Il Ruolo Contemporaneo Dell'agricoltura Nella Costruzione Dei Paesaggi in Toscana
Il Ruolo Contemporaneo Dell'agricoltura Nella Costruzione Dei Paesaggi in Toscana
In: Rossano Pazzagli. Il paesaggio della Toscana tra storia e tutela, Edizioni ETS, pp.123-145, 2008, Le aree naturali protette,
ISBN 978-884672039-9 | hal-05041055 | DOI: 10.13140/2.1.4256.5924
Agricoltura e paesaggio
È ormai comunemente accettata una visione del paesaggio come espressione dell’azione
congiunta di fattori naturali e umani2, concetto già espresso da Sereni quando qualificò il paesaggio
agrario come «quella forma che l’uomo, nel corso e ai fini delle sue attività produttive agricole,
coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale»3.
Nell’ambito delle discipline scientifiche la tematica paesaggistica e le sue relazioni con
l’agricoltura sono da tempo trattate soprattutto nell’ambito dell’ecologia del paesaggio, a cui si deve
un approccio sistemico e dinamico nell’analizzare a diverse scale le interazioni tra processi naturali
e socio-economici4. Tuttavia nel quadro complessivo di tali studi l’attività agricola tende in primo
luogo ad emergere come fattore di pressione sugli ecosistemi e l’agroecosistema stesso è trattato
principalmente come struttura ecologica a matrice antropica in cui la presenza dell’uomo è vista
come elemento di “disturbo” dei processi e dei sistemi naturali. Solo negli anni più recenti – e per
lo più applicando un approccio decisamente olistico al problema – la componente antropica è stata
assunta come una delle controparti delle dinamiche e della complessità dell’ecosistema5.
Nell’ambito delle discipline sociali, nella riflessione sui paradigmi di sviluppo agricolo e rurale6
che ha preso avvio sul finire degli anni ’80 in una fase di sovrapproduzione e di crescente urgenza
nell’affrontare problemi di ordine ambientale, al paesaggio agrario è stato riconosciuto il valore di
1
Deffontaines sottolinea il ruolo dell’agricoltore come produttore di forme; lo invita ad appropriarsi dell’espressione
visuale della propria attività che ha anche una dimensione sociale. Vi sono infatti crescenti aspettative sulla qualità del
contesto di vita, sia esso urbano o rurale. Si veda in proposito J.-P. Deffontaines, L’agriculteur-artisan, producteur de
formes, “Nature, Science et Société ”, vol. 2 (4), 1994.
2
Consiglio d’Europa, The European Landscape Convention, European Treaty Series - n.176, 2000.
3
E. Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano, Bari, Edizioni Laterza, 1961.
4
M. Antrop, The concept of traditional landscapes as a base for landscape evaluation and planning. The example of
Flanders Region, “Landscape and urban planning”, vol. 38, 1997, pp. 105-117.
5
M. Antrop, Background concepts for integrated landscape analysis, “Agriculture Ecosystem and Environment”, vol.
77, 2000, pp. 17-28; J. Ruiz e G. Domon, Integrating physical and human dynamics in landscape trajectories:
exemplified at the Aulnages watershed (Québec, Canada); in G. Tress, B. Tress, G. Fry, P. Opdam (a cura di) “From
landscape research to landscape planning: aspects of integration, education and application”, Wageningen, Springer,
2005, pp. 67-81.
6
Da industriale a post-industriale [cf. M. Jollivet (a cura di), Vers un rural postindustriel: rural et environnement dans
huit pays européens, Parigi, L’Harmattan, 1997], da moderno a post moderno [cf. J. Murdoch, C.A. Pratt, Rural studies:
modernism, post-modernism and the “post-rural”, “Journal of Rural Studies”, vol. 9, 1993, pp. 411-427], da
produttivista a post-produttivista [cf. I.R. Bowler e B.W. Ilbery, Agricultural land – use and landscape change under
the post productivist transition – examples form United Kingdom, in “Land-Use changes and their environmental
impact in rural area in Europe”, Man and Biosphere Series, Parigi, The Parthenon Publishing Group, 1999, pp.121-140].
1
patrimonio, qualificandolo come espressione della multifunzionalità dell’agricoltura e come
opportunità di diversificazione delle attività agricole, in una logica di terziarizzazione di cui
l’agriturismo è l’espressione più esemplificativa7. Questa riflessione ha in taluni casi condotto a
guardare al paesaggio come a un bene a cui la società riconosce, tra gli altri, elementi di arcaicità,
naturalità, conservazione di elementi tradizionali, perdendo tuttavia di vista il ruolo che l’uomo ha
avuto nel generarlo e gestirlo. Tale antinomia si è resa evidente quando territori con forti caratteri
rurali e ad alta valenza paesaggistica sono stati scelti per finalità esclusivamente residenziali8,
venendo meno una presenza attiva in termini di gestione: «Una volta tutto era semplice: il territorio
rurale coincideva con quello agricolo e i due termini potevano tranquillamente essere usati come
sinonimi. […] La sinonimia è venuta meno da quando il termine rurale è stato usato per distinguere
una realtà territoriale contrapposta a quella urbana, ma diversa dalla agricola. […] Ma la
dissociazione tra rurale e agricolo, se spinta oltre un certo limite, diventa un fatto negativo»9.
A scala regionale tale fenomeno sta caratterizzando numerose aree (a forte matrice agricola) in
cui la prossimità ai centri urbani e le peculiarità paesaggistiche conferiscono caratteristiche di
attrattività per le popolazioni urbane (es. le colline periferiche a Firenze, ma anche realtà più
circoscritte in termini di superficie interessata benché con accentuate dinamiche del fenomeno; si
consideri ad esempio il Monte Pisano10). Al tempo stesso la visione post-produttivistica tende ad
enfatizzare il ruolo di tutela del paesaggio di modelli agricoli marginali rispetto a quelli più orientati
all’intensificazione e alla specializzazione, attribuendo in altre parole un valore negativo ad attività
agricole maggiormente tese alla produzione11.
Più recentemente e in termini prospettici un nuovo ruolo è stato riconosciuto anche a modelli
produttivi più “intensivi” laddove comunque si persegua un processo di modernizzazione
ecologica12 e in cui tutela del paesaggio diventi parte di un approccio globale al territorio nella
evoluzione verso un modello “avanzato” di sostenibilità13. Del resto il dibattito sulle sistemazioni
idraulico-agrarie, avviatosi con l’Abate Landeschi nel Settecento e proseguito nell’Ottocento da
Cosimo Ridolfi e dal suo fattore Agostino Testaferrata, fa della Toscana uno dei più interessanti
laboratori territoriali in termini di gestione e innovazione in una prospettiva di “modernizzazione
ecologica”. Con riferimento all’attualità si richiamano, a titolo esemplificativo, le esperienze
realizzate come adeguamento sostenibile della gestione dei vigneti e oliveti collinari agli attuali
contesti produttivi nel Chianti14, nel Montalbano15 e nell’area vinciana16.
7
A tale proposito è interessante osservare che in Toscana è presente oltre il 27 % di aziende che svolgono attività
agrituristica sul totale nazionale.
8
S. Paquette, G. Domon, Changing ruralities, changing landscapes: exploring social recomposition using a multi-scale
approach, “Journal of Rural Studies”, vol. 19, 2003, pp. 425-444; W. Vos e H. Meeks, Trends in European cultural
landscape development: perspectives for a sustainable future, “Landscape and urban planning”, vol. 46, 1999, pp. 3-14.
9
V. Merlo, Neoruralità, Informazioni dai Georgofili, n.2 – 2007.
10
M. Galli, P. Pieroni e G. Brunori, Un’esperienza di ricerca partecipativa per la valorizzazione degli spazi rurali nel
comprensorio del Monte Pisano, “Genio Rurale”, vol. LXVI (3), 2003, pp. 54-63; P. Pieroni e G. Brunori, Il caso del
Monte Pisano: il paesaggio nella campagna periurbana, tra sviluppo residenziale-turistico e nuove forme di
agricoltura, in G. Brunori, F. Marangon F. e Reho M. (a cura di), “La gestione del paesaggio rurale tra governo e
governance territoriale”, Milano, Frango Angeli, 2007, pp. 164-176.
11
H. Bjørkhaug e C.A. Richards, Multifunctional agriculture in policy and practice? A comparative analysis of Norway
and Australia, “Journal of rural studies”, vol. 24, 2008, pp. 98-111.
12
N. Evans, C. Morris,M. Winter, Conceptualizing agriculture: a critique of post-productivism as the new orthodoxy,
“Progress in Human Geography”, vol. 26 (3), 2002, pp. 313-332.
13
E. Bonari, S. Pàmpana, Problemi aperti e criteri di applicabilità in una visione globale di agricoltura sostenibile, in
E. Bonari e P. Bàrberi (a cura di), “Possibilità evolutive di destinazioni colturali e pacchetti tecnologici: problematiche
dell’agricoltura italiana – Scenari possibili”, Bologna, Accademia Nazionale di Agricoltura, 1999, pp. 184-210.
14
P. Baldeschi (a cura di), Il Chianti fiorentino: un progetto di tutela del paesaggio, Bari, Laterza, 2000.
15
P. Baldeschi (a cura di), Il paesaggio agrario del Montalbano: identità sostenibilità società locale, Firenze, Passigli
Editore, 2005.
2
Nel caratterizzare il paesaggio agrario non è quindi possibile prescindere dalle modalità
attraverso cui l’uomo e le comunità agiscono sul territorio, che ovviamente variano in funzione
delle diverse situazioni di contesto (ambientali, socio-economiche, storiche) e dalle discontinuità
che si sono realizzate nel tempo.
Figura 1. Elementi di un paesaggio agrario toscano; l’esempio di Pienza (SI), dove il paesaggio agrario si colloca
nei pressi di un borgo storico; si noti l’alternarsi dei seminativi (i terreni lavorati in primo piano) con le colture
legnose (in secondo piano) disposte nei pressi dei vari edifici e annessi delle aziende agricole.
Il paesaggio agrario toscano, come gran parte dei paesaggi mediterranei, è il frutto di una
costruzione indissolubilmente legata a un intenso processo di civilizzazione; l'attività umana ha
rappresentato la componente prevalente nella sua creazione e per questo rappresenta oggi un
16
Autorità di Bacino del fiume Arno (a cura di), Linee guida per la gestione sostenibile dei vigneti collinari, Firenze,
Mediateca Regionale Toscana, 2007.
17
La tendenza evolutiva è contenuta nella stessa etimologia di paesaggio che, come è noto, deriva da «paese», a sua
volta tratto dal latino tardo-medievale pagensis, aggettivazione del latino classico pagus, villaggio [arcaicamente =
pietra di confine, da pangere = conficcare], cioè parte di territorio naturale delimitato, segnato e quindi colonizzato
dall’uomo; cf. M. Boriani, Il paesaggio “storico”: alcune questioni di tutela, manutenzione e uso, in Ministero per i
Beni e le Attività Culturali (a cura di), “Conferenza Nazionale per il Paesaggio – Lavori preparatori”, Roma, Gangemi
Editore, 1999, pp. 49-55.
18
E. Sereni, op. cit.; E. Bonari, M. Galli, D. Rizzo, Gestione del territorio rurale e Paesaggio, in R. Lorenzi e M.P.
Semprini (a cura di), “La Tutela del paesaggio tra economia e storia”, Roma, Ed. Ministero per i Beni e le attività
culturali, 2006, pp. 47-56.
3
patrimonio di grande valore storico e culturale19. In tal senso è particolarmente efficace
l’affermazione di Magnaghi quando ricorda che «in Toscana l’impianto infrastrutturale che
utilizziamo è principalmente etrusco e romano, il paesaggio che viviamo è quello del fitto reticolo
di città medio-piccole medievali e rinascimentali, il paesaggio agrario storico che ammiriamo è
quello mediceo-lorenese»20.
Nello specifico della realtà toscana l’eterogeneità pedoclimatica e morfologica ha ulteriormente
enfatizzato la diversificazione delle dinamiche di formazione del paesaggio. È opportuno a questo
riguardo sottolineare che più viene accentuata la dissociazione tra le caratteristiche agro-pedo-
climatiche del territorio e le attività di uso e gestione – tra cui l’agricoltura gioca un ruolo centrale
– maggiori sono i vincoli e gli impatti sull’ambiente, perché questo comporta o un eccesso di
ricorso a infrastrutture per l’adeguamento del territorio21 oppure un aumento degli input a sostegno
o a protezione delle attività stesse22. Non è quindi possibile svolgere valutazioni e individuare
misure per la sua salvaguardia non prevedendone una lettura evolutiva23.
In chiave più propriamente agronomica, il tema del paesaggio può essere trattato attraverso i
segni che le diverse organizzazioni produttive tracciano sul territorio fino a considerare i vari
modelli gestionali che si susseguono anche in risposta ai mutamenti del contesto economico e
politico.
Entrando più nel dettaglio si possono individuare, da un lato, un gradiente di durata temporale tra
segni di breve durata (transitori) e segni di lunga durata (permanenti) e, dall’altro, due piani di
lettura: (i) i segni direttamente legati alle produzioni agricole (riconducibili a quattro
macrotipologie: i seminativi, i prati-pascoli, le colture arboree e i boschi) e (ii) i segni legati agli
elementi infrastrutturali che coadiuvano la produzione e sono in diretta relazione con le
caratteristiche naturali e antropiche di un territorio [FIGG. 2 e 3].
19
R. Rossi, W. Vos, Criteria for the identification of a Red List of Mediterranean landscapes: three examples in
Tuscany, in “Landscape and urban planning”, vol. 24, 1993, pp. 233-239.
20
A. Magnaghi, Il territorio come bene comune, intervento al convegno ANCI Toscana "Comuni, comunità e usi civici
per lo sviluppo dei territori rurali", Roselle (GR), 15 Settembre 2006.
21
Nel caso dell’agricoltura sono paradigmatici gli interventi di modellamento dei versanti attraverso la costruzione di
terrazzamenti per poter permettere la coltivazione di terreni in pendio; si veda a riguardo D. Rizzo, M. Galli e T.
Sabbatini, I segni del paesaggio – le sistemazioni idraulico-agrarie del Monte Pisano, “Locus”, n. 3, 2006, pp. 44-51.
22
Un esempio in questo senso è dato dalle colture agricole specializzate laddove si vogliano ottenere rese elevate in
zone non vocate, dovendo dunque intervenire con dosi elevate di fertilizzanti.
23
M. Agnoletti (a cura di), Contributo tematico alla stesura del Piano Strategico Nazionale 2007-2013, Gruppo di
lavoro “Paesaggio”, Roma, Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, 2006; si veda anche Regione
Toscana, Segnali Ambientali in Toscana, Firenze, Edifir, 2006. Per gli aspetti metodologici si confronti anche J.-P.
Deffontaines, L’agriculteur-artisan, producteur de formes, “Nature, Science et Société ”, vol. 2 (4), 1994.
4
Figura 2. Segni del paesaggio agrario, disposti secondo un gradiente di durata temporale, dai segni transitori (a
sinistra) a quelli permanenti (a destra): in alto, i segni semplici e composti legati alla produzione agricola e in basso le
principali tipologie di segni legati a elementi coadiuvanti la produzione.
Figura 3. Esemplificazioni dei segni del paesaggio agrario. A sinistra l’alternanza dei segni temporanei e
permanenti; si noti in primo piano la diversificazione – transitoria – tra le stoppie del frumento e il girasole in fioritura
a confronto con gli oliveti terrazzati e il bosco – permanenti – che occupano il versante collinare sullo sfondo
(Vicopisano, PI). Al centro i segni legati alle sistemazioni idraulico agrarie; particolare di un oliveto con sistemazione
a cavalcapoggio (Monsummano, PT). A destra i segni permanenti legati al pascolo; si noti la recinzione che delimita
appezzamenti appartenenti a proprietari diversi o pascolati secondo un preciso calendario di utilizzo (Zeri, MS).
Per quanto riguarda, i seminativi, in una prospettiva di breve periodo si possono avere colture
che esauriscono il proprio ciclo all’interno di una sola annata agraria, gestite in monosuccessione
(ossia la stessa coltura si sussegue in più annate agrarie), avvicendate e in rotazione con altre colture
oppure come colture poliennali (es. prati di foraggere come i medicai) di cui è facilmente intuibile il
diverso ruolo nella composizione della matrice paesaggistica in termini di transitorietà del segno. I
5
seminativi possono essere in consociazione con le legnose agrarie e forestali (di cui i seminativi
arborati sono un esempio), così come i prati-pascoli e i prati permanenti che tuttavia ,
contribuiscono al paesaggio, generando spazi aperti, in termini di segni più duraturi nel tempo.
Altrettanto duraturi sono i boschi che tuttavia presentano una matrice più densa.
I segni legati alle infrastrutture si compongono per lo più di siepi e alberature (non destinati alla
produzione, ma a supporto di quest’ultima) e di edifici, sistemazioni idraulico-agrarie e viabilità di
vario ordine caratterizzati questi ultimi da un elevato grado di permanenza.
In ambito collinare le sistemazioni idraulico-agrarie costituiscono, come già accennato
precedentemente, uno dei segni infrastrutturali più caratteristici del paesaggio agrario toscano, il cui
grado di permanenza è progressivamente più marcato dal girapoggio al cavalcapoggio, fino alle
varie forme di ciglionamento e terrazzamento. Così come in collina prevale il segno delle
sistemazioni, in pianura sono state le riforme fondiarie e di bonifica succedutesi nei secoli fino al
Novecento (es. Maremma) ad aver contribuito a rimodellare il paesaggio toscano con segni che
permangono nel tempo presente.
24
La più recente zootecnia, che ha assunto forme necessariamente più semplificate e specializzate rispetto a quelle
tradizionali, non è stata in grado di recuperare la medesima differenziazione dei segni prodotti sul territorio. Vi è stato
infatti un cambiamento a carico del modello gestionale, che ha visto il prevalere di allevamenti di grossa dimensione e
orientati alle produzioni di carne piuttosto che di latte; ciò si è tradotto in una semplificazione del sistema colturale e,
dunque, in un impoverimento della diversità di segni nel paesaggio.
6
articolati sistemi economici, come quello di antiche industrializzazioni basate sulla forza idraulica
che si sviluppavano lungo il Serchio nelle strette valli delle turriti, lungo il Pescia e le zambre del
Monte Pisano, quello dei tratturi che collegavano i paesi dell’Appennino ai pascoli di pianura (es.
Pianura Pisana, Maremma) o, in scala minore, ai locali alpeggi estivi (es. gli alpeggi che facevano
da corona alle vallate della Lunigiana, della Garfagnagna, del Casentino).
Guardando agli anni più recenti, le tendenze in atto a partire dal 2000 sono soprattutto
riconducibili ad una ulteriore progressiva contrazione della superficie agricola utilizzata25 (costituita
da l’insieme dei terreni investiti a seminativi, prati permanenti e pascoli, coltivazioni legnose
agrarie e castagneti da frutto, orti familiari) a cui si é associata la contrazione, in modo più
contenuto, del numero di aziende, che, peraltro, ha prodotto come effetto complessivo un aumento
delle superfici aziendali. Tale fenomeno si può presumibilmente associare a un minor
frazionamento degli ordinamenti produttivi e a una riorganizzane fondiaria che potrebbe avere
interessanti implicazioni di ordine paesaggistico26. Si è assistito ad una progressiva diminuzione dei
seminativi, tendenza registrata anche a carico del frumento duro che costituisce il seminativo più
rappresentativo del contesto toscano (circa un quarto del complessivo) e di colture ordinariamente
utilizzate nelle rotazioni (in modo più contenuto il girasole e in modo assai marcato per la
barbabietola da zucchero e il colza, questi ultimi ormai scomparsi).
Per quanto riguarda le foraggere si segnala una diminuzione costante dei pascoli permanenti, con
una ripresa (con andamenti non costanti negli anni) degli erbai, dei prati avvicendati e permanenti.
Infine, per quanto riguarda le leguminose da granella e fresche (favino, fava e pisello proteico) si
registra un aumento, più marcato per le seconde. Per le legnose agrarie si segnala una tendenziale
stabilità dovuta all’aumento delle superfici a vite e dei vivai, che hanno compensato la riduzione
della frutticoltura.27.
Le tendenze sopra esposte sono quindi riassumibili in termini di perdita di varietà paesaggistica.
Il fenomeno più evidente è a carico dei segni più transitori rappresentati dai seminativi, sia per la
riduzione delle tipologie colturali (specialmente le colture primaverili-estive), sia per la contrazione
delle superfici (che ha interessato in particolar modo il grano duro e il girasole, anche se
quest’ultimo sta mostrando segni di ripresa). Ad esempio, il ricorso ad omosuccessioni di lunga
durata, come nel caso della semina per più anni consecutivi di frumento sui medesimi appezzamenti
– spesso contigui tra loro – in termini paesaggistici produce una “piattezza del colore”, dal
momento che per ciascuna stagione il sistema agricolo sarà predominato da un solo colore (es.
verde uniforme nella stagione di crescita, che volgerà al giallo man mano che si avvicinerà l’epoca
della raccolta) [FIG. 4]. Per contro le scelte degli agricoltori a favore di avvicendamenti in cui si
alternano cereali autunno-invernali con colture da rinnovo e/o con colture foraggere permette di
arricchire il paesaggio di cromatismi che variano non soltanto nel tempo, ma anche nello spazio.
Si segnala inoltre il consolidamento del processo di rimboschimento, avvenuto nei decenni
passati a causa dell’abbandono dei seminativi, e dell’arboricoltura da legno la cui diffusione ha
preso avvio negli anni ’90 sostenuta da misure specifiche di incentivazione nell’ambito della
politica agricola comunitaria. Entrambi i processi stanno contribuendo a creare matrici permanenti
e dense.
Le colture legnose agrarie – come già detto tradizionalmente presenti in Toscana in forma
promiscua e non specializzata – tendono ad essere convertite, soprattutto nel caso dell’olivo, in
25
Nei Censimenti generali dell’agricoltura la SAU rappresentava l'81% della superficie complessiva della regione nel
1982, il 77% nel 1990 e il 71% nel 2000.
26
A questo riguardo risultano di particolare interesse i lavori che la scuola francese sta sviluppando con approccio
interdisciplinare; si veda in proposito J.L. Metzger, S. Lardon e F. Le Ber, Raisonnements sur les organisations
spatiales agricoles : le logiciel ROSA, “Revue Internationale de Géomatique”, vol. 16 (2), 2006, pp. 195-210.
27
Elaborazione dei dati congiunturali sulle colture aggiornati al gennaio 2008, Sistema Statistico della Regione
Toscana.
7
modelli produttivi intensivi, con una notevole trasformazione di quelle che erano le matrici
paesaggistiche storiche del contesto collinare [FIGG. 4, 5 e 6]. Infine le foraggere, sia come colture
che generano segni transitori (colture annuali ed erbai), sia quando assumono la forma di colture
permanenti (prati e pascoli), tendono a sostituirsi ai cereali e alle colture industriali ridefinendo in
termini di tessitura e cromatismi i segni sul territorio. Infine, si sta assistendo alla perdita dei pascoli
permanenti, probabilmente per effetto dell’abbandono nelle aree più svantaggiate. Questo fenomeno
è da leggersi in termini di perdita di matrici ad alto valore paesaggistico, soprattutto per i contesti
montani dove i pascoli contribuiscono attraverso il mantenimento spazi aperti a diversificare
territori in cui prevale la componente boschiva.
Figura 4. Evoluzioni e tendenze dei paesaggi agrari in Toscana. A sinistra esempio di intensificazione della
pratica agricola legato alla monocoltura di frumento,da cui la semplificazione dei paesaggio agrario (Montepulciano,
SI). Al centro esempio della specializzazione del sistema di produzione; si confronti la coesistenza dei seminativi
arborati – sullo sfondo – in cui sono ancora presenti alberature isolate e boschetti riparali, con il vigneto specializzato
– in primo piano – sistemato a rittochino (Scansano, GR). A destra esempio degli effetti dell’abbandono di sistemi
colturali tradizionali; si confronti la porzione di terrazzamento – appezzamento centrale – ricoperta di arbusti da cui
emergono parzialmente alcune chiome di olivi, con il piccolo appezzamento all’estrema destra della foto, ancora
coltivato (Calci, PI).
Quanto appena descritto esprime alcune tendenze generali che tuttavia debbono essere declinate
a livello locale, vista anche la grande diversità dei paesaggi agrari presenti in Toscana; tale
complessità può essere ricondotta a macroareali sulla base di due elementi di discrimine: in primo
luogo, le caratteristiche “strutturali”, ovvero gli elementi pressoché naturali sui quali l’uomo può
intervenire solo parzialmente o nel lungo periodo; in secondo luogo, le caratteristiche “antropiche”
del processo produttivo agricolo, ovvero gli elementi definiti dai sistemi socio-economici intesi
come espressione materiale delle conoscenze e competenze nell’uso e nella gestione delle risorse
locali, di cui il paesaggio agrario e le sue dinamiche è una delle espressioni di maggiore rilievo.
In questo senso, a puro titolo esemplificativo, in Toscana possiamo fare riferimento a quattro
macroareali: (1) il sistema appenninico nella parte più settentrionale della regione, (2) il sistema
che gravita intorno al fiume Arno immediatamente a sud del precedente, (3) il sistema delle colline
interne e (4) il sistema della costa, che si sovrappone parzialmente al sistema del fiume Arno nella
pianura pisana [FIG. 5].
8
Figura 5. Evoluzioni e tendenze dei paesaggi agrari in Toscana; localizzazione dei quattro macroareali (si veda il
testo per i dettagli).
9
condizioni di particolare svantaggio e caratterizzano in modo marcato la struttura
paesaggistica28[FIG. 3].
L’importanza dei rapporti funzionali e produttivi legati alle attività silvo-pastorali – la cui
riduzione è sempre più marcata – sono espressi anche in termini di modalità insediative nella fascia
intermedia (400-800 ms.l.m.), diffuse sul territorio in forma di borghi. Ad esempio in Lunigiana e in
Garfagnana gli insediamenti possono assumere addirittura la forma del “doppio villaggio” come
modalità abitativa aggiuntiva per il periodo degli alpeggi.
Nel Mugello, e in misura inferiore anche in aree del medio versante appenninico, la trama delle
strade interpoderali con fondo inghiaiato e alberature laterali costituiscono un elemento strutturale,
cui si aggiungono gli sparsi alberi da frutto che accentuano l’eterogeneità del paesaggio. Più in
generale, il sistema agricolo della media valle appenninica è costituito da colture erbacee e
foraggere su versanti, generalmente acclivi, più esposti al sole e da piccoli appezzamenti di vigneti
su terrazzi a ciglioni. Modesti impianti orticoli e altri piccoli segni, legati a parziali reintegri di
oliveti e frutteti sui ciglioni nei versanti assolati, sono prevalentemente associati alla produzione per
autoconsumo. Sui versanti collinari della valle maggiore e delle valli tributarie del Magra è presente
l’olivo coltivato e porzioni residuali di frutteti e vigneti. Nel pistoiese, le vallecole che
dell’Appennino si aprono sulla pianura sono dominate dall’oliveto.
Sui terrazzi alluvionali e nel fondovalle appenninico principale il paesaggio agrario è ancora
leggibile nel suo disegno geometrico costituito prevalentemente da colture miste in cui i confini
delle parcelle sono segnati dalla rete di drenaggio, talora ancora evidenziata da siepi vive; questo
sistema risulta però minacciato dalla diffusione insediativa.
Le dinamiche dei paesaggi agrari appenninici sono state prevalentemente marcate
dall’abbandono degli alti versanti montani e delle valli secondarie, che ha innescato fenomeni di
degrado e di compromissione degli equilibri territoriali legati alle tradizionali pratiche impiegate per
mettere a coltura terreni di montagna a forte acclività. In particolare la perdita di uso degli alpeggi e
delle colture di quota ha favorito su tali aree il diffondersi di formazioni boscate. Per quanto
riguarda le colture arboree, è da rilevare un parziale cambiamento dell'areale del castagno che ha
risentito, nel corso degli anni, della diffusione dell’acacia, a partire dal fondovalle fino alle quote
alto-collinari. Le dinamiche antropiche hanno registrato, tra le altre, la crescita dei siti per attività
produttive artigianali ed industriali in forma diffusa; il paesaggio montano, per la carenza e
l’intervisibilità degli spazi, dovuta alle sue peculiarità morfologiche, risulta particolarmente
sensibile a tali forme di sviluppo insediativo.
28
L. Giovanetti, La storia nel paesaggio: economia nell’apennino lucchese dal medioevo all’età moderna, Lucca, MFP
Editore, 2005; M. Galli, D. Rizzo ed E. Bonari, Le funzionalità paesaggistiche dell'attività agricola: il caso di studio
della Lunigiana, “Agribusiness Paesaggio e Ambiente”, vol. IX (1), 2006, pp. 67-74.
10
Nelle aree maggiormente produttive la fitta maglia di poderi e campi è stata progressivamente
semplificata e omogeneizzata dalla forte diffusione di colture specializzate, che nelle porzioni di
territorio collinare e pedecollinare sono soprattutto riconducibili a vigneti e oliveti.
Nelle aree di pianura, invece, ove la morfologia non presenta particolari vincoli per le attività
agricole, sono molto diffuse colture orto-floro-frutticole e vivaistiche, soprattutto nell’area pistoiese
e in Valdinievole. Procedendo ulteriormente verso la costa aumentano le zone agricole a seminativi,
specialmente nelle aree della piana lucchese e della piana pisana.
Le principali dinamiche che hanno interessato questo macroareale riguardano la specializzazione
e la meccanizzazione delle produzioni vegetali (che concerne tra le altre le produzioni vivaistiche e
serricole), a cui è conseguita una ulteriore semplificazione della maglia parcellare. L’impatto più
rilevante in termini di paesaggio agrario sono stati la rimozione o l’abbandono delle componenti
arboree tipiche delle colture promiscue.
La costruzione di strutture artigianali e commerciali ha consumato e frammentato gran parte
delle aree destinate un tempo all’uso agricolo [FIG. 8], determinandone dinamiche di traslazione (es.
parte della produzione vivaistica pistoiese è stata spostata nella Valdinievole pesciatina) o
l’abbandono della produzione per le aree intercluse.
Nelle aree collinari si è assistito alla specializzazione delle colture arboree con il conseguente e
profondo cambiamento dell’aspetto paesaggistico. Gli oliveti tradizionalmente coltivati in coltura
mista sono stati convertiti in parte a vigneti specializzati, con impianti impostati per la
meccanizzazione e con la conseguente rimozione degli elementi di eterogeneità del paesaggio [FIG.
6].
Da sottolineare, altresì, alcune tendenze che hanno interessato le sistemazioni idraulico-agrarie di
quest’area; in primo luogo nelle aree collinari, ove la polverizzazione fondiaria dei versanti ha
favorito una notevole frammentazione delle proprietà e l’incremento di un abbandono puntuale ma
diffuso delle colture ivi presenti (oliveto in coltura mista o oliveto in coltura specializzata: cf.
Montalbano e Monte Pisano) [FIG. 4]. In secondo luogo, l’impianto di nuovi vigneti, specialmente
ove realizzati con sistemazioni a rittochino, ha favorito la rimozione di elementi di interruzione del
versante, prima rappresentati dalla diversificazione delle colture e dal fitto sistema di affossature
previsto per le sistemazioni “in traverso”. Queste due tendenze, nel loro insieme, hanno
indubbiamente aumentato il rischio erosivo dell’area. Lungo i corsi fluviali, inoltre, la realizzazione
di casse di laminazione ha ulteriormente intaccato le aree agricole, già ridottesi per la fortissima
espansione degli insediamenti.
La situazione attuale vede, dunque, il permanere di residui della matrice di paesaggio agrario
tardo-mezzadrile, sempre più frammentata dalle trasformazioni del territorio, molte delle quali di
tipo permanente. Un elemento di novità è l’intensificazione delle colture arboree da cellulosa
(pioppete) soprattutto nell’area lucchese.
Il macroareale delle colline interne si colloca al cuore della regione [FIG. 5.3]; in queste aree la
morfologia è prevalentemente caratterizzata da rilievi collinari di modesta altezza, con una limitata
presenza di valli (es. val di Chiana). Queste caratteristiche sono state valorizzate, nel corso dei
secoli, da un’intensa attività agricola migliorata nel tempo grazie ad una grande varietà di interventi
che hanno contribuito a dar forma a sistemi eterogenei cui si associano molti dei paesaggi più noti
della regione. Si tratta, infatti, della porzione più rurale della Toscana che include, peraltro, rilevanti
zone sottoposte a vincolo paesaggistico (campagna senese) e riconosciute come di notevole
interesse paesaggistico (es. l’area della Val d’Orcia posta sotto tutela UNESCO)29.
29
Si veda a riguardo il nuovo Piano di Indirizzo Territoriale della Toscana 2005-2010.
11
I paesaggi agrari riuniti nelle aree collinari interne sono caratterizzati da una marcata e distinta
coesistenza di matrici agricole e forestali e la prevalenza tra le due componenti è definita in
funzione della morfologia: l’agricoltura cede ai boschi le parti più impervie del territorio e le
sommità dei rilievi. L’attività agricola è rappresentata sia da seminativi, investiti soprattutto a
cereali, sia da colture arboree; queste ultime sono sia di tipo estensivo (soprattutto oliveti in coltura
mista) che specializzato (soprattutto vigneti); se la pendenza impedisce la completa
meccanizzazione delle colture queste si articolano in un mosaico eterogeneo che caratterizza
fortemente e in modo specifico i paesaggi di questa parte della regione. Un ulteriore elemento di
diversificazione è rappresentato dalle matrici paesaggistiche pascolative legate alla ovinicoltura.
Il quadro globale delle recenti dinamiche dei paesaggi agrari delle colline interne vede una
situazione di sostanziale, apparente, equilibrio, a cui sottostanno in realtà vivaci dinamiche di
evoluzione delle produzioni agricole. Il modello gestionale di tipo intensivo che ha caratterizzato
l’area fino agli anni ’90 sta infatti registrando oggi alcune profonde modifiche; infatti in un
intervallo di tempo di poche annate agrarie le congiunture di mercato sono state sottoposte a
repentini cambiamenti con inevitabili ripercussioni sulla scelta delle colture. Si consideri, ad
esempio, la contrazione delle superfici a grano, ritornate a crescere nell’ultimo biennio per una
congiuntura di mercato particolarmente favorevole. I paesaggi agrari delle colline interne hanno
recentemente visto anche una ripresa delle attività di sistemazione dei versanti; queste attività,
condotte nel passato per garantire la corretta regimazione delle acque superficiali, nelle loro
realizzazioni recenti sono state spesso dettate soprattutto dalla necessità di una completa
meccanizzazione, sia per le colture seminative (cereali in monocoltura) sia arboree (vigneti
specializzati di recente impianto); in ogni caso determinando un forte incremento del rischio di
erosione.
I paesaggi di questo macroareale hanno comunque mantenuto una forte attrattività turistica, che
ha prodotto un consistente aumento delle strutture di servizio (es. edifici connessi alla ricezione
agrituristica) e che ha spesso favorito anche il recupero di annessi agricoli in abbandono. La
tendenza al forte incremento dell’agriturismo ha spesso evidenziato un rovescio della medaglia
nella spinta determinata nella costruzione e diffusione di nuove strutture necessarie per l’erogazione
di servizi o ad esse connessi (piscine, viabilità asfaltata, ecc.) [FIG. 7].
Il macroareale della costa raggruppa i paesaggi agrari della fascia territoriale che si affaccia sul
Tirreno che va dai confini con la Liguria a settentrione fino ai confini con il Lazio a meridione [FIG.
5.4]. Si tratta per lo più di zone pianeggianti o di colline molto dolci caratterizzate da un’elevata
densità insediativa, soprattutto nella parte settentrionale ove l’urbanizzazione presenta saldature che
formano una frontiera rispetto alla parte interna.
Nei paesaggi agrari costieri la componente forestale è prevalentemente rappresentata dagli
importanti impianti forestali realizzati nella fascia prossima alla costa per la difesa delle aree
interne; nella fascia retrostante sono presenti colture specializzate, con grande diffusione delle
colture orticole e di seminativi, spesso accompagnati da porzioni di oliveto nella parte meridionale
della costa. La morfologia pianeggiante si associa a una scarsa presenza di aree agricole eterogenee,
per lo più collocate nella fascia di giunzione con la collina, ove ricorrono vigneti e seminativi.
La parte forestale presenta caratteristiche di integrità da un punto di vista paesaggistico (es.
Costa degli Etruschi), talora anche grazie a interventi specifici di tutela (cf. Parco di Migliarino
San-Rossore; Parco Naturale della Maremma, ecc.).
Le principali dinamiche interne al sistema agricolo specifiche dei paesaggi costieri riguardano le
disponibilità idriche. La riduzione globale della disponibilità della risorsa, associabile alla minore
distribuzione delle piogge, viene ulteriormente enfatizzata, in queste aree, dalla coesistenza di una
fruizione turistica concentrata nei periodi estivi. Si registra, inoltre, una riduzione delle
12
caratteristiche qualitative della risorsa, a seguito della penetrazione del cuneo salino nelle acque di
falda. Da un punto di vista paesaggistico tale dinamica comporta una tendenza all’arretramento
delle colture verso l’interno per sfuggire alla competizione per l’uso dell’acqua; altrettanto
interessante è lo spostamento delle preferenze di produzione verso specie invernali (cavoli, spinaci,
ecc.), anch’esso realizzato per sfuggire ai periodi estivi di carenza idrica.
Da segnalare, infine, alcune tendenze di relazione tra i paesaggi agrari e le atre attività presenti
sul territorio; queste sono soprattutto legate alla frammentazione delle aree agricole, specialmente
nelle aree di paesaggio agricolo eterogeneo, a causa dell’espansione edilizia, sia per fini residenziali
che turistici, e della realizzazione di nuove infrastrutture (es. potenziamento della viabilità
asfaltata). Le aree agricole che restano intercluse tra i nuovi insediamenti o tra le linee viarie (es.
autostrada e ferrovia) presentano una forte vulnerabilità all’abbandono.
30
J.-P. Deffontaines, L’agronomie, science du champ. Le champ, lieu d’interdisciplinarité : de l’écophysiologie aux
sciences humaines, “Agronomie”, vol. 11, 1991.
31
E. Bonari, M. Galli, C. Neri ed E. Piccioni, Gli aspetti agronomici della qualità dei prodotti agricoli, in A. Germanò
(a cura di), “L’agricoltura dell’area mediterranea: qualità e tradizione tra mercato e nuove regole dei prodotti
alimentari”, Milano, Giuffré Editore, pp. 3-23.
13
conservazione o la promozione della diversificazione del modello colturale – e conseguentemente
dell’organizzazione strutturale del territorio agricolo – in termini di opportunità per un ulteriore
arricchimento dell’agrobiodiversità. Un secondo livello è quello paesaggistico-estetico, visto che la
collettività è sempre più tesa ad associare la qualità dei prodotti agroalimentari alla qualità del
territorio che li produce di cui il paesaggio è espressione diretta, aspetto che caratterizza il
posizionamento dei prodotti toscani sui mercati nazionali e internazionali. A tale proposito si
richiamano a titolo esemplificativo le associazioni tra paesaggi e specifiche produzioni vinicole (es.
Chianti) e olivicole (es. colline lucchesi e fiorentine). Un terzo livello, infine, è quello
paesaggistico-culturale legato al crescente interesse della collettività alla conservazione di elementi
identitari, così com’è manifestato dalla domanda di tipicità nel consumo di prodotti e nella fruizione
di servizi, aspetto che in Toscana si traduce nella proposta di numerosi prodotti tradizionali e
nell’esercizio di funzioni paesaggistiche che trovano supporto nell’accoglienza in azienda.
Il processo di responsabilizzazione degli operatori del settore agricolo sulle implicazioni che le
loro scelte hanno in termini di conservazione del paesaggio è soltanto in un fase di avvio e deve
essere ulteriormente supportato. Se da un lato è possibile prevedere misure volte ad incentivare
comportamenti virtuosi, introducendo ad esempio nei disciplinari di produzione anche indicazioni
di ordine paesaggistico – così che le produzione possano fregiarsi del marchio solo quando siano
rispettati anche requisiti paesaggistici – dall’altro lato è necessario che la società si faccia carico
dell’attività di presidio esercitato dall’agricoltura, soprattutto in quei contesti marginali a elevata
valenza paesaggistica dove le produzioni ottenibili non sono in grado di compensare i costi di
gestione (come accade, ad esempio, per alcuni paesaggi terrazzati) [FIG. 4]. È opportuno
sottolineare nuovamente che l’agricoltura non solo concorre alla conservazione dei paesaggi – con
azioni che risultano determinanti nei contesti caratterizzati da matrici paesaggistiche significative
sul piano storico – ma contribuisce altresì attivamente alla ontogenesi dei paesaggi contemporanei e
futuri. Questo ultimo aspetto deve quindi costituire oggetto di riflessione nella predisposizione degli
strumenti di gestione del territorio, emancipando l’agricoltura da considerazioni che richiamano ad
economie e territori espressione di arretratezza sul piano dello sviluppo e attribuendole il ruolo che
essa ha da sempre rivestito nel rispondere agli interessi dell’intera società.
14
Figura 6. Evoluzioni e tendenze dei paesaggi agrari in Toscana, esempio dell’intensificazione delle colture
legnose agrarie (Vinci, FI). Si noti il permanere della bassa densità insediativa, rappresentata dai radi casolari.
Figura 7. Evoluzioni e tendenze dei paesaggi agrari in Toscana. Esempio dell’intensificazione delle colture
legnose agrarie – vigneti di recente impianto sistemati a rittochino –, della frammentazione delle colture “storiche” –
si noti la parcella residua di oliveto in secondo piano – e della realizzazione di nuove infrastrutture per l’erogazione
dei servizi – piscina in primo piano – (Montalcino, SI). Quest’ultimo fenomeno si accompagna, altresì, a un graduale
intensificarsi della diffusione di nuovi insediamenti sparsi sul territorio.
15
Figura 8. Evoluzioni e tendenze dei paesaggi agrari in Toscana. Capannori, in primo piano i segni residui di un
sistema agrario tradizionale, in cui si alternano prati sfalciati e seminativi (in secondo piano), con la vite disposta
lungo le affossature e i salici piantati a margine della viabilità poderale. Si noti l’avanzare di edifici e capannoni a uso
artigianale (sullo sfondo), frontiera della forte intensificazione insediativa che ha interessato queste aree in anni
recenti.
16
Mariassunta Galli
Dottoressa di Ricerca e Collaboratrice alla ricerca presso la Scuola Superiore Sant’Anna di
Pisa, agronoma, svolge da anni attività di ricerca nel campo della promozione dello
sviluppo rurale all’interno del laboratorio di “Land Lab – Agricoltura Ambiente e
Territorio” dove è responsabile dell’area inerente l’agronomia territoriale e l’agricoltura
multifunzionale.
Davide Rizzo
Dottorando in Scienze Agrarie presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, agronomo,
svolge ricerche sulle relazioni tra attività agricole e gestione dei paesaggi rurali all’interno
del laboratorio di ricerca “Land Lab – Agricoltura Ambiente e Territorio”.
Enrico Bonari
Professore ordinario di Agronomia e Coltivazioni erbacee presso la Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa, dove è attualmente Vice Direttore Vicario e Preside della Classe di
Scienze Sperimentali, svolge attività didattica presso l’Università di Pisa ed è coordinatore
scientifico del Laboratorio di ricerca “Land Lab – Agricoltura Ambiente Territorio”
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Il paesaggio
della Toscana
tra storia e tutela
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Edizioni ETS
Collana
diretta da
Renzo Moschini
la Toscana può ancora essere la terra del bel paesaggio? Con il contributo di
il
di costruzione del paesaggio toscano, dalletà dei Comuni e del Rinascimento
partecipazione.
ISBN 978-884672039-9
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