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Redemptoris Missio

Questo documento riassume l'enciclica Redemptoris Missio di Papa Giovanni Paolo II sulla missione della Chiesa Cattolica. La lettera descrive Gesù Cristo come l'unico salvatore e la necessità di portare il suo messaggio a tutte le persone e culture. Discute anche il ruolo dello Spirito Santo e dei laici nella missione di evangelizzazione della Chiesa. Infine, fa un appello a rinnovare gli sforzi missionari affinché più persone conoscano e accettino Cristo.
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Redemptoris Missio

Questo documento riassume l'enciclica Redemptoris Missio di Papa Giovanni Paolo II sulla missione della Chiesa Cattolica. La lettera descrive Gesù Cristo come l'unico salvatore e la necessità di portare il suo messaggio a tutte le persone e culture. Discute anche il ruolo dello Spirito Santo e dei laici nella missione di evangelizzazione della Chiesa. Infine, fa un appello a rinnovare gli sforzi missionari affinché più persone conoscano e accettino Cristo.
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REDEMPTORIS MISSIO

CARTA ENCICLICA
DEL SOMMO PONTIFICI JUAN PABLO II
SULLA MISSIONE DEL REDENTORE

INTRODUZIONE

CAPITOLO I: GESÙ CRISTO UNICO SALVATORE

• Nessuno viene al Padre se non per me (Gv 14, 6)


• La Chiesa, segno e strumento di salvezza
• La salvezza è offerta a tutti gli uomini
• Noi non possiamo fare a meno di parlare

CAPITOLO II : IL REGNO DI DIO

• Cristo rende presente il Regno


• Caratteristiche e esigenze del Regno
• Nel Risorto, arriva al suo compimento ed è proclamato il Regno di Dio
• Il Regno in relazione a Cristo e alla Chiesa
• La Chiesa al servizio del Regno

CAPITOLO III: LO SPIRITO SANTO PROTAGONISTA DELLA MISSIONE

• L'invio fino ai confini della terra (Atto 1, 8)


• Lo Spirito guida la missione
• Lo Spirito rende missionaria tutta la Chiesa
• Lo Spirito è presente e operante in ogni tempo e luogo
• L'attività missionaria è ancora all'inizio

CAPITOLO IV: I GRANDI ORIZZONTI DELLA MISSIONE AD GENTES

• Un quadro religioso, complesso e in movimento


• La missione ad gentes conserva il suo valore
• A tutti i popoli, nonostante le difficoltà
• Ambiti della missione ad gentes
• Fedeltà a Cristo e promozione della libertà dell'uomo
• Dirigere l'attenzione verso Sud e verso Oriente

CAPITOLO V: I CAMMINI DELLA MISSIONE

• La prima forma di evangelizzazione è la testimonianza


• Il primo annuncio di Cristo Salvatore
• Conversione e Battesimo
• Formazione di Chiese locali
• Le comunità ecclesiali di base forza evangelizzatrice
• Incarnare il Vangelo nelle culture dei popoli
• Il dialogo con i fratelli di altre religioni
• Promuovere lo sviluppo, educando le coscienze
• La carità, fonte e criterio della missione
1
CAPITOLO VI : I RESPONSABILI E GLI AGENTI DELLA PASTORALE MISSIONARIA

• I primi responsabili dell'attività missionaria


• Missionari e Istituti ad gentes
• Sacerdoti diocesani per la missione universale
• Fecondità missionaria della consacrazione
• Tutti i laici sono missionari in virtù del Battesimo
• L'opera dei catechisti e la varietà dei ministeri
• Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e altre strutture per l'attività
missionaria

CAPITOLO VII: LA COOPERAZIONE NELL'ATTIVITÀ MISSIONARIA

• Preghiera e sacrificio per i missionari


• Ecco, Signore, sono pronto, inviami (cf. Is 6, 8)
• Maggiore felicità c'è nel dare che nel ricevere (Atti 20, 35)
• Nuove forme di cooperazione missionaria
• Animazione e formazione del Popolo di Dio
• La responsabilità primaria delle Opere Missionarie Pontificie
• Non solo dare alla Missione, ma anche ricevere
• Dio prepara una nuova primavera del Vangelo

CAPITOLO VIII: SPIRITUALITÀ MISSIONARIA

• Lasciarsi guidare dallo Spirito


• Vivere il mistero di Cristo inviato
• Amare la Chiesa e gli uomini come Gesù li ha amati
• Il vero missionario è il santo

CONCLUSIONE

INTRODUZIONE

1. La Missione di Cristo Redentore, affidata alla Chiesa, è ancora lontana dal compiersi. Alla fine del
secondo millennio dopo la sua venuta, uno sguardo globale all'umanità dimostra che questa missione si
halla ancora all'inizio e dobbiamo impegnarci con tutte le nostre energie nel suo
servizio. È lo Spirito Santo che spinge ad annunciare le grandi opere di Dio: "Predicare il
L'evangelo non è per me un motivo di gloria; è piuttosto un dovere che mi spetta: E guai a me
se non predicassi il Vangelo!

A nome di tutta la Chiesa, sento imperioso il dovere di ripetere questo grido di San Paolo. Da
all'inizio del mio pontificato ho preso la decisione di viaggiare fino agli ultimi confini della terra per
mettere in evidenza la richiesta missionaria; e precisamente il contatto diretto con i popoli che
ignorano Cristo mi ha convinto ancora di più dell'urgenza di tale attività, alla quale dedico la
presente Enciclica.

Il Concilio Vaticano II ha voluto rinnovare la vita e l'attività della Chiesa secondo le necessità del
mondo contemporaneo; ha sottolineato la sua "indole missionaria", basandola dinamicamente sulla stessa
missione trinitaria. L'impulso missionario appartiene, dunque, alla natura intima della vita cristiana e

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inspira anche l'ecumenismo: "Che tutti siano uno... affinché il mondo creda che tu mi hai mandato"
(Gv 17, 21).

2. Molti sono già i frutti missionari del Concilio: si sono moltiplicate le Chiese locali provviste
di Vescovo, clero e personale apostolico propri; si sta raggiungendo un'inserzione più profonda di
comunità cristiane nella vita dei popoli; la comunione tra le Chiese porta a uno scambio
eficace di beni e doni spirituali; l'opera evangelizzatrice dei laici sta cambiando la vita
ecclesiale; le Chiese particolari si mostrano aperte all'incontro, al dialogo e alla collaborazione con
i membri di altre Chiese cristiane e di altre religioni. Soprattutto, si sta consolidando una
nuova coscienza: la missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e le parrocchie, a
istituzioni e associazioni ecclesiali.

Tuttavia, in questa "nuova primavera" del cristianesimo non può rimanere celata una tendenza
negativa, che questo Documento vuole contribuire a superare: la missione specifica ad gentes sembra che si
va fermandosi, non certo in sintonia con le indicazioni del Concilio e del Magistero successivo.
Difficoltà interne ed esterne hanno indebolito l'impulso missionario della Chiesa verso i non
cristiani, il che è un fatto che deve preoccupare tutti i credenti in Cristo. In effetti, nel
storia della Chiesa, questo impulso missionario è sempre stato segno di vitalità, così come il suo
La diminuzione è segno di una crisi di fede.

Venticinque anni dopo la chiusura del Concilio e la pubblicazione del Decreto sull'attività
missionaria Ad gentes e ai quindici dell'Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi di Papa Paolo
VI, voglio invitare la Chiesa a un rinnovato impegno missionario, seguendo a riguardo il
Magistero dei miei predecessori. Il presente Documento si propone una finalità interna: la
rinnovamento della fede e della vita cristiana. In effetti, la missione rinnova la Chiesa, rafforza la fede e la
l'identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! La nuova
l'evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e supporto nell'impegno per la missione
universale.

Ma ciò che più mi muove a proclamare l'urgenza dell'evangelizzazione missionaria è che questa
costituisce il primo servizio che la Chiesa può prestare a ogni uomo e all'intera umanità nel
mondo attuale, che sta conoscendo grandi conquiste, ma sembra aver perso il senso delle
realtà ultime e della stessa esistenza. "Cristo Redentore -ho scritto nella mia prima Enciclica-
rivela pienamente l'uomo allo stesso uomo. L'uomo che vuole comprendere se stesso fino in fondo
lo stesso (...) deve (...) avvicinarsi a Cristo. La Redenzione realizzata tramite la croce ha riportato a
dare definitivamente all'uomo la dignità e il senso della sua esistenza nel mondo.

Non mancano nemmeno altre motivazioni e finalità, che rispondono alle numerose richieste di un
documento di questo tipo: dissipare dubbi e ambiguità sulla missione ad gentes, confermando così in
alla consegna ai benemeriti uomini e donne dedicati all'attività missionaria e a tutti coloro che
aiutare; promuovere le vocazioni missionarie; incoraggiare i teologi a approfondire e esporre
sistematicamente i vari aspetti della missione; dare un nuovo impulso alla missione propriamente detta,
compromettendo le Chiese particolari, specialmente quelle giovani, a mandare e ricevere missionari;
assicurare ai non cristiani e, in modo particolare, alle autorità dei paesi a cui si rivolge la
attività missionaria, che ha come unico scopo servire l'uomo, rivelandogli l'amore di Dio che
si è manifestato in Gesù Cristo.

3. Popoli tutti, aprite le porte a Cristo! Il suo Vangelo non toglie nulla alla libertà umana, al
a causa del rispetto per le culture, a quanto di buono c'è in ogni religione. Accogliendo Cristo, vi aprite a
Parola definitiva di Dio, a colui in cui Dio si è rivelato pienamente e a cui lo stesso
Dio ci ha indicato come cammino per arrivare a lui.

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Il numero di coloro che non conoscono ancora Cristo né fanno parte della Chiesa aumenta costantemente;
ancora di più, dalla fine del Concilio, quasi si è raddoppiato. Per questa immensa umanità, così amata
per il Padre che per essa inviò il suo stesso Figlio, è evidente l'urgenza della missione. D'altra parte,
la nostra epoca offre in questo campo nuove occasioni alla Chiesa: la caduta di ideologie e sistemi
politici oppressori; l'apertura delle frontiere e la configurazione di un mondo più unito, grazie al
incremento dei mezzi di comunicazione; il radicamento nei popoli dei valori evangelici che
Gesù incarnò nella sua vita (pace, giustizia, fraternità, dedizione ai più bisognosi); un tipo di
sviluppo economico e tecnico privo di anima che, tuttavia, spinge a cercare la verità su Dio,
sull'uomo e sul senso della vita.

Dio apre alla Chiesa orizzonti di un'umanità più preparata per la semina evangelica. Prevedo
che è arrivato il momento di dedicare tutte le forze ecclesiali alla nuova evangelizzazione e a
missione ad gentes. Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può eludere questo dovere
supremo: annunciare Cristo a tutti i popoli.

CAPITOLO I: JESUCRISTO UNICO SALVATORE

4. Il compito fondamentale della Chiesa in tutte le epoche e particolarmente nella nostra -come
ricordavo nella mia prima Enciclica programmatica - è "dirigere lo sguardo dell'uomo, orientare la
la coscienza e l'esperienza di tutta l'umanità verso il mistero di Cristo.

La missione universale della Chiesa nasce dalla fede in Gesù Cristo, così come si esprime nella professione di fede
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, Unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i
secoli... Per noi, uomini, e per la nostra salvezza scese dal cielo e, per opera dello Spirito Santo,
si incarnò da Maria, la Vergine, e divenne uomo". Nel fatto della Redenzione c'è la salvezza di
tutti, "perché ognuno è stato compreso nel mistero della Redenzione e con ognuno Cristo si
ha unito, per sempre, mediante questo mistero". Solo nella fede si comprende e si fonda la
missione.

Tuttavia, a causa anche dei cambiamenti moderni e della diffusione di nuove concezioni
teologiche, alcuni si chiedono: È ancora valida la missione tra i non cristiani? Non è stata
sostituita forse dal dialogo antireligioso? Non è un obiettivo sufficiente la promozione umana? Il
Il rispetto della coscienza e della libertà non esclude ogni proposta di conversione? Non può uno
salvarsi in qualsiasi religione? A che serve, allora, la missione?

Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me" (Gv 14, 6)

5. Remontandoci alle origini della Chiesa, vediamo chiaramente affermato che Cristo è l'unico
Salvatore dell'umanità, l'unico in grado di rivelare Dio e di guidare verso Dio. A
autorità religiose ebraiche che interrogano gli Apostoli riguardo alla guarigione del mendicante effettuata da
Pedro, questo risponde: "Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso e a
chi Dio ha risuscitato dai morti; per il suo nome e non per nessun altro si presenta qui
sano davanti a voi... Perché non c'è sotto il cielo altro nome dato agli uomini per cui
noi dobbiamo salvarci" (Atto 4, 10. 12). Questa affermazione, rivolta al Sinedrio, assume un valore
universale, poiché per tutti -giudei e gentili- la salvezza non può venire se non da Gesù Cristo.

La universalità di questa salvezza in Cristo è affermata in tutto il Nuovo Testamento. San Paolo
riconosce in Cristo risorto il Signore: "Perché -scrive lui- anche se viene dato loro il nome di dei,
bene nel cielo, bene sulla terra, in modo che ci siano moltitudini di dei e signori, per noi non ce ne sono
più di un solo Dio, il Padre, dal quale procedono tutte le cose e per il quale siamo; e un solo

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Signore, Gesù Cristo, per il quale sono tutte le cose e per mezzo del quale siamo noi" (1 Cor 8, 5-6). Si
confessa un unico Dio e un unico Signore in contrasto con la moltitudine di "dèi" e "signori" che lui
il popolo ammetteva. Pablo reagisce contro il politeismo dell'ambiente religioso del suo tempo e pone di
allevia la caratteristica della fede cristiana: fede in un solo Dio e in un solo Signore, inviato da Dio.

Nel Vangelo di San Giovanni questa universalità salvifica di Cristo abbraccia gli aspetti della sua missione di
grazia, di verità e di rivelazione: "La Parola è la vera luce che illumina ogni uomo" (cfr Gv
1, 9). E aggiunge: "Nessuno ha mai visto Dio; l'unico Figlio, che è nel seno del Padre, lui lo ha
rivelato" (Gv 1, 18; cfr Mt 11, 27). La rivelazione di Dio diventa definitiva e completa attraverso
su Figlio unigenito: "Molte volte e in molti modi Dio parlò in passato ai nostri Padri per
mediante i Profeti; in questi ultimi tempi ci ha parlato per mezzo del Figlio che ha istituito
eredire di tutto, per cui ha fatto anche i mondi" (Ebr 1, 1-2; cfr Gv 14, 6). In questa Parola
definitiva della sua rivelazione, Dio si è dato a conoscere nel modo più completo; ha detto a la
umanità chi è. Questa autorivelazione definitiva di Dio è il motivo fondamentale per cui la
La Chiesa è missionaria per natura. Non può fare a meno di proclamare il Vangelo, cioè, la pienezza
della verità che Dio ci ha dato a conoscere su di sé.

Cristo è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini: "Perché c'è un solo Dio, e anche un solo
mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Gesù, uomo anche, che si è offerto da sé come
salvezza per tutti. Questo è il testimonio dato nel momento opportuno, e di questo testimonio -dico la
verità, non mento - io sono stato costituito araldo e apostolo, maestro dei gentili nella fede e in
verità" (I Tim 2, 5-7; cfr Eb 4, 14-16). Gli uomini, dunque, non possono entrare in comunione con Dio,
se non è per mezzo di Cristo e sotto l'azione dello Spirito. Questa sua mediazione unica e universale, lontano
essere ostacolo nel cammino verso Dio, è la via stabilita da Dio stesso, e di questo Cristo ha
piena consapevolezza. Anche quando non si escludono mediazioni parziali, di qualsiasi tipo e ordine, queste
tuttavia acquisiscono significato e valore unicamente per la mediazione di Cristo e non possono essere
intese come parallele e complementari.

6. È contrario alla fede cristiana introdurre qualsiasi separazione tra il Verbo e Gesù Cristo. San Giovanni
afferma chiaramente che il Verbo, che "era nel principio con Dio", è lo stesso che "diventò carne"
(Gv 1, 2.14). Gesù è il Verbo incarnato, una sola persona e inseparabile: non si può separare Gesù
di Cristo, per non parlare di un "Gesù storico", che sarebbe distinto dal "Cristo della fede". La Chiesa
conosce e confessa Gesù come "il Cristo, il Figlio di Dio vivo" (Ml 16, 16). Cristo non è altro che Gesù
di Nazaret, e questo è il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti. In Cristo "risiede tutta
la pienezza della divinità corporalmente" (Col 2, 9) e "dalla sua pienezza abbiamo ricevuto tutti" (Gv 1,
16). Il "Figlio unigenito, che è nel seno del Padre" (Gv 1, 18), è il "Figlio del suo amore, in cui abbiamo
la redenzione. Poiché Dio ha voluto far risiedere in lui tutta la pienezza, e riconciliare per lui e per lui
tutte le cose, riconciliando, mediante il sangue della sua croce, quelle che sono sulla terra e nei cieli" (Col
1, 13-14. 19-20). È precisamente questa singolarità unica di Cristo che gli conferisce un significato
assoluto e universale, per cui, mentre è nella storia, è il centro e la fine nella stessa vita di
Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo. In effetti, colui che ama desidera dare se stesso.

Dio offre all'uomo questa vita nuova: Si può rifiutare Cristo e tutto ciò che lui ha portato?
storia dell'uomo? Certamente è possibile. L'uomo è libero. L'uomo può dire no a Dio. Il
l'uomo può dire di no a Cristo. Ma resta in piedi la domanda fondamentale: È lecito farlo? Con
qual è il fondamento lecito?

8. Nel mondo moderno c'è la tendenza a ridurre l'uomo a una mera dimensione orizzontale. Ma perché
cosa diventa l'uomo senza l'apertura all'Assoluto? La risposta si trova non solo nell'esperienza
di ogni uomo, ma anche nella storia dell'umanità con il sangue versato in nome di
ideologie e regimi politici che hanno voluto costruire una 'nuova umanità' senza Dio.

5
Peraltro, a coloro che sono preoccupati di salvare la libertà di coscienza, dice il Concilio
Vaticano II: "La persona umana ha diritto alla libertà religiosa (...), tutti gli uomini devono
essere immuni da coercizioni da parte di persone private, come di gruppi sociali e di qualsiasi
potestad umana, e questo in modo tale che in materia religiosa non si obblighi nessuno ad agire contro il suo
consapevolezza non deve essere impedita di agire secondo di essa in privato e in pubblico, da solo o associato con altri
entro i limiti dovuti

L'annuncio e la testimonianza di Cristo, quando vengono svolti nel rispetto delle coscienze, non violano la
libertà. La fede richiede l'adesione libera dell'uomo, ma deve essere proposta, poiché "le masse hanno
diritto a conoscere la ricchezza del mistero di Cristo, dentro il quale crediamo che tutta l'umanità
può trovare, con insospettata pienezza, tutto ciò che cerca a tentoni riguardo a Dio, all'uomo e
del suo destino, della vita e della morte, della verità. Per questo, la Chiesa mantiene vivo il suo slancio
missionario e addirittura desidera intensificarlo in un momento storico come il nostro". È bene dire
anche con le parole del Concilio che: "Tutti gli uomini, secondo la loro dignità, in quanto persone,
cioè, dotati di ragione e di volontà libera e, quindi, elevati con una responsabilità
personale, hanno l'obbligo morale di cercare la verità, soprattutto quella che riguarda la religione.
Sono obbligati, inoltre, ad aderire alla verità conosciuta e a ordinare tutta la loro vita secondo le
esigenze della verità

La Chiesa, segno e strumento di salvezza

9. La prima beneficiaria della salvezza è la Chiesa. Cristo l'ha acquistata con il suo sangue (cfr At 20,
28) e l'ha fatta sua collaboratrice nell'opera della salvezza universale. In effetti, Cristo vive in lei; è
su marito; favorisce la sua crescita; attraverso di lei compie la sua missione. Il Concilio ha reclamato
ampiamente il ruolo della Chiesa per la salvezza dell'umanità. Allo stesso tempo riconosce che Dio
ama tutti gli uomini e concede loro la possibilità di salvarsi (cfr 1 Tim 2, 4), la Chiesa professa che
Dio ha costituito Cristo come unico mediatore e che lei stessa è stata costituita come
sacramento universale di salvezza. "Tutti gli uomini sono chiamati a questa unità cattolica del Popolo
di Dio, e a lei appartengono o si ordinano in diversi modi, siano i fedeli cattolici, siano gli altri
credenti in Cristo, siano anche tutti gli uomini in generale chiamati alla salvezza per grazia di
Dio". È necessario, quindi, mantenere unite queste due verità, ovvero la possibilità reale della salvezza
in Cristo per tutti gli uomini e la necessità della Chiesa in ordine a questa stessa salvezza. Entrambe
favoriscono la comprensione dell'unico mistero salvifico, in modo che si possa esperire la
misericordia di Dio e la nostra responsabilità. La salvezza che è sempre dono dello Spirito, esige la
collaborazione dell'uomo per salvare sia se stesso che gli altri Così ha voluto Dio, e
per questo ha stabilito e associato alla Chiesa il suo piano di salvezza: "Quello popolo messianico -afferma
il Concilio - costituito da Cristo in ordine alla comunione di vita, di carità e di verità, è
impiegato anche da lui come strumento della redenzione universale e viene inviato in tutto il mondo
come luce del mondo e sale della terra.

La salvezza è offerta a tutti gli uomini

10. L'universalità della salvezza non significa che venga concessa solo a coloro che, in modo
esplicito, credono in Cristo e sono entrati nella Chiesa. Se è destinata a tutti, la salvezza deve essere in
verità a disposizione di tutti. Ma è evidente che, sia oggi che in passato, molti uomini non
hanno la possibilità di conoscere o accettare la rivelazione del Vangelo e di entrare nella Chiesa. Vivono
in condizioni socioculturali che non lo permettono e, in molti casi, sono stati educati in altri
tradizioni religiose. Per loro, la salvezza di Cristo è accessibile in virtù della grazia che, anche
avendo una relazione misteriosa con la Chiesa, non li introduce formalmente in essa, ma li
illumina in modo adeguato la sua situazione interiore e ambientale. Questa grazia proviene da Cristo; è
frutto del suo sacrificio ed è comunicato dallo Spirito Santo: consente a ciascuno di arrivare a
salvezza attraverso la sua libera collaborazione. Per questo stesso motivo, il Concilio, dopo aver affermato la

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centralità del mistero pasquale, afferma: "Questo vale non solo per i cristiani, ma anche per
tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore opera la grazia in modo invisibile. Cristo è morto
per tutti, e la vocazione suprema dell'uomo in realtà è una sola, ovvero divina. Di conseguenza,
dobbiamo credere che lo Spirito Santo offre a tutti la possibilità di essere, nella forma solo di Dio
conosciuta, si associano a questo mistero pasquale.

Noi non possiamo fare a meno di parlare

11. Cosa dire, dunque, delle obiezioni già menzionate sulla missione ad gentes? Con pieno rispetto
Di tutte le credenze e sensibilità, prima di tutto dobbiamo affermare con semplicità la nostra fede in Cristo,
unico salvatore dell'uomo; fede ricevuta come un dono che proviene dall'Alto, senza merito da parte nostra
parte. Diciamo con San Paolo: "Non mi vergogno del Vangelo, che è una forza di Dio per la
salvezza di tutti coloro che credono" (Rom 1, 16). I martiri cristiani di tutte le epoche - anche quelli di
la nostra-hanno dato e continuano a dare la vita per testimoniare davanti agli uomini questa fede, convinti di
che ogni uomo ha bisogno di Gesù Cristo, che ha vinto il peccato e la morte, e ha
riconciliato gli uomini con Dio. Cristo si è proclamato Figlio di Dio, intimamente unito al
Padre, e, come tale, è stato riconosciuto dai discepoli, confermando le sue parole con i miracoli e
su resurrezione. La Chiesa offre agli uomini il Vangelo, documento profetico, che risponde alle
esigenze e aspirazioni del cuore umano e che è sempre 'Buona Notizia'. La Chiesa non può
smettere di proclamare che Gesù è venuto a rivelare il volto di Dio e a raggiungere, attraverso la croce e la
risurrezione, la salvezza per tutti gli uomini. Alla domanda: Perché la missione?, rispondiamo
con la fede e la speranza della Chiesa: aprirsi all'amore di Dio è la vera liberazione. In lui, solo in
noi siamo liberati da ogni forma di alienazione e smarrimento, dalla schiavitù del potere del peccato e di
la morte. Cristo è veramente "la nostra pace" (Ef 2, 14), e "l'amore di Cristo ci spinge" (2 Cor
5, 14), dando senso e gioia alla nostra vita. La missione è un problema di fede, è l'indice esatto di
la nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi.

La tentazione attuale è quella di ridurre il cristianesimo a una saggezza meramente umana, quasi come una
scienza del vivere bene. In un mondo fortemente secolarizzato, si è data una "secolarizzazione graduale"
della salvezza", per cui si lotta certamente a favore dell'uomo, ma di un uomo a
medi in una dimensione orizzontale. Invece, noi sappiamo che Gesù è venuto per portare
la salvezza integrale, che abbraccia l'uomo intero e tutti gli uomini, aprendo loro agli ammirabili
orizzonti della filiazione divina.

Perché la missione? Perché a noi, come a San Paolo, "ci è stata concessa la grazia di annunciare a"
i gentili le inescrutabili ricchezze di Cristo" (Ef 3, 8). La novità di vita in lui è la "Buona
Nuova" per l'uomo di tutti i tempi: a lei sono stati chiamati e destinati tutti gli uomini. Di
fatto, tutti la cercano, anche se a volte in modo confuso, e hanno il diritto di conoscere il valore di
questo dono e la possibilità di raggiungerlo. La Chiesa e, in essa, ogni cristiano, non può nascondere né
conservare per sé questa novità e ricchezza, ricevute dalla divina bontà per essere comunicate a tutti
gli uomini.

Ecco perché la missione, oltre a derivare dal mandato formale del Signore, deriva dall'esigenza
profondità della vita di Dio in noi. Coloro che sono stati incorporati nella Chiesa devono
considerarsi privilegiati e, perciò, maggiormente impegnati a testimoniare la fede e la vita
cristiana come servizio ai fratelli e risposta dovuta a Dio, ricordando che "la sua eccellente
La condizione non deve essere attribuita ai meriti propri bensì a una grazia singolare di Cristo, no
rispondendo a cui con pensiero, parola e opera, lontano dal salvarsi, saranno giudicati con maggiore
serietà

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CAPITOLO II: IL REGNO DI DIO

12. "Dio ricco di misericordia è quello che Gesù Cristo ci ha rivelato come Padre; completamente suo Figlio, in
sì stesso, ce lo ha manifestato e ce l'ha fatto conoscere". Scriveva questo all'inizio dell'Enciclica
Dives in Misericordia, mostrando cómo Cristo è la rivelazione e l'incarnazione della misericordia del
Padre. La salvezza consiste nel credere e accogliere il mistero del Padre e del suo amore, che si manifesta e
si dà in Gesù mediante lo Spirito. Così si compie il Regno di Dio, già preparato dall'Antico
Alleanza, realizzata da Cristo e in Cristo, e annunciata a tutte le genti dalla Chiesa, che si
sforzati e prega affinché arrivi alla sua pienezza in modo perfetto e definitivo. L'Antico Testamento
atestigua che Dio ha scelto e formato un popolo per rivelare e portare a compimento il suo disegno d'amore.
Ma, allo stesso tempo, Dio è Creatore e Padre di tutti gli uomini: si prende cura di tutti, di tutti
estende la sua benedizione (cfr Gen 12, 3) e fa un'alleanza con tutti (Gen 9, 1-17). Israele ha
esperienza di un Dio personale e salvatore (cfr Dt 4, 37; 7, 6-8; Is 43, 1-7), del quale si diventa
testimone e portavoce tra le nazioni. Nel corso della propria storia, Israele acquisisce consapevolezza
Ciao, che la tua scelta ha un significato universale (cfr, per esempio, Is 2, 2-5; 9, 6-8; 60, 1-6; Ger 3,
17; 16, 19).

Cristo rende presente il Regno

13. Gesù di Nazaret porta a compimento il piano di Dio. Dopo aver ricevuto lo Spirito Santo
nel battesimo manifesta la sua vocazione messianica: percorre la Galilea proclamando "la Buona Novella di
Il tempo è compiuto e il Regno è vicino; convertitevi e credete nella Buona Novella
14-15; cfr Mt 4, 17; Lc 4, 43). La proclamazione; l'instaurazione del Regno di Dio sono l'oggetto del suo
missione "Perché a questo sono stato inviato" (Lc 4, 43). Ma c'è qualcosa di più, Gesù in persona è la "Buona
Nuova", come egli stesso afferma all'inizio della sua missione nella sinagoga di Nazaret, applicandosi le
parole di Isaia relative all'Unto, inviato dallo Spirito del Signore (cfr Lc 4, 14-21). Essendo lui il
Buona Nuova, esiste in Cristo piena identità tra messaggio e messaggero, tra il dire, l'agire e il
La sua forza, il segreto dell'efficacia della sua azione consiste nell'identificazione totale con il messaggio
che annuncia; proclama la "Buona Novella" non solo con ciò che dice o fa, ma anche con ciò che è.
Il ministero di Gesù è descritto nel contesto dei viaggi nella sua terra. La prospettiva della missione
prima di Pasqua si concentra su Israele; tuttavia, Gesù ci offre un elemento nuovo di capitale
L'importanza. La realtà escatologica non è rinviata a una fine remota del mondo, ma si realizza
prossima e inizia a realizzarsi. "Il Regno di Dio è vicino" (Mc 1, 15); si prega affinché venga (cfr
Mt 6, 10); la fede lo vede già presente nei segni, come i miracoli (cfr Mt 11, 4-5), gli esorcismi (cfr
Mt 12, 25-28), la scelta dei Dodici (cfr Mc 3, 13-19), l'annuncio della Buona Novella ai poveri
(cfr Lc 4, 18). Negli incontri di Gesù con i pagani si vede chiaramente che l'ingresso nel Regno
avviene mediante la fede e la conversione (cfr Mc 1, 15) e non per mera appartenenza etnica. Il Regno che
inaugura Gesù è il Regno di Dio; egli stesso ci rivela chi è questo Dio che chiama con il termine
familiare 'Abbá', Padre (Mc 14, 36). Il Dio rivelato soprattutto nelle parabole (cfr Lc 15, 3-32;
Mt20, 1-16) è sensibile ai bisogni, alle sofferenze di ogni uomo; è un Padre amorevole e
pieno di compassione, che perdona e concede gratuitamente le grazie richieste. San Giovanni ci dice che
Dio è Amore" (1 Gv 4, 8. 16). Pertanto, ogni uomo è invitato a "convertirsi" e "credere" nel
l'amore misericordioso di Dio per lui; il Regno crescerà nella misura in cui ogni uomo impara a
rivolgersi a Dio come a un Padre nell'intimità della preghiera (cfr Lc 11, 2; Mt 23, 9), e si sforzi di
adempiere la sua volontà (cfr Mt 7, 21).

Caratteristiche e requisiti del Regno

14. Gesù rivela progressivamente le caratteristiche e le esigenze del Regno attraverso le sue parole, le sue
opere e la sua persona. Il Regno è destinato a tutti gli uomini, dato che tutti sono chiamati a essere suoi
membri. Per sottolineare questo aspetto, Gesù si è avvicinato soprattutto a coloro che erano al
margine della società, dando loro la preferenza quando annuncia la "Buona Novella". All'inizio del suo

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il ministero proclama di essere stato "inviato ad annunciare ai poveri la Buona Novella" (Lc 4, 18). A tutti
le vittime del rifiuto e del disprezzo Gesù dice loro: "Beati i poveri" (Lc 6, 20).
Inoltre, fa vivere già a questi emarginati un'esperienza di liberazione, stando con loro e andando a
mangiare con loro (cfr Lc 5, 30; 15, 2), trattandoli come uguali e amici (cfr Lc 7, 34), facendoli
sentirsi amati da Dio e manifestare così la sua immensa tenerezza verso i bisognosi e i peccatori
(cfr Lc 15, 1-32). La liberazione e la salvezza che il Regno di Dio porta con sé raggiungono la persona
umana nella sua dimensione sia fisica che spirituale. Due gesti caratterizzano la missione di Gesù: curare
e perdonare. Le numerose guarigioni dimostrano la sua grande compassione di fronte alla miseria umana, ma
significano anche che nel Regno non ci saranno più malattie né sofferenze e che la sua missione, fin da
principio, tende a liberare le persone da tutto ciò. Nella prospettiva di Gesù, le guarigioni sono
anche segno di salvezza spirituale, di liberazione dal peccato. Mentre cura, Gesù invita alla fede, alla
conversione, al desiderio di perdono (cfr Lc 5, 24). Ricevuta la fede, la guarigione anima ad andare oltre:
introduce la salvezza (cfr Lc 18, 42-43). I gesti liberatori di possesso del demonio, male
supremo e simbolo del peccato della ribellione contro Dio, sono segni che "è giunto a voi il
Regno di Dio" (Mt 12, 28).

15. Il Regno tende a trasformare le relazioni umane gradualmente, man mano che i
gli uomini imparano ad amarsi, a perdonarsi e a servirsi a vicenda. Gesù si riferisce a tutta la legge,
centrandola nel comandamento dell'amore (cfr Mt 22, 34-40; Lc 10, 25-28). Prima di lasciare i suoi
da un "comandamento nuovo": "Che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati" (Gv 15, 12; cfr
13, 14). L'amore con cui Gesù ha amato il mondo trova la sua espressione suprema nel dono della sua vita
per gli uomini (cfr Gv 15, 13), manifestando così l'amore che il Padre ha per il mondo (cfr Gv 3,
16). Pertanto, la natura del Regno è la comunione di tutti gli esseri umani tra loro e con Dio.

Il Regno interessa a tutti: alle persone, alla società, all'intero mondo. Lavorare per il Regno vuole
dire riconoscere e favorire il dinamismo divino, che è presente nella storia umana e la
Trasformare. Costruire il Regno significa lavorare per la liberazione del male in tutte le sue forme. In
riassunto, il Regno di Dio è la manifestazione e la realizzazione del suo disegno di salvezza in tutto il suo
plenitudine.

Nel Resuscitato, arriva al suo compimento ed è proclamato il Regno di Dio

16. Al risorgere Gesù dai morti, Dio ha vinto la morte e in lui ha inaugurato
definitivamente su Regno. Durante la sua vita terrena Gesù è il profeta del Regno e, dopo il suo
passione, resurrezione e ascensione al cielo, partecipa del potere di Dio e del suo dominio sul mondo
(cfr Mt28, 18; Act2, 36; Ef 1,18-31). La resurrezione conferisce un portata universale al messaggio di
Cristo, alla sua azione e a tutta la sua missione. I discepoli si rendono conto che il Regno è già presente nel
persona di Gesù e si va instaurando progressivamente nell'uomo e nel mondo attraverso un
un legame misterioso con lui.

In effetti, dopo la resurrezione predicavano il Regno, annunciando Gesù morto e


resuscitato. Filippo annunciava in Samaria "la Buona Novella del Regno di Dio in nome di Gesù Cristo"
(Atti 8, 12). Paolo predicava a Roma il Regno di Dio e insegnava ciò che riguardava il Signore Gesù Cristo (cfr
Atto 28, 31). Anche i primi cristiani annunciavano "il Regno di Cristo e di Dio" (Ef 5, 5; cfr
Ap 11, 15; 12, o bien "il Regno eterno del nostro Signore Gesù Cristo" (21, 11). È nell'annuncio di
Gesù Cristo, con il quale il Regno si identifica, dove si concentra la predicazione della Chiesa primitiva. Al
Uguale a allora, oggi è necessario un annuncio del Regno di Dio (il contenuto del
«kerigma») e la proclamazione dell'evento di Gesù Cristo (che è il «kerigma» degli Apostoli). I due
gli annunci si completano e si illuminano a vicenda.

Il Regno in relazione a Cristo e alla Chiesa

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Oggi si parla molto del Regno, ma non sempre in sintonia con il sentire della Chiesa. In effetti, si
concepcioni della salvezza e della missione che possiamo definire 'antropocentriche', nel senso
reductivo del termine, nel stabilirle centrate attorno ai bisogni terreni dell'uomo. In
questa prospettiva il Regno tende a diventare una realtà pienamente umana e secolarizzata, in un
che si raccontano i programmi e le lotte per la liberazione socioeconomica, politica e anche culturale,
ma con orizzonti chiusi al trascendente. Anche negando che a quel livello ci sia
valori da promuovere, tuttavia tale concezione si riduce ai confini di un regno dell'uomo,
amputato nelle sue dimensioni autentiche e profonde, e si traduce facilmente in una delle ideologie
che guardano a un progresso meramente terreno. Il Regno di Dio, invece, "non è di questo mondo, non è
da qui" (Gv 18, 36).

Si danno inoltre determinate concezioni che, intenzionalmente, pongono l'accento sul Regno e
si presentano come "reinocentriche", le quali danno rilievo all'immagine di una Chiesa che non pensa a
sé stessa, ma si dedica a testimoniare e servire al Regno. È una 'Chiesa per gli altri - si dice -
come "Cristo è l'uomo per gli altri". Si descrive il compito della Chiesa, come se dovesse
procedere in una doppia direzione; da un lato, promuovendo i cosiddetti "valori del Regno", come
sono la pace, la giustizia, la libertà, la fraternità; dall'altro, favorendo il dialogo tra i popoli, le
culture, le religioni, affinché, arricchendosi reciprocamente, aiutino il mondo a rinnovarsi e a
camminare sempre di più verso il Regno.

Accanto ad alcuni aspetti positivi, queste concezioni manifestano spesso altri negativi. Innanzitutto,
lasciano in silenzio Cristo: il Regno, di cui parlano, si basa su un "teocentrismo", perché Cristo -
non può essere compreso da chi non professa la fede cristiana, mentre i popoli, le culture e
religioni diverse possono coincidere nell'unica realtà divina, qualunque sia il suo nome. Per il
stesso motivo, concedono privilegio al mistero della creazione, che si riflette nella diversità di
culture e credenze, ma non dicono nulla sul mistero della redenzione. Inoltre, il Regno, così come
lo comprendono, finisce per margine o sminuire la Chiesa, come reazione a un supposto
"ecclesiocentrismo" del passato e perché considerano la Chiesa stessa solo un segno, per il resto non
esente da ambiguità.

18. Ora, questo non è il Regno di Dio che conosciamo attraverso la Rivelazione, il quale non può essere
separato né da Cristo né dalla Chiesa. Come già detto, Cristo non ha solo annunciato il Regno, ma
che in esso il Regno stesso si è fatto presente e è giunto al suo compimento: "Soprattutto, il Regno
si manifesta nella persona stessa di Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, che è venuto "per servire e per
dare la propria vita per la redenzione di molti" (Mc 10, 45)". Il Regno di Dio non è un concetto, una dottrina o
un programma soggetto a libera (borazione, ma è prima di tutto una persona che ha il volto e il nome
di Gesù di Nazaret, immagine del Dio invisibile. Se il Regno si separa dalla persona di Gesù, non è questo
già il Regno di Dio rivelato da lui, e si finisce per distorcere tanto il significato del Regno -che
corre il rischio di trasformarsi in un obiettivo puramente umano ideologico - come l'identità di
Cristo, che non appare come il Signore, al quale deve sottomettersi tutto (cfr I Cor 15); Inoltre, il Regno
non può essere separato dalla Chiesa. Certamente, essa non è fine a sé stessa, poiché è ordinata al
Regno di Dio, del quale è germe, segno e strumento. Tuttavia, allo stesso tempo, si distingue da
Cristo e Regno sono indissolubilmente uniti a entrambi. Cristo ha dato alla Chiesa, il suo Corpo, la ha
riempimento della pienezza dei beni e stabilito il cammino della salvezza; lo Spirito Santo dimora in essa,
la vivifica con i suoi doni e carismi, la santifica, la guida e la rinnova senza cessare. Da qui deriva una
relazione singolare e unica che, sebbene non escluda l'opera di Cristo e dello Spirito Santo, al di fuori di
confini visibili della Chiesa, conferisce un peso specifico e necessario. Da qui anche il legame
specialmente la Chiesa con il Regno di Dio e di Cristo, dato che ha "la missione di annunciarlo e
istituzionalizzarlo in tutti i villaggi.

19. È in questa visione d'insieme che si comprende la realtà del Regno. Certamente, questo richiede la
promozione dei beni umani e dei valori che ben possono essere chiamati "evangelici", perché

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sono intimamente legati alla Buona Novella. Ma questa promozione che la Chiesa sente anche molto
dentro di sé, non deve separarsi né contrapporsi agli altri compiti fondamentali, come sono il
l'annuncio di Cristo e del suo Vangelo, la fondazione e lo sviluppo di comunità che agiscono tra i
uomini l'immagine viva del Regno. Con questo non bisogna avere paura di cadere in una forma di
eclesiocentrismo. Paolo VI, che affermò l'esistenza di "un legame profondo tra Cristo, la Chiesa
e la evangelizzazione", ha anche detto che la Chiesa "non è fine a se stessa, ma ferventemente sollecita
di essere tutta di Cristo, in Cristo e per Cristo, e tutta ugualmente degli uomini, tra gli uomini e
per gli uomini.

La Chiesa al servizio del Regno

20. La Chiesa è efficacemente e concretamente al servizio del Regno. Lo è, innanzitutto, mediante il


annuncio che chiama alla conversione; questo è il primo e fondamentale servizio alla venuta del Regno in
le persone e nella società umana. La salvezza escatologica inizia, già da ora, con la
novità di vita in Cristo: "A tutti coloro che l'hanno ricevuta ha dato il potere di diventare figli di Dio, a
Coloro che credono nel suo nome" (Gv 1, 12). La Chiesa, quindi, serve al Regno, fondando comunità e
istituendo Chiese particolari, portandole alla maturità della fede e della carità, mediante la
apertura agli altri, con il servizio alla persona e alla società, per la comprensione e stima delle
istituzioni umane. La Chiesa, inoltre, serve al Regno diffondendo nel mondo i "valori
evangelici
verità, dunque, che la realtà nascente del Regno può essere trovata anche al di fuori dei confini del
Chiesa, nell'umanità intera, sempre che essa viva i "valori evangelici" e sia aperta all'azione
dello Spirito che soffia dove vuole (cfr Gv 3, 8); ma bisogna anche dire che questa dimensione
temporal del Regno è incompleta, se non è in coordinamento con il Regno di Cristo, presente in
Chiesa e in tensione verso la pienezza escatologica. Le molteplici prospettive del Regno di Dio non
non solo indeboliscono i fondamenti e le finalità dell'attività missionaria, ma li rafforzano e
La Chiesa è sacramento di salvezza per tutta l'umanità e la sua azione non si limita a
che accettano il suo messaggio. È una forza dinamica nel cammino dell'umanità verso il Regno escatologico
è segno e al tempo stesso promotrice dei valori evangelici tra gli uomini. La Chiesa contribuisce a questo
itinerario di conversione al progetto di Dio, con la sua testimonianza e la sua attività, come il dialogo, la
promozione umana, l'impegno per la giustizia e la pace, l'istruzione, la cura dei malati, la
assistenza ai poveri e ai piccoli, salvaguardando sempre la priorità delle realtà
trascendenti e spirituali, che sono premesse della salvezza escatologica.

La Chiesa, infine, serve anche al Regno con la sua intercessione, essendo questo per sua natura dono e
opera di Dio, come ricordano le parabole del Vangelo e la stessa preghiera insegnata da Gesù.
Noi dobbiamo chiederlo, accoglierlo, farlo crescere dentro di noi; ma dobbiamo anche
cooperare affinché il Regno sia accolto e cresca tra gli uomini, fino a quando Cristo "consegnerà a Dio
Padre il Regno" e "Dio sia tutto in tutti" (I Cor 15, 24. 28).

CAPITOLO III. LO SPIRITO SANTO PROTAGONISTA DELLA MISSIONE

21. "Nel momento culminante della missione messianica di Gesù, lo Spirito Santo si fa presente in
il mistero pasquale con tutta la sua soggettività divina: come colui che deve continuare l'opera salvifica,
basata sul sacrificio della croce. Senza dubbio quest'opera è affidata da Gesù agli uomini: ai
Apostoli e alla Chiesa. Tuttavia, in questi uomini e attraverso di loro, lo Spirito Santo continua
essendo il protagonista trascendente della realizzazione di quest'opera nello spirito dell'uomo e nella
storia del mondo

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Lo Spirito Santo è in verità il protagonista di tutta la missione ecclesiale; la sua opera risplende in modo
eminenza nella missione ad gentes, come si vede nella Chiesa primitiva per la conversione di Cornelio (cfr
Atto 10), per le decisioni sui problemi che sorgessero (cfr Atto 15), per l'elezione dei
territori e dei popoli (cfr At 16, 6 ss). Lo Spirito agisce tramite gli Apostoli, ma al
stesso tempo agisce anche sugli ascoltatori: "Attraverso la sua azione, la Buona Novella prende corpo nei
consapevolezze e nei cuori umani e si diffonde nella storia. In tutto c'è lo Spirito Santo che
dà la vita

L'invio "fino agli estremi confini della terra" (At 1, 8)

22. Tutti gli evangelisti, nel raccontare l'incontro del Risorto con gli Apostoli, concludono con il
mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate, dunque, e fate discepoli a
tutte le genti. Sapete che io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28, 18-20;
cfr Mc 16, 15-18; Lc 24, 46-49; Gv 20, 21-23). Questo invio è un invio nello Spirito, come appare
chiaramente nel testo di San Giovanni: Cristo manda i suoi nel mondo, proprio come il Padre ha fatto con lui.
inviato a lui e per questo gli dà lo Spirito. A sua volta, Luca collega strettamente la testimonianza che i
Gli apostoli dovranno dare di Cristo con l'azione dello Spirito, che li renderà capaci di portare a termine il
mandato ricevuto.

23. Le diverse forme del "mandato missionario" hanno punti in comune e anche accentuazioni
caratteristiche. Due elementi, tuttavia, si trovano in tutte le versioni. Innanzitutto, la dimensione
universale del compito affidato agli Apostoli: "A tutte le genti" (Mt 28, 19); "in tutto il mondo... a
tutta la creazione" (Mc 16, 15); "a tutte le nazioni" (At 1, 8). In secondo luogo, la certezza data da
il Signore che in quel compito non saranno soli, ma riceveranno la forza e i mezzi per
sviluppare la loro missione. In questo c'è la presenza e il potere dello Spirito, e l'assistenza di Gesù: "Loro
uscirono a predicare ovunque, collaborando il Signore con loro" (Mc 16, 20). Per quanto riguarda le
differenze di accentuazione nel mandato, Marco presenta la missione come proclamazione o Kerigma
"Proclamano la Buona Novità" (Mc 16, 15). L'obiettivo dell'evangelista è guidare i suoi lettori a ripetere la
confessione di Pietro: "Tu sei il Cristo" (Mc 8, 29) e proclamare, come il centurione romano davanti a
Gesù morto sulla croce: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio" (Mc 15, 39). In Matteo il
l'accento missionale è posto sulla fondazione della Chiesa e sul suo insegnamento (cfr Mt 28, 19-20; 16, 18).
In esso, dunque, questo mandato mette in risalto che la proclamazione del Vangelo deve essere completata da
una specifica catechesi di ordine ecclesiale e sacramentale. In Luca, la missione si presenta come
testimonianza (cfr Lc 24, 48; At 1, 8), il cui oggetto è prima di tutto la resurrezione (cfr At 1, 22). Il
il missionario è invitato a credere nella forza trasformante del Vangelo e ad annunciare ciò che così bene
descrivi Lucas, una spada, la conversione all'amore e alla misericordia di Dio, l'esperienza di una
liberazione totale fino alla radice di ogni male, il peccato. Giovanni è l'unico che parla esplicitamente di
"mandato" - parola che equivale a "missione" - collegando direttamente la missione che Gesù affida a
i suoi discepoli con quella che lui stesso ha ricevuto dal Padre: "Come il Padre mi ha inviato, anche io vi invio
"invio" (Gv 20, 21). Gesù dice, rivolgendosi al Padre: "Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io"
li ho inviati nel mondo" (Gv 17, 18). Tutto il senso missionario del Vangelo di Giovanni è espresso
nella "preghiera sacerdotale": "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e a
che tu hai inviato, Gesù Cristo" (Gv 17, 3). Fine ultimo della missione è fare partecipi della comunione
che esiste tra il Padre e il Figlio: i discepoli devono vivere l'unità tra di loro, rimanendo nel
Padre e nel Figlio, affinché il mondo conosca e creda (cfr Gv 17, 21-23). Questo è un testo significativo
missionario che ci fa capire che si è missionari soprattutto per ciò che si è, in quanto Chiesa che
vivi profondamente l'unità nell'amore, prima di esserlo per ciò che si dice o si fa.

Pertanto, i quattro Vangeli, nell'unità fondamentale della stessa missione, testimoniano un certo
pluralismo che riflette esperienze e situazioni diverse delle prime comunità cristiane; questo
il pluralismo è anche frutto dell'impulso dinamico dello stesso Spirito; invita a essere attenti ai
diversi carismi missionari e alle diverse condizioni ambientali e umane. Tuttavia, tutti

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gli evangelisti sottolineano che la missione dei discepoli è collaborazione con quella di Cristo: "Sapete che
io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20). La missione, quindi,
non si basa sulle capacità umane, ma sul potere del Risorto.

Lo Spirito guida la missione

24. La missione della Chiesa, così come quella di Gesù, è opera di Dio o, come dice spesso Luca,
opera dello Spirito. Dopo la resurrezione e l'ascensione di Gesù, gli Apostoli vivono un profondo
esperienza che li trasforma: Pentecoste. La venuta dello Spirito Santo li rende testimoni o
profeti (cfr At 1, 8; 2, 17-18), infondendo in loro un' serena audacia che li spinge a trasmettere ai
la sua esperienza di Gesù e la speranza che li anima. Lo Spirito dà loro la capacità di
testimoniare a Gesù con "tutta libertà".

Quando gli evangelizzatori escono da Gerusalemme, lo Spirito assume ancora di più la funzione di "guida" sia
nella scelta delle persone come dei percorsi della missione. La sua azione si manifesta in modo
speciale nell'impulso dato alla missione che, di fatto, secondo le parole di Cristo, si estende da
Gerusalemme a tutta la Giudea e la Samaria, fino agli ultimi confini della terra.

I Fatti raccolgono sei sintesi dei "discorso missionari" destinati agli ebrei agli inizi
della Chiesa (cfr At 2, 22-39; 3, 12-26; 4, 9-12; 5, 29-32; 10, 34-43; 13, 16-41). Questi discorsi-
modelli, pronunciati da Pietro e da Paolo, annunciano Gesù e invitano alla "conversione", cioè a
acogliere Gesù per fede e lasciarsi trasformare in lui dallo Spirito.

Pablo e Bernabè si sentono spinti dallo Spirito verso i pagani (cfr At 13, 46-48), il che non
accade senza tensioni e problemi. Come devono vivere la loro fede in Gesù i gentili convertiti? Sono
sono legati alle tradizioni ebraiche e alla legge della circoncisione? Nel primo Concilio, che riunisce
A Gerusalemme, i membri di diverse Chiese, attorno agli Apostoli, prendono una decisione
riconosciuta come proveniente dallo Spirito: per diventare cristiano non è necessario che un gentile si
sottomette alla legge ebraica (cfr At 15, 5-11. 28). Da quel momento la Chiesa apre le sue porte e si
diventa la casa dove tutti possono entrare e sentirsi a loro agio, mantenendo la propria cultura e le
proprie tradizioni, purché non siano in contrasto con il Vangelo.

25. I missionari hanno proceduto secondo questa linea, tenendo molto presenti le aspettative e
aspirazioni, le angosce e le sofferenze, la cultura della gente per annunciare salvezza in Cristo. I
I discorsi di Listra e Atene (cfr At 14, 11-17; 17, 22-31) sono considerati modelli per la
evangelizzazione dei pagani. In essi Paolo "entra in dialogo" con i valori culturali e religiosi
dei vari popoli. Agli abitanti della Licaonia, che praticavano una religione di tipo cosmico, venivano
ricorda esperienze religiose; che si riferiscono al cosmo; con i greci discute di filosofia e cita
un certo senso, la fonte di ogni ispirazione. Infatti, ogni poeta, in un certo senso, è un profeta.
effetto, chi li ha creati e colui che dirige misteriosamente i popoli e la storia. Tuttavia, per
riconoscere il vero Dio, è necessario che abbandonino gli idoli falsi che loro stessi hanno
fabbricato e aprirsi a colui che Dio ha mandato per colmare la sua ignoranza e soddisfare l'attesa di
i loro cuori (cfr At 17, 27-30). Sono discorsi che offrono un esempio di inculturazione del
Vangelo. Sotto l'azione dello Spirito, la fede cristiana si apre decisamente alle "genti" e il
il testimonio di Cristo si estende ai centri più importanti del Mediterraneo orientale per arrivare
posteriormente a Roma e all'estremo occidente. È lo Spirito che spinge ad andare sempre più lontano, non
solo in senso geografico, ma anche al di là delle barriere etniche e religiose, per una missione
veramente universale.

Lo Spirito rende missionaria tutta la Chiesa

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26. Lo Spirito muove il gruppo dei credenti a "fare comunità", a essere Chiesa. Dopo il primo
annuncio di Pietro, il giorno di Pentecoste, e le conversioni che si sono verificate successivamente, si forma la
prima comunità (cfr At 2, 42-47; 4, 32-35).

In effetti, uno degli obiettivi centrali della missione è riunire il popolo per l'ascolto del Vangelo,
nella comunione fraterna, nella preghiera e nell'Eucaristia. Vivere 'la comunione fraterna' (koinonía) significa
avere "un solo cuore e un'anima sola" (Atto 4, 32), instaurando una comunione sotto tutti gli aspetti:
umano, spirituale e materiale. Infatti, la vera comunità cristiana si impegna anche a
distribuire i beni terreni affinché non ci siano indigenti e tutti possano avere accesso ai beni
secondo il bisogno
sencillez di cuore" (Atto 2, 46), erano dinamicamente aperte e missionarie e "godevano della simpatia
di tutto il paese" (Atto 2, 47). Anche prima di essere azione, la missione è testimonianza e irradiazione.

27. I fatti indicano che la missione, inizialmente rivolta a Israele e poi agli altri, si svolge a
molti livelli. Prima di tutto, esiste il gruppo dei Dodici che, come un unico corpo guidato da Pietro,
proclama la Buona Novella. C'è poi la comunità dei credenti che, con il loro modo di vivere e
agire, testimoniare del Signore e convertire i pagani (cfr At 2, 46-47). Ci sono anche i
inviati speciali, destinati ad annunciare il Vangelo. E così, la comunità cristiana di Antiochia
invia i suoi membri a missionare: dopo aver digiunato, pregato e celebrato l'Eucaristia, questa
la comunità percepisce che lo Spirito Santo ha scelto Paolo e Barnaba per essere inviati (cfr At 13,1-
4). Nei suoi origini, quindi, la missione è considerata come un impegno comunitario e una
responsabilità della Chiesa locale, che ha bisogno proprio di 'missionari' per lanciarsi
verso nuove frontiere. Insieme a quegli inviati c'erano altri che testimoniavano spontaneamente la
novità che aveva trasformato le loro vite e poi mettevano in contatto le comunità in formazione
con la Chiesa apostolica. La lettura degli Atti ci fa capire che, all'inizio della Chiesa, la
missione ad gentes, anche contando già con missionari "a vita", dedicati a essa per una vocazione
speciale, in effetti era considerato come un frutto normale della vita cristiana, un impegno per tutti
credente attraverso la testimonianza personale e l'annuncio esplicito, quando era possibile.

Lo Spirito è presente e operante in ogni tempo e luogo

28. Lo Spirito si manifesta in modo particolare nella Chiesa e nei suoi membri; tuttavia, il suo
La presenza e l'azione sono universali, senza alcun limite né di spazio né di tempo. Il Concilio Vaticano
Ricorda l'azione dello Spirito nel cuore dell'uomo, attraverso i "semi della Parola".
incluso nelle iniziative religiose, negli sforzi dell'attività umana mirati alla verità,
al bene e a Dio.

Lo Spirito offre all'uomo "la sua luce e la sua forza... affinché possa rispondere alla sua massima
vocazione"; attraverso lo Spirito "l'uomo arriva per fede a contemplare e assaporare il mistero del piano
divino"; ancor di più, "dobbiamo credere che lo Spirito Santo offre a tutti la possibilità di che, in la
forma che solo Dio conosce, si associano a questo mistero pasquale". In ogni caso, la Chiesa "sa anche
che l'uomo, attratto incessantemente dallo Spirito di Dio, non sarà mai del tutto indifferente di fronte ad esso
problema religioso" e "desidereranno sempre (...) sapere, almeno confusamente, il senso della loro vita, di
su azione e della sua morte". Lo Spirito, dunque, è all'origine stessa della domanda esistenziale e
religiosa dell'uomo, che emerge non solo da situazioni contingenti, ma dalla stessa struttura di
su ser.

La presenza e l'attività dello Spirito non influenzano solo gli individui, ma anche
società, alla storia, ai popoli, alle culture e alle religioni. In effetti, lo Spirito si trova in
l'origine dei nobili ideali e delle iniziative di bene dell'umanità in cammino; "con ammirabile
la provvidenza guida il corso dei tempi e rinnova la faccia della terra. Cristo risorto opera già per
la virtù del suo Spirito nel cuore dell'uomo, non solo risvegliando il desiderio del secolo futuro, ma

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anche, per questo stesso motivo, incoraggiando, purificando e corroborando le generose intenzioni con cui la
la famiglia umana cerca di rendere la propria vita più sopportabile e di sottomettere la terra a questo scopo". È anche il
Spirito che sparge "i semi della Parola" presenti nei riti e nelle culture, e li prepara per
la tua maturità in Cristo.

29. Così lo Spirito che "soffia dove vuole" (Gv 3, 8) e "agiva già nel mondo anche prima che Cristo
fuori glorificato", che "riempie il mondo e tutto lo mantiene unito, che sa tutto ciò che si dice" (Sap
1, 7), ci porta ad aprire di più il nostro sguardo per considerare la sua azione presente in ogni tempo e luogo.
È una chiamata che ho fatto ripetutamente e che mi ha guidato nei miei incontri con i
popolazioni più diverse. La relazione della Chiesa con le altre religioni è guidata da un doppio
Rispetto per l'uomo nella sua ricerca di risposte alle domande più profonde della vita,
e rispetto per l'azione dello Spirito nell'uomo". L'incontro interreligioso di Assisi, esclusa ogni
interpretazione equivocata, ha voluto riaffermare la mia convinzione che "tutta autentica preghiera è
movimentata dallo Spirito Santo, che è presente misteriosamente nel cuore di ogni persona.

Questo Spirito è lo stesso che si è reso presente nell'incarnazione, nella vita, nella morte e nella resurrezione
di Gesù e che agisce nella Chiesa. Non è, di conseguenza, qualcosa di alternativo a Cristo, né viene a riempire
una specie di vuoto, come a volte si verifica per ipotesi, che esista tra Cristo e il Logos. Tutto ciò che
Lo Spirito opera negli uomini e nella storia dei popoli, così come nelle culture e nelle religioni,
ha un ruolo di preparazione evangelica e non può fare a meno di riferirsi a Cristo, Verbo incarnato per
opera dello Spirito, "perché, uomo perfetto, salvasse tutti e ricapitolasse tutte le cose". L'azione
l'azione universale dello Spirito non deve essere separata neanche dall'azione peculiare che svolge nel Corpo
di Cristo che è la Chiesa. In effetti, è sempre lo Spirito che agisce, sia quando vivifica la
Chiesa e la spinge ad annunciare Cristo, sia quando semina e sviluppa i suoi doni in tutti i
uomini e popoli, guidando la Chiesa a scoprirli, promuoverli e accoglierli attraverso il dialogo.
Ogni forma di presenza dello Spirito deve essere accolta con stima e gratitudine; ma il discernere
compete alla Chiesa, alla quale Cristo ha dato il suo Spirito per guidarla fino alla verità completa (cfr Gv
16, 13).

L'attività missionaria è ancora agli inizi

30. La nostra epoca, con l'umanità in movimento e in cerca, richiede un nuovo impulso nella
attività missionaria della Chiesa. Gli orizzonti e le possibilità della missione si ampliamo, e
noi cristiani siamo chiamati al coraggio apostolico, basato sulla fiducia nello Spirito:
È lui il protagonista della missione!

Nella storia dell'umanità ci sono numerosi cambiamenti periodici che favoriscono il dinamismo
missionario. La Chiesa, guidata dallo Spirito, ha sempre risposto a loro con generosità e
previsione. I frutti non sono mancati. Poco tempo fa si è celebrato il millenario dell'evangelizzazione di
Rus' e dei popoli slavi e si sta avvicinando la celebrazione del V Centenario dell'evangelizzazione
d'America. Inoltre, sono stati recentemente commemorati i centenari delle prime missioni
in diversi Paesi dell'Asia, dell'Africa e dell'Oceania. Oggi la Chiesa deve affrontare altre sfide,
proiettandosi verso nuove frontiere, sia nella prima missione ad gentes, sia nella nuova
evangelizzazione dei popoli che hanno già ricevuto l'annuncio di Cristo. Oggi si chiede a tutti i cristiani,
alle Chiese particolari e alla Chiesa universale lo stesso coraggio che ha mosso i missionari del
passato e la stessa disponibilità per ascoltare la voce dello Spirito.

CAPITOLO IV. I VASTI ORIZZONTI DELLA MISSIONE AD GENTES

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31. Il Signore Gesù inviò i Suoi Apostoli a tutte le persone e i popoli, e in tutti i luoghi della
terra. Per mezzo degli Apostoli la Chiesa ha ricevuto una missione universale, che non conosce confini e
concernente alla salvezza nella sua interezza, in conformità con la pienezza di vita che Cristo è venuto
a portare (cfr Gv 10, 10); è stata inviata "per manifestare e comunicare la carità di Dio a tutti i
uomini e popoli". Questa missione è unica, avendo la stessa origine e finalità; ma all'interno di
Nella chiesa ci sono compiti e attività diverse. Prima di tutto, c'è l'attività missionaria che chiameremo
missione ad gentes, con riferimento al Decreto conciliare: si tratta di un'attività primaria della Chiesa,
essenziale e mai conclusa. In effetti, la Chiesa "non può sottrarsi all'eterna missione di portare il
Vangelo a quanti - e sono milioni di uomini e donne - non conoscono ancora Cristo Redentore del
uomo. Questa è la responsabilità più specificamente missionaria che Gesù ha affidato e quotidianamente
ridà fiducia alla sua Chiesa.

Un marco religioso, complesso e in movimento

32. Oggi ci troviamo di fronte a una situazione religiosa piuttosto diversificata e in cambiamento; i popoli
sono in movimento; realtà sociali e religiose, che un tempo erano chiare e definite, oggi giorno
si trasformano in situazioni complesse. Basta pensare ad alcuni fenomeni, come l'urbanistica, le
migrazioni di massa, il movimento di fuggitivi, la disChristianizzazione di paesi di antica
cristianesimo, l'influsso potente del Vangelo e dei suoi valori in nazioni con una grandissima maggioranza no
cristiana, il proliferare di messianismi e sette religiose. È un tale ribaltamento di situazioni
religiose e sociali, che risulta difficile applicare concretamente determinate distinzioni e categorie
ecclesiali a cui eravamo già abituati. Prima del Concilio si diceva di alcune metropoli
o terre cristiane che si erano trasformate in 'paesi di missione'; certamente la situazione non è
migliorato negli anni successivi.

D'altra parte, l'attività missionaria ha già dato abbondanti frutti in tutte le parti del mondo.
a causa di ciò ci sono già chiese stabilite, a volte così solide e mature da fornire
adeguatamente alle esigenze delle proprie comunità e inviando anche personale per la
evangelizzazione ad altre Chiese e territori. Da qui nasce il contrasto con aree di antica cristianità,
che è necessario ri-evangelizzare. Tanto è così che alcuni si chiedono se si possa ancora parlare di
attività missionaria specifica o di ambiti precisi della stessa, o piuttosto si deve ammettere che
esiste una situazione missionaria unica, non essendoci di conseguenza che una sola missione, uguale per
tutte le parti. La difficoltà di interpretare questa realtà complessa e mutevole rispetto al mandato di
evangelizzazione, si manifesta già nel stesso "vocabolario missionario"; ad esempio, esiste una certa
dubbi nell'usare i termini "missioni" e "missionari", poiché li considero superati e caricati di
risuonanze storiche negative. Si preferisce usare il sostantivo "missione" al singolare e l'aggettivo
"misionero", per qualificare tutta l'attività della Chiesa. Tale ostacolo sta indicando un cambiamento
reale che ha aspetti positivi. La cosiddetta restituzione o "repatriamento" delle missioni alla missione della
Chiesa, la confluenza della missionologia nell'ectesiologia e l'inserimento di entrambe nel disegno
trinitario di salvezza, hanno dato una nuova spinta alla stessa attività missionaria, concepita non più
come un compito al margine della Chiesa, ma inserito nel centro della sua vita, come impegno fondamentale
di tutto il Popolo di Dio. È necessario però guardarsi dal rischio di eguagliare le situazioni
molto diverse e di ridurre, se non fare scomparire, la missione e i missionari ad gentes. Afferma che
tutta la Chiesa è missionaria non esclude che ci sia una specifica missione ad gentes; allo stesso modo di dire
che tutti i cattolici devono essere missionari, non esclude che ci siano 'missionari ad gentes e di per
vita", per vocazione specifica.

La missione "ad gentes" conserva il suo valore

33. Le differenze riguardo all'attività all'interno di questa missione della Chiesa nascono non da ragioni
intrinseche alla missione stessa, ma delle diverse circostanze in cui questa si sviluppa. Guardando
Nel mondo attuale, dal punto di vista dell'evangelizzazione, si possono distinguere tre situazioni.

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In primo luogo, quella a cui si rivolge l'attività missionaria della Chiesa: popoli, gruppi
umani, contesti socioculturali dove Cristo e il suo Vangelo non sono conosciuti, o dove mancano
comunità cristiane sufficientemente mature da poter incarnare la fede nel proprio ambiente
e annunciarla ad altri gruppi. Questa è propriamente la missione ad gentes.

Ci sono anche comunità cristiane con strutture ecclesiali adeguate e solide; hanno una grande
fervore di fede di vita; irradiano la testimonianza del Vangelo nel loro ambiente e sentono l'impegno di
missione universale. In esse si sviluppa l'attività o l'attenzione pastorale della Chiesa

Si dà, per ultimo, una situazione intermedia, specialmente nei paesi di antica cristianità, ma a
A volte anche nelle chiese più giovani, dove gruppi interi di battezzati hanno perso il senso
vivo della fede o anche non si riconoscono già come membri della Chiesa, vivendo un'esistenza
lontana da Cristo e dal suo Vangelo. In questo caso è necessaria una "nuova evangelizzazione" o
reevangelizzazione

34. L'attività missionaria specifica, o missione ad gentes, ha come destinatari "ai popoli o
gruppi umani che ancora non credono in Cristo", "a quelli che sono lontani da Cristo", tra i quali
la Chiesa "non ha ancora messo radici", e la cui cultura non è stata ancora influenzata dal Vangelo. Questa
l'attività si distingue dalle altre attività ecclesiali, perché si rivolge a gruppi e ambienti non
cristiani, a causa dell'assenza o dell'insufficienza dell'annuncio evangelico e della presenza ecclesiale. Per
tanto, si caratterizza come compito di annunciare Cristo e il suo Vangelo, di edificazione della Chiesa
locale, di promozione dei valori del Regno. La peculiarità di questa missione ad gentes sta nel fatto
di che si rivolge ai "non cristiani". Pertanto, è necessario evitare che questa "responsabilità più
specificamente missionaria che Gesù ha affidato e quotidianamente torna ad affidare alla sua Chiesa
diventi una magra realtà all'interno della missione globale del Popolo di Dio e, di conseguenza,
trascurata o dimenticata. Tutto sommato, non è facile definire i confini tra l'attenzione pastorale ai fedeli,
nuova evangelizzazione e attività missionaria specifica, e non è pensabile creare tra di loro barriere o
recinti stanziali. Tuttavia, è necessario mantenere viva la richiesta per l'annuncio e per la
fondazione di nuove Chiese nei paesi e nei gruppi umani dove non esistono, perché questa è la
compito primordiale della Chiesa, che è stata inviata a tutti i popoli, fino ai confini della terra.
Senza la missione ad gentes, la stessa dimensione missionaria della Chiesa sarebbe privata del suo significato
fondamentale e della sua azione esemplare.

È importante sottolineare, inoltre, una reale e crescente interdipendenza tra le diverse attività
salvifiche della Chiesa: ognuna influisce sull'altra, la stimola e la aiuta. Il dinamismo missionario
crea scambi tra le Chiese e le orienta verso il mondo esterno, influenzando positivamente in
tutti i sensi. Le Chiese dell'antica cristianità, per esempio, di fronte all'ardua compito del nuovo
evangelizzazione, comprendono meglio che non possono essere missionari nei confronti dei non cristiani di altri
paesi o continenti, se prima non si preoccupano seriamente dei non cristiani nella propria casa. La
La missione ad intra è un segno credibile e stimolo per la missione ad extra, e viceversa.

A tutti i popoli, nonostante le difficoltà

35. La missione ad gentes ha tra di sé un compito immenso che in nessun modo è in via di estinzione.
Al contrario, sia dal punto di vista numerico per l'aumento demografico, sia sotto il
punto di vista socioculturale per l'emergere di nuove relazioni, comunicazioni e cambiamenti di
situazioni, sembra destinata verso orizzonti ancora più ampi. Il compito di annunciare Gesù Cristo a
tutti i paesi si presentano immensi e sproporzionati rispetto alle forze umane della Chiesa.

Le difficoltà sembrano insormontabili e potrebbero scoraggiare, se si trattasse di un'opera meramente


umana. In alcuni paesi è vietato l'ingresso ai missionari; in altri, è vietato non solo il
evangelizzazione, ma anche la conversione e persino il culto cristiano. Altrove gli ostacoli

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son di tipo culturale: la trasmissione del messaggio evangelico risulta insignificante o incomprensibile, e la
la conversione è considerata un abbandono del proprio popolo e cultura.

36. Non mancano nemmeno le difficoltà interrelate al Popolo di Dio, che sono certamente le più
dolorose. Il mio predecessore Paolo VI sottolineava, in primo luogo, "la mancanza di fervore, tanto più grave
quanto che viene da dentro. Tale mancanza di fervore si manifesta nella fatica e nella delusione, nel
acomodamento all'ambiente e nella mancanza di interesse, e soprattutto nella mancanza di gioia e di speranza.
Grandi ostacoli per l'attività missionaria della Chiesa sono anche le divisioni passate e
presenti tra i cristiani, la descristianizzazione dei paesi cristiani, la diminuzione dei
vocazioni all'apostolato, i controtestimoni dei fedeli che nella loro vita non seguono l'esempio di Cristo.
Ma una delle ragioni più gravi del scarso interesse per l'impegno missionario è la mentalità
indifferente, ampiamente diffusa, purtroppo, anche tra i cristiani, radicata spesso
in concezioni teologiche non corrette e segnate da un relativismo religioso che finisce per pensare
che "una religione vale l'altra". Possiamo aggiungere -come diceva lo stesso Pontefice- che non mancano
anche "pretesti che sembrano opporsi all'evangelizzazione. I più insidiosi sono certamente
quelli per i quali si vogliono utilizzare certe insegna del Concilio.

A questo riguardo, raccomando vivamente ai teologi e ai professionisti della stampa cristiana che
intensificate il vostro servizio alla missione, per trovare il profondo senso della vostra importante opera,
seguendo la retta via del sentire cum Ecclesia. Le difficoltà interne ed esterne non devono farci
pessimisti o inattivi. Ciò che conta -qui come in ogni settore della vita cristiana- è la fiducia
che sboccia dalla fede, cioè dalla certezza che non siamo noi i protagonisti della missione, ma
Gesù Cristo e il suo Spirito. Noi siamo solo collaboratori e, quando avremo fatto tutto ciò che
che abbiamo potuto, dobbiamo dire: "Siamo servi inutili; abbiamo fatto ciò che dovevamo fare" (Lc
17, 10).

Ambiti della missione "ad gentes"

37. La missione ad gentes in virtù del mandato universale di Cristo non conosce confini. Tuttavia, si
possono delineare vari ambiti in cui si realizza, in modo che si possa avere una visione reale della
situazione.

a. Ambiti territoriali. L'attività missionaria è stata normalmente definita in relazione a


territori concreti. Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto la dimensione territoriale della missione
ad gentes, che anche oggi è importante, in ordine a determinare le responsabilità,
competenze e limiti geografici di azione. È vero che a una missione universale deve
corrispondere a una prospettiva universale. In effetti, la Chiesa non può accettare che limiti
geografici o difficoltà di natura politica non siano un ostacolo alla loro presenza missionaria. Ma
è anche vero che l'attività missionaria ad gentes, essendo diversa dalla cura pastorale
ai fedeli e della nuova evangelizzazione dei non praticanti, si esercita in territori e tra
gruppi umani ben definiti. Il moltiplicarsi delle giovani Chiese in tempi recenti non
deve creare illusioni. Nei territori affidati a queste Chiese, specialmente in Asia, ma
anche in Africa, America Latina e Oceania, ci sono vaste zone non evangelizzate; a popoli
interi e aree culturali di grande importanza in non poche nazioni non è ancora arrivato il
annuncio evangelico e la presenza della Chiesa locale. Anche in paesi tradizionalmente
cristiani ci sono regioni affidate al regime speciale della missione ad gentes, gruppi e aree non
evangelizzate. Si impone, dunque, anche in questi paesi, non solo una nuova evangelizzazione,
sino anche, in alcuni casi, una prima evangelizzazione. Le situazioni, tutto sommato, non sono
omogenee. Anche riconoscendo che le affermazioni sulla responsabilità missionaria di la
Le chiese non sono credibili, se non sono sostenute da un serio sforzo di nuova evangelizzazione
nei paesi di antica cristianità, non sembra giusto equiparare la situazione di un popolo che non
ha mai conosciuto Gesù Cristo come un altro che lo ha conosciuto, lo ha accettato e poi lo ha

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rifiutato, anche se ha continuato a vivere in una cultura che ha assimilato in gran parte i
principi e valori evangelici. Riguardo alla fede, sono due situazioni sostanzialmente
distinte. Da qui, il criterio geografico, sebbene non molto preciso e sempre provvisorio,
rimane ancora valido per indicare i confini verso cui deve dirigersi l'attività
missionaria. Ci sono paesi, aree geografiche e culturali in cui mancano comunità cristiane.
autóctone; in altri luoghi queste sono così piccole che non sono un segno chiaro della presenza
cristiana; o queste comunità mancano di dinamismo per evangelizzare la loro società o
appartengono a popolazioni minoritarie, non inserite nella cultura nazionale dominante. Nel
Continente asiatico, in particolare, verso il quale dovrebbe orientarsi principalmente la missione ad
le genti, i cristiani sono una piccola minoranza, per quanto a volte si possano verificare movimenti
significativi di conversione e modelli esemplari di presenza cristiana.
b. Mondi e fenomeni sociali nuovi. Le rapide e profonde trasformazioni che
caratterizzano il mondo attuale, in particolare il Sud, influiscono grandemente nel campo
missionario: dove prima esistevano situazioni umane e sociali stabili, oggi tutto è
cambiato. Pensate, per esempio, all'urbanizzazione e all'incremento massiccio delle città,
soprattutto dove la pressione demografica è più forte. Proprio adesso, in non pochi paesi, più
Della metà della popolazione vive in alcune megalopoli, dove i problemi umani a
menudo si aggravano anche per l'anonimato in cui sono immerse le masse umane. In
nei tempi moderni, l'attività missionaria si è sviluppata soprattutto in regioni isolate,
distanti dai centri civilizzati e inaccessibili per le difficoltà di comunicazione, di
lingua e di clima. Oggi l'immagine della missione ad gentes forse sta cambiando: luoghi
i privilegiati dovrebbero essere le grandi città, dove sorgono nuove abitudini e modelli di
vita, nuove forme di cultura, che poi influenzano la popolazione. È vero che l'"opzione
per gli ultimi" deve portare a non dimenticare i gruppi umani più emarginati e isolati, ma
è anche vero che non si possono evangelizzare le persone o i piccoli gruppi
trascurando, per così dire, i centri dove nasce una nuova umanità con nuovi modelli
di sviluppo. Il futuro delle giovani nazioni si sta formando nelle città. Parlando del
il futuro non si può dimenticare i giovani, che in numerosi paesi rappresentano già più di
metà della popolazione. Come far arrivare il messaggio di Cristo ai giovani non cristiani, che
sono il futuro di interi Continenti? Evidentemente non bastano più i mezzi ordinari della
pastorale; sono necessarie associazioni e istituzioni, gruppi e centri appropriati, iniziative
culturali e sociali per i giovani. Ecco un campo in cui i movimenti ecclesiali
moderni hanno ampio spazio per lavorare con impegno. Tra i grandi cambiamenti del
mundo contemporaneo, le migrazioni hanno prodotto un fenomeno nuovo: i non cristiani
arrivano in gran numero nei paesi di antica cristianità, creando nuove occasioni di
comunicazione e scambi culturali, il che richiede alla Chiesa l'accoglienza, il dialogo, la
aiuto e, in una parola, la fraternità. Tra gli emigranti, i rifugiati occupano un posto
sono già molti milioni nel mondo e non
cessano di aumentare, sono fuggiti da condizioni di oppressione politica e di miseria disumana, di
carestie e siccità di dimensioni catastrofiche. La Chiesa deve accoglierli nell'ambito del suo
richiesta apostolica. Infine, bisogna ricordare le situazioni di povertà, spesso
intollerabile, che si verificano in non pochi paesi e che, con frequenza, sono l'origine delle
migrazioni di massa. La comunità dei credenti in Cristo è interpellata da queste
situazioni disumane: l'annuncio di Cristo e del Regno di Dio deve diventare strumento
di salvataggio umano per queste popolazioni.
c. Aree culturali o areopaghi moderni. Paolo, dopo aver predicato in numerosi
luoghi, una volta arrivato ad Atene si dirige all'areopago dove annuncia il Vangelo usando un
linguaggio adeguato e comprensibile in quello ambiente (cfr At 17, 22-31). L'areopago
rappresentava quindi il centro della cultura del dotto popolo ateniese, e oggi può essere
preso come simbolo dei nuovi ambienti dove deve essere proclamato il Vangelo.

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Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta unificando a
umanità e trasformandola -come si suol dire- in un "villaggio globale". I mezzi di
La comunicazione sociale ha raggiunto tale importanza che per molti è il principale strumento
informativo e formativo, di orientamento e ispirazione per i comportamenti individuali,
familiari e sociali. Le nuove generazioni, soprattutto, crescono in un mondo condizionato da
questi mezzi. Forse è stato trascurato un po' questo areopago: generalmente si privilegiano altri
strumenti per l'annuncio evangelico e per la formazione cristiana, mentre i mezzi di
la comunicazione sociale è lasciata all'iniziativa di individui o di piccoli gruppi, e entra nella
programmazione pastorale solo a livello secondario. Il lavoro in questi mezzi, tuttavia, non ha
solamente l'obiettivo di moltiplicare l'annuncio. Si tratta di un fatto più profondo, perché la
l'evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal suo influsso. Non basta, dunque,
usarli per diffondere il messaggio cristiano e il Magistero della Chiesa, ma è opportuno integrare il
messaggio stesso in questa "nuova cultura" creata dalla comunicazione moderna. È un problema
complesso, poiché questa cultura nasce, anche prima dei contenuti, dal fatto stesso che esistono
nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche, nuovi comportamenti
sicológicos. Il mio predecessore Paolo VI diceva che: "la rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio
alcuni il dramma del nostro tempo"; e il campo della comunicazione attuale conferma pienamente questo
giudizio. Esistono molti altri areopaghi del mondo moderno verso i quali deve orientarsi la
attività missionaria della Chiesa. Ad esempio, l'impegno per la pace, lo sviluppo e la libertà
dei popoli; i diritti dell'uomo e dei popoli, soprattutto quelli delle minoranze; la promozione
della donna e del bambino; la salvaguardia della creazione, sono altri settori che devono essere
illuminati con la luce del Vangelo. Bisogna ricordare, inoltre, il vastissimo areopago della cultura, di
la ricerca scientifica, delle relazioni internazionali che favoriscono il dialogo e portano a
nuovi progetti di vita. È importante essere attenti e impegnati con queste istanze moderne. I
gli uomini si sentono come navigatori nel mare tempestoso della vita, sempre chiamati a qualcosa di maggiore
unità e solidarietà: le soluzioni ai problemi esistenziali devono essere studiate, discusse e
sperimentate con la collaborazione di tutti. Per questo, gli organismi e gli incontri internazionali si
dimostrano di essere sempre più importanti in molti settori della vita umana, dalla cultura a
politica, dall'economia alla ricerca. I cristiani, che vivono e lavorano in questa dimensione
internazionale, devono sempre ricordare il loro dovere di dare testimonianza del Vangelo.

38. Il nostro tempo è drammatico e allo stesso tempo affascinante. Mentre da un lato gli uomini danno
l'impressione di inseguire la prosperità materiale e di immergersi sempre di più nel materialismo
consumistico, dall'altro, manifestano l'angosciante ricerca di senso, la necessità di interiorità, il
desiderio di apprendere nuove forme e modi di concentrazione e di preghiera. Non solo nelle culture
impregnate di religiosità, ma anche nelle società secolarizzate, si cerca la dimensione
spirituale della vita come antidoto alla disumanizzazione. Questo fenomeno così chiamato del "ritorno
religioso" non è privo di ambiguità, ma racchiude anche un invito. La Chiesa ha un immenso
patrimonio spirituale da offrire all'umanità: in Cristo, che si proclama "la Via, la Verità e
la Vita" (Gv 14, 6). È la via cristiana per l'incontro con Dio, per la preghiera, l'ascesi, il
scoperta del senso della vita. Anche questo è un areopago che bisogna evangelizzare.

Fidelità a Cristo e promozione della libertà dell'uomo

39. Tutte le forme dell'attività missionaria sono contrassegnate dalla consapevolezza di promuovere la
libertà dell'uomo, annunciando a Gesù Cristo. La Chiesa deve essere fedele a Cristo, del quale è il Corpo e
continuatrice della sua missione. È necessario che lei cammini "per la stessa strada di Cristo; cioè,
per il sentiero della povertà, dell'obbedienza, del servizio e dell'immolazione fino alla morte, della
che emerse vittorioso per la sua resurrezione". La Chiesa, dunque, ha il dovere di fare tutto il possibile per
sviluppare la sua missione nel mondo e raggiungere tutti i popoli; ha anche il diritto che gli è stato conferito
Dio per realizzare il suo piano. La libertà religiosa, a volte ancora limitata o soffocata, è la premessa e la
garanzia di tutte le libertà che assicurano il bene comune delle persone e dei popoli. È di

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desiderare che la vera libertà religiosa sia concessa a tutti ovunque; già con questo scopo la Chiesa
dispiega la sua opera nei diversi paesi, specialmente in quelli a maggioranza cattolica, dove ha un
maggiore peso. Non si tratta di un problema di religione di maggioranza o di minoranza, ma piuttosto di un
diritto inalienabile di ogni persona umana. D'altra parte, la Chiesa si rivolge all'uomo nella pienezza
rispetto della sua libertà. La missione non limita la libertà, ma piuttosto la favorisce. La Chiesa propone,
non impone nulla, rispetta le persone e le culture, e si ferma davanti al santuario della coscienza.
coloro che si oppongono con i pretesti più vari all'attività missionaria della Chiesa, essa va
ripetendo: Aprite le porte a Cristo! Mi rivolgo a tutte le Chiese particolari, giovani e antiche.
Il mondo si sta unificando sempre di più, lo spirito evangelico deve portare al superamento delle
barriere culturali e nazionaliste, evitando ogni chiusura. Benedetto XV già ammoniva i
missionari del loro tempo perché "si dimenticavano della propria dignità, pensando alla loro patria terrena
più che in quella del cielo". La stessa ammonizione vale oggi per le Chiese particolari: Aprite le
porte ai missionari!, poiché "una Chiesa particolare che si stacca volontariamente dalla Chiesa
l'universale perderebbe il suo riferimento al disegno di Dio e si impoverirebbe nella sua dimensione ecclesiale.

Dirigere l'attenzione verso Sud e verso Oriente

40. L'attività missionaria rappresenta ancora oggi la maggiore sfida per la Chiesa. Mentre si
approssimando la fine del secondo millennio della Redenzione, è sempre più evidente che le persone che
la maggior parte dell'umanità non ha ancora ricevuto il primo annuncio di Cristo. Il bilancio del
l'attività missionaria nei tempi moderni è sicuramente positiva: la Chiesa è stata fondata in
tutti i Continenti; anzi, oggi la maggior parte dei fedeli e delle Chiese particolari non sono più in
la vecchia Europa, salvo nei Continenti che i missionari hanno aperto alla fede.

Tuttavia, si presenta il caso che 'i confini della terra', ai quali deve arrivare il Vangelo, si
si allontanano sempre di più, e la sentenza di Tertulliano, secondo la quale "il Vangelo è stato annunciato in
tutta la terra e tutti i popoli" è molto lontana dalla sua realizzazione concreta: la missione ad gentes è
ancora agli inizi. Nuovi popoli compaiono sulla scena mondiale e anche loro hanno il
diritto a ricevere l'annuncio della salvezza. La crescita demografica del Sud e dell'Oriente, in
i paesi non cristiani aumentano continuamente il numero di persone che ignorano la redenzione di
Cristo.

Bisogna quindi dirigere l'attenzione missionaria verso quelle aree geografiche e quegli ambienti
culturali che sono rimasti al di fuori dell'influenza evangelica. Tutti i credenti in Cristo devono sentirsi
come parte integrante della sua fede la sollecitudine apostolica di trasmettere ad altri la sua gioia e la sua luce. Questa
la richiesta deve trasformarsi, per così dire, in fame e sete di far conoscere il Signore, quando si guarda
apertamente verso gli enormi orizzonti del mondo non cristiano.

CAPITOLO V. I CAMMINI DELLA MISSIONE

41. "L'attività missionaria è, in ultima istanza, la manifestazione dello scopo di Dio, o epifania,"
e la sua realizzazione nel mondo e nella storia, in cui Dio, tramite la missione, perfeziona
apertamente la storia della salvezza". Quale percorso segue la Chiesa per raggiungere questo risultato?

La missione è una realtà unitaria, ma complessa, e si sviluppa in diversi modi, tra cui
alcune sono di particolare importanza nella situazione attuale della Chiesa e del mondo.

La prima forma di evangelizzazione è la testimonianza

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42. L'uomo contemporaneo crede di più ai testimoni che ai maestri; crede di più nell'esperienza
che nella dottrina, nella vita e nei fatti che nelle teorie. La testimonianza di vita cristiana è la
prima e insostituibile forma della missione: Cristo, di cui la missione siamo continuatori, è il "Testimone"
per eccellenza (Ap 1, 5; 3, 14) e il modello della testimonianza cristiana. Lo Spirito Santo accompagna il
cammino della Chiesa e la associa alla testimonianza che egli dà di Cristo (cfr Gv 15, 26-27).

La prima forma di testimonianza è la vita stessa del missionario, quella della famiglia cristiana e di
comunità ecclesiale, che rende visibile un nuovo modo di comportarsi. Il missionario che, anche con tutti
i limiti e difetti umani, vivi con semplicità secondo il modello di Cristo, è un segno di Dio e di
le realtà trascendenti. Ma tutti nella Chiesa, sforzandosi di imitare il divino Maestro,
possono e devono dare questa testimonianza, che in molti casi è l'unico modo possibile di essere missionari.

La testimonianza evangelica, a cui il mondo è più sensibile, è quella dell'attenzione alle persone e quella di
carità verso i poveri e i piccoli, verso coloro che soffrono. La gratuità di questo atteggiamento e di questi
azioni, che contrastano profondamente con l'egoismo presente nell'uomo, fanno sorgere unas
domande precise che orientano verso Dio e il Vangelo. Anche il lavorare per la pace, la giustizia, i
diritti dell'uomo, la promozione umana, è una testimonianza del Vangelo, se è un segno di attenzione
alle persone ed è ordinato allo sviluppo integrale dell'uomo.

43. Il cristiano e le comunità cristiane vivono profondamente inseriti nella vita dei loro popoli
rispettivi e sono segno del Vangelo anche per la fedeltà alla propria patria, al proprio popolo, alla cultura
nazionale, ma sempre con la libertà che Cristo ha portato. Il cristianesimo è aperto alla fraternità
universale, perché tutti gli uomini sono figli dello stesso Padre e fratelli in Cristo. La Chiesa è
chiamata a dare la propria testimonianza di Cristo, assumendo posizioni coraggiose e profetiche di fronte alla corruzione
del potere politico o economico; non cercando la gloria o beni materiali; usando i loro beni per il
servizio ai più poveri e imitando la semplicità di vita di Cristo. La Chiesa e i missionari devono
dare anche testimonianza di umiltà, soprattutto in se stessi, il che si traduce nella capacità di un
esame di coscienza, a livello personale e comunitario, per correggere i propri comportamenti
che è antievangelico e disfigura il volto di Cristo.

Il primo annuncio di Cristo Salvatore

44. L'annuncio ha la priorità permanente nella missione: la Chiesa non può sottrarsi al mandato
esplicito di Cristo; non può privare gli uomini della "Buona Notizia" che sono amati e salvati
per Dio. "L'evangelizzazione deve sempre contenere - come base, centro e al contempo culmine di
su dinamismo- una chiara proclamazione che in Gesù Cristo, si offre la salvezza a tutti gli uomini,
come dono della grazia e della misericordia di Dio". dà le forme dell'attività missionaria
orientate da questa proclamazione che rivela e introduce il mistero nascosto nei secoli e rivelato in
Cristo (cfr Ef 3, 3-9; Col 1, 25-29), il quale è il centro della missione e della vita della Chiesa, come
base di tutta l'evangelizzazione. Nella complessa realtà della missione, il primo annuncio ha una
funzione centrale e insostituibile, perché introduce "nel mistero dell'amore di Dio, che lo chiama a
iniziare una comunicazione personale con lui in Cristo" e apre la via alla conversione. La fede nasce da
annuncio, e ogni comunità ecclesiale ha la sua origine e vita nella risposta di ogni fedele a questo annuncio.
Come l'economia salvifica è centrata su Cristo, così l'attività missionaria tende alla proclamazione
di suo mistero. L'annuncio ha per oggetto Cristo crocifisso, morto e risorto: in lui si realizza la
liberazione piena e autentica dal male, dal peccato e dalla morte; per lui, Dio dà la "nuova vita", divina
e eterna. Questa è la "Buona Novella" che cambia l'uomo e la storia dell'umanità, e che tutti
i popoli hanno il diritto di conoscere. Questo annuncio viene fatto nel contesto della vita dell'uomo e di
i popoli che lo ricevono. Deve essere fatto anche con un atteggiamento di amore e di stima verso chi
ascolta, con un linguaggio concreto e adattato alle circostanze. In questo annuncio lo Spirito agisce e
instaura una comunione tra il missionario e gli ascoltatori, possibile nella misura in cui entrambi entrano
in comunione, per Cristo, con il Padre.

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45. Facendo insieme a tutta la comunità ecclesiale, l'annuncio non è mai un fatto personale. Il
il missionario è presente e agisce in virtù di un mandato ricevuto e, anche se si trova solo, è
unito da legami invisibili, ma profondi, all'attività evangelizzatrice di tutta la Chiesa. I
ascoltatori, prima o poi, scorgono attraverso di lui la comunità che lo ha inviato e lo sostiene.

L'annuncio è animato dalla fede, che suscita entusiasmo e fervore nel missionario. Come già si è
detto, gli Atti degli Apostoli esprimono questa attitudine con la parola parrhesia, che significa parlare
con franchezza e coraggio; questo termine si trova anche in San Paolo: "Fiduciosi nel nostro Dio,
abbiamo avuto il coraggio di predicarvi il Vangelo di Dio in mezzo a frequenti lotte" (1 Tess 2, 2). "Pregando...
anche per me, affinché mi sia data la Parola all'aprire la mia bocca e possa annunciare con coraggio il
mistero del Vangelo, del quale sono ambasciatore tra catene, e possa parlarne con coraggio
come conviene" (Ef 6, 19-20).

Nel proclamare Cristo ai non cristiani, il missionario è convinto che esista già nelle persone
e nei paesi, per l'azione dello Spirito, un'attesa, anche se inconscia, di conoscere la verità
sul Dio, sull'uomo, sul cammino che porta alla liberazione dal peccato e dalla morte. Il
l'entusiasmo nell'annunciare Cristo deriva dalla convinzione di rispondere a questa speranza, in modo che
Il missionario non si scoraggia né desiste nella sua testimonianza, anche quando è chiamato a manifestare la sua fede.
in un ambiente ostile o indifferente. Sa che lo Spirito del Padre parla in lui (cfr Mt 10, 17-20; Lc 12,
11-12) e può ripetere con gli Apostoli: "Noi siamo testimoni di queste cose, e anche il
"Spirito Santo" (Atto 5, 32). Sappi che non annuncia una verità umana, ma la "Parola di Dio", la quale
ha una forza intrinseca e misteriosa (cfr Rom 1, 16). La prova suprema è il dono della vita, fino a
accettare la morte per testimoniare la fede in Gesù Cristo. Come sempre nella storia cristiana, i
I "martiri", cioè i testimoni, sono numerosi e indispensabili per il cammino del Vangelo.
Anche nella nostra epoca ci sono molti: vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, così come laici;
a volte eroi sconosciuti che danno la vita come testimonianza della fede. Loro sono i messaggeri e i
testimoni per eccellenza.

Conversione e Battesimo

46. L'annuncio della Parola di Dio tende alla conversione cristiana, cioè all'adesione piena e
sincera a Cristo e al suo Vangelo mediante la fede. La conversione è un dono di Dio, opera della Trinità;
è lo Spirito che apre le porte dei cuori, affinché gli uomini possano credere nel Signore
y "confessarlo" (cfr 1 Cor 12, 3). Di chi si avvicina a lui per fede, Gesù dice: "Nessuno può venire a me,
se il Padre che mi ha inviato non lo attrae" (Gv 6, 44). La conversione si esprime fin dall'inizio con
una fede totale e radicale, che non pone limiti né ostacoli al dono di Dio. Allo stesso tempo, però,
determina un processo dinamico e permanente che dura per tutta l'esistenza, richiedendo uno sforzo
continuo a passare dalla vita "secondo la carne" alla "vita secondo lo Spirito" (cfr Rom 8, 3-13). La
La conversione significa accettare, con decisione personale, la sovranità di Cristo e diventare suo discepolo. La
La chiesa chiama tutti a questa conversione, seguendo l'esempio di Giovanni Battista che preparava i
caminos verso Cristo, "proclamando un battesimo di conversione per perdonare i peccati" (Mc 1, 4), e
i percorsi di Cristo, il quale, "dopo che Giovanni fu arrestato, andò... in Galilea e proclamava la
Buona Novella di Dio: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo."
"Buona Novella" (Mc 1, 14-15). Oggi la chiamata alla conversione, che i missionari direbbero i non
cristiani, viene messo in discussione o passa in silenzio. Si vede in essa un atto di "proselitismo"; si dice
che aiuterà gli uomini a essere più uomini o più fedeli nella propria religione; è sufficiente formare
comunità capaci di lavorare per la giustizia, la libertà, la pace, la solidarietà. Ma si dimentica che tutto
ogni persona ha il diritto di ascoltare la "Buona Novella" di Dio che si rivela e si dà in Cristo, per
realizzare appieno la propria vocazione. La grandezza di quest'evento risuona nelle parole di
Gesù alla Samaritana: "Se conoscessi il dono di Dio" e nel desiderio inconscio, ma ardente della
donna: "Signore, dammi di quell'acqua, affinché non abbia più sete" (Giovanni 4,10. 15).

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47. Gli Apostoli, mossi dallo Spirito Santo, invitavano tutti a cambiare vita, a convertirsi e
a ricevere il battesimo. Subito dopo l'evento di Pentecoste, Pietro parla alla
multitudine in modo persuasivo: Al sentir questo, dissero con il cuore afflitto a Pietro e agli altri
Apostoli: "Cosa dobbiamo fare, fratelli?" Pietro rispose: "Convertitevi e che ognuno di
voi vi fate battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; e riceverete
il dono dello Spirito Santo" (Atti 37-38). E battezzò quel giorno circa tremila persone. Pietro stesso,
Dopo la guarigione del storpio, parla alla mulud e ripeti: "Pentitevi, dunque, e convertitevi, affinché
i vostri peccati siano cancellati" (Atto 3, 19).

La conversione a Cristo è legata al battesimo, non solo per la prassi della Chiesa, ma per
volontà dello stesso Cristo, che inviò a fare discepoli a tutte le genti e a battezzarle (cfr Mt 28,
19); è anche legata all'esigenza intrinseca di ricevere la pienezza della nuova vita in lui:
In verità, in verità ti dico: -dice Gesù a Nicodemo- colui che non nasce dall'acqua e dallo Spirito, non
può entrare nel Regno di Dio" (Gv 3, 5). Infatti, il battesimo ci rigenera alla vita dei figli
di Dio, ci unisce a Gesù Cristo e ci unge nello Spirito Santo: non è un semplice sigillo della conversione,
come un segno esterno che la dimostra e la certifica, ma è un sacramento che significa e porta
questo nuovo nascere per lo Spirito; instaura legami reali e inseparabili con la Trinità;
fa membri del Corpo di Cristo, che è la Chiesa.

Tutto questo va ricordato, perché non pochi, precisamente dove si svolge la missione ad gentes,
tendono a separare la conversione a Cristo dal battesimo, considerandolo come non necessario. È vero
che in certi ambienti si avvertono aspetti sociologici relativi al battesimo che offuscano il suo
genuino significato di fede e il suo valore ecclesiale. Questo è dovuto a diversi fattori storici e culturali.
che è necessario rimuovere dove ancora sussistono, affinché il sacramento della rigenerazione
spirituale appaia in tutto il suo valore. A questo compito devono dedicarsi le comunità ecclesiali
locali. È anche vero che non poche persone affermano di essere internamente impegnate con
Cristo e con il suo messaggio, ma non vogliono esserlo sacramentalmente, perché, a causa dei loro pregiudizi o
delle colpe dei cristiani, non riescono a percepire la vera natura della Chiesa, mistero di fede
e di amore. Desidero incoraggiare, quindi, queste persone ad aprirsi completamente a Cristo, ricordando loro che, se
sentono l'attrattiva di Cristo, egli stesso ha voluto che la Chiesa fosse il "luogo" dove possono trovarlo
realmente. Allo stesso tempo, invito i fedeli e le comunità cristiane a dare autentico
testimonianza di Cristo con la sua nuova vita.

Certamente, ogni convertito è un dono fatto alla Chiesa e comporta una grave responsabilità per
ella, non solo perché deve essere preparata per il battesimo con il catecumenato e continuare poi con la
istruzione religiosa, ma perché, specialmente se è adulto, porta con sé, come una nuova energia,
l'entusiasmo della fede, il desiderio di trovare nella Chiesa il Vangelo vissuto. Sarebbe una delusione per
lui, se dopo essere entrato nella comunità ecclesiale trovasse in essa una vita che manca di
fervore e senza segni di rinnovamento. Non possiamo predicare la conversione, se non ci convertiamo noi
stessi ogni giorno.

Formazione di chiese locali

48. La conversione e il battesimo introducono nella Chiesa, dove già esiste, o richiedono la costituzione
di nuove comunità che confessano Gesù Salvatore e Signore. Questo fa parte del disegno di Dio,
al quale pluggò "chiamare gli uomini a partecipare della sua vita non solo individualmente, ma mutuamente
connessione alcuna tra di loro, ma costituirli in un popolo in cui i loro figli, che erano dispersi,
si radunano in unità.

La missione ad gentes ha questo obiettivo: fondare comunità cristiane, far crescere le Chiese fino a
su completa maturità. Questa è un obiettivo centrale e specifico dell'attività missionaria, fino al punto di
che non può essere considerata sviluppata, finché non riesce a edificare una nuova Chiesa particolare,

24
che funzioni normalmente nell'ambiente locale. Di questo parla ampiamente il Decreto Ad gentes.
Dopo il Concilio si è andata sviluppando una linea teologica per sottolineare che tutto il mistero di
la Chiesa è contenuta in ogni Chiesa particolare, a patto che questa non si isoli, ma rimanga
in comunione con la Chiesa universale e, a sua volta, diventi missionaria. Si tratta di un lavoro considerevole
e lungo, del quale è difficile indicare le fasi precise, con le quali si termina l'azione propriamente
misionera e passa all'attività pastorale. Tuttavia, alcuni punti devono rimanere chiari.

49. È necessario, prima di tutto, cercare di stabilire in ogni luogo comunità cristiane che siano un
"esponente della presenza di Dio nel mondo" e crescano fino a diventare Chiese. Nonostante il grande
numero di diocesi, esistono ancora grandi aree in cui le Chiese locali non esistono
assoluto o sono insufficienti rispetto all'estensione del territorio e alla densità e varietà della
popolazione; resta da fare un grande lavoro di implantazione e sviluppo della Chiesa. Questa fase di
la storia ecclesiale, chiamata plantatio Ecclesiae, non è terminata; anzi, in molti raggruppamenti
gli esseri umani devono ancora cominciare.

La responsabilità di questo compito ricade sulla Chiesa universale e sulle Chiese particolari,
sul popolo di Dio intero e su tutte le forze missionarie. Ogni Chiesa, anche quella formata
per neoconvertiti, è missionaria per natura, è evangelizzata ed evangelizzatrice, e la fede sempre
deve essere presentata come un dono di Dio da vivere in comunità (famiglie, parrocchie,
associazioni) e per irradiare all'esterno, sia con la testimonianza di vita, sia con la parola. L'azione
evangelizzatrice della comunità cristiana, prima nel proprio territorio e poi in altre parti, come
la partecipazione alla missione universale è il segno più chiaro di maturità nella fede. È necessaria una radicale
conversione della mentalità per diventare missionari, e questo vale sia per le persone che per le
comunità. Il Signore chiama sempre a uscire da se stessi, a condividere con gli altri i beni che
abbiamo, iniziando da quello più prezioso che è la fede. Alla luce di questo imperativo missionario si dovrà
misurare la validità degli organismi, movimenti, parrocchie o opere di apostolato della Chiesa. Solo
facendosi missionaria la comunità cristiana potrà superare le divisioni e le tensioni interne e
recuperare la propria unità e il proprio vigore di fede.

Le forze missionarie provenienti da altre Chiese e paesi devono agire in comunione con le
Chiese locali per lo sviluppo della comunità cristiana. In particolare, riguarda loro -seguendo
sempre le direttive degli Vescovi e in collaborazione con i responsabili del luogo - promuovere la
diffusione della fede e espansione della Chiesa negli ambienti e gruppi non cristiani; e incoraggiare in
senso missionario alle Chiese locali, in modo che la preoccupazione pastorale sia sempre unita a
la preoccupazione per la missione ad gentes. Ogni Chiesa farà propria, quindi, la richiesta di Cristo,
Buon Pastore, che si dedica al suo gregge e allo stesso tempo si preoccupa delle "altre pecore che non sono
di questo recinto" (Gv 10, 15).

50. Questa richiesta costituirà un motivo e uno stimolo per una rinnovata azione ecumenica. I
I legami esistenti tra attività ecumenica e attività missionaria rendono necessario considerare due
fattori concomitanti. Da una parte bisogna riconoscere che 'la divisione dei cristiani danneggia la
causa santissima della predicazione del Vangelo a ogni creatura e chiude a molti le porte della fede.
Il fatto che la Buona Novella della riconciliazione sia predicata dai cristiani divisi tra loro
debilita su testimonio, e per questo è urgente lavorare per l'unità dei cristiani, affinché la
l'attività missionaria sia più incisiva. Allo stesso tempo, non dobbiamo dimenticare che gli stessi sforzi
per l'unità costituiscono di per sé un segno dell'opera di riconciliazione che Dio realizza in mezzo a
noi. D'altra parte, è vero che tutti coloro che hanno ricevuto il battesimo in Cristo sono in una
cierta comunione tra di loro, sebbene non perfetta. Su questa base si fonda l'orientamento dato dal
Concilio: "Finché le condizioni religiose lo permettano, si promuova l'azione ecumenica in modo
che, esclusa ogni specie sia di indifferenza che di confusione, così come di emulazione insensata, i
i cattolici collaborino fraternalmente con i fratelli separati, secondo le norme del Decreto riguardo al
Ecumenismo, mediante la professione comune, per quanto possibile, della fede in Dio e in Gesù Cristo

25
davanti alle nazioni, e dare vita alla cooperazione in questioni sociali e tecniche, culturali e
religiosi

L'attività ecumenica e la testimonianza concorde di Gesù Cristo, da parte dei cristiani


appartenenti a diverse Chiese e comunità ecclesiali, ha già dato abbondanti frutti. È ciascuno
è necessario che collaborino e diano testimonianza uniti, in questo tempo in cui le sette cristiane
e paracristiani seminano confusione con la loro azione. L'espansione di queste sette costituisce una
minaccia per la Chiesa cattolica e per tutte le comunità ecclesiali con le quali essa mantiene un
dialogo. Dove possibile e secondo le circostanze locali, la risposta dei cristiani deve essere
anche ecumenica.

Le comunità ecclesiali di base forza evangelizzatrice

51. Un fenomeno di rapida espansione nelle giovani Chiese, promosso, a volte, dai Vescovi e
le sue Conferenze come opzione prioritaria della pastorale, costituiscono le "comunità ecclesiali di
base" (conosciute anche con altri nomi), che stanno dando prova positiva come centri di
formazione cristiana e di irradiazione missionaria. Si tratta di gruppi di cristiani a livello familiare o di
ambito ristretto, i quali si riuniscono per la preghiera, la lettura delle Scritture, la catechesi, per
condividere problemi umani ed ecclesiali in vista di un impegno comune. Sono un segno di vitalità
della Chiesa, strumento di formazione e di evangelizzazione, un punto di partenza valido per una nuova
società fondata sulla "civiltà dell'Amore".

Queste comunità decentralizzano e articolano la comunità parrocchiale alla quale rimangono sempre
unite; si radicano in ambienti popolari e rurali, diventando fermento di vita cristiana, di
attenzione agli ultimi, di impegno per la trasformazione della società. In esse ogni
Cristiano fa un'esperienza comunitaria, grazie alla quale anche lui si sente un elemento attivo,
stimolato a offrire la propria collaborazione nei compiti di tutti. In questo modo, le stesse comunità
sono strumento di evangelizzazione e di primo annuncio, così come fonte di nuovi ministeri, a la
Vez che, animate dalla carità di Cristo, offrono anche un orientamento su come superare
divisioni, tribalismi e razzismi.

In effetti, ogni comunità, per essere cristiana, deve formarsi e vivere in Cristo, nell'ascolto di
Parola di Dio, nella preghiera centrata sull'Eucaristia, nella comunione espressa nell'unione di
cuori e spiriti, così come nel condividere secondo i bisogni dei membri (cfr At 2, 42-
47). Ogni comunità -ricordava Paolo VI- deve vivere unita alla Chiesa particolare e universale, in
sincera comunione con i Pastori e il Magistero, impegnata nell'irradiazione missionaria e
evitando ogni forma di chiusura e di strumentalizzazione ideologica. E il Sinodo dei Vescovi ha
affermato: "Perché la Chiesa è comunione, le così dette nuove comunità di base, se
veramente vivono nell'unità con la Chiesa, sono vera espressione di comunione e strumento
per edificare una comunione più profonda. Per questo, danno una grande speranza per la vita della Chiesa.

Incarnare il Vangelo nelle culture dei popoli

52. Sviluppando la sua attività missionaria tra la gente, la Chiesa incontra diverse culture e si trova
impegnata nel processo di inculturazione. Questa è un'esigenza che ha contraddistinto tutto il suo cammino
storico, ma oggi è particolarmente acuta e urgente. Il processo di inserimento della Chiesa nella
le culture dei popoli richiedono tempo: non si tratta di una mera adattamento esterno, poiché la
l'inculturazione "significa una intima trasformazione dei veri valori culturali attraverso il loro
integrazione nel cristianesimo e radicamento del cristianesimo nelle diverse culture". È, quindi, un
processo profondo e globale che comprende sia il messaggio cristiano, sia la riflessione e la prassi della
Iglesia. Ma è anche un processo difficile, perché non deve compromettere in nessun modo le
caratteristiche e l'integrità della fede cristiana. Attraverso l'inculturazione la Chiesa incarna il

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Vangelo nelle diverse culture e, allo stesso tempo, introduce i popoli con le loro culture nel loro
stessa comunità; trasmette alla stessa i propri valori, assumendo ciò che c'è di buono in essi
e rinnovandole dall'interno. Da parte sua, con l'inculturazione, la Chiesa diventa un segno più
comprensibile di ciò che è uno strumento più adatto per la missione. Grazie a quest'azione nelle Chiese
locali, la stessa Chiesa universale si arricchisce con espressioni e valori nei diversi settori di
la vita cristiana, come l'evangelizzazione, il culto, la teologia, la carità; conosce e esprime ancora meglio
il mistero di Cristo, mentre è incoraggiato a un continuo rinnovamento. Questi temi, presenti nel
Concilio e nel Magistero successivo, li ho affrontati ripetutamente nelle mie visite pastorali alle
Giovani chiese.

L'inculturazione è un percorso lento che accompagna tutta la vita missionaria e richiede il contributo di
i diversi collaboratori della missione ad gentes, quella delle comunità cristiane man mano che si
sviluppano, quella dei Pastori che hanno la responsabilità di discernere e promuovere la loro azione.

53. I missionari, provenienti da altre Chiese e paesi, devono inserirsi nel mondo socioculturale
di quelli a cui sono inviati, superando i condizionamenti del proprio ambiente di origine.
Così, devono imparare la lingua della regione in cui lavorano, conoscere le espressioni più significative
di quella cultura, scoprendo i suoi valori per esperienza diretta. Solo con questa conoscenza
i missionari potranno portare ai popoli in modo credibile e fruttuoso la conoscenza del mistero
nascosto (cfr Rom 16, 25-27; Ef 3, 5). Per loro non si tratta certo di rinnegare il proprio
identità culturale, ma di comprendere, apprezzare, promuovere e evangelizzare quella dell'ambiente in cui agiscono
e, di conseguenza, essere in grado di comunicare realmente con lui, adottando uno stile di vita
che sia segno di testimonianza evangelica e di solidarietà con la gente. Le comunità ecclesiali che
si stanno formando, ispirate dal Vangelo, potranno manifestare progressivamente il proprio
esperienza cristiana in modi e forme originali, conformi alle proprie tradizioni culturali,
a condizione che siano sempre in sintonia con le esigenze oggettive della stessa fede. A questo proposito,
specialmente in relazione ai settori di inculturazione più delicati, le Chiese particolari del
stesso territorio dovranno agire in comunione tra di loro e con tutta la Chiesa, convinte che solo la
l'attenzione sia alla Chiesa universale che alle Chiese particolari le renderà capaci di tradurre il
tesoro della fede nella legittima varietà delle sue espressioni. Per questo, i gruppi evangelizzati offriranno
gli elementi per una "traduzione" del messaggio evangelico tenendo presente i contributi
positive ricevute nel corso dei secoli, grazie al contatto del cristianesimo con le diverse culture,
senza dimenticare i pericoli delle alterazioni che a volte si sono verificate.

54. A questo riguardo, sono fondamentali alcune indicazioni. L'inculturazione, nel suo corretto processo
deve essere guidata da due principi: "la compatibilità con il Vangelo delle varie culture a
assumere e la comunione con la Chiesa universale". I Vescovi, custodi del "deposito della fede" si
si prenderanno cura della fedeltà e, soprattutto, del discernimento, per il quale è necessaria una profonda
equilibrio; infatti, esiste il rischio di passare acriticamente da una sorta di alienazione della cultura a
una supervalutazione della stessa, che è un prodotto dell'uomo, di conseguenza, contrassegnato da
peccato. Anche lei deve essere "purificata, elevata e perfezionata".

Questo processo richiede una gradualità, affinché sia veramente espressione dell'esperienza
cristiana della comunità: "Sarà necessaria un'incubazione del mistero cristiano nel seno del vostro
popolo -diceva Paolo VI a Kampala-, affinché la sua voce nativa, più limpida e franca, si alzi
armoniosa nel coro delle voci della Chiesa universale". Infine, l'inculturazione deve coinvolgere
tutto il popolo di Dio, non solo alcuni esperti, poiché si sa che il popolo riflette su
genuino senso della fede che non bisogna mai perdere di vista. Questa inculturazione deve essere diretta e
stimolata, ma non forzata, per non suscitare reazioni negative nei cristiani: deve essere espressione
della vita comunitaria, cioè deve maturare nel seno della comunità, e non essere frutto esclusivo di
ricerche erudite. La salvaguardia dei valori tradizionali è effetto di una fede matura.

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Il dialogo con i fratelli di altre religioni

Il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. Inteso come
metodo e mezzo per una conoscenza e un arricchimento reciproco, non è in contraposizione con la
missione ad gentes; anzi, ha legami speciali con essa ed è una delle sue espressioni. In effetti, questa
la missione ha come destinatari gli uomini che non conoscono Cristo e il suo Vangelo, e che nella loro
gran maggioranza appartiene ad altre religioni. Dio chiama a sé tutte le genti in Cristo, volendo
comunicarles la pienezza della sua rivelazione e del suo amore; e non smette di farsi presente in molti
maniere, non solo in ogni individuo, ma anche nei popoli attraverso le loro ricchezze spirituali,
la cui espressione principale ed essenziale sono le religioni, anche se contengono "lacune, insufficienze e
errori". Tutto ciò è stato ampiamente sottolineato dal Concilio Vaticano II e dal Magistero
posteriore, difendendo sempre che la salvezza viene da Cristo e che il dialogo non esime dalla
evangelizzazione

Alla luce dell'economia della salvezza, la Chiesa non vede un contrasto tra l'annuncio di Cristo e il
dialogo interreligioso; tuttavia, sente la necessità di combinarli nell'ambito della sua missione ad
genti. In effetti, è opportuno che questi due elementi mantengano il loro legame intimo e, allo stesso
tempo, la sua distinzione, per cui non devono essere confusi, né strumentalizzati, né anche
considerati equivalenti, come se fossero intercambiabili. Recentemente ho scritto ai Vescovi di
Asia: "Sebbene la Chiesa riconosca volentieri quanto c'è di vero e di santo nelle tradizioni
religiose del Buddismo, dell'Induismo e dell'Islam -riflessi di quella verità che illumina tutti i
uomini-, continua a mantenere il suo dovere e la sua determinazione di proclamare senza esitazioni Gesù Cristo, che è "il
cammino, la verità e la vita"... Il fatto che i seguaci di altre religioni possano ricevere la
grazie a Dio e salvati da Cristo indipendentemente dai mezzi ordinari che egli ha
stabilito, non toglie la chiamata alla fede e al battesimo che Dio vuole per tutti i popoli". In
effetto, Cristo stesso, "nel inculcare con parole esplicite la necessità della fede e del battesimo...
confermò allo stesso tempo la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano attraverso il battesimo
come per una porta". Il dialogo deve essere condotto e portato a termine con la convinzione che la
La Chiesa è il cammino ordinario di salvezza e solo essa possiede la pienezza dei mezzi di
salvezza.

56. Il dialogo non nasce da una tattica o da un interesse, ma è un'attività con motivazioni.
esigenze e dignità proprie: è richiesto dal profondo rispetto verso tutto ciò che è nell'uomo ha
obrado lo Spirito, che "soffia dove vuole" (Gv 3, 8). Con questo la Chiesa cerca di scoprire le
"semi della Parola", il "bagliore di quella Verità che illumina tutti gli uomini", semi e
lampi che si trovano nelle persone e nelle tradizioni religiose dell'umanità. Il dialogo
si fonda nella speranza e nella carità, e produrrà frutti nello Spirito. Le altre religioni costituiscono un
sfida positiva per la Chiesa di oggi; infatti, la stimolano sia a scoprire che a conoscere i segni
della presenza di Cristo e dell'azione dello Spirito, come a approfondire la propria identità e a
testimoniare l'integrità della Rivelazione, di cui è depositaria per il bene di tutti.

Da qui deriva lo spirito che deve animare questo dialogo nel campo della missione. L'interlocutore deve
essere coerente con le proprie tradizioni e convinzioni religiose e aperto per comprendere quelle del
un altro, senza dissimulare o chiudersi, ma con un atteggiamento di verità, umiltà e lealtà, sapendo che il
Il dialogo può arricchire ciascuno. Non deve esserci alcun tipo di abdicazione né di irenismo, ma il
testimonianza reciproca per un progresso comune nel cammino di ricerca e esperienza religiosa e, al
stesso tempo, per superare pregiudizi, intolleranze e malintesi. Il dialogo tende a
purificazione e conversione interiore che, se raggiunta con docilità allo Spirito, sarà spiritualmente
fruttifero.

57. Si apre un vasto campo al dialogo che può assumere molteplici forme e espressioni, dalle
scambi tra esperti delle tradizioni religiose o rappresentanti ufficiali delle stesse, fino a

28
la collaborazione per lo sviluppo integrale e la salvaguardia dei valori religiosi; da
comunicazione delle rispettive esperienze spirituali fino al cosiddetto 'dialogo di vita', per il
i credenti delle diverse religioni si attestano a vicenda nell'esistenza quotidiana i
propri valori umani e spirituali, e si aiutano a viverli per edificare una società più giusta e
fraterna.

Tutti i fedeli e le comunità cristiane sono chiamati a praticare il dialogo, anche se non al
stesso livello e nella stessa maniera. A tal fine è indispensabile il contributo dei laici che "con il
esempio della tua vita e con l'azione stessa, possono favorire il miglioramento delle relazioni tra i
seguidores de las diversas religiones", mientras algunos de ellos podrán también ofrecer una aportación
di ricerca e di studio.

Sapendo che non pochi missionari e comunità cristiane trovano in quel cammino difficile e a
menudo incomprensibile del dialogo l'unico modo per dare sincero testimonio di Cristo e un generoso
servizio all'uomo, desidero incoraggiarvi a perseverare con fede e carità, anche là dove i vostri sforzi non
trovano accoglienza e risposta. Il dialogo è un cammino per il Regno e sicuramente porterà i suoi frutti,
anche i tempi e i momenti sono fissati dal Padre (cfr At 1, 7).

Promuovere lo sviluppo, educando le coscienze

58. La mission ad gentes si dispiega ancora oggi, principalmente, in quelle regioni del Sud del mondo
dove è più urgente l'azione per lo sviluppo integrale e la liberazione da ogni oppressione. La Chiesa
ha sempre saputo suscitare, nelle popolazioni che ha evangelizzato, un impulso verso il progresso, e
in questo momento i missionari, più che in passato, sono conosciuti anche come promotori di
sviluppo da parte di governi ed esperti internazionali, i quali si meravigliano del fatto che si
ottengono risultati notevoli con pochi mezzi.

Nell'enciclica Sollicitudo rei socialis ho affermato che "la Chiesa non ha soluzioni tecniche che possano
non si tratta di affrontare il problema del sottosviluppo in quanto tale, ma piuttosto di dare il suo primo contributo alla soluzione
del problema urgente del sviluppo quando proclama la verità su Cristo, su se stessa e su il
uomo, applicandola a una situazione concreta". La Conferenza dei Vescovi latinoamericani in
Puebla ha affermato che "il miglior servizio al fratello è l'evangelizzazione, che lo prepara a realizzarsi come
figlio di Dio, lo libera dalle ingiustizie e lo promuove integralmente". La missione della Chiesa non è
agire direttamente sul piano economico, tecnico, politico o contribuire materialmente allo sviluppo,
bensì consiste essenzialmente nell'offrire ai popoli non un "avere di più", ma un "essere di più",
svegliando le coscienze con il Vangelo. "Lo sviluppo umano autentico deve mettere radici
in una evangelizzazione sempre più profonda". La Chiesa e i missionari sono anche promotori di
sviluppo con le sue scuole, ospedali, tipografie, università, fattorie agricole sperimentali.
Ma lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né
delle strutture tecniche, ma piuttosto della formazione delle coscienze, della maturità della
mentalità e usanze. È l'uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro né la tecnica.
La Chiesa educa le coscienze rivelando ai popoli il Dio che cercano, ma che non conoscono; la
grandezza dell'uomo creato a immagine di Dio e amato da lui; l'uguaglianza di tutti gli uomini come
figli di Dio; il dominio sulla natura creata e messa al servizio dell'uomo; il dovere di
lavorare per lo sviluppo dell'uomo intero e di tutti gli uomini.

59. Con il messaggio evangelico la Chiesa offre una forza liberatrice e promotrice di sviluppo,
precisamente perché porta alla conversione del cuore e della mentalità; aiuta a riconoscere la
dignità di ogni persona; dispone alla solidarietà, all'impegno, al servizio dei fratelli; inserita
all'uomo nel progetto di Dio, che è la costruzione del Regno di pace e di giustizia, a partire già da
questa vita. È la prospettiva biblica dei "nuovi cieli e nuova terra" (cfr Is 65,17; 2 Pe 3,13; Ap
21,1), che ha introdotto nella storia lo stimolo e l'obiettivo per il progresso dell'umanità. Il

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lo sviluppo dell'uomo viene da Dio, dal modello di Gesù Dio e uomo, e deve portare a Dio. Ecco
perché tra l'annuncio evangelico e la promozione dell'uomo c'è una stretta connessione. Il contributo
della Chiesa e della sua opera evangelizzatrice allo sviluppo dei popoli non riguarda solo il Sud del mondo,
per combattere la miseria e il sottosviluppo, ma anche il Nord, che è esposto alla miseria morale
e spirituale causata dal "supersviluppo". Una certa modernità areligiosa, dominante in alcune
parti del mondo, si basa sull'idea che, per fare dell'uomo un uomo migliore, basta arricchirsi e
perseguire la crescita tecnico-economica. Ma uno sviluppo senza anima non può bastare all'uomo, e
l'eccesso di opulenza è nocivo per lui, come lo è l'eccesso di povertà. Il Nord del mondo ha
costruito un "modello di sviluppo" e lo diffonde nel Sud, dove lo spirito religioso e i valori
umani, lì presenti, corrono il rischio di essere inondati dall'onda del consumismo. "Contro il
la fame cambia la vita" è il motto emerso in ambienti ecclesiali, che indica ai popoli ricchi il
cammino per diventare fratelli dei poveri; è necessario tornare a una vita più austera che
favorisca un nuovo modello di sviluppo, attento ai valori etici e religiosi. L'attività
la missionaria porta ai poveri luce e respiro per un vero sviluppo, mentre la nuova
l'evangelizzazione deve creare tra i ricchi, tra le altre cose, la consapevolezza che è arrivato il momento di
diventare realmente fratelli dei poveri nella comune conversione verso lo "sviluppo integrale"
aperto all'Assoluto.

La carità, fonte e criterio della missione

60. "La Chiesa in tutto il mondo -dissi nella mia prima visita pastorale in Brasile- vuole essere la Chiesa di
i poveri..., vuole estrarre tutta la verità contenuta nelle beatitudini di Cristo e soprattutto in
Beati i poveri di spirito... Vuole insegnare questa verità e vuole metterla.
in pratica, così come Gesù è venuto a fare e insegnare.

Le giovani chiese che nella maggior parte vivono tra paesi afflitti da una povertà molto diffusa,
esprimono spesso questa preoccupazione come parte integrante della loro missione. La III Conferenza Generale
dell'Episcopato Latinoamericano a Puebla, dopo aver ricordato l'esempio di Gesù, scrive
che "i poveri meritano un'attenzione preferenziale, qualunque sia la situazione morale o personale in
che si trovano. Fatti a immagine e somiglianza di Dio per essere suoi figli, questa immagine è
ombreggiati e persino derisi. Per questo Dio prende la loro difesa e li ama. È così che i poveri sono
i primi destinatari della missione e della sua evangelizzazione sono per eccellenza segno e prova della
missione di Gesù.

Fedele allo spirito delle beatitudini, la Chiesa è chiamata a condividere con i poveri e i
oppressi di ogni tipo. Per questo, esorto tutti i discepoli di Cristo e le comunità
cristiane, dalle famiglie alle diocesi, dalle parrocchie agli Istituti religiosi, a fare una
sincera revisione della propria vita nel senso della solidarietà con i poveri. Allo stesso tempo, do
grazie ai missionari che, con la loro presenza amorevole e il loro umile servizio, lavorano per il
sviluppo integrale della persona e della società attraverso scuole, centri sanitari, lebbrosari
casemobili per disabili e anziani, iniziative per la promozione della donna e altro
simili. Ringrazio i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici per il loro impegno.
Incoraggio anche i volontari delle organizzazioni non governative, sempre più numerosi, i
quelli che si dedicano a queste opere di carità e di promozione umana.

In effetti, sono queste numerose "opere di carità" che attestano lo spirito di tutta l'attività
missionaria: L'amore, che è e rimane la forza della missione, ed è anche "l'unico criterio secondo
il quale tutto deve essere fatto e non fatto, cambiato e non cambiato. È il principio che deve guidare tutto
azione e il fine a cui deve tendere. Agendo con carità o ispirati dalla carità, nulla è
disconforme e tutto è buono.

30
Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta unificando a
umanità e trasformandola -come si suol dire- in un "villaggio globale". I mezzi di
La comunicazione sociale ha raggiunto tale importanza che per molti è il principale strumento
informativo e formativo, di orientamento e ispirazione per i comportamenti individuali,
familiari e sociali. Le nuove generazioni, soprattutto, crescono in un mondo condizionato da
questi mezzi. Forse è stato trascurato un po' questo areopago: generalmente si privilegiano altri
strumenti per l'annuncio evangelico e per la formazione cristiana, mentre i mezzi di
la comunicazione sociale è lasciata all'iniziativa di individui o di piccoli gruppi, e entra nella
programmazione pastorale solo a livello secondario. Il lavoro in questi mezzi, tuttavia, non ha
solamente l'obiettivo di moltiplicare l'annuncio. Si tratta di un fatto più profondo, perché la
l'evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal suo influsso. Non basta, dunque,
usarli per diffondere il messaggio cristiano e il Magistero della Chiesa, ma è opportuno integrare il
messaggio stesso in questa "nuova cultura" creata dalla comunicazione moderna. È un problema
complesso, poiché questa cultura nasce, anche prima dei contenuti, dal fatto stesso che esistono
nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche, nuovi comportamenti
sicológicos. Il mio predecessore Paolo VI diceva che: "la rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio
alcuni il dramma del nostro tempo"; e il campo della comunicazione attuale conferma pienamente questo
giudizio. Esistono molti altri areopaghi del mondo moderno verso i quali deve orientarsi la
attività missionaria della Chiesa. Ad esempio, l'impegno per la pace, lo sviluppo e la libertà
dei popoli; i diritti dell'uomo e dei popoli, soprattutto quelli delle minoranze; la promozione
della donna e del bambino; la salvaguardia della creazione, sono altri settori che devono essere
illuminati con la luce del Vangelo. Bisogna ricordare, inoltre, il vastissimo areopago della cultura, di
la ricerca scientifica, delle relazioni internazionali che favoriscono il dialogo e portano a
nuovi progetti di vita. È importante essere attenti e impegnati con queste istanze moderne. I
gli uomini si sentono come navigatori nel mare tempestoso della vita, sempre chiamati a qualcosa di maggiore
unità e solidarietà: le soluzioni ai problemi esistenziali devono essere studiate, discusse e
sperimentate con la collaborazione di tutti. Per questo, gli organismi e gli incontri internazionali si
dimostrano di essere sempre più importanti in molti settori della vita umana, dalla cultura a
politica, dall'economia alla ricerca. I cristiani, che vivono e lavorano in questa dimensione
internazionale, devono sempre ricordare il loro dovere di dare testimonianza del Vangelo.

38. Il nostro tempo è drammatico e allo stesso tempo affascinante. Mentre da un lato gli uomini danno
l'impressione di inseguire la prosperità materiale e di immergersi sempre di più nel materialismo
consumistico, dall'altro, manifestano l'angosciante ricerca di senso, la necessità di interiorità, il
desiderio di apprendere nuove forme e modi di concentrazione e di preghiera. Non solo nelle culture
impregnate di religiosità, ma anche nelle società secolarizzate, si cerca la dimensione
spirituale della vita come antidoto alla disumanizzazione. Questo fenomeno così chiamato del "ritorno
religioso" non è privo di ambiguità, ma racchiude anche un invito. La Chiesa ha un immenso
patrimonio spirituale da offrire all'umanità: in Cristo, che si proclama "la Via, la Verità e
la Vita" (Gv 14, 6). È la via cristiana per l'incontro con Dio, per la preghiera, l'ascesi, il
scoperta del senso della vita. Anche questo è un areopago che bisogna evangelizzare.

Fidelità a Cristo e promozione della libertà dell'uomo

39. Tutte le forme dell'attività missionaria sono contrassegnate dalla consapevolezza di promuovere la
libertà dell'uomo, annunciando a Gesù Cristo. La Chiesa deve essere fedele a Cristo, del quale è il Corpo e
continuatrice della sua missione. È necessario che lei cammini "per la stessa strada di Cristo; cioè,
per il sentiero della povertà, dell'obbedienza, del servizio e dell'immolazione fino alla morte, della
che emerse vittorioso per la sua resurrezione". La Chiesa, dunque, ha il dovere di fare tutto il possibile per
sviluppare la sua missione nel mondo e raggiungere tutti i popoli; ha anche il diritto che gli è stato conferito
Dio per realizzare il suo piano. La libertà religiosa, a volte ancora limitata o soffocata, è la premessa e la
garanzia di tutte le libertà che assicurano il bene comune delle persone e dei popoli. È di

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anche che i Vescovi "sono stati consacrati non solo per una diocesi, ma per la salvezza di
tutto il mondo". Questa responsabilità collegiale ha conseguenze pratiche. Allo stesso modo, "il Sinodo di
i Vescovi, ...tra i temi di importanza generale, dovevano considerare in particolare l'attività
misionera, dovere supremo e santissimo della Chiesa". La stessa responsabilità si riflette, in diversa
misura, nelle Conferenze Episcopali e nei loro organismi a livello continentale, che per questo hanno
che offrire il proprio contributo alla causa missionaria. Ampio è anche il dovere missionario di ciascuno
Vescovo, come pastore di una Chiesa particolare. Compete a lui, "come rettore e centro di unità nel
apostolato diocesano, promuovere, dirigere e coordinare l'attività missionaria... Si assicuri inoltre che la
l'attività apostolica non si limiti solo ai convertiti, ma si destini una parte conveniente di
operai e risorse per l'evangelizzazione dei non cristiani.

64. Ogni Chiesa particolare deve aprirsi generosamente alle necessità delle altre. La collaborazione
tra le Chiese, mediante una reciprocità reale che le prepari a dare e a ricevere, è anche
fonte di arricchimento per tutti e abbraccia diversi settori della vita ecclesiale. A questo proposito, è
esempio la dichiarazione dei Vescovi a Puebla: "Infine, è giunto per l'America Latina il
ora... di proiettarsi oltre le proprie frontiere, ad gentes. È vero che noi stessi
abbiamo bisogno di missionari. Ma dobbiamo dare dalla nostra povertà.

Con questo spirito invito i Vescovi e le Conferenze Episcopali a mettere generosamente in


pratica tutto ciò che è stato previsto nelle Norme direttive, che la Congregazione per il Clero
emanò per la collaborazione tra le Chiese particolari, e, specialmente, per la migliore distribuzione
del clero nel mondo.

La missione della Chiesa è più vasta della "comunione tra le Chiese": essa, oltre all'aiuto
per la nuova evangelizzazione, deve avere soprattutto un orientamento con riguardo alla specifica índole
missionaria. Faccio un appello a tutte le Chiese, giovani e antiche, affinché condividano questa
preoccupazione per me, favorendo l'incremento delle vocazioni missionarie e cercando di superare
le diverse difficoltà.

Missionari e Istituti "ad gentes"

65. Tra gli agenti della pastorale missionaria, occupano ancora oggi, come in passato, un posto di
importanza fondamentale quelle persone e istituzioni a cui il Decreto Ad gentes dedica il
capitolo intitolato: "I missionari". A questo proposito, è indispensabile una profonda riflessione, per
i missionari stessi, che a causa dei cambiamenti nella missione possono sentirsi inclini a non
comprendere già il senso della propria vocazione, a non sapere già cosa aspetta precisamente oggi da loro la Chiesa.
Punto di riferimento sono queste parole del Concilio: "Anche a ogni discepolo di Cristo spetta la"
compito di propagare la fede secondo la propria condizione, Cristo Signore, tra i discepoli, chiama sempre i
che vuole, perché lo accompagnino e per inviarci a predicare alla gente. Per cui, attraverso il
Spirito Santo, che distribuisci i carismi come vuoi per l'utilità comune, ispira la vocazione
missionaria nel cuore di ognuno e suscita nello stesso tempo nella Chiesa Istituti che assumano
come missione propria il dovere dell'evangelizzazione, che appartiene a tutta la Chiesa. Si tratta, dunque, di
una "vocazione speciale", che ha come modello quella degli Apostoli: si manifesta nell'impegno
totale al servizio dell'evangelizzazione; si tratta di un'assegnazione che abbraccia tutta la persona e tutta la vita
del misionero, esigendo da lui una donazione senza limiti di forze e di tempo. Coloro che sono dotati
di tale vocazione, "inviati dall'autorità legittima, si dirigono per fede e obbedienza a coloro che sono
allontanati da Cristo, segregati per l'opera a cui sono stati chiamati, come ministri del Vangelo.
I missionari devono sempre meditare sulla corrispondenza che richiede il dono ricevuto da loro
e mettersi al passo con la sua formazione dottrinale e apostolica.

66. Gli Istituti missionari, quindi, devono impiegare tutte le risorse necessarie, mettendo a
disposizione la sua esperienza e creatività con fedeltà al carisma originario, per preparare

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adeguatamente ai candidati e garantire il ricambio delle energie spirituali, morali e fisiche di
i loro membri. Che questi si sentano parte attiva della comunità ecclesiale e che agiscano in comunione
con la stessa. In effetti, "tutti gli Istituti religiosi sono nati per la Chiesa e per essa;
l'obbligo di essi è arricchirla con le proprie caratteristiche in conformità con il suo
spirito peculiare e la sua missione specifica" e gli stessi Vescovi sono custodi di questa fedeltà al
carisma originario.

Gli Istituti missionari sono generalmente nati nelle Chiese di antica cristianità e
storicamente sono stati strumenti della Congregazione della Propaganda Fide per la diffusione della fede
e la fondazione di nuove chiese. Oggi accolgono in modo crescente candidati provenienti da ...
giovani Chiese che hanno fondato, mentre nuovi Istituti sono emersi proprio nei paesi
che prima ricevevano solo missionari e che oggi inviano. È da lodare questa doppia tendenza che
dimostra la validità e l'attualità della vocazione missionaria specifica di questi Istituti, che ancora
"continúan siendo muy necesarios", no sólo para la actividad misionera ad gentes, como es su
tradizione, ma anche per l'animazione missionaria sia nelle Chiese di antica cristianità, come
nelle più giovani.

La vocazione speciale dei missionari ad vitam conserva tutta la sua validità: rappresenta il paradigma del
impegno missionario della Chiesa, che ha sempre bisogno di donazioni radicali e totali, impulsi
nuovi e coraggiosi. Che i missionari e le missionarie, che hanno consacrato tutta la vita per dare
testimonianza del Risorto tra le genti, non lasciatevi spaventare da dubbi, incomprensioni,
rifiuti, persecuzioni. Risveglino la grazia del loro carisma specifico e intraprendano di nuovo con coraggio
su cammino, preferendo -con spirito di fede, obbedienza e comunione con i propri Pastori- i luoghi
più umili e difficili.

Sacerdoti diocesani per la missione universale

67. Collaboratori del Vescovo, i presbiteri, in virtù del sacramento dell'Ordine, sono chiamati a
condividere la richiesta per la missione: "Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'ordinazione"
non li prepara a una missione limitata e ristretta, ma alla missione universale e amplissima di salvezza
"hasta los confines de la tierra", pues cualquier ministerio sacerdotal participa de la misma amplitud
universale della missione affidata da Cristo agli Apostoli". Per questo, la stessa formazione dei
i candidati al sacerdozio devono tendere a dare loro uno spirito genuinamente cattolico che li abitui a guardare
oltre i limiti della propria diocesi, nazione, rito, e lanciarsi in aiuto delle necessità di
tutta la Chiesa con animo disposto a predicare il Vangelo in ogni luogo". Tutti i sacerdoti
devono avere cuore e mentalità missionaria, essere aperti alle esigenze della Chiesa e del
mondo, attenti ai più lontani e, soprattutto, ai gruppi non cristiani del proprio ambiente. Che in
la preghiera e, in particolare, nel sacrificio eucaristico sentano la sollecitudine di tutta la Chiesa per la
umanità intera.

In particolare, i sacerdoti che si trovano in aree di minoranza cristiana devono sentirsi mosso
per un zelo speciale e l'impegno missionario. Il Signore affida loro non solo la cura pastorale di
comunità cristiana, ma anche e soprattutto l'evangelizzazione dei suoi compatrioti che non fanno parte
parte del suo grigio. I sacerdoti "non smetteranno inoltre di essere concretamente disponibili allo Spirito
Santo e al Vescovo, per essere inviati a predicare il Vangelo oltre i confini del proprio paese.
Questo richiederà da loro non solo maturità nella vocazione, ma anche una capacità non comune di
distacco dalla propria patria, gruppo etnico e famiglia, e una particolare idoneità per inserirsi
in altre culture, con intelligenza e rispetto.

68. Nella Enciclica Fidei donum, Pio XII, con intuizione profetica, incoraggiò i Vescovi a offrire
alcuni dei suoi sacerdoti per un servizio temporaneo alle Chiese d'Africa, approvando le iniziative
già esistenti al riguardo. A venticinque anni di distanza, ho voluto sottolineare la grande novità di quel

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Documento, che ha fatto superare "la dimensione territoriale del servizio sacerdotale per metterlo a
disposizione di tutta la Chiesa". Oggi si vedono confermati la validità e i frutti di questa esperienza; in
effetto, i presbiteri chiamati Fidei donum mettono in evidenza in modo singolare il legame di
comunione tra le Chiese, offrono un contributo prezioso alla crescita di comunità ecclesiali
bisognose, mentre trovano in esse freschezza e vitalità di fede. È necessario, certo, che il
Il servizio missionario del sacerdote diocesano deve rispondere ad alcuni criteri e condizioni. Devono essere inviati
sacerdoti scelti tra i migliori, idonei e adeguatamente preparati per il lavoro peculiare che
li aspetta. Dovranno inserirsi nel nuovo ambiente della Chiesa che li accoglie con animo aperto e
fraterno, e costituiranno un unico presbiterio con i sacerdoti del luogo, sotto l'autorità del Vescovo.
Il mio desiderio è che lo spirito di servizio aumenti nel presbiterio delle Chiese antiche e che sia
promosso nel presbiterio delle Chiese più giovani.

Fecundità missionaria della consacrazione

69. Nella inesauribile e multiforme ricchezza dello Spirito si situano le vocazioni degli Istituti di vita
consacrata, i cui membri, "dato che per la loro stessa consacrazione si dedicano al servizio del
Chiesa... sono obbligati a contribuire in modo speciale all'attività missionaria, secondo il modo proprio del loro
Istituto". La storia testimonia i grandi meriti delle Famiglie religiose nella propagazione
della fede e nella formazione di nuove Chiese: dalle antiche Istituzioni monastiche, gli Ordini
medievali e fino alle Congregazioni moderne.

a. Seguendo il Concilio, invito gli Istituti di vita contemplativa a stabilire comunità


nelle giovani Chiese, per dare "preclaro testimonio tra i non cristiani della maestà e di
la carità di Dio, così come di unione in Cristo". Questa presenza è benefica ovunque in
il mondo non cristiano, specialmente in quelle regioni dove le religioni hanno un grande
stima la vita contemplativa attraverso l'ascesi e la ricerca dell'Assoluto.
b. Agli Istituti di vita attiva indico gli immensi spazi per la carità, l'annuncio
evangelico, l'educazione cristiana, la cultura e la solidarietà con i poveri, i discriminati,
i marginati e gli oppressi. Questi Istituti, che perseguano o meno un fine strettamente missionario, si
devono prendere in considerazione la possibilità e la disponibilità di estendere la propria attività per l'espansione
del Regno di Dio. Questa richiesta è stata accolta in tempi più recenti da non pochi
Istituti, ma vorrei che si considerasse meglio e si agisse con l'obiettivo di un autentico
servizio. La Chiesa deve far conoscere i grandi valori evangelici di cui è portatrice; e
Nessuno li testimonia più efficacemente di coloro che fanno professione di vita consacrata nella
castità, povertà e obbedienza, con una donazione totale a Dio e con piena disponibilità a
servire l'uomo e la società, seguendo l'esempio di Cristo.

70. Voglio rivolgere alcune parole di particolare gratitudine alle religiose missionarie, in cui la
la verginità per il Regno si traduce in molteplici frutti di maternità secondo lo spirito.

Precisamente la missione ad gentes offre loro un campo vastissimo per "dedicarsi per amore in un modo
totale e indiviso". L'esempio e la laboriosità della donna vergine, consacrata alla carità verso Dio e
il prossimo, specialmente il più povero, sono indispensabili come segno evangelico tra coloro
popoli e culture in cui la donna deve ancora percorrere un lungo cammino per la sua promozione
umana e alla sua liberazione. È auspicabile che molte giovani donne cristiane sentano l'attrazione di
abbandonarsi a Cristo con generosità, trovando nella sua consacrazione la forza e la gioia di dare
testimonianza di lui tra i popoli che ancora non lo conoscono.

Tutti i laici sono missionari in virtù del Battesimo

71. I Pontefici dell'epoca più recente hanno insistito molto sull'importanza del ruolo dei
laici nell'attività missionaria. Nella Esortazione Apostolica Christifideles laici anch'io mi sono

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occupato esplicitamente della "perenne missione di portare il Vangelo a quanti -e sono milioni e
milioni di uomini e donne - non conoscono ancora Cristo Redentore dell'uomo", e di
corrispondente responsabilità dei fedeli laici. La missione è di tutto il popolo di Dio: anche se la
la fondazione di una nuova Chiesa richiede l'Eucaristia e, di conseguenza, il ministero sacerdotale.
tuttavia la missione, che si svolge in diverse forme, è compito di tutti i fedeli. La
la partecipazione dei laici all'espansione della fede appare chiaramente, sin dai primi tempi del
cristianesimo, per opera dei fedeli e delle famiglie, e anche di tutta la comunità. Questo lo ricordava già il
Papa Pio XII, riferendosi alle vicissitudini delle missioni, nella prima Enciclica missionaria su la
storia delle missioni laicali. Nei tempi moderni non è mancata la partecipazione attiva dei
missionari laici e delle missionarie laiche. Come non ricordare il ruolo importante svolto da
queste, il suo lavoro nelle famiglie, nelle scuole, nella vita politica, sociale e culturale e, in particolare, il suo
insegnamento della dottrina cristiana? Anzi, bisogna riconoscere - e questo è motivo di gloria - che alcune
Le chiese hanno avuto origine grazie all'attività dei laici e delle laiche missionari. Il Concilio
Il Vaticano II ha confermato questa tradizione, mettendo in evidenza il carattere missionario di tutto il Popolo
di Dio, concretamente l'apostolato dei laici, e sottolineando il contributo specifico che essi
sono chiamati a partecipare all'attività missionaria. La necessità che tutti i fedeli condividano tale
responsabilità non è solo questione di efficacia apostolica, ma di un dovere-diritto basato su
dignità battesimale, per la quale "i laici partecipano, secondo il modo che è loro proprio, nel
triplice oficio-sacerdotale, profetico e regale -di Gesù Cristo-". Loro, pertanto, "hanno l'obbligo
generale, e godono del diritto, sia personale che associato, di lavorare affinché il messaggio
il divino di salvezza sia conosciuto e ricevuto da tutti gli uomini in tutto il mondo; obbligo che
li preme ancora di più in quelle circostanze in cui solo attraverso di essi possono i
uomini ascoltare il Vangelo e conoscere Gesù Cristo." Inoltre, data la loro natura secolare, hanno la
vocazione specifica di "cercare il Regno di Dio trattando le questioni temporali e ordinandole secondo
Dio

72. I settori di presenza e d'azione missionaria dei laici sono molto ampi. "Il campo proprio...
è il mondo vasto e complesso della politica, del sociale, dell'economia... a livello locale, nazionale e
internazionale. All'interno della Chiesa si presentano vari tipi di servizi, funzioni, ministeri e
forme di animazione della vita cristiana. Ricordo, come novità emersa recentemente in non poche
Iglesias, il grande sviluppo dei "Movimenti ecclesiali", dotati di dinamismo missionario. Quando
si integrano con umiltà nella vita delle Chiese locali e sono accolti cordialmente da Vescovi e
sacerdoti nelle strutture diocesane e parrocchiali, i Movimenti rappresentano un vero dono
da Dio per la nuova Evangelizzazione e per l'attività missionaria propriamente detta. Pertanto,
raccomando di diffonderli e di servirsi di essi per dare nuovo vigore, soprattutto tra i giovani, alla vita
cristiana e alla evangelizzazione, con una visione pluralista dei modi di associarsi e di esprimersi. In
l'attività missionaria deve rivalutare le varie aggregazioni del laicato, rispettando la loro natura e
finalità: associazioni del laicato missionario, organismi cristiani e confraternite di vario tipo;
che tutti si consacrino alla missione ad gentes e alla collaborazione con le Chiese locali. In questo modo
si favorirà la crescita di un laicato maturo e responsabile, la cui "formazione... si presenta nelle
giovani Chiese come elemento essenziale e irrinunciabile della plantatio Ecclesiae.

L'opera dei catechisti e la varietà dei ministeri

73. Tra i laici che diventano evangelizzatori ci sono in prima linea i catechisti. Il
Decreto conciliare missionario li definisce come "questa legione così benemerita dell'opera delle missioni"
tra i gentili
singolare e interamente necessaria per l'espansione della fede e della Chiesa". Non senza ragione le Chiese
più antiche, nel dedicarsi a una nuova evangelizzazione, hanno incrementato il numero di catechisti e
intensificato la catechesi. "Il titolo di "catechista" si applica per eccellenza ai catechisti di
terre di missione... Senza di loro non sarebbero state edificate Chiese oggi fiorenti". Anche se ci sono stati
un incremento dei servizi ecclesiali ed extraecclesiali, il ministero dei catechisti continua

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essendo sempre necessario e ha caratteristiche peculiari: i catechisti sono agenti
specializzati, testimoni diretti, evangelizzatori insostituibili, che rappresentano la forza fondamentale di
comunità cristiane, specialmente nelle Chiese giovani, come ho affermato più volte e
constatato nei miei viaggi missionari. Il nuovo Codice di Diritto Canonico riconosce i suoi compiti,
qualità e requisiti.

Ma non si può dimenticare che il lavoro dei catechisti risulta sempre più difficile e impegnativo a causa di
ai cambiamenti ecclesiali e culturali in corso. È valido anche ai giorni nostri ciò che il Concilio
misto suggeriva: una preparazione dottrinale e pedagogica più accurata, la costante rinnovazione spirituale
y apostolica, la necessità di "procurare... una condizione di vita decorosa e la sicurezza sociale" ai
catechisti. Allo stesso modo, è importante favorire la creazione e il potenziamento delle scuole per
catechisti, che, approvati dalle Conferenze Episcopali, conferiscano titoli ufficialmente
riconosciuti per questi ultimi.

74. Oltre ai catechisti, bisogna ricordare le altre forme di servizio alla vita della Chiesa e a
la missione, così come altri agenti: animatori della preghiera, del canto e della liturgia; responsabili di
comunità ecclesiali di base e gruppi biblici; responsabili delle opere caritative;
amministratori dei beni della Chiesa; dirigenti dei diversi gruppi e associazioni
apostoliche; insegnanti di religione nelle scuole. Tutti i fedeli laici devono dedicarsi alla Chiesa
parte del suo tempo, vivendo con coerenza la propria fede.

Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e altre strutture per l'attività


missionaria

75. I responsabili e gli agenti della pastorale missionaria devono sentirsi uniti nella comunione che
caratterizza il Corpo mistico. Per questo Cristo chiese nell'ultima cena: "Come tu, Padre, in me e io in
affinché anche loro siano uno in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17, 21).
In questa comunione c'è il fondamento della fecondità della missione.

Ma la Chiesa è anche una comunione visibile e organica, e per questo la missione richiede ugualmente
un'unione esterna e ordinata tra le diverse responsabilità e funzioni, in modo che tutti
i membri "dedichino i loro sforzi con unanimità all'edificazione della Chiesa".

Corrisponde al Dicastero missionario "dirigere e coordinare in tutto il mondo l'opera di evangelizzazione di


i popoli e la cooperazione missionaria, salvo la competenza della Congregazione per le Chiese
Orientali". Pertanto è di sua competenza il "formare e distribuire i missionari secondo le
le esigenze più urgenti delle regioni..., effettui la pianificazione, emani norme, direttive e
principi per la corretta evangelizzazione e dare slanci. Non posso fare a meno di confermare queste sagge
disposizioni: per promuovere la missione ad gentes è necessario un centro di promozione, direzione e
coordinazione come è la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Invito, dunque, a le
Conferenze Episcopali e ai loro organismi, ai Superiori Superiori degli Ordini,
Congregazioni e Istituti, agli organismi laicali impegnati nell'attività missionaria, a
collaborare fedelmente con tale Congregazione, che ha l'autorità necessaria per programmare e dirigere
l'attività e la cooperazione missionaria a livello universale.

La stessa Congregazione, che vanta una lunga e gloriosa esperienza, è chiamata a svolgere
un ruolo di prima importanza a livello di riflessione, di programmi operativi, dei quali ha
necessità della Chiesa di orientarsi più decisamente verso la missione nelle sue diverse forme. Per
per conseguire questo fine, la Congregazione deve mantenere una stretta relazione con gli altri Dicasteri della
Santa Sede, con le Chiese particolari e con le forze missionarie. In un'ecclesiologia di
comunione, in cui la Chiesa è tutta missionaria, ma allo stesso tempo si vedono sempre come
indispensabili le vocazioni e le istituzioni specifiche per il lavoro ad gentes, rimane molto

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importante il ruolo di guida e coordinamento del Dicastero missionario per affrontare congiuntamente le
grandi questioni di interesse comune, salvo le competenze proprie di ogni autorità e struttura.

76. Per l'orientamento e il coordinamento dell'attività missionaria a livello nazionale e regionale, sono di
grande importanza le Conferenze Episcopali e le loro varie associazioni. A loro chiede il
Concilio che "trattino..., di comune accordo, le questioni più gravi e i problemi più urgenti, ma
senza trascurare le differenze locali", così come il problema dell'inculturazione. Infatti, esiste già
una ampia e continua azione in questo campo e i frutti sono visibili. È un'azione che deve essere
intensificata e meglio concertata con quella di altri organismi delle stesse Conferenze, in modo
che la richiesta missionaria non si limiti alla direzione di un determinato settore o organismo, ma
che sia condivisa da tutti. Che gli stessi organismi e istituzioni che si occupano di
L'attività missionaria unisca opportunamente sforzi e iniziative. Che le Conferenze dei
I Superiori Maggiori abbiano anche questo stesso obiettivo nel loro ambito, in contatto con le
Conferenze Episcopali, secondo le indicazioni e le norme stabilite, ricorrendo anche a
commissioni miste. In modo analogo, infine, è necessario promuovere incontri e forme di
collaborazione tra le diverse istituzioni missionarie, sia per la formazione e lo studio, sia per
per l'azione apostolica che bisogna sviluppare.

CAPITOLO VII. LA COOPERAZIONE NELL'ATTIVITÀ MISSIONARIA

77. Membri della Chiesa in virtù del battesimo, tutti i cristiani sono corresponsabili della
attività missionaria. La partecipazione delle comunità e di ogni fedele a questo diritto-dovere si chiama
cooperazione missionaria

Tal cooperazione si fonda e si vive, prima di tutto, attraverso l'unione personale con Cristo: solo se si
è unito a lui, come il tralcio alla vite (cfr Gv 15, 5), si possono produrre buoni frutti. La
la santità della vita permette a ogni cristiano di essere fecondo nella missione della Chiesa: "Il Concilio invita a
tutti a una profonda rinnovazione interiore, affinché, avendo viva consapevolezza di se stessi
responsabilità nella diffusione del Vangelo, accettino la loro partecipazione nell'opera missionaria tra i
gentili

La partecipazione alla missione universale non si riduce, quindi, ad alcune attività particolari, ma
è segno della maturità della fede e di una vita cristiana che produce frutti. In questo modo il credente
amplia i confini della sua carità, manifestando la sollecitudine per coloro che sono lontani e per coloro che sono
cerca: prega per le missioni e per le vocazioni missionarie, aiuta i missionari, segui i loro
attività con interesse e, quando ritornano, li accoglie con quella gioia con cui le prime
le comunità cristiane ascoltavano dagli Apostoli le meraviglie che Dio aveva operato mediante il suo
predicazione (cfr At 14, 27)

Preghiera e sacrifici per i missionari

78. Tra le forme di partecipazione, il primo posto spetta alla cooperazione spirituale: preghiera,
sacrifici, testimonianza di vita cristiana. La preghiera deve accompagnare il cammino dei missionari, per
che l'annuncio della Parola risulti efficace per mezzo della grazia divina. San Paolo, nelle sue Lettere, chiede
spesso ai fedeli di pregare per lui, affinché possa annunciare il Vangelo con fiducia e
franchezza. È necessario unire al sacrificio la preghiera. Il valore salvífico di ogni sofferenza, accettata
e offerto a Dio con amore, deriva dal sacrificio di Cristo, che chiama i membri del suo Corpo
mistico a unirsi alle sue sofferenze e completarle nella propria carne (cfr Cot 1, 24). Il sacrificio del
Il missionario deve essere condiviso e sostenuto da tutti i fedeli. Per questo, raccomando a coloro che
esercitano il loro ministero pastorale tra i malati, che li istruiscano sul valore della sofferenza,

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incoraggiandoli a offrirlo a Dio per i missionari. Con tale offerta, i malati si fanno
anche missionari, come sottolineano alcuni movimenti sorti tra di loro e per loro. Anche
la stessa solennità di Pentecoste, inizio della missione della Chiesa, è celebrata in alcune
comunità come "Giornata della sofferenza per le Missioni".

Eccomi, Signore, sono pronto, inviami" (cfr Is 6, 8)

79. La cooperazione si manifesta anche nel promuovere le vocazioni missionarie. A questo proposito,
bisogna riconoscere la validità delle diverse forme di attività missionaria; ma, allo stesso tempo, è
è necessario riaffermare la priorità della donazione totale e perpetua all'opera delle missioni,
specialmente negli Istituti e Congregazioni missionarie, maschili e femminili. La promozione
di queste vocazioni è il cuore della cooperazione: l'annuncio del Vangelo richiede annunciatori, la
mies ha bisogno di operai, la missione si compie, soprattutto, con uomini e donne consacrati per tutta la vita a
l'opera del Vangelo, pronti ad andare in tutto il mondo per portare la salvezza. Desidero, quindi,
ricordare e incoraggiare questa richiesta per le vocazioni missionarie. Consapevoli della responsabilità
universale dei popoli cristiani nel contribuire all'opera missionaria e allo sviluppo dei popoli
poveri, dobbiamo chiederci perché in diverse nazioni, mentre aumentano le donazioni, si corre il
pericolo che scompaiano le vocazioni missionarie, che riflettono la vera dimensione di
la consacrazione ai fratelli. Le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono un segno certo di
la vitalità di una Chiesa.

80. Pensando a questo grave problema, rivolgo la mia chiamata, con particolare fiducia e affetto, alle
le famiglie e i giovani. Le famiglie e, soprattutto, i genitori devono essere consapevoli che devono dare
una contribuzione particolare alla causa missionaria della Chiesa, coltivando le vocazioni missionarie
tra i suoi figli e figlie.

Una vita di preghiera intensa, un senso reale del servizio al prossimo e una partecipazione generosa nella
attività ecclesiali, offrono alle famiglie le condizioni favorevoli per la vocazione dei
giovani. Quando i genitori sono disposti a consentire che uno dei loro figli parta per la missione,
quando hanno chiesto al Signore questa grazia, lui li ricompenserà, con gioia, il giorno in cui un suo figlio o
figlia ascolta la sua chiamata. Ai giovani chiedo di ascoltare la parola di Cristo che dice loro,
come a Simon Pietro e Andrea sulla riva del lago: "Venite con me, e vi farò diventare pescatori di
uomini" (Mt 4, 19). Che i giovani abbiano il coraggio di rispondere, proprio come Isaia: "Eccomi qui,
Signore, sono pronto, inviami" (cfr Is 6, 8). Loro avranno di fronte una vita attraente e
sperimenteranno la vera soddisfazione di annunciare il "Buona Novella" ai fratelli e sorelle, a
chi guiderà lungo il cammino della salvezza.

Maggiore felicità c'è nel dare che nel ricevere

81. Ci sono molte necessità materiali ed economiche per le missioni; non solo per fondare la
Chiesa con strutture minime (capelle, scuole per catechisti e seminaristi, abitazioni), ma
anche per sostenere le opere di carità, di educazione e di promozione umana, campo immenso di
azione, specialmente nei paesi poveri. La Chiesa missionaria dà ciò che riceve; distribuisce a
poveri coloro che i loro figli più benestanti in risorse materiali mettono generosamente a loro disposizione. A
A questo proposito, desidero ringraziare tutti coloro che si sacrificano per l'opera missionaria; il loro
le rinunce e la loro partecipazione sono indispensabili per costruire la Chiesa e testimoniare la carità.

Riguardo agli aiuti materiali, è importante verificare lo spirito con cui vengono dati. A tal fine, è
è necessario rivedere il proprio stile di vita: le missioni non chiedono solo aiuto, ma di condividere il
annuncio e la carità verso i poveri. Tutto ciò che abbiamo ricevuto da Dio - sia la vita che i
beni materiali - non sono nostri ma ci sono stati dati per usarli. La generosità nel dare deve
essere sempre illuminata e ispirata dalla fede: allora sì che c'è più gioia nel dare che nel ricevere.

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La Giornata Missionaria Mondiale, orientata a sensibilizzare sul problema missionario, così come a
raccolta di donazioni, è un appuntamento importante nella vita della Chiesa, perché insegna come si deve dare: in
questa celebrazione eucaristica, cioè, come offerta a Dio, e per tutte le missioni del mondo.

Nuove forme di cooperazione missionaria

82. La cooperazione si apre oggi a nuove forme, includendo non solo l'aiuto economico ma anche
la partecipazione diretta. Nuove situazioni legate al fenomeno della mobilità umana
esigono ai cristiani un autentico spirito missionario.

Il turismo a scala internazionale è già un fenomeno di massa positivo, se praticato con attitudine
rispettosa nei confronti di un mutuo arricchimento culturale, evitando ostentazioni e sprechi, e
cercando la comunicazione umana. Ma ai cristiani viene richiesto soprattutto il senso del dovere
essere sempre testimoni della fede e della carità in Cristo. Anche la conoscenza diretta della vita
La missionaria e le comunità cristiane possono arricchire e dare vigore alla fede. Sono lodevoli le
visite alle missioni, soprattutto da parte dei giovani, che vanno per prestare un servizio e avere una
esperienza forte di vita cristiana.

Le esigenze del lavoro portano oggi numerosi cristiani di giovani comunità in regioni dove
Il cristianesimo è sconosciuto e, a volte, proscritto o perseguitato. Questo accade anche con i fedeli di
paesi di antica tradizione cristiana, che lavorano temporaneamente in paesi non cristiani. Questi
le circostanze sono certamente un'occasione per vivere e testimoniare la fede. Durante i primi secoli,
il cristianesimo si diffuse soprattutto perché i cristiani, viaggiando o stabilendosi in regioni
dove Cristo non era stato annunciato, testimoniavano con coraggio la loro fede e fondavano lì i primi
comunità.

Più numerosi sono i cittadini di paesi in missione e quelli che appartengono a regioni non cristiane.
che si stabiliranno in altre nazioni per motivi di lavoro, di studio, o costretti da
condizioni politiche o economiche dei loro luoghi di origine. La presenza di questi fratelli nei
paesi di antica tradizione cristiana è una sfida per le comunità ecclesiali incoraggiandole a
accoglienza, al dialogo, al servizio, a condividere, alla testimonianza e all'annuncio diretto. Infatti, anche in
I paesi cristiani formano gruppi umani e culturali che richiedono la missione ad gentes. Le
Iglesie locali, con l'aiuto di persone provenienti dai paesi degli emigranti e di missionari
che siano tornati, devono occuparsi generosamente di queste situazioni. La cooperazione può
implicare anche i responsabili della politica, dell'economia, della cultura, del giornalismo,
oltre agli esperti dei vari Organismi internazionali. Nel mondo moderno è sempre più
è più difficile tracciare linee di demarcazione geografica e culturale; c'è una crescente interdipendenza
tra i popoli, il che è uno stimolo per la testimonianza cristiana e per l'evangelizzazione.

Animazione e formazione del Popolo di Dio

83. La formazione missionaria del Popolo di Dio è opera della Chiesa locale con l'aiuto dei
missionari e dei loro Istituti, così come dei membri delle giovani Chiese. Questa opera deve essere
intesa non come qualcosa di marginale, ma centrale nella vita cristiana. Per la stessa 'nuova
"evangelizzazione" dei popoli cristiani, il tema missionario può essere di grande aiuto: in effetti, il
il testimonio dei missionari conserva il suo fascino anche per gli allontanati e i non credenti, ed è
trasmettitore di valori cristiani. Le Chiese locali, di conseguenza, devono includere l'animazione
missionaria come elemento primordiale della sua pastorale ordinaria nelle parrocchie, associazioni e gruppi,
specialmente i giovani.

Per raggiungere questo scopo, è preziosa innanzitutto l'informazione tramite la stampa missionaria e i vari
medios audiovisivi. Il loro ruolo è di grande importanza poiché aiutano a conoscere la vita della Chiesa

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universale, le voci e l'esperienza dei missionari e delle Chiese locali dove lavorano.
Conviene che nelle chiese più giovani, che non sono ancora in condizioni di possedere una stampa e
altri strumenti, gli Istituti missionari destineranno personale e mezzi per queste iniziative.

Per questa formazione sono chiamati i sacerdoti e i loro collaboratori, gli educatori e i professori, i
teologi, particolarmente quelli che insegnano nei seminari e nei centri per laici. L'insegnamento
teologica non può né deve prescindere dalla missione universale della Chiesa, dall'ecumenismo, dallo studio
delle grandi religioni e della missionologia. Raccomando che soprattutto nei Seminari e nei
Le case di formazione per religiosi e religiose svolgono tali studi, cercando che alcuni
sacerdoti, o alunni e alunne, si specializzano nei vari campi delle scienze
misionologiche. Le attività di animazione devono sempre essere orientate verso i loro fini specifici:
informare e formare il Popolo di Dio per la missione universale della Chiesa; promuovere vocazioni ad
genti; suscitare cooperazione per l'evangelizzazione. In effetti, non si può dare un'immagine riduttiva
dell'attività missionaria, come se fosse principalmente aiuto ai poveri, contributo a
liberazione degli oppressi, promozione dello sviluppo, difesa dei diritti umani. La Chiesa
la missionaria è impegnata anche in questi ambiti, ma il suo compito primario è un altro: i poveri
hanno fame di Dio, e non solo di pane e libertà; l'attività missionaria deve prima di tutto testimoniare e
annunciare la salvezza in Cristo, fondando le Chiese locali che sono poi strumento di liberazione
in tutti i sensi.

La responsabilità primaria delle Opere Missionarie Pontificie

84. In quest'opera di animazione il compito primario spetta alle Opere Missionarie Pontificie,
come ho affermato più volte nei Messaggi per la Giornata Mondiale delle Missioni. Le quattro
Le opere -Propagazione della Fede, San Pietro Apostolo, Santa Infanzia e Unione Missionaria- hanno in comune il
obiettivo di promuovere lo spirito missionario universale nel Popolo di Dio. L'Unione Missionaria ha
come fine immediato e specifico la sensibilizzazione e la formazione missionaria dei sacerdoti, religiosi
e religiose che, a loro volta, devono coltivarla nelle comunità cristiane; inoltre, cerca di promuovere
altre opere, delle quali ella è l'anima. "Il motto deve essere questo: Tutte le Chiese per la
conversazione di tutto il mondo". Queste Opere, per essere del Papa e del Collegio Episcopale, incluso in
ambito delle Chiese particolari, "devono occupare con tutto diritto il primo posto, poiché sono mezzi
per diffondere tra i cattolici, fin dall'infanzia, il senso veramente universale e missionario, e
per stimolare la raccolta efficace di sussidi a favore di tutte le missioni, in base alle necessità di
cada una". Un altro obiettivo delle Opere Missionarie è suscitare vocazioni ad gentes e per tutta la vita, sia
nelle chiese antiche come in quelle più giovani. Raccomando vivamente che si orienti sempre più
a questo fine il suo servizio di animazione.

Nell'esercizio delle loro attività, queste Opere dipendono, a livello universale, dalla Congregazione per la
Evangelizzazione dei Popoli e, a livello locale, delle Conferenze Episcopali e dei Vescovi in
ogni Chiesa particolare, collaborando con i centri di animazione esistenti: esse portano nel mondo
cattolico lo spirito di universalità e di servizio alla missione, senza il quale non esiste autentica
cooperazione.

Non solo dare alla missione, ma anche ricevere

85. Cooperare con le missioni significa non solo dare, ma anche saper ricevere: tutte le Chiese
particolari, giovani o antiche, sono chiamati a dare e ricevere a favore della missione universale e
nessuna dovrà rinchiudersi in se stessa: "In virtù di questa cattolicità - dice il Concilio - ciascuna di
le parti collaborano con i propri doni con le altre parti e con tutta la Chiesa, in modo tale che
il tutto e ciascuna delle parti aumentano a causa di tutti coloro che si comunicano reciprocamente e
tendono alla pienezza nell'unità... Da qui derivano... tra le diverse parti della Chiesa, alcuni
vincoli di intima comunione per quanto riguarda le ricchezze spirituali, operai apostolici e aiuti

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temporali". Esorto tutte le Chiese, i Pastori, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli ad aprirsi alla
universalità della Chiesa, evitando qualsiasi forma di particolarismo, esclusivismo o sentimento di
autosufficienza. Le chiese locali, sebbene radicate nel loro paese e nella loro cultura, tuttavia,
devono mantenere concretamente questo senso universale della fede, cioè dando e ricevendo dagli altri
Iglesias doni spirituali, esperienze pastorali del primo annuncio e di evangelizzazione, personale
apostolico e mezzi materiali. In effetti, la tendenza a chiudersi può essere forte: le Chiese
antiche, impegnate nella nuova evangelizzazione, pensano che la missione debba essere realizzata nella loro
casa propria, e corrono il rischio di frenare l'impulso verso il mondo non cristiano, concedendo non di
buona voglia le vocazioni agli Istituti missionari, alle Congregazioni religiose e agli altri
Iglesie. Tuttavia, è dando generosamente di ciò che abbiamo che riceveremo; e già oggi le Chiese
giovani -non poche delle quali sperimentano un prodigioso fiorire di vocazioni- sono capaci
di inviare sacerdoti, religiosi e religiose agli antichi.

D'altra parte, queste Chiese giovani sentono il problema della propria identità, dell'inculturazione, di
la libertà di crescere senza influenze esterne, con la possibile conseguenza di chiudere le porte a
missionari. A queste Chiese dico: lontano dall'isolarsi, accogliete apertamente i missionari e i mezzi di
le altre Chiese e inviateli anche voi stesse nel mondo. Proprio a causa dei problemi che
os angustian avete bisogno di mantenervi in continua comunicazione con i fratelli e le sorelle
nella fede. Fate valere con tutti i mezzi legittimi le libertà a cui avete diritto,
ricordandovi che i discepoli di Cristo hanno il dovere di "obbedire a Dio prima che agli
uomini" (Atto 5, 29).

Dio prepara una nuova primavera del Vangelo

86. Se si guarda superficialmente al nostro mondo, impressionano non pochi fatti negativi che possono
portare al pessimismo. Ma questo è un sentimento ingiustificato: abbiamo fede in Dio Padre e Signore, nel suo
bontà e misericordia. Nella prossimità del terzo millennio della Redenzione, Dio sta preparando una
grande primavera cristiana, di cui si intravede già l'inizio. Infatti, sia nel mondo non
cristiano come in quella della antica tradizione cristiana, esiste un progressivo avvicinamento dei popoli a
i ideali e i valori evangelici, che la Chiesa si impegna a promuovere.

Oggi si manifesta una nuova convergenza dei popoli verso questi valori: il rifiuto della
violenza e guerra; il rispetto della persona umana e dei suoi diritti; il desiderio di libertà, di
giustizia e di fraternità; la tendenza a superare i razzismi e i nazionalismi; il consolidamento della
dignità e valutazione della donna. La speranza cristiana ci sostiene nel nostro impegno a
fondo per la nuova evangelizzazione e per la missione universale, e ci porta a chiedere come Gesù ci ha
insegnato: "Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà sulla terra come in cielo" (Mt 6, 10). Gli uomini
che aspettano Cristo sono ancora un numero immenso: gli ambiti umani e culturali, che ancora non
hanno ricevuto l'annuncio evangelico o nei quali la Chiesa è scarsamente presente, sono così vasti,
che richiedono l'unità di tutte le forze. Preparandosi a celebrare il giubileo dell'anno duemila, tutta la
La Chiesa è ancora più impegnata nel nuovo avvento missionario. Dobbiamo promuovere in
noi l'impegno apostolico nel trasmettere agli altri la luce e la gloria della fede, e per questo ideale
dobbiamo educare tutto il Popolo di Dio. Non possiamo rimanere tranquilli se pensiamo ai
milioni di nostri fratelli e sorelle, redenti anche dal sangue di Cristo, che vivono senza
conoscere l'amore di Dio. Per il credente, in singolare, lo stesso che per tutta la Chiesa, la causa
la missione deve essere la prima, perché riguarda il destino eterno degli uomini e risponde al
designio misterioso e misericordioso di Dio.

CAPITOLO VIII. SPIRITUALITÀ MISSIONARIA

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87. L'attività missionaria richiede una spiritualità specifica, che concerne particolarmente coloro che
Dio ha chiamato a essere missionari.

Lasciarsi guidare dallo Spirito

Questa spiritualità si esprime, innanzitutto, vivendo con piena docilità allo Spirito; essa impegna a
lasciarsi plasmare interiormente da lui, per diventare sempre più simili a Cristo. Non si può dare
testimonianza di Cristo senza riflettere la sua immagine, la quale prende vita in noi per grazia e per opera del
Spirito. La docilità allo Spirito impegna inoltre ad accogliere i doni di forza e discernimento,
quali sono i tratti essenziali della spiritualità missionaria.

È emblematico il caso degli Apostoli, che durante la vita pubblica del Maestro, nonostante il loro
amore per lui e la generosità della risposta alla sua chiamata, si mostrarono incapaci di comprendere i suoi
parole ed erano riluttanti a seguirlo sulla via della sofferenza e dell'umiliazione. Lo Spirito li
trasformerà in testimoni coraggiosi di Cristo e chiari annunciatori della sua parola: sarà lo Spirito
chi li guiderà per i sentieri ardui e nuovi della missione seguendo le loro decisioni.

Anche la missione rimane difficile e complessa come in passato e richiede ugualmente coraggio e
la luce dello Spirito. Viviamo frequentemente il dramma della prima comunità cristiana, che vedeva
come forze incredibili e ostili si alleavano "contro il Signore e contro il suo Unto" (At 4, 26). Come
Quindi, oggi conviene pregare affinché Dio ci conceda la libertà di proclamare il Vangelo;
conviene scrutare le vie misteriose dello Spirito e lasciarsi guidare da esso fino alla verità completa (cfr
Gv 16, 13).

Vivere il mistero di Cristo "inviato"

88. Una nota essenziale della spiritualità missionaria è la comunione intima con Cristo: non si può
comprendere e vivere la missione se non è in riferimento a Cristo, in quanto inviato a evangelizzare. Paolo
descrivi le sue attitudini: "Abbiate tra di voi gli stessi sentimenti di Cristo: il quale, essendo di
condizione divina, non ritenne avidamente di essere uguale a Dio. Ma si spogliò di se stesso prendendo
la condizione di servo, facendosi simile agli uomini e apparendo nel suo aspetto come un
uomo; e si umiliò, obbedendo fino alla morte e morte di croce" (Fil 2, 5-8).

Qui si descrive il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione, come spoglio totale di sé, che
porta Cristo a vivere pienamente la condizione umana e ad obbedire fino alla fine al disegno del Padre.
Si tratta di un annientamento che, tuttavia, è impregnato d'amore e esprime l'amore. La missione
Percorre questo stesso cammino e ha il suo punto di arrivo ai piedi della croce.

Al missionario si chiede di "rinunciare a se stesso e a tutto ciò che ha avuto fino ad allora e di farsi tutto"
per tutti": nella povertà che lo rende libero per il Vangelo; nel distacco da persone e beni del
proprio ambiente, per farsi così fratello di coloro a cui è inviato e portarli a Cristo
Salvador. A questo si orienta la spiritualità del missionario: "Sono diventato debole con i deboli... Mi sono fatto
fatto tutto per tutti, per salvare a tutti i costi alcuni. E tutto questo lo faccio per il Vangelo" (I Cor
9, 22-23).

Propriamente perché è "inviato", il missionario sperimenta la presenza consolante di Cristo, che lo


acompaña in ogni momento della sua vita. "Non avere paura... perché io sono con te" (Atti 18, 9-10).
Cristo lo aspetta nel cuore di ogni uomo.

Amare la Chiesa e gli uomini come Gesù li ha amati

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89. La spiritualità missionaria si caratterizza, inoltre, per la carità apostolica; quella di Cristo che è venuto
per raccogliere in uno i figli di Dio che erano dispersi" (Gv 11, 52); Cristo, Buon Pastore che
conosce le sue pecore, le cerca e offre la sua vita per esse (cfr Gv 10). Chi ha spirito missionario sente
l'ardore di Cristo per le anime e ama la Chiesa, come Cristo.

Il missionario si muove per impulsi del "zelo per le anime", che si ispira alla carità stessa di
Cristo e che è fatta di attenzione, tenerezza, compassione, accoglienza, disponibilità, interesse per i
problemi della gente. L'amore di Gesù è molto profondo: lui, che "conosceva ciò che c'è nell'uomo"
(Giovanni 2, 25), amava tutti offrendo loro la redenzione e soffriva quando questa veniva rifiutata. Il missionario
è l'uomo della carità: per poter annunciare a ogni uomo che è amato da Dio e che lui stesso
può amare, deve dare testimonianza di carità verso tutti, spendendo la vita per il prossimo. Il
il missionario è il "fratello universale"; porta con sé lo spirito della Chiesa, la sua apertura e attenzione a
tutti i popoli e a tutti gli uomini, in particolare ai più piccoli e ai più poveri. In quanto tale,
supera le frontiere e le divisioni di razza, casta e ideologia: è segno dell'amore di Dio nel mondo,
che cos'è l'amore senza esclusione né preferenza. Infine, lo stesso che Cristo, deve amare la Chiesa:
Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per essa" (Ef 5, 25). Questo amore, fino a dare la vita, è
per il missionario un punto di riferimento. Solo un amore profondo per la Chiesa può sostenere lo zelo
del misionero; la sua preoccupazione quotidiana -come dice San Paolo- è "la sollecitudine per tutte le Chiese"
(2 Cor 11, 28). Per ogni missionario e ogni comunità "la fedeltà a Cristo non può essere separata da
fedeltà alla Chiesa.

Il vero missionario è il santo

90. La chiamata alla missione deriva di per sé dalla chiamata alla santità. Ogni missionario, lo è
autenticamente se si sforza nel cammino della santità: "La santità è un presupposto fondamentale
e una condizione irrinunciabile per realizzare la missione salvifica della Chiesa.

La vocazione universale alla santità è strettamente legata alla vocazione universale alla missione. Tutto
il fedele è chiamato alla santità e alla missione. Questa è stata la fervente volontà del Concilio nel desiderare,
con la chiarezza di Cristo, che risplende sulla faccia della Chiesa, illuminare tutti gli uomini,
annunciando il Vangelo a tutta creatura". La spiritualità missionaria della Chiesa è un cammino verso la
santità.

Il rinnovato impulso verso la missione ad gentes richiede missionari santi. Non basta rinnovare i metodi.
pastorali, né organizzare e coordinare meglio le forze ecclesiali, né esplorare con maggiore acutezza i
fondamenti biblici e teologici della fede: è necessario suscitare un nuovo 'desiderio di santità' tra
i missionari e in tutta la comunità cristiana, particolarmente tra coloro che sono i
collaboratori più intimi dei missionari.

Pensiamo, cari fratelli e sorelle, all'impulso missionario delle prime comunità


cristiane. Nonostante la scarsità di mezzi di trasporto e comunicazione di allora, l'annuncio
l'evangelico arrivò in breve tempo ai confini del mondo. E si trattava della religione di un uomo
morto sulla croce, "scandalo per i giudei, follia per i gentili" (1 Cor 1, 23). Alla base di questo
Il dinamismo missionario era la santità dei primi cristiani e delle prime comunità.

91. Mi rivolgo, pertanto, ai battezzati delle comunità giovani e delle Chiese giovani. Oggi
siete voi la speranza della nostra Chiesa, che ha duemila anni: essendo giovani nella fede, dovete essere
come i primi cristiani e irradiare entusiasmo e coraggio, con generosa dedizione a Dio e al
prossimo; in una parola, dovete prendere la via della santità. Solo in questo modo potrete essere segni
di Dio nel mondo e rivivere nei vostri paesi l'epopea missionaria della Chiesa primitiva. E sarete
anche fermento di spirito missionario per le Chiese più antiche.

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Da parte loro, i missionari riflettono sul dovere di essere santi, che il dono della vocazione li ...
chiede, rinnovando costantemente il suo spirito e aggiornando anche la sua formazione dottrinale e pastorale.
Il missionario deve essere un "contemplativo in azione". Trova risposta ai problemi alla luce della
Parola di Dio e con la preghiera personale e comunitaria. Il contatto con i rappresentanti dei
tradizioni spirituali non cristiane, in particolare quelle dell'Asia, mi hanno confermato che il futuro di
la missione dipende in gran parte dalla contemplazione. Il missionario, se non è contemplativo, non può
annunciare Cristo in modo credibile. Il missionario è un testimone dell'esperienza di Dio e deve poter
dire come gli Apostoli: "Ciò che contempliamo... riguardo alla Parola di vita..., ve lo annunciamo"
(1 Gv 1, 1-3). Il missionario è l'uomo delle Beatitudini. Gesù istruisce i Dodici, prima di
mandarli a evangelizzare, indicandogli i cammini della missione: povertà, mitezza, accettazione di
le sofferenze e le persecuzioni, il desiderio di giustizia e di pace, la carità; ossia, indica loro precisamente
le Beatitudini, praticate nella vita apostolica (cfr Mt 5, 1-12). Vivendo le
Beatitud, il missionario sperimenta e dimostra concretamente che il Regno di Dio è già avvenuto.
venuto e che lui lo ha accolto. La caratteristica di tutta vita missionaria autentica è la gioia interiore,
che viene dalla fede. In un mondo angosciato e oppresso da tanti problemi, che tende al pessimismo,
L'annunciatore della "Buona Novella" deve essere un uomo che ha trovato in Cristo la vera
speranza.

CONCLUSIONE

92. Mai come oggi la Chiesa ha avuto l'opportunità di far giungere il Vangelo, con la testimonianza
e la parola, a tutti gli uomini e a tutti i popoli. Vedo sorgere una nuova epoca missionaria, che
sarà un giorno radioso e ricco di frutti, se tutti i cristiani e, in particolare, i missionari e le
i giovani Chiese rispondono con generosità e santità alle sollecitazioni e alle sfide del nostro
tempo.

Come gli Apostoli dopo l'Ascensione di Cristo, la Chiesa deve riunirsi nel Cenacolo con
María, la madre di Gesù" (Atto 1, 14), per implorare lo Spirito e ottenere forza e coraggio per adempiere
il mandato missionario. Anche noi, molti più degli Apostoli, abbiamo bisogno di essere
trasformati e guidati dallo Spirito. Alla vigilia del terzo millennio, tutta la Chiesa è invitata a
vivere più profondamente il mistero di Cristo, collaborando con gratitudine all'opera della salvezza.
Questo lo fa con Maria e come Maria, sua madre e modello: è lei, Maria, l'esempio di quell'amore
materna con cui è necessario che siano animati tutti coloro che, nella missione apostolica di
La Chiesa, cooperano alla rigenerazione degli uomini. Per questo, "la Chiesa, confortata dalla presenza di
Cristo, cammina nel tempo verso la consumazione dei secoli e va incontro al Signore che arriva.
Ma su questo cammino... procedi ripercorrendo l'itinerario già fatto dalla Vergine Maria." A la
mediación di Maria, pienamente orientata verso Cristo e indirizzata alla rivelazione del suo potere
salvifico" 178, confido nella Chiesa e, in particolare, in quelli che si dedicano a compiere il mandato
missionario nel mondo di oggi. Come Cristo ha inviato i suoi Apostoli nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo, così, mentre rinnovo lo stesso mandato, imparo a tutti voi la Benedizione
Apostolica, nel nome della Santissima Trinità. Amen.

Dato in Roma, accanto a San Pietro, il giorno 7 dicembre, XXV anniversario del Decreto conciliare Ad
gentes, dell'anno 1990, decimotercio del mio Pontificato.

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