Tofful Studi It
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Nota 1: Questo contributo risponde alla richiesta che mi è stata fatta da parte dei membri del
Comitato Esecutivo per la Revisione delle Costituzioni (Riunione, 7 ottobre 2009)
Nota 2: I testi corrispondono ai principali documenti ufficiali della Chiesa pubblicati negli
ultimi 20 anni.
Nota 3: Il tema che interessa specificamente è “la formazione” (in corrispondenza al
Capitolo II delle nostre Costituzioni). Sono tanti i temi che riguardano “la formazione”, per
cui, ho volutamente trascurato quelli che riguardano più direttamente altri Capitoli delle
Costituzioni: per es. la vita fraterna, la missione, il governo.
Nota 4: Prima di fare la lettura dei documenti, mi sono fatto una griglia o schema, riguardo
ai “temi” che ho creduto importanti e che volevo cercare. Corrisponde alla struttura generale
del “testo” proposto. All’interno della struttura i contenuti si mescolano e si integrano.
Nota 5: sebbene la raccolta dei testi è “sempre” soggettiva (in quanto a preferenze o
sottolineature, ecc.), ho cercato di conservare “l’oggettività” dei testi attraverso la citazione
testuale. Il negretto nel testo è una sottolineatura mia per evidenziare il tema principale.
Nota 6: all’inizio i documenti sono citati secondo l’ordine cronologico di pubblicazione; ma
il testo non segue questo stesso ordine, quanto piuttosto l’ordine di lettura che ho fatto.
Nota 7: qualche volta la citazione è “lunga”, altre volte viene riferito solo “il titolo” di un
punto o tema in modo che se si vuole ancora approfondire si può andare direttamente al
Documento, che si trova in internet, attraverso Google, con il titolo del Documento che
interessa.
Nota 8: obiettivo di questo contributo, di questa raccolta è offrire al lettore i principali testi
sulla VC riguardo alla Formazione, per facilitare un’ulteriore sintesi e riflessione personale,
nonché scambio fraterno nelle diverse istanze previste, sui temi che secondo la Chiesa,
fanno parte di questo settore della nostra forma di vita. Sono degli “orientamenti” per la
revisione delle Costituzioni, Capitolo II, che abbiamo cominciato a fare.
Buona lettura e riflessione!
1. ASPETTI BIBLICI E TEOLOGICI
• VC 14: “Il fondamento evangelico della vita consacrata va cercato nel rapporto speciale
che Gesù (…) stabilì con alcuni dei suoi discepoli, invitandoli non solo ad accogliere il
Regno di Dio nella propria vita, ma a porre la propria esistenza a servizio di questa
causa, lasciando tutto e imitando da vicino la sua forma di vita.” Si dice “da vicino” non
“più da vicino”.
• VC 14: parla di “speciale vocazione”; di “una risposta radicale nella sequela di Cristo
mediante l'assunzione dei consigli evangelici”, sempre a partire dall’iniziativa del Padre.
• VC 14 ss. parla dell’icona della Trasfigurazione come l’icona della VC.
• VC 16: “Alla vita consacrata è affidato il compito di additare il Figlio di Dio fatto uomo
come il traguardo escatologico a cui tutto tende, lo splendore di fronte al quale ogni
altra luce impallidisce, l'infinita bellezza che, sola, può appagare totalmente il cuore
dell'uomo. Nella vita consacrata, dunque, non si tratta solo di seguire Cristo con tutto il
cuore, amandolo «più del padre e della madre, più del figlio o della figlia» (cfr Mt 10,
37), come è chiesto ad ogni discepolo, ma di vivere ed esprimere ciò con l'adesione
«conformativa» a Cristo dell'intera esistenza, in una tensione totalizzante che anticipa,
nella misura possibile nel tempo e secondo i vari carismi, la perfezione escatologica”.
• VC 16: Attraverso la professione dei consigli evangelici “… la vita consacrata realizza a
titolo speciale quella confessio Trinitatis che caratterizza l'intera vita cristiana”
• VC 17 : il senso della vocazione alla VC: “un'iniziativa tutta del Padre (cfr Gv 15, 16),
che richiede da coloro che ha scelti la risposta di una dedizione totale ed esclusiva.
L'esperienza di questo amore gratuito di Dio è a tal punto intima e forte che la persona
avverte di dover rispondere con la dedizione incondizionata della sua vita, consacrando
tutto, presente e futuro, nelle sue mani”
• VC 18: Il Figlio “chiama tutti coloro che il Padre gli ha dato (cfr Gv 17, 9) ad una
sequela che ne orienta l'esistenza. Ma ad alcuni — le persone di vita consacrata, appunto
— Egli chiede un coinvolgimento totale, che comporta l'abbandono di ogni cosa (cfr Mt
19, 27), per vivere in intimità con Lui e seguirlo dovunque Egli vada (cfr Ap 14, 4)”.
• VC 19: “È lo Spirito che suscita il desiderio di una risposta piena; è Lui che guida la
crescita di tale desiderio, portando a maturazione la risposta positiva e sostenendone poi
la fedele esecuzione (…) Lasciandosi guidare dallo Spirito in un incessante cammino di
purificazione, essi diventano, giorno dopo giorno, persone cristiformi, prolungamento
nella storia di una speciale presenza del Signore risorto”
• VC 20: “La vita consacrata è annuncio di ciò che il Padre, per mezzo del Figlio, nello
Spirito compie con il suo amore, la sua bontà, la sua bellezza (…) Cosi la vita consacrata
diviene una delle tracce concrete che la Trinità lascia nella storia, perché gli uomini
possano avvertire il fascino e la nostalgia della bellezza divina”
• VC 24: dimensione pasquale della VC
• VC 26: dimensione escatologica della VC: “Fissa nelle cose del Signore, la persona
consacrata ricorda che «non abbiamo quaggiù una città stabile» (Eb 13, 14), perché «la
nostra patria è nei cieli» (Fil 3, 20). Sola cosa necessaria è cercare «il Regno di Dio e la
sua giustizia» (Mt 6, 33), invocando incessantemente la venuta del Signore”.
• VC 27: “La tensione escatologica si converte in missione , affinché il Regno si affermi
in modo crescente qui ed ora. Alla supplica: «Vieni, Signore Gesù!», si unisce l'altra
invocazione: «Venga il tuo Regno» (Mt 6, 10)”.
• VC 28: Maria, modello di consacrazione e sequela
• VC 35: Chiamata alla conversione, ad una esistenza “trasfigurata”: “la vocazione delle
persone consacrate a cercare innanzitutto il Regno di Dio è, prima di ogni altra cosa, una
chiamata alla conversione piena, nella rinuncia a se stessi per vivere totalmente del
Signore, affinché Dio sia tutto in tutti”
• VC 36: parla della “fedeltà al carisma fondazionale”, al proprio patrimonio spirituale,
nel suo triplice orientamento o relazione: verso il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Secondo la Regola, le Costituzioni e gli Statuti.
• VC 37: parla della “fedeltà creativa” e dinamica, di dare risposta ai segni dei tempi, di
adattare “le forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi bisogni, in
piena docilità all'ispirazione divina e al discernimento ecclesiale”
• VC 37: nella ricerca continua di conformazione a Cristo “sta la garanzia di ogni
rinnovamento che intenda rimanere fedele all'ispirazione originaria”, in un rinnovato
riferimento alla Regola. In questa e nelle Costituzioni “è racchiuso un itinerario di
sequela, qualificato da uno specifico carisma autenticato dalla Chiesa”.
• VC 93: “Tendere alla santità: ecco in sintesi il programma di ogni vita consacrata, anche
nella prospettiva del suo rinnovamento alle soglie del terzo millennio. Il punto di avvio
del programma sta nel lasciare tutto per Cristo (cfr Mt 4, 18-22; 19, 21.27; Lc 5, 11)
preferendo Lui ad ogni cosa, per poter partecipare pienamente al Suo mistero pasquale
(…) Possiamo dire che la vita spirituale, intesa come vita in Cristo, vita secondo lo
Spirito, si configura come un itinerario di crescente fedeltà, in cui la persona consacrata
è guidata dallo Spirito e da Lui configurata a Cristo, in piena comunione di amore e di
servizio nella Chiesa..”
• VC 104: l'episodio evangelico dell'unzione di Betania, la sovrabbondanza della
gratuità…, senso della VC
VFC 2: sviluppo teologico per una riflessione sulla “vita fraterna in comunità”
VFC 8-10: la comunità religiosa come dono dello Spirito.
VFC 71: “La comunità religiosa, come espressione di Chiesa, è frutto dello Spirito e
partecipazione alla comunione trinitaria. Di qui l'impegno di ogni religioso e di tutti i religiosi a
sentirsi corresponsabili della vita fraterna in comune, affinché essa manifesti in modo chiaro
l'appartenenza a Cristo, che sceglie e chiama fratelli e sorelle a vivere insieme nel suo
nome."Tutta la fecondità della vita religiosa dipende dalla qualità della vita fraterna in comune.
Più ancora, il rinnovamento attuale nella Chiesa e nella vita religiosa è caratterizzato da una
ricerca di comunione e di comunità."
PI 8: “All'origine della consacrazione religiosa c'è una chiamata di Dio che si piega solo con
l'amore che Egli nutre per la persona chiamata. Questo amore assolutamente gratuito, personale
ed unico. Investe la persona al punto che essa non appartiene più a se stessa ma appartiene a
Cristo (…) Il dono dello Spirito lo manifesta e lo esprime. Questo dono impegna la persona che
Dio chiama, a seguire Cristo mediante la pratica dei consigli evangelici di castità, povertà ed
obbedienza.”
PI 9: la risposta personale, unica, totale, di amore.
o RC 3: “L'Esortazione Apostolica Vita consecrata ha saputo esprimere con chiarezza e profondità la
dimensione cristologica ed ecclesiale della vita consacrata in una prospettiva teologica trinitaria che
illumina di nuova luce la teologia della sequela e della consacrazione, della vita fraterna in comunità e
della missione”
o RC 8: “Nel mondo attuale si rende urgente una testimonianza profetica che poggia «sull'affermazione
del primato di Dio e dei beni futuri, quale traspare dalla sequela e dall'imitazione di Cristo casto, povero
e obbediente, totalmente votato alla gloria del Padre e all'amore dei fratelli e delle sorelle». Dalle persone
consacrate si espande sulla Chiesa un persuasivo invito a considerare il primato della grazia e a
rispondervi mediante un generoso impegno spirituale.”
o RC 20: “Si tratta di puntare sulla spiritualità intesa nel senso più forte del termine, ossia la vita secondo
lo Spirito. La vita consacrata oggi ha bisogno soprattutto di un rilancio spirituale, che aiuti a passare nel
concreto della vita il senso evangelico e spirituale della consacrazione battesimale e della sua nuova e
speciale consacrazione.”
o RC 21 ss.: Ripartire da Cristo…, significa…
o RC 22: “Tutta la vita di consacrazione può essere compresa solo da questo punto di partenza: i consigli
evangelici hanno senso in quanto aiutano a custodire e favorire l'amore per il Signore in piena docilità
alla sua volontà; la vita fraterna è motivata da lui che raduna attorno a sé ed è finalizzata a goderne la
sua costante presenza; la missione è il suo mandato e muove alla ricerca del suo volto nel volto di quelli
a cui si è inviati per condividere con loro l'esperienza di Cristo.”
o RC 23 ss.: Spiritualità come vita secondo lo spirito… “Possiamo richiamare alcuni luoghi privilegiati in
cui si può contemplare il volto di Cristo, per un rinnovato impegno nella vita dello Spirito.”: la Parola di
Dio (n. 24), preghiera e contemplazione (n. 25), l’Eucaristia come luogo privilegiato (n. 26), il volto di
Cristo nella prova (n. 27)
PdV 5: “La Lettera agli Ebrei afferma chiaramente l'« umanità » del ministro di Dio: egli viene dagli
uomini ed è al servizio degli uomini, imitando Gesù Cristo « lui stesso provato in ogni cosa, a
somiglianza di noi, escluso il peccato ».
PdV 11 ss.: la natura e la missione del sacerdozio ministeriale
PdV 12: l’identità sacerdotale: “« L'identità sacerdotale — hanno scritto i Padri sinodali —, come ogni
identità cristiana, ha la sua fonte nella Santissima Trinità »,(40) che si rivela e si autocomunica agli
uomini in Cristo, costituendo in Lui e per mezzo dello Spirito la Chiesa come « germe e inizio del Regno
» (…) Si può così comprendere la connotazione essenzialmente « relazionale » dell'identità del
presbitero: mediante il sacerdozio, che scaturisce dalle profondità dell'ineffabile mistero di Dio, ossia
dall'amore del Padre, dalla grazia di Gesù Cristo e dal dono dell'unità dello Spirito Santo, il presbitero è
inserito sacramentalmente nella comunione con il Vescovo e con gli altri presbiteri,(45) per servire il
Popolo di Dio che è la Chiesa e attrarre tutti a Cristo (…) Non si può allora definire la natura e la
missione del sacerdozio ministeriale, se non in questa molteplice e ricca trama di rapporti, che sgorgano
dalla Santissima Trinità e si prolungano nella comunione della Chiesa, come segno e strumento, in
Cristo, dell'unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano. In questo contesto l'ecclesiologia di
comunione diventa decisiva per cogliere l'identità del presbitero, la sua originale dignità, la sua
vocazione e missione nel Popolo di Dio e nel mondo. Il riferimento alla Chiesa è, perciò, necessario,
anche se non prioritario nella definizione dell'identità del presbitero (…) Il presbitero trova la verità
piena della sua identità nell'essere una derivazione, una partecipazione specifica ed una continuazione di
Cristo stesso, sommo e unico sacerdote della nuova ed eterna Alleanza: egli è un'immagine viva e
trasparente di Cristo sacerdote.”
PdV 15: “… i presbiteri sono chiamati a prolungare la presenza di Cristo, unico e sommo pastore,
attualizzando il suo stile di vita e facendosi quasi sua trasparenza in mezzo al gregge loro affidato (…) I
presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e
Pastore, ne proclamano autorevolmente la parola, ne ripetono i gesti di perdono e di offerta della
salvezza, soprattutto col Battesimo, la Penitenza e l'Eucaristia, ne esercitano l'amorevole sollecitudine,
fino al dono totale di sé per il gregge, che raccolgono nell'unità e conducono al Padre per mezzo di Cristo
nello Spirito. In una parola, i presbiteri esistono ed agiscono per l'annuncio del Vangelo al mondo e per
l'edificazione della Chiesa in nome e in persona di Cristo Capo e Pastore.”
PdV 16: “Il sacerdote ha come sua relazione fondamentale quella con Gesù Cristo Capo e Pastore: egli,
infatti, partecipa, in modo specifico e autorevole, alla « consacrazione unzione » e alla « missione » di
Cristo (…) « In quanto rappresenta Cristo capo, pastore e sposo della Chiesa, il sacerdote si pone non
soltanto nella Chiesa ma anche di fronte alla Chiesa. Il sacerdozio, unitamente alla Parola di Dio e ai
segni sacramentali di cui è al servizio, appartiene agli elementi costitutivi della Chiesa. Il ministero del
presbitero è totalmente a favore della Chiesa; è per la promozione dell'esercizio del sacerdozio comune
di tutto il popolo di Dio; è ordinato non solo alla Chiesa particolare, ma anche alla Chiesa universale, in
comunione con il Vescovo, con Pietro e sotto Pietro. Mediante il sacerdozio del Vescovo, il sacerdozio
di secondo ordine è incorporato nella struttura apostolica della Chiesa. Così il presbitero come gli
apostoli funge da ambasciatore per Cristo. In questo si fonda l'indole missionaria di ogni sacerdote » (…)
La relazione del sacerdote con Gesù Cristo e, in Lui, con la sua Chiesa si situa nell'essere stesso del
sacerdote, in forza della sua consacrazione unzione sacramentale, e nel suo agire, ossia nella sua
missione o ministero. In particolare « il sacerdote ministro è servitore di Cristo presente nella Chiesa
mistero, comunione e missione…”
PdV 17: la “forma comunitaria” del sacerdozio ministeriale
PdV 18: l’identità sacerdotale: “« La nostra identità ha la sua sorgente ultima nella carità del Padre. Al
Figlio da Lui mandato, Sacerdote Sommo e buon Pastore, siamo uniti sacramentalmente con il
sacerdozio ministeriale per l'azione dello Spirito Santo. La vita e il ministero del sacerdote sono
continuazione della vita e dell'azione dello stesso Cristo. Questa è la nostra identità, la nostra vera
dignità, la sorgente della nostra gioia, la certezza della nostra vita ».”
PdV 19 ss.: la vita spirituale del sacerdote…
PdV 21: “Mediante la consacrazione sacramentale, il sacerdote è configurato a Gesù Cristo in quanto
Capo e Pastore della Chiesa e riceve in dono un « potere spirituale » che è partecipazione all'autorità con
la quale Gesù Cristo mediante il suo Spirito guida la Chiesa.”
PdV 23: la carità pastorale del presbitero: “Il principio interiore, la virtù che anima e guida la vita
spirituale del presbitero in quanto configurato a Cristo Capo e Pastore è la carità pastorale,
partecipazione della stessa carità pastorale di Gesù Cristo: dono gratuito dello Spirito Santo, e nello
stesso tempo compito e appello alla risposta libera e responsabile del presbitero. Il contenuto essenziale
della carità pastorale è il dono di sé, il totale dono di sé alla Chiesa, ad immagine e in condivisione con
il dono di Cristo. « La carità pastorale è quella virtù con la quale noi imitiamo Cristo nella sua donazione
di sé e nel suo servizio. Non è soltanto quello che facciamo, ma il dono di noi stessi, che mostra l'amore
di Cristo per il suo gregge. La carità pastorale determina il nostro modo di pensare e di agire, il nostro
modo di rapportarci alla gente. E risulta particolarmente esigente per noi... » Il dono di sé, radice e
sintesi della carità pastorale, ha come destinataria la Chiesa (…) Questa stessa carità pastorale costituisce
il principio interiore e dinamico capace di unificare le molteplici e diverse attività del sacerdote.”.
PdV 24: consacrazione e missione: “Lo Spirito del Signore ha consacrato Cristo e lo ha mandato ad
annunciare il Vangelo.150 La missione non è un elemento esteriore e giustapposto alla consacrazione,
ma ne costituisce la destinazione intrinseca e vitale: la consacrazione è per la missione. Così, non solo la
consacrazione, ma anche la missione sta sotto il segno dello Spirito, sotto il suo influsso santificatore.”
PdV 26 (tutto il numero): triplice ministero: “… le condizioni e le esigenze, le modalità e i frutti
dell'intimo rapporto che esiste tra la vita spirituale del sacerdote e l'esercizio del suo triplice ministero:
della Parola, del Sacramento e del servizio della Carità.”
PdV 28 ss.: le virtù necessarie nel ministero dei presbiteri: l’obbedienza “apostolica” e “comunitaria”;
la castità (verginità e celibato); la povertà evangelica
2. ASPETTI ECCESSIOLOGICI
• VC 3: afferma: “la vita consacrata si pone nel cuore stesso della Chiesa come elemento
decisivo per la sua missione, giacché «esprime l'intima natura della vocazione cristiana»
e la tensione di tutta la Chiesa-Sposa verso l'unione con l'unico Sposo (…) è dono
prezioso e necessario anche per il presente e per il futuro del Popolo di Dio, perché
appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità, alla sua missione.”
• VC 4: “La comunione nella Chiesa non è infatti uniformità, ma dono dello Spirito che
passa anche attraverso la varietà dei carismi e degli stati di vita. Questi saranno tanto più
utili alla Chiesa e alla sua missione, quanto maggiore sarà il rispetto della loro
identità…”
• VC 5: le diverse forme di vita consacrata nella Chiesa, “affonda le sue radici nel
Vangelo”
• VC 13: “… la Chiesa ha bisogno dell'apporto spirituale e apostolico di una vita
consacrata rinnovata e rinvigorita.”
• VC 13: il Papa auspica “che la riflessione continui per l'approfondimento del grande
dono della vita consacrata nella triplice dimensione della consacrazione, della
comunione e della missione…”
• VC 19: La VC diventa “un'espressione particolarmente profonda della Chiesa Sposa, la
quale, condotta dallo Spirito a riprodurre in sé i lineamenti dello Sposo”
• VC 29: La VC “… non potrà mai mancare alla Chiesa come un suo elemento
irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo della sua stessa natura”
• VC 31: “Tutti nella Chiesa sono consacrati nel Battesimo e nella Cresima, ma il
ministero ordinato e la vita consacrata suppongono ciascuno una distinta vocazione ed
una specifica forma di consacrazione, in vista di una missione peculiare (…) I ministri
ordinati, oltre a questa consacrazione fondamentale, ricevono quella dell'Ordinazione
per continuare nel tempo il ministero apostolico. Le persone consacrate, che
abbracciano i consigli evangelici, ricevono una nuova e speciale consacrazione che,
senza essere sacramentale, le impegna a fare propria — nel celibato, nella povertà e
nell'obbedienza — la forma di vita praticata personalmente da Gesù, e da Lui proposta ai
discepoli. Pur essendo, queste diverse categorie, manifestazione dell'unico mistero di
Cristo, i laici hanno come caratteristica peculiare, anche se non esclusiva, la secolarità, i
pastori la ministerialità, i consacrati la speciale conformazione a Cristo vergine, povero,
obbediente.”
• VC 32: “Quanto alla significazione della santità della Chiesa, un'oggettiva eccellenza è
da riconoscere alla vita consacrata, che rispecchia lo stesso modo di vivere di Cristo”
• VC 34: la dimensione sponsale della VC.
• VC 41: “In realtà, la Chiesa è essenzialmente mistero di comunione, «popolo adunato
dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». La vita fraterna intende
rispecchiare la profondità e la ricchezza di tale mistero, configurandosi come spazio
umano abitato dalla Trinità, che estende così nella storia i doni della comunione propri
delle tre Persone divine”
• VC 42: “La vita fraterna, intesa come vita condivisa nell'amore, è segno eloquente della
comunione ecclesiale”
• VC 43: il compito dell’autorità
• VC 45: Sentire cum Ecclesia
• VC 46: La VC nella Chiesa universale
• VC 47: La VC e la Chiesa particolare
• VC 60: I fratelli religiosi: “Secondo la dottrina tradizionale della Chiesa, la vita
consacrata per natura sua non è né laicale né clericale, e per questo la «consacrazione
laicale», tanto maschile quanto femminile, costituisce uno stato in sé completo di
professione dei consigli evangelici. Essa perciò ha, sia per la persona che per la Chiesa,
un valore proprio, indipendentemente dal ministero sacro (…) Ciò esige una formazione
appropriata e integrale: umana, spirituale, teologica, pastorale e professionale (…)
Diversa è la vocazione dei fratelli in quegli Istituti che sono detti «clericali» perché,
secondo il progetto del fondatore oppure in forza di una legittima tradizione, prevedono
l'esercizio dell'Ordine sacro, sono governati da chierici e come tali sono riconosciuti
dall'autorità della Chiesa. In questi Istituti il ministero sacro è costitutivo del carisma
stesso e ne determina l'indole, il fine, lo spirito. La presenza di fratelli costituisce una
partecipazione differenziata alla missione dell'Istituto, con servizi svolti sia all'interno
delle comunità che nelle opere apostoliche, in collaborazione con coloro che esercitano il
ministero sacerdotale.”
• VC 61: sugli Istituti “misti”: “Alcuni Istituti religiosi, che nel progetto originario del
fondatore si configuravano come fraternità, nelle quali tutti i membri — sacerdoti e non
sacerdoti — erano considerati uguali tra di loro, col passare del tempo hanno acquistato
una diversa fisionomia. Occorre che questi Istituti, chiamati «misti», valutino, sulla base
dell'approfondimento del proprio carisma fondazionale, se sia opportuno e possibile
tornare all'ispirazione originaria. I Padri sinodali hanno espresso il voto che in tali Istituti
sia riconosciuta a tutti i religiosi parità di diritti e di obblighi, eccettuati quelli che
scaturiscono dall'Ordine sacro. Per esaminare e risolvere i problemi connessi con questa
materia è stata istituita un'apposita commissione, le cui conclusioni conviene attendere,
per fare poi le opportune scelte secondo quanto sarà autorevolmente disposto.”
• VC 105: “La Chiesa non può assolutamente rinunciare alla vita consacrata, perché essa
esprime in modo eloquente la sua intima essenza «sponsale».”
VFC 1b: “La vita religiosa è parte vitale della Chiesa e vive nel mondo.”
VFC 2: sviluppo dell’ecclesiologia per una riflessione sulla “vita fraterna in comunità”: Dalla
Chiesa-Mistero alla dimensione misterica della comunità religiosa; Dalla Chiesa-Comunione
alla dimensione comunionale-fraterna della comunità religiosa; Dalla Chiesa animata dai
Carismi alla dimensione carismatica della comunità religiosa; Dalla Chiesa-Sacramento di
unità alla dimensione apostolica della comunità religiosa.
VFC 5: cambiamenti nella VR (il Documento parla di VR e non di VC): Nuova configurazione
nelle comunità religiose (dovuto alla diminuzione vocazionale, al fatto che, in molti luoghi, lo
Stato fa quello che faceva la VR – scuola, ospedale, ecc…); la crescita di richieste di intervento
per rispondere alle sollecitazioni dei bisogni più urgenti; una nuova concezione della persona
(valore del singolo e sue iniziative); le nuove strutture di governo (partecipazione, dialogo
comunitario, corresponsabilità, sussidiarietà)
VFC 7: Guardare “lo schema di fondo”: Dio, Fraternità, Missione… La comunità religiosa
come dono (nn. 8-10), come luogo ove si diventa fratelli (nn. 11-57), come luogo e soggetto
della missione (nn. 58-70)
VFC 12: il senso della preghiera in comune, della Liturgia delle ore, dell’Eucaristia e del
sacramento della Riconciliazione, la Lectio divina, la riflessione sulla Parola di Dio
PI 10: “Nell'atto della professione religiosa, che è un atto della Chiesa, tramite l'autorità di colui
o di colei che riceve i voti, convergono l'azione di Dio e la risposta della persona. Questo atto
incorpora in un istituto.”
o RC 28: “Se «la vita spirituale deve essere al primo posto nel programma delle Famiglie di vita
consacrata» essa dovrà essere innanzi tutto una spiritualità di comunione, come si addice al momento
presente: «Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti
nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese
profonde del mondo». In questo cammino di tutta la Chiesa si attende il decisivo contributo della vita
consacrata per la sua specifica vocazione alla vita di comunione nell'amore.”, prima “ad intra” e poi
anche “ad extra”.
o RC 29: cosa è “la spiritualità della comunione” …
o RC 30: “L'unità della Chiesa non è uniformità, ma integrazione organica delle legittime diversità. È la
realtà di molte membra congiunte in un corpo solo, l'unico Corpo di Cristo (cfr. 1 Cor 12, 12)»”.
o RC 31: “Soltanto in una ecclesiologia integrale, dove le diverse vocazioni sono colte all'interno
dell'unico Popolo di convocati, la vocazione alla vita consacrata può ritrovare la sua specifica identità di
segno e di testimonianza (…) Si domanda quindi un'adeguata formazione dei consacrati come dei laici
ad una reciproca ed arricchente collaborazione.”
o RC 32: “In questo rapporto di comunione ecclesiale con tutte le vocazioni e gli stati di vita, un aspetto
del tutto particolare è quello dell'unità con i Pastori. Invano si pretenderebbe di coltivare una spiritualità
di comunione senza un rapporto effettivo ed affettivo con i Pastori, prima di tutto con il Papa, centro
dell'unità della Chiesa, e con il suo Magistero”
• TMI 43: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione (…) Prima di
programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione,
facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l'uomo e il
cristiano, dove si educano i ministri dell'altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove
si costruiscono le famiglie e le comunità.”; spiritualità della comunione significa …
NVNE 18d.: “… le vocazioni nella Chiesa sono necessarie nella loro varietà per realizzare la
vocazione della Chiesa, e la vocazione della Chiesa — a sua volta — è quella di rendere
possibili e praticabili le vocazioni della e nella Chiesa. Tutte le diverse vocazioni sono dunque
protese verso la testimonianza dell'agape, verso l'annuncio di Cristo unico salvatore del mondo.”
NVNE 19: dalla Trinità alla Chiesa nel mondo, per la Chiesa e per il mondo …: “Ogni
vocazione nasce in un luogo preciso, in un contesto concreto e limitato, ma non torna su se
stessa, non tende verso la privata perfezione o l'autorealizzazione psicologica o spirituale del
chiamato, bensì fiorisce nella Chiesa, in quella Chiesa che cammina nel mondo verso il Regno
compiuto, verso la realizzazione d'una storia che è grande perché è di salvezza (…) la fedeltà
vocazionale d'una comunità credente è la prima e fondamentale condizione per il fiorire della
vocazione nei singoli credenti, specie nei più giovani.”
PdV 2: importanza della formazione: “In realtà la formazione dei futuri sacerdoti, sia diocesani sia
religiosi, e l'assidua cura, protratta lungo tutto il corso della vita, per la loro santificazione personale nel
ministero e per l'aggiornamento costante del loro impegno pastorale, sono considerate dalla Chiesa come
uno dei compiti di massima delicatezza e importanza per il futuro dell'evangelizzazione dell'umanità.”
PdV 3: “In questi anni più recenti e da più parti è stata avvertita la necessità di ritornare sul tema del
sacerdozio, affrontandolo da un punto di vista relativamente nuovo e più adatto alle presenti circostanze
ecclesiali e culturali. L'attenzione si è spostata dal problema dell'identità del prete ai problemi connessi
con l'itinerario formativo al sacerdozio e con la qualità di vita dei sacerdoti. In realtà le nuove
generazioni di chiamati al sacerdozio ministeriale presentano caratteristiche notevolmente diverse
rispetto a quelle dei loro immediati predecessori e vivono in un mondo per tanti aspetti nuovo e in
continua e rapida evoluzione. E di tutto ciò non si può non tener conto nella programmazione e nella
realizzazione degli itinerari educativi al sacerdozio ministeriale. I sacerdoti poi, già inseriti da un tempo
più o meno lungo nell'esercizio del ministero, sembrano oggi soffrire di eccessiva dispersione nelle
sempre crescenti attività pastorali e, di fronte alle difficoltà della società e della cultura contemporanea,
si sentono costretti a ripensare i loro stili di vita e le priorità degli impegni pastorali, mentre avvertono
sempre più la necessità di una formazione permanente.”
• VC 20: “Primo compito della vita consacrata è di rendere visibili le meraviglie che Dio
opera nella fragile umanità delle persone chiamate…”
• VC 38: parla di alcuni rischi: in una “formazione spirituale più elevata”, in una
“doverosa qualificazione”, nel “farsi vicino” al mondo attuale, nell’attaccamento alla
propria nazione/cultura. Parla del bisogno del “combattimento spirituale”, dell’ascesi…
• VC 98: evangelizzare la cultura, l’impegno culturale (lo studio come parte della
formazione integrale)
VFC 4: lo sviluppo nella società per una comprensione della “vita fraterna in comunità”: I
movimenti di emancipazione politica e sociale nel Terzo Mondo e l'accresciuto processo di
industrializzazione; la rivendicazione della libertà personale e dei diritti umani; la promozione
della donna; l'esplosione delle comunicazioni; il consumismo e l'edonismo.
o RC 1: “Certamente i drammatici avvenimenti del mondo di questi ultimi anni, hanno imposto ai popoli
nuovi e più pesanti interrogativi che si sono sommati a quelli già presenti, sorti in rapporto
all'orientamento di una società globalizzata, ambivalente nella realtà, nella quale «non si sono
globalizzate solo tecnologia ed economia, ma anche insicurezza e paura, criminalità e violenza,
ingiustizie e guerre»”.
o RC 19: VR e inculturazione: “Molto vive sono anche le tematiche dell'inculturazione. Esse riguardano
il modo di incarnare la vita consacrata, l'adattamento delle forme di spiritualità e di apostolato, le
modalità di governo, la formazione, la gestione delle risorse e dei beni economici, lo svolgimento della
missione (…) Ascoltando l'invito rivolto da Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa, la vita consacrata deve
decisamente ripartire da Cristo, contemplando il suo volto, privilegiando le vie della spiritualità come
vita, pedagogia e pastorale.”
o RC 45: Alcune sfide odierne.
• TMI 51: “E come poi tenerci in disparte di fronte alle prospettive di un dissesto
ecologico, che rende inospitali e nemiche dell'uomo vaste aree del pianeta? O rispetto ai
problemi della pace, spesso minacciata con l'incubo di guerre catastrofiche? O di fronte
al vilipendio dei diritti umani fondamentali di tante persone, specialmente dei bambini?
(…) Mi riferisco al dovere di impegnarsi per il rispetto della vita di ciascun essere
umano dal concepimento fino al suo naturale tramonto. Allo stesso modo, il servizio
all'uomo ci impone di gridare, opportunamente e importunamente, che quanti
s'avvalgono delle nuove potenzialità della scienza, specie sul terreno delle biotecnologie,
non possono mai disattendere le esigenze fondamentali dell'etica, appellandosi magari ad
una discutibile solidarietà, che finisce per discriminare tra vita e vita, in spregio della
dignità propria di ogni essere umano.”
SAO 19: “Una rinnovata concezione antropologica, in questi ultimi anni, ha messo molto più in
evidenza l'importanza della dimensione relazionale dell'essere umano. Tale concezione trova ampie
conferme nell'immagine di persona umana che emerge dalle Scritture, e, senza dubbio, ha influito anche
sul modo di concepire la relazione all'interno della comunità religiosa, rendendola più attenta al valore
dell'apertura all'altro- da-sé, alla fecondità del rapporto con la diversità e all'arricchimento che ne deriva
ad ognuno. Tale antropologia relazionale ha pure esercitato un influsso almeno indiretto, come abbiamo
già ricordato, sulla spiritualità di comunione, e ha contribuito a rinnovare il concetto di missione, intesa
come impegno condiviso con tutti i membri del popolo di Dio, in uno spirito di collaborazione e
corresponsabilità.”
PdV 6: “Molteplici fattori sembrano favorire negli uomini d'oggi una più matura coscienza della dignità
della persona e una nuova apertura ai valori religiosi, al Vangelo e al ministero sacerdotale.” Questi
fattori… nella società, nel campo religioso e cristiano
PdV 7: elementi problematici e difficili…: il razionalismo, il soggettivismo, l’ateismo pratico ed
esistenziale (visione secolarista), la disgregazione familiare, l'oscuramento o il travisamento del vero
senso della sessualità umana, le ingiustizie sociali; nel campo ecclesiale… l’individualismo, la
soggettivizzazione della fede; appartenenza alla Chiesa sempre più parziale e condizionante…
PdV 8: l’influsso della nostra società e cultura sui giovani… , specialmente: il fascino della cosiddetta «
società dei consumi », in particolare, sulla visione della sessualità umana; un'esperienza distorta della
libertà
PdV 9: situazioni e stimoli positivi sui giovani…
PdV 10: “Come formare sacerdoti che siano veramente all'altezza di questi tempi, capaci di
evangelizzare il mondo di oggi?” Importanza della conoscenza della situazione attuale, il discernimento
evangelico o interpretazione della situazione.
• VC 15: parla del “carattere totalizzante” del dinamismo profondo della vocazione alla
vita consacrata. Cfr. anche PI 9.
• VC 65: il principio di totalità e d’integrazione armonica: “La formazione, per essere
totale, comprenderà tutti i campi della vita cristiana e della vita consacrata. Va prevista,
pertanto, una preparazione umana, culturale, spirituale e pastorale, ponendo ogni
attenzione perché sia favorita l'integrazione armonica dei vari aspetti.” (cfr. tutto il
numero); cfr. n. 71: la totalità del essere umano: mente, cuore, volontà.
• VC 67: la formazione comunitaria e pastorale (tutto il numero) “Poiché la formazione
deve essere anche comunitaria, il suo luogo privilegiato (…) è la comunità (…) la vita
comunitaria deve, sin dalla prima formazione, mostrare l'intrinseca dimensione
missionaria della consacrazione.”
• VC 92: la dimensione comunitaria della VC
PI 34: Il principio dell’integralità: “La formazione integrale della persona comporta una
dimensione fisica, morale, intellettuale e spirituale.”
PI 35: “Nonostante l'insistenza che il presente documento pone sulla dimensione culturale ed
intellettuale della formazione, la dimensione spirituale rimane prioritaria.”
CIF 9: Alcuni principi da considerare nei centri inter-istituti: la formazione è un processo integrale i cui
elementi si compenetrano a vicenda; la preparazione intellettuale è una dimensione insostituibile della
formazione; il carattere inter-istituti dei centri richiede una speciale valorizzazione degli aspetti che
sono comuni a tutti. Nello stesso tempo la collaborazione e la solidarietà domandano il rispetto e la
valorizzazione delle diversità.
VFC 44 (tutto il numero): parla della dimensione comunitaria dei consigli evangelici …
PI 12: “I consigli sono come l'asse portante della vita religiosa; essi esprimono in maniera
completa e significativa il radicalismo evangelico che la caratterizza (…) Essi raggiungono la
persona umana a livello delle tre componenti essenziali della sua esistenza e delle sue
relazioni: l'affettività, l'avere e il potere.”
PI 13: la castità, la pedagogia della castità
PI 14: la povertà, l’educazione alla povertà evangelica
PI 15: l’obbedienza, la pedagogia dell’obbedienza (cfr. anche n. 18)
o RC 13: “I consigli evangelici di castità, povertà ed obbedienza, vissuti da Cristo nella pienezza della sua
umanità di Figlio di Dio, abbracciati per suo amore, appaiono come una via per la piena realizzazione
della persona in opposizione alla disumanizzazione, un potente antidoto all'inquinamento dello spirito,
della vita, della cultura; proclamano la libertà dei figli di Dio, la gioia del vivere secondo le beatitudini
evangeliche (…) Se infatti è vero che tutti i cristiani sono chiamati «alla santità e alla perfezione del
proprio stato», le persone consacrate, grazie ad una «nuova e speciale consacrazione» hanno la missione
di far risplendere la forma di vita di Cristo, attraverso la testimonianza dei consigli evangelici, a sostegno
della fedeltà di tutto il Corpo di Cristo.”
o RC 20: modello trinitario dei consigli evangelici: “Si tratta, prima di tutto, di vivere in pienezza la
teologia dei consigli evangelici a partire dal modello di vita trinitario, secondo gli insegnamenti di Vita
consecrata, con una nuova opportunità di confrontarsi con le fonti dei propri carismi e dei propri testi
costituzionali, sempre aperti a nuove e più impegnative interpretazioni.”
o RC 22: interessante il rapporto e la distinzione tra “voti” e “consigli evangelici”: “I voti con cui i
consacrati si impegnano a vivere i consigli evangelici, conferiscono tutta la loro radicalità alla risposta
d'amore. La verginità dilata il cuore sulla misura del cuore di Cristo e rende capaci di amare come lui ha
amato. La povertà rende liberi dalla schiavitù delle cose e dei bisogni artificiali a cui spinge la società
dei consumi, e fa riscoprire Cristo, l'unico tesoro per il quale valga la pena di vivere veramente.
L'obbedienza pone la vita interamente nelle sue mani perché egli la realizzi secondo il disegno di Dio e
ne faccia un capolavoro. Occorre il coraggio di una sequela generosa e gioiosa.”
o RC 33: “Un'esistenza trasfigurata dai consigli evangelici diventa testimonianza profetica e silenziosa, ma
insieme eloquente protesta contro un mondo disumano. Essa impegna alla promozione della persona e
risveglia una nuova fantasia della carità.” (cfr. anche n. 36: sulla fantasia della carità)
SAO 3: “A tutto ciò si deve aggiungere la constatazione che in questi anni il modo di sentire e di vivere
l'autorità e l'obbedienza è mutato sia nella Chiesa che nella società. Ciò è dovuto, tra l'altro: alla presa di
coscienza del valore della singola persona, con la sua vocazione e i suoi doni intellettuali, affettivi e
spirituali, con la sua libertà e capacità relazionale; alla centralità della spiritualità di comunione,5 con la
valorizzazione degli strumenti che aiutano a viverla; a un modo diverso e meno individualistico di
concepire la missione, nella condivisione con tutti i membri del popolo di Dio, con le conseguenti forme
di concreta collaborazione. Considerando, tuttavia, alcuni elementi del presente influsso culturale, va
ricordato che il desiderio della realizzazione di sé può entrare a volte in conflitto con i progetti
comunitari; la ricerca del benessere personale, sia spirituale che materiale, può rendere difficoltosa la
dedizione totale a servizio della missione comune; le visioni troppo soggettive del carisma e del servizio
apostolico possono indebolire la collaborazione e la condivisione fraterna. Ma non è da escludere che in
taluni ambienti prevalgano problemi opposti, determinati da una visione dei rapporti sbilanciata sul
versante della collettività e dell'eccessiva uniformità, con il rischio di mortificare la crescita e la
responsabilità dei singoli. È un equilibrio non facile quello tra soggetto e comunità, e dunque anche tra
autorità e obbedienza.”
SAO 5: l’obbedienza come ascolto
SAO 7: l’obbedienza alla Parola di Dio
SAO 8: alla sequela di Gesù, il Figlio obbediente
SAO 9: obbedienti a Dio attraverso mediazioni umane
SAO 10: imparare l’obbedienza nel quotidiano
SAO 11: nella luce e nella forza dello Spirito
SAO 12: autorità al servizio dell’obbedienza alla volontà di Dio
SAO 14a.: l’obbedienza del superiore
SAO 17: l’autorità a servizio della comunità, la comunità a servizio del Regno
SAO 20 (tutto il numero): il servizio dell’autorità “…l'autorità promuove la crescita della vita fraterna
attraverso il servizio dell'ascolto e del dialogo, la creazione di un clima favorevole alla condivisione e
alla corresponsabilità, la partecipazione di tutti alle cose di tutti, il servizio equilibrato al singolo e alla
comunità, il discernimento, la promozione dell'obbedienza fraterna.”
SAO 20 e.f.g.: il discernimento comunitario; discernimento, autorità e obbedienza; l’obbedienza fraterna.
SAO 26: le difficili obbedienze
SAO 27: obbedienza e obiezione di coscienza
SAO 20: la difficile autorità
SAO 21: obbedienti fino alla fine.
PdV 28: la castità … attenzione ai termini utilizzati (verginità, celibato, castità) e il “rapporto” fra di
loro: “Nella verginità e nel celibato la castità mantiene il suo significato originario, quello cioè di una
sessualità umana vissuta come autentica manifestazione e prezioso servizio all'amore di comunione e di
donazione interpersonale. Questo significato sussiste pienamente nella verginità, che realizza, pur nella
rinuncia al matrimonio, il « significato sponsale » del corpo mediante una comunione e una donazione
personale a Gesù Cristo e alla sua Chiesa che prefigurano e anticipano la comunione e la donazione
perfette e definitive dell'al di là: « Nella verginità l'uomo è in attesa, anche corporalmente, delle nozze
escatologiche di Cristo con la Chiesa, donandosi integralmente alla Chiesa nella speranza che Cristo si
doni a questa nella piena verità della vita eterna » (…) la Chiesa di Occidente ha fatto e che ha
mantenuto, nonostante tutte le difficoltà e le obiezioni sollevate lungo i secoli, di conferire l'ordine
presbiterale solo a uomini che diano prova di essere chiamati da Dio al dono della castità nel celibato
assoluto e perpetuo (…) « Ferma restante la disciplina delle Chiese Orientali, il Sinodo, convinto che la
castità perfetta nel celibato sacerdotale è un carisma, ricorda ai presbiteri che essa costituisce un dono
inestimabile di Dio per la Chiesa e rappresenta un valore profetico per il mondo attuale. Questo Sinodo
nuovamente e con forza afferma quanto la Chiesa Latina e alcuni riti orientali richiedono, che cioè il
sacerdozio venga conferito solo a quegli uomini che hanno ricevuto da Dio il dono della vocazione alla
castità celibe (…) Il Sinodo non vuole lasciare nessun dubbio nella mente di tutti sulla ferma volontà
della Chiesa di mantenere la legge che esige il celibato liberamente scelto e perpetuo per i candidati
all'ordinazione sacerdotale nel rito latino. Il Sinodo sollecita che il celibato sia presentato e spiegato nella
sua piena ricchezza biblica, teologica e spirituale, come dono prezioso dato da Dio alla sua Chiesa e
come segno del Regno che non è di questo mondo, segno dell'amore di Dio verso questo mondo nonché
dell'amore indiviso del sacerdote verso Dio e il Popolo di Dio, così che il celibato sia visto come
arricchimento positivo del sacerdozio » (…) In quanto legge, esprime la volontà della Chiesa, prima
ancora che la volontà del soggetto espressa dalla sua disponibilità. Ma la volontà della Chiesa trova la
sua ultima motivazione nel legame che il celibato ha con l'Ordinazione sacra, che configura il sacerdote
a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa. La Chiesa, come Sposa di Gesù Cristo, vuole essere amata dal
sacerdote nel modo totale ed esclusivo con cui Gesù Cristo Capo e Sposo l'ha amata. Il celibato
sacerdotale, allora, è dono di sé in e con Cristo alla sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alla
Chiesa in e con il Signore.”
PdV 30: la povertà evangelica “… come « sottomissione di tutti i beni al Bene supremo di Dio e del suo
Regno » (…) Personalmente inserito nella vita della comunità e responsabile di essa, il sacerdote deve
offrire anche la testimonianza di una totale « trasparenza » nell'amministrazione dei beni della comunità
stessa, che egli non tratterà mai come fossero un patrimonio proprio, ma come cosa di cui deve rendere
conto a Dio e ai fratelli, soprattutto ai poveri. La coscienza poi di appartenere all'unico presbiterio
spingerà il sacerdote ad impegnarsi per favorire sia una più equa distribuzione dei beni tra i confratelli,
sia un certo uso in comune dei beni.”
PdV 50: particolarmente il celibato: “… preparare il futuro sacerdote a conoscere, stimare, amare e
vivere il celibato nella sua vera natura e nelle sue vere finalità, quindi nelle sue motivazioni
evangeliche, spirituali e pastorali. Presupposto e contenuto di questa preparazione è la virtù della castità,
che qualifica tutte le relazioni umane e che conduce « a sperimentare e a manifestare... un amore sincero,
umano, fraterno, personale e capace di sacrifici, sull'esempio di Cristo, verso tutti e verso ciascuno ». Il
celibato dei sacerdoti connota la castità di alcune caratteristiche, grazie alle quali essi « rinunziando alla
vita coniugale per il regno dei cieli, possono aderire a Dio con un amore indivisibile rispondente
intimamente alla nuova legge, danno testimonianza della futura risurrezione e ricevono un aiuto
grandissimo per l'esercizio continuo di quella perfetta carità che li renderà capaci nel ministero
sacerdotale di farsi tutto a tutti ». In tal senso il celibato sacerdotale non è da considerarsi come semplice
norma giuridica, né come una condizione del tutto esteriore per essere ammessi all'ordinazione, bensì
come un valore profondamente connesso con l'ordinazione sacra, che configura a Gesù Cristo buon
Pastore e Sposo della Chiesa, e quindi come la scelta di un amore più grande e senza divisioni per Cristo
e per la sua Chiesa nella disponibilità piena e gioiosa del cuore per il ministero pastorale. Il celibato è da
considerare come una grazia speciale, come un dono: « Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali
è stato concesso ». Certamente una grazia che non dispensa, ma esige con singolare forza la risposta
cosciente e libera da parte di chi la riceve. Questo carisma dello Spirito racchiude anche la grazia perché
colui che lo riceve rimanga fedele per tutta la vita e compia con generosità e con gioia gli impegni che vi
sono connessi. Nella formazione al celibato sacerdotale dovrà essere assicurata la coscienza del «
prezioso dono di Dio », che condurrà alla preghiera e alla vigilanza perché il dono sia custodito da tutto
ciò che lo può minacciare (…) « I Vescovi insieme ai rettori e ai direttori spirituali dei seminari
stabiliscano principii, offrano criteri e diano aiuti per il discernimento in questa materia. Di massima
importanza per la formazione alla castità nel celibato sono la sollecitudine del Vescovo e la vita fraterna
tra i sacerdoti. In seminario, durante il periodo di formazione, il celibato deve essere presentato con
chiarezza, senza alcuna ambiguità e in modo positivo. Il seminarista deve avere un adeguato grado di
maturità psichica e sessuale, nonché una vita assidua ed autentica di preghiera, e deve porsi sotto la
direzione di un padre spirituale. Il direttore spirituale deve aiutare il seminarista perché egli stesso giunga
ad una decisione matura e libera, che sia fondata nella stima dell'amicizia sacerdotale e
dell'autodisciplina, come pure nell'accettazione della solitudine e in un retto stato personale fisico e
psicologico (…) Perché il seminarista possa abbracciare con decisione libera il celibato sacerdotale per il
Regno dei cieli è necessario che conosca la natura cristiana e veramente umana nonché il fine della
sessualità nel matrimonio e nel celibato. È necessario anche istruire ed educare i fedeli laici circa le
motivazioni evangeliche, spirituali e pastorali proprie del celibato sacerdotale così che aiutino i presbiteri
con l'amicizia, la comprensione e la collaborazione »”.
o RC 14: compito dell’autorità: “Esso richiede una presenza costante, capace di animare e di proporre, di
ricordare la ragion d'essere della vita consacrata, di aiutare le persone affidate per una fedeltà sempre
rinnovata alla chiamata dello Spirito. Nessun superiore può rinunciare alla sua missione di animazione,
di aiuto fraterno, di proposta, di ascolto, di dialogo (…) Ad ognuno dei suoi membri è richiesta una
partecipazione convinta e personale alla vita e alla missione della propria comunità. Anche se in ultima
istanza, e secondo il diritto proprio, appartiene all'autorità prendere le decisioni e fare le scelte, il
quotidiano cammino della vita fraterna in comunità richiede una partecipazione che consente l'esercizio
del dialogo e del discernimento. Ognuno e tutta la comunità possono, così, confrontare la propria vita
con il progetto di Dio, facendo insieme la sua volontà.”
6. LIVELLO METODOLOGICO
• TMI 31: le esigenze metodologiche nel cammino alla santità: “… i percorsi della santità
sono personali, ed esigono una vera e propria pedagogia della santità, che sia capace di
adattarsi ai ritmi delle singole persone. Essa dovrà integrare le ricchezze della proposta
rivolta a tutti con le forme tradizionali di aiuto personale e di gruppo e con forme più
recenti offerte nelle associazioni e nei movimenti riconosciuti dalla Chiesa.”: l’arte della
preghiera (n. 32-34), l’Eucaristia domenicale (n. 35-36), il Sacramento della
Riconciliazione (n. 37), il primato della grazia (n. 38), l’ascolto della Parola (n. 39),
l’annunzio della Parola (n. 40)
• VC 65: “Obiettivo centrale del cammino formativo è la preparazione della persona alla
totale consacrazione di sé a Dio nella sequela di Cristo, a servizio della missione (…) La
formazione dovrà raggiungere in profondità la persona stessa, così che ogni suo
atteggiamento o gesto, nei momenti importanti e nelle circostanze ordinarie della vita,
abbia a rivelarne la piena e gioiosa appartenenza a Dio. Dal momento che il fine della
vita consacrata consiste nella configurazione al Signore Gesù e alla sua totale oblazione,
è soprattutto a questo che deve mirare la formazione”.
• VC 65: “Alla formazione iniziale, intesa come processo evolutivo che passa per ogni
grado della maturazione personale — da quello psicologico e spirituale a quello
teologico e pastorale — si deve riservare uno spazio di tempo sufficientemente ampio.
Nel caso delle vocazioni al presbiterato, esso viene a coincidere e ad armonizzarsi con
uno specifico programma di studi, come parte di un più ampio percorso formativo.”
• VC 67: e la formazione missionaria: “Per questo, durante il periodo della formazione
iniziale, negli Istituti di vita consacrata sarà utile procedere ad esperienze concrete e
prudentemente accompagnate dal formatore o dalla formatrice, per esercitare, in dialogo
con la cultura circostante, le attitudini apostoliche, le capacità di adattamento, lo spirito
di iniziativa.”
• VC 68: Si raccomanda un periodo esplicitamente formativo fino alla professione
perpetua…
VFC 24: “La formazione iniziale deve allora condurre anche ad una presa di coscienza dei
sacrifici richiesti dal vivere in comunità, ad una loro accettazione in vista di una relazione
gioiosa e veramente fraterna e a tutti gli altri atteggiamenti tipici di un uomo interiormente
libero. Perché quando ci si perde per i fratelli, si ritrova sé stessi.”
o RC 18: “Le nuove vocazioni che bussano alle porte della vita consacrata presentano profonde diversità e
necessitano di attenzioni personali e metodologie adatte ad assumere la loro concreta situazione umana,
spirituale e culturale. Per questo è necessario mettere in atto un discernimento sereno, libero dalle
tentazioni del numero o dell'efficienza, per verificare, alla luce della fede e delle possibili
controindicazioni, la veridicità della vocazione e la rettitudine delle intenzioni. I giovani hanno bisogno
di essere stimolati agli ideali alti della sequela radicale di Cristo e alle esigenze profonde della santità, in
vista di una vocazione, che li supera e forse va al di là del progetto iniziale che li ha spinti ad entrare in
un determinato Istituto. La formazione, perciò, dovrà avere le caratteristiche dell'iniziazione alla sequela
radicale di Cristo. Dal momento che il fine della vita consacrata consiste nella configurazione al Signore
Gesù, è necessario mettere in atto un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo
verso il Padre. Ciò aiuterà ad integrare conoscenze teologiche, umanistiche e tecniche con la vita
spirituale e apostolica dell'Istituto e conserverà sempre la caratteristica di scuola di santità.” Le sfide più
impegnative che la formazione si trova ad affrontare provengono dai valori che dominano la cultura
globalizzata dei nostri giorni. L'annuncio cristiano della vita come vocazione, sgorgata, cioè, da un
progetto d'amore del Padre e bisognosa di un incontro personale e salvifico con Cristo nella Chiesa, si
deve confrontare con concezioni e progetti dominati da culture e storie sociali estremamente
diversificate. C'è il rischio che le scelte soggettive, i progetti individuali e gli orientamenti locali
prendano il sopravvento sulla regola, lo stile di vita comunitaria e il progetto apostolico dell'Istituto. È
necessario mettere in atto un dialogo formativo capace di accogliere le caratteristiche umane, sociali e
spirituali di cui ognuno è portatore, di discernere in esse i limiti umani che chiedono il superamento, e le
provocazioni dello Spirito, che possono rinnovare la vita del singolo e dell'Istituto. In un tempo di
profonde trasformazioni, la formazione dovrà essere attenta a radicare nel cuore dei giovani consacrati i
valori umani, spirituali e carismatici necessari per renderli idonei ad attuare una «fedeltà creativa», nel
solco della tradizione spirituale e apostolica dell'Istituto”.
o RC 18: l’interculturalità formativa: “L'interculturalità, le differenze di età e la diversa progettualità
caratterizzano sempre di più gli Istituti di vita consacrata. La formazione dovrà educare al dialogo
comunitario nella cordialità e nella carità di Cristo, insegnando ad accogliere le diversità come ricchezza
e a integrare i diversi modi di vedere e sentire. Così la ricerca costante dell'unità nella carità diventerà
scuola di comunione per le comunità cristiane e proposta di fraterna convivenza tra i popoli. Particolare
attenzione dovrà essere data poi ad una formazione culturale al passo con i tempi e in dialogo con le
ricerche di senso dell'uomo d'oggi. Per questo si domanda una maggiore preparazione nel campo
filosofico, teologico, psico-pedagogico e un orientamento più profondo alla vita spirituale, modelli più
adeguati nel rispetto delle culture in cui nascono le nuove vocazioni, itinerari ben definiti per la
formazione permanente …”
• PdV 42: attenzione alla terminologia… si parla di “seminario” per il clero diocesano e, in modo
“analogo”, di “casa” di formazione per i religiosi (cfr. anche n. 60): “Sono state, e in parte lo sono
tuttora, molto diverse le forme concrete secondo cui la Chiesa si è impegnata nella pastorale vocazionale,
destinata non solo a discernere ma anche ad « accompagnare » le vocazioni al sacerdozio. Ma lo spirito,
che le deve animare e sostenere, rimane identico: quello di portare al sacerdozio solo coloro che sono
stati chiamati e di portarli adeguatamente formati, ossia con una risposta cosciente e libera di adesione e
di coinvolgimento di tutta la loro persona a Gesù Cristo che chiama all'intimità di vita con lui e alla
condivisione della sua missione di salvezza. In questo senso il seminario nelle sue diverse forme e in
modo analogo la « casa » di formazione dei sacerdoti religiosi, prima che essere un luogo, uno spazio
materiale, rappresenta uno spazio spirituale, un itinerario di vita, un'atmosfera che favorisce ed assicura
un processo formativo così che colui che è chiamato da Dio al sacerdozio possa divenire, con il
sacramento dell'Ordine, un'immagine vivente di Gesù Cristo Capo e Pastore della Chiesa.”
o PdV 43 ss.: le dimensioni della formazione sacerdotale: umana, spirituale, intellettuale, pastorale.
o PdV 43: una “adeguata formazione umana”: “Non solo, dunque, per una giusta e doverosa maturazione
e realizzazione di sé, ma anche in vista del ministero i futuri presbiteri devono coltivare una serie di
qualità umane necessarie alla costruzione di personalità equilibrate, forti e libere, capaci di portare il
peso delle responsabilità pastorali. Occorre allora l'educazione all'amore per la verità, alla lealtà, al
rispetto per ogni persona, al senso della giustizia, alla fedeltà alla parola data, alla vera compassione, alla
coerenza e, in particolare, all'equilibrio di giudizio e di comportamento (…) Di particolare importanza è
la capacità di relazione con gli altri, elemento veramente essenziale per chi è chiamato ad essere
responsabile di una comunità e ad essere « uomo di comunione ». Questo esige che il sacerdote non sia
né arrogante né litigioso, ma sia affabile, ospitale, sincero nelle parole e nel cuore,284 prudente e
discreto, generoso e disponibile al servizio, capace di offrire personalmente, e di suscitar in tutti, rapporti
schietti e fraterni, pronto a comprendere, perdonare e consolare (…) In questo contesto si inserisce, come
momento qualificante e decisivo, la formazione del candidato al sacerdozio alla maturità affettiva, quale
esito dell'educazione all'amore vero e responsabile”.
o PdV 44: la maturazione affettiva: “La maturazione affettiva suppone la consapevolezza della centralità
dell'amore nell'esistenza umana (..) Si tratta di un amore che coinvolge l'intera persona, nelle sue
dimensioni e componenti fisiche, psichiche e spirituali, e che si esprime nel « significato sponsale » del
corpo umano, grazie al quale la persona dona se stessa all'altra e la accoglie. Alla comprensione e alla
realizzazione di questa « verità » dell'amore umano tende l'educazione sessuale rettamente intesa. Si
deve, infatti, registrare una situazione sociale e culturale diffusa « che "banalizza" in larga parte la
sessualità umana, perché la interpreta e la vive in modo riduttivo e impoverito, collegandola unicamente
al corpo e al piacere egoistico ». Spesso le stesse situazioni familiari, dalle quali provengono le vocazioni
sacerdotali, presentano al riguardo non poche carenze e talvolta anche gravi squilibri. In un simile
contesto si fa più difficile, ma diventa più urgente, un'educazione alla sessualità che sia veramente e
pienamente personale e che, pertanto, faccia posto alla stima e all'amore per la castità, quale « virtù che
sviluppa l'autentica maturità della persona e la rende capace di rispettare e di promuovere il "significato
sponsale" del corpo ». Ora l'educazione all'amore responsabile e la maturazione affettiva della persona
risultano del tutto necessarie per chi, come il presbitero, è chiamato al celibato, ossia ad offrire, con la
grazia dello Spirito e con la libera risposta della propria volontà, la totalità del suo amore e della sua
sollecitudine a Gesù Cristo e alla Chiesa. In vista dell'impegno celibatario la maturità affettiva deve saper
includere, all'interno di rapporti umani di serena amicizia e di profonda fraternità, un grande amore, vivo
e personale, nei riguardi di Gesù Cristo (…) Poiché il carisma del celibato, anche quando è autentico e
provato, lascia intatte le inclinazioni dell'affettività e le pulsioni dell'istinto, i candidati al sacerdozio
hanno bisogno di una maturità affettiva capace di prudenza, di rinuncia a tutto ciò che può insidiarla, di
vigilanza sul corpo e sullo spirito, di stima e di rispetto nelle relazioni interpersonali con uomini e donne.
Un aiuto prezioso può essere dato da un'adeguata educazione alla vera amicizia, ad immagine dei vincoli
di fraterno affetto che Cristo stesso ha vissuto nella sua esistenza. La maturità umana, e quella affettiva
in particolare, esigono una formazione limpida e forte ad una libertà che si configura come obbedienza
convinta e cordiale alla « verità » del proprio essere, al « significato » del proprio esistere, ossia al «
dono sincero di sé » quale via e fondamentale contenuto dell'autentica realizzazione di sé. Così intesa, la
libertà esige che la persona sia veramente padrona di sé stessa, decisa a combattere e a superare le
diverse forme di egoismo e di individualismo che insidiano la vita di ciascuno, pronta ad aprirsi agli altri,
generosa nella dedizione e nel servizio al prossimo (…) Intimamente congiunta con la formazione alla
libertà responsabile è l'educazione della coscienza morale: questa, mentre sollecita dall'intimo del
proprio « io » l'obbedienza alle obbligazioni morali, rivela il significato profondo di tale obbedienza,
quello di essere una risposta cosciente e libera, e dunque per amore, alle richieste di Dio e del suo
amore.”
o PdV 45: formazione spirituale: “…per ogni presbitero la formazione spirituale costituisce il cuore che
unifica e vivifica il suo essere prete e il suo fare il prete. In tal senso, i Padri del Sinodo affermano che «
senza la formazione spirituale la formazione pastorale procederebbe senza fondamento » e che la
formazione spirituale costituisce « come l'elemento di massima importanza nell'educazione sacerdotale
». Il contenuto essenziale della formazione spirituale in un preciso itinerario verso il sacerdozio è bene
espresso dal decreto conciliare « Optatam Totius »”
o PdV 46: alcuni valori ed esigenze del cammino spirituale: « vivere intimamente uniti » a Gesù Cristo; la
ricerca di Gesù …
o PdV 47: … la lettura meditata e orante della Parola di Dio (lectio divina), conoscere e a sperimentare il
senso autentico della preghiera cristiana; il silenzio…
o PdV 48: … l'Eucaristia, l'educazione liturgica, la bellezza e la gioia del Sacramento della Penitenza…
o PdV 49: … cercare Cristo negli uomini; l'educazione all'obbedienza, al celibato e alla povertà.
o PdV 51: formazione intellettuale
o PdV 52: lo studio della filosofia. “Per una più profonda comprensione dell'uomo e dei fenomeni e delle
linee evolutive della società, in ordine all'esercizio il più possibile « incarnato » del ministero pastorale,
di non poca utilità possono essere le cosiddette « scienze dell'uomo », come la sociologia, la psicologia,
la pedagogia, la scienza dell'economia e della politica, la scienza della comunicazione sociale.” Ma
specialmente lo studio della sacra doctrina, della teologia.
o PdV 55: alcuni problemi: “La formazione teologica attuale deve prestare attenzione ad alcuni problemi
che non poche volte sollevano difficoltà, tensioni, confusioni all'interno della vita della Chiesa. Si pensi
al rapporto tra i pronunciamenti del Magistero e le discussioni teologiche, un rapporto che non sempre
si configura come dovrebbe essere, all'insegna cioè della collaborazione (…) Un altro problema,
avvertito soprattutto là dove gli studi seminaristici sono affidati ad istituzioni accademiche, riguarda il
rapporto tra il rigore scientifico della teologia e la sua destinazione pastorale, e pertanto la natura
pastorale della teologia (…) Un ulteriore problema è dato dall'esigenza, oggi fortemente sentita,
dell'evangelizzazione delle culture e dell'inculturazione del messaggio della fede”.
o PdV 56: la serietà degli studi: “È necessario contrastare con decisione la tendenza a ridurre la serietà e
l'impegno degli studi, che si manifesta in alcuni contesti ecclesiali, come conseguenza anche di una
preparazione di base insufficiente e lacunosa degli alunni che iniziano il curricolo filosofico e teologico.
È la stessa situazione contemporanea ad esigere sempre più dei maestri che siano veramente all'altezza
della complessità dei tempi e siano in grado di affrontare, con competenza e con chiarezza e profondità
di argomentazioni, le domande di senso degli uomini d'oggi, alle quali solo il Vangelo di Gesù Cristo dà
la piena e definitiva risposta”.
o PdV 57: finalità pastorale della formazione: “Il testo conciliare insiste sulla profonda coordinazione che
esiste tra i diversi aspetti della formazione umana, spirituale, intellettuale e, nello stesso tempo, sulla loro
specifica finalizzazione pastorale. In tal senso il fine pastorale assicura alla formazione umana, spirituale
e intellettuale determinati contenuti e precise caratteristiche, così come unifica e specifica l'intera
formazione dei futuri sacerdoti”.
o PdV 58-59: formazione pastorale: “Poiché l'azione pastorale è destinata per sua natura ad animare la
Chiesa, che è essenzialmente « mistero », « comunione », « missione », la formazione pastorale dovrà
conoscere e vivere queste dimensioni ecclesiali nell'esercizio del ministero”.
o PdV 60 ss.: gli ambienti della formazione sacerdotale
o PdV 65-69: i protagonisti della formazione sacerdotale: la Chiesa, lo S. Santo (protagonista per
antonomasia), il Vescovo, i diversi formatori (rettore, direttore spirituale, superiore, professori), i fedeli
laici, la famiglia, la comunità parrocchiale, le associazione e i movimenti giovanili, e lo stesso candidato:
“lo stesso candidato al sacerdozio deve dirsi protagonista necessario e insostituibile della sua
formazione: ogni formazione, anche quella sacerdotale, è ultimamente un'autoformazione. Nessuno,
infatti, può sostituirci nella libertà responsabile che abbiamo come singole persone”.
o RC 16: “Uno dei primi frutti di un cammino di formazione permanente è la capacità quotidiana di vivere
la vocazione come dono sempre nuovo da accogliere con cuore grato. Un dono a cui rispondere con un
atteggiamento sempre più responsabile, da testimoniare con maggior convinzione e capacità di contagio
perché anche gli altri possano sentirsi chiamati da Dio in quella vocazione particolare o per altre strade.
Il consacrato è, per sua natura, anche animatore vocazionale; chi è chiamato, infatti, non può non
divenire chiamante. C'è dunque un legame naturale tra formazione permanente e animazione
vocazionale. Il servizio alle vocazioni è una delle ulteriori nuove e più impegnative sfide che la vita
consacrata si trova oggi ad affrontare. Da un lato la globalizzazione della cultura e la complessità delle
relazioni sociali rendono difficili le scelte di vita radicali e durature; dall'altro il mondo vive una
crescente esperienza di sofferenze materiali e morali che minano la dignità stessa dell'essere umano e
chiedono, con tacita invocazione, chi annunci con forza un messaggio di pace e di speranza, chi porti la
salvezza di Cristo (…) Il primo impegno della pastorale vocazionale resta sempre la preghiera (…) La
via maestra della promozione vocazionale alla vita consacrata è quella che il Signore stesso ha iniziato,
quando ha detto agli apostoli Giovanni ed Andrea: « Venite e vedrete» (Gv 1, 39). Questo incontro,
accompagnato dalla condivisione della vita, chiede alle persone consacrate di vivere profondamente la
loro consacrazione per diventare un segno visibile della gioia che Dio dona a chi ascolta la sua chiamata.
Di qui la necessità di comunità accoglienti e capaci di condividere il loro ideale di vita con i giovani,
lasciandosi interpellare dalle esigenze di autenticità, pronte a camminare con loro. Ambiente privilegiato
per questo annuncio vocazionale è la Chiesa locale”.
o RC 17: “La cura delle vocazioni è un compito cruciale per l'avvenire della vita consacrata. La
diminuzione delle vocazioni particolarmente nel mondo occidentale e la loro crescita in Asia e in Africa
sta disegnando una nuova geografia della presenza della vita consacrata nella Chiesa e nuovi equilibri
culturali nella vita degli Istituti (…) La pastorale delle vocazioni richiede di sviluppare nuove e più
profonde capacità di incontro; di offrire con la testimonianza della vita caratteristici itinerari di sequela
di Cristo e di santità; di annunciare, con forza e chiarezza, la libertà che sgorga da una vita povera, che
ha come unico tesoro il Regno di Dio; la profondità dell'amore di un'esistenza casta, che vuol avere un
solo cuore: quello di Cristo; la forza di santificazione e rinnovamento racchiusa in una vita obbediente,
che ha un unico orizzonte: dare compimento alla volontà di Dio per la salvezza del mondo. Oggi la
promozione delle vocazioni è un compito che non può essere delegato in maniera esclusiva ad alcuni
specialisti, né separato da una vera e propria pastorale giovanile che fa sentire soprattutto l'amore
concreto di Cristo verso i giovani. Ogni comunità e tutti i membri dell'Istituto sono chiamati a farsi
carico nel contatto con i giovani, di una pedagogia evangelica della sequela di Cristo e della trasmissione
del carisma; i giovani attendono chi sappia proporre stili di vita autenticamente evangelici e cammini di
iniziazione ai grandi valori spirituali della vita umana e cristiana. Sono quindi le persone consacrate che
devono riscoprire l'arte pedagogica di suscitare e liberare le domande profonde, troppo spesso nascoste
nel cuore della persona, dei giovani in particolare. Esse, accompagnando il cammino di discernimento
vocazionale, saranno provocate a mostrare la sorgente della loro identità. Comunicare la propria
esperienza di vita è sempre un farne memoria ed un rivedere quella luce che ha guidato la personale
scelta vocazionale”
NVNE 6: “… non c'è nulla di più esaltante d'una testimonianza così appassionata della propria
vocazione da saperla rendere contagiosa. Nulla è più logico e coerente d'una vocazione che
genera altre vocazioni e vi rende a pieno titolo « padri » e « madri » (…) la cosiddetta crisi
vocazionale è prima di tutto legata alla latitanza di qualche testimone che rende debole il
messaggio. In una Chiesa tutta vocazionale, tutti sono animatori vocazionali”.
NVNE 8: “O la pastorale vocazionale è mistagogica, e dunque parte e riparte dal Mistero (di
Dio) per ricondurre al mistero (dell'uomo), o non è”.
NVNE 11: “…in Occidente è indispensabile una diversa attenzione. Ci si deve interrogare
sulla reale consistenza teologica e sulla linearità applicativa di certi progetti vocazionali, sul
concetto di vocazione che ne è alla base e sul tipo di vocazioni che ne derivano”.
NVNE 13c.: pastorale delle vocazioni: il “salto di qualità”
NVNE 19d.: “La crisi vocazionale dei chiamati è anche crisi, oggi, dei chiamanti, a volte
latitanti e poco coraggiosi”.
NVNE 25 (tutto il numero): aspetti teologici della pastorale vocazionale…
NVNE 26 (tutto il numero): principi generali della pastorale vocazionale: a) La pastorale
vocazionale è la prospettiva originaria della pastorale generale; b) La pastorale vocazionale è
la vocazione della pastorale oggi; c) La pastorale vocazionale è graduale e convergente; d) La
pastorale vocazionale è generica e specifica; e) La pastorale vocazionale è universale e
permanente; f) La pastorale vocazionale è personale e comunitaria; g) La pastorale
vocazionale è la prospettiva unitario-sintetica della pastorale
NVNE 27 (tutto il numero): itinerari pastorali vocazionali: a) La liturgia e la preghiera; b) La
comunione ecclesiale; c) Il servizio della carità; d) La testimonianza-annuncio del Vangelo
NVNE 28 (tutto il numero): dagli itinerari pastorali alla chiamata personale: “Sarà allora
importante che l'educatore vocazionale provochi nel senso d'un impegno che non sia su misura
dei gusti del giovane, ma sulla misura oggettiva dell'esperienza di fede, la quale non può, per
definizione, esser qualcosa di addomesticabile. È solo il rispetto di questa misura oggettiva che
può lasciar intravedere la propria misura soggettiva. L'oggettività, in tal senso, precede la
soggettività, e il giovane deve imparare a darle la precedenza, se vuole davvero scoprire se
stesso e quello che è chiamato a essere. Ovvero, deve prima realizzare ciò che è richiesto a tutti
se ci tiene a essere se stesso. Non solo, ma ciò che è oggettivo, regolato sulla base d'una norma e
d'una tradizione e mirante a un obiettivo preciso che trascende la soggettività, ha una notevole
forza di attrazione e di trazione vocazionale. Naturalmente l'esperienza oggettiva dovrà pure
divenire soggettiva, o esser riconosciuta dall'individuo come sua. Sempre tuttavia a partire da
una fonte o da una verità che non è il soggetto a determinare e che s'avvale della ricca tradizione
della fede cristiana. In definitiva « la pastorale vocazionale ha le tappe fondamentali di un
itinerario di fede ». E anche questo sta a dire la gradualità e poi la convergenza della pastorale
vocazionale”.
NVNE 29 (tutto il numero): dagli itinerari alle comunità cristiane: a) La comunità parrocchiale;
b) I « luoghi-segno » della vita-vocazione; c) I luoghi pedagogici della fede; d) Figure di
formatori e di formatrici; e) Gli organismi della pastorale vocazionale
PdV 31 ss.: la vocazione sacerdotale nella pastorale della Chiesa: “…vieni e seguimi. È sollecitata a
decifrare e a percorrere il dinamismo proprio della vocazione, il suo svilupparsi graduale e concreto nelle
fasi del cercare Gesù, del seguirlo e del rimanere con lui. La Chiesa coglie in questo « Vangelo della
vocazione » il paradigma, la forza e l'impulso della sua pastorale vocazionale, ossia della sua missione
destinata a curare la nascita, il discernimento e l'accompagnamento delle vocazioni, in particolare delle
vocazioni al sacerdozio (…) Sì, la dimensione vocazionale è connaturale ed essenziale alla pastorale
della Chiesa”.
PdV 36: “La storia di ogni vocazione sacerdotale, come peraltro di ogni vocazione cristiana, è la storia di
un ineffabile dialogo tra Dio e l'uomo, tra l'amore di Dio che chiama e la libertà dell'uomo che
nell'amore risponde a Dio. Questi due aspetti indissociabili della vocazione, il dono gratuito di Dio e la
libertà responsabile dell'uomo, emergono in modo splendido e quanto mai efficace nelle brevissime
parole con le quali l'evangelista Marco presenta la vocazione dei dodici: Gesù « salì poi sul monte,
chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da lui ». Da un lato sta la decisione assolutamente libera di
Gesù, dall'altro l'« andare » dei dodici, ossia il loro « seguire » Gesù.” (…) Ma del tutto prioritario, anzi
preveniente e decisivo è l'intervento libero e gratuito di Dio che chiama. Sua è l'iniziativa del chiamare
(…) La libertà, dunque, è essenziale alla vocazione, una libertà che nella risposta positiva si qualifica
come adesione personale profonda, come donazione d'amore, o meglio come ri-donazione al Donatore
che è Dio che chiama, come oblazione. « La chiamata — diceva Paolo VI — si commisura con la
risposta. Non vi possono essere vocazioni, se non libere; se esse non sono cioè offerte spontanee di sé,
coscienti, generose, totali... Oblazioni, diciamo: qui sta praticamente il vero problema... È la voce umile
e penetrante di Cristo, che dice, oggi come ieri, più di ieri: vieni. La libertà è posta al suo supremo
cimento: quello appunto dell'oblazione, della generosità, del sacrificio »”.
PdV 38: “La Chiesa, nella sua dignità e responsabilità di popolo sacerdotale, ha nella preghiera e nella
celebrazione della liturgia i momenti essenziali e primari della pastorale vocazionale”.
PdV 40: la direzione/accompagnamento spirituale personale nella pastorale vocazionale
PdV 41: responsabilità di tutti: “… tutti i membri della Chiesa, nessuno escluso, hanno la grazia e la
responsabilità della cura delle vocazioni”, cominciando dal Vescovo, i sacerdoti, la famiglia, la scuola, i
fedeli laici, gruppi, movimenti, associazioni di fedeli laici
PdV 63-64: circa il “seminario minore” (in chiave diocesana)…: “La loro proposta educativa tende a
favorire in modo tempestivo e graduale quella formazione umana, culturale e spirituale che condurrà il
giovane a intraprendere il cammino nel Seminario Maggiore con una base adeguata e solida”
PdV 64: “vocazioni adulte”: “Non è sempre possibile, e spesso non è neppure conveniente, invitare gli
adulti a seguire l'itinerario educativo del Seminario Maggiore. Si deve piuttosto provvedere, dopo un
accurato discernimento dell'autenticità di queste vocazioni, a programmare una qualche forma specifica
di accompagnamento formativo così da assicurare, mediante opportuni adattamenti, la necessaria
formazione spirituale e intellettuale”.
7.3. Postulato
PI 42: “… si può dire che la diagnosi della Renovationis causam 1 conserva tutta la sua
attualità: «La maggior parte delle difficoltà incontrate ai nostri giorni nella formazione dei
novizi derivano dal fatto che essi, al momento della loro ammissione al noviziato, non
possedevano quel minimo di maturità necessaria (…) Il poter giudicare su tale capacità
giustifica che si diano il tempo e i mezzi per giungervi. Questo è lo scopo della tappa
preparatoria al noviziato, qualunque sia il nome che le si dia: postulato, prenoviziato, ecc. Spetta
unicamente al diritto proprio degli istituti precisarne le modalità di esecuzione ma, comunque
sia, "nessuno può essere ammesso senza una adeguata preparazione»”
PI 43: “… questa tappa preparatoria, che non bisogna temere di prolungare, dovrà applicarsi a
verificare e a chiarire alcuni punti che permettano ai superiori di pronunciarsi sull'opportunità
e il momento dell'ammissione al noviziato. Si baderà a non precipitare la data di questa
ammissione né a differirla indebitamene, purché si giunga a un giudizio certo sulle garanzie
offerte dalla persona dei candidati.” Stabilire le condizioni per l’ammissione al noviziato, tra
cui: il grado di maturità umana e cristiana, la cultura generale di base; “l'equilibrio
dell'affettività, particolarmente l'equilibrio sessuale, che suppone l'accettazione dell'altro, uomo
o donna, nel rispetto della sua differenza. Sarà bene ricorrere ad un esame psicologico,
rispettando il diritto di ciascuno a preservare la propria intimità”; la capacità di vivere in
comunità sotto l'autorità dei superiori.
PI 44: le diverse forme possibili di realizzazione…: “Uno o più religiosi provvisti della
necessaria qualifica, saranno designati dai superiori a seguire i candidati e a discernere la loro
vocazione. Collaboreranno attivamente con il maestro o la maestra dei novizi”
7.4. Noviziato
PI 45: scopo: “« Il noviziato, con il quale si inizia la vita nell'istituto, è ordinato a far sì che i
novizi possano prendere meglio coscienza della vocazione divina, quale è propria dell'istituto,
sperimentarne lo stile di vita, formarsi mente e cuore secondo il suo spirito; e al tempo tesso
siano verificate le loro intenzioni e la loro idoneità” (…) un tempo di iniziazione integrale alla
forma di vita che il Figlio di Dio ha abbracciato ed ha proposto a noi nel Vangelo ».
PI 46: contenuto del noviziato: “« I novizi devono essere aiutati a coltivare le virtù umane e
cristiane; introdotti in un più impegnativo cammino di perfezione, mediante l'orazione e il
rinnegamento di sé; guidati alla contemplazione del mistero della salvezza e alla lettura e
meditazione delle sacre Scritture; preparati a rendere culto a Dio nella sacra liturgia; formati alle
esigenze della vita consacrata a Dio e agli uomini in Cristo, attraverso la pratica dei consigli
evangelici; informati infine sull'indole e lo spirito, la finalità e la disciplina, la storia e la vita
dell'istituto, ed educati all'amore verso la Chiesa ed i suoi sacri Pastori»”.
PI 47: altri contenuti specifici del noviziato… “Il programma di formazione del noviziato deve
essere stabilito dal diritto proprio (…) È sconsigliabile che il noviziato sia trascorso in un luogo
estraneo alla cultura e alla lingua di origine dei novizi…”
PI 49: alcune condizioni da osservare nell’ammissione al noviziato… per la liceità e validità
PI 51: il maestro e i suoi collaboratori: “La direzione dei novizi è riservata solo al maestro dei
novizi sotto l'autorità dei suoi superiori maggiori. Egli dovrà essere liberato da tutti gli altri
impegni che gli impedirebbero di compiere pienamente il suo incarico di educatore. Se ha dei
collaboratori, essi dipendono da lui per ciò che riguarda il programma di formazione e la
direzione del noviziato. Essi hanno con lui una parte importante nel discernimento e nella
decisione (…) Il maestro dei novizi è l'accompagnatore spirituale chiamato a questo scopo per
tutti e per ciascuno dei novizi. Il noviziato è il luogo del suo ministero, e per conseguenza quello
di una permanente disponibilità accanto a coloro che gli sono affidati. Egli non potrà facilmente
adempiere al suo compito se i novizi non danno prova nei suoi riguardi di un'apertura libera e
completa. Tuttavia, né lui né il suo aiutante, negli istituti clericali, possono ascoltare le
confessioni sacramentali dei novizi, a meno che in casi particolari essi non lo chiedano
spontaneamente”.
PI 54: la professione religiosa: “Durante la celebrazione liturgica, la Chiesa riceve, attraverso i
legittimi superiori, i voti di coloro che emettono la professione, ed associa la loro oblazione al
sacrificio eucaristico”.
PI 55: “La qualità di una persona si può giudicare dalla natura dei suoi vincoli”
7.5. Postnoviziato
• VC 65: “E chiaro che, proprio per il suo tendere alla trasformazione di tutta la persona,
l'impegno formativo non cessa mai.”
• VC 69 (tutto il numero): “La formazione permanente (…) è un'esigenza intrinseca alla
consacrazione religiosa. Il processo formativo, come s'è detto, non si riduce alla sua fase
iniziale, giacché, per i limiti umani, la persona consacrata non potrà mai ritenere di aver
completato la gestazione di quell'uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni
circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Cristo. La formazione iniziale deve,
pertanto, saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi
formare in ogni giorno della vita sarà molto importante, di conseguenza, che ogni Istituto
preveda, come parte della ratio institutionis , la definizione, per quanto possibile precisa
e sistematica, di un progetto di formazione permanente, il cui scopo primario sia quello
di accompagnare ogni persona consacrata con un programma esteso all'intera esistenza.
Nessuno può esimersi dall'applicarsi alla propria crescita umana e religiosa; così come
nessuno può presumere di sé e gestire la propria vita con autosufficienza. Nessuna fase
della vita può considerarsi tanto sicura e fervorosa da escludere l'opportunità di
specifiche attenzioni per garantire la perseveranza nella fedeltà, così come non esiste età
che possa vedere esaurita la maturazione della persona”
• VC 70: le diverse fasi nella formazione permanente (tutto il numero) e i suoi rischi.
• VC 71: le diverse dimensioni della formazione permanente (tutto il numero): “Se
soggetto della formazione è la persona in ogni fase della vita, termine della formazione è
la totalità dell'essere umano, chiamato a cercare e amare Dio «con tutto il cuore, con
tutta l'anima e con tutte le forze» (Dt 6, 5) e il prossimo come se stesso (cfr Lv 19, 18; Mt
22, 37-39). L'amore a Dio e ai fratelli è dinamismo potente che può costantemente
ispirare il cammino di crescita e di fedeltà. La vita nello Spirito ha un suo ovvio
primato.” Inoltre: la dimensione umana e fraterna, apostolica, culturale e professionale,
carismatica
• VC 72 (tutto il numero) (cfr. anche 73 ss.): la missione… “La missione, infatti, prima di
caratterizzarsi per le opere esteriori, si esplica nel rendere presente al mondo Cristo
stesso mediante la testimonianza personale. E questa la sfida, questo il compito primario
della vita consacrata! Più ci si lascia conformare a Cristo, più lo si rende presente e
operante nel mondo per la salvezza degli uomini. Si può allora dire che la persona
consacrata è «in missione» in virtù della sua stessa consacrazione, testimoniata secondo
il progetto del proprio Istituto (…) La vita religiosa, inoltre, partecipa alla missione di
Cristo con un altro elemento peculiare e proprio: la vita fraterna in comunità per la
missione. La vita religiosa sarà perciò tanto più apostolica quanto più intima ne sarà la
dedizione al Signore Gesù, più fraterna la forma comunitaria di esistenza, più ardente il
coinvolgimento nella missione specifica dell'Istituto”
• VC 76: “Il contributo specifico di consacrati e consacrate alla evangelizzazione sta
innanzitutto nella testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, a
imitazione del Salvatore che, per amore dell'uomo, si è fatto servo.”
• VC 79 ss.: annunzio evangelico e inculturazione; l’inculturazione della VC; la nuova
evangelizzazione; la predilezione per i poveri e la promozione della giustizia; il
profetismo della VC; le grande sfide della VC.
• VC 96 ss. Alcuni areopaghi della missione.
VFC 24: “E' bene preparare fin dall'inizio ad essere costruttori e non solo consumatori di
comunità, ad essere responsabili l'uno della crescita dell'altro come pure ad essere aperti e
disponibili a ricevere l'uno il dono dell'altro, capaci d'aiutare ed essere aiutati, di sostituire ed
essere sostituiti”.
VFC 43: la vita fraterna luogo di formazione permanente: Una delle finalità di tali iniziative è
di formare comunità mature, evangeliche, fraterne, capaci di continuare la formazione
permanente nel quotidiano. La comunità religiosa infatti è il luogo ove i grandi orientamenti
diventano operativi, grazie alla paziente e tenace mediazione quotidiana. La comunità religiosa
è la sede e l'ambiente naturale del processo di crescita di tutti, ove ognuno diviene
corresponsabile della crescita dell'altro. La comunità religiosa inoltre è il luogo ove, giorno per
giorno, ci si aiuta a rispondere da persone consacrate portatrici di un comune carisma, alle
necessità degli ultimi e alle sfide della nuova società.
VFC 44-45: formazione permanente e la dimensione comunitaria dei consigli evangelici e il
carisma.
VFC 54: vita fraterna e missione: “E' necessario ricordare a tutti che la comunione fraterna, in
quanto tale, è già apostolato, contribuisce cioè direttamente all'opera di evangelizzazione. Il
segno per eccellenza lasciato dal Signore è infatti quello della fraternità vissuta: "Da questo tutti
sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35) (…) Per
questo "tutta la fecondità della vita religiosa dipende dalla qualità della vita fraterna in
comune"”
VFC 55: “Senza essere il "tutto" della missione della comunità religiosa, la vita fraterna ne è
un elemento essenziale. La vita fraterna è altrettanto importante quanto l'azione apostolica. Non
si possono allora invocare le necessità del servizio apostolico, per ammettere o giustificare una
carente vita comunitaria. L'attività dei religiosi deve essere attività di persone che vivono in
comune e che informano di spirito comunitario il loro agire, che tendono a diffondere lo spirito
fraterno con la parola, l'azione, l'esempio”
VFC 57: “La qualità della vita fraterna ha una forte incidenza anche sulla perseveranza dei
singoli religiosi”.
PI 66: “«Per tutta la vita, i religiosi proseguono assiduamente la propria formazione spirituale,
dottrinale e pratica; i superiori poi procurino loro i mezzi e il tempo necessari» «Ogni istituto
religioso, quindi, ha il dovere di progettare e di realizzare un programma di formazione
permanente adeguato per tutti i suoi membri. Un programma che tenda non soltanto alla
formazione dell'intelligenza, ma anche di tutta la persona, principalmente nella sua missione
spirituale, affinché ogni religioso possa vivere in tutta la sua pienezza la propria consacrazione a
Dio, nella missione specifica che la Chiesa gli affida»”.
PI 67: motivazione: “La formazione continua è motivata anzitutto dalla chiamata di Dio, il
quale chiama ciascuno dei suoi in ogni momento ed in nuove circostanze (…) La formazione
permanente esige che si presti un'attenzione particolare ai segni dello Spirito nel nostro tempo e
che ci si lasci sensibilizzare, per poter dare loro una risposta appropriata. Inoltre, la formazione
continua è un dato sociologico che, ai nostri giorni, riguarda tutti i rami dell'attività
professionale. Essa condiziona molto spesso la permanenza in una professione o il passaggio
obbligato da una professione ad un'altra”.
PI 68: contenuto… “La formazione continua è un processo globale di rinnovamento che si
estende a tutti gli aspetti della persona del religioso ed all'insieme dello stesso istituto. Essa si
deve svolgere tenendo conto che i suoi diversi aspetti sono inseparabili e che si influenzano
mutuamente nella vita di ogni religioso e di ogni comunità”.
PI 70: i tempi forti della formazione continua…: il passaggio tra formazione iniziale e
permanente; verso i 10 anni di professione perpetua; i momenti di forte crisi; al momento del
ritiro dell’azione
o RC 9: “la stessa vita consacrata, sotto l'azione dello Spirito Santo, diventa missione. Più i consacrati si lasciano
conformare a Cristo, più lo rendono presente e operante nella storia per la salvezza degli uomini.”
o RC 15: è interessante vedere che RC pone prima la FP (n. 15) e poi parla dell’animazione vocazionale (n. 16) e
dei percorsi formativi (n. 17)… “Se, infatti, la vita consacrata è in se stessa una «progressiva assimilazione dei
sentimenti di Cristo», sembra evidente che tale cammino non potrà che durare tutta l'esistenza, per coinvolgere tutta
la persona, cuore, mente e forze (cfr. Mt 22, 37), e renderla simile al Figlio che si dona al Padre per l'umanità. Così
concepita la formazione non è più solo tempo pedagogico di preparazione ai voti, ma rappresenta un modo
teologico di pensare la vita consacrata stessa, che è in sé formazione mai terminata «partecipazione all'azione del
Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore (...) i sentimenti del Figlio». Sarà allora importante che ogni
persona consacrata sia formata alla libertà d'imparare per tutta la vita, in ogni età e stagione, in ogni ambiente e
contesto umano, da ogni persona e da ogni cultura, per lasciarsi istruire da qualsiasi frammento di verità e bellezza
che trova attorno a sé. Ma soprattutto dovrà imparare a farsi formare dalla vita di ogni giorno, dalla sua propria
comunità e dai suoi fratelli e sorelle, dalle cose di sempre, ordinarie e straordinarie, dalla preghiera come dalla
fatica apostolica, nella gioia e nella sofferenza, fino al momento della morte. Decisivi diventano, allora, l'apertura
verso l'altro e l'alterità, e, in particolare, il rapporto con il tempo. Le persone in formazione continua si
riappropriano del tempo, non lo subiscono, lo accolgono come dono ed entrano con sapienza nei vari ritmi
(quotidiano, settimanale, mensile, annuale) della vita stessa, cercando la sintonia tra essi e il ritmo fissato da Dio
immutabile ed eterno, che segna i giorni, i secoli e il tempo. In modo del tutto particolare la persona consacrata
impara a lasciarsi plasmare dall'anno liturgico, alla cui scuola rivive progressivamente in sé i misteri della vita del
Figlio di Dio con i suoi stessi sentimenti, per ripartire da Cristo e dalla sua pasqua di morte e risurrezione ogni
giorno della vita”.
• VC 66 (tutto il numero): “Dio Padre, nel dono continuo di Cristo e dello Spirito, è il
formatore per eccellenza di chi si consacra a Lui. Ma in quest'opera Egli si serve della
mediazione umana, ponendo a fianco di colui che Egli chiama alcuni fratelli e sorelle
maggiori. La formazione è dunque partecipazione all'azione del Padre che, mediante lo
Spirito, plasma nel cuore dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio. I formatori e
le formatrici devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di Dio, per
essere in grado di accompagnare anche altri in questo itinerario”.
• VC 66: Il colloquio come strumento formativo privilegiato.
• VC 66: la formazione dei formatori idonei: “Sarà opportuno creare adeguate strutture
per la formazione dei formatori, possibilmente in luoghi dove sia consentito il contatto
con la cultura in cui sarà poi esercitato il proprio servizio pastorale”.
CIF 23: “Il servizio della formazione, autentico « ministero ecclesiale » (Paolo VI), è un'arte: « l'arte delle arti ».
Per i formatori e le formatrici comporta lo sforzo costante di conoscere la realtà giovanile, insieme con la capacità
pedagogica e spirituale di accompagnare e guidare i giovani e le giovani. Il loro servizio è una mediazione
qualificata da un preciso riferimento trinitario: « la formazione è partecipazione all'azione del Padre che, mediante
lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio ». Per esercitare tale « mediazione
partecipativa », « i formatori e le formatrici devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di Dio,
per essere in grado di accompagnare altri in questo itinerario. (...) « Nonostante i bisogni apostolici e la situazione
di urgenza in cui le Famiglie religiose operano, rimane prioritaria un'attenta cura nella scelta e nella preparazione
dei formatori e delle formatrici. Si tratta di uno dei ministeri più difficili e delicati... I giovani e le giovani hanno
soprattutto bisogno di maestri che siano per loro uomini di Dio, conoscitori rispettosi del cuore umano e delle vie
dello Spirito, capaci di rispondere alle loro esigenze di maggiore interiorità, di esperienza di Dio, di fraternità, e in
grado di iniziarli alla missione. Formatori che sappiano educare al discernimento, alla docilità e all'obbedienza, alla
lettura dei segni dei tempi e dei bisogni della gente, e a rispondervi con sollecitudine e audacia in piena comunione
ecclesiale »”.
CIF 24: Gli istituti “Essi offriranno loro programmi e opportunità che assicurino la necessaria formazione
teologica, pedagogica, spirituale e nelle scienze umane, come anche una precisa competenza relativa ai compiti da
svolgere lungo l'itinerario di formazione. I formatori devono essere esperti in modo particolare negli argomenti che
si riferiscono al patrimonio spirituale del Fondatore o della Fondatrice”.
o RC 18: “Dobbiamo essere altamente generosi per dedicare il tempo e le miglior energie alla formazione. Le
persone dei consacrati, infatti, sono fra i beni più preziosi della Chiesa. Senza di esse tutti i piani formativi ed
apostolici restano teoria, desideri inefficaci. Senza dimenticare che in un'epoca frettolosa come la nostra occorre
più che mai tempo, perseveranza e paziente attesa per raggiungere gli scopi formativi. In circostanze nelle quali
prevale la rapidità e la superficialità, abbiamo bisogno di serenità e profondità perché in realtà la persona si
costruisce molto lentamente”.
VC 24: Nelle situazioni difficili, “La loro fedeltà all'unico Amore si mostra e si tempra
nell'umiltà di una vita nascosta, nell'accettazione delle sofferenze per completare ciò che
nella propria carne «manca ai patimenti di Cristo» (Col 1, 24), nel sacrificio silenzioso,
nell'abbandono alla santa volontà di Dio, nella serena fedeltà anche di fronte al declino
delle forze e della propria autorevolezza. Dalla fedeltà a Dio scaturisce pure la dedizione
al prossimo, che le persone consacrate vivono non senza sacrificio nella costante
intercessione per le necessità dei fratelli, nel generoso servizio ai poveri e agli ammalati,
nella condivisione delle difficoltà altrui, nella sollecita partecipazione alle
preoccupazioni e alle prove della Chiesa”
VFC 63 ss.: alcune situazioni particolari…: inserimento negli ambienti popolari; piccole
comunità; religiosi che vivono da soli; nei territori di missione; la riorganizzazione delle opere;
religiosi anziani; rapporto con i laici