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Applicazione Del Metodo Feldenkrais Alla Musica Strumentale RRssell

Il documento esplora l'applicazione del Metodo Feldenkrais alla musica strumentale, evidenziando come le aspettative esterne e la pressione per le prestazioni possano ostacolare l'espressione musicale personale. Attraverso esperienze di musicisti, si sottolinea l'importanza di un apprendimento organico e rilassato, in contrapposizione a un approccio rigido e orientato agli obiettivi, per favorire un rapporto sano con la musica e prevenire problemi fisici. Il Metodo Feldenkrais offre strategie per superare le limitazioni e riscoprire la gioia di suonare uno strumento, enfatizzando la connessione tra corpo e musica.
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Applicazione Del Metodo Feldenkrais Alla Musica Strumentale RRssell

Il documento esplora l'applicazione del Metodo Feldenkrais alla musica strumentale, evidenziando come le aspettative esterne e la pressione per le prestazioni possano ostacolare l'espressione musicale personale. Attraverso esperienze di musicisti, si sottolinea l'importanza di un apprendimento organico e rilassato, in contrapposizione a un approccio rigido e orientato agli obiettivi, per favorire un rapporto sano con la musica e prevenire problemi fisici. Il Metodo Feldenkrais offre strategie per superare le limitazioni e riscoprire la gioia di suonare uno strumento, enfatizzando la connessione tra corpo e musica.
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4.

4 La musica in noi - Applicazione del Metodo Feldenkrais alla musica strumentale

Vincent Levesque

Siete musicisti professionisti o per hobby? O siete tra coloro che sono felici se nessuno vi sente
fischiettare da soli o cantare nella vasca da bagno? Non ci sono quasi persone che
fondamentalmente non amano la musica. Il fatto che le persone si esprimano attraverso il ritmo e
la musica fa parte dei loro bisogni primari ed è addirittura considerato sacro in molte culture.
Vogliamo comunicare e da bambini troviamo sempre più spesso il modo di "esprimere" le nostre
vibrazioni interiori. Ci dirigiamo e ci muoviamo secondo il nostro senso estetico interiore [1]:
ondeggiamo, canticchiamo, balliamo e cantiamo. E non di rado si risveglia in noi il desiderio di
imparare uno strumento musicale.
Inizialmente siamo curiosi e ci divertiamo con lo strumento musicale. Ma non di rado il desiderio
più intimo di esprimersi con lo strumento nel modo più semplice viene sentito come "esagerato".
Le aspettative esterne vengono interiorizzate: "Non puoi tenere il ritmo o la melodia". Spesso le
aspettative di prestazioni più elevate e la richiesta di imitazione possono essere raggiunte solo con
la forza. E poi c'è l'industria discografica, sempre più brava e precisa... Non è forse vero che spesso
l'idea è che solo i "dotati" possono esprimersi attraverso la musica?
Non sorprende che molti rinuncino presto al desiderio di un'espressione musicale semplice e
personale. Lo strumento con cui volevano costruire un rapporto, se non è stato venduto da tempo,
rimane in un angolo, stonato e a prendere polvere. Convinti di non essere semplicemente dotati
musicalmente, ci rinunciano e pensano subito ad altro. La voglia di vivere rimane muta. Esiste un
modo per aprire questa porta chiusa dell'espressione di sé?
Certamente ci sono persone dotate. O almeno persone che hanno capacità più marcate di quelle di
altre persone. Ma pochissimi traggono il loro talento dal loro patrimonio biologico. Molto più
spesso accade che le persone sviluppino capacità che non pensavano fossero possibili. Da
bambino, a Moshe Feldenkrais non era permesso fischiare per motivi religiosi-estetici. [2] I suoi
tentativi di produrre una melodia furono accompagnati da censure e critiche. I suoi successi
successivi nel lavoro con musicisti di spicco (ad esempio con il famoso violinista e direttore
d'orchestra Yehudi Menuhin), tuttavia, ricevettero un riconoscimento mondiale. Anche in età
avanzata decise di scoprire le proprie capacità musicali. Sebbene in precedenza gli fosse stato
"insegnato" che era musicalmente incapace, in brevissimo tempo fu in grado di padroneggiare con
facilità compiti musicali molto complessi (ad esempio cantare dalla partitura).

L'apprendimento nella vita di un essere umano

Il bambino dipende inizialmente dai genitori. Prova molti movimenti diversi e impara gradualmente
a usare solo quelli adatti a lui. Feldenkrais chiama questo processo di prova ed errore, che non è
orientato verso un obiettivo ma piuttosto vagante, "apprendimento organico". Il bambino è
stimolato ad apprendere attraverso la curiosità di esplorare il suo ambiente e a diventare parte
attiva del suo ambiente attraverso una crescente mobilità.
Un altro tipo di apprendimento è l'accumulo e la riproduzione di conoscenze e informazioni, come
spesso lo conosciamo, ad esempio, dai tempi della scuola. L'insegnante, che ha buone intenzioni,
fissa l'obiettivo. Lo studente cerca di raggiungerlo per ottenere un buon voto. Spesso, però, si
perde la curiosità e quindi la motivazione ad apprendere. Si sente invece la pressione di dover
raggiungere un obiettivo stabilito da qualcun altro. Questo porta spesso a conflitti interiori e a una
perdita di orientamento per il giovane.

Quando si impara uno strumento musicale, la situazione è solitamente simile. L'insegnante


specifica gli obiettivi da raggiungere durante la lezione e l'allievo cerca di raggiungerli. La possibilità
di procedere per tentativi ed errori, di imparare uno strumento giocando, rischia di scomparire
lentamente. Spesso accade che anche l'allievo si spaventi quando una nota stride o è storta.
L'esercitazione riguarda soprattutto ciò che si pratica e per quanto tempo, evitando gli errori. Il
modo in cui ci si esercita è spesso in secondo piano. È diffusa la convinzione che la pratica possa
essere ottenuta solo attraverso un "duro lavoro"; se è facile, c'è qualcosa di "sbagliato",
altrimenti non si può ottenere una prestazione di alto livello.
Su questa base, un apprendimento rilassato è difficilmente possibile: il rapido sviluppo sullo
strumento e il divertimento nel fare musica sono disturbati e la possibilità di un rapporto facile e
armonioso è resa molto più difficile.
Si pratica una certa postura, si determina l'embouchure di un suonatore di fiati, una posizione della
testa, una sequenza di movimenti, una tecnica, ecc. Escludendo o vietando alcune possibilità (di
movimento), si riduce la capacità di spontaneità. L'allievo diventa sempre più insicuro, trattiene il
respiro e inizia a tendersi. Come controreazione, inizia a cercare maggiore sicurezza. Sostituisce la
mancanza di sicurezza soggettiva aggrappandosi allo strumento, alla sedia [3] o alla convinzione
che lo stress e la tensione siano inevitabili quando si fa musica.
Se questo allievo riprende gli studi musicali, di solito li prosegue a un livello superiore. Se poi
questo musicista entra a far parte di un'orchestra, ad esempio, le probabilità che l'apprendimento
e il suonare si trasformino in performance e stress costante, e che la tensione abbia effetti sempre
più fisici, sono purtroppo elevate.
La professione di musicista può sembrare invidiabile, vista la bellezza dell'argomento. Ma gli
addetti ai lavori sanno che i musicisti hanno un tasso di malattia eccezionalmente alto. Secondo un
articolo del German Medical Journal, il 75% dei musicisti d'orchestra soffre di disturbi all'apparato
muscolo-scheletrico! [4] Quindi questa professione deve essere classificata come pericolosa?
Non tutti i disturbi sono cronici o minacciosi per la professione, ma mi tocca profondamente il fatto
che molti musicisti mettano a repentaglio la propria salute per fare musica. Vedo regolarmente
musicisti che hanno rinunciato perché non riescono più a entrare in contatto con i loro bisogni
primari a causa del dolore e dello stress. Che fine ha fatto il desiderio infantile di esprimersi
attraverso la musica?

Esempio 1
Quando Annette B., violinista di 29 anni, è venuta da me per una lezione privata (Integrazione
Funzionale) con gravi problemi alla schiena - rischiava un'operazione al disco lombare - mi è
tornato in mente il mio primo incontro con il Metodo Feldenkrais: ho avuto la mia prima lezione
privata circa 40 ore prima di un'imminente operazione alla colonna cervicale. [Annette B. ha
dichiarato di soffrire anche di vertigini. Ha detto che, poiché la buca dell'orchestra era molto
stretta, aveva troppo poco spazio per muoversi (inchinarsi) quando suonava la musica. Quando ha
suonato qualcosa per me, è emerso ciò che osservo in molti musicisti: le funzioni della parte
superiore del corpo sono poco differenziate nel movimento, per cui è scomparsa la possibilità di
integrare la respirazione come parte organica del fare musica. Quando Annette B. suonava note più
lunghe, il suono cominciava a tremare. Sembrava che cercasse visibilmente di fermare questo
fenomeno.
La maggior parte delle volte, l'ascoltatore non ha idea del tipo di energia che viene spesa durante
un'esecuzione, del tipo di sofferenza che viene accettata. Cosa c'è di così difficile in questo?
Fornire una performance fisica e mentale perfetta, sera dopo sera, non è certo sentito da tutti, ma
da molti musicisti come un'enorme pressione. Io ho provato la stessa cosa. La sincronizzazione
dell'immaginazione interiore e del movimento esteriore (l'"11timing") deve funzionare
esattamente alla frazione di secondo.
Se il musicista non ha a disposizione le capacità sensoriali-motorie adeguate, le dipendenze e le
aspettative reciproche (colleghi, direttore d'orchestra, concorrenza, pubblico, critici - soprattutto il
critico interiore) portano allo stress, spesso avvertito in modo altrettanto soggettivo dello stress di
un controllore del traffico aereo o di un pilota. Le condizioni esterne, come sedie inadatte, spazio
insufficiente, condizioni di aria e luce inadeguate, orari di lavoro irregolari e i soliti problemi di
relazioni umane, complicano ulteriormente l'atmosfera lavorativa. Spesso non si tratta solo delle
famose farfalle nello stomaco. Palpitazioni cardiache, vertigini, problemi di concentrazione,
elevata perdita di liquidi attraverso la sudorazione, sensazioni di panico, tremori, perdita di
fiducia in se stessi, ecc. non sono purtroppo rari.
Alcuni ricorrono all'alcol, molti alle compresse: Beta-bloccanti, tranquillanti e antidolorifici.

Il braccio superiore sinistro della signora B era incollato al lato sinistro del petto, la testa inclinata a
sinistra e la fronte abbassata. La spalla sinistra era tirata in alto e in avanti, con il violino "bloccato"
nel mezzo. Ogni movimento era accompagnato dall'intero petto come un blocco. Ciò significa che
tutti i movimenti della gabbia toracica (le articolazioni delle costole con la colonna vertebrale e le
connessioni con lo sterno e quasi tutti i possibili movimenti delle vertebre toraciche) erano
congelati. "Tenendo" lo strumento per 11 volte, è stata aggiunta una postura rigida della testa.
Seduta e in piedi, le sue gambe erano vicine.
Come per la maggior parte dei musicisti, la sua concentrazione era principalmente incentrata
sulle dita e sulle mani.
Questa giovane donna, per il resto in buona salute e non certo un caso isolato, aveva adottato
schemi di movimento estremamente faticosi. Paradossalmente, si era tenuta nel modo in cui
pensava di sentirsi più sicura, ma era proprio questo che la metteva in pericolo.
Di solito ci muoviamo e ci teniamo nel modo che riteniamo più sicuro in quel momento. Nessun
critico, nessun concerto, nessuna audizione, nessun insegnante o registrazione ci minaccia
fisicamente quanto questa convinzione appresa e praticata. La convinzione subliminale di non
poter fare a meno dei nostri limiti di movimento e delle nostre paure può dominare la nostra
immagine di sé. Purtroppo, questa immagine di sé non corrisponde alle nostre reali esigenze.

Non sarebbe stato sufficiente o utile raccontare al violinista le mie osservazioni. L'accumulo di
informazioni logiche non sostituisce l'apprendimento sensomotorio. Questo manca quando non
riusciamo a fare ciò che vogliamo. Spesso il dolore o, come nel suo caso, le vertigini, devono essere
il primo segnale di emergenza per farci fare qualcosa.

Nella prima lezione le ho chiesto di sdraiarsi a pancia in giù sul divano. Questa era la posizione in
cui di solito si addormentava e in cui si sentiva più comoda e sicura. Ho iniziato a esplorare
delicatamente con le mani il suo "schema" o struttura muscolare o di movimento. Una cosa saltò
subito all'occhio: Il tono duro dei muscoli lungo la colonna vertebrale (soprattutto quella toracica).
Esplorando le sue possibilità di movimento, mi sono fatto carico del lavoro di alcuni muscoli, dando
così al suo corpo il segnale "qui puoi lasciarti andare". L'ho ripetuto in modo più specifico (poi
anche in posizione supina) dove sentivo che i suoi muscoli lo chiedevano: soprattutto alle spalle, al
torace e al bacino. Gradualmente il suo respiro è diventato più profondo, i suoi muscoli più morbidi
e ha potuto accettare sempre più l'effetto della gravità.
Un rapporto sano con la gravità è un prerequisito importante per poter suonare uno strumento in
modo "sano". La capacità di "lasciarsi cadere" è direttamente collegata al nostro rapporto con la
gravità. Questa accettazione della gravità deve essere appresa in un'atmosfera di sicurezza, in
modo che la disponibilità a correre rischi, molto necessaria in seguito nel complesso compito di
fare musica, non venga percepita come pericolosa. So che se in un assolo non riesco ad avere
successo come avevo immaginato, spesso è perché non ho suonato con sufficiente rischio.
Questo mi spinge a rivalutare di tanto in tanto il mio rapporto con la gravità.
Quando si alzò alla fine della lezione, il tono dei suoi muscoli era cambiato, il suo respiro era
diventato più calmo e regolare, i suoi tratti del viso più morbidi e aperti, la sua postura e il suo
carisma più naturali. Così ora ha ripreso in mano il violino e l'archetto e le ho chiesto di percepire la
sua relazione sensoriale con lo strumento (senza suonare, senza la pressione del tempo e della
performance): Dettagli specifici sul peso, la forma, la diversa consistenza e temperatura dei
materiali, ecc. Una sensazione piacevole e semplice per lei, anche se, come ha detto, "molto
insolita".
Anche se all'inizio era un po' inquieta, ha accettato di esercitarsi a "suonare male" nella seconda
lezione. Dopotutto, "non si fa così", con l'inconsapevole convinzione che esercitarsi a suonare male
possa solo portare a suonare ancora di più. Ma la signora B. scoprì cosa la ostacolava molto di più:
che escludeva l'esecuzione sbagliata. La costrizione a riprodurre sempre di nuovo ciò che aveva
già imparato (in questo caso il tono semplice) portò a gravi complicazioni. Il tremolio nel tono era
diventato per lei "uno straccio rosso". Più cercava di evitarlo, più il tremito diventava forte.
Naturalmente, ciò era particolarmente evidente nella musica da camera e negli assoli, tanto che
voleva suonare solo in gruppo. Abbiamo quindi affrontato in modo giocoso proprio ciò che aveva
evitato fino a quel momento. Le ho chiesto di percepire esattamente le caratteristiche del tremolio
in posizioni, volumi e contesti diversi, senza giudicare. Innanzitutto, che cosa hanno percepito le
sue orecchie? E poi, cosa poteva percepire internamente? Ovvero, cosa riusciva a "sentire
interiormente"?
Come tutte le persone, i musicisti spesso sentono solo ciò che accade all'esterno. In questo modo,
un intero mondo interiore può essere dimenticato e possiamo diventare schiavi del mondo
esterno. Gli spazi interiori devono essere creati anche per la creazione della musica. Il nostro
orecchio interno ci serve a questo scopo.
Ho chiesto alla signora B. di esagerare il tremito. All'inizio non ci riusciva. Dopo vari tentativi
sembrava sorpresa e ha reagito prima con un sorriso, poi ha riso con gli occhi umidi quando ha
notato che il suono diventava effettivamente più silenzioso. Più rinunciava all'elemento di controllo
ossessivo del suo modo di suonare, più il suono "ascoltava" e "ascoltava" lei.
Nelle lezioni successive abbiamo lavorato più intensamente sui temi della gravità, della sicurezza e
della stabilità. Abbiamo potuto affrontare in modo giocoso molte variazioni e combinazioni di
movimento vecchie e nuove, tra cui suonare da seduti e in piedi (in parte su rulli) e camminare.
Abbiamo integrato la funzione del respiro in modo sempre più consapevole nelle lezioni. Poiché in
uno strumento ad arco non è necessario produrre il suono con l'aria (come in uno strumento a
fiato), è teoricamente possibile smettere di respirare in qualsiasi momento mentre si suona.
Questo ha comportato dei problemi nella pratica per la signora B.. Ma questo fatto ci ha dato
anche delle possibilità che non possono essere presenti in uno strumento a fiato: ad esempio,
trattenere consapevolmente l'aria durante le entrate ed espirare e inspirare anche contro il ritmo
dell'arco o della musica. La respirazione della signora B. si è distaccata dai vecchi schemi di
movimento e ha potuto così essere integrata nel movimento dell'evento musicale. Il musicista
poteva lentamente dire addio alle vecchie certezze statiche e abbandonarsi a una stabilità mobile
più vicina alla spontaneità. La signora B. ha sperimentato di avere tutto il suo corpo a disposizione.
Questo non fu solo un sollievo per le parti del corpo sovraccariche, ma contribuì anche alla
liberazione delle sue capacità musicali e della sua creatività.
Anche nelle situazioni esterne che non poteva cambiare (come la ristrettezza della buca
dell'orchestra), era particolarmente importante per la signora B. essere in possesso di un ampio
repertorio di movimenti. Ora poteva improvvisamente scegliere, non sempre, ma sempre più
spesso. Non si sentiva più impotente. Per la prima volta dopo molti anni, si sentiva meno
dipendente esistenzialmente da medici e colleghi, anziché sempre più dipendente come prima.
Sebbene il dolore alle vertebre lombari e la sensazione di vertigine si presentino ancora di tanto in
tanto, non è più "pronta per l'intervento". Ha sempre più fiducia in ciò che il suo corpo le dice e
riesce a riconoscere più rapidamente ciò che le fa bene. Il Metodo Feldenkrais è diventato per lei
un metodo di auto-aiuto.
Il ripristino o il dispiegamento della dignità e dell'integrità umana di cui c'è tanto bisogno
(soprattutto nell'espressione musicale) era l'obiettivo più alto del dottor Moshe Feldenkrais.

Esempio2
Il signor K., un anziano ed esperto direttore d'orchestra ed ex trombonista, è stato mandato da me
dal suo neurologo. Il signor K. soffriva di dolori articolari cronici alle spalle e di forti dolori al collo e
lamentava una sempre minore forza nelle braccia. Aveva sempre più difficoltà a dirigere un
concerto. Come molti musicisti, aveva già affrontato un'odissea con medici e terapisti, che gli
avevano portato al massimo un sollievo temporaneo. Qualcosa del suo atteggiamento era già
evidente quando mi mostrò come si preparava a dirigere. Ovviamente, aveva preso l'abitudine di
stare molto largo davanti all'orchestra durante le prove e i concerti, come se stesse piantando i
piedi in profondità nel terreno, con le ginocchia ben premute. Con questo rituale, a quanto pare,
voleva garantirsi una solida stabilità fisica e mentale. Sebbene non potesse essere rovesciato da
nessuno dei due lati, per ironia della sorte era esposto ad attacchi frontali - da parte dell'orchestra
- e posteriori - da parte del pubblico. Di tutte le direzioni che proteggeva con la sua postura, cioè i
lati, non c'era alcun pericolo!
Teneva il petto alto e fermo, come un gallo che vuole impressionare con le sue dimensioni. Da
questa posizione diventava sempre più difficile "guidare" l'orchestra. In base alla mia esperienza di
musicista e di insegnante Feldenkrais, ho potuto intuire che non riusciva a realizzare la sua
evidente intenzione di guidare l'orchestra a causa della sua mancanza di consapevolezza corporea.
Con le poche possibilità di movimento che aveva ancora a disposizione nella sua tecnica di
direzione d'orchestra, mi è apparso gradualmente più comprensibile il motivo per cui era sempre
più sotto pressione a tutti i livelli. Il signor K. non riusciva ad accedere alla propria musicalità, cosa
che lo confondeva, né a comunicare con i suoi musicisti, cosa che lo inquietava sempre di più.
Mentre esploravo la sua struttura corporea con le mani, mi sono presto interessato alle possibilità
di movimento minime dei suoi piedi: questo è stato un indizio per me e mi è diventato più chiaro
che i suoi piedi potevano essere una figura chiave nel suo modello di tenuta e di movimento.
Questa mancanza di dinamismo sembrava rispecchiarsi nella parte superiore del corpo.
In una società di pavimenti piatti, scarpe strette e una generale avversione per questa parte del
corpo, c'è da stupirsi che le 26 ossa (e quindi l'enorme varietà) del piede stiano diventando sempre
più grumose?
Ho iniziato a introdurre cose nuove (o vecchie, dimenticate) nei suoi piedi toccandoli con le mani e
con l'aiuto di un piccolo rullo fermo, per quanto possibile senza coercizione. La sola
differenziazione delicata di queste ossa significava un'organizzazione completamente nuova per il
suo corpo. Lo abbiamo provato in molte situazioni e combinazioni (compresa la conduzione con
mani e piedi, o dita e piedi!).
Lentamente il signor K. ha imparato a mobilitare le sue radici. I suoi piedi sono diventati
più saggi, proprio come erano stati originariamente previsti dalla natura. Non solo per i direttori
d'orchestra, ma anche per i cantanti, gli strumentisti, persino per fare musica da seduti, le funzioni
dei piedi sono una delle relazioni primarie e complesse che il nostro scheletro e quindi tutto il
nostro corpo ha con la gravità. Il signor K. ha imparato a capire che i suoi piedi sono, per così dire,
la base di una colonna vertebrale e che sono in grado di sostenere tutto il suo peso attraverso lo
scheletro. Questo gli ha permesso di raddrizzarsi. I suoi movimenti sono diventati più organici e
armoniosi. Il signor K. è diventato più consapevole a livello fisico, così da poter abbandonare lo
sforzo eccessivo dei muscoli a favore dello scheletro: un sollievo drammatico per lui e per le sue
qualità musicali e di leadership umana.

Il Metodo Feldenkrais intende il nostro corpo come uno "strumento fisico", che deve essere ben
accordato e rispettato prima di poter essere utilizzato per ottenere prestazioni elevate e per
l'espressione di sé.
Poiché la musica è spesso accompagnata da costanti correzioni e riparazioni, molti musicisti
cercano di superare le loro difficoltà fisiche lavorando ancora più duramente, ottenendo spesso il
risultato opposto. Quante volte cerchiamo di accedere ai nostri tesori naturali solo con una
frazione delle nostre possibilità (cioè con la forza) e non funziona?
Michelangelo, quando gli chiesero come facesse a realizzare sculture così meravigliose dalla
pietra, rispose seriamente: "Le figure sono già nella pietra, devo solo scalpellare via quelle
superflue! Il motivo per cui il mondo della musica ha un tasso così alto di malattie potrebbe essere
legato al fatto che molti musicisti credono di poter forzare la propria espressione musicale. Fare
musica è uno dei compiti più impegnativi e complessi a cui sottoponiamo il nostro sistema
nervoso, e quindi forse uno dei più vulnerabili. È particolarmente importante riqualificare la nostra
capacità di riconoscere e rilasciare il superfluo in quanto tale. Trovo che il Metodo Feldenkrais ci
offra questa opportunità di sintonizzare in modo ottimale il nostro essere con la musica e la vita.

Un esercizio pratico - circa 20 min.


(*con strumento, se necessario)
Se volete, potete provare voi stessi di che cosa si tratta questo metodo. Alcuni consigli prima di
iniziare:
- Innanzitutto, non si tratta del movimento, ma del modo in cui lo si esegue. Come sentite i
movimenti? E, cosa molto importante, come vi trattate? Qual è il vostro atteggiamento verso ciò
che potete fare e ciò che non potete fare?
- Verificate se riuscite a fare l'esercizio in modo "giocoso" e curioso, senza giudicare.
Sedetevi sulla metà anteriore di una sedia. (*Impugnate il vostro strumento nel modo consueto.
Quanto pesa lo strumento? Da quale lato c'è più carico? Quali muscoli vengono utilizzati? Suonate
lentamente una scala nella posizione centrale. Quali sensazioni fisiche si provano quando si inizia e
si suona? Dove risuona nel corpo? Riportatela a terra).
Sentite il contatto tra i piedi e il pavimento? È lo stesso per entrambi? Inclinate il bacino all'indietro
e in avanti alcune volte. Riuscite a sentire le ossa dei vostri piedi? Fermatevi. Quanta parte della
colonna vertebrale riuscite a sentire? È esattamente al centro? Che forma ha? La testa è il
prolungamento della colonna vertebrale o si inclina leggermente da un lato? Una spalla è più bassa
dell'altra?
Come respirate? Respirate nella pancia, nel petto? Verificate se riuscite a fare questo esercizio
senza "fare" nulla con la respirazione. Lasciate cioè che il vostro respiro, il vostro personale e
naturale ritmo di vita, vada e venga. Riuscite a sentire il vostro respiro nella schiena?
Ora canticchiate alcune note a diverse altezze. Dove sentite le vibrazioni della vostra voce nel
corpo?
Fate una breve pausa - potete appoggiarvi. (*Appoggiate lo strumento di lato).

Tornate davanti alla sedia. Guardate il soffitto alcune volte. Sentite cosa si muove nel vostro corpo
con questo movimento. Senza sforzarvi, verificate quanto lontano o quanto in alto riuscite a
guardare. Segnate questo punto con una croce immaginaria. Guardate di nuovo dritto davanti a
voi.
Ora lasciate che il bacino rotoli leggermente all'indietro e poi tornate al punto di partenza. Ripetete
questo movimento più volte e, quando inclinate il bacino all'indietro, lasciate che la testa e lo
sguardo si abbassino contemporaneamente. Lasciate che la schiena diventi rotonda. Basta. Ora
inclinate il bacino in avanti e sentite come reagisce il vostro corpo. Lo sguardo e la testa vogliono
guardare in basso o in alto? Fate con calma. Ripetete questo movimento più volte e guardate verso
l'alto. Cosa succede allo sterno? (Mettete una mano sullo sterno se volete sentirlo meglio) Come si
muove il petto? Cosa succede alla respirazione? Quando inspirate? Quando espirate? Avete delle
tensioni nel corpo che non vi servono per questo movimento e che potete lasciare andare?
L'articolazione del ginocchio? Il viso? Gli occhi? La lingua? Se volete sbadigliare, distendetevi e
godetevelo.

Sedetevi e fate una pausa un po' più lunga.

Fermarsi-ascoltare - Le pause sono importanti nella musica e nel movimento. Se non riuscite a fare
una pausa, rischiate che le vostre tensioni diventino croniche. La tensione e il dolore, soprattutto
quando il musicista è sottoposto a uno stress fisico e mentale costante, possono portare
all'invalidità professionale. Le pause sono anche attivamente necessarie al sistema nervoso per
integrare quanto appena appreso.

Tornate davanti a voi. Ora combinate i due movimenti alcune volte: una volta il bacino all'indietro,
la testa in basso e una volta il bacino in avanti, la testa in alto. Come si relazionano la testa e il
bacino? Ora, con un movimento più piccolo, portate la testa nella direzione opposta a quella
appena percorsa, quindi bacino indietro e testa in alto, bacino in avanti e testa in basso. Prendetevi
il tempo necessario: non si tratta di un movimento ordinario. Come vi comportate? Se non è così
facile, fatene la metà. Differenziate il movimento della testa da quello del bacino. Questo richiede
pazienza e apertura al nuovo. Non si tratta di prestazioni, bellezza o velocità, ma di notare
consapevolmente ciò che sta accadendo in tutto il corpo. Come si sente questo movimento nella
colonna vertebrale? Come ci si può muovere in questo modo senza disturbare la respirazione? La
pancia è rilassata? Che ruolo hanno i piedi e le gambe? Riposatevi.

Venite di nuovo in avanti. Come siete seduti ora? Come sentite le vostre ossa da seduti? Com'è il
contatto dei piedi con il pavimento? Quanto sentite la vostra "catena" vertebrale? Dove si trova il
centro? Sentite la testa come un'estensione della colonna vertebrale? Come pendono le spalle?
Dove respirate ora? Quanto spazio avete nel petto? Osservate quanto in alto riuscite a guardare.
Avete superato il vostro piccolo dorso?
Sappiamo quanto questo movimento umano elementare sia lontano dal nostro repertorio -
pensate a sollevare la testa di un bambino sulla pancia - al massimo dopo aver tappezzato o dipinto
un soffitto...
Infine, canticchiate di nuovo alcune note a diverse altezze. Che cosa può risuonare ora? Qual è la
"qualità di risonanza" del vostro corpo? Solo un corpo ben "accordato" può risuonare con le
vibrazioni della vita...
(*Se lo desiderate, prendete in mano il vostro strumento e adottate una postura per voi
confortevole, magari nuova. Chiedete alla vostra estetica interiore quale sia la postura aperta,
comoda e sana per voi in questo momento. Non una postura statica "di mantenimento", ma una
postura che possa permettere un movimento e una creatività liberi e spontanei. Ora provate i
diversi movimenti del bacino e della testa di prima. Suonate alcune note o una scala con tutto il
corpo e lo strumento. Come suona ora? Che cosa può risuonare adesso?)

Lavoro di gruppo (consapevolezza attraverso il movimento) con i musicisti


Le lezioni di gruppo si basano sempre sulle esigenze e sui desideri dei partecipanti. Di norma,
partecipano musicisti di diverse discipline. Tuttavia, anche i gruppi esistenti di una stessa disciplina
possono trarre beneficio e imparare ad avvicinarsi l'uno all'altro in modo più musicale (ad esempio,
trii di pianoforte, quartetti d'archi, sestetti di fiati, orchestre da camera, ecc.)
I musicisti sono di solito più motivati a imparare sul proprio strumento che su se stessi. Si
identificano così tanto con il loro strumento e quindi spesso sentono il loro corpo solo quando fa
male o le sue funzioni vengono meno a causa di una malattia. Alcuni portano addirittura con sé
nella vita quotidiana le caratteristiche evidenti del loro strumento (di solito asimmetrico), come i
contrabbassisti, i violinisti e i violisti, i flautisti e i suonatori di corno. Spesso non si può trascurare
la tensione permanente di alcuni muscoli e articolazioni e l'eccessivo stiramento dei legamenti
dovuti a posture statiche "legate allo strumento": una posizione storta della testa, delle spalle,
della colonna vertebrale, del bacino, della gabbia toracica, ecc.

Poiché il corpo è lo strumento vero e proprio, non solo per i cantanti e i direttori d'orchestra,
all'inizio è spesso opportuno fare un lavoro di gruppo senza strumento. (Per ridurre al minimo
l'effetto della gravità, le prime lezioni si tengono preferibilmente sul pavimento). Come in tutte le
relazioni, è importante scoprire e chiarire le dissonanze o i malintesi nel rapporto tra strumento e
corpo. Prima di tutto, però, bisogna affrontare le funzioni e le relazioni del proprio corpo.
Se guardiamo al corpo come a un'orchestra, possiamo capire alcune delle relazioni che
intercorrono nel corpo. L'orchestra è composta da singoli musicisti con strumenti e funzioni diverse
che vogliono creare musica insieme. Se non "tirano tutti nella stessa direzione", ognuno con la
propria funzione speciale, il suono complessivo viene disturbato. Il corpo (o anche una società)
funziona secondo leggi simili. Se tutte le funzioni del nostro corpo non possono essere adattate a
un'intenzione comune, ciò che vogliamo ottenere è inefficiente o addirittura impossibile.
Può quindi essere di importanza esistenziale per l'intero corpo (sano) se il significato delle funzioni
può essere chiarito nuovamente e consapevolmente. In questo lavoro di gruppo, non è la quantità
di funzioni che conta, ma la qualità. Molti strumentisti (e non solo) avranno avuto la seguente
esperienza: Quando si è affrontata una battuta di un concerto di Mozart fino a raggiungere una
qualità "pura", questa battuta ha un effetto sull'intera opera. Puro" potrebbe significare privo di
bagagli inutili, privo di attività muscolare superflua e pensiero senza congestione dell'espressione
musicale.
Ora sono i movimenti più semplici che contano. Per molti l'esperienza intima di sentire se stessi è
nuova e sconosciuta. Un semplice piccolo cerchio, ad esempio del bacino o della testa (l'"orologio
di Feldenkrais"), può già dare un'idea dei punti in cui la motricità fine potrebbe essere carente. Se
poi si associa questo movimento a quello del fare musica, si arriva rapidamente al cuore del lavoro
Feldenkrais con i musicisti. Quando si chiarisce il cerchio (senza disturbare la respirazione), il
movimento del bacino, ad esempio, viene differenziato dal movimento del busto, che può anche
liberare la respirazione.
Con questa differenziazione e definizione delle funzioni, il sistema nervoso ha più scelta su ciò che
può mettere insieme spontaneamente. Sia la differenziazione che la cooperazione sono necessarie
per la diversità e la spontaneità dell'espressione umana e musicale.

Dopo gli esercizi, i musicisti sono solitamente calmi e aperti. Prendono tempo per fare nuove
amicizie con il loro strumento. Capiscono senza parole che suonare uno strumento è un'esperienza
olistica e significa maggiore soddisfazione e realizzazione interiore. Per lo più notano un
cambiamento nel suono del loro strumento. L'interazione con gli altri è più facile, più sensibile, più
evidente, più sicura, più omogenea, guidata dall'interno - come se il sentimento del sé fosse anche
il sentimento della comunità. E spesso si ha l'impressione che il bisogno primordiale di esprimersi
in musica si realizzi ancora di più nel gruppo. È meraviglioso osservare lo stupore dei musicisti.
Cosa ci impedisce di usare lo strumento musicale come strumento di comunicazione con noi stessi
e con l'ambiente? Possiamo vedere lo strumento come una benedizione e non come un tormento!

Il Metodo Feldenkrais nell'educazione musicale


Come il Metodo Feldenkrais sia possibile nell'insegnamento strumentale è dimostrato da 2 piccoli
esempi di mia moglie, Marion Levesque:
La produzione del tono, ad esempio quando si suona il clarinetto.
Con i principianti capita spesso che il tono strida o fischi. Da un lato, l'insegnante può reagire con
rabbia e dire all'allievo di produrre solo bei toni, ma per paura di non fare nulla di sbagliato, la
mascella inferiore viene premuta di più contro l'ancia del clarinetto e quindi di più contro il
bocchino - il cigolio si ripresenta. D'altra parte, l'insegnante potrebbe far provare allo studente a
ripetere il cigolio. Lo studente viene guidato a sentire ciò che sta facendo. Sente come si formano
le labbra intorno al bocchino del clarinetto, si occupa della respirazione come funzione di base per
la produzione di un suono e di come cambiano le dimensioni della cavità orale attraverso la lingua,
il palato e la gola. Può scoprire da solo che sta soffiando troppa o troppo poca aria nello strumento
o che ha il bocchino troppo in bocca e quindi l'ancia vibra liberamente. In questo modo, conosce
diverse possibilità di produzione timbrica in modo sperimentale e ha ora la possibilità di scegliere
liberamente. Più possibilità ha a disposizione, più può essere spontaneo e rilassato nel fare musica.
Imparare un passaggio difficile e veloce
Un allievo prova a suonare un passaggio difficile due o tre volte e si perde sempre. Se l'insegnante
si spazientisce, la situazione diventa più tesa e l'allievo ha ancora più paura. L'allievo non si è
esercitato abbastanza? Si potrebbe chiedere all'allieva di ripetere gli esercizi fino a quando non li
avrà "padroneggiati".
Ma quando riuscirà a farlo il suo organismo l'avrà appreso con una paura subliminale. A ogni
"richiamo", compare anche la paura immagazzinata. D'altra parte, più l'allievo sperimenta gioia
durante l'apprendimento, più sarà padrone di ciò che ha imparato.

L'esperienza fisica apre al musicista nuove strade per risolvere passaggi difficili a un livello diverso.
Lo spazio personale per la creatività si espande. Essere più attenti al "come" o al processo di
apprendimento significa maggiore flessibilità. Lo studente potrebbe, per fare un semplice esempio,
togliere una battuta e suonare consapevolmente le note molto più lentamente. In questo modo,
sentirà intensamente la connessione delle note con le dita e le labbra (il diverso allungamento, la
posizione dei polpastrelli e la diversa tensione delle dita e delle labbra). Oppure si possono
scegliere combinazioni divertenti e insolite: ad esempio, soffiare mentre si cammina (incrociati), (o)
chiudere un occhio, omettere o raddoppiare diversi suoni, cambiare il ritmo, ecc.
In questo modo, il sistema nervoso viene stimolato più volte con un compito diverso. L'esecutore
affronta il passaggio difficile senza riserve e pensieri negativi e può fidarsi della sua esperienza.
Alcune musiche, ad esempio alcune sonate per pianoforte di W.A. Mozart, possono essere presto
suonate dai bambini nella loro imparzialità. È interessante notare che spesso questi brani
diventano più difficili con l'avanzare dell'età. L'arte più alta sta spesso nel riconoscere e suonare la
musica più volte nella sua semplicità.
Siamo tutti artisti nati, ma imparare a suonare uno strumento rimane un processo che dura tutta la
vita. L'enfasi sul "suonare" dovrebbe essere sempre trasmessa nell'educazione musicale, in modo
che questo processo possa rigenerarsi continuamente: non solo il divertimento del movimento, ma
la gioia originale di trasformare il movimento in musica.
La definizione di salute data da Moshe Feldenkrais era: una persona in grado di realizzare i propri
sogni e desideri. E noi, come educatori Feldenkrais, offriamo modi per diventare fedeli a questi
sogni e desideri, attraverso la nostra estetica del movimento semplice e dell'espressione di sé.

Note a piè di pagina


11)
La parola estetica è usata da Feldenkrais più nel suo senso originale di quanto non sia usuale oggi.
Deriva dal greco aisthetik6s "percepire" ed è originariamente correlata al latino audire "sentire",
cioè è distintamente sensuale e soggettiva.
[2) 13)
È interessante notare che, dopo che Immanuel Kant (1724-1804) adottò questa parola nel suo
significato originale nei suoi scritti, A. T. Baumgarten scrisse un libro nel 1750 intitolato "Aestetica"
sulla teoria della bellezza dell'arte. Questo nuovo significato "oggettivo" fu gradualmente adottato
in Occidente.
Intervista radiofonica con Will Schultz, San Francisco 1980
La prima volta che ho suonato in un'orchestra amatoriale, quando avevo quattordici anni, ricordo
che il mio piede destro si addormentò mentre cercavo di aggrapparmi alla gamba di una sedia per
un piccolo assolo (una nota!).
347

[4]
Dt. Ärzteblatt/Das Orchester 1989 La percentuale più alta di disturbi è rappresentata da disturbi
ortopedici, seguiti a distanza da disturbi oculari e nervosi. I disturbi dell'apparato muscolo-
scheletrico sono quindi in primo piano. Le aree problematiche più comuni sono il collo, seguito dal
dolore al resto della colonna vertebrale e dal mal di testa. Se ora confrontiamo i gruppi di
strumenti dei suonatori di archi e di fiati, troviamo differenze generali che possono essere spiegate
da queste diverse posture e tecniche di esecuzione. Nel caso dei suonatori di archi, oltre alle aree
problematiche già menzionate, si riscontrano più disturbi nelle zone delle spalle, dei gomiti e delle
braccia, mentre nel caso dei suonatori di fiati è più probabile che si tratti delle zone delle spalle e
delle mani.
Una grande percentuale di musicisti che si sottopone a cure mediche è insoddisfatta perché le
esigenze artistico-professionali della malattia non vengono prese sufficientemente in
considerazione nella terapia. È inoltre sorprendente che il 68% dei musicisti in cura segua
raramente o mai la terapia suggerita dal medico. (Tuttavia, è gratificante che sempre più medici
non considerino più il corpo come qualcosa di statico che deve essere "riparato" solo in parte. Le
idee olistiche e "rivoluzionarie" di Moshe Feldenkrais stanno diventando sempre più popolari).
Anche se non sono "guarita", questa lezione è stata sufficiente per farmi lasciare l'ospedale senza
un'operazione. Finora, per più di 12 anni, ho potuto utilizzare questo metodo per evitare
un'operazione che, secondo l'opinione medica dell'epoca, era inevitabile! Ricordo, ad esempio,
una registrazione radiofonica con coro e orchestra che fu rimandata di un giorno perché si doveva
trovare un sostituto per il suonatore di corno inglese, che non riusciva più a ottenere un suono dal
suo strumento a causa della tensione.
[5]
Bibliografia
Feldenkrais, Moshe: Life and Human Nature, con Will Schutz (1981 ), New Dimensions Foundation,
1993
Feldenkrais, Moshe: Self-Fulfillment Through Organic Learning, a cura di Mark Reese, da una
presentazione alla Mandala Conference del 1981.
Hanna, Thomas: Il corpo della vita, Creare nuovi percorsi per la consapevolezza sensoriale e il
movimento fluido, 1993, Healing Arts Press
Havas, Kato: La paura del palcoscenico, cause e superamento con particolare riferimento al
suonare il violino, 1989, Bosworth Edition
Heipertz, W.: Malattie professionali dei musicisti professionisti, Des einen Freud' - des andern Leid!,
Therapiewoche 44, 34 (1994)
Jacoby, Peter: Die Feldenkrais-Methode in Musikpädagogik und Stimmbildung. A cura di Hans-Erich
Czetczok. Con una prefazione di Yehudi Menuhin. Biblioteca della Feldenkrais-Guilde e.V. N. 10,
Monaco di Baviera/Herford 1997
Molsberger A.: P.Wehling, F.Molsberger,E.Hille: Der KünstleralsPatient.DtÄrzteblatt 86, 1989
Rubin, Paul: Linda Case Speakswith Paul Rubin, The American Suzuki Journal, Inverno, 1995
Spencer, Robert L.: Il mestiere del guerriero, Frag, Ltd. 1993
Von Wangenheim: Annette, Zur Bewußtheit durch Bewegung finden - Die Fedenkrais-Päda- gogen
wollen jetzt neues Lernen lehren, Neue Musikzeitung, agosto/settembre 1987

4.4 Die Musik in uns- Über die Anwendung der Feldenkrais- Methode in der
Instrumentalmusik
Vincent Levesque
Sind Sie Berufs- oder Hobbymusiker? Oder zählen Sie sich eher zu denen, die froh sind, wenn
keiner Sie beim Vor-sich-hin Pfeifen oder Singen in der Badewanne hört? Esgibt kaum Menschen,
die Musik grundsätzlich nicht mögen. Daß Menschen sich durch Rhythmus und Musik ausdrücken,
gehört zu ihren Urbedürfnissen und wird in vielen Kulturen sogar als heilig angesehen. Wir wollen
kommunizieren, uns mitteilen und finden als heranwachsende Kinder zunehmend Wege, unsere
persön- lichen inneren Schwingungen zu „äußern". Wir richten und bewegen uns nach un- serem
inneren Gefühl von Ästhetik [1] - wir schaukeln, summen, tanzen und singen. Und nicht selten
erwacht auch in uns der Wunsch ein Musikinstrument zu erlernen.
Anfänglich ist man neugierig und man hat Spaß an dem Musikinstrument. Nicht sel- ten aber wird
der innerste Wunsch, sich mit dem Instrument auf einfachste Art aus- zudrücken, als „übertrieben"
empfunden. Äußere Erwartungen werden verinner-licht: ,,Du kannst doch den Rhythmus bzw. die
Melodie nicht halten". Oft können die Erwartungen nach höheren Leistungen und die
Aufforderung nach Imitation nur noch mit Zwang erreicht werden. Und dann kommt die immer
besserund genauer werdende Aufnahmeindustrie ... Wird nicht häufig einfach die Idee vermittelt,
daß nur „Begabte" sich durch Musik ausdrücken dürfen?
Esüberrascht kaum, daß viele den Wunsch nach einfachem, persönlichem musika- lischen
Ausdruck bald wieder aufgeben. Das Instrument, zu dem sie ursprünglich eine Beziehung aufbauen
wollten, steht, wenn es nicht längst verkauft worden ist, verstimmt und verstaubt in einer Ecke.
überzeugt, einfach nicht musikalisch begabt zu sein, geben sie es auf und denken schnell an etwas
anderes. Das lebendige Urbe- dürfnis bleibt stumm. Gibt es einen Weg diese verschlossene Tür des
Selbstaus- drucks wieder aufzuschliessen?
Sicher gibt es begabte Menschen. Das heißt, zumindest Menschen, die Fähigkeiten haben, die
ausgeprägter sind als bei anderen Menschen. Doch die wenigsten leiten ihre Begabung von ihrem
biologischen Erbe her. Viel häufiger ist es der Fall, daß Menschen Fähigkeiten entwickeln, deren
Vorhandensein sie nicht für möglich hielten. Als Kind durfte Moshe Feldenkrais aus religiös-
ästhetischen Gründen nicht pfeifen. [2] Seine Versuche, eine Melodie zu produzieren, wurden von
Tadel und Kritik begleitet. Seine späteren Erfolge hingegen bei seiner Arbeit mit hervorragen- den
Musikern (z.B. mit dem berühmten Geiger und Dirigenten Yehudi Menuhin) fanden weltweit
Anerkennung. Noch im hohen Alter entschloß er sich, seine eige- nen musikalischen Fähigkeiten zu
entdecken. Obwohl er früher „gelernt" hatte, daß er musikalisch unfähig sei, war er innerhalb
kürzester Zeit in der Lage, höchst kom- plexe musikalische Aufgaben (z.B. vom Blatt aus der Partitur
zu singen) spielend zu bewältigen.
Das Lernen im Leben des Menschen
Das Baby ist zuerst abhängig von seinen Eltern. Esprobiert viele verschiedene Bewe- gungen aus
und lernt allmählich, nur die für sich geeigneten zu gebrauchen. Diesen „trial-and-error"- Prozeß,
der nicht zielgerichtet sondern eher schweifend ist, nennt Feldenkrais „organisches Lernen". Das
Kind wird zum Lernen angeregt durch die Neugierde, seine Umgebung zu erforschen und durch
zunehmende Beweglichkeit selbsteinaktiverTeilseinerUmweltzuwerden.
Eine andere Art des Lernens ist das Ansammeln und Wiedergeben von Wissen und Information,
wie wir es vielfach z.B. aus der Schulzeit kennen. Der Lehrer, der es gut meint, gibt das Ziel vor. Der
Schüler versucht es zu erreichen, um eine gute Note zu bekommen. Häufig geht jedoch so die
Neugierde und damit die Motivation zum Lernen verloren. Vielmehr setzt hier der Druck ein, ein
fremdgestecktes Ziel errei- chen zu müssen. Das führt oft zu inneren Konflikten und zu einem
Orientierungs-verlust des jungen Menschen. Beim Erlernen eines Musikinstruments geht es meist
ähnlich zu. Der Lehrer gibt vor, was in der Unterrichtsstunde erreicht werden soll, der Schüler
versucht diese Leistung zu erbringen. Die Möglichkeit von trial-and-er- ror, spielerisch zum Erlernen
eines Instruments zu kommen, droht langsamzu ver- schwinden. Häufig ist es so, daß selbst der
Schüler zusammenzuckt, wenn ein Ton quietscht oder schief ist. Beim Üben geht es hier
vorwiegend darum, was und wie lange geübt wird, und daß Fehler vermieden werden. Die Art und
Weise wie man übt, steht häufig im Hintergrund. Allgemein verbreitet ist der Glaube, man könne
beim Üben nur durch „harte Arbeit" eine Leistung erbringen; wenn es leicht geht, ist etwas „faul",
sonst kann ja eine Höchstleistung nicht erbracht werden.
Auf dieser Basisist entspanntes Lernen kaum möglich - eine rasche Entwicklung auf dem
Instrument und der Spaß am Musizieren werden gestört und die Möglichkeit einer leichten und
harmonischen Beziehung erheblich erschwert. Eine bestimmte Haltung wird eingeübt, ein Ansatz
beim Bläser festgelegt, eine Kopfhaltung, ein Be- wegungsablauf, eine Technik, usw. Dadurch, daß
bestimmte (Bewegungs-)Möglich- keiten ausgeschlossenoder verboten werden, wird die Fähigkeit
zur Spontaneität vermindert. Der Schüler wird zunehmend unsicher, hält die Luft an und beginnt
sich zu verkrampfen. Als Gegenreaktion beginnt er nach mehr Sicherheit zu tasten. Die subjektiv
fehlende Sicherheit ersetzt er, indem er sich am Instrument festhält, dem Stuhl, [3] oder dem
Glauben, daß Streß und Verspannungen beim Musizieren unab- dingbar sind. Fallsdieser Schüler
nun ein Musikstudium aufnimmt, geht es meist auf höherem Niveau verstärkt weiter. Kommt
dieser Musiker dann z.B. ins Orchester, sind die Chancen leider groß, daß aus dem Lernen und
Spielen Leistung und Dauer- streß werden und die Belastungen sich zunehmend körperlich
auswirken.
Der Beruf des Musikers mag, angesichts der schönen Materie, beneidenswert er- scheinen. Doch
Insider wissen, daß Musiker eine außergewöhnlich hohe Krankheitsrate aufweisen. Nach einem
Artikel des Deutschen Ärzteblatts, leiden 75 o/oaller Orchestermusiker an Beschwerden des
Bewegungsapparates! [4] Ist also dieser Beruf als gefährlich einzustufen?
Zwar sind nicht alle Beschwerden chronisch oder berufsbedrohend, doch es berührt mich zutiefst,
wie viele Musiker ihre Gesundheit gefährden, um Musik zu machen. Regelmäßig erlebe ich
Musiker, die, weil sie wegen Schmerz und Streß zu ihrem Ur- bedürfnis keinen Kontakt mehr
aufnehmen können, resigniert haben. Was ist hier aus dem kindlichen Wunsch, sich mit Musik
auszudrücken, geworden?

Beispiel1
Als die 29jährige Geigerin Annette B. mit schweren Rückenbeschwerden zur Einzel- stunde
(Funktionale Integration) zu mir kam - ihr drohte eine Bandscheiben-opera- tion im
Lendenwirbelbereich -, wurde ich an meine erste Begegnung mit der Feldenkrais-Methode
erinnert: Ca. 40 Stunden vor einer bevorstehenden Opera- tion an meiner Halswirbelsäule habe ich
meine erste Einzelstunde bekommen. [5] Annette B. gab an, auch unter Schwindelanfällen zu
leiden. Sie erwähnte, da der Orchestergraben sehr eng war, habe sie zu wenig
Bewegungsmöglichkeiten (Bogen- führung) beim Musizieren. Als sie mir etwas vorspielte, kam das
zum Vorschein, was ich bei vielen Musikern beobachte: Die Funktionen des Oberkörpers werden in
der Bewegung wenig differenziert, wobei die Möglichkeit verschwand, die Atmung als organischen
Teil des Musizierens zu integrieren. Wenn Annette B. längere Töne spielte, fing der Ton an zu
zittern. Sie schien sichtlich bemüht, dies abzustellen.
Der Zuhörer ahnt meistens nicht, was für Energie bei einer Aufführung verbraucht wird, was für
Leiden dabei in Kauf genommen werden. Was kann denn dabei so schwer sein?
Eine körperliche und geistige Hochleistung Abend für Abend perfekt zu erbringen, empfinden
sicher nicht alle, doch viele Musiker als enormen Druck. Mir ging es ähn- lich. Die Synchronisation
von innerer Vorstellung und äußerem Bewegungsablauf (das 11Timing") muß auf den Bruchteil der
Sekunde genau funktionieren. Wenn dem Musiker nicht die geeigneten sensomotorischen
Fähigkeiten zur Verfügung stehen, führen gegenseitige Abhängigkeiten und Erwartungen (Kollegen,
Dirigent, Konkur- renz, Publikum, Kritiker - vor allem der innere Kritiker) zu Streß, oft ähnlich
subjek- tiv empfunden, wie der Streßeines Fluglotsensoder Rennfahrers.Äußere Bedingun- gen,
wie z.B. ungeeignete Stühle, zu wenig Platz, schlechte Luft- und Lichtverhält- nisse, unregelmäßige
Arbeitszeiten und die übliche Problematik menschlicher Be- ziehungen, komplizieren zusätzlich das
Arbeitsklima. Esbleibt oft nicht bei den be- rühmten Schmetterlingen im Bauch. Herzrasen,
Schwindel, Konzentrationsstörun- gen, hoher Flüssigkeitsverlust durch Schwitzen, Panikgefühle,
Zittern, Verlust des Selbstvertrauens, usw. sind leider nicht selten. Einige greifen zu Alkohol, viele
zu Ta- bletten: Beta-Blocker, Beruhigungs- und Schmerzmittel.
Der linke Oberarm von Frau B. war auf der linken Brustkorbseite wie angeklebt, der Kopf schräg
nach links und die Stirn nach unten geneigt. Die linke Schulter nach oben und vorne gezogen -
dazwischen ihre Geige 11geklemmt". Jede Bewegung wurde mit ihrem gesamten Brustkorb als
Block begleitet. Das heißt, sämtliche Bewe- gungen, die der Brustkorb zur Verfügung hätte (die
Gelenke der Rippen zur Wirbel- säule und Verbindungen zum Brustbein und fast alle
Bewegungsmöglichkeiten der Brustwirbel), wurden eingefroren. Durch das 11 Festhalten" des
Instruments, kam eine starre Kopfhaltung dazu. Im Sitzen, wie im Stehen, waren ihre Beine eng
bei-einander. Wie bei den meisten Musikern, war ihre Konzentration überwiegend auf ihre Finger
und Hände zentriert. Diese sonst noch so gesunde junge Frau, bei wei- tem kein Einzelfall, hatte
sich äußerst anstrengende Bewegungsabläufe zu eigen ge- macht. Paradoxerweise hatte sie sich so
gehalten, wie sie glaubte sich am sichersten zu fühlen, war jedoch gerade hierdurch in Gefahr
geraten.
Wir bewegen und halten uns meist so, wie wir in dem Moment glauben sicher zu sein. Kein Kritiker,
kein Konzert, kein Vorspiel, kein Lehrer oder keine Aufnahme be- droht uns körperlich so sehr, wie
dieser gelernte und geübte Glaube. Die unter- schwellige Überzeugung, daß wir nicht ohne unsere
Bewegungseinschränkungen und Ängste auskommen können, kann unser Selbstbild beherrschen.
Leider ent- spricht diesesSelbstbild nicht unseren eigentlichen Bedürfnissen.
Eshätte nicht gereicht oder geholfen, der Geigerin meine Beobachtungen zu erzäh- len. Das
Ansammeln von logischer Information ersetzt nicht das sensomotorische Lernen. Dieses fehlt
dann, wenn wir nicht das tun können, was wir tun wollen. Oft müssen Schmerzen, oder z.B. wie bei
ihr, auch Schwindelgefühle uns als Notsignal erst darauf bringen.
In der ersten Stunde habe ich sie gebeten, sich bäuchlings auf die Liege zu legen. Dies war die
Position, in der sie sonst einschlief, und in der sie sich am bequemsten und sichersten fühlte. Ich
begann ihr „Muster" oder ihre Muskel- bzw. Bewegungs- struktur sanft mit meinen Händen zu
erforschen. Einsfiel sofort auf: Der harte Tonus der Muskeln entlang der Wirbelsäule (vor allem der
Brustwirbelsäule). Indem ich ihre Bewegungsmöglichkeiten erforschte, übernahm ich die Arbeit
einiger Muskeln und gab ihrem Körper damit das Signal „hier kannst Du loslassen". Dieses habe ich
gezielter wiederholt (dann auch in der Rückenlage) wo ich spürte, daß ihre Muskeln danach
fragten: Vor allem bei den Schultern und am Brustkorb und am Becken. All- mählich wurde ihre
Atmung tiefer, ihre Muskeln weicher und sie konnte die Wir- kung der Schwerkraft zunehmend
annehmen.
Eine gesunde Beziehung zur Schwerkraft ist eine wichtige Voraussetzung, ein Instru- ment
„gesund" spielen zu können. Die Fähigkeit, ,,sich fallen zu lassen", hängt unmit- telbar mit unserer
Beziehung zur Schwerkraft zusammen. Dieses Annehmen der Schwerkraft will in einer Atmosphäre
von Sicherheit gelernt werden, damit die später bei der komplexen Aufgabe des Musizierens sehr
nötige Risikobereitschaftnicht als ge- fährlich empfunden wird. Ich weiß, wenn mir ein Solo nicht so
gelingt, wie ich es mir vorgestellt habe, liegt es oft daran, daß ich nicht mit genügend Risiko
gespielt habe. Dies veranlaßt mich, meine Beziehung zur Schwerkraft ab und an neu zu klären.
Als sie am Ende der Stunde aufstand, hatte sich der Tonus ihrer Muskeln verändert, ihre Atmung
war ruhiger und gleichmäßiger geworden, ihre Gesichtszüge weicher und offener, ihre Haltung und
Ausstrahlung natürlicher. So nahm sie nun ihre Violine und den Bogen wieder in die Hände und ich
gab ihr Anweisungen, ihre sensorische Beziehung zum Instrument (ohne zu spielen, ohne Zeit- und
Leistungsdruck) wahr- zunehmen: Konkrete Einzelheiten über das Gewicht, die Form,
unterschiedliche Konsistenz und Temperatur der Materialien etc. Ein angenehmes, einfaches
Gefühl für sie, wenn auch, wie sie sagte, ,,sehr ungewöhnlich".
Auch wenn sie zuerst etwas verunsichert war, stimmte sie zu, in der zweiten Stunde das
„Falschspielen" zu üben. Schließlich „tut man so etwas nicht", mit der unbe- wußten Überzeugung,
daß das Üben des Falschspielensnur noch zu mehr Falsch- spielen führen kann. Doch Frau B.
erfuhr, was ihr wesentlich mehr im Weg stand: daß sie das Falschspielen ausschloß. Der Zwang,
immer wieder das zu reproduzie- ren, was sie schon mal gekonnt hatte (in diesem Fallder einfache
Ton) führte zu hef- tigen Komplikationen. Ihr war das Zittern im Ton „ein rotes Tuch" geworden. Je
mehr sie sich bemühte, dies zu vermeiden, um so stärker wurde das Zittern. Dies war bei
Kammermusik und Soli natürlich besonders auffällig, so daß sie nur noch in der Gruppe spielen
wollte. Also haben wir uns spielerisch genau damit auseinander- gesetzt, was sie bisher vermieden
hatte. Ich bat sie, die Eigenschaften des Zitterns in verschiedenen Lagen, Lautstärken und
Zusammenhängen ohne Wertung genau wahrzunehmen. Zuerst, was nahmen ihre Ohren wahr?
Und dann, was konnte sie innerlich wahrnehmen? Das heißt: Was konnte sie ,,innerlich hören"?
Wie alle Menschen hören auch Musiker oft nur noch das, was äußerlich geschieht. Dabei kann eine
ganze innere Welt in Vergessenheit geraten und wir können zu Sklaven der Außenwelt werden.
Auch die inneren Räume müssen für die Entste- hung der Musik geschaffen werden. Hierzu dient
uns unser inneres Ohr.
Ich bat Frau B., das Zittern zu übertreiben. Erst konnte sie es nicht. Nach mehreren Versuchen
wirkte sie verwundert und reagierte erst mit einem Lächeln, dann lachte sie mit feuchten Augen,
als sie merkte, daß der Ton tatsächlich ruhiger wurde. Je mehr sie das zwanghaft kontrollierende
Element ihres Spiels aufgab, desto mehr hat der Ton ihr ge-,,hört" und ge-,,horcht".
In den darauffolgenden Stunden sind wir intensiver auf die Themen Schwerkraft, Si- cherheit und
Stabilität eingegangen. Mit vielen alten und neuen Bewegungsvariatio- nen und -kombinationen,
auch beim Spielen im Sitzen und im Stehen (teilweise auf Rollen) und im Laufen konnten wir
bewußt spielerisch umgehen. Die Funktion der Atmung haben wir immer bewußter in die Stunden
integriert. Da man beim Streich- instrument den Ton nicht (wie z.B. beim Blasinstrument) mit der
Luft erzeugen muß, ist es theoretisch möglich, zu jeder Zeit beim Spielen die Atmung anzuhalten.
Das hat bei Frau B. zu Problemen in der Praxis geführt. Doch diese Tatsache gab uns auch
Möglichkeiten, die beim Bläser nicht vorhanden sein können: z.B. bei Einsät- zen bewußt die Luft
halten und aus- und einatmen auch gegen den Rhythmus des Bogens oder der Musik. Frau B.'s
Atmung löste sich von alten Bewegungsmustern und konnte somit in die Bewegung des
musikalischen Geschehens integriert wer- den. Die Musikerin konnte sich langsam von den alten
statischen Sicherheiten verabschieden und sich mehr einer mobilen, der Spontaneität näher
verwandten Stabi- lität hingeben. Frau B. erlebte, daß sie den gesamten Körper zur Verfügung
hatte. Dies war nicht nur eine Entlastung der überlasteten Körperteile, sondern trug auch zur
Befreiung ihrer musikalischen Fähigkeiten und ihrer Kreativität bei.
Auch bei den äußeren Situationen, die sie nicht ändern konnte (wie z.B. die Engeim
Orchestergraben), war es für Frau B. besonders wichtig, im Besitz eines großen Be-
wegungsrepertoires zu sein. Jetzt konnte sie auf einmal wählen - nicht immer, aber doch
zunehmend. Sie fühlte sich dadurch nicht mehr ohnmächtig. Zum ersten Mal seit vielen Jahren
fühlte sie sich von Ärzten und Kollegen existentiell weniger abhän- gig- statt wie bisher, immer
abhängiger. Obwohl die Schmerzen in den Lendenwir- beln und das Schwindelgefühl sich ab und zu
noch melden, ist sie nicht mehr „ope- rationsreif". Sie hat zunehmend Vertrauen in das, was ihr
Körper ihr sagt, und kann nun schneller erkennen, was für sie gut ist. Die Feldenkrais-Methode
wurde für sie eine Methode der Selbsthilfe.
Die Wiederherstellung bzw. Entfaltung der (gerade beim musikalischen Ausdruck) so benötigten
menschlichen Würde und Integrität war das höchste Ziel von Dr. Moshe Feldenkrais.
Beispiel2
Herr K., ein älterer und erfahrener Dirigent und früherer Posaunist,wurde von sei- nem Neurologen
zu mir geschickt. Herr K. hatte chronische Gelenkschmerzen in den Schultern und starke
Nackenschmerzen und beklagte sich über immer weniger Kraft in den Armen. Zunehmend fiel es
ihm schwerer, ein Konzert zu dirigieren. Er hatte schon, ähnlich wie viele Musiker, eine Odyssee bei
Ärzten und Therapeuten hinter sich, was ihm höchstens vorübergehende Erleichterung gebracht
hatte. Eini- ges an seiner Haltung offenbarte sich schon, als er mir zeigte, wie er sich zum Diri-
gieren vorbereitete. Offensichtlich hatte er es sich angewöhnt, bei Proben und Kon- zerten als
erstesvor dem Orchester einen sehr breiten Stand einzunehmen, so als ob er seine Füße tief in die
Erde verwurzeln würde, die Knie fest durchgedrückt. Durch dieses Ritual wollte er sich
anscheinend eine feste physische und seelische Stabilität gewährleisten. Zwar konnte er von
beiden Seiten nicht umgestoßen werden, doch ironischerweise war er nach vorne - vom Orchester,
und nach hinten - vom Publi- kum, offen für Angriffe. Ausgerechnet aus den Richtungen, die er
durch seiner Hal- tung absicherte, nämlich den Seiten, drohte keine Gefahr!
Er hielt seinen Brustkorb hoch und fest, wie ein Hahn, der durch seine Größe impo- nieren will. Aus
dieser Haltung heraus wurde es zunehmend schwieriger das Orche- ster zu „leiten". Aus meiner
Erfahrung als Musiker und Feldenkrais-Pädagogekonnte ich erahnen, daß er seine offensichtliche
Absicht, das Orchester zu führen, aus seiner mangelnden Körperbewußtheit nicht realisieren
konnte. Mit den wenigen Bewegungsmöglichkeiten, die ihm bei seiner Dirigiertechnik noch zur
Verfügung standen, wurde es mir allmählich verständlicher, warum er zunehmend auf allen
Ebenen unter Druck geriet. Herr K. fand weder den Zugang zu seiner eigenen Musikalität, was ihn
verwirrte, noch kam er bei seinen Musikern an, was ihn zunehmend verunsicherte.
Als ich seine Körperstruktur mit meinen Händen erforscht habe, interessierten mich bald die
minimalen Bewegungsmöglichkeiten der Füße- dies war für mich ein Hin- weis und es wurde mir
klarer, daß seine Füße eine Schlüsselfigur in seinem Hal- tungs- und Bewegungsmuster sein
könnten. Diese fehlende Dynamik schien sich in seinem Oberkörper zu widerspiegeln.
In einer Gesellschaft von flachen Böden, engen Schuhen und einer generellen Ab- neigung diesem
Körperteil gegenüber, ist es da verwunderlich, wenn die 26 Kno- chen (und damit die enorme
Vielfalt) des Fußesimmer mehr zu einem Klumpen ver- kümmern?
Ich begann durch Berührung mit meinen Händen und mit Hilfe einer kleinen festen Rolle seinen
Füßen Neues (bzw. auch Altes, Vergessenes)vorzustellen, soweit dies ohne Zwang möglich war.
Allein das sanfte Differenzieren dieser Knochen bedeu- tete für seinen Körper eine völlig neue
Organisation. Dies haben wir in vielen Situa- tionen und Kombinationen ausprobiert (u.a. das
gleichzeitige Dirigieren mit den Händen und Füßen, bzw. Fingern und Zehen!).
langsam lernte Herr K.
seine Wurzeln 11 zu mobilisieren. Seine Füße sind wieder 11
weiser geworden, so wie sie ursprünglich von der Natur bestimmt waren. Nicht nur für Dirigenten,
sondern auch für Sänger,Instrumentalisten, auch für das Musizieren im Sitzen, sind die Funktionen
der Füße eine der primären und komplexen Bezie- hungen, die unser Skelett und damit unser
ganzer Körper zur Schwerkraft hat. Herr K. lernte, seine Füße sozusagenals Basisseiner Wirbelsäule
zu verstehen, und, daß sie durchaus in der Lagewaren, sein ganzes Gewicht durch sein Skelett
hindurch zu tragen. So konnte er sich neu aufrichten. Seine Bewegungen wurden organischer und
harmonischer. Herrn K. ist auf der körperlichen Ebene bewußter geworden, so daß er die
Überanstrengungen seiner Muskeln an sein Skelett abgeben kann - eine dramatische Erleichterung
für ihn und seine musikalischen und menschlichen Füh- rungsqualitäten.
Die Feldenkrais-Methode versteht unseren Körper als „physisches lnstrument
das gut eingestimmt und respektiert werden will, ehe eszu Hochleistung und Selbstaus- druck
benutzt werden kann. Da Musik häufig von ständigem Korrigieren und Repa-
rieren begleitet wird, versuchen viele Musiker durch noch mehr Fleiß ihre körperli- chen und
physischen Schwierigkeiten in den Griff zu bekommen - und sie erreichen oft das Gegenteil. Wie oft
versuchen wir mit nur einem Bruchteil unserer Möglich- keiten (also mit Gewalt) an unsere
natürlichen Schätze heranzukommen und es funktioniert nicht!?
Michelangelo hat auf die Frage,wie er so wundervolle Skulpturen aus Steinen ma- chen könne,
ernsthaft geantwortet: 11 Die Figuren sind in dem Stein schon vorhan- den, ich brauche nur das
überflüssige wegzumeisseln!". Warum die Musikwelt eine so hohe Krankheitsrate zu beklagen hat,
könnte damit zusammenhängen, daß viele Musiker glauben, ihren musikalischen Ausdruck
herauszwingen zu können. Das Musizieren ist eine der anspruchsvollsten und komplexesten
Aufgaben, die wir un- serem Nervensystem stellen und deshalb vielleicht auch eine der
anfälligsten. Esist vor allem wichtig, unsere Fähigkeit neu auszubilden, das überflüssige als solches
zu erkennen und abzugeben. Ich finde die Feldenkrais-Methode bietet uns diese Gele- genheit
unser Wesen auf die Musik und das Leben optimal einzustimmen.
Eine praktische Übung - etwa 20 min.
(*ggf. mit Instrument)
Wenn Sie mögen, können Sie selbst probieren, um was es bei dieser Methode geht. Ein paar Tips
bevor Sie beginnen:
• In erster Linie geht es hier nicht um die Bewegung, sondern um die Art und Weise, wie Sie die
Bewegung ausführen. Wie empfinden Sie die Bewegungen? Und - sehr wichtig - wie gehen Sie mit
sich um? Wie ist Ihre Einstellung zu dem was Sie machen können und was Sie nicht können?
• Schauen Sie, ob Sie die Übung 11spielend" und neugierig durchführen können ohne Wertung
und Urteil.
Setzen Sie sich auf die vordere Hälfte eines Stuhls. (*Halten Sie Ihr Instrument in der gewohnten
Art und Weise. Wie schwer ist das Instrument? Auf welcher Seite ist mehr Last?Welche Muskeln
werden dafür gebraucht? Spielen Sie langsameine Ton- leiter in der Mittellage. Welche
körperlichen Empfindungen haben Sie beim Anset- zen und Spielen. Wo schwingt es im Körper
mit? Setzen Sie wieder ab).
Spüren Sie den Kontakt den die Füße mit dem Boden haben? Ist es bei beiden gleich? Kippen Sie
Ihr Becken ein paar mal nach hinten und nach vorne. Können Sie Ihre Sitzknochen dabei
wahrnehmen? Halten Sie an. Wieviel von Ihrer Wirbelsäule können Sie spüren? Ist sie genau in der
Mitte? Welche Form hat sie? Ist Ihr Kopf die Verlängerung der Wirbelsäule oder neigt Ihr Kopf
etwas zu einer Seite? Hängt eine Schulter tiefer als die andere?
Wie atmen Sie?Atmen Sie in den Bauch, in den Brustkorb? Prüfen Sie, ob Sie diese Übung
ausführen können, ohne daß Sie etwas mit der Atmung 11 machen". D.h. las- sen Sie die Atmung,
Ihren ganz persönlichen und natürlichen Rhythmus des Lebens, kommen und gehen. Spüren Sie
Ihre Atmung im Rücken? Summen Sie nun ein paar Töne in verschiedener Höhe. Wo spüren Sie die
Schwingungen Ihrer Stimme in lhem Körper? Machen Sie eine kleine Pause- Sie können sich
anlehnen. (*Legen Sie Ihr Instrument zur Seite).
Kommen Sie wieder nach vorne auf Ihren Stuhl. Schauen Sie ein paar Mal an die Decke. Fühlen Sie,
was sich im Körper mit dieser Bewegung rührt. Sehen Sie, selbst- verständlich ohne sich
anzustrengen, wie weit, bzw. wie hoch Sie schauen können. Merken Sie sich diese Stelle mit einem
imaginären Kreuzchen. Schauen Sie wieder geradeaus.
Lassen Sie nun das Becken leicht nach hinten abrollen und kommen Sie dann zum Ausgangspunkt
zurück. Wiederholen Sie diese Bewegung mehrmals und lassen Sie, wenn Sie das Becken nach
hinten kippen, gleichzeitig den Kopf und Ihren Blick da- bei nach unten absinken. LassenSie Ihren
Rücken rund werden. Genug. Kippen Sie das Becken nun nach vorne und spüren Sie, wie Ihr Körper
jetzt reagiert. Möchte Ihr Blick, Kopf eher nach unten schauen oder nach oben? Lassen Sie sich
Zeit. Wieder- holen Sie diese Bewegung mehrere Male und schauen Sie dabei nach oben. Was
passiert dabei mit Ihrem Brustbein? (Legen Sie eine Hand auf Ihr Brustbein, wenn Sie es besser
fühlen möchten.) Wie bewegt sich Ihr Brustkorb? Was passiert mit Ihrer Atmung? Wann atmen Sie
ein? Wann atmen Sie aus? Haben Sie im Körper Spannun- gen, die Sie für diese Bewegung nicht
brauchen, die Sie loslassen können? Ihr Kie- fergelenk? Ihr Gesicht? Ihre Augen? Ihre Zunge? Wenn
Sie gähnen möchten, dehnen Sie es aus und genießen Sie es. Setzen Sie sich zurück und machen
Sie eine etwas längere Pause.
Auf-hören 11 • Pausen sind in der Musik und in der Bewegung wichtig. Wer nicht pausieren kann,
dem droht die Gefahr, daß seine Spannungen chronisch werden. Verspannung und Schmerz,
gerade bei der physischen und psychischen Dauerbela-
stung des Musikers, können bis zur Berufsunfähigkeit führen. Pausen werden außer- dem aktiv
vom Nervensystem zum Integrieren des Neugelernten gebraucht.
Kommen Sie wieder nach vorne. Verbinden Sie nun einige Male beide Bewegun- gen: Einmal das
Becken nach hinten, Kopf nach unten und einmal Becken nach vorne, Kopf nach oben. Wie stehen
Kopf und Becken in Beziehung zueinander? Nun, mit einer kleineren Bewegung, nehmen Sie Ihren
Kopf in die andere Richtung als eben, also Becken nach hinten und Kopf nach oben, Becken nach
vorne und Kopf nach unten. LassenSie sich Zeit- dies ist keine gewöhnliche Bewegung. Wie gehen
Sie mit sich um? Wenn es nicht so leicht geht, machen Sie halb so viel. Sie dif- ferenzieren die
Bewegung des Kopfes von der Bewegung des Beckens. Dies erfor- dert Geduld und Offenheit für
das Neue. Auf Leistung, Schönheit oder Tempo kommt es nicht an, sondern bewußt
wahrzunehmen, was eigentlich im ganzen Kör- per passiert. Wie fühlt sich diese Bewegung in der
Wirbelsäule an? Wie können Sie sich so bewegen, ohne die Atmung zu stören? Ist ihr Bauch
entspannt? Welche Rolle spielen dabei die Füße und die Beine? Ruhen Sie sich aus.

Kommen Sie bitte noch einmal nach vorne. Wie sitzen Siejetzt? Wie spüren Sie Ihre Sitzknochen
jetzt? Wie ist der Kontakt Ihrer Füße zum Boden? Wieviel von Ihrer Wirbel-,,kette" fühlen Sie jetzt?
Wo ist die Mitte? Spüren Sie den Kopf jetzt als Ver- längerung Ihrer Wirbelsäule? Wie hängen die
Schultern? Wohin atmen Sie jetzt? Wieviel Raum haben Sie im Brustkorb? Schauen Sie, wie weit
Sie nun nach oben schauen können. Haben Sie Ihr Kreuzchen übertroffen?
Wie weit diese elementare menschliche Bewegung aus unserem Repertoire entfernt ist- man
denke an das Kopfheben des Babysauf den Bauch-, wissen wir spätestens nachdem wir eine Decke
tapeziert oder gestrichen haben...
Summen Sie zum Abschluß noch einmal ein paar Töne in verschiedener Höhe. Was darf jetzt
mitschwingen? Wie ist die „Resonanzqualität Ihres Körpers? Nur ein gut ,,gestimmter" Körper kann
mit den Schwingungen des Lebens mitschwingen ...
(*Wenn Sie möchten, nehmen Sie Ihr Instrument zur Hand und nehmen Sie eine für Sie bequeme,
vielleicht neue Haltung ein. Fragen Sie Ihre innere Ästhetik, welche Haltung für Sie in diesem
Moment eine offene, angenehme, gesunde Haltung ist. Keine statische „Halt"-ung, sondern eine
Haltung, die freie, spontane Bewegung und Kreativität erlauben könnte. Probieren Sie jetzt die
verschiedenen Becken- und Kopfbewegungen von eben aus. Spielen Sie ein paar Töne oder eine
Tonleiter mit Ihrem ganzen Körper und Instrument. Wie klingt es jetzt? Was darf jetzt alles mit-
schwingen?)
Gruppenarbeit (Bewußtheit durch Bewegung) mit Musikern
Die Gruppenstunden richten sich grundsätzlich nach den Bedürfnissen und Wün- schen der
Teilnehmer. In der Regel nehmen Musiker aus verschiedenen Fachrich- tungen teil. Doch können
auch bestehende Gruppen einer einzigen Fachrichtung davon profitieren und lernen, wie sie mehr
musikalisch aufeinander zugehen kön- nen (z.B. Klaviertrios, Streichquartette, Bläsersextette,
Kammerorchester usw.).
Musiker sind gewöhnlich mehr motiviert, etwas über ihr Instrument zu lernen als über sich selbst.
Sie identifizieren sich so sehr mit ihrem Instrument und spüren ih- ren Körper daher oft erst dann,
wenn er schmerzt oder seine Funktionen durch Krankheit ausfallen. Einige tragen sogar
offensichtliche Merkmale ihres (meist asym- metrischen) Instruments mit durch den Alltag - u.a.
Kontrabassisten, Geiger und Bratschisten, Flötisten und Hornisten. Die Dauerbelastung von
bestimmten Muskeln und Gelenken und Überdehnung von Bändern durch statische
„instrumenten-be- dingte" Körperhaltungen sind oft nicht zu übersehen - eine schiefe Stellung des
Kopfes, der Schultern, der Wirbelsäule, des Beckens, des Brustkorbs, usw.

Da nicht nur bei Sängern und Dirigenten der Körper das eigentliche Instrument ist, ist es oft
angebracht, Gruppenarbeit zunächst ohne Instrument durchzuführen. (Um die Wirkung der
Schwerkraft zu minimieren finden die Anfangsstunden vorzugs- weise am Boden statt.). Wie in
allen Beziehungen, ist es wichtig, Dissonanzen oder Mißverständnisse in der Beziehung von
Instrument und Körper aufzudecken und zu klären. Zuerst sollte man sich aber mit den Funktionen
und Beziehungen des eige- nen Körpers beschäftigen.
Wenn wir den Körper als Orchester betrachten, wird uns einiges über die Beziehun- gen im Körper
verständlicher. Das Orchester besteht aus einzelnen Musikern, mit verschiedenen Instrumenten
und Funktionen, die gemeinsam eine Musik entstehen lassen wollen. Ziehen nicht alle „am selben
Strang", jeder mit seiner speziellen Funktion, ist der Gesamtklang gestört. Der Körper (oder auch
eine Gesellschaft) funktioniert nach ähnlichen Gesetzen. Können nicht alle Funktionen unseres Kör-
pers auf eine gemeinsame Intention eingestellt werden, ist das, was wir bewerkstel- ligen wollen,
ineffizient oder gar unmöglich.
Eskann also von existenzieller Bedeutung für den ganzen (Klang)-Körper sein, wenn die Bedeutung
von Funktionen neu und bewußt geklärt werden kann. Bei dieser Gruppenarbeit kommt es nicht
auf die Menge der Funktionen an, sondern auf die Qualität. Viele (nicht nur) Instrumentalisten
werden die folgende Erfahrung gemacht haben: Wenn man sich mit einem Takt eines Konzerts von
Mozart auseinanderge- setzt hat, bis die Qualität „rein" ist, wirkt sich dieser Takt auf das ganze
Werk aus. ,,Rein" könnte heißen, frei von dem unnötigen Gepäck, frei von überflüssiger Mus-
keltätigkeit und Denken ohne Stauung des musikalischen Ausdrucks.
Nun kommt es auf die einfachsten Bewegungen an. Für viele ist die intime Erfah- rung, sich selbst
zu spüren, neu und ungewohnt. An einem einfachen kleinen Kreis, z.B. des Beckens oder des
Kopfes (die „Feldenkrais-Uhr"), kann man für sich schon erahnen, wo es an der Feinmotorik haken
könnte. Koppelt man diese Bewegung dann mit der Bewegung des Musizierens, ist man schnell am
Kern der Feldenkrais- Arbeit mit Musikern. Beim Klären des Kreises(ohne daß man die Atmung
stört), wird die Bewegung des Beckens z.B. von der Bewegung des Rumpfes differenziert, was die
Atmung zusätzlich befreien kann.
Mit diesem Differenzieren und Definieren von Funktionen hat das Nervensystem mehr Auswahl,
was es nun spontan zusammenstellen kann. Beides, die Differen- ziertheit und die
Zusammenarbeit, ist für die Vielfalt und Spontaneität des mensch- lichen und musikalischen
Ausdrucks notwendig.
Nach den Übungen sind die Musiker in der Regel ruhig und offen. Sie nehmen sich Zeit, sich neu
mit ihrem Instrument zu befreunden. Sie verstehen wortlos, daß das Spielen eines Instruments
eine ganzheitliche Erfahrung ist und mehr innere Befriedi- gung und Verwirklichung bedeutet.
Meist nehmen sie eine Klangveränderung ihres Instruments wahr. Das Zusammenspiel mit den
Anderen ist einfacher, sensibler, selbstverständlicher, sicherer, homogener, von innen geführt - als
wäre das Spüren des Selbst gleich das Spüren der Gemeinschaft. Und oft entsteht der Eindruck,
daß das Urbedürfnis, sich in der Musik auszudrücken, in der Gruppe noch mehr zur Gel- tung
kommt. Esist schön, das Staunen der Musiker zu beobachten. Was hindert uns daran, das
Musikinstrument als Hilfsmittel zu verwenden, mit uns selbst und unserer Umwelt zu
kommunizieren? Wir können das Instrument als Segen sehen - und nicht als Qual!
Die Feldenkrais-Methode in der Musikpädagogik
Wie die Feldenkrais-Methode im Instrumentalunterricht möglich ist, zeigen 2 kleine
Beispiele meiner Frau, Marion Levesque:
Tonerzeugung z.B. beim Klarinettenspielen
Bei Anfängern passiert es häufig, daß der Ton quietscht oder pfeift. Der Lehrer kann nun einerseits
ärgerlich reagieren und sagen, der Schüler möge bitte nur schöne Töne produzieren, doch durch
die Angst, nichts falsch machen zu wollen, wird der Unterkiefer mehr an das Klarinettenblatt und
somit mehr an das Mundstück ge- drückt- der Quietscher tritt erneut auf. Andererseits könnte der
Lehrer nun den Schüler versuchen lassen,den Quietscher zu wiederholen. Der Schüler wird ange-
leitet, zu fühlen, was er macht. Er erfühlt, wie die Lippen um das Klarinettenmund- stück geformt
sind, beschäftigt sich mit der Atmung als Grundfunktion, einen Ton zu erzeugen, und wie sich die
Größe des Mundraumes durch Zunge, Gaumen und Hals verändert. Eventuell entdeckt er für sich,
daß er zuviel oder zu wenig Luft ins Instrument bläst oder das Mundstück zu weit im Mund hat und
somit das Blatt frei schwingt. So lernt er auf experimentelle Art mehrere Möglichkeiten von
Tonerzeu- gung kennen und hat nun freie Wahl. Jemehr Möglichkeiten ihm zur Verfügung stehen,
desto spontaner und entspannter kann er beim Musizieren sein.
Erlernen einer schwierigen, schnellen Passage
Eine Schülerin probiert zwei-, dreimal eine schwierige Stelle zu spielen und verspielt sich immer
wieder. Wird der Lehrer ungeduldig, wird die Situation gespannter und die Schülerin hat noch
mehr Angst. Hat die Schülerin nicht genug geübt? Womög- lich wird erwartet, daß die Aufgaben
sooft wiederholt werden müssen, bis sie 11ge-
konnt" sind. Doch wenn sie es dann kann
wird ihr Organismus dieses mit unter- schwelliger Furcht gelernt haben. Bei jedem 11 Abruf"
erscheint auch die Furcht, die mitgespeichert wurde. Je mehr Freude dagegen ein Schüler beim
Lernen erlebt, desto mehr wird ihm das Gelernte gehören.

Über das körperliche Erleben öffnen sich dem Musiker neue Wege, schwierige Pas- sagen auf einer
anderen Ebene zu lösen. Der persönliche Raum für Kreativität dehnt sich aus. Sich mit dem „Wie"
oder mit dem Prozeß des Lernens mehr zu beschäfti- gen, bedeutet mehr Flexibilität. Die Schülerin
könnte, als einfaches Beispiel, einen Takt herausnehmen und die Töne bewußt viel langsamer
spielen. Dabei würde sie die Verbindung der Töne mit ihren Fingern und Lippen (die
unterschiedliche Deh- nung, das Aufsetzen der Fingerkuppen und die unterschiedliche Finger- und
Lip- penspannung) intensiv erspüren. Oder es können lustige und ungewohnte Kombi- nationen
gewählt werden: z.B. Blasen während man (gekreuzt) geht, (oder) ein Auge zumacht, verschiedene
Töne wegläßt, verdoppelt, den Rhythmus ändert, usw.
So wird das Nervensystem immer wieder neu mit einer anderen Aufgabe angeregt. Die Spielerin
setzt sich ohne Vorbehalte und negative Gedanken mit der schwieri- gen Stelle auseinander und
kann auf ihre Erfahrung vertrauen. Manche Musik, bei- spielsweise einige der Klaviersonaten von
W.A. Mozart, können Kinder in ihrer Un- voreingenommenheit schon bald spielen.
Interessanterweise werden diese Stücke oft schwieriger, je älter man wird. Die hohe Kunst liegt oft
darin, die Musik in ihrer Schlichtheit und Einfachheit immer wieder neu zu erkennen und zu
spielen.
Wir werden alle eigentlich als Künstler geboren, doch bleibt das Erlernen eines In- struments ein
lebenslanger Prozeß. Die Betonung auf das „Spielen" sollte in der Mu- sikpädagogik immer
vermittelt werden, damit dieser Prozeß sich fortwährend rege- nerieren kann - nicht nur Spaß an
Bewegung, sondern die ursprüngliche Freude, Bewegung in Musik umzusetzen.
Moshe Feldenkrais' Definition von Gesundheit war: Ein Mensch, der in der Lage ist, seine Träume
und Wünsche zu erfüllen. Und wir bieten als Feldenkrais-Pädagogen Wege, diesen Träumen und
Wünschen treu zu werden - durch eine eigene Ästhetik einfacher Bewegung und des
Selbstausdrucks.
Fußnoten
11)
Das Wort Ästhetik wird von Feldenkrais, anders als heute üblich ist, mehr im ursprüngli- chen Sinn
gebraucht. Esstammt aus dem griech. aisthetik6s „wahrnehmend" und ist ur- verwand mit lat.
audire „hören", also ausgesprochen sinnlich und subjektiv.
[2) 13)
Interessanterweise, nachdem Immanuel Kant (1724-1804) dieses Wort in seiner ur- sprünglichen
Bedeutung in seinen Schriften übernahm, schrieb A. T. Baumgarten ein Buch 1750 mit dem Titel
„Aestetica" über die Theorie der Schönheit der Kunst. Diese neue „objektive" Bedeutung wurde
allmählich im Westen übernommen.
Radiointerview mit Will Schultz, San Francisco 1980
Als ich mit vierzehn Jahren das erste Mal in einem Laienorchester spielte, weiß ich noch, wie mein
rechter Fuß eingeschlafen war, als ich versucht habe, mich für ein kleines Solo (einen Ton!) an
einem Stuhlbein festzuhalten.
347

[4]
Dt. Ärzteblatt/Das Orchester 1989 Der höchste Prozentsatz an Erkrankungen sind die or-
thopädischen Beschwerden, mit Abstand folgen Augen- und Nervenerkrankungen. So stehen die
Beschwerden des Bewegungsapparates im Vordergrund. Die häufigsten Pro- blembereiche sind der
Nacken, darauf folgen Schmerzen der übrigen Wirbelsäule und dann Kopfschmerzen. Vergleicht
man nun die Instrumentengruppen der Streicher und Bläser miteinander, findet man generelle
Unterschiede, die durch diese unterschiedli- chen Haltungen und Spieltechniken zu erklären sind.
Bei Streichern findet man, neben den schon genannten Problembereichen, vermehrt Beschwerden
im Schulter-, Ellbogen- und Armbereich, hingegen bei den Bläsern eher im Bereich der Schulter
und der Hand.
Eingroßer Prozentsatzder Musiker, die in ärztlicher Betreuung sind, sind unzufrieden, da die
künstlerisch-beruflichen Anforderungen bei der Therapie der Erkrankung nicht aus- reichend
berücksichtigt werden können. Verblüffend ist auch, daß 68 %aller in Behand- lung befindlichen
Musiker die von ihrem Arzt vorgeschlagene Therapie selten oder nie befolgen. (Esist jedoch
erfreulich, daß zunehmend mehr Ärzte den Körper nicht mehr als etwas Statischesbetrachten, was
nur in Teilen „repariert" werden muß. Die ganzheitlichen und „revolutionären" Ideen von Moshe
Feldenkraisfinden hierbei immer mehr Anklang.)
Zwar wurde ich nicht „geheilt", doch diese Stunde reichte mir aus, um das Krankenhaus ohne
Operation zu verlassen. Bisher habe ich mit dieser Methode über 12 Jahre lang eine, nach
damaliger ärztlicher Meinung, unvermeidbare Operation umgehen können! Ich erinnere mich z.B.
an eine Rundfunkaufnahme mit Chor und Orchester, die um einen Tagverschoben wurde, weil ein
Ersatzfür den Englischhornistengefunden werden mußte, da er wegen Verspannung keinen Ton
mehr aus seinem Instrument herausbrachte.
[5]
Bibliographie
Feldenkrais, Moshe: Life and Human Nature, with Will Schutz (1981 ), New Dimensions Foun-
dation, 1993
Feldenkrais, Moshe: Self-Fulfillment Through Organic Learning, Edited by Mark Reesefrom a
presentation at the 1981 Mandala Conference
Hanna, Thomas: The Body of Life, Creating New Pathways for Sensory Awareness and Fluid
Movement, 1993, Healing Arts Press
Havas, Kato: Lampenfieber, Ursachen und Überwindung unter besonderer Berücksichtigung des
Violinspiels, 1989, Bosworth Edition
Heipertz, W.: Berufsbedingte Erkrankungen professioneller Musiker, Des einen Freud' - des andern
Leid!, Therapiewoche 44, 34 (1994)
Jacoby, Peter: Die Feldenkrais-Methode in Musikpädagogik und Stimmbildung. Hrsg: Hans- Erich
Czetczok. Mit einem Geleitwort von Yehudi Menuhin. Bibliothek der Feldenkrais-Guilde e.V. Nr. 10,
München/Herford 1997
MolsbergerA.: P.Wehling, F.Molsberger,E.Hille: Der KünstleralsPatient.DtÄrzteblatt 86, 1989
Rubin, Paul: Linda Case Speakswith Paul Rubin, The American Suzuki Journal, Winter, 1995
Spencer, Robert L.: The Craft of the Warrior, Frag, Ltd. 1993
Von Wangenheim: Annette, Zur Bewußtheit durch Bewegung finden - Die Fedenkrais-Päda- gogen
wollen jetzt neues Lernen lehren, Neue Musikzeitung, August/September 1987
4.4 Die Musik in uns- Über die Anwendung der Feldenkrais- Methode in der
Instrumentalmusik
Vincent Levesque
Sind Sie Berufs- oder Hobbymusiker? Oder zählen Sie sich eher zu denen, die froh sind, wenn
keiner Sie beim Vor-sich-hin Pfeifen oder Singen in der Badewanne hört? Esgibt kaum Menschen,
die Musik grundsätzlich nicht mögen. Daß Menschen sich durch Rhythmus und Musik ausdrücken,
gehört zu ihren Urbedürfnissen und wird in vielen Kulturen sogar als heilig angesehen. Wir wollen
kommunizieren, uns mitteilen und finden als heranwachsende Kinder zunehmend Wege, unsere
persön- lichen inneren Schwingungen zu „äußern". Wir richten und bewegen uns nach un- serem
inneren Gefühl von Ästhetik [1] - wir schaukeln, summen, tanzen und singen. Und nicht selten
erwacht auch in uns der Wunsch ein Musikinstrument zu erlernen.
Anfänglich ist man neugierig und man hat Spaß an dem Musikinstrument. Nicht sel- ten aber wird
der innerste Wunsch, sich mit dem Instrument auf einfachste Art aus- zudrücken, als „übertrieben"
empfunden. Äußere Erwartungen werden verinner-licht: ,,Du kannst doch den Rhythmus bzw. die
Melodie nicht halten". Oft können die Erwartungen nach höheren Leistungen und die
Aufforderung nach Imitation nur noch mit Zwang erreicht werden. Und dann kommt die immer
besserund genauer werdende Aufnahmeindustrie ... Wird nicht häufig einfach die Idee vermittelt,
daß nur „Begabte" sich durch Musik ausdrücken dürfen?
Esüberrascht kaum, daß viele den Wunsch nach einfachem, persönlichem musika- lischen
Ausdruck bald wieder aufgeben. Das Instrument, zu dem sie ursprünglich eine Beziehung aufbauen
wollten, steht, wenn es nicht längst verkauft worden ist, verstimmt und verstaubt in einer Ecke.
überzeugt, einfach nicht musikalisch begabt zu sein, geben sie es auf und denken schnell an etwas
anderes. Das lebendige Urbe- dürfnis bleibt stumm. Gibt es einen Weg diese verschlossene Tür des
Selbstaus- drucks wieder aufzuschliessen?
Sicher gibt es begabte Menschen. Das heißt, zumindest Menschen, die Fähigkeiten haben, die
ausgeprägter sind als bei anderen Menschen. Doch die wenigsten leiten ihre Begabung von ihrem
biologischen Erbe her. Viel häufiger ist es der Fall, daß Menschen Fähigkeiten entwickeln, deren
Vorhandensein sie nicht für möglich hielten. Als Kind durfte Moshe Feldenkrais aus religiös-
ästhetischen Gründen nicht pfeifen. [2] Seine Versuche, eine Melodie zu produzieren, wurden von
Tadel und Kritik begleitet. Seine späteren Erfolge hingegen bei seiner Arbeit mit hervorragen- den
Musikern (z.B. mit dem berühmten Geiger und Dirigenten Yehudi Menuhin) fanden weltweit
Anerkennung. Noch im hohen Alter entschloß er sich, seine eige- nen musikalischen Fähigkeiten zu
entdecken. Obwohl er früher „gelernt" hatte, daß er musikalisch unfähig sei, war er innerhalb
kürzester Zeit in der Lage, höchst kom- plexe musikalische Aufgaben (z.B. vom Blatt aus der Partitur
zu singen) spielend zu bewältigen.
Das Lernen im Leben des Menschen
Das Baby ist zuerst abhängig von seinen Eltern. Esprobiert viele verschiedene Bewe- gungen aus
und lernt allmählich, nur die für sich geeigneten zu gebrauchen. Diesen „trial-and-error"- Prozeß,
der nicht zielgerichtet sondern eher schweifend ist, nennt Feldenkrais „organisches Lernen". Das
Kind wird zum Lernen angeregt durch die Neugierde, seine Umgebung zu erforschen und durch
zunehmende Beweglichkeit selbsteinaktiverTeilseinerUmweltzuwerden.
Eine andere Art des Lernens ist das Ansammeln und Wiedergeben von Wissen und Information,
wie wir es vielfach z.B. aus der Schulzeit kennen. Der Lehrer, der es gut meint, gibt das Ziel vor. Der
Schüler versucht es zu erreichen, um eine gute Note zu bekommen. Häufig geht jedoch so die
Neugierde und damit die Motivation zum Lernen verloren. Vielmehr setzt hier der Druck ein, ein
fremdgestecktes Ziel errei- chen zu müssen. Das führt oft zu inneren Konflikten und zu einem
Orientierungs-verlust des jungen Menschen. Beim Erlernen eines Musikinstruments geht es meist
ähnlich zu. Der Lehrer gibt vor, was in der Unterrichtsstunde erreicht werden soll, der Schüler
versucht diese Leistung zu erbringen. Die Möglichkeit von trial-and-er- ror, spielerisch zum Erlernen
eines Instruments zu kommen, droht langsamzu ver- schwinden. Häufig ist es so, daß selbst der
Schüler zusammenzuckt, wenn ein Ton quietscht oder schief ist. Beim Üben geht es hier
vorwiegend darum, was und wie lange geübt wird, und daß Fehler vermieden werden. Die Art und
Weise wie man übt, steht häufig im Hintergrund. Allgemein verbreitet ist der Glaube, man könne
beim Üben nur durch „harte Arbeit" eine Leistung erbringen; wenn es leicht geht, ist etwas „faul",
sonst kann ja eine Höchstleistung nicht erbracht werden.
Auf dieser Basisist entspanntes Lernen kaum möglich - eine rasche Entwicklung auf dem
Instrument und der Spaß am Musizieren werden gestört und die Möglichkeit einer leichten und
harmonischen Beziehung erheblich erschwert. Eine bestimmte Haltung wird eingeübt, ein Ansatz
beim Bläser festgelegt, eine Kopfhaltung, ein Be- wegungsablauf, eine Technik, usw. Dadurch, daß
bestimmte (Bewegungs-)Möglich- keiten ausgeschlossenoder verboten werden, wird die Fähigkeit
zur Spontaneität vermindert. Der Schüler wird zunehmend unsicher, hält die Luft an und beginnt
sich zu verkrampfen. Als Gegenreaktion beginnt er nach mehr Sicherheit zu tasten. Die subjektiv
fehlende Sicherheit ersetzt er, indem er sich am Instrument festhält, dem Stuhl, [3] oder dem
Glauben, daß Streß und Verspannungen beim Musizieren unab- dingbar sind. Fallsdieser Schüler
nun ein Musikstudium aufnimmt, geht es meist auf höherem Niveau verstärkt weiter. Kommt
dieser Musiker dann z.B. ins Orchester, sind die Chancen leider groß, daß aus dem Lernen und
Spielen Leistung und Dauer- streß werden und die Belastungen sich zunehmend körperlich
auswirken.
Der Beruf des Musikers mag, angesichts der schönen Materie, beneidenswert er- scheinen. Doch
Insider wissen, daß Musiker eine außergewöhnlich hohe Krankheitsrate aufweisen. Nach einem
Artikel des Deutschen Ärzteblatts, leiden 75 o/oaller Orchestermusiker an Beschwerden des
Bewegungsapparates! [4] Ist also dieser Beruf als gefährlich einzustufen?
Zwar sind nicht alle Beschwerden chronisch oder berufsbedrohend, doch es berührt mich zutiefst,
wie viele Musiker ihre Gesundheit gefährden, um Musik zu machen. Regelmäßig erlebe ich
Musiker, die, weil sie wegen Schmerz und Streß zu ihrem Ur- bedürfnis keinen Kontakt mehr
aufnehmen können, resigniert haben. Was ist hier aus dem kindlichen Wunsch, sich mit Musik
auszudrücken, geworden?

Beispiel1
Als die 29jährige Geigerin Annette B. mit schweren Rückenbeschwerden zur Einzel- stunde
(Funktionale Integration) zu mir kam - ihr drohte eine Bandscheiben-opera- tion im
Lendenwirbelbereich -, wurde ich an meine erste Begegnung mit der Feldenkrais-Methode
erinnert: Ca. 40 Stunden vor einer bevorstehenden Opera- tion an meiner Halswirbelsäule habe ich
meine erste Einzelstunde bekommen. [5] Annette B. gab an, auch unter Schwindelanfällen zu
leiden. Sie erwähnte, da der Orchestergraben sehr eng war, habe sie zu wenig
Bewegungsmöglichkeiten (Bogen- führung) beim Musizieren. Als sie mir etwas vorspielte, kam das
zum Vorschein, was ich bei vielen Musikern beobachte: Die Funktionen des Oberkörpers werden in
der Bewegung wenig differenziert, wobei die Möglichkeit verschwand, die Atmung als organischen
Teil des Musizierens zu integrieren. Wenn Annette B. längere Töne spielte, fing der Ton an zu
zittern. Sie schien sichtlich bemüht, dies abzustellen.
Der Zuhörer ahnt meistens nicht, was für Energie bei einer Aufführung verbraucht wird, was für
Leiden dabei in Kauf genommen werden. Was kann denn dabei so schwer sein?
Eine körperliche und geistige Hochleistung Abend für Abend perfekt zu erbringen, empfinden
sicher nicht alle, doch viele Musiker als enormen Druck. Mir ging es ähn- lich. Die Synchronisation
von innerer Vorstellung und äußerem Bewegungsablauf (das 11Timing") muß auf den Bruchteil der
Sekunde genau funktionieren. Wenn dem Musiker nicht die geeigneten sensomotorischen
Fähigkeiten zur Verfügung stehen, führen gegenseitige Abhängigkeiten und Erwartungen (Kollegen,
Dirigent, Konkur- renz, Publikum, Kritiker - vor allem der innere Kritiker) zu Streß, oft ähnlich
subjek- tiv empfunden, wie der Streßeines Fluglotsensoder Rennfahrers.Äußere Bedingun- gen,
wie z.B. ungeeignete Stühle, zu wenig Platz, schlechte Luft- und Lichtverhält- nisse, unregelmäßige
Arbeitszeiten und die übliche Problematik menschlicher Be- ziehungen, komplizieren zusätzlich das
Arbeitsklima. Esbleibt oft nicht bei den be- rühmten Schmetterlingen im Bauch. Herzrasen,
Schwindel, Konzentrationsstörun- gen, hoher Flüssigkeitsverlust durch Schwitzen, Panikgefühle,
Zittern, Verlust des Selbstvertrauens, usw. sind leider nicht selten. Einige greifen zu Alkohol, viele
zu Ta- bletten: Beta-Blocker, Beruhigungs- und Schmerzmittel.
Der linke Oberarm von Frau B. war auf der linken Brustkorbseite wie angeklebt, der Kopf schräg
nach links und die Stirn nach unten geneigt. Die linke Schulter nach oben und vorne gezogen -
dazwischen ihre Geige 11geklemmt". Jede Bewegung wurde mit ihrem gesamten Brustkorb als
Block begleitet. Das heißt, sämtliche Bewe- gungen, die der Brustkorb zur Verfügung hätte (die
Gelenke der Rippen zur Wirbel- säule und Verbindungen zum Brustbein und fast alle
Bewegungsmöglichkeiten der Brustwirbel), wurden eingefroren. Durch das 11 Festhalten" des
Instruments, kam eine starre Kopfhaltung dazu. Im Sitzen, wie im Stehen, waren ihre Beine eng
bei-einander. Wie bei den meisten Musikern, war ihre Konzentration überwiegend auf ihre Finger
und Hände zentriert. Diese sonst noch so gesunde junge Frau, bei wei- tem kein Einzelfall, hatte
sich äußerst anstrengende Bewegungsabläufe zu eigen ge- macht. Paradoxerweise hatte sie sich so
gehalten, wie sie glaubte sich am sichersten zu fühlen, war jedoch gerade hierdurch in Gefahr
geraten.
Wir bewegen und halten uns meist so, wie wir in dem Moment glauben sicher zu sein. Kein Kritiker,
kein Konzert, kein Vorspiel, kein Lehrer oder keine Aufnahme be- droht uns körperlich so sehr, wie
dieser gelernte und geübte Glaube. Die unter- schwellige Überzeugung, daß wir nicht ohne unsere
Bewegungseinschränkungen und Ängste auskommen können, kann unser Selbstbild beherrschen.
Leider ent- spricht diesesSelbstbild nicht unseren eigentlichen Bedürfnissen.
Eshätte nicht gereicht oder geholfen, der Geigerin meine Beobachtungen zu erzäh- len. Das
Ansammeln von logischer Information ersetzt nicht das sensomotorische Lernen. Dieses fehlt
dann, wenn wir nicht das tun können, was wir tun wollen. Oft müssen Schmerzen, oder z.B. wie bei
ihr, auch Schwindelgefühle uns als Notsignal erst darauf bringen.
In der ersten Stunde habe ich sie gebeten, sich bäuchlings auf die Liege zu legen. Dies war die
Position, in der sie sonst einschlief, und in der sie sich am bequemsten und sichersten fühlte. Ich
begann ihr „Muster" oder ihre Muskel- bzw. Bewegungs- struktur sanft mit meinen Händen zu
erforschen. Einsfiel sofort auf: Der harte Tonus der Muskeln entlang der Wirbelsäule (vor allem der
Brustwirbelsäule). Indem ich ihre Bewegungsmöglichkeiten erforschte, übernahm ich die Arbeit
einiger Muskeln und gab ihrem Körper damit das Signal „hier kannst Du loslassen". Dieses habe ich
gezielter wiederholt (dann auch in der Rückenlage) wo ich spürte, daß ihre Muskeln danach
fragten: Vor allem bei den Schultern und am Brustkorb und am Becken. All- mählich wurde ihre
Atmung tiefer, ihre Muskeln weicher und sie konnte die Wir- kung der Schwerkraft zunehmend
annehmen.
Eine gesunde Beziehung zur Schwerkraft ist eine wichtige Voraussetzung, ein Instru- ment
„gesund" spielen zu können. Die Fähigkeit, ,,sich fallen zu lassen", hängt unmit- telbar mit unserer
Beziehung zur Schwerkraft zusammen. Dieses Annehmen der Schwerkraft will in einer Atmosphäre
von Sicherheit gelernt werden, damit die später bei der komplexen Aufgabe des Musizierens sehr
nötige Risikobereitschaftnicht als ge- fährlich empfunden wird. Ich weiß, wenn mir ein Solo nicht so
gelingt, wie ich es mir vorgestellt habe, liegt es oft daran, daß ich nicht mit genügend Risiko
gespielt habe. Dies veranlaßt mich, meine Beziehung zur Schwerkraft ab und an neu zu klären.
Als sie am Ende der Stunde aufstand, hatte sich der Tonus ihrer Muskeln verändert, ihre Atmung
war ruhiger und gleichmäßiger geworden, ihre Gesichtszüge weicher und offener, ihre Haltung und
Ausstrahlung natürlicher. So nahm sie nun ihre Violine und den Bogen wieder in die Hände und ich
gab ihr Anweisungen, ihre sensorische Beziehung zum Instrument (ohne zu spielen, ohne Zeit- und
Leistungsdruck) wahr- zunehmen: Konkrete Einzelheiten über das Gewicht, die Form,
unterschiedliche Konsistenz und Temperatur der Materialien etc. Ein angenehmes, einfaches
Gefühl für sie, wenn auch, wie sie sagte, ,,sehr ungewöhnlich".
Auch wenn sie zuerst etwas verunsichert war, stimmte sie zu, in der zweiten Stunde das
„Falschspielen" zu üben. Schließlich „tut man so etwas nicht", mit der unbe- wußten Überzeugung,
daß das Üben des Falschspielensnur noch zu mehr Falsch- spielen führen kann. Doch Frau B.
erfuhr, was ihr wesentlich mehr im Weg stand: daß sie das Falschspielen ausschloß. Der Zwang,
immer wieder das zu reproduzie- ren, was sie schon mal gekonnt hatte (in diesem Fallder einfache
Ton) führte zu hef- tigen Komplikationen. Ihr war das Zittern im Ton „ein rotes Tuch" geworden. Je
mehr sie sich bemühte, dies zu vermeiden, um so stärker wurde das Zittern. Dies war bei
Kammermusik und Soli natürlich besonders auffällig, so daß sie nur noch in der Gruppe spielen
wollte. Also haben wir uns spielerisch genau damit auseinander- gesetzt, was sie bisher vermieden
hatte. Ich bat sie, die Eigenschaften des Zitterns in verschiedenen Lagen, Lautstärken und
Zusammenhängen ohne Wertung genau wahrzunehmen. Zuerst, was nahmen ihre Ohren wahr?
Und dann, was konnte sie innerlich wahrnehmen? Das heißt: Was konnte sie ,,innerlich hören"?
Wie alle Menschen hören auch Musiker oft nur noch das, was äußerlich geschieht. Dabei kann eine
ganze innere Welt in Vergessenheit geraten und wir können zu Sklaven der Außenwelt werden.
Auch die inneren Räume müssen für die Entste- hung der Musik geschaffen werden. Hierzu dient
uns unser inneres Ohr.
Ich bat Frau B., das Zittern zu übertreiben. Erst konnte sie es nicht. Nach mehreren Versuchen
wirkte sie verwundert und reagierte erst mit einem Lächeln, dann lachte sie mit feuchten Augen,
als sie merkte, daß der Ton tatsächlich ruhiger wurde. Je mehr sie das zwanghaft kontrollierende
Element ihres Spiels aufgab, desto mehr hat der Ton ihr ge-,,hört" und ge-,,horcht".
In den darauffolgenden Stunden sind wir intensiver auf die Themen Schwerkraft, Si- cherheit und
Stabilität eingegangen. Mit vielen alten und neuen Bewegungsvariatio- nen und -kombinationen,
auch beim Spielen im Sitzen und im Stehen (teilweise auf Rollen) und im Laufen konnten wir
bewußt spielerisch umgehen. Die Funktion der Atmung haben wir immer bewußter in die Stunden
integriert. Da man beim Streich- instrument den Ton nicht (wie z.B. beim Blasinstrument) mit der
Luft erzeugen muß, ist es theoretisch möglich, zu jeder Zeit beim Spielen die Atmung anzuhalten.
Das hat bei Frau B. zu Problemen in der Praxis geführt. Doch diese Tatsache gab uns auch
Möglichkeiten, die beim Bläser nicht vorhanden sein können: z.B. bei Einsät- zen bewußt die Luft
halten und aus- und einatmen auch gegen den Rhythmus des Bogens oder der Musik. Frau B.'s
Atmung löste sich von alten Bewegungsmustern und konnte somit in die Bewegung des
musikalischen Geschehens integriert wer- den. Die Musikerin konnte sich langsam von den alten
statischen Sicherheiten verabschieden und sich mehr einer mobilen, der Spontaneität näher
verwandten Stabi- lität hingeben. Frau B. erlebte, daß sie den gesamten Körper zur Verfügung
hatte. Dies war nicht nur eine Entlastung der überlasteten Körperteile, sondern trug auch zur
Befreiung ihrer musikalischen Fähigkeiten und ihrer Kreativität bei.
Auch bei den äußeren Situationen, die sie nicht ändern konnte (wie z.B. die Engeim
Orchestergraben), war es für Frau B. besonders wichtig, im Besitz eines großen Be-
wegungsrepertoires zu sein. Jetzt konnte sie auf einmal wählen - nicht immer, aber doch
zunehmend. Sie fühlte sich dadurch nicht mehr ohnmächtig. Zum ersten Mal seit vielen Jahren
fühlte sie sich von Ärzten und Kollegen existentiell weniger abhän- gig- statt wie bisher, immer
abhängiger. Obwohl die Schmerzen in den Lendenwir- beln und das Schwindelgefühl sich ab und zu
noch melden, ist sie nicht mehr „ope- rationsreif". Sie hat zunehmend Vertrauen in das, was ihr
Körper ihr sagt, und kann nun schneller erkennen, was für sie gut ist. Die Feldenkrais-Methode
wurde für sie eine Methode der Selbsthilfe.
Die Wiederherstellung bzw. Entfaltung der (gerade beim musikalischen Ausdruck) so benötigten
menschlichen Würde und Integrität war das höchste Ziel von Dr. Moshe Feldenkrais.
Beispiel2
Herr K., ein älterer und erfahrener Dirigent und früherer Posaunist,wurde von sei- nem Neurologen
zu mir geschickt. Herr K. hatte chronische Gelenkschmerzen in den Schultern und starke
Nackenschmerzen und beklagte sich über immer weniger Kraft in den Armen. Zunehmend fiel es
ihm schwerer, ein Konzert zu dirigieren. Er hatte schon, ähnlich wie viele Musiker, eine Odyssee bei
Ärzten und Therapeuten hinter sich, was ihm höchstens vorübergehende Erleichterung gebracht
hatte. Eini- ges an seiner Haltung offenbarte sich schon, als er mir zeigte, wie er sich zum Diri-
gieren vorbereitete. Offensichtlich hatte er es sich angewöhnt, bei Proben und Kon- zerten als
erstesvor dem Orchester einen sehr breiten Stand einzunehmen, so als ob er seine Füße tief in die
Erde verwurzeln würde, die Knie fest durchgedrückt. Durch dieses Ritual wollte er sich
anscheinend eine feste physische und seelische Stabilität gewährleisten. Zwar konnte er von
beiden Seiten nicht umgestoßen werden, doch ironischerweise war er nach vorne - vom Orchester,
und nach hinten - vom Publi- kum, offen für Angriffe. Ausgerechnet aus den Richtungen, die er
durch seiner Hal- tung absicherte, nämlich den Seiten, drohte keine Gefahr!
Er hielt seinen Brustkorb hoch und fest, wie ein Hahn, der durch seine Größe impo- nieren will. Aus
dieser Haltung heraus wurde es zunehmend schwieriger das Orche- ster zu „leiten". Aus meiner
Erfahrung als Musiker und Feldenkrais-Pädagogekonnte ich erahnen, daß er seine offensichtliche
Absicht, das Orchester zu führen, aus seiner mangelnden Körperbewußtheit nicht realisieren
konnte. Mit den wenigen Bewegungsmöglichkeiten, die ihm bei seiner Dirigiertechnik noch zur
Verfügung standen, wurde es mir allmählich verständlicher, warum er zunehmend auf allen
Ebenen unter Druck geriet. Herr K. fand weder den Zugang zu seiner eigenen Musikalität, was ihn
verwirrte, noch kam er bei seinen Musikern an, was ihn zunehmend verunsicherte.
Als ich seine Körperstruktur mit meinen Händen erforscht habe, interessierten mich bald die
minimalen Bewegungsmöglichkeiten der Füße- dies war für mich ein Hin- weis und es wurde mir
klarer, daß seine Füße eine Schlüsselfigur in seinem Hal- tungs- und Bewegungsmuster sein
könnten. Diese fehlende Dynamik schien sich in seinem Oberkörper zu widerspiegeln.
In einer Gesellschaft von flachen Böden, engen Schuhen und einer generellen Ab- neigung diesem
Körperteil gegenüber, ist es da verwunderlich, wenn die 26 Kno- chen (und damit die enorme
Vielfalt) des Fußesimmer mehr zu einem Klumpen ver- kümmern?
Ich begann durch Berührung mit meinen Händen und mit Hilfe einer kleinen festen Rolle seinen
Füßen Neues (bzw. auch Altes, Vergessenes)vorzustellen, soweit dies ohne Zwang möglich war.
Allein das sanfte Differenzieren dieser Knochen bedeu- tete für seinen Körper eine völlig neue
Organisation. Dies haben wir in vielen Situa- tionen und Kombinationen ausprobiert (u.a. das
gleichzeitige Dirigieren mit den Händen und Füßen, bzw. Fingern und Zehen!).
langsam lernte Herr K.
seine Wurzeln 11 zu mobilisieren. Seine Füße sind wieder 11
weiser geworden, so wie sie ursprünglich von der Natur bestimmt waren. Nicht nur für Dirigenten,
sondern auch für Sänger,Instrumentalisten, auch für das Musizieren im Sitzen, sind die Funktionen
der Füße eine der primären und komplexen Bezie- hungen, die unser Skelett und damit unser
ganzer Körper zur Schwerkraft hat. Herr K. lernte, seine Füße sozusagenals Basisseiner Wirbelsäule
zu verstehen, und, daß sie durchaus in der Lagewaren, sein ganzes Gewicht durch sein Skelett
hindurch zu tragen. So konnte er sich neu aufrichten. Seine Bewegungen wurden organischer und
harmonischer. Herrn K. ist auf der körperlichen Ebene bewußter geworden, so daß er die
Überanstrengungen seiner Muskeln an sein Skelett abgeben kann - eine dramatische Erleichterung
für ihn und seine musikalischen und menschlichen Füh- rungsqualitäten.
Die Feldenkrais-Methode versteht unseren Körper als „physisches lnstrument
das gut eingestimmt und respektiert werden will, ehe eszu Hochleistung und Selbstaus- druck
benutzt werden kann. Da Musik häufig von ständigem Korrigieren und Repa-
rieren begleitet wird, versuchen viele Musiker durch noch mehr Fleiß ihre körperli- chen und
physischen Schwierigkeiten in den Griff zu bekommen - und sie erreichen oft das Gegenteil. Wie oft
versuchen wir mit nur einem Bruchteil unserer Möglich- keiten (also mit Gewalt) an unsere
natürlichen Schätze heranzukommen und es funktioniert nicht!?
Michelangelo hat auf die Frage,wie er so wundervolle Skulpturen aus Steinen ma- chen könne,
ernsthaft geantwortet: 11 Die Figuren sind in dem Stein schon vorhan- den, ich brauche nur das
überflüssige wegzumeisseln!". Warum die Musikwelt eine so hohe Krankheitsrate zu beklagen hat,
könnte damit zusammenhängen, daß viele Musiker glauben, ihren musikalischen Ausdruck
herauszwingen zu können. Das Musizieren ist eine der anspruchsvollsten und komplexesten
Aufgaben, die wir un- serem Nervensystem stellen und deshalb vielleicht auch eine der
anfälligsten. Esist vor allem wichtig, unsere Fähigkeit neu auszubilden, das überflüssige als solches
zu erkennen und abzugeben. Ich finde die Feldenkrais-Methode bietet uns diese Gele- genheit
unser Wesen auf die Musik und das Leben optimal einzustimmen.
Eine praktische Übung - etwa 20 min.
(*ggf. mit Instrument)
Wenn Sie mögen, können Sie selbst probieren, um was es bei dieser Methode geht. Ein paar Tips
bevor Sie beginnen:
• In erster Linie geht es hier nicht um die Bewegung, sondern um die Art und Weise, wie Sie die
Bewegung ausführen. Wie empfinden Sie die Bewegungen? Und - sehr wichtig - wie gehen Sie mit
sich um? Wie ist Ihre Einstellung zu dem was Sie machen können und was Sie nicht können?
• Schauen Sie, ob Sie die Übung 11spielend" und neugierig durchführen können ohne Wertung
und Urteil.
Setzen Sie sich auf die vordere Hälfte eines Stuhls. (*Halten Sie Ihr Instrument in der gewohnten
Art und Weise. Wie schwer ist das Instrument? Auf welcher Seite ist mehr Last?Welche Muskeln
werden dafür gebraucht? Spielen Sie langsameine Ton- leiter in der Mittellage. Welche
körperlichen Empfindungen haben Sie beim Anset- zen und Spielen. Wo schwingt es im Körper
mit? Setzen Sie wieder ab).
Spüren Sie den Kontakt den die Füße mit dem Boden haben? Ist es bei beiden gleich? Kippen Sie
Ihr Becken ein paar mal nach hinten und nach vorne. Können Sie Ihre Sitzknochen dabei
wahrnehmen? Halten Sie an. Wieviel von Ihrer Wirbelsäule können Sie spüren? Ist sie genau in der
Mitte? Welche Form hat sie? Ist Ihr Kopf die Verlängerung der Wirbelsäule oder neigt Ihr Kopf
etwas zu einer Seite? Hängt eine Schulter tiefer als die andere?
Wie atmen Sie?Atmen Sie in den Bauch, in den Brustkorb? Prüfen Sie, ob Sie diese Übung
ausführen können, ohne daß Sie etwas mit der Atmung 11 machen". D.h. las- sen Sie die Atmung,
Ihren ganz persönlichen und natürlichen Rhythmus des Lebens, kommen und gehen. Spüren Sie
Ihre Atmung im Rücken? Summen Sie nun ein paar Töne in verschiedener Höhe. Wo spüren Sie die
Schwingungen Ihrer Stimme in lhem Körper? Machen Sie eine kleine Pause- Sie können sich
anlehnen. (*Legen Sie Ihr Instrument zur Seite).
Kommen Sie wieder nach vorne auf Ihren Stuhl. Schauen Sie ein paar Mal an die Decke. Fühlen Sie,
was sich im Körper mit dieser Bewegung rührt. Sehen Sie, selbst- verständlich ohne sich
anzustrengen, wie weit, bzw. wie hoch Sie schauen können. Merken Sie sich diese Stelle mit einem
imaginären Kreuzchen. Schauen Sie wieder geradeaus.
Lassen Sie nun das Becken leicht nach hinten abrollen und kommen Sie dann zum Ausgangspunkt
zurück. Wiederholen Sie diese Bewegung mehrmals und lassen Sie, wenn Sie das Becken nach
hinten kippen, gleichzeitig den Kopf und Ihren Blick da- bei nach unten absinken. LassenSie Ihren
Rücken rund werden. Genug. Kippen Sie das Becken nun nach vorne und spüren Sie, wie Ihr Körper
jetzt reagiert. Möchte Ihr Blick, Kopf eher nach unten schauen oder nach oben? Lassen Sie sich
Zeit. Wieder- holen Sie diese Bewegung mehrere Male und schauen Sie dabei nach oben. Was
passiert dabei mit Ihrem Brustbein? (Legen Sie eine Hand auf Ihr Brustbein, wenn Sie es besser
fühlen möchten.) Wie bewegt sich Ihr Brustkorb? Was passiert mit Ihrer Atmung? Wann atmen Sie
ein? Wann atmen Sie aus? Haben Sie im Körper Spannun- gen, die Sie für diese Bewegung nicht
brauchen, die Sie loslassen können? Ihr Kie- fergelenk? Ihr Gesicht? Ihre Augen? Ihre Zunge? Wenn
Sie gähnen möchten, dehnen Sie es aus und genießen Sie es. Setzen Sie sich zurück und machen
Sie eine etwas längere Pause.
Auf-hören 11 • Pausen sind in der Musik und in der Bewegung wichtig. Wer nicht pausieren kann,
dem droht die Gefahr, daß seine Spannungen chronisch werden. Verspannung und Schmerz,
gerade bei der physischen und psychischen Dauerbela-
stung des Musikers, können bis zur Berufsunfähigkeit führen. Pausen werden außer- dem aktiv
vom Nervensystem zum Integrieren des Neugelernten gebraucht.
Kommen Sie wieder nach vorne. Verbinden Sie nun einige Male beide Bewegun- gen: Einmal das
Becken nach hinten, Kopf nach unten und einmal Becken nach vorne, Kopf nach oben. Wie stehen
Kopf und Becken in Beziehung zueinander? Nun, mit einer kleineren Bewegung, nehmen Sie Ihren
Kopf in die andere Richtung als eben, also Becken nach hinten und Kopf nach oben, Becken nach
vorne und Kopf nach unten. LassenSie sich Zeit- dies ist keine gewöhnliche Bewegung. Wie gehen
Sie mit sich um? Wenn es nicht so leicht geht, machen Sie halb so viel. Sie dif- ferenzieren die
Bewegung des Kopfes von der Bewegung des Beckens. Dies erfor- dert Geduld und Offenheit für
das Neue. Auf Leistung, Schönheit oder Tempo kommt es nicht an, sondern bewußt
wahrzunehmen, was eigentlich im ganzen Kör- per passiert. Wie fühlt sich diese Bewegung in der
Wirbelsäule an? Wie können Sie sich so bewegen, ohne die Atmung zu stören? Ist ihr Bauch
entspannt? Welche Rolle spielen dabei die Füße und die Beine? Ruhen Sie sich aus.

Kommen Sie bitte noch einmal nach vorne. Wie sitzen Siejetzt? Wie spüren Sie Ihre Sitzknochen
jetzt? Wie ist der Kontakt Ihrer Füße zum Boden? Wieviel von Ihrer Wirbel-,,kette" fühlen Sie jetzt?
Wo ist die Mitte? Spüren Sie den Kopf jetzt als Ver- längerung Ihrer Wirbelsäule? Wie hängen die
Schultern? Wohin atmen Sie jetzt? Wieviel Raum haben Sie im Brustkorb? Schauen Sie, wie weit
Sie nun nach oben schauen können. Haben Sie Ihr Kreuzchen übertroffen?
Wie weit diese elementare menschliche Bewegung aus unserem Repertoire entfernt ist- man
denke an das Kopfheben des Babysauf den Bauch-, wissen wir spätestens nachdem wir eine Decke
tapeziert oder gestrichen haben...
Summen Sie zum Abschluß noch einmal ein paar Töne in verschiedener Höhe. Was darf jetzt
mitschwingen? Wie ist die „Resonanzqualität Ihres Körpers? Nur ein gut ,,gestimmter" Körper kann
mit den Schwingungen des Lebens mitschwingen ...
(*Wenn Sie möchten, nehmen Sie Ihr Instrument zur Hand und nehmen Sie eine für Sie bequeme,
vielleicht neue Haltung ein. Fragen Sie Ihre innere Ästhetik, welche Haltung für Sie in diesem
Moment eine offene, angenehme, gesunde Haltung ist. Keine statische „Halt"-ung, sondern eine
Haltung, die freie, spontane Bewegung und Kreativität erlauben könnte. Probieren Sie jetzt die
verschiedenen Becken- und Kopfbewegungen von eben aus. Spielen Sie ein paar Töne oder eine
Tonleiter mit Ihrem ganzen Körper und Instrument. Wie klingt es jetzt? Was darf jetzt alles mit-
schwingen?)
Gruppenarbeit (Bewußtheit durch Bewegung) mit Musikern
Die Gruppenstunden richten sich grundsätzlich nach den Bedürfnissen und Wün- schen der
Teilnehmer. In der Regel nehmen Musiker aus verschiedenen Fachrich- tungen teil. Doch können
auch bestehende Gruppen einer einzigen Fachrichtung davon profitieren und lernen, wie sie mehr
musikalisch aufeinander zugehen kön- nen (z.B. Klaviertrios, Streichquartette, Bläsersextette,
Kammerorchester usw.).
Musiker sind gewöhnlich mehr motiviert, etwas über ihr Instrument zu lernen als über sich selbst.
Sie identifizieren sich so sehr mit ihrem Instrument und spüren ih- ren Körper daher oft erst dann,
wenn er schmerzt oder seine Funktionen durch Krankheit ausfallen. Einige tragen sogar
offensichtliche Merkmale ihres (meist asym- metrischen) Instruments mit durch den Alltag - u.a.
Kontrabassisten, Geiger und Bratschisten, Flötisten und Hornisten. Die Dauerbelastung von
bestimmten Muskeln und Gelenken und Überdehnung von Bändern durch statische
„instrumenten-be- dingte" Körperhaltungen sind oft nicht zu übersehen - eine schiefe Stellung des
Kopfes, der Schultern, der Wirbelsäule, des Beckens, des Brustkorbs, usw.

Da nicht nur bei Sängern und Dirigenten der Körper das eigentliche Instrument ist, ist es oft
angebracht, Gruppenarbeit zunächst ohne Instrument durchzuführen. (Um die Wirkung der
Schwerkraft zu minimieren finden die Anfangsstunden vorzugs- weise am Boden statt.). Wie in
allen Beziehungen, ist es wichtig, Dissonanzen oder Mißverständnisse in der Beziehung von
Instrument und Körper aufzudecken und zu klären. Zuerst sollte man sich aber mit den Funktionen
und Beziehungen des eige- nen Körpers beschäftigen.
Wenn wir den Körper als Orchester betrachten, wird uns einiges über die Beziehun- gen im Körper
verständlicher. Das Orchester besteht aus einzelnen Musikern, mit verschiedenen Instrumenten
und Funktionen, die gemeinsam eine Musik entstehen lassen wollen. Ziehen nicht alle „am selben
Strang", jeder mit seiner speziellen Funktion, ist der Gesamtklang gestört. Der Körper (oder auch
eine Gesellschaft) funktioniert nach ähnlichen Gesetzen. Können nicht alle Funktionen unseres Kör-
pers auf eine gemeinsame Intention eingestellt werden, ist das, was wir bewerkstel- ligen wollen,
ineffizient oder gar unmöglich.
Eskann also von existenzieller Bedeutung für den ganzen (Klang)-Körper sein, wenn die Bedeutung
von Funktionen neu und bewußt geklärt werden kann. Bei dieser Gruppenarbeit kommt es nicht
auf die Menge der Funktionen an, sondern auf die Qualität. Viele (nicht nur) Instrumentalisten
werden die folgende Erfahrung gemacht haben: Wenn man sich mit einem Takt eines Konzerts von
Mozart auseinanderge- setzt hat, bis die Qualität „rein" ist, wirkt sich dieser Takt auf das ganze
Werk aus. ,,Rein" könnte heißen, frei von dem unnötigen Gepäck, frei von überflüssiger Mus-
keltätigkeit und Denken ohne Stauung des musikalischen Ausdrucks.
Nun kommt es auf die einfachsten Bewegungen an. Für viele ist die intime Erfah- rung, sich selbst
zu spüren, neu und ungewohnt. An einem einfachen kleinen Kreis, z.B. des Beckens oder des
Kopfes (die „Feldenkrais-Uhr"), kann man für sich schon erahnen, wo es an der Feinmotorik haken
könnte. Koppelt man diese Bewegung dann mit der Bewegung des Musizierens, ist man schnell am
Kern der Feldenkrais- Arbeit mit Musikern. Beim Klären des Kreises(ohne daß man die Atmung
stört), wird die Bewegung des Beckens z.B. von der Bewegung des Rumpfes differenziert, was die
Atmung zusätzlich befreien kann.
Mit diesem Differenzieren und Definieren von Funktionen hat das Nervensystem mehr Auswahl,
was es nun spontan zusammenstellen kann. Beides, die Differen- ziertheit und die
Zusammenarbeit, ist für die Vielfalt und Spontaneität des mensch- lichen und musikalischen
Ausdrucks notwendig.
Nach den Übungen sind die Musiker in der Regel ruhig und offen. Sie nehmen sich Zeit, sich neu
mit ihrem Instrument zu befreunden. Sie verstehen wortlos, daß das Spielen eines Instruments
eine ganzheitliche Erfahrung ist und mehr innere Befriedi- gung und Verwirklichung bedeutet.
Meist nehmen sie eine Klangveränderung ihres Instruments wahr. Das Zusammenspiel mit den
Anderen ist einfacher, sensibler, selbstverständlicher, sicherer, homogener, von innen geführt - als
wäre das Spüren des Selbst gleich das Spüren der Gemeinschaft. Und oft entsteht der Eindruck,
daß das Urbedürfnis, sich in der Musik auszudrücken, in der Gruppe noch mehr zur Gel- tung
kommt. Esist schön, das Staunen der Musiker zu beobachten. Was hindert uns daran, das
Musikinstrument als Hilfsmittel zu verwenden, mit uns selbst und unserer Umwelt zu
kommunizieren? Wir können das Instrument als Segen sehen - und nicht als Qual!
Die Feldenkrais-Methode in der Musikpädagogik
Wie die Feldenkrais-Methode im Instrumentalunterricht möglich ist, zeigen 2 kleine
Beispiele meiner Frau, Marion Levesque:
Tonerzeugung z.B. beim Klarinettenspielen
Bei Anfängern passiert es häufig, daß der Ton quietscht oder pfeift. Der Lehrer kann nun einerseits
ärgerlich reagieren und sagen, der Schüler möge bitte nur schöne Töne produzieren, doch durch
die Angst, nichts falsch machen zu wollen, wird der Unterkiefer mehr an das Klarinettenblatt und
somit mehr an das Mundstück ge- drückt- der Quietscher tritt erneut auf. Andererseits könnte der
Lehrer nun den Schüler versuchen lassen,den Quietscher zu wiederholen. Der Schüler wird ange-
leitet, zu fühlen, was er macht. Er erfühlt, wie die Lippen um das Klarinettenmund- stück geformt
sind, beschäftigt sich mit der Atmung als Grundfunktion, einen Ton zu erzeugen, und wie sich die
Größe des Mundraumes durch Zunge, Gaumen und Hals verändert. Eventuell entdeckt er für sich,
daß er zuviel oder zu wenig Luft ins Instrument bläst oder das Mundstück zu weit im Mund hat und
somit das Blatt frei schwingt. So lernt er auf experimentelle Art mehrere Möglichkeiten von
Tonerzeu- gung kennen und hat nun freie Wahl. Jemehr Möglichkeiten ihm zur Verfügung stehen,
desto spontaner und entspannter kann er beim Musizieren sein.
Erlernen einer schwierigen, schnellen Passage
Eine Schülerin probiert zwei-, dreimal eine schwierige Stelle zu spielen und verspielt sich immer
wieder. Wird der Lehrer ungeduldig, wird die Situation gespannter und die Schülerin hat noch
mehr Angst. Hat die Schülerin nicht genug geübt? Womög- lich wird erwartet, daß die Aufgaben
sooft wiederholt werden müssen, bis sie 11ge-
konnt" sind. Doch wenn sie es dann kann
wird ihr Organismus dieses mit unter- schwelliger Furcht gelernt haben. Bei jedem 11 Abruf"
erscheint auch die Furcht, die mitgespeichert wurde. Je mehr Freude dagegen ein Schüler beim
Lernen erlebt, desto mehr wird ihm das Gelernte gehören.

Über das körperliche Erleben öffnen sich dem Musiker neue Wege, schwierige Pas- sagen auf einer
anderen Ebene zu lösen. Der persönliche Raum für Kreativität dehnt sich aus. Sich mit dem „Wie"
oder mit dem Prozeß des Lernens mehr zu beschäfti- gen, bedeutet mehr Flexibilität. Die Schülerin
könnte, als einfaches Beispiel, einen Takt herausnehmen und die Töne bewußt viel langsamer
spielen. Dabei würde sie die Verbindung der Töne mit ihren Fingern und Lippen (die
unterschiedliche Deh- nung, das Aufsetzen der Fingerkuppen und die unterschiedliche Finger- und
Lip- penspannung) intensiv erspüren. Oder es können lustige und ungewohnte Kombi- nationen
gewählt werden: z.B. Blasen während man (gekreuzt) geht, (oder) ein Auge zumacht, verschiedene
Töne wegläßt, verdoppelt, den Rhythmus ändert, usw.
So wird das Nervensystem immer wieder neu mit einer anderen Aufgabe angeregt. Die Spielerin
setzt sich ohne Vorbehalte und negative Gedanken mit der schwieri- gen Stelle auseinander und
kann auf ihre Erfahrung vertrauen. Manche Musik, bei- spielsweise einige der Klaviersonaten von
W.A. Mozart, können Kinder in ihrer Un- voreingenommenheit schon bald spielen.
Interessanterweise werden diese Stücke oft schwieriger, je älter man wird. Die hohe Kunst liegt oft
darin, die Musik in ihrer Schlichtheit und Einfachheit immer wieder neu zu erkennen und zu
spielen.
Wir werden alle eigentlich als Künstler geboren, doch bleibt das Erlernen eines In- struments ein
lebenslanger Prozeß. Die Betonung auf das „Spielen" sollte in der Mu- sikpädagogik immer
vermittelt werden, damit dieser Prozeß sich fortwährend rege- nerieren kann - nicht nur Spaß an
Bewegung, sondern die ursprüngliche Freude, Bewegung in Musik umzusetzen.
Moshe Feldenkrais' Definition von Gesundheit war: Ein Mensch, der in der Lage ist, seine Träume
und Wünsche zu erfüllen. Und wir bieten als Feldenkrais-Pädagogen Wege, diesen Träumen und
Wünschen treu zu werden - durch eine eigene Ästhetik einfacher Bewegung und des
Selbstausdrucks.
Fußnoten
11)
Das Wort Ästhetik wird von Feldenkrais, anders als heute üblich ist, mehr im ursprüngli- chen Sinn
gebraucht. Esstammt aus dem griech. aisthetik6s „wahrnehmend" und ist ur- verwand mit lat.
audire „hören", also ausgesprochen sinnlich und subjektiv.
[2) 13)
Interessanterweise, nachdem Immanuel Kant (1724-1804) dieses Wort in seiner ur- sprünglichen
Bedeutung in seinen Schriften übernahm, schrieb A. T. Baumgarten ein Buch 1750 mit dem Titel
„Aestetica" über die Theorie der Schönheit der Kunst. Diese neue „objektive" Bedeutung wurde
allmählich im Westen übernommen.
Radiointerview mit Will Schultz, San Francisco 1980
Als ich mit vierzehn Jahren das erste Mal in einem Laienorchester spielte, weiß ich noch, wie mein
rechter Fuß eingeschlafen war, als ich versucht habe, mich für ein kleines Solo (einen Ton!) an
einem Stuhlbein festzuhalten.
347

[4]
Dt. Ärzteblatt/Das Orchester 1989 Der höchste Prozentsatz an Erkrankungen sind die or-
thopädischen Beschwerden, mit Abstand folgen Augen- und Nervenerkrankungen. So stehen die
Beschwerden des Bewegungsapparates im Vordergrund. Die häufigsten Pro- blembereiche sind der
Nacken, darauf folgen Schmerzen der übrigen Wirbelsäule und dann Kopfschmerzen. Vergleicht
man nun die Instrumentengruppen der Streicher und Bläser miteinander, findet man generelle
Unterschiede, die durch diese unterschiedli- chen Haltungen und Spieltechniken zu erklären sind.
Bei Streichern findet man, neben den schon genannten Problembereichen, vermehrt Beschwerden
im Schulter-, Ellbogen- und Armbereich, hingegen bei den Bläsern eher im Bereich der Schulter
und der Hand.
Eingroßer Prozentsatzder Musiker, die in ärztlicher Betreuung sind, sind unzufrieden, da die
künstlerisch-beruflichen Anforderungen bei der Therapie der Erkrankung nicht aus- reichend
berücksichtigt werden können. Verblüffend ist auch, daß 68 %aller in Behand- lung befindlichen
Musiker die von ihrem Arzt vorgeschlagene Therapie selten oder nie befolgen. (Esist jedoch
erfreulich, daß zunehmend mehr Ärzte den Körper nicht mehr als etwas Statischesbetrachten, was
nur in Teilen „repariert" werden muß. Die ganzheitlichen und „revolutionären" Ideen von Moshe
Feldenkraisfinden hierbei immer mehr Anklang.)
Zwar wurde ich nicht „geheilt", doch diese Stunde reichte mir aus, um das Krankenhaus ohne
Operation zu verlassen. Bisher habe ich mit dieser Methode über 12 Jahre lang eine, nach
damaliger ärztlicher Meinung, unvermeidbare Operation umgehen können! Ich erinnere mich z.B.
an eine Rundfunkaufnahme mit Chor und Orchester, die um einen Tagverschoben wurde, weil ein
Ersatzfür den Englischhornistengefunden werden mußte, da er wegen Verspannung keinen Ton
mehr aus seinem Instrument herausbrachte.
[5]
Bibliographie
Feldenkrais, Moshe: Life and Human Nature, with Will Schutz (1981 ), New Dimensions Foun-
dation, 1993
Feldenkrais, Moshe: Self-Fulfillment Through Organic Learning, Edited by Mark Reesefrom a
presentation at the 1981 Mandala Conference
Hanna, Thomas: The Body of Life, Creating New Pathways for Sensory Awareness and Fluid
Movement, 1993, Healing Arts Press
Havas, Kato: Lampenfieber, Ursachen und Überwindung unter besonderer Berücksichtigung des
Violinspiels, 1989, Bosworth Edition
Heipertz, W.: Berufsbedingte Erkrankungen professioneller Musiker, Des einen Freud' - des andern
Leid!, Therapiewoche 44, 34 (1994)
Jacoby, Peter: Die Feldenkrais-Methode in Musikpädagogik und Stimmbildung. Hrsg: Hans- Erich
Czetczok. Mit einem Geleitwort von Yehudi Menuhin. Bibliothek der Feldenkrais-Guilde e.V. Nr. 10,
München/Herford 1997
MolsbergerA.: P.Wehling, F.Molsberger,E.Hille: Der KünstleralsPatient.DtÄrzteblatt 86, 1989
Rubin, Paul: Linda Case Speakswith Paul Rubin, The American Suzuki Journal, Winter, 1995
Spencer, Robert L.: The Craft of the Warrior, Frag, Ltd. 1993
Von Wangenheim: Annette, Zur Bewußtheit durch Bewegung finden - Die Fedenkrais-Päda- gogen
wollen jetzt neues Lernen lehren, Neue Musikzeitung, August/September 1987

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