto concerne i libri degli Indici degli Acta che qui interessano,
essi sono disponibili nella sala di consultazione, relativamente agli anni dal
1882 (Acta, vol. 250) al 1922 (Acta, vol. 293) e dal 1923 (Acta, vol. 294)
al 1938 (Acta, vol. 310). Le informazioni in essi contenute costituiscono un
imprescindibile aiuto nella ricerca, sebbene non tutte risultino aggiornate
riguardo all’attuale numerazione dei fogli o esaustive nella presentazione
delle tematiche e dei contenuti.
Infine si segnala che spesso nei volumi degli Acta si trova la seguente se-
gnalazione: «Avvertenza. Le ponenze furono disposte nell’ordine in cui fu-
rono trattate».
Stando ai volumi degli Acta relativi agli anni dal 1900 al 1938, nelle Con-
gregazioni Generali o Adunanze Plenarie di PF si sono discusse in totale
1400 ponenze presentate a turno dai rispettivi cardinali ponenti. Di esse le
ponenze che riguardano l’America Latina sono 75 (il 5,4%).
Di seguito si indicano i Paesi e il rispettivo numero delle ponenze. La
suddivisione geografica usata nei volumi consultati corrisponde con l’attua-
le che troviamo nell’Annuarium statisticum ecclesiae, mentre sono cambia-
ti i nomi di alcuni Stati.
27
J. METZLER, Indici dell’archivio storico della S.C. “De propaganda fide”, “Euntes Do-
cete” 21 (1968), 110.
196
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28
Come segnalato con VA si intende Vicariato Apostolico e con PA Prefettura Aposto-
lica.
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Alla luce delle fonti archivistiche del fondo Acta si considerano di seguito
alcune tra le molte tematiche che sono state oggetto di studio e di interven-
to da parte di Propaganda Fide e che possono costituire dei temi di appro-
fondimento29.
29
Al riguardo si segnalano i volumi pubblicati dopo la conferenza da cui è tratto il pre-
sente articolo: «Per gl’Indi del Sudamerica. Missione Pontificia di studio». Relazioni e
scritti di Giovanni Genocchi visitatore apostolico in America Latina (1911-1913). Introdu-
zione, trascrizione e note di Mario L. GRIGNANI, (Epistolari, carteggi e testimonianze), Edi-
zioni di Storia e Letteratura, Roma 2018; ID., Propaganda Fide, le missioni e le inchieste
sulla schiavitù de facto degli indigeni in America Latina (1918-1922), (Saperi. Testi. Con-
testi), Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2022.
198
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L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
Nel quadro delle missioni di Propaganda Fide si tratta di una tematica tra-
sversale ai continenti, non nuova nella storia del Dicastero30.
Mentre all’inizio PF considerava inopportuno che in una singola missio-
ne si istituissero più Superiori, successivamente, sia per le esigenze del go-
verno della missione, sia per quelle legate alla vita e all’organizzazione in-
terna dei religiosi missionari, si distinsero i ruoli. Il problema però non ven-
ne risolto una volta per tutte e riapparve, come si vede nei volumi degli Ac-
ta consultati, specificamente negli anni 1911, 1916 e 1919.
Nella ponenza N. 3 del gennaio 1911, il tema venne affrontato alla luce
della situazione dei vari Ordini o Istituti missionari in Cina; il ponente era
il cardinale Beniamino Cavicchioni31 e il titolo «Relazione con Sommario.
Circa la esistenza di più Superiori Regolari nelle singole Missioni affidate
ad Ordini o ad Istituti religiosi»32.
30
Riguardo ai primi due secoli si segnala lo studio di Francesco Pavese, Il Prefetto Apo-
stolico delle Missioni apparso in tre numeri consecutivi tra il 1962 e il 1963 di Euntes Do-
cete: F. PAVESE, Il Prefetto Apostolico delle Missioni, “Euntes Docete” 15 (1962), 214-238;
15 (1962), 386-411; 16 (1963), 267-295; rispetto ai secoli successivi in Memoria rerum
si trova il contributo di Rafael Moya su La colaboración de las Órdenes y Congregaciones
religiosas y de las Sociedades y Seminarios para las Misisones, che considera il tema alla
luce del concetto di “diarchia” e riporta le istruzioni date da PF che «dan normas para
promover la colaboración entre los dos, lo cual serà facilitado por el hecho de pertenen-
cer a un mismo instituto»: R. MOYA, La colaboración de las Órdenes y Congregaciones re-
ligiosas y de las Sociedades y Seminarios para las Misisones, in METZLER (ed.), Sacrae
Congregationis de Propaganda Fide memoria rerum: 350 anni a servizio delle Missioni:
1622-1972, III/1, 143.
31
Beniamino Cavicchioni (1837-1911). Cf. Hierarchia Catholica medii et recentioris
aevi, VIII (1846-1903), Ex Typographia “Il Messaggero di S. Antonio”, Patavii 1978, 42,
50, 57, 95, 404; J. LEBLANC, Dictionnaire biographique des Cardinaux du XIXe siècle:
contribution à l’histoire du Sacré Collège sous les pontificats de Pie VII, Léon XII, Pie VIII,
Grégoire XVI, Pie IX et Léon XIII. 1800-1903, Wilson & Lafleur Itée, Montréal 2007, 240;
H.M. LENTZ, Popes and Cardinals of the 20th Century: A Biographical Dictionary, McFar-
land & Company, Jefferson, NC – London 2002, 40-41; https://www.catholic-
hierarchy.org/bishop/bcavicch.html; https://archive.is/uVksf.
32
APF, Acta, anno 1911, vol. 284, «Ponenza N. 3/1911, Prot. N. 103, Gennaio 1911, Sa-
cra Congregazione de Propaganda Fide, Ponente l’Eminentissimo e Reverendissimo Signor
Cardinale Beniamino Cavicchioni, “Relazione con Sommario. Circa la esistenza di più Su-
periori Regolari nelle singole Missioni affidate ad Ordini o ad Istituti religiosi”», ff. 26r-42r.
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33
Willem Marinus van Rossum C.SS.R. (1854-1932). Cf. Hierarchia Catholica medii
et recentioris aevi, IX (1903-1922), Typis Librariae “Il Messaggero di S. Antonio”, Patavii
2002, 12 e 22; LENTZ, Popes and Cardinals of the 20th Century: A Biographical Dictio-
nary, 159-160; S. PAGANO et alii (edd.), I “Fogli Udienza” del Cardinale Eugenio Pacelli
Segretario di Stato, I (1930), Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano 2010, 500;
https://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bvros.html; https://archive.is/uFix.
34
APF, Acta, anno 1916, vol. 288, «Ponenza N. 1/1916, Prot. N. 1788, Gennaio 1916,
Sacra Congregazione de Propaganda Fide, Ponente l’Eminentissimo e Reverendissimo Si-
gnor Cardinale Guglielmo Van Rossum, “Relazione con voto. Circa l’approvazione di un
“Modus Vivendi” fra la Società dei Missionari del S. Cuore e i Superiori delle Missioni al-
la medesima Società confidate o da confidarsi in avvenire”», ff. 2r-24r.
200
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L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
35
Cf. APF, Acta, anno 1916, vol. 288, f. 2v.
36
Michele Lega (1860-1935). Cf. Hierarchia Catholica medii et recentioris aevi, IX, 13;
LENTZ, Popes and Cardinals of the 20th Century: A Biographical Dictionary, 107; PAGANO
et alii (edd.), I “Fogli Udienza” del Cardinale Eugenio Pacelli Segretario di Stato, I (1930),
445; https://www.catholic-hierarchy.org/bishop/blega.html; https://archive.is/lFaj8.
37
APF, Acta, anno 1919, vol. 290, «Ponenza N. 1/1919, Prot. N. 1296, Marzo 1919, Sa-
cra Congregazione de Propaganda Fide, Ponente l’Eminentissimo e Reverendissimo Signor
Cardinale Michele Lega, “Relazione con sommario. Circa la proposta di uno Schema-tipo
di Modus vivendi per determinare le relazioni fra il Superiore ecclesiastico e il Superiore
religioso nelle diverse Missioni affidate ad Ordini o ad Istituti religiosi”», ff. 1r-18v.
38
Cf. Instructio. Ad Vicarios Praefectosque Apostolicos ed ad Superiores Institutorum,
quibus a Sancta Sede Missiones concreditae sunt, in Sylloge praecipuorum documentorum
recentium summorum pontificum et S. Congregationis de Propaganda Fide necnon aliarum
SS. Congregationum romanarum, Typis Polyglottis Vaticanis, [Civitas Vaticana] 1939,
351-357. Anche in J. METZLER (ed.), Sacrae Congregationis de Propaganda Fide memo-
ria rerum: 350 anni a servizio delle Missioni: 1622-1972, III/2, Herder, Rom – Freiburg –
Wien 1976, 780-783.
201
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39
Oreste Giorgi (1865-1924). Cf. Hierarchia Catholica medii et recentioris aevi, IX, 17-
18; LENTZ, Popes and Cardinals of the 20th Century, 81; www.catholic-hierarchy.org/bish-
op/bgiorgi.html; https://archive.is/CzyrY.
40
Rodolfo Caroli (1869-1921). Cf. Hierarchia Catholica medii et recentioris aevi, IX,
121 e 382; LENTZ, Popes and Cardinals of the 20th Century, 81; P. MARABINI, El apóstol de
Bolivia: vida y muerte edificantes del internuncio apostólico, Mons. Rodolfo Caroli, arzobi-
spo titular de Tiro, fallecido en La Paz el 25 de enero de 1921, Escuela Tipográfica Sale-
siana, La Paz 1921; https://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bcaroli.html; https://archi-
ve.is/kbrY6; G. DE MARCHI, Le Nunziature Apostoliche dal 1860 al 1956, LEV, Città del
Vaticano 2006, 71 (ristampa anastatica de Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1957).
41
L’erezione del Vicariato apostolico di El Beni da parte di Benedetto XV data 1° di-
cembre 1917: AAS 10 (1918), 9-10. Cf. Annuario Pontificio per l’anno 1922, Tipografia
Poliglotta Vaticana, Roma 1922, 342.
42
APF, Acta, anno 1919, vol. 290, «Ponenza N. 13/1919, Prot. N. 1862, Luglio 1919,
Sacra Congregazione de Propaganda Fide, Ponente l’Eminentissimo e Reverendissimo Si-
gnor Cardinale Oreste Giorgi, “Relazione con Sommario. Sulla nomina del primo Vicario
Apostolico del nuovo Vicariato di El Beni in Bolivia”», ff. 286r-321r.
43
APF, Acta, anno 1919, vol. 290, f. 286v, in «Ponenza N. 13/1919, “Relazione con
sommario sulla nomina del primo Vicario Apostolico del nuovo Vicariato di El Beni in Bo-
livia”», ff. 286r-321r.
202
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L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
Il Congresso emanava poi, tra vari, un ordine del giorno che, nell’attua-
lità, appare come un invito ad una rinnovata riflessione in vista del IV cen-
tenario della fondazione di PF.
44
PIO X, Lacrimabili statu Indorum (7 giugno 1912), in Acta Apostolicae Sedis 4
(1912), 521-525; Enchiridion della Chiesa missionaria, I, EDB, Bologna 1997, 138-147;
https://w2.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_07061
912_lacrimabili-statu.html; https://archive.is/d3TOi.
45
APF, Acta, an. 1920, vol. 291, f. 170v.
46
F. D’ANVERSA CALLAEY, La S.C. di Propaganda Fide per l’incivilimento dei popoli,
in SOCIETÀ ANTISCHIAVISTA D’ITALIA, Atti del quarto Congresso nazionale della Società an-
tischiavista d’Italia (1926), Anonima Romana Editoriale, Roma 1927, 2.
203
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47
Ibid., 10.
48
In relazione alla diplomazia vaticana della prima metà del secolo XX e l’America La-
tina, si segnalano: P. VALVO, Da Roma al mondo: l’agenda del nuovo Papa. Situazione del-
la Chiesa e prospettive di riforma all’alba del pontificato di Pio X, “Rivista di Storia della
Chiesa in Italia” 2 (2013), 537-538; G.B. VARNIER, La Santa Sede nell’assetto internazio-
nale dopo la grande guerra: la Relazione sui vari Stati presentata al nuovo pontefice Pio
XI, Biblioteca della Rivista di studi politici internazionali, Firenze 2004 (sebbene si con-
sidera la sola Bolivia); R. REGOLI – P. VALVO, Tra Pio X e Benedetto XV. La diplomazia pon-
tificia in Europa e America Latina nel 1914, Studium, Roma 2018 (contenente l’edizione
delle Relazioni presentate al S. P. Benedetto XV, sulla situazione della Nazioni). Di prossi-
ma pubblicazione da parte dello scrivente il volume inedito delle Relazioni sullo stato del-
le Nazioni del 1939 presentate al nuovo papa Pio XII custodito in ASRS, AA.EE.SS. Alcu-
ni risultati dello studio e dell’impiego delle menzionate Istruzioni in: M.L. GRIGNANI, Le
Istruzioni pontificie per Monsignor Pietro Monti, Delegato Apostolico presso la Repubblica
del Cile (1902-1907). Considerazioni della Parte Generale, in S. MAZZOLINI (ed.), Voci ecu-
meniche, UUP, Città del Vaticano 2018, 61-82; ID., La dimensione missionaria nelle Istru-
zioni ai Rappresentanti pontifici nella Repubblica di Bolivia durante il pontificato di Pio
XI, in F. CAJANI (ed.), Pio XI e il suo tempo, Atti del Convegno celebrato a Desio, 10 feb-
braio 2018, “I Quaderni della Brianza” 41 (2018), CISD Pio XI, Desio 2018, 441-474.
49
Sulla differenza tra essi stabilita dal Comunicato delle Segreteria di Stato dell’8 mag-
gio 1916 e dal Codice di Diritto Canonico del 1917 al canone 267 § 2, si veda D. STAFFA,
Delegato Apostolico, in Enciclopedia cattolica, P. PASCHINI (ed.), IV, Ente per l’Enciclope-
dia cattolica e per il libro cattolico, Città del Vaticano 1951, coll. 1345-1350; ID., Le De-
legazioni Apostoliche, Desclée e & Editori Pontifici, Roma – Parigi – Tournai – New York,
NY 1958. Il rapporto tra PF e l’America Latina si può cogliere, per esempio, attraverso lo
sviluppo delle circoscrizioni ecclesiastiche secondo i dati contenuti nei volumi de La Ge-
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rarchia Cattolica prima, e dell’Annuario Pontificio poi. Cf. La Gerarchia Cattolica, Tipo-
grafia dei Fratelli Monaldi, Roma 1878; La Gerarchia Cattolica, Tipografia Vaticana, Ro-
ma 1902; Annuario Pontificio per l’anno 1914, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1914;
Annuario Pontificio per l’anno 1922, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1922; Annua-
rio Pontificio per l’anno 1922, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1939.
50
Si veda per esempio lo studio di C. SALINAS ARANEDA, Las relaciones Iglesia-estado
en Chile en el siglo XIX, in ID., Estudios históricos. El Derecho Canónico en Chile. Siglo
XIX, Pontificia Universidad Católica de Valparaíso, Valparaíso 2016, 19-62.
51
«La Repubblica del Perù non soltanto è in rapporti diplomatici con la Santa Sede,
ma, grazie alla Bolla Praeclara inter dei 16 Marzo 1875, gode del diritto di Patronato già
concesso ai Re di Spagna in ordine alla provvista delle Diocesi, delle Dignità, dei Cano-
nicati di grazia e di ufficio, come pure dei benefici parrocchiali, salvo sempre il concorso
prescritto dai sacri canoni», R. REGOLI – P. VALVO, Tra Pio X e Benedetto XV. La diploma-
zia pontificia in Europa e America Latina nel 1914, 186 [Relazioni presentate al S. P. Be-
nedetto XV, sulla situazione della Nazioni, in ASRS, AA.EE.SS., Stati Ecclesiastici III, po-
sizione 1310, fasc. 452, f. 166r]. Cf. Enchiridion dei Concordati. Due secoli di storia dei
rapporti Chiesa-Stato, EDB, Bologna 2003, 426-431.
205
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[f. 47r]
V
Prefettura Apostolica di S. Leone delle Amazzoni
La Prefettura Apostolica di S. Leone delle Amazzoni, con centro in
Iquitos, affidata ai PP. Agostiniani versa in condizioni non liete princi-
palmente a causa dell’ostilità del Governo e l’avversione dei cittadini
52
L. CARBONI, Gli archivi delle rappresentanze pontificie, in Religiosa Archivorum Cu-
stodia: IV centenario della Fondazione dell'Archivio Segreto Vaticano (1612-2012), Archi-
vio Segreto Vaticano, Città del Vaticano 2015, 273 e 276.
53
Angelo Giacinto Scapardini (1861-1937). Cf. Hierarchia Catholica medii et recentio-
ris aevi, IX, 152; S. PAGANO et alii (edd.), I “Fogli Udienza” del Cardinale Eugenio Pacel-
li Segretario di Stato, II (1931), Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano 2014, 790;
https://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bscap.html; https://archive.is/7Suqx. DE MAR-
CHI, Le Nunziature Apostoliche dal 1860 al 1956, 205.
54
AAV, Archivio Nunziatura Apostolica del Perù, busta 66, fasc. 225, ff. 47r-48v.
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55
Carlo Pietropaoli (1857-1922). Cf. Hierarchia Catholica medii et recentioris aevi,
IX, 123; http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpietr.html; https://www.catholic-hie-
rarchy.org/bishop/bpietr.html. DE MARCHI, Le Nunziature Apostoliche dal 1860 al 1956,
263.
56
AAV, Archivio Nunziatura Apostolica del Venezuela, busta 11, fasc. 29, ff. 41v-43r.
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[f. 41v]
V.
Missioni
Non ignora Mons. Pietropaoli l’interesse vivissimo della S. Sede, mas-
sime in questi ultimi anni, per l’opportuna erezione di nuove diocesi o
anche di missioni, Prefetture e Vicariati Apostolici nell’America Lati-
na, allo scopo di soddisfare nel modo possibile e più efficace le esigen-
ze spirituali di quei vasti e remoti territorii, cui non si estende l’azione
dei centri di vita religiosa già esistenti.
Tale provvido disegno della S. Sede, che si va attuando gradatamente
con i migliori auspici, si presenta ora come oggetto di particolare stu-
dio ed interesse ai Rappresentanti Pontifici nell’America Latina, i qua-
li appunto debbono ritenere parte notevolissima del loro ufficio quella
di adoperarsi, secondo le circostanze, a promuovere l’incremento e l’e-
stensione d’un’opera, che se in ogni tempo ha risposto alla missione di-
vina della Chiesa cattolica, ai giorni nostri, mentre apparisce somma-
mente conforme ed utile alle attuali ragioni della civiltà e del progres-
so, concilia giustamente alla Chiesa stessa generale plauso e favore, ed
inoltre riesce spesso necessaria per guadagnare in tempo il terreno e
prevenire i pericoli più o meno imminenti della civilizzazione laica o
d’una propaganda antireligiosa.
[f. 42r] Mons. Pietropaoli avrà quindi presente un oggetto di tanta im-
portanza e non tralascerà di studiare e sottoporre al giudizio della S. Se-
de quelle proposte che potessero sembrargli necessarie ed opportune.
A tal riguardo, si richiama particolarmente, in primo luogo, la sua at-
tenzione sulla ben nota iniziativa presa dalla S. Sede a favore della re-
denzione religiosa e civile degli indi, i quali vivono in uno stato anco-
ra selvaggio, aggravato sovente dai traffici inumani e dalle crudeli per-
secuzioni, cui si trovano esposti. Tale iniziativa dette luogo ad una cir-
colare, con cui la S. Sede interessò all’opera nobilissima i Rappresen-
tanti Pontefici nelle Repubbliche sud-americane, alla nota missione di
studio del P. Genocchi e finalmente, per adesso, alla Enciclica “Lacri-
mabili Statu”, cui ha corrisposto il plauso comune ed in seguito alla
quale è stata eretta una missione nel territorio del Putumayo, ove le
suddette barbarie erano state specialmente segnalate. Qui acclusi si ri-
mettono gli accennati documenti a Mons. Pietropaoli, il quale avrà cu-
ra d’informarsi sull’esistenza e le condizioni degl’Indi non civilizzati
nei territori del Venezuela, per riferire alla S. Sede, e d’adoprarsi per-
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Riflessioni conclusive
209
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Gustave Droysen nel suo Sommario di Istorica – «l’essenza del metodo sto-
rico è comprendere indagando»57 – è utile associare quella contenuta in
una citazione riportata da Giovanni Coco in quanto offre un’importante in-
dicazione di mentalità per il lavoro di ricerca soprattutto in un archivio ec-
clesiastico:
57
J.G. DROYSEN, Sommario di Istorica, Sansoni, Firenze 1943, 14 [or. Grundriss der Hi-
storik, Verlag von Vait, Leipzig 1882]. Tale osservazione è ricordata anche in un importan-
te contributo di P. CHIOCCHETTA, Teologia e storiografia della Chiesa, Studium, Roma
1969, 13.
58
G. COCO, Il governo, le carte e la memoria, in Religiosa Archivorum Custodia: IV cen-
tenario della Fondazione dell'Archivio Segreto Vaticano (1612-2012), 215.
210
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Mario L. Grignani
ABSTRACT
The article is the outcome of historical-archival research and the text of the lec-
ture presented at the International Symposium “Towards the Fourth Centenary of
the Foundation of the Congregation for the Evangelization of Peoples: status
quaestionis” (Pontifical Urbaniana University, May 11-12, 2017). Updated in
some of its parts, it examines the volumes of the Acta Sacrae Congregationis de
Propaganda Fide fund of the Historical Archives of the Dicastery for Evangeliza-
tion with the aim of tracing the issues pertaining to the Latin American mission-
ary context in the first four decades of the 20th century and to indicate some pos-
sible directions of research related to the then Congregation de Propaganda
Fide and the activity it carried out in the service of Catholic missions and the in-
digenous peoples of Latin America.
212
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Mariano Delgado
REFLEXIONES SOBRE
LOS «APRIORIS» MISIONEROS Y LA
ACTIVIDAD MISIONERA DE LOS CAPUCHINOS
DURANTE LA MISSIO ANTIQUA
EN EL REINO DEL CONGO (1645-1835)
Palabras clave: Capuchinos; Reino del Congo; Missio antiqua; religión; idolatría; bau-
tismo; lenguas y misión; acomodación; clero nativo; esclavos de la Iglesia
1
Cf. p.e.: M. SIEVERNICH, Epochen der Evangelisierung. Ein kurzer Blick auf eine lan-
ge Geschichte, en K. KRÄMER – K. VELLGUTH (Hg.), Evangelisierung. Die Freude des Evan-
geliums miteinander teilen (ThEW 9), Herder, Freiburg 2015, 21-39; J. SCHMIDLIN, Die
Missionsunterschiede der drei kirchlichen Zeitalter (Altertum, Mittelalter und Neuzeit),
“ZMR” 13 (1923), 12-20.
213
3/2022 ANNO LXXV, 213-238 URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Mariano Delgado
2
Cf. SIEVERNICH, Epochen, 38.
3
R. GRAY, Christianity, the Papacy and Mission in Africa. Ed. with an Introduction by
L. SANNEH, Orbis Books, Maryknoll, New York, NY 2012, 27.
4
Baste nombrar aquí dos ejemplos: A. HASTINGS, The Church in Africa 1450-1950, Ox-
ford University Press, New York, NY 1994; J. BAUR, Christus kommt nach Afrika. 2000 Jah-
re Christentum auf dem Schwarzen Kontinent. Aus dem Englischen übersetzt, überarbeitet
und ergänzt von B. MUTH-OELSCHNER (Studien zur christlichen Religions- und Kulturge-
schichte 6), Academic Press Fribourg – Kohlhammer, Fribourg – Stuttgart 2006, 59-87.
5
Cf. T. FILESI – I. DE VILLAPADIERNA, La “missio antiqua” dei Cappuccini nel Congo
(1645-1835). Studio preliminare e guida delle Fonti (Subsidia Scientifica Franciscalia,
Cura Instituti Historici Capuccini 6), Istituto Storico Cappuccini, Roma 1978.
6
J. SCHMIDLIN, Die Lehren der Missionsgeschichte, “ZMR” 22 (1932), 217-224, 221.
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Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros y la actividad misionera de los Capuchinos
Dios», en el que no hay griegos ni judíos, sino que todos son uno en Cristo
(cf. Gal 3,28), converge en cierto sentido con el universalismo romano y
constituye la estrategia del cristianismo primitivo que contribuyó a su éxi-
to en el mundo antiguo; y la voluntad de translación, acomodación o incul-
turación no se nota sólo en el concilio de Jerusalén, cuando se decide no
obligar a los gentiles a observar las leyes judías, sino también en la elec-
ción del griego como lingua franca para los escritos del Nuevo Testamento7.
Veamos ahora los principales aprioris (concepto de religión e idolatría, ac-
titud misionera frente a las mismas, necesidad y urgencia del bautismo, es-
tudio de las lenguas, necesidad de acomodación y clero o catequistas nati-
vos, situación de «los esclavos de la Iglesia») de la Missio antiqua y cómo la
praxis misionera de los Capuchinos y las instrucciones de Propaganda estu-
vieron condicionadas por ellos. Este esfuerzo hermenéutico me parece impor-
tante e incluso imprescindible, pues en la Historia de la misión si no tene-
mos lo que los alemanes llaman un «Verstehenshorizont» o un horizonte her-
menéutico ante la gran cantidad y variedad de fuentes corremos el peligro de
adentrarnos en el bosque de los archivos y sólo ver árboles, pero no el bos-
que en su conjunto. Al presentar los aprioris intentaré siempre comparar la
Missio antiqua de los capuchinos con la experiencia misionera en América.
La religión era para los europeos del renacimiento una constante estructu-
ral de la historia. No concibían al hombre más que como «homo religiosus».
Pues, como decía Cicerón, no hay ningún pueblo «que no sepa que hay que
tener un Dios, aunque ignore qué clase de Dios se debería tener»8. Pero al
mismo tiempo distinguían entre el cristianismo como religio vera y el resto
como religio falsa o idolatría demoníaca. Baste citar a Martín Lutero: «Ex-
tra Christum omnes religiones sunt idola»9. Con el axioma «extra ecclesiam
7
Cf. M. DELGADO, Das Christentum – die historische Konstruktion seiner Identität, en
G.M. HOFF – H. WALDENFELS (Hg.), Die ethnologische Konstruktion des Christentums.
Fremdperspektiven auf eine bekannte Religion, Kohlhammer, Stuttgart 2008, 64-83.
8
MARCUS TULLIUS CICERO, Über die Rechtlichkeit (De legibus), Übers. von K. BÜCHNER,
Reclam, Stuttgart 1989, 16 (I,24).
9
E. FEIL, Religio. Die Geschichte eines neuzeitlichen Grundbegriffs vom Frühchristentum
bis zur Reformation (Forschungen zur Kirchen- und Dogmengeschichte 36), Vandenhoeck
& Ruprecht, Göttingen 1986, 241 (allí se encuentran las citas de la obra de Lutero).
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10
Cf. H. DENZINGER, Enchiridion symbolorum definitionum et declarationum de rebus
fidei et morum / Kompendium der Glaubensbekenntnisse und kirchlichen Lehrentscheidun-
gen. Lateinisch-Deutsch. Hg. v. P. HÜNERMANN, Herder, Freiburg 200942, n. 1351.
11
M. DELGADO (Hg.), Gott in Lateinamerika. Texte aus fünf Jahrhunderten. Ein Lese-
buch zur Geschichte, Patmos, Düsseldorf 1991, 124.
12
J. DE LÉRY, Brasilianisches Tagebuch 1557, Erdmann, Tübingen 1967, 276.
13
DELGADO, Gott, 125s.
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Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros y la actividad misionera de los Capuchinos
En el Congo era evidente que todas las tribus tenían por lo menos ídolos,
sacrificios y ceremonias, pero los capuchinos se reservaron esta percepción
especialmente negativa para la tribu de los Jagas, que tenían fama de caní-
bales y de los que Giovanni Antonio Cavazzi da Montecuccolo en su Istori-
ca Descrizione de Tre Regni Congo, Matamba e Angola (Bologna 1687) di-
ce que «más que los otros idólatras acostumbran a hacer ceremonias inhu-
manas y crueles»14, además «no creen en ningún Dios […], pues no son ca-
paces de deducir la existencia de substancias espirituales e incorpóreas del
conocimiento de las cosas materiales. Por eso», deduce Cavazzi, «mejor
que idólatras deberían ser llamados ateos»15.
Del resto de los congoleses nos dice, haciendo de ellos una especie de
genus angelicum como ya lo hicieran los franciscanos de México con los az-
tecas16, que «si la Fe los guiara al verdadero Dios» no sabe «quien podría
igualarles en acumular tesoros espirituales y ganar con certeza el paraí-
so»17. Los capuchinos perciben que los congoleses creen en un Dios llama-
do «Nzambi-a-mpungu, o “El Dios de arriba”»18, o en «Nzambi-caca, es
decir “el único Dios”», o en «Nzambi-a-diulu, es decir “El Dios del cie-
lo”»19. Pero los capuchinos no lograron penetrar en la lógica de la religión
tradicional africana que consiste en la triple adoración de los ancestros, los
espíritus del cielo y los espíritus de la tierra o la fertilidad. Tampoco distin-
guieron entre los «Nganga» o hechiceros y curanderos comunes, a los que
el pueblo a veces tenía por embaucadores, y los «Quitome», los señores de
la tierra, responsables de los ritos de fertilidad y muy respetados por el pue-
blo. Partiendo del apriori de que toda clase de magia y hechicería se debía
a un pacto con el diablo, y sin saber descifrar la lógica interna de los ritos
africanos para los ancestros o la fertilidad, los capuchinos «no distinguían
14
En Friburgo só he podido consultar la traducción portuguesa de 1965, aquí citada:
J.A. CAVAZZI DE MONTECÚCCOLO, Descriçao histórica dos três reinos do Congo, Matamba e
Angola. Traduçao, notas e índices pelo P.e G.M. de LEGUZZANO. Introduçao biobibliográfi-
ca por F.L. de FARIA, 2 vols., Junta de Investigaçoes do Ultramar, Lisboa 1965, vol. 1, 128
(libro I, no. 268).
15
Ibid., vol. 1, 193 (libro II, no. 37).
16
Cf. M. DELGADO, Die Franziskanisierung der Indios Neu-Spaniens im 16. Jahrhun-
dert, “Stimmen der Zeit” 210 (1992), 363-376.
17
CAVAZZI DE MONTECÚCCOLO, Descriçao, vol. 1, 83 (libro I, no. 157).
18
Ibid., vol. 1, 88 (libro I, no. 169).
19
Ibid., vol. 1, 88 (libro I, no. 171).
217
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20
BAUR, Christus, 73.
21
Cf. P. TEMPELS, Bantu-Philosophie. Ontologie und Ethik, Rothe, Heidelberg 1956.
22
Sterbende Götter und christliche Heilsbotschaft: Wechselreden indianischer Vornehmer
und spanischer Glaubensapostel in Mexiko 1524. “Coloquios y doctrina cristiana” des Fray
Bernardino de Sahagún aus dem Jahre 1564. Spanischer und mexikanischer Text mit
deutscher Übersetzung von W. LEHMANN. Aus dem Nachlaß hg. von G. KUTSCHER (Quel-
lenwerke zur alten Geschichte Amerikas aufgezeichnet in den Sprachen der Eingebore-
nen, III), Kohlhammer, Stuttgart 1949, 87, 88, 90, 122, 129, 131, 134, 93.
23
Cf. M. SIEVERNICH, Missionstheologien nach Las Casas, en B. DE LAS CASAS, Werkaus-
wahl, vol. 1: Missionstheologische Schriften, Hg. von M. DELGADO, Schöningh, Paderborn
1994, 71.
24
J. DE ACOSTA, De procuranda indorum salute. 2 vols. (CHP 23, 24), Instituto Superior
de Investigaciones Científicas, Madrid 1984-1987, vol. 2, 424-429 (libro VI, cap. 12).
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25
Cf. M. DELGADO, Religion in der Renaissance und die Innovation des Bartolomé de Las
Casas, en ID. – H. WALDENFELS (Hg.), Evangelium und Kultur. Begegnungen und Brüche.
Festschrift für Michael Sievernich (Studien zur christlichen Religions- und Kulturge-
schichte 12), Academic Press Fribourg – Kohlhammer, Fribourg – Stuttgart 2010, 397-410.
26
CAVAZZI DE MONTECÚCCOLO, Descriçao, vol. 1, 87 (libro I, no. 166).
27
Cf. A. GUERRERO MOSQUERA, Espejo cultural africano: imágenes de los reinos del
Congo y Angola en la Costa Caribe del reino de Nueva Granada, “Memorias. Revista digital
de historia y arqueología desde el Caribe colombiano” 10, 23 (2014), 153-179, 163.
28
Ibid., 164.
29
Cf. AUGUSTINUS, Sermo 62: De Verbis domini, en PL 38, 420ss. En la Controversia de
Valladolid (1550-1551), el humanista Juan Ginés de Sepúlveda se refirió a este principio
agustiniano para legitimar la coacción y la destrucción violenta de la idolatría amerindia
pública y de la oculta después de la conquista española. Cf. B. de LAS CASAS, Obras com-
pletas, ed. P. CASTAÑEDA, vol. 10, Alianza editorial, Madrid 1992, 116s.
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lipinas y también para la Missio antiqua en el Reino del Congo, pues aun-
que dependía más bien de Propaganda que del Patronato portugués conta-
ba con el favor de los Reyes del Congo; sin embargo, allí donde la Iglesia
no podía actuar así, como en la India, en China y en Japón, se paró la ma-
quinaria colonial y la mezcla de misión y colonialismo. Por causa del
«agustinismo político», los capuchinos en el Reino del Congo no pudieron
seguir siempre las huellas irénicas de su Padre San Francisco, sino que hi-
cieron más bien lo que ya se había practicado en la misión americana.
Los franciscanos de México, nos dice Jerónimo de Mendieta, al ver que
«era tiempo perdido y trabajar en vano mientras los templos de los ídolos
estuviesen en pie»30, comenzaron a destruirlos muy pronto con la ayuda de
los niños y jóvenes de sus escuelas en una política radical de tabula rasa y
a sustituirlos por imágenes y símbolos cristianos. Acosta, un poco más co-
medido, defiende primero el ideal de que los indios después de aceptar la
verdad del evangelio destruyeran ellos mismos sus ídolos y templos, pero
en caso de que esto no ocurriera, no duda en proponer medidas de coacción
contra los hechiceros e idólatras y la substitución sistemática de las cere-
monias paganas por las cristianas. Sólo Las Casas defendió siempre la bue-
na teoría de la destrucción de los ídolos por los mismos indios después de
su conversión y que la substitución de unas ceremonias por otras debería
tener lugar como resultado de la persuasión y el convencimiento, sin nin-
guna clase de coacción, y lo hacía con un argumento muy lógico y afectivo:
«porque, sin primero por mucho tiempo haber a los indios y a cualquiera
nación idólatra doctrinado, es gran desvarío quitarles los ídolos, lo cual
nunca se hace por voluntad sino contra a la de los idólatras, porque ningu-
no puede dexar por su voluntad y de buena gana aquello que tiene de mu-
chos años por Dios y en la leche mamado y autorizado por sus mayores sin
que primero tenga entendido que aquello que les dan o en que les conmu-
tan su dios, sea verdadero Dios»31.
Los capuchinos actuaron con una cierta impaciencia, lo mismo que los
franciscanos de México. El 19.9.1648, pco después de llegar al Congo, ob-
tuvieron del rey García II un decreto que mandaba a sus súbditos seguir
30
J. DE MENDIETA, Historia eclesiástica indiana. 2 vols. (Biblioteca de Autores Espa-
ñoles 260, 261), F. SOLANO PÉREZ-LILA (ed.), Atlas, Madrid 1973, vol. 1, 138 (libro III,
cap. 20).
31
B. de LAS CASAS, Historia de las Indias, en ID., Obras completas. Ed. P. CASTAÑEDA,
vol. 5, Alianza editorial, Madrid 1994, 2264 (libro III, cap. 117).
220
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Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros y la actividad misionera de los Capuchinos
32
BAUR, Christus, 71.
33
CAVAZZI DE MONTECÚCCOLO, Descriçao, vol. 1, 87s (libro I, no. 168).
34
G. MONARI DA MODENA, Viaggio al Congo, Biblioteca Estense de Modena, mss ital.
1380 (V. A. 37) = Alfa n. 9.7., ff. 142, Avv. 16, f. 297, citado según J.C. ALMEIDA, Entre
gente “aspra e dura”. Advertências de un missioário no Congo e Angola (1713-1723), “Re-
vista lusófona de Céncia das Religiões” 7 (2008), 13/14, 463-483, 479.
35
BAUR, Christus, 76.
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che attione che mostri forza, come minacciarli di levare alcuna cosa dalle
loro case, o di fargli perdere a gratia delli loro Signori […] dicendo que so-
no gente rotta e bestiale, e se non si fa con qualche timore, mai daranno ri-
medio alle anime loro, né si leveranno mai dal peccato, perché questo se-
ria fare espressamente contro la mente della Sacra Congregatione e del
Pontifice, quale manda alli Ministri Ecclesiastici a predicare la parola di
Dio, ad imitatione di Christo. Minaccino lo castighi di Dio, le pene dell’in-
ferno, e l’allettino con la speranza de’ premij eterni, ma mai si servano di
cose temporali, che indichino violenza»36.
Con el tiempo, no faltó en el proceso de sustitución la prudencia. En su
Missione in practica de 1747, Bernardino d’Asti distingue las malas cos-
tumbres, que hay que destruir, de los usos y costumbres indiferentes, que
se pueden tolerar, y de las buenas costumbres, que se deben asumir37. Hoy
en día disponemos del preclaro principio de inculturación de Nostra aeta-
te no. 2: «La Iglesia católica no rechaza nada de lo que en estas religiones
hay de santo y verdadero. Considera con sincero respeto los modos de obrar
y de vivir, los preceptos y doctrinas que, por más que discrepen en mucho
de lo que ella profesa y enseña, no pocas veces reflejan un destello de aque-
lla Verdad que ilumina a todos los hombres». Pero los capuchinos de la Mis-
sio antiqua, aparte de su prudencia, no disponían ni siquiera de una Ins-
trucción como la que Propaganda dió en 1659 a los vicarios apostólicos que
fueron enviados a China e Indochina: «No os esforcéis en hacer que esas
gentes cambien sus ritos y costumbres habituales, ni les aconsejéis en ab-
soluto que lo hagan, a menos que contradigan abiertamemte la religión y las
buenas costumbres»38. Propaganda se cuidó mucho de dar una Instrucción
parecida a los misioneros que partían para África.
También esto tiene que ver con uno de los aprioris de la tercera época de
la misión, que formuló claramente el jesuíta José de Acosta e hizo suyo Pro-
paganda. Para Acosta había tres clases de paganos o bárbaros en la época
de los descubrimientos, y el método misionero debería adaptarse a ellos. A
la primera clase pertenecen los chinos, los japoneses y la mayoría de los
36
G. SACCARDO, Congo e Angola. Con la storia dell’antica missione dei cappuccini. A
cura di E. da CAVASO, 3 vols., Curia provinciale dei Cappuccini, Venezia – Mestre 1982-
1983, 155.
37
Cf. BAUR, Christus, 74.
38
K. KOSCHORKE – F. LUDWIG – M. DELGADO, Historia del cristianismo en sus fuentes.
Asia, África, América Latina (1450-1990), Trotta, Madrid 2012, 54.
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pueblos de las Indias Orientales, que son casi tan civilizados como los eu-
ropeos, pues tienen «formas de gobierno codificadas, leyes estatales, ciuda-
des amuralladas, funcionarios muy apreciados, un comercio floreciente y
bien organizado, y – lo que es más importante – un uso general de la escri-
tura». A la segunda clase pertenecen los pueblos de las grandes culturas
amerindias de los mayas, aztecas e incas, que aunque no tenían escritura,
sí disponían de regimiento político bien organizado y de un espléndido cul-
to religioso con sacerdotes y templos. A la tercera clase pertenecen final-
mente los Guaraní y la mayoría de los pueblos del Nuevo Mundo, que viven
sin ley ni rey, sin contratos y sin administración estatal y también sin un cul-
to religioso bien organizado. Acosta no habló de los africanos, pero está cla-
ro que los clasificaría entre la segunda y la tercera clase, distinguiéndolos
claramente de los asiáticos, como finalmente hizo Propaganda. Para Acosta
todos esas clases de paganos son capaces de la fe, pero el método misione-
ro debe adaptarse a su grado de desarrollo cultural, y en los de la segunda
y tercera clase puede y debe incluir formas de paternalismo y coacción39.
39
ACOSTA, De procuranda, vol. 1, Proemium 60ss.
40
DENZINGER, Enchiridion symbolorum, n. 1618 (cf. también n. 1524).
41
Cf. LAS CASAS, Obras competas, vol. 10, 143, 145. Cf. ID., Glaubenstradition im Kon-
text. Voraussetzungen, Verdienste und Versäumnisse lascasianischer Missionstheologie, en
ID., Werkauswahl, vol. 1, 35-58, 56.
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42
Cf. J. BECKMANN, China im Blickfeld der mexikanischen Bettelorden im 16. Jahrhun-
dert, Neue Zeitschrift für Missionswissenschaft, Schöneck-Beckenried 1964.
43
Cf. Carta de Fray Toribio de Motolinía al Emperador Carlos V (Enero 2 de 1555), en
T. DE BENAVENTE, Historia de los indios de la Nueva España, (Crónicas de América 16),
Ed. C. ESTEVA, Historia 16, Madrid 1985, 299-326, 306.
44
Cf. texto original latino en America pontificia primi saeculi evangelizationis 1493-
1592. Documenta pontificia ex registris et minutis paresertim in Archivo Secreto Vaticano
existentibus. (Collectanea Archivi Vaticani 27/1), ed. J. METZLER, Libreria Editrice Vatica-
na, Ciudad del Vaticano 1991, 361-365.
45
Cf. el texto latino del parecer en: F. DE VITORIA, Relectio de Indis o Libertad de los in-
dios. (Corpus hispanorum de pace 5), Ed. L. PEREÑA e.a., Instituto Superior de Investiga-
ciones Científicas, Madrid 1967, 157-164.
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46
Ibid., 158: «Barbari illi infideles non antea sunt baptizandi, quam sint sufficienter
instructi, non solum in fide, sed etiam in moribus christianis, saltem quantum necesarium
est ad salutem, nec priusquam sit verisimile eos intelligere quid recipiant, aut respectent,
et profiteantur in baptismo, et velint vivere et perseverare in fide et religione christiana».
47
ACOSTA, De procuranda, vol. 2, 362-363 (libro VI, cap. 3).
48
Ibid., vol. 2, 362-363 (libro VI, cap. 3).
49
Cf. p.e. una fuente de un autor jesuita de finales del siglo XVI sobre la evangeliza-
ción del Perú en KOSCHORKE – LUDWIG – DELGADO, Historia del cristianismo, 321s.
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50
T. FILESI, Studio preliminare, en: ID. – DE VILLAPADIERNA, La “missio antiqua”, 9-
133, 44.
51
SACCARDO, Congo e Angola, vol. 3, 147.
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no per un quarto d’ora, recitando poi il piccolo rosario, cioè 12 Ave Maria
e tre Padre Nostro. Infine doveva visitari i malati, recando loro consolazine
spirituale e anche materiale con qualche regalo, specialmente se poveri. In
caso di morte, doveva participare ai loro funerali»52. Un programa ambicio-
so, cuyo alcance es difícil de cuantificar y que, en cualquier caso, sólo po-
día funcionar en los pocos pueblos grandes, en los que la presencia de los
capuchinos era más o menos estable y tenían sus hospicios (en cada una de
las ocho provincias había sólo uno), pero no en la vasta región que cubrían
de vez en cuando con las «misiones volantes». Los bautizados en éstas así
como los niños en general, bautizados de prisa y corriendo por temor a que
muriesen sin bautismo, crecían en un ambiente pagano y retornaban prac-
ticamente al paganismo.
El bautismo solía tenía lugar en el marco de una ceremonia festiva, que
a los congoleses les recordaba algunos de los ritos tradicionales de sus cu-
randeros. Antes de bautizar con el agua, se ponía a los candidatos un gra-
no de sal en la boca, y por eso llamaban los nativos al bautismo «Kulia
Mungwa» o «comer sal»; y, a pesar de que los capuchinos introdujeron el
nombre de «Lusukulu Langwisi» o «santo lavado», siguieron llamándolo
así, porque lo veían como una «medicina potente y protectora» con la que
la religión del hombre blanco, que era a la vez la de su rey, les protegía53.
52
Ibid., vol. 3, 139.
53
Cf. BAUR, Christus, 77.
227
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54
J. DE ZUMÁRRAGA, Suplemento del Catecismo o Enseñamiento del cristiano (Segunda
parte de la “Doctrina cristiana más cierta y verdadera para gente sin erudición y letras”,
en J. GUILLERMO DURÁN, Monumenta catechetica hispanoamericana (Siglos XVI-XVII), vol.
2 (Siglo XVI), Facultad de Teología de la Universidad Católica Argentina, Buenos Aires
1990, 115-159.
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Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros y la actividad misionera de los Capuchinos
palabras que utiliza para hacerse servir o mandar que le traigan la comida
[…] se enseña a los indios la doctrina como los mendigos cantan sus co-
plas para pedir limosna»55.
Si esto ocurría en América, a pesar de las muchas gramáticas y vocabu-
larios de las lenguas indígenas que escribieron los misioneros, de las cáte-
dras para el aprendizaje de las lenguas y de las leyes de la Corona y de la
Iglesia para exigir un nivel de conocimiento adecuado: ¿Cómo sería la situa-
ción en la Missio antiqua de los capuchinos, donde las condiciones fueron
desde el principio mucho peores que en América? No había ni imprenta, ni
obispado, ni cátedras para aprender las lenguas ni control del conocimien-
to por las leyes de la Corona o de la Iglesia, sólo instrucciones de Propagan-
da que exhortaban a la evangelización en las lenguas nativas, y la convic-
ción de los mismos capuchinos de que debería ser así. Y hay que reconocer
que intentaron hacer lo que podían dentro de las condiciones adversas.
Por falta del conocimiento de las lenguas, los capuchinos se vieron obli-
gados a continuar la práctica introducida por los portugueses de trabajar en
la predicación, la catequesis y la confesión por medio de intérpretes. Estos
últimos tenían que comprometerse por juramento a guardar el secreto de
confesión. Y en las crónicas capuchinas, lo mismo que en la obra apologé-
tica de Saccardo, se dice que los intérpretes siempre lo guardaron, aunque
sea un misterio cómo los primeros capuchinos, sin saber la lengua, pudie-
ran controlarlo. Pero aparte de los problemas pastorales de la confesión por
intermediario, el sistema fomentaba la corrupción y la explotación de los
fieles por parte de muchos intérpretes que exigían de ellos dádivas, «ame-
nazándoles incluso con que no les valían los sacramentos si se negaban a
darlas»56. Cavazzi dice que los intérpretes «per scarsa intelligenza dei mis-
teri della santa Fede o per mancanza di lealtà, finivano per essere causa di
non poca confusione ed errori»57. Y el español Antonio de Teruel escribe
que los misioneros solían ser engañados «por los intérpretes, que como no
tiran sino al blanco de su interés, respiran poco en el de convertir las almas
55
ACOSTA, De procuranda, vol. 2, 18-19 (libro IV, cap. 3).
56
B. DE CARROCERA, Introducción, en M. de ANGUIANO, La misión del Congo. Con in-
troducción y notas de B. DE CARROCERA, (Misiones capuchinas en África 1), Consejo Su-
perior de Investigaciones Científicas, Madrid 1950, VII-XXXVIII, XV.
57
FILESI, Studio preliminare, 82. Cf. SACCARDO, Congo e Angola, vol. 3, 128, donde ci-
ta que Cavazzi describe a los intérpretes de los primeros años como «sfruttatori dei mis-
sionari e del popolo». Cf. un juicio parecido de Cavazzi en ANGUIANO, La misión, 224.
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58
A. de TERUEL, Descripción narrativa de la misión seráfica de los Padres Capuchinos
y sus progresos en el Reino de Congo. Manuscrito: Biblioteca Nacional de España, 1646,
mss. 3533, Fol. 81. Citado aquí según: A. GUERRERO MOSQUERA, Catecismos a través del
Atlántico. La evangelización de kongos y ngolas en las posesiones portuguesas e hispánicas
de ultramar. 1624-1697, “Montalbán. Revista de Humanidades y Educación” n. 47
(2016), 659-681, 667. Cf. Cf. un juicio parecido de Teruel en ANGUIANO, La misión, 225.
59
Cf. BAUR, Christus,74.
60
CARROCERA, Introducción, XVII.
61
Ibid., XVI.
230
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Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros y la actividad misionera de los Capuchinos
rica, donde las condiciones para el aprendizaje de las lenguas eran mucho
mejores. La obra Missione in prattica de Bernardino d’Asti nos muestra la
vigencia de la confesión por medio de intérpretes todavía a mediados del
siglo XVIII. Además, aunque los capuchinos supieran la lengua, parece
que muchos congoleses preferían la confesión por medio de intérpretes,
pues tenían miedo de los capuchinos y muchas veces no se atrevían a res-
ponder a sus preguntas62.
62
Cf. BAUR, Christus, 77.
63
Ibid., 74.
231
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64
Cf. J. DE MENDIETA, Historia, vol. 2, 60s. (libro IV, cap. 23).
65
BAUR, Christus, 74.
66
Cf. F.G. POMA DE AYALA, Nueva crónica y buen gobierno, J.V. MURRA. – R. ADORNO –
J.L. URIOSTE (eds.) (Crónicas de América 29a, 29b und 29c), Historia 16, Madrid 1987,
vol. 2, 882.
67
Cf. K. RAHNER, Theologische Grundinterpretation des II. Vatikanischen Konzils, en
ID., Schriften zur Theologie, vol. 14, Benziger, Zürich 1980, 287-302, 288s.
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Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros y la actividad misionera de los Capuchinos
68
J. SCHMIDLIN, Katholische Missionslehre im Grundriss, Aschendorff, Münster 1923, 311.
69
Del modo que se ha de tener en enseñar, y predicar a los Indios, en: Doctrina cristiana
y Catecismo para la Instrucción de los Indios. Tercer Catecismo y Exposición de la Doctrina
cristiana por sermones (Corpus hispanorum de pace 26/1, 26/2), Consejo Superior de
Investigaciones Científicas, Madrid 1985-1986, vol. 2, 351-357, 352.
70
Ibid., 352-356.
71
Cf. G. BELOTTI DA ROMANO, Avvertimenti Salutevoli Alli Aposttolici Missionarij
Specialmente Ne Regni del Congo, Angola, e circonvicini… (c. 1680), Biblioteca del Cle-
ro di S. Alessandro, Bergamo, ms. 43. Cf. FILESI, Studio preliminare, 66-72.
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72
Cf. MONARI DA MODENA, Viaggio al Congo. Cf. FILESI, Studio preliminare, 72-74; C.
PIAZZA, La relazione inedita di Fra’ Giuseppe da Modena OFMCap. ‘Viaggio al Congo’
(1723), “Africa. Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per
l’Africa e l’Oriente” 27, n. 2 (1972), 6, 247-264; ALMEIDA, Entre gente.
73
Missione in pratica dei P.P. Cappuccini Italiani ne Regni di Congo, Angola e adiacen-
ti, brevemente esposta p. lume, e guida de Missionari aquelle Sante Missioni destinati. Ma-
nuscrito de 1747 (89 folios) Atribuído a P. B. I. D’ASTI. Cf. la versión italiana original
digitalizada en: https://purl.pt/26467/4/cod-1432_PDF/cod-1432_PDF_24-C-R0150/cod-
1432_0000_capa-capa_t24-C-R0150.pdf (13.03.2022). Hay traducción al francés: La
Pratique Missionnaire des PP Capucins Italiens dans les royaumes de Congo, Angola et
contrées adjacentes, brièvement exposée pour éclairer et guider les missionnaires destinés à
ces saintes missions. 1747. Éditions de l’Aucam – E. Desbarax Editeur, Louvain 1931. Cf.
FILESI, Studio preliminare, 74-79.
74
Citado según FILESI, Studio preliminare, 73.
75
F.J. DE JACA, Resolución sobre la libertad de los negros y sus originarios, en estado de
paganos y después ya cristianos. La primera condena de la esclavitud en el pensamiento
hispano, M.A. PENA GONZÁLEZ (ed.), Consejo Superior de Investigaciones Científicas, Ma-
drid 2002.
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Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros y la actividad misionera de los Capuchinos
das las estaciones misioneras «avessero degli Schiavi della Chiesa, quan-
tunque di alcune non si abbiamo acceni»76. Se habla de 400 a 500 escla-
vos en el hospicio de los capuchinos de Nsoyo a finales del siglo XVIII77.
En otros hospicios había una centena. Como dice Carlo Toso, eran obteni-
dos «a través de ofertas, bien de señores africanos, bien de traficantes o
bienechores europeos, o para pagar servicios prestados, prolongando, de al-
guna forma, practicas comunes en aquellas sociedades»78. No pocos capu-
chinos del Congo presentaron recursos a Propaganda contra la trata negre-
ra79, pero aceptaban el fenómeno de los esclavos de la Iglesia, porque no lo
percibían como parte de la trata.
Propaganda optó por la Realpolitik del mal menor, al permitir que los ca-
puchinos se convirtieran más o menos en árbitros de la trata negrera, pro-
hibiendo la venta a las ingleses por ser herejes y cerrando los ojos ante los
portugueses. Antes de partir para América se bautizaba a los esclavos prac-
ticamente como si fueran niños, sin catequesis previa, según cuenta el je-
suita Alonso de Sandoval no sin cierta ironía80. También llama la atención
en un espíritu crítico que Propaganda cite siempre documentos papales
contra la esclavitud (aunque realmente sólo se refirieran a la esclavitud de
los «bautizados», como las declaraciones de Eugenio IV en 1434, de Pío II
en 1462, de Pablo III en 1537, de Urbano VIII en 1639 o de Benedetto XIV
76
SACCARDO, Congo e Angola, vol. 3, 297.
77
Cf. C. ALMEIDA, Escravos da missão – notas sobre o trabalho forçado nas missões dos
capuchinhos no Kongo (finais do Séc. XVII), “Revista Tempo. Espaço, Linguagem”, V. 5,
(2014), 3, 40-59, 47. Los capuchinos no eran una excepción. Por esa época los jesuitas
tenían en Luanda 1080 esclavos trabajando para ellos.
78
ID., Escravos, 48.
79
Cf. SACCARDO, Congo e Angola, vol. 3, 289-296.
80
A. DE SANDOVAL, Un tratado sobre la esclavitud, E. VILA VILAR (ed.), Alianza, Madrid
1987, 383: «En el puerto de Angola llamado Loanda, dicen y certifican los mismos mer-
caderes de negros que se han hallado presentes a sus bautismos, que los ministros y cu-
ras que administran estos sacramentos a estos morenos no hacen más que juntarlos en hi-
leras en la iglesia y a las veces en la plaza. Un día antes que los embarquen, habiéndolos
tenido hasta entonces encerrados y aprisionados porque no se vayan, y sin haber precedi-
do catecismo ninguno, ni haberles enseñado siquiera, quién es Dios, lo primero que les
hacen es irles diciendo a todos sus nombres, dándoselos escritos, porque no se olviden;
hecho esto vuelven a dar la vuelta echándoles sal en la boca a todos, y a la tercera vuel-
ta les echan agua, muchas veces con hisopos por la prisa, y así se acaba el bautismo […]
Y venido a averiguar el concepto que los bautizados han hecho de su bautismo, dicen unos
que pensaron era cosa de hechicería para comérselos los españoles».
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7. Conclusión
81
Cf. p.e. FILESI, Studio preliminare, 55s., SACCARDO, Congo e Angola, vol. 3, 268s.
82
Cf. p.e. M. DELGADO, Katholische Kirche und Kolonialismus – einige Aufgaben,
“JCSW” 61 (2020), 63-83.
83
Cf. el caso del esclavo Lourenço: ALMEIDA, Escravos, 283-288.
84
SACCARDO, Congo e Angola, vol. 3, 300.
85
Cf. Instrucción Libertatis nuntius, “AAS” 76 (1984), 876 (prólogo).
86
M. DELGADO, Die Missionsgeschichte auf der Anklagebank? Zum religionspädagogis-
chen Umgang mit der Verquickung von Mission und Kolonialismus, en E. GROSS – K.
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Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros y la actividad misionera de los Capuchinos
KÖNIG (Hg.), Religiöses Lernen der Kirchen im globalen Dialog. Weltweit akute Heraus-
forderungen und Praxis einer Weggemeinschaft für Eine-Welt-Religionspädagogik (Forum
Religionspädagogik interkulturell 1), Lit, Münster 2000, 311-321.
87
FILESI, Studio preliminare, 23.
88
Cf. ibid., 31.
237
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ABSTRACT
L’articolo prende le mosse dalla tesi secondo la quale, in età moderna, l’attività
missionaria della chiesa cattolica era guidata da una serie di presupposti o “a
priori” e dimostra come la Missio Antiqua dei Cappuccini nel Regno del Congo
(1645-1835) ne fosse influenzata in una serie di contesti: concetto di religione
ed idolatria; atteggiamento missionario nei loro confronti, necessità ed urgenza
del battesimo, studio delle lingue native, la necessità di alloggi e di clero o ca-
techisti autoctoni, la situazione degli “schiavi della chiesa”.
The article starts from the thesis that in the modern age the missionary activity
of the Catholic Church started from a series of presuppositions or “a prioris” and
shows how the Missio antiqua of the Capuchins in the Kingdom of the Congo
(1645-1835) was marked by them in the following fields: concept of religion and
idolatry, missionary attitude towards them, the need and urgency of baptism, the
study of native languages, the need for accommodation and native clergy or
catechists, the situation of “the slaves of the Church”.
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UUJ
RECENSIONI /
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Lorella Congiunti
ELEONORE STUMP – THOMAS JOSEPH WHITE (eds.)
The New Cambridge Companion to Aquinas
Mariangela Petricola
CARMELO DOTOLO, L’utopia cristiana dell’umano.
Idee per un umanesimo differente
Ardian Ndreca
MARCO IVALDO, Sul male. Kant, Fichte, Schelling, Hegel
Ardian Ndreca
ANDREA AGUTI, Morale e religione.
Per una visione teistica
Lorella Congiunti
GIORGIA SALATIELLO, Sinodalità di donne e di uomini
Antonio Landi
JOSEPH SIEVERS – AMY-JILL LEVINE (a cura di)
I farisei. Con il discorso rivolto da papa Francesco
ai partecipanti del Convegno
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ELEONORE STUMP – THOMAS JOSEPH WHITE (eds.)
The New Cambridge Companion to Aquinas
Cambridge University Press, Cambridge 2022, XVII + 408 pp.
241
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Recensioni / Segnalazioni bibliografiche
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pretazione della idea cristiana di semplicità di Dio e giunge alla lettura del-
le persone trinitarie come relazioni sussistenti, con lo scopo di mostrare «the
logical compatibility of Aquinas’s Trinitarian Theology, his doctrine of God
and his metaphysics of creaturely composition» (57). Questo contributo, no-
dale per il tema, offre anche a livello metodologico una importante chiave di
lettura, mostrando come la filosofia nel pensiero di Tommaso sia legata alla
teologia, e la sua visione della realtà è sempre insieme filosofica e teologi-
ca, pur senza operare mai confusione tra le diverse conoscenze e le diverse
facoltà. Scrive infatti «Aquinas does not think that we can derive natural
knowledge of the Trinity from the philosophical consideration of created
things. He does, however, believe that we can gain new insight into the
meaning of creation in light of Trinitarian revelation» (80) e così conclude
«Aquinas’s theological understanding of the Trinity makes specific use of the
notion of divine simplicity in this regards and in turn allows one to re-read
the composition in creature in light of the processions of the Word and the
Spirit. Creatures are thus understood in their composite metaphysical de-
pendency as finite and temporal expressions of the Trinity» (82-83).
Gaven Kerr offre una ricognizione ampia e profonda della questione dei
“trascendentali”, inserendola nel contesto della teoria della partecipazio-
ne, soffermandosi infine sul legame tra bonum et esse rinvenendo in Dio,
che è esse in sé e bonum in sé, la fonte di ogni perfezione, perfezione che
«will not be a perfection discontinuous with the nature of a creature». Dio
ama le creature e non cessa di amarle «not because of what they are, but
because of what he is» (102). Passando dall’acqua della filosofia al vino
della teologia, conclude «The claim of a parallelism between philosophy
and faith of course does not establish the truth of the theological doctrines
in question, but it does show how the Thomistic metaphysics of esse and the
accompanying understanding of the goodness of all creatures fit nicely with
those doctrines; so that one who believes such theological truths can be as-
sured of the metaphysical foundations that they presuppose» (102).
James Dominic Rooney analizza la metafisica della creazione di Tomma-
so, mettendone in evidenza la compatibilità con le scienze contemporanee.
I tre caposaldi della metafisica della creazione cristiana – l’universo è gui-
dato dalla provvidenza divina; Dio crea senza alcuna costrizione e vincolo;
l’universo è creato nel tempo, di cui solo quest’ultimo è una verità rivelata
e strettamente inaccessibile alla ricerca umana filosofica – correttamente
intesi entro la valorizzazione delle cause seconde, sono compatibili con sva-
riate teorie scientifiche, la cui autonomia metodologica viene garantita dal
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influence our choices, but they do not determine them»; la prescienza div-
ina: «God’s foreknowledge (taken as speculative) leaves our choices free
because it doesn’t determine it» (216). Appare più ampio il dibattito sul
rapporto tra free choice and divine causation ed anche tra free choice and
practical judgement, ovvero tra iudicium et electio, e l’autore conclude che
proprio in questo ambiti «it is hard to be sure whether to go in a libertari-
an or a compatibilist direction», come se Tommaso lasciasse spazio «for
more than one reading in a way that cannot really be overcome» (226).
La parte IV dedicata ad “Ethics” si compone di altri tre capitoli; il pri-
mo, scritto da Tobias Hoffman, si collega all’ultimo capitolo della sezione
“Epistemology”, proseguendo la riflessione sulla libertà, affrontando il suo
rapporto con la grazia che è «a gratuitous divine gift that exceeds our hu-
man nature and allows us to obtain a supernatural, eternal good» (233), di-
stinguendo tre significati di libertà: libertà dal peccato, libertà della volon-
tà (libertas voluntatis) e libera scelta (liberum arbitrium) e su quest’ultimo
significato si concentra il contributo. Viene proposta anche la distinzione
tra grazia santificante (gratia gratum faciens), grazia giustificante (gratia
iustificans) e grazia risanatrice (grazia sanans). Hoffman affronta tematiche
teologiche quali il peccato originale, la predestinazione, la mozione divina,
la libertà di Gesù Cristo e della Vergine Maria, le virtù infuse, i doni, i sa-
cramenti. Fondamentale è la distinzione tra grazia operativa e cooperativa
che riguarda sia la grazia attuale che la grazia abituale: «When God’s grace
moves our mind -that is, our intellect and will- to produce its effect without
our collaboration, it is called operative grace; when it does so with our co-
operation, it is called cooperative grace» (244) considerando che «Grace
never operates without or even against our free will, but it does not always
produce its effect in cooperation with our will» (244). Il problema sotteso è
fino a che punto la grazia ci lasci il controllo delle nostre azioni. La conclu-
sione rimanda alla visione beatifica come compimento della libertà: «In
this life, then our will is only occasionally determined, in the reception of
operative grace. Only in the beatific vision will our response to God be de-
termined completely and permanently, making us unable not to love him,
although leaving us free to express our love differently. The determination
to love God is not achieved through operative grace, however, but through
our full realization that every aspect of goodness is in God and that every-
thing else is good only in relation to God» (250).
Il capitolo successivo scritto da Colleen McCluskey dal significativo ti-
tolo “From Metaethics to Normative Ethics” offre la struttura fondamentale
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della teoria morale di Tommaso, fondata sulla sua considerazione della na-
tura umana e tutta teleologicamente impostata sul fine ultimo della vita
umana che si identifica con la felicità, distinta in imperfetta, quella che ari-
stotelicamente viene conseguita con le virtù, e perfetta, che implica il rap-
porto con Dio e si realizza completamente nella prossima vita. Dopo aver
delineato il ruolo delle virtù, i doni e i frutti dello Spirito Santo, il rapporto
tra Grazia e legge, il ruolo del vizio e del peccato, l’autore si interroga infi-
ne se tale teoria etica, così comprensiva e complessa, possa interessare chi
non ne condivide l’impostazione teologica e conclude che ritiene che sia in
ogni caso utile per la comprensione della vita umana: «his account of the
virtues and vices contains many resources for serious thought on what con-
stitutes a good human life, including in our current situation» (278).
Nel terzo capitolo di argomento etico, Andrew Pinsent sviluppa il sistema
quadruplice di attributi perfettivi, ovvero virtù, doni, beatitudini e frutti a cui
dà come nome l’acronimo VGBF, che mostra essere fondato sul principio del-
la «second-person relatedness with God», che Pinsent esplicitamente colle-
ga all’io-tu di Martin Buber, e sebbene si tratti di una impostazione teologi-
ca, egli ritiene che «this account corresponds to all kinds of daily experien-
ce of second-person relatedness», come supportato dalle ricerche della psi-
cologia sperimentale e delle neuroscienze: «This new appreciation of Aqui-
nas’s VGBF ethics may therefore help stimulate an important and timely new
approach to virtue ethic at the beginning of the third millennium» (300).
La quinta ed ultima parte è dedicata a “Philosophical Theology” e, non-
ostante il titolo, sviluppa tematiche attinenti alla Sacra Doctrina, in quattro
capitoli. Il primo capitolo, scritto da Brian Leftow, affronta il peccato origi-
nale, mettendo in evidenza come Tommaso affronti la questione nell’orbita
di sant’Agostino, ma in un distinto percorso. La riflessione sulle conseguen-
ze del peccato originale conduce Tommaso a una posizione senz’altro meno
severa di quella di Calvino. In particolare, la riflessione su quanto un non
cristiano possa compiere buone azioni, conduce Tommaso su una strada
“più ottimista” anche rispetto ad Agostino: «According to Augustine, even
the best non-Christian virtue is pursued out of pride or a desire for one’s
own good opinion of oneself». La posizione di Tommaso è diversa: «Contra
Augustine, then Aquinas holds that there can be genuine moral virtues even
without love of God. Pagan virtues, for Aquinas are not merely splendid
vices». Questo significa che «We cannot fulfil all the commandments, or
fulfil any of them in the fully right way. But we can take what are genuine-
ly steps in the right direction» (319).
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across the subject matter of eschatology, to judgment, final reward and re-
tribution» (378).
Il volume porta, infine, un’ampia bibliografia aggiornata che propone più
di 300 titoli, a cui si può solo imputare di non aver distinto le fonti classi-
che dalla letteratura secondaria a noi contemporanea.
Ogni autore che ha contributo a questo Companion ha il proprio stile e
la propria impostazione, ma tutti mostrano una intelligente fedeltà al testo
di Tommaso, insieme all’impegno di valutarne l’attualità e il valore anche
per chi non ne condivida l’orizzonte.
Lorella Congiunti
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CARMELO DOTOLO
L’utopia cristiana dell’umano. Idee per un umanesimo differente
Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, MI 2022, 368 pp.
250
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stura del cristianesimo nello spazio pubblico è legittimata proprio dal mes-
saggio evangelico del Regno con la sua forza messianica di liberazione e
umanizzazione: «Tale paradigma dice una valutazione della vita, indica una
lotta per la giustizia e la solidarietà, esprime un modo di interpretare e ap-
prendere la verità. Ciò comporta un modo differente di leggere la storia de-
gli effetti che il Risorto da morte introduce nella fatica dei giorni» (213). Si
prospetta così la necessità di elaborare sentieri percorribili perché la pro-
posta cristiana possa abitare in modo credibile lo spazio pubblico. La digni-
tà umana, la fraternità, l’economia e l’ecologia integrale costituiscono cer-
tamente i primi puntelli irrinunciabili per una cultura della cura e della re-
sponsabilità. A ciò si aggiunge, come evidenzia nel sesto capitolo (Euristi-
ca del pudore, etica del limite, performatività del dono) «l’esigenza di recu-
perare e valorizzare il linguaggio universale delle emozioni, dei sentimenti
e degli affetti, quale orizzonte di una diversa capacità di entrare in empatia
con la realtà e di prendersi cura di sé e degli altri» (251). Una prospettiva
originale che non è consueta nei libri di teologia, ma va a dare corpo alla
necessità di riscrivere l’umano dentro i contorni della vita, alla luce di quel-
la ecologia integrale richiamata come orizzonte imprescindibile di riferi-
mento. Così commenta l’Autore: «l’umanesimo religioso e cristiano contri-
buisce alla formazione di un “clima emozionale” in cui la capacità di com-
binare i dati affettivi con quelli conoscitivi rende possibile l’avvicinarsi al-
l’individualità degli esseri in un superamento ideologico della conoscenza
verso un conoscere critico ed emancipatore» (248). Sicuramente va ripreso
l’apporto delle neuroscienze nello studio del rapporto emozioni-sentimenti-
cervello, soprattutto per rompere la contrapposizione tra razionalità e mon-
do emotivo, che ha contribuito non poco a produrre sia l’astrazione dell’u-
mano dalla concretezza del vivere che la visione di un cristianesimo a-pa-
tico e autistico. Eppure la tradizione biblica è ricca di esempi e storie in cui
si intrecciano, insieme al desiderio di Dio, sentimenti e passioni proprie
dell’umano vivere, dove impariamo le coordinate antropologiche fondamen-
tali per dirsi e donarsi. È in queste suture che facciamo i conti con la vul-
nerabilità, la fragilità, la vergogna, la contraddizione, il limite, da rileggere
dentro l’esperienza religiosa, dentro le dinamiche della fede e della relazio-
ne all’Altro: «l’esistenza non è il regno dell’immobile e del monotono, ma
percezione di una differenza che buca la routine perché disposta alla gra-
tuità e al dono oltre la logica burocratica delle scelte e delle azioni» (275).
Da ultimo, ma non per importanza, è il settimo capitolo (Abitare la tra-
scendenza. L’altro perché dell’umanesimo) che posto in chiusura fa da cen-
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Mariangela Petricola
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Recensioni / Segnalazioni bibliografiche
MARCO IVALDO
Sul male. Kant, Fichte, Schelling, Hegel
Edizioni ETS, Pisa 2021, 131 pp.
Marco Ivaldo, autore di assoluto rilievo nel campo degli studi sulla filoso-
fia classica tedesca, perviene con questo saggio Sul male ad una preziosa
rilettura sistematizzante degli interrogativi che hanno attraversato il ‘700 e
l’800, interrogando un pensiero che ormai non si accontentava più di segui-
re le indicazioni tratte dalla patristica fino alla tarda scolastica.
La cifra unificante del libro è frutto di riflessioni e studi di una tradizio-
ne di pensiero, quello tedesco, il cui alveo ha sempre conservato una par-
ticolarissima sensibilità nei confronti del concetto del male, sia quello psi-
cofisico (das Übel), sia il male morale (das Böse).
Il libro nasce, rileva l’Autore sin dall’inizio, da una sollecitazione indi-
retta proveniente dall’opera di Luigi Pareyson: scandagliare il problema del
male nel pensiero classico tedesco. A questo stimolo si aggiunge l’obietti-
vo dello studioso di dimostrare come tale pensiero non annulla il male ma
invita a pensarlo come ciò che non deve essere ma che c’è e dunque, di af-
frontare il problema in chiave di responsabilità umana. In questo percorso
di ricerca, Marco Ivaldo, attento studioso dei grandi temi della filosofia mo-
rale tedesca, ha come suoi privilegiati interlocutori i filosofi Reinhard
Lauth e Alberto Caracciolo.
La ricerca parte da uno dei principali snodi del rapporto tra la filosofia
classica tedesca e il male, il pensiero di Immanuel Kant, riaprendo così un
cantiere che va oltre la vocazione illuminista del filosofo di Königsberg e
proietta il male all’interno della filosofia pratica, dove viene pensata anche
l’emancipazione da questa propensione “imperscrutabile” della nostra li-
bertà. Le opere di Kant che interessano di più sono il saggio del 1791 Sul-
l’insuccesso di ogni saggio filosofico in teodicea, nonché le anteriori Lezio-
ni di filosofia della religione (1783-1787) e infine anche lo scritto Sul ma-
le radicale del 1792, confluito nell’opera dedicata alla religione.
Il male si inserisce nel contesto della teologia razionale e la sua com-
prensione è strettamente legata alle note obiezioni contro la santità, bontà
e giustizia di Dio. Nel rispondere alla prima obiezione, il filosofo tedesco,
secondo Ivaldo, imposta l’argomentazione dal punto di vista antropologico,
diremmo quasi in chiave rinascimentale, poiché ricorda il ragionamento del
Mirandolano che chiama l’uomo “divino camaleonte” capace di ascendere
fino a Dio e di discendere fino ai bruti. In tal modo Kant non vede il male
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parte dal mondo sensibile per arrivare a Dio. Per arrivare ad una teodicea
autentica è necessario percorrere l’itinerario inverso giungendo a un’inter-
pretazione morale del creato, cioè, partendo da un’idea di Dio anteriore a
ogni esperienza. Questo nuovo approccio ha come garanzia il fatto che vie-
ne condotto sotto l’egida della ragione pratica, la quale in materia apologe-
tica può essere considerata come una veritiera “esplicazione e voce di
Dio”. Al centro di questa teodicea delineata sommessamente da Kant c’è la
“disposizione dell’animo”, motivo mutuato da una certa teologia pietista fa-
miliare al filosofo.
La ragione del male, osserva Ivaldo, consiste nella scelta libera di massi-
me che sono opposte a quelle che assumono la legge morale come loro prin-
cipio determinante. Tutto ciò illumina la questione della tendenza naturale
(Neigung) che certi oggetti hanno di sviare l’uomo dalla recta ratio agibi-
lium. Secondo Kant, è il “fondamento soggettivo” dell’uso della libertà uma-
na che elegge massime non conformi alla morale e il risultato di tale scelta
si vede attraverso l’agire pratico e gli effetti determinati da esso che non so-
no mai indifferenti al bene e al male. Ivaldo, nella sua analisi condotta con
acume e fortemente legata all’esigenza filologica di non perdere mai di vista
il testo, insiste molto sul carattere di movente (Triebfeder) della legge mora-
le, perché in questo modo la legge insieme all’autodeterminazione della li-
bertà del soggetto agente, chiude il cerchio all’interno del quale gli oggetti
esterni e le tendenze naturali non hanno un potere determinante in sé, ma
vengono coinvolti soltanto in seguito all’adozione di una massima. L’agire
del “fondamento soggettivo”, in quanto produce atti liberi, non può essere
scandagliato tramite la categoria della causalità per risalire nel tempo dagli
effetti a ciò che ha fatto da “trigger” al male originario. Per questo possiamo
parlare soltanto dell’origine razionale del male, anche se in questo modo la
libertà in quanto causa efficiente del male, nell’atto del suo autodeterminar-
si, non si spiega ma semplicemente si pone come una negazione.
«La libertà umana, – rileva Marco Ivaldo – che è atto intelligibile, deve
allora venire pensata non soltanto come caratterizzata da una (triplice e
una) disposizione al bene, ma anche come segnata da una tendenza nega-
tiva, che la inclina – senza necessitarla – a invertire l’ordine morale dei mo-
venti» (41).
Kant chiarisce che l’inclinazione non è essenziale per la natura umana,
l’unico motivo determinante consiste nella libertà di assumere le massime,
tuttavia la tendenza è fisica oppure morale, a seconda che consideriamo
l’uomo come un essere naturale oppure come un essere morale. Come in
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ché il bene emerga meglio nel creato. L’oscurità permanente del fondamen-
to resiste e stimola la volontà particolare attraverso la seità: si tratta della
libertà di immaginare la sussistenza come qualcosa di reale escludendo la
volontà universale. Osserva Ivaldo: «La possibilità del male risiede nella
capacità della libertà di fare della individualità non la base e l’organo (co-
me si deve), ma il principio dominante, e la chiave di volta di ogni volere,
e nel rendere il principio spirituale un semplice mezzo della individualità
(come non si deve)» (97).
In Schelling si intrecciano temi della filosofia cristiana medioevale con
l’influsso leibniziano, così Dio nel creare il mondo sa che ciò che egli sta
rivelando, l’amore, ha di fronte a sé il male, da lui non voluto ma permes-
so in quanto il fondamento agisce come una forza separatrice. Egli avrebbe
potuto evitare il male, annullando il suo amore, ma alla fine avviene una
reintegrazione del male nel bene, ovvero il male si riduce al nulla, a ciò che
è da principio davanti a Dio.
Infine arriva il confronto con il pensiero di Hegel e qui il merito dello
studioso consiste nel fatto che egli segue un percorso di indagine un po’ in-
solito nell’ambito degli studi hegeliani per arrivare alla comprensione del
male nella cosiddetta “teodicea storicistica”. L’analisi di Ivaldo parte dalla
rilettura critica dei paragrafi 129-140 dei Lineamenti della filosofia del di-
ritto, per fermarsi ampiamente sugli ultimi due, dedicati al problema del
male. Nel percorso auto-affermativo della ragione il male in Hegel rimane
un momento subordinato, localizzato all’interno della dialettica logico-sto-
rica che sfocia nella conciliazione (Versöhnung). Nei §§ 129-135 dei
Grundlinien, osserva Ivaldo, bisogna dapprima distinguere il bene concre-
to come libertà realizzata da quel bene che appartiene alla “volontà sogget-
tiva”. La seconda comprensione del bene è più circoscritta, ma in quanto
legato alla volontà soggettiva il bene nei suoi lineamenti morali rimane an-
cora qualcosa di astratto. Esso deve assurgere, indica Hegel, a un fine con-
creto, dopo che la volontà soggettiva lo ha riconosciuto. L’opera è di natura
giuridica e perciò bisogna arrivare al “diritto della oggettività”, che è l’in-
tellezione della legalità o illegalità di un’azione all’interno del quadro del-
la legislazione vigente. Il problema del bene e del male si delinea quindi
nei termini di legalità e dovere, quindi dell’attuazione del diritto e del be-
nessere generale. L’alternanza dialettica tra coscienza morale oggettiva e
coscienza morale soggettiva deve portare ad un’unità che è quella dell’in-
tellezione di un diritto e di un dovere che sono orientati verso il “bene vi-
vente”. Il male si presenta, rileva Ivaldo, «allorché la soggettività, cioè la
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libertà, si separa […] dal contenuto morale […] ponendo se stessa, la sog-
gettività, al posto del contenuto» (109).
Si profila un quadro argomentativo che sembra prescindere dalla storia
del mondo, perché non è esattamente quello che porterebbe a rispondere
alla domanda “si Deus, unde malum?”. Hegel si concentra nell’affermazio-
ne della coscienza morale determinata in sé e per sé al bene, quel bene che
nella Fenomenologia dello spirito aveva definito: l’autocoscienza esistente
che entra nel mondo, mentre il male era «l’introiezione (Insichgehen) del-
l’esistenza naturale dello Spirito». Il Sé dell’uomo è privo di autonomia na-
turale perciò il male si annida in esso, generando una lettura sbagliata dei
doveri sul piano dell’effettualità (Wirklichkeit).
Paradossalmente l’origine razionale del male che si manifesta nella sto-
ria della coscienza è un capitolo scritto grazie alla necessità della libertà di
porsi come interiorità di fronte all’immediatezza della volontà. Quella par-
ticolarità che viene instaurata dal porsi di un’interiorità astratta diventa poi
il male. Dunque, il processo che genera il male sembra necessario, ma il
male stesso deve essere tolto in quanto non è il prodotto finale di quel pro-
cesso. L’uomo è vittima e partecipe di questa storia, ma grazie al fatto che
si sente attratto dall’universalità, egli può andare oltre il male. Questo su-
peramento, esposto nella Fenomenologia dello spirito, avviene nella conci-
liazione tra la coscienza giudicante e la coscienza agente. Le disposizioni
formali non sono sufficienti, mentre il contatto della coscienza agente con
l’effettualità del mondo ha bisogno di una continuità con la purezza della
prima coscienza. Entrambe si riconoscono come unilaterali e si conciliano:
questa soluzione rappresenta nel pensiero hegeliano una interessante alter-
nativa, osserva acutamente lo studioso, alla ben nota dialettica Knecht-
schaft-Herrschaft.
Possiamo dire che il libro di Marco Ivaldo restituisce non un mosaico, ma
un quadro vivo di un pensiero altrettanto vivo che tra il Settecento e l’Otto-
cento ha riflettuto sul male con preoccupazioni metafisiche, antropologiche
e morali, arrivando talvolta a definire l’indefinibile, mostrando una straor-
dinaria capacità di comunicare al pensiero contemporaneo l’esigenza di
una lettura concettuale del problema.
Ardian Ndreca
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ANDREA AGUTI
Morale e religione. Per una visione teistica
Morcelliana, Brescia 2021, 175 pp.
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GIORGIA SALATIELLO
Sinodalità di donne e di uomini, prefazione di Andrea Monda
Gabrielli editore, San Pietro in Cariano, 2022 79 pp.
Sinodalità di donne di uomini è l’ultimo libro pubblicato da Giorgia Sala-
tiello (9 settembre 1950 – 3 novembre 2022), professoressa emerita della
Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana, da sempre impe-
gnata nella riflessione sulla essenza della femminilità, ben prima dell’av-
vento dei Gender Studies.
Questo suo ultimo volume non costituisce un contributo accademico, ma
raccoglie gli esiti di un lungo percorso di pensiero filosofico, sempre in re-
lazione con altre discipline scientifiche e teologiche, esiti che escono dal
mondo accademico, si mettono al servizio del percorso sinodale ed appro-
dano sulle pagine dell’”Osservatore Romano”. Il piccolo volume raccoglie
infatti 21 contributi già pubblicati sull’”Osservatore Romano”, quotidiano
che Andrea Monda nella prefazione definisce “formativo”, “informativo” e
“performativo”. Lo stesso scrive «il presente libro non è solo il saggio di
una studiosa accorta e diligente, ma rivela in filigrana anche una dimensio-
ne profetica» (11).
È indubitabile che il pregio di questo testo innanzitutto sta nel fatto che
riordina le idee e «chiama le cose con il loro nome», ma risulta inoltre in-
teressante e notevole perché «apre nuovi scenari» (11).
Fin dall’inizio viene chiarito il tema e l’argomento da affrontare: «si vuo-
le parlare del popolo di Dio, composto in maggioranza da laici, donne ed
uomini, e non si tocca la questione del ministero sacerdotale […] ci si vuo-
le interrogare sul concetto di complementarità tra le donne e gli uomini, sul
suo significato e la sua utilità» (13). Affermata l’indubitabile complemen-
tarità sul piano biologico, Giorgia Salatiello evidenzia le possibili insidie
che si possono sollevare intorno alla complementarità da un punto di vista
umano, ovvero «riproporre concezioni che sostengono una rigida divisione
dei ruoli» (14), mentre invece la complementarità «deve essere reciproca,
cioè non fissata una volta per tutte e valida per tutti i soggetti, ma continua-
mente rinegoziata sulla base di un libero accordo ed intesa dinamicamen-
te, passibile di mutamenti e trasformazioni» (14). Inoltre sottolinea che la
complementarità «può significare sia fare cose diverse che fare le stesse co-
se in modo diverso, ognuno dei due generi secondo la propria specificità»
(14). Infine, in modo originale, la Salatiello afferma che sul piano spiritua-
le non si possa parlare di complementarità, ma di «uguaglianza, nel rispet-
to della differenza, dei battezzati davanti a Dio» (15).
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Chiarito questo punto, il tema viene sviluppato entro gli stimoli solleva-
ti dal cammino sinodale «occasione da non perdere» (16). In particolare è
il tema della partecipazione, «che dà concretezza alle altre due parole-
chiave del Sinodo e, cioè, comunione e missione, preservandole dal perico-
lo di astrattezza» (16) e che può essere specificato nella direzione della
partecipazione del laicato e della partecipazione delle donne. Entro «un ri-
pensamento globale della figura di Chiesa», emergono la «centralità del
discorso dei carismi» (17) e la riflessione sul popolo di Dio: «Il concetto di
popolo di Dio, come non ammette alcuna frattura verticistica, così non può
neppure accogliere collocazioni periferiche e marginali, perché il centro è
uno solo, cioè lo Spirito che anima e guida la Chiesa, presbiteri e laici, don-
ne ed uomini» (18).
Il cammino sinodale appare come «una occasione unica e preziosa, da
non perdere, per ripensare i rapporti tra le donne e gli uomini nella Chiesa
ed il significato della loro differenza» (18).
Giorgia Salatiello sottolinea che la riflessione sui ministeri laicali impli-
ca il ripensamento della «continua, ineliminabile e feconda tensione tra
unità e pluralità» (19) in cui vive e si edifica la Chiesa e della tensione «tra
carisma ed istituzione». L’ammissione delle donne ai ministeri istituiti di
lettorato e accolitato significa sia «un riconoscimento per le donne» che
«un arricchimento degli stessi ministeri» (20). Analogamente la «incultu-
razione della ministerialità» implica che i ministeri rispecchino «la catto-
licità della comunità ecclesiale» e contemporaneamente si lascino «arric-
chire dall’apporto che ogni cultura può recare» (21).
La sinodalità «vive e si alimenta delle diversità» (22) e in modo specia-
le della diversità che è «la prima e la più originale» (22), ovvero la diffe-
renza tra le donne egli uomini: «tanto le donne quanto gli uomini cioè, par-
tecipano dello stesso sacerdozio comune che abilita ad essere testimoni, ad
evangelizzare ed a rendere culto a Dio, ognuno nella propria condizione»
(23). Prima della riflessione sui ruoli e le funzioni da attribuire alle donne
sta «la reale convinzione che, senza di queste, la Chiesa sarebbe dimezza-
ta e meno credibile per la testimonianza che deve rendere» (23).
L’Autrice offre interessanti riflessioni sulla antropologia cristiana che
scaturisce dai due racconti sulla creazione, contenuti in Genesi 1 e 2 (44 e
ss.). Il primo racconto «attesta che alla chiamata all’esistenza dell’uomo e
della donna, creati ad immagine e somiglianza di Dio, segue il comando
non solo di riprodursi, ma di dominare la terra, senza che questo implichi
alcuna forma di sfruttamento, ma la sua custodia» (63), mentre a partire dal
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secondo racconto, Giorgia Salatiello osserva che prima della creazione del-
la donna, l’uomo (maschio) propriamente non esiste ancora, ma «diviene
tale quando trova accanto a sè un altro esistente, la donna, differente ma a
lui essenzialmente simile» (34), sicché «si può affermare che, quindi, la
nascita dell’uomo e della donna, nella loro concretezza, sia simultanea, poi-
ché soltanto quando sono l’uno accanto all’altra, veramente esistono» (34).
Da qui immediate conseguenze per il cammino sinodale: «il Sinodo, quin-
di, nella sua attuale forma dinamica offre l’opportunità per verificare la ri-
spondenza dell’odierna comunità ecclesiale all’originario disegno creatore
di Dio che ha posto in essere un’umanità declinata in donne ed uomini ed
ha affidato ad essa il compito di un continuo percorrere vie di condivisione
e di mutuo arricchimento scambievole» (64).
Giorgia Salatiello non manca di considerare anche le conseguenze del
peccato narrate nel terzo libro della Genesi, ovvero «l’asimmetria, l’unilate-
ralità e la volontà di sopraffazione dell’uno verso l’altra» (68).
Nel tempo escatologico, le relazioni tra le donne e gli uomini saranno ri-
sanate pienamente ma intanto «tra la caduta iniziale ed il compimento fi-
nale si situa il tempo della Chiesa, nel quale noi viviamo, ed allora ci si può
chiedere che cosa fare, come comunità ecclesiale e come singoli fedeli, per
incamminarsi nella direzione del rinnovamento escatologico che sanerà tut-
te le ferite e ricomporrà tutte le lacerazioni» (69).
In prospettiva escatologica viene analizzata anche la questione della ses-
suazione: è chiaro che con la risurrezione «scomparirà la finalità dell’unio-
ne fisica dei corpi della donna e dell’uomo e quella, conseguente, della pro-
creazione di una nuova vita» (78), ma la sessuazione intesa non in senso
meramente biologico ma legata alla dignità del soggetto in senso anche spi-
rituale, allora «tale sessuazione permarrà anche con la risurrezione perché
appartiene a quella che è la perfezione della persona creata da Dio nella
sua interezza e nella sua totalità» (78); questo sguardo sull’oltre aiuta a
comprendere il significo profondo del corpo sessuato: «ci si deve, infatti,
continuamente chiedere quanto le relazioni tra i due generi siano oggi im-
prontate al riconoscimento di quella che è l’inalienabile dignità di entram-
bi, voluti “in principio” da Dio e destinati alla sua visione beatifica» (79).
Dai limpidi chiarimenti delle questioni, arricchiti anche da una serie di
rimandi a testi contemporanei sul tema che vengono presentati e posti al-
l’attenzione, emerge uno sguardo profetico, che si manifesta come rovescia-
mento dei consueti punti di vista, tale da mostrare un nuovo orizzonte, alla
luce dello Spirito: la stessa questione femminile nella Chiesa «non è solle-
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Lorella Congiunti
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bile l’equilibrio di giudizio assunto dai singoli studiosi, che hanno altresì
offerto non solo chiavi di lettura in taluni casi originali, ma hanno anche in-
teso porgere al lettore una prospettiva di metodo che impreziosisce ulterior-
mente il testo.
Se ne raccomanda lo studio non solo agli esperti di studi di giudaistica e
di storia e letteratura neotestamentaria; in effetti, potrà trarne giovamento
intellettuale anche il lettore curioso di approfondire il valore storico, reli-
gioso e culturale del movimento farisaico, con il quale non solo Gesù, ma
anche il cristianesimo del I secolo e.c. si è confrontato.
Antonio Landi
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Il presente volume raccoglie gli interventi degli oratori che hanno parteci-
pato a Ginevra all’evento su “Fraternità, Multilateralismo e Pace”, ispirato-
si alla più recente Lettera Enciclica del Santo Padre Francesco Fratelli Tut-
ti, resa pubblica il 4 ottobre 2020. Tale incontro, svoltosi il 15 aprile 2021
e organizzato in due distinti panels, ha visto la partecipazione, fra i molti,
di Sua Eminenza il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua San-
tità, di Sua Eminenza il Cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, Presidente
del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, e di vari alti Dignitari delle
Agenzie specializzate delle Nazioni Unite e di altre Organizzazioni Interna-
zionali. I contributi raccolti in questa pubblicazione presentano, da diversi
punti di vista, il messaggio centrale dell’Enciclica, vale a dire la necessità
di promuovere la fraternità e l’amicizia sociale e favorire una maggior ac-
coglienza ed inclusione nelle relazioni umane a livello locale, regionale e
internazionale.
Nella prima Sessione è emerso quanto la pandemia da COVID-19 abbia
lasciato un segno indelebile e continui ad impattare ognuno di noi e il mon-
do intero. Inoltre, viene ribadita l’importanza dell’uso dei vaccini e di una
maggior cooperazione perché tutti possano beneficiarne. Come spesso sot-
tolineato da Papa Francesco, è solo lavorando insieme che si possono supe-
rare questa e tante altre crisi che siamo costretti ad affrontare ogni giorno.
La prospettiva del Santo Padre riflette quindi l’idea di “fraternità umana” e
di “amicizia sociale”, che si devono fondere in una sincera cooperazione
basata sul multilateralismo. Non a caso, la “fraternità” è stato il primo te-
ma toccato da Sua Santità nel giorno dell’elezione al Pontificato.
La fraternità a livello multilaterale si traduce nel coraggio e nella deter-
minazione di stabilire liberamente e consapevolmente alcuni obiettivi co-
muni da raggiungere come unica famiglia delle Nazioni. Questi si rifletto-
no nel campo di azione e nelle priorità della Santa Sede e di molteplici Or-
ganizzazioni Internazionali. A titolo esemplificativo basti ricordare il tema
della salute, quello del lavoro, la protezione dei migranti, l’invocazione del
rispetto del diritto internazionale umanitario e la promozione di un impe-
gno concreto a favore del disarmo.
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Pie XI / Pio XI 185, 189, 192, 201, 204 Saldi S. 97, 277
Pietras H. 156, 157, 158 Salerno E. 94
Pietropaoli C. 206, 207, 208, 209 Salinas Araneda C. 205
Pinsent A. 247 Salmeri G. 118
Pío II 235 Sander W. 89
Pio X 73, 78, 203, 204, 205, 206, 211 Sandoval de A. 235
Pio XII / Pacelli E. 45, 50, 51, 78, 189, 192, Sankara Th.I.N 133
200, 201, 204 Sanneh L. 214
Platone 169, 176 Sartori O. 74, 79, 81, 82
Plested M. 241 Satolli F. 76
Poma De Ayala F.G. 232 Sayad A. 21, 24
Powell M.A. 46 Scalabrini G.B. 5, 6, 9, 10, 13, 17, 69, 70,
Prato E. 163 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78, 79, 80, 81,
Prestige G. 169 82, 83, 84, 85, 86
Proudhon P.-J. 177 Scanziani F. 158
Prudhomme C. 189 Scapardini AG. / G.A. 206, 207
Putin V. 64 Scarpelli Cory Th. 244
Schelling von F.W.J. 258, 262, 263
Radzilowski J. 93 Schiaparelli E. 70
Raffa V. 155 Schmidlin J. 213, 214, 232, 233
Rahner K. 15, 232, 254 Schulz J.W. 139
Ramírez Johnson J. 63 Searle J.R. 268
Ramsey B. 123 Secrest L.L. 63
Raskin J.D. 120 Semeraro C. 189
Ravasi G. 127 Sequeri P. 121, 159, 162, 164, 165, 169
Regoli R. 189, 204, 205 Settimio Severo 50
Reinhartz A. 275 Seubert S. 32
Ricoeur P. 162, 253 Shilling Chr. 108
Rieger J. 133 Sievernich M. 213, 214, 218, 219
Roboredo M. 230 Sievers J. 273, 275
Rocquet C.-H. 115 Simeoni G. 73, 74, 76, 77, 80
Rognon F. 128 Simmel G. 21
Rolland R. 117 Simonetti M. 157
Rooney J.D. 243 Sims Bainbridge W. 88
Rosen D. 273 Skeb M. 275
Rosoli G. 70, 72, 73, 79, 80, 84 Skira J.Z. 92
Ross C. 63 Skoda A. 15-18; 87-111
Rossi L. 128 Skorka A. 275, 278
Rubert A. 187 Sloane Coffin W. 59
Russel Hochschild A. 29 Sloterijk P. 168
Smith R.K. 134
Saccardo G. 222, 226, 229, 235, 236 Solano Pérez-Lila F. 220
Sahagún de B. 218 Solovyov V.S. 118, 119
Saint-Simon de Rouvroy de Cl.-H. 177 Sommavilla G. 117
Salatiello G. 269, 270, 271, 272 Soto de D. 224
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Brambilla F.G. I 67, 315-322; III 162 Cana, Thomas / Kinayi / Knai, Thom-man II
Branca P. II 219 236
Brechenmacher T. I 240 Canard M. II 209
Bremer J. I 49 Cano M. I 155, 156
Brennan R.E. III 124 Cantalamessa R. I 190; III 156, 167
Breschi M. III 51 Cantelmi T. I 202
Bressan L. III 42 Cantù F. I 240
Brizzi G. III 49 Capelle B. III 155
Brodiez-Dolino A. II 47 Cappellari M. I 224
Brotto S. II 28 Caracalla III 50
Brower J.E. III 242 Caracciolo F. II 217
Brown C. II 111 Caracciolo A. III 258
Brown K.M. III 143 Carafa A. I 231
Brown R.E. II 110, Carbonetti B. III 145
Brown R.M. II 87 Carboni L. III 206
Brown S.L. II 87 Cárcel Ortí V. I 240, 241, 242
Brueggemann W. II 66 Carlini A. II 128
Brugère F. II 28 Carlos V, III 224
Brunelli G. I 239 Carlotti P. II 27
Buber M. I 123, 325; II 21, 23, 24; III 125, Caroli R. III 202
129, 132, 247, 253 Carrara Pavan M. III 135
Buccellato G. I 195, 196 Carriquiry Lecour G. III 188
Büchner K. III 215 Casalone C. II 22
Bühlmann W. III 15 Casanova J. II 266
Bultmann R. I 109, 110, 111, 112, 123, Casaroli A. I 238
125, 128, 129 Caspar R. II 211
Buonomo V. II 190 Cassian J. III 123
Buss M. I 46 Castañeda P. III 219, 220
Butler J. II 80 Castelli F. I 231, 232
Butturini G. I 226 Castiglioni F.S. / Pie VIII / Pio VIII, I 221,
224, 225, 245, 274
Caboto G. I 244 Castro de T. II 232
Cabrini M.F. Saverio III 70 Castro Mahalo de / di M. II 231
Caccamo D. I 245 Casula C.F. I 238
Cagliero G. I 277, 292 Casula L. III 158
Cajani F. I 243; III 204 Caturelli A. II 144
Calduch-Benages N. II 78 Cavadi A. III 7, 11
Callisto I, I 274 Cavagnini G. I 267
Calvez J.Y. II 27 Cavallari P. I 32
Calvino G. III 247, 275 Cavallo P. I 265
Camassei F. I 277, 292 Cavallotto G. III 158
Camilli Giammei S. I 242 Cavanagh K. II 90
Campa R. III 188, 194 Cavaso da E. III 222
Campanella T. III 176 Cavazzi da / de Montecuccolo G.A. / J.A. III
Campbell D.A. I 111, 114, 116, 133 217, 219, 221, 229
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Lévinas E. I 123; II 6, 10, 23, 81; III 253 Maillard de Tournon C.T. II 241
Levine A.-J. III 273, 275 Maillard N. II 52, 53, 54, 55
Levison J.R. I 119 Maimonide III 275
Liégé P.A. I 155 Malighetti R. III 109
Lietaert Peerbolte B.J. I 114 Malina B.J. I 82
Ligabue L. II 5, 9 Manenti V. I 193
Lill R. I 241 Manfredi A. I 229
Lin Zhang II 89 Manna P. I 265
Lindenthal J.J. III 88 Mannion G. III 93
Linebaugh J.A. I 129 Mantovani M. II 257, 258
Lintner M.M. II 33 Manzano X. I 247
Liong-Seng Phua R. II 109 Manzini L.M. I 239, 240
Litwa M.D. I 120, 121, 133 Marabini P. III 202
Lizu Lai II 89 Marcel G. III 253
Lo Giudice G. I 231 Marchetti A. III 70
Lobo B. I 247 Marco Aurelio III 49
Lodigiani R. III 25 Marcocchi M. II 228, 232; III 192
Lohfink N. II 28 Marconi G.A. II 131, 132
Löhr H. III 274 Marconi-Pedrazzi A. II 46
Lombardi F. I 176; III 134 Marcus J. I 113
Lombardo G. II 127-155 Marcuse H. III 178
Londei L. I 230 Marenghi C.M. I 165; III 277
Lonergan M. I 192 Margiotta Broglio F. I 265
Longenecker R.N. I 82 Marini N. I 277, 292
Losito M. I 179 Marinoni G. III 72
Lovatin A. I 245 Maritain J. II 258; III 253, 268
Lovison F. I 230, 236 Marlé R. I 155
Loyola de I. II 49, 68 Marracci L. II 216, 219
Lubin D. II 190 Marshall H. II 109
Luciani A. [Giovanni Paolo I] II 160 Martin D.B. I 117, 125, 133
Luciuk L.Y. I 242 Martin T.W. I 117, 133
Ludovisi A. / Gregorio XV, I 263; II 230, Martinelli M. I 213-215; III 38
241; III 186 Martini A. I 241
Ludwig F. III 222, 225 Martyn J.L. I 111, 113, 116, 119, 133
Luke K. II 110 Marx K. III 177, 253
Lund O. I 42, 46, 47 Marzorati G. III 72
Luther M. / Lutero M. I 116, 154; II 65; III Mascilongo P. I 70
215, 252, 253, 275 Mason S. III 274
Massaja G. II 218
Macca di Santa Maria V. III 187 Massaro R. II 75, 81, 262, 263, 265
Macdonald S. I 245 Massignon L. II 211
MacGinn B. I 113 Massimino III 50
MacIntrye A. II 50, 51, 71 Masson C. I 264
Magesa L. II 118 Massouh G. II 211
Mahalo, Mattheo di / de Castro II 231 Maston J. I 115, 116, 133
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Paul VI / Paolo VI / Montini G.B. I 148, 221, Pie VII / Pio VII, I 221, 227, 238, 239, 274;
233, 263, 273; II 30, 184, 191, 203, 234, III 199
235, 246, 258; III 100, 121, 186 Pie VIII / Pio VIII / Castiglioni F.S. I 221,
Paulicelli M. II 178 224, 225, 245, 274; III 199
Paventi M. I 269; III 194, 195 Pie X / Pius X / Pio X / Sarto G.M. I 221,
Paventi S. III 186 226, 227, 230, 232, 235, 241, 242, 267,
Pavese F. III 199 275, 295, 300, 310; III 73, 78, 203, 204,
Pawl T. III 248 205, 206, 211
Pecci G. / Leo XIII / Léon XIII / Leone XIII, Pie XI / Pius XI / Pio XI / Ratti A. I 221,
I 18, 139, 149, 219, 221, 222, 226, 227, 227, 230, 231, 232, 235, 236, 240, 241,
230, 233, 234, 244, 245, 272, 275, 276, 242, 243, 244, 246, 265, 266, 267, 268,
282, 298; III 73, 74, 75, 78, 128, 193, 293, 298, 309; II 234; III 185, 189, 192,
194 199 201, 204
Pedani Fabris M.P. II 219 Pie XII / Pio XII / Pacelli E. I 232, 235,
Pelagio I 319, 320 239, 245, 265; II 234, 241; III 45, 50,
Pellegrini G. I 226 51, 78, 189, 192, 200, 201, 204
Pelletier G. I 221 Pieper K. I 255, 256
Pelletier-Bui A. II 89 Pierantozzi G. I 226, 227
Pelvi V. I 195, 203 Pieta Z. I 222
Pena F.J. I 200 Pietras H. III 156, 157, 158
Pena González M.A. III 234 Pietropaoli C. III 206, 207, 208, 209
Pighin B.F. I 226, 243; II 234
Perazzoli B. II 135, 136
Pigna A. I 189, 198, 199, 202
Percivale F. II 135, 136, 137, 138, 139
Pinho do Custodio II 232
Pereira de Almeida J.M. II 20
Pinna D. I 230
Pereña L. III 224
Pinsent A. III 247
Perin R. I 232
Pinto R. I 247
Perrat C. I 238 Pio [da Pietrelcina] I 231, 232
Pesci U. I 218 Pío II, III 235
Peters J. I 258 Pio VI, I 221
Peters M.A. III 120 Pio VII / Pie VII, I 221, 227, 238, 239, 274;
Petit de Meurville B.V.M. / Lemau de la III 199
Barre B.V.M. I 270 Pio VIII / Pie VIII / Castiglioni F.S. I 221,
Petricola M. III 250-257 224, 225, 245, 274; III 199
Pettersson P. III 108 Pio IX / Pie IX / Pius IX, I 218, 219, 221,
Pettinaroli L. I 225, 230, 232, 235, 240, 241 222, 226, 227, 231, 232, 241, 244, 274;
Peuchmaurd M. I 147 III 73, 198, 199
Phan P.C. III 60, 94 Pio X / Pie X / Pius X / Sarto G.M. I 221,
Phillips, Jr. W.D. I 246 226, 227, 230, 232, 235, 241, 242, 267,
Piacenza M. I 229 275, 295, 300, 310; III 73, 78, 203, 204,
Piatti P. I 234 205, 206, 211
Piazza C. III 234 Pio XI / Pie XI / Pius XI / Ratti A. I 221,
Piazzoni A.M. I 232 227, 230, 231, 232, 235, 236, 240, 241,
Pie IX / Pio IX / Pius IX, I 218, 219, 221, 242, 243, 244, 246, 265, 266, 267, 268,
222, 226, 227, 231, 232, 241, 244, 274; 293, 298, 309; II 234; III 185, 189, 192,
III 73, 198, 199 201, 204
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Pio XII / Pie XII / Pacelli E. I 232, 235, 239, Prudhomme C. I 233, 234, 235, 246, 248,
245, 265; II 234, 241; III 45, 50, 51, 78, 266, 268, 283, 298; III 189
189, 192, 200, 201, 204 Putin V. III 64
Piotrowski T. II 178
Piovani P. II 22 Quacquarelli A. I 238
Pirotte J. I 233 Quast K. II 122
Pirri P. I 238
Pisa da U. II 65 Rabens V. I 123, 127, 128
Pisani P. I 247 Rademacher N. I 225
Pius IX / Pio IX / Pie IX, I 218, 219, 221, Radhakrishnan S. II 247
222, 226, 227, 231, 232, 241, 244, 274; Radzilowski J. III 93
III 73, 198, 199 Raffa V. III 155
Pius X / Pie X / Pio X / Sarto G.M. I 221, Raffin Bouchal Sh. II 89
226, 227, 230, 232, 235, 241, 242, 267, Ragnow M. I 246
275, 295, 300, 310; III 73, 78, 203, 204, Rahner K. I 193; III 15, 232, 254
205, 206, 211 Ramakrishna Paramahansa II 242
Pius XI / Pie XI / Pio XI / Ratti A I 221, Ramírez Johnson J. III 63
227, 230, 231, 232, 235, 236, 240, 241, Ramsey B. III 123
242, 243, 244, 246, 265, 266, 267, 268, Ranica M. I 224
293, 298, 309; II 234; III 185, 189, 192, Ranke von L. I 256
201, 204 Ranke-Heinemann U. II 262
Pizzorusso G. I 214, 236, 237, 244, 245 Raskin J.D. III 120
Platone II 58, 59, 60, 61; III 169, 176 Ratti A. / Pie XI / Pio XI / Pius XI, I 221,
Plested M. III 241 227, 230, 231, 232, 235, 236, 240, 241,
Plokhy S. II 166 242, 243, 244, 246, 265, 266, 267, 268,
Plongeron B. I 233, 282 293, 298, 309; II 234; III 185, 189, 192,
Poels V. I 225, 266, 298 201, 204
Poggi V. II 219 Ratzinger J. / Benedetto XVI / Benedict XVI
Pollard B.J. II 48 / Benedikt XVI, I 170, 173, 180, 222,
Poma de Ayala F.G. III 232 325; II 46, 203, 213, 214; III 46, 60,
Pompeo A. I 227 121, 189
Ponzio P. II 29 Ravasi G. III 127
Porges S.W. II 88 Rawls J. II 32, 33
Porter J. I 330; II 94 Recchi S. I 192
Porter S.E. II 108 Recchia A. I 213-215
Portinaro P.P. II 24 Reddy V. I 123
Possenti V. II 257, 258, 259, 260, 261 Regoli R. I 217-249, 215; III 189, 204, 205
Pousset E. I 196 Rehberg A.E. I 234
Powell M.A. III 46 Reich W.T. II 78, 81
Pozzo R. II 257 Reinhartz A. III 275
Prato E. III 163 Rendtorff J.D. II 77
Prestige G. III 169 Reynal G. I 155
Prévotat J. I 244 Ricard M. II 88
Prodi P. I 219 Riccardi A. I 235; II 178
Prosperi A. I 229 Ricoeur P. II 127; III 162, 253
Proudhon P.-J. III 177 Rieger J. III 133
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Scarantino L.M. II 257, 259 Simeoni G. III 73, 74, 76, 77, 80
Scarpelli Cory Th. III 244 Simmel G. III 21
Scarvaglieri G. I 197 Simmonds N.E. I 329
Schatz K. I 214 Simone da Bisignano II 65
Schelling von F.W.J. III 258, 262, 263 Simonetti M. III 157
Scherman N. I 32 Simonio G. II 222
Schiaparelli E. III 70 Simon-Thomas E. II 90
Schmidlin J. I 215, 224, 251, 252, 253, Sims Bainbridge W. III 88
254, 255, 256, 257, 258, 259, 260, 261, Sinclair Sh. II 89
262; III 213, 214, 232, 233 Singer T. II 88
Schnackenburg R. I 97; II 97 Sirvent R. II 66
Schneider B. I 241 Sisto V, II 217
Schneider G. II 111 Skeb M. III 275
Schroer S. I 58 Skira J.Z. III 92
Schulz J.W. III 139 Skoda A. III 15-17; 87-111
Sciacca M.F. II 127, 128, 129, 130, 131, Skorka A. III 275, 278
132, 133, 134, 135, 136, 137, 139, 140, Sloane Coffin W. III 59
141, 142, 143, 144, 145, 146, 147, 148, Sloterijk P. III 168
149, 150, 151, 152, 153, 154, 155 Smend R. II 28
Scorsese M. II 48 Smit J.F.M. II 109
Scottà A. I 235, 267 Smit P.-B. I 114
Searle J.R. III 268 Smith J. I 91
Sebastianelli S. I 240 Smith R. I 236
Secrest L.L. III 63 Smith R.K. III 134
Sefrin F. I 222 Smith S. II 89
Segalla G. II 21 Snijders F.L. II 169
Semeraro C. I 230, 232, 246; III 189 Soards M.L. I 113
Sen A. II 33 Sobrino J. II 34
Sen K.C. II 242 Sodano A. II 186, 200
Seneca L.A. II 61 Sodi M. I 227, 229
Senent de Frutos J.A. II 30 Söding T. I 84
Sequeri P. III 121, 159, 162, 164, 165, 169 Solano Pérez-Lila F. III 220
Settimio Severo III 50 Solovyov V.S. III 118, 119
Seubert S. III 32 Sommavilla G. III 117
Sgubbi G. II 257, 259 Sorge B. I 170, 198, 202
Shah Muhammad Adil II 231 Sorge B. II 22, 82
Shen M. II 109 Soto de D. III 224
Shilling Chr. III 108 Southgate C. III 59
Shimon ben Gamaliel 92 Spada D. III 155
Sibre O. I 245 Spadolini G. I 238
Siegel D. II 88 Spagnolo E. II 262-265
Sievernich M. I 251; III 213, 214, 218, 219 Spalding J. III 69
Sievers J. III 273, 275 Spinoza B. 261
Sileo L. I 266 Sprows Cummings K. I 245
Silvagni D. I 218 Staffa D. III 204
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(in ordine alfabetico per Autore)
Donatella Abignente
Vulnerabilità della morale, morale della vulnerabilità . . . . . . . . . . . . II 19-44
Tedros Abraha
L’hai fatto poco meno di un ‘ĕlōhîm» (Salmo 8,6). Eccellenza e mi-
seria di Aˉdām. Riflessioni sul documento della Pontificia Commissione
Biblica: «Che cosa è l’uomo?» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 17-39
Reginald Alva
The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan
in the Contemporary Times . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III 137-152
Fabio Baggio
Migrazioni, missione e diffusione della Chiesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III 45-54
Vidas Balčius
Introduzione al Focus “Morale e vulnerabilità” . . . . . . . . . . . . . . . . . . II 15-17
Id.
Per una cultura della compassione: prospettive di etica cristiana . . . II 87-103
Stephen Bevans
“They Have Much to Teach Us”: Migrants, Their Experience, and Theo-
logy . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III 55-67
Mario Bracci
Recensione a: ASHRAF N.I. ABDELMALAK, Introduzione alla Cristolo-
gia del Mediatore di Romano Guardini. vol I: L’essenza del Cristia-
nesimo e la persona del Mediatore; vol II: Il Mediatore della creazione,
della rivelazione, della redenzione e dell’escatologia . . . . . . . . . . . . . I 323-326
Id.
Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325) (I). La struttura simbolica
della formula di fede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III 153-172
309
3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Indice dell’annata
Elena Cecchi
Recensione a: BRUNETTO SALVARANI, L’alterità come grazia. Ragioni
e prospettive di un’educazione al dialogo interreligioso . . . . . . . . . . . . II 266-269
Francesco Cocco
Introduzione al Focus «Che cosa è l’uomo?». Il documento della PCB
sull’antropologia biblica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 15-16
Lorella Congiunti
Recensione a: ELEONORE STUMP – THOMAS JOSEPH WHITE (eds.), The
New Cambridge Companion to Aquinas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III 241-249
Ead.
Recensione a: GIORGIA SALATIELLO, Sinodalità di donne e di uomini III 269-272
Ead.
Recensione a: RICCARDO POZZO – MARCO TEDESCHINI (a cura di), L’es-
sere dopo la metafisica moderna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II 257-261
Valentino Cottini
Tra polemica e testimonianza. Rapporto tra annuncio e da‘wa . . . . . II 209-225
Mariano Delgado
Josef Schmidlin und die Propaganda: von der Festschrift zur Drei-
hundertjahrfeier (1922) zum Konflikt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 251-262
Id.
Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros y la actividad misionera de
los Capuchinos durante la Missio antiqua en el Reino del Congo (1645-
1835) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III 213-238
310
URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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Indice dell’annata
Pino Di Luccio
Il segno della nuova umanità nella teologia del quarto Vangelo in un
recente documento della PCB e nell’enciclica sociale Fratelli tutti . . . I 89-108
Mario L. Grignani
Unità, universalità ed efficacia. Il progetto di riorganizzazione del-
l’Opera della Propagazione della Fede discusso a Propaganda Fide
il 12 gennaio 1920 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 263-311
Id.
L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda
Fide dell’Archivio Storico del Dicastero per l’Evangelizzazione (1900-
1938). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III 185-212
Marcin Kowalski
Pauline Anthropology: Contemporary Currents and Challenges . . . . I 109-133
Antonio Landi
«Chi è l’uomo»? (Sal 8,5). La dimensione antropologica del messag-
gio di Gesù. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 63-87
Id.
Recensione a: JOSEPH SIEVERS – AMY-JILL LEVINE (a cura di), I farisei.
Con il discorso rivolto da papa Francesco ai partecipanti del Convegno III 273-276
Boris Lazzaro
Sperare in tempo di crisi. Analisi metaforico-cognitiva di Is 40,27-31 I 41-62
Gaetano Lombardo
L’ontologia personalista di Michele Federico Sciacca: l’esistenza umana
tra partecipazione e finalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II 127-155
Antoine Ndiaye
La castità consacrata. Profili antropologico-giuridici (can. 599). . . . . I 187-210
Ardian Ndreca
Recensione a: MARCO IVALDO, Sul male. Kant, Fichte, Schelling, Hegel III 258-264
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3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
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Indice dell’annata
Ardian Ndreca
Recensione a: ANDREA AGUTI, Morale e religione. Per una visione teistica III 265-268
Mariangela Petricola
Recensione a: CARMELO DOTOLO, L’utopia cristiana dell’umano. Idee
per un umanesimo differente. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III 250-257
Roberto Regoli
Lo stato dell’arte degli studi sulla Congregazione di Propaganda Fide
tra XIX e XX secolo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 217-249
Gilles Routhier
Une théologie pour mieux comprendre la vie, le monde et les hommes I 137-159
Gaetano Sabetta
I cristiani indiani nel racconto degli archivi di Propaganda Fide:
storia, attualità, prospettive nell’ottica dell’inculturazione . . . . . . . . . II 227-253
Alexander Salakpi
Ancestral Stool Veneration Revisited within the Lens of 1Cor 8:1-13 II 107-126
Aldo Skoda
Introduzione al Focus “Le migrazioni tra pensiero teologico e azione
pastorale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III 15-19
Emanuele Spagnolo
Recensione a: ROBERTO MASSARO, Si può vivere senza eros? La dimen-
sione erotica dell’agire cristiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II 262-265
Giovanni Terragni
Testimone di una Chiesa in uscita: l’opera di Scalabrini per le migra-
zioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III 69-86
Aldo Vendemiati
Recensione a: FRANCESCO VIOLA, 1900-2020. Una storia del diritto
naturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 327-329
Laura Zanfrini
Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church . . . . . . . III 19-43
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Indice dei volumi
VOLUME I
Giovanni Ancona
EDITORIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
EDITORIAL . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Francesco Cocco
Introduzione al Focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Tedros Abraha
L’hai fatto poco meno di un ‘ĕlōhîm» (Salmo 8,6). Eccellenza e miseria
di Aˉdām. Riflessioni sul documento della Pontificia Commissione Biblica:
«Che cosa è l’uomo?» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
Boris Lazzaro
Sperare in tempo di crisi. Analisi metaforico-cognitiva di Is 40,27-31 . . 41
Antonio Landi
«Chi è l’uomo»? (Sal 8,5). La dimensione antropologica del messaggio
di Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
Pino Di Luccio
Il segno della nuova umanità nella teologia del quarto Vangelo in un
recente documento della PCB e nell’enciclica sociale Fratelli tutti . . . . . . 89
Marcin Kowalski
Pauline Anthropology: Contemporary Currents and Challenges . . . . . . . 109
ARTICOLI
Gilles Routhier
Une théologie pour mieux comprendre la vie, le monde et les hommes . . 137
313
3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
Copia ad esclusivo uso personale degli aventi diritto. Riproduzione riservata © UUP
Indice dei volumi
Antoine Ndiaye
La castità consacrata. Profili antropologico-giuridici (can. 599) . . . . . . . . 187
Roberto Regoli
Lo stato dell’arte degli studi sulla Congregazione di Propaganda Fide
tra XIX e XX secolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217
Mariano Delgado
Josef Schmidlin und die Propaganda: von der Festschrift zur Dreihun-
dertjahrfeier (1922) zum Konflikt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 251
Mario L. Grignani
Unità, universalità ed efficacia. Il progetto di riorganizzazione dell’Opera
della Propagazione della Fede discusso a Propaganda Fide il 12 gen-
naio 1920 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263
RECENSIONI
Mario Bracci
ASHRAF N.I. ABDELMALAK, Introduzione alla Cristologia del Mediatore
di Romano Guardini. vol I: L’essenza del Cristianesimo e la persona del
Mediatore; vol II: Il Mediatore della creazione, della rivelazione, della
redenzione e dell’escatologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323
Aldo Vendemiati
FRANCESCO VIOLA, 1900-2020. Una storia del diritto naturale . . . . . . . . . 327
314
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Indice dei volumi
VOLUME II
Giovanni Ancona
EDITORIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
EDITORIAL . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Vidas Balčius
Introduzione al Focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Donatella Abignente
Vulnerabilità della morale, morale della vulnerabilità . . . . . . . . . . . . . . . 19
Vidas Balčius
Per una cultura della compassione: prospettive di etica cristiana . . . . . . 87
ARTICOLI
Alexander Salakpi
Ancestral Stool Veneration Revisited within the Lens of 1Cor 8:1-13 . . . 107
Gaetano Lombardo
L’ontologia personalista di Michele Federico Sciacca: l’esistenza umana
tra partecipazione e finalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
Valentino Cottini
Tra polemica e testimonianza. Rapporto tra annuncio e da‘wa . . . . . . . . 209
Gaetano Sabetta
I cristiani indiani nel racconto degli archivi di Propaganda Fide: storia,
attualità, prospettive nell’ottica dell’inculturazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227
315
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Indice dei volumi
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Lorella Congiunti
RICCARDO POZZO – MARCO TEDESCHINI (a cura di), L’essere dopo la meta-
fisica moderna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257
Emanuele Spagnolo
ROBERTO MASSARO, Si può vivere senza eros? La dimensione erotica del-
l’agire cristiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262
Elena Cecchi
BRUNETTO SALVARANI, L’alterità come grazia. Ragioni e prospettive di
un’educazione al dialogo interreligioso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 266
VOLUME III
Giovanni Ancona
EDITORIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
EDITORIAL . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Aldo Skoda
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Laura Zanfrini
Migrations. A Mirror of Society, a Challenge for the Church . . . . . . . . . . 19
Fabio Baggio
Migrazioni, missione e diffusione della Chiesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
Stephen Bevans
“They Have Much to Teach Us”: Migrants, Their Experience, and Theology 55
Giovanni Terragni
Testimone di una Chiesa in uscita: l’opera di Scalabrini per le migrazioni 69
316
URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL 3/2022 ANNO LXXV
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Indice dei volumi
ARTICOLI
Reginald Alva
The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan in
the Contemporary Times . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137
Mario Bracci
Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325) (I). La struttura simbolica
della formula di fede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
Mario L. Grignani
L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
dell’Archivio Storico del Dicastero per l’Evangelizzazione (1900-1938) . . . 185
Mariano Delgado
Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros y la actividad misionera de los
Capuchinos durante la Missio antiqua en el Reino del Congo (1645-1835) 213
Lorella Congiunti
ELEONORE STUMP – THOMAS JOSEPH WHITE (eds.), The New Cambridge
Companion to Aquinas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 241
Mariangela Petricola
CARMELO DOTOLO, L’utopia cristiana dell’umano. Idee per un umanesimo
differente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250
Ardian Ndreca
MARCO IVALDO, Sul male. Kant, Fichte, Schelling, Hegel . . . . . . . . . . . . . . 258
Ardian Ndreca
ANDREA AGUTI, Morale e religione. Per una visione teistica . . . . . . . . . . . . 265
317
3/2022 ANNO LXXV URBANIANA UNIVERSITY JOURNAL
Copia ad esclusivo uso personale degli aventi diritto. Riproduzione riservata © UUP
Indice dei volumi
Lorella Congiunti
GIORGIA SALATIELLO, Sinodalità di donne e di uomini . . . . . . . . . . . . . . . . 269
Antonio Landi
JOSEPH SIEVERS – AMY-JILL LEVINE (a cura di), I farisei. Con il discorso
rivolto da papa Francesco ai partecipanti del Convegno . . . . . . . . . . . . . . . 273
318
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Realizzazione editoriale
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Tipografia Mancini s.a.s. – 2023
Tivoli (Roma)
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Cop_UUJ_3_2022_Layout 1 17/01/23 10:51 Pagina 1
3
2022
LXXV
UUJ
Urbaniana
ARTICOLI
Fátima María Naranjo Marrero – Giovanni Patriarca
A Praise of Slowness. Lanza del Vasto’s Pedagogy of Time
Reginald Alva
The Application of the Message of the Parable of the Good Samaritan
in the Contemporary Times
Mario Bracci
Per una rilettura del Simbolo di Nicea (325) (I)
ACADEMICA
Card. Michael Czerny
Fraternità: utopia o salvezza?
ISBN 978-88-401-9057-0
UUP Mario L. Grignani
L’America Latina negli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide
Urbaniana
e 15,00 ISSN 2522-6215 Mariano Delgado University
Reflexiones sobre los «aprioris» misioneros Press