Pietro Dalena Ed Alessandro Di Muro, Migrazioni Interne e Dipendenze Signorili Nelle Campagne Del Mezzogiorno (Normanni-Aragonesi)
Pietro Dalena Ed Alessandro Di Muro, Migrazioni Interne e Dipendenze Signorili Nelle Campagne Del Mezzogiorno (Normanni-Aragonesi)
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*
per quanto il lavoro sia stato sostanzialmente condiviso, il paragrafo 1 è da attribuire a pie-
tro dalena e il paragrafo 2 ad alessandro di muro.
1
Rogerii II. Regis Diplomata Latina, a cura di C.-r. Brühl (Codex Diplomaticus Regni Sici-
liae, s. I, t. I-II), Köln - wien 1987, p. 96, doc. 34.
2
a tal proposito per San vincenzo al volturno cfr. m. del treppo, Terra Sancti Vincencii, na-
poli 1968, pp. 27-30 e 55-59; per montecassino p. touBert, Per una storia dell’ambiente eco-
nomico e sociale di Montecassino (secoli IX-XII), in Id., Dalla terra ai castelli. Paesaggio, agri-
coltura e poteri nell’Italia medievale, torino 1995, p. 105 sgg.
3
a. dI muro, Le contee longobarde e l’origine delle signorie territoriali nel Mezzogiorno, in
«archivio Storico per le province napoletane», CXXvIII, 2011.
4
a. guIllou, La seconda colonizzazione bizantina nell’Italia meridionale. Le strutture sociali,
in La Civiltà rupestre medioevale nel Mezzogiorno d’Italia. Ricerche e problemi, atti del primo
Convegno internazionale di studi (mottola-Casalrotto, 29 settembre - 3 ottobre 1971), a cura di
C.d. FonSeCa, genova 1975, pp. 41-44.
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nifica del suolo avviato nel Catepanato all’inizio dell’XI secolo, nel conte-
sto organizzativo parafeudale in cui si muovevano i monasteri italogreci,
proseguì in età normanna ad opera dei monaci dissodatori. Così nel periodo
di transizione dalla dominazione bizantina allo Stato normanno si incre-
mentò l’economia attraverso le opere di domesticazione dell’incolto e la
riduzione dell’aspretum convertito in piantagioni di olivi (insiteta) facendo
ricorso alle concessioni di terreno ad meliorandum e ad pastinandum e a
quelle particolari della pastinatio in parte o ad meliorandum et partiandum
e quelle enfiteutiche ventinovennali. In particolare le concessioni enfiteu-
tiche, in ragione della lunga durata del contratto (per consentire al coltiva-
tore di trarre profitto dai miglioramenti fondiari), valsero a erodere i vasti
latifondi dell’aristocrazia terriera e dei monasteri locali, divenendo di fatto
lo strumento di formazione e di accrescimento della piccola proprietà con-
tadina. Questa situazione via via col tempo conseguì una emancipazione
del contadiname, per cui da una condizione servile molti rustici si trasfor-
marono in piccoli e medi proprietari terrieri5. una tale dinamica di colo-
nizzazione si riscontra sin dal secolo precedente anche nelle aree di tradi-
zione longobarda6.
Strettamente collegata alle migrazioni interne dei contadini è la que-
stione della diffusione delle signorie territoriali7. la storiografia del se-
condo novecento ha ereditato dalla tradizione romantica una visione della
struttura agraria del mezzogiorno normanno declinata sul concetto di una
popolazione rurale costituita da semiliberi e non liberi, per lo più in origine
musulmani e greci. paradigmatico in questo senso è il saggio di Illuminato
peri sul villanaggio in Sicilia, che, dopo aver analizzato, tra altri temi, la
condizione di servi e rustici, ne stigmatizza l’omologazione di fatto alla ca-
tegoria servile8. I lunghi elenchi di homines concessi già da principi e feu-
datari normanni a chiese e fideles e le traduzioni dall’arabo, talvolta scor-
rette e fuorvianti (si pensi al significato di rijâl al-jarâ’id «gli uomini de-
gli elenchi», ovvero contribuenti del fisco, resi con servi ascripticii), cui si
è fatto spesso riferimento nella storiografia tradizionale, hanno condizionato
5
p. dalena, Olivo e olio, in Mezzogiorno rurale. Olio, vino e cereali nel Medioevo, a cura di
Id., Bari 2010, p. 29 sgg. con bibliografia.
6
Si veda ad esempio J.-m. martIn, Città e campagna: economia e società (sec. VII-XIII), in
aa.vv. L’alto Medioevo, in Storia del Mezzogiorno, a cura di g. galaSSo, napoli 1990, III, in
part. p. 275 sgg.
7
per le problematiche collegate alle signorie nel mezzogiorno si rimanda a S. CaroCCI, Signo-
rie di Mezzogiorno. Società rurali, poteri aristocratici e monarchia (XII-XIII secolo), roma
2014.
8
I. perI, Il villanaggio in Sicilia, palermo 1965.
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9
Su tale questione si veda l’utile messa a fuoco storiografica di S. CaroCCI, angararii e franci.
Il villanaggio meridionale, in Studi in margine all’edizione della platea di Luca arcivescovo di
Cosenza (1203-1227), a cura di e. Cuozzo e J.-m. martIn, (Medievalia, 8 bis, Collana del Cen-
tro europeo di Studi normanni), avellino 2009, p. 205 sgg.
10
per la strutturazione del chôrion in Italia meridionale si rimanda ad a. guIllou, Des collec-
tivités rurales à la collectivité urbaine en Italie méridionale byzantine (VIe-XIe s.), in «Bulle-
tin de Correspondance hellénique », 100, 1 (1976), p. 320.
11
per la Sicilia si rimanda a g. petralIa, La “signoria” nella Sicilia normanna e sveva: verso
nuovi scenari?, in La signoria rurale in Italia nel Medioevo, atti del II Convegno di Studi (pisa
6-7 novembre 1998), pisa 2006, p. 233 sgg.; per la Calabria CaroCCI, Angararii e franci cit.,
p. 215.
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12
per la Campania si rimanda ad a. dI muro, Signori e contadini nel Mezzogiorno normanno.
Il Codice Solothurn (fine sec. XII), Bari 2013.
13
per quanto riguarda i rapporti tra sovrano e signori territoriali si rimanda a CaroCCI, Signo-
rie di Mezzogiorno cit., pp. 159-226.
14
per i curtisani e i censiles nelle fonti della Campania del XII secolo cfr. a. dI muro, Terra,
uomini e poteri signorili nella Chiesa salernitana (secc. XI-XIII), Bari 2012, pp. 67-70. per al-
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cuni esempi di villani ceduti dai signori normanni a chiese e monasteri cavensi in puglia si ri-
manda a p. dalena, Da Matera a Casalrotto. Civiltà delle grotte e popolamento rupestre (secc.
X-XV), galatina 1990, pp. 151-152, doc. n. 1.
15
CaroCCI, angararii e franci cit., pp. 211 sgg.
16
dI muro, Terra, uomini cit., p. 144.
17
Si veda, ad esempio, l’elenco fatto compilare dall’abate cavense in una controversia che lo vide
contrapposto all’amministrazione normanna nel 1083 nel quale sono riportati i nomi e le pro-
venienze di oltre un centinaio di uomini nel Cilento (archivio della Badia della Sant.ma trinità
di Cava de’ tirreni, B, 33; ediz. l.r. ménager, Recueil des actes des ducs normands d’Italie
[1046-1127], I, Les primiers ducs (1046-1087), Bari 1981, doc. n. 43. per le dipendenze ca-
vensi del Cilento si rimanda a v. lorÈ, Monasteri, principi, aristocrazie. La Trinità di Cava nei
secoli XI e XII, Spoleto 2007, pp. 38 sgg., 187 sgg.).
18
CaroCCI, angarari e franci cit., p. 231 sgg.
19
lorÈ, Monasteri, principi cit., p. 180.
20
dI muro, Signori e contadini cit., pp. 81-82.
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permesso del vescovo21. In altri casi bastava pagare il diritto di exitura per
migrare altrove in cerca di condizioni più vantaggiose22.
In moltissimi casi gli abitanti delle signorie territoriali, concessionari di
appezzamenti di terreno collegati ad obblighi di corvée, cedendo il terreno
trasmettevano anche i relativi gravami e potevano trasferirsi liberamente al-
trove. un interessante documento del Capitolo della cattedrale di Bene-
vento del 1163 mostra chiaramente come funzionasse tale trasferimento e
come ci si potesse affrancare dal legame ereditario, dalla terra e dalle pre-
stazioni collegate. In quell’anno un certo landolfo Fontanus di montesar-
chio, homo della chiesa beneventana (homo nostre Ecclesie), cedette un
terreno nel contado del castello ad un tale pietro Ferrante abitante del me-
desimo castello. l’arcivescovo enrico, detentore di diritti signorili e di nu-
merosi beni fondiari a montesarchio, confermava la validità della transa-
zione ed elencava gli oneri gravanti sul terreno trasferito, tra i quali omni
epdomada opera una, e aggiungeva che pietro e i suoi eredi dovessero inde
esse homines nostre ecclesie, habendo omne ius et potestatem in vos Ec-
clesia nostra quam abuit inde in predictum Landulfum. landolfo, cedendo
il terreno, si svincolava dalla condizione di homo ecclesie, nel senso stretto
di dipendente, sul quale il dominus godeva diritti ed esercitava potestà (ius
et potestatem), evidentemente venendo meno la pregiudiziale di subordi-
nazione respectu tenimenti, e tale status si trasmetteva al nuovo detentore.
Se pietro avesse voluto affrancarsi da tali oneri avrebbe dovuto versare un
censo annuo pari a 10 tarì amalfitani e la terra sarebbe rimasta tra le perti-
nenze del demanium ecclesiastico23. una tale situazione appare abbastanza
diffusa in Campania ancora nel XIII secolo24.
21
p. de leo, Un feudo vescovile nel Mezzogiorno svevo. La platea di Ruffino vescovo di Bisi-
gnano (Fonti e Studi del Corpus membranarum italicarum, direttore antonio lombardi, IX),
roma 1984, pp. 101-102, 145, 156.
22
Così, ad esempio, in alcune dipendenze cavensi della Basilicata meridionale (lorÈ, Monasteri,
principi cit., p. 182).
23
la conferma arcivescovile costituiva ovviamente un’importante garanzia di affrancamento
anche per l’alienante, in pratica l’unica giuridicamente efficace. Così qualche anno più tardi, an-
cora a montesarchio, un tale tancredi fu chiamato in giudizio perché non versava reddita et
servitia che egli stesso e i suoi antecessores erano soliti fare alla chiesa beneventana per una terra
(hereditatem). tancredi rispose che aveva ceduto il terreno a un certo Iovinus, ma Iovinus negò
e tancredi replicò sostenendo che aveva guarentes che potevano testimoniarlo. l’arcivescovo
dichiarò de placito quod est inter Iovinum et Tancridim nobis non pertinet, set querimus a vo-
bis iudicibus sententiam audire de ipso Tancrido quid nobis facere debeat. I giudici condanna-
rono tancredi e i suoi eredi alla corresponsione di quanto dovuto (Le più antiche carte del ca-
pitolo della cattedrale di Benevento (668-1200), a cura di a. CIarallI, v. de donato, v. ma-
tera, roma 2002, pp. 241-243 e 248-249, a. 1166).
24
dI muro, Terra, uomini cit., p. 65 sgg.
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25
Si veda CaroCCI, Signorie di Mezzogiorno cit., pp. 287-289. e per gli esempi di mottola si
rimanda a dalena, Da Matera a Casalrotto cit., pp. 151-154, docc. nn. 1 e 2.
26
Ignoti Monachi Cistercensis, S. Mariae de Ferraria Chronica, a cura di a. gaudenzI, napoli
1888, p. 38.
27
m. del treppo, Prospettive mediterranee della politica economica di Federico II, in Frie-
drich II. Tagung des Deutschen Historischen Instituts in Rom im Gedenkjahr 1994, a cura di
a. eSCh, n. Kamp, tübingen 1996, p. 318 sgg.
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2. L’età angioino-aragonese
28
p. dalena, Basilicata Cistercense (Il Codice Barb. Lat. 3247), galatina 1995, p. 24.
29
J.-m. martIn, L’ancienne e la nouvelle aristocratie féodale, in Le eredità normanno sveve nel-
l’età angioina: persistenze e mutamenti nel Mezzogiorno (atti del Xv giornate normanno-
Sveve, Bari 22-25 ottobre 2002), Bari 2004, pp. 106-108.
30
Ibid. per la Calabria si veda p. dalena, Calabria medievale. Ambiente e istituzioni (secoli XI-
XV), Bari 2015, p. 215 sgg.
31
Sulla diffusione degli abbandoni in europa si vd. h.B. SlICher van Bath, Storia agraria
dell’Europa occidentale (500-1850), torino 1972, pp. 225-238.
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32
e. zInzI, Calabria. Insediamento e trasformazioni territoriali dal V al XV secolo, in Storia
della Calabria medievale. Culture arti tecniche, II.2, a cura di a. plaCanICa, roma-reggio Ca-
labria 1999 pp. 66-67. dalena, Calabria medievale cit., pp. 61-62.
33
dalena, Calabria medievale cit., p. 236 sgg.
34
g. BreSC-BautIer, h. BreSC, Riflessi dell’attività economica calabrese nella documenta-
zione siciliana, in Mestieri, lavori e professioni nella Calabria medievale: tecniche organizza-
zione e linguaggi, atti dell’vIII Congresso storico calabrese, Soveria mannelli 1993, p. 235.
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parte, il gettito fiscale (ipsi possint comode supportare) ora perduto a causa
degli abbandoni35. altre volte furono direttamente gli abati, in accordo con
le autorità locali, ad intraprendere tentativi di ripopolamento dei casali de-
vastati dalla guerra del vespro. Così, per esempio, nella Campania meri-
dionale nel 1299 l’abate cavense rainaldo concesse al gallicus oliviero de
Raccellis, di costituire un casale nel tenimento di San pietro ad Columnel-
lum, non lontano da eboli, ormai in rovina36: oliviero per prima cosa
avrebbe dovuto ricostruire a sue spese la chiesa, le case e reimpiantare le
vigne all’interno del casale per poterlo riabitare37; e poi cum consensu viri
nobilis Philippi de Tucciano domini Ebuli avrebbe dovuto separare il casale
ab Universitate eiusdem terre Ebuli in exactionibus et collectis. l’immunità
fiscale, infatti, era condizione fondamentale per attrarre nuovi abitanti. oli-
viero provvide a costruire nel casale unam tabernam sufficientem et con-
gruam nella quale avrebbe potuto trovare ospitalità anche l’abate di Cava
e il suo seguito (comitive sue) per unum diem et noctem volendo alloggiare
nel casale. Sarebbe stato, inoltre, suo compito defendere ab invasionibus,
molestiis, vexationibus gli abitanti del casale, forse elevando fortificazioni,
in anni di forte insicurezza per la guerra del vespro che proprio in quelle
terre aveva avuto uno dei momenti di maggior asprezza. altro compito di
oliviero sarebbe stato quello di mantenere un monaco del cenobio cavense
come cappellano della chiesa restaurata, per officiarla die noctuque sicut de-
cet e provvedere alla cura spirituale degli abitanti. In cambio della conces-
sione del casale cum vassallibus, iuribus, redditis et pertinentiis omnibus ad
ipsum casalem spectantibus, ogni anni oliviero avrebbe dovuto versare al-
l’abbazia cavense cinque moggi di buon frumento. alla morte di oliviero
e della moglie adelina, il casale sarebbe dovuto passare al monastero con
ben 24 buoi bonos et domitos pro facienda massaria in casali predicto, os-
sia per l’allevamento e per coltivare le terre del casale.
Spesso però tali politiche non conseguivano i risultati sperati e i tenta-
tivi di ripopolamento dei casali rurali con la concessione di sgravi fiscali si
rivelarono inefficaci, come dimostra l’abbandono, nonostante la riduzione
della collecta, dei 29 casali della contea di Squillace nel 1272-127338 e i
35
Si veda il documento edito in dalena, Da Matera a Casalrotto cit., pp. 163-167.
36
Il tenimento è ricordato come casale a partire proprio dal documento del 1299 (archivio della
SS. trinità di Cava aC, lXI, 32).
37
Così il passo del documento: «Sic tamen quod infra primum biennium casale ipsum prepara-
bimus et rehabitari faciemus domos, et vineas ...reparari.... ad hoc autem memorandum est quod
nos (oliviero e la moglie adelina) ecclesiam ipsam et domos expensis nostri propiis reparare fa-
cere tenemur...» (archivio della SS. trinità di Cava aC, lXI, 32).
38
dalena, Calabria medievale cit., p. 226.
355
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e. pontIerI, Ricerche sulla crisi della monarchia siciliana nel secolo XIII, napoli 1950, p. 153.
39
g. CarIdI, Agricoltura e pastorizia in Calabria. Mesoraca dal XIII al XVIII secolo, reggio
40
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41
Si veda a tal proposito p. dalena - a. dI muro, Dalle origini al Medioevo, in La Calabria
albanese. Storia, Cultura, Economia, a cura di F. mazza, Soveria mannelli 2013, pp. 25-61.
42
per la presenza delle comunità valdesi nel mezzogiorno d’Italia si vedano i recenti lavori di
a. tortora, Presenze valdesi nel Mezzogiorno d’Italia (secoli XV-XVII), Salerno 2004 e Val-
desi nel Mediterraneo. Tra medioevo ed età moderna, a cura di Id., roma 2009. luigi amabile,
ritiene che i primi valdesi si stanziarono nell’attuale territorio di guardia piemontese (CS), in
età sveva: sarebbe testimonianza di ciò un’evidenza documentaria con la quale Carlo I d’angiò
avrebbe confermato agli abitanti un privilegio di esenzione dal servizio militare e dal pagamento
delle imposte, concesso loro dagli svevi (l. amaBIle, Il Santo Officio della Inquisizione in Na-
poli. Narrazione con molti documenti inediti, I, (rist. anast.), Soveria mannelli 1987, pp. 236-
237.
43
p. gIlleS, Histoire ecclésiastique des eglises reformees: recueillies en quelques valees de
Piedmont, & circonvoisines, autrefois appelees Eglises Vaudoises, commençant des l’an 1160,
ginevra 1644, p. 18.
357
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***
In conclusione, nel mezzogiorno bassomedievale la nascita e il succes-
sivo sviluppo delle signorie territoriali non significarono un appiattimento
della condizione dei rustici alle categorie servili, né tantomeno si verifica-
rono rilevanti limitazioni della mobilità orizzontale. anzi, come si è visto,
44
Ibid. più preciso su questo passaggio luigi amabile il quale fa riferimento ad una cronaca
scritta da alberto de Capitaneis (arcidiacono di Cremona e contemporaneo degli avvenimenti)
il quale faceva riferimento ad «un proprietario di terre in Calabria, verso il 1315 o il 1340, [che]
s’incontrò in torino con gente de prajelas, e le offrì una parte di queste per coltivarle, e così detta
gente venne in montalto (…). In somma, verso il 1315, uno de’ Signori di Calabria (forse ugo
del Balzo siniscalco del re roberto), incontratosi per caso in torino con alcuni valdesi, abitanti
delle valli alpine del piemonte, i quali lamentavano l’insufficienza delle loro terre, offrì le terre
di Calabria, dove avrebbero potuto stabilirvi» (amaBIle, Il Santo Officio cit., p. 236).
45
«et tout aupres de montalto ils edifierent au commencement le bourg qu’on appella Borg
d’Oltremontani (…). puis environ cinquante ans apres, ceux ci estans multipliez et accreus par
d’autre qui y arrivoyent des valles de temps en temps» (gIlleS, Histoire ecclésiastique des egli-
ses reformees cit., p. 19).
46
I valdesi poterono così espandersi a San Sisto, a vaccarizzo, a San vincenzo, a Castagna, a
la guardia, quest’ultima edificata da loro stessi (J.p. perrIn, Histoire des Vaudois, genève
1618, c. vII, pp. 197 e ss.. Inoltre cfr. e. pontIerI, Le colonie valdesi di S. Sisto e Guardia a metà
del secolo XVI, in Id., Nei tempi grigi della Storia d’Italia. Saggi storici sul periodo del predo-
minio straniero in Italia, napoli 1966, pp. 161-162).
47
nell’ultimo decennio del Xv secolo si verificò una nuova immigrazione di valdesi dalle valli
piemontesi a seguito delle persecuzioni di Filippo II di Savoia e di papa Innocenzo vIII,
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ordinate nel 1487 con la bolla Id nostri cordis vota. tale nuovo esodo interessò la Calabria, la
puglia e il molise. In questa circostanza, nel 1497 il re aragonese Ferdinando II rinnovò ai val-
desi gli accordi già conclusi sotto il regno angioino (g. audISIo, Un exode vaudois organisé:
Marseille-Naples (1477), in Histoire et Société. Mélanges offerts à Georges Duby, aix-en-pro-
vence, 1992, vol. Iv, t. 1, pp. 197-208; la trascrizione integrale dei due documenti è in a. genre,
“Naulisamentum navigii pro Valdensibus”, in «novel temp», 39, 1991, pp. 8- 26. Inoltre C.
nardI, Notizie di Montalto di Calabria, tivoli 1954, p. 138; pontIerI, Le colonie cit., p. 163).
48
per questo aspetto si veda g. vItolo, Rivolte contadine e brigantaggi nel Mezzogiorno an-
gioino, in «annali dell’Istituto alcide Cervi», XvI (1994), pp. 207-225.
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