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VII Domenica Di Pasqua - Domenica 1-06-25

L'omelia del Santo Padre Leone XIV, pronunciata durante il Giubileo delle Famiglie, sottolinea l'importanza dell'unità e dell'amore tra le persone, riflettendo sull'amore di Dio per l'umanità. Il Papa invita le famiglie a vivere in comunione, educando i figli alla libertà e al rispetto, e a riconoscere il valore del matrimonio come espressione dell'amore divino. Infine, egli esorta a trasmettere la fede e l'amore di generazione in generazione, ricordando che un giorno saremo tutti uniti nell'amore eterno di Dio.

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L'omelia del Santo Padre Leone XIV, pronunciata durante il Giubileo delle Famiglie, sottolinea l'importanza dell'unità e dell'amore tra le persone, riflettendo sull'amore di Dio per l'umanità. Il Papa invita le famiglie a vivere in comunione, educando i figli alla libertà e al rispetto, e a riconoscere il valore del matrimonio come espressione dell'amore divino. Infine, egli esorta a trasmettere la fede e l'amore di generazione in generazione, ricordando che un giorno saremo tutti uniti nell'amore eterno di Dio.

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La Santa Sede

GIUBILEO DELLE FAMIGLIE, DEI NONNI E DEGLI ANZIANI

OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Piazza San Pietro


VII Domenica di Pasqua - Domenica, 1° giugno 2025

[Multimedia]

________________________________

Il Vangelo appena proclamato ci mostra Gesù che, nell’ultima Cena, prega per noi (cfr Gv 17,20):
il Verbo di Dio, fatto uomo, ormai vicino alla fine della sua vita terrena, pensa a noi, ai suoi fratelli,
facendosi benedizione, supplica e lode al Padre, con la forza dello Spirito Santo. E anche noi,
mentre entriamo, pieni di stupore e di fiducia, nella preghiera di Gesù, veniamo coinvolti dal suo
stesso amore in un progetto grande, che riguarda l’intera umanità.

Cristo domanda infatti che tutti siamo «una sola cosa» (v. 21). Si tratta del bene più grande che
possa essere desiderato, perché questa unione universale realizza tra le creature l’eterna
comunione d’amore in cui si identifica Dio stesso, come Padre che dà la vita, Figlio che la riceve e
Spirito che la condivide.

Il Signore non vuole che noi, per unirci, ci sommiamo in una massa indistinta, come un blocco
anonimo, ma desidera che siamo uno: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi
una cosa sola» (v. 21). L’unità, per la quale Gesù prega, è così una comunione fondata sull’amore
stesso con cui Dio ama, dal quale vengono al mondo la vita e la salvezza. E come tale è prima di
tutto un dono, che Gesù viene a portare. È dal suo cuore di uomo, infatti, che il Figlio di Dio si
rivolge al Padre dicendo: «Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia
che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me» (v. 23).

Ascoltiamo ammirati queste parole: Gesù ci sta rivelando che Dio ci ama come ama sé stesso. Il
Padre non ama noi meno di quanto ami il suo Figlio Unigenito, cioè infinitamente. Dio non ama
2
meno, perché ama prima, ama per primo! Lo testimonia Cristo stesso quando dice al Padre: «Tu
mi hai amato prima della creazione del mondo» (v. 24). Ed è proprio così: nella sua misericordia,
Dio da sempre vuole stringere a sé tutti gli uomini, ed è la sua vita, donata per noi in Cristo, che ci
fa uno, che ci unisce tra noi.

Ascoltare oggi questo Vangelo, durante il Giubileo delle Famiglie e dei Bambini, dei Nonni e degli
Anziani, ci riempie di gioia.

Carissimi, noi abbiamo ricevuto la vita prima di volerla. Come insegnava Papa Francesco, «tutti gli
uomini sono figli, ma nessuno di noi ha scelto di nascere» (Angelus, 1° gennaio 2025). Non solo.
Appena nati abbiamo avuto bisogno degli altri per vivere, da soli non ce l’avremmo fatta: è
qualcun altro che ci ha salvato, prendendosi cura di noi, del nostro corpo come del nostro spirito.
Tutti noi viviamo, dunque, grazie a una relazione, cioè a un legame libero e liberante di umanità e
di cura vicendevole.

Èvero, a volte questa umanità viene tradita. Ad esempio, ogni volta che s’invoca la libertà non per
donare la vita, bensì per toglierla, non per soccorrere, ma per offendere. Tuttavia, anche davanti al
male, che contrappone e uccide, Gesù continua a pregare il Padre per noi, e la sua preghiera
agisce come un balsamo sulle nostre ferite, diventando per tutti annuncio di perdono e di
riconciliazione. Tale preghiera del Signore dà senso pieno ai momenti luminosi del nostro volerci
bene, come genitori, nonni, figli e figlie. Ed è questo che vogliamo annunciare al mondo: siamo qui
per essere “uno” come il Signore ci vuole “uno”, nelle nostre famiglie e là dove viviamo, lavoriamo
e studiamo: diversi, eppure uno, tanti, eppure uno, sempre, in ogni circostanza e in ogni età della
vita.

Carissimi, se ci amiamo così, sul fondamento di Cristo, che è «l’alfa e l’omega», «il principio e la
fine» (cfr Ap 22,13), saremo segno di pace per tutti, nella società e nel mondo. E non
dimentichiamo: dalle famiglie viene generato il futuro dei popoli.

Negli ultimi decenni abbiamo ricevuto un segno che dà gioia e al tempo stesso fa riflettere: mi
riferisco al fatto che sono stati proclamati Beati e Santi dei coniugi, e non separatamente, ma
insieme, in quanto coppie di sposi. Penso a Louis e Zélie Martin, i genitori di Santa Teresa di
Gesù Bambino; come pure i Beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, la cui vita familiare si è
svolta a Roma nel secolo scorso. E non dimentichiamo la famiglia polacca Ulma: genitori e
bambini uniti nell’amore e nel martirio. Dicevo che si tratta di un segno che fa pensare. Sì,
additando come testimoni esemplari degli sposi, la Chiesa ci dice che il mondo di oggi ha bisogno
dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore di Dio e superare, con la sua forza che
unifica e riconcilia, le forze che disgregano le relazioni e le società.

Per questo, col cuore pieno di riconoscenza e di speranza, a voi sposi dico: il matrimonio non è un
ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo (cfr S.
3
Paolo VI, Lett. Enc. Humanae vitae, 9). Mentre vi trasforma in una carne sola, questo stesso
amore vi rende capaci, a immagine di Dio, di donare la vita.

Perciò vi incoraggio ad essere, per i vostri figli, esempi di coerenza, comportandovi come volete
che loro si comportino, educandoli alla libertà mediante l’obbedienza, cercando sempre in essi il
bene e i mezzi per accrescerlo. E voi, figli, siate grati ai vostri genitori: dire “grazie”, per il dono
della vita e per tutto ciò che con esso ci viene donato ogni giorno, è il primo modo di onorare il
padre e la madre (cfr Es 20,12). Infine a voi, cari nonni e anziani, raccomando di vegliare su
coloro che amate, con saggezza e compassione, con l’umiltà e la pazienza che gli anni
insegnano.

In famiglia, la fede si trasmette insieme alla vita, di generazione in generazione: viene condivisa
come il cibo della tavola e gli affetti del cuore. Ciò la rende un luogo privilegiato in cui incontrare
Gesù, che ci vuole bene e vuole il nostro bene, sempre.

E vorrei aggiungere un’ultima cosa. La preghiera del Figlio di Dio, che ci infonde speranza lungo il
cammino, ci ricorda anche che un giorno saremo tutti uno unum (cfr S. Agostino, Sermo super Ps.
127): una cosa sola nell’unico Salvatore, abbracciati dall’amore eterno di Dio. Non solo noi, ma
anche i papà e le mamme, le nonne e i nonni, i fratelli, le sorelle e i figli che già ci hanno
preceduto nella luce della sua Pasqua eterna, e che sentiamo presenti qui, insieme a noi, in
questo momento di festa.

Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana

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