LE FONTI DEL DIRITTO
Sono atti e fatti cui l’ordinamento giuridico attribuisce il compito di produrre nuove norme giuridiche.
All’interno dell’ordinamento giuridico ci sono alcune norme un po’particolari, sono norme che disciplinano
come si crea un nuovo diritto. Queste norme creano diritto e danno una direttiva di comportamento, ma si
differenziano dalle altre perché riguardano la stessa produzione giuridica: norme sulla produzione del
diritto (articolo 71).
Le fonti di produzioni del diritto non devono essere confuse con le fonti di cognizione del diritto: queste
ultime sono solo gli strumenti mediante i quali si viene a conoscere le fonti di produzione.
Le fonti di produzione si dividono in:
- Fonti atto (atti normativi): sono dei comportamenti che hanno alcune caratteristiche. La prima
caratteristica è l’effetto tipico di questo comportamento, cioè la produzione di norme vincolanti. Il
parlamento ha il potere normativo e si comporta in un certo modo, e comportandosi così produce
un effetto: la produzione di nuove norme giuridiche secondo le norme sulla produzione del diritto
previste all’interno del nostro ordinamento. Questo comportamento si traduce nella redazione di
un documento (atto normativo) che ha una particolare veste formale e grafica e questo atto
normativo è un atto che contiene delle disposizioni, che da quest’ultime ricaviamo le norme. L’atto
normativo viene pubblicato nella gazzetta ufficiale per consentirne la conoscibilità. Quando l’atto
normativo entra in vigore, da quel momento in avanti l’atto è suscettibile di produrre modificazioni
nell’ordinamento giuridico.
- Fonti fatto (fatti normativi): rappresentano la maggioranza delle fonti del diritto, ma non sono
l’unica tipologia e si basano su fonti scritte. Abbiamo dei consociati che si atteggiano in un certo
modo: reputano questo comportamento come produttivo di norme giuridiche. Il potere pubblico
può sanzionare. Alcuni modelli di consuetudini diventano rilevanti per noi: quelle internazionali. Ci
sono alcune norme di diritto internazionali che derivano da comportamenti che si sono sempre
tenuti: norme generalmente riconosciute e li troviamo negli articoli fondamentali della nostra
Costituzione (art. 1).
La norma giuridica è ciò che ci dà la direttiva d’azione. La direttiva di comportamento deriva da un atto di
comunicazione linguistica che è specifico. Possiamo distinguere tre grandi elementi:
- l’atto con cui tale comunicazione viene effettuata (Costituzione).
- L’insieme dei segni tramite i quali la comunicazione è effettuata (disposizioni).
- Il significato di questi segni (norma).
L’insieme degli enunciati linguistici contenuti in questo atto sono le disposizioni.
Il significato delle disposizioni contenute in un atto è la norma stessa.
L’insieme di norme devono rispettare il principio della coerenza (coerente se non ci sono norme
incompatibili) e della completezza. Se una controversia non può essere risolta da una norma, si guarda una
normale simile: analogia. Oppure si risolve secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello
Stato. Ci sono dei casi in cui il ragionamento analogico non può essere utilizzato: in materia penale per
esempio, si può essere puniti solo se c’è una specifica norma.
Per avere un ordinamento giuridico che funzioni, bisogna averne uno coerente: antonimie, ci troviamo
davanti a disposizioni tra loro incompatibili e vengono risolte dall’interprete (magistrati per esempio).
A ciascun criterio corrisponde un effetto tipico:
- Il criterio gerarchico: questo criterio funziona quando ci troviamo di fronte a norme che derivano
da fonti del diritto che nel nostro ordinamento sono collocate in posizione diversa (superiore o
inferiore). La costituzione è superiore rispetto alla legge e al regolamento per esempio, mentre la
legge è superiore ai regolamenti. Questo criterio ci dice che il conflitto tra norme deve essere
risolto tenendo conto della fonte del diritto superiore. L’effetto tipico di questo meccanismo: la
norma sotto ordinata viene in qualche modo considerata invalida perché è in contrasto con una
superiore e vogliamo eliminare questa norma invalida dal nostro sistema. Quando una legge
contrasta con la costituzione entra in gioco la corte costituzionale: quella norma di legge viene
espulsa dall’ordinamento. Viene dichiarata l’invalidità della norma da tutti i consociati, non vale più
per nessun rapporto giuridico: opera in modo retroattivo, quindi tutti quei rapporti giuridici che
erano regolati di codesta norma e che non si sono esauriti, sono regolati dall’ordinamento giuridico
senza questa norma. L’annullamento vale anche per il passato e per i rapporti giuridici pendenti,
ma non vale per i rapporti esauriti. Con l’annullamento la norma viene eliminata, con l’abrogazione
invece non viene eliminata, ma semplicemente non viene più usata.
- Il criterio cronologico: è il primo strumento per risolvere le antinomie. È un meccanismo per
regolare la successione degli atti giuridici. Funziona dinanzi ad un contrasto tra norme che hanno lo
stesso rango gerarchico e la stessa competenza. Questo criterio afferma che tra due norme,
bisogna preferire quella più recente che provoca l’effetto dell’abrogazione, cioè la cessazione
dell’efficacia della norma precedente. L’abrogazione opera solo per il futuro, non è retroattiva. Può
capitare che il legislatore possa approvare delle leggi retroattive, ma siamo nell’ambito civile, non
in quello penale. Non possono esserci norme retroattive nell’ambito penale, la Costituzione è la
fonte che le mette a riparo. Per effetto della nuova norma immessa nel sistema, la vecchia norma
perde efficacia, non si applica più dal giorno in cui entra in vigore l’atto che contiene la nuova
norma. Per il principio di certezza del diritto il rapporto pendente che non si è esaurito continua
sulla base della vecchia norma. L’abrogazione è l’effetto dell’applicazione di questo criterio. La
perdita di efficacia di una determinata norma vale per il futuro.
- Il criterio di specialità: lo possiamo usare di fronte a norme diverse dal punto di vista di
formulazione. Quando ci troviamo di fronte ad una norma generale ed una speciale: dobbiamo
preferire (applicare) la norma speciale. Creiamo una deroga rispetto alla norma generale. È una
differenza tra deroga e abrogazione: riguarda un rapporto di successione delle leggi nel tempo, non
un rapporto tra generalità e specialità. La norma derogata non perde la sua efficacia, continua ad
averla per tutti i casi in cui non rientra la norma speciale. Questo criterio è problematico perché è
difficile capire il grado di specialità di una norma. La deroga è l’effetto dell’applicazione di questo
criterio. Nella deroga abbiamo un disallineamento di una norma generale (generalità dei soggetti) e
di una norma speciale (qualcosa di diverso della norma generale). La norma derogata viene ridotta.
L’abrogazione la troviamo in tre forme differenti:
- Espressa: è un caso raro, alla fine di una legge ci sono delle disposizioni che esprimono il fatto che
dall’entrata in vigore di un atto normativo, tutte le leggi precedenti espresse cessano di avere
efficacia. Questa abrogazione vale per la generalità dei casi e dei consolati.
- Tacita: manca un riferimento espresso nelle leggi che abrogano ma sono rilevate dal singolo
operatore del diritto interessato. Il giudice nel cercare di risolvere il caso vede che su quella materia
non vale più una determinata norma, quindi la cassazione cerca di dipanare i contrasti tra giudici,
non vale per tutti.
- Implicita: c’è una scelta di politica del diritto condivisa a livello nazionale tale per cui ci sono nuove
norme che valgono in luogo alle vecchie.
Il nostro ordinamento, ma nello specifico la nostra Costituzione, ha delle soluzioni per proteggere alcuni
beni giuridici e metterli sotto uno scudo di sicurezza maggiore rispetto ad altri.
La nostra Costituzione prevede degli istituti che regolano diverse fonti del diritto sulla stessa materia:
- Il criterio di competenza: ci serve per capire quale fonte dobbiamo applicare con riferimento a
quell’ambito: dobbiamo guardare una legge o un regolamento? Non dobbiamo applicare la fonte
che non è competente per quell’ambito (ambito sanitario, scolastico, ecc..). Le competenze sono
stabilite dalle fonti sovra ordinate, quindi si viola il principio di gerarchia. Per esempio: riserva dei
regolamenti parlamentari (articolo 64) oppure riserva per gli Statuti delle regioni speciali. Quando
abbiamo un antinomia tra una norma europea e una italiana: il giudice va a prendere i trattati
dell’UE e con riferimento ad una specifica materia, guarda se la disciplina è un ambito di
competenza dell’Italia o dell’unione europea.
- L’istituto delle riserve di legge: il nostro ordinamento ha diverse fonti che si collocano sullo stesso
gradino della gerarchia delle fonti: la legge, il decreto legislativo e il decreto legge. Sulla legge
intervengono le due camere e ciò che accade all’interno delle due camere è conoscibile a tutti noi.
Ciò che accade dentro al governo, non è a noi conoscibile: si parla di decreto legislativo e decreto
legge. La nostra Costituzione fa da regolatore tra questi atti: questo meccanismo regolatore è la
riserva di legge. Si regola il concorso tra atti primari e risponde a due obbiettivi: su qualche materie
si vuole che ci sia una disciplina di rango almeno primario, il secondo obbiettivo è di mettere al
riparo questi atti primari (parlamento) da atti promulgati dal governo. La disciplina che riguarda la
limitazione di libertà personale, è una disciplina che può essere approvata solo con la legge del
Parlamento. Il parlamento ha il dovere di legiferare e solo lui può.
Ci sono altre varianti delle riserve di legge:
- Riserva di legge formale: interviene solo la legge formale del Parlamento.
- Riserva di legge assoluta: dice in quale ambito materiale possono intervenire norme che
derivano dal Parlamento, ma dove può anche intervenire il governo. È una garanzia robusta.
- Riserva di legge relativa: questo ambito materiale ha bisogno di una disciplina solo in termini
di principio, tutto ciò che non riguarda le disposizioni di principio può essere riempito da altri
atti aventi forza di legge.
Per capire in che riserva di legge siamo: per quanto riguarda i diritti civili e di libertà personale
siamo quasi sempre nella riserva di legge formale.
LE SINGOLE FONTI DEL DIRITTO
La prima grande fonte è la nostra Costituzione: rimanda all’idea di ordine che deriva da Aristotele, è un atto
normativo scritto che è posto nel punto più alto della gerarchia delle fonti del diritto. La costituzione è sia
fonte di produzione del diritto, ma alcune norme disciplinano anche su come si formano altre norme del
diritto (articolo 70). È composta da due tipologie di norme:
- I principi supremi: non possono essere alterati, per esempio la forma repubblicana non può essere
rivista. Non si possono cambiare le norme che parlano di principi supremi: cioè i primi 12 articoli
della nostra Costituzione. La costituzione si può modificare con le leggi di revisione costituzionale: la
modificano, ma le leggi costituzionali, invece, la integrano (articolo 138).
- I principi generali: devono essere approvati con un procedimento aggravato ed è possibile che una
stessa legge contenga disposizioni di revisione e disposizioni di integrazione della Costituzione.
Le fonti primarie:
- La legge formale (del Parlamento): è un atto normativo deliberato dalle due camere del
Parlamento (eguali potere ed entrambe elette dai cittadini con elezione diretta) in un identico testo
di legge. Deve rispettare dei vincoli: le norme delle fonti ad essa sovra ordinate, cioè la costituzione
e le leggi costituzionali. I cittadini possono essere coinvolti in una chiamata di una revisione
costituzionale se viene fatta la richiesta di referendum abrogativo: può partire dalla minoranza
parlamentare (1/5 delle camere), 500 elettori o da 5 consigli regionali. La legge ha valore primario
perché nel ‘800 la legge era l’atto al di sopra di tutto e lo Statuto Albertino era un atto che stava
vicino alle leggi: le leggi fascistissime modificarono lo Statuto Albertino. Nel nostro ordinamento
sopra c’è la Costituzione, poi le fonti sub-costituzionali (o fonti avente forza di legge).
La legge viene adottata dopo un procedimento legislativo e si divide in tre fasi:
- Parte dalla fase dell’iniziativa: chi può proporre la legge? Il governo (ha maggiore successo
perché può contare della maggioranza sia della camera che del senato), ogni singolo deputato
e ogni singolo senatore (parlamentare), il consiglio nazionale dell’economia e del lavoro,
ciascun consiglio regionale, i comuni ma limitatamente alla modifica delle circoscrizioni
provinciali e, infine, anche i cittadini, mediante l’iniziative legislativa popolare.
- Poi vi è la fase costitutiva (istruttoria + approvazione): il documento si trasmette al presidente
della camera o del Senato; il presidente dell’assemblea parlamentare lo trasmette ai deputati e
ai senatori che però sono organizzati in commissioni permanenti (raggruppamenti più piccoli
rispetto 400 e 200). Diventano commissioni permanenti perché rimangono fino alla fine della
legislatura. Si trasmette il documento alla commissione competente in quell’ambito. Dopo la
commissione, il documento viene trasmetto all’intera assemblea. Tutti i senatori discutono
della validità di questo progetto di legge, possono approvare o rifiutare. Se approvata dal
Senato, viene passata alla camera dei deputati (stesso giro): se viene approvato senza
modifiche, viene trasmesso al capo dello Stato e può diventare una legge. Se ci sono delle
modifiche, il progetto di legge viene di nuovo passato al Senato (processo della navetta):
bicameralismo paritario. Vige il principio di maggioranza, solo nell’unione europea vi è un
principio di unicità.
Ci possono essere diverse configurazioni:
- Sede referente (normale): la commissione parlamentare permanente studia la proposta di
legge, elabora una relazione per accompagnarla. Quando ha finito la deliberazione in sede
di commissione, passa la palla all’Assemblea, che lo esamina e può modificare il progetto
di legge. La commissione in sede referente svolge un ruolo tranquillo, sta nel suo.
- Sede deliberante: quando una commissione permanente non solo si confronta ed elabora
il progetto di legge, ma si sostituisce anche all’assemblea, la commissione approva anche
il testo riformato finale.
- Sede redigente: il progetto di legge viene analizzato e viene poi trasmesso all’assemblea
che ha il compito di approvarlo in modo definitivo, a questo punto passa all’altro lato del
parlamento (con gli stessi poteri), se viene approvato senza modifiche c’è una
convergenza di volontà ed è idoneo a diventare una legge, se la camera lo modifica allora
ritorna all’altra camera che deve approvare le modifiche finché entrambe le camere non
hanno approvato un progetto di legge con la stessa formulazione. Fino a quel momento
non può diventare legge (processo della navetta).
- Possibile procedura abbreviata (d’urgenza).
- Infine vi è la fase integrativa dell’efficacia: : quando entrambe le camere si sono espresse;
entra in gioco il presidente della repubblica che riceve questo testo di legge affinché promulghi
la legge (conoscenza da parte dei cittadini di quell’atto) entro un mese di norma e se vuole può
rinviarla alle camere allegando un messaggio motivato (per una sola volta poiché non ha diritto
di veto). Mattarella, ad esempio, ha fatto un solo rinvio in 7 anni.
Si apre poi la pubblicazione nelle fonti di cognizione del diritto ufficiale, ovvero la gazzetta
ufficiale ed entra in vigore di norma trascorsi 15 giorni (vacatio legis), l’applicabilità di quella
norma parte da 15 giorni dalla pubblicazione della norma.
- Le leggi atipiche:
- Leggi di amnistia e indulto: per approvarle occorre raggiungere un consenso più alto di quello
delle leggi normali.
- Leggi di bilancio.
- Legge di delegazione europea.
- Legge europea.
(Art.76: L’esercizio della funzione legislativa non può essere dell’Agata al governo se non con
determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti).
- Gli atti aventi forza di legge:
- decreto legislativo delegato: deve essere proposta una legge di delegazione legislativa
(= contiene i paletti che il governo deve seguire nell’elaborazione di un’esterna norme, si
stabiliscono i principi e i criteri direttivi) il cui contenuto è atipico e coincide con il
conferimento al governo di approvare un decreto legislativo; sia la legge sia il decreto
legislativo delegato hanno la stessa forza, si pongono sullo stesso gradino.
- decreto legge: occorre intervenire tempestivamente con norme con forza di legge. È un atto
normativo e le norme contenute al suo interno hanno valore e forza di legge, il governo si fa
interprete dell’esigenza di rispondere ad una emergenza e può approvarlo. Gli effetti del
decreto legge dipendono dalla scelta di convertire o meno quel decreto legge in legge poiché
un decreto legge può essere approvato dal Parlamento ma ha durata di 60 giorni. Se il decreto
legge non viene convertito, le norme del decreto legge perdono efficacia come se non fosse
mai stato approvato. Deve verificarsi l’approvazione della legge di conversione.
Le fonti secondarie:
- La fonte regolamentare: con il suo conseguente potere regolamentare. Questo potere ce l’hanno
lo Stato, le province, i comuni, le città metropolitane, le università, le camere di commercio e le
aziende sanitarie locali (gli ultimi tre sono chiamati enti funzionali). Queste fonti per essere valide
devono rispettare le fonti sopra di loro (le norme aventi forza di legge e quest’ultime devono
rispettare la Costituzione) = criterio gerarchico.
- Ordinanze o regolamenti.
FONTI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE
Gli Stati sono soggetti politici e sovrani. Una norma di diritto internazionale vale in un ordinamento
giuridico estero solo se hanno meccanismi di transito all’interno del proprio diritto. Ci sono due tipi di fonti:
- Fonti consuetudinarie: quando nel diritto internazionale si viene a formare una consuetudine essa
entra automaticamente nel nostro ordinamento costituzionale, senza ulteriori interventi. Sono
viste come la ripetizione nel tempo che vengono successivamente messi a legge. (fonti fatto)
- Fonti pattizie: siamo di fronte ad un trattato che coinvolge il nostro ordinamento giuridico. Le
norme di diritto internazionale pattizio vincolano le fonti primarie successive (articolo 117): una
norma italiana che va contro una norma internazionale sarebbe invalida, cioè il diritto
internazionale integra la norma nazionale. Vi è la parte di negoziazione, poi avviene la firma del
trattato, infine vi è la ratifica (fa si che le disposizioni interne al trattato vengono considerate come
valide). Con la ratifica, il presidente dice ai giudici che le norme contenute in questo trattato
incidono su pochi ambiti di politica pubblica. Questo meccanismo funziona quando le norme
contenute all’interno di un trattato sono specifiche, cioè che siano direttamente applicabili.
Bisogna approvare delle leggi di adattamento oltre alla ratifica del trattato. (fonti atto, stipulazione
contratti tra privati)
FONTI DEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA
L’ordinamento europeo è composto da due tipi di diritto:
- Diritto primario: sono i trattati (mini Costituzione dell’UE).
- Diritto derivato: si compone di alcuni specifici atti normativi:
- I regolamenti: sono fonti del diritto vincolanti in tutti i loro elementi e assomiglia ad una nostra
legge del Parlamento, cioè contiene norme generali ed astratte. Vi è la diretta applicabilità nei
confronti di tutti i soggetti all’interno dei singoli Stati membri (principio di competenza). Sono
stipulati dal Consiglio dell’Unione Europea, dal Parlamento Europeo e dalla Commissione
Europea.
- Le direttive: specificano un obbiettivo che gli Stati membri devono raggiungere lasciando gli
Stati liberi di scegliere i mezzi con cui arrivarci.
- Le decisioni: sono fonti vincolanti e riguardano specifici soggetti dell’ordinamento europeo.
Riguardano un organo dello Stato, per esempio, sono atti normativi puntuali.
- Le raccomandazioni e i pareri: sono fonti non vincolanti. Gli organi dell’UE cercano di
indirizzare gli Stati membri verso un determinato obbiettivo.
- Le leggi regionali: sono atti normativi che hanno lo stesso valore di quelli approvati dallo Stato e
convivono con i primi con il criterio di competenza:
- Competenza del solo Stato: politica estera, moneta, rapporti repubblica-chiesa, ordine
pubblico, cittadinanza.
- Ambiti di legislazione competente: lo Stato in determinati ambiti (salute, scuola) può dare dei
principi generali da seguire (leggi cornice) e la regione declina la normativa a suo piacimento.
- Competenza normativa regionale: vi è una nuova materia? Bisogna verificare se è possibile
ricondurre la materia ad una già esistente, poi al massimo interviene lo Stato.
Come può avanzare una legge regionale? Attraverso tre modi differenti:
- Consiglio regionale: rappresentate dei cittadini in Parlamento.
- Governo regionale (giunta regionale): a capo vi è il Presidente della giunta.
- Governatore regionale (Cirio): eletto dai cittadini e promulga gli atti regionali (Bollettino).