Agricol. Per Una Nuova Allenza ... ASUR - 116 - 2016
Agricol. Per Una Nuova Allenza ... ASUR - 116 - 2016
STUDI URBANI
E REGIONALI
Archivio di studi urbani e regionali è stato promosso nel 1968 da: Laura Balbo –
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Secchi – Guglielmo Zambrini
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Berlin), Francesco Indovina (Università IUAV di Venezia), Clara Irazábal Zurita (Columbia
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Polytechnique Fédérale de Lausanne), Alan Mabin (University of Witwatersrand - Johannesburg),
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(École des Hautes Études en Sciences Sociales), Dominique Rivière (Université Paris 7 Denis
Diderot), Michelangelo Savino (Università degli Studi di Padova), Namperumal Sridharan (School of
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SOMMARIO, A. XLVII, N. 116, 2016
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PER UNA NUOVA ALLEANZA CITTÀ-CAMPAGNA.
CONSIDERAZIONI SULLA RECENTE ATTIVITÀ DEL GRUPPO
“SUSTAINABLE FOOD PLANNING” DELL’AESOP
di Giuseppe Cinà*
!
*
Giuseppe Cinà, DIST – Politecnico di Torino, [email protected].
1
Il testo fa esplicito riferimento ai vari contributi presentati alla conferenza, per cui i
saggi citati: Anastasiou et al. (2014); Christabell (2014); Cohen and Ilieva (2014); Costanzo
(2014); De Vries (2014); Kemper and Pölling (2014); Hall, Keeffe and Jenkins (2014); Her-
nández H.M.A. (2014); Jenkins, Keeffe and Hall (2014); Landman and Blay-Palmer (2014);
Leardini and Serventi (2014); Million et al. (2014); Roth M. et al. (2014); Sanz Sanz et al.
(2014); Swagemakers et al. (2014); Tecco N. et al. (2015); Torquati et al. (2015); an der
Valk (2014); Wascher et al. (2014), sono contenuti in Roggema and Keeffe (2014) [Ndr].
2
I saggi citati nel test Il testo fa esplicito riferimento ai vari contributi presentati alla
conferenza, per cui i saggi citati: Abelman J. (2015); Bohn and Viljoen (2015); Calori
(2015); Cavallo et al. (2015); Cinà (2015); Clark and Gilliland (2015); D’Onofrio et al.
(2015); Dansero and Pettenati (2015); De Vries and Fleuren (2015); Fanfani et al. (2015);
Levelt (2015); Maurano and Forno (2015); Monardo and Palazzo (2015); Pinna (2015). Poli
(2015); Rich et al. (2015); Richtr and Potteiger (2015); Scudo and Clementi (2015); Wa-
scher and Jeurissen (2015). Wielemaker et al. (2015) sono contenuti in Cinà and Dansero
(2015) [Ndr].
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1. Temi e attività
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“Environmental flows/circular economy”, “Health”, “Social innovation”, “Local
initiatives”, “Extraordinary ideas and initiatives”) e numerosi sottotemi, al fine di
dare spazio a una vasta gamma di esperienze e amplificare l’approccio multidi-
sciplinare proprio al SFP group; le questioni sottoposte al dibattito vanno da «Dove
e come fare spazio a un approccio sostenibile all’approvvigionamento alimentare
delle città» a «Quali sono le innovazioni e le sfide che si pongono nella pianifica-
zione dei sistemi alimentari che possono agire a favore o contro l’agricoltura urba-
na». Il suo titolo Finding space for productive cities pone l’accento su una questio-
ne centrale: come rendere produttive, s’intende anche sotto il profilo alimentare, le
città. Questione centrale ma anche piena di ambiguità, visto il tipo e la quantità di
prodotti agricoli che l’AUP può effettivamente fornire.
Nel tentativo di fare chiarezza su questo punto la VII conferenza (Torino, 2015)
viene definita sul tema “Localizing urban food strategies. Farming cities and per-
forming rurality”. L’obiettivo è appunto quello di approfondire gli aspetti della
produttività a partire dai fattori che la condizionano, come i contesti fisici e socio-
economici di riferimento. La conferenza focalizza il confronto intorno a cinque
tracce: “Spatial planning and urban design”, “Relevant experiences and practices”,
“Flows and networks”, “Governance and private entrepreneurship”, “Training and
jobs”. Le prime tre riprendono temi già discussi e sempre attuali, le altre due foca-
lizzano aspetti meritevoli di maggiore approfondimento, come la formazione e
l’imprenditoria agricola.
Per quanto riguarda l’organizzazione delle conferenze, le due giornate di lavori
a sessioni parallele, precedute da due sessioni plenarie con gli interventi dei key notes
speakers, seguono un format ormai consolidato ed efficace. Nel caso di Leeuwarden
le sessioni, comprendenti in media quattro interventi per volta, hanno ospitato an-
che un’attività di Design LAB, concepita come una riflessione intorno a un caso
studio riferito a una città olandese. Ma il ridotto tempo disponibile e la quantità di
elementi in gioco da considerare in molti casi hanno reso difficile l’elaborazione di
idee sufficientemente meditate.
Più efficaci sono risultate invece altre attività collaterali, come la Special ses-
sion IUFN/VHL: “Designing a Food planning tool”, svolta in seno alla VI confe-
renza e guidata da Marketa Braine, quella della Cattedra Unesco in World food
system svolta in seno alla VII conferenza, e i workshops per gli “Young researchers
and practitioners group”, organizzati in ambo i casi.
La rete AESOP SFP è ormai stabilmente strutturata. Alla varietà dei contributi
raccolti nei proceedings (63 per la VI e 67 per la VII conferenza) è corrisposta
quella dei partecipanti, provenienti dalle diverse parti del food system.
Tuttavia, se da un lato la diversità di interessi e ottiche di studio è di per sé
condizione necessaria per arricchire il dibattito e la ricerca di soluzioni, dall’altro si
nota che questa diversità rappresenta in larga misura quella parte del food system
che non è legata alla produzione per il mercato del cibo. Sono presenti ricercatori,
docenti, studenti, politici, esperti provenienti da varie discipline, ma si verifica che,
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pur con ottiche di lavoro differenti… stiamo tutti dalla stessa parte. Al punto che
certe volte ci parliamo addosso, ci raccontiamo una storia che conosciamo, che va
bene approfondire tra noi… ma fino a un certo punto. In altri termini la “contropar-
te” resta fuori dai nostri cenacoli.
Mancano, a parte limitate eccezioni, coloro che fanno parte delle catene della
trasformazione e della distribuzione. Mancano soprattutto, e sono i grandi assenti, i
contadini e i loro rappresentanti. Questa assenza lascia scoperto uno dei terreni
fondativi del discorso sull’AUP, poiché molte delle esperienze presentate avrebbe-
ro trovato utilità a confrontarsi con i problemi del mondo produttivo.
In conclusione mi pare si possa affermare che in ambedue le conferenze sia
emersa la necessità di accentuare il confronto con gli attori operanti nel mercato e
interessati a consolidare la loro attività sul versante del sustainable food system.
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ni più equilibrate tra flussi del cibo e funzioni urbane (de Vries, 2014), nella
proposta di un sistema di acquacoltura a Manchester (Jenkins et al., 2014).
E. Prospettive della pianificazione regionale, che mostrano come i processi di pia-
no e governance correlati alla sostenibilità della filiera corta e ai processi di ri-
strutturazione urbana possono trovare maggiore fondamento in una prospet-
tiva regionale. Ne sono un esempio gli studi sulla regione urbana di Vigo
(Swagemakers et al., 2014), il progetto di parco agricolo in riva sinistra d’Arno
(Poli, 2015), gli strumenti di piano per la sicurezza alimentare per la regione di
Rotterdam (Wascher and Jeurissen, 2015), le esperienze di pianificazione in
corso nella regione di San Diego, US, (Monardo e Palazzo, 2015), l’analisi del
sistema alimentare del distretto di London, Canada (Clark and Gilliland, 2015),
lo studio dei sistemi agro-alimentari metropolitani di Rotterdam, Milano, Lon-
dra, Ljubljana e Berlino (Wascher et al., 2014).
F. Approcci territorialisti, che adottano modelli di analisi e progetto basati su una
visione olistica delle componenti territoriali, focalizzati sulle infrastrutture dei
paesaggi culturali (Leardini and Serventi, 2014), sul rilancio della quinoa come
risorsa alimentare di base in Bolivia (Costanzo, 2014), sulla riproposizione del-
le ecologie locali in Brasile (Abelman, 2015), sulla progettazione partecipata di
un parco agri-urbano a Prato (Fanfani et al., 2015).
Ma la categoria tematica più affollata è senz’altro quella delle:
G. Pratiche miscellanee, che spaziano dall’attore istituzionale al terzo settore, dal-
la macro- alla micro-scala, dal design alla valutazione d’impatto, dal progetto
alla ricerca. Ne sono un esempio la action research su orti sociali e riabilitazio-
ne urbana a Dortmund-Hörde (Roth et al., 2014), il progetto per
un’infrastruttura urbana di Roof Water Farm (Million et al., 2014), la “Healing
City” (Rich et al., 2015), gli orti comunitari di Torino (Tecco et al., 2015), lo
studio sul rapporto tra fabbisogno alimentare e potenziale produttivo in due
aree studio ad Arnhem (de Vries and Fleuren, 2015), la ricerca sulla riduzione
del fabbisogno di nutrienti per l’AUP grazie al riciclo dei rifiuti urbani (Wiele-
maker et al., 2015), l’analisi del ruolo del pianificatore pubblico e privato nelle
politiche di AUP (Levelt, 2015), la proposta teorico-metodologica sui paesaggi
produttivi (Bohn and Viljoen, 2015), lo studio dell’AUP in chiave di sicurezza
alimentare per le regioni ad economia debole (Christabell, 2014).
Per contro, alcuni temi che avrebbero meritato maggiore considerazione sono
rimasti quasi inesplorati, come quelli sulla formazione e sul progetto urbano. In
generale si può asserire che il carattere più ricorrente dei lavori presentati è quello
della ricerca-azione volta a volta messa in opera a seconda delle condizioni esisten-
ti, incrociando i confini della ricerca, della pianificazione, della progettazione e
della valutazione, in relazione ai diversi contesti di riferimento.
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infatti intrinsecamente trasversali e giocano su politiche e pratiche anche molto dif-
ferenziate.
Questa trasversalità traspare altresì dai plenary key notes presentati in ambedue
le conferenze Questi interventi infatti possono essere letti come altrettanti orizzonti
concettuali e operativi che mostrano specifici perimetri d’azione entro cui sono sta-
te sperimentate, o sarebbe utile ricondurre, le politiche e le pratiche del SFP. In
particolare, l’intervento di Dan Kinkead (“The Future Detroit: Innovation Recon-
ceived”, Leeuwarden 2014) definisce le coordinate di un’esperienza fondativa at-
traverso cui la città di Detroit, dai rappresentanti istituzionali ai singoli cittadini,
sviluppa un percorso di elaborazione processuale di politiche di piano e pratiche.
L’intervento di Greg Keeffe (“Hardware-Software Interface: a Strategy for the
implementation of Urban Agriculture”, Leeuwarden, 2015) è centrato su una stra-
tegia per combattere la morsa del sistema globale dell’approvvigionamento del ci-
bo, fondata su un’esperienza di ricerca applicata e di rilevante innovazione scienti-
fica. L’intervento di Guido Santini (“Food Security and Urbanization”, Leeuwar-
den 2014), è per contro volto a segnalare come la battaglia del SFP vada condotta
anche sul filo di un progetto sociale e politico a favore dei paesi meno sviluppati.
Qui la prospettiva secondo cui si guarda all’innovazione tecnologica è per certi
versi opposta a quella proposta nell’esperienza di Kieffe; non si tratta di far produr-
re in acqua o su pareti verticali piante che per loro natura non vi crescerebbero, ma
di adottare tecnologie avanzate per rimettere in produzione i meccanismi propri ai
cicli naturali provvedendo alla sicurezza alimentare e alla protezione ambientale.
Nella VII conferenza, l’intervento di Serge Bonnefoy e Gilles Novarina (“New
forms of planning and landholding for periurban agriculture in France”, Torino,
2015) presenta un ventaglio di esempi delle diverse forme di pianificazione spazia-
le entro cui viene incorporata l’agricoltura urbana. Ne emerge la descrizione di un
approccio, quello francese, ancora largamente fondato su strumenti di pianificazio-
ne e programmazione che forniscono misure di indirizzo e protezione limitate ma
tuttavia capaci di inquadrare, se compiutamente implementati, un progetto urbano e
di territorio. Infine, l’intervento di Van den Schans (“Rotterdam Food Policy be-
yond 2015”, Torino 2015), fornisce un quadro ravvicinato del metodo incrementale
della food policy limitato a una singola città, Rotterdam, fondato sulla governance
e aperto a tutte le scale e le forme di agricoltura, dalle piccole start-up alle grandi
industrie agro-alimentari.
Emergono così, nell’insieme, concettualizzazioni, scenari ed esempi di politi-
che e pratiche che contribuiscono a definire quelle che potrebbero essere assunte
come le principali ottiche di riferimento con cui il food planning deve fare i conti:
la governance, l’innovazione disciplinare, la sostenibilità sociale e ambientale, il
mercato del lavoro, il progetto urbano e territoriale, sono tra le più rilevanti.
Conclusione
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initiatives regarding planning education and planning qualifications of future pro-
fessionals»6. Fino a che punto l’azione del gruppo SFP risponde a queste finalità?
Per quanto concerne la ricerca, l’elevato numero di esperienze presentate nelle
conferenze testimonia di un’attività intensa che in diversi modi alimenta politiche e
pratiche. Le conferenze inseriscono i propri contributi in un contesto internazionale,
attraverso gli atti e le varie attività del network.
Si ritiene tuttavia che si potrebbe fare di più al fine di meglio contestualizzare
le ricerche se si corredassero i papers di informazioni capaci di spiegare le condi-
zioni formali e operative in cui ciascuna di esse è svolta. Di molte non se ne rivela
l’esatta origine ed esse appaiono frutto di studi sviluppati in autonomia, non ancora
approdati a strutturate azioni di ricerca, e cioè provviste di un promotore, di risorse
umane e materiali, di obiettivi definiti; poco si sa delle condizioni che ne hanno
favorito o meno il loro svolgimento.
Se si riuscisse a dare più spazio a informazioni su questi aspetti si potrebbe
contribuire a diminuire il gap di capacità organizzativa tra paesi forti (con maggiori
risorse umane ed economiche) e paesi che soffrono invece forti limitazioni.
Quanto alla didattica, la succitata carenza di esperienze è sintomo di un’ancora
carente attenzione a questo aspetto nell’ambito accademico. Occorre ammettere
che il food planning e l’AUP sono temi molto trasversali e stentano a trovare un
posto nella didattica ordinaria. Ci sono evidentemente delle eccezioni ma esse ri-
guardano i centri di formazione più specialistici.
Citiamo, ad esempio, un caso abbastanza diffuso nell’ambito dello spatial
planning: quello di dipartimenti che attivano un ridotto numero di formazioni,
spesso solo un bachelor e un master, che non possono essere connotati con un pro-
filo specializzato come il food planning, pena una contrazione degli iscritti. In al-
cuni casi questa carenza viene compensata con l’organizzazione di workshops de-
dicati a questi temi (per esempio nell’ambito dei programmi Erasmus) che restano
tuttavia momenti formativi occasionali. Come fare allora a far rifluire in forma
tangibile gli esiti della ricerca sul SFP nelle pratiche della formazione a carattere
generalista? Il problema resta aperto.
Resta il fatto che i contributi presentati, in relazione alle distinte tracce, do-
vrebbero essere meglio orientati a soddisfare un requisito: che da ciascuna espe-
rienza, per quanto possibile, se ne possano ricavare con sufficiente chiarezza le va-
lenze teoriche e applicative in merito alla ricerca e alla didattica, con ciò mante-
nendo la barra dritta verso l’offerta di «planning education and planning qualifica-
tions of future professionals».
In ultimo vanno sottolineati due aspetti per molti versi antitetici. Da un lato la
trascinante esperienza della socializzazione dei temi del cibo e degli orti urbani,
dall’altro lo scarso coinvolgimento dal versante della pianificazione spaziale. In-
torno alla prima si sono sviluppati contributi teorici, politiche e pratiche, realizzate
attraverso svariate forme di cittadinanza attiva, che hanno guadagnato molto terre-
no sul piano sia della concettualizzazione del SFP che su quello dei risultati mate-
riali. Ciò ha portato a una sopravvalutazione della loro portata, come se l’intensifi-
cazione dei vari modelli di orti sociali e una gestione più virtuosa del ciclo del con-
!
6
http://www.aesop-planning.eu/en_GB/about-us.
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sumo del cibo, comunque necessari, potessero portarci molto vicino alla trasforma-
zione del global food system in chiave sostenibile.
Sul versante della pianificazione spaziale si registra per contro un persistente ri-
tardo (Pothukuchi and Kaufman, 2000) che risente ancora, specie in Italia, della
storica separazione tra la pianificazione urbana, che considera le “zone” agricole in
quanto aree suscettibili di sviluppo edilizio, e quella settoriale rivolta al sostegno
delle “attività” agricole. In questo quadro la PAC e i connessi PSR hanno funziona-
to come amplificatore a scala europea di questo divario.
Va tuttavia ricordato che un aggancio al tema agricoltura non episodico, non
limitato alle porosità degli usi impropri o delle aree urbane e periurbane dismesse,
è stato diffusamente sperimentato, in Italia specialmente con la pianificazione dei
parchi agricoli. Ma questa esperienza, nel tentare di incidere sugli usi del territorio
attraverso progetti e scelte di tipo conformativo della proprietà dei suoli, ha trovato
opposizioni che ne hanno limitato fortemente le potenzialità.
L’entrata in scena dell’istanza del food planning ha liberato nuovi interessi e
nuove domande a scala internazionale che si sono tradotte, ormai in innumerevoli
casi, in coalizioni sociali più aperte e suscettibili di innescare un cambiamento in
qualche misura neo-ruralista. In questo senso l’apporto del gruppo AESOP SFP,
pur nei limiti sopra richiamati, ha dato e può ancora fornire un contributo rilevante.
Riferimenti bibliografici
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