VITA CONSACRATA E DIRITTO CANONICO
BOLLETTINO UISG NUMERO 162, 2017
INTRODUZIONE 2
RESPONSABILITA DELLA LEADERSHIP TRA AUTONOMIA
E OBBEDIENZA ALLE COSTITUZIONI 4
Sr. Simona Paolini, FMGB
APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA
ALL’INTERNO DELLE COMUNITÀ NEL CONTESTO AFRICANO 10
IN PARTICOLARE, SULLA GESTIONE SCORRETTA DI FONDI
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
SEPARAZIONE DALL’ISTITUTO: ALCUNE NOTE PRATICHE 25
Sr. Mary Wright, IBVM
QUANDO SI LASCIA LA VITA RELIGIOSA, CHE SUCCEDE? 33
ACCOMPAGNARE LE PERSONE NEL PROCESSO DI USCITA
DALLA FORMAZIONE RELIGIOSA
Sr. Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
VITA DELLA UISG 51
INTRODUZIONE
Nel 2015 la UISG ha istituito un Consiglio Internazionale di Diritto
Canonico (CLC) composto da religiose esperte di Diritto Canonico provenienti
da diverse aree geografiche.
Le religiose sono: sr. Mary Wright, IBVM (Australia); sr. Marjory
Gallagher, SC (Canada), che purtroppo è venuta a mancare lo scorso novembre;
sr. Mary Gerard Nwagwu, DMMM (Nigeria); sr. Licia Puthuparambil, SMI
(India) e sr. Tiziana Merletti, SFP (Italia).
I motivi che hanno ispirato il Comitato Direttivo della UISG a creare
questa realtà sono diversi.
Anzitutto, l’esigenza di individuare canoniste che avrebbero potuto
consigliare le Superiore Generali e altre superiore maggiori sulle questioni
che potevano emergere nel contesto della vita religiosa femminile.
In molte parti del mondo, infatti, le religiose che hanno conseguito titoli
a livello di master e di dottorato in Teologia, Sacra Scrittura e Diritto
Canonico diventano invisibili quando ritornano nella loro congregazione.
Anche se danno un contributo straordinario all’interno delle loro rispettive
congregazioni, rimangono sconosciute agli altri. Inoltre, quando le Superiore
Generali cercano una consulenza canonica, quasi sempre il canonista locale
è un sacerdote diocesano con poca o nessuna esperienza di vita religiosa
femminile. Specialmente nelle aree dove la vita religiosa sta crescendo
rapidamente, il sostegno di una consulenza canonica adeguata è essenziale.
Gli obiettivi del Consiglio Internazionale di Diritto Canonico sono
dunque i seguenti:
UISG - Bollettino n. 162, 2017
1. Esplorare una varietà di modi di fornire un servizio canonico per le
Superiori Generali.
2. Creare una rete mondiale di donne religiose Canoniste che siano a
disposizione per consigliare le Superiori Generali in diverse parti
del mondo.
3. Offrire dei laboratori o altre opportunità di istruzione, al fine di
aumentare la competenza canonica tra le donne religiose.
Dal 2015 fino ad oggi la consultazione canonica è stata offerta a molte
Superiori Generali attraverso incontri, telefonate e contatti e-mail. Un Seminario
per 40 donne religiose canoniste si è tenuto a Nemi (Roma), a Dicembre 2015
e un Laboratorio di Diritto Canonico si è svolto a Maggio del 2016. Un primo
2 Laboratorio sulla Riconfigurazione è stato organizzato dal Consiglio delle
Canoniste a Novembre del 2016 ed un secondo a Gennaio del 2017. Infine
due Laboratori di Diritto Canonico hanno avuto luogo a Nairobi (Kenya) dal
20 al 26 Febbraio 2017. Altri eventi sono in programma e si può consultare
il sito web della UISG (www.uisg.org) per avere informazioni a riguardo.
In questo numero del Bollettino vogliamo pubblicare alcune delle
riflessioni che sono state presentate ai partecipanti dei diversi Laboratori di
Diritto Canonico organizzati dalla UISG, per permettere a tutte le Superiore
Generali e soprattutto a quelle che non hanno partecipato, di trarne beneficio.
Sr. Simona Paolini ha presentato la sua riflessione sulla Responsabilità
della Leadership ai partecipanti al Laboratorio di Diritto Canonico sulla
Riconfigurazione (UISG, Novembre 2016). Ciò che viene chiesto oggi alla
responsabilità della leadership è di stare tra autonomia ed obbedienza, per
render fecondo il proprio carisma, mediante scelte profetiche e attuative, con
uno stile rinnovato, che la Chiesa stessa ci suggerisce nell’attuale cammino.
Sr. Mary Gerard Nwuagwu ha affrontato con i partecipanti al Seminario
di Diritto Canonico (UISG, Maggio 2016) il difficile tema della Disciplina
all’interno degli Istituti di Vita Consacrata. Nella sua riflessione, partendo
dalle norme di disciplina specificate dalla Chiesa nel Diritto Canonico, Sr.
Mary Gerard analizza dettagliatamente i tre ambiti della vita religiosa in cui
le questioni di disciplina divengono spesso problematiche: i voti, la vita
comunitaria e l’apostolato.
Sr. Mary Wright ha sviluppato la sua riflessione da un documento
preparato per il Seminario di Diritto Canonico (UISG, Maggio 2016) sul
tema della Separazione da un Isitituto di Vita Consacrata. L’adesione ad un
Istituto di Vita Consacrata comporta un impegno sia pubblico che privato a
seguire Cristo più da vicino, in una specifica vita comunitaria. La separazione
dall’Istituto, per qualsiasi motivo, è un’interruzione, o almeno una alterazione,
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
di questo impegno. Il Diritto Canonico prevede dei processi per queste
circostanze eccezionali, in modo che i diritti e gli obblighi reciproci tra
l’Istituto e la persona che si separa da esso possano essere tutelati, per il bene
comune.
Il testo di Sr. Chineaka C. Ezeani che chiude questo Bollettino ci aiuta
a riflettere su un aspetto cruciale e delicato del ministero della formazione
nella vita religiosa: il processo di discernimento che riguarda la separazione
di un membro dall’Istituto. La persona che si separa dalla congregazione
vive un momento molto difficile, che richiede particolare sensibilità ed
empatia da parte del formatore. Un accompagnamento empatico è assolutamente
necessario, per rimanere evangelicamente accanto alla persona che lascia
l’Istituto e per sostenerla in un momento molto vulnerabile della sua vita.
3
Responsabilita della Leadership
Simona Paolini, FMGB RESPONSABILITÀ DELLA LEADERSHIP
TRA AUTONOMIA E OBBEDIENZA ALLE
COSTITUZIONI
Sr. Simona Paolini, FMGB
Sr. Simona Paolini, suora delle Francescane Missionarie di Gesù Bambino,
è docente di Storia delle Fonti e delle Istituzioni del Diritto Canonico, di
Filosofia del Diritto e di Diritto della Vita Consacrata, presso la Pontificia
Università Antonianum di Roma e la Facoltà Pio X dello Studium Marcianum
di Venezia.
Il testo è stato presentato al Laboratorio di Diritto Canonico sulla
Riconfigurazione, UISG, Roma, Novembre 2016.
Originale in Italiano
Un incontro sulla responsabilità della leadership ha ragion d’essere nella
misura in cui favorisce una leadership chiara ed adatta.
In un tempo di riconfigurazione, sono infatti la chiarezza e l’opportunità
i criteri in cui la leadership deve essere declinata; laddove chiara significa una
leadership:
- scelta, perché sicura, non lasciata all’estemporanea improvvisazione;
- immediata, perché capace di incidere realmente nella storia;
- coerente, perché pur nel necessario adattamento agli eventi, tuttavia
fedele in sé.
Non solo una leadership chiara ma anche adatta perché opportuna
UISG - Bollettino n. 162, 2017
- opportuna al tempo che viviamo:
è necessario saper leggere lo specifico della situazione che viviamo: uno
fu il tempo fondazionale, altro quello dopo il Concilio Vaticano II con
l’appello all’adattamento, altro quello dopo la promulgazione del Codice del
1983, con la revisione del diritto proprio, altro è il tempo di oggi, a conclusione
di questo anno speciale dedicato alla vita consacrata;
- opportuna al patrimonio di cui ogni famiglia religiosa è beneficiaria:
ad ogni istituto religioso è stato affidato un patrimonio, traduzione giuridica
del più noto carisma, che da tutti deve essere conservato e reso fecondo, in
special modo da chi è chiamato ad esercitare il servizio dell’autorità. La fedeltà
al carisma è il primo, perché primario, perché principale, limite e termine di
4 confronto, all’esercizio dell’autorità.
Responsabilita della Leadership
Simona Paolini, FMGB
Interessante che le Organizzatrici di questo mio intervento sulla
riconfigurazione lo abbiano collocato all’interno di due estremi, l’autonomia
e l’obbedienza, quindi all’interno di un tipico sistema legislativo, infatti
autonomia, è auto-nomos, appunto il darsi una legge propria e obbedienza è
soggezione alla legge, alle proprie costituzioni, da questi due estremi impariamo
una condizione fondamentale per la responsabilità della leadership, che è da
esercitarsi a norma di diritto!
Papa Francesco nel rivolgersi ai consacrati per la festa della Vita consacrata
del 2 febbraio, ricorre frequentemente all’obbedienza alla legge e la stessa
lettera Scrutate ugualmente ci interpella a questa obbedienza, a partire
dall’importante relazione che i nostri Fondatori hanno avuto con le regole o
le costituzioni.
Nel racconto della Presentazione di Gesù al Tempio la sapienza è
rappresentata dai due anziani, Simeone e Anna: persone docili allo Spirito
Santo (lo si nomina 3 volte), guidati da Lui, animati da Lui. Il Signore ha dato
loro la sapienza attraverso un lungo cammino nella via dell’obbedienza alla
sua legge. Obbedienza che, da una parte, umilia e annienta, però, dall’altra
accende e custodisce la speranza, facendoli creativi, perché erano pieni di
Spirito Santo. (Papa Francesco, Omelia, 2. 2. 2015)
Quindi la responsabilita della leadership è da esercitarsi alla luce
dell’autonomia.
Il CIC ‘83 1 definisce l’autonomia tra le norme comuni a tutti gli istituti di
vita consacrata e tra i primi canoni, proprio al fine d’indicare la straordinaria
valenza di questa disposizione.
Stabilisce il testo del can. 586 2 al §1 che: E’ riconosciuta ai singoli istituti
una giusta autonomia di vita; la cui rilevanza è così fondamentale che da tutti
è da conservare e tutelare.
Già da queste poche parole possiamo ben intendere che cosa sia autonomia.
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
L’autonomia è riconosciuta (agnoscitur), ovvero non è una concessione
alla vita consacrata, non un diritto positivo stabilito dal Legislatore, ma una
speciale condizione che deve essere dichiarata come qualcosa che già c’è,
come sua, per l’essere dono divino fatto allo Chiesa, quindi un diritto nativo.
Non una qualunque forma di autonomia, ma quella giusta, non quindi un’autonomia
corretta, opportuna, ma giusta perché inerente al proprium della vita consacrata,
a quello che la vita consacrata precisamente è. Proprio per questa sua natura,
un’autonomia che da tutti deve esser tutelata e conservata, espressione di un
patrimonio affidato.
L’autonomia sancita dal CIC ’83 è rivelatrice della natura divina della
vita consacrata, donata alla Chiesa, come la forma della vita stessa che il
Figlio di Dio ha scelto per sé, una forma consegnata ai consacrati, fondata sulla
parola e gli insegnamenti di Cristo, posta nel corpo di Cristo che è la Chiesa. 5
Responsabilita della Leadership
Simona Paolini, FMGB
Questa autonomia non è chiaramente indipendenza, né autoreferenzialità, non
una forma speciale di libertà, né dall’esterno, né all’interno, ma piuttosto un
vincolo peculiare che lega la vita consacrata alla Chiesa e al Suo mistero.
Fortemente sintomatico è il fatto che a seguito del can. 586, il Legislatore
ponga il can. 587 dedicato al diritto proprio, 3 perché questo viene colto come
prima forma di autonomia, ma anche perché il diritto viene posto a presiedo
di una giusta autonomia.
Dall’incipit del can. 587 emerge con chiarezza la finalità del diritto: ad
fidelius tuendam vocationem et identitatem; il diritto è per custodire la vocazione
di ogni consacrato e la sua identità carismatica; è inoltre strumento per tendere
alla perfezione del proprio stato, 4 a quella pienezza a cui si è chiamati. A
questa particolare forma di diritto, la vita consacrata è chiamata ad obbedire.
C’è quindi nella vita consacrata un’autonomia circoscritta da un’obbedienza
e un’obbedienza tutelata dall’autonomia, e proprio in questa tensione si
colloca il servizio dell’autorità, come ministero per diffondere il carisma
dell’istituto e salvaguardare la vocazione dei suoi membri.
Se il patrimonio/carisma diventa la cifra fondamentale per l’esercizio
della responsabilità, è necessario meglio intendere questa realtà che sintetizza
in sé differenti aspetti, dalla natura dell’istituto 5 alla sua indole, 6 dalla finalità 7
allo spirito, 8 un contenitore che mette insieme una pluralità di dimensioni
carismatiche, dal carisma del Fondatore a quello collettivo di fondazione, al
carisma affidato ad ogni singolo membro, unito alle sane tradizioni cesellate
dalla storia dell’istituto, che vanno ad integrare la realtà del patrimonio.
Allora se il carisma si rivela come un dono gratuito di Dio affidato ai
Fondatori e in loro ai singoli consacrati, il patrimonio è questo stesso dono che
nello scorrere della storia ha preso forma, si è manifestato, nella continua
tensione tra l’essere dono da custodire e dono da far fruttificare. Il potenziale
missionario di cui gode il carisma viene a manifestarsi in opere dette proprie,
UISG - Bollettino n. 162, 2017
carismatiche e la responsabilità della leadership è chiamata a rimanere in
questa continua tensione che interpella la vita consacrata sin dal Perfectae
caritatis con la sua accomodata renovatio, perché i valori fondanti il carisma
si coniughino alle sollecitazioni della storia, secondo quella peculiare e
radicale sequela che Vita consecrata indicherà con la felice espressione di
fedeltà creativa, per una rinnovata identità, che valorizza la storia e crea
futuro.
Questo procedimento esprime oggi la dinamica della inculturazione, che
non è da intendersi come adattamento asettico ad un contesto nuovo e differente
dall’originario, né come internazionalizzazione del carisma, ma piuttosto
come rinnovata incarnazione del dono ricevuto, lettura credente della realtà,
rintracciando l’avanzare del Regno di Dio tra le vicende della nostra storia
6 carismatica.
Responsabilita della Leadership
Simona Paolini, FMGB
Ristrutturazione-Riconfigurazione-Ridimensionamento, non possono
prescindere da questo sguardo di fede, onde evitare di ridursi in una gestione
gravosa, di un processo amministrativo che coinvolge persone ed opere.
È proprio il Papa Francesco a suggerirsi un atteggiamento per bene vivere
questo complesso tempo di riconfigurazione, ed è la parola decentrarsi.
Decentrarsi. Ogni carisma per vivere ed essere fecondo è chiamato a
decentrarsi, perché al centro ci sia solo Gesù Cristo. Il carisma non va
conservato come una bottiglia di acqua distillata, va fatto fruttificare con
coraggio, mettendolo a confronto con la realtà presente, con le culture, con la
storia. (Papa Francesco, Udienza ai partecipanti all’Assemblea nazionale
della Conferenza Italiana Superiori Maggiori, 7.11.2014)
Quindi la responsabilità che il Superiore è chiamato a vivere sa mettersi
al lato, per porre al centro il Signore e saper dare una risposta alla storia a
partire dal carisma, sostenendo il cammino dell’istituto, senza sostituirsi,
accompagnando i membri senza abbandonare, mediante un percorso cadenzato
dal discernimento e dall’attuazione.
Se discernere è saper leggere la storia comprendendo il vero, ai consacrati
viene chiesta una lettura profetica, capace di penetrare negli eventi, cercando
altro, guardando oltre, secondo altri criteri e per altre ragioni, secondo l’avvento
di Dio.
«Dovete essere veramente testimoni di un modo diverso di fare e di
comportarvi. Sono i valori del Regno incarnati». La radicalità è richiesta a
tutti i cristiani ma i religiosi sono chiamati a seguire il Signore in maniera
speciale: «Sono uomini e donne che possono svegliare il mondo e illuminare
il futuro. La vita consacrata è profezia. Dio ci chiede di uscire dal nido che
ci contiene ed essere inviati alle frontiere del mondo, evitando la tentazione
di addomesticarle». (Papa Francesco, Discorso ai Superiori Maggiori, 25
Novembre 2014.)
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
La profezia a cui oggi la vita consacrata viene interpellata, ha la forma
particolare dell’attuazione.
La responsabilità dell’autorità chiede protagonismo e non sopravvivenza; ai
Superiori di un istituto di vita consacrata viene chiesta una nuova intelligenza del
carisma, che sappia creare l’avvenire, spingendo la storia verso il compimento,
verso la santa operazione, traduzione attuale di quella passione missionaria dei
Fondatori moderni, che ha mostrato alla storia il volto diaconale della Chiesa,
senza la necessità di creare nuove strutture o istituzioni – che già ci sono! – ma
piuttosto adottando nuovi modi di gestione e valorizzazione.
Quindi ciò che viene chiesto oggi alla responsabilità della leadership è
di stare tra autonomia ed obbedienza, per render fecondo il proprio carisma,
mediante scelte profetiche e attuative, con uno stile rinnovato che la Chiesa
stessa ci suggerisce nell’attuale cammino. 7
Responsabilita della Leadership
Simona Paolini, FMGB
In questo nostro tempo ecclesiologico in cui la comunione è intesa sempre
più come una realtà multiforme che si compone dal convergere di vari doni
gerarchici e carismatici e l’articolarsi della loro messa in comune dà forma
armonica all’unico corpo ecclesiale forse la responsabilità della leadership in
questo tempo può essere intesa come fruttuosa relazionalità alla luce di
un’antica categoria, ora da recuperare, la sinodalità, quale dimensione costitutiva
della Chiesa e per questo necessaria ed imprescindibile alla vita di tutto il
Popolo di Dio
La sinodalità caratteristica ecclesiale sin dalla comunità post-pasquale, è
riproposta al cammino della Chiesa contemporanea, dall’attuale riflessione
ecclesiologica9 e recentemente dal magistero del Papa Francesco, che a conclusione
del Sinodo sulla Famiglia nell’ottobre del 2015, durante la celebrazione del
50º anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, si è lungamente
riferito a questa manifestazione peculiare di comunione.
Da questa sinodalità, che non è da intendersi come articolato coordinamento,
né come pacifica possibilità di mettere ognuno il meglio del proprio, senza
alcun ulteriore coinvolgimento, ma piuttosto l’occasione per fare passi insieme,
partendo dall’ascolto reciproco, si promana un camminare insieme del popolo
santo di Dio, secondo tappe che avanzano nei passi della corresponsabilità,
collegialità e cooperazione. 10
Una sinodalità per responsabili di leadership sempre più in cammino tra
gli altri, in mezzo alle altre, secondo un passo condiviso, mantenendo la
propria specifica autorità, favorendo tuttavia strutture di comunione e di
partecipazione per ascoltare lo Spirito che parla e vive in tutti i fedeli.
L’altra sollecitazione alla responsabilità della leadership viene suggerita
dalla mistica dell’incontro a cui oggi la Chiesa, chiama in modo speciale i
consacrati. 11 I consacrati sono oggi interpellati a costruire una cultura del
dialogo e della vicinanza, promuovendo una civiltà veramente umana, aperta
alla complementarietà delle differenze, che cammina al ritmo salutare della
UISG - Bollettino n. 162, 2017
prossimità, educandosi ad apprendere “la difficile arte della relazione con il
diverso e della collaborazione cordiale per costruire insieme”. 12 In questo
incontro insieme, i consacrati sono chiamati ad abbassare le difese, aprire le
porte e costruire ponti, 13 per dire tra le tante frammentazioni umane, una parola
di unità. A questa testimonianza, sembrano chiamati in particolare coloro che
svolgono un servizio di responsabilità, perché la loro autorità solleciti l’incontro
con l’altro, oltre l’ascetico esercizio impersonale, o lo spiritualismo disincarnato,
ma nella mistica dell’incontro che costruendo relazioni con l’altro, 14 passa da
una leadership da singolo a una relationship 15 di comunione.
Alla fine di questo percorso sulla responsabilità della leadership rimanga
forte l’invito della Chiesa a crescere nella "capacità di sentire, di ascolto delle
8 altre persone. La capacità di cercare insieme la strada, il metodo, significa
Responsabilita della Leadership
Simona Paolini, FMGB
anche non spaventarsi. Se ognuno di voi è per gli altri è una possibilità preziosa
d’incontro con Dio, si tratta di riscoprire la responsabilità di essere profezia".
(Scrutate 13)
Che si declini in un augurio, quello d’imparare a fare passi comuni,
cercando di fare strada insieme, nell’ascolto reciproco, nel condiviso discernimento,
per progetti assunti nella collaborazione e corresponsabilità, e senza troppo
spaventarsi!
1
Codice di diritto Canonico del 1983, d’ora
2016, 1-34; BONNET P.A., «Comunione
innanzi, CIC ’83.
ecclesiale e sinodalità», Ephemerides Iuris
2
CIC ’83, can. 586 § 1. E’ riconosciuta ai Canonici 47 (1991), 93-137; La synodalité.
singoli istituti una giusta autonomia di vita, La participation au gouvernement dans
specialmente di governo, mediante la quale l’Église, Actes du VII congrès international
abbiano nella Chiesa una propria disciplina de Droit canonique, Paris, 21-28 septembre
e possano conservare integro il proprio 1990, in L’Année Canonique, hors série,
patrimonio, di cui al can. 578. § 2. E’ Paris, 1992, 2 Tom.
compito degli Ordinari dei luoghi conservare 10
Cfr. CORECCO E., Sinodalità, in Nuovo
e tutelare tale autonomia.
Dizionario di Teologia, dir. da G. BARBAGLIO
3
CIC ’83, can. 587 § 1. Per custodire più – S. DIANICH, Milano, 1988, 1431-1456; cfr.
fedelmente la vocazione e l’identità dei PIÉ-NINOT S., «La sinodalità e il “consigliare”
singoli istituti il codice fondamentale, o nella Chiesa», a cinquant’anni
costituzioni, di ciascuno deve contenere, dall’Apostolica sollicitudo. Il Sinodo dei
oltre a ciò che è stabilito da osservarsi nel Vescovi al servizio di una Chiesa sinodale,
can. 578, le norme fondamentali relative al L. BALDISSERI ed., Città del Vaticano, 2016,
governo dell’istituto e alla disciplina dei 397-402.
membri, alla loro incorporazione e 11
Cfr. CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
formazione, e anche l’oggetto proprio dei
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
sacri vincoli.
Lett. Scrutate: ai consacrati e alle
4
CIC ’83, can. 598 § 2. Tutti i membri devono consacrate, in cammino sui segni di Dio,
non solo osservare integralmente e con Città del Vaticano, 2014, 69-77.
fedeltà i consigli evangelici, ma anche 12
C ONGREGAZIONE PER GLI I STITUTI DI V ITA
vivere secondo il diritto proprio dell’istituto,
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
e in tal modo tendere alla perfezione del
Lett. Annunciate: ai consacrati e alle
proprio stato.
consacrate, testimoni del Vangelo tra le
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
5
Natura è il genere al quale l’istituto genti, Città del Vaticano, 2016, 116.
appartiene, il suo genus: istituto religioso o 13
Cfr. CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
istituto secolare.
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
6
Indole è una specificazione della natura Lett. Rallegratevi: ai consacrati e alle
dell’istituto, la sua species: istituto religioso consacrate dal magistero di Papa
apostolico o istituto religioso contemplativo; Francesco, Città del Vaticano, 2016, 56.
istituto contemplativo di clausura papale o 14
Cfr. CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
di clausura costituzionale.
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
7
Finalità è la missione propria nella Chiesa, Lett. Contemplate: ai consacrati e alle
lo scopo puntuale per il quale l’istituto è consacrate sulle tracce della bellezza, Città
sorto. del Vaticano, 2015, 118-120.
8
Spirito è quella particolare modalità di ogni 15
Cfr. DOLPIN B. – GARVIN M.P. – O’DWYER C.,
istituto di partecipare al mistero di Cristo, il Leadership in consecrated life today, in
suo modo di dire Cristo. Formation and the Person: Essays on
9
VITALI D., Verso la sinodalità, Magnano, Theory and Practice, dir. da A. MANENTI - S.
2014; «Più sinodalità. La Chiesa di Papa GUARINELLI – H. ZOLLNER, Leuven, Belgium,
Francesco», La Rivista del Clero Italiano Peeters, 2007, 257-280. 9
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA
ALL’INTERNO DELLE COMUNITÀ NEL
CONTESTO AFRICANO.
IN PARTICOLARE, SULLA GESTIONE
SCORRETTA DI FONDI
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
Sr. Mary Gerard Nwagwu è un membro della Congregazione delle Figlie
di Maria Madre della Misericordia (DMMM), della Nigeria. Ha studiato
e conseguito la Laurea in Filosofia (B.A. Phil., 1977), un Baccellerato in
Teologia (B.D. Theol. 1980), la Licenza in Diritto Canonico (J.C.L.1983)
e il dottorato in Diritto Canonico (J.C.D.1985), presso la Pontificia
Università Gregoriana a Roma. Ha anche conseguito l’ Utruisque Iuris
presso l’Università Lateranense in Roma e Diplomi in italiano, latino,
francese e Tedesco. Ha studiato Diritto Civile in Nigeria diventando
Avvocato. Dal 1991 è docente a tempo pieno presso l’Istituto Ecclesiastico
Post-Laurea dell’Africa Occidentale in Port Harcourt, Nigeria. Nel 2008
è stata promossa Prof. di Diritto Canonico e tale promozione è stata
approvata dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica. È autrice di
vari libri e di oltre 52 articoli e ha partecipato a numerosi congressi
nazionali e internazionali. Lavora come consulente ed esperta in questioni
canoniche presso la Conferenza delle Religiose della Nigeria (NCWR) e
presso varie congregazioni religiose.
Questo testo è stato presentato al Laboratorio di Diritto Canonico per le
Superiore Generali della UISG, Roma, Maggio 2016.
UISG - Bollettino n. 162, 2017
Originale in Inglese
Introduzione:
La disciplina, all’interno degli Istituti di Vita Consacrata, è un tema
familiare ma spiacevole da affrontare, quando le persone consacrate si
riuniscono per discutere sul loro stile di vita. E il motivo non è difficile a
comprendersi. Essa viene spesso considerata un aspetto della vita comunitaria
su cui non si può transigere, restrittivo e frenante. Per alcuni religiosi, si
tratta di misure prudenziali che indicano il cammino verso una spiritualità
10 autentica e un comportamento consono ad una convivenza pacifica. Per
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
molti altri, tuttavia, è una tecnica di controllo nelle mani dei superiori o dei
responsabili della comunità, attraverso la quale essi fanno valere un codice
di comportamento cui si potrebbe, in qualche modo, fare resistenza.
La disciplina dovrebbe, quindi, assolvere allo scopo fondamentale di
realizzare un controllo sui comportamenti e di scandire le attività quotidiane
sulla base di un sistema di regole tese ad assicurare ordine, conformità e
uniformità. In particolare, è sempre stata data per scontata l’accezione di
disciplina come insieme di esercizi e pratiche di routine osservate nelle
comunità religiose. Maggiore enfasi viene data alla concezione di disciplina
come strumento di vigilanza e supervisione. In questa logica, essa impone
dei limiti e un controllo sugli eccessi, le passioni, i desideri egoistici e gli
impulsi incontrollati, tutto al fine di tutelare il bene comune.
La considerazione della disciplina nell’accezione appena esposta
rappresenta un sistema a tutela del bene comune dell’Istituto, e costituisce,
così, un criterio di vitalità per l’Istituto stesso, anche se, per i singoli
religiosi, può diventare limitante o correttivo o punitivo.
Nello stesso tempo, il tema della disciplina praticato nella vita religiosa
è visto in termini generali. Il presente articolo richiama, dapprima, brevemente
le caratteristiche generali della norma disciplinare all’interno degli istituti
di vita consacrata, secondo quanto è espresso in dettaglio dalla Chiesa nei
suoi documenti e nel Codice di diritto canonico. Segue, poi, la disamina di
casi che scaturiscono dai tre ambiti della vita religiosa in cui i temi
disciplinari presentano, spesso, elementi di criticità. Questi ambiti sono: i
tre voti, la vita di comunità e il campo dell’apostolato. La parte conclusiva
del lavoro prende in considerazione alcune misure disciplinari che sono state
richiamate o applicate e ne indica il grado di efficacia in termini di rimedio
a comportamenti indisciplinati.
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
I. Norme ecclesiali in merito alla disciplina
Ai primordi della vita religiosa, eremiti, anacoreti, monaci e monache,
sia che vivessero da soli sia che vivessero in monasteri, hanno sempre
regolato la loro vita secondo i rigidi schemi di una severa disciplina
religiosa. Seguivano uno stile di vita routinario, incentrato su pratiche
ascetiche e penitenziali, lavoro manuale e recita dell’ufficio divino, durante
le ore della giornata. Nel corso dei secoli, le Società di Vita Apostolica
hanno adattato alle peculiarità del loro stile alcune rigorose pratiche religiose,
con l’intento di venire incontro alle esigenze dei loro programmi di apostolato
attivo, che si svolgevano prevalentemente al di fuori delle loro comunità.
Ciò nonostante, la disciplina religiosa regolare restava ancorata alla chiusura
e alla residenza nei conventi, intese come forme di separazione dal mondo, 11
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
una disciplina scandita da esercizi spirituali, ufficio divino, preghiera
mentale, regola del silenzio, partecipazione all’Eucarestia, ritiri annuali e
mensili, confessioni, ecc. (cann.662-672).
Simili attività, che rientrano nella normalità quotidiana e in un sistema
di regole, sono date per scontate. Vengono generalmente osservate ma anche
limate, nell’intento di far sì che seguano i cambiamenti dovuti ai tempi e le
esigenze dell’apostolato. Poiché rientrano nelle caratteristiche spirituali
della disciplina religiosa, le suddette pratiche non suscitano opposizione.
Ogni persona consacrata sa e ricorda il suo impegno a dedicare del tempo
al Signore, a praticare forme di ascetismo e a pregare la liturgia delle ore.
Parimenti, la disciplina degli esercizi spirituali è tesa ad instillare uno stile
di comportamento ordinato e la sottomissione a regole e regolamenti della
comunità, alle sue costituzioni, tradizioni, abitudini. E’ quest’altro aspetto
della disciplina a fare l’oggetto di casi di comportamento disobbediente, in
contrasto con la condotta prevista.
Secondo il diritto canonico, molti canoni, direttamente o indirettamente,
fanno riferimento all’osservanza di regole e regolamenti che garantiscono
l’osservanza della disciplina religiosa del comportamento dei singoli membri,
nella routine quotidiana. I canoni, poi, limitano le dimensioni e le probabilità
delle infrazioni anche a tutela dei diritti individuali. Alcuni esempi in
proposito:
(i) Can. 220: protezione della buona reputazione e della privacy dei
membri, contro insinuazioni e sospetti.
(ii) Can. 221: diritto dei membri all’auto-difesa, se accusati di
comportamento colpevole e conseguente, debita procedura per
l’imposizione della giusta pena, nell’osservanza delle norme di
diritto.
(iii) Can. 208: il principio dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge
e, pertanto, opposizione formale a pratiche discriminatorie nel
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mantenimento della disciplina all’interno degli Istituti.
(iv) Can. 573: il fondamento teologico per la richiesta di regolare
disciplina religiosa – stante la consacrazione e tutti gli obblighi
che ne derivano ai fini di “un modo di vivere distinto”.
(v) Can. 574: rilevanza del comportamento ordinario delle persone
religiose, dato che rappresentano la santità della Chiesa.
(vi) Can. 587: significato profondo della disciplina in quanto obbedienza
alla regola e ai regolamenti radicati nelle costituzioni e in altre
fonti.
(vii) Cann. 596 & 618: la sottomissione all’autorità dei superiori e
dei capitoli, anche se in una dinamica dialogica, costituisce un
altro criterio teso al mantenimento della disciplina.
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Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
(viii) Can. 598 & 2: codice di diritto canonico che esorta i membri ad
osservare la legge espressa nei consigli/voti e a vivere secondo
la regola di vita, ad es. le Costituzioni.
(ix) Can. 607 && 2,3 : la disciplina della vita fraterna in comune è
obbligatoria per tutti i religiosi e rispecchia la regola di realizzare
una forma di vita che sia, in qualche modo, separata dal mondo.
(x) Can. 610 & 611 1° : una chiamata a vivere in case religiose stabili
e a seguire la loro regola di vita come disciplina abituale.
(xi) Can. 654: i voti presi per osservare i tre consigli rappresentano
il nucleo degli obblighi della vita religiosa; come tali, possono
essere giuridicamente verificati e la loro mancata osservanza può
essere punita. (can.696)
(xii) Cann.662-672: dettagli delle norme cui si richiede adesione in
modo specifico:
· Esercizi spirituali
· Residenza in case religiose
·Uso discreto dei media
·Separatezza
· Minimo coinvolgimento in questioni economiche
· Segni di consacrazione identificabili
· Sostegno alle necessità degli altri membri
· Divieto di assumere incarichi o uffici fuori dal proprio istituto
senza richiedere la licenza al proprio legittimo Superiore.
(xiii) Cann.686-688: regole applicabili derivanti dagli obblighi dei
chierici.
(xiv) Cann. 694-704: misure disciplinari disponibili
· Dimissione, esclaustrazione, rifiuto di rinnovare i voti
Questi canoni dimostrano, in modo esaustivo, come ogni aspetto della
vita consacrata sia mescolato a norme e regolamenti disciplinari. Altri
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dettagli sono regolati da leggi proprie di ogni istituto al di sopra e oltre le
leggi universali espresse nel codice.
I regolamenti dettagliati scaturiscono come conseguenza della
uniformazione delle pratiche di vita religiosa, a partire dal XIX secolo fino
al Concilio Vaticano II. Anche in seguito, molte congregazioni fondate in
Africa hanno continuato a sottostare a quella impostazione. Abbiamo
testimonianza di numerosi casi di affievolimento della conformazione a
regole rigide e alla loro ancor più rigida applicazione, ma abbiamo anche
casi di assenza totale di iniziative e di creatività da parte dei contesti locali.
Sono questi gli elementi sui quali impostare le problematiche che riguardano
la mancata osservanza dei voti e le incompatibilità tra vita comunitaria e
apostolato.
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Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
II. Voti e comportamenti indisciplinati
L’osservanza disciplinata dei voti è spesso motivo di interpretazione
esagerata, distorta e faziosa. E’ raro che i voti siano oggetto di considerazioni
equilibrate secondo il punto di vista di coloro che li praticano, di religiosi
laici e religiose. Le azioni in contrasto con i voti possono essere in contrasto
con una disciplina accettabile, ciò nonostante essi appaiono diramazioni di
un sistema che dovrebbe essere riformato.
Voto di Obbedienza:
Il primo dei voti da considerare è quello di obbedienza. In molte
comunità africane, l’insistenza sull’obbedienza è una strategia mirata ad
esigere una conformità allo status quo, in tutti gli ambiti di vita. Il voto di
obbedienza sottolinea specificamente la sottomissione della volontà ad una
legittima autorità. Ma le leggi esprimono l’auspicio che ciò si realizzi
attraverso il dialogo, il senso di responsabilità e la sussidiarietà. I Superiori
devono incoraggiare e favorire la collaborazione, i suggerimenti, le idee, e
dimostrare rispetto per i diritti della persona umana, uguaglianza nella
dignità e opportunità, rispetto del diritto alla riservatezza e alla sfera
personale della libertà.
Problematiche di mancato adeguamento relativamente a temi collegati
all’obbedienza, all’interno del contesto africano, riguardano le fattispecie
seguenti:
Incarichi e compiti assegnati ai membri: comportamenti che possono
essere interpretati come atti di indisciplina da parte di membri cui sono stati
assegnati incarichi e funzioni contrari ai loro ambiti di formazione. Alcuni
membri, al termine del percorso di studi, sono lasciati privi di incarico. E’
possibile, allora, che cerchino del lavoro per proprio conto, senza fare
riferimento ai propri legittimi Superiori. In altri casi, le iniziative e la
UISG - Bollettino n. 162, 2017
creatività dei membri sono del tutto trascurate e respinte. Il risultato è la
sfiducia nell’autorità e l’avvio di modalità di comportamento opposte a
corretti principi di azione.
Proseguimento degli studi e specializzazione: negli istituti religiosi in
Africa e in Nigeria, in modo particolare, è emersa la domanda forte di
specializzazione e di proseguimento degli studi per il conseguimento di
obiettivi culturali superiori da parte dei membri più giovani delle congregazioni.
Sostenuti dalla famiglia e dagli amici, seguono questa tendenza del mondo
secolare dando origine a contrasti con i loro Superiori. Preferiscono insistere
in questi atti di indisciplina piuttosto che ritardare il raggiungimento dei
loro scopi.
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Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
Giusti limiti dell’esercizio dell’autorità: l’esercizio dell’autorità, nella
Chiesa, non è mai arbitrario ma complementare. Nella vita consacrata, è
prevalentemente collegiale con minimi spazi di discrezionalità da parte del
Superiore. Ci sono anche livelli diversi affidati a diversi gradi di autorità.
Quando i superiori superano i limiti della loro autorità, si creano i presupposti
per atti di indisciplina e di insubordinazione, come opposizione e resistenza.
Agire ultra vires è, in se stesso, una grave indisciplina, in contrasto con il
comportamento esemplare che, al contrario, ci si aspetterebbe. Episodi di
questo genere sono, purtroppo, frequenti nel contesto africano, in cui i
superiori mantengono una posizione di autorità troppo a lungo.
Voto di Povertà:
Nel contesto africano, l’osservanza del voto di povertà pone molte
sfide, tali da condurre ad atti di indisciplina dovuti alla disobbedienza alle
norme che regolano la povertà. La mancata osservanza del voto di povertà
nelle culture locali porta a formulare alcune ipotesi sulle cause del fenomeno.
Tra queste:
Il desiderio di condizioni di vita migliori: l’Africano medio cerca
condizioni di vita migliori. In una condizione di sottosviluppo riscontrabile
in tutti gli aspetti del vivere, la gente desidera un futuro diverso, riscatto
sociale, comodità personali, un’esistenza dignitosa. In un contesto già
povero, invocare altra povertà appare privo di senso.
Prevalenza di ristrettezze economiche: la maggioranza dei Paesi africani
è perennemente afflitta da dure crisi economiche provocate dall’instabilità
politica e dalla cattiva gestione delle poche risorse economiche. Il Santo
Padre descrive l’Africa come una mera appendice del mondo occidentale
(Ecclesia in Africa 42). Con tante persone che vivono al di sotto della soglia
di povertà, è difficile rimuovere gli effetti devastanti della povertà dal punto
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di vista umano, persino negli ambienti di vita religiosa.
Limiti dovuti ai legami familiari:
I membri degli istituti appartengono a famiglie naturali. A motivo della
mancanza di un sistema di assistenza sociale e di assicurazione nella
maggior parte dei Paesi africani, il mantenimento dei familiari stretti e dei
parenti ricade sui membri istruiti della famiglia, che abbiano uno status
sociale migliore. I religiosi appartengono a questa categoria e da loro ci si
aspetta che contribuiscano alla cura dei genitori e dei parenti. Comportamenti
irregolari sono spesso messi in atto allo scopo di soddisfare queste richieste.
Alcuni esempi:
· Inaffidabilità degli amministratori o di quanti ne ricoprano ufficialmente
l’incarico; 15
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
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· Metodi non trasparenti usati per provvedere a genitori anziani e
indigenti;
· Falsificazione dei verbali per coprire eccessi di spesa;
· Avvio, senza autorizzazione, di nuove iniziative e pratiche private.
Divisioni culturali riscontrate all’interno degli istituti:
Esiste un sottile tratto di divisione culturale negli istituti che operano
in Africa, sia che essi siano di fondazione missionaria sia che siano di
fondazione autoctona. I contrasti sorgono negli atteggiamenti e nell’osservanza
del voto di povertà, nella convinzione che le pratiche e gli ideali della vita
religiosa appartengano in misura maggiore alla cultura occidentale.
Le mentalità africane sono condizionate da problemi quali: la difficoltà
a creare riserve per i periodi di difficoltà, mancanza di infrastrutture
minime, ridotte possibilità di reddito, mancanza di opportunità per aumentare
le risorse, ecc. Ma per altre culture, questi poblemi sono inesistenti. Davanti
a tali sfide, molti intraprendono iniziative che compromettono il voto di
povertà. Verosimilmente, le misure disciplinari non costituiscono un deterrente,
perché le situazioni sono esistenziali.
Voto di Castità:
Sulla base di errate opinioni, la cultura africana non sarebbe pienamente
coerente con quanto implica il voto di castità. Questo assunto può essere in
parte vero nella misura in cui, per questa come per ogni cultura, che sia
africana o non africana, la castità occupa un ambito che richiede un’opera
specifica di evangelizzazione della sfera fisica di cui non si può presumere
l’acquisizione naturale. Ma l’assunto sopra indicato si rivela in buona parte
scorretto, se si considera che gli Africani custodiscono la verginità prima del
matrimonio come un valore prezioso, e fanno altrettanto con la castità nel
matrimonio. Il celibato, così come lo richiede la vita religiosa, era la
UISG - Bollettino n. 162, 2017
condizione di poche sacerdotesse di potenti santuari.
Casi di inosservanza del voto di castità traggono origine dalle seguenti
premesse:
Considerazione dei temi legati alla sessualità come appartenenti
esclusivamente all’ambito personale:
Nella cultura africana, la comunità o la società sono, in generale,
custodi della moralità e della sessualità. Dove si verificano gravi violazioni,
l’intera comunità si indigna e agisce per riparare e purificare il territorio e
le persone contaminati dalla colpa. Nel contesto della vita religiosa, le
violazioni vengono personalizzate e trattate prevalentemente a livello di
giudizio interno. Comportamenti di sfida al dettato morale, lievi agli inizi,
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Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
possono apparire indefiniti nella fase in cui potrebbero ancora essere facilmente
arginati, ma, se ciò non avviene, portano a violazioni ben più gravi.
Valutazione inadeguata dei temi relativi alla sessualità:
La valutazione e la presentazione della sessualità della persona umana,
nel primo periodo della formazione, continua ad essere inadeguata. L’ignoranza
e la mancanza di opportunità per valutare le spinte sottese al desiderio
possono sfociare in relazioni che compromettono la castità. Ne risultano atti
di violazione che vengono coperti, negati e tenuti nascosti. Infine, risulta
difficile tornare sui propri passi prima che si creino gli elementi per le più
gravi misure disciplinari di dimissione.
Aspirazione al possesso di beni di lusso:
Desiderare beni di lusso e la piacevolezza che da questi deriva è fatto
naturale e innocuo, in se stesso. Esperienze di confronto con colleghi e
coetanei diventano elementi di sfida per le persone religiose più giovani.
L’attrazione per beni di lusso provenienti dall’estero spinge, assai facilmente,
le generazioni più giovani in relazioni personali che rendono disponibile il
denaro necessario a soddisfare tali desideri. Non c’è dubbio che questo tipo
di amicizie porti anche a comportamenti che intaccano la castità religiosa.
III. Vita fraterna e problemi disciplinari
Un buon numero di casi relativi a persone religiose che vengono meno
alla loro promessa di osservare i tre voti possono essere ricondotte ad una
vita comunitaria carente, disfunzionale, che non valorizza la persona umana.
I conflitti che si traducono in forme di indisciplina nei comportamenti
traggono origine e maturano prevalentemente all’interno dell’organizzazione
comunitaria. La “Congregavit Nos” (27) ha sottolineato che una vita
fraterna priva di gioia spinge i membri della comunità a cercare altrove ciò
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
che non possono più trovare all’interno della loro casa. Non li si può
biasimare per questo. Nel processo di soddisfazione dei bisogni umani
fondamentali, essi vengono coinvolti in atti censurati dal decoro e dalla
disciplina della vita religiosa.
Nella vita fraterna vissuta in comunità, sono stati registrati occasionalmente
comportamenti aggressivi che disturbano la pace e l’armonia della comunità.
Quando si verificano, queste forze distruttive restano annidate e si macerano
per lungo tempo, prima di raggiungere un culmine che obbliga l’istituto a
fare i passi necessari per avviare un procedimento che porti ad una qualche
forma di separazione. Il principio ispiratore è proteggere il bene comune per
la reciproca condivisione. Alcuni comportamenti sregolati che danneggiano
il legame comunitario includono: 17
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
· Calunnia, diffamazione e pettegolezzi distruttivi dell’immagine altrui;
· Gelosia, invidia, atteggiamento ostile e vendicativo;
· Comportamenti che alimentano sentimenti di divisione culturale;
· Pretestuosa opposizione all’autorità legittimamente costituita;
· Tensioni provocate deliberatamente con presunte lamentele, insinuazioni.
Nel contesto africano, le criticità hanno origine soprattutto nelle tendenze
limitanti della comunità, che risultano schiaccianti e soffocanti, e che non
consentono il riconoscimento della dignità e del valore dei singoli membri.
Il rigore viene spesso invocato, come fosse la modalità attraverso la quale
viene garantito il primato dei valori ideali nella disciplina religiosa. Ma non
è sempre così. (Evangelica Testificatio 32). Le persone sono, inoltre, valutate
secondo il livello del loro contributo materiale, calcolato sul piano finanziario
o secondo le posizioni che occupano. Alcuni membri, una volta perso il loro
senso di appartenenza, si lasciano andare a comportamenti negativi.
Situazioni che incoraggiano atti di indisciplina comprendono:
· percezione di ingiustizia nell’assegnazione discriminatoria di funzioni,
compiti e incarichi;
· mancanza di quanto necessario a soddisfare i bisogni della persona,
in termini di cure mediche, formazione professionale e sostegno da
parte della famiglia d’origine;
· uso di metri di misura diversi nel valutare i casi e nell’applicare i
provvedimenti;
· trascuratezza e mancanza d’impegno nella gestione dell’apostolato;
· mancanza di sostegno da parte della comunità in situazioni in cui,
nell’apostolato, si verifichino dei problemi;
· sentimenti di alienazione a seguito di incomprensioni;
· periodi di crisi provocati da malattia fisica/mentale, perdita di persone
care, aridità spirituale;
· sentimento di inutilità, convinzione di non essere desiderato, sentirsi
UISG - Bollettino n. 162, 2017
di troppo;
· Conflitti personali con i superiori.
Le misure disciplinari che riguardano i membri con una condotta
irregolare devono essere uniformi e applicate secondo i principi di legalità
canonica: l’appropriata e diretta notifica al trasgressore, la possibilità
dell’autodifesa, l’obiettiva considerazione dei fatti del caso, la decisione
collegiale sono tutti requisiti di un modus operandi corretto ed imparziale.
IV. Opere di apostolato e temi disciplinari
Eccettuati pochi istituti monastici, il maggior numero di istituti religiosi
18 in Africa appartiene ad istituti di apostolato attivo. Come i loro predecessori
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
in altre parti del mondo, gli istituti sono impegnati a vari livelli nelle
parrocchie e nelle chiese diocesane: in servizi sanitari, nel campo
dell’educazione, nell’assistenza sociale ai poveri, agli anziani, ai giovani,
alle prostitute, ai divorziati, alle madri non sposate, ecc. L’estrema varietà
delle opere intraprese dagli istituti diventa spesso terreno fertile per irregolarità
che gettano al vento la disciplina religiosa.
Proprio la sfera di azione dell’apostolato ha registrato la maggior parte
delle sfide, delle discordie e dei contrasti tra le gerarchie locali e i superiori.
Le motivazioni derivano da:
· Gestione di opere affidate ai religiosi dai vescovi , diverse da quelle
che appartengono agli istituti;
· Divergenze tra istituti sulla conduzione di progetti diocesani nella
medesima località;
· Contrasti sulla applicazione di un accordo in merito ad introiti maturati;
ecc.
Nel contesto africano, queste situazioni provocano disaffezione e delusione
nel religioso/a che è impegnato direttamente nel lavoro. La tensione spinge
la personalità in due opposte direzioni: quella verso l’Ordinario locale e
quella verso il proprio legittimo Superiore. L’esperienza ci dice che alcuni
membri preferiscono la lealtà verso l’Ordinario locale alla fedeltà agli
interessi del loro istituto. Questo si traduce in atti di insubordinazione al
loro legittimo Superiore e fa innescare, perciò, le misure disciplinari. Gli
ambiti in cui si evidenziano le principali criticità disciplinari comprendono:
(i) Cambiamento improvviso del personale che gestisce i diversi
progetti, mentre le autorità della chiesa locale sono entrambe
contrarie e impreparate a togliere l’incarico al religioso/a interessato;
(ii) Opposizione a mettere in atto l’accordo descritto nel contratto
relativamente a vari elementi concernenti le condizioni di servizio:
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
dividendi, mandato, incarichi, indennità, ecc.;
(iii) Gestione di progetti e di opere, da parte di singoli religiosi, come
pratiche private e iniziative personali in contrasto con progetti
comunitari;
(iv) Membri, cui sono stati assegnati incarichi precisi, che intraprendono
altre opere apostoliche e abbandonano il loro incarico precedente;
(v) Incarichi precedentemente assegnati che non vengono abbandonati
per svolgere altre opere ma per proseguire ancora gli studi o
svolgere compiti a vantaggio della famiglia d’origine.
Sulle problematiche dell’apostolato, l’impegno della chiesa locale e le
associazioni di fedeli laici ogni legittima misura disciplinare può essere
adottata. La prudenza resta la parola chiave per evitare un crescendo di 19
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
reazioni e non dar luogo allo scandalo derivante da un contrasto all’interno
di una chiesa locale o di una missione lacerata dal dissidio di enti religiosi
nei confronti della gerarchia.
V. Gestione scorretta di fondi negli Istituti
Principi canonici sulla gestione dei fondi
La scorretta gestione dei fondi può, a giusto titolo, meritare un’attenzione
particolare, in quanto tocca l’esercizio dell’autorità, una sfera che spetta ai
Superiori e ai loro amministratori. I principi canonici che informano e
regolano i casi di gestione scorretta di fondi sono esposti soprattutto (ce ne
sono pochi altri) nella sezione “Amministrazione dei Beni Temporali della
Chiesa” (cann. 1273 – 1289). Una sezione complementare è compresa nei
canoni sugli Istituti di Vita Consacrata, con il titolo: Beni Temporali e loro
Amministrazione (cann. 634-640).
Queste norme canoniche mostrano come l’amministrazione dei beni
immobili e delle finanze costituisca un aspetto fondamentale del governo
della Chiesa. Spesso, alla base dell’organizzazione c’è l’incompetenza di
coloro che sono incaricati della gestione del personale, o delle finanze o
degli impianti. Una buona “governance” deve essere espressione di competenza
e capacità nel condurre una gestione propositiva delle risorse disponibili per
una persona giuridica, quali sono gli istituti religiosi. Per tale compito, sono
richieste qualità come: integrità ed onestà, buon senso e saggezza, affidabilità,
esperienza e competenza in materie finanziarie, alto senso di responsabilità
e umiltà. Quattro principi fondamentali devono essere tenuti in considerazione
nell’amministrazione dei beni, compresi quelli finanziari :
(i) capacità di mantenere e preservare ciò che è stato già acquisito
come risorsa;
UISG - Bollettino n. 162, 2017
(ii) miglioramento dei beni immobili e mobili già esistenti, considerando
che i beni si conservano migliorandoli;
(iii) applicazione del principio di produttività, facendo fruttare le
risorse, in modo che producano reddito e generino interessi;
(iv) erogazione di denaro nel modo più equo possibile per scopi e
persone ben definiti.
L’omissione di uno di questi principi lascia spazio ad una dispersione
di fondi e risorse ed apre la strada che conduce ad una gestione scorretta.
A livello pratico, le disposizioni canoniche richiedono che istituti e
province abbiano amministratori finanziari diversi dal Superiore maggiore.
20 Tale misura dovrebbe valere anche per le comunità, ad un livello inferiore.
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
La disposizione aggiunge che queste persone “amministrino i beni sotto la
guida del rispettivo legittimo Superiore” (can. 636).
In altri termini, il vero amministratore è il Superiore, l’amministratore
finanziario agisce in sua delega. Lo stesso concetto viene affermato nel can.
1279, che recita: l’amministrazione dei beni è di pertinenza di colui che
regge le persone cui gli stessi beni appartengono. Pertanto, al merito del
Superiore maggiore viene riconosciuta una buona amministrazione dei beni
ma, per lo stesso principio, nel caso in cui ci sia una denuncia per casi di
gestione scorretta di fondi, è il Superiore a portare il peso di questa
responsabilità.
Nella Chiesa, per la gestione delle finanze, l’affidabilità è l’elemento
cardine che implica un insieme di caratteristiche: attenzione e impegno,
accuratezza e trasparenza, onestà e fedeltà, prudenza e senso di responsabilità;
(cann. 1284, 1287, 636 & 2). D’altra parte, una scorretta gestione dei beni
contravviene i valori sopra indicati che sono a fondamento di una buona
amministrazione. Negli organismi religiosi, questo si configura come un
tradimento della fiducia ed un atto di ingiustizia nei confronti dell’ente
religioso; che, considerato come un minore che richiede di essere rappresentato
e difeso, è proprio colui di cui, invece, approfitta proprio chi è stato
chiamato a proteggerlo.
Le esperienze verificatesi nel contesto africano indicano che la gestione
scorretta dei fondi si manifesta semplicemente come abuso di autorità per
il fatto che si usa la propria posizione di Superiore o di amministratore per
derubare l’ente affidato alla propria cura. A titolo di esempio si possono
citare le fattispecie seguenti:
· atti fraudolenti realizzati gonfiando il costo dei materiali per far
pagare un prezzo più alto rispetto ai reali costi di mercato;
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
· falsificazione di documenti contabili, in cui le entrate risultano alterate
o modificate con l’inserimento di cifre contraffatte;
· distrazione di fondi ricevuti dai benefattori, per cui le somme vengono
impiegate per altri scopi rispetto a quelli per cui sono state rese
disponibili, ignorando, in tal modo, il dovere assoluto di rispettare la
volontà dei donatori (cann. 1267 & 2,1300).
· fare acquisti che possono avvantaggiare terzi, spesso, persone della
sfera familiare e amici, mentre la persona giuridica, nella transazione,
subisce una perdita.
· usare il nome della persona giuridica per lanciare una raccolta di
fondi per un progetto privo dei necessari e legittimi permessi.
21
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
A questo proposito, è opportuno aggiungere che ci sono due fattori che
rendono difficile valutare la scorretta gestione dei fondi e definirne la
portata. In primo luogo, i fondi di un istituto o di un ente religioso sono
sempre sotto il controllo del Superiore in quanto, sebbene l’amministratore
sia una persona diversa, si tratta sempre di qualcuno con cui il Superiore
deve poter agevolmente lavorare. In pratica, è il Superiore che definisce a
chi, quando e come debbano essere erogati i fondi. Quando si realizza una
gestione scorretta dei fondi, entrambi sono implicati e potrebbe essere
difficile accertare i fatti e le responsabilità.
Nel secondo caso, il Superiore è il membro più autorevole della persona
giuridica, il suo primo rappresentante ufficiale. Si presume che egli/ella
agisca, in ogni occasione, nell’esclusivo interesse dell’organismo giuridico.
E’ un’ardua impresa sfatare una tale presunzione e sostenere che gli atti
realizzati danneggiano e frodano l’ente giuridico invece di avvantaggiarlo.
In ogni caso, la possibilità concreta che simili atti vengano commessi
esiste, visto che ci sono leggi canoniche che li contrastano. Sono sufficienti
alcuni esempi:
(i) can. 639 &4: i Superiori sono avvertiti di non incorrere in oneri
contrattuali che gravino sull’ente giuridico che essi rappresentano;
(ii) can. 1281 &3: disconoscimento canonico di atti posti invalidamente
da amministratori di una persona giuridica;
(iii) can.1298: divieto per gli amministratori di beneficiare per se
stessi, o per persone legate ad essi, di beni ecclesiastici appartenenti
all’ente giuridico.
(iv) can. 1377: giusta pena sarà comminata per violazioni della
legittima procedura richiesta in caso di assunzione di impegni
economici;
UISG - Bollettino n. 162, 2017
(v) can. 1391: la giusta pena è prevista per:
· qualsiasi forma di falsificazione di verbali presentati come documenti,
· presentazione o fornitura di verbali falsificati,
· alterazione delle cifre in qualsiasi documento ecclesiastico di
natura pubblica.
I casi cui si fa riferimento nei canoni sopra indicati, e molti altri, sono
fattori, in qualche modo, destabilizzanti. I Superiori ed i loro amministratori
dovrebbero, dunque, impegnarsi ad evitare qualsiasi forma di inganno o di
abuso di beni e di fondi appartenenti ai loro enti giuridici. Come afferma il
can.617: i Superiori devono adempiere il proprio incarico ed esercitare la
loro potestà a norma del diritto universale e di quello proprio.
22
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
Il can. 619 precisa che devono essere un esempio, per gli altri membri,
nel coltivare le virtù e nell’ osservare le leggi. Pertanto, l’onere della colpa
per gestione scorretta di fondi ricade sui Superiori.
VI. In conclusione
La disciplina viene normalmente applicata negli istituti di vita consacrata
o come insieme di pratiche di routine quotidiana o come modalità prevista
di condotta e di comportamento in conformità con le norme e i regolamenti
dell’istituto. Non c’è dubbio che la disciplina determini l’identità di un
istituto al fine di garantire l’autenticità del suo carisma, l’utilità per la
Chiesa, la sua vitalità e credibilità davanti al mondo.
Parallelamente, l’indisciplina danneggia il carattere distintivo di un
istituto e segnala un elemento allarmante di disservizio alla Chiesa, oltre
alla testimonianza negativa agli occhi della società. L’insistenza dei
provvedimenti canonici sull’obbligo di mantenere la disciplina nella vita
religiosa è attestata dalle diverse sanzioni e forme di penalizzazione nei
confronti dei trasgressori al fine di sanare la situazione.
Considerando, poi, i casi molteplici in cui si registrano atti di indisciplina
all’interno di comunità religiose, soprattutto nel contesto africano, emerge,
senza dubbio, che, per il mantenimento della disciplina, prevenire è meglio
che curare. Molte persone consacrate sono costrette dalle circostanze a
ritornare all’obbligatorietà delle loro promesse religiose.
Resta doverosamente da decifrare se tali atti di indisciplina siano
compiuti deliberatamente per motivi egoistici, o se derivino da una difficoltà
della persona e siano privi di malizia nei confronti dell’istituto. Quale che
sia la considerazione sui voti o sulla vita fraterna in comunità o sulla pratica
delle opere di apostolato, gli atti di indisciplina dovrebbero essere attentamente
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
analizzati, dato che ogni caso è diverso dall’altro.
La rigidità e l’applicazione rigorosa delle regole può non essere la
risposta ma una modalità di affrontare casi di indisciplina, modalità i cui
migliori esiti sono un autentico interesse al bene del membro interessato e
lo sviluppo del dialogo. Se esaminiamo le misure disciplinari invocate in
casi di indisciplina, le più frequenti sono: cambio di incarico o di ruolo o di
apostolato o obbligo a sottoporsi a sedute di consulenza psicologica ecc.
Misure disciplinari più stringenti possono essere: immediata rimozione
da un incarico, o dall’amministrazione, cessazione di ogni nuova iniziativa
o impresa avviata. Nel caso in cui l’illecito sia stato ripetuto nonostante il
trasgressore sia stato ammonito a non perseverare, viene, allora, presa in
23
Applicazione della disciplina all’interno delle comunità
Sr. Mary Gerard Ngwagwu, DMMM
considerazione l’imposizione della esclaustrazione o della dimissione. Per
illeciti che riguardino fondi, proprietà e risorse finanziarie, è misura
complementare obbligatoria la restituzione delle somme illegittimamente
distratte o che siano state oggetto di utilizzo improprio.
In qualunque caso si renda necessaria la correzione o la riparazione di
un comportamento sbagliato, si dovrà aver cura di evitare lo scandalo e
un’inutile pubblicità dell’illecito commesso. Ne deriverebbe un danno ancora
maggiore alla buona fama dell’ente giuridico. Prudenza e giustizia richiedono
che, mentre si puniscono i membri che hanno sbagliato, i membri fedeli non
si scoraggino ma si confermino nelle buone determinazioni e nel loro
impegno per l’istituto.
Bibliografia
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Beal J. P. et al, eds, New Commentary on the Code of Canon Law, New York Paulist Press, 2000.
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24
Separazione dall’Istituto
SEPARAZIONE DALL’ISTITUTO :
Mary Wright, IBVM
ALCUNE NOTE PRATICHE
(CIC cc. 684-704; CCEO cc. 487-503, 544-583)
Sr. Mary Wright, IBVM
Suor Mary Wright, IBVM, è originaria di Melbourne, Australia. Dopo
essere entrata nell’Istituto delle Suore della Beata Vergine Maria (Suore
di Loreto) ha studiato scienze e ha lavorato nelle scuole della Congregazione,
in Australia, come insegnante e direttrice. Ha poi studiato Diritto Canonico
a Ottawa, in Canada, e ha scritto la sua tesi di dottorato sulla storia della
Costituzioni del suo Istituto. Mary ha lavorato come canonista in Australia,
offrendo consulenza agli Istituti religiosi e insegnando Diritto Canonico
presso la Yarra Theological Union. Nel 1996 è stata eletta Superiora
Provinciale della Provincia australiana e nel 1998 è stata eletta Superiora
Generale dell’Istituto delle Suore di Loreto. Dopo otto anni, al termine di
questo mandato, Sr. Mary è tornata in Australia. Ma, dopo alcuni mesi è
stata invitata a tornare a Roma dalla Congregazione per gli Istituti di Vita
Consacrata e le Società di vita Apostolica in Vaticano. Il suo servizio in
questo Dicastero comprendeva anche lo sviluppo di Entità Giuridiche
Pubbliche in USA, Canada e Australia. Dal 2013 Sr. Mary risiede a
Melbourne e continua a lavorare come canonista, facilitatrice e relatrice.
Questo testo è stato presentato al Laboratorio di Diritto Canonico per le
Superiore Generali della UISG, Roma, Maggio 2016.
Originale in Inglese
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
Essere membro di un Istituto di vita consacrata è una risposta personale
e pubblica alla chiamata dello Spirito a seguire Cristo più da vicino, in una
specifica vita comunitaria di dedizione alla missione di Gesù nella Chiesa,
per la salvezza del mondo. La separazione da un Istituto, per qualsiasi
motivo, è un’interruzione, o almeno una alterazione di questo impegno. La
legge prevede processi per queste circostanze eccezionali, in modo che i
diritti e gli obblighi reciproci tra i membri e l’Istituto possano essere protetti
per il bene comune.
Queste note vogliono essere un aiuto per le superiore degli istituti
religiosi per capire le disposizioni canoniche circa la separazione di un
membro dal suo Istituto, e per effettuare i processi richiesti in modo corretto. 25
Separazione dall’Istituto
Mary Wright, IBVM
Non è certamente un tentativo di offrire un commentario completo. Qui di
seguito accenneremo solo ad alcuni problemi, in particolare quelli che sono
più complessi e quelli che possono essere fraintesi. Poiché implicano
eccezioni alla legge, questi processi devono essere seguiti alla lettera (cfr.
c. 18;. CCEO c 1.500.).
Mentre molti dei principi e delle pratiche sono molto simili, c’è qualche
variazione tra le disposizioni dei due Codici di Diritto Canonico in questo
settore. I commenti che seguono si riferiscono solo ai canoni del Codice di
Diritto Canonico per la Chiesa latina. 1 Le differenze tra i due codici non
sono stati discussi. I riferimenti al Codice orientale 2 sono stati inseriti per
aiutare i membri degli Istituti appartenenti alle Chiese orientali a trovare i
riferimenti rilevanti.
I canoni offrono una varietà di processi per la separazione dall’Istituto:
- Separazione dal noviziato (c. 653; CCEO c. 461)
- Separazione volontaria allo scadere dei voti temporanei
(c. 688 §1; CCEO c. 546 §1)
- Esclusione allo scadere dei voti temporanei (c. 689; CCEO c. 547 §1)
- Dispensa dai voti temporanei
(cc. 668 §2, 692, 693; CCEO cc. 496, 546 §2)
- Dispensa dai voti perpetui (cc. 691-693; CCEO c. 492, 493, 549)
- Dimissioni (cc. 694-703; CCEO cc. 497-503, 551-553)
Alcuni principi canonici si applicano in tutti i casi di separazione:
a. I membri hanno il diritto e l’obbligo di vivere nell’Istituto e di
condurre la vita tipica dell’Istituto secondo il Vangelo e le Costituzioni
b. L’Istituto ha il diritto e l’obbligo di agire in conformità con il
Vangelo e le Costituzioni e di realizzare le opere proprie dell’Istituto
c. Le autorità competenti dell’Istituto sono tenute ad esercitare la loro
UISG - Bollettino n. 162, 2017
autorità in conformità con le norme del diritto universale e del
loro diritto proprio (c. 617).
d. Una volta che la persona è accettata ed emette I voti perpetui
nell’Istituto, ha il dovere e l’obbligo di rimanere. La legge prevede
che possa uscire con il permesso, se questa è la sua scelta. La legge
prevede anche la dimissione se la persona agisce in modo da violare
il suo diritto di rimanere.
e. Per i membri di voti temporanei il diritto di rimanere è limitato dal
concetto di “idoneità”, che è ancora in fase di verifica a tutt’oggi
(cf. c. 657)
f. Coloro che sono nella fase di noviziato non hanno alcun diritto di
26 rimanere. La loro idoneità non deve essere data per scontato. Essa
Separazione dall’Istituto
Mary Wright, IBVM
va stabilita secondo il giudizio del superiore responsabile
(cf. cc. 642, 645, 646, 653; CCEO c. 461).
La scelta di lasciare liberamente l’Istituto durante la
formazione iniziale
a. Una novizia è libera di lasciare l’Istituto in qualsiasi momento,
senza restrizioni (cf. cc. 219, 653; CCEO cc. 22, 461).
b. Un membro di voti temporanei è libero di lasciare l’Istituto allo
scadere dei suoi voti, senza restrizioni (cf. c. 688 §1; CCEO c. 546
§1)
c. I Superiori non possono imporre condizioni su queste scelte. Tuttavia
essi sono obbligati ad assicurare, pe quanto possibile, la dignità e
la sicurezza della persona che lascia l’Istituto (cf. c. 702; CCEO c.
503).
La scelta di lasciare l’Istituto previo permesso
Un membro di voti temporanei può chiedere l’indulto ( un permesso
formale scritto) di lasciare l’istituto per motivi gravi. Il superiore non può
imporre questa decisione ad un membro. Questa è una sua libera scelta.
L’indulto può essere concesso dalla Superiora Generale con il consenso del
suo Consiglio. Per gli Istituti di diritto diocesano, l’indulto richiede anche
la conferma da parte del Vescovo della diocesi di cui il membro fa parte. Da
notare che, in questo atto e nelle relative istanze, in deroga alla regola
generale, il Vescovo della diocesi in cui si trova la casa principale non è
coinvolto. (cfr can. 688 § 2;. CCEO c 496, 546).
Un membro di voti perpetui può chiedere l’indulto di lasciare l’istituto
per ragioni molto gravi. Il superiore non può imporre questa decisione ad un
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
membro. Questa è una sua libera scelta, anche se naturalmente i superiori
dovrebbero assicurarsi che alla persona sia stato offerto l’aiuto e il sostegno
necessari per prendere in considerazione azioni alternative e che sia
accompagnata nel suo discernimento. La richiesta viene inviata alla Superiora
Generale, che deve trasmetterla alla Santa Sede o, per gli Istituti di diritto
diocesano, al Vescovo della diocesi di cui la persona fa parte, insieme al suo
parere e a quello del suo consiglio. La Superiora e Consiglio non votano, né
sono tenuti a consentire in alcun modo. (Cfr. can 691; CCEO c 492, 549).
L’indulto di lasciare l’istituto comporta la dispensa dai voti e da tutti
gli obblighi derivanti dalla professione. Il membro perde tutte le cariche che
aveva come membro dell’Istituto. Alla persona vengono restituiti il testamento
e tutti i beni patrimoniali che potrebbe aver affidato alla gestione dell’Istituto
e tutti i documenti che le appartengono come cittadina. Tutta la corrispondenza 27
Separazione dall’Istituto
Mary Wright, IBVM
che ha inviato all’Istituto rimane di proprietà dell’Istituto. Il membro che
lascia l’Istituto non può pretendere nulla in virtù del lavoro che ha svolto
all’interno o per l’Istituto, o che ha ricevuto in forma di pensione, regalo,
contributo o assicurazione, a meno che il diritto proprio dell’Istituto non
preveda diversamente (cfr cc 668 § 3, 692.; CCEO c. 503).
Notifica dell’indulto
L’indulto diventa effettivo non appena la persona viene informata che
l’indulto le è stato concesso, a meno che non venga rifiutato in quel momento
(cf. c. 692; CCEO c. 493). La persona non può chiedere più tempo per
riflettere sulla situazione o per negoziare un accordo economico prima di
accettarlo. La persona può anche rifiutarlo completamente (apertamente,
definitivamente), nel qual caso l’indulto diventa nullo o diventa immediatamente
effettivo (cf. cc. 80 §2, cfr. can 692; CCEO c 493 §1). Queste limitazioni
dovrebbero essere spiegate alla persona interessata con largo anticipo rispetto
all’arrivo dell’indulto. Se l’atto di notifica avviene davanti a due testimoni,
essi devono firmare la registrazione di questo atto, che è valido anche se il
membro si rifiuta di firmare la notifica (cfr. c 56;. CCEO c 1520 §3).
Dimissioni di un membro in formazione
a. Le dimissioni di un membro in formazione non implicano
necessariamente un reato. Le Costituzioni dovrebbero indicare
quale sia presso l’Istituto l’autorità competente in ogni caso.
(cf. c. 653, 656, 3°, 689 §1).
b. Durante il noviziato, una novizia può essere dimessa per qualsiasi
giusta causa 3 (cfr. c. 653 §1; CCEO c. 461 §1). Al termine del
noviziato, la novizia, se ritenuta idonea, deve essere ammessa alla
professione . Se rimane qualche dubbio sulla sua idoneità il noviziato
UISG - Bollettino n. 162, 2017
può essere prolungato ma non oltre sei mesi. Se viene giudicata non
idonea deve essere dimessa (cfr. c. 653 §2; CCEO c. 461 §2).
c. Allo scadere di ogni periodo di voti temporanei, se sussistono giuste
cause, la religiosa può essere esclusa dalla successiva professione
da parte del competente superiore maggiore, dopo consultazione del
suo consiglio (cfr. c. 689 §1; CCEO c. 547 §1).
d. Se la salute di un membro di voti temporanei la rende inadatta alla
vita nell’Istituto, costituisce motivo per non ammetterla alla
rinnovazione della professione, a meno che l’infermità sia dovuta
a negligenza da parte dell’Istituto, per lavori sostenuti nell’istituto
stesso, o se è diventata “malata di mente” (cf. c. 689 §§2, 3; CCEO
28 c. 547 §§2, 3).
Separazione dall’Istituto
Mary Wright, IBVM
4
Dimissioni di un membro di voti perpetui
I canoni contengono diversi processi per le dimissioni di un membro di
voti perpetui per vari motivi:
a. Automatico (c. 694; CCEO c. 497)
b. Reati speciali (concubinaggio, aborto, omicidio - c. 695)
c. Altri reati (c. 696; CCEO c. 500 §2)
d. Pericolo e scandalo (c. 703; CCEO c. 498)
La gravità delle dimissioni dopo la professione di norma obbligherebbe
i superiori a chiedere la consulenza di esperti canonisti prima e durante il
processo. La Sede Apostolica non confermerà un decreto di dimissioni se il
processo non è stato seguito correttamente.
Dichiarazione di dimissioni
In caso di matrimonio o di abbandono notorio della fede cattolica, il
superiore maggiore con il suo consiglio raccoglie semplicemente le prove
e emette la dichiarazione del fatto di dimissioni automatiche (c. 694).
Il processo di dimissione
a. Tutti i casi di dimissioni devono essere causati da un reato dimostrabile.
b. In ogni fase del processo deve essere data al religioso la possibilità
di difendersi.
c. Il superiore maggiore con il suo consiglio, quando le prove sono
disponibili, dà inizio al processo raccogliendo le prove e decidendo
di procedere.
d. Nel caso dei reati citati nel c. 695, non vi è obbligo di avviso.
Il processo di dimissioni può iniziare immediatamente.
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
e. Nel caso dei reati citati nel c. 696, devono essere dati due avvisi
canonici espliciti e il tempo minimo tra le due ammonizioni e prima
di emettere il decreto deve essere strettamente osservato.
f. Qualora tutte le ammonizioni risultassero inutili, e se il superiore
maggiore con il suo consiglio giudicasse sufficientemente provata
l’incorreggibilità e insufficienti le difese della religiosa, invia tutti
gli atti da lei sottoscritti alla Superiora Generale.
g. La Superiora Generale e almeno quattro consigliere riunite
collegialmente procedono ad una valutazione delle prove, degli
argomenti e delle difese, e poi votano in segreto sulla questione.
h. Se la maggioranza assoluta dei voti è a favore della dimissione, la
Superiora emette un decreto, in cui esprime almeno sommariamente 29
Separazione dall’Istituto
Mary Wright, IBVM
i motivi, in diritto e in fatto, indicando il diritto al ricorso. Per essere
effettivo, questo decreto deve essere confermato dalla Santa Sede
o dal Vescovo della diocesi in cui la religiosa vive per gli Istituti
di diritto diocesano (cc. 697-700; CCEO cc. 500-501, 551-553).
i. La religiosa ha il diritto di ricorrere all’autorità competente entro
dieci giorni dalla ricezione del decreto (cf. cc. 700, 1732-1739;
CCEO cc. 501, 552 §3, 996-1006). Il ricorso ha effetto sospensivo.
Espulsione
A volte accade che il comportamento di un membro sia così pericoloso
o scandaloso che i superiori devono agire rapidamente, senza attendere che
i processi di legge facciano il loro corso. Le situazioni di minaccia politica,
di violenza fisica da parte di un membro, o comportamenti sessuali pubblici
inappropriati, per esempio, potrebbero richiedere l’espulsione immediata da
parte della comunità (cfr can. 703).
Ovviamente i superiori dovrebbero fare tutto quanto in loro potere per
garantire la sicurezza e l’incolumità del membro espulso. L’espulsione è
solo una misura temporanea, e deve essere seguita dal processo formale di
dimissioni se nessun’altra soluzione può essere trovata. Se i processi di
legge non sono applicabili, la questione può essere deferita alla Santa Sede.
Importanti punti pratici che devono essere osservati dai
responsabili in caso di dimissioni
a. Appena un problema comincia a prospettare la possibilità di dimissioni,
tutti gli eventi e le azioni rilevanti devono essere documentate e
tutte le conversazioni formali dovrebbero svolgersi in presenza di
un testimone.
UISG - Bollettino n. 162, 2017
b. La comunicazione tramite e-mail non è considerata una prova
c. Chiedere subito il parere di un esperto canonista
d. Ove possibile, assicurare che tutti gli sforzi sono stati fatti al fine
di ottenere un miglioramento o una risoluzione del conflitto.
e. Assicurare che il membro in questione abbia sostegno, informazioni
e consulenza professionale.
f. Leggere i canoni con molta attenzione
g. Seguire con esattezza ogni dettaglio del processo
h. Nel caso dei reati citati nel c. 696 può essere consigliabile concentrarsi
su un reato grave e dimostrabile.
30
Separazione dall’Istituto
Mary Wright, IBVM
Risoluzione del problema della scomparsa
Dopo aver chiesto l’indulto di lasciare l’Istituto, non è insolito che la
persona scompaia, in modo che quando l’indulto arriva non può essere
trovata. Tuttavia l’indulto non diventa effettivo fino a quando non viene
notificato che lo stesso è stato concesso.
a. In giustizia devono essere fatti tutti gli sforzi per trovare la persona.
Spesso membri della famiglia, il parroco o membri di altre comunità
religiose possono raggiungere la persona.
b. La persona dovrebbe firmare che ha ricevuto l’indulto richiesto, ma
se rifiuta di farlo, è sufficiente la presenza di due testimoni che
garantiscano che ha ricevuto l’indulto (cf. c. 56).
c. La notifica per posta elettronica certificata o consegnata a mano è
canonicamente valida. La notifica inviata per email o tramite
comunicazione telefonica non è valida.
In alternativa, quando vi è una situazione di dimissione, accade di
frequente che un membro lasci la comunità senza permesso e non si conosca
il luogo in cui si trova.
a. La persona può andare via quando esiste la possibilità di dimissioni
per le cause citate nel c. 695. Per questo diventa irreperibile per
ricevere le accuse e le prove e per avere la possibilità di difendersi.
b. Nel caso di un reato di cui al c. 696, incluso il semplice fatto di
essere assente senza permesso per sei mesi, la persona non può
essere rintracciata per ricevere le ammonizioni obbligatorie
(cfr. cc. 665 §2, 696 §1, 697, 2º; CCEO c. 500 §2. 2º).
Se non si riesce a rintracciare la persona dopo vari sforzi, si può
affiggere una lettera nella bacheca della comunità alla quale è stata assegnata
e in un posto accessibile nella casa provinciale. Questa lettera di convocazione
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
va restituita entro una certa data per ricevere le informazioni (di ammonizione
o di indulto) (cfr. c 56;. CCEO c 500 § 2, 2º 1520 §3.) è considerata una
notifica valida. Bisogna offrire un periodo di tempo ragionevole prima che
la notifica si consideri avvenuta.
Un decreto può considerarsi notificato se la persona a cui è diretto è
stata debitamente convocata per ricevere o per ascoltare il decreto e, senza
giusta causa, non è comparsa o si è rifiutata di firmare (c. 56, cfr. CCEO c.
1520 §3).
Contributo al membro che si separa dall’Istituto
L’Istituto deve osservare l’equità e la carità evangelica verso il religioso
che se ne separa (c. 702 §2; cfr. CCEO c. 503 §2). 31
Separazione dall’Istituto
Mary Wright, IBVM
Un aiuto economico e altri tipi di aiuto devono essere offerti a qualsiasi
ex membro, compresi quelli che sono stati legittimamente dimessi. L’importo
del contributo non dipende dalla virtù del membro o dal valore del suo
precedente servizio nell’Istituto, ma deve rispondere ai bisogni del membro
con riferimento alla sua situazione personale, alla sua capacità di guadagnare
e alla situazione economica del paese. Ha lo scopo di aiutare la persona a
fare il passaggio verso la sua nuova situazione di vita con tranquillità e
dignità, ma non a sostenerla per il resto della sua vita. Tuttavia potrebbe
essere necessario offrire contributi particolari agli ex-membri più anziani o
a quelli in particolare bisogno.
Fare menzione di tutte le separazioni nella Relazione alla
Sede Apostolica
Perché sia più efficacemente favorita la comunione degli istituti con
la Sede Apostolica, ogni Moderatore supremo trasmetta alla medesima, nel
modo e nel tempo da questa fissati, una breve relazione sullo stato e
sulla vita del proprio istituto (c. 592 §1; cfr. CCEO c. 419). Nella relazione
di cui al c. 592, § 1, che deve essere inviata alla Sede Apostolica, si faccia
menzione dei religiosi che a qualunque titolo sono separati dall’istituto
(c. 704).
Riflettere i valori del Vangelo
Le disposizioni di legge per la separazione devono essere attentamente
seguite, al fine di tutelare sia i diritti dell’Istituto che quelli del membro,
compreso il diritto ad una buona reputazione e alla riservatezza (cfr. can.
220). Al di là della legge, tuttavia, i superiori degli Istituti dovrebbero anche
assicurare che, per quanto possibile, nonostante la tristezza e l’angoscia che
questo spesso comporta, agiscono con sensibilità, rispetto e generosità verso
UISG - Bollettino n. 162, 2017
i membri che lasciano l’Istituto (cfr. can. 1752).
1
Codice di Diritto Canonico, Traduzione 3
Una giusta causa è qualsiasi causa che
inglese, Collins, 1983. non sia banale. Non necessariamente deve
2
Codex canonum Ecclesiarum orientalium includere una colpa morale.
auctoritate Joannis Pauli PP.II 4
Nel Codice Latino I processi di dimissione
promulgatus, Typis polyglottis Vaticanis, sono uguali sia per i membri di voti
1990. temporanei che per quelli di voti perpetui.
32 Nel CCEO non è così.
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
QUANDO SI LASCIA LA VITA
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
RELIGIOSA, CHE SUCCEDE?
ACCOMPAGNARE LE PERSONE
NEL PROCESSO DI USCITA
DALLA FORMAZIONE RELIGIOSA
Sr. Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
Sr. Chinyeaka C. Ezeani, Suora Missionaria del Santo Rosario, è stata
formatrice in Nigeria, per alcuni anni, eletta, poi, a partecipare al gruppo
di consorelle a capo della Congregazione. Per svolgere questo servizio,
Chinyeaka, attualmente, vive a Dublino.
Questo articolo è stato pubblicato nella “Religious Life Review”, Volume
55, Numero 300, Settembre/Ottobre 2016.
Originale in Inglese
Introduzione
Ovunque, nel mondo, le persone chiedono di essere ammesse ai seminari
e alle case di formazione religiosa. E’, in genere, la risposta a ciò che l’individuo
ha percepito come una chiamata ad abbracciare il sacerdozio o la vita religiosa.
Elementi costitutivi del desiderio di questa scelta di vita sono, spesso, l’entusiasmo
e l’affermazione degli ideali sui quali è costruita la vita religiosa. Recentemente,
in alcune parti del mondo, il numero di coloro che scelgono la vita religiosa è
considerevolmente diminuito. Per reagire al fenomeno, sono state messe in atto
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
forme più ampie di investimento e sono stati fatti sforzi diversi e creativi, al fine
di attrarre e reclutare potenziali candidati. Molto è stato scritto sull’opera di
animazione e reclutamento delle vocazioni ma, a me sembra, che non si sia
scritto abbastanza sull’accompagnamento e la preparazione delle persone al
lasciare il processo di formazione nel corso del suo svolgimento. In altri
termini, è necessaria maggiore riflessione e discussione su come accompagnare,
con carità e creatività, quelle persone che, dopo essere entrate in formazione,
giungono al punto in cui, dagli indicatori, inizia ad emergere che necessitano
di ricercare percorsi del cammino cristiano che siano diversi dalla vita religiosa
o dal sacerdozio.
In genere, a conclusione del programma di formazione, vengono organizzate
solenni liturgie e celebrazioni, anche di carattere sociale, per ritualizzare e
festeggiare il giorno della professione dei voti o dell’ordinazione al sacerdozio. 33
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
La comunità, le famiglie dei candidati, gli amici e i benefattori si riuniscono per
queste liete circostanze. Ciò nonostante, a volte, accade ugualmente che, nel
corso del programma di formazione, alcuni candidati esprimano, per libera
iniziativa, la scelta di interrompere il percorso. A volte, invece, una simile
decisione proviene dalla congregazione, per il tramite dei formatori che sono
direttamente impegnati nell’accompagnamento personale del candidato. Viene
in mente quella scena del Vangelo in cui si narra del giovane che dice di voler
seguire Gesù, ovunque Egli vada. Ma Gesù declina saggiamente l’offerta: “Le
volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo
non ha dove posare il capo” (Luca 9; 57-58). Non c’è dubbio che ci sia un
conflitto in coloro che sono “invitati” o “chiamati”, come si può vedere nel
giovane cui Gesù ha chiesto di seguirlo:”Signore, concedimi di andare prima a
seppellire mio padre”.
“Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”
(Luca 9: 59; 61). Chi sente di aver ricevuto una chiamata alla vita religiosa o
al sacerdozio ed è pronto ad intraprendere quel percorso, potrebbe scoprire o
essere aiutato a comprendere, lungo il percorso stesso, che non è necessariamente
quella la sua chiamata. Questa eventualità è, spesso, molto difficile ed emotivamente
impegnativa per tutti coloro che vi sono coinvolti.
Se, da una parte, questa è una realtà della fase della formazione religiosa,
colpisce, comunque, che non ci sia molta letteratura su questo aspetto fondamentale
della formazione religiosa. Considerata l’importanza di questo “tema pastorale”,
non si conosce con sicurezza quanta attenzione sia stata prestata, da parte dei
rettori dei seminari, dei vescovi, dei responsabili delle congregazioni religiose
e dei formatori, a come le persone che lasciano il seminario o le case di
formazione possano essere adeguatamente preparate e accompagnate in questo
passo, vivendolo con gioia e rimanendo confermati nella fede. Presumibilmente,
il numero dei candidati che abbandonano un programma di formazione può, in
genere, sembrare ridotto in relazione al numero di coloro che perseverano. I
candidati che lasciano, tuttavia, sebbene in numero limitato rispetto agli altri,
UISG - Bollettino n. 162, 2017
devono essere ben preparati e accompagnati in ogni modo, nel processo spesso
arduo di riadattamento al “mondo” che hanno lasciato per entrare in seminario
o in convento. Dato che nessuno è un’entità isolata, il percorso di vita di ognuno
di noi, sebbene unico e irripetibile, ha effetto sulle vite di molte altre persone
– famiglia, amici, Chiesa, società in senso lato. Il seminario o il convento, di
cui i candidati che escono hanno fatto parte, non è escluso da questa rete di
relazioni collegate le une con le altre.
La sostanza di questo articolo.
Questo articolo sottolinea, prima di tutto, la necessità di ascoltare sempre
lo Spirito nell’accompagnamento del processo di formazione e nel discernimento.
34 Si propone, inoltre, di indagare le possibili motivazioni sulla cui base convincere
i candidati a continuare altrove il loro percorso di vita cristiana, pur lasciando
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
il programma di formazione. Questo principio si può applicare ai candidati che
si trovano nelle fasi iniziali della formazione così come a coloro che sono già
professi ma ancora nella fase dei voti temporanei. E’ opportuno, comunque,
premettere che, a motivo della complessità delle persone e delle situazioni,
non è possibile cogliere sempre tutte le motivazioni. Al fine di aiutare i
direttori di formazione, il presente studio verterà anche sull’analisi di ciò che
possa accadere quando un candidato lascia il programma che è stato loro
affidato. Essere consapevoli di ciò che ci si possa attendere può rappresentare
una valida tattica premonitrice, che può giovare ai direttori di formazione nella
gestione dell’evento. Infine, l’articolo si propone di presentare le strategie
attraverso le quali accompagnare con sensibilità coloro che si trovano nella
fase di abbandono del programma di formazione. Non c’è dubbio che questo
studio non possa essere esaustivo, si propone solo di fornire indicatori e
suggerimenti. Sta ai direttori della formazione ricercare ciò che può essere più
indicato per la singola persona e per la sua situazione, nella convinzione che
ognuno è unico e non è uguale a nessun altro.
Il discernimento è essenziale
Il discernimento costituisce una fase particolarmente significativa del
lavoro di formazione. A motivo della natura di questa forma di vocazione
cristiana, che è in qualche misura “non convenzionale”, il discernimento è
ancor più essenziale. Nella logica del presente studio, il discernimento è visto
come capacità di giungere a decisioni opportune o a giudizi efficaci, andando
oltre la mera percezione ed elaborando valutazioni analitiche su caratteristiche
e qualità di ciò che forma l’oggetto del discernere. Un simile processo implica
sapienza e retto giudizio su temi che potrebbero essere facilmente trascurati
se non venisse impiegata la discrezione del discernimento. Nella letteratura
cristiana, il termine “discernimento” può essere usato per descrivere il processo
necessario a cogliere il desiderio di Dio in una situazione o nella propria vita.
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
Per larga parte indica la ricerca interiore di una risposta alla domanda sulla
propria vocazione, e in particolare, sulla definizione della volontà di Dio, se
Egli stia chiamando la persona alla vita matrimoniale, al celibato, alla vita
consacrata, al ministero dell’ordine o ad un’altra chiamata (cfr. https://
en.wikipedia.org/wiki/Discernment- 28 Luglio 2015). Uno studio recente su
“s. Tommaso d’Aquino e il discernimento vocazionale” spiega con chiarezza
il significato del discernimento relativamente alla vita consacrata:
“L’esistenza, all’interno della Chiesa, di più forme di consacrazione
personale, il matrimonio, i voti evangelici, l’Ordine, suscita il tema di quello
che, oggi, è noto come “discernimento vocazionale”. In altri termini, come
faccio a sapere che cosa il Signore vuole che io faccia? Come posso scoprire i
piani che Dio ha per la mia vita? Come posso conoscere le vie per le quali Dio
mi farà santo? A causa delle attrazioni naturali che spingono uomini e donne a
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stare insieme, in genere, il discernimento non si applica a coloro che aspirano
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
al matrimonio. Costoro devono, invece, trovare il giusto coniuge… Il sacerdozio
e la vita consacrata, comunque, non si avvalgono di simili attrazioni o spinte
naturali. Perché? Sacerdozio e vita consacrata esistono a causa dell’ Incarnazione.
Solo il Cristo, Sommo Sacerdote, dà legittimità al sacerdozio celibatario e rende
la scelta del sacerdozio un’opzione possibile per un giovane. Non esiste
un’inclinazione naturale o un desiderio che spinga a rimanere celibi. Il comando
divino dato a uomini e donne, “Crescete e moltiplicatevi” si applica ad ogni
persona sulla terra. Coloro che non possono soddisfare questo comando sono
chiamati “eunuchi” (cfr. Matteo 19:12). In questo senso, solo il modello
verginale del Cristo consente a uomini e donne di imitarlo e di impegnarsi in
una vita di verginità o castità consacrate… (R. Cessario, “Tommaso d’Aquino
e il Discernimento Vocazionale, Rivista di Vita Religiosa, volume 54, numero
291, Marzo/Aprile 2015, p. 70).
E’ fondamentale lavorare al fine di conoscere bene, per quanto possibile,
tutti i candidati, in modo da riuscire ad aiutarli adeguatamente a discernere in
modo corretto a quale missione potrebbero essere stati chiamati ed essere adatti,
sulla base dei particolari doni che ognuno di loro ha ricevuto. Bisogna, inoltre,
porre attenzione non solo ad individuare i candidati che non sono adatti ad una
specifica congregazione, ma anche a comprendere dove un determinato candidato
possa essere meglio inserito e, dunque, essere più contento e sentirsi ben
integrato. Anche nel caso di candidati che non siano cronologicamente giovani,
l’assistenza nel discernimento è sempre molto importante, dato che alcuni
potrebbero trovarsi ancora in una fase conflittuale di autocoscienza e di formazione
dell’identità, per quanto riguarda il lavoro o la vocazione cui dedicare la propria
vita. A tale scopo, potrebbero tornare utili le seguenti domande:
Quali caratteristiche psicologiche sono assolutamente necessarie in questo
gruppo o in quest’area geografica, in questo momento storico? Quali caratteristiche
sono necessarie solo occasionalmente? Quali caratteristiche costituirebbero un
intralcio o un problema? Un’altra importante domanda potrebbe emergere dopo
qualche mese di lavoro con il candidato: le caratteristiche di questo candidato
UISG - Bollettino n. 162, 2017
indicano una vocazione religiosa ma non in questo particolare ordine, oppure
non nel clero diocesano? I candidati, in genere, battono alle porte che conoscono,
e la maggior parte di loro non conosce a pieno le altre numerose opzioni. Inoltre,
i candidati potrebbero non conoscere se stessi così bene da sapere che cosa
devono cercare per la loro vita. I formatori devono sapere che il loro ruolo può,
a volte, consistere nell’incoraggiare un candidato a lasciare il programma scelto
e a cercarne un altro. (J.M. Greer, “Vocational Assessment”, Human Development,
Vol. 20, numero 2,1999, p. 29).
I direttori di formazione devono, pertanto, conformarsi personalmente alla
voce dello Spirito, nella loro vita quotidiana. Devono aiutare coloro che sono
affidati alla loro guida a progredire anch’essi nell’attenzione a Dio che parla
36 attraverso le loro esperienze quotidiane, l’insieme della loro vita e lavorando
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
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realmente accanto a loro. Il discernimento “consente allo Spirito di Dio di
modellare non solo le nostre azioni ma anche i nostri “cuori”, il fulcro dal quale
scaturiscono le azioni. Rispondendo nella vita di tutti i giorni alla chiamata
dello Spirito, permettiamo alla volontà di Dio di compiersi in noi…” (D.
Lonsdale, Dance to the Music of the Spirit-the Art of Discernment, Londra:
DLT, 1992, p.114). Nessuno nasce con la chiaroveggenza della volontà di Dio
in ogni situazione. La ricerca è, pertanto, fondamentale nel processo e nel
cammino di fede. Per fortuna, ci vengono in aiuto delle valide linee guida per
il discernimento e la scoperta della volontà di Dio, e precisamente: il dono della
nostra intelligenza e del buon senso/intuizione, l’esempio della vita di Gesù, la
Scrittura, le esperienze quotidiane e gli avvenimenti e, naturalmente, la potenza
della preghiera. Per ricercare l’autenticità nel discernimento, ci sono cinque
imperativi, secondo quanto proposto da B.J.F. Lonergan, che possono essere
guide molto affidabili: “ Siate attenti, vagliate le esperienze con intelligenza,
siate ragionevoli, responsabili, siate innamorati di Dio e della Sua creazione”.
(M.C. Blanhette e R.P. Maloney, “A Guide for Religious Beginning Spiritual
Direction”, Review for Religious, 68.1, 2009, p. 80). Inoltre, è molto importante
che le persone in formazione trovino rassicurazione che la loro apertura e il loro
coraggio nel compiere il percorso è ciò che conta di più, di qui trae forza la loro
apertura al discernimento della chiamata che hanno percepito. Come ha detto
saggiamente Paul Theroux, “Quello che conta è il cammino, non l’arrivo; il
viaggio, non l’approdo” (http://www.azquotes.com/quote/959496 - accesso del
28 Luglio 2015). Per coloro che li accompagnano e anche per ogni singolo
candidato, l’amore di Cristo e il coraggio di fare il viaggio sono la radice di ogni
sforzo nel processo di formazione e nell’esercizio del discernimento.
Possibili indicatori di uscita dalla formazione
A motivo della complessità della vita e della speciale natura spirituale
della vita religiosa, non è sempre facile individuare ed elencare perfettamente
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
le ragioni per cui una persona possa aver bisogno di interrompere la sua
formazione religiosa. Sebbene ogni seguace di Cristo, in qualunque stato di
vita, sia chiamato alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità,
sicuramente la Vita Religiosa non è uno stato perfetto per persone perfette. Non
è, perciò, questione di irreprensibilità di un candidato. La formazione religiosa
e la crescita nella maturità cristiana sono un processo. E il fatto che siano un
processo ne implica la gradualità e la durata per tutta la vita di una persona.
Alcuni criteri e livelli di maturità sono comunque richiesti ai singoli candidati,
all’inizio del percorso di formazione religiosa. Nelle “Directives for Formation in
Religious Institutes”, si afferma chiaramente che: “Certamente non si richiede che
un candidato alla vita religiosa sia in grado di assumere immediatamente tutti gli
obblighi della vita religiosa, ma dovrebbe progressivamente risultare capace di
farlo” (“Directives on Formation in Religious Institutes”, n. 42, Congregazione 37
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Londra:
Incorporated CTS,1990). Ciò è senz’altro vero, anche se, a volte, l’intuito
acquisito con l’esperienza e sostenuto da alcuni avvenimenti possa contribuire
a confermare la necessità, per una persona, di cessare la formazione. In qualsiasi
azione, alla base devono esserci l’amore cristiano e la compassione. A nessuno
deve essere richiesto di cessare la formazione per mero capriccio del formatore
o solo a motivo di uno screzio personale. Un aspetto importante, che richiede
una buona dose di pazienza, è l’adeguata preparazione delle persone prima che
vengano ammesse alla formazione religiosa. La fretta o la necessità di far
crescere i numeri non è sicuramente un buon modo per gestire l’ammissione ad
una formazione religiosa. Se, però, emergono elementi che indicano con chiarezza
una futura interruzione della formazione, nonostante sia stata svolta tutta la
preparazione iniziale, tali elementi devono essere adeguatamente considerati.
Uno dei requisiti delle diverse congregazioni religiose è, in genere, una
condizione media di buona salute. Con il concetto di salute si intende non solo
la salute fisica, ma anche quella psicologica. Secondo la natura e il carisma del
gruppo, i requisiti di salute richiesti ai candidati variano. Per alcune congregazioni,
la condizione di un candidato che abbia problemi medici specifici che possono
ostacolare una più ampia partecipazione in quanto membro e limitarne le
capacità di impegno nel ministero e nelle esigenze di vita, potrebbe essere
considerata come motivo di non ammissione del candidato. La medesima
persona potrebbe essere accolta in altri gruppi che chiedano requisiti di salute
differenti, oppure, potrebbe cercare un’altra modalità di vita. Secondo il Codice
di Diritto Canonico, un’infermità fisica o psicologica, sebbene contratta dopo
la professione, che, a giudizio degli esperti, renda il membro in professione
temporanea inadatto a condurre la vita nella congregazione, costituisce motivo
per non ammettere il membro al rinnovo della professione o alla professione
perpetua, a meno che l’infermità sia stata contratta per negligenza della
congregazione o a causa del lavoro svolto nella congregazione. (Canone 689
§2). ( Al fine di comprendere il canone 689 (i.e., §§ 1, 2 & 3) e tutte le sue
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implicazioni con maggiore chiarezza, è opportuno studiarlo nella sua interezza,
insieme a tutte le note esplicative che vi sono incluse). In alcuni casi, nel corso
della procedura di ammissione, il candidato potrebbe nascondere una malattia
grave presente nella sua storia personale, malattia che viene, poi, scoperta
durante la formazione. Quando si verifica un caso del genere, la situazione può
essere molto difficile per tutti. A volte, la congregazione può consigliare alla
persona di ritirarsi. Fornire alla persona cure adeguate dovrebbe essere il primo
approccio, un segno di carità. Successivamente, si dovrebbe cercare un autorevole
parere medico prima di prendere una decisione sul futuro del candidato nella
congregazione. Nel caso in cui un candidato debba lasciare per motivi di salute,
potrebbe essere utile coinvolgere la famiglia, in modo che sia preparata e possa
organizzare la cura continuativa della persona, al suo ritorno a casa.
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Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
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Il mondo cambia in fretta. I religiosi devono tenere il passo per cogliere i
“segni dei tempi” e rispondere adeguatamente. Sulla base delle realtà del mondo
di oggi, si richiede ai religiosi un livello di qualifiche/competenze intellettuali/
accademiche. Purtroppo, in certe situazioni, dietro l’urgenza di avere nuovi
membri, alcuni candidati potrebbero essere esaminati superficialmente durante
il processo di ammissione e controllo. In altri casi, il candidato potrebbe entrare
munito di una buona certificazione dei titoli conseguiti. Comunque, nel corso
del programma di formazione, si potrebbe constatare che il candidato o la
candidata hanno una notevole difficoltà a cogliere il contenuto del programma.
In tal caso, sarebbe necessario decidere di consigliare la persona a lasciare e ad
adeguare la sua preparazione o a cercare altri percorsi di vita. Anche se una
persona non è intellettualmente dotata, può dare in altri modi il suo contributo
positivo alla società. Dato che la vita consacrata, così come è vissuta oggi, è
spesso in comunità con altre persone, si richiede la capacità di vivere
comunitariamente, condividendo la vita con altre persone che hanno un’ampia
varietà di retroterra, disposizioni e caratteri. Nel caso in cui la persona provi
un forte disagio e difficoltà nell’accettare questa realtà, l’opzione migliore
potrebbe essere quella di uno stile di vita in cui ciò non sia richiesto e non si
sia necessariamente tenuti a condividere la vita con altri in una condizione di
vicinanza tanto stretta.
Potrebbe esserci anche il problema dell’ “adattamento” o motivi di conflitto
a livello di sviluppo emotivo. Un aspetto importante, che i formatori e la persona
in formazione devono essere disponibili ad analizzare, è misurare onestamente
la propria maturità emotiva e la capacità di sostenere una vita in cui sono un
prerequisito fondamentale gli esercizi spirituali regolari ed impegnativi. Se
questo è visto dalla persona come un peso, potrebbe essere un indicatore di non
“adattamento”. Il candidato abbraccerebbe e vivrebbe la castità del celibato
senza avvertire una difficoltà straordinaria e un onere insopportabile? Vale la
pena valutare onestamente questi temi con il candidato. Per essere efficaci
nell’accompagnamento e nel discernimento durante il lavoro di formazione,
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coloro che sono stati assegnati al ministero della formazione devono essere
pienamente informati su natura e requisiti specifici della loro congregazione,
le realtà del loro contesto o della loro missione. Ciò li aiuterà ad individuare
la personalità del candidato e ad essere fiduciosi circa la possibilità che i tratti
individuali del suo carattere, i doni e le disposizioni possano ben adattarsi ed
inserirsi.
A volte, la persona può passare attraverso un’aspra lotta interiore e
sperimentare una forte resistenza a qualche necessario cambiamento richiesto
dallo stile di vita che lui o lei si sta preparando ad abbracciare e a vivere. Quando
un candidato si ostina a fare affermazioni tipo: “Dovete accettarmi come sono,
io sono fatto così e nessuno può farci nulla”; “Io sono abituato così e funziono
in questo modo”, allora c’è motivo di preoccuparsi. Affermazioni come queste
possono mascherare una mancanza di volontà di trasformazione attraverso 39
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
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l’esperienza della formazione e l’esposizione a forme nuove. L’ambiente della
formazione sembra soffocare l’individuo ed impedire a lui o a lei di vivere in
modo autentico, come la persona ritiene giusto fare? In un caso simile, l’interruzione
del programma potrebbe essere un’opzione più salutare; anche perché Gesù è
venuto affinché avessimo la vita in abbondanza, non perché ci sentissimo
soffocati (cfr. Giovanni 10: 10).
La natura umana è complessa. Per questo, non sorprende riscontrare che
per alcune perone, al momento dell’ammissione nel programma di formazione,
può esserci una confusione e una mescolanza di motivazioni. Un giovane che
inizia la formazione può sentirsi motivato da un’ esuberante infatuazione
giovanile per qualche ideale di vita. Si auspica che, man mano che la persona
progredisce nel cammino spirituale, le motivazioni iniziali possano divenire più
chiare. Per chi entra nella vita religiosa, non è inconsueto avere motivazioni
consce e sub consce per iniziare il percorso. Quasi sempre, gli ideali sono alti,
ma, una volta entrati, taluni cominciano a scoprire che la vita religiosa può non
essere esattamente come se la aspettavano. A volte, una persona può essere
incapace di riconciliare la sua nozione stereotipata della vita religiosa con la
realtà della condizione umana, accettando la propria, umana vulnerabilità in se
stessa. Questa condizione può condizionare negativamente il candidato al punto
di portarlo ad uscire dal programma.
Per alcuni, l’entusiasmo iniziale per la vita religiosa può logorarsi presto.
Ne può risultare un ristagno spirituale, e non ci sarà molta energia emotiva da
impegnare pienamente nel processo di formazione. Ad esempio, una novizia o
un seminarista possono mostrare segni di crescita conquistando capacità di
vedere alcune significative debolezze personali. Comunque, lui o lei possono
tendere ad inorgoglirsi troppo in questa crescita, senza, però, aver acquisito
un’adeguata capacità di avanzare verso un qualsiasi passo successivo in cui
utilizzare per il cambiamento il frutto della scoperta di se stessi. Molto spesso,
ciò si verifica per un’incapacità di base: il livello di consapevolezza di una
persona è la porta per il cambiamento, ma questo non significa che i candidati
UISG - Bollettino n. 162, 2017
la attraverseranno. C’è chi non può e chi non vuole farlo, ma, in genere, i
formatori hanno a che fare con una condizione di cecità, non di cattiva volontà.
(M. Drennan, “Special Issues in Formation”, in B. Mc. Gregor e T. Norris (eds),
The Formational Journey of Priests: Exploring “Pastores Dabo Vobis”, Dublino
1994, p. 89).
Un altro possibile indicatore è una visibile mancanza di gioia in una
persona che si trova in una fase iniziale della formazione religiosa. Papa
Francesco afferma che gli uomini e le donne consacrati possono rispondere
all’invito a seguire Cristo nella vita consacrata innanzitutto “essendo gioiosi”:
“Mostrate a tutti che seguire Cristo e mettere in pratica il suo Vangelo riempie
di felicità i vostri cuori”. Per il Papa, questa felicità dovrebbe essere contagiosa
e condurre le persone a cercare il motivo di questa gioia, così che anch’essi
40 possano condividerla. E’ innegabile che “Dove ci sono dei religiosi, c’è gioia”.
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
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Perciò, quando una persona in formazione va in giro con il viso incupito e
affligge tutti coloro che le stanno intorno con la sua energia negativa, è
opportuno analizzare con l’interessato che cosa gli o le stia accadendo, e se si
trovi nel posto giusto per lui/lei. (Cfr. Lettera Apostolica di Sua Santità Papa
Francesco a Tutte le Persone Consacrate in occasione dell’Anno della Vita
Consacrata, passim).
A volte, un candidato può avere dei conflitti interiori; come insicurezza
personale e dubbio sulla propria adeguatezza alla vita religiosa o al sacerdozio,
anche se, dal punto di vista del formatore, potrebbero non esserci segni visibili
che indichino delle preoccupazioni serie o sentimenti di inadeguatezza. In
questo caso, è utile impegnarsi in un processo di discernimento attivo con la
persona, al fine di aiutarla a scegliere in modo corretto e a sentirsi in pace
davanti agli esiti del discernimento. Ci sono casi in cui il conflitto interiore
conferma quanto il formatore ha intuito dal comportamento del candidato. In
ogni caso, essere aperti al discernimento e alla “Voce dello Spirito” è essenziale.
Preparazione di coloro che stanno per lasciare
Dedicare del tempo a preparare e accompagnare con umanità le persone
nel loro cammino di uscita dal programma di formazione può essere un
processo impegnativo. Non lo si può negare – è una fase che può essere
davvero faticosa. Per questa ragione, potrebbe nascere la tentazione di cercare
una facile via di uscita, evitando di impegnarsi pienamente in questo difficile
processo. Non c’è dubbio, però, che molti facciano del loro meglio per gestire
questo momento cruciale del ministero della formazione. Alcuni sono solo mal
equipaggiati per questo difficile aspetto del loro lavoro. La buona notizia,
comunque, è che l’aiuto c’è, se si desidera veramente svolgere con impegno
questo momento non facile dell’opera di formazione.
Cosa possono aspettarsi i formatori
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Turbamento interiore
Mentre c’è un buon livello di convinzione interiore che si sta facendo il
proprio lavoro al meglio delle proprie capacità, non è raro che il personale
addetto alla formazione sia in crisi in queste circostanze, e si preoccupi
dell’autenticità e dell’opportunità della sua decisione di preparare un candidato
ad abbandonare il programma di formazione. Il formatore può sentirsi in dubbio
e in colpa e avvertire stati d’animo scaturiti dalle sue preoccupazioni di non
essere in grado di bloccare il processo e il percorso di un altro compagno.
Potrebbero subentrare anche timori di aver commesso un errore ed aver “privato
un altro della sua vocazione”. Una volta una formatrice venne da me a motivo
del suo dissidio interiore provocato dall’imminente decisione di chiedere ad
una novizia di lasciare la formazione. Benché mi abbia fornito molti esempi 41
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
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della sua esperienza a fianco della candidata e sembrasse decisa nel valutare la
reale condizione della giovane nel processo di formazione, tuttavia la formatrice
viveva un dissidio interiore e sentiva il desiderio di essere confermata, nella sua
valutazione, da un’altra persona. La sua esigenza di trovare conferma in
un’altra persona, in merito alla sua convinzione, era probabilmente un modo
attraverso il quale qualcuno, al di fuori di lei, affermava e “convalidava” il suo
giudizio interiore sull’inadeguatezza della giovane candidata allo stile di vita
della sua congregazione. Le sembrava una condizione importante per potersi
sentire in pace.
Reazioni dei compagni del candidato uscente
Considerando la realtà dell’appartenenza ad un gruppo di pari e del
sostegno reciproco, è comprensibile che i compagni che seguono lo stesso
programma del candidato uscente provino disappunto e reagiscano in modo
critico al formatore che sta “mandando via” il loro compagno. Queste reazioni
possono essere anche ambivalenti. Pur valutando che, forse, la persona aveva
bisogno di lasciare la formazione in ogni caso, i compagni reagiscono con paura
nei confronti di loro stessi, che potrebbero essere “i prossimi” ai quali si
richiede di lasciare. Non è neanche infrequente che, in molti casi, gli altri
candidati abbiano percepito la persona che lascia come l’unico che stesse
facendo veramente bene tutto ciò che veniva richiesto nel programma. E per
questo si chiedono: “Se questo compagno, che sembra perfetto sotto ogni punto
di vista, lascia la formazione, che sarà di me?
Reazioni e giudizio da parte di altri membri
Capita spesso, purtroppo, che ci sia l’uso secondo il quale coloro che non
sono formatori possano trovarsi, in tempi brevi, a giudicare l’operato e le
decisioni dei formatori. Lo stesso capita a coloro che svolgono un ruolo di
guida. Quelli che non sono i diretti responsabili della formazione, possono, a
volte, sentirsi in grado di sapere quali siano i modi migliori per trattare le
persone in formazione. Inoltre, poiché alcuni credono nei numeri come indicatore
UISG - Bollettino n. 162, 2017
certo del successo della formazione, quando qualcuno lascia, indipendentemente
dalle motivazioni, la reazione di chi giudica è, solitamente, negativa e venata
da critiche nei confronti di coloro che lavorano nella formazione. Il formatore
potrebbe essere accusato di arbitrarietà e di eccessiva rigidità nelle sue
aspettative, troppo alte nei confronti dei giovani cui sono rivolte. Quando si
tratta di un candidato introdotto nella congregazione da una consorella o da un
confratello, la situazione può diventare ancora più pesante per la persona
direttamente coinvolta nella formazione. In alcuni casi, quel particolare confratello
o consorella ha una reazione molto forte nei confronti del suddetto formatore
che ha “espulso il mio candidato”. Oltre al turbamento interiore che già
vivono, i direttori della formazione possono provare un’enorme sofferenza.
Sono queste le realtà che i formatori potrebbero dover affrontare se un
42 candidato lascia la formazione.
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
Resistenza da parte del candidato che lascia la formazione
Nel processo di discernimento, è quasi sempre un cattivo segno quando una
persona ha la tendenza a prendere il tema della vocazione religiosa come
questione di vita o di morte. Non è affatto buon segno perché sembrano venir
meno l’autenticità e l’apertura. Può essere un ulteriore indicatore, per il
formatore, che la persona potrebbe non essere adatta alla vita religiosa. Quali
che siano l’incrollabile insistenza e l’ostinazione sulla propria vocazione, senza
riguardo per l’origine dalla quale chiunque altro dica che questa proviene, è
chiaro che non viene dallo Spirito di Cristo, la cui essenziale disposizione è
stata sempre quella di fare la volontà del Padre – “ Mio cibo è fare la volontà
di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”. (Giovanni 4:34). Fare i
conti con il proprio malcontento o con avvenimenti che siano in contrasto con
quanto si aveva in programma può essere molto gravoso e impegnativo. Sia che
un candidato lasci di sua propria volontà sia che venga consigliato di ritirarsi,
il fatto in sé può costituire una vera perdita – quella di un modo di vivere
prezioso, anche se non sono ancora stati pronunciati i voti perpetui. Dato che
alcuni non sono veramente colpiti dall’esperienza per se stessa, ma per il
significato che essi le attribuiscono, l’atto del lasciare può non essere preso
semplicemente come una perdita, ma anche come un fallimento nel proprio
progetto di vita. Ciò può comportare una minaccia all’identità e all’autostima
della persona. Per alcuni, può portare anche ad una perdita della fede e del
credo nella Chiesa. Il personale che opera nella formazione può individuare
modi e processi per far sì che coloro che lasciano “elaborino” adeguatamente
la loro perdita e, allo stesso tempo, cerchino di trovare forza di fede e di
volontà per andare avanti nella vita ed abbracciare altre opportunità ed altri
percorsi che la Vita vorrà aprire per loro. L’unico modo per vivere un simile
momento in modo equilibrato e sano è lasciar andare ciò che è passato, dopo
averlo valutato con rispetto, come parte di una storia esistenziale che è, allo
stesso tempo, un viaggio, ricevuto per grazia. I sentimenti di coloro che
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
lasciano la formazione si possono paragonare a quelli di coloro che hanno
perso il lavoro. I formatori devono considerare questo aspetto con attenzione,
senza darlo per scontato. Ai formatori si richiedono in abbondanza tutte le
capacità necessarie ad agevolare questo importante processo.
Reazioni della famiglia del candidato
Questo particolare aspetto potrebbe essere scioccante per alcuni, secondo
il loro bagaglio culturale e la loro realtà. In alcune culture, lasciare il seminario
o il convento potrebbe essere visto come il segno di un fallimento. Può essere
ancor peggio nel caso in cui alla persona venga consigliato di lasciare.
Potrebbe scattare un sentimento di orgoglio ferito sia nella persona che nella
sua famiglia. In ogni modo, laddove un candidato abbia la fortuna di provenire
da una famiglia che abbia apertura mentale e capacità di comprensione della
situazione, la gestione di questa fase risulta molto più semplice. Ne offre un 43
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
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illuminante esempio il dr. Van der Mal nel film “The Nun’s Story”, quando
dice a sua figlia Gabrielle (Sr. Luke), nel momento in cui lasciava la casa
paterna per il convento, che, se avesse capito che non poteva proseguire la vita
al convento, avrebbe potuto sempre tornare a casa e sarebbe stata sempre
accolta con gioia. Questo tipo di ambiente familiare può essere di grande
sostegno per una persona in formazione, che può sentirsi, così, impegnata nel
discernimento, in piena libertà. In tal modo, si risparmia alla persona il carico
pesante di paure inespresse e di ansia per il futuro e le sue conseguenze. Nei
casi opposti, e cioè quando la famiglia e l’ambiente considerano lasciare il
seminario o il convento come un fallimento e un disonore per la famiglia o
anche per il clan, il candidato che lascia può trovarsi a gestire una situazione
davvero molto pesante. In questo clima, è più difficile riadattarsi e prendere
nuovamente in mano la propria vita. In alcuni casi di questo genere, le persone
sono state spinte al punto di considerare la loro stessa vita come via d’uscita
dalla disperazione. Queste persone possono, quindi, essere aiutate a vedere
che, se una porta si chiude, può essercene un’altra che ci è consentito spalancare.
Strategie per l’accompagnamento dei candidati che lasciano la
formazione
Sia che si tratti di un postulante o di una novizia che non sia stata a lungo
in formazione o di un membro già professo nei voti temporanei, il processo di
uscita dalla formazione può essere molto impegnativo. Quando l’iniziativa di
lasciare parte dalla persona, questa fase potrebbe essere più semplice, anche
se ci sono ancora alcuni fattori da considerare. Ad esempio, l’aspetto emotivo
del distacco e dell’ allontanamento dai compagni con cui si è condivisa la vita
– gioie e dolori, sogni e speranze. Inoltre, il futuro è incerto. Per questo è
possibile che sorgano sentimenti di paura, di apprensione e di preoccupazione
per il futuro. Sulla scorta di tutte queste motivazioni, è necessario tenere in
debito conto la ricerca di modalità di accompagnamento e di cura che siano
efficaci nel processo di uscita. E’ molto importante che chi lascia sia accompagnato
UISG - Bollettino n. 162, 2017
con dolcezza, senza asprezze e malanimo. Al contrario, è opportuno concentrare
ogni sforzo nel rispetto fondamentale della dignità delle persone.
Poiché gli esseri umani sono unici ed irripetibili, non è semplice precostituire
singole strategie che soddisfino le esigenze e il carattere di ogni candidato nel
processo di preparazione che precede l’abbandono di un programma di formazione.
Nonostante ciò, dato che la natura umana, sostanzialmente, è universale, ci
sono valori considerati importanti e condivisibili in una dimensione molto
ampia, indipendentemente dalla personalità dell’individuo o dal contesto.
Accompagnamento empatico
E’ essenziale ricordare che la persona che lascia vive un momento molto
44 difficile. E’ una persona che si è accostata al processo di formazione con tutta
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
la volontà di diventare religiosa professa. La situazione, però, è giunta al punto
in cui il candidato deve essere ritirato dal programma di formazione, probabilmente
perché “non funziona” come si era previsto, oppure perché probabilmente
“non è la sua chiamata”. Si tratta, in genere, di un’esperienza assai difficile per
la maggior parte delle persone che devono lasciare, nel percorso, il loro
programma di formazione, quelle stesse persone la cui scelta non era quella di
interromperlo, ma che sono state consigliate di lasciare dai loro stessi formatori:
questi candidati possono fare l’esperienza di un profondo senso di fallimento
e di perdita di autostima. In questo caso si richiede molta sensibilità ed
empatia. Il formatore deve agire con molta attenzione e cura su un terreno così
delicato. Può giovare immaginare di essere nei panni della persona che vive
il processo di preparazione all’uscita. L’esortazione evangelica “tutto quanto
volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Matteo 7:12;
Luca 6:31) torna utile in circostanze simili. Servirà a mantenere il formatore
empatico. L’empatia ha mosso l’autentica preoccupazione di Gesù per la gente,
il sentire le loro emozioni e pensieri, Lo ha spinto, di conseguenza, all’azione
d’amore (Luca 7:11-16; Giovanni 6:1-14; Giovanni 11:33-35; Giovanni 2:1-
11). Un accompagnamento empatico è assolutamente necessario per essere
presenze costruttive accanto ai candidati che stanno per abbandonare il percorso.
Le parole di Kahlil Gibran sono vere: diamo poco quando cediamo qualcosa di
ciò che possediamo, ma è quando diamo qualcosa di noi stessi che veramente
diamo. E’ una sfida e insieme un invito per i formatori, in un momento tanto
delicato per la vita di una persona, a dare davvero qualcosa di se stessi – tempo,
cura e attenzione – darlo proprio a quella persona, che vive un tempo molto
vulnerabile della sua vita.
Massima delicatezza e cura
Indipendentemente dai motivi che hanno portato all’interruzione della
formazione religiosa, la persona interessata va trattata con umanità e delicatezza.
Senza dubbio, più le persone vengono accompagnate nel processo di interruzione
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
con tenerezza e umanità, più è probabile che la loro risposta personale sia
positiva e serena. In altri termini, le persone alle quali si dà prova di considerazione
e di sentimenti di affetto autentico, quando le si aiuta a lasciare il programma
di formazione, avranno, probabilmente, meno risentimento e reazioni attutite
nei confronti dei formatori e della congregazione. Ed è anche probabile che, per
loro, sarà più facile fare i riadattamenti che saranno necessari e trovare la loro
strada. Per questa ragione è di primaria importanza lavorare tenacemente alla
costruzione della loro considerazione e della loro autostima invece di insistere
sulle loro lacune. Una forte tentazione per il formatore potrebbe essere quella
di sottolineare le debolezze del candidato per giustificare la decisione e attutire
i sentimenti di conflitto interiore e di sofferenza che spesso accompagnano tali
decisioni. Questo modo di affrontare la situazione potrebbe provocare una
disposizione d’animo e reazioni ancor più negative. Non basta dire “sì, l’ho 45
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
avvertita innumerevoli volte che va diretta verso l’uscita se continua con questo
andazzo !” Accompagnamento nella formazione e discernimento non consistono
in ammonimenti. Minacce simili portano più probabilmente, nei candidati,
maggior timore e insicurezza che possono portarli all’osservanza delle regole
per evitare di essere “rispediti a casa”. Il fatto che una persona non sia adatta
per una determinata congregazione non significa che non sia buona e che non
possa condurre una vita eccellente in un altro ambiente o in un’altra congregazione.
E’ sempre bene tener presente questo principio.
Consapevolezza del potere delle parole
Le parole sono potenti, in forza della loro influenza sugli esseri umani.
Quando i candidati si trovano nella fase di uscita, è facile che si sentano
vulnerabili ed insicuri di loro stessi. In momenti del genere, la persona potrebbe
avere la tendenza ad essere sensibile anche a piccoli stimoli, di qualunque tipo,
più di quanto non lo sarebbe naturalmente. Per questo motivo è importante stare
attenti alle parole che si usano con i candidati, in questa fase conclusiva della
loro esperienza di formazione. Se un candidato appare inadatto ad una particolare
congregazione, è corretto accompagnarlo e riorientarlo, invece di bombardarlo
con sentenze negative, giudizi e “abbattendolo”. Tutto questo non è al servizio
dell’amore.
“
Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole
buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che
ascoltano” (Efesini 4:29). E’ vero che i candidati che escono dalla formazione
religiosa devono essere assistiti e consigliati, comunque, sembra sempre più
importante prestare un’attenzione speciale a coloro per i quali l’iniziativa di
lasciare non è partita dalla persona ma, piuttosto, dalla congregazione. Questo
è un punto essenziale a motivo della possibile propensione a collegare la
richiesta di lasciare la formazione con un fallimento personale che scuote le
fondamenta stesse delle loro capacità come persone. Per questo, Giallanza
consiglia saggiamente i formatori di “aver cura che il loro messaggio non
UISG - Bollettino n. 162, 2017
sminuisca l’immagine che la persona ha di se stessa e la sua autostima. La
decisione di dire ad un candidato di lasciare il programma di formazione non
è mai un giudizio sul suo valore come persona, sulla sua bontà o amabilità…”
(J. Gallianza, “The Ministry of Initial Formation” in Human Development, Vol.
10, numero 4, 1989, p. 7). Anche questo è un punto essenziale, essendo in gioco
valori di correttezza e di rispetto per la persona.
“Feedback” onesto e trasparente
La formazione deve svolgersi in modo maturo, per cui, accompagnando la
persona nel percorso, giorno dopo giorno, questa acquista consapevolezza di
quanto accade in lei, a livello personale. In un contesto simile, quando accade
di dover consigliare a qualcuno di lasciare, questo non sarà per lui/lei “una
46 sorpresa” né sarà inteso come “un atto di cattiveria”. Gli Igbo della Nigeria sud-
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
orientale hanno un proverbio: “se togli una zecca dalla pelle di un cane, fagliela
vedere, perché non pensi che stavi cercando di pizzicarlo”. E’ importante far
conoscere al candidato perché gli viene consigliato di interrompere il cammino.
Un “feedback” rispettoso e sensibile è un prerequisito per un sano processo di
formazione. Deve essere così perché la fase di preparazione all’uscita non è
intesa come un tempo in cui al candidato viene data “una lista di mancanze”
come motivi per la partenza. In circostanze ideali, la decisione di chiedere a
qualcuno di lasciare non è mai la decisione di una sola persona. Quando si
accompagna un postulante, una novizia o un membro di voti temporanei, e
diviene sempre più evidente, per il formatore, che l’uscita potrebbe essere
un’opzione migliore per la persona, è meglio iniziare a farlo sapere all’interessato/
a. In ultima analisi, sarà il formatore ad elaborare con lui o con lei, l’idea che
non verrà espresso il consiglio di proseguire nel percorso intrapreso. Prendere
questa posizione è più maturo che non spostarla in alto, delegando ad una
“autorità maggiore” nella congregazione, come il consiglio regionale, provinciale
o generale, per dire, infine, alla persona: “non ti hanno dato i voti necessari per
la professione” o per il passaggio alla prossima fase della formazione. Nel
corso dell’accompagnamento nella formazione e nella vita di tutti i giorni, il
candidato deve essere reso consapevole di ciò che sta accadendo e di come
sono considerati e valutati i suoi progressi e la sua risposta alla formazione.
“…I formatori devono dedicare tempo ed essere il più possibile chiari e corretti
e spiegare la decisione che è stata presa e quali elementi ne abbiano determinato
la definizione” (ibid., p. 7). Una modalità di relazione così onesta e trasparente
contribuisce a costruire fiducia e rende più semplice la fase di uscita, quando
e nel caso in cui il candidato debba essere informato della cessazione. E’
spiacevole incontrare, alle volte, un ex postulante, una ex novizia, un ex
confratello/consorella o un ex seminarista che sostenga di non aver mai
conosciuto il vero motivo della cessazione, e che questo motivo non è stato mai
portato alla sua conoscenza e consapevolezza. Queste accuse o asserzioni,
purtroppo, non si possono sempre accertare. Ciò nonostante, in qualunque
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
caso, i formatori devono assicurare che si crei un clima di sincerità con le
persone che essi accompagnano lavorando con loro ogni giorno.
Trovare qualche “aiuto esterno” per il candidato
Trovare qualche forma di “aiuto esterno” è opportuno soprattutto quando
la persona è già un membro professo, anche se, ove necessario, una tale
opportunità può essere data a un postulante o ad una novizia. A volte, il
candidato può preferire parlare ad una persona diversa dal formatore, che è
direttamente coinvolto nella sua formazione. Dei possibili sentimenti negativi
verso il formatore, la congregazione o verso altri possono trovare uno sfogo
nel caso in cui sia stata offerta l’opportunità di avere degli incontri con un
direttore spirituale competente. Questo tipo di aiuto può essere molto utile. Un
luogo alternativo, sicuro e solido può dare, spesso, alla persona, una possibilità 47
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
di condividere il suo carico di emozioni in queste circostanze.
Cura del gruppo dei pari della persona che lascia
Avendo condiviso con una persona vita, fede, sogni ecc., comprendiamo
che ogni partenza evoca migliaia di emozioni nelle persone, considerati i loro
diversi retroterra e le esperienze di vita precedenti. Quando un postulante, una
novizia, un seminarista o un giovane religioso professo si avvia a lasciare il
percorso, i suoi compagni di viaggio sono, in genere, colpiti a vari livelli. Non
è solo la persona che lascia a fare l’esperienza di un turbamento emotivo. I
compagni ed i confratelli ne avvertono ugualmente l’impatto. Questa ripercussione
deve essere valutata seriamente. E’ bene rassicurare i compagni che Dio ha un
piano per ognuno di noi e che Egli conduce ciascuno, nel viaggio della vita,
in modo unico; i piani divini per ogni persona sono “pensieri di pace e non di
male, per darvi un futuro e una speranza”. (Ger. 29:11). Può essere d’aiuto
creare per loro uno spazio di tranquillità, per aiutarli a condividere i loro
sentimenti.
Ritualizzare l’esperienza della transizione
Come parte integrante della fase di transizione, che costituisce un elemento
essenziale nella cessazione della formazione, i formatori, se ce ne sono le
concrete possibilità, possono organizzare forme di rituale per segnare e benedire
il cammino di uscita. Questa esperienza si può proporre da solo a solo, con il
candidato che lascia, se egli/ella è disponibile; secondariamente, il rituale può
essere proposto a livello di gruppo o di comunità. Secondo l’atmosfera e le
scelte del candidato uscente, il rituale potrebbe includere uno spazio di
preghiera e qualche atto simbolico per onorare il tempo/la vita condivisa con
il gruppo in seminario, nel noviziato o in comunità (missione), il momento
dell’uscita e il passaggio attraverso un’altra grande porta aperta su un’ampia
gamma di opportunità. Questo si può realizzare con la discrezione e la
creatività del formatore, e, naturalmente, con la cooperazione e l’approvazione
UISG - Bollettino n. 162, 2017
della persona che lascia. Nel caso in cui la persona non desideri nessuna di
queste cose, è meglio che non le vengano imposte. Si può, comunque, rimarcare
che, in alcuni casi, sostenuta dall’incoraggiamento del formatore, la persona
che si trova nella fase di transizione ci ripensa e, a posteriori, è grata per il
rituale celebrato prima della sua uscita. La sofferenza e il conflitto che
accompagnano la separazione e il saluto conclusivo possono essere motivo di
resistenza ad impegnarsi in questo tipo di evento che, comunque, ha il potenziale
per essere un balsamo curativo per entrambi, per chi lascia e per il gruppo che
resta.
Preparazione e coinvolgimento della famiglia
Può costituire un elemento di aiuto avviare un dialogo con il candidato su
48 come e quando vuole coinvolgere la sua famiglia nella fase di uscita dalla
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
formazione e di ritorno a casa. Questo punto, poi, può fornire il motivo per una
rielaborazione dei sentimenti da effettuare con il candidato. In alcune
congregazioni, prima dell’avvio della formazione iniziale, i genitori/le famiglie
dei candidati sono invitati ad un “incontro con le famiglie”. In questi “incontri
con le famiglie”, i genitori vengono messi a conoscenza di ciò che comporta
il discernimento religioso/vocazionale e del bisogno che loro stessi hanno,
come genitori, di dare al loro figlio/figlia tutto il supporto che gli/le è
necessario. Questa occasione viene impiegata anche per informare genitori e
famiglie delle aspettative realistiche dei loro figli che intraprendono il cammino.
Tale forma di preparazione precedente l’inizio della formazione ha contribuito
a creare una sintonia tra genitori e membri della famiglia con le realtà della
formazione religiosa e del discernimento. Per alcuni, ha costituito un aiuto a
riaccogliere a braccia aperte un figlio o una figlia ai quali il discernimento
aveva indicato percorsi di vita diversi. In molti casi, la preparazione fatta alle
famiglie ha avuto effetti a lungo termine, fornendo alle persone motivazioni
e incoraggiamento ad impegnarsi nella vita e a viverla pienamente, dopo
l’uscita dalla formazione.
Sostegno al formatore
Deve essere oggetto di attenzione e di cura, in ugual misura, anche il
formatore, colui che accompagna la persona nel processo di uscita dalla
formazione. Purtroppo, non è facile trovare spesso molto sostegno tra i
confratelli della propria comunità. Potrebbero anch’essi essere ostili al formatore
perché un possibile membro se ne va. Chi ha responsabilità di guida deve
prestare attenzione a questa realtà. I formatori devono, anch’essi, essere
coscienti di aver bisogno di sostegno e cercare adeguate modalità attraverso
le quali ricevere aiuto in questo momento difficile del loro ministero. Avvalersi
di una direzione e supervisione spirituale può essere un sostegno importante.
Non vanno sottovalutati possibili sensi di colpa e di incertezza, che possono
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
affliggere, a volte, tanti bravi formatori, in queste circostanze.
Sostegno dopo l’uscita
Può essere un’iniziativa positiva quella di organizzare una sorta di
“counselling” psicologico in uscita e un supporto ai giovani che hanno lasciato,
in momenti diversi, la formazione presso una congregazione. Talune congregazioni
hanno cercato di realizzare forme di supporto dopo l’uscita, per i loro ex
membri ed ex novizi, ex seminaristi ed ex postulanti. Il sostegno può consistere
in un aiuto non solo materiale ma anche in qualche forma di controllo per
coloro che potrebbero averne bisogno, sul modello del “counselling” psicologico
mirato a fornire sostegno e guida. Questa iniziativa potrebbe non essere facile
e di immediata realizzazione. Per metterla in atto sono necessarie risorse
economiche e personale. Senza dubbio, un aiuto di questo tipo sarebbe un
valido contributo alla vita delle persone, offrirebbe loro una possibilità di 49
Quando si lascia la vita religiosa, che succede?
Chinyeaka C. Ezeani, MSHR
avviare la “nuova” vita, di affrontarla e viverla consapevolmente, nell’impegnativa
fase della transizione. Inoltre, quando le persone sono state assistite bene e
preparate prima che lascino la formazione, ci sono maggiori possibilità di
mantenere un buon rapporto e l’amicizia con il gruppo con cui sono stati
condivisi anni di vita preziosi. Infatti, alcuni di loro, poi, diventano associati
della congregazione che hanno lasciato, la sostengono come cooperatori,
collaboratori e benefattori nelle missioni e nell’apostolato. Uscire da una
congregazione può essere un’esperienza che risponde alla voce dello Spirito,
e non un’espressione di odio e risentimento.
Vale la pena aggiungere che lasciare prima piuttosto che dopo può
nascondere una benedizione che, al momento, non si comprende come tale. Per
la persona che lascia la formazione ci sono più probabilità di avere tempo e
occasioni di regolare la propria vita e di intraprendere strade nuove, compresa
quella di creare una famiglia, per coloro che lo desiderino.
Conclusione
Le sfide sono concrete. Non si può negare che questo aspetto del lavoro
di formazione possa essere particolarmente faticoso e impegnativo soprattutto
per i formatori che sono direttamente coinvolti nell’accompagnamento dei
candidati. Ma, per fortuna, le sfide e le difficoltà, in qualche modo, hanno la
capacità di condurre le persone ad una crescita. Le difficoltà connesse “sembrano
insormontabili e potrebbero scoraggiare, se si trattasse di un’opera soltanto
umana”. (Redemptoris Missio § 35). Ma come gente di fede, l’azione dobbiamo
intenderla non “come un’opera soltanto umana”, ma come opera di Dio. E’ Dio
che chiama e fa santa ogni cosa e ogni creatura. Noi abbiamo solo bisogno di
esserne consapevoli e affidarci totalmente alla guida di Dio.
Vorrei concludere questo mio scritto con una bella poesia di Tagore:
No, non è tuo compito aprire le gemme e farle sbocciare.
Scuoti pure la gemma, colpiscila; non riesci a farla sbocciare.
UISG - Bollettino n. 162, 2017
Le tue mani la sciupano, ne spezzano i petali,
la riducono in paglia tra la polvere.
Senza colore, senza profumo.
Non è per te aprire la gemma e farla sbocciare.
Lui, che può aprire la gemma e farla sbocciare, lo fa facilmente.
Basta uno sguardo dei Suoi occhi, e la linfa della vita scorre nelle vene,
perché Lui, che può far sbocciare la gemma, lo fa facilmente.
Al Suo soffio il fiore apre le sue ali e vola nel vento.
I colori sbiadiscono come desideri del cuore,
il profumo tradisce dolci segreti.
Lui, che può far sbocciare la gemma, lo fa così facilmente.
50
Vita della UISG
VITA DELLA UISG
Dalla scrivania della Segretaria Esecutiva
Con il passare dei mesi, alla UISG, la vita si fa sempre più densa di
impegni: buon segno perché indica che siamo sempre più riconosciute come
l’organizzazione che rappresenta le Religiose nel mondo. Ora, siamo
regolarmente invitate in Vaticano ad incontri e occasioni di consultazione
organizzati da varie Ambasciate presso la Santa Sede e da altre organizzazioni.
Il lavoro di riorganizzazione della UISG prosegue e sono lieta di informarvi
che, dall’ultima pubblicazione del Bollettino, il nostro personale si è
arricchito di due nuovi membri: Sr. Florence de la Villeon, RSCJ e la sig.ra
Aileen Montojo.
I nuovi membri dello staff:
Sr. Florence de la Villeon, RSCJ ha cominciato ufficialmente a lavorare
nel Gennaio 2012. Lavorerà con Sr. Elisabetta Flick, SA e si occuperà del
Progetto Migranti della UISG. Come coordinatrice internazionale del Progetto
Migranti, Florence sarà impegnata a realizzare una mappa mondiale dei luoghi
in cui le Sorelle operano con i migranti. Studierà le modalità di lavoro in rete
da parte delle religiose coinvolte in vari aspetti del fenomeno della migrazione
e cercherà i modi per condividere le migliori pratiche ed individuare le risorse
spirituali, e non solo quelle, per dare sostegno a coloro che operano in questo
impegnativo ministero. Sr. Florence sarà lieta di essere contattata da ogni
congregazione che abbia suore che lavorano con i migranti ovunque nel
mondo. L’indirizzo elettronico di Sr. Florence è
[email protected].
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
Florence ha lavorato per vari anni in Uganda, con il JRS ed ha partecipato,
come membro, alla fase iniziale del Progetto Sicilia della UISG. Attualmente,
rappresenta la UISG in diversi incontri con i Dicasteri Vaticani, la Caritas
Internationalis, il JRS ed altri enti. Lavorerà insieme a Sr. Gabriella Bottani,
CMS (Talitha Kum), essendo evidente la sovrapposizione dei due fenomeni,
quello della migrazione e quello della tratta delle persone.
Sig.a Aileen Montojo è stata recentemente nominata Amministratrice
Finanziaria della UISG. Subentra, in questo incarico, alla sig.ra Svetlana
Antonova che ha svolto questo compito per molti anni. L’amministrazione
della UISG è diventata sempre più complessa, con nuovi progetti e iniziative
e l’esigenza di una sempre maggior trasparenza e responsabilità. Potete
contattare Aileen all’indirizzo
[email protected]. Vogliamo ringraziare
Svetlana per l’impegno e la dedizione mostrata in tanti anni di lavoro. Svetlana 51
Vita della UISG
si concentrerà, ora, sul suo compito di gestione della proprietà ed inoltre, in
futuro, sovraintenderà all’aggiornamento annuale dei dati statistici provenienti
dalle congregazioni femminili nel mondo.
La nuova banca dati
La banca dati della UISG è stata realizzata quasi trent’anni fa, con il
sistema operativo DOS. Si trattava, all’epoca, di un sistema operativo molto
avanzato che, oggi, è divenuto obsoleto. Attualmente, grazie al generoso
sostegno finanziario della Fondazione Conrad N. Hilton, la banca dati della
UISG è stata completamente aggiornata e rivista. E’ un sistema complesso
che mette in collegamento il pagamento delle quote annuali ed altri contributi,
l’indirizzario e la posta elettronica dei membri e degli associati, la raccolta
dei dati statistici congregazionali e, infine, la contabilità finanziaria generale
in diverse valute. I programmatori informatici dicono che la UISG funziona
come una piccola multinazionale! Quando la nuova banca dati sarà completata
e collaudata, nel corso del 2017, inizieremo a richiedere l’aggiornamento
annuale dei dati congregazionali. Quest’ultimo non viene eseguito dal 2010.
Auspichiamo che ogni congregazione riesca ad aggiornare “online” le
informazioni che la riguardano. Tali informazioni sono richieste regolarmente
da molte persone e da organizzazioni; abbiamo constatato la mancanza di
informazioni accurate e aggiornate riguardanti le congregazioni religiose
femminili nel mondo.
Centro per la Vita Religiosa Globale
Prima che venisse chiuso, nel 2006, il Collegio “Regina Mundi”, presso
la UISG, offriva programmi di teologia e formazione per le Suore provenienti
da molte parti del mondo. L’edificio è stato affittato nel 2008, per otto anni,
allo IES (Servizi Educativi Internazionali), che offre corsi per studenti
universitari statunitensi, a Roma e nel mondo. Al termine degli otto anni
UISG - Bollettino n. 162, 2017
previsti dal contratto di locazione, in ragione dei cambiamenti subentrati
nelle modalità di studio all’estero, lo IES ha chiesto di affittare il 50% della
proprietà, invece dell’intero edificio. C’erano altri soggetti interessati ad
affittare i due piani rimasti sfitti. Il Consiglio direttivo della UISG ha deciso,
comunque, di muoversi in un’altra direzione. Negli anni passati, alcuni
responsabili di congregazioni hanno chiesto alla UISG di offrire una gamma
di programmi, di lunga e breve durata, in ambiti quali: formazione, convivenza
e lavoro interculturali, dialogo interreligioso, preparazione al servizio nelle
nuove periferie ecc. Perciò la UISG lancerà, a breve, tra i suoi membri,
un’inchiesta mondiale per comprendere cosa possa offrire un Centro per la
Vita Religiosa Globale e se i responsabili delle congregazioni siano favorevoli
ad inviare a Roma dei membri, perché seguano tali programmi. Sta diventando
52 sempre più difficile ottenere i visti di entrata in alcuni Paesi ma, a motivo
Vita della UISG
dei rapporti speciali esistenti tra il Vaticano e lo Stato Italiano, i religiosi
provenienti da ogni parte del mondo possono entrare in Italia per motivi di
studio e di formazione. Al fine di aiutarci ad intraprendere un efficace
discernimento relativamente all’uso futuro dell’edificio “Regina Mundi”,
vorrei chiedere ai membri UISG di voler partecipare all’inchiesta online,
quando la riceverete.
La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita
Apostolica (CIVCSVA)
In occasione della Assemblea Plenaria della UISG, a Maggio 2016,
abbiamo rispettosamente avvisato Papa Francesco dell’assenza di religiose
nel ruolo di consultori presso la CIVCSVA. Siamo liete di annunciare che
sette Superiore Generali sono state invitate a partecipare ai due giorni di
Assemblea Plenaria del Dicastero, che si è tenuta di recente. Le Suore sono:
Sr. Carmen Sammut, MSOLA; Sr. Yvonne Reungoat, FMA; Sr. Ines Hurtado
FI; Sr. Monica Joseph, RJM; Sr. Kathleen Appler, DC; Sr. Françoise Massy,
FMM e Sr. Luigia Coccia, CMS. Hanno anche partecipato ad una giornata
di incontro con membri della Congregazione per i Vescovi, per discutere
temi relativi alla preparazione di un nuovo documento che riveda e riformuli
le Mutuae Relationes.
Prossimi eventi:
Nei prossimi mesi, si terranno alcuni Seminari e Laboratori di Diritto
Canonico: il Workshop UISG-ACWECA a Nairobi (20-24 Febbraio); il Seminario
UISG-AOSK a Nairobi (25-26 Febbraio); a Vienna (30 Aprile-3 Maggio). Sr.
Pat Murray parteciperà a questi incontri.
Sr. Pat sarà presente anche al meeting AMOR, che si terrà a Yangoon,
Myanmar, dal 27 Febbraio al 3 Marzo, e che avrà per tema: “Un Appello alla
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
Conversione Ecologica”. AMOR è nato nel 1971, come risposta specifica delle
religiose di Asia-Oceania alla povertà e alle ingiustizie del mondo. Religiose
provenienti da varie Conferenze, da tutta la regione Asia-Oceania, si riuniscono
ogni 2-3 anni per scambiarsi esperienze e idee, per darsi sostegno reciproco e
rinsaldare i legami di solidarietà tra le religiose di Asia-Oceania e coloro che
con loro collaborano.
Altre notizie...
III Giornata Mondiale di Preghiera e riflessione contro la Tratta di
Persone, 8 febbraio 2017
“C’erano giorni, poi, in cui le tre bambine non riuscivano neanche a 53
Vita della UISG
sorridere e allora quegli uomini, alcuni dei quali anziani con le rughe d’oro,
ordinavano loro di spogliarsi e se loro non lo facevano subito, il ragazzo che
aveva loro rubato la giovinezza, oscurava per qualche istante la telecamera e
le colpiva forte in testa…” Questa è la storia di Kaye, Irene e Liza, vittime di
cyberbullismo, raccontata nell’opuscolo che, Talitha Kum (www.talithakum.info),
ha pubblicato in occasione dello scorso 8 febbraio per sensibilizzare le persone
sul tema del Traffico di bambine, bambini e adolescenti nel mondo. “Sono
bambini! Non schiavi!” è lo slogan scelto dal comitato per la Giornata Mondiale
di Preghiera e riflessione contro la Tratta di Persone, coordinato dalle due
Unioni (UISG e USG) attraverso Talitha Kum.
Sono stati organizzati diversi eventi a Roma e nel mondo, per riflettere,
approfondire e pregare sulla Tratta dei bambini e adolescenti. Sul sito
www.preghieracontrotratta.org, inaugurato in occasione di questa III giornata,
è possibile trovare materiale audio, video e testo; come anche alcuni interventi
al Seminario “Sono bambini! Non schiavi!” organizzato presso la Pontifica
Università Gregoriana.
“Grazie per quello che fate!” così il Papa ha salutato il Comitato della
Giornata durante l’Udienza generale dell’8 febbraio.
“Comunicare la Missione”: laboratorio di formazione per le suore che
si occupano di comunicazione, promosso da USMI e UISG (Roma, 28-
29 gennaio 2017)
“Grazie per questa opportunità di formazione sulla comunicazione per chi,
come noi, ha accettato la sfida di portare Gesù oggi.” “Grazie per l’accoglienza,
la professionalità, la passione con la quale avete portato avanti il corso!”.
“Abbiamo bisogno di altre iniziative di formazione: brevi e puntuali”.
Questi sono solo alcuni dei commenti delle 70 partecipanti, in prevalenza
religiose e alcune consacrate (e un laico), al primo laboratorio di formazione
UISG - Bollettino n. 162, 2017
base sulla comunicazione “Comunicare la Missione”, promosso dagli uffici
comunicazione dell’USMI e della UISG, in italiano e spagnolo. È stata una bella
occasione di collaborazione, intercongregazionalità e comunione tra coloro che
hanno il delicato compito di gestire la comunicazione nei propri Istituti.
Abbiamo imparato a usare testi, immagini e video come uno spazio multimediale
unico e interattivo per “comunicare la missione”.
“E’ necessario far capire alle Superiore generali e ai governi quanto è
importante oggi la Comunicazione per la missione: non si perde tempo ma si
investe in una sfida che oggi è particolarmente necessaria con l’evolversi dei
media sociali.” Questo ci diceva una suora durante il corso. Di questo siamo
sempre più convinte per questo abbiamo deciso di avviare una serie di iniziative
di formazione per i governi generali e per le comunicatrici al servizio della vita
54
Vita della UISG
religiosa femminile, da realizzare in questo 2017, nelle diverse lingue.
Per informazioni:
[email protected]Laboratorio di Diritto Canonico sul tema della Riconfigurazione per
gli Istituti religiosi femminili (Roma, 27 gennaio 2017)
Si è svolto il secondo laboratorio in lingua italiana sul tema della
Riconfigurazione degli Istituti religiosi: erano presenti Superiore generali,
Superiore Maggiori e Consigliere. Il primo laboratorio si era svolto sempre a
Roma il 15 novembre 2016. Si è parlato dei principi della delega e delle
questioni relative alle modalità di esercizio dell’autorità.
Per informazioni:
[email protected]Assemblee delle Costellazioni UISG
Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 si sono svolte le Assemblee delle
Costellazioni UISG: America Sud (Argentina, Cile, Uruguay, Paraguay),
Canada (lingua inglese), Europa del sud (Spagna e Portogallo), Regione del
Pacifico (Australia, Papua Nuova Guinea), Roma, Italia.
Per comunicare le date delle prossime assemblee delle Costellazioni,
scrivere a:
[email protected] Altre notizie sono disponibili sul sito della UISG: www.uisg.org
UUISG - Bollettino n. 162, 2017
55
STAFF DELLA UISG
Nome Incarico Email - Telefono
Sr. Patricia Murray, ibvm Segretaria Esecutiva [email protected]
0668.400.236
Sr. Elisabetta Flick, sa Vice Segretaria Esecutiva [email protected]
Progetto Migranti Sicilia
[email protected] 0668.400.248
Rosalia Armillotta Assistente
Segretaria Esecutiva
[email protected] 0668.400.238
Aileen Montojo Amministratrice finanziaria
[email protected] 0668.400.212
Patrizia Balzerani Assistente
[email protected] Amministratrice finanziaria 0668.400.249
Svetlana Antonova Gestione Proprietà [email protected]
0668.400.250
Patrizia Morgante Responsabile
[email protected] Comunicazione 0668.400.234
Bollettino UISG 0668.400.232
Sr. Gabriella Bottani, smc Coordinatrice Talitha Kum [email protected]
0668.400.235
Sr. Cecilia Bayona, osa Archivista
[email protected] 0668.400.242
Sr. Fabiola Gusmão, H.Carm Coordinatrice Regina Mundi
[email protected] Sezione Portoghese 0668.400.231
Sr. Anna Sanchez Boira, mn Sezione Spagnola [email protected]
Disegnatrice grafica 0668.400.233
Sr. Laurence Zaninka, sa Sezione Francese [email protected]
0668.400.23
Sr. Florence de la Villeon, rscj Coordinatrice Internazionale
[email protected] Progetto Migranti 0668.400.245
Consiglio Canoniste
[email protected]Solidarity South Sudan
[email protected] 0668.400.223