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Polverini LARIORGANIZZAZIONEFASCISTA 2016

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Fondazione Istituto Gramsci

LA RIORGANIZZAZIONE FASCISTA DEGLI STUDI STORICI E L'ISTITUTO ITALIANO PER LA


STORIA ANTICA
Author(s): Leandro Polverini
Source: Studi Storici, Anno 57, No. 1 (GENAIO-MARZO 2016), pp. 9-26
Published by: Fondazione Istituto Gramsci
Stable URL: https://www.jstor.org/stable/43933113
Accessed: 07-09-2025 08:56 UTC

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LA RIORGANIZZAZIONE FASCISTA
DEGLI STUDI STORICI E L'ISTITUTO ITALIANO
PER LA STORIA ANTICA

Leandro Polverini

1. Ci fu, nell'Italia del ventennio, una «cultura fascista»? Negli «anni del con-
senso», la domanda sarebbe apparsa quanto meno sorprendente. Ed è quas
simbolico che all'inizio del 1937 l'Istituto nazionale fascista di cultura, fonda-
to da Giovanni Gentile nel 19251, cambiasse la sua denominazione in quell
di Istituto nazionale di cultura fascista2 (le denominazioni sono, talvolta, più
trasparenti degli statuti). Dopo la caduta del fascismo, si sostenne a lungo -
sulla scia di Croce, di Gobetti, di Gramsci - che il regime mussoliniano non
fosse stato in grado di produrre alcuna cultura: è, per esempio, la posizione d
noti intellettuali antifascisti come Norberto Bobbio ed Eugenio Garin. Sol

1 Promosso dal Pnf in seguito agli eventi della primavera (il Convegno per la cultura fascist
29-30 marzo; il Manifesto degli intellettuali fascisti , 21 aprile; la Risposta di scrittori, professori
e pubblicisti italiani al manifesto degli intellettuali fascisti, Io maggio), fu istituito il Io agost
e inaugurato il 19 dicembre 1925 «in Campidoglio, alla presenza del Duce, con un discorso
esplicativo e programmatico del suo presidente, sen. Giovanni Gentile» ( Istituto nazionale fa
scista di cultura , in «Civiltà fascista», II, 1935, n. 7-8, pp. 649-650: «prefazione al volumetto
informativo» sull'Istituto, pubblicato nel decennale della sua fondazione). La vicenda politica
dell'Istituto nazionale fascista di cultura è stata compiutamente ripercorsa da A. Vittoria, Tota
litarismo e intellettuali: l'Istituto nazionale fascista di cultura dal 1925 al 1937 , in «Studi Storici»,
XXIII, 1982, n. 4, pp. 897-918.
2 Cfr. Vittoria, Totalitarismo e intellettuali , cit., p. 917. Il nuovo ordinamento dell'Istituto f
pubblicato nel n. 711 (8 gennaio 1937) del «Foglio di disposizioni del Segretario del P.N.F.»
e riproposto in «Civiltà fascista», IV, 1937, n. 1-2, pp. 103-104; ne aveva illustrato «la nuov
missione italiana» G. Gentile, L'Istituto nazionale di cultura fascista , ivi, III, 1936, n. 12, pp.
769-774, p. 774 (nella prospettiva del suo discorso L'ideale della cultura e l'Italia presente , ivi,
2, pp. 65-82). Confermato alla presidenza dell'Istituto il 30 gennaio 1937, Gentile fu sostituit
nel marzo dello stesso anno da uno dei due vicepresidenti, Pietro de Francisci. Il filosofo Gio
vanni Gentile (Castelvetrano 1875-Firenze 1944), ministro dell'Istruzione pubblica dal 192
al 1924 e senatore del Regno dal 1922, era allora direttore della Scuola normale superiore
Pisa e presidente dell'Istituto della Enciclopedia italiana; lo storico del diritto romano Pietro
de Francisci (Roma 1883-Formia 1971), ministro di Grazia e giustizia dal 1932 al 1935, er
rettore dell'Università di Roma.

Studi Storici 1/2016

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10 Leandro Polverini

dagli anni Settanta si può parlare di una specifica storiografia sulla cultura
fascista, come che se ne definisse la teoria e la pratica. Ma non è necessario
ripercorrere la storia dell'intenso dibattito storiografico (e politico), fino ai
suoi contraddittori e talvolta paradossali esiti più recenti, anche perché a ciò
ha provveduto recentemente Alessandra Tarquini, nel capitolo che apre la sua
Stońa della cultura fascista 3.
Del resto, per quanto può valere il punto di vista di un outsider, mi sembra
che - in termini più propriamente storici - la questione si risolva in sostanza
nella considerazione delle specifiche risposte che la politica del regime diede,
o non diede, a specifici problemi di ordine culturale o, comunque, diretta-
mente connessi con l'ambito culturale. In questa prospettiva (troppo empiri-
ca?), il mio intervento riguarda il problema della sistematica riorganizzazione
degli studi storici attuata dal regime fascista alla metà degli anni Trenta. Il
problema non è stato preso in considerazione nel capitolo che Alessandra Tar-
quini dedica alla politica culturale del ministero dell'Educazione nazionale4,
11 quale appunto promosse la riorganizzazione degli studi storici. Aveva, inve-
ce, affrontato il problema Margherita Angelini nella monografìa Transmitting
knowledge: the professionalisation of Italian histońans (1920s- 1950s)5, in par-
ticolare nel capitolo specificamente dedicato alla riorganizzazione delle isti-
tuzioni storiche nazionali in età fascista6. La limitata attenzione che l'ampia
e documentata ricerca riserva all'Istituto italiano per la storia antica7 induce
a riprendere l'argomento nella prospettiva dell'Istituto, appunto, e ricordare
cosi 1' 80° anniversario della sua fondazione.

2. La riorganizzazione fascista degli studi storici trasformò radicalmente la


precedente organizzazione, quale si era costituita nel corso di decenni, dall'U-
nità agli anni Venti. Non si può dunque fare a meno di risalire indietro nel
tempo, dagli anni Trenta del secolo scorso al 1883, più precisamente al 25

3 Bologna, il Mulino, 20 1 1 , pp. 1 1 -47 : Il dibattito storiografico dal 1945 a oggi. A singoli aspet-
ti del problema sono stati poi dedicati, nel fascicolo tematico di «Studi Storici», LV, 2014, n. 1
(Fascismo: itinerari storiografici da un secolo ali altro), i contributi di I. Stolzi, Fascismo e cultura
giuridica (pp. 139-154), P.S. Salvatori, Fascismo e romanità (pp. 227-239), E. Taviani, Il cinema
e la propaganda fascista (pp. 241-256).
4 Tarquini, Storia della cultura fascista , cit., pp. 147-169: La politica culturale degli anni Trenta.
5 In «Storia della storiografìa», 2010, n. 57 (alla monografìa è dedicato l'intero fascicolo).
6 Ivi, pp. 63-84: The Centralisation of Historical Research (1935-1943).
7 Ivi, pp. 6, 65, 80. Un solo riferimento all'Istituto italiano per la storia antica ho poi trovato in
A. Bistarelli, a cura di, La storia della storia patria. Società , Deputazioni e Istituti storici nazionali
nella costruzione dell'Italia , Roma, Viella, 2012: è nel contributo di F. De Giorgi, Da un secolo
all'altro. L'organizzazione degli studi storici fia centralizzazione e autonomie , ivi, pp. 167-186,
nella sezione dedicata a La riorganizzazione fascista , pp. 181-183.

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11 La riorganizzazione fascista degli studi storici

novembre 1883, quando fu fondato l'Istituto storico italiano8. La denomi-


nazione suggeriva un progetto riguardante Tintero ambito cronologico degli
studi storici. In realtà, l'Istituto storico italiano doveva pubblicare le Fonti per
la stona d'Italia dal 500 al 15009 (secondo l'ovvio modello dei Monumenta
Germaniae historìca , e con riferimento non solo ideale ai Rerum Italicarum
scńptores di Ludovico Antonio Muratori). Doveva, inoltre, coordinare l'at-
tività delle cinque Deputazioni e delle sei Società regionali di storia patria
allora esistenti, caratterizzate tutte da una prospettiva storica principalmente
medievistica: la stessa che contrassegnò subito (in misura anche più esclusiva)
l'Istituto storico italiano. Le ragioni storiografiche e storiche della preferenza
per il Medioevo, nell'Italia di fine Ottocento, sono ben note. La comprensi-
bile preferenza significava, però, anche drastica limitazione del quadro della
storia italiana e conseguente penalizzazione dei periodi storici emarginati.
Il primo di questi ad avere un riconoscimento ufficiale fu, come era da at-
tendersi, il Risorgimento (che, nella prospettiva dell'Italia unita, concludeva
la vicenda aperta dal Medioevo): nel 1906, trascorsi più di vent'anni dalla
fondazione dell'Istituto storico italiano, ad esso si affiancavano (per iniziativa
rispettivamente privata e pubblica) una Società nazionale e un Comitato na-
zionale per la storia del Risorgimento italiano10. Fu poi la volta, trascorso un
altro ventennio11, della storia moderna e contemporanea, che nel 1925 si vide

8 Cfr. A. Forni, L'Istituto storìco italiano , in P. Vian, a cura di, Speculum mundi. Roma centro
internazionale di ńcerche umanistiche , Roma, Presidenza del Consiglio dei ministri. Diparti-
mento per l'informazione e l'editoria, 1992 (rist. Roma, Unione internazionale degli Istituti
di archeologia, storia e storia dell'arte, 1993), pp. 599-654, spec. pp. 599-612, per quanto
riguarda i presupposti, l'organizzazione, i primi anni di vita dell'Istituto; Angelini, Transmitting
Knowledge , cit., pp. 18-26; M. Miglio, Dall'unificazione alla fondazione dell'Istituto storìco ita-
lianoy in Bistarelli, a cura di, La storia della storia patria, cit., pp. 25-44 (e in M. Miglio, Istituto
storìco italiano. 130 anni di storia , Roma, Istituto storico italiano per il medio evo, 2013, pp.
3-22); De Giorgi, Da un secolo all'altroy cit., pp. 170-177. Sulla fase iniziale dell'Istituto, dalla
fondazione (con r.d.l. 25 novembre 1883, n. 1775) all'inaugurazione (27 gennaio 1885), alle
prime tre sessioni plenarie (1885, 1886, 1887), è interessante la prospettiva contemporanea
della rassegna di L.T. Belgrano, L'Istituto storico italiano , in «Nuova Antologia», XXII, 1887,
voi. 95, n. 18, pp. 225-237.
9 Nessuna indicazione cronologica compare, peraltro, nel titolo della serie di pubblicazioni che
ebbe inizio nel 1887: Fonti per la storia d'Italia pubblicate dall'Istituto storìco italiano.
10 Cfr. E. Morelli, L'Istituto per la storia del Risorgimento italiano , in Vian, a cura di, Speculum
mundi , cit., pp. 662-678, spec. pp. 662-663; R. Ugolini, Il Risorgimento diventa storia. La genesi
dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano , in Bistarelli, a cura di, La storia della storia
patria , cit., pp. 45-57.
11 Durante il quale era stato fondato a Roma nel 1918 l'Istituto nazionale di archeologia e
storia dell'arte, inaugurato il 4 giugno 1922. Cfr. F. Zevi, L'Istituto nazionale di archeologia e di
storia dell'arte , in Vian, a cura di, Speculum mundi , cit., pp. 695-705, spec. pp. 695-696. Un
Istituto archeologico italiano era «progettato da lungo tempo», quando scriveva F. von Duhn,

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1 2 Leandro Polverini

ufficialmente riconosciuta - per cosi dire - dall'istituzione di una Scuola di


storia moderna e contemporanea, appunto, all'interno del Comitato nazio-
nale per la storia del Risorgimento12 (alla quale, dunque, la storia moderna e
contemporanea doveva in qualche modo servire). La Scuola aveva il compito
di apprestare la pubblicazione delle Fonti per la storia d'Italia a partire dal
150013, completava insomma il lavoro della Scuola storica nazionale istituita
nel 1923 all'interno dell'Istituto storico italiano, con analoga denominazione
di carattere generale e con le stesse finalità medievistiche14. Restava fuori dal
quadro ufficiale ormai solo la storia antica, perché il Comitato italiano di
scienze storiche istituito nel 1928 era solo una filiale del Comité international
des sciences historiques, che dal 1926 sovrintendeva alla sempre pili comples-
sa organizzazione dei congressi storici internazionali15.

3. Si capisce che non tutti accettassero di buon grado l'estromissione dell'età


antica dalla storia italiana, tanto più quando le idealità liberali del tardo Ri-
sorgimento furono via via sopraffatte dai fermenti nazionalistici, all'inizio
del nuovo secolo, e poi dal fascismo, dopo la grande guerra. L'argomento
meriterebbe specifica attenzione. Mi limito a prospettarlo attraverso una serie
di significativi interventi di Ettore Pais, lo storico che impersona nel modo
più icastico il viaggio della cultura antichistica italiana dal liberalismo al fa-
scismo, attraverso il nazionalismo16. L'anno che segna il passaggio di Pais dal
liberalismo al nazionalismo è il 1911: cinquantenario dell'Unità17. Se in una

L'archeologia in Italia e l'Istituto archeologico germanico di Roma , in «Nuova Antologia», XXII,


1887, voi. 96, n. 23, pp. 451-478, p. 476.
12 Cfr. A. Saitta, L'Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea , in Vian, a cura di,
Speculum mundi , cit., pp. 656-660, spec. p. 656.
13 Si rinvia alla successiva nota 27.
14 Cfr. Forni, L'Istituto storico italiano , cit., pp. 631-632; M. Miglio, La Scuola storica prima
della Scuola storica , in I. Lori Sanfilippo, M. Miglio, a cura di, La Scuola storica nazionale e la
medievistica. Momenti e figure del Novecento. Per i 90 anni della Scuola storica nazionale di studi
medievali , Roma, Istituto storico italiano per il medio evo, 2015, pp. 11-17.
15 Cfr. K.D. Erdmann, Die Ökumene der Historiker. Geschichte der Internationalen Historiker-
kongresse und des Comité international des sciences historiques , Göttingen, Vandenhoeck & Rup-
recht, 1987, pp. 137-162 (ed. ingl. Toward a Global Community of Historians. The International
Historical Congresses and the International Committee of Historical Sciences 1898-2000 , New
York-Oxford, Berghahn Books, 2005, pp. 101-121).
16 Su questo caratteristico aspetto politico-storiografico di Ettore Pais (Borgo San Dalmazzo
1856-Roma 1939) si veda ora L. Polverini, La storia antica nella storia dell'Italia unita. Il caso di
Ettore Pais ( 1856-1939. % in S. Cerasuolo et al. , a cura di, La tradizione classica e l'Unità d'Italia,
Napoli, Satura Editrice, 2014, pp. 261-276.
17 Cfr. M. Cagnetta, Pais e il nazionalismo , in «Quaderni di storia», XX, 1994, n. 39, pp. 209-
221.

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13 La riorganizzazione fascista degli studi storici

conferenza del maggio 1911 all'Accademia scientifico-letteraria di Milano


Pais deplorava che

l'Istituto storico italiano pur essendo sorto dopo l'unione di Roma e l'Italia, pur
essendosi proposto di illustrare il nostro passato, ha escluso come estraneo al suo
compito lo studio delle antiche memorie di Roma18,

nell'ottobre dello stesso anno, a Roma, dedicava al problema l'intera sezione


conclusiva di un discorso al V Congresso della Società italiana per il progresso
delle scienze; in particolare:

Coloro che cinque lustri or sono fondarono l'Istituto Storico Italiano partivano dal
concetto tuttora prevalente che la storia d'Italia abbia in certo modo origine con
Odoacre, Teodorico, Alboino, infine con l'invasione delle stirpi germaniche, fuse più
tardi con gli antichi popoli d'Italia, occasione quindi al formarsi di una nuova ci-
viltà. La storia più antica di Roma e d'Italia essi consideravano come una specie di
archeologia19 e quindi mettevano al livello di altre indagini di importanza ausiliare,
ad esempio della epigrafìa, della numismatica, della sfragistica [...]. Voglia pertanto
anche l'Istituto Storico Italiano rompere quelle barriere in cui esso stesso si è chiuso, e
contribuisca d'ora innanzi pro virili parte a illustrare le vicende di quella civiltà latina
che dall'Atlantico si spinse fino alle sponde del Mar Nero, che dai confini dell'Etiopia
raggiunse quelli della Scozia20.

Almeno su questo punto, Pais non cambiò mai opinione, come mostrano i
suoi interventi al Senato nel 1932, durante la discussione del bilancio del mi-
nistero dell'Educazione nazionale, in serrato contraddittorio con l'ex ministro
Pietro Fedele21. Cosi Pais, il 17 maggio, nel quadro di una articolata rassegna
critica dei molti problemi dell'organizzazione culturale italiana22:

18 E. Pais, Roma antica e la genesi dell'unità d'Italia. Nel cinquantesimo anniversario del riscatto
italiano , in «Rivista d'Italia», XIV, 1911, voi. 2, n. 9, pp. 333-357, p. 334 (poi in Id., Imperiali-
smo romano e politica italiana , Bologna, Zanichelli, 1920, pp. 1-53, p. 5). Analogo riferimento
polemico di Pais all'Istituto storico italiano era implicito già nella Prefazione della sua Storia di
Roma , vol. I, t. 1, Torino, Clausen, 1898, p. XIV: «Ricomposta ad unità di nazione, la nuova
Italia, i ricordi di Roma, che pur volle capitale della patria, ha invece posti fuori dei confini della
storia nazionale; e, sebbene attenda a pubblicare le opere dei suoi grandi di età meno vetuste,
dimentica Cesare e Livio».
19 Nel senso tucidideo del termine, e in senso proprio (come mostra il seguito della citazione).
20 E. Pais, La storia antica negli ultimi cinquantanni con speciale riguardo all'Italia , in «Rivista
d'Italia», XIV, 1911, voi. 2, n. 11, pp. 694-721, pp. 718-720 (poi in Id., Italia antica. Ricerche
di storia e di geografia storica , vol. I, Bologna, Zanichelli, 1922, pp. 1-29, pp. 26-28).
21 Lo storico, soprattutto del Medioevo, Pietro Fedele (Traetto/Minturno 1873-Roma 1943) era
stato ministro dell'Istruzione pubblica dal 1925 al 1928; aveva promosso, in particolare, l'isti-
tuzione della Scuola di storia moderna e contemporanea e il riordinamento della Scuola storica
nazionale. Fu poi, dal 1934 al 1942, presidente dell'Istituto storico italiano per il medio evo.
22 Sulla posizione critica di Pais nei confronti della politica culturale e scolastica fascista si veda

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1 4 Leandro Polverini

In Italia abbiamo l'Istituto storico, che è monco [...]. Questo benemerito istituto
storico ha fatto delle magnifiche pubblicazioni sul medioevo, ma non ce ne è una
pubblicata sulla storia antica [...]. Credo perciò che sarebbe bene aggiungere anche
questo vasto campo della storia romana all'Istituto storico italiano, che dovrebbe ave-
re il compito di preparare l'edizioni illustrate dei nostri storici23.

Immediata la replica di Fedele:

La proposta dell'onorevole Pais, per quel che riguarda l'Istituto Storico Italiano, non
mi sembra opportuna; l'Istituto non deve mutare .quel programma che gli fu segnato
dai suoi grandi fondatori. Lo studio e le indagini sulla storia dell'età classica, potreb-
bero essere affidati non all'Istituto Storico Italiano [...] ma piuttosto all'Istituto di
archeologia e di storia dell'arte, creandovi una sezione a parte24.

E ancora, il giorno seguente, replicando ad un nuovo intervento di Pais


sull'argomento:

Poiché vi è un istituto di archeologia e storia dell'arte che si occupa dell'età antica,


mi parrebbe naturale che la sezione, la quale dovrebbe occuparsi della storia di Roma
antica, fosse annessa, caso mai [!], non all'Istituto Storico Italiano [...] ma all'Istituto
di Archeologia e Storia dell'arte25.

Del resto, anche Pais si era limitato a riformulare la sua contrapposizione


polemica:

In questo io ed il mio illustre collega Fedele non c'intendiamo. Egli accetta la tesi
dell'ordinamento attuale dell'Istituto Storico per il quale la storia d'Italia comincia
con la invasione dei barbari. Io penso invece che la storia d'Italia abbia principio con
le origini di Roma; nell'attuale ordinamento dell'Istituto Storico, della storia di Roma
non si tien conto. Ci sono quindi concezioni opposte, non conciliabili26.

P. Ruggeri, Ettore Pais senatore del Regno , in L. Polverini, a cura di, Aspetti della storiografia di
Ettore PaiSy Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2002, pp. 123-158, spec. pp. 143-158. No-
minato senatore il 16 ottobre 1922 (prima, dunque, della Marcia su Roma), Pais si iscrisse al
Pnf il 21 maggio 1932, pochi giorni dopo la discussione in Senato alla quale si fa riferimento.
23 Atti del Senato del Regno. Discussioni , Legisl. XXVIII, 17 maggio 1932, pp. 5103-5107, p.
5105.
24 Ivi, pp. 5108-5111, p. 5110. (Sull'Istituto di archeologia e storia dell'arte, al quale Fedele
riteneva - con caratteristica mentalità positivistica - che fosse da affidare lo studio della storia
antica, si rinvia alla precedente nota 11).
25 Ivi, 18 maggio 1932, pp. 5116-5117, p. 5116.
26 Ivi, pp. 5115-5116, p. 5115. Il ricordo di questa discussione in Senato è evidente, e tanto
più significativo per la data, nella Prefazione di Pais alla sua Storia di Roma dall'età regia sino
alle vittorie su Taranto e Pirrot Torino, Utet, 1934, p. XI: «Ancor oggi fra noi vi sono scrittori
che, mentre insistono sul carattere politico della Storia Medioevale, non paiono ammetterlo per
quella di Roma antica; essi l'escludono dai cómpiti dell'Istituto Storico Nazionale e propongo-
no sia aggregato a quello dell'Archeologia e della Storia dell'Arte».

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15 La riorganizzazione fascista degli studi storici

Il vecchio Pais aveva fiutato i tempi meglio dell'ex ministro Fedele, come si
vide due anni dopo, quando ebbe inizio e fu portata rapidamente a termine
la sistematica riorganizzazione degli studi storici a cui fa riferimento il titolo
di questo contributo.

4. Il 20 luglio 1934 l'Istituto storico italiano assunse il titolo di Istituto sto-


rico italiano per il medio evo e fu affiancato da un Istituto storico italiano
per l'età moderna e contemporanea; conseguentemente, la Scuola storica na-
zionale diventava Scuola nazionale di studi medioevali, mentre la Scuola di
storia moderna e contemporanea veniva posta alle dipendenze dell'omonimo
Istituto. Compito dei due Istituti, e delle due Scuole, era quello di provvedere
alla pubblicazione delle fonti per la storia italiana, rispettivamente, dal 500 al
1500 e dal 1500 alla «Grande Guerra Vittoriosa»27. Il 25 febbraio 1935 venne
creato l'Istituto italiano per la storia antica, con annessa Scuola di storia an-
tica28. Il 20 giugno dello stesso anno la Società per la storia del Risorgimento
(alla quale erano state deferite alcune attribuzioni del soppresso Comitato
nazionale per la storia del Risorgimento) cambiava la sua denominazione in
quella di Istituto per la storia del Risorgimento italiano29.
Tutti e quattro gli Istituti, uniformati nel nome e nell'organizzazione gene-
rale, e affiancati il 3 febbraio 1936 dall'Istituto italiano di numismatica30,
erano posti alle dirette dipendenze della Giunta centrale per gli studi storici,
istituita il 20 luglio 1934 come chiave di volta dell'intera riorganizzazione o,
meglio, vertice di una piramide imponente e, sulla carta, funzionale. Dalla
Giunta dipendevano infatti, oltre agli Istituti storici nazionali («organi diret-
ti») e alle Deputazioni e Società di storia patria («organi periferici»), anche

27 R.d.1. 20 luglio 1934, n. 1226, art. 1-3. Cfř. Saitta, L'Istituto storico italiano per l'età moderna
e contemporanea , cit., pp. 656-657. Alle Fonti per la storia d'Italia pubblicate dall'Istituto storico
italiano per il medio evo (cosi dal 1934 al 1993) si affiancarono dunque (dal 1935 al 1993) le
Fonti per la storia d'Italia pubblicate dall'Istituto storico italiano per l'età moderna e contempora-
nea. La denominazione delle due serie di pubblicazioni è cambiata, rispettivamente, nel 1994
( Fonti per la storia dell'Italia medievale: la sezione Antiquitates è, delle cinque in cui la nuova
serie si articola, quella che propriamente continua la serie precedente) e nel 1997 (. Fonti per la
storia dell'Italia moderna e contemporanea ).
28 R.d.l. 25 febbraio 1935, n. 107, art. 1-7. Cfr. L. Polverini, L'Istituto italiano per la storia
antica , in Vian, a cura di, Speculum mundio cit., pp. 584-596, spec. p. 584.
29 R.d. 20 giugno 1935, n. 1068. Cfr. Morelli, L'Istituto per la storia del Risorgimento italiano ,
cit., p. 662; Ugolini, Il Risorgimento diventa storia , cit., p. 57.
30 R.d.1. 3 febbraio 1936, n. 223 (l'Istituto era stato fondato nel 1912 come associazione pri-
vata). Cfr. S. Sorda, L'Istituto italiano di numismatica, in Vian, a cura di, Speculum mundi , cit.,
pp. 680-691, spec. pp. 684-686; L'Istituto italiano di numismatica: dalla storia alla cronaca , in
«Annali dell'Istituto italiano di numismatica», XXXVIII-XLI, 1991-1994, pp. 225-310, spec,
pp. 260-264.

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16 Leandro Polverini

«tutte le istituzioni italiane che attendono alle ricerche e agli studi storici»31.
La Giunta rappresentava, inoltre, gli studi storici italiani sul piano internazio-
nale, avendo sostituito il 25 febbraio 1935 il Comitato nazionale di scienze
storiche32. Rapidità, sistematicità e centralismo sono, insomma, le evidenti
caratteristiche, consone allo stile autoritario del tempo, della riorganizzazione
degli studi storici33, in cui si colloca, e si spiega, la fondazione dell'Istituto
italiano per la storia antica.

5. Il centralismo che caratterizza la riorganizzazione degli studi storici in


Italia alla metà degli anni Trenta34 si riflette nel centralismo che caratterizza, a
cascata, ogni singolo elemento del sistema. Con riferimento ormai esclusivo
all'Istituto italiano per la storia antica, è significativo il decreto che lo istituiva,
«considerata lurgente ed assoluta necessità di istituire un Istituto nazionale per
gli studi di storia antica»35. Dopo l'ovvio art. 1 («È istituito in Roma il Regio
istituto italiano per la storia antica»), il sorprendente art. 2: «Il Regio istituto

31 R.d.l. 20 luglio 1934, n. 1226, art. 6, e 25 febbraio 1935, n. 107, art. 8; r.d. 20 giugno 1935,
n. 1176.
32 R.d. 25 febbraio 1935, n. 109. Sulla fondamentale importanza del ruolo assegnato alla
Giunta nel quadro della riorganizzazione degli studi storici, quale mostra già la nutrita serie di
provvedimenti legislativi che direttamente la riguardano (a quelli citati nella nota precedente
sono da aggiungere il r.d.l. 29 aprile 1937, n. 770, e il r.d. 14 dicembre 1942, n. 1766), cfr.
G. Vitucci, La Giunta centrale per gli studi storici , in Vian, a cura di, Speculum mundi , cit., pp.
571-582, spec. pp. 571-575; M. Angelini, Fare storia . Culture e pratiche della ricerca in Italia
da Gioacchino Volpe a Federico Chabod , Roma, Carocci, 2012, pp. 105-1 16. Ma la «centralità»
della Giunta non era intesa solo in senso burocratico e politico, bensì anche storiografico:
più dell'incarico di redigere la Bibliografia storica nazionale (e di contribuire alla International
bibliography of historical sciences) , è significativo il trasferimento ad essa della «Rivista storica
italiana», fondata nel 1884 (la Giunta curò la pubblicazione di sette volumi, dal 1936 al 1942).
33 Per i decreti istitutivi e normativi ai quali si è fatto riferimento diretto, per quanto riguarda la
riorganizzazione degli anni Trenta, o (perlopiù) indiretto, per quanto riguarda l'organizzazione
precedente, si rinvia alla loro raccolta sistematica: Istituti di studi storici. Leggi e statuti , Roma,
Giunta centrale per gli studi storici, 1970.
34 Ne soffri, in special modo, la tradizionale autonomia delle Deputazioni di storia patria,
irreggimentate da un Regolamento che le riduceva ad «organi periferici» della Giunta: sul r.d.
20 giugno 1935, n. 1 176, Vitucci, La Giunta centrale per gli studi storici , cit., pp. 572-573; sui
conseguenti rapporti fra Giunta e Deputazioni, sulle resistenze ed opposizioni che ne derivaro-
no (risolte in modo autoritario), Angelini, Transmitting Knowledge, cit., pp. 71-82. Alle «Depu-
tazioni di storia patria e Società storiche istituite e riconosciute dallo Stato anteriormente al 28
ottobre 1922» fu restituita l'autonomia con d.l.c.p.s. [cioè, del Capo provvisorio dello Stato]
24 gennaio 1947, n. 245. Sui problemi anche finanziari delle Deputazioni e Società dal 1947
all'istituzione delle Regioni, nel 1970, De Giorgi, Da un secolo all'altro , cit., pp. 184-186.
35 Cosí nel preambolo - il corsivo è mio - del r.d.1. 25 febbraio 1935, n. 107 (. Istituzione in
Roma del Regio istituto italiano per la storia antica). Il preambolo non è riprodotto in Istituti di
studi storici. Leggi e statuti, cit., p. 21.

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17 La riorganizzazione fascista degli studi storìci

di archeologia e storia dell'arte funge, per quel che concerne l'archeologia,


da sezione del Regio istituto italiano per la storia antica». Era esattamente
il contrario della soluzione prefigurata da Pietro Fedele nel 1932, come si
è visto. La disposizione non mancò di attrarre la mia attenzione, quando
redigevo il profilo dell'Istituto italiano per la storia antica per il volume
Speculum mund?e. Il collega Fausto Zevi, allora commissario dell'Istituto
nazionale di archeologia e storia dell'arte, e incaricato di scriverne la storia
nello stesso volume, poté bensì illuminarmi su vari aspetti del problema, ma
non fornire i dati documentari che cercavo. I dati documentari non c'erano37,
perché una disposizione a suo modo rivoluzionaria era rimasta sulla carta38.
Il disegno di fare del nuovo Istituto una specie di sovrintendenza generale di
quanto, in Italia, riguardasse l'età antica (è quello che traspare dal citato art. 2
del decreto che lo istituiva) trova significativa conferma nel primo Consiglio
direttivo. Dei cinque consiglieri, solo uno (Giuseppe Cardinali) era propria-
mente uno storico; gli altri: un romanista (Pietro de Francisci, presidente),
un latinista (Vincenzo Ussani) e due archeologi (Giulio Quirino Giglioli e
Biagio Pace)39. Ma nemmeno al programma ài histoire totale , in certo modo
implicito nella composizione interdisciplinare del primo Consiglio direttivo
dell'Istituto italiano per la storia antica, seguirono effetti pratici. Nella scelta
dei primi consiglieri avevano prevalso, del resto, due evidenti considerazioni:
l'omogeneità politica (fascista), da una parte; il preminente interesse per la ro-
manità, dall'altra. «L'Istituto dovrà innanzitutto occuparsi della Storia Roma-
na e solamente in seguito potrà spingere le sue indagini alle civiltà anteriori»,
dichiarava l'autorevolissimo presidente Pietro de Francisci il 16 maggio 1935,
aprendo la prima adunanza del Consiglio direttivo40. La fondazione dell'Isti-

36 Polverini, Lì Istituto italiano per la storia antica , cit., p. 585.


37 Zevi, L'Istituto nazionale di archeologia e di storia dell'artey cit., pp. 703-705.
38 Ebbe un solo effetto pratico: furono depositati all'Istituto di storia antica alcuni doppioni
dell'Istituto di archeologia, compresa una serie completa delle «Notizie degli scavi di antichità»,
allora «pubblicate [dall'Accademia dei Lincei, poi dall'Accademia d'Italia] d'accordo col R.
Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte» (cosi dal 1928 al 1943). È, dunque, da correggere
Angelini, Transmitting Knowledge , cit., p. 65: «The new Royal Institute of Ancient History
annexed the preexisting R. Istituto per l'Archeologia e la Storia [dell'arte]».
39 Erano professori nell'Università di Roma: Giuseppe Cardinali (Roma 1879-1955) di Storia
romana; Pietro de Francisci (cfr. nota 2) di Storia del diritto romano; Vincenzo Ussani (Na-
poli 1870-Roma 1952) di Letteratura latina; Giulio Quirino Giglioli (Roma 1886-1957) di
Topografìa dell'Italia antica e, dal 1935, di Archeologia; Biagio Pace (Comiso 1889-1955) di
Topografìa dell'Italia antica dal 1936, come successore di Giglioli. L'appartenenza di tutti e
cinque all'Università di Roma si doveva anche (secondo una consuetudine non solo di quegli
anni) a comprensibili esigenze di carattere logistico.
40 Questa e le successive citazioni sono tratte dai verbali delle adunanze del Consiglio direttivo,
conservati nell'archivio dell'Istituto.

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1 8 Leandro Polveňni

tuto era, insomma, finalizzata ad un preciso progetto politico-storiografico.


In che misura al progetto teorico corrispose la sua attuazione? Mi limiterò a
presentare un piccolo dossier di dati di fatto, relativi all'organizzazione logisti-
ca e all'organizzazione scientifica dell'Istituto.

6. L'organizzazione logistica di un Istituto comincia, ovviamente, dalla sede.


Se ne discusse a fondo già nella prima adunanza del Consiglio direttivo, nella
quale si prospettò come possibile anche se non immediata sede dell'Istitu-
to «Villa Aldobrandini o Palazzo Falconieri o [...] Palazzo Farnese». Come è
noto, la realtà fu più modesta. Nel febbraio 1938, a tre anni dalla fondazione
dell'Istituto, si profilò finalmente la soluzione di cedere all'Istituto alcuni lo-
cali nel palazzo di via Milano passato dall'Istituto botanico dell'Università41
all'Istituto di patologia del libro: soluzione «a carattere provvisorio», ancora
in vigore42.
Bisogna dire che la grandiosità progettuale per quanto riguarda la sede era,
in certo modo, commisurata alla prospettiva di accentrare nell'Istituto - ol-
tre alla sezione archeologica dell'Istituto di archeologia e storia dell'arte (si è
visto) - altre importanti istituzioni. A partire dalla prima adunanza del Con-
siglio direttivo, il presidente segnalò più volte l'opportunità di subordinare al
nuovo Istituto l'Istituto di studi etruschi di Firenze43, formulando la signifi-
cativa proposta che «si adotti per esso una clausola uguale a quella usata per
l'Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte». Anche un'altra benemerita istitu-
zione culturale fiorentina, la Società italiana per la ricerca dei papiri greci e
latini in Egitto44, avrebbe dovuto trovare «il suo inquadramento nell'Istituto,
il quale potrebbe fare della Società quel centro coordinatore delle spedizioni
scientifiche all'estero di cui si lamenta la mancanza».

41 L'Istituto botanico era stato fondato «in una palazzina appositamente costruita sull'altopiano
di Panisperna [...], e cominciò a funzionare per l'insegnamento e per lo studio nel 1889» («An-
nuario dell'Università di Roma», 1899/1900, Appendice, p. 20).
42 II problema della sede era stato dibattuto, ovviamente, anche nel Consiglio della Giunta
centrale per gli studi storici (Angelini, Transmitting Knowledge , cit., p. 6: «Only the Istituto
italiano per la stona antica [...] - surprisingly, considering the importance of Roman history
for Fascism - had problems finding a permanent location, as emerges from the minutes of the
meetings of the Giunta Centrale»).
43 Fondato nel 1925 come Comitato permanente per l'Etruria, nel 1932 aveva assunto il nome
di Istituto di studi etruschi (poi, nel 1951, Istituto di studi etruschi e italici; ora, dal 1989,
Istituto nazionale di studi etruschi e italici).
44 Fondata con questo nome nel 1908, si era sciolta nel 1928, lasciando in eredità compiti e
materiali di studio all'Istituto papirologico fondato quello stesso anno (fu intitolato a Girolamo
Vitelli nel 1939, e dal 2004 è struttura scientifica dell'Università di Firenze). Ma alla Società
italiana per la ricerca dei papiri fanno esclusivo riferimento i verbali delle adunanze dell'Istituto
italiano per la storia antica.

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19 La riorganizzazione fascista ¿legli studi storici

Per quanto in particolare riguarda l'Istituto di studi etruschi, la trattativa al-


lora in corso con la Preußische Akademie der Wissenschaften per la pubblica-
zione congiunta del Corpus inscriptionum Etruscarum costituiva il principale
motivo d'interesse e di prestigio, ma anche il pili grave ostacolo (innanzitutto
finanziario) all'attuazione di una proposta che - discussa più volte - non
ebbe poi esito, cosi come l'analoga proposta d'incorporazione della Società
italiana per la ricerca dei papiri. Alla fine, l'unica istituzione di cui almeno
le pubblicazioni confluirono nell'Istituto italiano per la storia antica (furono
restituite dopo la guerra) risulta la Società Magna Grecia, il cui Consiglio era
stato sciolto nel 1934 per i suoi «cattivi precedenti politici» (si scrisse pudi-
camente)45.

7. Ma un Istituto scientifico vive di progetti scientifici, appunto, e soprattut-


to della loro attuazione. Che cosa voleva fare l'Istituto italiano per la storia
antica? O meglio: che cosa doveva fare? Al nuovo Istituto era stato, infat-
ti, assegnato subito il compito «di curare il coordinamento e l'integrazione
delle varie iniziative» connesse con la celebrazione del Bimillenario augusteo
(1937-38). L'elenco di queste («liberazione dell'Ara Pacis, isolamento dell'Au-
gusteo [cioè, del Mausoleo di Augusto], mostra augustea46, scavi, monografìe
e conferenze») mette in evidenza il loro prevalente carattere archeologico,
spiega dunque perché, venuto meno di fatto l'incorporamento dell'Istituto di
archeologia, l'Istituto italiano per la storia antica - in quanto tale - rimanesse
sostanzialmente estraneo alle celebrazioni del Bimillenario47.

45 La Società Magna Grecia, fondata nel 1 920 da Umberto Zanotti Bianco (Canea [Creta] 1 889-
Roma 1963), promosse importanti scavi archeologici e due periodici: «Atti e memorie della
Società Magna Grecia» e «Archivio storico per la Calabria e la Lucania». Del primo, uscirono
cinque volumi (1928-1932), preceduti dal volume Campagne della Società Maffia Grecia (1926
e 1927). Solo nel frontespizio del volume del 1930 è dichiarata la direzione dell'archeologo
Paolo Orsi (Rovereto 1859-1935, senatore del Regno dal 1924), il quale diresse anche i primi
cinque volumi deir«Archivio storico» (1931-1935), pubblicati come «supplemento trimestrale»
degli «Atti e memorie». Per imposizione del governo fascista, la Società fu soppressa nel 1934
dal commissario Pietro de Francisci (cfr. nota 2) e la pubblicazione dell' «Archivio storico» fu
trasferita alla Deputazione di storia patria per la Calabria e la Lucania (Angelini, Transmitting
Knowledge , cit., pp. 80-81). La Società Magna Grecia risorse nel 1949, e nel 1954 fu ripresa la
pubblicazione degli «Atti e memorie».
46 La Mostra augustea della romanità, nel Palazzo delle Esposizioni di Roma, fu la manife-
stazione di gran lunga più imponente e significativa del bimillenario. Si veda spec. F. Scriba,
Augustus im Schwarzhemd? Die Mostra Augustea della Romanità in Rom 1937/38 , Frankfurt/M.,
Lang, 1995 (con un epilogo: L'estetizzazione ¿iella politica nell'età di Mussolini e il caso della
Mostra Augustea della Romanità. Appunti su problemi di storiografia circa fascismo e cultura , in
«Civiltà romana», I, 2014, pp. 125-158).
47 II ruolo fondamentale che Giulio Quirino Giglioli ebbe nell'organizzazione della Mostra

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20 Leandro Polverini

Altre proposte dettate da circostanze attuali (come la pubblicazione delle epi-


grafi augustee) o comunque intonate allo spirito del tempo (conferenze e
pubblicazioni divulgative) rimasero senza seguito; la stessa sorte toccò alla
proposta di fondare una rivista o, almeno, un annuario48, mentre ebbe solo
un principio di attuazione il «progetto di edizioni critiche di fonti letterarie
greche e latine di storia antica, previo coordinamento con la Commissione
nazionale dei classici latini e greci»49. Le iniziative scientifiche attuate dall'Isti-
tuto italiano per la storia antica furono due: la continuazione del Dizionario
epigrafico di antichità romane , fondato da Ettore De Ruggiero nel 188650, e
una collana di Studi pubblicati dal R. Istituto italiano per la stona antica.
Vediamo, dunque, come alla teoria di un'impostazione storiografica romano
e fascistocentrica, quale avrebbe dovuto caratterizzare la vita scientifica dell'I-
stituto, corrisponda la realtà della sua attuazione. Il Dizionario epigrafico di
antichità romane era la pili grigia, e più utile, espressione della storiografìa
positivistica italiana sul mondo antico; il suo recupero era dovuto, del resto,
a motivi di ordine personale (di Giuseppe Cardinali, che nel 1937 era suben-
trato a Pietro de Francisci come presidente dell'Istituto)51. Era nuova, invece,

augustea della romanità non si doveva certo alla sua presenza nel consiglio dell'Istituto italiano
per la storia antica, ma alla sua intensa partecipazione alle attività promosse dall'Istituto di
studi romani per il bimillenario; del resto, Giglioli era stato segretario generale della Mostra
archeologica del 1911 (sulla cui fortuna, fino all'inaugurazione del Museo della civiltà romana
nel 1955, si veda L. Polverini, Moderno e antico nel cinquantenario dell'Unità d'Italia , in «Studi
romani», LXI, 2013, n. 1-4, pp. 262-275, spec. pp. 270-271).
48 Ancora nella sua ultima adunanza del 9 luglio 1943 (a pochi giorni, ormai, dalla caduta del
regime), il Consiglio direttivo fondatore si dichiarava «concorde sulla opportunità di fondare
una rivista» e deciso a «studiare la possibilità d'istituirla».
49 Cfr. Polverini, L'Istituto italiano per la storia antica , cit., p. 590, nota 2. Con la pubblicazione
di fonti per la storia antica l'Istituto si sarebbe allineato alla principale e più caratteristica atti-
vità degli altri Istituti storici.
50 È la data del primo fascicolo. Si legge con interesse la recensione di G. Beloch, in «La Cultu-
ra», V, 1886, voi. 7, n. 11, pp. 321-324.
51 Ettore De Ruggiero (Napoli 1839-Roma 1926) aveva pubblicato i primi tre volumi del Di-
zionario fra il 1886 e il 1922. Nel 1924 affidò la prosecuzione dell'opera a Giuseppe Cardinali
(cfr. nota 39); ma i fascicoli 1-7 del IV volume (1924-1931: il primo fascicolo fu recensito da
G. De Sanctis, in «Rivista di filologia e di istruzione classica», LUI, 1925, n. 3, pp. 419-423,
poi in Id., Scritti minori , vol. VI, t. 1, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1972, pp. 229-
233) rimasero bloccati dal fallimento della Casa editrice e andarono in parte distrutti. L'opera
sembrava già allora destinata all'estinzione, quando fu rilevata dall'Istituto che, non senza forti
contrasti (noti da tradizione orale), la pose al primo posto della propria attività scientifica. Cfir.
G. Cardinali, Prefazione , in E. De Ruggiero, Dizionario epigrafico di antichità romane , voi.
IV, t. 1, Roma, Istituto italiano per la storia antica, 1924-1946, pp. V-VII. Seguirono, con la
ristampa dei primi tre volumi (Roma, «L'Erma» di Bretschneider, 1961-1962), altri due tomi
del vol. IV (t. 2, 1946-1985; t. 3, 1964-1985) e i fascicoli 1-17 del vol. V (1987-1997), dopo
i quali la pubblicazione del Dizionario è stata interrotta.

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21 La riorganizzazione fascista degli studi storici

la collana degli Studi, intesa a sollecitare e a pubblicare i lavori degli alunni


della Scuola di storia antica annessa all'Istituto52. La rassegna dei primi «fasci-
coli» della collana è, dunque, istruttiva. Le coorti pretorie di Alfredo Passerini
e La lega ateniese del secolo IV a. C. di Sivio Accame53 erano il frutto delle
tutť altro che fasciste scuole storiografiche, rispettivamente, di Plinio Fraccaro
e Gaetano De Sanctis54; e Stilicone di Santo Mazzarino55, che pur derivava da
una tesi di laurea discussa a Catania con Luigi Pareti56, ribaltava l'idolatria
per Roma imperiale, ponendo al centro dell'indagine La crisi imperiale dopo
Teodosio (è il sottotitolo del suo libro) e un barbaro come protagonista57. Agli
stessi anni risalgono tre altre monografìe, che per comprensibili motivi pote-
rono essere pubblicate solo dopo la guerra: Il dominio romano in Grecia dalla
guerra acaica ad Augusto, di Silvio Accame; Per la storia dei municipii fino alla
guerra sociale , di Eugenio Manni; L'albo senatorio da Settimio Severo a Carino ,
di Guido Barbieri58. Sono libri che, già nel titolo, mostrano un impostazione

52 La Scuola era stata istituita, appunto, «con lo scopo di promuovere le ricerche e gli studi ad
essa relativi»: cosi, genericamente, il r.d.l. 25 febbraio 1935, n. 107, art. 4, al quale il successivo
Regolamento per la Scuola di storia antica si limitava a rinviare, aggiungendo: «La pubblicazio-
ne degli studi dei membri della Scuola è riservata all'Istituto» (d.m. 15 novembre 1936, art. 2).
La collana degli Studi si è conclusa con la pubblicazione del voi. LXVIII (1998).
53 Roma, Signorelli, risp. 1939 (rist. Roma, Cei, 1969) e 1941. Alfredo Passerini (Brembio
1906-Milano 1951) e Silvio Accame (Pietra Ligure 1910-Frascati 1997) furono alunni dell'I-
stituto negli anni 1937-1939, il primo, e 1939-1943, il secondo (che fu poi presidente dell'I-
stituto per un trentennio, dal 1968).
54 Plinio Fraccaro (Bassano del Grappa 1883-Pavia 1959) era professore di Storia antica a Pavia,
Gaetano De Sanctis (Roma, 1870-1957) aveva perso la cattedra di Storia greca a Roma nel
1931 per il rifiuto del giuramento (l'avrebbe recuperata nel 1944; dal 1950, senatore a vita).
Tutti e due avevano firmato il Manifesto degli intellettuali antifascisti (cfr. nota 1); i loro nomi
compaiono nei due elenchi che, nel «Mondo», fecero seguito alla pubblicazione del Manifesto
(Io maggio 1925): il 10 maggio (De Sanctis) e il 22 maggio (Fraccaro). Cfr. E.R. Papa, Storia
di due manifesti. Il fascismo e la cultura italiana , Milano, Feltrinelli, 1958, risp. p. 98 e p. 100.
55 Roma, Signorelli, 1942 (rist. Milano, Rizzoli, 1990). Santo Mazzarino (Catania 1916-Roma
1987) fu alunno dell'Istituto negli anni 1940-1946, con ripetute interruzioni per motivi mili-
tari.

56 Luigi Pareti (Torino 1885-Roma 1962) insegnò a Catania dal 1933 al 1940. Sulla sua ade-
sione al fascismo, L. Polverini, L'impero romano - antico e moderno , in B. Näf, Hrsg., Antike und
Altertumswissenschaft in der Zeit von Faschismus und Nationalsozialismus , Mandelbachtal-Cam-
bridge, Cicero Verlag, 2001, pp. 145-163, spec. pp. 150-152; A. Russi, Luigi Pareti (1885-
1962) e la sua partecipazione alla R.S.I., in «Archaeologiae», IX, 201 1, n. 1-2, pp. 27-107.
57 Le molteplici componenti storiografiche dell'opera prima di Mazzarino sono state analizzate
e discusse da A. Giardina, Stilicone o l'antico destino degli uomini vinti , introduzione alla ristam-
pa di Mazzarino, Stilicone , cit., pp. VII-XXXVII. Ivi, pp. XXI-XXII, è significativo il riconosci-
mento dell'importanza che ebbe per Mazzarino l'esperienza epigrafica presso l'Istituto italiano
per la storia antica, sollecitata in particolare dalla collaborazione al Dizionario epigrafico.
58 Roma, Signorelli, risp. 1946 (rist. Roma, Cei, 1972), 1947, 1952. Eugenio Manni (Modena

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22 Leandro Polverini

storiografica tradizionale e concreta, estranea ai principi politico-ideologici di


una storiografìa fascista sul mondo antico59.
Sui libri ai quali si lavorava all'Istituto italiano per la storia antica nella prima
fase della sua esistenza, dalla fondazione alla caduta del fascismo60, è decisivo
il giudizio di Gaetano De Sanctis in una lettera del 13 agosto 1944 al suo
allievo Arnaldo Momigliano, esule in Inghilterra dal 193961:

C'è poi anche l'Istituto di Storia antica, quello diretto da Cardinali [presidente e
direttore della Scuola dal 1937 al 1944], il quale non ha fatto molto, ma il non
molto era però discretamente buono. Tu conosci certo il lavoro di Passerini sui
pretoriani che, salvo la impostazione e la esclusività di certe tesi, è lavoro utile
e serio. Probabilmente non conosci il volume di Accame «La lega ateniese nel
sec. IV a.C.» nel suo genere ottimo. Poi un volume di S. Mazzarino sui prefetti
del pretorio nel basso impero anch'esso buono [...]. Infine già stampato ma non
venuto alla luce un volume di Accame che ha notevole importanza sulla Grecia
dopo il 146 e un volume in avanzata preparazione di Barbieri sui senatori nel
sec. III d.C. che rappresenta un certo progresso di fronte alla Prosop[ographia]
imp[erii Romani]62.

Creato come organo centrale di coordinamento e di promozione degli studi


di storia antica (innanzitutto, romana) nell'Italia fascista, l'Istituto italiano
per la storia antica si rivela insomma un esempio modesto, ma significativo,
di quella dissociazione «tra retorica e pratica»63 che connotò tanti aspetti del

1910-Fiumalbo 1989) e Guido Barbieri (Modena 191 I-Roma 1985) furono alunni dell'Istitu-
to negli anni 1942-1947, il primo, e 1940-1945, il secondo.
59 Se di una storiografìa fascista sul mondo antico si può propriamente parlare. Sul problema,
analogo a quello dell'esistenza di una cultura fascista richiamato all'inizio di questo contributo,
Polverini, L'impero romano - antico e moderno , cit., pp. 160-161 (con specifico, e più pertinen-
te, riferimento al mondo romano).
60 La «Scuola di via Milano», come era colloquialmente definita la Scuola annessa all'Istitu-
to italiano per la storia antica, meriterebbe specifica attenzione (e articolata valutazione). Per
quanto riguarda gli anni ai quali si fa riferimento, cfr. Polverini, L'Istituto italiano per la stońa
antica , cit., pp. 589-592; A. Russi, Silvio Accame , San Severo, Gemi, 2006, spec. pp. 327-329
(elenco analitico degli alunni).
61 Arnaldo Momigliano (Caraglio 1908-Londra 1987) si era laureato nel 1929 a Torino con De
Sanctis, che aveva seguito quello stesso anno a Roma. Professore di Storia romana a Torino dal
1936 al 1938, fu costretto dalle leggi razziali a lasciare la cattedra e a rifugiarsi in Inghilterra.
62 La lettera è stata pubblicata da R. Di Donato, Nuovi materiali per una biografia intellettuale
di Arnaldo Momigliano y in «Rendiconti della Accademia nazionale dei Lincei», s. IX, vol. 1 1, n.
3, 2000, pp. 383-398, spec. pp. 394-396, e da L. Polverini, Momigliano e De Sanctis , in Id., a
cura di, Arnaldo Momigliano nella storiografia del Novecento , Roma, Edizioni di storia e lettera-
tura, 2006, pp. 11-35, spec. pp. 27-30.
63 Era l'appropriato sottotitolo delle giornate di studio su Fascismo e antichità. Tra retorica e
pratica , organizzate nel 2001 dall'École française de Rome in collaborazione con l'Università di
Pisa (gli atti non sono stati pubblicati).

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23 La riorganizzazione fascista degli studi storici

regime fascista, che si riconosce in particolare nel suo caratteristico, sovrab-


bondante ricorso (ideologico e politico) all'antichità romana64.

8. L'ultima adunanza del Consiglio direttivo fondatore si tenne il 9 luglio


1943, quando le truppe anglo-americane erano già sbarcate in Sicilia. Al ver-
bale di questa adunanza segue un «Avvertenza» del Presidente:

A seguito degli eventi politici del 25 luglio e dell' 8 settembre 194365 il Consiglio
Direttivo dell'Istituto non poté più riunirsi e deliberare sulle questioni tecniche e
amministrative di sua competenza. L'amministrazione dell'Istituto è stata tenuta dal
Presidente, prof. G. Cardinali, sino al 30 novembre 1944, e successivamente - previa
regolare consegna - dal Commissario, prof. G. De Sanctis, nominato dal Ministro
della Pubblica Istruzione66.

In effetti, il 28 settembre 1944 (Roma era stata liberata all'inizio di giugno)


il Ministro aveva esautorato i Consigli direttivi della Giunta centrale per gli
studi storici e degli Istituti da essa dipendenti, e nominato Gaetano De San-
ctis Commissario straordinario67. Per quanto in particolare riguarda l'Istituto
italiano per la storia antica, furono sei le adunanze del Comitato consultivo
scelto da De Sanctis68: dal 4 dicembre 1945 al 2 gennaio 1952, quando il

64 Agli aspetti più problematici del relativo, intenso dibattito storiografico è dedicato ora l'in-
tervento di P.S. Salvatori, Fascismo e romanità , in «Studi Storici», LV, 2014, n. 1, pp. 227-239.
65 Le date della caduta del fascismo e del successivo armistizio rappresentano, per cosi dire, la
grande storia che faceva irruzione nella piccola storia dell'Istituto!
66 Era lo storico della filosofìa Guido De Ruggiero (Napoli 1888-Roma 1948), rettore dell'U-
niversità di Roma durante il governo Badoglio, ministro dell'Istruzione dal giugno al dicembre
1944 (non Vincenzo Arangio Ruiz: cosí De Giorgi, Da un secolo all'altro , cit., p. 183).
67 La nomina, comunicata dal Ministro a De Sanctis il 31 ottobre, fu pubblicata in «Rassegna
storica del Risorgimento», XXXI-XXXIII, 1944-1946, p. 256 (ivi, pp. 3-4: G. De Sanctis,
Ripresa ).
68 Ne facevano parte Giuseppe Cardinali (unico superstite del primo Consiglio direttivo), Raf-
faello Morghen (segretario della Giunta centrale per gli studi storici), Attilio Degrassi, Pietro
Romanelli e Gino Funaioli, ai quali si aggiunse nel 1950 Aldo Ferrabino. Raffaello Morghen
(Roma 1896-1893), allora professore di Storia moderna a Perugia, poi di Storia medievale
a Roma (1949-1966), fu presidente dell'Istituto storico italiano per il medio evo dal 1952;
Attilio Degrassi (Trieste 1887-Roma 1969), comandato presso l'Unione accademica nazionale
per attendere alle Inscriptiones Italiae , fu poi professore di Storia antica a Padova (dal 1949) e
di Epigrafìa latina a Roma (1956-1958); Pietro Romanelli (Roma 1889-1981) era professore
a Roma di Archeologia dell'Africa romana, poi delle provincie romane (1925-1960); Gino
Funaioli (Pomarance 1878-Firenze 1958) era professore di Letteratura latina a Roma (1940-
1948); Aldo Ferrabino (Cuneo 1892-Roma 1972), professore di Storia antica a Padova, poi di
Storia romana a Roma (1949-1962), fu presidente della Giunta centrale per gli studi storici
(dal 1951), dell'Enciclopedia italiana (dal 1954), dell'Istituto italiano per la storia antica (1955-
1968).

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24 Leandro PolveHni

Commissario poteva annunciare il ritorno dell'Istituto «alla normale ammi-


nistrazione prevista dallo statuto»69.
Cinque anni prima, il 3 gennaio 1947, De Sanctis aveva comunicato a Mo-
migliano70 che

le proposte da noi [cioè, da De Sanctis e dai membri dei Consigli consultivi] fatte
pel riordinamento degli Istituti passano da uno all'altro tavolino dei ministeri. Sicché
dovrebbero tornare senz'altro in vigore gli ordinamenti fascisti sospesi dai Commis-
sariati71.

La previsione si avverò, ed è ancora vera (trascorsi sessantacinque anni dal-


la fine del commissariamento), in attesa che giunga in porto la più volte
annunciata riforma della Giunta e degli Istituti72. Della riorganizzazione fa-
scista degli anni Trenta è sopravvissuta, in particolare, la forte connotazione
centralistica che l'aveva caratterizzata: continua la dipendenza degli Istituti
dalla Giunta73, e la nomina dei loro Consigli direttivi è rimasta privilegio
ministeriale, senza alcuna partecipazione dei più diretti interessati, cioè degli

69 La circolare di commiato a tutti i Comitati consultivi, datata gennaio 1952, fu pubblicata


in «Rassegna storica del Risorgimento», XXXIX, 1952, n. 1, p. 119: G. De Sanctis, Ai miei
collaboratori.
70 In una delle lettere in cui De Sanctis informava Momigliano sulle vicende delle istituzioni
culturali italiane (cfr. Polverini, Momigliano e De Sanctis , cit., p. 30, nota 69).
71 Le proposte riguardavano la riforma degli Istituti e, soprattutto, l'abolizione della Giunta
centrale (con il ripristino del Comitato nazionale di scienze storiche, abolito nel 1935): cfr. An-
gelini, Transmitting Knowledge , cit., pp. 150-155. Certamente per invito di De Sanctis, Momi-
gliano aveva cominciato a stendere nel 1946 la «Proposta per una riforma dell'Istituto di Storia
Antica», della quale nell'Archivio Arnaldo Momigliano (presso la Scuola normale superiore di
Pisa) si conserva una breve «Premessa».
72 Dopo la sospensione e il successivo annullamento del d.p.r. 1 1 novembre 2005, n. 255 (Re-
golamento recante unificazione strutturale della Giunta centrale per gli studi storici e degli Istituti
storici) y l'ultimo progetto è costituito dallo «schema di decreto presidenziale per il riordino
della Giunta centrale per gli studi storici e degli Istituti storici», approvato dalla Presidenza del
Consiglio dei ministri il 28 ottobre 2009 (informa, senza ulteriori precisazioni, il sito web della
Giunta).
73 Come aveva stabilito, è interessante rilevare, non il r.d.l. 20 luglio 1934, art. 6, che istituiva
la Giunta, ma il complementare art. 8 del r.d.l. 25 febbraio 1935, n. 107, relativo all'Istituto
italiano per la storia antica. «La sterzata è di De Vecchi», ministro dell'Educazione nazionale
dal gennaio 1935 al novembre 1936, interpretava A. Saitta, L'organizzazione degli studi storici ,
in B. Vigezzi, a cura di, Federico Chabod e la « nuova storiografia» italiana , Milano, Jaca Book,
1984, pp. 5 1 1-5 19, p. 5 16. Se la svolta decisiva nel processo di radicale trasformazione in senso
fascista dell'organizzazione storica italiana fu indubbiamente costituita dall'arrivo al ministero
dell'Educazione nazionale del quadrumviro Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon (Casale
Monferrato 1884-Roma 1959), resta che il primo e fondamentale decreto del 20 luglio 1934
era stato firmato dal precedente ministro, Francesco Ercole (La Spezia 1884-Gardone Riviera
1945).

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25 La riorganizzazione fascista degli studi storici

storici74. Come per altri aspetti del passaggio dall'Italia fascista all'Italia re-
pubblicana, è mancata insomma un'effettiva soluzione di continuità75.
Ma la sopravvivenza istituzionale di un vistoso aspetto della politica culturale
fascista è stata accompagnata, per quanto riguarda l'Istituto italiano per la
storia antica, da una forte discontinuità nella prospettiva della sua tradizione.
Se nel 1997 la scomparsa del presidente Silvio Accame chiudeva un'epoca,
che affondava le sue radici nelle origini stesse dell'Istituto76, una nuova epoca
è iniziata nel 2004 con la presidenza di Andrea Giardina. La fine della Scuola
di storia antica e dell'attività editoriale ad essa principalmente affidata ha in-
dubbiamente concorso, insieme con la drastica riduzione del finanziamento
ministeriale, a reimpostare l'attività dell'Istituto. Conferenze e presentazioni
di libri, seminari e convegni, con la partecipazione anche di importanti stu-
diosi stranieri, hanno animato la sede di via Milano, sfociando in una serie
ormai notevole di pubblicazioni: ventisette, dal 2005 al 20 1577. Si segnala,
in particolare, il recupero di uno dei progetti originari dell'Istituto: quello
che prevedeva l'edizione di fonti letterarie per la storia antica78. Sono apparsi
finora i primi quattro degli otto libri della Politica di Aristotele79 e sette dei

74 L'art. 3 del r.d.l. 25 febbraio 1935, n. 107 («Il Regio istituto per la storia antica è retto da un
Consiglio direttivo, composto di un Presidente e di quattro consiglieri, nominati con decreto
reale, su proposta del Capo del Governo, di concerto con il Ministro per l'educazione naziona-
le») è stato poi solo conformato al mutato quadro istituzionale («[...] nominati con decreto del
Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto
con il Ministro per la pubblica istruzione»). Analoghe disposizioni riguardavano i Consigli
direttivi degli altri Istituti e, ovviamente, della Giunta.
75 Nell'Istituto italiano per la storia antica la continuità è impersonata, per cosi dire, da Giu-
seppe Cardinali (cfr. nota 39): consigliere nel 1935, presidente dal 1937 al 1944, membro
del Comitato consultivo del commissario De Sanctis, di nuovo presidente dal 1952 al 1955.
Seguirono le presidenze di due allievi di De Sanctis: dal 1955 al 1968, Aldo Ferrabino; dal 1968
al 1997, Sivio Accame (cfr. risp. nota 68 e nota 53).
76 II passaggio dalla presidenza di Silvio Accame a quella di Fabrizio Fabbrini (1998-2001), e
al conseguente commissariamento dell'Istituto (2001-2004), costituisce una cesura tanto più
evidente per l'immediata interruzione dell'originaria attività editoriale dell'Istituto (cfr. note
51 e 52) e la contemporanea fine della Scuola (con il Io novembre 1998 cessarono, di fatto, i
comandi di insegnanti degli istituti di istruzione secondaria previsti dal r.d.l. 25 febbraio 1935,
n. 107, art. 5).
77 Sono elencate nel sito web dell'Istituto, www.storiaantica.eu.
78 Se nel 1935 si pensava a «edizioni critiche di fonti letterarie greche e latine di storia antica,
previo coordinamento con la Commissione nazionale dei classici latini e greci» (si veda supra,
p. 20 e nota 49), traduzione, commento e «lavoro di squadra» caratterizzano l'iniziativa che la
nuova Presidenza inserì subito, nel 2005, «tra i suoi progetti scientifici di maggiore interesse»
(cosi nella Presentazione del primo dei volumi elencati nella nota seguente).
79 Aristotele, La Politica , direzione di L. Bertelli e M. Moggi, Libro I, a cura di G. Besso e M.
Curnis, Libro II, a cura di F. Pezzoli e M. Curnis, Libro III, a cura di P. Accattino e M. Curnis,
Libro IV, a cura di B. Guagliumi e M. Curnis, Roma, «L'Erma» di Bretschneider, 201 1-2014.

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26 Leandro Polverìni

dodici libri delle lettere ufficiali di Cassiodoro80. L'ottavo decennio della vita
dell'Istituto italiano per la storia antica induce a guardare con fiducia al suo
futuro.

80 Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore, Varie, direzione di A. Giardina, a cura di A.


Giardina, GA. Cecconi, I. Tantillo, con la collaborazione di F. Oppedisano, vol. II (Libri
III-V), vol. III (Libri VI-VII), vol. V (Libri XI-XII), Roma, «L'Erma» di Bretschneider, 2014-
2015.

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