Cos’è la macroeconomia
La macroeconomia è la parte dell’economia politica che studia l’andamento complessivo di
un sistema economico. Si concentra sulle cosiddette grandezze aggregate: consumi, spesa
pubblica, produzione complessiva, prezzi e disoccupazione. L’obiettivo è comprendere come
l’economia cresca nel tempo e come affronti le fluttuazioni, cioè le fasi di crisi e ripresa.
Il Prodotto Interno Lordo (PIL)
Il PIL è uno degli indicatori fondamentali della macroeconomia. Misura il valore monetario di
tutti i beni e servizi finali prodotti in un Paese in un determinato periodo (generalmente un
anno). Si considerano solo i beni finali, cioè quelli destinati al consumo o all’investimento,
escludendo i beni intermedi, per evitare di contare due volte lo stesso valore.
Distinguiamo due tipi di PIL:
Il PIL nominale è calcolato a prezzi correnti (quelli dell’anno in corso), mentre il PIL reale è
calcolato a prezzi costanti, cioè depurato dagli effetti dell’inflazione.
Le fasi del ciclo economico
Il PIL non cresce in modo lineare. L’economia attraversa diverse fasi, note come ciclo
economico:
• Espansione: il PIL cresce più del trend di lungo periodo.
• Recessione: il PIL diminuisce.
• Ripresa: il PIL torna a salire, ma resta sotto i livelli precedenti alla crisi.
Un’altra variabile chiave è l’occupazione, percentuale della popolazione in età da lavoro che
effettivamente lavora. È strettamente legata al PIL: durante l’espansione l’occupazione
aumenta perché la produzione aumenta e si torna ad assumere, mentre in recessione
aumenta la disoccupazione, le imprese iniziano a licenziare o assumere meno.
Inflazione
L’inflazione è l’aumento generalizzato e prolungato dei prezzi e riduce il potere d’acquisto:
con la stessa somma di denaro si possono acquistare meno beni.
Solitamente cresce nelle fasi di espansione e rallenta nelle fasi di recessione.
Per misurare l’inflazione si utilizzano gli indici dei prezzi al consumo, calcolati ogni mese
dall’Istat: l’Istat osserva l’andamento dei prezzi di un insieme di beni e servizi che
rappresentano i consumi tipici delle famiglie. Questo insieme si chiama “paniere” e contiene
centinaia di prodotti (pane, benzina, smartphone, ecc.).
L’Istat calcola tre tipi di indici:
1. NIC: misura l’inflazione per tutte le famiglie italiane;
2. FOI: è l’indice dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati e viene usato per
aggiornare affitti, assegni familiari e pensioni;
3. IPCA: è l’indice armonizzato europeo ed è usato per confrontare l’inflazione tra i paesi
dell’Unione Europea.
Nel calcolo ogni prodotto nel paniere ha un peso diverso in base a quanto le famiglie lo
comprano. Se aumenta il prezzo di un bene molto acquistato, ha un impatto maggiore
sull’inflazione rispetto a un bene meno comune.
Tasso di interesse reale
Il tasso di interesse reale rappresenta il vero guadagno e si ottiene sottraendo il tasso di
inflazione da quello nominale. Se è negativo, i risparmiatori ci perdono, perché il denaro che
riscuotono vale meno. I debitori invece ci guadagnano, perché restituiscono una somma che
ha perso valore.
Offerta di moneta
L’offerta di moneta è la quantità totale di denaro presente in un’economia in un determinato
momento include il contante in circolazione e i depositi bancari.
L’offerta nominale di moneta è la quantità totale di denaro senza tener conto dell’inflazione,
mentre quella reale considera invece il valore effettivo del denaro, cioè quante cose puoi
comprarci, si calcola come offerta nominale diviso il livello dei prezzi. Ovviamente se i prezzi
aumentano, il valore della moneta reale diminuisce e viceversa.
Metodi di calcolo del PIL
Esistono tre metodi per calcolare il PIL, che portano allo stesso risultato:
1. Metodo della spesa aggregata: PIL = C + I + G + X. Somma tutti i consumi (spese delle
famiglie per beni durevoli, non durevoli e servizi), spesa pubblica (acquisti di beni e
servizi da parte dello Stato), gli investimenti (in impianti, attrezzature e immobili nuovi)
e le esportazioni nette (beni e servizi venduti all’estero);
2. Metodo del valore aggiunto: è la differenza tra il valore finale di un bene ed il costo
dei prodotti intermedi usati per produrlo;
3. Metodo del reddito: Somma di tutti i redditi generati nella produzione: salari,
interessi, profitti e rendite.
Flusso circolare del reddito
Il flusso circolare del reddito aiuta a comprendere come funziona l’economia e spiega come
la spesa di un soggetto diventi reddito per un altro.
Le famiglie offrono lavoro, terra e capitale alle imprese in cambio di redditi (stipendi, affitti,
interessi), che spendono poi per comprare beni e servizi prodotti dalle imprese, che così
possono continuare a produrre e pagare i fattori produttivi.
Bilancia commerciale
La bilancia commerciale rappresenta la forza economica di un paese e misura la differenza
tra esportazioni e importazioni:
• Se le esportazioni > importazioni → bilancia attiva (surplus), il paese sta vendendo più
prodotti all’estero di quanto ne stia comprando
• Se le importazioni > esportazioni → bilancia passiva (deficit)
Prodotto Nazionale Lordo (PNL)
Il PNL misura la ricchezza prodotta dai cittadini di un Paese, ovunque si trovino, anche
all’estero, quindi il valore complessivo di tutti i beni e servizi finali prodotti in un anno dai
residenti di un paese. Formula: PNL = PIL + redditi netti ricevuti dall’estero
Reddito disponibile reale
Dal PIL si ricavano altre grandezze:
• Reddito nazionale netto (RNN) = PIL – ammortamenti
• Reddito primario delle famiglie (RPF) = RNN – redditi trattenuti da imprese e PA
• Reddito netto delle famiglie (RNF) = RPF – oneri sociali + prestazioni
• Reddito disponibile = RNF – imposte correnti
Questo è il reddito effettivo a disposizione delle famiglie, che possono spenderlo o
risparmiarlo.
PIL pro-capite e suoi limiti
Il PIL pro-capite si calcola dividendo il PIL per il numero di abitanti. Serve per confrontare il
reddito medio tra Paesi. Ha però molti limiti: non misura la disuguaglianza, la qualità della
vita, l’ambiente, né il lavoro non retribuito.
Ad oggi si utilizzano indicatori alternativi come l’Indice di Sviluppo Umano (HDI), che
considera: aspettativa di vita, istruzione e reddito reale pro-capite.
Teoria keynesiana del consumo e il Moltiplicatore keynesiano
Secondo Keynes, il reddito di un Paese non dipende dal risparmio, ma dalla spesa. Se
le famiglie e le imprese non spendono abbastanza, l’economia si blocca. In questi
casi è importante che lo Stato intervenga con una maggiore spesa pubblica, ad
esempio investendo in infrastrutture, per far ripartire l’economia.
Keynes ha introdotto il concetto di moltiplicatore, cioè l’idea che una spesa iniziale
genera un effetto a catena: chi riceve quel denaro lo spende, facendo lavorare altri,
che a loro volta spenderanno, e così via.
Questo significa che un aumento della spesa pubblica genera un aumento del PIL più
grande rispetto alla spesa iniziale.
In sintesi: per Keynes, il reddito nasce dalla spesa. E se in una fase di crisi tutti
cercano di risparmiare, si rischia di peggiorare la situazione: è il cosiddetto paradosso
del risparmio.
Economia aperta e risparmio
In un sistema economico aperto, il risparmio complessivo non è limitato al solo
risparmio interno, ma include anche i rapporti con l’estero. Esistono tre
componenti principali del risparmio:
• Risparmio privato (famiglie ed imprese);
• Risparmio pubblico (Stato);
• Risparmio estero (commercio estero).
La somma di queste tre componenti rappresenta il risparmio complessivo
dell’economia, che si può esprimere con la formula: S + (T – G) + (M – X). Dove:
• S è il risparmio privato
• T – G è l’avanzo o disavanzo pubblico (tasse meno spesa pubblica)
• M – X è il saldo commerciale (importazioni meno esportazioni), che
rappresenta il risparmio estero
Se lo Stato aumenta la propria spesa (G) senza aumentare le imposte (T), si
crea un disavanzo che deve essere coperto o con più risparmio privato o con
l’aiuto di capitali esteri.
Mercato dei fondi mutuabili
Il mercato dei fondi mutuabili è un modello teorico in cui si incontrano l’offerta e
la domanda di prestiti.
• Chi risparmia offre fondi (cioè presta denaro)
• Chi investe (famiglie, imprese o lo Stato) richiede fondi
Il “prezzo” in questo mercato è il tasso di interesse reale. Se il tasso sale, il
risparmio aumenta ma gli investimenti calano; se il tasso scende, accade il
contrario: risparmiare diventa meno conveniente, ma aumentano i prestiti
richiesti per investire.
Questo modello mostra l’equilibrio tra risparmio e investimento, determinando
il tasso di interesse.
Tasso di cambio
Quando due paesi commerciano tra loro è necessario scambiare le rispettive
valute. Il tasso di cambio è il prezzo di una valuta rispetto a un’altra.
Esempio: se 1 euro = 1,20 dollari, allora servono 1,20 dollari per ottenere 1 euro.
Se il dollaro si rafforza (aumenta il suo valore) importare dagli Stati Uniti diventa
più costoso per i cittadini europei; mentre se si svaluta (diminuisce il suo valore)
importare diventa più conveniente.
Alcuni paesi, in particolare quelli in via di sviluppo, tendono a svalutare
intenzionalmente la propria moneta per stimolare la crescita economica,
provocando
• un aumento delle esportazioni, perché i beni prodotti localmente
diventano più economici per gli importatori stranieri;
• una riduzione delle importazioni, perché i beni esteri diventano più cari
per i residenti, spingendo a consumare prodotti locali.
In questo modo si va a sostenere l’occupazione interna e a stimolare la crescita
economica. Tuttavia, comporta anche dei rischi, come l’aumento dell’inflazione
o tensioni commerciali con altri paesi.
Introduzione alla PAC
La Politica Agricola Comunitaria, nota come PAC, è una delle politiche più importanti
dell’Unione Europea. È nata per garantire agli agricoltori un reddito stabile, assicurare
la sicurezza alimentare per tutti i cittadini europei e proteggere ambiente, paesaggio e
comunità rurali.
L’agricoltura, infatti, non è un settore qualsiasi: è strategica sia da un punto di vista
economico, sia sociale che ambientale.
La PAC iniziale: modello accoppiato
Inizialmente la PAC funzionava con un modello accoppiato: gli agricoltori ricevevano
più aiuti economici quanto più producevano.
Ma questo ha creato problemi molto seri:
• Eccesso di produzione (esempi famosi: “laghi di latte” e “montagne di burro”)
• Sprechi enormi di risorse
• Costi altissimi per l’Unione Europea
• Difficoltà a smaltire tutto il prodotto in eccesso
Per proteggere i produttori europei dalla concorrenza estera, la UE applicava anche
dazi doganali molto alti sui prodotti agricoli importati da fuori Europa.
Così, i prodotti esteri risultavano più costosi e meno competitivi rispetto a quelli
europei.
Le riforme: modello disaccoppiato
A partire dagli anni ’90, la PAC è stata profondamente riformata. Si è passati a un
sistema disaccoppiato: gli aiuti agli agricoltori non dipendono più dalla quantità
prodotta, ma diventano un sostegno al reddito. Ciò significa che l’agricoltore può
ricevere un pagamento anche se non produce nulla, a patto che rispetti certe
condizioni. In questo modo, è libero di seguire le reali richieste del mercato e si
evitano sprechi.
Oggi la PAC si basa su due pilastri principali:
Primo Pilastro – Sostegno al reddito
È il cuore della PAC, finanziato dal FEAGA (Fondo Europeo Agricolo di Garanzia).
Gli agricoltori ricevono pagamenti diretti, ma condizionati al rispetto di norme:
• Ambientali
• Di sicurezza alimentare
• Di benessere animale
Questa condizione si chiama condizionalità. Un esempio importante è il Greening (o
“inverdimento”): gli agricoltori devono adottare pratiche ecologiche, come la
diversificazione colturale, la protezione dei prati permanenti e la creazione di aree
ecologiche.
Secondo Pilastro – Sviluppo rurale
Finanziato dal FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale).
Non prevede pagamenti automatici, ma finanzia progetti specifici, come:
• Migliorare la competitività delle aziende agricole
• Proteggere l’ambiente e il paesaggio
• Sostenere attività alternative (es. agriturismo, artigianato, energie rinnovabili)
Obiettivi generali della PAC
Gli obiettivi fondamentali della PAC sono:
• Garantire un reddito stabile e giusto agli agricoltori
• Mantenere la produzione agricola e la sicurezza alimentare
• Tutelare ambiente e paesaggio rurale
• Contrastare lo spopolamento delle aree interne e rurali
In sintesi: La PAC si è trasformata da una politica basata solo sulla quantità prodotta,
ad una in cui si premia anche la qualità, la sostenibilità e il rispetto dell’ambiente.
Gli agricoltori ricevono aiuti non solo per ciò che producono, ma anche per come lo
producono.
PAC 2014–2020
La PAC 2014–2020 ha reso l’agricoltura europea più sostenibile e giusta, mantenendo
il sostegno al reddito degli agricoltori ma introducendo nuove regole ambientali. I
pagamenti non dipendono più dalla quantità prodotta ma dalla superficie coltivata, e
per riceverli gli agricoltori devono rispettare precise norme: è la cosiddetta
condizionalità.
Tra queste, il greening ha reso obbligatorie alcune pratiche ecologiche, come la
diversificazione delle colture e il mantenimento dei prati permanenti. Sono stati
previsti anche incentivi per i giovani agricoltori, tagli ai contributi per le aziende più
grandi e pagamenti aggiuntivi per quelle piccole e medie. Alcuni Stati hanno potuto
destinare parte degli aiuti a settori particolari in difficoltà, con i cosiddetti aiuti
accoppiati.
Oltre ai pagamenti diretti, la riforma ha rafforzato il secondo pilastro della PAC,
dedicato allo sviluppo rurale. In questo ambito, un ruolo importante lo ha avuto il
metodo LEADER, un approccio che coinvolge direttamente le comunità locali nella
progettazione e nella gestione dello sviluppo del proprio territorio. Questo avviene
tramite i GAL, cioè Gruppi di Azione Locale, composti da rappresentanti pubblici e
privati che propongono e attuano interventi a favore delle aree rurali.
In sintesi, la PAC 2014–2020 ha promosso un’agricoltura più attenta all’ambiente, più
inclusiva e più vicina alle esigenze dei territori rurali.
Il bilancio dell’azienda agraria è uno strumento contabile fondamentale per valutare
i risultati economici ottenuti in un anno e per confrontarli con quelli previsti o con
quelli di periodi precedenti. Grazie a questo strumento, l’imprenditore può misurare la
redditività e l’efficienza della propria attività agricola, comprendendo se l’azienda sta
generando un guadagno o subendo una perdita.
Uno degli indicatori principali del bilancio è la Produzione Lorda Vendibile (PLV), che
rappresenta il valore totale, espresso in euro, di tutti i prodotti e servizi venduti
dall’azienda in un anno. La PLV comprende sia i prodotti vegetali, come frumento,
ortaggi, frutta e vino, sia quelli animali, come latte, carne e uova, oltre a eventuali
servizi accessori come l’agriturismo o le fattorie didattiche. Questo valore indica
quanto l’azienda ha prodotto e incassato in termini economici.
I costi di produzione si distinguono in due categorie principali: costi fissi e costi
variabili. I costi fissi sono quelli che rimangono stabili indipendentemente dal volume
di produzione, come gli affitti, gli stipendi del personale fisso, le assicurazioni e gli
interessi passivi. I costi variabili, invece, aumentano proporzionalmente all’aumento
della produzione e includono sementi, mangimi, fertilizzanti, fitofarmaci, carburante e
manodopera occasionale.
Per valutare il risultato economico della produzione si calcola il reddito lordo
aziendale, che si ottiene sottraendo dalla PLV i costi variabili. Questo indicatore
mostra quanto rimane dopo aver coperto i costi direttamente legati alla produzione. Il
reddito netto aziendale, invece, rappresenta il risultato economico finale e si calcola
sottraendo dalla PLV sia i costi variabili sia quelli fissi. Questo valore indica l’effettivo
guadagno dell’imprenditore ed è utile per confrontare la redditività tra diverse aziende
o tra anni diversi.
Un documento importante nel bilancio è il tornaconto, una sintesi delle entrate e
delle uscite dell’anno. Sebbene non abbia valore fiscale, è uno strumento molto utile
per l’imprenditore perché permette di verificare rapidamente se l’azienda è in attivo o
in perdita. Il tornaconto può essere semplificato, con una panoramica generale delle
entrate e uscite, o dettagliato, con voci distinte per ogni settore aziendale.
Infine, il bilancio non serve solo a registrare i dati economici, ma è uno strumento
essenziale per prendere decisioni strategiche. Attraverso il bilancio, l’imprenditore
può capire se l’azienda è redditizia o meno, valutare quali settori funzionano meglio,
decidere se effettuare nuovi investimenti, cambiare colture, ridurre spese o
ottimizzare i risultati futuri. In questo modo, il bilancio diventa una guida
indispensabile per migliorare continuamente la gestione dell’azienda agraria.
REDDITO AGRARIO, FONDIARIO E SISTEMA FISCALE IN AGRICOLTURA
In agricoltura il reddito derivante dal possesso e dall’utilizzo del terreno si chiama
reddito fondiario, ed è formato da due componenti: il reddito dominicale e il reddito
agrario. Il reddito dominicale è legato semplicemente alla proprietà del terreno e si
basa su valori catastali che tengono conto della qualità del suolo e della sua
ubicazione. Non dipende da quanto o cosa viene effettivamente prodotto, ma è una
rendita attribuita al proprietario del fondo.
Il reddito agrario, invece, è collegato all’attività agricola svolta sul terreno, quindi alla
produzione e all’organizzazione del lavoro. Anch’esso viene attribuito al proprietario,
ma rappresenta il reddito derivante dalla coltivazione e dalla gestione del fondo. In
pratica, il dominicale si riferisce alla proprietà, mentre l’agrario all’uso produttivo del
terreno.
Questi due redditi vengono utilizzati dallo Stato per calcolare le imposte in modo
semplificato, attraverso il sistema catastale. Questo è il metodo ordinario, usato
nella maggior parte dei casi, ed è un sistema forfettario, cioè non basato sui guadagni
reali. Tuttavia, in alcune situazioni può essere applicato un metodo alternativo, detto
analitico o reale, che calcola il reddito effettivo dell’azienda sulla base di entrate e
spese. Questo sistema è più preciso, ma anche più complesso e viene usato solo in
casi particolari o su scelta dell’imprenditore.
Per quanto riguarda l’IVA, gli agricoltori possono aderire a un regime speciale che
semplifica la gestione fiscale, grazie a percentuali di compensazione fisse per ogni
prodotto venduto. Inoltre, in agricoltura sono previste varie agevolazioni, come
aliquote ridotte, esenzioni per i giovani agricoltori e regimi semplificati per le piccole
aziende.
In sintesi, il sistema fiscale in agricoltura è pensato per essere più leggero e adatto
alle caratteristiche del settore, ma garantisce comunque un’imposizione equa
attraverso strumenti semplici come il reddito catastale e, dove necessario, il calcolo
reale.
PREZZI AGRICOLI, DOMANDA, OFFERTA, ELASTICITÀ E MERCATI
Prezzi agricoli e loro instabilità
Nel settore agricolo il prezzo è fondamentale perché rappresenta il punto di equilibrio tra ciò che il
consumatore vuole acquistare e ciò che l’agricoltore è disposto a vendere. Tuttavia, rispetto ad altri
settori, i prezzi agricoli sono molto instabili, perché sia la domanda che l’offerta reagiscono poco ai
cambiamenti di prezzo.
Basta un piccolo squilibrio tra domanda e offerta per provocare forti oscillazioni. Ad esempio, se a
causa di una gelata si riduce la produzione di ortaggi, il prezzo può salire rapidamente. Al contrario,
un raccolto abbondante può far crollare i prezzi, danneggiando gli agricoltori.
Caratteristiche della domanda agricola
La domanda di prodotti agricoli è generalmente rigida, cioè non cambia molto anche se cambiano i
prezzi. Questo succede perché i prodotti agricoli (come pane, latte, pasta) sono beni di prima
necessità: le persone continuano ad acquistarli anche se costano di più.
Oltre al prezzo, la domanda dipende anche da altri fattori, come il reddito dei consumatori, le
abitudini alimentari, la stagionalità, la pubblicità, e l’informazione sul prodotto (es. qualità, origine,
biologico, ecc.).
Caratteristiche dell’offerta agricola
Anche l’offerta agricola è rigida, soprattutto nel breve periodo. Gli agricoltori non possono
aumentare o diminuire la produzione facilmente, perché richiede tempo, risorse, condizioni
climatiche favorevoli e pianificazione.
Questo significa che, se il prezzo aumenta, l’agricoltore non può rispondere subito producendo di
più, e se il prezzo crolla, non può interrompere la produzione in corso.
Elasticità della domanda e dell’offerta
Per capire quanto la quantità domandata o offerta cambia in base al prezzo, si usa il concetto di
elasticità.
• Se una domanda è elastica, una piccola variazione di prezzo provoca un forte cambiamento
nella quantità acquistata.
• Se è rigida, anche grandi cambiamenti di prezzo influenzano poco la quantità richiesta.
La maggior parte dei prodotti agricoli ha una domanda rigida e un’offerta rigida; quindi, i prezzi
cambiano molto facilmente anche per piccole variazioni nelle quantità.
Concorrenza perfetta e imperfetta in agricoltura
Il mercato agricolo ha spesso le caratteristiche della concorrenza perfetta: ci sono molti piccoli
produttori, nessuno dei quali può influenzare da solo il prezzo. Il prodotto è spesso omogeneo (es.
grano, latte) e il prezzo è determinato dal mercato.
Tuttavia, ci sono anche casi di concorrenza imperfetta, come nel caso di alcuni prodotti tipici o
trasformati (es. formaggi DOP, vino di qualità), dove il marchio, la zona di produzione e la
differenziazione rendono il prodotto unico e permettono all’azienda di influenzare il prezzo.
Ruolo delle organizzazioni e dei mercati regolati
Per ridurre l’instabilità e migliorare la posizione degli agricoltori, esistono organizzazioni comuni di
mercato (OCM) e politiche pubbliche. Questi strumenti servono a regolare l’offerta, a creare scorte,
a stabilire prezzi minimi o a sostenere i redditi.
Inoltre, ci sono le organizzazioni di produttori (OP) e le cooperative, che permettono agli agricoltori
di unirsi per vendere insieme i propri prodotti, negoziare migliori condizioni e accedere a fondi
pubblici.
In sintesi, Nel settore agricolo, i prezzi sono molto sensibili a piccoli cambiamenti, a causa della
rigidità sia della domanda che dell’offerta. Per questo motivo, l’agricoltura ha bisogno di strumenti
di regolazione che proteggano i redditi degli agricoltori e garantiscano stabilità al mercato.
VALORE FONDIARIO, REDDITI E IMPOSTE
Valore fondiario
Il valore fondiario rappresenta il valore economico di un terreno agricolo, detto anche fondo rustico.
Questo valore dipende da numerosi fattori, come la posizione geografica, la fertilità del suolo, il
tipo di colture possibili, il clima, la presenza di infrastrutture e la produttività prevista. In sostanza, è
il prezzo teorico che il terreno potrebbe avere se venduto sul mercato. A influenzarlo ci sono anche
le aspettative future sul settore agricolo e sull’andamento economico generale.
Differenza tra valore fondiario e catastale
Il valore catastale è stabilito dallo Stato ed è usato solo per il calcolo delle imposte. A differenza del
valore fondiario, che riflette l’andamento del mercato, il valore catastale è fisso e aggiornato
raramente, e quindi di solito inferiore al valore reale di vendita. Il valore catastale è quindi una base
imponibile, non un vero indicatore del prezzo effettivo del terreno.
Rivalutazione dei terreni agricoli
Proprio per evitare che ci sia una grande distanza tra il valore reale e quello fiscale, lo Stato può
permettere una rivalutazione del terreno. Questo significa che il proprietario, in caso di vendita, può
pagare un’imposta sostitutiva calcolata su un valore più vicino a quello di mercato. Questo sistema
permette di ridurre la tassazione sulla cosiddetta plusvalenza, cioè sul guadagno ottenuto dalla
differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita.
Imposte sulla proprietà fondiaria
Chi possiede terreni agricoli deve pagare alcune imposte. La più importante è l’IRPEF sui redditi
dominicale e agrario, che viene calcolata sul valore catastale. Esiste anche l’IMU, ma non è dovuta
per i terreni agricoli coltivati da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali (IAP) in zone
montane o svantaggiate. Infine, esistono imposte legate alla successione e donazione, che si
calcolano sul valore catastale rivalutato.
Successione ereditaria in agricoltura
Quando un terreno agricolo viene ereditato, il valore usato per calcolare l’imposta di successione è
quello catastale, aumentato con un coefficiente fisso. Gli eredi devono anche decidere come
suddividere la proprietà: la legge cerca di evitare che i terreni vengano spezzettati troppo, per
mantenere aziende agricole efficienti. Per questo motivo esistono agevolazioni fiscali per chi
mantiene l’unità produttiva o per chi è un giovane agricoltore o un IAP.
In sintesi, Il valore fondiario è ciò che un terreno vale realmente sul mercato, ma per scopi fiscali
si usa il valore catastale, che è più basso. Per rendere più giusto il sistema, lo Stato può intervenire
con rivalutazioni e agevolazioni, soprattutto in caso di successioni o di terreni gestiti da
professionisti agricoli.